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LA DISCIPLINA

“Politica”:un termine in cerca di significati


Il concetto di politica ha trovato nel corso della storia una moltitudine di significati,si dovrà attendere le
riflessioni di Machiavelli,del 1500,affinché tale concetto venga privato da quelli che erano gli elementi
prescrittivi, normativi e religiosi che avevano per secoli caratterizzato il discorso politico.
Il concetto di “politica” per gli antichi:ARISTOTELE
Così come è possibile assistere al mutamento di significato di molti termini a seconda del contesto storico
in cui si vanno ad inserire,anche il significato attribuito al concetto di “politica” ha subito numerose
mutazioni nel corso della storia.
La definizione di politica riguardante l’epoca dei greci ha poco a che fare con la definizione odierna e
poggia le propria fondamenta sulla concezione in merito alla politica di Aristotele.Il termine politica deriva
dalla parola greca “città” e da ciò si evince la mancanza di distinzione presente tra la sfera politica e la
sfera sociale;la politica era,infatti,la dimensione collettiva interno cui si muoveva l’essere umano (ciò che
distingueva l’uomo da tutti gli altri animali),la politica era,quindi,la dimensione totalizzante del cittadino
greco,pienamente umano in quanto,appunto,politico.La politica quindi non può non avere altre finalità se
non il bene collettivo.Si tratta di una concezione di politica che tiene poco conto della verticalità intrinseca in
quest’ultima ma che si rifà solo ad un'ipotesi di orizzontalità.La concezione aristotelica trova poi una grande
applicazione nel medioevo,dove viene ripresa in un'ottica cristiana;tutte le altre tematiche concerni la
dimensione politica es:potere ecc,venivano definite con un altro nome.
La politica per la scienza politica
Macchiaveli viene considerato il primo pensatore che attribuisce una definizione autonoma e realista al
concetto di politica ,slegandola da disposizioni morali e religiose e anticipando quel processo che porterà il
suo allontanamento dalle altre scienze sociali.Con Machiavelli assistiamo ad un concetto di politica che
inizia a comprendere la concezione di potere,potere legato al Principe e allo Stato.
Il percorso iniziato con Machiavelli trova in Weber una sua conclusione,attraverso anche il recupero del
concetto di “polis”.Weber individua l’azione politica non come un mero “potere per il potere” ma bensì come
una lotta per il potere al fine di “servire una causa” basata su scelte soggettive,si ha quindi l’inizio della
storia contemporanea della politica e della sua analisi.
Man mano che si amplia il dibattito sulla politica s cominciano anche a farsi strada diverse teorie nel corso
del XX sec.Tuttavia anche conferendo centralità alla sfera del potere nella definizione di politica non si
risolve un problema intrinseco presente in questa:la possibilità di individuare un elemento costitutivo nel
comportamento politico(esistono diverse forme di potere che devono essere collocate in un determinato
contesto,bisogna tenere anche conto del “consenso”. Delle modalità con cui il potere viene ottenuto dai vari
attori).
Sartori fa emergere il concetto di verticalità in ambito politico (le decisioni cono collettivizzate,sovrane e
sanzionare),nel dare definizione alla politica riprende l’idea di Easton per cui la politica sia allocazione
imperativa di valori(beni materiali e non).Questo permette di circoscrivere due aspetti della politica:il fatto
che le decisioni vengano prese in determinate sedi e che questa abbia una dimensione processuale.Tutto
ciò però fa sì che enfatizzando la dimensione verticale ed imperativa si tenda a tralasciare il fatto che la
politica si fonda di fatto sull’incertezza(che si riesca a garantire l’ordine sociale).La politica deve quindi
imporre valori cercando di ridurre il tasso di incertezza in merito all’esito delle proprie azioni.Heclo
sosteneva che la politica non fosse solo lotta per il potere ma è anche uno strumento mediante cui si cerca
di di frontale la complessità/contraddittorietà dell’ordine sociale trovando risposte affidabili per la collettività
che mantengano l’ordine sociale.
La politica ha quindi due dimensioni portanti:quella del potere e quella di soluzione di problemi
collettivi;tenendo conto che i problemi riguardano appunto la sfera collettiva si riprende in parte l’ideologia
di Aristotele di politica finalizzata all’utile e quindi ad un bene comune.Tenendo conto di ciò si possono
affrontare le domande proposte da Lasswell,secondo lui utili per partire nello studio della politica in se.
● CHI FA POLITICA?Potenzialmente miliardi di attori sociali(individuali e collettivi)
● CHE COSA SI OTTIENE CON LA POLITICA?Teoricamente parlando il fine dovrebbe essere il
perseguimento di un ordine sociale collettivo ma bisogna anche tener conto che nell’aggregato delle
azioni politiche vanno a trovarsi anche i moventi dei singoli e che per l’ottenimento di qualcosa vi è
sempre un intrinseco conflitto di interessi.I processi politici possono essere a somma
positiva,negativa o zero.
● COME SI PERSEGUONO I FINI IN POLITICA?Il “come” in politica è dato dalla somma dei singoli
interessi e di idee divergenti(attori politici) e dalle caratteristiche sistemiche (regime olistico) e
processuali (L’ azione politica può eseguire i propri fini attraverso specifiche modalità relazionali tra
gli attori)
● DOVE SI PERSEGUONO I PROPRI FINI IN POLITICA?Luoghi di una collettività che siano o no
istituzionalizzati dove vi sia un organo deputato a prendere decisioni collettive e dove vi sia il
monopolio della forza.
LA NASCITA E L’ISTITUZIONALIZZAZIONE DELLA SCIENZA POLITICA
LA SCIENZA POLITICA é UNA DISCIPLINA CHE STUDIA I FENOMENI POLITICI AL FINE DI
COMPRENDERNE LA NATURA E SPIEGARLI MEDIANTE L’USO DI METODOLOGIE EMPIRICHE.
Il dibattito concerne la sfera politica trova da sempre un posto nel contesto sociale,questo tuttavia non
implica l’esistenza di una vera e propria scienza politica,di fatto perché una disciplina si affermi c’è
necessità che questa si emancipi dalle diverse discipline che la circondano,trattanti argomenti similari ed è
anche necessario individuare un oggetto di analisi di questa.Benché i grandi e pensatori della scuola elitista
europea vengano considerati come i padri della scienza politica,tale materia trova sviluppo ed
istituzionalizzazione principalmente nel Nord America (la scienza politica per le sue caratteristiche non può
non svilupparsi in un contesto democratico).
● Negli Stati Uniti troviamo una grande influenza da parte della storia politica,nel 1908 viene
pubblicato il libro di Beatles “The process of Governament”in cui emerge un'idea di politica vista
come interazione tra attori le cui decisioni influenzano le decisioni politiche.Durante il periodo tra le
due guerre negli USA si sviluppa l’attenzione ad una scienza empiricamente orientata(nascita della
Scuola di Chicago estudio tradizionale della politica:diritto e storia,compreso anche di
psicologia,antropologia e sociologia).Alla fine della seconda guerra si è già pronti in America alla
rivoluzione comportamentista(attenzione sui comportamenti nei processi reali e non formali).
● In Europa inizialmente la teoria predominante è quella elitista (forte influenza di marxismo ed
Hegel)con una visione teorica e pratica fortemente gerarchizzata della società,questo impedisce
inizialmente la nascita di una vera e propria scienza politica(crisi del processo di
democratizzazione),in Europa la la scienza giuridica è quella incaricata di incanalare la politica
dentro l’ordinamento giuridico.Nel periodo post II guerra,si assiste alla fine della crisi del processo di
democratizzazione, con conseguente possibilità di sviluppo ed istituzionalizzazione della scienza
politica,grazie anche all’influenza degli Stati Uniti.
UNA LENTA CRESCITA DELLA POLITICA IN ITALIA
Difficoltosa la nascita della scienza politica in Italia,realizzata con il lavoro di diversi studiosi vede il suo
fiorire negli anni sessanta.
I CONFINI DELLA SCIENZA POLITICA
Il consolidamento della disciplina
La scienza politica è ormai una disciplina istituzionalizzata a livello mondiale anche se ha trovato maggiore
terreno di sviluppo in occidente,prevalentemente in luoghi che presentano una democrazia consolidata.Il
consolidamento della disciplina ha portato ad una definizione dei confini di questa,rispetto alle discipline
che come lei trattano determinati fenomeni/comportamenti politici,l’individuazione di un oggetto di studio e
di metodologie/linee teoriche da osservare.Il processo di consolidamento e autorizzazione della disciplina si
caratterizza per due dinamiche coesistenti che possono potenzialmente entrare in contrasto l’una con l’altra
:la parte identitaria(cosa differenza questa disciplina dalle altre) e la parte di specializzazione interna(focus
su determinati temi e specifiche metodologie)
La scienza politica e le altre discipline:la costruzione di una identità
La scienza politica è l’ultima delle discipline che si rende autonoma dalle altre materie attigue che trattano
comportamenti sociali in un'ottica differente tra cui:sociologia,economia politica,diritto pubblico e
costituzionale e filosofia politica.
● Scienza politica e filosofia politica: Si pensa solitamente che la filosofia si occupi di idee mentre la
scienza politica si occupi di fatti e,proprio perciò,si basi su prove empiriche che validino le proprie
affermazioni. In realtà sia filosofia politica sia scienza politica si basano su un’unica domanda ossia
su “come sia possibile l’ordine politico”. La filosofia politica assume una prospettiva normativa quindi
si pone il problema di individuare il miglior ordine sociale possibile da perseguire mentre la scienza
politica cerca di spiegare perché è un ordine sociale sia prevalente in un determinato momento. Per
i filosofi politici la realtà viene comparata a un sistema teorico coerente mediante cui viene valutato
se l’ordine sociale esistente si conformi o meno con l’ordine sociale ritenuto ideale,mentre gli
scienziati politici cercano di comprendere la realtà e comprendere anche perché un fenomeno
politico si manifesti in un determinato modo. Si tratta quindi di una diversità metodologica ed
epistemologica che di fatto però non annulla la concezione per cui il cordone tra scienza politica e
filosofia politica non sia mai stato del tutto tagliato.
● Scienza politica ed economia politica: Per quanto riguarda la scienza politica e l’economia politica
per gli studiosi è risultato più semplice tracciare ed individuare i confini e rispettivi ambiti disciplinari
ma di fatto non si può non tener conto che queste due discipline tendano a contaminarsi a vicenda.
Innanzitutto bisogna spiegare cosa si va ad intendere con il concetto di economia:l’economia si
divide in microeconomia e macroeconomia (tratta quelli che sono i sistemi).In tale ottica
sembrerebbe non esserci alcun problema ad attuare una distinzione tra economia politica e scienza
politica, ma la realtà non è così poiché ci sono due motivi che rendono difficoltoso tale separazione:
un motivo pratico concerne il continuo sovrapporsi dell’oggetto della politica e dell’oggetto
dell’economia,soprattutto ragionando a livello sistemico,e un motivo legato allo sviluppo teorico
della scienza politica stessa e di alcuni filoni dell’analisi. Uno dei principali filoni teorici della scienza
politica e la cosiddetta “Rational Choice”,quindi si parte dall’assunto di base per cui la complessità
delle azioni degli individui siano finalizzate al massimizzare la propria utilità sulla base di un insieme
di preferenze stabili di informazioni ottimali e da input che provengono da altri contesti.Nonostante
tutto comunque i confini tra economia politica e scienza politica sono abbastanza netti,basti far
riferimento agli obiettivi delle due discipline:la scienza politica come come finalità ha quella di
comprendere la struttura di un ordine sociale mentre l’economia politica vuole appunto
comprendere con quale efficacia ed efficienza un sistema riesca a raggiungere e mantenere un
determinato equilibrio economico inoltre entrambi prendono in oggetto delle variabili completamente
differenti.
● Scienza politica e scienza giuridica:Pur apparendo nettamente diverse la scienza politica,che si
occupa di analizzare e spiegare i fenomeni politici e la scienza giuridica,che si occupa di studiare la
coerenza (legittimità e legalità) dei comportamenti politici,entro l’ordinamento politico
esistente,queste due discipline risultano trovare alcuni elementi di contrasto.Il diritto costituzionale e
pubblico ha sancito il passaggio dallo Stato Assoluto a quello Costituzionale e mediante il diritto
vengono regolati e depoliticizzati i rapporti tra governanti e governati.Il diritto inoltre si impone come
l’ingaggio dello stato e della politica,occupandosi però esso anche della legalità e della legittimità
dei comportamenti politici essi finiscono per rientrare nei comportamenti stessi.
● La differenza tra scienza politica e storia risulta essere abbastanza palese perché di fatto la storia si
occupa di ricostruire fatti accaduti durante il corso del tempo;ciò che caratterizza questa disciplina
che la rende simile a quelle che sono le scienze politiche e il modo con cui si approccia quelli che
sono i fatti e la ricerca,ossia con assoluta criticità.
● Scienza politica e sociologia: i confini presenti tra la scienza politica e sociologia sono molto più
labili rispetto ai confini presenti con altre discipline attigue,questo perché la sociologia risulta essere
una delle sorelle maggiori della scienza politica e la scienza politica stessa trae dalla sociologia
moltissimi termini e teorie,sono entrambe empiricamente orientate e utilizzano metodologie
quantitative e qualitative similari se non uguali,la differenza però tra le due è evidente perché la
sociologia si occupa di studiare la società mentre la scienza politica di studiare quelle che sono le
differenze presenti nel modo di organizzare il rapporto tra cause ed effetti,quindi variabili
indipendenti e variabili dipendenti. Il punto in cui le due discipline tendono a ibridarsi e quindi a
compattarsi/omologarsi porta la nascita della disciplina che viene designata come sociologia
politica.
EVOLUZIONE E SPECIALIZZAZIONE DELLA SCIENZA POLITICA
Le tappe fondamentali
La scienza politica contemporanea si consolidò a partire dal secondo dopoguerra e trasse spunto da una
matrice comune:quella del comportamentismo,un movimento epistemologico in cui si pone l’attenzione sui
comportamenti politici senza dare rilevanza a quelli che sono i poteri,ruoli ed istituzioni,si analizza,quindi, il
comportamento politico in modo neutrale attraverso quelli che sono strumenti di tecniche di analisi
fortemente innovative arrivando,così,ad una di spiegazione verificabile,neutra ed attendibile.
La svolta comportamentista è molto importante perché permette alla scienza politica di orientarsi nella
direzione di una disciplina empiricamente affermata ed,inoltre,grazie al comportamentismo,vengono
introdotti alcuni elementi molto importanti per questa disciplina.Nel comportamentismo si vanno ad inserire
anche quelle che sono le ideologie politiche di Easton che,sempre su questa scia propone un’analisi
politica ed un primo abbozzo di una teoria generale della scienza basata sull’ideologia per cui lo Stato non
sia situato al centro della scienza politica ma invece lo sia il cosiddetto “sistema politico”,ossia un insieme
di interazioni interdipendenti tra attori politici e attività funzionali della società tramite cui vengono prodotte
decisioni politiche e creati i valori presenti all’interno della società.In seguito la teoria di Easton verrà
abbandonata e questo creerà una forte frammentazione sul piano teorico all’interno della scienza politica,si
andranno a creare diversi paradigmi come quello della “Rational Choice” e la “teoria della scelta pubblica”.
Successivamente,a partire dagli anni 90, ritorna l’attenzione verso quelle che sono le istituzioni sia intese
come regole formali sia come come schemi e modelli di comportamento condivisi, si parla anche della della
cosiddetta “governance”,il problema secondo per cui gli individui si trovano a prendere decisioni all’interno
di contesti affollati,in contesti di attori che perseguono i propri interessi in diversi livelli istituzionali.La
globalizzazione ha poi accentuato questo processo portando a fenomeni quali lo studio della politica
comparata o delle relazioni internazionali.
Quindi durante il corso della storia,la scienza politica si articolata frammentandosi al suo
interno,frammentazione presente sia sul piano teorico,sia su quello metodologico e che porterà al rischio di
una diaspora interna che di fatto però non andrà a realizzarsi poichè,in ogni caso, ciò che accomuna tutti
coloro che si occupano di scienza politica è l’attenzione a cercare di spiegare la politica empiricamente
parlando e la condivisione della comparazione come metodo ineludibili per fare una buona scienza politica.
Gli approcci della scienza politica comparata
La scienza politica si caratterizza per presentare al suo interno una grande pluralità di approcci teorici.Gli
approcci teorici in ambito politico corrispondono ai paradigmi per quanto riguarda le scienze
naturali,quindi,nel momento in cui mi trovo a dover studiare un fenomeno politico,prescelto un determinato
approccio teorico,sulla base di questo userò determinati procedimenti metodologici.
Esistono numerosi approcci teorici all’interno delle scienze politiche quali,ad esempio, quello che viene
definito il “vecchio” approccio strutturalista ,una visione che guarda ai fattori strutturali principalmente ,quelli
socioeconomici,per interpretare eventi e comportamenti politici.Strutturaliste sono anche le teorie che
guardano allo sviluppo politico-economico di un paese come determinato dalla sua posizione
geopolitica,oppure che quelle che attribuiscono comportamenti clientelari all’appartenenza ad un sistema
familiare.
All’interno dello strutturalismo,quindi,il concetto di sistema viene ritrovato più e più volte.
Un altro approccio è quello definito pluralista,di stampo comportamentista,in cui si da molta rilevanza alle
azioni e alle interazioni tra gli individui interpretate come determinanti degli esiti dei processi politici.Al
centro dell’analisi pluralista vi è la concezione per cui il potere politico non sia situato soltanto in istituzioni
e strutture economiche-sociali ma che sia presente laddove si verifichi una qualsiasi interazione fra gruppi
che si mobilitano a favore di uno o un altro diritto.Bisogna,quindi,studiare il potere durante la sua
applicazione ,molti di questi studi vennero attuati all’interno di quelle che erano le comunità che stavano
andando instaurarsi negli Stati Uniti durante il corso gli anni 50 e gli anni 60,uno dei maggiori studiosi che si
occupa di di studiare il modo in cui fossero governate ed organizzare queste comunità è Dahl che arriva
alla conclusione per cui all’interno di queste comunità il potere fosse disperso e che la posizione centrale
fosse occupata da un “sindaco” che aveva come compito quello di decidere a quale pressione societaria
dare maggiore ascolto(in contrapposizione a quelli che erano stati studi antecedenti in cui si era arrivati alla
teorizzazione di un potere gerarchizzato). C’è da sottolineare che poi ci sono molti studiosi dell’approccio
pluralista che hanno sostenuto l’idea per cui il sistema politico non fosse in grado di rispondere alla totalità
delle esigenze della società e nella non capacità,delle società stesse, di ordinarsi in maniera spontanea in
modo da esprimere le esigenze di queste ultime.
A partire dagli anni 90 si ritrova riscopre l’interesse per le istituzioni,da cui la nascita delll'approccio
neoistituzionalista, questo filone si caratterizza per l’attenzione rivolta alle istituzioni statali,non più in senso
stretto ma come strutture,competenze e culture su cui necessariamente poggia l’azione politica.Si distingue
poi al suo interno in tre filoni che sono,comunque,accomunati dallo studio del e sulla loro capacità di influire
sui comportamenti degli attori e sulle decisioni politiche.
● Il neocostituzionalismo storico che colloca i processi politici in percorsi per cui essi siano dipendenti
sia in relazione alla loro persistenza sia in relazione al loro cambiamento.
● Il filone neoistituzionalismo sociologico-organizzativo in cui si afferma che il comportamento politico
sia fortemente influenzato dalle modalità tramite cui le istituzioni (intese come schemi di
comportamenti) formano le preferenze degli individui e quindi influenzano il loro comportamento
● Il neoistituzionalismo razionale che colloca i comportamenti in contesti istituzionalmente vincolanti.
Un altro approccio è quello culturalista che afferma che la cultura e i valori siano determinanti per i
comportamenti politici e si differenzia in base alle origini che vengono imputate a tali valori.Inizialmente
prevalgono gli studi fatti riferimento alla personalità tipica di alcuni popoli e però evidente che la politica
comparata molte volte si è lasciata sopraffare ed attrarre da quelle che sono spiegazioni di determinati
comportamenti che fanno riferimento a motivazioni antropologiche e ambientali
L’ultimo approccio è quello ideazionale che raccoglie quelle filiere teoriche concerni lo studio delle relazioni
internazionali e l’analisi delle politiche pubbliche,enfatizzando il ruolo delle idee,dei
valori,dell’argomentazione e delle norme condivise come fondamentali nel comportamento politico
trovandosi numerose volte ad ibridarsi con il filone neoistituzionalista.La prospettiva idealista è arrivata,ad
oggi,ad istituzionalizzarsi concentrandosi su due domande: in quali situazioni le idee,i valori, le norme
condivise e le argomentazioni possono influenzare le scelte politiche;in quale modo e con quali dinamiche
le idee esercitano la loro influenza nei processi di decisioni collettive.
METODI E STRUMENTI DELLA SCIENZA POLITICA
CHE COS’è LA RICERCA POLITICA E SOCIALE
Nella ricerca politica e sociale facciamo costante uso di osservazione e teorie. Noi applichiamo una grande
metodicità ed un grande ragionamento nelle azioni quotidiane senza,però,essere coscienti di ciò,la ricerca
politica e sociale si caratterizza per il fatto questa coscienza diventa presente,noi controlliamo il modo in cui
accumuliamo o scartiamo le nostre conoscenze secondo dei criteri di apprendimento condivisi e
controllati.Non si parla solo di un apprendimento autocosciente ma anche un apprendimento metodologico
e autocritico che essenzialmente si basa su due atti di fede:quello ontologico (concerne un discorso
sull’esistenza) concetto che consiste nello scommettere che la realtà politica sia organizza secondo una
certa regolarità,l’altro di tipo epistemologico (discorso sulla veridicità) che,invece,tratta la “scommessa” per
cui possiamo conoscere effettivamente la realtà grazie osservazioni disciplinate e metodi di
inferenza.Queste due premesse consentono di concretizzare,misurare ed osservare la realtà portando a
delle conoscenze che risultino essere valide,comunicabili e potenzialmente replicabili.Il lavoro degli
scienziati politici consiste nel ricercare la regolarità all’interno di una realtà che a primo acchito potrebbe
sembrare casuale e caotica.
IL DIBATTITO SULLA SCIENZA:LE SCIENZE SOCIALI E ALTRE SCIENZE
La scientificità della delle scienze sociali è stata a lungo oggetto di dibattito,un dibattito che parte dagli studi
di Wittgenstein da cui,poi,prendono spunto gli esponenti del circolo di Vienna che elaborano una teoria che
concerne l’unitarietà delle scienze naturali e scienze sociali. Si afferma,essenzialmente,l’idea per cui “i fatti
sociali” non siano sostanzialmente diversi dei “fatti naturali” ,tutto riguardava il riconoscere una relazione fra
la realtà (l’oggetto) e l’agente sociale o lo studioso (soggetto). In quest’ottica la “verità” della scienza e la
“validità” della nostra conoscenza era rappresentata dallo stabilire nel modo più coerente possibile il nesso
esistente fra questi due elementi. La visione filosofica del circolo di Vienna Dewey porterà alla nascita del
neopositivismo. La realtà sociale non si presenta immediatamente al soggetto ma tramite dei concetti e dei
termini che poi devono essere interpretati dal soggetto che da questi trae una rappresentazione in sé della
realtà sociale stessa.In quest’ottica,quindi,l’oggetto che viene preso in analisi possedere delle proprietà
intrinseche che devono essere,poi,scoperte dallo scienziato sociale che le deve esporre nella maniera più
rigorosa e attenta possibile. Affermando ciò si afferma l’idea per cui la veridicità e la validità di questa
conoscenza possano essere raggiunti in seguito mediante delle approssimazioni successive.
Il forte impulso empirista alla scienza politica derivò da una corrente americana concerne un dibattito
metodologico ai cui pilastri si pongono figure ai quali Truman e Bentley,questi avevano impostato lo studio
del processo di governo come uno studio empirico, volto a cogliere comportamenti e attività piuttosto che
stati mentali ed emotivi ad essi collegati,si afferma quindi l’idea per cui gli oggetti della scienza politica
erano gli dati “duri” (comportamenti attività umane) e non “molli” (stati mentali ed emotivi),si
mirava,quindi,a elevare la scienza politica al medesimo livello epistemologico delle scienze naturali.
Nel versante opposto troviamo, invece, studiosi coscienti della distinzione presente tra scienze naturali e
scienze sociali ,in relazione alla diversità esistente nel rapporto presente tra soggetto e oggetto,si ha
,quindi, l’introduzione di un modo diverso di conoscere che dà molta importanza al contrario da importanza
a stati d’animo ed emotivi dei soggetti nello spiegare comportamenti ed attività ( corrente che si rifà alle
ideologie di un filone che trovava in Max Weber il suo principale esponente).
Risulta essersi realizzato il passaggio dalla posizione induttivista,secondo cui si parte dall’osservazione
empirica e per poi riscontrare una sorta di regolarità nella sua manifestazione ,ad una posizione
deduttivista quindi basata sull’idea per cui bisogna partire da determinate “pre-teorie” che postulano
l’esistenza di una certa regolarità nel manifestarsi di un fenomeno per poi arrivare a testare se tale
regolarità sia effettivamente appunto presente nel reale.
La teoria di Popper identificata come teoria della falsificazione si basa sulla concezione per cui il compito
della scienza sia sottoporre le teorie scientifiche alla falsificazioni e in caso abbandonarle per riformularle
nuovamente,si mira al progresso scientifico attraverso questo metodo.
Mentre Kuhn ritiene che la scienza proceda non gradualmente ma bensì attraverso rivoluzioni,quindi la
scientificità delle teorie ad oggi non consiste nel fatto che questa si attenga al dato reale ma consiste
nell’attenersi alla teoria che a maggior seguito in quel momento all’interno della società presupponendo che
le teorie scientifiche siano socialmente determinate.
Lakatos cerca di conciliare queste due visioni contrastanti affermando che una teoria non possa
semplicemente essere abbandonata a seguito di un processo di falsificazione o che per passare da una
teoria all’altra basti seguire le mode del momento, ogni teoria è collegata ad un programma di ricerca
formato da un nucleo centrale che è l’ipotesi di base,da preservare da falsificazioni.L’ipotesi centrale non
può essere semplicemente scartata ma deve essere in qualche modo completata aggiungendo diversi
elementi che consentano di spiegare maggiormente il fenomeno,questa giunta non deve risultare
degenerativa(non deve scoraggiare la formulazione di una nuova ipotesi) ma bensi generativa(suggerire
quali possono essere le nuove ipotesi di base) .
Con indagine scientifica si intende un articolato e non lineari processo che da una situazione indeterminata
conduce alla posizione di un problema,che tale solo in quanto,con l’intervento di un abbozzo di teoria o
congettura risulta affrontabile risolubile.
DESCRIVERE,SPIEGARE,PREVEDERE,PRESCRIVERE,INTERPRETARE
Ci sono molti obiettivi che lo scienziato sociale può voler ottenere:
● Il primo tra questi può sicuramente essere quello di voler descrivere un fenomeno politico,
raccogliendo una grande quantità di dati,facendo fede a quelle che sono teorie che ha appreso
durante il suo corso di studi ma anche in base al proprio buon senso e alla propria interpretazione.
● Un altro fine può essere quello di voler spiegare un fenomeno ,spesso,però,la relazione che
instaura tra fenomeni sociali uno scienziato politico non è di tipo causale ma più che altro di tipo
correlazionale(non sempre la sequenza temporale tra causa ed effetto viene rispettata).
● Un altro obiettivo quello di può essere di prevedere i risultati o un evento.
● Un altro obiettivo può essere quello di prescrivere comportamenti,una raccomandazione che si basa
sulla previsione,che può essere anche di carattere normativo quindi i precetti a cui è bene giusto
attenersi.
● Un obiettivo che ha come finalità quella di interpretare gli avvenimenti e comportamenti sociali che
si basa su una posizione epistemologica costruttivista ritiene quindi che la realtà sociale non esista
di per sé "la fuori” ma che venga “costituita”.
L'ACCUMULAZIONE DELLE CONOSCENZE:PARADIGMI E RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE
Anche per quanto concerne la replicabilità delle ricerche e la cumulabilità della scienza politica,la posizione
degli studiosi variano in riferimento al fatto che seguono il filone neopositivista o costruttivista.Gli studiosi
che adottano un filone di pensiero neopositivista sono molto esigenti per quanto riguarda la pubblicità;il
compito di ogni studioso è quello di sottoporre le teorie esistenti a confutazioni al fine di migliorare la teoria
o scaricarla.
Mentre gli studiosi che adottano una visione costruttivista non credono nella replicabilità dei dati e nella
cumulabilità della scienza .
GLI STRUMENTI DELLA RICERCA
Quindi i concetti sono gli strumenti principali dello scienziato sociale per questo necessario che vengano
definiti in maniera univoca.Studiosi come Sartori o Marradi hanno contribuito a quella che viene definita
analisi concettuale.
CONCETTI E DEFINIZIONI
Secondo Sartori ogni concetto identifica un oggetto a cui viene assegnato un termine e un significato. Si
crea quindi una relazione triadica tra oggetto termine e significato;la relazione tra significato e oggetto deve
essere precisa per non cadere in vaghezza concettuale e la relazione tra significato e termine deve essere
univoca. Mentre la posizione di Marradi risulta essere meno dettagliata rispetto alla posizione di Sartori
perché,appunto,sostiene che la realtà possa essere suddivisa in modi diversi a seconda delle esperienze
vissute dalla popolazione che usa un linguaggio e delle esigenze del ricercatore. Facendo riferimento a ciò
possiamo dire che le traduzioni da una lingua a un'altra possono essere molto difficili perché ci sono
termini che rimandano ad esperienze diverse.
