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David Hume (1711 – 1776)

Vita e opere
Hume nasce nel 1711 in una famiglia della piccola nobiltà scozzese. Intraprese gli studi giuridici, in seguito abbandonati
per dedicarsi a materi storiche, filosofiche e letterarie nel 1729. Nel ’34 si trasferì in Francia, dove lavorò in una ditta
commerciale. Qui scrisse il Trattato sulla natura umana e nel 1742 i Saggi morali e politici. Nel ’51 scrisse la Ricerca
sull’intelletto umano e Ricerca sui principi della morale. Con i Discorsi politici del ’52 ottenne un grande successo come
intellettuale e divenne conservatore della biblioteca degli avvocati di Edimburgo. Intraprese la carriera politica fino a
divenire sottosegretario del Governo Grafton e morì a Edimburgo il 25 agosto del 1776.

Ragione e società
Hume si fece critico del carattere prevalentemente pratico dell’illuminismo inglese, sottolineando la fondamentale
importanza dell’analisi di sentimenti e passioni al fine di ritrovare quelli più confacenti alla vita civile, ispirati dalla
lontananza da posizioni estremiste. La politica è ricondotta da Hume ai fatti e alle esperienze convalidate dalla storia.
Egli si fa aperto oppositore di qualsiasi forma di fanatismo politico evitando di andare a ricercare principi politici
assoluti, i quali, se tradotti in pratica, avrebbero portato a scontri e radicali divisioni. Da qui lo scetticismo anche verso
il liberalismo estremo. Egli rimase sempre fedele al monarca inglese, convinto che solamente uno spirito moderato
(giusto mezzo) avrebbe garantito la prosperità e la tranquillità politica.

Fondamento empirico della ragione


La filosofia deve porsi il problema di dare un fondamento teorico all’impegno civile, nel senso cioè di indicare il modo
con cui la ragione può operare efficacemente nella società. A tal fine è necessario essere criticamente consapevoli
della ragione umana: Hume è un antimetafisico, nel senso che ritiene che l’uomo debba interessarsi solamente a ciò
che rientra nel suo campo di indagine ed è deducibile dall’esperienza. Le idee per Hume non sono altro che il riflesso
delle nostre sensazioni o impressioni fondate su situazioni di fatto e ricorrenti  possiamo affermare che un certo
avvenimento segue un altro solo perché abbiamo esperienza di una situazione analoga. Ciò è possibile grazie
all’intelletto: facoltà dell’uomo di descrivere i risultati della sua esperienza. L’intero sistema di idee delle quali l’uomo si
serve è il prodotto della società in cui vive ed è fondato, in ultima analisi, sulla consuetudine. Oltre alla razionalità,
l’uomo è provvisto di immaginazione, che può comporre a suo piacere tutte le idee, che si formano in base alle
sensazioni e non hanno riscontro nella realtà. Ad essa si accompagna la credenza: sentimento particolarmente intenso
suscitato dall’oggetto creato dall’immaginazione. Questo metodo di analisi delle idee deve essere applicato anche ai
principi con le quali vengono giudicate le azioni umani: al fine di desumere della massime generali valide per regolare il
comportamento dell’uomo in società, è necessario analizzare e comparare azioni e fatti. Bisogna, quindi, SEGUIRE
SEMPRE L’ESPERIENZA EMPIRICA.

Critica al giusnaturalismo; interessi politici e partiti; Storia; Utile sociale


La politica, come tutti i fatti sociali, deve essere ricondotta sul piano dell’esperienza empirica. Non esistono, al
contrario di quanto affermano i giusnaturalisti, principi di giustizia e diritti universali su cui la politica deve fondarsi: essi
hanno un mero scopo strumentale. Essi sono mere coperture ideologiche e bisogna concentrarsi sui fatti che ne sono il
vero supporto. A tal fine è essenziali il rapporto storia-politica: la storia è necessaria per scoprire i principi costanti
universali della natura umana mostrandoci gli uomini in tutte le varie circostanze e fornendoci il materiale da cui ci sia
possibile ricavare le nostre osservazioni e sulla cui base ci sia possibile informarci delle sorgenti regolare dell’azione e
del comportamento umano. La giustizia è il principio sul quale si organizza la società politica; essa non ha fondamento
metafisico ma si basa sull’utile sociale  è giusto ciò che è socialmente utile, quindi ciò che è necessario all’uomo per
conseguire e conservare i beni necessari alla vita. L’uomo dispone di beni limitati e può assicurarsene in abbondanza
solo attraverso il coordinamento degli sforzi: l’idea dell’utile perviene all’uomo (necessaria a tale fine) solo quando egli
riesce a limitare autonomamente i beni a sua disposizione per soddisfare il bisogno futuro, contrapposto a quello
immediato. L’idea dell’utile si manifesta come la prima razionalizzazione del comportamento umano. La conservazione
dei beni è il fondamento della proprietà privata. Le relazioni tra gli uomini finalizzate alla reciproca collaborazione
sono possibili, per Hume, solamente con la garanzia della proprietà privata. La giustizia, quindi, ha come scopo la tutela
della proprietà privata, ciò che distingue le società primitive da quelle moderne. Hume si fa, inoltre, critico dell’idilliaca
concezione della società di natura, nonché delle società comunistiche e collettiviste: le differenti caratteristiche
individuali romperebbero in breve tempo la precaria e artificiosa uguaglianza.

