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Scienza politica

Class cotta

Created @Feb 18, 2021 11:36 PM

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CAP I
chi sono i politici?

In passato erano persone legate da vincoli familiari a determinare una parte fondamentale delle
realtà politiche.
La politica contemporanea, per quanto dominata da politici di professione, vede anche altri attori
sulla scena, che hanno un passato in altre sfere di attività.
(oggi abbiamo anche “dinastie democratiche”) → La politica quindi non è il terreno esclusivo di
azione di attori la cui identità è unicamente politica. La tipologia di attori prevalenti permette però
di distinguere tra politiche diverse (una politica democratica o autoritaria o aristocratica ecc..)

quali sono le modalità tipiche della politica?

La politica è caratterizzata da un modus operandi non violento e basato sul dialogo, contrapposto
ad uno coercitivo. Le decisioni si basano ovvero sullo scambio piuttosto che sulla coercizione e si
valuta l’interesse pubblico piuttosto che l’utilitarismo economico. La politica dovrebbe avere
carattere pluralistico piuttosto che monistico.

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Ma le forme di espressione della politica sono diverse, perché vi è varietà nel modus operandi:

Esiste un modo politico (pacifico) di risolvere i conflitti e uno militare o coercitivo (violento).
La violenza non è sconosciuta all’esperienza politica. La guerra stessa è da considerarsi come
una modalità estrema attraverso la quale la politica si manifesta.

Non è giusto affermare che in politica esiste solo la logica del comando e in economia quella
dello scambio (anche la politica può adottare la seconda).

Il potere non definisce solo la politica, ma diversi ambiti definiscono diverse forme di potere. In
politica accanto al potere troviamo forme di partecipazione e solidarietà.

La politica fa ampio uso di strumenti di altri ambiti, come elementi e riti religiosi, anche in
periodi altamente secolarizzati.

esistono luoghi privilegiati della politica?

Il termine politica nasce da polis, nell’antica Grecia a caratterizzare la politica era quindi un ambito
spaziale preciso: la città.
Lo spazio è molto importante per la politica, ma anche per l’economia, con cui si relaziona per
dispute che riguardano i confini. Se i confini politici possono essere funzionali allo scambio
economico, a volte l’economia tenta di oltrepassarli per intavolare commerci più ampi. L’economia
può così essere subordinata alla politica o viceversa.
Anche la religione ha contatti con la politica. Sono esistite in importanti capitoli della storia ed
esistono politiche religiose e religioni politicizzate. (fondamentalismo)

Il carattere COLLETTIVO, cioè riferibile ad uno specifico ambito di svolgimento, sembra un aspetto
proprio dell’esperienza politica. Per questo negli ultimi secoli si collega la politica allo stato, che
pone la sua sovranità su una popolazione entro certi limiti spaziali-territoriali.
Ma le unità politiche si differenziano rispetto allo spazio, andando da macro-unità (Stati Uniti) a
micro-unità (Lussemburgo). Che varino a seconda della dimensione demografica.
Molto eterogenei sono anche i modi in cui si definisce l’aggregazione politica. Oggi abbiamo la
comunità nazionale, fatta di contenuti culturali, appartenenza e tradizioni comuni. → questa
identificazione è un fatto artificiale (comunità immaginate di Anderson). La politica non si fonda
sull’appartenenza ma è il processo politico stesso a crearla.
Esistono inoltre identità politiche che non si definiscono in termini di identità nazionali, per secoli
l’elemento fondante è stata la lealtà dinastica o di natura religiosa.

Ubiquità della politica → La politica è sempre legata ad una collettività ma la definizione di questa
non è naturale  ne costante o scontata.

quali sono gli obiettivi della politica?

La politica in generale persegue una grande varietà di obiettivi, specialmente se si amplia lo


sguardo spazio-temporale.
Secondo gli studiosi il fine minimo della politica è però l’ORDINE, mezzo per il raggiungimento di
altri fini cioè un fine intermedio per permettere di prendere decisioni e perseguire ulteriori
obiettivi. Assicurare una convivenza pacifica è un’esigenza fondamentale dell’uomo. L’ordine
interno può essere statico e conservatore o dinamico e innovatore.

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Ciò che da carattere politico ad una collettività è la responsabilità affrontare il problema (non per
forza risolvere) dell’ordine pacifico.
Esistono altre risposte - non politiche - alla violenza, ma la politica lo fa organizzando una
collettività ed individuando un autorità responsabile. Così facendo la politica crea una forma di
identità collettiva e coesione, anche attraverso la creazione dell’altro e la separazione verso lo
straniero.  Per questo simboli e confini acquisiscono importanza.
Distinzione rapporti interni - politica interna -  alla collettività e rapporti esterni (tra più
collettività politiche) - politica internazionale-  → guerra è violenza tra collettività politiche.

POLITICA = l’insieme di attività, svolte da uno o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzate
da comando, potere e conflitto, ma anche da partecipazione, cooperazione e consenso, inerenti al
funzionamento della collettività umana alla quale compete la responsabilità primaria del controllo
della violenza e della distribuzione al suo interno di costi e benefici, materiali e non.

La politica riguarda le gestione della collettività responsabile dell’ordine pacifico.


La politica entra anche nella vita di organizzazioni non propriamente politiche, che nel tempo
possono subire un processo di politicizzazione.

Le tre facce della politica

POLITICS → politica = Lo studio della natura del potere, la sua distribuzione e trasmissione, il
problema del suo esercizio e dei limiti. Lo studio del potere si articola su due piani:

quello che analizza i regimi politici → elemento di lunga durata della politica, di difficile
modificazione.

gli attori (individuali e collettivi) e i processi che si svolgono all’interno dell’architettura →


elementi variabili della politica.

Per ciascuno di questi livelli si distingue un approccio di studio statico e di breve periodo
(differenze tra i diversi regimi e le loro strutture) e un approccio dinamico e di lungo periodo
(trasformazione nel tempo di un regime) → attori, caratteristiche, istituzioni formali, processi.
POLICY → politiche pubbliche = Programmi d’azione, provvedimenti ed interventi che vengono
proposti dagli attori politici nelle sedi politiche. La politica non è solo competizione per il potere,
ma anche governo. Le politiche pubbliche sono estremamente eterogenee, e vanno da
provvedimenti isolati a programmi sistematici di intervento. Queste sono i contenuti dell'azione,
cioè le cose che fanno i governi e come le fanno.

Studiare le politiche significa innanzitutto analizzare i contenuti e mettere in luce i costi e benefici
nel processo di decisione. Legati alle fasi di decisione sono gli attori e le relazioni fra essi.
Importante è anche il processo di attuazione delle politiche, che richiede la collaborazione di altri
soggetti.

POLITY → comunità politica = è la definizione dell’identità (ruolo importante ha la produzione di


simboli unificanti di presa affettiva, ma anche gli elementi materiali) e dei confini della comunità
politica e le relative strutture e processi di mantenimento e cambiamento.

Col mutamento dei confini (definiti in senso simbolico e fisico) cambia anche il territorio e le
dimensione della comunità politica e quindi l’ambito di applicazione dell'autorità politica, per

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questo sono così importanti. Inoltre l’espansione e contrazione di una comunità può porre
problemi di rapporti ed equilibri con altre collettività.

Le modalità di definizione di confini sono variabili, inoltre vi sono polies chiuse (che cercano di
minimizzare uscite ed entrate) e polies più aperte.
Vi sono differenze nelle diverse comunità politiche:

La comunità politica è definita in epoca moderna dallo stato nazionale (appartenenza e cultura
comuni), ma non mancano polities costruite su basi multinazionali (con identità distinte).

Diversi gradi e modi di coinvolgimento degli individui nella vita della polity (partecipazione attiva
= cittadini o coinvolgimento passivo = sudditi).

Possiamo avere una polity fortemente centralizzata  ed omogenea o basata sul decentramento e
differenziazione (che riconosce identità a un ambito territoriale più ristretto come regioni,
province e comuni).

I processi di polity building e distruzione di polities sono molto peculiari.

La comprensione della realtà politica necessita l’analisi di tutti e tre gli aspetti e delle loro grandi
trasformazioni degli ultimi duecento anni:

politics = consolidamento delle democrazie

policy = sviluppo di un sistema di welfare state universalistico

polity = costruzione dello stato nazionale

domande pag.34

CAP IV
Democrazia: che cos'è?

potere dal popolo, del popolo e per il popolo

Quei regimi contraddistinti dalla garanzia reale di partecipazione politica della popolazione adulta
maschile e femminile e della possibilità di dissenso, opposizione e anche competizione politica.

💡 Schumpeter: il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni


politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una
competizione che ha per oggetto il voto popolare.

💡 Sartori: Sistema etico-politico nel quale l'influenza della maggioranza è affidata al potere
di minoranze concorrenti che l'assicurano.

Definizione minima (soglia entro cui un regime si può definire democratico):

suffragio universale

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elezioni libere, competitive, ricorrenti, corrette

più di un partito

diverse e alternative fonti di informazione

Democrazia formale = I diritti e le libertà possono essere ricondotte ad un insieme di regole


formalizzate.
In una democrazia vi è incertezza decisionale, poiché si può assumere un'ampia gamma di
decisioni. Sempre salvaguardate sono alcune condizioni socioeconomiche, come la proprietà
privata.

💡 Definizione empirica di democrazia: quell'insieme di norme e procedure che risultano da


un accordo-compromesso per la risoluzione pacifica dei conflitti tra gli attori sociali,
politicamente rilevanti, e gli altri attori istituzionali presenti nell'arena politica.

La democrazia è caratterizzata dall'equilibrio di principi in tensione che si bilanciano


(accordo|dissenso , maggioranza|unanimità , certezza|incertezza ecc)

Democrazia indiretta o rappresentativa

Non comporta una partecipazione diretta (eccetto referendum) dei cittadini: le decisioni vengono
delegate ai professionisti della politica.

Democrazia diretta

Regime autoritario, perché un gruppo di cittadini dotato di diritti decide per un ampio numero di
persone senza diritto di voto.

Questa divisione = semplificazione eccessiva ed insoddisfacente


Lijphart assume due criteri per distinguere 4 tipi di democrazie:

1. propensione delle élite politiche all'accordo e compromesso o al conflitto

2. esistenza di una cultura politica omogenea o eterogenea

In seguito lo studioso ritiene che le democrazie si ispirino a due principi che danno vita a due
modelli istituzionali:

principio maggioritario (modello maggioritario) = I rappresentanti raggiungono le proprie


decisioni in base al principio di maggioranza.

principio consensuale (modello consensuale) = Il principio maggioritario è tirannia della


maggioranza e aliena le minoranze. Importanza del compromesso. La democrazia è tolleranza
reciproca.

Questi modelli influenzano il potere esecutivo e i partiti e l'assetto unitario oppure federale di un
regime.

Sulla base di indagini in trentasei democrazie Lijphart definisce quindi un modello polare di
democrazia:

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MODELLO WESTMINSTER = Fusione dei poteri legislativo ed esecutivo e dominio del governo,
sistema bipartitico, sistema elettorale maggioritario, costituzione flessibile e assenza di controllo
di costituzionalità. [adatto a società omogenee]

MODELLO CONSENSUALE = governi pluripartitici, equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo,


sistema elettorale proporzionale, decentramento, rappresentanza delle minoranze, costituzione
rigida e controllo di costituzionalità. [adatto a società plurali]

Democrazia ideale o massima = regime caratterizzato da una corrispondenza tra gli atti di governo
e i desideri di coloro che ne sono toccati. Continua capacità di risposta, responsiveness, del governo
alle preferenze dei suoi cittadini, considerati politicamente eguali.

