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IL CONTRATTO SOCIALE

INTRODUZIONE (di Tito Magri)

1. Hobbes, Locke, Rousseau e il contrattualismo

Il CONTRATTO SOCIALE è il risultato di un secolo di riflessioni e dibattiti intorno a 2 idee fondamentali:

1) INDIVIDUALISMO POLITICO= la volontà degli individui deve essere la fonte ultima della legittimità
del potere politico.
2) IL CONTRATTUALISMO= le istituzioni politiche vanno valutate in base alla loro genesi ideale
nell’accordo razionale di uomini indipendenti.

ISTITUZIONI LEGITTIME= sono quelle che sarebbero create dagli individui con il loro consenso libero e razionale.

Le diverse forme di contrattualismo dipendono dalle diverse interpretazioni dei due aspetti principali del
concetto di contratto:

- LA SITUAZIONE DI PARTENZA in cui sono collocati gli individui (lo stato di natura).
- LE REGOLE SECONDO CUI SI ACCORDANO (il contratto vero e proprio).

In tale prospettiva possiamo distinguere:

▬ CONTRATTUALISMO HOBBESIANO= gli individui sono collocati in un’interazione non regolata


socialmente (uguaglianza di forze), moralmente (diritto a tutte le cose) e politicamente (nessun
potere comune).
 Il contratto deve sostituire a un conflitto universale e permanente un ordine sociale che
garantisca a ognuno la conservazione di sé e un minimo di benessere.
 Gli individui sono diretti da ragioni strumentali (le leggi naturali), assumendo obblighi
reciproci e creando un soggetto politico (individuale o collettivo) di sovranità assoluta.
Questo contratto cerca di dare una base razionale agli obblighi reciproci e al potere politico
sostenendone la necessità perché la pace e l’ordine sociale siano possibili.

▬ CONTRATTUALISMO LOCKEANO= la situazione di partenza ha una connotazione morale + ricca.


 Gli individui vivono per natura in una condizione sociale e riconoscono un quadro coerente
di leggi morali, da cui ricevono dei diritti esclusivi (libertà e proprietà) e di cui sono giudici
ed esecutori.
 Lo stato naturale presenta il rischio che il giudizio e l’esecuzione individuale delle leggi
naturali scatenino conflitti.
 Gli uomini si accordano per formare un soggetto comune (il popolo) di giudizio e di
esecuzione dei loro diritti e per investire un governo di un potere politico limitato e
revocabile.
Questo contratto assume che l’ordine sociale sia possibile e cerca di regolarlo con il riconoscimento
e l’esecuzione consensuale dei diritti e delle leggi morali.

Queste due forme di contrattualismo presentano dei difetti:

- CONTRATTO HOBBESIANO= è razionalmente instabile: non riesce a fondare il rispetto degli


obblighi da parte degli individui razionali e auto-interessati.
- CONTRATTO LOCKEANO= è normativamente circolare: il potere legittimo e limitato del popolo e
del governo può fondarsi solo assumendo una garanzia religiosa per i diritti e per le leggi morali.
Il CONTRATTUALISMO DI ROUSSEAU combina queste due prospettive.

▬ DAL CONTRATTUALISMO DI HOBBES= Rousseau assegna al contratto il compito di rendere


possibile per gli uomini accedere all’ordine sociale.
 L’accettazione di obblighi reciproci e di un potere comune è razionale in vista dei vantaggi
della convivenza e della cooperazione. Ma la possibilità dell’ordine sociale è connessa ad un
suo determinato assetto normativo: alla giustizia politica.
 Il conflitto che deve essere risolto dal contratto è determinato dall’ineguaglianza ingiusta
che regna fra gli individui, dal tentativo di ognuno di avvantaggiarsi sugli altri e
dall’instabilità e precarietà di tutti i rapporti sociali.
▬ DAL CONTRATTUALISMO DI LOCKE= per Rousseau il contratto ha un contenuto morale specifico.
Non è limitato all’istituzione di un potere sufficiente alla pace.

▬ A DIFFERENZA DEL CONTRATTUALISMO DI LOCKE= Rousseau non mira a realizzare l’esecuzione


politica di un sistema di leggi e di diritti naturali già validi ed efficaci. Dato che una connotazione
normativa del contratto sembra richiedere norme morali antecedenti.

ROUSSEAU NON RIFIUTA L’IDEA DI LEGGE NATURALE. Sostiene che la legge naturale spinge gli uomini a
conservare sé stessi con il minimo danno per gli altri, sviluppando in pietà e in benevolenza l’amore di sé 
Ciò è però possibile solo in una particolare configurazione dei movimenti e delle capacità degli uomini:

- Lo stato originario di autosufficienza, isolamento e uguaglianza in cui perseguono i loro bisogni


immediati e necessari senza alcuna complicazione cognitiva o sociale.

Questo stato originario non è la situazione di partenza richiesta dal contratto; LA SITUAZIONE DI PARTENZA
RILEVANTE PER IL CONTRATTO È TALE CHE IN ESSA GLI UOMINI VIVONO FUORI DEL GOVERNO MORALE
DELLA LEGGE DI NATURA.

TRATTO DISTINTIVO DEL CONTRATTUALISMO= SEPARAZIONE CONCETTUALE FRA:

- UNO STATO ORIGINARIO= in cui gli uomini vivono nell’ordine morale naturale proprio perché sono
sottratti ad ogni necessità di entrare in rapporti sociali.
- UNO STATO PRECEDENTE IL CONTRATTO= in cui tale necessità sussiste, ma in cui viene meno
l’ordine morale di natura.

La legge naturale e i motivi individuali originari NON regolano le convenzioni sociali, perché la società in
quanto tale non appartiene alla natura della specie, ma ne costituisce uno sviluppo accidentale.

I bisogni e le capacità che sono presupposti dall’istituzione convenzionale della società non fanno parte
della natura umana e quindi non trovano in essa criterio e misura.

Per Rousseau vi è DISCONTINUITA’ fra:

- NATURA INDIVIDUALE= l’individuo naturale è libero dalla necessità di ogni rapporto sociale.
- INTERDIPENDENZA SOCIALE= la società nasce dal venire meno dell’autosufficienza originaria e
finisce col renderla del tutto impossibile.

La dipendenza reciproca non supera l’indipendenza naturale, ma si sovrappone ad essa.

Questo dualismo è causa di difetti normativi della vita associata: DELL’INUGUAGLIANZA INGIUSTA e DEL
CONFLITTO PER LA SUPERIORITA’.

Ineguaglianza, ingiustizia e conflitto sono inseparabili e formano la SITUAZIONE DI PARTENZA del


contratto.
Il CONFLITTO  richiede una soluzione morale (e non solo politica come per Hobbes), perché dipende
dall’ineguaglianza ingiusta che segna il corso accidentale della storia. La dimensione morale di tale conflitto
non determina il contratto direttamente (come Locke), perché le norme morali naturali sono inaccessibili
per gli uomini indipendenti e divenuti socievoli.

LE SCELTE DEGLI INDIVIDUI SONO INFLUENZATE DALL’INGIUSTIZIA E DAL CONFLITTO.

Rousseau dice che sia le istituzioni politiche e sociali storicamente date sia i tentativi di giustificarle sono
privi di appropriatezza morale e di stabilità razionale.

Rousseau non rinuncia a cercare i principi del diritto politico così come non rinuncia all’individualismo
politico e al contrattualismo.

2. Alienazione e volontà generale

Un contratto capace di realizzare il diritto politico e l’ordine sociale giusto deve risolvere il problema
dell’ineguaglianza radicata nell’opposizione fra diritto naturale e rapporti sociali.

LA SOCIETA’= è per gli individui una necessità esterna, senza norme che la rendano accettabile.
Supponiamo che sia possibile una società in cui tutti realizzano al meglio i loro interessi principali e sono
garantiti dall’ingiustizia degli altri e della dipendenza nei loro confronti.

