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MODELLO CONTRATTUALISTA

Moderno rispetto al modello classico (ordine politico finalizzato al vivere bene della comunità)

Tratta la problematica della legittimità dell’ordine statale=il carattere vincolante dell’obbligo politico che ad
esso ci lega. L’obiettivo è creare uno Stato legittimo che merita il consenso razionale di individui liberi ed
eguali che scelgono come organizzare la loro convivenza partendo da una condizione prepolitica: lo “stato di
natura”. Lo Stato è un’istituzione che, qualora non si fosse già data, gli individui avrebbero scelto di darsi.
Quali istituzioni avrebbero scelto? Da quale condizione sarebbero partiti? Quali criteri di razionalità vengono
seguiti per scegliere l’istituzione? Quali sono le caratteristiche strutturali di un ordine politico legittimo?

THOMAS HOBBES (1588-1673) Padre della filosofia politica moderna, prende le distanze dal modo classico di
pensare la socialità e la politica dell’uomo: Aristotele assegna agli uomini una spontaneità nell’aggregarsi tra
loro e conseguentemente una naturale organizzazione gerarchica dettata dai talenti innati di ciascuno.
Hobbes è contrario a queste teorie poiché:
1. Gli uomini sono costantemente in competizione tra loro;

2. Sono dotati di ragione che usano per criticare le decisioni comuni; (conflittualità)

3. Possiedono l’arte della parola –possono far apparire buono ciò che è cattivo e viceversa-.

Eguaglianza: Fisicamente gli uomini sono diversi ma ciò non implica che i più deboli non possano uccidere i
più forti, magari con l’astuzia; e non esistono persone più sagge di altre poiché la saggezza sovviene grazie
all’esperienza, disponibile per tutti. Gli uomini sono e si pensano eguali (ognuno crede nella propria
superiorità) quindi non può essere che “naturalmente” uno si sottometta all’altro.

Conflittualità: (1) conflitto per diffidenza. Nessuno ha la certezza di non essere tradito o ucciso da altri; ognuno
tradisce e uccide preventivamente. (2) conflitto per gloria. Comparazione con gli altri ed affermazione della
propria superiorità è il desiderio maggiore di tutti gli uomini che, per vincere il confronto, entrano in conflitto.
(3) conflitto di diritti. Ognuno è responsabile e giudice della propria autoconservazione; tutti vogliono tutti i
diritti necessari a raggiungere tale scopo=guerra dei diritti.
Lo stato di natura significa quindi guerra, insicurezza e morte e tutti desiderano uscirne. Lo scopo dell’uomo è
di conservarsi la vita quindi razionalmente ricerca la pace: le regole di condotta che, se venissero
universalmente rispettate assicurerebbero la pace sono dette “leggi di natura”, ossia regole generali, scoperte
dalla ragione, che vietano all’uomo di fare ciò che è lesivo della sua vita. Esse quindi vietano all’uomo di
assumere qualsiasi comportamento che nuocerebbe ad altri, conducendo alla guerra.
La legge di natura impone di rinunciare al proprio diritto sopra le cose e di conservare tanta libertà nei
confronti degli altri come se ne concede agli altri nei confronti di se stessi. Purché queste leggi possano
vincolare il comportamento degli uomini, essi necessitano di stringere un patto secondo il quale rinunciano a
tutti i loro diritti ponendoli nelle mani di un sovrano che governerà assicurando la sicurezza e la punizione dei
reati.
Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest’uomo o a quest’assemblea di uomini, alla
condizione che tu faccia altrettanto. La moltitudine così riunita in una persona si chiama Stato. Questa è la
generazione di quel grande Leviatano ossia di quel Dio mortale al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale,
la nostra pace e la nostra difesa.

Con questo patto tra individui si istituisce un potere sovrano e le leggi naturali sono sostituite da leggi
civili/positive (che il sovrano ritiene opportuno emanare). Il sovrano è al di sopra della legge; non esiste potere
superiore al sovrano (potere assoluto). Il sovrano può commettere soprusi poiché egli deve solo sottostare alle
leggi naturali e divine; nonostante questo, lo Stato è comunque migliore della condizione prepolitica. La
libertà dei sudditi si manifesta in tutte le azione che il sovrano non regola. Nel momento in cui il potere statale
non sia più in grado di mantenere pace e sicurezza, perde la sua sovranità e i sudditi non sono più tenuti ad
obbedirvi.

