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porre in antitesi alla situazione di fatto costringendo il destinatario della norma al rispetto non delle regole
spontaneamente sorte, ma di quelle imposte. La funzione e da un lato, conservare le situazioni preesistenti
nella società dall'altro, trasformare l' esistente modificando la società. L'attività del legislatore e quindi
sempre valutabile sotto il duplice aspetto della funzione di conservazione o trasformazione della realtà.
58:Il diritto e struttura della società cioè della sua cultura e quindi non è modificabile con un atto arbitrario,
anche se di natura legislativa. E da superare l'idea del diritto come sovrastruttura , piuttosto è da preferire:
il diritto come struttura della società cioè dialettica fra scienze sociali e diritto.
59: la storia ci fa comprendere che, ogni qual volta il potere legislativo si pone a di al di sopra e al di fuori
della legge inizia un regime autoritario. L'interprete, anzi giurista può rispettare la norma oppure se io
pensa che la norma sia ingiusta o moralmente illecita decidere di rifiutarne si di svolgere la propria
professione. Il giurista è colui che interpreta, individua e applica le leggi , ma qualora le dis applicasse
svolgerebbe in attività storicamente meritevole , ma non propria. La funzione del giurista e complessa in
quanto, la sua valutazione coinvolge un insieme di aspetti sia ideologici e politici, sia sociali ed etici. Quindi
la valutazione della norma giuridica può porsi anche in antitesi rispetto alla societa.in questo caso il giurista
deve valutare il fatto che si è naturalmente svolto in base alle regole principi dell'ordinamento.
60:l'insieme dei valori, beni ed interessi qualificano il tipo di ordinamento. Il nostro ordinamento è
costituito da leggi e codici che sono espressione di un ideologia diversa da quella attuale, infatti il codice di
civile e stato redatto nel 1942, ma il problema dell' applicabilità si risolve con la consapevolezza che
l'ordinamento è unitario. Quindi la singola controversia va considerata sia alla luce dell'articolo di legge che
la contiene la risolve, sia la luce dell'intero ordinamento e dei suoi principi. La norma costituzionale vigente
invece, si colloca in una situazione di supremazia infatti può essere modificata soltanto con una
maggioranza qualificata del Parlamento. La Corte costituzionale all'ufficio di dichiarare l'eliminazione di con
l'avvento dello Stato moderno assoluto tutti gli atti aventi forza di legge che siano in contrasto con i principi
costituzionali.
61:; secondo una parte della trina sarebbe inutile utilizzare la norma costituzionale come strumento
ermeneutico all'interno del caso concreto, questa stessa teoria si contraddice nel momento in cui pone
aprioristicamente la centralità di una norma rispetto ad un'altra , finendo così con il far violenza non
soltanto sulle origini storiche ideologiche dell istituto ma anche della lettera dello stesso. Invece si è
proposto di leggere in chiave classista una costituzione interclassista e pluralista, con lo scopo di
neutralizzare la proprietà privata l'iniziativa economica nonostante le garanzie costituzionali, di ravvisare
nei diritti fondamentali del cittadino e dello sviluppo della persona, espressioni libere libertarie e
tendenzialmente illimitate. L'assetto sociale da considerare sotto due profili: l' avere attiene alle strutture
economiche produttive , racchiude la problematica della proprietà e dell iniziativa economica privata . Altro
aspetto e quello dell'essere: riguarda l'aspetto esistenziale della persona , dei diritti fondamentali come il
lavoro lo studio , una vita libera e dignitosa. La risposta degli ordinamenti al contrasto fra le due categorie è
quella di aver preferito avere o essere a seconda delle epoche storiche.
62:la codificazione in Europa, nasce per ragioni storiche: l'abbattimento del sistema feudale che, con la
molteplicità delle fonti e l' eterogeneità delle norme creava incertezza. Alle consuetudini si affiancano le
fonti più diverse che rendevano eccessivamente gravosa la conoscenza del diritto e facile l' arbitrio del
giudice.Con l'avvento dello Stato assoluto e la divisione dei poteri si abbandona la tradizionale fonte
romanistica del corpus iuris di giustiniano, per dettare delle regole precise e leggi spirata di una visione
stradale nazionalista punto ma solo con la rivoluzione francese sia realmente il primo codice civile fondato
su una tradizione giurisprudenziale e teorica.
63: In Italia vi erano diversi scuole contrari alla codificazione, ma nonostante ciò nel 1865 sia il cosiddetto
codice dell'unità d'Italia . Esso si basava sulla falsariga di quello francese ; Poneva al centro la proprietà
privata e su di essa basava la disciplina della famiglia e delle successioni per causa di morte, i contratti
divenivano un mero strumento di acquisto della proprietà privata. Invece, con il codice del 1942 si pone al
centro l'impresa e l'attività produttiva, la regolamentazione del lavoro e della famiglia si ispirano al
produttivismo . Interventismo dello Stato sui rapporti economici viene giustificato dall' interesse superiore
della nazione alla solidarietà economica.
64: con l'elaborazione della carta costituzionale istituzioni prende il sopravvento. Nasce la cosiddetta
coscienza democratica , dove la codificazione fascista viene depurata dal corporativismo ed adattata alla
forma della Repubblica , così il suo contenuto va lentamente mutando e adeguandosi alla nuova realtà
costituzionale.
65:il primo ventennio della democrazia si caratterizza per la riorganizzazione stato senza eccessive di forme
e al superamento dello squilibrio territoriale fra nord e sud. Non viene considerata la proposta di una nuova
codificazione, piuttosto si procede con legislazioni speciali e novelle al codice. Una svolta decisiva sia nel
1964 con la sottrazione all' autonomia negoziale nel settore dei rapporti agrari in favore di una tipizzazione
dei relativi contratti. Giungono le lotte degli anni 70 e dei lavoratori che culminano con dello statuto dei
diritti dei lavoratori. Ma è anche la fase di altri grandi riforme i materie del diritto dello studio, salute e
abitazione. Altre riforme di particolare rilievo sono quelle del settore sanitario, disciplina del trattamento
dei dati personali, la cosiddetta legge Biagi, il codice del consumo.
66: parlare di decodificazione non implica la perda di un fondamento unitario dell'ordinamento.
L'interprete deve essere in grado di individuare i principi della legislazione speciale e ridurli all'unità del
sistema. Il rispetto dei principi fondanti della Repubblica rappresenta il passaggio essenziale per stabilire un
corretto rapporto fra potere dello Stato e potere dei gruppi , potere economico e diritti degli emarginati o
degli ultimi. Un segnale in tal senso si ravvisa nel ritorno ai testi unici e nella codificazione per settori.
67: in un momento di trasformazione anche l'ordinamento si presenta dinamicamente, così è possibile
ravvisare che le norme si ispirano a diverse visioni del mondo appunto la stessa costituzione è espressione
di un insieme di forze politiche che si ispirano ad opposte ideologie e , eppure trovano un punto di
confluenza cioè un compromesso. L'individuazione della matrice ideologica aiuta gli interpreti a
comprendere il ruolo della norma nel sistema. Il pluralismo costituzionale quindi, si colloca nell ambito di
precise stanze sociali e politiche.