PROBLEMA DEL CONTRATTO= trovare una forma di associazione che protegga e difenda con tutta la
forza comune la persona e i beni di ciascun associato, mediante la quale ognuno unendosi a tutti non
obbedisca tuttavia che a sé stesso e resti libero come prima.

Questo accordo potrebbe essere concluso e rispettato da individui liberi e razionali, per ognuno dei quali
l’ingresso nella società sarebbe allora pienamente volontario.

LA DIENDENZA RECIPROCA= diverrebbe una condizione morale entro cui tutti resterebbero indipendenti
e realizzerebbero i loro scopi più importanti.

Tale società sarebbe conforme a giustizia perché riconoscerebbe imparzialmente gli interessi e i diritti di
ciascuno. Vi sarebbe di conseguenza una connessione positiva con la natura individuale. Realizzerebbe
valori fondamentali come:

- LIBERTA’= condizione per la conservazione di sé (“il primo fine che gli uomini si sono proposti nella
confederazione civile è stata la reciproca sicurezza, cioè la garanzia della vita e della libertà di
ognuno per opera di tutta la comunità”).
- UGUAGLIANZA= senza la quale la libertà non può sussistere.
MA È POSSIBILE UN ORDINE SOCIALE CHE SODDISFI QUESTE ESIGENZE MORALI?

 LA CLAUSOLA FONDAMENTALE DEL CONTRATTO (regola di contrattazione che definisce la


struttura logica del contrattualismo) = “L’ALIENAZIONE TOTALE DI CIASCUN ASSOCIATO CON TUTTI
I SUOI DIRITTI A TUTTA LA COMUNITA’” – “CIASCUNO DI NOI METTE IN COMUNE LA SUA PERSONA
E TUTTO IL SUO POTERE SOTTO LA SUPREMA DIREZIONE DELLA VOLONTA’ GENERALE; E NOI,
COME CORPO, RICEVIAMO CIASCUN MEMBRO COME PARTE INDIVISIBILE DEL TUTTO”.

ANALIZZIAMO TALE CLAUSOLA:

▬ PRIMO= gli uomini sono in una situazione di partenza ineguale e conflittuale. In tal
situazione un contratto sociale senza alienazione totale sarebbe iniquo e instabile.
Rifletterebbe un’ingiustificata ineguaglianza di potere, che gli svantaggiati rovescerebbero;
e non verrebbe concluso in quanto il contrasto di interessi impedirebbe ogni accordo.
Se il contratto include la clausola di alienazione totale, gli uomini sanno che le loro
posizioni di potere e i loro interessi contrapposti non vengono trasposti nei termini del
contratto sociale.
Tal contratto è equo. Perché elimina ogni base su cui potrebbero avanzare pretese che
non sarebbero disposti ad accettare.
▬ SECONDO= ciascun individuo resta soggetto naturale di interessi, pronto a imporre agli
altri leggi della società come un giogo e a sottrarsene quando può farlo impunemente.
Ogni uomo conserva una volontà naturale, contraria alla sua volontà come cittadino.
La clausola di alienazione totale qui serve a garantire il rispetto del contratto attribuendo
la massima forza e unità politica alla società.

CONDIZIONI IMPARZIALI DELLA SOCIETA’= gli individui non devono conservare le ineguaglianze di potere
precedenti il contratto; se persistessero legami di dipendenza personale (se alcuni decidessero le sorti di
altri) il timore dell’impunità condurrebbe all’ingiustizia. Se la dipendenza degli individui dalla comunità è
completa, allora possono essere tutti costretti a conformarsi alle leggi.

L’ALIENAZIONE TOTALE= inclusa nel contratto come garanzia che alla condotta giusta di ciascuno non
corrisponda l’ingiustizia degli altri. È quindi la regola di contrattazione che determina una forma di contratto
equa e stabile, dando accesso i vantaggi dell’ordine sociale giusto.

MA QUAL E’ IL CONTENUTO DEL CONTRATTO, LA STRUTTURA DEL CORPO POLITICO?

Il diritto politico e le istituzioni legittime sono ricondotte a un unico principio:

- SOLO LA VOLONTA’ GENERALE PUO’ DRIGERE LE FORZE DELLO STATO SECONDO IL FINE DELLA SA
ISTITUZIONE, CHE E’ IL BENE COMUNE.

Il corpo politico include un soggetto pubblico di decisioni collettive con un ambito di competenze. Richiede
che tutti i cittadini siano obbligati politicamente, siano tenuti all’obbedienza, nei confronti di tale soggetto.
Nella società politica vi è un’ineguaglianza radicale fra questo soggetto e tutti gli altri membri. Ma gli uomini
entrano nella società politica con un contratto di alienazione totale (perfetta uguaglianza) e per conservare
la loro uguale libertà.

CONCETTO DI VOLONTA’ GENERALE:


- È introdotto da Rousseau per risolvere l’apparente contraddizione fra la presenza di un soggetto unico di
decisione e di autorità politica e l’uguaglianza della società giusta. Svolgere fino in fondo l’idea che tale soggetto
sia pubblico.
- È la sola forma di decisione collettiva (legislativa) coerente con la clausola di alienazione totale. La clausola di
alienazione totale richiede che tale decisione sia sottratta agli effetti delle ineguaglianze di potere. La scelta
collettiva riceve i caratteri che R. ascrive alla volontà generale.
 PRIMO= la volontà generale richiede che nessuno sia escluso dal processo legislativo. Le decisioni
circa le leggi politiche spettano a tutti i cittadini e sono prese dal popolo riunito. Termini uguali di
accesso alla società politica. Vi è il carattere inalienabile e indivisibile della sovranità della volontà
generale. La sovranità è indivisibile perché l’unico potere politico ammissibile è esercitato da tutti i
cittadini; è inalienabile perché la volontà di un individuo non può includere o sostituire quella degli
altri. Il potere legislativo conforme all’alienazione totale si realizza attraverso la decisione condivisa
di tutti i cittadini, senza esclusioni e senza privilegi, attraverso la volontà generale.
 SECONDO= l’alienazione totale delimita il tipo di interessi che possono trovare espressione nelle
leggi. L’interesse comune che rende generale la volontà non è l’interesse della comunità come
entità diversa dagli individui che la compongono.

Rousseau distingue fra:

- Volontà generale
- Volontà di tutti = volontà collettiva = somma di volontà particolari, che qui rispecchiano interessi
esclusivi e contrastanti, rispetto ai quali la volontà collettiva è un compromesso.

La LEGISLAZIONE SI DEVE ORIENTARE SOLO SU INTERESSI COMUNI, DEVE ESPRIMERE LA VOLONTA’


GENERALE (richieste che i cittadini deliberano sulle leggi senza alcuna comunicazione tra loro, senza
formare associazioni. Il divieto delle associazioni rafforza l’ugualitarismo del processo legislativo, rendendo
impossibile diseguaglianze di potere fra le parti. Il divieto di discussione assicura che la scelta non esprima
punti di vista divergenti o preferenze, ma un giudizio sul vero bene pubblico).

LA VOLONTA’ GENERALE E’ IL FULCRO DELLA TEORIA DELL’OBBLIGAZIONE POLITICA. Le decisioni


legislative devono vincolare i cittadini per coercizione (costrizione) e per considerazioni morali. Tuttavia, i
cittadini devono obbedire a sé stessi e restare liberi come prima per risolvere ciò si introduce il concetto
di volontà generale per distinguere fra OBBLIGO e DIPENDENZA e per connettere OBBEDIENZA POLITICA e
UGUALE LIBERTA’.