Proprio per questo motivo è molto importante e definire in maniera attenta ogni concetto che si utilizza
all’interno della ricerca scientifica.Va definito quindi l’oggetto che si intende descrivere analizzare e
studiare,ossia la variabile dipendente,in questo Sartori attua una distinzione tra concetti teorici (non
rimandano ad un referente osservabile) e concetti empirici (rimandano a referenti osservabile) [Partito
politico è un concetto empirico e la democrazia è un concetto teorico]. La definizione di ciascun concetto
deve contenere, esclusivamente, gli elementi che si rendono necessari al fine di distinguere quel concetto
da altri concetti che presentano delle caratteristiche affini.
E facendo riferimento a tali caratteristiche possiamo dire che i concetti si trovano in relazione agli altri in
riferimento a quella che viene definita la scala di astrazione che appunto posiziona i concetti in un diverso
livello a seconda delle caratteristiche che differenziano un concetto rispetto ad un altro.
Più caratteristiche aggiungiamo al concetto da cui partiamo più si arriva un concetto “ristretto”; quindi
chiamiamo intensione l’insieme delle caratteristiche che definiscono un concetto-termine ed estensione
l’insieme dei referenti empirici indicati dal concetto-termine e possiamo affermare che tra intenzione di
estensione esiste un rapporto inverso,tanto più limitata sarà dall’intenzione(numero di caratteristiche che
definiscono necessariamente un oggetto), tanto più ampia estensione(numero di referenti empirici che sono
denotati da un concetto) e viceversa.
Mediante l’intensione del concetto siamo in grado di stabilire l’estensione di questi ,quindi a quelli casi
empirici l’oggetto fa riferimento,casi che possono essere oggetto o strumento della nostra analisi e,proprio
in quest’ottica,i concetti assumono la denotazione di variabili della ricerca,per usarli come tali bisogna
riuscire a tradurre le caratteristiche che compongono loro intensione in altrettante indicatori osservabili
tramite quello che viene definito il processo di operativizzazione del concetto.
I concetti sono dei costrutti sociali e quindi hanno una propria storia,i termini che indicano i concetti nelle
scienze sociali sono molto simili ai termini del linguaggio comune,questo potrebbe dar adito a due problemi
principalmente:all’interno del ragionamento gli scienziati potrebbero voler inserire nel loro discorso sociale
dei termini che presenti nel linguaggio comune facendo perdere la validità socioscientifica; Il secondo
errore potrebbe essere quello di credere che qualsiasi individuo che parla di politica sia automaticamente
uno scienziato politico.
Inoltre,la somiglianza del linguaggio politico socioscientifico a quello comune pone altri due problemi:il fatto
che lo scienziato politico possa utilizzare dei termini diversi per denotare referenti empirici,termini diversi da
quelli standard arrivando così a far perdere precisione all’interno di quello che è ragionamento;il secondo
problema può essere quello che,per arrivare utilizzare dei termini del linguaggio comune in maniera
scientifica occorre depurarli da quello che è il loro significato quotidiano.
CLASSIFICAZIONI E TIPOLOGIE
Definiamo “modalità della scoperta”,la raccolta di una serie di dati e di osservazioni al fine di catalogarli;si
attua,poi, una classificazione che può passare dalla classificazione più semplice,riguardante una sola
caratteristica,ad una più complessa che tratta più caratteristiche,si passa poi a quella che viene definita
l’associazione,ossia la ricerca delle caratteristiche correlate tra i diversi elementi.La classificazione da
luogo ad una tipologia ,il cui termine deriva da “tipo” che indica quindi una sottospecie del genere che
mostra dei tratti “tipici” rispetto quello che è il carattere “generale”.
La costruzione di una tipologia può essere il passo verso la formulazione di ipotesi che
possono,poi,diventare vere e proprie teorie.
La classificazione e la tipologia affinché possano effettivamente essere utili a sviluppare delle nuove ipotesi
e,quindi, delle nuove teorie o confermare o confutare quelle già esistenti,devono essere collettivamente
esaustive,quindi tutti gli elementi devono poter essere messi in una casella e devono anche essere
mutuamente esclusive,quindi non ci devono essere elementi che possono essere messi indistintamente
all’interno di una casella piuttosto che in un’altra.
PROPOSIZIONI GENERALIZZATE
L’ambizione degli scienziati di stampo neopositivista è quella di arrivare alla formulazione delle proposizioni
generalizzate anche definite quasi leggi. Da qui il riferimento al fatto che le scienze sociali siano in grado di
creare,al pari delle scienze naturali,delle leggi che abbiano una validità assoluta.
All’inizio si era postulata l’idea per cui le scienze sociali differissero con le scienze naturali per il non poter
controllare l’ambiente all’interno di cui le variabili vengono fatte interagire.. Questa posizione neopositivista
è stata prontamente abbandonata per una posizione che ammette l’idea per cui le scienze sociali possano
passare al massimo aspirare a generare proposizione generalizzata limitate nel tempo e nello
spazio,aventi una validità statistica (una percentuale di validità inferiore al 100%). Al fine di formulare
proposizioni generalizzate di un determinato evento si devono limitare il numero di variabili
indipendenti,questa limitazione può avere due conseguenze: riducendo il numero di variabili indipendenti
potenzialmente rilevanti si limita il numero di casi osservabili e quindi si hanno delle conclusioni che
risultano essere meno affidabili; molte volte le osservazioni non risultano essere indipendenti dalle altre.
CICLO DELLA RICERCA
L’OGGETTO DELLA RICERCA
La ricerca ,solitamente, nasce dalla curiosità o dalla sensazione che “qualcosa non torni” e ;un problema è
ritenuto un fatto socialmente significativo proprio perché “cozza” con pregiudizi e prenotazioni( radicati
all’interno di un corpus di conoscenze acquisite) ,a partire da una stessa domanda scienziati diversi si
proporranno risposte diverse a seconda della tradizione disciplinare a cui appartengono.
Il primo passo è giustificare il quesito della propria ricerca,la finalità può essere quella di esplorare un
fenomeno fino a quel momento ignorato o sottovalutato,affinare una teoria esistente oppure confutare.
Bisogna poi definire quelli che sono i concetti, variabili indipendenti e attuare un processo di
operazionalizzazione. Si può individuare quale risulta essere la teoria maggiormente indicata per porre in
risposta alla domanda e successivamente si fa riferimento a quello che è il metodo di indagine,nella scelta
del metodo di indagine possiamo avere un ampio spazio decisionale oppure molte volte ci si pone delle
domande che presentano dei metodi predeterminati.
ELABORAZIONE E CONTROLLO DELLE IPOTESI
Tutti i giorni utilizziamo ragionamenti che hanno molte caratteristiche in comune con quelli della ricerca
scientifica ma la differenza tra i ragionamenti che utilizziamo noi e quelli utilizzati dallo scienziato sociale
sta nel fatto che,lo scienziato sociale analizza passo per passo il ragionamento cercando di non cadere in
errori,come la sovrageneralizzazione del risultato ,arrivare alla conclusione che il risultato ottenuto valga
universalmente, le osservazioni sbagliate che possono far portarci è una visione errata del mondo e,infine,i
ragionamenti viziati,rigettare conclusioni ottenute con teorie che sono diverse dalle nostre o ignorare le
conclusioni che non confermano queste ultime oppure ricercare regolarità e ordine laddove non ci sono.
LE STRATEGIE DELLA RICERCA
Ci sono numerose strategie di ricerca, bisogna fare distinzione tra indagare un fenomeno nuovo o
indagare invece un fenomeno che si è precedentemente già incontrato. Nel caso in cui ci trovi di fronte a un
fenomeno nuovo bisogna comprendere le ragioni profonde,o descriverlo,metterle in evidenza le
caratteristiche necessarie per creare quello che è un termine utile a disegnarlo,in caso,invece, ci si trovi di
fronte è un fenomeno che si è già precedentemente incontrato ma di cui si vogliono descrivere nuove
caratteristiche si dovranno esporre queste ultime e prevedere successive manifestazioni.
Nel momento in cui abbiamo la volontà di formulare delle nuove ipotesi o verificare delle teorie dobbiamo
partire dalla scelta che riguarda se si voglia comprare o meno.
Per quanto riguarda l’analisi bisogna fare una distinzione tra analisi che mirano spiegare un singolo evento
o fenomeno e analisi che vogliono spiegare un gruppo,una classe di eventi o fenomeni,dobbiamo poi
scegliere se porci in ottica retrospettiva quindi partire da quelli che sono le cause dell’evento per poi
ricercare la sequenza che ha portato a quelle determinate cause oppure una prospettiva prospettica quindi
partire dall’evento iniziale e arrivare le conclusioni sono successivamente.
Bisogna,poi,comprendere la distinzione tra variabili indipendenti, variabili dipendenti ,variabili intervenienti e
di contesto. Le variabili indipendenti sono le condizioni e le circostanze che separate o congiunte che
determinano il verificarsi del fenomeno e sono definite indipendenti poiché verificarsi di una non influenza il
verificarsi di un’altra. Le variabili dipendenti sono il fenomeno o l’evento che andremo a studiare. Le
variabili intervenienti sono quelle variabili che alterano l’intensità o addirittura il segno delle variabili
indipendenti. Le variabili di contesto sono le variabili che definiscono le circostanze intorno a cui l’analisi
comparata a luogo.
DALLE STRATEGIE DI RICERCA ALLE TECNICHE
METODO COMPARATO,METODO STATISTICO,METODI QUANTITATIVI E QUALITATIVI
Il numero di variabili indipendenti che possono essere potenzialmente rilevanti e il numero di casi che
abbiamo disposizione determinano quella che poi sarà la nostra strategia di ricerca e di analisi.( Una
“regola pollice” ,per così dire,spesso utilizzata in statistica è che per ogni variabile indipendente il cui
effetto sulla variabile dipendente si vuole studiare si devono avere almeno 20 osservazioni in più e le
osservazioni devono essere automaticamente indipendenti le une dalle altre).
Se analizziamo due o più casi in base ad un’unica caratteristica avremo una classificazione, se aumenta il
numero delle caratteristiche a due si arriva ad una tipologia.Se analizziamo un caso in base a una o più
variabili indipendenti avremo una descrizione o uno studio di casi. Se analizziamo due casi a partire da una
o più variabili avremo una descrizione binaria. Da tre casi e tre variabili indipendenti in poi si attua quella
che viene definita una comparazione rigorosa.Se il numero delle variabili indipendenti rimane inferiore al
numero di casi potremmo utilizzare il metodo comparato (qualitativo) o il metodo statistico (quantitativo).
Il metodo comparato si basa su una selezione giudiziosa dei dati per limitarne il numero, altrimenti sarebbe
elevatissimo di variabili indipendenti,i casi vengono selezionati in modo da “controllare” le variabili
indipendenti quindi non farle variare.
Il metodo statistico può prendere in raccolta un numero più elevato di casi,facendo affidamento su molte
osservazioni,si può,però,ottenere una scarsa qualità dei singoli dati che viene compensata dal loro grande
quantitativo.
La distinzione tra metodo comparativo e metodo statistico sta nel fatto che il metodo statistico raccoglie più
dati che,di fatto,possono sembrare,singolarmente, poco precisi ma che nel complesso restituiscono una
descrizione abbastanza dettagliata del fenomeno mentre il metodo comparativo raccoglie meno dati ma
presuppone una grande conoscenza di questi.
Il metodo comparativo genera risultati significativi, il metodo statistico genera dei risultati affidabili.
COMPARAZIONE SINCRONICA,DIACRONICA E STUDIO DI CASI
Ci sono studi molto importanti che hanno segnato la storia della scienza politica che di fatto si interessano
sul medesimo caso,questi studi risultano veramente scientifici solo se rispondono ad alcuni criteri:
● Se la teoria che vogliamo studiare oppure confutare è ben specificata e quindi è stata elaborata
sulla base di un accurato studio comparativo tradizionale,si parla di caso critico.
● Nel caso in cui,invece,si vada nella direzione opposta,quindi il caso che vogliamo studiare e non si
basa su una teoria che risulta essere già ben formata,lo studio del caso serve a ipotizzare la
relazione tra variabili,relazione che poi dovrà essere verificata tramite uno studio più attento,si parla
di quindi di caso clinico.
● Anche gli studi più convenzionali che contengono osservazioni su molteplici casi e possono
rispondere ad esigenze diverse.Sono casi apparentemente simili che,in realtà, mostrano
comportamenti della variabile indipendente divergenti rispetto le aspettative si parla quindi di disegni
di ricerca dei casi simili,mentre c’è un trend che riguarda i disegni di ricerca di casi il più possibile
dissimili fra loro.
● Quando il disegno di ricerca coinvolge lo stesso caso ma in momenti diversi della sua evoluzione si
parla di studio diacronico.
LE TECNICHE DI RICERCA DELLA SCIENZA POLITICA
Lo scienziato politico utilizza diversi strumenti che si sono andati a sviluppati durante il corso del tempo e la
cui efficacia è stata a lungo oggetto di dibattito. Si può partire dalla distinzione tra analisi primaria ed analisi
secondaria.L’analisi primaria dei dati si verifica nel momento in cui il ricercatore può “costruire” i propri dati
ordinandoli attraverso una specifica attività di raccolta ed eventuale codifica,mentre l’analisi secondaria si
ha nel momento non si dispone di dati osservabili e bisogna,quindi,adattarsi ai dati già esistenti,a volte
custoditi da enti appositi.
Ci si basa su strategia di ricerca estensiva,quindi condotte su un ampio numero di casi ed un grande
numero di variabili indipendenti e,per controllare questo gran numero di specifiche informazioni,si utilizzano
delle descrizioni dense per ottenere una qualche inferenza seguendo strategie intensive.
Il metodo dell’analisi primaria può essere suddiviso,in base al numero di strumenti,in tre classi: il contesto,i
messaggi e le risposte.
● L’analisi del contesto riguarda l’immersione del ricercatore nel contesto che intende studiare.Il
metodo più usato è quello della partecipazione che può essere pura,quindi l’osservatore non
interviene all’interno del contesto ,risulta quasi non essere visto dagli attori,ma,più
frequentemente,si utilizza quella che viene definita l’osservazione partecipe che richiede il
coinvolgimento dell’osservatore ed il riconoscimento della sua presenza.
● Analisi dei messaggi consiste nel tentativo di interpretare,in modo sistematico,le informazioni
contenute all’interno dei documenti che possono risultare essere comparabili con gli altri e che
costituiscono l’unità di analisi di una specifica ricerca. (strategia estensiva).
● Analisi delle risposte consiste nell’indagare quelle che sono le risposte dei soggetti
appunto,utilizzando la strategia delle dei sondaggi di opinione,con i gruppi di grandi
dimensioni,mentre nel caso in cui ci si faccia riferimento ad un piccolo gruppo si può utilizzare
l’intervista non strutturata.
● L’ultimo metodo molto utilizzato è quello sperimentale,è stato lungo dibattuto in merito al fatto se
potesse o meno essere applicato anche in quello che è il campo delle scienze politiche, consiste nel
ricercare le cause di effetti attraverso la manipolazione controllata nella generazione delle
osservazioni.La differenza principale rispetto ai metodi che vengono analizzati prima è che i dati che
lo scienziato politico va ad analizzare sono generati ed in parte manipolati dallo stesso.Si
tratta,quindi,di somministrare ad un sottoinsieme di individui un “trattamento” in cui una
variabile,che si vuole isolare e studiare, verrà manipolata e i risultati ottenuti verranno comparati con
quello che viene definito il “gruppo di controllo” per verificare se si siano ottenuti degli effetti rilevanti
alla manipolazione della variabile.
REGIME,SISTEMA POLITICO E STATO
I REGIMI POLITICI
L’attività politica non si risolve esclusivamente nella dimensione processuale,quindi fluire di
azioni,intenzionali e di conflitti,altrimenti si cadrebbe in quello che Hobbes ha definito la “guerra di tutti
contro tutti” ,caratterizzante lo “stato di natura”,condizione per cui non risulta essere possibile alcuna forma
di organizzazione sociale e di progresso civile,in cui prevalgono un costante stato di pericolo di una morte
violenta.La politica prevede la canalizzazione di azioni e l’istituzione di attività al fine di assicurare “stabilità
e significato quelli che sono i comportamenti”.
Con il concetto di regime politico intendiamo l’insieme delle strutture,delle regole,delle procedure e più,in
generale,delle istituzioni politiche che danno forma e organizzare alla lotta per il potere o,sotto un altro
punto di vista,definiscono le posizioni chiave del sistema politico e le modalità per accedervi.
Il termine “regime” ,quindi,potrebbe anche andarsi ad intendere come sinonimo di ordinamento e di
organizzazione ,ossia un insieme di norme volte a organizzare in modo stabile e regolare qualche aspetto
che rilevante all’interno della nostra società.
Ci sono diversi significati attribuiti nel linguaggio comune al termine “regime” che spaziano in riferimento al
contesto in cui si va ad usarlo,uno di questi è sicuramente quel significato che connota al concetto di
regime una valenza negativa,quindi lo collega ad un sistema di regole autoritarie.
La nozione di regime è strettamente collegata al concetto di sistema politico, in particolare, Easton
sosteneva che il regime fosse una componente essenziale del sistema politico così come la comunità
politica e le autorità.
Easton divideva il sistema politico in tre componenti:l’autorità,la comunità politica e il regime:
● Con autorità si intende “le posizioni a cui competono le responsabilità di governo”,quei ruoli che
sono coinvolti nella produzione di decisioni vincolanti che rappresentano la classe politica nelle sue
diverse articolazioni.
● Con comunità politica intendiamo “un gruppo tipo di individui che si identificano reciprocamente sul
piano politico,ossia si considerano come un’entità soggetta alle stesse regole fondamentali per
effettuare delle allocazioni autoritative”, possiamo poi attuare una doppia definizione della comunità
politica secondo due eccezioni:da una parte abbiamo la comunità di cittadinanza quindi quel
complesso di diritti civili,politici,economici e sociali di cui si avvalgono i cittadini nei confronti
dell’autorità; la comunità di sentimento quindi una serie di individui che si identificano come
appartenenti a una comune tradizione e storia, quindi si riconoscono reciprocamente e sono
fortemente solidali gli uni con gli altri.
● Con regime politico intendiamo il modo in cui il potere è distribuito tra i vari ruoli e le varie posizioni
all’interno del sistema politico.
IL CONTROLLO DELLA FORZA
Con regime politico si intende,quindi, una forma di potere stabilizzato ,un sistema strutturato in cui viene
definito chi prende decisioni e chi impartisce comandi vincolanti nei confronti di una collettività ,la
possibilità che questi comandi vengano rispettati implica ricorso,anche se in ultima causa,alla forza
fisica.Per Dahl la politica rimanda sempre al potere,ad una norma,ad un’autorità,mentre per Almondo e per
Powell che riprendono la linea di Weber,la politica ha a che fare con l’esercizio della coercizione fisica
legittima.In ottica più generale potremmo dire che le relazioni internazionali fra gli Stati si svolgono
all’ombra della guerra,quindi se è vero che gli Stati fanno la guerra è anche vero che la guerra fa gli Stati.
In ogni caso,il ricorso alla forza fisica importa tanto nelle relazioni nazionali quanto in quelle internazionali
ed è necessario che i governanti ne abbiano il controllo esclusivo ,un monopolio che risulti essere stabile e
organizzato ,molto importante è che militari,eserciti siano presenti all’interno di un regime politico e
l’organizzazione che poi,verrà conferita a questi militari e questi eserciti avrà una conseguenza molto
importante all’interno del sistema politico stesso.
La struttura che vanno ad assumere le forze armate dipende da diversi fattori quali,ad esempio,lo sviluppo
tecnologico,le stratificazione sociale,le scelte dei governanti e quello che viene definito il “triangolo
strategico”,quindi l’efficienza dei militari,il tipo di sostentamento economico ed il loro grado di lealtà.Dalla
combinazione di questi elementi derivano quelle che sono le principali configurazioni organizzative che
possono assumere i militari:la comunità in armi,gli eserciti o di sostenuti dai notabili; gli eserciti
permanenti;le forze armate di professionisti.
Queste combinazioni portano anche il rischio che i militari stessi possano sovvertire il quadro politico e si
possa sfociare in quello che viene definito regime militare.
IL TERRITORIO
I regimi politici sono entità territoriali e da sempre il territorio è un elemento fondamentale della vita politica.
Bisogna comunque tener presente che nell’epoca moderna,a seguito di quello che è il processo di
globalizzazione,si sta assistendo un processo di deterritorializzazione.
Le principali tipologie di format territoriale sono:
● Le città-stato ,delle città autonome e sovrane,solitamente occupano un territorio non molto
vasto,sono organizzate spesso in una lega di città con ampia autonomia e sono governate secondo
modalità chiuse e gerarchiche generalmente.
● Gli Stati in senso stretto, in cui esiste il controllo amministrativo(e militare) di un certo territorio,stato
che però non è strettamente accompagnato dal fatto che gli abitanti presenti al suo interno abbiano
la coscienza di “costruire una comunità”cosa che accade per quanto riguarda gli Stati nazionali che
si caratterizzano per la comunanza interna di un patrimonio culturale,linguistico ecc..
● Gli imperi che rappresentano “un potere sterminato di qualcosa nei confronti di qualcuno” ,i
possedimenti sono generalmente molto vasti e tendono anche ad aumentare,non richiedono,per
questa logica espansiva ,un ricorso alla forza e hanno una forte pluralità al loro interno in ambito
linguistico,culturale ed etnico.
● Le federazioni che rappresentano la coesistenza e l’associazione di identità politiche autonome e
sovrane,sulla base di rapporti sociali contrattuali; le forme di unione tra Stati possono essere
alleanze,confederazioni oppure sistemi federali ,sempre pur nel rispetto dell’autonomia dei singoli
membri
LA STRUTTURA DEL GOVERNO
Un regime si può descrive grazie a tre tipi di regole costitutive :la distribuzione delle capacità decisionali;la
limitazione del potere del governo e la definizione di quelli che sono meccanismi di equilibrio reciproco tra
istituzioni;la distribuzione territoriale delle competenze decisionali quindi la ripartizione dell’autorità sovrana
a livello statale e sovrastatale.
La distribuzione e la limitazione del potere rappresentano quello che viene definito la divisione orizzontale
dei poteri ,ossia la distribuzione di funzioni tra organi o istituzioni che detengono la sovranità. Ad una prima
analisi,sembra che tali regole si rifacciano alla ripartizione del potere tra le Élite politiche,mentre,nelle
democrazie,le regole organizzative o costitutive più rilevanti riguardano i rapporti fra queste Élite politiche e
le istituzioni di controllo,come il capo dello Stato,la corte costituzionale e le altre istituzioni di
garanzie;mentre nel regimi autoritari il potere si concentra nelle mani del leader.
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale si assiste a una divisione verticale di poteri,con istituzioni
che possono configurarsi come centralizzate o decentralizzate rispetto alle istanze emanate dai territori.
Queste regole costitutive riguardano anche quella che Sartori indicava come strumenti di
demoprotezione,ossia di salvaguardia dei cittadini nei confronti di quelli che sono detentori del potere.
LA LEGITTIMITà
Come sosteneva Weber,ogni regime politico implica due elementi: un insieme di apparati e la
legittimità,acquisita attraverso il processo di legittimazione che fa sì che le forme di dominio si strutturino e
permangano nel tempo.
Un ordinamento politico viene riconosciuto come vincolante,perché i membri che ne fanno parte ritengono
che le decisioni prese da questo siano giuste e quindi accettabili.
Il monopolio della forza e la legittimità danno al regime politico la massima capacità obbligante. perché
nessun individuo o gruppo,sotto la sua giurisdizione,si può sottrarre dalle decisioni prese da quest’ultimo.
Ferrero definiva la legittimità un elemento umanizzante e addolcente delle relazioni fra gli individui e chi
detiene il potere,rendendo un rapporto altrimenti instabile che verrebbe percepito come una mera
imposizione più accettabile.
Mosca sosteneva che gli individui che si trovano a dover rispondere ad una determinata imposizione,non lo
devono solo fare soltanto per il timore di un ricorso alla forza fisica ma proprio perché ritengono che quelle
imposizioni risultino essere giuste anche in un’ottica morale solo facendo leva,quindi,sui principi morali.
Il fondamento della legittimità non è tanto basato su un qualche tipo di evento oggettivo o di forza esterna
ma è l’atteggiamento del soggetto legittimante verso quello che è il potere da legittimare quindi una
decisione viene obbedita semplicemente perché la si crede giusta.
Le motivazioni interiori che rendono accettabile il potere possono essere di diversi tipi,Weber di definisce
legittimità carismatica, il momento in cui l’individuo obbedisce perché ha fede nelle grandi capacità
straordinarie dell’autorità in carica ,legittimità tradizionale,quando l’individuo obbedisce facendo fede a
quella che è la sacralità delle tradizioni,incarnate poi da una qualche autorità, legittimità razionale-legale ,si
ha fede in quelle che sono le procedure formali e le norme che regolano l’accesso ai ruoli di
autorità,legittimità popolare, le decisioni vengono accettate facendo fede a quella che è il consenso della
maggioranza e la legittimità di risultato o endemonica per cui le decisioni rispondono ad una volontà da
parte di cittadini.
LA PROSPETTIVA SISTEMICA
LE ORIGINI
Agli inizi degli anni ‘40,due antropologi si sono interessati allo studio dei sistemi politici africani,arrivando
alla conclusione che per comprendere il funzionamento e lo sviluppo della politica all’interno del continente
africano,bisognasse non soltanto rifarsi al concetto di “istituzione” o di “costituzione di Stato” ma più che
altro guardare alla società nella totalità,quindi alle relazioni di interdipendenza tra diversi elementi,partendo
dal presupposto per cui il cambiamento in qualsiasi punto della società avesse delle conseguenze anche
per la restante parte di questa. In un'ottica internazionale potremmo dire che questa concezione,non
riguarda soltanto le società esotiche ma anche quelle che sono le società europee, in cui esistono un’ampia
serie di fenomeni politici che non possono essere ridotti soltanto alle istituzioni statali.
Si avvia,quindi,una concezione di sistema politico che avrà un grande diffusione nella scienza politica a
partire dagli anni ‘50 ,grazie anche ad Easton. Questa visione,che ormai non trova più grande adesione
all’interno della concezione politica,fa fede sul fatto che molti aspetti della vita sociale e della sfera politica
non possano risolversi facendo riferimento esclusivamente al concetto di Stato,di costituzione o di
istituzione.
LA DINAMICA DEL SISTEMA POLITICO

Facendo riferimento a questo schema possiamo notare che esiste un regolare scambio,quindi una
relazione,tra il sistema che viene appunto indicato come scatola nera o black box e il suo ambiente di
riferimento ,l’ambiente di un sistema ha una “natura plurale” e,da questo ambiente,il sistema riceve
continuamente stimoli (shock),quelli che vengono definiti input,a cui deve cercare di rispondere per
adattarsi e sopravvivere.La risposta a questi input avviene attraverso quelli che vengono definiti output. Gli
input che derivano dall’ambiente possono essere domande che sono rivendicazioni o richieste di
assegnazioni imperative di beni e valori.Definiamo politicizzazione di una domanda,di un conflitto o di un
bisogno il fatto che,attorno a specifici temi,sia maturata la consapevolezza della necessità di una soluzione
imperativa. In ogni caso la funzione di espressione o di emissione delle domande nel sistema non è una
cosa scontata o automatica ,ci sono diversi tipi di input che hanno come funzione quella di trasmissione
delle domande,regolandone il flusso.
Per poter rispondere a quelle che sono le rivendicazioni i sistemi politici fanno riferimento a dei sostegni
(energia che consente al sistema di funzionare), possono avere carattere materiale o possono essere
associati all’obbedienza che individui o gruppi devono avere nei confronti delle decisioni politiche.Questo
sostegno può essere specifico,quando ci si adatta alle decisioni perché ci si aspetta di ricavare più o meno
direttamente benefici e convenienza delle politiche pubbliche oppure può essere un sostegno diffuso ,io
rispondo a decisioni e le legittimo indipendentemente dal guadagno che spero di ricavare perche mi sento
in dovere morale di doverlo fare.
Ci sono poi quelli che vengono definiti within-input che provengono dall’interno stesso del
sistema,direttamente da leader,partiti e istituzioni.
Bisogna comunque sottolineare che il sistema non risulta essere una macchina banale,un’alternanza fra
input e output ma ci sono anche delle domande che non riescono ad arrivare al sistema stesso,essendo la
trasmissione di queste regolata da alcuni meccanismi di selezione noti come gatekeepers che sono indicati
nella parte grigia della figura(dietro black box),meccanismi attraverso cui le domande vengono
manipolate,le più pericolose bloccate.
CONVERSIONE E FUNZIONI DI PROCESSO
Oltre alla relazione tra domanda-conversione-risposta,all’interno del sistema di Easton,è presente anche il
cosiddetto feedback ,ossia l’effetto ritorno per cui le risposte inevitabilmente finiscono per incidere su quelle
che erano le condizioni che avevano portato alle domande.
Lo studioso aveva dato una breve,se non per nulla presente,definizione del processo che andava ad
attuarsi all’interno della scatola nera. Per trovare una definizione a questo processo sistemico,bisognava
rifarsi ad altri studiosi ed uno dei primi ad occuparsi di ciò sarà,sicuramente,Laswell che divise il processo
politico in sette stadi o
funzioni:informazione,iniziativa,prescrizioni,vocazione,applicazioni,valutazione,terminazione.
