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RAWLS Liberalismo politico Lezione 1 Paragrafo primo Il liberalismo politico assume che le

lotte più accanite sono quelle condotte per le cose più elevate, per concezioni morali diverse del
bene. La storia del pensiero democratico degli ultimi due secoli mostra chiaramente che non c'è
accordo sul modo in cui si dovrebbero organizzare le istituzioni. Questo dissenso può essere
considerato un conflitto interno alla tradizione dello stesso pensiero democratico: da una parte c'è
Locke che privilegia le ''libertà dei moderni'', la libertà di pensiero e di coscienza, il governo della
legge; dall'altra c'è quella di Rousseau associata alla ''libertà degli antichi'', le uguali libertà politiche
e i valori della vita pubblica. Rawls cerca di unire questi due pensieri al fine di trovare una linea di
principio adatta ad una società democratica fondala sull'idea di giustizia come equità. La giustizia
come equità propone due principi di giustizia:
• ogni persona ha uguale titolo a un sistema pienamente adeguato di uguali diritti e libertà
fondamentali
• le diseguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due condizioni: primo, essere associate
a posizioni e cariche aperte a tutti; secondo, dare il massimo beneficio ai membri avvantaggiati
della società.
Insieme i due principi regolano le istituzioni di base che realizzano questi valori. 2 I due principi
esprimono inoltre una forma egualitaria di liberalismo in virtù di tre elementi: a. la garanzia
dell'equo valore delle libertà politiche. b. l'equa uguaglianza delle opportunità.
c. il cosiddetto principio di differenza, che afferma che le diseguaglianze sociali ed economiche
associate a cariche e posizioni devono essere regolate in modo che vadano a beneficio dei membri
meno avvantaggiati della società.
3. EQUILIBRIO RIFLESSIVO Se vogliamo trovare una base di consenso pubblico dobbiamo
anche trovare un modo di sintetizzare idee e principi che ci sono familiari in una concezione della
giustizia politica che dia a tali idee e principi. Una teoria della giustizia sta a posto quando i principi
sono in armonia con i giudizi che noi diamo. L'idea di Rawls è quella della società come equo
sistema di cooperazione sociale tra persone libere e uguali considerate membri pienamente
cooperativi della società per tutta la vita. 4. Supponiamo che la giustizia come equità raggiunga i
suoi scopi e venga trovata una concezione politica pubblicamente accettabile. Questa concezione
fornirà un punto di vista pubblicamente riconosciuto dal quale tutti i cittadini potranno esaminare se
le loro istituzioni politiche e sociali sono giuste. Lo scopo della giustizia come equità è pratico: essa
si presenta come una concezione della giustizia che può essere vista dai cittadini come un accordo
politico ragionato, informato e volontario. Il liberalismo politico è alla ricerca di una concezione
politica della giustizia che possa conquistare il consenso per intersezione di dottrine religiose,
filosofiche e morali ragionevoli.
Secondo paragrafo Ma cos'è la giustizia? Una concezione politica della giustizia può essere
sintetizzata in tre aspetti caratteristici:
1. il primo aspetto riguarda l'oggetto di una concezione politica. Si tratterà di una concezione
morale, costruita però per un tipo specifico di oggetto: le istituzioni politiche, sociali ed
economiche. Essa può venire applicata alla struttura di base della società, cioè il complesso delle
principali istituzioni politiche, sociali ed economiche di una società e il modo in cui esse si
combinano in un sistema unificato di cooperazione sociale esteso da una generazione all'altra.
Inoltre la struttura di base è quella di una società chiusa cioè una società considerata autosufficiente
e priva di relazioni con altre società.
2. Il secondo aspetto riguarda il modo di presentazione: una concezione politica della giustizia si
presenta come una teoria autonoma: dobbiamo distinguere il modo in cui una concezione politica è
presentata e il suo essere parte o conseguenza di una dottrina comprensiva. Tutti i cittadini
affermano una dottrina comprensiva alla quale la concezione politica, che accettano, è in qualche
modo correlata. Si può affermare, in questo modo, che la concezione politica è un modulo, una
parte costitutiva essenziale che si adatta a varie dottrine comprensive, e ciò significa che può essere
presentata senza dire o sapere, o ipotizzare a quali di queste dottrine appartenga. Un esempio ben
conosciuto è quello dell'utilitarismo. ( → dal principio di utilità che vale per tutti i tipi di oggetto)
Una concezione politica cerca di elaborare una posizione ragionevole che riguarda tutta la struttura
di base e non esclusivamente la morale. Una concezione morale è generale se è applicabile a uno
spettro tematico molto ampio; è comprensiva se contiene una concezione di ciò che ha valore nella
vita umana. Quindi è soltanto parzialmente comprensiva quando comprende valori e virtù non
politici ed è articolata in modo poco compatto.
3. Il terzo aspetto consiste nell'essere espressa in termini di certe idee fondamentali considerate
implicite nella cultura politica pubblica di una società democratica; tale cultura comprende
istituzioni politiche di un regime costituzionale e le loro interpretazioni pubbliche non tradizionali,
nonché certi testi e documenti storici generalmente conosciuti. A quella che possiamo chiamare
''cultura di fondo'', appartengono dottrine comprensive di tutti i tipi, religiose, filosofiche e morali.
La giustizia come equità nasce dunque all'interno di una certa tradizione politica e assume come
propria idea fondamentale quella di società come equo sistema di cooperazione che dura nel tempo,
da una generazione alla successiva. Questa idea organizzatrice centrale viene sviluppata insieme ad
altre due idee fondamentali che l'accompagnano: quella dei cittadini come persone libere e uguali,
e quella di società bene ordinata come società regolata in modo efficace da una concezione
politica della giustizia.
Paragrafo terzo EQUO SISTEMA DI COOPERAZIONE Tre elementi che lo contraddistinguono:
• la cooperazione si distingue da una pura e semplice attività coordinata socialmente, come per
esempio quella coordinata da ordini emessi da un'autorità centrale. La cooperazione è guidata da
regole e procedure pubblicamente riconosciute.
• La cooperazione comporta l'idea di equi termini: specificano un'idea di reciprocità cioè tutti
cooperano e fanno la propria parte nel modo richiesto dalle regole e procedure, ricavandone un
beneficio adeguato; poiché l'oggetto primario della giustizia è la struttura di base della società,
questi equi termini saranno espressi da principi che specifichino i diritti e i doveri fondamentali
entro le principali istituzioni della struttura di base e regolino gli assetti della giustizia di fondo in
modo che i benefici prodotto dagli sforzi di tutti siano equamente distribuiti e condivisi, da una
generazione successiva.
• L'idea di cooperazione sociale presuppone quella del vantaggio razionale e di ogni singolo
partecipante.
L'idea di reciprocità è un'idea intermedia tra quella di imparzialità, che è altruistica e quella di
vantaggio reciproco. Essa è una relazione tra cittadini espressa da principi di giustizia che regolano
un mondo sociale nel quale ognuno ottiene benefici. Nessuna concezione ragionevole della giustizia
supererebbe mai la prova del vantaggio reciproco. 3. IDEA FONDAMENTALE DI PERSONA Sia
in filosofia che in giurisprudenza il concetto di persona è stato inteso come un concetto di un essere
capace di partecipare alla vita sociale. Diciamo che è persona chi può essere un cittadino, cioè un
membro normale e pienamente cooperativo, per tutta la vita, della società. I cittadini sono persone
uguali e libere; l'idea di libertà è data dai loro due poteri morali e della ragione, e proprio questi
due poteri rendono uguali le persone come membri
cooperativi della società. Poiché le persone possono partecipare a questo equo sistema di
cooperazione sociale, noi attribuiamo loro i due poteri morali connessi con la capacità di senso di
giustizia e quella di concepire il bene. Il senso della giustizia è la capacità di comprendere e
applicare la concezione pubblica della giustizia che caratterizza gli equi termini della cooperazione
sociale. La capacità di concepire il bene è capacità di formarsi, rivedere e perseguire razionalmente
una concezione del proprio vantaggio razionale, o bene. Paragrafo quarto POSIZIONE
ORIGINARIA Gli equi termini della cooperazione sociale sono concepiti come frutto di un accordo
fra le persone impegnate nella cooperazione stessa, cioè fra cittadini liberi e uguali nati nella società
nella quale vivono le loro vite. Ma il loro accordo, come qualsiasi altro accordo valido, deve essere
concluso in condizioni appropriate, e tali condizioni devono, in particolare, mettere persone libere e
uguali in una posizione equa, e non devono concedere ad alcune di esse un vantaggio sulle altre.
Però dobbiamo trovare un punto di vista che si distanzi dagli aspetti particolari del quadro di fondo
onnicomprensivo, che non sia distorto da tali aspetti, e a partire dal quale si possa raggiungere un
accordo equo tra persone considerate libere ed eguali. È la posizione originaria a darci questo
punto di vista, e deve fare astrazione dagli aspetti contingenti del mondo sociale e non deve esserne
influenzata è che le condizioni di un accordo equo sui principi della giustizia politica fra persone
libere e uguali devono togliere di mezzo quei vantaggi negoziali che nascono entro le istituzioni di
fondo di qualsiasi società per l'accumularsi di tendenze sociali, storiche e naturali. 3. Che significato
può avere la posizione originaria, dato che un accordo ipotetico non sarà mai vincolante? Il
significato è dato dal ruolo dei vari aspetti della posizione originaria in quanto artificio espositivo. È
indispensabili che le parti siano in posizione simmetrica le une rispetto alle altre. Inoltre il fatto di
sostenere una particolare dottrina comprensiva, religiosa, morale o filosofica, e la concezione del
bene a essa associata, non è una buona ragione per proporre o per aspettarsi che altri accettino, una
concezione della giustizia che favorisca i seguaci di tale dottrina. La posizione originaria non è
dunque che un artificio espositivo, un modo di dire che le parti, ciascuna delle quali è responsabile
degli interessi essenziali di un cittadino libero e uguale, si trovano in una posizione equa le une
rispetto alle altre e raggiungono un accordo sotto condizioni che limitano in modo corretto quelle
che esse possono proporre come buone ragioni. 4. È uno strumento di riflessione e auto-
chiarificazione pubblica; ci aiuta a dar forma a quello che già pensiamo, una volta raggiunta una
visione chiara e ordinata di ciò che richiede la giustizia quando la società concepita come uno
schema di cooperazione fra cittadini liberi e uguali serve da idea mediatrice che permette di mettere
in relazione fra di loro tutte le nostre convinzioni mediate. Ciò ci permette di rendere più coeso
l'insieme dei nostri giudizi e, grazie a questa auto-comprensione più profonda,possiamo raggiungere
un accordo reciproco più esteso. 5. L'uso di questa idea di posizione originaria presenta, tuttavia,
alcuni pericoli. In quanto artificio espositivo, la sua astrattezza induce al fraintendimento, per
esempio l'idea che la natura essenziale delle persone sia indipendente dai loro attributi contingenti e
anteriori a essi. 6. È importante distinguere tre punti di vista: quello delle parti contraenti in
posizione originaria, quello dei cittadini di una società bene ordinata, e infine il nostro. I primi due
punti di vista appartengono alla concezione della giustizia come equità, e per specificarli ci si
riferisce alle idee fondamentali di quest'ultima. Molte volte, però, si fraintende malamente la
giustizia come equità se si scambiano le deliberazioni delle parti e le motivazioni che noi
attribuiamo loro per una descrizione della psicologia morale di persone reali o cittadini di una
società bene ordinata. L'autonomia razionale non va confusa con la piena autonomia: quest'ultima è
un ideale politico di società bene ordinata,
mentre l'autonomia razionale non è affatto un ideale, ma una modellizzazione dell'idea del razionale
nella posizione originaria. Paragrafo quinto Nella posizione originaria i cittadini sono introdotti
come persone libere, in quanto riconoscono a se stessi il potere morale di concepire il bene. Ciò non
significa che faccia parte della loro concezione politica il considerarsi inevitabilmente vincolati al
perseguimento di quella particolare concezione del bene che sostengono. In quanto persone libere, i
cittadini rivendicano il diritto di considerare la propria persona indipendente da ognuna di queste
concezioni particolari. Le loro identità pubblica di persone libere non risente del fatto che la loro
particolare concezione del bene cambi nel tempo. Quando un cittadino si converte da una religione
a un'altra non cessa però di essere la stessa persona; non perde niente di quella che potremmo
chiamare la sua identità pubblica o istituzionale. C'è anche un secondo senso di ''identità''. In genere
i cittadini hanno fini e impegni sia politici che non politici ; si affermano i valori della giustizia
politica e vogliono vederli realizzati nelle pubbliche istituzioni e nelle politiche sociali; ma nella
vita non pubblica lavorano anche per altri valori, e per gli scopi delle associazioni cui appartengono.