LA VOLONTA’ GENERALE DEFINISCE:

- Il fondamento dell’obbligo politico


- Le condizioni o restrizioni cui l’obbligo politico è sottoposto= nel quadro dell’alienazione totale,
nessuno agisce in vista degli altrui interessi. Gli individui sono obbligati solo se l’obbligo corrisponde
al loro interesse individuale. Ma la connessione tra OBBLIGO MORALE e INTERESSE INDIVIDUALE
si realizza solo se gli uomini sono obbligati nei confronti della volontà generale, le cui decisioni sono
conformi all’interesse di ciascuno.
Ogni cittadino, obbedendo alle leggi sociali, può agire secondo la naturale preferenza che ciascuno
dà a sé stesso. Solo la volontà generale può obbligare i cittadini. La volontà generale deve essere
sovrana dello stato. Cittadinanza= condizione di libertà.

Ciascun individuo, in quanto soggetto alle leggi, è libero perché non obbedisce a nessuno, se non alla sua
volontà di cittadino. Non sarebbe libero, cioè non agirebbe secondo la sua volontà, proprio se non si
conformasse alla volontà generale legislatrice.  COME PUO’ QUESTO ESSERE UN OBBLIGO?

La volontà generale non è direttamente la volontà dei singoli individui: è la loro volontà in quanto e solo in
quanto è la volontà di qualunque cittadino del corpo politico. La volontà generale è la stessa in ciascuno dei
cittadini, essendo una decisione presa senza tenere conto delle differenti posizioni e interessi.  Non è
riducibile alla volontà individuale di nessuno di loro.
Vi è una differenza di principio fra la volontà dei singoli individui e la volontà generale (uomo ≠ cittadino).

Gli individui riconoscono la volontà generale come propria solo in quanto escludono interessi e circostanze
che li differenziano da tutti gli altri e che li determinano come individui.

HOBBES= fonda l’obbligo politico sulle scelte coordinate degli individui che rinunciano al diritto naturale
e concludono un patto di istituzione del potere sovrano. Gli obblighi sono una reazione razionale, volontaria
e reciproca degli individui.

LOCKE= la sua teoria dell’obbligo cerca di individuare un equilibrio fra una fonte volontaria e consensuale
e la richiesta della conformità degli atti che lo istituiscono a leggi morali sovraordinate.

Per loro le volontà e i rapporti degli individui sono cruciali per ammettere un obbligo nei loro confronti.

ROUSSEAU= l’obbligo politico dipende dal rapporto degli individui con la volontà generale. L’effetto del
contratto sociale è di stabilire una posizione comune in cui gli individui si collocano ai fini della legislazione.
Il contrattualismo non assegna un ruolo di principio alla creazione di obblighi per mezzo di patti fra gli
individui.

3. I limiti del contrattualismo di Rousseau: governo e storia

Rousseau vuole associare nella sua teoria “ciò che il diritto permette” ed “ciò che l’interesse prescrive”,
tenere insieme giustizia e utilità.

IMPRESA CONTRATTUALISTICA= COLLEGARE RAZIONALITA’ e GIUSTIZIA POLITICA.

La sola società per convenzione razionalmente possibile, nelle condizioni di ineguaglianza che R.
presuppone per il contratto di alienazione, resta:

- TIRANNICA= se i più forti riescono a imporre la loro volontà.


- VANA= sei i più deboli riescono a rovesciare le sorti.

Ineguaglianza e alienazione totale sono connesse: quest’ultima rappresenta una soluzione adeguata de
problema morale posto dalla prima.

GOVERNO= RENDE ESECUTIVE LE LEGGI. PRESENTA UNA TENDENZA INEVITABILE A DEGENERARE. DEVE
ESSERE DISTINTO DAL SOVRANO. È ANIMATO DA VOLONTA’ PARTICOLARE CHE TENDE PRIMA O POI AD
AFFERMARSI CONTRO LA VOLONTA’ GENERALE DEL SOVRANO.

Il contratto viene collocato nel punto in cui gli ostacoli alla conservazione di sé superano le forze individuali
e gli uomini devono lasciare lo stato naturale e cooperare. La necessità dei rapporti sociali coincide con la
lor ineguaglianza e conflittualità.  R. colloca il contratto nello “stato primitivo” in cui vi è la pressione degli
ostacoli alla conservazione, ma in cui manca l’ineguaglianza; uno stato da cui occorra uscire, ma che non sia
uno stato di guerra.

IL CONTRATTO SOCIALE DEVE CONDURRE A UNA SOCIETA’ LIBERA E UGUALE CHE LA STORIA NON E’
RIUSCITA A PRODURRE.

LEGISLATORE= è chiamato a risolvere un problema di razionalità interno al contratto: connettere il punto


di vista pratico degli individui e quello collettivo. La sua azione è collocata all’origine delle Nazioni, di cui
è come il padre: deve alterare la natura umana, facendola passare dall’isolamento alla socialità.  E’ una
prospettiva primitivista e trascura gli effetti della socializzazione negativa e dell’ineguaglianza che hanno
corrotto lo stato naturale.

NOTA AL TESTO
Il contratto sociale o principi del diritto politico (1762) è l’esito conclusivo di un progetto concepito 18 anni prima, osservando i
difetti di quel governo così lodato, forma l’idea delle Istituzioni politiche. La politica è decisiva per la virtù e la felicità dei popoli e
affinché ciò possa realizzarsi è necessario (per R.) affrontare e risolvere le questioni principali della filosofia politica.

LIBRO PRIMO

In cui si ricerca come l'uomo passi dallo Stato di natura allo stato civile, e quali siano le condizioni essenziali
del patto.

R. vuole cercare se nell’ordine civile ci può essere qualche regola di amministrazione legittima e sicura,
prendendo gli uomini come sono e le leggi come possono essere. Tenterà di associare ciò che il diritto
permette e ciò che l’interesse prescrive, perché la giustizia e l’utilità non si trovino ad essere separate.

R. scrive di politica non perché è un principe o un legislatore, altrimenti penserebbe a governare e non a
scrivere di politica. Ma dal momento che egli è un cittadino di uno Stato libero e membro del corpo
sovrano, deve votare e quindi per saper ben votare deve istruirsi in materia politica.

1. Capitolo primo – Argomento di questo primo libro

L’uomo è nato libero e ovunque è in catene. Chi si crede padrone degli altri è più schiavo di loro.

COME E’ AVVENUTO QUESTO MUTAMENTO? COSA PUO’ RENDERLO LEGITTIMO?

- R. all’inizio afferma che finché un popolo è costretto ad obbedire, obbedisce. E fa bene a far così.
Ma se appena può scuotersi il gioco (Rivoluzione), questo viene scosso, si avrà un esito tra due:
a) Il meglio= riuscire a liberarsi e a riprendere la libertà (in tal caso è stato giusto)
b) Il peggio= il popolo non gode più da tanto tempo della libertà e se ne dimentica, scuotendo il
gioco rischia di ricadere nelle catene (della schiavitù) più pesanti delle precedenti (dalle quali si
è ribellato) – (in tal caso ha fatto male).

2. Capitolo secondo – Delle prime società

FAMIGLIA= è la + antica di tutte le società e la sola naturale; anche se i figli restano legati al padre solo
finché hanno bisogno di lui per la propria conservazione. Appena tal bisogno cessa, il legame naturale si
scioglie.  Una volta che tutti si sono staccati (smiciati) si ritorna all’indipendenza.

Se però continuano a restare uniti, non è più naturalmente, ma volontariamente, e la famiglia stessa si
mantiene solo per convenzione.  Tale libertà è una conseguenza della natura dell’uomo. La sua prima
legge impone di vegliare la propria conservazione, le prime cure son quelle che deve a sé stesso, e appena
giunge all’età della ragione diviene padrone di sé stesso (essendo unico artefice della suo sostentamento).

- FAMIGLIA= primo modello di società politica.


- CAPO= immagine del padre.
- POPOLO= immagine dei figli, essendo nati uguali e liberi, alienano la loro libertà solo per loro
utilità.