Si tratta di un contributo che,per quanto rifletta l’analisi dei procedimenti giuridici,tenta di superare
l’impostazione formalistica ,centrata sull’articolazione anacronistica (in contrasto con il tempo) delle funzioni
legislative,esecutive e giudiziarie.Altri studiosi che diedero un contributo importante alle definizioni del
processo sistemico,furono Powell e Almond,per cui il processo di conversione viene suddiviso in quattro
funzioni che a loro volta delimitano molte altre fasi o sub processi del sistema politico.

In ogni caso,tutti i sistemi politici,svolgono le stesse funzioni,sia pure con frequenze diverse e con differenti
strutture politiche,tutte le strutture politiche,non importa quanto siano specializzate,sono
multifunzionali,quindi possono svolgere delle funzioni diverse.
● L’articolazione degli interessi:il processo politico prende piede momento in cui nasce,quella che
viene definita,una “domanda” politica;l’analisi dell’articolazione degli interessi e della trasmissione
della domanda richiede due aspetti:trovare le caratteristiche delle strutture politiche e attuare una
distinzione tra strutture a-specifiche e strutture specializzate (gruppi di interessi) e i diversi canali di
accesso al sistema politico.
● L’aggregazione degli interessi:aggregare le domande che vengono poste,attraverso i programmi
politici generali,tramite cui vengono presi in considerazione i diversi interessi,combinati,resi coerenti
e armonizzati;questo comporta la mobilitazione delle risorse politiche e la costruzione di coalizioni
che sostengano l’aggregazione. Troviamo tre stili di aggregazione che fanno riferimento a tre diversi
tipi di partiti:la negoziazione (partiti pragmatici);la tradizione (partiti particolaristici);il riferimento a
valori assoluti (partiti ideologici)
● La Formulazione delle politiche pubbliche :è il fenomeno di “policy making”,quindi di produzione
delle norme.In primo luogo è l’esito dei processi antecedenti quali il reclutamento
dell’elite,dell’articolazione e dell’aggregazione di interessi,ed è anche frutto delle caratteristiche
delle “regole del gioco”(leggi elettorali,rapporti esecutivi-legislativi ecc). In questa fase le domande
vengono convertite in decisioni che abbiano autorità e questo implica la mobilitazione del consenso
e il lavoro di costruzione di coalizioni attorno ai temi,individuando una classificazione che si basa su
quattro categorie di output:gli output estrattivi,appropriazione di risorse che provengono da un
qualche elemento dell’ambiente esterno;gli output regolativi,il controllo-sanzione dei comportamenti
degli individui al fine di conseguire specifici obiettivi politici;gli output distributivi,allocazioni a gruppi
e individui,in maniera universale o particolare,di denaro,beni materiali ecc..; output simbolici,volti ad
aumentare la legittimità conferita al sistema politico.
● L’esecuzione e l’amministrazione giudiziaria delle politiche:una volta formate,le politiche devono
essere attuate da diversi canali,il canale burocratico che porta alla messa in opera delle decisioni
tramite la burocrazia pubblica,il canale giudiziario che amministra la giustizia e punisce ad opera
della magistratura.In entrambi i casi si hanno dei problemi concerne il rapporto tra burocrazia e
magistratura,problemi di due tipi :la politicizzazione della burocrazia e dei giudici oppure la
burocratizzazione e giuridicizzazione della politica.
Questi elementi fanno parte del “primo livello di processo politico” ,il “secondo livello” (livello
sistemico)presenta altre tre funzioni che sono necessarie per la sopravvivenza di sistema politico:la
funzione di reclutamento del personale politico ed amministrativo;la funzione di socializzazione nei ruoli; la
funzione di comunicazione trasversale alle altre.
LO STATO
TRA IDEALTIPI E REALTà MULTIFORMI
Durante tutto il corso del genere umano,a partire dalla rivoluzione neolitica di circa 10-15.000 anni
fa,abbiamo sperimentato una grandissima varietà di regimi politici.
Ad oggi si è soliti fare una distinzione fra sistemi centralizzati e non centralizzati,i sistemi non
centralizzati,in cui rientrano le bande e le tribù,e i sistemi centralizzati,in cui rientrano i regimi dei capi e gli
stati veri e propri. Bisogna far riferimento al fatto che gli stati originari o “primigeni” ,non caratterizzano
soltanto l’Europa medievale e postmedievale ma,possono essere riscontrati in diverse epoche in diverse
parti del mondo
In ogni caso l’utilizzo del concetto di Stato che si trova all’interno della politica è più appropriato rifacendosi
a quello che è un ambiente politico che ritroviamo in Europa occidentale verso la fine del medioevo.
LA FORMAZIONE DELLO STATO TERRITORIALE
Gli elementi essenziali senza cui non si ha né un regime,ne Stato sono:il monopolio dell’esercizio della
forza legittima;la territorialità,la costruzione dei confini;la sovranità;la popolazione (comunità politica) che si
differenzia in base al grado di omogeneità culturale, al tipo di legittimità verso le istituzioni statali,in base al
grado di partecipazione più o meno attiva ;in un ambiente internazionale,che si caratterizza per relazioni tra
Stati sovrani indipendenti,il fattore che tenta di equilibrare i rapporti è quello dell’equilibrio di potenza quindi
bilanciamento della delle forze tra diversi Stati.
Tutti questi elementi elencati antecedentemente sono stati acquisiti dai diversi Stati,come ad esempio la
Spagna e l’Inghilterra o la Francia,nel corso delle prime fasi della costruzione dello Stato,con quello che
può essere definito come processo di consolidamento territoriale. Questo processo implica due elementi:da
un lato la neutralizzazione e la sottomissione del sovrano a quelli che vengono definiti i
“contropoteri”,rappresentati dalla chiesa,dai nobili e dal sistema cetuale,dalle città autonomi e dalle
magistrature indipendenti;dall’altro,invece, la nascita di strutture e di posizioni di dominio che si formano
attorno a quella che è la posizione centrale del signore.Il processo di formazione degli Stati ha portato ad
una forte spinta verso quello che è un processo di secolarizzazione e,per contrasto,assistiamo anche ad
una sacralizzazione dello Stato stesso,che acquista acquisisce in determinati momenti storici,una
dimensione totalizzante e totalitaria.
La formazione degli apparati amministrativi specializzati,della la protoburocrazia,non è un elemento che
caratterizza soltanto la prima fase della formazione degli Stati ma,è un processo che coinvolge anche la
seconda fase, che Poggi chiama il razionalizzazione del dominio. La formazione dello stato territoriale ha
avuto delle conseguenze diverse,a seconda di determinati fattori di mutamento:le variazioni della statualità
,della forza e della capacità di governo;dei modelli di mobilitazione della popolazione ;delle strutture delle
opportunità.
L’ESPANSIONE DELLO STATO:LA DEMOCRATIZZAZIONE ORIGINARIA E LO STATO DI BENESSERE
La terza fase di formazione degli stati,quella di espansione,risulta essere quella che maggiormente ha dato
agli stati l’impronta presente tutt’oggi,è una fase che non risulta essere ideale,ossia il susseguirsi di una
serie di idealtipi,ma appunto ha visto l’avvicendarsi di lotte e conflitti tra le periferie ,coinvolgendo diverse
classi sociali e che portando,quindi, alla nascita di nuove istituzioni.
La storia politica dell’Europa che ha fatto seguito alle rivoluzioni liberali,può essere riassunta in una serie di
progressivi ampliamenti,per quanto riguarda la partecipazione alla vita politica di quelli che
precedentemente erano parti della società escluse,si parla del processo di seconda venuta delle
democrazie.
Abbiamo due teorie che riguardano “le prime democratizzazione”:
● La prima teoria,prende in esame i processi di democratizzazione in Europa ed anche quelli di
dedemocratizzazione. Con democrazia si intende l’instaurarsi di una relazione orizzontale ed aperta
tra l’autorità e i cittadini attraverso uno spostamento che va verso la consultazione che risulti essere
ampia, inclusiva e controllata. Le forme e i risultati dipendono sia dal grado di “contestazione” o
“competizione” o di “consultazione protetta” ma anche dalla “capacità dello Stato di mettere in
pratica le decisioni politiche che assume”.
● Per Dahl,le democrazie di massa (le poliarchie) sono contraddistinte dalla capacità di “rispondere”
alle preferenze dei cittadini ,considerati tutti come uguali.Queste capacità vengono sviluppate
mediante due subprocessi: liberalizzazione(libertà di contestazione) che implica il grado con cui il
regime garantisce i diritti d’opposizione, pubblica critica e la competizione aperta per il governo tra
le forze politiche diverse e rilevanti.Il riconoscimento di quella che viene definita “la cittadinanza
civile”.Nella misura in cui questi diritti vengano estesi,si passa al processo di inclusione o
partecipazione,che consiste nell’estensione della proporzione di popolazione che può accedere a
quelli che sono i diritti politici quindi “la cittadinanza politica”. L’incrocio tra queste due dimensioni
teoriche,la liberalizzazione e l’incorporazione,permette di identificare quattro tipi puri di regimi politici
(egemonie chiuse,le egemonia inclusive,le oligarchie competitive e le poliarchie)inoltre permette
anche di individuare i sentieri storicamente possibili che possono portare alle democrazie di
massa,quindi poliarchie.
I sentieri della democrazia non sono lineari ma obliqui,per certi versi risultano essere anche casuali,i più
rischiosi che portano alle democrazie di massa sono,ad esempio,i regimi in cui la mobilitazione elettorale
precede il costituzionalismo,quindi il riconoscimento della contestazione e la legittimazione
dell’opposizione,in questi casi il processo di liberalizzazione avviene,ma risulta essere prematuro e quindi
si producono dei contrasti tra gruppi sociali forti che porteranno poi,in seguito,alla distruzione di regimi
autoritari e totalitari per andare verso l’egemonia includente;altri casi sono quelli in cui viene attuata quella
che viene definita la “scorciatoia” (la rivoluzione francese del 1789 in cui liberalizzazione e l’inclusione
avvengono contemporaneamente). In molti paesi l’inclusione e l’estensione dei diritti politici non sono
accompagnati da garanzie istituzionali e dalle condizioni materiali in grado di sostenere i diritti civili,si parla
di democrazie liberali o di democrazie elettorali.Nelle trasformazioni democratiche più recenti il rapporto fra
Stato e nazionalità entra in crisi e si complica.
Lo sviluppo e l’intreccio tra Stato nazionale,democrazie e capitalismo industriale porta quello che è il
nascere dello stato di benessere, termine derivante dall’inglese “Welfare State” che nasce per contrapporre
uno Stato totalitario nazionalsocialista a uno liberale che riconosce i diritti sociali (lo Stato fornisce
protezioni contro i rischi e bisogni prestabiliti sotto forma di assistenza,assicurazione o sicurezza sociale al
fine di assicurare a tutti i membri di una determinata comunità quella che Weber definiva uguali opportunità
di vita).
Si assiste quindi,ad una vera e propria statalizzazione del rischio,cercando interventi o politiche che siano
contro la povertà e contro specifiche situazioni che si erano sviluppate a partire dal 1600 in tutta
Europa,attraverso un programmi di assistenza sociale,le primo vere e proprie politiche dirette all’assistenza
sociale in una forma istituzionalizzata si assistono in Germania sotto Bismark nel 1800,per poi attendere
mezzo secolo prima che,gli Stati Uniti,la Nuova Zelanda e dopo la seconda guerra mondiale in Inghilterra,si
riconosca quella che viene definita una copertura universale quindi una garanzia a favore di tutti i lavoratori
in caso di perdita di reddito,assistenza sanitaria per l’intera popolazione e mantenimento al fine di ottenere
uno stato di vita accettabile.I cambiamenti introdotti dallo “Stato di benessere” vengono definiti da Marshall
come l’introduzione al concetto di cittadinanza .Ultimamente si sta assistendo allo “smantellamento” del
concetto di Welfare State a causa di numerosi fenomeni come la crisi del 2008,la necessità di mantenere
quelli che sono i bilanci dello Stato, la difficoltà da parte dei singoli Stati di contribuire a quella che è la
sicurezza sociale,anche se,di fatto,si è ben lontani dalla morte dello stato sociale.
TRASFORMAZIONI E SFIDE DELLO STATO CONTEMPORANEO
UNA QUARTA FASE DELLO SVILUPPO DELLO STATO?
Molti studiosi,ad oggi,parlano di crisi di Stato,per altri,invece,si sta attraversando quella che viene definita
una quarta fase della formazione dello Stato stesso.Sabino Cassese ha parlato dell’esistenza di tre crisi di
Stato :la prima verificatasi negli anni precedenti alla prima guerra mondiale,la seconda verificatasi durante
gli anni ‘80 attraverso le controffensive neoliberali in Inghilterra e negli Stati Uniti volte allo smantellamento
degli apparati pubblici, la terza prodotta dalla globalizzazione.In realtà,per molti studiosi,si assiste a un
fenomeno di trasformazione interna (sociale e substatale) ed ad una trasformazione esterna
(internazionale),si parla anche di ritorno-rinascita degli Stati.
CRISI PER ECCESSO DI STATO
Uno dei fattori più evidenti della crisi degli Stati è quella che viene definita la crisi per eccesso di uno Stato
che ha riguardato la politicizzazione integrale della società civile ad opera dei sistemi totalitari.La crisi
storica totalitaria che ha coinvolto il mondo nel secolo scorso nell’ambito della destra e nell’ambito di
sinistra ha portato a successive ondate di democratizzazione.
Ad oggi si parla di ipertrofia dello Stato democratico ed anche di ristrutturazione dello Stato con lo scopo di
affrontare quelle che sono le sfide e le trasformazioni che hanno investito lo stesso durante il secolo
scorso. La tematica dell’eccesso di Stato è stata affrontata anche in un’ottica di ingovernabilità del sistema
politico-amministrativo,ingovernabilità non intenzionale ma è dovuta a diversi fattori come il pluralismo e la
facilità di accesso da parte di diversi gruppi sociali opportunistici alle sedi delle decisioni che risultano
essere imperative all’interno dei contesti democratici.
Ci sono diversi elementi di “debolezza” delle istituzioni statali che sono andati a svilupparsi durante il corso
degli anni antecedenti,come ad esempio la scarsa autonomia dello Stato rispetto all’ambiente in cui questo
inserito,il moltiplicarsi delle funzioni pubbliche,il processo di globalizzazione economica e finanziaria, la
crescente complessità dei problemi collettivi,lo sviluppo di disuguaglianze a livello mondiale,queste sono
problematiche a cui difficilmente si riesce a rispondere in maniera autonoma con efficacia.
Si parla anche di riduzione della responsabilità politica degli Stati verificatasi in tre direzioni diverse che
però convergono tutte quante nell’esito di indebolimento dello Stato stesso: quella tecnocratica,ossia
cariche,poteri e responsabilità che vengono dati ad istituzioni non elettive che decidono in base a criteri
tecnici e non politici;le formazioni statali che diventano dei nodi all’interno di reti molto ampie che portano lo
sviluppo di interdipendenze statali e substatali;la rimercificazione,attraverso quello che viene definito il
processo di privatizzazione,quindi il fatto che diversi elementi di dominio pubblico tornino a essere di
interesse privato attraverso un processo di liberalizzazione ed,inoltre,si assiste anche all’inserimento delle
logiche di mercato nel funzionamento stesso delle burocrazie pubbliche,per accrescerne la produttività
attraverso un processo di aziendalizzazione.
CRISI PER CARENZA DI STATO
Un altro elemento di crisi può essere ricondotto alla crisi per carenza di Stato che implica il fatto che molte
delle principali funzioni di uno Stato ad oggi risultino essere in declino,in quanto si riduce l’ambito
dell’autorità statale nella società e nell’economia.
LA PERDITA DEL MONOPOLIO DELLA FORZA LEGITTIMA
Ciò che distingue i regimi politici non è tanto la forma di governo,quanto lo è il grado di governo quindi la
forza:
Il fallimento si può definire come “l’incapacità dello stato di esercitare il suo ruolo principale,ossia
monopolizzare l’uso legittimo della forza all’interno del suo territorio”.
Il collasso indica “il tracollo dell'organizzazione statale e la sua sostituzione da parte di enti privati o
subnazionali”
LA TRASCENDENZA DEI CONFINI E LA DETERRITORIALIZZAZIONE
Il progetto dello stato moderno,anche nella sua fase più matura prevedeva una sovrapposizione di confini
territoriali,culturali,economici e politici ecc..,quindi la finalità era quella di costruire ambiti funzionali ed
istituzionali che in qualche modo si autorinforzassero in maniera reciproca.La costruzione di uno Stato
comportava la saturazione amministrativa del territorio e,questo processo di saturazione e confinamento,è
risultato essere più imperfetto rispetto a quanto si fosse postulato.Ad oggi si parla di un processo di
deterritorializzazione ,perdita dei confini,che equivale alla perdita di capacità di regolare tutta una serie di
fenomeni.
L’INCONGRUENZA TRA STATO E NAZIONE
I regimi del XXI secolo mostrano numerose incongruenze concerni i concetti di “demos” e “polis” quindi di
nazione e di stato.
Queste incongruenze vanno da ricercare nelle difficoltà riscontrate durante i processi di omogeneizzazione
culturale dei cittadini e,nella stessa costruzione dello Stato,diventa centrale il tema dei regimi delle
tolleranze ,ossia soluzioni istituzionali e normative che siano in grado di realizzare una convivenza tra le
diversità.
Esistono quattro diversi tipi di modalità volte a conciliare Stato e nazione:
● Il regime mononazionale in cui lo Stato si identificato con la nazione e quindi si tende all’espulsione
di quelli che vengono considerati gli “alieni” crede difficile sviluppo di tipo democratico
● I regimi etnici in cui si accetta la differenza fra Stato e nazione,si ha però una “cittadinanza
asimmetrica”, perché ai “migranti” vengono riconosciuti i diritti sociali e civili ma quelli diritti politici
● I regimi assimilatori che mirano a tutta l’integrazione dell’”alieno”,questo tipo di regime risulta essere
complicato perché non sempre l’emigrato vuole totalmente essere assimilato all’interno della cultura
in cui si va a trovare
● I regimi multinazionali che sono risultano essere la soluzione perfetta perché essenzialmente
riconoscono le differenze
MODELLI DEMOCRATICI E REGIMI ANTAGONISTI
Il cambiamento politico è frequentemente caratterizzato da reazioni a catena .
I fenomeni di democratizzazione non sono irreversibili e le condizioni che portano al loro consolidamento
sono complesse.Nel momento in cui analizziamo empiricamente la politica, dobbiamo tener conto delle
ondate di cambiamento che hanno caratterizzato la storia delle democrazie,quindi guardare i casi specifici
,al fine di capire come le democrazie odierne siano un fenomeno del tutto innovativo che si ispira ai modelli
antichi e che è condizionato anche dai processi storici di lungo periodo.
I primi processi di democratizzazione hanno mutato profondamente ilsignificato di “democrazia”.
IL SIGNIFICATO DELLA DEMOCRAZIA NELLA STORIA
DIMENSIONE E DEFINIZIONI
Il concetto di “democrazia” non ha sempre assunto lo stesso significato nel corso del tempo,basti fare
riferimento al significato dato a questo termine da Aristotele che sosteneva che la democrazia fosse “quel
sistema di governo che garantiva l’accesso ad un numero di soggetti più vasto possibile ma che non
rappresentasse la forma di governo prediletta poiché sottoposta a forme di corruzione” si
prediligeva,invece,la cosiddetta “politeia”,cui significato oggi è molto vicino al concetto di
“res-pubblica”,quindi alla nostra concezione di Stato(repubblicano o monarchico),che ad oggi è ritornato in
modo ricorrente per riferirsi a un determinato modello di democrazia,questo concetto sta alla base di
un’idea di democrazia come governo del popolo orientato anche a servire il popolo.
Non è,quindi,possibile fare una comparazione fra le forme di democrazia antecedenti e le forme
contemporanee,se la “democrazia classica”,denominata anche “democrazia ateniese”, rappresentava
l’avvento di quel principio di legittimità per cui i “cittadini” trovavano riconosciuti quelli che erano uguali diritti
politici che consentivano loro di governare e al contempo di essere governati; lo sviluppo di un sistema più
complesso di principi si deve alle varianti del repubblicanesimo che,nei secoli,ha un po’ caratterizzato il
pensiero democratico.
Il regime che,ad oggi,noi celebriamo come vincente a che fare con quella che viene definita la democrazia
liberale che trova fin dal principio un ambivalenza tra la democrazia protettiva e quella di sviluppo.
[I principi essenziali della democrazia liberale sono:
● Il principio di giustificazione,per quanto riguarda la democrazia protettiva i cittadini vogliono essere
protetti dai governanti,nelle democrazie di sviluppo vogliono partecipare attivamente alla vita politica
per poter sviluppare interessi individuali ed una cittadinanza informata
● Le caratteristiche fondamentali,quali la sovranità del popolo che è conferita a rappresentanti eletti
da elezioni regolari,competitive e libere,il voto è segreto e si attua la separazione dello Stato dalla
società civile.Per quanto riguarda la democrazia di sviluppo,troviamo il suffragio universale e un
principio proporzionale di rappresentanza di quelle che sono le minoranze,la costruzione di
meccanismi per la limitazione dell’utilizzo del potere statale e la garanzia delle libertà individuali,la
separazione tra le funzioni dei rappresentanti eletti e dei burocrati specializzati ed il coinvolgimento
dei cittadini tramite elezioni
● Le condizioni generali sono lo sviluppo di una società politicamente autonoma,la proprietà privata
dei mezzi,un’economia di mercato che si fondi sulla concorrenza e la famiglia patriarcale;per quanto
riguarda le democrazie di sviluppo,troviamo forme cooperative o comunitaria del controllo dei mezzi
di produzione,tentativi di emancipazione delle donne e lo sviluppo di un sistema di internazionali di
rapporti fra gli Stati.]
Le democrazie produttive promuovono il culto delle libertà individuali che nasce a partire dalle prime
monarchie costituzionali europee e che poi viene riadattato dai padri della Costituzione Americana,mentre
la variante di sviluppo insiste sul concetto di difesa dei diritti individuali di tutti gli individui,quindi la
partecipazione attiva degli individui ed un contributo “minimo” da parte dello Stato che deve,in ogni
caso,garantire,in maniera efficiente la tutela dei diritti e delle politiche orientate alla rimozione degli ostacoli
per la libertà individuali.
Secondo Schumpeter,la democrazia è uno strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche in base
a cui singolo ottiene il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare.
Secondo Dahl,la democrazia è un regime politico che si caratterizza per la continua capacità di risposta del
governo alle preferenze dei cittadini e per questo prevede un suffragio universale maschile
femminile,esercitato attraverso delle elezioni che sono libere,competitive,ricorrenti e corrette e la presenza
di diversi partiti e diverse alternative nelle fonti di informazione.
VARIANTI ED EFFETTI DELLA PRIMA DEMOCRATIZZAZIONE
La sociologia storica prodotto dei contributi molto importanti al fine di spiegare la predisposizione di alcuni
sistemi politici “precoci” nei loro processi di democratizzazione, si cercano di individuare quali erano state
le condizioni che avevano permesso a questi sistemi di attuare il processo di democratizzazione
anticipatamente rispetto ad altri.
Alcune letture spiegano lo sviluppo dei regimi del XX secolo come una conseguenza,non soltanto
dell’emergere della borghesia,ma,soprattutto,come il seguito di sistemi di conflitti di classe che si erano
originati nella fase storica antecedente.
Rokkan fu uno studioso che mise a fuoco la sequenza di circostanze storiche che avevano caratterizzato la
ricorrenza dei processi di democratizzazione,individuando come necessario il superamento di quattro
soglie:la legittimazione che consisteva nel riconoscimento delle libertà;l’incorporazione,quindi l’espansione
della cittadinanza politica;la rappresentanza,ossia l’allargamento del circuito elettorale ed istituzionale a tutti
i tipi di partiti che esprimevano il pluralismo sociale; la democratizzazione del potere esecutivo,quindi la
fissazione di regole che ancorano esistenza di un governo legittimo ad un organo principio di scelta
elettorale.
I fattori che si rivelano determinanti per il superamento di tali soglie sono: i tempi di consolidamento
territoriale di un paese;l’esistenza di tradizioni di rappresentanza premoderna che avevano fatto differenza
alla base,determinando la reputazione e l’efficacia delle istituzioni rappresentative;l’indipendenza,più o
meno “antica” delle istituzioni nazionali; lo status internazionale di un paese;la forza di contrapposizione tra
paese dominante e un paese subordinato.
MUTAMENTO DEI REGIMI E DINAMICHE DI DEMOCRATIZZAZIONE
MANCATO CONSOLIDAMENTO E CRISI DEMOCRATICA DELLA PRIMA METà DEL XX SECOLO
Le stabilità dei regimi democratici sono affidate ad un delicato equilibrio tra i soggetti ed i meccanismi
protagonisti di quello che viene definito il consolidamento democratico.Questo viene definito come un
processo che,innescato dal trascorrere il tempo,porta alla formazione di strutture democratiche nei loro
caratteri essenziali e di adattamento a quelli che sono i caratteri secondari.La prima componente logica di
tale processo,è definita la fase di legittimazione(scopo di operare il compromesso all’interno della
“coalizione dominante” di attori politici sociali ed istituzionali).
Nei regimi europei di stampo liberale,il destino del consolidamento democratico ha portato due esiti
opposti:la continuità della democrazia oppure il suo crollo .
L’ANCORAGGIO DEMOCRATICO E I PROBLEMI DELLA STABILITà
Alla fase di legittimazione seguono una serie di meccanismi di ancoraggio democratico che consentono
l’emergere di strutture istituzionali e sociali in grado di stabilizzare il processo di acquisizione dei valori
democratici.Il primo è quello di sviluppo di una serie di partiti e di soggetti politici all’interno di un sistema
sufficientemente robusto da non lasciare spazio per ulteriori cambiamenti rivoluzionari,abbiamo poi la
creazione di un sistema pluralistico basato su rapporti stabili tra i partiti stessi e gli interessi organizzati,lo
sviluppo di una serie di rapporti clientelari che leghino i cittadini ad alcuni assetti politici partitici in cambio di
limitate erogazione di risorse pubbliche e lo sviluppo di una serie di raccordi triangolari tra Stato,sindacati
ed imprenditori che stabilizzino il regime.
LA RINASCITA DEMOCRATICA E LE ONDATE DI DEMOCRATIZZAZIONE
Possiamo parlare di tre ondate di democrazie:
● La prima riguarda i moti democratici degli anni ‘20 del secolo scorso,a seguito della grande
depressione ,si tratta di trasformazioni democratiche collegate alla modernizzazione e alla
rivoluzione industriale.
● La seconda che va dal ‘43 al ‘62 collegata a fattori di ordine politico e militare e quindi alle
trasformazioni democratiche indotte in una serie di paesi con la fine di regimi dittatoriali o autoritari
● La terza fase,con l’inizio del ‘74 ,vede l'introduzione in aree del terzo e del quarto mondo di regimi
democratici.Le caratteristiche della terza ondata sono completamente diverse rispetto alle
precedenti,perché è il risultato di cinque diversi fattori economici,sociali e culturali:la crisi della
legittimazione dei regimi autoritari;una crescita economica senza precedenti,la perdita di importanza
della chiesa cattolica a seguito del Del Concilio Vaticano II; il cambiamento della politica estera di
alcuni attori; il ruolo dei media nel processo di condivisione globale.
LE DEMOCRAZIE CONTEMPORANEE
TIPOLOGIE DI DEMOCRAZIE
Le scienze politiche si sono interrogate per quanto riguarda i modi utili per perfezionare la democrazia e,nel
fare ciò,un problema che è stato riscontrato,numerose volte,è quello concerne la comprensione delle
riforme strutturali delle istituzioni, se queste possano in qualche modo modificare la funzionalità o
addirittura il rendimento di una democrazia.
Con il procedere della vicenda democratica ,l’analisi comparata dei regimi poliarchici si è fatta sempre più
precisa e raffinata,si arriva ad indagare,ad esempio,il nesso tra lo sviluppo economico e modello
democratico,oppure la diversa capacità di rendimento in alcuni settori della politica pubblica di stampo
democratico.
Le domande che gli studiosi hanno volte affrontato, possono essere classificate secondo tre livelli , a
seconda che si indaghino:
● Questioni cognitive, chiarire l’estensione empirica di un fenomeno come la democrazia, una volta
raggiunto soddisfacente accordo sulla definizione delle garanzie democratiche,in quali e quanti
modi si possano applicare tali principi e quanto sono diversi tra loro i modelli democratici
● Interrogativi di stampo interpretativo,quindi stabilire nessi causali alla base dei diversi
fenomeni,distinguere fra diversi i regimi democratici ecc…
● Interrogativo normativo prescrivere una specifica modalità del fenomeno,giudicata come
preferibile,se esista un modello democratico che risulti essere migliore rispetto agli altri,più
capace,quindi,di ottenere delle performance migliori.