Dahl = Affinché un regime sia capace di responsiveness tutti i cittadini devono poter esprimere le
loro preferenze in forma singola o collettiva e queste devono essere considerate. Per rendere ciò
possibile devono essere garantite almeno otto garanzie istituzionali (libertà di associazione, di
pensiero, diritto di voto, diritto di competizione, fonti di informazione, elettorato passivo e attivo
corretti, istituzioni che rendono le politiche governative dipendenti dal voto.

Corrispondenza responsabilità-rappresentanza-elezione.
QUALITA DEMOCRATICA

qualità come procedura: rule of law, accountability elettorale e interistituzionale, partecipazione


e competizione (queste ultime di base per tutte le altre condizioni).

qualità come contenuto: libertà e uguaglianza, diritti e sistemi di welfare

qualità come risultato: responsiveness

💡 definizione di democrazia massima che integra le tre qualità = Il regime che crea le
opportunità istituzionali migliori per realizzare libertà e uguaglianza.

Tre elementi che specificano la definizione minima di democrazia = rule of law (effettivo monopolio
pubblico della capacità coercitiva e della risoluzione pacifica dei conflitti e quindi ordine e
sicurezza), strutturazione della società civile, contesto internazionale favorevole.

Vi sono anche condizioni non direttamente politiche rilevanti per le democrazie.

CULTURA E DEMOCRAZIA

Complesso dei valori che rendono la cultura politica di un paese più adatta per le istituzioni
democratiche.

Secondo Dhal questi sono: credenza nella legittimità delle istituzioni, credenza nell'autorità e
obbedienza, credenza nell'effettività del regime, fiducia reciproca, disponibilità a cooperare,
disponibilità all'accordo e compromesso.

Almond e Verba = cultura civica (partecipazione e impegno civile + assenza di dissensi


profondi + rispetto per l'autorità) come base ottimale per il regime democratico.

democrazie consociative = democrazie caratterizzate da società plurali, con profonde divisioni


attorno a cui si strutturano le organizzazioni politiche. Da queste possono nascere élite

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democratiche aperte alla cooperazione per mantenere l'unità del paese.

CONDIZIONI ECONOMICO-SOCIALI

Pluralismo sociale e politico sono tra le condizioni che facilitano instaurazione e mantenimento di
una democrazia.
Dhal individua inoltre

1. alto livello di alfabetizzazione, istruzione e diffusione e sviluppo dei mass media

2. assenze di diseguaglianze economiche estreme (concentrazione di ricchezze=concentrazione di


risorse politiche e protesta dei gruppi sociali disavvantaggiati).

L'economia industrializzata non è tra questi presupposti. Dipende dal punto di partenza (in alcuni
casi l'industrializzazione rappresenta un diminuzione delle disuguaglianze in altri un
accentuazione).

Non vi è quindi una correlazione dimostrabile tra sviluppo socioeconomico e democrazia. I punti
individuati da Dhal sono frequenti, ma non necessari = A parità di pluralismo sociale si possono
avere esiti politici differenti, democratici e non (es.Argentina e Danimarca).

La democrazia è anche una scelta dell'élite politica

PERCORSI STORICI
Moore individua le condizioni che hanno reso Inghilterra, Francia e Stati Uniti paesi democratici:

esistenza di un equilibrio che impedisce l'affermazione di una monarchia o aristocrazia troppo


potente (i due poteri si frenano a vicenda).

svolta verso una forma di agricoltura mercantile

indebolimento dell'aristocrazia terriera

mancanza di una coalizione aristocratico-borghese contro i contadini e i lavoratori = la lotta tra


i due ceti favorisce infatti la competizione per acquistare un più ampio appoggio popolare, che
termina con integrazione della classe operaia nel regime democratico. Le élite politiche
accettano l'ingresso delle classi inferiori come compromesso per evitare la radicalizzazione e
mobilitazione di queste.

rottura rivoluzionaria col passato (perché ha studiato proprio questi tre paesi, ma in generale
si ritiene che la rivoluzione non sia indispensabile per la democratizzazione). Vero però è che
nel mutamento politico ha sempre un ruolo la violenza = da notare che il passaggio alla
democrazia di massa (espansione del suffragio) si realizza dopo le guerre mondiali.

A volte in paesi in cui il voto è censitario la rapida trasformazione economica ha permesso


arricchimento generale e di conseguenza un allargamento della popolazione ammessa al voto.
LA PRIMA DEMOCRATIZZAZIONE - DHAL

ammissione del dissenso, dell'opposizione, della competizione tra le diverse forze politiche (diritti civili
quali libertà di associazione e riunione cioè creazione di sindacati, pensiero e parola) + crescita di
inclusività (diritti politici cioè elettorato attivo e passivo).

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è estremamente difficile tornare indietro quando i diversi gruppi sociali hanno fatto il loro
ingresso in politica.

Dhal individua 3 possibili processi verso la democrazia basandosi su competizione e inclusività

competizione, quindi inclusività = egemonia chiusa, oligarchia competitiva, liberal-democrazia di


massa. (tipica di paesi europei, democrazie più solide)

inclusività, quindi competizione = stessi passaggi

dissenso e inclusività crescono contemporaneamente

I diritti sociali
Cittadinanza a tre dimensioni

elemento civile: diritti necessari alla libertà individuale (necessità di strutture giudiziarie che
garantiscono l'eguaglianza dei cittadini)

elemento politico: diritto di voto (istituzioni rappresentative locali e nazionali)

elemento sociale: Tutta la gamma che va da un minimo di benessere e sicurezza economici.


Servizi sociali + sistema scolastico + welfare state = elementi della cittadinanza.

Punto determinante per l'ingresso delle classi inferiori in politica è l'organizzazione di strutture
intermedie (partiti e sindacati).
Nel processo di democratizzazione sono importanti la SOGLIA DI RAPPRESENTANZA (passaggio
da sistema elettorale maggioritario a proporzionale) e SOGLIA DEL POTERE ESECUTIVO
(istituzionalizzazione del controllo parlamentare sul governo)
domande pag.100

CAP VI
DINAMICHE DI MUTAMENTO DELLA DEMOCRAZIA

La crisi della democrazia è l'insieme di fenomeni che alterano il funzionamento dei meccanismi
tipici di quel regime. Vi è crisi politica quando insorgono limiti e condizionamenti rispetto alle
precedenti concessioni democratiche, ovvero quando si ha limitazioni della competizione politica
e/o della potenziale partecipazione.

Si descrive quindi la crisi delle liberal-democrazie di massa che si è diffusa nel 900 in occidente.
Alcuni esempi sono il crollo dei regimi democratici di Weimar e in Spagna e Italia rispettivamente
con Franco e Mussolini. Si ha crollo quando i caratteri fondamentali del regime saltano e una diversa
democrazia o un regime autoritario vengono instaurati.
In altri casi, come Inghilterra degli anni '30, vi è crisi, ma senza crollo. Infatti la crisi della
democrazia può essere intesa in due modi:

arresto o cattivo funzionamento di alcune strutture o meccanismi cruciali del regime o nei
rapporti legislativo-esecutivo o in altre strutture proprie del regime.

cattivo funzionamento dei rapporti societa-partiti, cioè quando domande espresse dalla società
civile non si traducono in decisioni assunte dal regime. (caso inglese)

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Per identificare un mutamento nella democrazia bisogna osservare i conflitti e gli attori
istituzionali e politici protagonisti, lo stato del regime democratico pre-crisi, trasformazioni socio-
economiche avvenute nel medio o lungo periodo. Questi eventi si possono poi tradurre in
mobilitazione politica.
Fasi della crisi democratica:

1. Radicalizzazione del conflitto tra attori collettivi ed individuali = alcuni partiti sono totalmente
opposti a quello al governo, tanto da identificare le forze di governo con il regime democratico
stesso, andando ad opporsi ad esso. Frammentazione politica = Aumento dei partiti presenti
nell'arena politica e divisioni interne agli stessi. Crescita di partecipazione = Maggiore presenza
dei cittadini in sedi tradizionali di partecipazione ma anche manifestazioni. Instabilità
governativa = aumento di frequenza di crisi di governo. Se poi questi fattori si approfondiscono
si assiste a inefficacia e ineffettività decisionale e percezione del popolo di un regime
illegittimo a cui cominciano ad opporsi. Se crescono l'inefficacia decisionale e l'ineffettività,
cresce anche l'illegittimità del regime democratico. In questa prima fase è ancora possibile
fermare la crisi, se le élite democratiche riescono a raggiungere un compromesso.

2. La radicalizzazione distrugge il centro politico = qualsiasi accordo su problemi concreti e


formali è impossibile. Crescente violenza = Manifestazioni di radicalizzazione da parte di
gruppi che ritengono illegittimo il regime. Crescita di politicizzazione dei poteri neutrali =
quel processo che investe esercito, magistratura o altre strutture di autorità disegnate dalla
costituzione come istituzioni neutrali , le quali vanno a legarsi a forze politiche e assumere
decisioni su problemi politici non previste dalla costituzione stessa.

Questo processo è riconoscibile nel crollo democratico italiano e tedesco degli anni '30, ma questo
non ha il suo apice in un rovesciamento militare quanto nel potere che viene preso grazie
all'affermazione di partiti antiregime con leader carismatici. Ci sono gruppi paramilitari, ma a
questi è dato senza lottare il potere coercitivo.

è possibile applicare questo schema alle crisi senza crollo post seconda guerra mondiale? Ci sono
diversi fattori da considerare:

il contesto è diverso: Organizzazioni di cooperazione internazionale ed integrazione come


NATO e UE formano una rete di protezione per le democrazie europee.

Sono cambiate le strutture socio-economiche dell'Europa occidentale soprattutto a seguito


dello sviluppo capitalistico.

Grande espansione del welfare, cioè del ruolo dello stato nella società civile.

I partiti sono cambiati (organizzazione, modalità di reclutamento, ideologie)

Cambiamento dei sindacati e dei vari gruppi sociali a base istituzionale

fallimenti degli anni '20 costituiscono un precedente da evitare

Sono crisi senza crollo le crisi democratiche europee degli anni settanta. Nel dopoguerra si verifica
un sovraccarico delle domande sulle strutture decisionali (esplosione dei bisogni e delle aspettative
della collettività nei confronti dello stato con maggiore coinvolgimento della società in attività
politiche) = Le strutture del regime democratico diventano incapaci di selezionare le troppe
domande e dare soddisfazione ad esse a causa di mancanza di risorse. La risposta è la crescita

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dell'intervento statale nell'economia e l'esplosione del debito pubblico. Parliamo allora di CRISI DA
SOVRACCARICO:

1. trasformazioni culturali tali che il senso dell'autorità è indebolito

2. mutamenti sociali con una crescente frammentazione degli interessi

3. Impossibilità di ridurre la distribuzione delle risorse = inflazione

(queste crisi sono poi stata relativamente superate grazie ad una risposta dei governi, arrivando ad
una minore inflazione al prezzo dell'innalzamento della disoccupazione).
Diversi fattori hanno permesso una crisi SENZA CROLLO: grado di consolidamento delle istituzioni
democratiche, il controllo delle risorse pubbliche, assenza di alternative pratiche.

L'instaurazione democratica e le sue fasi

💡 TRANSIZIONE = Il periodo ambiguo ed intermedio in cui il regime ha abbandonato


alcuni caratteri determinanti del precedente assetto istituzionale senza aver acquisito
tutti i caratteri del regime che sarà instaurato.