68: nello stato moderno scaturito dalla rivoluzione francese vi è un ordine dei diritti quesiti cioè dello status
quo; lo stato ha la funzione di mantenere l'ordine così com'è pronto nello stato di polizia virgola in cui si
identifica il codice del 1865 e significativa la differenza tra espropriazione cioè il cedere il bene allo stato
nelle ipotesi di necessità impellente ed inevitabile punto nella medesima terminologia si rispecchia anche
un indebolimento del diritto di proprietà quando costituisce ostacolo alla realizzazione di un interesse
pubblico. Nel codice del 42 la visione strettamente economistica da valore all' interesse superiore della
produzione. Le limitazioni e restrizioni della proprietà dell impresa si giustificano nella esigenza di
produzione dello Stato.
69: vuol dire: privilegiare per il giurista l'angolazione dalla quale l'interprete e il giudice si pongono nel
momento in cui sono chiamati a risolvere il caso concreto. e parte dell'ordinamento giuridico tutto ciò che
concorre ad ordinare una comunità organizzata di persone virgola non c'è società senza diritto. Braccia
discendono una serie di corollari , propedeutici allo svolgimento dell' indagine: la storicità della società e la
storicità del diritto sono un tutt uno. Il diritto coincide con la società. Il diritto che la totalità dell esperienza
giuridica è necessariamente complesso. La complessità del diritto esige che la sua analisi non disperda la
sua necessaria unitarietà. Questa unitarietà e sintesi individuabile solo nell effettività della sua applicazione.
70: distinguiamo diverse complessità: può essere uniforme e quindi senza ricorso a livelli normativi diversi,
composita: articolata su più livelli secondo un meccanismo di rango inferiore-superiore di norme. Poi la
complessità composita può essere rigida e quindi non consente interazione fra i livelli, flessibile ovvero con
una ripartizione fra principe regolamentazione che riconosce competenze articolate specifica materia. La
complessità flessibile caratterizza il vigente ordinamento italiano, dove la stessa sussidiarietà si atteggia a
regola di competenza. Inoltre, la complessità può essere chiusa quindi un sistema per definito nelle sue
fonti di esclusive, oppure aperta a principi e regole accreditate in altri paesi punto tale complessità aperta
caratterizza il sistema italiano con l'articolo 10 comma 1 della costituzione.
71 punti l'ordinamento giuridico e complesso perché: l'impatto con il sistema socio culturale di
appartenenza e un aspetto strutturale e quindi , realmente contenutistico del diritto. Società e cultura
vivono nel momento applicativo e creativo dell'ordinamento ; Anche attraverso la cultura degli operatori
giuridici. Tale complessità caratterizzata della dinamica dell'ordinamento giuridico , attiene sia alla fase
fisiologica delle vicende umane giuridiche , quanto a quella patologica della controversia del processo. La
cultura intesa come insieme di valori etici, religiosi, tecnologici funge da parametro esterno ma anche da
contenuto del sistema medesimo. La dinamicità dell'ordinamento intesa nel duplice senso sia
incrementativo delle regole sia condizionato dall' evolversi delle esigenze delle abitudini , come i problemi
d'attualità e le possibile soluzioni. Questa dinamicità rappresenta le l'aspetto più interessante cioè quello
procedimentale.
72: la complessità dell ordinamento dipende dal tipo di istituzioni esistenti e dai poteri che la governano .
Produzione della legge produzione della decisione sono una vicenda inscindibile che realizzano la sintesi del
bilanciamento tra valori legali contenuti nella legge e la realtà fattuale. La complessità dell ordinamento nel
suo momento ermeneutico, cioè realizzarsi come ordinamento del caso concreto : non può che essere
unitario, ed e quindi quell insieme di principi e regole applicati ed individuati dal giudice. L'ordinamento
anche se il risultante da una pluralità di fonti e componenti non può che essere uno, non deve confondersi
l' unitarietà dell'ordinamento con la pluralità delle fonti. L'ordinamento realmente vigente e l'insieme degli
ordinamenti dei casi concreti , quindi esclusivamente in quanto individuato ed applicato ai fatti e agli
accadimenti. Al fenomeno giuridico non può sottrarsi la complessità della fattualità virgola che è una sua
componente essenziale.
73: le norme ordinarie sono concepite per fattispecie astratte ma determinate, ed i principi comuni sono
desumibili da semplici generalizzazioni. La natura derogabile o inderogabile , eccezionale o normale è il
frutto di un interpretazione assiologica e sistematica. La qualificazione del fatto concreto e aspetto costante
ed indeterminabile del fenomeno normativo , assumono un ruolo più convincente la prassi e gli atti
normativi Di enti esponenziali come le autorità amministrative indipendenti , le quali concorrono ad
integrare il sistema con l'apporto concreto e fattuale ad un approccio casistico o settoriale.
74: la derogabilità delle norme è individuabile solo nel contesto dei principi costituzionali che caratterizzano
l'ordinamento. I principi costituzionali espressi mediante riferimenti espliciti sono il fondamento di un
sistema concepito gerarchicamente, assiologicità e razionalità costituiscono le caratteristiche comuni della
costituzione e dell'ordinamento giuridico. L'interpretazione logica, assiologica e sistematica è un dato che
riguarda l'intero ordinamento, l'unità logica sulla quale fondare l'interpretazione sistematica è data dall
incontro tra la teoria dell'interpretazione e l’ordinamento inteso nella sua unitarietà, in quanto
l'interpretazione sistematica postula valutazioni che non possono non ispirarsi a valori posti a fondamento
dell'ordinamento , si che il singolo enunciato legislativo diventa norma quando letto e conformato al
l'intero ordinamento in dialettica con i fatti storici concreti , ed i rapporti individuali e sociali. L'introduzione
da parte della costituzione dei valori normativi nel diritto positivo non può non incidere sul piano dei
comportamenti, in quanto i valori costituzionali sono valori reali , anche se connotati da una forte idealità .
Gli stessi valori costituzionali, in quanto valori pratici, posseggono l' attitudine a realizzarsi mediante
l'azione e quindi sul terreno della prassi ; per questa loro attitudine sono valori reali. E’ incontestabile che i
valori costituzionali prevalgono sui valori legali , la gerarchia delle fonti si riflette sulla gerarchia dei valori.
Nell’entrare a far parte del diritto positivo i principi fondamentali non perdono il loro carattere ottativo, il
che consente di mantenere le distanze dalle norme comuni e di porsi come modello a traguardo del loro
perfezionamento, traguardo spesso destinato a rimanere inattuato. L' ottativo dei principi costituzionali e
pur sempre categorico, almeno per quanto riguarda i diritti inviolabili e i valori fondamentali che non
possono avere una diretta efficace attributiva o prescrittiva.
75: il rapporti fra i principi costituzionali e le regole ordinarie si basano su una coessenzialità strutturale
ovvero una completa integrazione : la norma è norma di un medesimo ed unico sistema. Tra le complessità
e data dalla necessità di elaborare assetti diversi, rispondenti a quei valori appartenenti al sistema globale.