CRITICHE AL PENSIERO DI HOBBES MOSSE DA ROUSSEAU E MARX: l’uomo non è conflittuale nello stato di
natura poiché la conflittualità è una caratteristica propria della borghesia, della società mercantile moderna.
Il rispetto e la fedeltà verso il sovrano e la sua autorità non è effettivo ma dettato dal timore e dall’utilitarismo;
di fatti, non appena esso diventi non più utile, il rispetto viene a mancare. Sarebbe più opportuno trasformare
questo utilitarismo in fondamenti morali, sicuramente più duraturi e stabili. L’uomo deve convincersi
dell’eguaglianza tra cittadini, non crederci per comodità. Consegnare i propri diritti nelle mani di un sovrano
non significa sicurezza garantita bensì un’ulteriore insicurezza. Sarebbe più logico porre il potere nelle mani
dei cittadini (democrazia), non di un uomo particolare. La democrazia, secondo Spinoza e Rousseau, precede
tutte le istituzioni di governo perché i cittadini devono riunirsi comunque per decidere chi mettere al potere.

SPINOZA (1632-1677) Nello stato di natura il diritto di ognuno si estende fino a dove arriva la sua potenza.
Tutti hanno diritto a ciò che è in loro potere: non esiste giusto ed ingiusto, non esiste bene e male. La saggezza
non è naturale negli uomini; piuttosto le passioni e gli affetti che li spingono a provare odio e danneggiarsi gli
uni con gli altri. Per uscire dallo stato naturale, gli uomini devono stringere un patto sociale con tutti gli altri, in
cui rinunciano a tutti i loro diritti per cederli alla collettività e creare lo Stato. L’ordinamento democratico è
quello che maggiormente rispetta la libertà che la natura ha concesso ad ognuno; infatti, tramite il patto, i
cittadini cedono i propri diritti alla maggior parte dell’intera società di cui è membro=continuano ad essere
eguali come nello stato di natura. L’uomo non rinuncia totalmente ai propri diritti naturali poiché esistono
diritti cui l’uomo non può rinunciare senza cessare di essere uomo=l’autorità statale non è assoluta (libertà di
pensiero, parola, insegnamento). Lo Stato deve preoccuparsi del comportamento dei cittadini, non delle loro
idee.

LOCKE (1632-1702) Fondatore del contrattualismo liberale.


POTERE POLITICO: diritto di formulare leggi che contemplino la pena di morte e tutte le pene minori in vista
della conservazione della proprietà. Diritto di usare la forza della comunità per rendere esecutive tali leggi e
difendere lo stato da attacchi esterni. Tutto questo ai fini del pubblico bene.

LA LEGGE DI NATURA: obbliga in modo pieno, non soltanto moralmente. Non c’è un potere istituito che
applichi sanzioni ai trasgressori ma ognuno ha il diritto di punire coloro che attentino tale legge.
Il problema dell’amministrazione della giustizia è il motivo per cui è necessario il passaggio tra stato di natura
a stato civile.

STATO DI NATURA: distinzione tra stato di natura e stato di guerra (non sono la stessa cosa). Lo stato di natura
a sé è condizione di pace, benevolenza, assistenza e difesa reciproca poiché gli uomini vivono insieme secondo
ragione. Lo stato di guerra si ha quando qualcuno vuole governare su qualcun altro, fatto che può accadere in
entrambi gli stati: la differenza è che nel primo non c’è un giudice con delle leggi che puniscono i reati (la
guerra non finisce mai), nel secondo sì (la guerra cessa).

PROPRIETÀ: si intendono proprietà dell’individuo vita, libertà e averi; beni che lo stato ha il compito di
garantire e difendere. La proprietà privata precede lo stato, l’individuo la acquisisce legittimamente senza il
consenso degli altri. Per Hobbes la proprietà viene dopo l’istituzione dello Stato (nello stato di natura tutti
hanno diritto a tutto) ed è il sovrano a scegliere cosa si possa considerare proprietà privata.
Ciascuno è proprietario della propria persona. Di conseguenza è proprietario del proprio lavoro e di ciò che
tale lavoro produce. (coltivo la terra, i frutti sono miei)
Condizioni: che resti abbastanza materiale anche per gli altri perché anche gli altri hanno diritto ad usufruire
della natura per lavorare un prodotto. Che ognuno prenda tanto quanto può consumare, altrimenti si spreca.