Questo è quindi un periodo di fluidità istituzionale. La transizione comincia quando cominciano ad


essere riconosciuti i diritti civili e politici alla base dei regimi democratici.
La transizione può dichiararsi conclusa quando si hanno le prime elezioni libere, competitive e
corrette.
Distinguiamo tra liberalizzazione - processo di concessione dall'alto di maggiori diritti politici e
civili che ha come obiettivo l'allargamento della base di sostegno sociale alle élite ma una limitata
partecipazione a livello di massa - e

💡 instaurazione democratica - allargamento completo e riconoscimento reale dei diritti


civili e politici, neutralità politica delle forze dell'ordine e la loro subordinazione ai
poteri civili, sistema partitico e altri gruppi di associazione quali i sindacati,
l'instaurazione è completata quando termina la costruzione delle principali strutture del
regime.

ATTORI DELL'INSTAURAZIONE DEMOCRATICA


attori interni (sostenitori interni al regime precedente)

attori esterni (attori internazionali. Importanti nella fase di transizione possono essere affiancati
da attori interni nella fase di instaurazione)

attori istituzionali interni (esercito, élite di governo, alta burocrazia). Autorità politiche che
intraprendono la transizione grazie al monopolio della forza ma non sempre guidano
l'instaurazione.

Distinguiamo tra attori interni governativi e attori interni non governativi (che si sono allontanati
dal regime autoritario dopo una prima fase)

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frequente è che gli attori moderati si uniscano a parte dell'opposizione per dare il via alla
transizione in nome di un reale interesse al cambiamento.

Più raro è il caso in cui le forze politiche all'opposizione del periodo autoritario diventino
protagoniste del mutamento. Se succede è un opposizione armata, e spesso non democratica
negli esiti.

Possiamo anche avere combinazioni tra i diversi attori, come l'unione tra attori internazionali e
opposizione locale.

Chiunque siano gli attori, è importante l'azione dei militari, poiché detengono il monopolio
dell'azione coercitiva. Spesso l'esercito sconfitto in guerra si separa e da questi dissidi nasce il
movimento, più raramente l'esercito rimane compatto verso una direzione o l'altra. Anche se i
militari sostengono il regime democratico essi rimangono potenzialmente pericolosi.

Un'altro elemento centrale alla democratizzazione è la formazione della COALIZIONE FONDANTE


IL REGIME, che scaturisce dall'incontro tra interessi diversi. Non deve per forza esservi un accordo
formale, può essere tacito ed implicito. L'instaurazione ha tanto maggiori probabilità di successo ,
quanto più ampia è la coalizione fondante (quanto più vi partecipano le forze politicamente attive
del paese). La coalizione può anche concludere patti che tendono inizialmente a ridurre
competitività e conflitto. Ma l'accordo (anche implicito) è prima di tutto riconoscimento della
legittimità di posizioni politiche diverse e impegno alla risoluzione pacifica dei conflitti: due
elementi al cuore del compromesso democratico. L'accordo si fissa grazie alle norme elettorali e
può essere un processo piò o meno lungo e articolato che può concludersi in una Carta, essenziale
per stipulare il compromesso istituzionale e sancire i valori di base del Paese. Il processo
costituente può poi concentrarsi su aspetti politici sostantivi (es. politiche economiche).

DIVERSE MODALITA DI INSTAURAZIONE:

1. Si deve osservare quali forze politiche siano più o meno organizzate e presenti in transizione
ed instaurazione. Potrebbe essere presenti solo attori di destra o di sinistra, ma l'unione dei
due è la più favorevole.

2. Durante il processo di analisi le élite svolgono un ruolo fondamentale, perché il gioco politico è
nelle mani di pochi. Eppure specialmente nelle fasi iniziali abbiamo partecipazione di massa
alla politica, attraverso dimostrazioni, scioperi o violenza collettiva. La partecipazione di
massa significa la possibilità per le élite di anticipare la campagna elettorale, mettendo da
subito in campo risorse di pressione ed influenza delle masse.

3. L'ultimo elemento che caratterizza le diverse modalità di instaurazione è la


continuità/discontinuità delle strutture amministrative e giudiziarie del nuovo regime. Infatti
importante è il problema delle epurazioni (ai livelli più alti del corpo amministrativo e
giudiziario ma anche negli stessi apparati repressivi quali servizi segreti e polizia) poiché si
vuole collocare nei ruoli chiave del regime personale leale verso la nuova istituzione. Da questo
presupposto diventa importante il problema della LEGITTIMAZIONE del regime. Infatti, se
questo si mantiene in continuità con il vecchio regime avrà l'appoggio dell'élite passata, ma se
decide per la discontinuità le opposizioni che prima erano escluse saranno più appagate. Per
questo spesso la soluzione è spesso un compromesso o la continuità, mentre la discontinuità è
rara.

ESITI DELL'INSTAURAZIONE DEMOCRATICA

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Vi sono diversi fattori attraverso cui si spiega la variazione nei risultati:

Tradizioni politiche del paese = presenza o assenza di una tradizione monarchica; se nel paese vi
sono state esperienze conflittuali e violente (es. guerra civile) poiché il ricordo dei costi umani
favorisce moderazione e compromesso.

L'esistenza e il grado di affermazione di una precedente politica democratica di massa = Se tale


esperienza è consistente e duratura la nuova instaurazione si definisce ridemocratizzazione. Le
esperienze di politicizzazione collettiva (libertà civili, suffragio universale, partiti di massa)
influiscono sul nuovo assetto democratico attraverso meccanismi di trasmissione della memoria
storica.

durata e tipo di esperienza autoritaria = essa è più rilevante per il nuovo regime se è durata più
a lungo ed è stata più capillare. In particolare le scelte istituzionali operate all'inizio della nuova
instaurazione sono riproposizione delle vecchie istituzioni o, al contrario, reazione al ricordo
dei fallimenti precedenti. Nei partiti e sistema politico, una parte della nuova élite è formata da
vecchi leader e nel vuoto politico che avviene con il crollo di un regime sarà naturale la
ricreazione dei vecchi partiti, alcuni dei quali sopravvissuti in clandestinità nel periodo
autoritario. Ma dopo l'esperienza di repressione queste forze politiche si ripropongono di solito
più moderate. Inoltre i rapporti di forza tra i partiti, a seguito dei mutamenti socio-economici,
saranno diversi.

L'importanza del tipo di regime non democratico precedente = nel caso di un precedente
regime autoritario si può assistere a controllo totale della società attraverso il partito unico e
allo stesso tempo distruzione delle precedenti identificazioni sociali e politiche, per mezzo di
una sistematica opera di repressione degli oppositori. Quest'ultima può lasciare una società
civile debole, poco solidale, organizzata e coesa.

Le ragioni della caduta del regime autoritario precedente = motivi più ricorrenti sono la sconfitta
militare, fallimento economico, profonde trasformazioni socio-economiche che modificano la base
sociale del regime, divisione nella coalizione dominante che sostiene il regime. In alcuni casi è il
successo economico a pilotare il cambiamento, grazie all'azione di attori interni.
Grado di organizzazione dell'opposizione = Se vi è un opposizione democratica presente nell'ultima
fase autoritaria questa può andare immediatamente a colmare il vuoto di potere, di modo da
influire sin dall'inizio sulle scelte del governo provvisorio.
La modalità della transizione = vanno visti grado di continuità, partecipazione, ricorso alla
violenza e durata = tutti fattori trovati già nelle modalità di instaurazione, se gli altri sono uguali, è
necessario approfondire il concetto di continuità e discontinuità. Nel caso della transizione con
discontinuità si intende un cambiamento operato attraverso la rottura delle regole del regime: è un
atto precisamente individuabile in seguito al quale il regime crolla e inizia la transizione.
Continuità significa invece che il regime autoritario comincia a cambiare gradualmente e l'élite
governante svolge un ruolo centrale nella transizione, che è mutamento continuo. Si ha un
cambiamento controllato, nel rispetto delle vecchie norme. Ciò avviene quando una parte dell'élite
governante percepisce che non può bloccare il cambiamento se non con misure coercitive che non
può o vuole usare e reagisce pilotando la trasformazione in modo da poterla controllare e isolare la
componente più estremista grazia all'appoggio dei moderati.

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Il consolidamento

💡 Il consolidamento democratico è il processo di definizione nei suoi caratteri essenziali e


di adattamento in quelli secondari delle diverse strutture e norme democratiche,
innescato anche dal trascorrere del tempo.

Il tempo può portare a crisi, rotture, cambiamenti, ma se vi è definizione-adattamento (fissazione


di istituti e procedure propri di un certo regime democratico) si ha consolidamento.
Il consolidamento non è scontato, ma è uno dei possibili processi che si innescano al termine
dell'instaurazione. Infatti molte crisi e crolli in paesi europei e nel continente latino-americano
derivano dall'incapacità del regime democratico di consolidarsi.
Il consolidamento inizia quando ciascuna delle nuove istituzioni e norme del sistema vengono
create, o ripristinate, e cominciano a funzionare. Cioè non è immediatamente successivo
all'instaurazione. Il consolidamento è un processo composito e variegato e si può quindi svolgere
secondo modalità molto diverse, ma resta contraddistinto da due sub-processi di fondo:

1. La legittimazione = cioè l'accettazione e il sostegno delle strutture del regime da parte della
società. Questa legittimazione si sviluppa attraverso: - La messa in opera e il mantenimento
del compromesso democratico. Se l'accordo alla base del regime democratico viene mantenuto
e rafforzato le élite non solo accettano l'opposizione e l'eguaglianza politica ma cooperano fra
loro. - il rispetto della legalità, come capacità delle élite di governo e dei propri apparati di fare
da garanti delle leggi e delle decisioni della società. Si ha in questo modo il funzionamento
concreto del compromesso democratico, grazie alla certezza del diritto. - neutralità o
neutralizzazione dei militari: In alcuni casi il problema viene risolto in fase di transizione, in
altri la soluzione del problema di una struttura delegittimata deve essere trovata in fase di
instaurazione. Il pieno successo del consolidamento comporta che élite civili inneschino una
strategia che induca i militari ad accettare il nuovo assetto politico, e poi, a restare nei ruoli di
loro competenza. - i gruppi imprenditoriali privati, accettano le istituzioni se vengono garantiti
pienamente i loro interessi.

2. L'ancoraggio = l'emergere e lo sviluppo delle ancore, cioè delle strutture istituzionali che
consentono di giungere ad alcuni risultati democratici, anche in presenza di una legittimità
ridotta. La teoria dell'ancoraggio mostra l'esistenza di 4 ancore nel processo di
consolidamento: - le organizzazioni partitiche - il condizionamento da parte dei partiti di
associazioni e gruppi di interesse (come i gruppi imprenditoriali o i sindacati) - i rapporti
clientelari intrattenuti da individui legati ai partiti politici in molti Paesi hanno garantito
l'erogazione delle risorse pubbliche su base personalistica - assetti neo-corporativi con accordi
triangolari imprenditori-governo-sindacati. L'ipotesi centrale della teoria dell'ancoraggio è che
quanto minore è la legittimità goduta da un certo assetto democratico, tanto più forti e
sviluppate devono essere una o più ancore. Se invece vi è già un ampia legittimazione le ancore
non sono essenziali al consolidamento. Dietro la crisi, vi è spesso un progressivo
disancoraggio.