Tali norme vanno interpretate in maniera sistematica : dove l'interpretazione sistematica tra i suoi
argomenti dal presupposto che le norme di un ordinamento costituiscono una totalità ordinata.
76: la complessità dell ordinamento è data anche dalla presenza di norme provenienti da fonti esterne. Si
delinea così una suddivisione del diritto positivo dove da un lato, vi sono le norme di fonte interna integrate
con i principi comuni, dall'altro lato fonti esterne che si reggono su principi diversificati da quelli del
sistema interno. Questa impostazione dualistica attiene alla diversità delle fonti , ma non all' ordinamento.
Infatti, insiemi normativi esterni sono definiti come complementari all' ordinamento italiano , seppur dotati
di propria autonomia sono parte integrante del diritto positivo e si unificano i principi costituzionali di
vertice. Quindi le norme di origine esterna devono essere applicate dal giudice in quanto parti essenziali e
caratterizzanti dell ordinamento italiano . L'ordinamento anche se complesso è uinificato da principi valori
irrinunciabili che rappresentano l'identità della Repubblica.
77: ulteriore precisazione in merito alle fonti sovranazionali e che, queste contribuiscono ad arricchire
l'ordinamento nazionale. Infatti, valgono nel nostro ordinamento anche i principi di diritto internazionale
generalmente riconosciuti, si tratta di un adeguamento diretto che trova un riscontro costituzionale nell
articolo 10. La concezione unitaria del nostro ordinamento tende a realizzare un’integrazione fra questi due
fonti, cioè interna ed esterna. Le norme comunitarie si immettono direttamente nel nostro ordinamento
neutralizzando le disposizioni incompatibili, salvo che non siano in contrasto con i principi costituzionali. In
norme comunitarie non spiegano alcun tipo di condizionamento o ermeneutica, ma hanno un
condizionamento di efficacia punto la Corte costituzionale si riserva di esprimere il controllo di legittimità
delle norme provenienti da fonti sovranazionali, quali atti aventi forza di legge.
78: L’interpretazione normativa in funzione applicativa ed il controllo di legittimità costituzionale non
configurano due sistemi normativi. E’ vero che le due attività si svolgono diversamente infatti,
l'interpretazione che mira ad individuare l'applicazione della norma nel caso concreto è diversa da quella
effettuata per individuare la legittimità di una norma, si parla quindi di dualismo ordinamentale. L' invocato
dovere del giudice ordinario di obbedire ai principi prescritti nelle leggi è del tutto incompatibile con la
necessità che in tale operazione ermeneutica il giudice coinvolga anche i principi costituzionali, il giudice
ordinario ha come oggetto diretto della sua attività interpretativa le sue norme ordinarie e non quelle
costituzionali. Tale dualismo quindi comporta l’inapplicabilità diretta delle norme costituzionali da parte del
giudice.
79: nel nostro ordinamento le norme costituzionali hanno una posizione centrale, dove la centralità è data
dal loro ruolo nel sistema. Queste norme devono essere caratterizzate da un' astrattezza al grado giusto,
cioè devono essere in grado di entrare automaticamente in applicazione al verificarsi di una determinata
situazione di interesse. I principi costituzionali sarebbero applicabili ma solo con la mediazione girano ormai
ordinaria punto il problema resta quello di conciliare questa affermazione con la percettività dei principi
costituzionali. La centralità corrisponde alla supremazia.
80: la complessità dell ordinamento trova conferma dell'interpretazione sistematica la quale richiede l'
adeguamento della norma ordinaria a quella costituzionale, e solo qualora questo adeguamento non fosse
possibile si ricorre al giudice delle leggi. Non è possibile separare le fasi dell’unitario processo ermeneutico,
cioè prima interpretazione della norma con norme dello stesso livello, e poi con i principi costituzionali. Il
controllo di conformità costituzionale è un imperativo categorico per ogni norma. Resta esclusa
un’ermeneutica che faccia perno sugli articoli 12 e 14 delle preleggi, abbandonata quindi quella
interpretazione strettamente linguistiche grammaticale riconosceva nella forma o limite invalicabile.
81: secondo l' approccio sistemico dualistico l' analogia iuris può utilizzare solo principi generali ed
escludere quelli costituzionali. Tale tipo di interpretazione non appare coerente con quella sistematica e
assiologica , infatti se vi fosse una lacuna il giudice ricorrerebbe ai principi costituzionali. La teoria
dell’interpretazione che è volta a chiarire i significati delle norme, al fine di riuscire attrarre una soluzione
congrua, combina e collega le disposizioni più varie, provenienti da rango diverso anche quello
costituzionale.
81: equità, ragionevolezza e proporzionalità, assumono funzioni e significato nel sistema costituzionale. I
principi di rango ordinario, comunitario e costituzionale non sono separati in modo netto, ecco perché
incidono tutti sull’equità e sulla ragionevolezza, quindi questi criteri si ricavano dallo stesso ordinamento.
Per equità intendiamo un bilanciamento di valori, strumento di proporzione e ragionevolezza e non può
che essere concepita se non in conformità a norme imperative inderogabili. Se si riconoscesse che
l'esercizio del potere equitativo deve osservare la costituzione, e si invoca la gerarchia delle fonti per
sostenere che i giudizi equitativo debba osservare anche le norme comunitarie, si potrebbe configurare l'
equità come sostitutiva della norma ordinaria. In tal modo se avrebbe la costruzione di due distinti
ordinamenti quello positivo e quello fondato su valori e obiettivi sociale. Nè vale addurre che il giudizio di
equità, non sarebbe suscettibile di tradursi in criteri generali validi per una serie indefinita di casi, non si
può escludere che da una serie di giudizi equitativi motivati non possono enuclearsi dei criteri generali , sui
quali poi esprimere una valutazione di conformità con l'ordinamento nella sua unitarietà appunto equità
ragionevolezza contribuiscono ad individuare nel momento applicativo l'ordine mentre del caso concreto.
290: Le situazioni soggettive patrimoniali sono suscettibili di una trattazione unitaria. La normativa relativa
va concepita come la sintesi di tutti i rapporti patrimoniali. È la compatibilità dell’interesse particolare con
le singole disposizioni normative che determina l’individuazione della disciplina applicabile, atteso che
questa non si può identificare esclusivamente nel diritto delle obbligazioni o in quello dei rapporti reali.
Infatti la disciplina degli atti emulativi, dettata in tema di proprietà, andrebbe applicata anche alle
obbligazioni, così come le clausole generali di correttezza e buona fede si applicano a tutti i rapporti, non
solo alle situazioni creditorie.