La proprietà privata prevale sulla proprietà comune perché il valore dei beni è dato più dal lavoro che non
dalla materia prima. (Ha più valore possedere un frutto che la terra su cui coltivarlo)

LA PROPRIETÀ PRIVATA CREA DISUGUAGLIANZE (proprietari e lavoratori): finché non c’era il denaro, non si
potevano accumulare i prodotti perché marcivano; il denaro è cumulabile infinitamente (capitalismo) quindi
ha più senso possedere terre estese per produrre maggiormente e vendere la eccedenze.

IL CONTRATTO: è sottoscritto dagli individui liberamente (non sono obbligati) che si impegnano a seguire la
volontà della maggioranza. Unendosi in uno Stato, istituiscono il potere supremo : la legislatura . Deve
sottostare a delle regole:
1. Diritti inalienabili. Deve limitarsi a tradurre in legge positiva la legge di natura ed assicurarne il rispetto.
2. Deve governare attraverso leggi generali certe (non temporanee e personali).
3. Non può togliere all’individuo una parte della sua proprietà senza il suo consenso (le tasse per mantenere lo
stato devono ottenere il consenso della maggior parte dei cittadini).
4. Non può trasferire il potere legislativo in mani diverse da quelli cui l’ha affidato il popolo.
Subordinato al potere legislativo è il potere esecutivo che deve assicurare coattivamente l’obbedienza dei
cittadini alle leggi.

ROUSSEAU (1712-1778) Studia la società moderna reale, basandosi sui fatti. Dice che, a scuola studia sui libri
le virtù dello Stato civile e si sente fortunato di far parte di quel mondo ma quando esce dalla scuola si accorge
che tutto ciò predicato sui libri è esagerato e la realtà è molto più deplorevole. Allora si interroga su come sia
stato possibile che da un originario stato di eguaglianza la società si sia trasformata in una struttura di dominio
e oppressione dei potenti sui deboli. L’uomo è nato libero e dappertutto è in catene. E soprattutto come
questa struttura sia potuta sorgere godendo perfino del consenso degli oppressi.
«La fonte prima del male è la diseguaglianza»

STATO DI NATURA: critica le teorie di Hobbes (1) e Locke (2). 1, le caratteristiche che egli affida al popolo dello
stato di natura sono tipiche degli uomini “civilizzati”, corrotti da una civiltà malsana (avidità, desiderio di
gloria). 2, attribuisce allo stato di natura istituzioni caratterizzanti lo stato civile (proprietà privata).

Approccia lo stato di natura da un punto di vista scientifico. L’uomo naturale vive solo in armonia con la
natura, dalla quale ricava ogni sua necessità: non sente il bisogno di passare allo stato civile. Di fatto questo è
determinato solo dall’incontrarsi di molteplici cause esterne che avrebbero potuto anche non verificarsi mai,
lasciando l’uomo perennemente nella sua condizione primitiva (non avrebbe conosciuto l’ineguaglianza
poiché naturalmente gli uomini non sono diversi).

La diseguaglianza nasce dalla proprietà. Il primo che recintò un terreno e trovò persone abbastanza ingenue
da credere che fosse di sua proprietà, fondò lo stato civile. Se qualcuno avesse rimembrato a lui e agli altri che
la terra è comune, si sarebbero evitate molte guerre e miserie al genere umano.
Quando gli uomini abbandonano la vita solitaria per riunirsi in famiglie e villaggi, si sviluppa il confronto,
aumenta in loro l’autostima ed il senso di superiorità = ineguaglianza. L’orgoglio che spinge gli uomini a
competere tra loro non può appartenere all’uomo naturale. Il più bello, eloquente, abile divenne anche il più
considerato e fu il primo passo verso la diseguaglianza e verso il vizio.
La differenza dei talenti sfocia in differenziazione tra padroni e servi. Questo porta alla sopravvalutazione della
ricchezza, unico metro per misurare l’importanza nella società, rendendo gli uomini tutti nemici. La società
non ancora politicamente organizzata si riduce in una condizione di confusione e conflitto: stato di guerra.
Qui i ricchi propongono ai poveri un contratto per unirsi politicamente sotto un ordinamento legislativo che
difenda i deboli dai soprusi e garantisca ai ricchi il godimento delle loro proprietà; patto iniquo che i poveri
stipulano ingenuamente, privandosi della loro libertà naturale e legittimando la proprietà quindi
l’ineguaglianza.