Se ha successo il consolidamento, l'esito è la STABILITA = la prevedibile capacità di durata del regime


democratico. La stabilità richiede:

Scienza politica 13
istituzionalizzazione raggiunta

legittimità

efficacia decisionale

Problemi delle democrazie contemporanee:


Fino ad ora i modelli di democrazia sono nati anche grazie alla formazione dello Stato-nazione.
In Europa si sta creando l'idea di un modello di democrazia che supera lo stato-nazionale per
andare ad imporsi su diversi stati contemporaneamente. Quindi il problema che si pone è se e
come sia possibile costruire e consolidare una democrazia su base sovranazionale (UE).

In Europa, procedere all'unificazione può allontanarci dalla realizzazione di democrazie ad alta


qualità. Dhal ritiene che la qualità democratica sia definita da diritti civili, politici e sociali.
Quindi sia le democrazie reali sia le possibili future vanno studiate in relazione alla
realizzazione e al rispetto dei diritti civili e politici, ma anche di quelli sociali collegati agli
istituti di welfare. Se i diritti sono i criteri decisivi, una futura transizione importante potrebbe
essere quella da democrazie a bassa qualità ad altre a qualità più alta.

Andando invece verso America Latina ed Europa orientale O'Donnell prevede una democrazie
delegata, cioè una democrazia nella quale le funzioni di rappresentanza sono nelle mani di
élite e non esiste l'accountability (cioè la responsabilità dei governi nei confronti dei loro
governati). Al massimo si potrebbe realizzare un'accountability inter-istituzionale, cioè i
diversi organi si controllano reciprocamente.

Problema dell'esportazione della democrazia = La democrazia è un bene esportabile? Secondo


Sartori è possibile esportare una democrazia minima (cioè più probabile prevedere una
democrazia che protegge i diritti civili e politici, più difficile una che garantisce effettivamente
anche i diritti sociali). Le strategie di esportazione:

1) vi sono diffusi atteggiamenti di critica e delegittimazione della strategia di promozione della


democrazia attraverso la guerra (Iraq). Solo dopo una lunga e convincente attività diplomatica e
internazionale si può convincere gli altri stati che non sia un'altro metodo di imperialismo
occidentale, che instaura democrazie di facciata. 2) Gli attori intenazionali devono mettere in
campo un azione mirata ad instaurare le istituzioni democratiche , creando opportunità per le élite
democratiche interne e indebolendo gli attori che sono invece contrari 3) La strategia si deve
quindi fissare su 4 aspetti complementari: la costruzione di una burocrazia funzionante, il
rafforzamento degli attori interni favorevoli al cambiamento, l'indebolimento degli attori contrari,
coordinamento degli sforzi di organizzazioni internazionali e governi con obiettivi democratici
comuni. 4) La combinazione di incentivi nei confronti degli attori è diversa da paese a paese.
Inoltre se nello stato sono prevalenti i contrari con sostegno magari di altri governi si può
abbassare le mire, con l'obiettivo minimo di frenare la repressione poliziesca e la lesione dei diritti
umani.

CAP IX
I partiti sono attori fondamentali delle democrazie rappresentative

Scienza politica 14
💡 Una delle definizioni più note di partito è di Weber: I partiti si caratterizzano per essere
formalmente organizzati, basati su una partecipazione volontaria e orientati ad
influenzare il potere.

Il partito è quindi un associazione su base volontaria che ha uno scopo, cioè la conquista di
cariche elettive.

💡 Downs definisce il partito come una compagine di persone che cercano di ottenere il
controllo dell'apparato governativo a seguito di regolari elezioni.

Due principali approcci si sono contrapposti nell'analisi delle funzioni dei partiti:

approccio razionale = rapporto tra elettori e partiti come il mercato economico, i partiti sono
essenzialmente cacciatori di voti. Schumpeter interpreta i partiti come apparati orientati alla
conquista di voti. Lo scambio sul mercato elettorale equivale a quello tra imprese e
consumatori. Nella Teoria economica della democrazia Downs propone un interpretazione del
fenomeno elettorale basato sul concetto di razionalità, che guida eletti ed elettori. Gli
individui, sulla base delle informazioni di cui dispongono, ottimizzano le proprie preferenze.
Elettori ed eletti perseguono però diversi tipi di beni: i candidati hanno come unico fine la
propria elezione, e il partito politico formulerà di conseguenza qualsiasi politica che ritiene gli
permetta di ottenere i maggiori voti. A questo scopo l'applicazione di tecniche di marketing
alla politica porta alla scelta di un certo target, e all'utilizzo di immagini e linguaggi adatti ad
influenzarlo. In questo modo nelle democrazie vi è sovranità dell'elettore, e il personale
politico è il mandatario del volere dell'elettore. L'assunto dell'homo oeconomicus è usato
anche nell'approccio della scelta pubblica solo che in questo caso ha effetti negativi. Per Downs
il bisogno degli eletti di seguire le richieste degli elettori legittima la democrazia, per
Buchanan esso comporta debito pubblico, inflazione, e mette quindi in pericolo la democrazia
stessa. Per soddisfare gli elettori, i politici comincerebbero a distribuire beni e servizi. Inoltre
per avere maggiore potere sui cittadini essi andrebbero a porre dei vincoli al mercato e alla
proprietà privata. Secondo gli studiosi della scelta pubblica, la soluzione alla crescita del debito
pubblico è la sottrazione di potere decisionale agli organi elettivi.

approccio identitario = ruolo dei partiti nella costruzione di identità collettive. La prima critica
che questa visione pone a quella razionale è che gli elettori non possiedono le conoscenze
sufficienti a valutare costi e benefici (cioè ad ottimizzare) anche per la mancanza di un mezzo
di scambio generalizzato (come il denaro). Inoltre se i politici seguissero sempre le richieste
degli elettori si sarebbe incapaci di perseguire il bene comune. L'essenza della politica, secondo
questi studiosi, è la formazione delle preferenze, attraverso l'elaborazione di identità collettive.
La politica non soddisfa i bisogni individuali, ma li modifica perché diventino collettivi.
Pizzorno sottolinea che per il calcolo delle utilità individuali è necessario una collettività
identificante, che definisca i criteri di definizione di un interesse, che gli danno significato.

Tradizionalmente l'interesse collettivo era legato alla classe d'origine, e il partito si attivava solo
nel momento del voto.

Scienza politica 15
A partire dalla fine del XIX secolo, con l'emergere dei partiti burocratici di massa (grazie
all'allargamento del suffragio) si ha la professionalizzazione della politica. Il politico di professione
secondo Weber può vivere per la politica - ne fa la sua ragione di vita - o di politica - ne fa una
fonte di introito durevole -. Perciò l'idealismo politico si sviluppa più facilmente tra chi non è
interessato alla conservazione dell'ordine economico della società (perché sprovvisto di un
patrimonio da difendere).
Grazie all'affermarsi della stampa e della libertà di pensiero l'oratoria diventa uno strumento
fondamentale del politico, inoltre il politico deve essere in grado di delegare: per arrivare alle
masse è necessario un'apparato di funzionari radicato nel territorio e nei luoghi di lavoro. Il partito
comincia quindi a creare una rete di associazioni che si fa carico dei più diversi aspetti della vita
quotidiana.
I partiti socialisti europei sono definiti appunto partiti di integrazione: integrano i lori membri
all'interno di una serie di associazioni vicine al partito stesso.
Innanzittutto definiamo i partiti in base alla loro funzione: essi agiscono come mediatori tra le
istituzioni pubbliche (stato) e la società civile (cittadini).
Funzione dei partiti:

STRUTTURAZIONE DELLE DOMANDE: Il partito organizza la volontà pubblica, operando una


semplificazione della complessità degli interessi individuali (cioè delle domande della società),
e arrivando così all'interesse collettivo.

STRUTTURAZIONE DEL VOTO: Il partito è l'entità in cui gli elettori si identificano, dando
stabilità nel lungo periodo ai comportamenti di voto individuali. Un partito organizza gli agenti
politici attivi nella società, che cercano il sostegno popolare, in concorrenza con altri gruppi
con opinioni diverse.

SOCIALIZZAZIONE POLITICA: i partiti insegnano ad occuparsi della collettività, trasformando


l'individuo in cittadino.

RECLUTAMENTO DEI GOVERNANTI: che i partiti operano attraverso la presentazione di liste


elettorali.

CONTROLLO DEI GOVERNATI SUI GOVERNANTI: i partiti sono strumenti di collegamento tra
governo e cittadini.

FORMAZIONE DELLE POLITICHE PUBBLICHE: i partiti elaborano programmi e se eletti


dovrebbero metterli in atto.

Gli studiosi evidenziano diversi tipi di partito a seconda della loro struttura organizzativa di base:

1. COMITATO = Tipico dei partiti di fine '800. formato da una dozzina di persone, appartenenti
alla élite. L'elemento importante non è la quantità dei partecipanti, ma la qualità, cioè il loro
status sociale. Il comitato è una struttura precaria, basata su incontri sporadici, ed è diffuso nei
sistemi elettorali a suffragio ristretto.

2. SEZIONE = è un organismo aperto, che cerca di ampliare al massimo il numero dei suoi iscritti.
Nasce con il suffragio universale e l'organizzazione è più formale e centralizzata: si ha la
divisione del lavoro. Il partito di sezione è un invenzione socialista che risponde a due bisogni
fondamentali dei partiti operai: Educare le masse (dar loro dei capi, insegnare una dottrina,

Scienza politica 16
formarli politicamente) e risolve il problema del finanziamento grazie alla pratica delle quote
(si chiede a molte persone di dare poco, ma regolarmente).

3. CELLULA = Tipica dei partiti comunisti, mira ad organizzare gli operai nelle grandi fabbriche,
collegando le rivendicazioni economiche ad un progetto politico più ampio. Più piccola della
sezione, anche perché l'aggregazione avviene su base professionale e non territoriale. La
cellula è un comunità che si incontra quotidianamente sul posto di lavoro.

4. MILIZIA = organo di tipo militare e di piccole dimensioni. Struttura tipica dei partiti fascisti:
richiede gerarchia, obbedienza e dedizione.

Le strutture che hanno successo tendono poi ad espandersi: la struttura socialista della sezione si è
poi estesa anche agli altri partiti.

LE TRASFORMAZIONI DEI PARTITI DI MASSA


Michels ritiene che il partito di massa potrebbe degenerare in strutture dominate da un'oligarchia,
che possiede le competenze tecniche specifiche.
Inizialmente il capo risponde alla base, ed essendo l'organizzazione fondata sull'uguaglianza dei
diritti di tutti gli organizzati, tutti sono eleggibili. Con lo sviluppo l'organizzazione si struttura in
modo burocratico e ai capi vengono affidati poteri sempre più svincolati dal controllo della base.
Così il partito, a cause della necessità di competenze specialistiche a seguito della crescita
organizzativa, produce necessariamente delle diseguaglianze.
L'oligarchia dunque si afferma grazie alle sue capacità di rispondere ai bisogni di efficienza delle
organizzazioni complesse. L'inserimento in questa oligarchia tende a trasformare il modo di
pensare dei dirigenti, che perdono il senso di comunità con la classe che li ha espressi.
La frazione parlamentare acquista inoltre sempre più potere nel partito. Il parlamentare diventa
indispensabile al partito (di fatto inamovibile) e comincia a difendere i propri vantaggi personali.
Questo porta come conseguenza alla moderazione dei fini del partito: l'obiettivo fondamentale
diviene la sopravvivenza dell'organizzazione che assicura il loro reddito economico.

Guardando ai partiti con approccio organizzativo, la loro evoluzione è più complessa di quanto
ipotizzato dalla legge ferrea dell'oligarchia. è vero, grazie alle loro competenze i dirigenti
acquisiscono una certa autonomia, ma i leader hanno comunque bisogno delle risorse dei
seguaci, cioè della base.