Le varianti democratiche che vengono studiate durante il corso del primo novecento,prestando più
attenzione alle differenze tra i sistemi di governo e i canali di legittimazione dell’esecutivo,successivamente
si sposta l’attenzione sulle possibili forme di democrazia diretta a discapito di quella che è la democrazia
rappresentativa,la forma di democrazia maggiormente diffusa.Con lo sviluppo della rivoluzione
comportamentista e la nascita dell’approccio empirico,per quanto riguarda la politica,si cerca di studiare la
diversa natura dei vari regimi democratici.Lijphart metti a fuoco quello che viene definito il metodo
consociativo di democrazia ,consociativo significa accordo patto tra diversi partiti quindi si cerca di
spiegare la tendenza di alcuni sistemi dell’Europa continentale a creare una forma di governo che è così
definibile “allargato” con maggioranze sovradimensionate,coalizioni ideologicamente complesse e svariati
meccanismi di “contrappeso costituzionale” rispetto a quello che viene definito il governo maggioritario
quindi in cui prevale un vincitore elettorale. La prima tipologia dello studioso, riguarda due dimensioni di
analisi:la configurazione della società (culturalmente omogenea o eterogenea) e i rapporti fra l’Elite
(rapporti consensuali o conflittuale); la tipica democrazia consociativa è formato da una forma di cultura
eterogenea e rapporti d’Elite che si basano sul compromesso generando quindi un equilibrio che per
quanto riguarda invece le democrazie centrifughe non è possibilmente realizzabile.Democrazia
depoliticizzata: cultura politica omogenea, èlite coesa; 3)centripeta: cultura politica omogenea, ma èlite in
conflitto; 4)centrifuga: cultura politica eterogenea e èlite in conflitto.
Caratteristiche del modello maggioritario (o modello Westminster): Il governo detiene una solida
maggioranza; sistema bipartitico; governo centralizzato e unitario; costituzione flessibile; bicameralismo
asimmetrico.
Caratteristiche del modello consensuale: governo di coalizione; equilibrio tra potere legislativo ed
esecutivo; sistema multipartitico; assetto istituzionale decentrato; costituzione scritta;bicameralismo
simmetrico.
DEMOCRAZIA MAGGIORITARIA E DEMOCRAZIA CONSENSUALE
Tra le tipologie precedentemente dette,emerge una proposta che si basa su due modelli denominati modelli
polari(con caratteristiche opposte),il modello maggioritario ed il modello consensuale .
LA VISIONE ECONOMICA E RAZIONALE DELLA DEMOCRAZIA
Recentemente l’arricchimento della disciplina politica è avvenuto grazie ai contributi dell’individualismo
metodologico e la scelta razionale,coloro che difendono una visione individualista razionale delle
politica,tendono a semplificazioni e formalizzazioni che hanno il compito di illustrare il dilemma a cui può
portare l’applicazione teorica per quanto riguarda la nozione di democrazia.Dai tempi dell'illuminismo di
Condorcet,è noto un paradosso che prende proprio il suo nome, per cui un gruppo composto da tre decisori
razionali non mostra necessariamente un set di preferenze ordinate in quanto collettività.Questo paradosso
si collega al teorema di Arrow che rappresenta il fondamento della teoria economica della democrazia e
mostra i dilemmi esposti dai numerosi autori per quanto riguarda le difficoltà decisionali in un contesto
collettivo e quanto questi siano elementi collegati ai limiti di un piano più complesso,quello di poter pensare
un sistema democratico infallibile.
In sintesi,il teorema di Arrow mostra che in ogni processo decisionale,al fine di superare l’impossibilità di
creare un’unica funzione del benessere sociale attraverso l’aggregazione delle preferenze individuali,può
essere necessario sacrificare una delle premesse teoriche democratiche. Di fatto la formazione di una vera
maggioranza,può portare un individuo ad avere un ruolo più importante nel processo,limitando le
preferenze degli altri attori in gioco oppure rinunciando a degli esiti prestabiliti in un dato processo
decisionale .
Un’altra tesi molto interessante è quella che afferma che le preferenze politiche aggregate in un contesto
competitivo sono funzione della capacità degli elettori e dei consumatori di ordinare le proprie
preferenze,massimizzando razionalmente l'utilità individuale.
I REGIMI ANTAGONISTI E L’AREA GRIGIA DELLA QUASI DEMOCRAZIA
In contrasto ai regimi democratici,troviamo quelli che sono i regimi non democratici (conoscere le
alternative alla democrazie permette di comprendere i limiti della proposta democratica e immaginare
l’ereditarietà delle esperienze non democratiche lasciate ai sistemi politici ed esorcizzare i rischi di crolli e
crisi nelle democrazie)
Una prima fondamentale distinzione riguarda la continuità con i regimi del passato,alcuni regimi,definiti
tradizionali,rappresentano la sopravvivenza di forme di governo predemocratico in questo caso chiamate
(monarchia assoluta e i regimi sultanistici) .
Altri regimi non democratici rappresentano la fase di transizione verso le poliarchie,come l’oligarchia
competitiva.
Lo sviluppo di una più ampia fenomenologia del regime non democratico pone una distinzione tra regimi
autoritari e regimi totalitari.
Con regime autoritario intende un sistema che presenta un pluralismo politico limitato e non
responsabile,senza un’ideologia guida ma con mentalità caratteristiche,senza mobilitazione politica esteso
o intesa e con un leader,o comunque un piccolo gruppo di dirigenti,che esercita un potere entro i limiti mal
definiti ma abbastanza prevedibile. Nella realtà,i leader dei regimi autoritari non rispondono ad
un'organizzazione ferrea che funge da “veste ideologica” e che giustifica l’utilizzo estremo delle forze e
della violenza ma,più che altro,si rifanno ad una serie di visioni caratteristiche come,per
esempio,l’immagine della patria o della famiglia,un'altra la caratteristica dei regimi autoritari è la volontà di
depoliticizzare.
Mentre per regime totalitario intendiamo un sistema che si caratterizza per l’egemonia di un unico
individuo,o comunque di un partito unico,un’ideologia codificata,articolata,finalizzata alla realizzazione della
politicizzazione della società,continue azioni di mobilitazione sociale con persecuzioni coloro che vengono
ritenuti non conformi e l’uso indiscriminato della violenza repressiva entro limiti non prevedibili .
Il concetto di autoritarismo di mobilizzazione offre, un modello autoritario più vicino al totalitarismo,si pensi
ad esempio al fascismo;in questa galassia di regimi rientrano le democrazie popolari che si richiamano,più
o meno,direttamente all’Unione Sovietica,i regimi africani,con l’ideologia della Negritudine ed i regimi di
rivoluzione religiosa .
Più lontano dal confine con il totalitarismo,invece,troviamo i regimi militari che possono essere in forma
pura oppure in forme più blande,i regimi civili militari o,infine,quei regimi che riescono a costruire un
partito-Stato sovrapponendo la leadership politica a quella militare mentre alcuni regimi civili- militari e civili
di mobilitazione tesero a mitizzare la figura del leader o degli uomini forti per dare continuità alla propria
azione,mentre nei regimi militari puri si cerca di depoliticizzare la società,cercando appunto di
ridimensionare la visibilità del proprio leader per proiettarne un’immagine quotidiana.
I REGIMI IBRIDI E PERSISTENTI TRANSITORIETà
Ad oggi si parla di regimi di transizione, pseudodemocrazie,ossia regimi pluralisti fantocci che in realtà
sono ancora sotto il controllo di una coalizione di attori protagonisti dell’esperienza autoritaria.
La democrazia protetta è un regime di transito,nel quale la liberazione non è ancora sostenuta da un
processo elettorale adeguato e la democrazia elettorali caratterizza per una una competizione aperta che
però manca di adeguate riforme relative ai diritti civili.
Il modello che da ultimo ha preso piede è quello dei regimi ibridi; la vita dei regimi ibridi può essere lunga e
complessa e troviamo tra questi le democrazie limitate che si caratterizzano per una competizione politica a
cui non fa seguito l’adeguata applicazione delle libertà politiche,le democrazie senza Stato,in cui manca la
presenza di una legge e le quasi democrazie in cui troviamo una situazione ambigua,sia per quanto
riguarda l’illegalità diffusa,sia per la mancanza della diritto privato,un sistema politico in cui le garanzie
democratiche sono presenti ma solo a livello formale.
LE SFIDE ATTUALI PIù DEMOCRAZIA O NUOVE QUALITà DEMOCRATICHE
I numerosi tentativi con cui la scienza politica sta cercato di rispondere a quelle che sono le contraddizioni
che hanno accompagnato la fase recente,per quanto riguarda la democrazia stessa,hanno fatto emergere
un primo tema quale quello della qualità democratica,quindi la nozione di qualità è stata sottoposta un
esame molto più attento ,si sono prima definiti gli ambiti di significato della qualità democratica,in termini di
procedure ,caratteristiche strutturali,impatto sulla sfera della cittadinanza.Si e poi passati ad individuare
delle dimensioni empiriche da esplorare per quanto riguarda ognuno di questi ambiti.
Sul piano procedurale,la dimensione rule of law,concepibile come una macrovariabile connotata da vari
elementi,viene valutata attraverso quattro indicatori di qualità due invece sono gli indicatori che si rifanno
alla accountability (elettorale ed interistituzionale).
PARTITI ELEZIONI E SISTEMI DI PARTITO
CHE COSA SONO I PARTITI E CHE COSA FANNO
I PARTITI POLITICI NELL’ACCEZIONE CONTEMPORANEA
I partiti,per un verso,sono considerati indispensabili per il funzionamento della democrazia,dall’altro sono
anche le istituzioni più screditate del nostro tempo.I
partiti politici moderni sono costitutivi della stessa esperienza democratica,sono i figli della
modernizzazione occidentale e delle conseguenze della massificazione della politica.Tra democrazie e
partiti esiste una correlazione reciproca,la democrazia crea fra le opportunità per l’affermazione dei partiti
che poi mettono in opera delle azioni che avvicinino la democrazia ai cittadini,bisogna però dire che la
stessa morte delle democrazie rappresentative può essere imputata agli stessi partiti.Negli anni ‘50 un
importante studioso,interrogandosi sulla nascita dei partiti,a cavallo delle grandi rivoluzioni politiche ed
economiche che hanno trasformato l’Europa nel corso del 1700,evidenzió che nel corso della storia si
erano susseguite numerose definizioni di “partito” che prima facevano cenno principalmente
sull’ideologia,poi sulla base sociale e poi sulla base strutturale(per quanto riguarda l’ideologia parliamo di
partito dottrina,per la base sociale di partito classe e per quanto riguarda la base strutturale di partito
d’organizzazione).
I partiti politici non potevano essere ricondotti esclusivamente ad un fattore ideologico o ad una base
sociale o strutturale,bisogna,di fatto,tener conto anche dei rapporti presenti all’interno dello stesso ed ai
rapporti che ogni partito intrattiene con il mondo esterno.
Dal secondo dopoguerra si sviluppa la definizione di partito-squadra o di team di leader che concorrono per
il voto popolare.
Questa prospettiva “competitiva”,per così dire,afferma che ciò che contraddistingue le democrazie e
l’esistenza di più partiti,liberi di competere tra di loro per il controllo del potere politico,anche in questo caso
democrazie e competizione sono strettamente collegate, quindi,anziché parlare di regimi democratici e non
democratici,potremmo parlare di regimi competitivi e regimi non competitivi
La definizione di partito fornita da Giovanni Sartori afferma che è un partito è un qualsiasi gruppo
politico,identificato da un’etichetta ufficiale,che si presenta alle elezioni ed è capace di collocare,tramite
sempre le elezioni,candidati alle cariche pubbliche.
Questa definizione pone l’attenzione solo su quelle che sono le caratteristiche primarie del partito stesso.
Bisogna,comunque,dire che la distinzione di Sartori richiede due condizioni:la presenza di un sistema
liberaldemocratico e l’assenza di forze (realmente) antisistema.
In molti sistemi autoritari esistono delle organizzazioni che vengono definite come “partiti” ma che
volontariamente non prendono parte alle elezioni ed anche in sistemi democratici forze antisistema
possono rifiutarsi di partecipare alle elezioni o partecipano rinunciando,però, ai propri seggi,considerando
illegittime le istituzioni.
La seconda considerazione tiene conto che i motivi per cui i partiti competono numerosi riconducibili:alla
ricerca dei voti;all’occupazione delle cariche pubbliche;al controllo delle politiche pubbliche.Questi obiettivi
vanno considerati come primari perché dal conseguimento da uno di un'altro obiettivi dipende la differenza
tra i diversi partiti.(i partiti elettorali sono partiti che ricercano dei voti,i partiti clientelari sono quelli che
hanno come finalità l’occupazione di cariche pubbliche e quelli di massa vogliono il controllo delle politiche
pubbliche)
Una nuova definizione di partito è quella che lo vede come un'associazione di uomini e donne ,formata in
modo da durare che competono per i voti popolari,al fine di far accedere i loro leader,attivisti e simpatizzanti
alle cariche pubbliche e quindi di cercare di influenzare le scelte collettive.
Così come qualsiasi altra istituzione,i partiti svolgono molte attività,alcune principali,altre secondarie e
possiamo raggruppare le loro funzioni in due macroambiti,quello del bottom-up (dal basso verso l’alto) o
della rappresentanza o sociale e quello del top-down (dall'alto verso il basso)o della decisione
istituzionale,parliamo della distinzione tra funzione di input o rappresentative e di output o di governo.
FUNZIONI DI INPUT O RAPPRESENTATIVE
I partiti anzitutto organizzano la partecipazione e questo implica un’attività di socializzazione e di filtraggio
dell’informazione delle “informi domande” che arrivano dal basso,questo comporta l’integrazione,ossia la
capacità di creare i collegamenti tra centro e periferia.
Si parla poi di “strutturazione del voto” e,rientrano in questo,tutte le attività che hanno a che fare con la
formazione degli orientamenti politici e delle opinioni degli elettori,quindi la necessità di creare un
collegamento tra candidati e partiti con l’organizzazione delle campagne elettorali.
Solo quando l’immagine di un partito si forma nella mente degli elettori si può parlare di partito funzionante.
Abbiamo,poi,l’aggregazione degli interessi politici, le molteplici domande vengono trasformate in un
programma generale ed in quest'ottica si svolge anche un ruolo di filtro politico e successivamente si crea
quella che viene definita l’agenda pubblica decisionale ,si vengono a definire quelli che sono programmi
che potenzialmente possono essere realizzati.
FUNZIONI DI OUTPUT O DI GOVERNO
I partiti sono arrivati a controllare,in maniera esclusiva, il reclutamento del personale per le cariche
pubbliche;il monopolio di questa funzione è massimo per quanto riguarda la selezione dei titolari di cariche
elettive e delle cariche di governo ma abbiamo anche un’estensione nell’ambito amministrativo.La
trasformazione dei partiti in “selettorati” è un passo molto avanti per quanto riguarda la ricerca di forme di
organizzazione della politica più democratiche. In ogni caso,comunque,le Élite tradizionali resistono e si
adattano al nuovo sistema e,nel cuore stesso delle democrazie rappresentative,producono distorsioni che
sono legate alla professionalizzazione della politica e alla burocratizzazioni di partiti,la cosiddetta legge
ferrea dell’oligarchia.
I partiti svolgono una funzione costituente e fondante nello stesso regime democratico e questo richiede
l’essere in grado “di canalizzare e di socializzare il conflitto sul controllo del regime” ,abbiamo,quindi, due
livelli di gioco politico:quello delle politiche e delle decisioni,in cui la competizione è aperta a tutti i
partiti;quello del regime e delle istituzioni che,invece, richiede una limitazione della competizione.
I partiti hanno importanti compiti procedurali o istituzionali,quindi risolvono problemi complessi di
coordinamento e di operatività impliciti nel funzionamento delle istituzioni di governo e nei rapporti fra
istituzioni.
Un’altra funzione è quella dell’influenza delle politiche pubbliche che a che fare con quello che viene
definito il problem solving ,si cerca,quindi, di trovare delle soluzioni per quanto riguarda problemi collettivi e
di controllare la formulazione ed anche l’implementazione delle politiche pubbliche,convertendo gli impegni
all’interno dei programmi politici in decisioni autoritative.
Ad oggi emerge,in maniera abbastanza evidente, il fatto che,comunque,la capacità di controllo dei partiti
delle politiche pubbliche sia abbastanza limitata,questo è dovuto ai vincoli a cui questi sono sottoposti,i
vincoli possono portare alla riduzione degli spazi per la competizione a livello politico,arrivando a
rappresentare quelle che vengono definite le democrazie semisovrane.
Tra tutte le funzioni svolte dei partiti ci sono funzioni più importanti di altre ,come quella elettorale o di
strutturazione del voto .La partecipazione al voto e l’organizzazione del processo elettorale,oltre a creare
legittimità per il regime,rappresentano la funzione minima che contraddistingue i partiti da tutte le altre
organizzazioni da tutti gli altri gruppi;secondo alcuni la funzione minima svolta dei partiti è quella di
coordinamento e di integrazione,tale funzione riguarda tre livelli:il coordinamento interno il sistema di
governo e alle istituzioni pubbliche;il coordinamento esterno di quelli che sono gli elettori o comunque i
candidati nella società e nel territorio;il coordinamento dei due ambiti, il cosiddetto linkage(collegamento).
Con il mutare della società queste stesse funzioni di input sono diventate meno rilevanti, continuano ad
essere centrali i cosiddetti partiti di testimonianza ,quelli che si formano su base ideologica o anche i partiti
di protesta mentre hanno finito per prevalere quelle che sono le cosiddette funzioni di output o di
rappresentanza
Per quanto riguarda i regimi autoritari,all’interno i partiti si caratterizzano per la loro particolare struttura e
anche per le particolari funzioni che svolgono,bisogna fare una distinzione tra partiti egemoni che
ammettono l’esistenza di una formazioni di “satelliti minori” e i partiti totalitari .
I PARTITI COME RAPPRESENTAZIONE
I partiti sono entità multidimensionali e,per rappresentare questo aspetto,esistono quattro prospettive di
analisi:organizzativa;rappresentativa;istituzionale;competitiva.Si tratta di prospettive indipendenti ed al
contempo complementari che si pongono come primo obiettivo quello di spiegare il funzionamento dei
partiti e dei sistemi di partito.
TIPI DI PARTITI
I partiti possono essere analizzati facendo riferimento a elementi interni oppure elementi esterni
I PARTITI DI ÉLITE
Parliamo di partiti “aristocratici” o “borghesi” che si caratterizzano per uno stampo fortemente conservatore
e liberale,il sistema politico all’interno di cui si collocano è quello del parlamentarismo classico e del un
suffragio che non risulta essere universale ma ristretto a determinati ceti.
Sono partiti che trasmettono delle domande non poste dalla totalità della società ma da una parte ristretta
di elettori.La loro unità organizzativa elementare è il cosiddetto comitato elettorale,formato da persone che
vengono scelte,di norma,per cooptazione(scelto da parte dei membri già in carica).I comitati sono degli
organismi instabili,temporanei e leggeri che si attivano soltanto durante le campagne elettorali.
I PARTITI DI MASSA
I mutamenti che hanno investito la politica occidentale hanno portato al modificarsi del sistema partitico e
alla nascita di quelli che vengono definiti i partiti di massa, una grande organizzazione collettiva con al suo
interno vede vasti apparati di militanti e iscritti.Questi si caratterizzano per la stabilità ed il voler affrontare
una nuova sfida rappresentata :il far sì che le diverse parti della società che antecedentemente erano
escluse dalla competizione politica potessero finalmente entrarne a far parte.Un elemento centrale nella
costituzione di questi partiti moderni è la sezione,il termine indica una parte di un tutto e quindi intende
alludere ad un’unità aperta tutti a cui ciascuno può iscriversi in maniera libera.Entrare a far parte di una
sezioni e svolgere le attività di queste comporta lo sviluppo di regole formali e di un’attività quotidiane.La
partecipazione alla politica esprima un duplice aspetto,il primo è quello di far parte di un gruppo,il secondo
è quello di influenzare il governo per perseguire determinate finalità.
I PARTITI ELETTORALI
Il partito elettorale considera l’organizzazione più come un costo piuttosto che come una risorsa ,quindi si
mostra più incline a realizzare configurazioni organizzative che possano essere leggere ed
intermittenti.All’interno di questi partiti si conferisce una forte centralità ai nuovi specialisti,reperibili sul
mercato,e molta importanza viene conferita alle campagne elettorali che vengono,ad oggi,affidate a
specialisti della comunicazione.
Le principali critiche che vengono mosse nei confronti dei partiti elettorali sono: il fatto che ci sia un declino
dei partiti visti come associazione di scritti ,la stessa partecipazione all’interno di questi,di fatto,diventa un
problema,si verificano fenomeni di assenteismo e di disinteresse degli elettori ed,inoltre,la qualità della
partecipazione è seriamente messa rischio ,fattore determinante è che,ad oggi,la comunicazione si svolge
attraverso quelli che sono i new media e quindi si ha il rischio di una comunicazione che possa essere di
fatto manipolabile,inoltre,le campagne elettorali vengono svolte tramite l’utilizzo dei social media e questo
richiede costi abbastanza elevati.
I PARTITI COME AGENZIA DI RAPPRESENTANZA
I partiti sono anche delle agenzie di rappresentanza,quindi riflettono le divisioni fondamentali e i conflitti che
caratterizzano la società stessa.La complessa relazione tra i partiti,divisioni e conflitti sociali ha
rappresentato un elemento fondante per la sociologia e per la scienza politica,in generale,ponendo la
domanda concerne “da dove vengano i partiti?”.
Per rispondere a questa domanda si fa ricorso a due prospettive analitiche,la “primordiale” e la “strutturale”:
● La prospettiva primordiale rimanda alla teoria delle fratture(cleavages), quindi dà per scontato
l’esistenza di divisione naturali all’interno della società,con il formarsi di gruppi all’interno di questa,
emergono fratture che portano alla formazione dei partiti sociali che poi si evolvono per
rappresentare gli interessi di un gruppo piuttosto che di un altro.Questa prospettiva pone due
problemi,il primo è che non è sempre chiaro cosa si intenda per fratture,il secondo è che le fratture
sono anche fatto di identificazioni dei membri di una collettività,quindi finiscono per svolgere una
funzione di mobilitazione ed appaiono collegate alla costruzione di identità collettive.
Diversi studi si sono occupati di classificare la tipologia delle fratture sociali individuandone
principalmente quattro e queste vengono appunto identificate come i prodotti delle grandi rivoluzioni
verificatesi nel XIX secolo:la rivoluzione nazionale e la rivoluzione industriale.Alla rivoluzione
nazionale ha seguito la frattura tra centro e periferia e quella tra Stato e chiesa mentre,per quanto
riguarda la rivoluzione industriale,abbiamo la struttura industriale-rurale e quella lavoro-capitale.A
seguito,poi,della rivoluzione del 1917,hanno iniziato a comparire anche quelli che vengono definiti
partiti antisistema.Ad oggi,una delle tesi più note,per quanto riguarda i partiti,è quella del
congelamento,secondo cui i partiti,oggi,hanno la stessa conformazione politica rispetto a quella che
avevano nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale.Una questione molto importante
anche quella del rapporto fra le fratture e i cambiamenti politici in generale,le fratture cambiano in
uno dei seguenti modi o attraverso combinazioni:perdita di rilevanza delle fratture tradizionali;
l’attivazione di fratture latenti;attivazioni di nuove linee di divisioni.
● Per quanto riguarda la prospettiva strumentale,i partiti vengono visti come delle “squadre di persone
interessate ottenere le cariche pubbliche”,quindi i leader assumono il ruolo di "imprenditori politici”
che creano divisioni sociali,alimentano il conflitto interno (questo non vuol dire che i leader di partito
creino delle divisioni sociali ma sicuramente alimentano il conflitto ,al fine di creare coinvolgimento,
mobilitazione dei sostenitori e del pubblico e quindi costruire alleanze e coalizioni)
I PARTITI COME ISTITUZIONI E SISTEMI ELETTORALI
Con istituzioni intendiamo sia un “insieme di regole”,sia come “attori”,possiamo quindi affermare che i partiti
politici sono delle istituzioni nel senso che svolgono delle funzioni e in questa organizzazione ci sono poi
valori e legittimità che vanno al di là degli obiettivi politici che si vogliono perseguire(regole istituzionali utili
per spiegarci come i partiti funzionano e come questi operan).La formazione dei partiti è impensabile senza
il verificarsi di determinati cambiamenti istituzionali,in particolare un elemento importantissimo è la
formazione di un “governo responsabile” nei confronti del parlamento,questo implica un rapporto di fiducia
con la maggioranza parlamentare che favorisce la comparsa dei partiti di origine interna o
parlamentari.Mentre il progressivo allargamento del suffragio porta nascita di partiti di origine esterna o
extraparlamentari
La competizione politica può essere vista come una sorta di successione di fasi che riducono il numero di
partiti campo,questa riduzione avviene tramite diversi elementi istituzionali,uno di questi è sicuramente il
sistema elettorale.
Con sistema elettorale si intende una serie di leggi e di regole di partito che disciplinano la competizione
elettorale tra e all’interno dei partiti.Si enfatizza, quindi, la dimensione strategica della competizione politica
e si implica il fatto che le regole della competizione non vengano per forza poste dalla legislazione ma
possano derivare,anche,da regolamenti interni e statuti dei partiti.
Da un punto di vista tecnico,regole e meccanismi elettorali riguardano la traduzione e la conversione dei
voti in seggi. I sistemi elettorali hanno rilevanza per quelle che sono le conseguenze che producono sui
sistemi di partito e sui partiti.La distinzione più classica è quella che riguarda la distinzione tra sistemi
elettorali maggioritari,proporzionali e misti: i sistemi maggioritari sono di solito associati ai collegi
uninominali e la regola è quella per cui il partito più forte del singolo collegio vince il seggio in palio,si
distinguono poi in base alla regola utilizzata per definire la maggioranza,se questa viene data al numero di
voti più alto senza altri requisiti,si parla di maggioranza relativa o maggioranza semplice,il problema
scaturisce nell momento in cui si arriva ad eleggere un candidato che risulta essere poco
rappresentativo,per correggere ciò si utilizza il sistema del majority,quindi,per ottenere il seggio in
palio,bisogna ottenere la metà +1 dei voti e questo esclude il fatto che si possano avere dei candidati che
risultano poco rappresentativi.Il problema nasce nel momento in cui,non si riesca ad ottenere quella che è
definita la maggioranza assoluta ,le possibili soluzioni sono due:si arriva a votare nuovamente e questa
volta per vincere il seggio basta quella che la maggioranza relativa(sistema a doppio turno),si può avere
quello che viene definito il sistema doppio turno aperto,quindi possono ricandidarsi tutto coloro che lo
avevano fatto in precedenza e anche nuovi ma,preferibilmente,oggi si adotta una tecnica per cui si riduce il
numero dei candidati.Il secondo meccanismo per sopperire a tale problema è trovabile in Australia,il
sistema del voto alternativo,si torna a votare dopo qualche settimana ,tramite un voto ordinale che consiste
nel graduare,ossia di ordinare,le preferenze dei candidati presenti nel collegio .
I sistemi proporzionali si riscontrano in presenza di circoscrizioni plurinominali,i seggi in palio vengono
suddivisi in proporzione tra diversi partiti a seconda dei voti ottenuti,nella situazione di maggiore equità,il
rapporto tra voti e seggi è pari ad uno,quindi i partiti ottengono un numero di seggi che è perfettamente
proporzionale ai consensi ricevuti.I sistemi proporzionali variano in base al grado di disproporzionalità
esistono sistemi elettorali proiettivi che favoriscono la rappresentatività e selettivi che agevolano la
governabilità,nel senso che riducono il numero di partiti e quindi creano le condizioni politiche per la
stabilità. Nei sistemi elettorali misti,gli elettori scelgono il loro rappresentante mediante regole elettorali
ibride,si distingue tra sistemi misti indipendenti o dipendenti che coesistono in autonomia e non
interferiscono,infatti il loro utilizzo avviene a livelli elettorali distinti,nel caso dei sistemi dipendenti la
distribuzione di seggi ad un livello dipende da quanto accade nell’altro livello.
L'individuazione di un sistema elettorale non risponde soltanto ad esigenze tecniche ma è rilevante anche
per le conseguenze sulla manipolazione dell’elettore, sulla sovrarappresentazione dei partiti e sull’influenza
sul numero di partiti.
Diversi studi si sono occupati di studiare la relazione fra tipo di sistema elettorale ed il numero dei partiti ,le
leggi di Duverger affermano che il sistema maggioritario a turno unico tende al dualismo di partiti,i sistemi a
doppio turno(majority) o a rappresentanza proporzionale tendono al multipartitismo.
Questa legge fa riferimento anche a determinati effetti meccanici o effetti diretti del sistema elettorale che
vengono prodotti dalla mera applicazione dalle regole di trasformazioni dei voti in seggi ed agli effetti
psicologici o effetti indiretti proprio al fine di evitare a tutti gli effetti diretti si utilizza il voto strategico,quindi
non si sceglie il partito a cui ci si sente più affini si (voto sincero) ma il partito che è più prossimo alle
preferenze originarie che magari ha più possibilità di vincere
ELEMENTI TECNICI DEL SISTEMA ELETTORALE
● Formula elettorali: la regola matematica utile a convertire i voti in seggi elettorali.Si distinguono fra
maggioritarie o proporzionali e le proporzionali si dividono poi in regola del divisore e della quota o
del quoziente,questo è il numero di voti che assicurano il seggio ad una determinata
circoscrizione,si procede a rapportare tale quota al numero complessivo dei voti ottenuti da ogni
partito,in questo caso si può generare il problema dei resti o dei seggi residui e quindi si utilizzano le
regole del divisore,per cui le cifre dei voti ottenuti dai diversi partiti in una circoscrizione,vengono
divise in una serie di numeri al fine di ridurre il quoziente naturale quindi stabilire i seggi sulla base
di quozienti più alti.