Unica differenza= nella famiglia l’amore del padre per i figli viene ricompensato; nello Stato il piacere di
comandare supplisce a tale amore che il capo non ha per il suo popolo.

GROZIO= nega il potere umano che si fonda sul vantaggio dei governati: esempio è la schiavitù. Fonda
sempre il diritto sul fatto. È dubbioso se il genere umano appartenga ad un centinaio di uomini o se tal
centinaio di uomini appartiene al genere umano; egli sembra più incline alla prima opinione (come
Hobbes). Quindi la specie umana di divide in branchi (di bestiame), ciascuno col proprio capo che lo
custodisce per divorarlo.
- Come un pastore è per natura superiore a quella del suo gregge, anche i pastori di uomini, che sono
i loro capi, sono di natura superiore a quella dei loro popoli.  Ragionava, secondo FILONE,
l’imperatore Caligola o i re erano dei o i popoli erano bestie.

ARISTOTELE= gli uomini non sono naturalmente uguali, ma alcuni nascono per la schiavitù, altri per il
potere.  Ogni uomo nato in schiavitù nasce per la schiavitù. Gli schiavi perdono tutto nelle loro catene,
anche il desiderio di liberarsene; amano la loro schiavitù. Se ci sono degli schiavi per natura, è perché ci
sono stati schiavi contro natura. La forza ha fatto i primi schiavi; la loro viltà li ha perpetuati.

3. Capitolo terzo – Del diritto del più forte

Il più forte non è mai abbastanza forte per essere sempre il padrone, a meno che non trasformi la sua forza
in diritto e l’obbedienza in dovere (Il diritto non può basarsi sulla forza. Il diritto del più forte non è un
diritto (non ha legittimità). La forza va trasformata in qualche modo in diritto.  Di qui il diritto del più forte
anche detto DIRITTO PER IRONIA.

R. si chiede quale moralità possano avere gli effetti della forza dato che questa è una potenza fisica. Cedere
alla forza è un atto necessario, non volontario; al massimo è un atto di prudenza.

IN CHE SENSO POTREBBE ESSERE UN DOVERE?

- Appena il diritto si fonda sulla forza, l’effetto muta con il mutare della causa. Ogni forza che supera
la precedente, le succede nel diritto.
- Appena si può disobbedire, farlo diventa legittimo, e dato che il più forte ha sempre ragione, si
tratta solo di far in modo di essere il più forte.

COSA E’ IL DIRITTO CHE VIEN MENO QUANDO LA FORZA CESSA?

- Se si deve obbedire per forza, non c’è bisogno di obbedire per dovere, e se non si è più forzati a
obbedire non si è nemmeno più obbligati.
- La forza non fa il diritto e si è obbligati ad obbedire solo ai poteri legittimi.

4. Capitolo quarto – Della schiavitù

Nessun uomo possiede autorità naturale sul suo simile; quindi solo la convenzione può instaurare una
autorità legittima tra gli uomini.  R. affronta il problema della schiavitù nella sua legittimità.

GROZIO= si chiede se un uomo può alienare la sua libertà e farsi schiavo di un padrone, e perché un
popolo non potrebbe alienare le sue (proprie libertà) e divenire suddito di un re?!

Bisogna analizzare la parola ALIENAZIONE ALIENARE significa donare o vendere:

- Un uomo che si fa schiavo di un altro uomo, non si dona, si vende, in cambio del proprio
sostentamento.
- Un popolo in cambio di che si vende? Un re non dà ai suoi sudditi sostentamento, ma trae il proprio
solo dal loro.  Allora i sudditi regalano la loro persona in cambio di nulla?! Perché non rimane
loro nulla da conservare.

Dire che un uomo si dà gratuitamente è dire una cosa assurda e inconcepibile; si tratta di un atto illegittimo
e nullo, in quanto chi lo compie non è in senno. Dire la stessa cosa di un popolo significa supporre un
popolo di pazzi: la follia non è un fondamento di diritto.

Supponiamo che ciascuno possa alienare sé stesso, non può alienare i suoi figli; essi nascono uomini e
liberi; padroni della propria libertà. Prima che giungano all’età della ragione, il padre può in loro nome
accettare certe condizioni in vista della loro conservazione e del loro benessere; ma non può darli. Un simile
dono è contrario ai fini della natura e oltrepassa i diritti della paternità.

Se davvero un popolo decide di vendersi al re, quel governo sarebbe arbitrario. E affinché un governo
arbitrario possa essere legittimo bisognerebbe che a ogni nuova generazione il popolo fosse padrone di
accettarlo o rifiutarlo: ma allora non sarebbe più un governo arbitrario perché non deriva dall’adesione
dei singoli.

Rinunciare alla libertà vuol dire annullare la propria qualità di uomo, i diritti dell’umanità, anche i propri
doveri.  Tale rinuncia è incompatibile con la natura dell’uomo: togliere la libertà alla sua volontà significa
togliere moralità alle sue azioni.

Chi ha potere assoluto non ha obblighi di alcun tipo verso colui (schiavo) da cui ha il diritto di pretendere
tutto e basta questo a comportare la nullità dell’atto, perché questo è unilaterale/un obbligo/non
corrispettivo.

GROZIO= fonda la schiavitù sul diritto in guerra di vita e di morte sul vinto. Poiché il vincitore ha diritto di
uccidere il vinto, questi può riscattare la propria vita a prezzo della libertà; condizione legittima perché
vantaggiosa per entrambi.

Ma tale diritto di uccidere i vinti non deriva dallo stato di guerra. Gli uomini non sono naturalmente nemici.
È il rapporto delle cose, non degli uomini, a costituire la guerra R. nega che possa esservi guerra tra
uomini; secondo lui la guerra può sussistere solo tra Stato e Stato; gli uomini possono trovarsi nemici solo
in quanto soldati, ma come tali sono tenuti ad uccidere il nemico solo per difendere lo Stato e distruggere
quello nemico vero fine della guerra. Se un nemico depone le armi e si arrende non si ha diritto di
ucciderlo e nemmeno di farlo schiavo. Quel re che prende in ostaggio un popolo senza dichiarare guerra è
un bandito.

R. critica Grozio sul diritto di schiavitù dicendo che Grozio vorrebbe fondarlo sul diritto di vita e di morte,
ma il diritto di vita o di morte finirebbe per fondarsi su quello di schiavitù creando un circolo vizioso. Diritto
e schiavitù si escludono a vicenda, sono contraddittori, infatti non ha senso fare un contratto dove l’unico
che ci guadagna è il padrone. Il diritto di schiavitù è illegittimo. Infatti esso nasce dal fatto che un uomo
anziché uccidere un uomo, lo uccide con guadagno, facendoselo schiavo.

Si può uccidere lo stato senza uccidere i suoi membri: la guerra non dà nessun diritto che non sia necessario
al suo fine.

Il diritto di conquista non ha altro fondamento oltre la legge del più forte. Se la guerra non dà al vincitore il
diritto di massacrare i popoli vinti, questo diritto che non ha non può essere fondamento al diritto di ridurli
in schiavitù. È uno scambio iniquo quello che gli si impone facendogli pagare con la libertà la vita su cui
non si ha nessun diritto.

Il vincitore prende la libertà al posto della vita dello schiavo diviene un utile.

“FACCIO CON TE UNA CONVENZIONE TUTTA A CARICO TUO E TUTTA A VANTAGGIO MIO, CHE IO OSSERVO
FINCHE’ MI PIACERA’, E CHE TU OSSERVERAI FINCHE’ PIACERA’ A ME.

5. Capitolo quinto – Come si debba sempre risalire a una prima convenzione

Vi è una differenza tra sottomettere una moltitudine e governare una società.