Le ideologie non sono del tutto manipolabili. I fini ufficiali rimangono punti di riferimento, sia
per i militanti che per i leader del partito, per la costruzione della solidarietà. Non si ha una
sostituzione, ma un'articolazione dei fini - adattati alle esigenze dell'organizzazione, non
abbandonati -. Ciò perché a questi è collegata l'identità collettiva del partito e anche la
legittimità della leadership.

è vero la struttura dei partiti tende a variare, ma non secondo le leggi della ferrea oligarchia,
dipende piuttosto da una serie di vincoli ambientali e dalle scelte strategiche di leader e
attivisti.

Secondo il Closed System Approach: le organizzazioni sono capaci di controllare tutte le condizioni
e scegliere la strategia migliore per raggiungere i loro obiettivi.

Scienza politica 17
Secondo il Natural System Approach: le organizzazioni hanno una capacità limitata di raccogliere
informazioni e quindi di controllare il proprio ambiente.

Spesso prevalgono mix diversi di adattamento e controllo dell'ambiente esterno.

il partito pigliatutto = concetto elaborato da Kirchheimer, si caratterizza per:

riduzione del bagaglio ideologico del partito

rafforzamento dei gruppi dirigenti del vertice (che sono considerati in misura della loro
efficienza piuttosto che della loro adesione all'obiettivo)

diminuzione del ruolo del singolo membro del partito

minore accentuazione di una specifica classe sociale (in modo da attirare più gente)

facilitazione dell'accesso a diversi gruppi di interesse

L'affermarsi del PARTITO PIGLIATUTTO è il risultato di trasformazioni sociali e culturali che hanno
portato all'indebolimento dei sentimenti di appartenenza di classe e delle credenze religiose.
L'estensione dei diritti sociali ha ridotto l'asprezza dei conflitti sociali e i mass media permettono di
entrare direttamente in contatto con le masse degli elettori.
Il successo elettorale diventa quindi l'obiettivo dei partiti, che abbandonano i tentativi di
formazione intellettuale e morale del popolo per un più vasto consenso ed immediato successo. Il
concentrare tutte le energie nella competizione elettorale porta alla scelta di temi consensuali, e
meno radicali, per estendere al massimo il raggio dei potenziali elettori.
Vediamo inoltre una PROFESSIONALIZZAZIONE delle organizzazioni di partito, che Panebianco
descrive partito professionale-elettorale. La burocrazia di partito (che aveva contatti con la base)
viene sostituita da tecnici ed esperti. Quindi si indebolisce il ruolo dell'appartenenza e cresce
quello dei leader di partito. L'adesione al partito è sempre meno basata su valori, e più sulla
carriera.

La trasformazione dal partito burocratico di massa al partito professionale-elettorale è legata al


mutamento socioeconomico e a quello tecnologico. Lo sviluppo di nuove tecnologie di
comunicazione influenza le tecniche organizzative: di fronte ad un pubblico più eterogeneo ed
istruito, i partiti fanno delle campagne centrate sui candidati e su temi specifici.
Il nuovo partito (pigliatutto o professionale-elettorale) è un partito organizzativamente debole e
poco coerente, anche perché tende ad assoggettarsi alle domande esterne. Il rischio è la
dissoluzione dei partiti come organizzazioni: i partiti perdono totalmente la propria identità e si
trasformano in bandiere di comodo portate da imprenditori politici indipendenti.
IL CARTEL PARTY o partito cartellizzato

Crescente collusione tra partiti, che formano alleanze per ottenere risorse pubbliche (la crescente
penetrazione tra stato e partiti riduce il bisogne delle offerte dei militanti).
Il cartel party è uno stadio estremo di trasformazione del partito da organismo interno alla società
civile ad un'organizzazione intermedia tra società civile e stato, e poi ad una struttura sempre più
interna allo stato.
L'allentamento del rapporto tra partiti e base sociale è evidente nella riduzione del numero di
iscritti, nell'indebolimento del sentimento di identificazione partitica e nell'aumento

Scienza politica 18
dell'astensionismo elettorale.

I nuovi partiti investono fortemente nei mezzi di comunicazione, adottando strategie quali la
personalizzazione della leadership e centralizzazione. In particolare la televisione negli ultimi
decenni ha facilitato l'identificazione diretta tra elettori e leader, che scavalcano così la
mediazione del partito. La personalizzazione tenta di riconquistare il consenso soprattutto di
coloro che non sono interessati alla politica, attraverso quindi un linguaggio antipolitico = accade
così che i leader sottolineano la loro estraneità alla politica e gli appelli populisti mirano a sfruttare
la sfiducia nella politica istituzionale.
Come abbiamo visto , i partiti dipendono sempre meno dai loro membri, e sempre di più da
finanziamenti pubblici, tanto che entrano in rapporti di reciproca complicità (cioè fanno accordi
per aumentare questi finanziamenti). I partiti hanno quindi a disposizione sempre più risorse, ma
allo stesso tempo meno capacità di organizzare la società civile e si allontano da essa.

CLEAVAGES O FRATTURE
I politologi hanno fatto un'analisi di diversi partiti a partire dai conflitti o fratture che li hanno
generati. Queste fratture sono 4:
FRATTURE DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DELLO STATO NAZIONALE

conflitto centro-periferia = opposizione delle popolazioni sottomesse alla cultura centrale della
costruzione della nazione, ovvero all'accentramento territoriale e culturale (simbolizzato da
un'unica lingua ufficiale)

conflitto stato-chiesa = se il conflitto ebbe anche una dimensione economica (stato-nazione


centralizzante VS privilegi corporativi della Chiesa), il nodo centrale fu il controllo della
morale e delle norme della comunità, soprattutto riguardo l'istruzione.

FRATTURE DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEL CAPITALISMO INDUSTRIALE

conflitto città-campagna = cioè tra gli interessi agrari e gli imprenditori industriali, in
particolare sul tema dei dazi doganali e dei prezzi dei prodotti agricoli. Questa frattura è
espressa nei parlamenti dallo scontro tra partiti conservatori-agrari e partiti liberal-radicali.

conflitto imprenditori industriali-classe operaia = cioè tra proprietari e datori di lavoro e


braccianti ed operai. La rivoluzione industriale porta con sé il conflitto tra capitalisti e salariati,
fondatori di partiti che richiedono maggiore uguaglianza. Qui nasce la divisione destra/sinistra
sull'intervento dello stato, servizi sociali e miglioramento delle condizioni di lavoro, tutte
cause sostenute dai partiti operai contro a partiti di destra più liberali. Nei paesi dove le classi
dirigenti hanno saputo integrare le richieste della classe operai troviamo partiti di sinistra più
pragmatici e moderati, mentre un atteggiamento repressivo porta a partiti più radicali.

In molti paesi la struttura partitica odierna riflette le fratture degli anni venti. Questa permanenza
si riscontra anche nei voti: molti studi hanno rilevato infatti una bassa volatilità (cioè fluttuazione
del voto) facendo parlare di stabilità elettorale.
Più di recente si parla quindi di IPOTESI DI CONGELAMENTO, cioè una continua riduzione del
passaggio degli elettori da destra a sinistra, e viceversa, con i grandi partiti che mantengono e
monopolizzano la maggioranza dell'elettorato delle democrazie europee.

Scienza politica 19
Le ragioni di questo congelamento si trovano nella capacità dei partiti di agire sulla struttura stessa
del conflitto: questi riproducono cioè le fratture da cui sono nati, offrendo simboli e
rappresentanza. Sono in grado non solo di incanalare il conflitto, ma anche di plasmarlo. Si parla
quindi anche di congelamento dei conflitti, nel senso che questi vengono ingessati all'interno di
regole che riducono possibilità di esplosioni violente e queste regole sono riconosciute come
necessarie per benefici consistenti, cioè sono ritenute legittime.

Rokkan e le famiglie spirituali


cioè insieme di partiti accomunati da una concezione del mondo analoga:

1. partiti liberali e radicali: portatori dal XIX secolo degli interessi della borghesia. Chiedono
abolizione dei dazi doganali, fondamentali diritti civili e diritti politici. Con posizioni
anticlericali, difendono la libertà e quindi richiedono la limitazione dell'intervento statale,
specialmente nell'economia.

2. partiti conservatori: emergono in opposizione ai liberali per difendere gli interessi dei
proprietari terrieri e spesso del clero. Oggi questi partiti tendono ad abbracciare la dottrina
liberale , ma restano ostili all'ampliamento di diritti civili e politici.

3. partiti socialisti e social-democratici: nati nel XIX dalla mobilitazione della classe operaia. Nel
dopoguerra i partiti socialisti rinunciano alla socializzazione dell'economia a favore di
economie miste.

4. partiti democristiani: XIX, quando chiesa cattolica si scontra con le democrazie liberali.
Propensi all'estensione di alcuni diritti sociali, contro l'adozione di alcuni diritti civili (in temi
di famiglia, nascite, genere).

5. partiti comunisti: fondati dopo la rivoluzione russa, a lungo fedeli all'idea della necessità di
una rivoluzione sociale, con un percorso di revisione ideologica arrivano ad accettare le regole
delle democrazie e persino dell'economia capitalista.

6. partiti agrari: nati nei piccoli paesi per difendere gli interessi delle campagne.

7. partiti etnico-regionalisti: emersi in difesa di minoranze etnico-linguistiche.

8. partiti della destra radicale: eterogeneo insieme di partiti antiliberali e antidemocratici (partiti
fascisti e oggi partiti xenofobi e populisti).

9. partiti ecologisti: emersi negli anni '80 per la difesa dell'ambiente dall'inquinamento,
sottolineano le potenzialità di uno sviluppo sostenibile.

Secondo ricerche recenti si assiste ad uno scongelamento nel sistema dei partiti a seguito di un
cambiamento del peso relativo delle diverse famiglie spirituali e della nascita di nuovi partiti. Oggi
si evidenzia il declino dei partiti religiosi e comunisti, a fianco all'emergere di partiti verdi. I nuovi
partiti sono nati e sviluppati al di fuori della classiche cleavages, portando nuove tematiche.
Soprattutto a partire dagli anni '80 si è registrato un declino dell'identificazione dei cittadini con i
partiti. Negli anni '90 questo crollo è ancora più evidente con lo scioglimento dei regimi socialisti e
l'ondata di scandali politici di molte democrazie europee (92 in Italia).
La perdita di fiducia nei partiti, secondo alcuni, fa diventare le fasce meno istruite facile preda dei
partiti populisti.

Scienza politica 20
Altri sostengono che il distacco dal partito sia un sinonimo di maturità dell'elettorato, che giudica i
partiti sulla base della loro performance, invece che sul pregiudizio ideologico. La disponibilità di
informazioni e la scolarizzazione rendono infatti l'opinione pubblica più esigente e critica.
Un'altro oggetto di studio nei partiti è la COMPETIZIONE E COOPERAZIONE tra questi:
Secondo Duverger le differenze tra i sistemi di partito derivano dal sistema elettorale (che
favorisce con sistema maggioritario il bipartismo e con proporzionali il multipartismo).

sistema monopartitico caratterizza i regimi autoritari

sistemi bipartitici con alternanza di potere tra due partiti. Ritenuto efficiente perché garantisce
stabilità del governo e moderazione.

sistemi multipartitici in cui vi sono coalizioni eterogenee e instabili, radicalismo ideologico,


difficoltà per l'elettore di attribuire meriti e demeriti.