● L’ampiezza delle circoscrizioni:per circoscrivere si intende ripartire un territorio nazionale in
determinati ambiti geografici e ad ogni ambito vengono appunto affidati un determinato numero di
seggi,l’ampiezza o la magnitudine di una circoscrizione elettorale indica il numero di seggi affidato a
questa.
● Le soglie elettorali:sono il numero minimo di voti necessario un partito per ottenere un numero
determinato di seggi possono essere implicito o di fatto,a seconda delle dimensioni dell’assemblea
da eleggere e dell’ampiezza delle circoscrizioni si eleva la cifra elettorale che i partiti devono
superare per ottenere un seggio.
● Premio di maggioranza: il premio in seggi è un espediente usato per consentire ad un partito o ad
una coalizione che ottiene la maggioranza relativa di ottenere una maggioranza assoluta ancora più
ampia.
● Il tipo di scheda elettorale:le schede dette categoriali o nominali impongono all’elettore di scegliere
in maniera netta un partito o un candidato mentre le ordinali permettono una scelta più articolata.
I PARTITI COME SQUADRE DI LEADER IN COMPETIZIONE
La nozione di sistema partitico coglie,in senso lato,l’insieme di relazioni competitive/cooperative stabili tra i
partiti,da tempo,però,si è fatta strada l’idea per cui andrebbero considerate anche altre dimensioni,relative
ai livelli territoriali ed istituzionali.I sistemi partitici si possono analizzare sulla base:del numero di
partiti;della loro dimensione;delle relazioni reciproche.La distinzione classica è quella tra i sistemi mono,bi e
multipartitici.La questione del conteggio porta con sé un secondo aspetto,relativo alla parte dei partiti
concerne la classificazione che ha costituito il paradigma per l’analisi sistemi di partito.Sartori ha fissato
delle regole di conteggio volte discriminare a tra i partiti che contano e quelli che vanno lasciati perché i
rilevanti.Un partito deve essere “contato” se presenta un potenziale di coalizione quindi è indispensabile
per formare maggioranze di governo,un potenziale di riscatto quindi se la sua presenza condiziona la
direzione della competizione e la produzione delle politiche pubbliche.Una volta che i partiti sono stati
contabilizzati adeguatamente, il loro numero rappresentare il formato del sistema partitico.Per sapere
come funziona un sistema partitico è importante,anche,conoscere le interazioni che si svolgono all’interno
di questo.Nei sistemi competitivi parliamo anche di meccanica,quindi la logica del funzionamento del
sistema,dalla combinazione tra formato numerico e meccanica si ricavano tre configurazioni sistemiche:
unipolare,tipica delle situazione monopartitiche,non democratiche;bipolare ;multipolare.
LO SVILUPPO STORICO DELLE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE
ORIGINI DEL PARLAMENTO MODERNO
I sistemi politici hanno sempre enfatizzato l’influenza d’istituzioni collegiali,più o meno “elitarie”,che,in una
qualche misura,rappresentano la comunità alla base del sistema stesso. La spinta che legittimazione lo
sviluppo di queste istituzioni era necessaria per bilanciare dei poteri dati(monarchia es.) con delle forme di
limitazione che riguardavano la stessa iniziativa regia.La differenza principale tra le assemblee
rappresentative premoderne e contemporanea sta nel fatto che le prime si collocano in un contesto
dualistico di legittimazione,dove il parlamento non esprime la sovranità del popolo ma piuttosto bilancia il
potere del sovrano,il livello di consolidamento organizzativo dei parlamentini premoderni era molto più
modesto rispetto alle assemblee dell’era contemporanea,questo ha fornito agli studiosi un buon motivo per
enfatizzare i momenti di distacco rispetto a quelle istituzioni assembleari che hanno accompagnato la storia
fino alle due grandi rivoluzioni.Passa alla storia,come momento di nascita di un principio di quello che è il
parlamento moderno,quella che viene detta la “Glorious Revolution” del 1648 che vede l’abdicazione del
cattolico Giacomo Secondo di Stuart,ponendo fine ad un regime di stampo dittatoriale,il parlamento di
Westminster si emancipa progressivamente dal potere del sovrano chiedendo di presentarsi al cospetto dei
rappresentanti,portando al Bill of Rights del 1689,il primo atto formale di conferimento al parlamento inglese
di prerogative in ambito fiscale e militare.Successivamente le due grandi rivoluzione del secolo
successivo,la rivoluzione americana e quella francese portano alla nascita di assemblee parlamentari
transitorie o permanenti che poi rappresenteranno quei modelli di parlamento che verranno richiesti in
Europa nel 1848.
I CENTRI DI RAPPRESENTAZIONE DEMOCRATICA MODERNA
La nozione di parlamento non si esaurisce facendo riferimento a quelle che sono le mere assemblee
democratiche rappresentative,presenti principalmente nell’esperienza europea,le assemblee
rappresentative hanno vissuto percorsi complessi e diversificati che non hanno riguardato soltanto i loro
poteri formali e loro collocazione in un sistema di regole ma anche la loro credibilità.L’affermazione del
concetto di assemblea rappresentativa è fortemente connessa al concetto di istituzionalizzazione;il
processo di istituzionalizzazione avviene quando una serie di valori e comportamenti di un determinato
organismo si consolidano e si mostrano universalmente accettati, cristallizzando ruoli e azioni,l’organismo
diventa,quindi, un’istituzione e acquisisce una forma stabile generalmente riconosciuta.
I comparatisti hanno messo l’accento su quelli che sono i tratti comuni delle moderne assemblee
rappresentative:
● La natura assembleare :i membri delle istituzioni democratiche moderne hanno pari dignità agli
altri,lavorano insieme e condividono le stesse prerogative.
● La natura rappresentativa:garantita dal legame con la dimensione comunitaria della politica e non
può prescindere dalla garanzia e dell’effettivo svolgimento libere elezioni .
● Il pluralismo interno
● La permanenza dell’istituzione rappresentativa
● Il potere legislativo che si collega
Secondo questi elementi diamo una definizione operativa: si tratta di organi legislativi e selettivi,formati da
una pluralità di rappresentanti dei soggetti che si occupano di selezionare il ceto politico e vengono
organizzati in modo assembleare.
LA RAPPRESENTANZA POLITICA DEMOCRATICA:DEFINIZIONE E PRASSI
L’EVOLUZIONE DEL CONCETTO IN AMBITO DEMOCRATICO.
Successivamente all’età delle rivoluzioni,parallelamente allo sviluppo dello stato liberale,si è riflettuto molto
sul concetto di rappresentanza ,anche nell’ottica degli effetti reali del rapporto politico che si va ad
instaurare tra rappresentanti e rappresentante.
Pitkin ha offerto una definizione teorica di rappresentanza e per farlo ha esaminato le nozioni formalistiche
di rappresentanza quali rappresentanza come autorizzazione e come accountability,si contrasta l'idea di
una rappresentanza intesa come lo “stare al posto” di per o “agire per conto di”.
Rappresentare significa agire nell’interesse dei rappresentati,in modo da rispondere a loro.Il
rappresentante deve agire in maniera indipendente e le sue azioni devono comportare discrezionalità e
giudizio,anche il rappresentato deve essere capace di agire e di attuare un giudizio che risulti essere
indipendente,può,in ogni caso,insorgere un conflitto tra rappresentato e rappresentante,circa quello da
fare.(questo conflitto può insorgere normalmente non deve esistere,il rappresentante può entrare in
contrasto con quelle che sono le ideologie dei rappresentati anche nel caso in cui decisioni che prende
siano in tutela di questi ,deve comunque spiegare ad essi perché i loro desideri non sono compatibili con i
loro interessi)
Da qui si ottengono quattro varianti teoriche:la rappresentanza “simbolica”;quella “descrittiva”;quella
“formalistica”;quella “sostantivo”.
RAPPRESENTANZA PARTITICA,CIRCUITI ALTERNATIVI,INDIVIDUALISMO
Il consolidamento di un sistema di partiti ha rappresentato un elemento fondamentale per forgiare il
comportamento dei rappresentanti popolari.In Europa i partiti sono diventati il centro del sistema politico,
perché sono stati capaci di sviluppare un controllo più ampio su quelli che sono i circuiti di rappresentanza
sociale,rendendo gli attori collettivi presenti nella società,dei “fiancheggiatori” del potere,infatti la
rappresentanza politica prevede come condizione fondamentale in pieno controllo,da parte di queste
organizzazioni,sia sulla fase di selezione del personale destinato alle assemblee rappresentative,sia sulla
disciplina dei rappresentanti eletti.
La penetrazione dei partiti nelle stesse assemblea rappresentativa ha rappresentato un passaggio
fondamentale verso la democrazia,anche se è facile notare i limiti di questo fenomeno.
La capacità dei partiti,ad oggi, di porsi come latori di domande e interessi che siano in qualche modo
rivolti,in maniera coerente e ordinata,attraverso le loro articolazioni parlamentari,rappresenta elemento di
crisi e di criticità, inoltre la capacità “centrale” di controllo dell’operato dei parlamentari ha avuto un
ridimensionamento.
Per questo sono andati a svilupparsi dei circuiti alternativi,la vita reale dei parlamenti è fatta di tanti
momenti nei quali la forza del partito,la coesione tra i suoi rappresentanti e la disciplina che connota il loro
comportamento e varia continuamente. Sono andati a definirsi dei modelli di circuiti alternativi al predominio
totale dei partiti nelle aree rappresentative, come quello nerocorporativo,in cui si mira a formulare delle
decisioni intorno a quello che viene definito il tavolo governativo in cui troviamo una gerarchia ordinata e
chiusa di attori,lasciando al parlamento partitico un compito notarile di “valutazione” degli accordi oppure il
modello pluralista di rappresentanza degli interessi(può rappresentare il declino del ruolo dei partiti) che
può portare però i singoli rappresentanti eletti ad “assomigliare” o addirittura “inseguire” il proprio universo
di riferimento tralasciando la mediazione partitico.
PARLAMENTI E SISTEMI ELETTORALI
Gli scienziati politici si sono a lungo interrogati su quello che è il sistema elettorale, spaziando dallo studio
di sistemi elettorali di tipo maggioritario,proporzionale ecc... Sicuramente si sono cercate di individuare le
conseguenze di un della scelta di un sistema elettorale nell’ambito della rappresentanza politica
democratica e si sono studiati anche quelli che sono gli effetti diretti e indiretti dei sistemi elettorali.Gli effetti
diretti sono evidenti nella diversa trasformazione dei voti in seggi mentre gli effetti indiretti riguardano la
reazione nel mutamento della domanda e dell’offerta elettorale.Bisogna,inoltre,fissare la differenza tra
effetti macro (sul funzionamento dei meccanismi del sistema politico) e gli effetti micro. Concentrandoci
sugli effetti del sistema elettorale connessi alla mera capacità rappresentativa di rappresentanti e
assemblee,si distinguono tra effetti meccanici sul livello macro della rappresentanza degli eletti,effetti i
meccanici sul livello micro dell’autonomia individuale delle responsabilità degli eletti e gli effetti indiretti sulla
strategia d’azione rappresentativa di eletti e dei loro selettori
FUNZIONI E STRUTTURE DELLE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE DEMOCRATICHE
IL PROBLEMA DEL BICAMERALISMO
L’articolazione in due o più camere rappresentava,in passato,la necessità di distinguere gli i ceti sociali che
erano ammessi rappresentanza ma che non potevano essere confusi tra loro,in quanto avevano
prerogative e gradi di influenza distinti.
Il bicameralismo serve a bilanciare la rappresentanza tra le tante “comunità” presenti in un sistema politico
oppure rendere possibile una mediazione,condotta sulla base di sensibilità e competenze più ampie
rispetto a quelle che si avrebbero facendo riferimento ad un’unica camera.
I sistemi unicamerali vanno a svilupparsi dove troviamo sistemi politici semplici,quindi omogenei dal punto
di vista politico-culturale piuttosto piccoli.I bicameralismi possono strutturarsi con quelli che vengono definiti
bicameralismi più influenti(forti), in cui le due camere hanno poteri equivalenti e diversa questa
rappresentativa oppure i bicameralismi deboli,in cui una delle due camere ha un potere inferiore,un
bicameralismo in cui le due camere hanno poteri uguali ma si parla di bicameralismo ridondante poiché la
seconda camera pur essendo “forte” come la prima,finisce per indebolire il sistema,senza aggiungere
capacità una rappresentativa alternativa o complementare.
ARTICOLAZIONI STRUTTURALI INTERNE ALLE ASSEMBLEE LEGISLATIVE
Gli organi legislativi hanno una grande varietà di soluzioni strutturale che sono in relazione a molte
dimensioni.
Prima di tutte,le assemblee possono essere più o meno vaste,la vastità delle assemblee è strettamente in
correlazione con la grandezza della comunità da rappresentare e l’ampiezza delle camere.
Il secondo punto è quello di non sottovalutare la struttura di coordinamento e di conduzione istituzionale
delle assemblee,è pur vero che,all’interno dei parlamento,teoricamente,si riconosce pari dignità ed equità a
tutti rappresentanti ma è anche vero che all’interno di ciascuna camera parlamentare,sono presenti delle
figure che risultano essere di spicco come,ad esempio la figura del presidente che in molte parti del mondo
non esprime un proprio voto per mantenere una posizione di garante dell’assemblea.
Esistono diversi figure all’interno delle camere parlamentari che svolgono delle azioni molto importanti
come esempio quella di calendarizzate dei lavori, di rafforzamento delle prerogative informative e di
accelerazione di alcuni processi,attraverso l’uso di le leve come la “sessione straordinaria” .Questo poteri
possono essere “annaquati” dalle prerogative di altre organizzazioni interne in cui una grande camera si
divide,per organizzare la propria attività,ossia le commissioni parlamentari (un insieme eterogeneo di
meccanismi strutturali).Le più importanti sono le commissioni permanenti,soggetti molto autorevoli che
possono sviluppare competenze e conoscenze reciproche tra i policy maker che ne fanno parte.
Un terzo elemento è,sicuramente,l’articolazione interna all’assemblea relativa allo sviluppo di gruppi
partitici,questi rappresentano lo strumento principale per il controllo delle organizzazioni partitiche esterne
sui propri eletti ma anche un modo per opporre all’apparato di partito un secondo establishment a
vantaggio della sua centralità istituzionale.Su questo rapporto tra parlamento e gruppi partitici incidono
diversi fattori.
Un quarto elemento è quello relativo all’analisi del ruolo che il governo riveste l’interno delle articolazioni
parlamentari,lo spazio dedicato al governo all’interno è un indicatore evidente del tipo di rapporto che si
intende favorire all’interno dell’aula parlamentare.Il peso del governo può essere misurato,non soltanto
facendo riferimento alla sua presenza fisica o alla natura parlamentare di coloro che ne fanno parte, ma
anche mediante un’altra serie di facoltà che possono permettere al governo di dominare l’agenda
parlamentare,come quella di introdurre delle corsie privilegiate per permettere un’attuazione abbastanza
rapida delle proprie iniziative.
COME CAMBIANO LE FUNZIONI PARLAMENTARI
DALLE DEFINIZIONI CLASSICHE ALL’ANALISI EMPIRICA DELLE FUNZIONI
Una definizione abbastanza datata indica le funzioni parlamentari quali quella elettiva,quindi la
designazione/l’indicazione del personale di governo,espressiva,riuscire a dar voce ai punti di vista presenti
nel paese,l’informativa,il saper raggiungere tutti i cittadini con una corretta rappresentanza dei diritti e dei
doveri (questo elemento è rappresentato in Italia dalla Gazzetta Ufficiale) la funzione educativa,quindi
contribuire a quella che è la crescita complessiva della nazione, la funzione finanziaria ,riuscire a rendere
trasparenti gli impegni di spesa e il reperimento delle risorse pubbliche ed infine la funzione legislativa.
Ad oggi potremmo dire che questa distinzione appare superata,perché diversi compiti sono stati inglobati in
altri altri o sono stati resi più complessi quindi,la distinzione che adottiamo oggi individua una funzione
rappresentativa,una di controllo sul governo,questa comprende anche la funzione elettiva,ossia riuscire a
designare quelli che saranno con loro che prenderanno parte al governo ed una funzione legislativa che
ingloba anche la funzione di bilancio.
VECCHIE E NUOVE CAPACITà RAPPRESENTATIVE
Gli eletti all’interno di un’assemblea compiono diverse mansioni,come un continuo lavoro di proiezioni delle
visioni presenti nella società,la cosiddetta rappresentanza parlamentare da svolgersi tramite quello che
viene definito il compito di ricettività.La condizione necessaria per il compimento di tale funzione è un
sufficiente pluralismo interno.Molti sono gli elementi che entrano in gioco nello svolgimento di quelle che
sono le funzioni parlamentari e un fenomeno molto importante è il mutamento delle capacità
rappresentative,i rappresentanti di oggi tendono sempre più a “inseguire” i cambiamenti sociali sul piano
delle loro competenze tecniche e della loro preparazione culturale,inoltre,oggi,è forte la volontà,da parte del
singolo parlamentare,di assomigliare sempre maggiormente a quelli che sono i loro cittadini di riferimento.
PARLAMENTARI LEGGI E PROCESSI DECISIONALI
Possiamo distinguere tre dimensioni sulle quali misurare l’effettivo impatto decisionale delle istituzioni
rappresentative:
● La reputazione individuale del rappresentante,elemento indispensabile per fare del singolo individuo
un attore credibile all’interno dei processi decisionali.Sotto questo aspetto non si può di certo dire
che i parlamentari abbiano tutti lo stesso peso in parlamento,chi è specializzato in una diversa
funzione dovrà sicuramente impegnarsi affinché i suoi progetti di legge o emendamenti vengano
approvati,a differenza di coloro che occupano una posizione di leadership o comunque ai vertici
delle commissione di aula di presidenza che possono,invece, contare sulle proprie prerogative
politiche.
● La dimensione delle facoltà legislative in senso stretto, un elemento fondamentale è la quantità di
poteri di massima dei parlamentari di fronte alle facoltà di agenda
● La capacità di interdizione durante i flussi decisionali,un elemento fondamentale che permette ai
legislativi di rallentare,se non bloccare,l’azione del governo.
CONTROLLO DEL GOVERNO E RUOLO DELL’OPPOSIZIONE
Il rapporto tra organo esecutivo ed organo legislativo è di per sé è molto complesso,ci sono diverse
dinamiche che determinano un controllo più o meno presente del legislativo nelle decisioni dell’esecutivo e
viceversa,molto importante è la forza “istituzionale” del governo ma anche il problema della natura unitaria
più o meno del sostegno politico di maggioranza. La razionalizzazione del rapporto fra questi due organi è
un processo molto lungo,implicante la trasformazione dell’intero sistema democratico,processo che viene in
qualche modo ostacolato dalla persistenza di culture organizzative e istituzionali difficili da mutare.Un
cambiamento dei rapporti tra esecutivo e legislativo può avvenire anche a “costituzione invariata”.Un
compito,molto importante, svolto del legislativo nei confronti del governo è sicuramente quello di screening
che può andarsi a verificare ex ante o dopo l’azione di governo.
Ci sono diversi strumenti con cui il legislativo può tentare di controllare il governo e le
amministrazioni,questi vesti vengono scelti in riferimento agli obiettivi che si intendono perseguire:
● Question time, direttamente rivolte ai responsabili della conduzione del governo
● Le azioni di sindacato ispettivo (interrogazioni,interpellanze)
/(Questi due elementi sono ritrovabili all’interno di un sistema di tipo maggioritario)
● Le audizioni,nell’ambito delle facoltà informative legislative
● Le inchieste
Le audizioni sono uno strumento utile principalmente per aumentare la credibilità dell’istituzione
parlamentare mentre le inchieste rappresentano una facoltà aggiuntiva dell’organo legislativo che in
qualche modo testimonia la tua indipendenza nei confronti dello Stato.Un’altro elemento molto importante
sono le forme di sorveglianza,come l’analisi delle relazioni delle autorità indipendenti .
LE ASSEMBLEE RAPPRESENTATIVE OLTRE LA DIMENSIONE NAZIONALE
ASSEMBLEE TERRITORIALI O PICCOLI PARLAMENTI?
Sicuramente il tema del rapporto tra Unione Europea e parlamenti nazionali ci conduce verso la
problematica della proliferazione di strutture di rappresentanza al di sopra e al di sotto dello
Stato-nazionale.
IL RUOLO DELLE ASSEMBLEE TERRITORIALI NEL SISTEMA POLITICO
Il primo elemento da sottolineare è quello della crescita funzionale e “reputazionale” delle assemblee
territoriali,questa crescita deriva da elementi diversi:pressioni dal basso che portano a una sorta di erosione
dello Stato centrale e la dinamica di federalizzazione di molte realtà.
Negli ultimi anni si è anche assistito a processi di collaborazione interistituzionale che conferiscono alle
assemblee regionali compiti di monitoraggio dei processi decisionali o addirittura competenze su interi
settori di politiche pubbliche che vengono,quindi,sottratte all’organo centrale.
Questo processo quindi di istituzionalizzazione dei parlamenti regionali può essere indicato facendo
riferimento a tre dimensioni :la percezione pubblica della rappresentanza subnazionale;lo sviluppo dei
parlamenti subnazionali come vere e proprie arene politiche; l'evoluzione del ruolo rappresentativo, i
parlamenti regionali hanno un’idea diversa di rappresentanza perché di fatto rappresentano gli strati sociali
più svariati ,come le minoranze e i nuovi arrivati all’interno della “comunità nazionale”.
LO SVILUPPO DELLE ASSEMBLEE PARLAMENTARI SOVRANAZIONALI
Accanto allo sviluppo delle assemblee subnazionali,troviamo anche lo sviluppo di quelle assemblee
parlamentari collocate su un versante sovranazionale che,però, hanno una modalità di formazione e di
legittimazione è molto diversa le une dalle altre.
ISTITUZIONI E LIVELLI DI GOVERNO
IL GOVERNO
LA REINVENZIONE DEL GOVERNO
Il governo risulta essere un elemento fondamentale per quanto riguarda la politica,di fatto non è mai esistita
un’esperienza di comunità in cui non sia emersa un’entità in grado di svolgere funzioni quali coordinamento
e guida,funzioni che vengono associate,ad oggi, al concetto di governo.Questo non implica che sia sempre
facile essere in grado di identificare quell’organismo che si occupa di svolgere quelle che sono le funzioni
tipiche del governo,in quanto le lo spazio semantico corrispondente a tale concetto può essere molto
ristretto oppure estremamente vasto,sta di fatto che l’idea di un governo autorevole e riconoscibile nelle
sue funzioni,in grado di influenzare i processi politici grazie un forte legittimazione che,poi,lo portai a
diventare un'istituzione centrale nel sistema politico nasce piuttosto di recententemente.
Secondo Webber gli elementi fondamentali che caratterizzano l’organismo governativo sono il controllo
sull’ordine interno e la difesa da minacce esterne o comunque comportamenti tipicamente reattivi che si
esercitano in determinate circostanze e prevedibili.
In quest’ottica è più corretto affermare che,prima ancora dell’evoluzione del governo come
istituzione,bisogna interessarsi al problema del governo,proprio perché ogni fenomeno definibile come
politico evidenzia la necessità da parte di alcuni soggetti di conquistare la sfera di autorità e di esercitare le
funzioni che da questa derivano.
Il termine governo abbraccia diverse funzioni collegate al cuore del sistema politico e principalmente si
parla di funzioni esecutive e amministrative.
LO SVILUPPO DI UN GOVERNO DEMOCRATICO
Con l'esecutivo di una democrazia si intende un’istituzione,quindi un sistema di regole formali ed informali
all’interno di cui agiscono determinati attori politici che esercitano una funzione di comando e di influenza
dei processi decisionali vitali per la democrazia stessa.
Le regole formali e quelle informali scandiscono l’intera vita dell’esecutivo.
In passato la struttura stessa di questo organo era di per sé è molto semplice, le cose cominciano a
modificarsi tramite la formazione di quello che viene definito il governo costituzionale che va ad affermare il
principio della responsabilità collettiva in una squadra di governo composto da esponenti di
un’elite,accomunati dallo stesso livello di legittimazione,che nella realtà europea va intrecciarsi con il
principio di fiducia tra governo e parlamento.
La nascita delle monarchie parlamentari rappresenta il realizzarsi di sistema di governo che vive in maniera
quasi simbiotica col parlamento stesso.
Con l’avvento dei gabinetti ministeriali,”nascono” figure quali il Primo Ministro,il ministro delegato ad alcuni
settori della politica pubblica,il ministro senza portafoglio con deleghe circoscritte senza responsabilità di
direzione di un dicastero e i sottosegretari delegati a specifici progetti.
Dietro i nuovi assetti del governo odierno c’è una profonda mutazione delle sue stesse funzioni,possiamo
riassumere tale dinamica nella distinzione tra Stato minimo,Stato produttore che si interessa della vita
economica e lo Stato sociale, il cosiddetto Welfare State.
I SISTEMI DI GOVERNO
UNA TIPOLOGIA SEMPLIFICATA
Esistono diverse forme di governo:il presidenzialismo,in cui il capo del governo viene scelto dal popolo
attraverso delle elezioni dirette;il parlamentarismo,in cui il capo del governo viene nominato dal parlamento
che rappresenta il popolo.L’ analisi empirica comparata si pone come problema quello di riuscire a
comprendere e poi spiegare i modelli di governo alternativi attraverso lo studio di diverse variabili che
interagiscono fra di loro.
Per riuscire a studiare questi diversi sistemi di governo si stipula una classificazione tra sistemi
presidenziali,in cui il governo risponde al presidente e non al legislativo,i sistemi parlamentari,in cui il
governo è responsabile di fronte al legislativo e il presidente non viene eletto in modo indipendente e i
sistemi misti,si tratta di sistemi semipresidenziali, dove un presidente demo-letto che mostra qualche potere
sull’esecutivo che comunque rimane responsabile di fronte al parlamento.I sistemi di governo si
classificano facendo riferimento al tipo di legittimazione del capo del governo,che può essere popolare
oppure indiretta (mediata dal parlamento) e ai termini di durata della mandato dell’ufficio del capo di
governo che può essere costituzionalmente determinata oppure può dipendere dalla fiducia o sfiducia da
parte del parlamento.Quando parliamo del presidenzialismo,trattiamo di una forma di governo in cui leader
del governo viene eletto da una elezione popolare e la durata del suo mandato dipende dalla
costituzione,nel parlamentarismo,il capo dell’esecutivo viene eletto dal parlamento e questo può ritirare in
qualsiasi momento la fiducia nei suoi confronti e interrompere l’azione,quindi, dell’esecutivo.Il direttorio è
una forma di governo sperimentata in Svizzera che consiste in un una pratica per cui,dopo ogni turno
elettorale,il governo si forma con un'ampia partecipazione da parte di partiti che si riconoscono in una
coalizione di soggetti uniti nell’interesse nazionale,il parlamento sostiene l’operazione attribuendo la
presidenza del governo a turno a ogni leader dei diversi partiti a turno ogni anno;abbiamo poi il premierato
elettivo che è una forma di governo in cui la legittimazione personale e popolare del leader esecutivo(eletto
direttamente) non corrisponde ad un mandato “garantito” ma che deve essere confermato nel tempo dalla
fiducia parlamentare.
FORMAZIONE,FIDUCIA E CRISI.VINCOLI COSTITUZIONALI E PROCEDURALI SUL SISTEMA DI
GOVERNO
Per quanto riguarda il parlamentarismo,il governo viene legittimato per via indiretta attraverso le camere,il
processo di formazione può essere molto diverso,per quanto riguarda le democrazie di stampo
maggioritario è abbastanza semplificato mentre tende a complicarsi e diversificasi per quanto gli altri tipi di
democrazia:dopo le elezioni o dopo una crisi di governo che porta al voto,può iniziare una fase di confronto
tra i diversi gruppi parlamentari, le delegazioni dei partiti interessati,talvolta troviamo anche una mediazione
da parte dello stesso capo dello Stato o comunque gli altri soggetti che colui che ha ricevuto il mandato
convocati per avere un’idea dell’agenda politica e il livello di consenso raggiungibile dalle varie soluzioni
proposte.
Un altro elemento molto importante per quanto riguarda il parlamentarismo è sicuramente il concetto di
fiducia e sfiducia,per quanto i riguarda “luoghi” in cui non viene conferita la fiducia,si parla di
parlamentarismo negativo che,invece,si trasforma in parlamentarismo positivo laddove la fiducia viene
conferita,mentre si può parlare di sfiducia costruttiva in cui la camera bassa può ritirare la fiducia solo
avanzando un nuovo nome per la guida del governo,al fine appunto di conferire continuità all’azione
esecutiva.
LA DELEGA MINISTERIALE E IL RAPPORTO TRA CAPO DEL GOVERNO E MINISTRI
Il presidenzialismo viene definito il cosiddetto governo del leader,capace di governare e dominare il
consiglio dei propri collaboratori,i ministri,con poteri assoluti di delega,di nomina e di licenziamento,questa
enorme estensione del potere esecutivo viene bilanciata,non dall’interno,ma bensì dall’esterno con pesi e
contrappesi.In Europa il rapporto tra capo del governo e ministri spazia dal cosiddetto principio
monocratico,per cui il capo del governo ha completato i poteri sulla scelta della squadra ministeriale e il
lavoro di questi,obbligandoli a svolgere determinate azioni,fino al cosiddetto principio collegiale nel quale è
presente un “primus inter pares” ,un individuo che propone e in taluni casi nomina i ministri ma che di fatto
governa insieme a loro.Il termine più efficace per descrivere in questi casi l'azione del capo del governo è
quello di coordinamento,quindi processi decisionali presi insieme o comunque che vincolano il capo del
governo a ricercare continuamente una sorta di adesione da parte dei membri dell’esecutivo.