Origine della società politica


La società politica si forma in un lungo periodo storico nel corso del quale gli uomini acquisiscono una serie di principi
istituzioni e leggi. La società politica, perciò, non si fonda sul contratto sociale in quanto l’uomo primitivo, del tutto
incolto, non sarebbe stato in grado di stipulare convenzioni o contratti sociali. La società politica si fonda invece
attraverso l’unità di comando; quindi, quando ha luogo il dominio di una minoranza guidata da un capo su una
minoranza, imponendo comuni regole di comportamento alla grande maggioranza. In altre parole, la società politica si
costituisce con la forza. Il rapporto di obbedienza della maggioranza nei confronti del governo si fonda sull’opinione di
questi dell’opportunità di ubbidire ai poteri costituiti sia vantaggiosa. L’opinione è di interesse, quando si riferisce alla
convinzione che il governo particolare sia vantaggioso; del diritto al potere e alla proprietà, le quali costituiscono il vero
fondamento dell’autorità esercitata dai pochi sui molti. Tali opinioni sono frutto del lungo processo di interrelazione e
integrazione che avviene tra individui e, perciò, solamente la tradizione, l’antichità determinano la convinzione del
diritto e fondano la legittimità dei governi. L’importanza della tradizione non significa che non possano essere
introdotte delle innovazioni, fatta eccezione per quelle di stampo rivoluzionarie, le quali spezzerebbero la struttura
portante dell’ordinamento politico (esperienza e continuità delle generazioni).

Economia e società
La dinamica della società è ricondotta al dispiegamento della razionalità: prima con l’immaginazione, la fantasia e la
superstizione, dopo con il pensiero scientifico e artistico. Sono le arti e le scienze, per Hume, a determinare la
civilizzazione e l’efficacia dell’attività economica. Attraverso il lavoro, l’uomo esprime le tre facoltà che gli consentono
di essere felice: azione, piacere e indolenza. Le arti impiegano l’uomo nell’azione; proprio dalle arti l’uomo può ricavare
quei beni il cui uso gli procura soddisfazione e piacere; infine, il lavoro che l’uomo esplicita nelle arti fa nascere in lui
l’esigenza del riposo per ricostituire le energie consumate.

Sviluppo economico e libertà politica


Il progresso promosso dall’attività economica diventa fautore di libertà politica, quale principio di una dinamica sociale
capace di realizzare le innovazioni che sono necessarie per venire incontro alle nuove esigenze della società. Il
progresso di emancipazione delle classi meno abbienti è dovuto al progresso stesso delle arti meccaniche e alla
diffusione del commercio, il quale ha permesso la nascita di nuove categorie sociali legati ad arti e commercio.
Attraverso queste è emerso gradualmente il ceto medio, ritenuto da Hume come la migliore e più salda base della
società. La nascita di arti e commercio è direttamente correlata alla libertà politica di uno Stato: il dispotismo e tutte le
forme di governo assoluto non possono che deprimere il carattere dei sudditi, rendendoli schiavi. La libertà è, dunque,
la condizione necessaria non solo di arti e commercio, ma anche di ragione e civiltà.

Hume elogia la società industriale in quanto ha permesso la nascita di un processo di mobilità sociale assente nel
mondo feudale, in cui il potere era monopolizzato da parte dei ricchi. Egli suggerisce, perciò, una politica economica e
sociale finalizzata ad una ripartizione della ricchezza nazionale che non accentui le distanze fra le categorie sociali, ma
che tenda ad attenuarle.

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