Se degli uomini sparsi e numerosi vengono poi asserviti ad uno solo, in tal caso avremo solo un padrone e
degli schiavi; non popolo e capo. Si tratta di un aggregato, non di associazione, perché non c’è bene
pubblico e corpo politico. Tal uomo è privato, ha un interesse privato. Se tal uomo muore il suo impero
rimane sparso senza legami.
GROZIO= un popolo può darsi un re, e prima di darsi è comunque già popolo. Tal dono è un atto civile,
suppone una deliberazione pubblica. Il popolo è il vero fondamento della società.

Il darsi del popolo è la prima convezione.

6. Capitolo sesto – Del patto sociale

UOMINI= arrivati a stato civile (con il capo) perché vi erano degli ostacoli che loro impedivano di rimanere
nello stato di natura ed erano più forti delle forze che gli permettevano di rimanerci. Il genere umano
perirebbe se non cambiasse il suo modo di essere.
Poiché gli uomini non possono generare nuove forze, ma solo unire e dirigere quelle esistenti, non hanno
più altro mezzo per conservarsi se non quello di formare per aggregazione una somma di forze, mettendole
in moto attraverso un impulso e accordandole con l’azione. Ma essendo la forza e la libertà di ciascun uomo
i primi strumenti della sua conservazione, come potrà impegnarli senza nuocersi o senza trascurare le cure
verso sé stesso?
TROVARE UNA FORMA DI ASSOCIAZIONE CHE PROTEGGA E DIFENDA CON TUTTA LA FORZA COMUNE LA
PERSONA E I BENI DI CIASCUN ASSOCIATO, MEDIANTE LA QUALE OGNUNO UNENDOSI A TUTTI NON
OBBEDISCA CHE A SE STESSO E RESTI LIBERO COME PRIMA.  Problema di cui il CS dà la soluzione.

Le clausole del contratto sono determinate dalla natura dell’atto, non sono mai state enunciate
formalmente, sono ovunque uguali, ammesse e riconosciute tacitamente; fino a che essendo violato (Patto
Sociale) ciascuno non rientra nei suoi primitivi diritti e riprende la sua libertà naturale perdendo la libertà
convenzionale con cui l’aveva barattata. Tali clausole si riducono ad una sola all’alienazione totale di
ciascun associato con tutti i suoi diritti a tutta la comunità la condizione essendo uguale per tutti, nessuno
ha interesse a renderla gravosa per gli altri.

Il cittadino pur obbedendo al sovrano conserva la sua libertà perché il sovrano è il popolo di cui lui fa parte.
La clausola più importante del contratto, dice R. è: ogni associato si aliena con tutti i suoi diritti a tutta la
comunità. Quando alieniamo i nostri diritti riceviamo dalla società un equivalente di ciò che perdiamo.
“CIASCUNO DI NOI METTE IN COMUNE LA SUA PERSONA E TUTTO IL SUO POTERE SOTTO LA SUPREMA
DIREZIONE DELLA VOLONTA’ GENERALE; E NOI, COME CORPO, RICEVIAMO CIASCUN MEMBRO COME
PARTE INDIVISIBILE DEL TUTTO”.  Così si produce un corpo morale collettivo, composto da tanti membri
quanti sono i voti all’assemblea, che trae dallo stesso atto la sua unità, il suo IO COMUNE, la sua vita e
volontà. Tale persona pubblica, formata dall’unione di tutte le altre, prendeva il nome di CITTA’, e
prendendo oggi quello di REPUBBLICA o di CORPO POLITICO, detto dai suoi membri STATO, quando è
passivo e SOVRANO quando è attivo, POTENZA quando lo si considera in rapporto ad altre unità politiche.
- POPOLO= associati
- CITTADINI= partecipano all’autorità sovrana (insieme hanno il potere legislativo)
- SUDDITI= soggetti alle leggi dello stato

7. Capitolo settimo – Del sovrano

R. afferma che non vi può essere legge che non possa essere violata dal sovrano, questo non significa che il
singolo cittadino possa farlo, vuol dire che il popolo non si dà delle leggi che un giorno non possa cambiare.
La sovranità non può essere alienata a pochi o a uno solo, proprio perché smetterebbe di essere generale,
ma sarebbe semplicemente particolare. È vero che il sovrano è composto di privati, questo fa sì che la
volontà generale non possa volere altro che il bene comune, tuttavia ogni persona come privato ha una
certa volontà particolare e l’interesse egoista del singolo, l’interesse come cittadino riguarda la volontà
generale. La volontà generale non va pensata come se fosse un grande individuo, essa sta in ognuno di noi
come cittadino. Dato che l’interesse del singolo privato può essere diverso dalla volontà generale, l’intero
corpo sociale dovrà costringere questa persona ad obbedire alla volontà generale. Tale COSTRIZIONE non è
che una “costrizione ad essere liberi”. Di fatto, noi obbedendo alla volontà generale manteniamo la nostra
autonomia e perseguiamo il nostro bene come cittadini. Quello che si vuole evitare è di avere delle persone
che confrontano il perseguimento del bene comune con quello esclusivo del proprio bene, dovessero
pensare che sia più vantaggioso il secondo.

8. Capitolo ottavo – Dello stato civile

Il passaggio dallo stato di natura allo stato civile produce un mutamento notevole. La nascita della società
civile oltre a rappresentare il superamento degli istinti da parte della ragione, significa anche la conquista di
due forme di libertà:

- Quella morale
- Quella civile

Tali libertà implicano la perdita dei vantaggi della natura, della situazione precedente, cioè dello stato di
natura. Acquista in tal nuovo stato la proprietà di tutto quanto possiede.

9. Capitolo nono – Del dominio reale

Problema della proprietà privata il cittadino con il patto ha di fatto rinunciato al suo diritto naturale sul
possesso di ogni cosa per ricevere il diritto di possesso su ciò che ha. Il problema è che spesso lo Stato si
preoccupa solo di garantire la difesa della proprietà privata di chi la possiede, qualche volta mutando
l’usurpazione in diritto.

(Nello stato di natura l’uomo può avere tutto, ma solo nello stato civile ha veramente qualcosa, che
comunque appartiene in qualche modo allo stato che ne assicura il legittimo possesso, mutando
l’usurpazione in diritto e il godimento in proprietà).  Tutto ciò per garantire uguaglianza fra gli uomini.

Il diritto del primo occupante è certamente meglio del diritto del più forte, ma non può essere il semplice
fatto di trovare un terreno abbandonato o un oggetto che non appartiene a nessuno un buon motivo per
dire che se ne è proprietari.

Prima di tutto R. dice che non si può parlare di diritto di possesso prima del patto sociale, ma il diritto di
ognuno al possesso è sempre soggetto al diritto dell’intera comunità su tutti i beni.

R. designa 3 condizioni per il possesso di un territorio:


a) Che il territorio non appartenga già a qualcuno
b) Che ci si limiti ad occuparne la quantità necessaria per ricavarne di che vivere (quindi una parte del terreno)
c) Che se ne prenda possesso, anziché con una vana cerimonia, col lavorare alla sua coltivazione, unico segno di
proprietà

Il patto fondamentale, invece di distruggere l’uguaglianza naturale, sostituisce, al contrario, un’uguaglianza


morale e legittima a quel tanto di disuguaglianza fisica che la natura ha potuto mettere tra gli uomini i quali,
potendo per natura trovarsi ad essere disuguali per forza o per ingegno, diventano tutti uguali per
convenzione e di diritto.

