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1. Ragione e società.
Hume è un filosofo, moralista, storico, politico che rappresenta nell’illuminismo inglese la consapevolezza
critica del carattere pratico della nuova cultura dei lumi che riconosce il ruolo che hanno nella società le arti,
le scienze, il commercio, l’attività economica e quella lavorativa di genere.
Nella filosofia di Hume acquista rilievo la razionalità nei confronti delle passioni e dei sentimenti, che
debbono esprimersi secondo dettami della ragione empirica, consapevole dei suoi limiti, lontana quindi dalla
pretesa di potere tutto.
La politica è condotta da Hume ai fatti, alle esperienze convalidate dalla storia, ai dati empirici e viene
studiata attraverso casi concreti della politica inglese.
La preoccupazione fondamentale di Hume è mettere in guardia i suoi lettori contro il fanatismo e lo spirito di
fazione, contro i principi assoluti in politica, che, se tradotti in pratica, provocano radicali divisioni, premessa
di feroci lotte civili. Di qui la vena di scetticismo con cui considera le istanze eccessivamente liberali che
diventano, ai suoi occhi, libertarie. La politica, al contrario, deve ispirarsi allo spirito di moderazione, la
stessa che gli consentì di riconoscere la “sopraffazione” tentata dalla madrepatria nei confronti delle colonie
americane.
3. La critica del giusnaturalismo. Gli interessi politici e i programmi dei partiti. Storia: “gabinetto di
sperimentazione” della politica. Il fondamento della giustizia: l’utile sociale. Giustizia e proprietà.
La politica, per Hume, deve essere ricondotta nell’ambito delle considerazioni che si basano sull’esperienza
empirica dei fatti sociali. Non è fondata su principi eterni e immutabili (come per i giusnaturalistica che
postulavano l’esistenza di una comune razionalità, fondatrice della società politica).
Questa ragione, il principio di giustizia e i diritti che ne derivano non hanno valore intrinseco: la loro
giustificazione ha un puro valore strumentale, si riduce a una ideologia in quanto servono a giustificare
determinate posizioni politiche.
La politica come scienza si rende conto delle giustificazioni di carattere filosofico dei programmi dei partiti
hanno un valore di mera copertura ideologica: esse deve concentrare il suo esame sui fatti che ne sono il vero
supporto.
Essenziale è rapporto tra storia e politica: la prima ci consente di scoprire i principi costanti della natura
umana mostrandoci gli uomini in tutte le circostanze e fornendoci materiale da cui sia possibile ricavare le
osservazioni e informarci sulle sorgenti dell’azione e del comportamento umano. Sussiste una natura umana
che permane identica nella storia, il che ci consente di confrontare fra le diverse esperienze politiche per
individuare gli avvenimenti e i fatti ricorrenti, cioè le uniformità sociali che sono i presupposti per poter
individuare i principi su cui si fondano le società politiche e le regole che tendono a seguire.
La storia è un “gabinetto di sperimentazione” che consente l’analisi di tanti avvenimenti politici con
riferimento a costituzioni e regimi politici diversi, sì che lo studioso della politica può fissare “i principi della
sua scienza, nella stessa maniera in cui il fisico o il filosofo della natura s’informa della natura delle piante,
dei minerali e degli altri oggetti esterni per mezzo degli esperimenti che conduce intorno ad essi” (stesso
statuto metodologico della natura).
La giustizia è il principio sul quale si organizza la società politica. Il vero fondamento della giustizia è
l’utilità sociale: è giusto ciò che è socialmente utile.
Hume stabilisce un rapporto di reciprocità tra l’utile individuale e l’utile sociale, l’uno è al premessa per il
conseguimento dell’altro. L’esperienza richiama la nostra attenzione sul fatto che i beni di cui gli uomini
dispongono per il soddisfacimento dei loro bisogni sono limitati e possono essere aumentati con il beneficio
di tutti solamente tramite un’attività coordinata fra più individui.
L’idea dell’utile è anche il principio della morale individuale e civile in quanto è connessa alla capacità di
autocontrollo, di disciplina degli stimoli e desideri. La conservazione di una parte dei beni disponibili alla
loro stabile destinazione, alla produzione dei beni futuri è il fatto su cui si fonda la proprietà privata che non
si legittima su un originario diritto di natura ma sull’utilità individuale e sociale.
Le relazioni tra gli uomini finalizzate alla loro reciproca collaborazione sono possibili solo se vengono
fissate le regole che garantiscono la proprietà privata.
La giustizia ha come scopo la tutela della proprietà privata dato che senza di essa la società permarrebbe
nello stato di miseria e indigenza che caratterizza le società primitive. Il secondo scopo è garantire le
promesse e gli accordi senza la cui osservanza non è possibile di nuovo alcuna forma di collaborazione
sociale in vista dell’incremento dei beni necessari agli individui.
Hume ritiene irrealizzabile l’idea di una società egualitaria e comunistica: anche se si rendessero eguali le
proprietà e si livellassero le condizioni sociali, i gradi diversi di arte, attività e sollecitudine spiegati dagli
uomini tornerebbero immediatamente a rompere tale eguaglianza.
Se poi si insistesse nell’importo l’uguaglianza, si renderebbero necessari provvedimenti per porre un freno
alle attività degli uomini e per controllarle, con la conseguenza di instaurare un potere tirannico, al quale
nessuno potrebbe sfuggire, e di determinare nella società una condizione di generale povertà e miseria.