291 Non è corretto limitare la distinzione a quella tra situazioni reali e di credito, essendo imperniata
sull’efficacia e l’opponibilità; la situazione relativa sarebbe efficace e opponibile solo nei confronti di alcuni,
quella assoluta nei confronti di tutti. Ma efficacia e opponibilità sono profili del fatto giuridico e non della
situazione soggettiva. Il criterio discretivo più convincente è quello della struttura, per cui le situazioni
relative sarebbero quelle nelle quali ad una situazione di potere corrisponde un centro di interessi ben
individuato, laddove quelle assolute avrebbero come centro di interessi contrapposto, non una situazione
determinata, ma la generalità dei consociati, i quali hanno un generico dovere di astensione dal ledere
l’altrui diritto di proprietà. Ma così facendo, l’indagine si limiterebbe ai diritti reali quali la proprietà e i
diritti della personalità, sempre riferibili ad un centro di interessi contrapposto non individuato. Infatti,
esistono diritti reali che hanno da subito un centro di interessi ben individuato: si pensi all’usufrutto,
laddove l’usufruttuario ha comune centro di interessi contrapposto quello del nudo proprietario che è sin
da subito individuato. A ben vedere, esistono alcune situazioni soggettive che trovano il loro collegamento
in un centro di interessi determinato a priori (struttura interna) e altre che lo trovano a posteriori (struttura
rilevante solo all’esterno). La proprietà rientra in queste ultime perché al proprietario non si contrappone
un centro di interessi predeterminato atteso che il collegamento si individuerà a posteriori quando un
soggetto violerà il suo diritto. Ma tale 84 distinzione non calza con i diritti reali limitati (servitù, superficie,
usufrutto ecc), che hanno una struttura interna, ma sono assoluti. Nel caso dell’usufrutto, ad esempio, il
contrapposto centro di interessi è sin da subito individuato coincidendo con il nudo proprietario. La verità è
che la distinzione tra diritti assoluti e relativi ha perso il valore che aveva una volta poiché in un sistema
imperniato sulla solidarietà, ciascuno deve rispettare qualsiasi situazione e il titolare della stessa ha una
pretesa alla sua conservazione nei confronti di chiunque.
292 Le situazioni patrimoniali si distinguono in reali e di credito. La contrapposizione ha perso i suoi netti
confini esistendo situazioni miste. La nozione di situazione reale deriva dal collegamento tra il diritto e il suo
oggetto, tra la situazione e il bene: la situazione reale grava sulla res determinata. La situazione creditoria,
non avendo una relazione con la res, si realizza mediante l’adempimento e il raggiungimento del risultato.
Al diritto reale si contrappone una posizione di dovere da parte della generalità dei consociati; nella
situazione creditoria solo il debitore sarebbe titolare dell’obbligo di comportamento. Tuttavia, nelle
situazioni reali di godimento al dovere generico dei terzi si affianca la relazione con un centro di interessi e
un altro già individuato (rapporto tra usufruttuario e nudo proprietario). Nel rapporto di usufrutto sono
infatti presenti obblighi specifici, comportamenti tali da rendere impossibile l’esaurimento di queste
situazioni nella prospettiva del solo dovere generico, essendo invece connotate, spesso, anche da obblighi
specifici integrativi. Insomma, la distinzione non è poi così netta per cui, di volta in volta (non potendosi
individuare a priori), bisognerà analizzare la situazione nei suoi particolari e verificare: l’esistenza, la qualità
e la quantità della cooperazione che un soggetto è tenuto a dare per il raggiungimento del risultato che
costituisce il contenuto della situazione soggettiva; l’esistenza del diritto di seguito (per cui qualsiasi
circolazione del bene è ininfluente per la permanenza in vita della situazione reale) ; la presenza della
preferenza (es. il diritto del creditore di far espropriare il bene posto a garanzia e di soddisfarsi a preferenza
degli altri creditori). La concomitanza di questi elementi, sebbene presi isolatamente possono connotare
anche le situazioni relative, dovrebbero far propendere per una situazione assoluta.
293 Non rileva, ai fini della qualificazione reale o creditoria della situazione, il fatto che essa trovi nella res il
suo punto di riferimento. Se ne trova conferma nell’art. 810 secondo il quale sono beni le cose che formano
oggetto di diritti, tanto reali quanto di credito. Infatti, esistono situazioni non reali che hanno ad oggetto
beni. Il proprietario di un fondo può concedere al proprietario del fondo vicino una servitù di passaggio, per
cui nasce una situazione soggettiva che nasce sulla res in maniera tale che se il proprietario vende il fondo
ad un terzo questi sarà obbligato al mantenimento di quella situazione reale. Ma può esservi anche una
situazione creditoria con contenuto analogo: si pensi al titolare (creditore o debitore) che, a titolo
personale, concede il passaggio sul fondo ad un vicino. In questo caso, la situazione creditoria si estingue
con l’alienazione del fondo. Come si vede lo stesso interesse può realizzarsi ora con una situazione
creditoria ora reale.85 Certo è che, mentre nell’ipotesi della situazione reale la servitù è destinata a durare
per tutto il tempo che dura la stessa situazione reale che ne consente la nascita, la servitù come situazione
creditoria si estingue con il venir meno dei soggetti.
294 Oggi l’obbligazione si presente come categoria astorica, sempre uguale a se stessa, neutrale, costruita
in base al minimo denominatore comune alle diverse obbligazioni e riducendo le diversità ai soli profili
descrittivi ed esterni al concetto. Si privilegia una classificazione in base alla struttura, cosicché
l’obbligazione è relazione tra debitore e creditore, tra credito e debito e per tale via il concetto si sgancia
dal fatto costitutivo, dal contratto e dall’illecito, così come dai rapporti patrimoniali di natura reale e in
special modo dalla proprietà.
295 La pretesa separazione tra rapporto obbligatorio e sue fattispecie costitutive si fonda sulla concezione
che attribuisce al fatto costitutivo il ruolo di mero e occasionale fatto causativo, rilevante esclusivamente
come fonte del rapporto e non come titolo, ragione giustificatrice dello stesso, influente sulla sua funzione
sul suo regolamento. Così, però, si finisce per trascurare il profilo funzionale del rapporto che viene ridotto
ad una appiattita relazione tra centri di interesse o situazioni soggettive, quando, invece, l’accostamento tra
rapporto e fonte serve a cogliere la dinamica stessa dell’obbligazione, fatta di vicende semplici e complesse.
Il principio della variabilità delle strutture negoziali nella realizzazione di una determinata funzione è una
variabile dipendente dalla natura degli interessi rilevanti nel concreto rapporto, in particolare individuando
le situazioni a fondamento degli atti di autonomia (fonte).