Il modello del principio monocratico si verifica nel momento in cui si presenta un tipo di sistema bipartitico e
quindi il sostegno del parlamento al solo partito vincitore garantisce una sorta di fusione tra esecutivo e
maggioranza parlamentare,si parla di governo del primo ministro,all’estremo opposto abbiamo il governo
collegiale.
Il massimo livello di controllo presidenziale si verifica quando si realizzano le due condizioni della coerenza
tra maggioranza parlamentare e presidenziale e dell’unità del partito o nel cartello presidenziale:il
presidenzialismo puro.
Può verificarsi una situazione di governo diviso,in una maggioranza diversa da quella che rappresenta il
presidente può tenere in scacco quest’ultimo o mettere in dubbio le misure prese dall’amministrazione.
La teoria della delega è un elemento molto interessante per analizzare i processi di formazione di
interruzione dei governi, riaffermando la distanza fra il modello parlamentare e il modello presidenziale;nel
modello parlamentare abbiamo una catena di deleghe in cui l’unitarietà e quindi la coesione di ogni agente
risponde al proprio principale sulla base di un’attribuzione di deleghe,troveremo ministri con una forte
delega parlamentare e ministri con ampi spazi di manovra,sottoposti comunque allo screening da parte del
premier stesso che “potrà giudicare” i suoi ministri e un rapporto biunivoco e trasparente fra questi,mentre
per quanto riguarda il modello di tipo presidenziale per la delega si parla di rapporti ugualmente trasparenti
ma che si sviluppano in due strade parallele (quella dell’elettorato presidenziale e quella del Congresso
sono diverse).
GOVERNI E PARTITI E TEORIA DELLE COALIZIONI
DIMENSIONE PARTITICA DEL GOVERNO
Oltre a tutti i compiti e i ruoli anticipatamente detti concernamente il partito,potremmo dire che questi hanno
una grande importanza anche per quanto riguarda il fornire idee concrete al governo e poi mettere in
campo delle risorse umane,la classe politica, che sono destinate a mettere in pratica tali idee.Nelle
democrazie moderne si verifica sempre quello che viene definito il governo di partito,gli studiosi politici
sanno che non esiste un “governo di partito” perfetto ma sono anche coscienti del fatto che ad oggi non
esista un governo democratico escluso dalla dimensione partitica.Il governo di partito si realizza nel
momento in cui decisioni vengono prese da un personale partitico eletto che ricopre le cariche più alte
nell’esecutivo,le politiche pubbliche vengono decise all’interno dei partiti e i partiti agiscono con sufficiente
coesione nella difesa di queste e i detentori delle cariche pubbliche sono reclutati ed agiscono in quanto
rappresentanti del proprio partito.
Questi elementi hanno permesso la cosiddetta partiticizzazione del governo.
LE TEORIE DELLE COALIZIONI
L'arricchimento recente della cosiddetta “Rational Choice”alla scienza politica,ha permesso di adottare un
approccio diverso anche per quanto riguarda lo studio dei governi che vengono considerati come partiti al
cui interno sono presenti dei “giocatori, impegnati a ottenere dei posti durante i processi di formazione e
funzionamento degli esecutivi.
Le domande a cui gli scienziati hanno cercato risposta sono:
● Chi forma una coalizione?
● Come vengono distribuiti i portafogli ministeriali?
● Quali fattori spiegano l’equilibrio della coalizione o,al contrario,determinava la fine dell’esperienza di
coalizione?
Per riuscire a dare una risposta a queste domande bisogna tener conto di diversi tipi di contributi,quello dei
modelli classici dove i giocatori sono considerati come elementi orientati unicamente a massimizzare il
numero di spoglie da ottenere,i modelli incentrati,oltre che sulle spoglie,anche sulle politiche e i modelli
nazionali,in cui è centrale il ruolo giocato da alcune istituzioni.
Parliamo di coalizione minima vincente per intendere una condizione in cui si diventa perdente tramite la
sottrazione di un solo giocatore,quindi una coalizione risicata, una versione leggermente diversa dello
stesso assunto si basa sul conteggio del numero dei giocatori abbiamo,la coalizione con il minor numero di
partiti,quindi meno giocatori ci sono in campo più facilmente si riuscirà a detenere il governo.
Parliamo poi di maggioranza minima connessa, in cui i partiti vincenti devono includere un partito di piccole
dimensioni della coalizione,questa annessioni esclude qualche ministero ma garantisce a questa politica la
maggioranza che ora rappresenta uno spazio continuo grazie all’impegno di tre forze politiche contigue.
Parliamo poi di coalizione a distanza minima,si cerca di ridurre la distanza ideologica tra diversi
partner,quindi si vogliono conoscere le affinità delle posizioni programmatiche e si contesta la previsione di
una coalizione che si basi sul numero più ridotto possibile di giocatori e parliamo,invece,di coalizioni a
maggioranza contratta, per un modello in cui le preferenze dei vari attori partitici in almeno due di settori di
politica pubblica generano spazio per compromessi accettabili e da questi compromessi si possono piegare
determinate coalizioni piuttosto che altre.Generalmente sono i partiti che ricercano una coalizione.I governi
di minoranza che sono i governi in cui si presenta un esecutivo affidato ad un partito considerato non
estremista e neanche antisistemico,i governi di minoranza teoricamente vengono adottati in situazioni di
emergenza ma in alcuni paesi hanno rappresentato anche la norma.
LA CONFIGURAZIONE ATTUALE DEI GOVERNI DEMOCRATICI
MOLTE SIMILITUDINI,POCHE (MA CRUCIALI) DIFFERENZE
È facile individuare le similitudini tra le democrazie contemporanee mentre è più difficile riuscire individuare
quelle che sono le differenze che,essenzialmente,possono essere ridotte a quattro tipi:i poteri formali e
informali;l’organizzazione interna del cosiddetto gabinetto;i meccanismi di selezione del personale;la durata
del governo stesso.
Per quanto riguarda i poteri formali,oltre a quelle che sono le fondamentali facoltà costituzionali che
discendono dal sistema di governo,diventano fondamentali anche le facoltà attribuite dalla prassi o dalle
regole di funzionamento interne al parlamento.
Anche un governo molto forte e dal punto di vista del rapporto con il parlamento può avere una sorta di
difficoltà interna dovuta una scarsa capacità organizzativa,si parla quindi di differenze concerne la
dimensione strutturale dell’esecutivo.I governi storicamente nascono tramite l’ausilio di deleghe da parte di
quelli che erano i monarchi e in alcuni casi,durante la storia delle democrazie,si sono premiati coloro che
appunto emettevano la delega,ossi ai capi di governo,mentre in altri sono stati i ministri a essere premiati in
quanto massimizzatori delle risorse organizzative.
Un’altra differenza molto importante concerne la selezione del personale ministeriale,la differenza è quella
relativa alla provenienza parlamentare,per quanto riguarda un modello di tipo dualista che quindi vede
fusione tra esecutivo e maggioranza parlamentare come,ad esempio,per quanto riguarda l’Inghilterra,molte
volte i ministri vengono scelti all’interno del parlamento e anzi sono obbligati a mantenere il proprio seggio
durante il mandato di governo mentre per quanto riguarda forme di presidenzialismo e di alcune forme di
parlamentarismo,i ministri non possono essere scelti fra i parlamentari e nel caso in questo succeda sono
obbligati ad abbandonare il proprio seggio.
L’ultima differenza riguarda la durata dell'esecutivo stesso che non è correlata con il dinamismo delle
azioni o con il successo dei rispettivi leader di governo.
EVOLUZIONI RECENTI,”CORE EXECUTIVE”,PRESIDENZIALIZZAZIONE E TECNOCRAZIA
Le trasformazioni recenti dei rapporti di delega all’interno dei governi democratici:
Con core executive si intende la distinzione fra coloro che sono gli attori che si occupano di esercitare
anche i poteri di indirizzo politico e coloro che invece si limitano alla loro mera esecuzione,quindi con
questo termine si intende il nucleo del governo.
Un’altro elemento che è andato a modificarsi è l’accentuazione della forza del leader,si parla di
leaderizzazione,un processo che si è maggiormente visto per quanto riguarda i sistemi
parlamentare,quindi si parla di presidenzalizzazione del governo parlamentare
Un altro elemento è il rapporto sempre più stretto fra figure politiche e figure di tipo tecnico,si parla quindi di
tecnocrazia, un fenomeno che riguarda la crescita all’interno del nucleo duro del governo di consulenti
esperti o comunque altri membri reclutati dai politici per avere il supporto di competenze diverse rispetto a
quelle fornite dalla burocrazia,alcune competenze dei tradizionali ministeri,principalmente per quanto
riguarda il settore economico e il settore delle politiche regolative,vengono assorbite da quello delle
cosiddette autorità indipendenti,quindi strutture nominate dal governo o dal parlamenti che tuttavia godono
di un estrema autonomia politica e che sono chiamati a svolgere determinati compiti,non è raro che questi
ruoli vengono affidati a figure che sono del tutto estranee alla scena politica e che possono anche provenire
da partiti riguardanti l’opposizione.
AMMINISTRAZIONI E BUROCRAZIE
BUROCRAZIA OVVERO LA GESTIONE QUOTIDIANA DEL POTERE
La politica in azione,sia nella fase dell’elaborazione delle decisioni,sia nella loro fase di attuazione,vede
nella burocrazia una protagonista fondamentale ed imprescindibile.Il ruolo della burocrazia è indispensabile
per il perseguimento di uno dei fini ultimi della politica che è quello del mantenimento dell’ordine sociale.
Se noi intendiamo la politica secondo l’ottica di Webber,per cui essa è la gestione quotidiana del
potere,intendendo la regolazione del traffico,i servizi pubblici,il funzionamento delle scuole come
espressione operativa dell’uso del potere politico,le burocrazie diventano quelli che sono attori “politici”
fondamentali per la comprensione complessiva di cosa e come funziona la politica.
Possiamo attribuire un duplice significato al concetto di burocrazia inteso,sia come uno specifico modo di
organizzare un insieme di persone(burocrati),sia come organizzare un insieme di uffici(pubbliche
amministrazioni).
I CONCETTI DI “BUROCRAZIA” E DI “PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”
Anche se il la burocrazia è un fenomeno antico,la creazione di questo termine è relativamente recente,a
questo troviamo un contributo di stampo francese che unisce un termine di origine greca che significa
“dominio” e uno francese che significa “scrivania/ufficio”,quindi il concetto moderno di burocrazia nasce con
una connotazione negativa che tante volte tenderà riaffiorare nel dibattito pubblico ed,inoltre,questo nuovo
termine segnala l’emergere di una nuova forma di potere sulla collettività.
Durante il corso dell’ottocento si sono susseguiti numerosi dibattiti per quanto riguarda il termine
burocrazia,dibattiti che hanno coinvolto figure quali,ad esempio,Hegel che parlava di burocrazia
intendendola come rappresentazione del principio di razionalità dello Stato,Marx che riteneva la burocrazia
come il dominio delle classi emergenti all’interno della società,fino ad arrivare a Weber che elaborerà la
definizione che ancora ad oggi viene utilizzata come fondamento per parlare di burocrazia.Weber definisce
la burocrazia come l’elemento fondante dello Stato moderno,i suoi elementi costitutivi sono:il suo essere
una gerarchia ed il possedere un onniscienza gerarchica;la divisione del lavoro;l’imparzialità nei
comportamenti,nelle relazioni interne ed esterne;l’elevata specializzazione e professionalizzazione;il
reclutamento basato su regole e promozioni basate sul principio di anzianità e del merito.
Queste caratteristiche rendono la burocrazia maggiormente adatta a comportamenti imparziali e ad un
ruolo esecutorio,quindi di meccanismo servente della decisione politica ed,inoltre,aiutano a produrre un
senso di affidabilità verso i decisori politici e una costante legittimazione agli occhi dell’opinione pubblica.
Bisogna comunque far riferimento alla trasformazione che sta attraversando,ad oggi,la burocrazia,una
trasformazione che va nell’ottica del “New Public Management” ,una corrente che vuole superare l’idealtipo
burocratico weberiano e comporta il mescolamento degli elementi tipici della preesistenti culture
organizzative e politiche con elementi innovativi di modernizzazione,la strada verso cui si va è quella
allontanamento dalla tradizione,enfatizzando la funzionalità dei processi.
Il concetto di “pubblica amministrazione” è più ampio rispetto a quello di burocrazia,per darne una
definizione guardarlo in un’ottica funzionale o in un’ottica strutturale.
Per quanto riguarda l’ottica funzionale,”l’amministrazione” può essere intesa come una serie di attività
tramite cui si attuano delle norme,quindi la traduzione di regole generali,formulate per l’interesse
collettivo,in decisioni specifiche.
Dal punto di vista strutturale la pubblica amministrazione è insieme di quegli apparati che si occupano di
svolgere le funzioni richieste delle decisioni politiche formalizzate.
GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
QUATTRO LIVELLI DI ANALISI
Per riuscire a comprendere le caratteristiche del ruolo dell’amministrazione nei processi politici,bisogna
sintetizzare quali sono gli elementi più significativi che influenzano il loro funzionamento,parliamo,quindi,di
struttura,dell’organizzazione personale,delle procedure e della cultura amministrativa.
LA STRUTTURA E L’ORGANIZZAZIONE
Con struttura si intende l’insieme di quei principi costitutivi tramite cui,i sistemi amministrativi
nazionali,vengono disegnati mentre per organizzazione si fa riferimento alle caratteristiche tramite cui le
amministrazioni impostano le proprie attività.
Facendo riferimento alla struttura dei sistemi amministrativi,Gulick ha proposto un’interpretazione di questa
secondo quattro criteri:
● Il criterio territoriale,con cui si riesce ad avere una distinzione fra apparati amministrativi
nazionali,tendenzialmente centralizzati e sistemi amministrativi che tendono a segmentarsi in
apparati amministrativi che insistono nella stessa area politica.
● Il criterio del processo che rimanda alle modalità tramite cui le pubbliche amministrazioni operano e
all’articolazione nella divisione del lavoro tra le diverse strutture amministrative,un fenomeno
possibile è quello di assegnare ad agenzie l’attuazione delle politiche da perseguire in determinati
settori della politica pubblica, oppure la creazione di autorità indipendenti che come finalità hanno
quella di regolare o indirizzare un settore di politica pubblica al fine di preservare e tutelare
l’interesse collettivo
● Il criterio relativo ai destinatari o all’oggetto trattato che fa riferimento al fatto che l’articolazione
istituzionale delle amministrazioni può strutturarsi modo tale da focalizzarsi su uno specifico gruppo
di interesse o settore della società
● Il criterio organizzativo dell’obiettivo da raggiungere,ogni struttura amministrativa viene creata con
uno specifico fine che nel corso della sua evoluzione può variare in modo significativo.
Le pubbliche amministrazioni sono organizzazioni e,pertanto, le modalità tramite cui vengono declinate le
fondamentali dimensioni che caratterizzano l’agire amministrativo sono significative.Le dimensioni più
significative sono:livello di formalizzazione;le modalità di distribuzione dell’autorità;il tasso di
specializzazione;il livello e il tipo di professionalizzazione;il livello di centralizzazione.
IL PERSONALE
La pubblica amministrazione è composta anche da persone,le modalità con cui il personale viene
reclutato,selezionato,promosso ed incentivato rappresentano un elemento chiave per indirizzare la capacità
e l’azione amministrativa.
Possiamo parlare del modello organizzativo burocratico tradizionale per la selezione del personale che si
caratterizza per forme accentrate di reclutamento,una selezione che si basa sul titolo di
studio,generalismo,una scarsa mobilità verso il privato,inamovibilità del posto,elevato spirito di
corpo,progressione di carriera basata sull’anzianità,selettività rappresentatività della società e rapporto di
lavoro che fondato per lo più sulla legge,con poco spazio,se non nullo,per la contrattazione.
Ad oggi sta verificandosi un cambiamento verso una specializzazione professionale, un’elevata mobilità,sia
all’interno,sia verso il privato,forme decentrate di reclutamento, contrattazione collettiva e retribuzione
legata sulle performance individuali.
LE PROCEDURE
Le procedure con le quali le pubbliche amministrazioni operano hanno subito notevoli trasformazioni
durante il corso della storia.Il modello burocratico tradizionale si caratterizza per una logica procedurale che
si basa sul rispetto di leggi e norme,lo scopo dell’amministrazione è quello di applicare o attuare la
legge.Ad oggi si assiste al mutamento delle modalità di azione delle amministrazioni,grazie ad una
pianificazione per obiettivi,al controllo di gestione rotazione del personale delle performance istituzionali
trasparenza diritto di accesso dei cittadini,all’utilizzo massiccio dell’e-governamento,alla pubblicazione e
diffusione delle carte,questo ha comportato una maggiore complessità delle procedure perché di fatto si è
permessa una maggiore interazione tra attori esterni e pubbliche amministrazioni che,d’altro canto,sono
costrette a rendere costantemente trasparenti le loro azioni.
LA CULTURA AMMINISTRATIVA
Il concetto di cultura amministrativa rimanda ad un insieme di valori e credenze condivise che informano
l’azione delle pubbliche amministrazioni.Bisogna fare una distinzione tra dimensione interna e dimensione
esterna della cultura amministrativa e proprio tenendo conto di questa distinzione,il concetto di “cultura
amministrativa” viene diviso in:cultura dell’amministrazione e cultura organizzativa.
Con cultura dell’amministrazione si intende l’insieme degli orientamenti,delle opinioni e delle aspettative
che i membri di una società hanno nei confronti delle pubbliche amministrazioni; si tende a credere che le
caratteristiche della cultura dell’amministrazione siano molto efficaci nell’influenzare la cultura interna e
quella organizzativa delle pubbliche amministrazioni e si ritiene,anche,che i valori sociali e politici fondanti
di una società modellino gli elementi portanti della cultura organizzativa della pubblica amministrazione.
In realtà non è propriamente così.
Con cultura organizzativa si intende l’insieme dei valori e delle pratiche condivise all’interno delle
organizzazioni pubbliche.I valori riguardano sia il suo ruolo come amministrazione,sia gli obiettivi che
questa deve raggiungere mentre le pratiche sono le modalità condivise tramite cui l’organizzazione
pubblica agisce.
La cultura organizzativa è fortemente condizionata dalla propria evoluzione storica,ci sono numerosi
studiosi che hanno cercato di classificare le culture organizzative :
● La cultura organizzativa del Rechtsstaat,si caratterizza per un forte senso gerarchico,una
concezione elitistico-legalitaria dell’azione amministrativa che vede nel rispetto delle procedure,il
criterio legittimante della propria azione e prevede una formazione prettamente giuridica dei
funzionari;si tratta di un modello presente in quella che è l’Europa continentale.
● La cultura organizzativa dell’interesse pubblico che riguarda principalmente i paesi anglosassoni,in
cui i rapporti fra potere politico e cittadini si articola in modo meno asimmetrico,il concetto di Stato
viene sostituito da quello di governo ed il governo viene considerato un “male necessario” ,perciò si
cerca fortemente di delimitare il suoi potere per quanto riguarda le libertà individuali;la legge viene
considerata come una degli elementi fondanti della legittimazione dell’azione amministrativa che
viene percepita come una sorta di punto di equilibrio e di mediazione fra diversi interessi con
l’obiettivo di raggiungere dei risultati.I valori fondanti sono:equità;indipendenza delle
parti;propensione nel risolvere i problemi;una formazione che può essere generalista oppure
specialistica dei funzionari ma che non deve essere prettamente giuridica.
POLITICA E AMMINISTRAZIONE
DUE DIMENSIONI ANALITICHE
Il rapporto tra politica e amministrazione è stato a lungo dibattuto, esistono,essenzialmente, due tipi di
relazione mediante cui considerare il rapporto tra politica e amministrazione:quella classica tra politici e
burocrati,tra coloro che decidono e i dirigenti amministrativi;il tema dell ruolo degli amministrazioni nei
processi politici.
POLITICI E BUROCRATI:DICOTOMIA,CONFLITTO,INTEGRAZIONE?
Il dibattito concerne il problema del rapporto tra decisori politici e dirigenti amministrativi,rispetto a debba
decidere.
Postulando l’idea di una dicotomia (la separazione tra la politica e l’amministrazione),troviamo da una parte
i decisori politici che detengono il potere sulla base del criterio di legittimazione vigente in un determinato
sistema politico,dall’altra parte l’amministrazione che deve attuare le decisioni sulla base della
legittimazione dovuta dalle proprie competenze tecniche.Questa teoria è stata portata avanti da numerosi
studiosi della dottrina giuspubblicistica dell’ottocento,ripresa poi dagli Stati Uniti e portata avanti anche da
Weber.La ripresa americana della concezione dicotomica tra politica e amministrazione si colloca in un
contesto di esigenze riformatrici che caratterizzavano un sistema che creava le condizioni per abusi ed
inefficienze.Ad oggi è presente una forte perplessità rispetto al fatto che sia poi possibile attuare una
separazione fra amministrazione e politica,tale dicotomia risulta non essere più scontata ma,anzi,è
diventata un oggetto di ricerca e si sono stipulati cinque modelli idealtipici di relazione tra politici e burocrati:
● Il modello formale ,ossia tradizionale che vede la separazione tra politica e amministrazione
● Il modello del village life che vede i politici e coloro che si occupano dell’amministrazione come
un’unica comunità coesa,si parla,quindi, d’integrazione orizzontale ai vertici delle strutture
politiche-amministrative,la condivisione dei medesimi valori ed una comune socializzazione
● Il modello funzionale che prevede anch’esso una forma di integrazione orizzontale ma,in questo
caso,le relazioni si basano su un interesse comune ed una comune visione dei problemi,quindi si ha
un’integrazione tra politici e burocrati su diversi piani
● Il modello antagonista,vede in queste due entità in competizione le une con le altre
● Il modello dello Stato amministrativo che riprende sotto alcuni aspetti la riflessione Weberiana,quindi
si afferma che i processi decisionali vengano dominati dall’apparato burocratico.Una particolare
declinazione di questa visione si deve alla teoria della “Public Choice”, per cui la burocrazia,avendo
il monopolio delle competenze tecniche,ha una forte possibilità di interagire con l’ambiente esterno
e quindi,di manipolare i processi decisionali,avendo come fine la massimizzazione della propria
utilità.
Questi modelli devono però andarsi ad intendere quali idealtipi,nella realtà i rapporti tra politici e burocrati
possono caratterizzarsi in modo molto articolato con rapporti che risultano essere mutevoli a seconda del
contesto e delle contingenze.Ad oggi,la politica e la burocrazia si intrecciano fino a fondersi in quella che è
stata definita da molti la politica burocratica che si propone come una prospettiva che cerca di tenere
insieme questi due aspetti,non enfatizzando un tipo di relazione piuttosto che un altro,si tratta quindi di un
tipo di relazione che prevede un interesse reciproco a collaborare e si struttura tramite delle negoziazioni e
scambi:i politici cercano la lealtà,i burocrati cercano la stabilità di posizioni benefici materiali.
Esistono delle prassi consolidate e delle culture organizzative;sia i politici sia i burocrati sono vincolati dal
contesto politico-istituzionale all’interno di cui operano;i politici sono vincolati dalla preferenza dell'opinione
pubblica e dal contesto politico-economico,i burocrati dalla cultura organizzativa e dall’esigenza di voler
evitare contestazioni successive,si tratta quindi di una integrazione che può essere di tipo competitivo o
cooperativa in cui ciascuno dei due attori mette a disposizione le proprie risorse per ottenere dei
vantaggi:politici possiedono la legittimità,il controllo delle risorse finanziarie ed il potere di decidere,i
burocrati la competenza tecnica,la stabilità e la forza dell’ideologia burocratica elementi che,però,
necessitano della finanziamento da parte dei politici per poter portare avanti i loro programmi.
L’AMMINISTRAZIONE E I PROCESSI DECISIONALI
Il ruolo delle pubbliche amministrazioni nei processi decisionali non può essere ridotto solo al rapporto tra
politici e burocrati,le amministrazioni,quotidianamente,interagiscono con la società e con il sistema
politico.Si parla di politicità delle amministrazioni perché,di fatto, queste sono degli attori politici ed
interagiscono con altri attori,il tipo di relazione più importante,è sicuramente quella tra amministrazioni e
gruppi di interesse.Le amministrazioni hanno un'evidente convenienza nell’interagire con i gruppi
d'interesse perché ottengono delle risorse importanti per le loro azioni,i tipi di relazione che si possono
instaurare tra questi due elementi sono di diverso tipo:
● Relazioni legittime quindi consentite e a volte formalmente richieste
● Relazioni di clientela quando un gruppo di interesse diventa il rappresentante esclusivo di un
determinato settore di politica pubblica e quindi la relazione assicura il monopolio del gruppo di
interesse in termini di rappresentanza e un rapporto di dipendenza totale da parte
dell’amministrazione
● Relazione di parentela in cui un gruppo di interesse ottiene dei benefici diretti e costanti delle
amministrazioni,grazie alla stretta vicinanza con un partito di governo
● Relazioni illegittime,in cui non viene riconosciuta ai gruppi di interesse sufficiente rappresentanza
oppure i gruppi che vengono esclusi per motivi politici o ideologici
DEMOCRAZIE E PROBLEMI DELL’AMMINISTRAZIONE
L’AMMINISTRAZIONE COME PROBLEMA DEMOCRATICO
La tensione tra burocrazia e democrazia è,di fatto,un fenomeno presente,le burocrazie sono delle
organizzazioni con un alto tasso gerarchico e offrono alla politica democratica il modo per poter realizzare
le proprie politiche ma,al contempo,sono anche delle istituzioni che tendono a sviluppare logiche autonome
di funzionamento,non necessariamente coerenti con le esigenze della politica democratica,in particolare
con l’esigenza dell’accountability.
PERFORMANCE,DELEGA ED ACCOUNTABILITY
La questione dell’accountability burocratica può spiegarsi con l’esigenza che le amministrazioni hanno di
rendere conto del loro operato,in modo trasparente e continuativo,ai responsabili politici e quindi alla
collettività,al contempo i governi sono obbligati ad offrire delle performance che risultino essere efficienti e
quindi devono continuamente controllare l’operato delle burocrazie a cui spesso vengono delegate delle
competenze e decisioni.
La delega politica e l’accountability burocratica sono quindi due facce della stessa medaglia, la questione
dell’accountability è anche il prodotto di una strategia di delega che i decisori attuano scaricando alle
burocrazie responsabilità decisionali,ad esempio per far approvare leggi che risultano essere ambigue
oppure vengono stabilite linee di indirizzo generali e poi si lascia alla fase di attuazione il compito di
dettagliarne nei contenuti.
La dinamica della delega può essere attuata in modo diverso e per motivi diversi:lasciare margini di
manovra l’esecutivo;evitare la diretta responsabilizzazione rispetto a scelte che risultano essere
impopolari;perché si preferisce applicarsi ad attività più vantaggiose dal punto di vista elettorale;per il
timore di non essere percepiti credibili rispetto agli obiettivi da raggiungere.Le deleghe che la politica affida
all’amministrazione possono avere anche due rischi:l’azzardo morale quindi gli apparati amministrativi
utilizzano la libertà concessa loro per perseguire dei fini propri,incoerenti ed incongruenti;selezione
avversa,il rischio di sbagliare nella scelta della burocrazia,ovvero del meccanismo burocratico.
Le burocrazie devono agire anche secondo il principio di legalità e rispettare i diritti sociali dei cittadini.
CONTROLLO POLITICO DELLA BUROCRAZIA E “ACCOUNTABILITY BUROCRATICA”
Bisogna fare una distinzione tra meccanismi di controllo politico della burocrazia e meccanismi generali per
l’accountability burocratica:i meccanismi di controllo politico delle burocrazie si distinguono tra livello
legislativo e livello esecutivo.I meccanismi delle assemblee legislative sono di tipo procedurale o di tipo
strutturale,gli strumenti di tipo procedurale sono:la produzione di una legislazione dettagliata per limitare la
discrezionalità burocratica; l’individuazione di meccanismi per monitorare che le burocrazie avvertano i
legislatori in caso di anomalie;l’uso di strumenti finanziari stringenti e vincolanti;l’uso di indicatori di
performance;la richiesta di report periodici;l’uso di strumenti di acquisizione di informazione,come le
audizioni.Gli strumenti strutturali riguardano la possibilità legislativa di decidere a quale o a quali
amministrazioni affidare un determinato compito.
A livello di esecutivo lo strumento principale per il controllo delle burocrazie è la politicizzazione delle
cariche dirigenziali, quindi la collaborazione tra i politici e vertici burocratici.
L’accountability burocratica è uno dei più complessi sistemi di accountability per questo si delimita in un
determinato regime di accountability,in ogni regime esistono degli specifici strumenti con cui si cerca
assicurare di assicurarla,strumenti di tipo legale-giudiziario,di tipo valutativo,informativo,rappresentativi e
partecipativi.Gli strumenti legali-giudiziari vanno dalla giustizia amministrativa (determinati tribunali
amministrativi regionali come il Tar ad esempio) alla rule of law,per cui non esiste un diritto particolare per
apparati pubblici,ciascun cittadino può recarsi nella corte di giustizia qualora si senta discriminato
dall’azione amministrativa.
Gli strumenti valutativi sono tipici delle nuove tecniche manageriali: valutazione delle performance
istituzionali ed individuali;l’individuazione di performance da raggiungere; dei sistemi di gestione che
obbligano le burocrazie a prestare attenzione alla performance complessiva di una politica e non solo di
alcune componenti.