Questi due aspetti della loro identità devono essere conciliati e adattati l'uno all'altro. Può accadere
che i cittadini abbiamo verso i loro fini e impegni ultimi un atteggiamento molto diverso dovuto a
sentimenti di affetto. Sono questi due tipi di impegno (politico e non) e di adesione affettiva a
specificare l'identità morale di una persona e a dare forma al suo modo di vivere. Tuttavia le nostre
concezioni, fini e impegni ultimi possono cambiare e modificare l'identità morale; questo però non
cambierà la loro identità istituzionale. 3. CONCEZIONE POLITICA DELLA PERSONA Un
secondo aspetto per il quale i cittadini si considerano liberi sta nel vedere se stessi come fonti auto-
autenticanti di rivendicazioni valide. Cioè essi si considerano autorizzati ad avanzare rivendicazioni
verso le loro istituzioni onde promuovere le proprie concezioni del bene. E le rivendicazioni che
essi considerano fondate su doveri e obblighi vanno pure giudicate auto-autenticanti da un punto di
vista politico. 4. Il terzo aspetto sotto il quale i cittadini sono considerati liberi è che sono
considerati capaci di assumersi la responsabilità dei propri fini. Diciamo grosso modo che per ogni
persona, i cittadini sono ritenuti capaci di correggere scopi e aspirazioni alla luce di ciò che possono
ragionevolmente aspettarsi di conseguire. I cittadini, dunque, devono riconoscere che il peso delle
loro rivendicazioni non è determinato dalla forza e intensità psicologica dei loro voleri e desideri.
Partendo dall'idea fondamentale di società come equo sistema di cooperazione i cittadini, essendo
capaci di impegnarsi per tutta la vita nella cooperazione sociale, possono anche assumersi le
responsabilità dei propri fini, cioè sono in grado di correggere tali fini in modo che sia possibile
perseguirli con i mezzi che è ragionevole aspettarsi di ottenere in cambio del contributo che ci si
può ragionevolmente attendere di dare. [idea politica della persona: concepiamo un'idea del bene; ci
riconosciamo lo stato di fonti di auto-autotenticazione di rivendicazioni valide.] 5.Ricapitolazione
IDEA DEL CITTADINO le persone sono considerate libere e uguali per il fatto di possedere nella
misura richiesta due poteri della personalità morale e quella di concepire il bene. Abbiamo associato
questi poteri coi due principali elementi dell'idea di cooperazione: l'idea degli equi termini di
cooperazione e quella del vantaggio razionale, o bene, di ogni partecipante. Poichè la questione di
quale sia la concezione della giustizia politica più adatta a realizzare i valori di libertà e uguaglianza
nelle istituzioni di base è stato oggetto di lunghe e profonde controversie entro quella stessa
tradizione che considera i cittadini liberi e uguali, il fine della giustizia come equità è quello di
risolvere tale questione partendo dall'idea della società come equo sistema di cooperazione nel quali
gli equi termini della cooperazione stessa siano concordati dai cittadini, concepiti nel modo appena
detto. 6. L'idea fondamentale della società come equo sistema di cooperazione attraverso le
generazioni viene sviluppata insieme a due idee collaterali: quella dei cittadini come
persone libere e uguali e quella di società bene ordinata come società regolata efficacemente da una
concezione politica pubblica della giustizia. Dicendo che una società è bene ordinata si intendono
tre cose:
1. che è una società nella quale ognuno accetta esattamente gli stessi principi di giustizia.
2. Che l'opinione pubblica sa o ha buone ragioni di credere che la sua struttura di base soddisfa
questi principi.
3. Che i suoi cittadini hanno un senso efficace della giustizia normalmente che considerano giuste.
In una società di questo genere la concezione della giustizia pubblicamente riconosciuta determina
un punto di vista collettivo dal quale è possibile formulare giudizi sulle rivendicazioni dei cittadini
nei confronti della società stessa.
2. La cultura politica di una società democratica è caratterizzata dai tre seguenti fatti generali
1. la varietà delle dottrine comprensive ragionevoli presenti nelle società democratiche moderne
non è un puro e semplice dato storico che possa venir meno in breve tempo, ma un aspetto
permanente della cultura pubblica della democrazia.
2. Un accordo collettivo e durativo su una dottrina comprensiva può essere conservato solo con un
uso oppressivo del potere statale è necessario per la comunità politica.
3. Un regime democratico durevole, sicuro e che non sia diviso in confessione dottrinali nemiche e
classi sociali reciprocamente ostili deve godere dell'appoggio libero e volontario di una sostanziosa
maggioranza dei suoi cittadini politicamente attivi; il che significa che una concezione politica della
giustizia, per servire da base pubblica per la giustificazione in un regime costituzionale, deve poter
essere fatta propria da dottrine comprensive diverse e contrapposte su molti punti, benché
ragionevoli.
3. La concezione della giustizia affermata in una società democratica bene ordinata deve essere
limitata ad un ''ambito del politico'' e dei suoi valori. Le visioni complessive dei vari cittadini si
dividono in due parti: una sarà la concezione politica della giustizia pubblicamente riconosciuta,
l'altra sarà la dottrina comprensiva cui la concezione politica sarà in qualche modo correlata. Ciò
posto, una società democratica bene ordinata soddisfa una condizione necessaria di realismo e
stabilità, bene ordinata da una concezione politica della giustizia purché: a) i cittadini che
sostengono le dottrine comprensive ragionevoli ma opposte partecipino a un consenso per
intersezione b) le dottrine comprensive irragionevoli non si diffondano al punto di minare
l'essenziale giustizia della società. 4. Come sostenere in modo sufficiente un regime democratico? Il
bisogno fondamentale è quello di costruire una concezione della giustizia per un regime
costituzionale tale che coloro che sostengono quel regime possano anche far propria la concezione
politica. Paragrafo settimo Una società democratica ben ordinata non è né una comunità né
un'associazione. Le differenze tra queste strutture sono due. La prima è che abbiamo postulato che
una società democratica sia da considerare un sistema sociale completo e chiuso: cioè è
autosufficiente e in esso c'è posto per tutti i più importanti scopi della vita umana, vi si entra solo
per nascita e se ne esce alla morte. Non si può supporre, quindi, di entrare nella società all'età della
ragione, così come si può entrare in un'associazione, ma di nascere in quella società in cui vivremo
tutta la vita. Penseremo dunque i principi della giustizia come principi destinati a formare quel
mondo sociale nel quale acquisiamo la nostra concezione di noi stessi come persone e le nostre
opinioni comprensive. Tali principi dovranno dare la priorità a quelle libertà e opportunità di base,
entro le istituzioni di fondo della società civile, che ci consentono innanzitutto di diventare cittadini
liberi ed eguali. 2.
La seconda differenza basilare è che la società non ha scopi o fini ultimi come le persone o le
associazioni: è un errore pensare una società democratica come un'associazione e supporre che la
sua ragione pubblica comprenda fini e valori non politici; così facendo dimentichiamo il ruolo
prioritario e fondamentale delle sue istituzioni di base, quello di creare un mondo sociale nel quale
possiamo diventare cittadini liberi ed eguali. I fini indicati nel preambolo di una carta costituzionale
cadono sotto una concezione pubblica della giustizia e della sua ragione pubblica; questo significa
che i cittadini non pensano che esistano fini sociali antecedenti i quali giustifichino la convinzione
che alcune persone abbiano per la società più valore di altre. Paragrafo ottavo 1.Ricapitolazione
Perchè la società sia un sistema equo e stabile di cooperazione fra cittadini liberi e uguali
profondamente divisi dalle dottrine comprensive ragionevoli che affermano, sembrano essere
sufficienti tre condizioni: primo, che la struttura di base della società sia regolata da una concezione
politica della giustizia; secondo, che questa concezione politica sia il centro focale di un consenso
per intersezione di dottrine comprensive ragionevoli; terzo, che quando sono in gioco elementi
costituzionali essenziali o problemi di giustizia fondamentale la discussione pubblica sia condotta
nei termini della concezione politica della giustizia.
Lezione 2 Paragrafo primo RAGIONEVOLE vs RAZIONALE Le persone sono ragionevoli per
un certo aspetto di base quando, fra uguali, sono disposte a proporre dei principi e criteri che
facciano da equi termini di cooperazione e a rispettarli volontariamente, una volta sicure che anche
gli altri faranno lo stesso. Il ragionevole è un elemento dell'idea di società come sistema di equa
cooperazione; esse desiderano un modo sociale nel quale possano cooperare da individui liberi ed
uguali con altre persone, in una posizione intermedia tra l'altruismo e l'egoismo. Una persona è,
invece, irragionevole quando desidera impegnarsi in sistemi cooperativi ma non è disposta ad
onorare o anche solo a proporre alcun principio o criterio generale che specifiche equi termini di
cooperazione. Questo tipo di posizione non va equiparata alla moralità fine a se stessa ma deve
essere associata alla moralità nel quadro della cooperazione. 2. Normalmente gli agenti razionali e
ragionevoli sono le unità minime di responsabilità nella vita sociale e politica. Tuttavia l'idea del
razionale è distinta da quella di ragionevole. Gli agenti razionali non si limitano a ragionare in
termini di mezzi e fini delle loro azioni, possono anche vagliare i fini ultimi in base al significato
che hanno per il loro piano di vita complessivo e al grado della loro unità organica e
complementare. Né un agente razionale ha, in quanto tale, solo interessi egoistici: non sempre i suoi
interessi riguardano il suo beneficio personale. Tuttavia la cosa che manca agli agenti razionali è
quella particolare forma di sensibilità morale che sottende il desiderio di impegnarsi in un'equa
cooperazione in quanto tale, e di farlo a condizioni che gli altri possano prevedibilmente accettare.
3. Nella giustizia come equità il ragionevole e il ragionale sono due nozioni di base distinte, in
quanto la giustizia come equità non pensa minimamente di derivare l'una dall'altra. Nonostante ciò
queste due idee sono due nozioni complementari in quanto funzionano in coppia definendo l'idea
degli equi termini di cooperazione, tenendo conto del tipo di cooperazione sociale in gioco, della
natura delle parti e della loro posizione l'una rispetto all'altra. Essendo due idee complementari, non
possono reggersi l'uno senza l'altro; e non si può neanche derivare l'uno dall'altro. 4. Un'altra
differenza basilare fra il ragionevole e il razionale è che il primo è pubblico in un senso in cui il
secondo non lo è; grazie al ragionevole che entriamo da uguali nel mondo pubblico degli altri,
pronti a proporre o ad accettare equi termini di cooperazione. In una società ragionevole tutti hanno
i propri fini razionali, e tutti sono pronti a proporre condizioni eque che ci si può ragionevolmente
aspettare vengano accettate dagli altri, cosicché tutti possano ricavarne dei benefici e ciascuno
ottenga più di quanto potrebbe
avere da solo. Sono INTERDIPENDENTI = non ci sarebbe società giusta senza entrambi gli attori.
Paragrafo secondo 1.GLI ONERI DI GIUDIZIO Il primo aspetto fondamentale del ragionevole è la
disponibilità a proporre equi termini di cooperazione ed attenervisi purché anche gli altri lo
facciano. Il secondo è la disponibilità a riconoscere gli oneri del giudizio e ad accettarne le
conseguenze per quanto riguarda la direzione dell'esercizio legittimo del potere politico in un
regime costituzionale per mezzo della ragione pubblica. L'idea di dissenso ragionevole implica una
teoria delle fonti di dissenso fra persone che siano ragionevoli nel senso appena definito → sono gli
oneri del giudizio (fonti). Tali oneri devono essere definiti in modo da risultare pienamente
compatibili con la ragionevolezza di coloro che dissentono. In quanto ragionevoli e razionali noi
dobbiamo pronunciare tipi di giudizio diversi e dobbiamo realizzare un equilibrio fra i nostri diversi
fini e valutare quale sia il posto più adatto a loro nel nostro modo di vivere. Cause del dissenso
(oneri del giudizio):
• i dati relativi a un certo caso sono contrastanti e complessi, quindi difficili da valutare.