Ritenendo l'analisi di Duverger semplificatoria Sartori aggiunge due correttivi:


Si deve operare un conteggio intelligente: non è tanto importante la dimensione di un partito
quanto il suo peso strategico: potenziale strategico (ha la possibilità di entrare in coalzione?) e
potenziale di ricatto (la sua esistenza influenza le tattiche della competizione tra partiti?).
Molto importante è l'ideologia dei partiti e il livello di polarizzazione ideologica - cioè la
collocazione degli elettori lungo l'asse destra-sinistra -.
Sulla base del numero di partiti d distanza ideologica, Sartori costruisce una tipologia di sistemi di
partito più complessa.
SISTEMA MONOPARTITICO:

1. partito singolo, solo un partito è legale.

2. partito egemonico, esistono altri partiti ma non possono realmente competere.

3. partito predominante, esistono più partiti che competono effettivamente ma i minori non
riescono a vincere.

SISTEMA BIPARTITICO: quando i partiti sono in grado di competere, almeno uno dei due riesce ad
ottenere la maggioranza, questo partito vuole governare da solo, vi è alternanza o rotazione al
potere, la competizione è verso il centro (moderazione ideologica).
SISTEMI MULTIPARTITICI:

1. multipartitismo ( o pluralismo) moderato, dove i partiti non sono più di 5 e vi sono governi di
coalizione, la struttura del sistema è bipolare, tutti i partiti sono orientati ad andare al
governo.

2. pluralismo polarizzato, numero di partiti superiore a 5, presenza di partiti antisistema (non


condividono i valori dell'ordine politico all'interno di cui operano), presenza di due opposizioni
bilaterali (mutualmente esclusive), il centro è occupato (il sistema è basato sul centro), il
sistema è ideologicamente polarizzato (con posizioni estreme), tendenza centrifuga, emergono
opposizioni irresponsabili (non potendo sperare di andare al governo, le opposizioni sanno che
non saranno mai chiamate a mettere in pratica i loro programmi), tendenza a fare promesse, il
partito al centro ha scarsa responsabilità democratica (non potendo essere escluso dal governo
per mancanza di alternativa).

Scienza politica 21
3. multipartitismo segmentato, più di 5 partiti, ma bassa polarizzazione ideologica.

Il pluralismo polarizzato rispecchia piuttosto bene il caso italiano. Ma alcuni si oppongono a


questa visione, affermando prima di tutto che vi è una tendenza alla moderazione e avvicinamento
al centro e nelle moderne democrazie i partiti antisistema sono scomparsi o hanno moderato i loro
programmi. Inoltre una certa frammentazione ha fatto crescere il numero dei partiti.

CAP XII
PARLAMENTO

Caratteristiche all'interno dell'ambito storico e geografico che ne rappresenta il culmine - l'ambito


delle liberal-democrazie occidentali a partire dal 1950 -

natura assembleare: il parlamento assume una forma collegiale ed è ampio. L'assemblea


parlamentare tendenzialmente non è gerarchica; esistono posizioni di maggiore potere, ma il
voto di tutti i componenti ha lo stesso peso.

carattere permanente dell'istituzione e la sua competenza generale : i parlamenti sono organismi


permanenti (ne accresce l'autonomia perché non deve essere convocato da altri organismi) +
non sono confinati in un dato ambito ma possono produrre un flusso decisionale continuo.

mandato temporalmente definito dei componenti: i componenti dei parlamenti democratici sono
soggetti a rinnovo.

pluralismo interno: nei parlamenti vi è coesistenza di una pluralità di orientamenti politici. In


particolare si consente l'espressione dell'opposizione.

collegamento organico con i processi istituzionali della rappresentanza politica: i parlamenti


costituiscono parte integrante del processo rappresentativo, del quale sono il coronamento. Le
assemblee si fondano su un legame istituzionalizzato con la cittadinanza politica. Lo
strumento del collegamento sono le elezioni popolari.

💡 parlamento = un'assemblea rappresentativa a competenza generale, pluralistica e


permanente ma rinnovata nella sua composizione tramite elezioni a scadenze regolari.

Non esistono solo i parlamenti democratici, ma anche quelli pre-democratici, non democratici ed
autoritari. Nei parlamenti non democratici, è in primo luogo il carattere del pluralismo a venire
meno, ma anche quello della rappresentatività e della permanenza.

LA RAPPRESENTANZA
L'attributo politicamente più significativo dei parlamenti è il carattere rappresentativo. Questo
carattere non qualifica solo il parlamento in quanto istituzione, ma anche la democrazia in quanto
regime.
Dobbiamo fare una distinzione tra rappresentanza (in senso giuridico, artistico o teologico),
rappresentanza politica (anche predemocratica) e rappresentanza politica democratica.
Il concetto di rappresentanza fa riferimento sempre ad una situazione duale e relazionale, suppone cioè
un rappresentante ed un rappresentato, e che tra questi sussista un certo rapporto.

Scienza politica 22
Nella sfera politica, i due poli si identificano con i governanti ed i governati: le teorie e le
istituzioni rappresentative rispondono all'esigenza di modellare il rapporto tra questi due poli.
Possiamo individuare almeno cinque varianti del significato di questo rapporto:

1. Il rappresentante agisce legittimamente per il rappresentato. La collettività, non potendo agire


in prima persona, deve ricorrere a soggetti che agiscano per lei.

2. L'aspetto centrale è il contenuto dell'agire del rappresentante: la rappresentanza è definita


sulla base dell'interesse del rappresentato. Il criterio della rappresentanza sta nel rispetto da
parte del rappresentante degli interessi del rappresentato. All'interno di questa accezione vi è
uno spazio di variazioni: il rappresentante come unico autorizzato a stabilire quale sia il vero
interesse del rappresentato (regimi autocratici) oppure quest'ultimo ha il diritto di
determinarlo, cioè ha un ruolo attivo nella determinazione dell'interesse generale (regimi
liberal-democratici).

3. rappresentanza come relazione che comporta una responsabilità del rappresentante nei
confronti del rappresentato e prevede dei meccanismi per farla valere. Cioè il rappresentato ha
il potere di controllare e sanzionare il rappresentante; concetto espresso nelle democrazie
dalle elezioni.

4. rappresentanza come specchio e rappresentatività: capacità dei regimi politici di riflettere ed


essere in sintonia con la società. La rappresentanza è intesa come riproduzione dei soggetti
rappresentati e delle loro caratteristiche. Problema cruciale di questa interpretazione è la
selezione delle caratteristiche da rappresentare: per lo più ci si riferirà ai caratteri oggettivi
(sesso, etnia, classe sociale..). Un organo politico sarà dunque più rappresentativo quanto più
fedelmente replicherà la distribuzione di certe caratteristiche proprie della società. Nelle
democrazie liberali la rappresentatività sociologica non è garantita automaticamente dai
meccanismi elettorali, la sua realizzazione è legata ad alcune condizioni politiche. Anzi sono
spesso i parlamenti dei regimi non democratici, grazie alla manipolazione dei processi
elettorali ad essere rappresentativi in termini di rispecchiamento di alcune caratteristiche
sociali della popolazione. Ciò accade appunto perché la rappresentatività viene realizzata
dall'alto. Questo modello parte dall'assunto che il comportamento dei rappresentanti sia
determinato dalla loro identità.

5. rappresentanza come raffigurazione di tipo simbolico: una persona in ragione del suo ruolo
istituzionale esprime in maniera simbolica un carattere della realtà politica che da solo non
potrebbe manifestarsi così efficacemente. La rappresentanza come simbolo viene utilizzata più
frequentemente per gli organi politici monocratici (es. capo dello stato rappresenta lo stato). I
rappresentanti-persone non si distinguono molto da oggetti materiali o immateriali che
svolgono le stesse funzioni di rappresentanza simbolica: bandiere, inni, immagini, edifici

💡 La rappresentanza politica democratica è una relazione di carattere stabile tra cittadini e


governanti, intesi entrambi come soggetti pluralistici, per effetto della quale i secondi
sono investiti dell'autorità di governare in nome e nell'interesse dei primi e sono soggetti
a responsabilità politica per i propri comportamenti di fronte ai cittadini stessi; autorità
e responsabilità politica dei governanti sono realizzate attraverso meccanismi
istituzionali elettorali.

Scienza politica 23
La rappresentanza è quindi contemporaneamente principio di legittimazione politica, struttura
istituzionale e modalità di comportamento.
La struttura istituzionale, anche se non sufficiente da solo, costituisce la garanzia fondamentale
della rappresentanza come elemento duraturo: la struttura istituzionale tipica, attraverso la quale
la rappresentanza si costituisce come asse centrale della democrazia moderna, è quella identificata
dal binomio elezioni competitive e parlamento.
GLI ANTECEDENTI STORICI DELLA RAPPRESENTANZA DEMOCRATICA
Il fenomeno della rappresentanza politica democratica è relativamente recente: fine 700 ma
soprattutto seconda metà 800, ma le basi vengono poste già a partire dal medioevo grazie alle
assemblee parlamentari. Caratteristiche di questi antecedenti storici:

il parlamentarismo pre-moderno si basa sul carattere decentrato del sistema politico


medievale, e si ha quindi una pluralità di sedi e di livelli di autorità.

I parlamenti medievali sono strutture istituzionali complesse perché riflettono la struttura


della società articolata in ceti legalmente differenziati.

I parlamenti riflettono la natura composita delle unità politiche medievali: non sempre esiste
un istituzione parlamentare centrale.

Le assemblee parlamentari medievali sono diffuse in quasi tutti i paesi europei.

I parlamenti medievali hanno carattere rappresentativo in quanto offrono un'immagine a scala


ridotta dell'articolazione sociopolitica del paese.

Il grado di istituzionalizzazione è molto vario da paese a paese.

In alcuni casi abbiamo l'autotutela dei poteri periferici - i parlamenti sono strumenti dei poteri
non monarchici della società per difendere i propri interessi e le proprie libertà - in altri i
parlamenti sono di iniziativa regia - la monarchia convoca i parlamenti che sono strumenti
attraverso i quali il potere monarchico costruisce il consenso in una società frammentata -.

SOMIGLIANZE E DIFFERENZE CON LA LOGICA DI RAPPRESENTANZA ATTUALE:


somiglianze: Il corpo politico del parlamento è dotato di soggettività (capace di esprimere
autonomamente interessi e orientamenti politici) ed è interpretato come realtà plurale, composita.
differenze: benché si parli di pluralità del corpo politico, il parlamentarismo pre-moderno è
caratterizzato da diseguaglianza e diversità, mentre il parlamentarismo moderno è giunto ad un
grado di omogeneità di molto maggiore. Le articolazioni interne ai parlamenti sono tese a
rispecchiare il pluralismo delle opinioni - rappresentanza di tipo individualistico - piuttosto che
linee di status - rappresentanza di tipo corporativo -. I processi formativi delle assemblee
parlamentari sono molto diversi: alla competitività moderna delle elezioni si oppone una
rappresentanza basata puramente sulla fiducia nel rappresentante (ma non è importante il metodo
di selezione). Infine vi è una diversa collocazione sistemica del parlamento: nel parlamentarismo
pre-moderno il ruolo di autorità politica centrale rimane nelle mani del monarca, e il parlamento è
uno strumento di contenimento; il parlamento moderno è espressione della sovranità popolare ed
ha un ruolo di protagonista, non di antagonista.