296: Ci sono notevoli argomenti che militano contro la netta separazione tra il settore delle obbligazioni e
gli altri a contenuto patrimoniale, e tra questi in primis la proprietà. Uno fra tutti è la tendenza a non
separare più le situazioni patrimoniali assolute da quelle relative; ma soprattutto vi è il riconoscimento di
una prospettiva relazionale non solo più nei diritti reali limitati, ma anche in quelli assoluti come la
proprietà. E questo è possibile se si considera il rapporto come ordinamento del caso concreto di quegli
interessi correlativi, ciascuno dei quali può essere apprezzato nella sua rilevanza giuridica sono in relazione
agli altri, in diversa misura, coinvolti nella stessa situazione giuridica. Nel momento in cui si estende la
logica relazionale anche ai diritti reali assoluti, si superano i concetti individualistici e si concentra
l’attenzione su quelli più idonei ad esprimere esigenze di socialità e di solidarietà. In questa prospettiva,
bisogna superare la separazione tra parre generale e parte speciale delle obbligazioni, quest’ultima relativa
alle singole fattispecie creditorie. La stessa disciplina delle obbligazioni pecca per difetto nella sua parte
generale laddove andrebbe integrata con norme e principi della parte generale dei contratti e dei diritti
reali e della proprietà. Si pensi alla disciplina degli atti emulativi che andrebbe estesa anche alle situazioni di
credito. E pecca anche per eccesso, perché parte della disciplina generale non si attaglia a tutte le situazioni
creditorie.86 La classificazione degli interessi addotti nel rapporto obbligatorio, e tra questi anche quelli
non patrimoniali, dà conto della ricostruzione del credito e debito come situazioni soggettive complesse nei
contenuti (obblighi, facoltà, oneri), nonché prospetta una nozione di obbligazione sensibile ai valori
costituzionali, stante la forte incidenza che essi hanno nella determinazione delle clausole generali quali
buona fede, correttezza, stato di necessità, ecc., nonché l’orientamento che forniscono nel controllo di
meritevolezza degli interessi rappresentati nel titolo da cui l’obbligazione nasce. È per tale via che il mito
della neutralità dei concetti si infrange definitivamente. Nell’individuazione dell’ordinamento del caso
concreto va utilizzata la più ampia disciplina possibile, superando la centralità sia del modello proprietario,
sia di quello creditorio, laddove entrambi, in un sistema unitario, possono integrarsi tra loro. L’obbligazione
non si identifica nel diritto del creditore, ma si configura sempre più come rapporto di cooperazione il che
implica un radicale mutamento della prospettiva: la cooperazione sostituisce la subordinazione e il
creditore diventa titolare di obblighi generici o specifici di cooperazione all’adempimento del debitore e ciò,
si ripete, in una nuova ottica solidaristica dell’ordinamento.
297 Il pagamento quale esecuzione di un dovere morale e sociale non è indebito e non è ripetibile se
spontaneamente eseguito da un soggetto capace (art. 2034 C.C.). da ciò si deduce che: a) la nozione di
pagamento esige che il dovere morale e sociale si sostanzi in un comportamento idoneo a costituire una
prestazione che di questa abbia i requisiti secondo parametri di proporzionalità e adeguatezza; b) Tale
pagamento si caratterizza per la necessaria spontaneità e per il fatto che deve essere eseguito da un
soggetto capace; c) Strutturalmente è necessaria una dualità di centri di interessi d) Ai fini dell’irripetibilità,
il dovere morale e sociale deve preesistere e persistere al momento esecutivo. Ai sensi del secondo comma
dello stesso articolo, i doveri indicati nel comma precedente e ogni altro per cui la legge non accorda azione
ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti. I doveri
morali e sociali di cui al primo comma non sono un numerus clausus a differenza degli altri doveri di cui al
secondo comma. I doveri per i quali la legge nega la ripetizione di quanto è stato spontaneamente pagato,
possono costituire doveri morali e sociali secondo la valutazione della coscienza collettiva e meritano la
qualifica di obbligazioni naturali. Non si vede perché, infatti, si debbano escludere dal fenomeno delle
obbligazioni naturali quei doveri, tipicamente previsti, rispondenti alla morale sociale, i quali hanno identica
disciplina. Nulla vieta di concepire anche per le obbligazioni naturali una distinzione tra fattispecie tipiche e
atipiche. Anche il secondo comma può riguardare l’obbligazione naturale in senso proprio purché il dovere
del quale consta sia davvero considerato morale o sociale dalla coscienza collettiva e non abbia da parte del
legislatore una tutela che lo faccia assurgere ad obbligazione civile.
298:Poiché i doveri morali e sociali, oltre alla irripetibilità, non producono altri effetti si deve escludere che
in vista dell’adempimento le parti abbiano doveri di correttezza e buona fede, cosicché non solo il creditore
naturale non può pretendere la prestazione, ma il debitore può anche tenere un comportamento non
confacente all’adempimento. Ciò non deve portare ad annoverare le obbligazioni naturali tra le obbligazioni
inesigibili proprio perché queste prevedono una serie di obbligazioni preliminari che nelle obbligazioni
naturali mancano. Le obbligazioni naturali, tuttavia, possono modificarsi o estinguersi, ma bisogna
analizzare quali forme modificative e estintive siano logicamente concepibili.
299: L’obbligazione naturale, dal punto di vista strutturale, ha gli elementi che caratterizzano il rapporto: è
una relazione tra creditore e debitore. L’art. 2034, dettando l’irripetibilità, già prima dell’adempimento
riconosce due posizioni soggettive: quella del creditore che manca della pretesa di esigere sia la prestazione
e sia il comportamento confacente alla possibile esecuzione, ma che si caratterizza per il potere di ricevere
e ritenere ciò che è stato legittimamente prestato; e quella del debitore, libero di comportarsi anche in
modo da ostacolare la prestazione così come di adempierla. Già prima dell’adempimento, quindi, c’è da
parte del legislatore un giudizio implicito di meritevolezza; la relazione acquista rilevanza giuridica proprio
in funzione dell’adempimento con il quale si realizza e si attua. Diversamente dall’art. 2035 (in cui
l’irripetibilità è una sanzione per chi ha eseguito una prestazione per uno scopo difforme dal diritto e che
costituisce offesa al buon costume), nell’art. 2034 prima dell’adempimento v’è una relazione
cronologicamente e logicamente precedente non contraria a uno dei principi di ordine pubblico e, anzi,
proprio sul fondamento della socialità e della moralità del rapporto, la prestazione non è ripetibile. Ne
deriva che la giuridicità della norma deriva non dalla sanzione, ma dalla valutazione positiva della moralità e
della socialità.
300 : Il rapporto reale non si identifica con la res perché esso si giustifica in un ambito più complesso quale
relazione tra situazioni soggettive. Se l’usufruttuario di un fondo concede ad un terzo il diritto di servitù, il
rapporto che nasce sarà definito reale non perché strettamente collegato alla res, ma perché dipendente e
inerente alla situazione reale esistente sul fondo e cioè l’usufrutto. Ciò non è privo di conseguenze. Si pensi
all’ipotesi del perimento dell’edificio costruito dal superficiario sul quale grava una servitù di non
sopraelevazione. Se tale servitù gravasse effettivamente sulla res, perita questa, si dovrebbe estinguere
anche la servitù. Invece il codice prevede che il diritto di superficie non si estingue col perimento del fondo,
ma per prescrizione. Il rapporto di servitù permane infatti durante i vent’anni necessari ai fini della
prescrizione a carico, non della res che non esiste, ma della situazione reale in base alla quale è stato
costituito, cioè il diritto di superficie.
301 : L’inerenza originaria del diritto al bene ha indotto ad esaurire lo studio della proprietà nella teoria per
cui il diritto reale si identifica col polisenso concetto di appartenenza. La storia dell’istituto è un passaggio
dalla figura del diritto soggettivo a quella della potestà, dove prevalgono limiti, vincoli, oneri ed obblighi. La
proprietà ha collegamenti con quasi tutti gli istituti privatistici: impresa, famiglia, contratti ecc. Grazie al
concetto di proprietà temporanea (anch’essa riconosciuta meritevole di tutela) è stato possibile collegare la
proprietà alla teoria del negozio.