• anche quando c'è pieno accordo su quali siano i tipi di considerazioni pertinenti ci può essere
disaccordo sui loro pesi relativi. [idea di secolarizzazione → tra i compiti dei doveri civili e quelli
delle istituzioni religiose; comune idea di secolarizzazione del ritrarsi alla vita religiosa;
secolarizzazione vuol dire cambiamento dell'esperienza del credere, si passa ad un legame forte e
unico alla religione e alla concezione per la quale l'essere credente è una scelta]. Anche quando c'è
condivisione tra i principi collettivi può manifestarsi disaccordo sul loro peso relativo(siamo
d'accordo sull'importanza ed il valore di tali concezioni ma l'atteggiamento nei confronti dei loro
valori. In questo modo si dà luogo ad una controversia che anche oggi caratterizza l'ambito pubblico
nel confronto su diverse tematiche come l'aborto, le unioni civili ecc.
• in una certa misura, tutti i nostri concetti sono vaghi; questo significa che dobbiamo affidarci al
giudizio e all'interpretazione cioè a cose sulle quali persone ragionevoli possono dissentire. (Al
livello costituzionale ci vuole un interprete unico.) I concetti quindi hanno un certo livello di
indeterminatezza(che permette di dissentire) dunque questo fattore diventa il terzo fattore legittimo
di PLURALITA'.
• Il modo in cui valutiamo i dati e il peso che diamo ai valori morali e politici sono determinati dalla
nostra esperienza di vita totale, e le nostre esperienze non possono che essere diverse.
• Spesso esistono considerazioni normative di tipo diverso, e di diversa forza, da entrambi i lati di
un problema, ed è difficile arrivare a una valutazione complessiva.
• Berlin → ogni sistema di istituzioni sociali può ammettere solo certi valori e non certi altri, per cui
bisogna operare una selezione entro l'intera gamma dei valori morali e politici che si potrebbero
realizzare. (ruolo degli attori politici → valutare l'operatività dei principi).
La piena ragionevolezza di ognuno di manifesta nell'invocare questi oneri del giudizio, senza
negare l'interesse personale e di gruppo. Paragrafo terzo 1. Il secondo aspetto dell'essere consiste
nell'essere disposti a riconoscere gli oneri del giudizio e a sopportarne le conseguenze. Tra queste
conseguenze vi è la visione evidente che le persone non sostengono tutte la stessa dottrina
comprensiva. La dottrina sostenuta da una qualsiasi persona ragionevole è solo una dottrina
ragionevole tra tante. Dunque non è irragionevole sostenere una qualsiasi fra un certo numero di
dottrine comprensive ragionevoli; noi riconosciamo che la nostra vita non ha e non può avere titoli
di validità speciali. Poiché le dottrine ragionevoli sono molte, l'idea del ragionevole non impone né
a noi né ad altri di accettarne una in particolare, anche se ovviamente possiamo farlo. 2. Le persone
ragionevoli troveranno irragionevole usare il potere politico per reprimere dottrine comprensive non
irragionevoli, benché diverse dalla loro. Poiché le dottrine che qualcuno considera ragionevoli sono
molte, naturalmente chi insiste sulle proprie opinioni
insiste anche sul fatto che sono uniche, e le impone perchè sono vere e non perchè sono le sue, e
questa è una pretesa che tutti potrebbero avanzare. Le persone ragionevoli si rendono contro che
gli oneri del giudizio impongono limiti a ciò che si può giustificare ragionevolmente davanti agli
altri. È irragionevole usare il potere politico per reprimere visioni comprensive non irragionevoli. 4.
I cittadini partecipano in uguali misura al potere politico e coercitivo collettivo della società e sono
tutti uguali soggetti agli oneri del giudizio. Perciò non c'è ragione che un cittadino abbia il diritto di
usare il potere di polizia dello stato per prendere decisioni conformi ai dettami della sua dottrina
comprensiva. Il rappresentante di un cittadino non potrebbe mai concedere a un'altra persona
l'autorità politica necessaria a fare una cosa del genere. 5. Scetticismo → gli argomenti scettici
propongono un'analisi filosofica delle condizioni della conoscenza del mondo degli oggetti esterni,
e dopo avere esaminato i nostri strumenti d'indagine ordinari giungono alla conclusione che non
possiamo conoscere tali oggetti perchè non sarà mai possibile soddisfare una o più condizioni
necessarie della conoscenza stessa. La descrizione degli oneri del giudizio si limita a elencare
alcune delle circostanze che rendono particolarmente difficile l'accordo politico sui giudizi intorno
alle dottrine comprensive. Dobbiamo riconoscere l'impossibilità pratica di raggiungere un accordo
politico ragionevole e praticamente utilizzabile nel giudicare la verità delle dottrine comprensive, e
soprattutto un accordo che serva allo scopo politico di realizzare la pace e la concordia in una
società caratterizzata da differenze religiose e filosofiche interne. 6. Distinzione tra il fatto del
pluralismo in quanto tale e il fatto del pluralismo ragionevole. Nel primo la giustizia come equità
viene proposta come tesi autonoma, come concezione politica della giustizia applicabile alla
struttura di base e che connette fra loro due tipi di valori politici. E poiché l'idea di consenso per
intersezione viene introdotta solo nel secondo stadio la questione che ci troviamo davanti nel primo
stadio è la distinzione fra le due forme di pluralismo. In entrambi i casi vengono scelti gli stessi
principi di giustizia. Le parti devono sempre garantire i diritti e le libertà fondamentali a coloro di
cui sono fiduciari. Nello scegliere i principi devono esprimere la concezione politica che ritengono
più congeniale agli interessi fondamentali dei cittadini che rappresentano. Se invece assumono che
esista solo un pluralismo puro e semplice, sopprimerebbero la libertà di coscienza e di pensiero.
Perciò nel primo stadio il contrasto fra i due pluralismi non agisce sul contenuto della giustizia
come equità. Il fatto di avere lo stesso contenuto nei due casi dimostra che la giustizia come equità
ha una portata molto ampia e che i principi non sono determinati dalla non-ragione. Paragrafo
quarto 1. Una società bene ordinata è regolata da una concezione pubblica efficace della giustizia.
Poiché vogliamo che l'idea di questa società sia sufficientemente realistica, assumiamo che essa
coesista con le circostanze di giustizia. Queste ultime sono di due tipi: le circostanze oggettive di
scarsità moderata e le circostanze soggettive di giustizia. Le seconde si identificano col fatto del
pluralismo puro e semplice, ma in una società bene ordinata governata dalla giustizia come equità
comprendono anche il fatto del pluralismo ragionevole. IDEA DI PUBBLICITA' Tre livelli:
1. quando la società è governata efficacemente da principi di giustizia pubblici: i cittadini accettano
questi principi e questa conoscenza è pubblicamente riconosciuta. I cittadini si comportano così
sulla base di credenze generalmente condivise e confermate da metodi di indagine e modi di
ragionare universalmente considerati adeguati alle questioni di giustizia politica.
2. Il secondo livello di pubblicità riguarda le credenze generali alla cui luce è possibile accettare gli
stessi principi primi della giustizia. I cittadini di una società bene ordinata concordano su queste
credenze, che possono essere consolidate con metodi di indagine e forme di ragionamento
pubblicamente condivisi. Sono proprio
queste credenze generali, che rispecchiano le convinzioni aventi corso pubblico in una società bene
ordinata.
3. Il terzo livello riguarda la piena giustificazione della concezione pubblica della giustizia. Tale
giustificazione comprende tutto ciò che diremmo costruendo la giustizia come equità e riflettendo
sul perchè procediamo in un modo anziché in un altro. Se i cittadini lo desiderano, la piena
giustificazione è presente nella cultura pubblica; ed è rispecchiata nel sistema delle leggi e delle
istituzioni politiche e dalle loro principali tradizioni interpretative.
2. Se una società bene ordinata soddisfa questi tre livelli di pubblicità si crea una condizione
adeguata a una concezione politica della giustizia per cittadini ragionevoli e razionali che siano
anche liberi ed uguali. È importante, però, che la società sia contraddistinta da due caratteristiche:
• che essa specifica un rapporto tra persone entro la struttura di base della società • che il potere
politico sia potere pubblico.
È naturale, perciò, che gli equi termini della cooperazione sociale tra i cittadini liberi e uguali
soddisfino i requisiti della piena pubblicità; se infatti la struttura di base è affidata a sanzioni
coercitive i fondamenti delle sue istituzioni devono essere in grado di superare un esame pubblico.
La pubblicità garantisce ai cittadini la possibilità di conoscere e accettare l'onnipresente influenza
della struttura di base, che plasma la concezione che essi hanno di se stessi, il loro carattere, i loro
fini. 3. Il primo livello di modellizzazione della pubblicità, quindi, è semplice: basta chiedere che le
parti valutino le varie concezioni della giustizia tenendo presente che i principi che concorderanno
dovranno servire da concezione politica pubblica della giustizia. Anche la modellizzazione di
secondo livello è immediata: è lo stesso velo d'ignoranza ad assicurarla. Essa consiste nel fatto che
le credenze generali usate dalle parti per valutare le concezioni della giustizia devono anche essere
pubblicamente conosciute. I cittadini non sanno quali siano le credenze generali che sono di
sostegno ai principi di giustizia riconosciuti e appartengono alla loro giustificazione pubblica
completa; e ciò presuppone che, quando si costruisce la posizione originaria, si stipuli che le parti si
basino, nei loro ragionamenti, solo su credenze generali condivise dalla generalità dei cittadini
perchè comprese nella loro conoscenza pubblica. 4. L'idea di pubblicità mira solo al raggiungimento
di condizioni più o meno minimali di una cooperazione sociale efficace. A questo livello si
considera che le norma pubbliche siano volte a scoraggiare le tendenze personalistiche o di gruppo
e a incoraggiare simpatie meno limitate. I suoi principi sono realizzati nelle istituzioni politiche e
sociali e nelle loro tradizioni interpretative pubbliche, ma la derivazione dei diritti, delle libertà e
delle opportunità dei cittadini contiene anche una concezione dei cittadini stessi come persone
uguali e libere. Realizzare la condizione di piena pubblicità significa realizzare un mondo nel quale
l'ideale della cittadinanza possa essere appreso e stimolare un desiderio effettivo di essere una
persona di quel tipo. Paragrafo sesto La piena autonomia è conseguita dal cittadino; è un valore
politico, non etico. Essa viene realizzata nella vita pubblica quando si affermano i principi politici
della giustizia e si gode della protezione diritti e delle libertà fondamentali. 2. Per raggiungere la
piena autonomia della generalità dei cittadini è necessario che sia soddisfatta la condizione di piena
pubblicità, che si esprime agendo in base ai principi pubblici della giustizia, intesi come principi
che specificano gli equi termini di cooperazione che essi si assegnerebbero se collocati in una
situazione equa, cioè la posizione originaria. 3. PERCHE' LA POSIZIONE ORIGINARIA E'
EQUA Ci appelliamo all'idea fondamentale di uguaglianza presente nella cultura politica pubblica
di una società democratica → i cittadini sono uguali in quando possiedono due poteri morali e le
altre capacità che permettono loro di essere membri normali e pienamente
cooperativi della società; tutti coloro che soddisfano questa condizione hanno uguali diritti. Per
modellizzare questa uguaglianza nella posizione originaria diciamo che le parti, in quanto
rappresentanti di coloro che soddisfano tale condizione, sono in posizione simmetrica. Accettando
quest'idea ne segue che i cittadini, rappresentati ugualmente, considerati persone libere e uguali,
sono rappresentati equamente quando si trovano nello stesso modo in posizione originaria.
Paragrafo settimo Elementi di base delle concezioni del cittadino come persona ragionevole e
razionale:
• i due poteri morali: la capacità di giustizia e di concepire il bene • i poteri intellettuali di giudizio •
i cittadini hanno, in qualsiasi momento dato, una concezione determinata del bene
interpretata alla luce di una dottrina comprensiva • hanno la capacità e abilità indispensabili per
essere per tutta la vita membri normali
e pienamente cooperativi della società In quanto possiedono questi poteri nella misura minima
indispensabile, i cittadini sono uguali. Inoltre hanno anche quattro caratteristiche speciali:
1. la disponibilità a proporre equi termini di cooperazione che ci si può ragionevolmente aspettare
siano accorti dagli altri
2. riconoscono gli oneri di giudizio e i limiti da essi imposti a ciò di cui ci si può giustificare davanti
agli altri
3. i cittadini non solo sono membri normali e cooperativi della società, ma vogliono anche essere
riconosciuti come tali.