Gli strumenti informativi sono legati ad obblighi di trasparenza come l’utilizzo di report periodici e
all’auditing,quindi l’attività di valutazione da parte di un terzo soggetto della conformità contabile e
procedurale dell’attività amministrativa.
Gli strumenti rappresentativi e partecipativi riguarda sia le pratiche di democrazia deliberativa sia la
presenza di burocrazie che rappresentino la popolazione.
BUROCRAZIE E AMMINISTRAZIONI NEL XXI SECOLO:
LE SFIDE DELLA GLOBALIZZAZIONE
Il ruolo delle pubbliche amministrazioni e delle burocrazie,ad oggi,è sottoposto a continui cambiamenti,si
parla di un’evoluzione neoweberiana dello stato e delle burocrazie,emerge,quindi, la capacità del modello
tradizionale di persistere e di adattarsi alle sfide contemporanee.
Gli elementi essere presenti nel modello di Weber sono:il fatto che lo Stato si affermi come principale
facilitatore per la ricerca di soluzioni;il riaffermarsi diritto amministrativo,aggiornato e modernizzato;l’idea
che la pubblica amministrazione debba avere un proprio status rispetto alle altre amministrazioni.
Troviamo,anche,alcuni cambiamenti come il passaggio ad un’azione più orientata verso la soluzione dei
problemi dei cittadini,il supporto al funzionamento della democrazia rappresentativa,l’introduzione di
meccanismi che controllino “ex post”,mantenendo anche gli “ex ante” ed il rafforzamento delle competenze
burocratiche in senso manageriale.
PROCESSI ED ESITI DELLA POLITICA
OPINIONE PUBBLICA,PARTECIPAZIONE E COMUNICAZIONE
POLITICA ORIZZONTALE ED OPINIONE PUBBLICA
Con il processo di massificazione della politica si è assistito ad un cambiamento,con il passaggio da una
posizione prettamente verticale ad una orizzontale,si parla di politica orizzontale.Per di ciò,bisogna prima
chiarire cosa si intenda per opinione pubblica:con opinione pubblica intendiamo l’insieme delle
rappresentazioni o immagini che gli individui e i gruppi si formano,in maniera più o meno autonoma,e che
orientamento il loro comportamento.
Le rappresentazioni o immagini a cui si fa riferimento sono di tipo politico,così come le scelte che vengono
fatte e le azioni che ne conseguono.
Bisogna fare una distinzione fra diverse definizioni di opinione pubblica:
● Classica che trova le proprie radici nell’Illuminismo francese e propone un’interpretazione di tipo
filosofico e normativo, la formazione e la diffusione delle grandi correnti di opinione venivano viste
come espressione degli interessi e delle idee della borghesia illuminata come segno di progresso e
modernità ed anche come un strumento di controllo del pubblico.Questa visione fa emergere due
elementi:l’idea che l’opinione presuppone un terreno di coltura riconducibile ai cambiamenti politici
ed economici vissuti nell’Europa del 1700,che portarono alla formazione della sfera pubblica e di
uno spazio intermedio collocato tra Stato e società civile che risulta affollato da numerose istituzioni.
● Una concezione dell’opinione pubblica come collettiva,l’attenzione si sposta sul pubblico che
diventa un fenomeno sociale,riconducibile ad un comportamento collettivo ciò che differenzia il
pubblico dalle altre espressioni della condotta collettiva erano i tratti strutturali,il fatto di essere
transitorio,la sua debole organizzazione e contingenza,comunque non si parla di mere
manifestazioni dell’irrazionalismo, come le masse e le folle.Importante è individuare:il tipo di
pubblico e come avviene la formazione dell’opinione pubblica.Per parlare del tipo di pubblico
bisogna fare una distinzione tra attori e spettatori (pubblico attivo o pubblico passivo),gli attori sono
coloro che identificano i problemi,propongono delle soluzioni e tentano di conquistare gli altri,gli
spettatori risultano essere l’elemento passivo e rappresentano “l’audience degli attori”.Questi due
elementi non sono per forza fissi,ci può essere un “change” tra coloro che occupano la posizione di
“attori” e coloro che occupano gli “spettatori”. Vengono poi individuati diversi tipi di pubblico:il
pubblico generale che coincide con l’intera popolazione o comunque settori che sono poco informati
ed attivi; l’elettorato o pubblico di votanti; il pubblico attento che non solo vota ma è anche
interessato alla vita politica;il pubblico attivo;i pubblici tematici,quando si parla di problemi di
rilevanza collettiva che ci suscitano interesse da parte del pubblico.
● La terza definizione di opinione pubblica viene definita individuale e che viene rappresentata dalla
mera aggregazione delle opinioni degli individui all’interno di una collettività.Le opinioni diventano
osservabili tramite gli strumenti della scienza demoscopica ed il passaggio a questa terza
concezione comportano una censura radicale.Si parla di un’opinione pubblica che,oltre a poter
essere ascoltata,può anche essere manipolata e controllata.
Esistono diverse teorie(proposte da Sartori) concerni la formazione dell’opinione pubblica: la teoria della
cascata che parla di formazione dell’opinione pubblica come esito di una serie di passaggi che mettono in
comunicazione diversi livelli di opinione; la teoria dei ribollimento che punta l'attenzione su un’opinione che
emerge dal basso,in grado di suscitare molta pressione sulla classe politica e sulle istituzioni;la teoria dei
gruppi di riferimento che sposta l’attenzione,più che sulle informazioni,sull’identificazione di quale fattore
costituisca l’opinione pubblica ed implica l’esistenza e l’attività di determinati gruppi di
riferimento(famiglia,scuola ecc).
LA PARTECIPAZIONE POLITICA
Il concetto di partecipazione politica ha avuto svariate definizioni,nel corso del tempo,che spaziano
dall’ambito empirico all’ambito normativo.
La partecipazione politica viene definita come l’insieme delle occasioni in cui,in un certo contesto,donne e
uomini,singolarmente o in gruppo,adottano azioni convenzionali o non convenzionali,per cercare di
influenzare le decisioni di chi ricopre le cariche pubbliche rappresentative,soprattutto di governo,per
modificarle o per conservare il sistema di interessi e valori dominante.
Una domanda che sorge in questo in quest’ottica viene esplicata da quello che viene definito “il dilemma di
Hirschman”,concerne lo squilibrio tra costi e benefici nel mettere in atto azioni dirette,per costi si intende
energia personale,tempo e risorse che sono notevolmente superiori rispetto ai benefici che si ottengono.Di
fatto,nelle democrazie avanzate,il problema da porsi è il “perché la gente non partecipi”:non possono,in
questo caso si parla di fattori strutturali che impediscono o ostacolano la partecipazione,ciò ha a che fare
con la capacità dei cittadini,la quantità e la qualità delle risorse parliamo,i vincoli e le disuguaglianze che
dipendono dal sistema sociale e politico vigente,in quest’ottica si applica la teoria dello status
socioeconomico,per cui chi ricopre una posizione sociale socioeconomica più elevata o centrale è
maggiormente interessato e propenso alla partecipazione politica;altri vincoli strutturali possono essere
l’esistenza di una “struttura delle opportunità” più o meno chiusa o aperta oppure elementi legati a
meccanismi che riguardano la partecipazione elettorale: il voto obbligatorio;il sistema elettorale
proporzionale;la registrazione automatica degli elettori alle liste elettorali appena compiuto la maggiore
età,cosa che non accade ad esempio gli Stati Uniti;la previsione di particolari giorni per il voto;l’esistenza di
elezioni simultanee,i cosiddetti “election day”;le schede elettorali;le norme sul finanziamento delle attività
dei partiti e dei movimenti politici.Non vogliono,si parla di motivazioni relative al coinvolgimento psicologico
quindi grado di interesse alla partecipazione,si parla anche di “efficacia politica”,se i cittadini abbiano o
meno la sensazione che la partecipazione possa avere un impatto sul processo politico e che quindi valga
la pena compierla;si fa riferimento,anche,alla partecipazione latente o invisibile.La costellazione di
orientamenti soggettivi e atteggiamenti che le donne e gli uomini hanno nei confronti degli oggetti politici
definiscono quella che viene definita appunto cultura politica ed un modo per comprenderla è osservare il
rapporto tra partecipazione e tipo di cittadino:il cittadino civico,colui che è coinvolto e si mobilita ma che
presenta anche un’adesione passività e apatia,l'idea di fondo è che è un certo grado di passività nelle
democrazie non sia del tutto sbagliato.Questo modello fa riferimento al concetto di di cultura civica;il
cittadino insoddisfatto,più politicamente attivo,più democratico e più istruito rispetto ai partecipanti
standard;il cittadino autoespressivo fa riferimento ad una società più avanzata,in cui si parla dei cosiddetti
“valori postmaterialisti” ,con un conseguente indebolimento dell’attaccamento ai “valori materialisti”.I valori
postmaterialisti sono anche stati definiti auto espressivi,caratterizzati dalla partecipazione democratica,
tolleranza,uguaglianza di genere ed autonomia personale e sono correlati allo sviluppo socioeconomico e
al regime politico delimitando quella che viene definita “una struttura di potenziamento umano” o di
emancipazione;il cittadino apatico,si riferisce a uomini e donne che non sono necessariamente insoddisfatti
dell’andamento politico ma,in ogni caso,se ne disinteressano.Si parli di “cittadini selettivi” perché,di
fatto,magari nel momento in cui percepiscono termiche che toccano loro personalmente si attivano per
protestare.
Nessuno glielo chiede,il motivo per cui la gente partecipi al voto resta un mistero,di fatto si parla del
“paradosso dell’azione collettiva”,l’individuo comune sarebbe più razionale non partecipando e accettando i
benefici dell’impegno di altri,se ciò accdesse la partecipazione diverrebbe impossibile;questo paradosso si
spiega secondo l’idea per cui le donne e gli uomini si impegnano poiché considerano gli sforzi sostenuti
non come costi ma bensì come parte del beneficio ,il far parte di un partito o di un movimento non fa
ricavare solo benefici estrinseci(strumentali),associati gli esiti ottenuti dall’attività di influenza ma anche
benefici intrinseci,riconducibili ad una dimensione espressiva e simbolica,il solo fatto di partecipare rafforza
le relazioni e produce un riconoscimento collettivo.I benefici simbolici o intrinseci possono essere sia civili
sia identitari,in quest’ottica la partecipazione risulta essere riflesso dei coinvolgimenti degli individui
all’interno di una “rete di reclutamenti” e le implicazioni sono due:la costruzione di competenze civiche e le
sedi dove queste competenze possono essere acquisite.Si parla di modello del volontariato civico che
porta ad una visione di partecipazione come frutto di educazione,socializzazione,di un'organizzazione,della
mobilitazione ecc.. Partecipando si impara partecipare.All’interno di questo tessuto di reclutamento si
produce anche altro e si costruiscono e rafforzano i legami,da qui il modello di identificazione partitica ,si
partecipa solo se si è tutti uguali ma l’uguaglianza è un costrutto sociale quindi si crea all’interno delle
stesse attività che si vanno a svolgere,queste erano tutte cose fornite dai partiti di massa,grazie alla loro
capacità di distribuzione di incentivi di tipo individuale,quindi materiale,collettivi che si dividono in
espressivi,ossia il sentimento di appartenenza o di scopo,l’impegno a realizzare certe finalità,o incentivi
organizzativi o di processo quindi il coinvolgimento attivo nelle decisioni interne.Queste strutture di
intermediazione politica ad oggi sono in crisi e,se vanno in crisi partiti ed i movimenti,la gente smette di
partecipare con un conseguente sgravo di quello che veniva definito il capitale sociale.
LA COMUNICAZIONE POLITICA
La comunicazione politica è una comunicazione indispensabile,si parla di “comunicazione a due vie” o
“comunicazione aperta” tra autorità e cittadini che prevede sempre il feedback quindi una forma di ritorno
dei secondi ai primi.
La comunicazione implica un flusso,più o meno costante,di informazioni,non si può non comunicare ed
anche la comunicazione non verbale è una forma molto importante.
Si definisce la comunicazione politica come gli scambi e le interazioni che hanno a che fare con l’interesse
generale,talvolta si tratta di temi rispetto ai quali c’è un accordo di fondo,altre volte sono tematiche
controverse che possono diventare fonte di mobilitazione e schieramento di pro o contro.
La comunicazione politica,accanto ai fini di conoscenze,di informazione e di interpretazione della realtà
politica,si pone l’obiettivo di persuadere i cittadini a perseguire fini di parte(propaganda), pertanto riflette
l’ambivalenza caratteristica della politica:può essere uno strumento di integrazione e trasparenza che
aumenta la qualità democratica oppure può essere un’arma per la lotta al potere,soggetta quindi a
manipolazioni e distorsioni che la allontanano dai contesti democratici.
Potremmo ipotizzare che la comunicazione politica quindi si risolva negli scambi e nelle interazioni che si
realizzano tra gli attori politici,i mass-media ed il pubblico dei cittadini,in un’ottica utopistica questi tre
elementi si porrebbe su un piano orizzontale ma,in realtà, questo non accade,i mass-media tendono,ad
oggi,ad occupare un ruolo privilegiato,in quanto la politica trova più espressione all’interno di questi,si parla
di mediatizzazione della politica,concetto che rimanda alla centralità dei mass-media e dei professionisti
dell’informazione,facendo riferimento due parametri:quello sistemico che vuole comprendere il grado di
subordinazione-autonomia dei media e dei loro operatori rispetto alla politica e fa riferimento a quattro
dimensioni,la struttura proprietaria del sistema dei media,il grado di partnership tra i mass-media che è
tanto maggiore quanto più i giornali ecc.. sono di proprietà delle forze politiche e dei leader dei governi, il
grado di integrazione dell’Elite-politico mediali ed il grado in cui la professione di giornalista viene percepita
come indipendente dalla pressione;il parametro massmediale.
Ad oggi si parla dell’esistenza di tre mondi o fasi della comunicazione politica:una fase “premoderna” che si
caratterizza per l’egemonia dei partiti di massa,quella della “rivoluzione televisiva” ed infine,”la rivoluzione
delle telecomunicazioni”.Sotto un altro aspetto potremmo dire che,oggi,è presente un americanizzazione
della politica per le sue caratteristiche strutturali e processuali,concerne l’importanza attribuita al marketing
politico con una doppia valenza:valorizzare un determinato candidato rispetto agli altri o portare avanti
campagne comunicative negative volte a demolire gli altri e suscitare sentimenti e reazioni emotive; per
tendenza alla personalizzazione della politica:personalizzazione in senso stretto,quindi la rilevanza
che,all’interno di una campagna elettorale,ha un candidato,piuttosto che elementi collettivi come
un’ideologia;la leaderizzazione,con rafforzamento del leader ed indebolimento dei meccanismi di controllo;
la presidenzializzazione,in riferimento alla rilevanza dei vertici esecutivi.Si parla inoltre di egemonia dei
nuovi media .
GLI ATTORI DELLA POLITICA ORIZZONTALE
I GRUPPI DI INTERESSE
I processi di partecipazione ,comunicazione e formazione dell’opinione pubblica coinvolgono molte agenzie
ed istituzioni.
I gruppi di interesse vengono definiti come organizzazioni formalizzate di carattere permanente,dotate di
personale a tempo pieno,specializzato nell’opera di individuazione,promozione e difesa degli
interessi,influenzando e contestando le politiche pubbliche.
I tratti che li caratterizzano sono di tipo organizzativo e funzionale,possiamo poi attuare una distinzione fra
gruppi di interesse e gruppi di pressione: i gruppi di interesse sono formati da attori del sistema sociale che
come finalità hanno quella di tutelare determinati interessi economici e si caratterizzano per una
permanenza nel tempo,mentre i gruppi di pressione si caratterizzano per strategie adottate al fine di
ottenere determinate finalità istituzionali e riuscire a influenzare,tramite minacce e sanzioni positive o
negative,le autorità politiche e si caratterizzano per una temporaneità.I gruppi di interesse
sono,principalmente,coinvolti in attività di trasmissione,selezione e organizzazione delle domande che
emergono dalla società civile e cercano di influenzare a loro favore le politiche pubbliche,senza assume la
responsabilità di governo ma tramite delle strategie che possono essere dirette oppure indirette.Nel caso in
cui si andassero ad impegnare in prima persona nell’attività politica,si passerebbe a un allargamento del
raggio d’azione e al coinvolgimento in una serie di attività decisionali,di regolazione e di distribuzione ben
oltre le loro capacità di pressione.
Un’altra distinzione molto importante è tra lobby e lobbying, concetti che si riferiscono ad attività e processi
tramite cui i rappresentanti dei gruppi di interessi comunicano con coloro che si occupano di creare le
leggi,trasmettono informazioni in merito ai desideri della loro organizzazione.
I gruppi di interessi si distinguono anche in riferimento alla loro struttura:i gruppi anomici, strutture perlopiù
spontanee,non formalizzate che danno voce alla protesta;i gruppi di interesse non associativi che si basano
su legami tradizionali e oppure su “interessi comunemente condivisi”; i gruppi di interesse istituzionali
,istituzioni globali o sottogruppi di intraistituzionali che svolgono attività di pressione specializzata o che
comunque non non vengono esaurite dalle istituzioni;i gruppi di interessi associativi,caratteristici delle
democrazie pluraliste,sono formalizzati e si differenziano perché tendono ciascuno a rappresentare e
tutelare gli interessi di un gruppo particolare nelle società avanzate,l’azione di questi gruppi dipende dal
contesto all’interno di cui questi vanno inserirsi,molte volte nascono addirittura a seguito di decisioni
pubbliche;gruppi di interesse economico che riflettono l’organizzazione di classe e la divisione del lavoro,il
loro principale obiettivo e influenzare le politiche pubbliche;i gruppi fruitori di politiche pubbliche che
nascono come una conseguenza dell’intervento statale e che magari non esisterebbero senza l’intervento
di questo.
I gruppi,poi,si differenziano anche in base alle finalità istituzionali ,si distingue tra:gruppi economici;gruppi
promozionali;gruppi istituzionali.
Ad oggi tendono a sfumare i confini esterni ed interni,per quanto riguarda questi gruppi, questo
appannamento dei confini rappresenta una differenza cruciale dispetti movimenti sociali. Questo ha
comporato una più attenta analisi dei gruppi di interesse come agenzie di mobilitazione di individui,risorse e
obiettivi al fine di rappresentare delle domande e di influenzare le situazioni pubbliche.In quest’ottica molto
importante è la nozione che viene definita Gatekeeping si riferisce a un’azione di filtraggio di domande e
regolazione dell’accesso che implica:il controllo dell’accesso alle sedi decisionali;la capacità di fissare
l’agenda setting ;saper determinare i risultati delle decisioni.
Ci possono essere diversi gradi di incontro tra i gruppi di interessi e i partiti:il dominio partitico; la simbiosi
tra partiti e gruppi ideologicamente affini;la collaborazione;lo scambio tra consenso e decisioni
favorevoli;con subordinazione il gruppo di interesse tende a sponsorizzare la formazione di un partito e
fornisce a questo la legittimazione e le risorse organizzative e finanziarie,a volte addirittura di
leadership.Una diversa tipologia di distinzione delle azioni dei gruppi fa riferimento al repertorio di azione di
questi riguarda il grado di autonomia dal sistema politico e l’importanza dell’azione collettiva.Da ciò si
ricavano quattro modalità di azione:una tradizionale di lobbying diretto,lo scambio politico e il governo degli
interessi privati accomunate dal fatto che i gruppi coinvolti hanno un’elevata autonomia nel sistema politico
ma si differenziano per la scarsa incidenza dell’azione collettiva e per le loro basi associative.Nelle società
capitaliste hanno un ruolo determinante quelli che vengono definiti i sistemi di mediazione degli interessi
che possono verificarsi una realtà pluralista o neocorporativista,le caratteristiche di questi sistemi
dipendono dal grado con cui gli attori che ne fanno parte riescono a trasmettere le preferenze dei propri
membri e controllare i loro comportamento.Per quanto riguarda la prospettiva pluralista,troviamo molte
associazioni in concorrenza tra loro oppure in una situazione di coordinamento,in questo modo viene
ridotto il ruolo della regolazione statale mentre nel neocorporativismo,gli attori sono quantitativamente
minori,esistono obblighi non concorrenziali,prevale un coordinamento di tipo gerarchico,questi attori hanno
il monopolio della rappresentanza e le loro funzioni vengono riconosciute ed autorizzate dallo Stato,sono
quindi coinvolti nella realizzazione di politiche pubbliche;il quarto tipo di azione riguarda la politica del
conflitto ,il volersi,quindi, impegnare in rivendicazioni collettive e conflittuali.
I MOVIMENTI SOCIALI
La nozione di movimento sociale non è tra le più diffuse all’interno delle scienze sociali,si tratta di forme di
azione collettiva “oppositive” rispetto ai tradizionali canali della politica, sono reti prevalentemente
informali,basate su credenze condivise e sulla solidarietà,si caratterizzano per mobilitazioni di tipo
conflittuali volte a sostenere rivendicazioni attraverso attività di protesta.
I movimenti sono sempre il prodotto delle asimmetrie presenti all’interno della distribuzione del potere e
soprattutto del disagio derivante dal contrasto tra i vincoli oggettivi e le aspettative soggettive.Bisogna
attuare una distinzione tra i soggetti che danno origine al movimento e coloro che si avvantaggiano dai
risultati conseguiti.In realta i vantaggi strutturali(di tipo socioeconomico) non sono tutto,ad oggi l’attenzione
si è spostata sulle condizioni che possono facilitare o meno la comparsa,sugli attori in campo,sulle relative
coalizioni e sui meccanismi che connettono strutture e attori quindi si sposta l’attenzione sui meccanismi di
facilitazione dell’azione collettiva,centrale è la disponibilità di risorse ed il problema del coordinamento
dell’azione collettiva,da cui deriva l’enfasi della figura del leader e l’importanza della leadership,considerata
in termini relazionali.
Le tre caratteristiche della leadership sono:personali (qualità del leader);strumentali(risorse);
situazionali.Risalta anche la figura del leader come broker che sarebbe colui che si occupa di mediare e di
connettere.
In secondo luogo,i gruppi sono tenuti insieme grazie allo sviluppo di idee e credenze condivise e di un
senso di solidarietà,gli elementi chiave dei movimenti sono,infatti, l’identità quindi il farsi riconoscere
rispetto ad altri attori,l’opposizione,ossia l’individuare un avversario e la totalità,il fatto,quindi,che il conflitto
sociale e politico investa il sistema di valori e interessi dominante
I movimenti sono il frutto di un processo che vede quattro fasi:la strutturazione; l’identificazione;la
politicizzazione del conflitto ;la mobilitazione.
Esistono moltissimi tipi di azione collettiva ma ciò che differenzia i movimenti e le loro azioni è il carattere
conflittuale,in cui centrale è la mobilitazione a favore di determinate rivendicazioni,questo richiede uno
sforzo organizzativo.
I movimenti sono: di tipo espressivo,volti ad affermare un’identità e si caratterizzano per rapporti antagonisti
con il sistema di interessi e valori dominanti; movimenti di riforma che rivendicano libertà e diritti;movimenti
integralisti che vogliono sovvertire le istituzioni politiche e sociali e ricorrono ad attività conflittuali; quelli
comunitari che rifiutano le istituzioni esterne e mirano a costruire delle comunità alternative,senza però
voler sovvertire l’ordine sociale.Gli esiti delle rivendicazioni dei movimenti sono:di tipo procedurale;
strutturale;sostanziale. Quattro sono le tendenze evolutive dei movimenti,quella che si collega
all’istituzionalizzazione,il movimento cessa di essere un mezzo di mobilitazione in vista di un fine condiviso
ma si trasforma in un gruppo di pressione o in un partito politico,la commercializzazione,il movimento si
trasforma in un’impresa sociale che eroga servizi,la convivialità o l’involuzione,in cui l’azione collettiva
diventa un’attività espressiva e la radicalizzazione,il movimento assume tratti conflittuali e antisistemici.
PROCESSI DECISIONALI E POLITICHE PUBBLICHE
LA POLITICA D’AZIONE
Con politica non si intende soltanto una lotta per il potere o un tentativo di influenzare quest’ultimo ma si
tratta anche di un’attività o comunque una sfera d’azione,finalizzata a risolvere i problemi ritenuti di
rilevanza collettiva.Questo tipo di politica non è fatta soltanto di momenti topici ( vittoria elettorale) o di
singole decisioni (approvazione di una legge) ma è una serie continua di azioni e
inazioni,discussioni,progettazioni svolte in diversi livelli,in diversi contesti,nel medesimo sistema
politico,non è,quindi,esaustivo chiedersi esclusivamente “chi comanda?”, “chi ha il potere?”, per
comprendere il funzionamento dei processi decisionali ma questi hanno bisogno di determinate categorie
concettuali per essere compresi.
Per affrontare la politica in azione bisogna ricorrere al concetto di politica pubblica che implica un modo di
affrontare i processi decisionali per cui chi è ha potere è solo uno degli elementi costitutivi del processo
tramite cui si attua una decisione,bisogna focalizzare l’attenzione anche su come i problemi collettivi
vengono costruiti in quanto tali,come questi vengano percepiti dalla collettività,la modalità di interazione fra
gli attori e la rilevanza di fattori molto spesso incontrollabili per gli stessi decisori.
I PROCESSI DECISIONALI COME POLITICHE PUBBLICHE
Il momento in cui la decisione viene presa rappresenta la fine di un percorso,essa in sé rappresenta
soltanto la punta dell’iceberg che cela una serie di azioni e interazioni che devono essere ordinate,spiegate
e descritte.
La politica in azione viene identificata come politica pubblica. Bisogna dare una definizione di politica
pubblica,essa si caratterizza per l’intenzionalità perseguita dagli attori coinvolti, per il dinamismo,questi tre
elementi (attori,intenzionalità e dinamicità) sono utilizzati in diverse proposte per dare una definizione al
concetto di politica pubblica;in letteratura si fa una distinzione tra politiche pubbliche ristrette che
focalizzano l’attenzione sul ruolo del governo e quelle;invece,più ampie che puntano l’attenzione anche su
una maggiore variabilità di attori ed eventi.
La definizione ristretta di politica pubblica include una prospettiva tradizionale,quindi legittima e utile che
però incentra l’attenzione sul ruolo delle istituzioni pubbliche e sulle loro attività e non consente di cogliere i
diversi aspetti dei processi decisionali.Le definizioni più ampie includono,all’interno della politica,diversi
aspetti,si tratta di definizioni che non solo includono una dinamica processuale ma implicano la presenza di
numerosi attori che agiscono al fine di risolvere problemi collettivi,o percepiti come tali.La complessità dei
processi decisionali implica l’utilizzo di strumenti che li semplifichino,si tende,quindi,a dividerli in tre fasi:la
costruzione dell’agenda;la formulazione del programma politico; l’implementazione del programma
statuito,la valutazione ed infine l’eventuale estinzione della politica stessa,tutte queste attività avvengono
all’interno di quella che viene definita l’arena politica,uno spazio istituzionalizzato di comportamenti in cui
determinati attori perseguono determinati obiettivi,al contempo si parla anche di strutture relazionali e
luoghi in cui si persegue il potere si cerca di dare un contributo a risolvere problemi di rilevanza collettiva.
LA FORMULAZIONE DELL’AGENDA
LA FUNZIONE STRATEGICA DELL’AGENDA SETTING
Ogni processo decisionale si struttura in riferimento al problema da risolvere ,la fase di formazione
dell’agenda,ossia la lista dei problemi rilevanti,è un elemento indispensabile.
LA STRUTTURA DELL’AGENDA SETTING
L’agenda setting viene definita come un insieme di problemi,teorie causali,simboli e valori che in qualche
modo entrano nell’attenzione dell’opinione pubblica e degli attori di un sistema politico.Bisogna fare una
distinzione tra agenda istituzionale,agenda sistemica ed agenda decisionale:l’agenda sistemica è l’insieme
delle questioni che riguardano una comunità politica,questioni che questa comunità ritiene siano essere
meritevoli di attenzione; l’agenda istituzionale è l’insieme dei problemi tenuti in considerazione dagli attori
decisionali; l’agenda decisionale è l’insieme dei problemi su cui gli attori decisionali agiscono attivamente al
fine di prendere una decisione.
Le due dimensioni strutturali dell’agenda setting sono quella politico-istituzionale e quella della cultura
politica:la struttura del sistema partitico e la forma di Stato possono disegnare delle soglie all’azione degli
attori che attuano il passaggio di una questione dall’arena politica a quella istituzionale mentre cultura
politica è particolarmente rilevante perché i valori dominanti all’interno di una cultura politica influenzano
l’agenda sistemica.
LE DINAMICHE DELL’AGENDA SETTING
La dinamica di formazione dell’agenda si caratterizza per due passaggi:la definizione del problema e la
mobilitazione del supporto necessario per arrivare all’iscrizione di questo nell’agenda decisionale.La
definizione di un problema collettivo implica che a questo venga imputata una specifica teoria causale e
che si individui una gamma di possibili soluzioni. Emersa,poi, una specifica definizione del problema,questa
non deve considerarsi definitiva ma i “perdenti” cercheranno continuamente,durante il processo
decisionale,di far emergere la loro definizione.La definizione di un problema,non è solo la base di inizio
dell’agenda ma caratterizza per tutto il percorso.