LA SOCIETÀ: è una dimensione di alienazione poiché l’uomo perde la vera consapevolezza di se stesso e si
guarda solo attraverso il riflesso negli occhi degli altri.

IL CONTRATTO: tutti gli individui alienano completamente i loro diritti in favore del corpo politico che essi
stessi costituiscono (scopo di preservare i diritti di tutti e allo stesso tempo istituire un ordinamento politico).
L’uomo quindi rinuncia al proprio diritto di autogovernarsi ed accetta che gli altri abbiano diritto su di lui ma
anche lui ha diritto sugli altri quindi non perde la libertà. Questa ora è messa in comune ed è tutelata da tutto
il corpo politico=libertà assicurata.

UGUAGLIANZA: vuol dire che nessun cittadino può imporre la propria volontà su un altro; non esistono
persone così ricche da potersi comprare altre e persone così povere da essere costrette a vendersi.

KANT (1724-1804) L’uomo kantiano: è socievole ed insocievole allo stesso tempo. Ha una naturale tendenza
ad associarsi perché solo nella società può sviluppare le sue disposizioni naturali; altrettanto facilmente si
dissocia perché vuole comandare tutto secondo i propri piani e dato che sa che anche gli altri sono come lui,
diventa molto competitivo e determinato, per questo è antisociale nel sociale perché per prevalere sugli altri
bisogna relazionarsi con essi.
La corruzione e l’egoismo sono aspetti naturali dell’uomo: da un legno così storto non si può fare nulla di
completamente dritto. Senza questi aspetti, però le capacità dell’uomo rimarrebbero racchiuse, vivrebbero di
concordia ed amorevolezza, non si distinguerebbero dagli animali domestici.
La competizione è quindi il mezzo attraverso il quale giungere ai valori (razionalità, cultura, ricchezza). La
competizione e necessaria al progresso.

Kant tollera una disuguaglianza delle condizioni economiche purché a nessuno sia impedito di riuscire con il
proprio merito ai più alti gradi della gerarchia sociale.

LO STATO DI NATURA Non è altro che stato di guerra; lo stato di pace deve essere istituito grazie alle leggi che
permettono agli individui di garantirsi sicurezza vicenda. Nello stato di natura sono già vigenti i rapporti di
diritto privato tra individui, in modo provvisorio. Quindi dal diritto privato presente nello stato di natura si
raggiunge il diritto pubblico dello stato civile in cui vige la giustizia distributiva. Uscire dallo stato di natura è
un dovere, per questo chi è entrato nello stato civile ha il diritto di costringere a farne parte anche chi non
vorrebbe entrarci.
Costituire uno Stato un dovere giuridico o morale? È un dovere morale uscire dallo stato di ingiustizia ma
giuridico nel momento in cui chi fa parte dello stato civile ha il diritto di costringere gli altri a farne parte.

IL DIRITTO: La funzione del diritto è quella di regolare la relazione tra una pluralità di arbitri ordinando il
modo della loro coesistenza affinché ognuno possa esplicare il proprio arbitrio tanto quanto è possibile
coesistendo con l’ esplicazione dell’arbitrio altrui.
Qual è il giusto ordinamento giuridico? Lo stato giuridico si deve fondare su principi che vengono prima di ogni
legge che lo Stato possa emanare poiché sono la struttura della costituzione dello Stato secondo principi
razionali: libertà, eguaglianza, indipendenza.