4. I cittadini hanno quella che può essere chiamata come ''psicologia morale ragionevole''
2. Per spiegare i punti 1. e 2. è necessario introdurre la distinzione fra tre tipi di desiderio.
I) i desideri dipendenti da un oggetti: sono infinitamente numerosi e comprendono i desideri fisici.
Si aggiungono anche i legami emotivi e affettivi.
II) i desideri dipendenti da un principio: li distingue il loro oggetto e scopo e non è descrivibile
senza usare i principi che rientrano nella specificazione di tale attività. Questi tipi di desiderio si
dividono a seconda che siano ragionevoli o razionali, ad esempio tra i principi razionali ci
potrebbero essere: adottare il mezzo più efficace per ottenere i nostri scopi; scegliere l'alternativa
più probabile; preferire il bene maggiore; ordinare i nostri scopi quando sono in conflitto. Mentre
quelli legati al ragionevole sono perlopiù principi che regolano il modo con cui più agenti si devono
comportare nelle loro relazioni reciproche.
III) i desideri dipendenti da una concezione: vediamo i principi in base ai quali desideriamo agire
come parte di una certa concezione ragionale e ragionevole, o di un certo ideale politico, e come un
contributo all'articolazione di tale concezione o ideale.
Possiamo desiderare di comportarci come si conviene a una persona razionale la cui condotta sia
guidata dal ragionamento pratico. Il desiderio di essere questo tipo di persona implica l'avere dei
desideri dipendenti da un principio e l'agire sulla loro base, e non solo in base a desideri dipendenti
da un oggetto e governati dal costume dall'abitudine. I nostri ragionamenti sul futuro presuppongo
una concezione di noi stessi come esseri che durano nel tempo; ma noi dobbiamo essere in grado di
dare forma alla concezione corrispondente. È chiaro che per noi il caso più importante è quello
dell'ideale di cittadinanza, così come lo caratterizza la giustizia come equità. L'ideale di cittadino è
quello di una persona di questo tipo. La concezione della giustizia come equità, quindi, collega il
desiderio di realizzare un ideale politico di cittadinanza con i poteri morali e le normali capacità dei
cittadini. Quindi:
1. il cittadino ha la capacità di acquisire concezioni della giustizia e dell'equità 2. quando ritengono
giuste o eque le istituzioni o le pratiche sociali, sono pronti e
disposti a fare la propria parte entro questi addetti 3. se altre persone hanno l'evidente intenzione di
fare la propria parte entro assetti
giusti o equi, un cittadino tenderà a nutrire fiducia verso di esse 4. Questa fiducia si rafforza e
diventa più completa a mano a mano che il successo
dell'assetto cooperativo si prolunga nel tempo 5. accade lo stesso quando le istituzioni di base
destinate a garantire i nostri interessi
fondamentali sono riconosciute in modo più fermo e volontario. LEZIONE IV Paragrafo primo La
tradizione che appare dominante è quella dell'unica concezione ragionevole e razionale del bene. Il
liberalismo politico suppone invece che esistano molte dottrine comprensive ragionevoli e
contrapposte, ognuna con una sua concezione del bene e ognuna compatibile con la piena
razionalità della persona umana; e vede questa pluralità ragionevole di dottrine contrastanti e
incommensurabili come il prodotto tipico della ragione pratica, nella durata ed entro istituzioni
libere e stabili. La domanda alla quale la tradizione dominante cerca di rispondere non ha risposta:
nessuna dottrina comprensiva è adeguata come concezione politica per un regime costituzionale. 3.
In un regime costituzionale la relazione politica ha due aspetti particolari:
1. è una relazione fra persone entro la struttura di base della società, e in questa struttura
istituzionale di base noi entriamo solo per nascita, uscendone solo con la morte.
2. Il potere coercitivo è sempre un potere coercitivo sostenuto dall'uso di sanzioni da parte del
governo, perchè solo il governo ha l'autorità di usare la forza per far rispettare le sue leggi. Tale
potere viene, però, sistematicamente imposto ai cittadini in quanto individui e membri di
associazioni, e molti di loro possono non accettare ragioni che giustificano la struttura generale
dell'autorità politica, cioè la costituzione.
Ciò pone il problema della legittimità della struttura generale dell'autorità: quando questo potere
viene esercitato in modo appropriato? Il liberalismo dice: noi esercitiamo il potere politico in modo
pienamente corretto solo quando lo esercitiamo in armonia con una costituzione tale che ci si possa
ragionevolmente aspettare che tutti i cittadini, in quanto liberi e uguali, ne accolgano, alla luce di
principi e ideali accettabili per la loro comune ragione umana, gli elementi essenziali. 4. Data
l'esistenza di un regime costituzionale ragionevolmente ordinato, per il liberalismo politico hanno
un'importanza centrale due punti:
1) i problemi relativi agli elementi costituzionali essenziali e alle questioni di giustizia
fondamentale vanno risolti facendo appello a valori esclusivamente politici.
2) normalmente i valori politici espressi dai suoi principi e ideali avranno un peso sufficiente a farli
prevalere su qualsiasi altro valore che possa essere in conflitto con essi.
Com'è possibile che i valori dell'ambito specifico del politico prevalgano su qualsiasi valore sia in
conflitto con essi? La risposta ha due parti fra loro complementari: la prima dice che i valori del
politico sono valori grandissimi, e perciò difficilmente superabili → sono essi a governare
l'impianto di base della vita sociale. Nella giustizia come equità alcuni di questi grandi valori sono
espressi dai principi di giustizia relativi alla struttura di base. Troviamo espressi, poi, altri grandi
valori politici nei criteri orientativi dell'indagine pubblica e nelle misure che si prendono per
rendere libera e pubblica. I valori della ragione pubblica non comprendono soltanto l'uso
appropriato dei concetti fondamentali di giudizio, ma anche le virtù della ragionevolezza che si
manifestano nell'attenersi ai criteri e alle procedure della conoscenza di senso comune e
nell'accertare, quando non sono controversi, i metodi e le conclusioni della scienza. Questi valori
esprimono quell'ideale politico liberale secondo il quale il potere politico dovrebbe essere esercitato
solo in un modo tale che ci si possa ragionevolmente aspettare che tutti i cittadini l'accettino alla
luce della loro comune ragione umana. Paragrafo secondo La giustizia come equità è stabile? La
stabilità comporta due problemi:
1) Il primo è se le persone che crescono entro istituzioni giuste acquisiscano un senso di giustizia
sufficiente così da potersi adeguare.
2) Il secondo è se, considerati i fatti generali che caratterizzano la cultura politica pubblica di una
democrazia e in particolare il fatto del pluralismo ragionevole, la concezione politica possa essere il
centro focale di un consenso per intersezione.
Al primo si risponde specificando la psicologia morale, che permette ai cittadini di acquisire un
senso di giustizia sufficiente in condizioni normali. Al secondo con il consenso per intersezione. 2.
sono due i sensi nei quali una concezione politica può interessarsi della stabilità. Nel primo senso, la
stabilità è vista come una faccenda puramente pratica: se una concezione non è stabile, è sciocco
cercare di realizzarla. Possiamo immaginare due compiti distinti: il primo consiste nell'elaborare
una concezione politica che appaia sensata o ragionevole, secondo consiste nell'indurre altre
persone ad accettarla. Finché è possibile trovare i mezzi di persuasione o imposizione, la
concezione è considerata stabile. Trovare una concezione stabile non significa soltanto evitare di
fare cose inutili, ma permettere a coloro che crescono entro istituzioni di base giuste di acquisire un
senso di giustizia e una fedeltà ragionata verso tali istituzioni sufficienti a rendere stabili. In questo
senso il senso di giustizia diventerà talmente forte da essere garantita reciprocamente da ogni
cittadino al fine di mantenere la stabilità.
3. La giustizia come equità non è ragionevole se il sostegno che ha non se lo sa conquistare
parlando alla ragione di ogni singolo cittadino. Solo così sarà una teoria della legittimità
dell'autorità politica. Paragrafo terzo IL CONSENSO PER INTERSEZIONE Due punti importanti:
I) noi cerchiamo un consenso di dottrine comprensive ragionevoli; non è cruciale il fatto del
pluralismo in quanto tale, ma il fatto del pluralismo ragionevole, che non è una condizione
sfortunata della vita umana.
II) in una democrazia costituzionale la concezione pubblica della giustizia dovrebbe essere
presentata indipendentemente da ogni dottrina comprensiva. La concezione politica è un modulo
che può adattarsi a varie dottrine comprensive ragionevoli che hanno un'esistenza duratura nella
società da essa regolata e che possono sostenerla.
2./3. Ci sono almeno quattro possibili obiezioni contro l'idea di un'unità sociale fondata su un
consenso per intersezione. Secondo alcuni l'idea di un'unità politica fondata su un consenso per
intersezione sarebbe da respingere anche se un simile consenso fosse sufficientemente stabile, e si
accontenta di un'intesa fra i cittadini che al fondo è un semplice modus vivendi. A questa obiezione
rispondiamo che in verità si deve rinunciare alla speranza di una comunità politica, se per tale
comunità s'intende una società politica unita nell'affermare una stessa dottrina comprensiva. Il
problema, sostanzialmente, riguarda gli aspetti significativi di un consenso per intersezione e il
modo in cui questi aspetti agiscono sulla concordia sociale. 4. Cosa, infatti, lo rende diverso da un
modus vivendi? Esso presenta due aspetti degni di nota:
I) l'oggetto del consenso è già una concezione morale II) questa concezione viene affermata per
motivi morali
Perciò un consenso per intersezione non è soltanto un consenso sull'accettazione di certe autorità o
sul conformarsi a certi assetti istituzionali. I due aspetti sono legati, inoltre, ad un terzo aspetto:
quello della stabilità.
III) stabilità significa che coloro che affermano le posizione che sostengono la concezione politica
non ritireranno l'appoggio a quest'ultima nemmeno se la forza relativa della loro posizione nella
società aumenterà fino a diventare dominante.
Ogni posizione sostiene la concezione politica per sé, e il criterio per vedere se le cose stanno così è
proprio la stabilità del consenso davanti a un mutato rapporto di forza fra le
varie posizione. Nel modus vivendi la stabilità dipende essenzialmente da fatti contingenti e
dall'equilibrio delle forze. L'ampiezza di questo tipo di consenso ricopre i principi e i valori di una
concezione politica e si applica all'intera struttura di base. Paragrafo quarto Evitando le dottrine
generali comprensive si può dare l'impressione di voler suggerire che una certa concezione potrebbe
essere la più ragionevole per noi anche se fosse notoriamente non vera. A questa obiezione si
risponde sottolineando che per l'idea di una concezione politica, sarebbe considerata indifferente
alla verità. Tale scetticismo metterebbe la filosofia politica in conflitto con numerose dottrine
comprensive e dunque vanificherebbe il suo scopo. Perciò non ci si può ragionevolmente attendere
un accordo politico su questioni controverse, ci rivolgeremo invece alle idee fondamentali che
condividiamo grazie alla cultura politica pubblica e tenteremo di costruire una concezione pubblica
della giustizia congruente con le nostre convinzioni meditate. Se questo sarà fatto allora i cittadini
potranno considerare vera o ragionevole la concezione politica della giustizia. 5. Tuttavia è sempre
possibile che sostenendo una concezione politica della giustizia si finisca per dover affermare
almeno qualche aspetto della propria dottrina comprensiva. È quello che accade ogni volta che ci si
ostina a sostenere che certe questioni sono così fondamentali da garantirne una soluzione corretta si
possono anche affrontare gravi disordini civili. Nonostante le considerazioni che ognuno può fare di
una dottrina diversa dalla propria, che riguardi la fede o la filosofia, noi non mettiamo in campo la
nostra visione comprensiva più di quanto riteniamo necessario o utile per il fine politico del
consenso; questo al fine di rispettare meglio i limiti della ragione pubblica. 4. L'idea di consenso per
intersezione reso possibile da una giustizia come equità, completa ed estende quel movimento di
pensiero che è iniziato tre secoli fa, con la graduale accettazione del principio di tolleranza, e ha
portato allo stato non confessionale e all'uguale libertà di coscienza.