302 La disciplina della proprietà a livello costituzionale è diversa secondo che gravi su beni di consumo o su
beni di produzione. Ma oltre a questo limite di tipo qualitativo, ve ne sono anche di quantitativi. Infatti, ai
sensi dell’art. 44, la Costituzione garantisce la piccola impresa e limita la grande e, inoltre, la legge aiuta la
piccola e la media proprietà. Anche l’aspetto soggettivo interviene a definire la proprietà sotto il profilo
funzionale. Infatti, non è detto che la proprietà è privata se spetta ad un privato e pubblica se spetta ad un
ente pubblico. Infatti, può accadere che la proprietà di un bene produttivo che svolge una funzione di
interesse nazionale o di utilità generale, ancorché di privata appartenenza, sia sottoposta ad una disciplina
pubblicistica.
303 È importante il raffronto tra proprietà, intesa come situazione soggettiva complessa, e impresa. La
libera iniziativa economica, pur essendo una nozione autonoma rispetto a quella della proprietà, va
studiata anche nell’ambito di quest’ultima. Il diritto di intraprendere un’attività non comporta
necessariamente la titolarità dell’azienda atteso che questa potrebbe essere costituita da capitali presi a
prestito. Ciò nonostante questi beni fanno parte del patrimonio con destinazione economica che è
l’azienda. Le norme sull’iniziativa economica sono estensibili alla proprietà proprio perché esse realizzano la
proprietà, cosicché la programmazione e la coordinazione di cui parla l’art. 41 cost. riguardano non solo
l’iniziativa economica, ma la stessa struttura della proprietà.
304 Sotto il profilo strutturale la proprietà è, non solo situazione soggettiva, ma relazione tra questa
situazione del proprietario e le situazioni che, man mano, entrano in conflitto con questa costituendo centri
di interesse antagonisti. è per tale via che trova ingresso l’aspetto relazionale anche delle situazioni reali
assolute. La situazione del proprietario in tanto è rilevante in quanto presuppone l’obbligo di astensione
degli altri soggetti. L’aspetto funzionale è certamente prevalente nella proprietà intesa come rapporto. E
tale rapporto è di cooperazione.
305 Il diritto di godere e di disporre non sono diritti autonomi, bensì facoltà o poteri insiti nella situazione
proprietaria, sebbene non manchino ipotesi in cui la facoltà di disporre sembri 89 autonoma e staccata
dalla titolarità del diritto (si pensi alla vendita di cosa altrui). Il potere di godimento, quale possibilità per il
titolare della situazione di trarre dal bene le utilità coerenti con la funzione della situazione soggettiva, è
concetto variabile. Infatti c’è differenza tra il godimento della proprietà da parte di una persona fisica o di
una persona giuridica, atteso che nel primo caso il godimento è strettamente legato all’immediatezza della
situazione con il soggetto fisico titolare, mentre per le persone giuridiche più che di godimento può parlarsi
di utilizzazione. Inoltre, il godimento spesso comporta la consumazione del bene come nel caso dei cibi. In
tali casi la proprietà è necessariamente temporanea. In tali casi, se l’ordinamento ponesse dei limiti al
godimento di questi beni, sostanzialmente negherebbe tutela alla proprietà. Il potere di disposizione del
titolare non è limitato alla possibilità di costruire diritti reali, ma è comprensivo di quegli atti di autonomia
con i quali egli costituisce situazioni soggettive in capo ai terzi. Tra godimento e disposizione non esiste una
correlazione, atteso che molte volte si assiste ad una dissociazione tra i due poteri, attribuiti a soggetti
diversi. D’altra parte, non sempre il proprietario ha il potere di disporre del bene o di creare situazioni
soggettive a favore dei terzi.
306 Il diritto di godere e di disporre in modo esclusivo non è, tuttavia, esente da limiti. Infatti il codice
stabilisce che tale potere va esercitato entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti
dall’ordinamento giuridico. Si tratta tanto di obblighi negativi (comportamenti vietati al proprietario),
quando di obblighi positivi, connotati da quei comportamenti che fanno ormai parte del diritto di proprietà,
alla luce della sua considerazione come situazione soggettiva complessa. Limiti e obblighi sono parte del
diritto di proprietà; fatti esterni sono, invece, l’onere reale, la servitù, in quanto pesi imposti dall’esterno e
quindi estranei alla struttura della situazione soggettiva proprietà. La teoria delle limitazioni interessa
particolarmente il potere di disposizione e comprende anche i vincoli di indisponibilità, gli obblighi legali a
contrarre, gli obblighi di determinazione aprioristica e dirigistica dei prezzi negli atti di disposizione.
307 Taluni organi o taluni soggetti controllano l’esercizio della proprietà o l’attività e l’esercizio
dell’impresa. Il potere di controllo può essere dettato nello stesso interesse del proprietario ed è attribuito
a colui che, per definizione, dovrebbe avere il potere di disposizione e il potere di godimento, ma che, pur
rimanendo formalmente proprietario, è privato sia dell’uno che dell’altro. Cosicché, nel momento in cui la
proprietà perde la forma caratteristica intesa come potere di godere e di disporre, essa viene tutelata
proprio con il potere di controllo.
308 In nome del principio di legalità e della gerarchia delle fonti, alla funzione sociale della proprietà va
attribuita la rilevanza confacente ad un sistema costituzionale. Certo la “funzione sociale” non può essere
esaurita solo nel sociologico, con esclusione del giuridico, quasi che fossero momenti separati, laddove
invece la realtà è unitaria. Il tentativo di ridurre il significato di funzione sociale della proprietà ad un
criterio di sana gestione economica è pregiudicato dalla logica produttivistica e utilitaristica che ispira il
legislatore del 42. Considerata la centralità del valore persona e la conseguente funzionalizzazione delle
situazioni patrimoniali alle situazioni esistenziali, anche la disciplina dell’appartenenza e dell’utilizzazione
dei beni economici dei privati deve essere funzionale allo scopo senza limitarsi a realizzare maggiore
produttività e più equi rapporti sociali. La funzione sociale predeterminata per la proprietà privata non
concerne solo i limiti di questa. L’art. 42 precisa che la legge determina i modi di acquisto, di godimento e i
limiti allo scopo do assicurarne la funzione sociale, sicché quest’ultima concerne il contenuto complessivo
della disciplina proprietaria, non soltanto i limiti. In un sistema ispirato alla solidarietà politica, economica e
sociale e al pieno sviluppo della persona umana, il contenuto della funzione sociale assume un ruolo
promozionale, cosicché la disciplina delle forme proprietarie e le loro interpretazioni dovranno essere
attuate per garantire e promuovere i valori sui quali si fonda l’ordinamento. La funzione sociale, pertanto, è
la ragione stessa per la quale il diritto di proprietà è stato attribuito a un certo soggetto. Essa è parte
essenziale della garanzia e del riconoscimento della proprietà privata, e non è rigida, ma flessibile in quanto
capace di adattarsi ai mutamenti di fatto e legislativi. In questa prospettiva, va riletto l’art. 295 Tratt. CE là
dove sanziona che il “il trattato lascia impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri”.