Le libertà che uno Stato deve garantire sono: i diritti che riguardano l’uso pubblico della propria ragione; il
diritto di ciascuno di ricercare la propria felicità come meglio crede purché non violi i diritti altrui.
Il diritto di fare uso della propria ragione include criticare pubblicamente con gli scritti le dottrine religiose e le
autorità politiche: queste critiche non sono mai riconducibili a disobbedienza delle leggi dello Stato poiché
strumento essenziale per trasformare e riformare le menti. Ciò si traduce quindi con libertà di religione,
pensiero, critica pubblica: qualsiasi tentativo del potere sovrano di limitarli sarebbe illegittimo. Compito dello
Stato è di garantire le condizioni perché ognuno possa ricercare il suo benessere e la sua felicità come meglio
crede: «nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo». Per Kant la distinzione più importante non
riguarda chi deve governare ma come: secondo leggi o secondo arbitrio. Sul concetto di divisione dei poteri
Kant concorda con Hobbes poiché è convinto che per evitare il dispotismo è necessario suddividere i poteri
legislativo, esecutivo e giudiziario.

Per Eguaglianza si intende l’ uguaglianza di fronte alla legge vale a dire la negazione dei privilegi ecclesiastici,
feudali e nobiliari in modo che a nessuno sia impedito di accedere alle posizioni migliori.
Con indipendenza intende dire che i cittadini che devono obbedire alle leggi hanno diritto di esserne essi stessi
autori tranne per quanto riguarda il potere legislativo che spetta esclusivamente a coloro che sono
indipendenti anche nella loro vita economica, ossia che possiedono un capitale che consente loro di
mantenersi. I Cittadini indipendenti sono il proprietario, l’artigiano che sono stabili finanziariamente e che
quindi non dipendono dal un datore di lavoro (non c’è il rischio che, andando al potere, emanino leggi a
favore del padrone). La legge la quale tutto il popolo darebbe il suo consenso è una legge razionale e
universale ispirata all’unico principio di garantire il rispetto della libertà di ciascuno.
Il pensiero politico di Kant tiene insieme il principio liberale dell’ autonomia dell’individuo e quello
democratico della sovranità del corpo collettivo dei cittadini.

SOCIETÀ CIVILE E STATO


Il contrattualismo rappresenta l’ ascesa sociale della borghesia; durante la Rivoluzione Francese, invece,
l’obiettivo cambia: ormai acquisiti i principi di libertà e uguaglianza che fanno da bandiera alla RF, bisogna
adesso consolidare questi principi cercando allo stesso tempo di limitare la sovranità popolare che era
diventata terroristica nella fase giacobina della rivoluzione. Unendo queste due caratteristiche si sarebbe
raggiunto un nuovo pensiero politico.
Il liberalismo post-rivoluzionario mantiene la connessione con l’ 89 ma allo stesso tempo tiene a mente i
possibili rischi:
-La sovranità popolare che si trasforma in dittatura popolare
-L’uguaglianza politica prosegue con l’eguaglianza sociale, come già successo durante la rivoluzione con le
prime forme di comunismo. Questo rischio è inevitabile poiché se la maggioranza che vive in condizioni
economiche disagiate avesse accesso a diritti politici, li utilizzerebbe a favore di leggi che portino alla
redistribuzione della proprietà e alla soppressione dei privilegi economici.

BENJAMIN CONSTANT (1767-1830) si muove nel periodo della rivoluzione: opera perla difesa dei principi di
uguaglianza e libertà su due fronti:
1. Contro i giacobini che hanno stravolto i principi dell’89 instaurando una dittatura.
2. Contro i nostalgici della monarchia che usano come pretesto la dittatura giacobina.
Nel pensiero di C c’è la necessità di limitare il potere politico che altrimenti si trasformerebbe in tirannia.
Egli sostiene in accordo con Rousseau che l’unica fonte dalla quale può nascere un’autorità legittima è la
volontà dei cittadini. Nonostante ciò bisogna stabilire dei limiti, cosa che Rousseau non aveva fatto.
C pensa che i diritti ceduti al corpo comune non vengono in realtà conservati perché chi governa è sempre
solo una parte del popolo; questo vuol dire che il potere illimitato è in ogni caso tirannia.
C limita il potere attraverso la sua divisione: “un potere può essere limitato solo da un altro potere“ e
stabilisce la competenza di ognuno di essi, ossia gli ambiti in cui può esercitare senza intaccare le scelte
dell’individuo: deve infatti preoccuparsi solo di ciò che riguarda la società civile cioè sul piano esterno
l’organizzazione di una forza armata per difendere lo Stato, sul piano interno la sicurezza dei cittadini e della
loro proprietà.
Sono ritenuti cittadini soltanto coloro che conoscono i propri interessi e dispongono di una cultura e del
tempo libero per poterla coltivare e posseggono proprietà.
La libertà secondo gli antichi e secondo i moderni ha due concezioni diverse: i primi ritengono che l’individuo
libero è colui che può partecipare alla vita politica; i secondi ritengono invece che l’individuo è libero quando
possiede una proprietà. Perché questa differenza? Gli Stati moderni sono di grandi dimensioni quindi
l’individuo conta poco inoltre la vita politica distrae dagli affari e dal commercio. Ma senza la libertà politica
non esisterebbe libertà individuale: se i cittadini non controllassero il potere politico, questo finirebbe per
privarli anche di quei godimenti privati cui essi tanto tengono.