I PARLAMENTI CONTEMPORANEI: varianti strutturali

Scienza politica 24
La rappresentanza politica democratica è un sistema di relazioni tra governanti e cittadini
caratterizzato da un elevato grado di articolazione istituzionale. La struttura assembleare dei
parlamenti è condizione necessaria per assicurare carattere pluralistico alla rappresentanza.
Il parlamento ha un ruolo bifronte: da un lato è strumento di espressione della società e delle sue
domande - input del sistema politico - dall'altro è luogo di potere decisionale - versante di output -.
La struttura dei parlamenti da un lato riflette le caratteristiche della rappresentanza e dei suoi
processi, dall'altro è profondamente influenzata dagli assetti potestativi e dai problemi della
decisione politica.

Non solo dobbiamo definire gli elementi base dei parlamenti, ma anche le sue varianti strutturali.
Struttura = più che al modello organizzativo formale si fa riferimento a quello reale. Ciò significa
che dobbiamo combinare il corpus di norme giuridiche alla natura e le caratteristiche dei soggetti
politici, individuali e collettivi, che compongono il parlamento.
Come configurare la rappresentanza?

modello unicamerale

modello bicamerale = tipici della prima fase di democratizzazione, oggi rimasti solo in
Inghilterra. Nasce dall'esigenza di conservare, accanto alla nuova forma di rappresentanza
popolare, forme pre-democratiche, come camere alte, aristocratiche, dei lord. L'intento è di
bilanciare il carattere innovativo e garantire l'accettazione da parte dei vecchi strati politici
dominanti del nuovo.

altro modello bicamerale = compromesso tra una concezione unitaria e una concezione
policentrica (federale) della comunità politica. Una camera si basa essenzialmente su individui,
l'atra si fonda sulle unità sub-nazionali (cioè viene assegnato ad organismi del governo locale
un ruolo di anello intermedio nel circuito rappresentativo).

bicameralismo italiano = bicameralismo perfetto, cioè paritario o simmetrico, opposto al


bicameralismo asimmetrico. Dalle combinazioni delle 2 dimensioni nascono 4 modelli:
bicameralismo forte o bilanciato che riconosce potere eguali, bicameralismo debole come
quello inglese, bicameralismo ridondante in cui la seconda camera è un doppione della prima
(italia) e bicameralismo a base funzionale che si basa sulla divisione del lavoro fra le due
camere.

ATTIVITA E FUNZIONI DELLE ISTITUZIONI PARLAMENTARI


Gli schemi tradizionali di come debba funzionare il parlamento si sono tradotti per lo più nelle
prescrizioni delle carte costituzionali, ma è necessario mettere a confronto prospettiva normativa e
analisi empirica.
funzioni del parlamento secondo Bagehot

elettiva (di designazione dell'esecutivo) funzione di controllo del governo

espressiva (di trasmissione degli orientamenti popolari)

educativa (di elevazione delle opinioni popolari)

informativa (di comunicazione degli interessi delle minoranze) con l'espressiva ed educativa
funzioni rappresentative

Scienza politica 25
legislativa (elaborazione ed approvazione delle leggi)

finanziaria (approvazione di imposte e bilanci) con la legislativa funzione di policy making

RAPPRESENTANZA = I parlamenti rappresentano la nazione (o il popolo). I soggetti dell'azione


sono sia i parlamenti individuali sia una pluralità di raggruppamenti interni (commissioni, partiti).
L'oggetto della rappresentanza non è poi solo la nazione o il popolo, ma una molteplicità di entità
distinte in competizione per ottenere rappresentanza nel panorama pluralistico delle società
democratiche. La natura e qualità della relazione tra rappresentanti e rappresentati: dilemma di
Burke tra un delegato vincolato ad un mandato dei rappresentati e un fiduciario con ampia libertà
d'azione.
è vero il parlamento non è la sede esclusiva della rappresentanza, ma è difficilmente sostituibile
all'interno del circuito democratico, per varie ragioni:

il parlamento realizza il contesto di comunicazione e di controllo istituzionalizzato tra la


cittadinanza e la classe politica più articolato e sistematico.

le istituzioni parlamentari, per la loro struttura, consentono alla rappresentanza un assetto


pluralistico e contemporaneamente offrono meccanismi formali e informali di riduzione e
moderazione del pluralismo. Il carattere assembleare del parlamento è propizio alla pluralità di
interessi, opinioni e punti di vista. Naturalmente altri fattori (sistemi elettorali, partiti)
determinano la qualità di questa presenza pluralista, per cui possiamo trovare all'interno di un
parlamento una pluralità di posizioni politiche che possono essere due posizioni coese o
atomizzazione di posizioni.

i parlamenti sono un fondamentale fattore di regolazione della competizione pluralistica. Le


assemblee parlamentari contribuiscono al contenimento del conflitto politico attraverso la
ritualizzazione del conflitto e incentivando collaborazione tra le parti. Gli incentivi alla
cooperazione tra le forze politiche nascono dalla funzione stessa del parlamento e per
rispettare le sue responsabilità decisionali. è evidente la funzione di contenimento del conflitto
dei partiti quando guardiamo a casi come quelli dei partiti antisistema in cui la componente
parlamentare è stata la prima ad assumere posizioni meno radicali e a riconoscersi
reciprocamente con le altre forze politiche.

CONTROLLO SUL GOVERNO = concerne il rapporto tra istituzioni parlamentari e di governo, che la
teoria democratica interpreta classicamente come controllo parlamentare sull'esecutivo. Ma, in
presenza di un governo politico, questa attività significa anche la competizione tra due autorità
politiche democratiche per il controllo sulla burocrazia. La relazione parlamento-governo cambia
molto in relazione al sistema:

1. sistemi presidenziali: si fronteggiano due poteri entrambi legittimati democraticamente e le


istituzioni sono particolarmente separate quando la maggioranza parlamentare e quella
presidenziale non coincidono. Da ciò deriva un duplice direzione della relazione di controllo.

2. sistemi parlamentari: tra la fine dell'800 e inizio '900 interpretare parlamento e governo come
due entità distinte nei paesi europei non risponde più alla realtà: vi è compenetrazione tra le
due istituzioni. Dovendo il governo contare sulla fiducia implicita o esplicita del parlamento
stabilisce con esso un nesso strettissimo. A questo si aggiunge la prevalente coincidenza del
personale politico delle due istituzioni (salvo limitate eccezioni di governi tecnici). Quindi dato
che il carattere parlamentare del governo lo porta alla guida della maggioranza, la funzione di

Scienza politica 26
controllo spetta all'opposizione mentre la maggioranza dà appoggio pubblico all'azione del
governo. La funzione di controllo da parte del parlamento sul governo è essenzialmente svolta
dalle minoranze parlamentari. Queste si affidano a vari strumenti: pubblicità, possibilità di
rallentare o ostacolare l'attuazione dei programmi del governo e altri.

FUNZIONE LEGISLATIVA = La gerarchia assegna alla produzione normativa parlamentare la


preminenza. L'iniziativa legislativa, in termini procedurali, è prerogativa o dei parlamenti o del
governo, cioè abbiamo iniziativa parlamentare governativa o non governativa. In termini
sostanziali i promotori dell'iniziativa legislativa sono portavoce di moltissimi altri soggetti: partiti,
sindacati, gruppi di interesse, governi locali, amministrazione centrale e periferica.

Per valutare il grado di accentramento del processo legislativo è necessario verificare il peso
dell'iniziativa governativa e non governativa del paese: mentre in alcuni paesi l'iniziativa non
governativa è quasi irrilevante in altri (come in Italia) è significativa. Inoltre l'esame degli
emendamenti apportati alla legislazione di iniziativa governativa è un ulteriore elemento
necessario per valutare la distribuzione dell'influenza sulla produzione legislativa.
Quindi si avvicinano al polo dell'accentramento quei paesi nei quali il processo legislativo è
controllato fondamentalmente dal governo mentre al polo del decentramento stanno quei paesi nei
quali accanto al governo hanno un ruolo significativo anche altre componenti parlamentari. Non si
parla esattamente di un ruolo maggiore o minore del parlamento ma di ruoli diversi delle varie
componenti del sotto-sistema parlamentare (governo, opposizione...).

IL DECLINO DEI PARLAMENTI?


Una recente tesi a partire da un modello ideale che si basa su concezioni dottrinali più che
osservazioni empiriche ha definito il declino dei parlamenti. Il metro di giudizio sono state più le
attribuzioni funzionali delle carte costituzionali che le performance effettive dei parlamenti.
Inoltre l'attenzione alle funzioni è stato fortemente selettiva e ha identificato il declino basandosi
su un numero limitato di casi reali. infine non si è messa neppure in discussione la possibilità che i
processi di trasformazione possano avere sviluppi non lineari e conoscere arresti o inversioni di
tendenza.

Secondo la tesi patiti ed esecutivo avrebbero tratto vantaggio dal declino dei parlamenti: ma
dobbiamo ricordare che questi non sono entità nettamente distinte ma anzi sono presenti e
operanti all'interno del contesto parlamentare:

Seppur vi siano partiti con apparati extraparlamentari o nati fuori o contro il parlamento la
classe politica di questi partiti si è progressivamente parlamentarizzata.

se è vero che il governo opera un certo controllo sull'attività parlamentare questo è solo perché
il parlamento si è progressivamente affermato come canale di legittimazione del governo.

Invece che parlare di declino dei parlamenti si dovrebbe parlare di mutamenti nella struttura di
queste istituzioni, legati al nuovo ruolo assunto all'interno di esse da parte dell'esecutivo e dei
partiti organizzati. Il partito organizzato di massa mostra segni di crisi ma riprende forza una
tendenza alla pluralizzazione dei soggetti attivi nel processo rappresentativo (gruppi di interesse,
movimenti ecc..). Questa situazione fornisce nuove opportunità ad una istituzione come il
parlamento basata sul pluralismo.

Scienza politica 27
CAP XIII
IL RAPPORTO TRA GOVERNO E POLITICA
Nella variegata fenomenologia della politica il governo rappresenta l'elemento costante, mentre le
variabili sono da riferire ad altri elementi.

Nell'suo comune della parola governo può indicare un'attività o un soggetto politico: le due
dimensioni pur strettamente connesse, sono sono la stessa cosa. In sistemi istituzionalmente più
articolati la funzione di governo e l'istituzione governo vanno distinguendosi più chiaramente,
dato che quest'ultima può condividere la funzione di governo con altre istituzioni.
LA FUNZIONE DI GOVERNO = governo e governare derivano dal verbo greco kubernao che significa
"dirigere con il timone": la metafora del timoniere della nave così come quella del padre di famiglia,
del pastore del gregge, del condottiero d'esercito sottolineano la combinazione tra l'esercizio di
un'autorità suprema e responsabilità del benessere dei sottoposti a questa autorità. Mentre queste
metafore risalgono ad un epoca pre-democratica in epoca democratica l'attenzione si sposta dal
governo al popolo, riconosciuto titolare della sovranità. La stessa denominazione del governo
"esecutivo" vuole sottolineare la subordinazione di esso alla legge, idea che viene espressa con la
locuzione stato di diritto (la supremazia delle leggi). L'interpretazione è però forviante poiché le
attività del governo vanno oltre l'esecuzione della legislazione: politica estera, monetaria ma anche
nella stessa opera legislativa il governo è artefice.

💡 La funzione di governo deve essere vista come delimitata e regolamentata dalla legge e
realizzata attraverso la legge, più che come un'attività deducibile da quella legislativa.

Per definire le funzioni del governo dobbiamo inoltre ricordare la coppia concettuale:

direzione politica = portata innovatrice che ha a che fare con il problema del declino del
consenso. giudizio di valore. Secondo Schmitt corrisponde alla sfera del politico o della
discrezionalità.

amministrazione = routine, attuazione di norme. giudizio di validità tecnica. Secondo Schmitt


sfera del diritto ovvero del comportamento dovuto.