Sotto i cattivi governi quest’uguaglianza è solo apparente ed illusoria; non serve che a mantenere il povero
nella sua miseria e il ricco nella sua usurpazione. Di fatto le leggi sono sempre utili a chi possiede e nocive a
chi non ha nulla. Perciò lo stato sociale giova agli uomini solo in quanto posseggano tutti qualcosa e
nessuno di essi abbia qualcosa di troppo.
Stato = la volontà generale chiamata dai suoi membri nel suo ruolo passivo.
Sovrano = la volontà generale chiamata dai suoi membri nel suo ruolo attivo.
Potenza = la volontà generale o io comune confrontantesi con altre unità politiche o altri Stati.
Popolo = gli associati dell'io comune.
Cittadini = gli associati quando partecipano del potere sovrano, quando insieme hanno il potere legislativo.
Sudditi = quando sono soggetti alle leggi.
LIBRO SECONDO

1. Capitolo primo – La sovranità è inalienabile

Solo la volontà generale può dirigere le forze dello Stato secondo il fine della sua istituzione, che è il bene
comune. La volontà generale è la volontà del popolo, il sovrano stesso. Alla volontà generale compete il
potere legislativo. Quali sono i caratteri della volontà generale?

Se è stato il contrasto degl’interessi privati a render necessaria l’istituzione della società, è stato l’accordo
dei medesimi interessi a renderla possibile. Il legame sociale risulta da ciò che in questi interessi differenti
c’è di comune, e, se non ci fosse qualche punto su cui tutti gl’interessi si accordano, la società non potrebbe
esistere. La società deve essere governata sulla base di questo interesse comune.

Sovranità esercizio della volontà generale, non può mai alienarsi, è un ente collettivo, rappresentato da
se stesso; il potere può sì essere trasmesso, ma non la volontà.

Se non è possibile che una volontà privata si accordi su qualche punto con la volontà generale, è
impossibile, per lo meno, che questo accordo sia duraturo e costante, perché la volontà particolare tende
per sua natura al privilegio, e la volontà generale all’uguaglianza.

Poiché è assurdo che la volontà si dia delle catene per l’avvenire, e poiché nessuna volontà può consentire
a qualcosa che contrasti col bene di chi vuole. Se il popolo promette di obbedire si dissolve e perde la
propria qualità di popolo; non appena c’è un padrone non c’è più un sovrano, e da quel momento il corpo
politico è distrutto. Dal silenzio universale dobbiamo presumere il consenso del popolo.
La sovranità è inalienabile nel senso che non può essere ceduta a qualche individuo particolare senza
che essa smetta di essere volontà generale. Le volontà particolari tendono al privilegio, all'interesse
puramente personale. È vero che il popolo può pensare che quello che dice un solo individuo in un dato
momento sia il bene comune, ma impegnarsi a credere a costui d'ora in avanti è assurdo. Dovesse
esserci un accordo tra la volontà particolare e quella generale senza interruzione, dice Rousseau,
sarebbe solo per caso. Questo problema dell'alienazione della sovranità riguarda anche le democrazie
rappresentative, in esse i rappresentanti del popolo stanno per il sovrano, ma una volta eletti il popolo
non ha più potere di loro, tendenzialmente potrebbero fare quello che vogliono e tutta questa elezione
tende a ridursi ad una scelta dei propri padroni futuri.

Solo la volontà generale può dirigere la potenza dello Stato, mirando esclusivamente al bene comune.
La divergenza di interessi che ne ha resa necessaria la creazione ora è vista negli elementi comuni di
essi, che saranno le basi del governo di tale Stato. La sovranità non può essere mai alienata (donata),
e il corpo sovrano non può che essere rappresentato da sé stesso: si può trasmettere il potere non la
volontà. L’interesse di un individuo può accidentalmente incontrarsi con quello dello Stato, ma di
tendenza il primo andrà verso delle preferenze, mentre il secondo andrà verso un interesse comune di
uguaglianza.

2. Capitolo secondo – la sovranità è indivisibile

La volontà generale è dichiarata un atto di sovranità e costituisce una legge; la volontà particolare è un
atto di magistratura o tutt’al più un decreto. Gli scrittori politici dividono l’oggetto della sovranità,
dividono forza e volontà, in potere legislativo e potere esecutivo. Il diritto di guerra, d’imposta, di
amministrazione pubblica etc.; così si fa del corpo sovrano, un ente fantastico e sovrapposto di tanti
elementi. Tutte le volte che si vedrà la sovranità divisa ci si inganna; i diritti che si considerano come
parti di questa sovranità sono tutti ad essa subordinati e implicano sempre delle volontà supreme di cui
questi diritti non fanno che consentire l’esecuzione.

La volontà o è generale o non lo è; è la volontà del corpo popolare o solo di una parte:

- Primo caso= volontà dichiarata è un atto sovrano e fa legge


- Secondo caso= è solo una volontà particolare o un atto di decreto

I politici dividono la sovranità nel suo oggetto in:

- Forza e volontà
- Potere legislativo e potere esecutivo
- Amministrazione interna e potere di trattare con lo straniero

Fanno così del sovrano un essere fantastico costituito di pezzi giustapposti, come se componessero l’uomo
di più corpi. (Es: ciarlatani Giapponesi fanno a pezzi un bimbo gettando in aria le sue membra che
ricadono in un bambino vivo e ricomposto). Tale errore deriva dal fatto di non essersi formate delle esatte
nozioni sull’autorità sovrana, e dell’aver scambiato con parti della sua autorità quelle che erano solo sue
emanazioni.

(Affinché una volontà sia generale non sempre è necessario che sia unanime ma è necessario che si tenga
conto di tutti i voti, ogni esclusione formale rompe la generalità).

3. Capitolo terzo – Se la volontà generale possa sbagliare

La volontà generale è sempre retta e tende sempre all’utilità pubblica. Rousseau ammette che il popolo
possa “non conoscere” o essere ingannato circa il bene comune. Si vuole sempre il proprio bene, ma non
sempre si capisce qual è; il popolo non viene mai corrotto, ma spesso viene ingannato e allora solo sembra
volere ciò che è male.
- Volontà di tutti= guarda all’interesse privato ed è una somma di volontà particolari
- Volontà generale= guarda solo all’interesse comune

MARCHESE D’ARGENSON= ogni interesse è regolato da principi diversi. L’accordo tra due interessi
particolari di basa sull’opposizione a quello di un terzo. L’accordo di tutti gli interessi si fonda
sull’opposizione all’interesse di ciascuno. Se non ci fossero interessi diversi, appena si avvertirebbe
l’interesse comune, che non troverebbe mai ostacolo: tutto andrebbe avanti da sé e la politica cesserebbe
di essere un’arte.

Quando si formano delle associazioni particolari la volontà di ciascuna di tali associazioni diviene generale
in rapporto ai suoi membri e particolare rispetto allo Stato; allora si può dire che non che non ci sono più
tanti votanti quanti sono gli uomini, ma solo quante sono le associazioni.
Nello Stato non ci devono essere società parziali ed ogni cittadino deve pensare con la propria testa 
MACHIAVELLI=
- Divisioni che nuocciono alla Repubblica= accompagnate da sette e partigiani
- Divisioni che giovano alla Repubblica= senza sette e partigiani si mantengono

4. Capitolo quarto – Dei limiti del potere sovrano

Come la natura dà a ciascun uomo un potere assoluto su tutte le sue membra, il patto sociale dà al corpo
politico un potere assoluto su tutte le sue ed è tale potere che, diretto dalla volontà generale, porta il nome
di sovranità.
Considerare oltre alla persona pubblica anche le persone private che la compongono e la cui vita e libertà
sono naturalmente indipendenti da lei. Distinguere i rispettivi diritti dei cittadini e del sovrano, e i doveri
che i primi devono adempiere in quanto sudditi, dal diritto naturale di cui devono godere in qualità di
uomini.
Tutti i servigi che un cittadino può rendere allo Stato glieli deve non appena il sovrano li richiede; ma il
sovrano non può gravare i sudditi di nessuna catena inutile alla comunità. Sotto la legge di ragione niente si
fa senza una causa.
La volontà generale deve essere generale nel suo oggetto; la volontà generale cambia natura se ha un
oggetto particolare. A rendere generale la volontà, non è tanto il numero dei voti, quanto l’ interesse
comune che li unisce, perché ognuno si sottomette alle condizioni che impone agli altri. I sudditi non
obbediscono a nessuno, ma solo alla loro stessa volontà. Il potere sovrano non può oltrepassare i limiti
delle convenzioni generali. Il sovrano non ha il diritto di gravare un suddito più di un altro (il tal caso il suo
potere diventerebbe particolare).
IL PATTO SOCIALE STABILISCE TRA I CITTADINI UNA TALE UGUAGLIANZA CHE ESSI S’IMPEGNANO TUTTI
ALLE MEDESIME CONDIZIONI E DEVONO GODERE TUTTI DEI MEDESIMI VANTAGGI. OGNI ATT DI
SOVRANITA’, OVVERO OGNI ATTO AUTENTICO DELLA VOLONTA’ GENERALE, OBBLIGA O FAVORISCE NELLA
STESSA MISURA TUTTI I CITTADINI, DIMODOCHE’ IL SOVRANO CONOSCE SOLO IL CORPO DELLA NAZIONE
SENZA DISTINGUERE NESSUN DEI SINGOLI CHE LA COMPONGONO.