ALEXIS DE TOQUEVILLE (1805-1859) liberale forgiato dalla sua esperienza in USA, vuole mettere in guardia
circa i rischi dello sviluppo della democrazia sulla libertà dell’individuo, che si trova sempre più sottomesso alla
tirannide della maggioranza. Il rischio principale è l’individualismo.
La democrazia ha un potere inarrestabile: essendo fondata sull’eguaglianza, comporterebbe che la
maggioranza (povera)dei cittadini partecipi alle decisioni politiche => deputati influenzati dall’opinione
popolare; leggi soggette a mutamenti frequenti (illimitate) =>espansione potere popolare che regola anche il
potere giudiziario ed esecutivo =>tirannide; decadenza dell’individuo.
Dispotismo mite: Toc prevede una folla di uomini uguali intenti a procurarsi solo piaceri piccoli e volgari per
soddisfare i propri desideri (uomini chiusi nel loro individuale).
Tendenza contraria: rivitalizzazione della libertà politica e della partecipazione civica: gestendo gli affari
pubblici, rinasce l’interesse al bene pubblico e si riaffermano i legami sociale che l’individualismo minaccia.

JOHN MILL (1806-1873) liberalista radicale. Riprende le idee del padre James Mill e del utilitarista Jeremy
Bentham. Mentre quest’ultimo poneva come fine ultimo la felicità individuale per il maggior numero di
persone, Mill capisce che la felicità degli individui non può ridursi alla ricerca del benessere strettamente
individuale bensì può essere raggiunta più facilmente contribuendo alla felicità altrui o ambendo allo sviluppo
delle facoltà umane. Non tutti i piaceri umani sono uguali; l’errore dell’utilitarismo sta nell’evitare questa
distinzione
Critica il capitalismo perché si basa su una distribuzione ineguale della proprietà ma difende il principio della
libera concorrenza sebbene non creda che lo sviluppo, l’accumulazione e la lotta concorrenziale debbano
continuare all’infinito=>giungerà uno stato stazionario.
Anticonformismo: nella sua opera più famosa On liberty delinea dei limiti al potere statale: esso non può
vietare alcuna azione all’individuo se essa non reca danno agli altri. [Non è facile decidere cosa è dannoso per
gli altri e cosa no: dipende dalla società e dall’epoca.] Il potere politico che pretendesse di vietare la pubblica
espressione commetterebbe un danno all’umanità.
La pretesa di una certezza assoluta delle proprie idee dovrebbe essere estranea ad ogni uomo di buon senso:
molte idee ritenute certissime in passato si sono rivelate assurde=> se l’opinione che è stata vietata perché
ritenuta falsa si scoprisse in futuro vera, la proibizione sarebbe un ostacolo per la ricerca del vero =>non c’è
progresso verso la verità senza discussione, così come non c’è progresso sociale se membri dei diversi ceti
sociali non hanno egualmente la libertà di esprimersi.
Stesso concetto si applica sugli stili di vita: se non ci fosse la libertà per ognuno di sperimentare modi di vita
eterodossi, sgraditi al conformismo e al potere statale, non ci sarebbe modo per gli uomini di confrontarsi e
magari scoprire modi migliori per raggiungere la felicità.
Voto plurimo: è dannoso che la Costituzione debba dichiarare che l’ignoranza abbia diritto al potere politico
quanto l’istruzione (classista) QUINDI escogita l’espediente per evitare la “legislazione di classe” secondo cui
manterrebbe il principio democratico distribuendo un voto per ogni cittadino MA attribuendo ai cittadini
acculturati più voti. =>tentativo di tenere insieme liberalismo, socialismo, democrazia.