Anche le finalità dell’azione comunitaria promuovono al rango di interessi protetti situazioni a lungo
considerate estranee al rapporto proprietario, che subisce l’influsso dei principi di proporzionalità che lo
pone in una relazione di equità col mercato, impedendo che la sua patrimonialità possa risolversi in una
ingiusta sproporzione tra valori proprietari, e tra essi e l’impresa; e ragionevolezza, criterio che invece
richiede che il rapporto proprietario sia improntato a giustizia, garantendo la protezione dei non proprietari
mediante una disciplina distributiva che favorisca la partecipazione dei non proprietari alla gestione dei
beni.
309: Gli interventi legislativi in tema di proprietà devono garantire la funzione sociale e l’accessibilità a tutti.
Ogni legge deve assicurare anche la funzione sociale della proprietà, salvo che sia attuativa di istituti ablativi
come l’espropriazione. L’ablazione sanzionatoria, infatti, interviene quale conseguenza dell’inattuazione
della funzione sociale. Quest’ultima rappresenta un essenziale punto di riferimento in sede di controllo di
legittimità della legge ordinaria, controllo che va eseguito costantemente. La normativa costituzionale
impone al legislatore ordinario di predisporre uno statuto che non conceda al titolare poteri superflui o
controproducenti rispetto all’interesse positivamente tutelato, ma anche uno statuto che in positivo
conceda al titolare quei poteri necessari per il conseguimento dell’interesse costituzionalmente rilevante.
La funzione sociale è anche criterio di interpretazione della disciplina proprietaria per il giudice. Essa è
operante anche in mancanza di una disposizione di legge che la richiami. 91 Anche per il proprietario la
funzione sociale ha valenza di principio generale: gli atti e le attività, non soltanto non possono perseguire
fini antisociali, ma devono essere conformi alla ragione per la quale il diritto di proprietà è garantito e
riconosciuto. L’autonomia non si contrappone al controllo.
310:La destinazione assegnata ai beni non è indicativa ai fini dell’individuazione del loro regolamento
giuridico, atteso che questo dipende proprio dalla diversa funzione sociale. La stessa limitazione al potere di
disposizione nel godimento del bene deve corrispondere ad una valutazione positiva dell’ordinamento, non
in contrasto con la funzione sociale. Che spetti alla legge stabilire i modi di acquisto, di godimento e i limiti
significa che né l’atto amministrativo né l’atto di autonomia possono incidere sulla destinazione e in genere
sullo statuto proprietario. Essi, per avere validità, devono essere attuativi di norme e principi aventi forza di
legge ordinaria. Né l’atto amministrativo, né quello negoziale possono contenere limiti alla proprietà al di
fuori di quelli previsti dalla legge.
311 :La proprietà, qualsiasi aspetto abbia, non si può esaurire in mera forma, ma ha bisogno di un
contenuto. Proprio perché gli statuti proprietari sono diversi in relazione ai soggetti, agli oggetti e alle
destinazioni (come visto al par. 302), non si può dire che esista un contenuto minimo della proprietà poiché
esistono solo i contenuti minimi dei singoli statuti. Ciò posto, l’art. 42 Cost. dispone che la proprietà può
essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale: non è
possibile proporre uno statuto proprietario conformativo che sia sostanzialmente espropriativo e che
quindi azzeri il contenuto del diritto di proprietà, cosicché o si parla di conformazione o di espropriazione a
seconda che si rispetti o meno il contenuto minimo. Ne deriva che la funzione sociale, in nome della quale
la proprietà può essere piegata, non può comunque ledere il contenuto minimo: funzione sociale e
contenuto minimo sono aspetti complementari e giustificativi della proprietà.
312 :La nozione di limite si distingue da quella di servitù. Limite è lo strumento col quale l’interesse
pubblico o privato circoscrive il diritto, sacrificandone l’estensione e determinandone il contenuto
concreto. I limiti non hanno provenienza solo legale, ma anche autonoma. Ciò nonostante se un limite è
previsto da un atto di autonomia ma è conforme ad una norma, anche se dispositiva, sarà pur sempre
legale. A differenza del limite generico, la servitù costituisce un autonomo rapporto: il peso, per una
situazione è strettamente collegato con il vantaggio, l’utilità per un’altra situazione. Questo collegamento è
talmente forte che se viene meno il vantaggio o la possibilità di vantaggio viene meno anche il peso. La
servitù è il rapporto giuridico che ha come punti di collegamento le situazioni soggettive. Le servitù gravano
non su fondi materialmente intesi, ma sulle situazioni soggettive, inteso che solo per tale via si giustifica il
concetto di limite e lo si distingue da quello di servitù.
313:Gli elementi costitutivi degli atti emulativi (art. 833 c.c.) si possono individuare nel comportamento del
titolare della situazione, nella qualità o tipo di comportamento, nella mancanza di utilità per il titolare della
situazione, nel pregiudizio, svantaggio o danno che subisce un altro soggetto. Il comportamento deve
consistere, essenzialmente, in una condotta che si concreta in un facere, sebbene si ritenga, in ossequio al
canone della ragionevolezza, che il riconoscimento di un atto emulativo anche in presenza di omissioni
potrebbe trovare un fondamento nel canone di buona fede. Tale canone, infatti, in applicazione del
principio solidaristico, assurge a regola di condotta valevole in qualsiasi tipo di rapporto giuridico che va al
di là del dovere di non ledere l’altrui sfera giuridica, poiché impone a ciascuna parte di attivarsi per
salvaguardare gli interessi dell’altra. Il comportamento emulativo, quando è commissivo, si deve
sostanziare in una condotta materiale, tale non è, ad esempio, l’agire in giudizio col solo scopo di arrecare
danno ad altro soggetto perché tale comportamento non rientra tra i limiti della situazione soggettiva. Il
pregiudizio per l’altra parte, secondo parte della giurisprudenza, deve essere tale dal punto di vista
economico e deve essere ampiamente rilevante. Secondo la dottrina, mancanza di utilità per l’agente e
pregiudizio per l’altro soggetto devono trovarsi in correlazione e tra loro deve esservi una certa
proporzionalità. In una prospettiva solidaristica e funzionale, non può il proprietario compiere un atto che a
lui reca un minimo vantaggio per creare un grosso svantaggio o danno ad un altro. Secondo una parte della
giurisprudenza perché sia configurabile l’atto emulativo sarebbe necessario l’ulteriore elemento soggettivo
costituito dall’intenzione di nuocere (animus nocendi), ma la lettera della legge non vi fa riferimento e
quando il legislatore ha voluto, in altre disposizioni, prevedere l’elemento soggettivo, l’ha fatto
espressamente.