COS’E’ UN ATTO DI SOVRANITA’? è una convenzione tra superiore e inferiore, una convenzione tra il corpo
e ciascuno dei suoi membri:
- LEGITTIMA= perché ha per base il contratto sociale
- EQUA= perché è comune a tutti
- UTILE= perché non può avere altro oggetto che il bene generale
- SOLIDA= perché garantita dalla forza pubblica e dal potere supremo

5. Capitolo quinto – Del diritto di vita e di morte

Ci si chiede come i privati, non avendo diritto di disporre della propria vita, possano trasmettere al sovrano
questo stesso diritto che non hanno. Ogni uomo ha il diritto di rischiare la propria vita per conservarla.
Il trattato sociale ha come fine la conservazione dei contraenti.
Chi vuole conservare la propria vita a spese degli altri deve anche darla per loro, quando occorra. Quando il
principe dice al cittadino. “lo Stato ha bisogno che tu muoia” deve morire; poiché solo a questa condizione
ha vissuto sicuro fino allora, e la sua vita non è più soltanto un beneficio della natura, ma un dono
condizionato dello Stato.

Ogni malfattore che lede il diritto sociale diviene coi suoi misfatti un ribelle e un traditore della patria, cessa
di esserne membro violando le sue leggi, e addirittura le fa la guerra. La conservazione dello Stato diventa
incompatibile con la sua, bisogna che uno dei due perisca, e quando si fa morire il colpevole lo si mette a
morte meno come cittadino che come nemico. Non è + membro dello Stato. Deve essere eliminato o con
l’esilio (perché ha violato il patto) o con la morte come nemico pubblico, un tale nemico non è una persona
morale, è un uomo, e in tal caso è diritto di guerra uccidere il vinto.  Tal condanna non appartiene al
sovrano; è un diritto che egli può conferire senza poterlo esercitare direttamente.

La frequenza dei supplizi è segno di debolezza o di pigrizia del governo. Quanto al diritto di far grazia spetta
solo a chi è al di sopra del giudice e della legge, cioè al sovrano. In uno Stato ben governato ci sono poche
punizioni, non perché si fanno molte grazie, ma perché vi sono pochi criminali.
Chi vuole conservare la propria vita... deve anche darla nel momento del bisogno... Per non essere vittime
di un assassinio, accettiamo di morire nel caso in cui noi stessi diventassimo assassini.

6. Capitolo sesto – Della legge

Col patto sociale si dà esistenza e vita al corpo politico; ora bisogna dargli, mediante la legislazione, il
movimento e la volontà.
La giustizia viene sempre da Dio, sua unica fonte. C’è una giustizia universale emanata dalla sola ragione,
ma tale giustizia, per essere ammessa tra noi, dev’essere reciproca. Le leggi della giustizia sono vane fra gli
uomini; esse non fanno che la fortuna del malvagio e il danno del giusto, quando questo le osserva tutti.

Occorrono convenzioni e leggi per unire i diritti ai doveri e per ricondurre la giustizia al suo scopo.
La legge fissa i diritti e lega questi ai doveri. Rousseau definisce come atto di sovranità o atto legislativo un
atto politico che ha come oggetto un oggetto generale, si tratta della collettività che prende sé stessa sotto
un certo aspetto o sotto un certo altro. In questo senso le leggi non hanno mai per oggetto un particolare.
Rousseau dice che una legge può dare origine a delle classi specifiche in una società, fissare i criteri di
appartenenza ad esse, ma non può dire chi ci deve appartenere; essa quindi non riguarda i singoli. Gli
oggetti particolari appartengono infatti al potere esecutivo. È la volontà generale che ha il potere legislativo
e la legge, dice Rousseau, non può essere ingiusta. Non può essere ingiusta, egli dice, perché nessuno lo è
con sé stesso; il sovrano fa la legge, esso è il popolo, il popolo vuole il bene comune, quindi quando
promulgherà le leggi non potrà che farlo avendo di mira il bene comune. Si noti che Rousseau crede
effettivamente che il popolo conosca ciò che è bene per lui.

I singoli vedono il bene che non vogliono; la collettività vuole il bene che non vede. Tutti ugualmente hanno
bisogno di guida; bisogna obbligare gli uni a conformare la volontà alla ragione; bisogna insegnare all’altra a
conoscere ciò che vuole.

7. Capitolo settimo – Del legislatore

È importante pensare che è il popolo che sa davvero ciò di cui ha bisogno e non ci deve essere nessuno che
con un atteggiamento più o meno altezzoso affermi di saperne più di lui. È ridicolo che qualcuno venga a
dire ciò che è bene per un paese in cui non ha mai vissuto e i cui abitanti nemmeno conosce, sono invece
questi che sanno meglio di chiunque altro cosa è necessario. I politici dovrebbero piuttosto chiedersi dei
mezzi per arrivarci. Chiediamoci: PUO’ ESSERCI QUALCUNO CHE SA MEGLIO DEL POPOLO CHE COSA E’
BENE PER LUI?

Problema di Rousseau: è vero che il popolo conosce il bene, ma bisogna che la volontà di ciascuno si
conformi alla ragione e che riesca ad apprendere ciò che essa vuole. Per questo, dice Rousseau, ci vuole un
legislatore. Il legislatore deve mutare l'uomo, deve fare in modo che il singolo non possa nulla se non
attraverso gli altri. Il legislatore non è una figura che fa parte della costituzione, si trova al di fuori di essa ed
ha il compito di redigere le leggi, ma non ha nessun potere legislativo, né la volontà generale potrebbe
conferirglielo. Rousseau ci spiega che il legislatore è un uomo raro, che ha un compito di immensa
importanza.

Ci vorrebbero degli dei per dare le leggi agli uomini. Ma mentre il principe è un operaio che fa muovere la
macchina, il legislatore è il meccanismo che crea la macchina.

MONTESQUIEU= alla nascita delle società sono i capi delle repubbliche che fanno l’istituzione è
l’istituzione che forma i capi delle repubbliche.
Chi affronta l’impresa di dare istituzioni a un popolo deve sentirsi in grado di cambiare la natura umana; di
trasformare ogni individuo.

(Es: decemviri – 10 uomini della repubblica romana – dicevano che non di ciò che avrebbero proposto al
popolo poteva diventar legge senza il consenso di quest’ultimo. Che i romani potessero essere gli autori
delle leggi alla base della loro felicità).
«Perché un popolo al suo nascere potesse capire le grandi massime della giustizia e seguire le regole
fondamentali della ragion di Stato, bisognerebbe che l'effetto potesse divenire causa (...) che gli uomini
fossero prima delle leggi ciò che devono diventare per opera loro.»