Paragrafo quinto Una terza obiezione è: anche ammesso che un consenso per intersezione non sia
un modus vivendi, si potrebbe ancora dire che una concezione politica praticabile deve essere
generale e comprensiva. Se non si ha a disposizione una dottrina generale e comprensiva, non c'è
modo di mettere ordine fra i numerosi conflitti in materia di giustizia che nascono nella vita
pubblica. Quest'obiezione è del tutto naturale. Infatti siamo tentati di chiederci in quale altro modo
si potrebbe dirimere un conflitto fra rivendicazioni opposte. Ma la risposta è pluralistica, manca di
unità sistematica e oltre ai valori politici, formulati da una concezione politica autonoma della
giustizia, comprende anche una numerosa famiglia di valori non politici. Tuttavia prevarranno
sempre i valori politici. 2. Possiamo descrivere questa visione come segue: innanzitutto faremo
bene a non assumere che esistano risposte universalmente accettabili per tutte le domande relative
alla giustizia politica. Fatto questo, dobbiamo organizzare le istituzioni della struttura di base in
modo da rendere improbabile il sorgere di conflitti intrattabili, e dobbiamo anche accettare la
necessità di principi chiari e semplici. Una concezione politica è solo uno schema di base che ci
guarda nel deliberare e riflettere e ci aiuta a raggiungere un accordo politico. Quindi i giudizi
convergono per una concezione politica di per sé sufficiente, al fine di non pensare più di
raggiungere un'intesa politica maggiore di questa o diversa. 3. Di fronte al fatto del pluralismo
ragionevole una concezione liberale farà in modo che la politica non si trovi a dover affrontare i
problemi che tendono a dividere quelli che non possono nominare la cooperazione sociale alla base.
Le virtù della cooperazione politica sono virtù che costituiscono un grandissimo bene
pubblico, una parte del capitale politico della società. Perciò è normale che i valori che contrastano
con la concezione politica della giustizia e con le virtù che la sostengono non prevalgano, perchè
sono in conflitto con le condizioni stesse che rendono possibile un'equa cooperazione sociale basata
sul rispetto reciproco. 4. Quando una concezione politica è sostenuta da un consenso per
intersezione, non è vista come qualcosa di contrario ai valori religiosi, filosofici e morali
fondamentali e quindi i conflitti sono molto ridotti. Quindi dato il pluralismo ragionevole, l'opera
conciliatrice dell'opinione pubblica fa:
1. individua il ruolo fondamentale dei valori politici, che è quello di esprimere i termini di un'equa
cooperazione sociale compatibile con il rispetto reciproco tra i cittadini
2. in secondo luogo mette in luce l'esistenza di una concordanza sufficientemente ampia fra i valori
politici e non politici in un consenso per intersezione ragionevole
Paragrafo sesto L'ultima obiezione è che un consenso di intersezione è utopistico: non esistono cioè
forze politiche, sociali o psicologiche a porlo in essere perchè la costituzione soddisfa i principi
liberali di giustizia politica, ma poiché il consenso è costituzionale, tali principi sono accettati
semplicemente in quanto principi, e non in quanto fondati sulle idee di società e persona di una
concezione politica su una concezione pubblica condivisa. Nel consenso costituzionale, una
costituzione introduce procedure elettorali democratiche per moderare le rivalità politiche entro la
società; tali rivalità non comprendono solo quelle fra classi e interessi, ma anche quelle fra coloro
che privilegiano principi liberali diversi. Il consenso costituzionale non è profondo e nemmeno
ampio: ha un ambito ristretto in quanto non comprende la struttura di base ma solo le procedure
politiche del governo democratico. 2. I principi liberali della giustizia possono anche aderire solo
alla lontana alle visioni comprensive in questione e i principi politici della giustizia consentono di
seguire dottrine comprensive diverse. Questo fa pensare che i cittadini finiscano per sostenere
principi di giustizia incorporati nella costituzione e nella loro pratica politica senza vedere un nesso
particolare fra questi principi e il resto delle loro idee. 3. Quali sono i principi che possono
conquistarsi un seguito? La fedeltà verso certe istituzioni e ai principi che le regolano si può basare
su interessi a lungo termine, personali e di gruppo su atteggiamenti tradizionali e sul semplice
desiderio di conformarsi a ciò che tutti si aspettano. Quando regolano efficacemente le istituzioni
politiche di base i principi liberali realizzano tre requisiti di un consenso costituzionale stabile:
I) vengono incontro a una necessità politica immediata, quella di stabilire il contenuto di certe
libertà e certi diritti politici fondamentali e assegnare loro una priorità speciale. Se questo viene
fatto, la politica non dovrà più occuparsi di simili garanzie, che si collocheranno al di fuori del
calcolo degli interessi sociali. Se il calcolo degli interessi sociali è considerato pertinente a questo
livello, lo statuto dei diritti e delle libertà fondamentali rimane irrisolto e cresceranno
pericolosamente l'insicurezza e l'aggressività della vita pubblica. Il rifiuto di cancellare questi
problemi dall'ordine del giorno politico perpetua le profonde divisioni latenti nella società e tradisce
una disposizione a risuscitarle.
II) La creazione di una ragione pubblica dall'applicazione dei principi liberali della giustizia. Questi
principi possono essere applicati seguendo i normali criteri orientativi dell'indagine pubblica e della
valutazione dei dati empirici. Ciò garantisce che il ragionamento pubblico può essere
pubblicamente considerato corretto e ragionevolmente attendibile.
III) le istituzioni politiche tendono a incoraggiare le virtù cooperative della vita politica:
ragionevolezza, senso dell'equità, spirito di compromesso ecc. Ma il consenso costituzionale è o
non è soddisfatto dai principi liberali? Per rispondere è necessario sottolineare l'importanza della
ragione pubblica; infatti
è usandola e seguendola che i cittadini possono arrivare a vedere che le loro istituzioni politiche e le
loro procedure democratiche sono riconosciute volontariamente.
Paragrafo settimo Perchè un consenso per intersezione sia:
• profondo si richiede che i suoi principi e ideali politici siano fondati su una concezione politica
della giustizia che utilizzi idee fondamentali di società e persona del tipo di quelle presenti nella
giustizia come equità
• per essere ampio, deve andare al di là dei principi politici, istituendo procedure democratiche
• per la specificità è necessario che il centro focale di un consenso per intersezione sia una
concezione politica specifica della giustizia; l'esempio canonico è dato dalla giustizia come equità.
2. Una volta instaurato un consenso costituzionale ogni gruppo politico dovrà presentarsi nel foro e
rivolgersi ad altri che non comprendono la sua dottrina cosicché ogni gruppo sarà indotto a
formulare una concezione politica della giustizia; tali concezioni forniranno la moneta di scambio
della discussione e permetteranno di spiegare più in profondità il significato e le implicazioni dei
principi e delle scelte appoggiate dai vari gruppi. Inoltre in un sistema costituzionale con revisione
giudiziaria sarà necessario che i giudici, o i funzionari competenti, sviluppino una concezione
politica della giustizia alla cui luce interpretare la costituzione e decidere i casi importanti. Solo così
gli atti del legislativo possono essere dichiarati costituzionali o incostituzionali. 3. Considerazioni
relative all'ampiezza: è indispensabile una legislazione fondamentale che garantisca la libertà di
coscienza e di pensiero in generale, e non soltanto la libertà di parola e di pensiero in politica;
inoltre è necessario che assicuri la libertà di associazione e di movimento; e al di là di tutto questo
sono necessarie misure che garantiscano il soddisfacimento dei bisogni fondamentali dei cittadini.
Qui l'elemento costituzionale è che, al di sotto di un certo livello di benessere, gli esseri umani
proprio non possono far parte della società come cittadini. Non tocca a una concezione politica dire
da che cosa sia determinato il livello di benessere e istruzione al di sotto del quale le cose vanno
così; bisogna esaminare la società in oggetto. Dunque, riguardo all'ampiezza, il punto essenziale è
che i diritti, le libertà e le procedure comprese in un consenso costituzionale coprono solo una parte
limitata delle questioni politiche fondamentali destinate a essere dibattute. 4. Quanto è specifico il
consenso? Ci sono due considerazioni da fare:
1. la giustizia come equità prende le mosse dall'idea fondamentale della società come equo sistema
di cooperazione, più la concezione delle persone come esseri liberi e uguali; queste idee sono
considerate centrali per l'ideale democratico.
2. Si può assumere che interessi sociali ed economici diversi sostengano concezioni liberali diverse;
le differenze fra le varie concezioni esprimono anche un conflitto fra tali interessi. L'ampiezza della
gamma delle concezioni liberali sarà determinata dall'intensità dell'opposizione fra questi interessi.
Per specificare il centro della classe focale la giustizia come equità deve soddisfare due condizioni:
a) basarsi su idee fondamentali più centrali b) essere stabile grazie agli interessi che la sostengono e
che ne sono incoraggiati. Paragrafo ottavo Con questo discorso è possibile affermare come la base
del rispetto dei cittadini per i limiti della ragione pubblica, come il consenso per intersezione, è un
complesso bilanciato di ragioni e non un compromesso imposto dalle circostanze. Per dare
conferma di questo è necessario distinguere le differenze possibili fra una concezione politica e una
dottrina comprensiva partendo dalla definizione delle quattro posizioni che hanno caratterizzato il
consenso per intersezione.
1. Kant e l'ideale di autonomia. Kant sostiene una dottrina basata su relazioni
deduttive che creano una concezione politica deduttiva. 2. Viene poi la dottrina di Bentham e
Sidgwick, basa sull'utilità media. Secondo i due
studiosi ci deve essere un limite alla complessità delle norme giuridiche e istituzionali e che la
ragione pubblica ha bisogno di criteri orientativi semplici. Ciò conduce a una concezione politica
della giustizia come un'approssimazione soddisfacente a ciò che richiede il principio di utilità.
3. Visione pluralistica dei regni dei valori di cui la concezione politica era semplicemente una parte.
I vari ambiti di valore solo unificati da idee e concetti provenienti dal loro interno. In questa visione
comprensiva pluralistica la concezione politica è sostenuta da giudizi di peso relativo che sostengo i
grandi valori del politico contro tutti gli altri valori che normalmente entrano in conflitto con essi in
un regime democratico ben ordinato.
Lezione V Una concezione politica della giustizia deve contenere in sé uno spazio sufficiente per
tutti i modi di vivere. Essa, infatti, traccia il confine e il bene indica il punto, ma la giustizia non può
tracciare un confine troppo angusto. Paragrafo primo Per cominciare si richiamerà la distinzione tra
concezione politica della giustizia e dottrina comprensiva. La distinzione fra concezioni politiche
della giustizia e altre concezioni morali è dunque una questione di raggio d'azione, di gamma degli
oggetti ai quali una concezione è applicabile. Diciamo che una concezione è generale quando è
applicabile a una gamma di oggetti molto ampia e che è comprensiva quando comprende una
concezione dei valori della vita umana e un ideale di virtù e carattere personale che informino
buona parte del nostro comportamento non politico. Le concezioni religiose e filosofiche tendono a
essere generali e pienamente comprensive, tanto che il possesso di questi caratteri è considerato a
volte un ideale da realizzare. 2. IDEA DEI BENI PRIMARI Il liberalismo politico propone una
concezione della giustizia per le principali istituzioni della vita sociale e politica, non per tutta
quanta la vita. Questa concezione dovrà avere quel tipo di contenuto che storicamente associamo al
liberalismo. Il giusto e il bene sono complementari; una concezione politica deve utilizzare varie
idee del bene. Ma sotto quali restrizioni? La restrizione più importante è quella che le idee del bene
possano essere assunte come idee politiche cosicché:
• che siano o possano essere condivise da cittadini considerati liberi e uguali • che non
presuppongono alcuna particolare dottrina pienamente comprensiva
Paragrafo secondo I due punti sopracitati vengono soddisfatti da cinque idee del bene presenti nella
giustizia come equità. Queste idee sono:
1. l'idea della bontà come razionalità 2. l'idea dei beni primarie 3. l'idea delle concezioni
comprensive del bene ammissibili 4. l'idea delle virtù politiche 5. l'idea del bene di una società bene
ordinata
La prima idea presuppone che i membri di una società democratica abbiamo una vita razionale alla
cui luce programmare i loro principali impegni e allocare le loro risorse così da perseguire la
propria concezione del bene. Naturalmente si assume che una persona tenga conto dei bisogni e
delle esigenze che può ragionevolmente prevedere di avere. 2. Dati questi presupposti, qualsiasi
concezione politica dovrà considerare cose buone e adotterà la razionalità come principio base
dell'organizzazione sociale e politica. Una dottrina politica adatta a una società democratica può
dunque assumere senza problemi che tutti coloro che partecipano alla discussione politica delle
questioni di diritto e di giustizia accettino questi valori. È da sottolineare che da soli questi valori di
base non bastano, ovviamente, a specificare una posizione politica determinata, ma ci permette di
costruire continuamente nuove idee del bene.