L'iscrizione del problema nell’agenda decisionale:non basta che un problema venga condiviso,per essere
iscritto nell’agenda,per ordinare l’analisi della fase di agenda disponiamo di una proposta teorica che
incentra l’attenzione su “chi” e su “come”:una tipologia di formazione dell’agenda setting che individua tre
modelli di formazione dell'agenzia:
● Un attore collettivo,esterno alle istituzioni,agisce al fine di inserire una questione nell’agenda
● Gli attori politico-amministrativi agiscono per inserire una determinata questione nell’agenda politica
● Le questioni entrano nell’agenda per via interne al circuito politico-amministrativo, sulla base delle
interazioni del sistema partitico,delle richieste da parte degli apparati amministrativi,dei gruppi di
interesse ecc…
LA FORMULAZIONE
LA STRUTTURA DELLA FORMULAZIONE
La fase di formulazione comprende una serie di attività in cui l’esito è la decisione,rappresentante soltanto
la punta di un processo molto più ampio.In quest’ottica,per formulazione si intende quella fase del processo
di politica in cui si cerca di far approvare una soluzione al problema,definito nell’agenda decisionale.La fase
di formulazione è molto strutturata e si svolge quasi totalmente all’interno delle istituzioni
pubbliche-amministrative,contando però,anche una forte interazione l’esterno,essa si focalizza
sull’individuazione di soluzioni perseguibili,in questa fase si disegna il contenuto della decisione costruendo
anche il consenso politico,per poterla far approvare.
La formulazione si divide in due fasi :l’elaborazione tecnica che avviene direttamente all’interno degli
apparati amministrativi e la costruzione del consenso politico che va a verificarsi all’interno del contesto
delle istituzioni politiche in senso stretto.La fase di formulazione sembra,quindi, l’arena in cui si organizzano
delle strutture relazionali specifiche che tendenzialmente tendono a persistere durante il corso del
tempo,questa caratteristica dei processi decisionali venne identificata nel passato con concetti quale
whirlpool,web subsystem,subgoverament,ad oggi queste caratteristiche della fase di formulazione si
identificano con il concetto di policy network,questo concetto coglie le trasformazioni del rapporto fra Stato
e società che ridisegnano le caratteristiche del processo di decisione: l’allentamento dei confini tra
“pubblico” e “privato”;la settorializzazione dell’azione politica; l’affollamento delle reti
decisionali.Generalmente con policy network si intende un reticolo di attori pubblici e privati che
posseggono risorse quantitamente e qualitativamente diverse,operanti all’interno di uno spazio ben
definito,i principali tipi di network sono:il triangolo di ferro,l’issue network,la policy community e la advocacy
coalition.
● Con triangolo di ferro,si intende una struttura relazionale che si caratterizza per la presenza di
rapporti istituzionalizzati,anche se informali,tra apparati burocratici di riferimento,commissioni
parlamentari e i gruppi di interesse più importanti in un determinato settore.Si tratta di una
concezione antimperialista che focalizza l’attenzione sulla possibilità di questi attori di ottenere la
massima convenienza nel gestire la formulazione delle politiche,in arene isolate dall’influenza
dell’opinione pubblica o di altri attori politico amministrativi,queste condizioni si tendono a verificare
un momento in cui c’è una forte autonomia da parte dell’assemblea legislativa,un’autonomia dei
parlamentari rispetto al gruppo partitico di appartenenza, la capacità degli apparati amministrativi di
resistere a pressioni esterne,i gruppi di interesse capaci di agire come oligopolisti nel proprio settore
di riferimento e quindi catturare l’interesse politico amministrativo.
● L’issue network è diametralmente opposto al triangolo di ferro,perché si caratterizza per un grande
numero di attori,un’elevata instabilità e volatilità,l’improbabilità che la decisione venga presa,l’unico
elemento comune tra tutti questi attori è la condivisione di un problema percepito come comune.
● La policy community si caratterizza per rappresentare una vera e propria comunità,i membri di
questo di questa struttura condividono non solo il comune interesse per un settore della politica
ma,di fatto,hanno il loro riconoscimento reciproco.All’interno di questa comunità non si ha un
numero elevato attori che tendono a negoziare tutte le questioni relative ad determinato settore di
politica con uno stile consensuale,conquistandosi,quindi, un ruolo egemonico in un settore di
politica pubblica,questo fa sì che loro diventino il “locus” per la costruzione tecnica e sostantivare
delle decisioni,la probabilità che questo tipo di comunità persista nel tempo è molto elevata grazie
alle sue capacità di adattarsi alle modifiche ambientali.
● Il concetto di advocacy coalition rappresenta un processo decisionale in cui si contrappongono
almeno due network (coalizioni) che competono per vedere imposti le proprie decisioni,la principale
caratteristica è quella di condividere un determinato sistema di valori da perseguire e di avere
comuni strumenti e strategie da utilizzare.Si tratta di una forma di network in cui una coalizione
dominante cerca di imporre la proprio decisione in un contesto in cui viene continuamente sfidata da
altri network.
LA DINAMICA DELLA DECISIONE
Per comprendere le caratteristiche della dinamica decisionale,quindi il modo in cui si arriva a prendere una
decisione,bisogna tener conto di tre elementi:i modi tramite cui si può decidere; le caratteristiche del
contesto politico-istituzionale in cui si decide; le caratteristiche della questione su cui si incentra la
decisione.
Sono stati elaborati,al fine dell’analisi della decisione politica,quattro modelli di riferimento:
● Il modello razionale che assume il decisore sia unitario e che uno stato di certezza cognitiva che
permetta di massimizzare l’utilità della decisione,è in grado,quindi, di vagliare tutte le possibili
alternative e simularne i possibili effetti.Si tratta di un tipo di modello che incontra delle
perplessità:neanche gli assunti di incertezza cognitiva (il decisore non possiede tutte le conoscenze
necessarie per decidere),tenendo conto dei diversi contesti all’interno di quella decisione viene
presa, della difficoltà di svolgere delle simulazioni si riesce a risolvere il problema principale del
modello razionale:l’assunto di un decisore unitario.Soprattutto nei contesti democratici,è scontato
che la decisione non venga presa da un unico soggetto ma una da una pluralità di individui che si
scontrano e contrattano fra di loro le unitario.
● Il modello incrementale tiene conto del fatto che i processi decisionali si caratterizzano per
l’interdipendenza di una pluralità di attori partigiani (con partigiani si intende portatori specifici
interessi e visione specifica del mondo) questa natura partigiana è un fattore intrinseco dei possibili
conflitti che possono nascere fra diversi attori che devono, in maniera autonoma,risolvere tali screzi
mediante la negoziazione che può essere più o meno complessa e a vantaggio di un attore
piuttosto che un altro o la contrattazione.La dinamica incrementali si sviluppa focalizzando
l’attenzione degli attori su questioni per cui l’accordo è necessario e più facilmente raggiungibile
questo significa che la decisione si identificherà come incrementale.
● Il modello del bidone della spazzatura che parte dall’assunto sostanziale dell’irrazionalità dei
processi decisionali,quindi gli attori manifestano preferenze mutevoli che non vengono date in
maniera anticipatoria,sono fortemente alienati rispetto alla partecipazione stessa al processo
decisionale,si rompe,quindi,la logica delle “ho un problema,definiscono le soluzioni”,soluzioni intese
come preesistenti rispetto i problemi anzi come elementi che aiutano a definire gli stesso,si
sottolinea l’incertezza e la variabilità delle azioni e delle preferenze degli attori,a meno che queste
non siano ancorate a valori o pratiche istituzionalizzate.
Il contesto politico-istituzionale,il processo formulazione che porta poi alla decisione,non si svolge in un
ambiente asettico ma si colloca in un determinato contesto politico-istituzionale che influenza le dinamiche
come la forma di Stato,le struttura e la dinamica del sistema di partiti ecc… Le diverse combinazioni
possono portare ad alcune dinamiche piuttosto che ad altri, ci sono due concetti che esplicano l’influenza
dei fattori politico-istituzionali:
● La teoria del veto players che identifica le capacità degli attori di bloccare qualsiasi cambiamento
perseguito in un processo decisionale,nella dinamica decisionale,tanto più numeroso sarà il numero
di attori in grado di attuare un veto,tanto più probabile sarà che il processo si concluda con un nulla
di fatto o con un incrementalismo minimo.
● Il concetto di policy style che coglie l’influenza del contesto politico-istituzionale, costruendo una
tipologia che si basa sull'attitudine dei governi ad avere una propensione ad anticipare i problemi o
sulle caratteristiche delle relazioni con gli altri attori della politica.
Per quanto riguarda la posta in gioco,quindi l’esito della decisione,le caratteristiche che la influenzano sono
numerose,la dinamica decisionale si caratterizza per essere inserita all’interno di un’arena in cui i vari attori
si muovono per perseguire dei vantaggi e le caratteristiche di quest'area influenzano la posta in gioco e il
comportamento degli attori. Nel momento in cui gli attori individuano i vantaggi e gli svantaggi che possono
ottenere,sono consapevoli dei vincoli e degli incentivi che ogni situazione decisionale offre per il
perseguimento dei propri interessi.
L’analisi della posta in gioco porta a tre teorie teorie:
● L’approccio tipologico:la posta in gioco viene identificata come un elemento determinante di quali
siano gli attori protagonisti del processo decisionali,delle loro relazioni e del contenuto della
decisione.Il criterio fondante di questa teoria si basa sulla dicotomizzazione del concetto di
coercizione(fondante nella definizione di “politica pubblica”) quindi una distinzione tra le politiche
distributive in cui gli attori partecipanti ottengono tutti un qualche vantaggio,le politiche redistributive
per cui si spostano benefici da un macro gruppo ad un altro,le politiche regolative in cui si modifica il
comportamento degli individui o di specifici attori collettivi o di gruppi di interesse tramite obblighi o
sanzioni e le politiche costituenti che stabiliscono le regole del gioco in un determinato settore della
politica pubblica.Questa proposta trova dei limiti nel momento in cui non tiene conto che i processi
decisionali sono caratterizzati da un mix di componenti,un secondo tentativo è dato da una nuova
teoria che dicotomizza costi e benefici per come vengono percepiti dai destinatari delle decisioni
stesse.
● Il secondo approccio teorico prende il nome della teoria dei giochi,in cui si parla dei possibili schemi
di gioco decisionale che si basano sulle percezioni degli attori,quindi sul modo in cui questi reputano
che il gioco sia a somma positiva e che,quindi,gli attori tendano a collaborare o a somma zero,in
questo caso tendono a confliggere.
● La terza teoria è quella dell’analisi razionale-istituzionale che individua le caratteristiche della posta
in gioco come strutturate da un complesso insieme di fattori.
IL CONTENUTO DELLA DECISIONE
Che cosa si decide quando si decide?Si decide come cercare di raggiungere degli obiettivi
politici,individuando determinate strategie di politica pubblica.Le strategie di politica pubblica sono un
insieme di principi generali di azioni di politica pubblica accompagnati da specifici strumenti,i principi
riconducono a determinate visioni ideali del come le politiche pubbliche dovrebbero essere perseguite e
realizzate,hanno quindi un elevato contenuto normativo ed ideologico.La scelta di una determinata
strategia implica,anche,l’individuazione di una determinata teoria causa-effetto rispetto al problema che si
vuole andare a risolvere.
Le strategie di politica sono dei costrutti teorici tramite cui i valori di fondo dei decisori vengono
perseguiti,definendo in un determinato modo il problema,utilizzando determinate azioni e tenendo conto
anche del timing.Uno strumento di politica è un metodo o un meccanismo tramite cui si indirizza l’azione
collettiva,al fine di raggiungere un effetto desiderato,l’adozione di una determinata strategia porta a
prefigurare gli effetti attesi e ad elaborare una teoria del cambiamento.Esistono una vasta gamma di idee e
teorie che classificano gli strumenti di policy,come quella che vede la distinzione tra:nodality quindi capacità
del governo di calcolare i processi informativi;l’authority,il potere legale e la legittimazione dei poteri;la
treasury,le risorse finanziarie disponibili i governi;l’organization,le capacità di azione diretta,almeno
attraverso gli eserciti,la polizia e le burocrazie.
Questa è,ormai,diventata una distinzione abbastanza classica,altre classificazioni fanno riferimento al
livello di legittimazione della coercizione,parlando di strumenti quali: l’autoregolazione;l’esortazione;la
spesa pubblica;la regolazione;la proprietà pubblica.
La seconda classificazione fa riferimento alle caratteristiche motivazionali,strumenti:autoritativi
(presenza/assenza di determinate normative che indirizzano l’azione);gli incentivi (presenza/assenza di
stimoli esterni all’azione); gli strumenti che incidono sulle capacità dell’azione dei singoli;strumenti esortativi
o simbolici;strumenti che cercano di incentivare l’apprendimento.
Un’altra importante distinzione è quella tra strumenti procedurali e sostantivi:i sostantivi sono quelli tramite
cui i governi determinano il tipo,la quantità,la qualità e la distribuzione di beni e servizi nella società,mentre
gli strumenti procedurali influenzano gli esiti delle politiche pubbliche,tramite la manipolazione delle
caratteristiche dei processi di queste.
Alcuni studiosi ritengono che gli strumenti siano essenzialmente neutri,quindi mezzi per raggiungere
obiettivi che prescindono dalle idee politiche e dai valori di fondo di coloro che li attuano altri invece
credono ad un significato del tutto contrario.Ad oggi si parla di “policy mix” nell’intendere la scelta di
strumenti di policy differenti che talvolta risultano essere incoerenti gli uni con gli altri,l’incoerenza deriva dal
fatto che vengono scelti facendo riferimento a quelli che risultano essere gli strumenti più opportuni al
momento ma non secondo un’ottica di coerenza.
L'IMPLEMENTAZIONE
Nel momento in cui la decisione viene formalizzata assume una veste giuridica,questo non implica
automaticamente che essa produca degli effetti,nessuna decisione di pubblica politica ha un impatto sulla
realtà a meno che non venga trattata tramite una serie di azioni senza le quali non si ha alcun effetto
pratico.Si avvia un nuovo processo in cui esiste il rischio che gli obiettivi precedentemente prefissati non
vengano raggiunti o che vengano distorti,si definisce questo il processo di attuazione o implementazione.Si
cerca di studiare,soprattutto,il deficit dell’implementazione,quindi la difficoltà di determinati programmi di
politica pubblica nel raggiungere gli effetti desiderati,cercando di capire come superare queste difficoltà e
come affrontare questa fase affinché non risulti essere inefficace.
Da questi studi è emerso il concetto di policy design,ossia il come disegnare un programma di politica
pubblica;in questo contesto troviamo una distinzione tra fautori di un approccio top-down quindi
sostengono la tesi per cui per evitare le distorsioni implementative si debba prestare molta attenzione al
contenuto della decisione politica e coloro che invece adottano un approccio bottom-up,focalizzando
l’attenzione sui gruppi destinatari delle politiche e sulle burocrazie che hanno il compito di attuare le
politiche in un contesto di riferimento.
Ad oggi,si ritirne che il miglior modo per affrontare il processo di implementazione è considerarlo al pari di
un qualsiasi altro processo decisionale,tenendo conto del fatto che questo processo decisionale non è da
considerarsi inedito ma come una continuazione del processo antecedente,possiamo quindi dire che
l’arena implementative si caratterizza per le medesime dinamiche del processo decisionale descritto in
antecedenza con la premessa che gli attori coinvolti sono maggiormente vincolati,perché inseriti all’interno
di un programma politico già affermato.
Le dinamiche che si possono incontrare all’interno di quest'arena sono:
● Coloro che hanno perso cercheranno continuamente di mettere in difficoltà le decisioni pattuite al
fine di smontarle
● Bisogna tener conto,inoltre,che la dinamica implementative non è mai autoritativa quindi si sviluppa
su negoziazioni fra attori e partecipanti che strutturano l’implementazione come un processo di
mutuo aggiustamento partigiano
● Spesso il contenuto delle decisioni è multi-obiettivo,senza la presenza di una scala gerarchica ben
definita delle decisioni che devono essere attuate prima e di quelle che devono essere attuate dopo.
Il processo di implementazione viene anche influenzato da una serie di fattori “micro”,come il contesto
economico-sociale all’interno di cui va a inserirsi ecc…
VALUTARE APPRENDERE CONTINUARE A SBAGLIARE
La valutazione è un elemento importantissimo all’interno del processo decisionale e si attua durante tutto il
corso del processo.Gli attori,continuamente,valutano per comprendere se ciò che stanno facendo sia
efficace,in termini politici.Bisogna quindi concentrarsi sulla valutazione degli effetti delle politiche ,quindi su
quel tipo di attività tramite cui cerca di determinare quali siano gli esiti effettivi dell’implementazione delle
decisioni politiche.Si studia come viene operata la valutazione e chi valuta:
● La valutazione degli effetti di una politica pubblica non è un’attività oggettiva ma bensì è
soggettiva,diventa oggettiva nel momento in cui si utilizzano delle metodologie adeguate,si devono
scegliere,non solo gli effetti da valutare ma anche le relazioni causa-effetto su cui basare la
valutazione stessa
● I valutatori possono essere poi indipendenti alla decisione stessa;possono essere inseriti all’interno
del contesto e quindi presentare un alto grado di legittimazione tecnica,oppure possono essere
attori attivamente protagonisti dei processi decisionali.
LA DIMENSIONE EXRANAZIONALE ED EXTRASTATALE
DIMENSIONE SOVRANAZIONALE E “GOVERNANCE” MULTILIVELLO
LA CRISI DELLO STATO NAZIONALE
COMUNITà IMMAGINATE
Inizialmente lo Stato territoriale si impone come forma dominante di regime che si avvale dell’utilizzo della
forza e la guerra viene vista come un metodo di consolidamento dello stesso e come uno strumento di
regolazione dei conflitti con altri Stati territoriali,per questo considerata fondamentale.
Il controllo del territorio e delle persone che vivono al suo interno diventa il principio fondante del potere
dello Stato europeo,con il tempo si è poi cercato di costruire un’identità nazionale,quindi un senso di
appartenenza ad una comunità immaginaria.Gli Stati nazionali non hanno causato soltanto conflitti e
distruzione ma hanno rappresentato anche la cornice istituzionale entro cui ha piede la lotta per
l’emancipazione delle masse e per l’acquisizione di diritti politici,economici e sociali di cittadinanza.La
democrazia in tempi moderni viene definita democrazia nazionale.
Lo Stato nazionale risultava essere abbastanza solido e vincente proprio per il fatto che fosse
particolarmente chiuso per quanto riguarda i confini statali-era difficile cambiare cittadinanza-questa
garantiva l’acquisizione ed anche l’esercizio di diritti connessi alla cittadinanza stessa,inoltre la chiusura
consentiva lo sviluppo di un senso di appartenenza e di solidarietà ed anche la possibilità di poter
partecipare ai processi di autodeterminazione democratica.
PROCESSI DI INTEGRAZIONE REGIONALE
Per moltissimi studiosi la fine della seconda guerra mondiale rappresenta la cosiddetta “ora zero”,dopo la
guerra, l’idea stessa di “nazione” appare un concetto inutilizzabile per mobilitare quelle energie positive
necessarie alla ricostruzione e alla rinascita.
L’idea di far coincidere la forza Stato e nazione,imponendo l’identità culturale,laddove questa si veniva ad
urtare con altre identità locali,era presente in molti paesi.L’artificiosità della suddivisione dei territori,imposta
dalle potenze coloniali nei territori conquistati nel precedente periodo di colonizzazione,tende ad andare
verso il progressivo disfacimento.
In questo periodo si parla di agenzie funzionali,ciascuna incaricata di gestire una funzione
particolare,agenzie la cui giurisdizione attraversasse i confini nazionali.Queste agenzie avrebbero dovuto
garantire un sistema di pace che avrebbe funzionato e creato comunità di sicurezza,la svolta funzionalista
nelle relazioni internazionali non durò molto e le leadership politiche del dopoguerra,si metterono al lavoro
per ricostruire le economie nazionali ma già l’attuazione del piano Marshall mise in evidenza il fatto che la
ricostruzione post bellica si sarebbe sviluppata lungo tracciati nazionali e non avrebbe sortito quella
collaborazione fra paesi che si era auspicata da parte degli Stati Uniti.
DIFFUSIONE DI REGIMI E ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Nel secondo dopoguerra,si creano una serie di accordi che vanno a costruire o rafforzare organizzazioni
internazionali e quindi creare i cosiddetti regimi internazionali.
Con regime si intende una serie di principi,norme,regole e procedure decisionali che sono volte a
raggiungere e implementare scelte collettive mentre con organizzazioni internazionali si intendono entità
formali,create da tre o più Stati,che firmano un accordo,si caratterizzano per una struttura permanente che
gestisce l’attività dell’organizzazione stessa.
A queste organizzazioni si affiancano anche degli accordi tra attori privati che tendono ad autoregolare una
serie di aspetti economici e professionali collegati alle loro attività.Ci sono,inoltre,due importanti fenomeni
che confermano la volontà di prendere in considerazione le esternalità causate dalle azioni dei governi o
degli attori economici nazionali sui cittadini degli degli altri stati:da un lato si ha l’adesione a codici di
comportamento socialmente responsabili da parte delle imprese multinazionali,per impresa non si intende
soltanto chi detiene le azioni ma anche coloro che nell’impresa lavorano e coloro che consumano o che si
trovano nell’ambiente in cui l’impresa ha un influenza e poi,dall’altra,abbiamo le imprese private che hanno
acquisito uno straordinario potere regolativo anche su Stati sovrani.
VERSO UNO STATO POSTNAZIONALE
SFIDE ALLA SOVRANITà TERRITORIALE
Lo Stato vesfaliano,quindi quello che si va ad affermare dopo il trattato di pace di Vestfalia del 1648
,sancisce la formazione,sul continente europeo,di un sistema di Stati,ossia un numero limitato di Stati che
non avrebbero potuto espandersi senza intaccare il territorio degli altri,al fine di non sconvolgere l’intero
sistema,rappresenta una situazione ideale che non si è mai realizzata e che mai si andrà a realizzare in
maniera effettiva.
Si cerca,quindi,di usare la diplomazia e la politica come strumenti di regolazione del sistema di Stati,si ha
quindi la concezione per cui la guerra non possa più essere considerata come una continuazione della
politica tramite altri mezzi.
La crisi dello Stato vestfaliano non è collegata solo alla rinascita delle minoranze subnazionali ma anche
alla realizzazione,da parte degli stati europei,di non essere i padroni del proprio destino,di fatto la sovranità
degli stati viene sfidata dal basso,quindi da mobilitazione subnazionali ma anche dall’alto(processo di
integrazione europea) e dall’interno(società civile organizzata).
GLOBALIZZAZIONE E DEMOCRAZIA
Con globalizzazione si intende un fenomeno di omologazione,integrazione ed interdipendenza delle
economie e dei mercati internazionali e un tentativo di uniformare le modalità produttive e di prodotti su
scala mondiale.
Per quanto riguarda le democrazie più mature aumenta la richiesta di maggiore partecipazione alle
decisioni politiche e di minore ingerenza dello Stato nella vita e nelle finanze dei cittadini inoltre si assiste
alla mobilitazione di minoranze etniche e linguistiche,così come lavoratori e studenti,che ricercano
maggiore coinvolgimento nei processi decisionali.
INTERDIPENDENZA ED INTEGRAZIONE ECONOMICA
Si ha interdipendenza quando le decisioni di uno Stato hanno ripercussioni anche sulle condizioni di vita
dei cittadini di altri Stati e viceversa,queste ripercussioni non possono essere facilmente ignorate.
Occorre affermare il principio di mutuo riconoscimento e accettare come commerciabili nel mercato
comune tutti i prodotti in commercio in ciascuno degli Stati membri,fatta eccezione di prodotti che vengono
considerati dannosi,ad esempio il trattato di Lussemburgo viene definito atto unico europeo che porta
all’abbattimento di barriere non tariffarie relative a specifiche tecniche del prodotto,si parla quindi di
mercato unico.
L’interdipendenza economica in Europa ha comportato l’affermarsi di una moneta unica che
è,appunto,l’euro,questo ha mostrato un tentativo di contenere l’inflazione e la deflazione interna.Far parte
di un sistema monetario comune aumenta le responsabilità da parte dei paesi membri,perché bisogna
cercare di mantenere un profilo fiscale finanziario equilibrato e sostenibile nel lungo periodo che non porti i
partner commerciali a dubitare della loro solidità,inoltre la credibilità finanziaria molto spesso è lo specchio
della credibilità politica di un paese.
VANTAGGI E SVANTAGGI DELL'INTERDIPENDENZA
Molti fattori,come le innovazioni tecnologiche,secondo molti studiosi renderebbero impossibile un ritorno
indietro,ad uno stato di non interdipendenza.
L'interdipendenza porta dei grandi vantaggi ma ne crea anche degli svantaggi,come ad esempio la
vulnerabilità, il fatto che gli shock economici tendono a dilagarsi con molta facilità.Il vantaggio di un ritorno
indietro,quindi entro i confini nazionali,è la speranza che le comunità nazionali diventino anche comunità di
solidarietà,all’interno di queste si è disposti a farsi carico di chi è maggiormente colpito dalle crisi
economiche e in generale dai nuovi rischi sociali.
Ogni crisi economica comporta una riqualificazione del profilo produttivo di un sistema economico,questi
spostamenti derivano in parte dalle risorse iniziali e in parte dei governanti;le risorse iniziali possono essere
modificate attraverso delle politiche.Se questa solidarietà tra gruppi sociali potrebbe verificarsi laddove
l’interdipendenza non risulta essere presente,difficilmente tende a presentarsi fra diverse comunità
nazionali.
DAL “GOVERNMENT” ALLA “GOVERNANCE”
L’ASCESA DELLA SOCIETà TRANSNAZIONALE
Ad oggi,i soggetti che avanzano richieste ai governi nazionali si sono moltiplicati,lo stato nazione quindi si
trova al crocevia di una molteplicità di relazioni con altri soggetti pubblici e privati, i problemi,quindi,che si
trova a dover affrontare non sono risolvibili esclusivamente grazie all’azione governativa o delle burocrazie
ministeriali ma serve anche il concorso di molti livelli di governo e organizzazioni non governative,si parla di
governance.
Una delle manifestazioni più rilevanti della globalizzazione è,appunto,la mobilitazione della società civile
transnazionale,ci sono vari tipi di mobilitazione:
● Alcune di queste organizzazioni sono reti di associazioni nazionali o locali che si mobilitano in ambiti
di policy,cercando un coordinamento fra le loro azioni.
● Ci sono movimenti formati su singole questioni per poi diffondersi per emulazione nel paese.
● Movimenti che partono da singoli episodi e che progressivamente si organizzano in un livello
centralizzato
● Organizzazioni la cui attività principale è fare lobbyng a favore di alcune categorie.
L' attività principale di tutte queste associazioni è attirare l’attenzione su questioni che potrebbero sfuggire
ai decisori o all’attenzione pubblica e proporre,quindi,controinformazione
GOVERNARE CON I CITTADINI
I soggetti che chiedono azioni di governo,spesso richiedono anche di essere coinvolti nella risoluzione dei
problemi che sollevano,per arginare il crescente numero di domande poste al sistema politico e,in parte
per,venire incontro alla maggiore domanda di coinvolgimento e partecipazione,lo stato
ha,progressivamente,rinunciato a comandare e si è sempre più predisposto ad orientare e regolare.Si
passa,quindi,dal government alla governance,le decisioni di policy non si attuano solo perché sono
contenute in disposizioni legislative ma anche perché è una serie di soggetti orientano il loro operato
affinché si raggiungano dei risultati condivisi.
LA RISCOPERTA DELLA DIMENSIONE REGIONALE
Di fatto,la fine di anni ‘70,sancisce il passaggio dall’ideologia alla nascita di valori postmaterialistici.I
cittadini hanno ottenuto i diritti di rappresentanza e quindi avanzano altri diritti alla radice e questo porta di
nascita di identità nazionali,proprio in un periodo in cui troviamo la lotta per l’ottenimento della libertà di
espressione,di individualità e la riscoperta dell’identità regionali con la conseguente rinascita delle
economie regionali.
LE RELAZIONI INTERGOVERNATIVE
LA RICERCA DI UN LIVELLO OTTIMALE DI GOVERNO
La scienza politica ha registrato tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70,una tendenza alla creazione di un
terzo livello di governo il livello meso,intermedio fra quello statale e quello comunale,si va quindi a formare
una classe dirigente regionale che,progressivamente, riempie il contenuto del contenitore regionale,queste
strutture di governo si basano su due parametri principali:l’efficienza produttiva e la convenienza di utilizzo
al fine di ottenere quello che viene definito il bene pubblico.
LA RISCOPERTA DEL FEDERALISMO
La ricerca di un equilibrio tra offerta e domanda di servizi,ancora di più tra offerta di efficienza governativa e
domanda di legittimità democratica,porta alla nascita della teoria del federalismo.Il federalismo è sia
un’agenzia scientifica,sia un’agenzia politica che ricerca un equilibrio tra gli elementi precedentemente
citati.Il problema del federalismo sarebbe quindi quello di essere in grado di risolvere e di trovare un
equilibrio fra un livello di governo sufficientemente ampio da garantire l’esecuzione delle funzioni
necessarie alla convivenza pacifica dei cittadini,ossia la fornitura di servizi necessari ai cittadini al fine di
assicurare una certa omogeneità di preferenze politiche e quindi la legittimità di governo.In quest’ottica,il
livello nazionale si farebbe carico delle funzioni essenziali della difesa della sovranità e dell’autonomia della
comunità nazionale mentre i livelli statali si farebbero carico delle politiche che determinano la vita dei
cittadini e quindi che devono rispondere alle loro preferenze.

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