Se il governare si associa soprattutto al primo aspetto, bisogna però tenere presente che il governo
ha stretti rapporti con le istituzioni amministrative.
Passando dai criteri generali ai contenuti concreti, definire la funzione di governo risulta difficile in
relazione alle manifestazioni diverse in momenti e paesi diversi di questa istituzione. Si possono
però individuare alcuni elementi costanti = due responsabilità appaiono universalmente associate
alla funzione di governo:

tutela della comunità politica verso l'esterno

mantenimento dell'unità della comunità politica verso l'interno

Ovvero governare significa da un lato fare i conti verso l'esterno col problema della guerra e della pace e
dall'altro con quello dell'ordine, dell'integrazione e della pace interni.

Scienza politica 28
La garanzia armata (autorità del governo in fatto di polizia ed esercito) non significa che la
modalità coercitiva sia l'unica attraverso la quale la funzione di governo si svolge. Le esigenze della
salvaguardia della pace interna spaziano infatti dal polo negativo delle azioni di polizia a quello
positivo delle provvidenze del moderno welfare state. Stessa cosa nei rapporti con le altre unità
politiche: accanto alla modalità bellica vi sono quelle pacifiche, diplomatiche e commerciali.

💡 Governare significa essenzialmente assumersi le responsabilità finali di fronte alla


comunità politica e ai suoi problemi.

LE FORME DI GOVERNO

I diversi sviluppi storici e culturali hanno prodotto una varietà di forme di governo, espressione che
nella scienza politica contemporanea fa riferimento a diversi modi di organizzare i rapporti tra le
istituzioni centrali nell'ambito di un unico tipo di regime: quello democratico.

La classificazione tradizionale distingue tra forma di governo parlamentare e presidenziale. Per


fare questa distinzione fa riferimento a due dimensioni:

la legittimazione democratica o meglio le modalità istituzionali attraverso le quali questa


legittimazione viene garantita. Nel governo parlamentare il governo trae legittimazione
politica dal parlamento. La legittimazione si divide in legittimazione diretta o indiretta
(governo eletto dai cittadini o dal parlamento).

la struttura dell'esecutivo spiega il termine governo presidenziale, in quanto sottolinea nella


compagine governativa la preminenza della figura monocratica del presidente (capo dello stato
e del governo insieme). Vi è poi una distinzione tra esecutivo monocratico ed esecutivo
collegiale.

Attraverso la combinazione delle due classificazioni ciascuna a due voci otteniamo una nuova
classificazione delle forme di governo a quattro caselle: presidenzialismo (struttura monocratica e
legittimazione popolare), governo del premier o cancellierato (struttura monocratica e
legittimazione parlamentare), esecutivo collegiale ad elezione diretta (collegiale e popolare),
parlamentarismo (collegiale e parlamentare).
Sotto il profilo giuridico-costituzionale la legittimazione del governo si traduce in norme che
riguardano

la sua origine e selezione

la sua permanenza in carica e responsabilità politica.

Queste sono strettamente legate. In generale, chi governa risponde a chi lo ha investito di tale
responsabilità e chi ha titolo a chiamare a rispondere il governo ha anche il titolo ad investirlo di
questa funzione. Mentre in USA si ha legittimazione popolare e separata dal capo dell'esecutivo in
Europa sono prevalse forme di governo a legittimazione parlamentare, anche se non mancano
forme ibride in cui si aggiunge un capo dello stato eletto direttamente.
LEGITTIMAZIONE

DIRETTA = La formula pure di tale legittimazione è confinata al continente americano. Le cause di


questa riluttanza sono varie: tra cui il timore delle élite e di una parte dell'opinione pubblica di una

Scienza politica 29
possibile manipolazione plebiscitaria. Le forme miste cercano compromesso tra questo timore e un
raccordo più diretto tra esecutivo ed elettorato. Nonostante a livello sostanziale l'esecutivo
statunitense sia esponente di questo modello, a livello formale ne è fuori a causa dell'esistenza di
un organo intermedio non previsto tra elettorato e presidente: il collegio elettorale. Gli elettori
non eleggono il presidente ma i grandi elettori della federazione, che designano a maggioranza
assoluta il presidente. I grandi elettori però non si riuniscono nemmeno fisicamente e non sono un
organo stabile ma temporaneo e funzionale solo alle elezioni del presidente. Tanto che non si
considera un organo ma un metodo di conteggio dei voti popolari.
Nell'esecutivo a legittimazione diretta l'organo che conferisce la legittimità democratica (il corpo
elettorale) non ha il potere di sottrarla (se non attraverso la non rielezione). Conferimento e ritiro
della legittimità e quindi responsabilità politica si concentrano nell'elezione del presidente e non
sono previste possibilità di revoca della fiducia politica nel corso del mandato presidenziale.

La forma di governo presidenziale si caratterizza quindi per una stabilità istituzionalmente


predeterminata dell'esecutivo che si associa ad una maggiore rigidità istituzionale.
Ma sistema presidenziale non significa predominio dell'esecutivo (il parlamento ha potere
legislativo e di spesa e la presidenza ha sopra di esso poteri limitati).

INDIRETTA = il nesso tra governo ed elettorato è mediato dal parlamento: la selezione,


l'investitura, il ritiro della legittimazione e i meccanismi per far valere la responsabilità politica del
governo non si realizzano attraverso la stessa istituzione.

La selezione del governo può essere affidata al monarca, al pdr o più raramente al parlamento. Si
tende comunque a cercare un organo scarsamente politico che possa mediare tra le fazioni e fare da
garante riguardo la correttezza del procedimento.

Il conferimento della legittimazione a governare è invece prerogativa del parlamento, attraverso la


fiducia o sfiducia al governo. La fiducia può essere attribuita in forma esplicita (voto o atto) o
implicita (la fiducia si assume finchè non si presenta la mozione di sfiducia). Nel secondo caso può
essere più facile costituire governi minoritari.
Nella maggioranza dei sistemi parlamentari è prevista la possibilità di uno scioglimento anticipato
del parlamento e del ricorso a nuove elezioni ad opera del capo dello stato o del governo:
strumento utile quando il parlamento non riesce ad esprimere una maggioranza di governo.
STRUTTURA INTERNA DEL GOVERNO

MODELLO PRESIDENZIALE = caratterizzato da una struttura a due livelli dell'esecutivo nella quale
il presidente è sovra-ordinato agli altri componenti dell'esecutivo (ministri o segretari di stato).
Solo il presidente ha legittimazione diretta e per questo ha maggiori poteri.

MODELLO COLLEGIALE DI GABINETTO = il capo dell'esecutivo è un primus inter pares. Si


collocano tutti sullo stesso piano perché hanno tutti legittimazione parlamentare. La funzione del
primo ministro, premier, cancelliere o altri nomi è di coordinamento. In alcuni casi sono state però
adottate delle correzioni istituzionali per rafforzare la figura del premier, ad esempio distinguendo
il momenti di investitura del presidente del consiglio dagli altri membri o eliminando totalmente
questo processo per i secondi (caso tedesco).

FORME IBRIDE

Scienza politica 30
SEMIPRESIDENZIALISMO = Il capo dello stato è eletto direttamente e non ha un ruolo di pura
rappresentanza ma anche di governo MA viene mantenuto il legame di fiducia governo-parlamento
e vi è distinzione tra la figura del presidente della repubblica (capo dello stato) e presidente del
consiglio (capo di governo). Quindi il governo ha legittimazione presidenziale (nomina e possibilità
di dimissionamento da parte del capo dello stato) e parlamentare (possibilità del voto di sfiducia).
Questa duplice fonte di legittimazione crea modelli di coesistenza fra le due componenti
dell'esecutivo sempre diversi. I problemi di legittimazione del governo sono particolarmente
evidenti quando si afferma in parlamento una maggioranza diversa da quella presidenziale. In
questo caso viene sciolto il parlamento per riportarlo in linea con la maggioranza presidenziale o la
cattura parlamentare del governo che ha come risultato il ripiegamento della presidenza in un
ruolo meno politico.

PREMIERATO = A livello nazionale si fa riferimento solo ad Israele (96-2003). Vi è la legittimazione


parlamentare del governo e l'elezione diretta del primo ministro. Questa carica nonostante la sua
investitura popolare può essere rovesciata dal parlamento a patto che poi si sciolga e all'inverso il
capo del governo può sciogliere il parlamento a patto che poi si dimetta.

Ricapitolando
Presidenzialismo:

1. legittimazione democratica separata dell'esecutivo e del parlamento

2. fusione delle due cariche di capo dello stato e capo del governo

3. termine fisso del mandato presidenziale

4. struttura a due livelli dell'esecutivo

Parlamentarismo:

1. legittimazione indiretta dell'esecutivo attraverso il parlamento, garantita dal potere di sfiducia


del secondo

2. separazione tra capo dello stato e capo del governo

3. durata non predeterminata dell'esecutivo

4. struttura collegiale a un livello dell'esecutivo

5. possibilità di scioglimento anticipato del parlamento

Semi-presidenzialismo:

1. legittimazione democratica indipendente del capo dello stato e del parlamento

2. separazione delle cariche di capo dello stato e capo del governo

3. carattere bicefalo dell'esecutivo e attribuzioni di funzioni di governo al capo dello stato

4. legittimazione indiretta del gabinetto attraverso il parlamento

5. durata predeterminata del capo dello stato e non predeterminata del gabinetto

6. possibilità di scioglimento anticipato del parlamento

Premierato:

Scienza politica 31
1. legittimazione democratica indipendente del capo del governo e del parlamento

2. legittimazione indiretta dell'esecutivo attraverso il parlamento

3. separazione delle cariche di capo dello stato e capo del governo

4. durata non predeterminata del governo

5. possibilità di scioglimento anticipato del parlamento

Nei paesi di tradizione costituzionale più antica (europei ed americani) lo sviluppo delle forme di
governo è stato condizionato dall'antecedente dei regimi monarchici e per questo non vi sono state
invenzioni istituzionali radicali: la forma parlamentare in particolare, nella sua articolazione capo
dello stato, del governo e parlamento e con la distinzione tra nomina del capo da parte del governo
e fiducia parlamentare riflette l'adattamento del regime monarchico.
Le innovazioni in questi casi si riducono all'adozione di elementi più o meno accentuati di
presidenzialismo e a problemi di funzionalità più recenti come quello della stabilità dei governi.

La modellistica costituzionale non è in grado di determinare del tutto le forme concrete di governo,
tanto che vi sono casi di non vigenza di un modello costituzionale formalmente ancora in vigore:
come la conservazione delle costituzioni vigenti nella Germania nazista e Italia fascista. Al di là di
questi casi limite vi sono molti casi di sottodeterminazione della forma di governo ( a partire dalla
stessa forma di governo si hanno esiti concreti molto diversi).
La normativa costituzionale produce una struttura di opportunità e di limitazioni, definendo le
arene istituzionali, le procedure e i poteri dei soggetti politici, ma non incide sulla loro capacità o
volontà di utilizzare quelle opportunità. Quasi sempre le costituzioni democratiche parlando di
attori politici fanno riferimento a soggetti collettivi di natura istituzionale formale (all'interno del
cui la contrapposizione parlamento/governo, specialmente per quanto riguarda le forme
parlamentari risulta antiquata) o a soggetti individuali (non prendendo in considerazione
l'incidenza del partito come soggetto collettivo capace di ridisegnare il modello costituzionale). Per
questo ad oggi la teoria del party government si scontra con la modellistica giuridico-istituzionale
classica delle forme di governo.

Scienza politica 32

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