Paragrafo terzo Uno degli scopi dell'idea della bontà come razionalità è quello di fornire parte
dell'impianto di base di una teoria dei beni primari. Una volta fatto questo, possiamo stabilire, quali
siano i bisogni e le esigenze di simili cittadini, considerati membri normali e pienamente
cooperativi della società per tutta la vita. È questa concezione politica delle persone a fornire,
insieme all'impianto di base della bontà come razionalità, ai fatti di base della vita sociali e alle
condizioni in cui l'uomo cresce. 2. Il ruolo dell'idea di beni primari è il seguente. Un aspetto basilare
di una società politica bene ordinata è l'esistenza di un'intesa generale non solo sul tipo di pretese
ma anche sul modo in cui queste pretese vanno portate avanti. Qui la difficoltà è che il governo
potrebbe cercare di massimizzare il soddisfacimento delle preferenze razionali o dei voleri dei
cittadini, e di promuovere l'eccellenza umana o i valori della perfezione. Per individuare un'idea
condivisa del bene dei cittadini che sia adatta a scopi politici, il liberalismo politico va in cerca di
un'idea di vantaggio razionale interna a una concezione politica indipendente da qualsiasi
particolare dottrina comprensiva, e che possa quindi essere il centro focale di un consenso per
intersezione. 3. Perchè ci sia un'idea condivisa di vantaggio razionale bastano due cose:
1. che i cittadini abbiano tutti la stessa concezione politica di se stessi 2. che la promozione delle
loro concezioni del bene richieda grosso modo gli stessi
beni primari, cioè gli stessi diritti e le stesse libertà e opportunità fondamentali. L'elenco dei beni
primari:
I) diritti e libertà fondamentali II) libertà di movimento e libera scelta dell'occupazione in un
contesto di occasioni
diversificate III) poteri e prerogative delle cariche e delle posizioni di responsabilità nelle istituzioni
politiche ed economiche della struttura di base IV) reddito e ricchezza V) le basi sociali del rispetto
di se
4. L'idea che sta dietro l'introduzione dei beni primari è quella di trovare una base pubblica di
confronto interpersonale. 5. Variazioni:
• delle capacità e abilità morali e intellettuali → sono gestite mediante due pratiche sociali, quella
del qualificarsi per una posizione e quella della libera concorrenza in un contesto di equa
eguaglianza delle opportunità.
• delle capacità e abilità fisiche, compresi gli effetti di malattie e incidenti sulle capacità naturali →
possono essere gestite a livello legislativo purché siano noti la diffusione e i vari tipi di queste
minorazioni e sia possibile accertare inserire equilibratamente nella spesa pubblica totale il costo
delle cure.
• della concezione del bene dei cittadini • dei gusti e delle preferenze → ricadono sotto la nostra
responsabilità, infatti dipende
dalle nostre scelte effettive.
6. L'uso dei beni primari postula che in virtù dei loro poteri morali i cittadini abbiano parte attiva
nel formare e coltivare le proprie finalità e preferenze ultime. Inoltre è irragionevole considerare
queste persone responsabili delle proprie preferenze e pretendere che se la cavino come meglio
possono. La capacità di far parte del potere morale di prendere scelte determina il fatto che i
cittadini siano da considerare responsabili di una conoscenza pubblica, e non attori passivi. Tuttavia
considerare i cittadini responsabili dei propri fini è ragionevole solo sulla base di certe assunzioni.
Da sola, non è sufficiente; dobbiamo trovare criteri praticabili di confronto interpersonale che
possano essere applicati pubblicamente. Paragrafo quarto 
Quando le istituzioni di base soddisfano una concezione politica della giustizia reciprocamente
riconosciuta da cittadini che affermano dottrine comprensive comprese in un consenso per
intersezione ragionevole, conferma che tali istituzioni concedono uno spazio sufficiente a modi di
vivere degni del sostegno intenso dei cittadini stessi. 2. Data la concezione politica dei cittadini, i
beni primari specificano quali siano i loro bisogni quando sorgono questioni di giustizia; è questa
concezione politica a permetterci di stabilire quali beni primari siano necessari. E l'indice di tali
beni non è concepito come approssimazione a un'idea di vantaggio razionale o di bene, definita da
una concezione non politica. La specificazione di questi bisogni può anche essere una costruzione
concettuale elaborata all'interno di una concezione politica, e non di una dottrina comprensiva;
l'idea centrale è che questa costruzione assicuri il miglior criterio possibile di giustificazione di
pretese contrastanti che sia reciprocamente accettabile per tutti cittadini. 3. Questa caratterizzazione
dei beni primari include quella che potremmo chiamare "divisione sociale della responsabilità": la
società, ovvero cittadini come corpo collettivo, accetta la responsabilità di conservare le uguali
libertà fondamentali e l'equa uguaglianza delle opportunità, insieme a quella di assicurare a ognuno,
entro questo impianto di base, un'equa quota dei bei primari; i cittadini in quanto individui e
associazioni particolari accettano la responsabilità di rivedere e correggere le proprie finalità e
aspirazioni. Questa divisione della responsabilità si basa sulla capacità delle persone di rendersi
responsabili dei propri fini e di moderare le richieste che fanno alle istituzioni sociali. Si forma così
l'idea che i cittadini debbano farsi carico della propria vita. L'unica restrizione ai piani di vita è che
siano compatibili con i principi pubblici della giustizia. Paragrafo quinto 2. NEUTRALITA'( legata
al terzo bene primario) La neutralità può essere definita in modi diversi; per esempio,
proceduralmente, riferendola a una procedura che possa essere legittimata o giustificata senza
appellarsi ad alcun valore morale; oppure possiamo dire che una procedura neutrale è una procedura
che si giustifica invocando valori neutrali, come l'imparzialità. Il concedere alle parti contendenti
uguali possibilità di presentare le proprie pretese. Si tratta di valori che regolano le procedure di
aggiudicazione o arbitrato fra parti che hanno pretese contrastanti. 3. La giustizia come equità non è
neutrale in senso procedurale. È chiaro che i suoi principi di giustizia sono sostanziali ed esprimono
molto di più che semplici valori procedurali. Essa cerca, infatti, un terreno comune scontando il
fatto del pluralismo ragionevole. Tale terreno comune è la concezione politica stessa in quanto
centro focale di un consenso per intersezione. Ma c'è un modo molto diverso di definire la
neutralità, attraverso i fini. Il significato di questa neutralità dei fini, ben distinta dalla neutralità
delle procedure, è che tali istituzioni e politiche sono neutrali nel senso che possono essere accettate
dalla generalità dei cittadini in quanto rientrano nell'ambito di una concezione politica pubblica.
Riassumendo, possiamo distinguere la neutralità procedurale dalla neutralità del fine ma la seconda
non va confusa con la neutralità della conseguenza o dell'influenza perchè impraticabili per il
liberalismo. Il liberalismo lascia cadere la neutralità della conseguenza o dell'influenza in quanto
impraticabile. 4. Sebbene il liberalismo politico cerchi un terreno comune e sia neutrale nel fine, è
importante sottolineare che può, ciononostante, affermare la superiorità di certi tipi di carattere
morale e incoraggiare certe virtù morali. La giustizia come equità è attenta a certe virtù politiche,
quelle dell'equa cooperazione sociale: la civiltà, la tolleranza, la ragionevolezza, il senso dell'equità.
Paragrafo sesto 1. I principi di una concezione politica ragionevole devono sempre imporre
restrizioni alle
visioni comprensive ammissibili, e le istituzioni di base volute da tali principi incoraggiano certi
modi di vivere e ne scoraggiano altri. Le dottrine comprensive vengono incoraggiate o scoraggiate
per almeno due cause: i modi di vivere a esse associati possono essere direttamente in conflitto con
i principi di giustizia, oppure possono essere ammissibili ma incapaci di conquistarsi seguaci nelle
condizioni sociali e politiche di un regime costituzionale giusto. Come esempio del primo caso
possiamo prendere una concezione del bene che richieda di opprimere o degradare certe persone per
motivi, poniamo, razziali o etnici. Il secondo caso può essere esemplificato da certe forme di
religione. Supponiamo una religione, e quindi la concezione del bene che le appartiene, possa
sopravvivere solo se controlla la macchina dello stato ed è in gradi di praticare efficacemente
l'intolleranza: nella società bene ordinata del liberalismo politico questa religione cesserà di esistere.
2. Nessuna società può accogliere in sé ogni forma di vita: come afferma Berlin, non esiste un
mondo sociale senza perdite. La società bene ordinata del liberalismo politico, infatti, non riesce a
creare una struttura di base giusta entro la quale formare le forme di vita ammissibili abbiano
un'equa possibilità di conservarsi. Solo che se una concezione comprensiva del bene è incapace di
durare in una società che garantisca le uguali libertà fondamentali e la tolleranza reciproca, non c'è
modo di conservarla che sia compatibile con i valori democratici espressi dall'idea di società come
equo sistema di cooperazione fra cittadini considerati liberi e uguali. Quindi, il liberalismo politico
è ingiustamente ostile verso certe concezioni comprensive se solo quelle individualistiche possono
durare in una società liberale, o vi predominano al punto che le associazioni che sostengono i valori
della religione o della comunità non vi possono fiorire e inoltre le condizioni che portano a questo
esito sono a loro volta ingiuste, considerate le circostanze presenti e quelle prevedibili. 4. La
giustizia come equità non cerca di coltivare le virtù e i valori, tipicamente liberali, dell'autonomia e
dell'individualità, o quelli tipici di qualsiasi altra dottrina comprensiva; se lo facesse, cesserebbe di
essere una forma di liberalismo politico. La giustizia come equità rispetta le pretese di coloro che
desiderano isolarsi dal mondo moderno; le rispetta alla sola condizione che riconoscano i principi
della concezione politica della giustizia. Paragrafo settimo Nella giustizia come equità c'è una
quinta idea del bene: il bene della società politica, o, quello che i cittadini realizzano sia
individualmente, sia come corpo associato sostenendo un regime costituzionale giusto e gestendone
gli affari. La giustizia come equità, infatti, considera le istituzioni politiche come puri e semplici
strumenti al servizio di scopi individuali e associativi, come le istituzioni di quella che potremmo
chiamare ''società privata''. E in quanto tale, la società politica non è per nulla un bene, ma solo lo
strumento per un bene individuale o associativo. La risposta è che la giustizia come equità lascia
effettivamente cadere l'ideale di comunità politica, se per quest'ultima si intende una società politica
unita intorno a una sola dottrina comprensiva, religiosa, filosofica o morale. Il liberalismo politico
concepisce l'unità sociale in un altro modo: la fa discendere da un consenso per intersezione intorno
a una concezione politica della giustizia adatta a un regime costituzionale. 2. Una società bene
ordinata da una concezione della giustizia significa tre cose:
1. che è una società nella quale ognuno accetta, e sa che tutti gli altri accettano e appoggiano
pubblicamente, gli stessi identici principi di giustizia.
2. Che è nota al pubblico la sua struttura di base e il modo di combinarsi (delle istituzioni)
soddisfacendo tali principi(vedi p.1)
3. che i cittadini hanno un senso di giustizia normalmente efficace, cioè che permette loro di
comprendere e applicare i principi di giustizia.