Il legislatore è colui che inventa la macchina politica. Esso sta in origine, quando il popolo deve ancora darsi
delle leggi e deve capire quando è il momento per farlo, cioè quando il popolo sarà sufficientemente
maturo. Ottenere questo, cioè per convincere il popolo, dice Rousseau, non è affatto semplice: ci vuole un
sistema che non sia né la forza e nemmeno il ragionamento. In tutta la storia sono stati usati vari
stratagemmi basati sul divino o sulla superstizione, questi metodi sono ovviamente inefficaci, salvo quando
si abbia a che fare con un popolo superstizioso.
WARBURTON= politica e religione (all’origine delle nazioni) l’una serve di strumento all’altra.

Il legislatore è colui che inventa la macchina politica. Esso sta in origine, quando il popolo deve ancora darsi
delle leggi e deve capire quando è il momento per farlo, cioè quando il popolo sarà sufficientemente
maturo. Ottenere questo, cioè per convincere il popolo, dice Rousseau, non è affatto semplice: ci vuole un
sistema che non sia né la forza e nemmeno il ragionamento. In tutta la storia sono stati usati vari
stratagemmi basati sul divino o sulla superstizione, questi metodi sono ovviamente inefficaci, salvo quando
si abbia a che fare con un popolo superstizioso.

8. Capitolo ottavo – Del popolo

Il saggio legislatore non comincia col redigere leggi buone per sé stesse, ma esamina prima se il popolo a
cui le destina è in condizione di adattarsi ad esse.
I popoli, come gli uomini, sono docili solo da giovani, invecchiando diventano incorreggibili; una volta
consolidati i costumi e radicati i pregiudizi, volerli riformare è impresa rischiosa e inutile; il popolo non può
neanche sopportare che si tocchino i suoi mali per distruggerli, simile a quei malati stupidi e vili che
tremano alla vista del medico.

Lo Stato incendiato dalle guerre civili rinasce dalle sue ceneri e ritrova il vigore della gioventù uscendo dalle
braccia della morte.  Ma sono eventi rari, esse non potrebbero aver luogo due volte presso il medesimo
popolo perché questo può rendersi libero finché è barbaro, ma non lo può più quando la molla della civiltà
è logora. Allora le sedizioni possono distruggerlo senza che le rivoluzioni possano rimetterlo in sesto. E non
appena le sue catene sono spezzate, cade dissolvendosi e non esiste più. Ormai ha bisogno di un padrone,
non di un liberatore. SI PUO’ ACQUISTARE LA LIBERTA’, MA NON LA SI PUO’ MAI RECUPERARE.

C’è per le nazioni come per gli uomini, uno stadio di maturità che devono raggiungere prima di essere
sottomesse alle leggi; ma non sempre è facile capire il grado di maturità di un popolo e un intervento
prematuro comporta sempre il fallimento dell’opera. (Es: Pietro il grande ha per sempre impedito ai suoi
sudditi russi di divenire ciò che potevano essere, persuadendoli che erano ciò che non erano).

9. Capitolo nono – Continuazione

Per ogni corpo politico esiste un maximum di forza che non va oltrepassato, e da cui spesso si allontana a
furia di ingrandirsi. Più il legame sociale si estende più si allenta. Uno stato piccolo è, in proporzione, più
forte di uno grande.

In primo luogo l’amministrazione è resa più faticosa dalle grandi distanze.


Non solo il governo ha meno vigore e rapidità nel fare osservare le leggi.
Il popolo ha meno attaccamento per i suoi capi che non vede mai.
Le medesime leggi non possono convenire a tante province diverse, che hanno costumi diversi.
Leggi diverse determinano solo turbamento e confusione tra popoli.

Uno Stato troppo esteso in rapporto alla sua costituzione sprofonda e crolla schiacciato dal proprio peso.

TROVARE PROPORZIONE + VANTAGGIOSA PER LA CONSERVAZIONE DELLO STATO.

10. Capitolo decimo – Continuazione

Si può misurare un corpo politico in due modi:


- Dall’estensione del territorio
- Dalla consistenza numerica della popolazione

Tra ste due misure vi è la grandezza giusta dello Stato.


Sono gli uomini che fanno lo Stato ed è la terra che nutre gli uomini il rapporto conveniente si ha quando
la terra basta a nutrire gli abitanti e gli abitanti sono tanti quanti la terra ne può nutrire. In tal proporzione
risiede il maximum.
- Se c’è un eccesso di terra la difesa è gravosa (guerre difensive)
- Se la terra non basta lo Stato si trova a dipendere dai vicini per supplire alla scarsezza dei prodotti e
si ha la causa prossima delle guerre di offesa.

Popolo della Corsica è l’unico a ricevere ancora una legislazione.


CONDIZIONI AFFINCHE’ IL POPOLO RISULTI IDONEO PER AVERE DELLE LEGGI:

Essere uniti da un legame d'origine o di interesse.


Non aver già ricevuto delle leggi precedentemente.
Non vi devono essere costumi troppo radicati.
I popoli confinanti non devono essere nelle condizioni di poter invadere il territorio.
Il fatto che gli uomini possano far conoscenza l'uno dell'altro.
L'essere indipendenti dai vicini.

11. Capitolo undicesimo – Dei diversi sistemi di legislazione

Il fine di ogni sistema legislativo è la:


- LIBERTA’= ogni dipendenza particolare è altrettanta forza sottratta al corpo dello Stato
- UGUAGLIANZA= perché la libertà non può sussistere senza questa

Per uguaglianza Rousseau non ne intende una totale, ma una con dei limiti precisi, di modo tale che, ad
esempio, dal punto di vista economico, non ci siano persone troppo povere da essere costrette a vendersi o
con sufficienti soldi per comprare un'altra persona. Si noti, ma lo si vedrà meglio ancora più avanti,
Rousseau critica ogni forma di schiavitù: naturale, di guerra, per debiti.  Lo schiavo naturale non è legittimo
perché ogni uomo nasce libero, quindi un uomo non può essere schiavo solo perché nato figlio di uno
schiavo. Lo schiavo di guerra non è frutto di un contratto alla pari, chi minaccia di ucciderlo decide anziché
ucciderlo senza un guadagno, di ucciderlo con un guadagno. Quando uno schiavo obbedisce ad un padrone
lo fa per necessità della forza, ma non ha nessun dovere ad obbedirgli, infatti il dovere esiste laddove è la
libertà, ma lo schiavo la libertà l'ha persa. Lo schiavo appena può fa bene a ribellarsi. Anche lo schiavo per
debiti perde la sua libertà, quindi non ha dovere alcuno nell'obbedire al suo creditore. La finanza crea
schiavi, la democrazia presuppone uomini liberi, lo ripeterò tante volte: le due si escludono a vicenda,
l'economia del debito va contro la democrazia.

12. Capitolo dodicesimo – Divisione delle leggi

- LEGGI POLITICHE= l’azione dell’intero corpo che agisce su sé stesso; ossia il rapporto del tutto col
tutto, o del sovrano con lo Stato.
- LEGGI CIVILI= rapporto tra i membri fra loro o con l’intero corpo, e tale rapporto deve essere, sotto
il primo rispetto, il più piccolo possibile, sotto il secondo rispetto, il più grande; così che ogni
cittadino si trovi in una perfetta indipendenza da tutti gli altri e in un’estrema dipendenza dalla
città.
- LEGGI PENALI= relazione tra l’uomo e la legge, quella tra la disobbedienza e la pena, che dà luogo
all’istituzione delle leggi penali, che sono più una sanzione di tutte le altre leggi.

Una quarta specie di leggi è stata aggiunta (la + importante) e risiede nei cuori dei cittadini e fa la vera
costituzione dello Stato e lo arricchisce sempre + anche quando le altre leggi vengono meno= COSTUMI,
USANZE e OPINIONI. R. si interesserà solo delle leggi politiche.

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