HEGEL (1770-1821) La definizione di Kant della libertà (giuridica + morale) non è abbastanza per pensare il
concetto di libertà. Essa deve essere il fruire delle condizioni e rapporti oggettivi che consentano all’individuo
l’autorealizzazione in base alle proprie inclinazioni e alle proprie capacità. (eticità=libertà attuata in concrete
istituzioni: famiglia, società, Stato)
Contro il contrattualismo: lo Stato viene prima dell’individuo.
Famiglia: naturale dedizione ad un bene comune.
Società civile: si afferma la separazione degli individui=>persone private dedite alla soddisfazione dei propri
desideri. Si generano il progresso e la civiltà grazie al lavoro, sviluppo delle macchine, rapporti di scambio.
«L’egoismo soggettivo si rovescia nel contributo all’appagamento dei bisogni degli altri»
Contro il liberalismo: la concorrenza sfrenata produce una diseguaglianza eccessiva nella società (plebe) per
questo lo Stato necessita di istituzioni che abbiano come obbiettivo quello di operare nel senso del bene
comune e solidarietà.
-Polizia: armonizzare gli interessi di produttori e consumatori, sorvegliare educazione, svolgere per i poveri le
funzioni che la famiglia non può adempiere.
-Corporazione: riunisce gli appartenenti ad un ceto sociale o professione svolge il ruolo di seconda famiglia per
gli associati. I ricchi devono contribuire all’opera della corporazione a favore dei poveri).
Stato: dove la libertà si attua e si esplica pienamente e al tempo stesso costituisce la premessa e la
precondizione della famiglia e della società civile; rifiutando le tesi di Rousseau e del Contratto sociale, Hegel
intende lo Stato non come l’accordo di volontà individuali, ma quale realizzazione della volontà razionale, e
quindi, nel suo schema complessivo, della volontà universale. Così Hegel descrive il passaggio il “trapasso”
dalla società civile nel “fine universale” dello Stato: «Il fine della corporazione [e cioè, della società civile]
siccome limitato e finito ha la sua verità [...] nel fine universale in sé e per sé e nella realtà assoluta di esso; la
sfera della società civile trapassa pertanto nello stato.» i singoli sono liberi come privati e come parte del
legame con tutto. Il bene comune è la condizione primaria della sua soggettiva autorealizzazione =>l’ind
assume l’interesse della generalità come proprio=>l’interesse dello stato non si impone, oggettivo, ma si
media attraverso l’operare consapevole dei cittadini.

MARX (1818-1883) La società civile è dove i privati perseguono i loro interessi particolari: disuguaglianza di
denaro, proprietà, cultura, ceto. Questa diseguaglianza di condizione non si riflette nella politica, nell’età
moderna (post RF). La RF non sopprime l’ineguaglianza sociale ma il significato politico di essa.
Qual è il rapporto tra queste ineguaglianze?
Differenza tra i diritti dell’uomo e i diritti del cittadino Sulla questione ebraica.
Il giacobinismo pretende un superamento illusorio di entrambe le diseguaglianze=> lo stato politico non può
sopprimere le ineguaglianze della società civile perché esso non è che la sua altra faccia complementare (lo
Stato si crea sulla base dell’ineguaglianza).
La contraddizione tra eguaglianza politica ed ineguaglianza sociale si può superare solo con l’eliminazione di
entrambi i termini, attraverso una democrazia integrale che instauri la comunità a partire dal lavoro e dalla
realtà e non solo in ambito politico, astratto e posto accanto alle ineguaglianze reali.
Il potere politico separato dalla realtà deve essere soppresso=> il proletariato lo sostituisce ed usa per
eliminare le differenze di classe. L’obiettivo del proletariato è di partecipare alla rivoluzione democratica
rendendola permanente ossia trasformandola in rivoluzione sociale.
L’episodio insurrezionale della Comune di Parigi ispirò Marx ad elaborare un nuovo modello politico, in cui il
potere viene esercitato direttamente dal popolo a livello locale o attraverso delegati che percepiscono salario
dagli operai e possono essere spodestati in qualsiasi momento. (autogoverno)
Visione della società come libera associazione di produttori dal momento in cui la ricchezza collettiva si sta
sviluppano oltre ogni immaginazione: da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni.

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