314 Lo studio della teoria dei beni non si esaurisce nella teoria dei diritti reali né in quella della proprietà,
sebbene la definizione di bene (art. 810 c.c.) sia posta all’inizio del libro III, dedicato alla proprietà. In questa
prospettiva si mostra di notevole interesse lo studio dell’informazione come bene. Ci si domanda
l’informazione è un bene giuridico, se e quando l’informazione può essere dedotta in un rapporto giuridico
e quali sono gli strumenti di tutela. La soluzione richiede che l’informazione abbia un’utilità socialmente
apprezzabile e trovi nell’ordinamento la sua unitarietà, una valutazione in termini di meritevolezza. Non si
può escludere in linea di principio che tale valutazione abbia come riferimento in via prevalente o esclusiva
l’informazione in sé. A tal fine, occorre individuare un rapporto tra il contenente (il documento nel suo
intrinseco valore) e il contenuto (la notizia o l’idea), senza insistere sulla rilevanza solo dell’uno o dell’altro.
315 La ragione per cui generalmente si ritiene che l’informazione non possa rappresentare un bene
giuridico risiede nella convinzione che il bene, per essere tale, sia goduto in forma esclusiva. In questo
modo, però, si prospetta un collegamento necessario tra bene, cosa e diritti 93 sulle cose, tra bene e regime
di appartenenza, laddove invece, ex art. 810 c.c., la nozione di bene postula la sua idoneità ad essere
oggetto di diritti e quindi di una situazione soggettiva attiva e non già di diritti esclusivi. Il paesaggio, per
esempio, è senz’altro un bene giuridico, la cui tutela è riservata a terzi qualificati che ricavano un’utilità,
non necessariamente economica, dalla sua conservazione. In un ordinamento che si fonda sulla socialità e
sul superamento dell’individualismo, non si può non pervenire ad una nozione di utilità sociale di un bene,
per cui un bene avrà rilevanza anche se non patrimoniale, proprio perché essi sono protetti a prescindere
dalla loro rilevanza economica. Pertanto, l’utilizzazione dell’informazione non postula necessariamente
l’uso esclusivo e unico dell’informazione. Già per i beni immateriali è stato precisato che essi sono
suscettibili di godimento plurimo. L’informazione-notizia è rilevante per le utilità che di volta in volta è
idonea a produrre, quale possibile vantaggio, patrimoniale o no, per chi la possiede. La particolarità è nella
non necessaria sua esclusività e nell’attitudine a soddisfare anche l’interesse di più soggetti senza che la
soddisfazione di uno impedisca la contemporanea soddisfazione degli altri. L’informazione, infatti, possiede
il requisito obiettivo del bene in senso economico, l’attitudine a soddisfare il bisogno umano della
conoscenza. I beni giuridici, pertanto, non sono un numero chiuso atteso che essi vengono individuati
anche attraverso principi, tanto è vero che l’individuazione di una situazione soggettiva, e quindi di un
bene, passa attraverso l’individuazione di un interesse meritevole che è compiuta dall’ordinamento e a tal
fine non è necessaria un’apposita regola, essendo sufficiente un principio.
316 :Le cose corporali sono sempre beni giuridici anche quando non sono oggetto attuale di diritti perché
sono sempre idonee a divenirlo. Sono quindi bene anche le cose extra commercium o le res nullius. Ciò non
è per i beni incorporali (es. l’informazione), per i quali occorre accertare in concreto se essi abbiano
un’utilità socialmente e giuridicamente meritevole. Questa utilità sociale è commisurata alla presenza di un
interesse sulla cosa proprio di un soggetto determinato o di un interesse di terzi o della comunità in senso
ampio. La tutela dell’informazione varia in relazione al contenuto dell’informazione, al luogo o al rapporto
giuridico nel quale i dati informativi sono inseriti o al soggetto che ne ha conoscenza e alla sua attività. Se
l’informazione presenta i requisiti della creatività e dell’originalità ha i caratteri propri dell’opera
dell’ingegno: potrà, quindi, ottenere la tutela prevista dalla normativa in tema di diritti d’autore e di
brevetti. L’informazione non creativa e quindi non brevettabile riceverà tutela secondo il principio relativo
alle cose incorporali, e quindi solo se idonea ad oggettivarsi in situazioni aventi un’utilità giuridicamente
rilevante in riferimento a questa o a quella attività umana. Per cui la differenza tra informazione intesa
come opera dell’ingegno e informazione-notizia non risiede nell’idoneità ad essere bene giuridico, ma nel
tipo di tutela. Per l’informazione-notizia non sarà illecito il comportamento del terzo che si appropri di
un’informazione già nota e divulgata, ma potranno essere illeciti i mezzi adoperati per l’acquisizione della
notizia.
317 Talvolta l’informazione è l’unico risultato da conseguire con l’adempimento di un’obbligazione e si
configura quale esclusivo scopo dell’impresa. Si pensi a quelle imprese che forniscono agli operatori
economici informazioni sulla clientela e sulla concorrenza. Cosicché non sempre il valore dell’informazione
si fonda sulla sua rarità e novità. Particolare attenzione merita l’analisi dell’attività negoziale che abbia
l’informazione quale proprio contenuto. Il trasferimento della conoscenza può essere in esclusiva di uso o
senza esclusiva, con possibilità o no di disporne senza limiti di tempo o di luogo, anche mediante
trasferimenti a favore di terzi. La rilevanza economica e giuridica dell’informazione è legata per lo più alla
disponibilità in un determinato luogo o in un determinato momento; sotto questo aspetto l’informazione
non è bene consumabile, anche se si tratta di un’informazione nota. La sua rilevanza dipende dall’interesse
del soggetto che vuole ottenerla e dalle circostanze. Un esempio sono le banche dati, laddove le
informazioni vengono non solo raccolte, ma elaborate e messe sul mercato. In questi casi, si pongono
problemi di legati alla tutela della riservatezza, da risolvere in base agli interessi e ai valori coinvolti. Tra il
segreto e l’informazione, in un ordinamento che tende a realizzare uno Stato di cultura, non può non
optare per l’informazione e per la sua libera circolazione; sicché il segreto si giustifica solo in base a ragioni
specifiche che di volta in volta condizionano l’attuazione dei valori giuridici fondamentali. In mancanza, la
maggiore messa a disposizione diventa una condizione di vantaggio, un’utilità, un bene, a volte
presupposto per la stessa attuazione dei valori primari dell’ordinamento.
318:L’informazione può essere oggetto di appropriazione indebita, di truffa, ricettazione. Il problema non è
tanto quello di considerare l’informazione un bene a prescindere dal suo rapporto, ma di verificare se essa
rappresenti un bene suscettibile di divenire oggetto di questo o quel delitto contro il patrimonio a norma
della disciplina penalistica. Non lo si può escludere a priori perché il carattere di identità appropriabile non
dipende dalle qualità fisiche della cosa, essendo concepibile l’appropriazione senza ablazione, mediante
semplicemente la vista e l’udito, dell’informazione contenuta in un supporto materiale. Ciò senza che sia
necessario giungere ad equiparare l’idea o l’informazione ad un’energia intellettuale. Anche quando
sottratto è il supporto materiale l’entità della sottrazione è data pur sempre dal contenuto, che, pertanto,
non può essere irrilevante