Dunque una società bene ordinata così definita non è una società privata; i cittadini hanno realmente
fini ultimi in comune, non affermano la stessa dottrina comprensiva ma affermano la stessa
concezione di giustizia. Inoltre, il fine della giustizia politica può essere anche uno degli obiettivi
più fondamentali
dei cittadini, la pietra di paragone del tipo di persone che essi voglio intensamente essere. 3. Questi
fini comuni ci forniscono la base del bene di una società bene ordinata, arrivando a considerarla un
bene, essa stessa, in due sensi:
I) La prima ragione è l'esercizio dei due poteri morali sarà vissuto come un bene. II) La seconda
ragione è che assicura loro il bene della giustizia e le basi sociali del
rispetto, reciproco di sé. 4. Una società politica bene ordinata è buona anche in un secondo senso;
ogni volta che c'è un fine che richieda la collaborazione di molti per essere raggiunto, il bene che si
realizza è sociale. Per esempio la creazione di istituzioni democratiche ragionevolmente giuste. 5. se
i cittadini di una società democratica hanno da conservare i propri diritti e le proprie libertà
fondamentali devono anche possedere quelle che ho chiamato ''virtù politiche''. L'idea di base è che,
senza un'ampia partecipazione alla vita democratica di una collettività di cittadini vigorosa e bene
informata, anche le istituzioni politiche meglio congegnate cadranno in mano a gente che cerca di
dominare. La sicurezza delle istituzioni democratiche richiede la partecipazione attiva dei cittadini
che possiedono le virtù politiche necessarie a sostenere un regime costituzionale. Paragrafo ottavo
una volta definiti i beni primari, l'argomento della posizione originaria può proseguire e col passo
successivo arriviamo ai due principi di giustizia; Se si usa l'idea del bene la giustizia come equità è
completa nel senso che genera dal proprio intento le idee indispensabili perchè tutti svolgano i
propri ruoli complementari. Il fatto che esistano beni intrinsecamente significativi all'interno della
vita politica implica una maggiore profondità dell'adesione che la concezione politica può
conquistarsi fin dall'inizio, indipendentemente dalle nostre visioni comprensive e da ogni conflitto
con esse. Quando poi i conflitti insorgono, la concezione politica ha maggiori probabilità di reggere
e di riplasmare tali visioni in modo da farle rientrare nei suoi limiti.
Il giusto ha la priorità, e questa priorità implica che le idee del bene che usiamo devono essere idee
politiche per cui non abbiamo bisogno di affidarci a una concezione comprensiva del bene; e in
secondo luogo implica che i principi di giustizia una precedenza rigorosa nelle deliberazioni dei
cittadini, e limita la loro libertà di promuovere certi modi di vivere. 4. Avevamo detto che le
istituzioni giuste e le virtù politiche che ci si attende dai cittadini sono istituzioni e virtù di una
società giusta e buona solo se permettono e anzi sostengono modi di vivere pienamente degni della
fedeltà e devozione dei cittadini. Quando un modo di vivere è degno della nostra piena fedeltà?
Invochiamo l'idea di consenso per intersezione: se una concezione politica della giustizia è
reciprocamente riconosciuta da cittadini ragionevoli e razionali che affermano le dottrine
comprensive ragionevoli presenti in un consenso per intersezione, tale fatto conferma, di per sé, che
le sue libere istituzioni di base concedono uno spazio sufficiente a modi di vivere degni della fedeltà
e devozione dei cittadini. Inoltre sebbene la giustizia come equità non possa rispondere alle
domande appena poste dal punto di vista di una visione più ampia, ciò non le impedisce di imporre
vincoli alle dottrine comprensive: per esempio il vincolo della ragionevolezza. L'aspetto cruciale di
questi vincoli è che o sono quelli universali della ragione, teoretica o pratica, oppure sono parte
della giustizia come equità in quanto concezione politica. Lezione VI RAGIONE PUBBLICA La
ragione pubblica è tipica dei popoli democratici: è la ragione dei cittadini, di coloro che hanno in
comune lo stato di uguale cittadinanza. La ragione pubblica è pubblica in tre sensi:
1. come ragione dei cittadini in quanto tale è ragione del pubblico 2. è soggetta al bene pubblico e
alla giustizia fondamentale 3. è pubblica nella natura e nel contenuto, che sono dati dagli ideali e
principi espressi
dalla concezione che la società ha della giustizia politica, e viene pubblicamente
gestita su questa base. Paragrafo primo In una società democratica la ragione pubblica è ragione di
cittadini uguali che esercitano un potere ultimo e coercitivo l'uno sull'altro promulgando leggi ed
emendando la costituzione. I limiti imposti da questo tipo di ragione non riguardano tutte le
questioni politiche, ma solo quelli che possiamo chiamare ''elementi costituzionali essenziali''. 2.
Un'altra caratteristica della ragione pubblica è che i suoi limiti non valgono per le nostre
deliberazioni e riflessioni personali sui problemi politici o per i ragionamenti che fanno su essi i
membri di associazioni come le chiese e le università, cioè per cose che sono tutte componenti vitali
della nostra cultura di fondo. Paragrafo secondo Perchè i cittadini, discutendo e votando le
questioni politiche più fondamentali, dovrebbero onorare i limiti della ragione pubblica? Principio
di legittimità liberale illustrato → questo principio è legato a due aspetti specifici della relazione
politica esistente fra cittadini democratici:
• primo, è una relazione fra persone entro la struttura di base della società in cui queste nascono e
trascorrono, normalmente, tutta la vita;
• secondo, in una democrazia il potere politico, che è sempre coercitivo, è il potere del pubblico,
cioè dei cittadini liberi ed eguali in quanto corpo associato.
Assumiamo che la varietà delle dottrine ragionevoli presenti nelle società democratiche sia una
caratteristica permanente della cultura pubblica e non un semplice dato storico destinato a esaurirsi
rapidamente. L'esercizio del potere politico è corretto solo quando si accorda con una costituzione
tale che ci si possa attendere che tutti i cittadini accolgano i suoi elementi essenziali alla luce di
principi e ideali accettabili per loro in quanto persone ragionevoli e razionali. È il principio liberale
di legittimità. E poiché l'esercizio stesso del potere politico dev'essere legittimo, l'ideale di
cittadinanza impone il dovere, morale e non legale, di essere pronti a spiegare l'uno all'altro come
principi e le scelte politiche da essi difesi e votati e possano trovare un sostegno nei valori politici
della ragione pubblica. 2. I valori politici realizzati da un regime costituzionale bene ordinato sono
inoltre valori molto grandi, sui quali è difficile che possano prevalere altri valori, e gli ideali che
essi esprimono non si devono abbandonare con leggerezza. L'unione del dovere di comportamento
civile con i grandi valori del politico produce l'ideale di un autogoverno dei cittadini tale che
ognuno di essi ritenga di potersi ragionevolmente aspettare che anche gli altri lo accettino; questo
ideale è sostenuto dalle dottrine comprensive ragionevoli affermate dai singoli. I cittadini affermano
l'ideale della ragione pubblica non per un compromesso politico, come accadrebbe in un modus
vivendi, ma all'interno delle proprie dottrine ragionevoli. 3. Consideriamo un processo penale: le
regole sulla validità delle prove limitano, per assicurare all'imputato il diritto fondamentale a un
processo equo, le testimonianze ammissibili. E non sono escluse solo le prove per sentito dire, ma
anche quelle ottenuto con perquisizioni o arresti non regolari, maltrattando l'accusato dopo l'arresto
o non informandolo dei suoi diritti; l'imputato non può essere costretto a testimoniare a propria
difesa; e infine, per ricordare una restrizione il cui motivo è del tutto diverso, è proibito chiedere ai
coniugi di testimoniare l'uno contro l'altro. Quello che si deve dimostrare è che i limiti della ragione
pubblica sono onorati dalla generalità dei cittadini o è richiesto da certi diritti e libertà fondamentali
e dai valori a essi corrispondenti, o promuove certi valori molto grandi, o una cosa e l'altra. Il
liberalismo politico riposa sulla congettura che i diritti e le libertà fondamentali e i valori in
questione abbiano un peso sufficiente a far si che i giudizi complessivi delle dottrine comprensive
ragionevoli giustifichino i limiti della ragione pubblica. 4. Riguardo alle questioni politiche
fondamentali l'idea di ragione pubblica respinge le posizioni più diffuse, secondo le quali il voto
sarebbe una faccenda privata e addirittura personale. Una di queste posizioni dice che una persona
può votare, del tutto correttamente, secondo le sue preferenze e i suoi interessi sociali ed
economiche, per non parlare delle antipatie e degli odi.
Un'altra posizione dice che si può votare quello che si considera giusto o vero secondo i dettami
della propria convinzione comprensiva. Queste posizioni sono simili nel senso che nessuna delle
due riconosce il dovere di comportamento civile o rispetta i limiti della ragione pubblica nel voto
sugli elementi costituzionali essenziali e sulla questioni di giustizia fondamentale. Paragrafo terzo
RAGIONI NON PUBBLICHE Le ragioni non pubbliche sono molte, quella pubblica è una sola.
Fra le ragioni non pubbliche ci sono quelle dei vari tipi di associazione(chiese e università). Le
ragioni non pubbliche comprendono le numerose ragioni della società civile e appartengono alla
''cultura di fondo''. Tutti i modi per ragionare, individuali, associativi e politici devono ammettere
certi elementi comuni: il concetto di giudizio, i principi dell'inferenza, le regole della prova fattuale.
Un modo di ragionare dovrà dunque incorporare i concetti e principi fondamentali della ragione e
possedere criteri di correttezza e giustificazione. 2. In una società democratica il potere non
pubblico, così come ci appare per esempio nell'autorità di una chiesa sui propri membri, è accettato
liberamente. Anche le nostre concezioni comprensive, religiose, filosofiche o morali, sono,
politicamente parlando, accettate liberamente; infatti in un regime di libertà di coscienza e pensiero
siamo noi a imporle a noi stessi. Il fatto che affermiamo o non affermiamo queste idee è considerato
parte della nostra competenza politica, specificata dai diritti e dalle libertà costituzionali
fondamentali. Non ci si può invece sottrarre all'autorità del governo. Questa non può essere
accettata liberamente, nel senso che i legami della società e della cultura, della storia e del luogo
sociale di origine cominciano così presto a plasmare la nostra vita, e normalmente sono così forti,
che il diritto di emigrare non basta a rendere libera l'accettazione. Paragrafo quarto Contenuto della
ragione pubblica Il contenuto è espresso dalla ''concezione politica della giustizia''. Questa
concezione liberale:
• specifica certi diritti, libertà e opportunità fondamentali • assegna a tali diritti, libertà e opportunità
una speciale priorità • sostiene misure che assicurino a tutti i cittadini i mezzi onnivalenti
indispensabili
per un uso effettivo delle libertà e opportunità fondamentali. 2. E' essenziale che una concezione
politica liberale comprenda, accanto ai principi di giustizia, anche regole di orientamento
dell'indagine che specifichino i modi di ragionare e i tipi di informazione pertinenti ai problemi
politici. Senza queste regole i principi sostanziali restano inapplicabili. Perciò essa avrà due parti:
1. primo, principi di giustizia sostanziali per la struttura di base 2. secondo, regole di orientamento
dell'indagine; principi di ragionamento e regole per
la prova alla cui luce i cittadini dovranno sia decidere se è corretto applicare i principi sostanziali,
sia identificare le leggi e le politiche che meglio li soddisfano.
Quindi anche i valori politici liberali saranno di due tipi: I) valori del primo tipo che ricadono sotto i
principi di giustizia per la struttura di base:
sono quelli dell'eguale libertà politica e civile, dell'uguaglianza delle opportunità, dell'uguaglianza
sociale e reciprocità economica, ai quali aggiungeremo anche quelli del bene comune, nonché le
condizioni necessarie di tutti questi valori.
II) Valori del secondo tipo ricadenti sotto le regole orientative dell'indagine pubblica. Fra essi virtù
politiche come la ragionevolezza e la disponibilità a onorare il dovere di comportamento civile.
3. Le conoscenze e i modi di ragionare sui quali si fondano l'affermazione dei principi della
giustizia e la loro applicazione agli elementi costituzionali essenziali e alla giustizia fondamentale
devono, per quanto è possibile, basarsi su verità chiare, ampiamente accettate dalla generalità dei
cittadini o ad essa accessibili. In caso contrario la concezione politica non ci assicurerebbe una base
pubblica della giustificazione.
4. Nella giustizia come equità le regole orientative dell'indagine della ragione pubblica hanno la
stessa base dei principi sostanziali di giustizia. Ciò significa che le parti in posizione originaria
dovranno adottare anche regole orientative e criteri della ragione pubblica per l'applicazione di
questi principi. L'applicazione dei principi sostanziali è guidata da giudizi e inferenze, ragioni e
prove tali che ci si possa ragionevolmente attendere che i loro rappresentati li accettino. Nella
giustizia come equità le regole orientative della ragione pubblica e i principi di giustizia hanno
dunque fondamenti sostanzialmente uguali; sono parti concomitanti di un accordo unico. Non c'è
ragione che un cittadino abbia il diritto si usare il potere statale per decidere gli elementi
costituzionali essenziali secondo i dettami della sua dottrina comprensiva. Perciò qualsiasi autorità
di questo tipo non ha un fondamento nella ragione pubblica e le dottrine comprensive ragionevoli
ne prendono atto. 5. Accettare l'idea di ragione pubblica e il suo principio di legittimità non
significa accettare una particolare concezione liberale della giustizia fino nei minimi dettagli di
contenuto dei suoi principi. Possiamo essere d'accordo che i cittadini condividono il potere politico
in quanto liberi ed eguali e che è loro dovere di civiltà appellarsi alla ragione pubblica. La giustizia
come equità è solo uno fra i possibili esempi di concezione politica liberale, e il suo contenuto
specifico non serve a definire le concezioni liberali in quanto tali. Il succo dell'ideale di ragione
pubblica è che i cittadini devono discutere le questioni fondamentali entro quella che ognuno di loro
considera una concezione politica della giustizia basata su valori tali che ci si possa
ragionevolmente aspettare che anche gli altri li accettino, e ognuno deve essere preparato, in buona
fede, a difendere tale concezione, intesa in questo modo. Ciò significa che ognuno di noi deve
possedere un criterio per stabilire quali principi e regole orientative ci si possa ragionevolmente
attendere gli altri cittadini facciano propri. Naturalmente possiamo scoprire che in realtà gli altri
non accettano i principi e le regole orientative selezionati dal nostro criterio. Qui l'idea è che ci è
indispensabile un criterio di tal genere, e già questo impone una notevolissima disciplina della
discussione pubblica. È inevitabile che i cittadini abbiano idee diverse da quella che è la concezione
politica più adeguata; infatti la cultura politica pubblica può non contenere idee fondamentali
diverse, suscettibili di essere sviluppate in modi diversi. Nel lungo termine la lotta fra esse è un
modo attendibile di scoprire quale sia la più ragionevole, se ce n'è una. Paragrafo quinto Per
trovare una concezione politica completa dobbiamo individuare una classe di domande
fondamentali alle quali i suoi valori politici diano risposte ragionevoli. Questa classe è identificabile
con quella degli elementi costituzionale essenziali e delle questioni di giustizia fondamentale. Per i
cittadini è di vitale importanza raggiungere un accordo pratico nel giudizi sugli elementi
costituzionali essenziali, che sono di due tipi:
1. Principi fondamentali che specificano la struttura generale del governo e il processo politico.
2. 2. Uguali diritti e libertà fondamentali di cittadinanza, che le maggioranze legislative devono
rispettare: diritto di voto e di partecipazione attiva alla politica, libertà di coscienza, di pensiero,
protezione governo della legge.
C'è però una differenza importante tra gli elementi essenziali, che specificano la struttura generale
del governo e il processo politico, elementi essenziali che specifica gli uguali diritti e le uguali
libertà fondamentali dei cittadini. 2. Gli elementi del primo tipo una volta che sono definite è
importante che la struttura del governo sia modificata solo quando l'esperienza mostra che ciò è
indispensabile per la giustizia politica o per il bene comune, e non ogni volta che il partito con
gruppo che al momento prevale occasioni di ricavarne un vantaggio politico. Elementi essenziali del
secondo tipo invece riguardano i diritti e le libertà fondamentali e possono essere specificati in un
solo modo, a meno di variazioni relativamente piccole. 3. Dobbiamo anche prendere nota di una
differenza importante fra principi di giustizia che specificano i uguali diritti e le uguale libertà
fondamentali da un lato, e dall'altro quello che
regolano le basi della giustizia distributiva. Un principio che specifichi diritti e libertà fondamentali
riguarda il secondo tipo di elemento costituzionale essenziale. Ma mentre fra questi elementi deve
sicuramente esserci un qualche principio relativo alle opportunità, libertà di movimento e la libera
scelta dell'occupazione, l'equa uguaglianza delle opportunità va più in là e non è un elemento
essenziale. 4. La differenza tra principi che concernono le libertà fondamentali e quelli che
concernono le disuguaglianze economiche e sociali non è che: i primi esprimerebbero valori politici
e secondi no; esprimono valori politici ioni e gli altri. La struttura di base della società a due ruoli
coordinati, i principi che riguardano le libertà fondamentali specificano il primo e quelli di riguardo
le disuguaglianze sociali ed economiche specifiche nel secondo. Nel primo ruolo, la struttura
specifica garantisce le uguali libertà e gli uguali diritti fondamentali dei cittadini, E istituisce
procedure politiche giuste. E, nel secondo crea le situazioni di fondo della giustizia sociale ed
economica adatta a cittadini liberi ed uguali. Il disegno degli assetti costituzionali il modo in cui
osserviamo questi assetti funzionare nella pratica si permettono, di vedere sei elementi
costituzionale essenziali che toccano le libertà fondamentali sono soddisfatti. Ci sono quattro motivi
per distinguere i elementi costituzionali essenziali specificati dalle libertà fondamentali dai principi
che regolano le disuguaglianze economiche e sociali:
1. I principi dei due tipi specifica ruoli diversi della struttura di base 2. È più urgente definire gli
elementi essenziali che hanno a che fare con le libertà
fondamentali. 3. È molto più facile stabilire se questi ultimi sono realizzati 4. È molto più facile
raggiungere l'accordo su quelli che devono essere i diritti e le
libertà fondamentali.
Paragrafo sesto La ragione pubblica è la ragione della Corte Suprema perché è perfettamente adatta
ad essere la ragione nell'esercizio del ruolo di interprete giudiziario supremo, ma non ultimo, della
legge suprema. E, secondo la Corte Suprema è quel ramo dei pubblici poteri che può servire da
paradigma alla ragione pubblica. 5 principi di costituzionalismo:
– il primo è la distinzione di Locke fra il potere costituente di istituire un nuovo regime e il potere
ordinario che appartiene ai pubblici funzionari e all'elettorato.
– La seconda distinzione è quella fra legge suprema e legge ordinaria. La legge suprema è
espressione del potere costituente del popolo e la sua autorità è la più alta: noi, popolo. La
legislazione ordinaria ne è espressione.
– Il terzo principio dice che una costituzione democratica è un'espressione conforme a principi
dell'ideale politico di un popolo. Scopo della ragione pubblica è articolare questo ideale. Alcuni dei
fini della società politica potranno essere enunciati in un preambolo e certi vincoli si troveranno
espressi in una dichiarazione dei diritti o saranno impliciti in una cornice istituzionale. Questa
espressione conforme a principi della legge suprema avrà bisogno di un ampio sostegno cosicché è
meglio non sovraccaricar la di particolari e precisazioni.
– Il quarto principio è che, attraverso la costituzione ratificata democraticamente e accompagnata da
una dichiarazione dei diritti, l'insieme dei cittadini stabilisce una volta per tutte certi elementi
costituzionali essenziali come la libertà di movimento e di scelta dell'occupazione e la protezione
del governo della legge. Ciò garantisce che le leggi siano promulgate in un certo modo dai cittadini
in quanto liberi e indipendenti. Attraverso queste procedure il popolo può esprimere la propria
volontà democratica ragionata.
– Il quinto e ultimo principio dice che nel governo costituzionale il potere ultimo non può essere
lasciato alle legislativo che è solo l'interprete giudiziario supremo della costituzione. Il potere
ultimo è detenuto dai tre rami del governo responsabili davanti al popolo.
2. La democrazia parlamentare è dualista. Distingue i potere costituente dal potere ordinario e la
legge suprema del popolo della legge ordinaria degli organi legislativi; respinge la supremazia
parlamentare.
La Corte Suprema si inserisce nell'idea di democrazia costituente dualista come strumento
istituzionale volto a proteggere la legge suprema; essa deve impedire, applicando la ragione
pubblica, che questa venga intaccata dalla legislazione di una maggioranza transitoria o da interessi
ristretti ma organizzati, detentori di buone posizioni e abili nel farsi valere. Se la Corte si assume
questo ruolo e lo svolge in modo efficace non è esatto dirla antidemocratica; è però anti-
maggioritaria rispetto alla legge ordinaria, che, avendo poteri di revisione giudiziaria, può
dichiarare incostituzionale, ma in questo è sostenuta dall'autorità suprema del popolo. 3. La Corte
non ha un puro ruolo di difesa, ma deve dare un effetto adeguato e continuato alla ragione pubblica,
funzionando come suo paradigma istituzionale. Ciò significa che la sola ragione esercitata dalla
corte, la quale è a sua volta l'unico ramo del governo che sia creatura della ragione pubblica e di
essa soltanto. I cittadini e i legislatori possono votare in base alle loro visioni comprensive quando
non sono in gioco elementi costituzionali essenziali o questioni di giustizia fondamentale. Dire che
la Corte è il paradigma della ragione pubblica significa anche che i giudici devono cercare di
sviluppare ed esprimere nei loro pareri ragionati la miglior interpretazione possibile della
costituzione stessa, dove la miglior interpretazione possibile della costituzione stessa è quella che
meglio si adatta al corpus dei materiali costituzionali pertinenti e lo giustifica nei termini della
concezione pubblica della giustizia o di una sua ragionevole variante. Ci si deve attendere che i
giudici si appellino ai valori politici della concezione pubblica ogni volta che è la costituzione
stessa a invocarli, espressamente o implicitamente. Qui la Corte diventa un aspetto fondamentale
del ruolo esteso della ragione. 4. Infine la Corte ha un terzo aspetto per cui è paradigma della
ragione pubblica: dà a quest'ultima risalto e vitalità nel foro pubblico grazie ai suoi autorevoli
giudizi su problemi politici fondamentali. Essa assolve a questo ruolo quando interpreta
chiaramente ed efficacemente la costituzione in modo ragionevole; e quando non vi assolve, come e
spesso accaduto alla nostra Corte Suprema, si ritrova al centro di una controversia politica che può
essere composta solo sulla base di valori pubblici. La costituzione non è quello che di essa dice la
Corte; è ciò che le consentono di dire su essa coloro che agiscono costituzionalmente negli altri
rami del governo. Può accadere che determinati emendamenti prescrivano alla Corte una particolare
interpretazione della costituzione. Secondo una prima idea, un emendamento serve ad adattare i
valori costituzionali fondamentali a condizioni politiche e sociali nuove, o a inserire nella
costituzione una concezione di tali valori più ampia e inclusiva. Molte volte gli emendamenti
riguardano la struttura istituzionale del governo o certe questioni politiche fondamentali. Paragrafo
settimo Talvolta possono scaturire controversie la cui unica soluzione è l'invocazione di valori non
politici dovuto a problematiche come la difficoltà ad ammettere più di una risposta ragionevole a
una domanda particolare, per la quale esistono molti valori politici e modi di caratterizzare questi
valori. 2 La ragione pubblica e il suo principio di legittimità vengono onorati quando sono
soddisfatte tre condizioni:
1. diamo un peso molto grande, che normalmente prevale su tutto il resto, all'ideale che essa
prescrive
2. crediamo che la ragione pubblica sia sufficientemente completa, ovvero che esistano, almeno per
la grande maggioranza delle domande fondamentali e forse per tutte
3. crediamo che la particolare posizione da noi proposta e la legge su essa basata esprimano una
combinazione e un equilibrio ragionevoli fra tali valori
Qui nasce un problema: i cittadini affermano dottrine comprensive, e molti penseranno che siano
valori non politici. In realtà non è così. Il fatto che a nostro giudizio i valori politici abbiano un
sostegno che li trascende non implica che noi non li accettiamo o non rispettiamo le condizioni
necessarie perchè la ragione pubblica sia onorata, così come il

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