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Generalità o specificità? Attraverso le loro ricerche, gli psicologi tendono a dare priorità
alla scoperta di principi generali, o addirittura universali, ossia principi che siano ampiamente
applicabili a un’ampia gamma di situazioni. Viceversa gli scienziati della politica pongono
spesso l’accento sulle circostanze specifiche in cui avviene un certo fenomeno. In questo
caso la priorità sembra essere quella di sviscerare le caratteristiche distintive di un
particolare evento o struttura senza necessariamente generalizzare ad altri eventi o
strutture.
Validità interna o validità esterna?
La validità interna si riferisce al grado di certezza con il quale si può dire che due variabili
sono legate tra loro da un rapporto di causa effetto. Il grado di certezza aumenta più il
setting è caratterizzato da variabili intervenienti, cioè variabili che potrebbero correlare sia
con la variabile causa che quella effetto, oscurando quindi il rapporto tra queste.
La validità esterna si riferisce alla misura in cui i risultati di una ricerca si possono
generalizzare a persone, tempi e contesti diversi e propri della vita reale.
• Codifica:
l’informazione che ha attirato la nostra attenzione può essere poi codificata. La codifica è il
processo attraverso il quale uno stimolo esterno a noi viene trasformato in una
rappresentazione interna alla nostra mente. In questo processo alcuni dettagli dell’info si
mantengono come tali, altri vengono trascurati, altri possono essere percepiti in modo
erroneo. Anche se il processo di codifica è molto rapido, è possibile distinguere due fasi:
- preattenzione inconscia, alcuni stimoli ambientali ci colpiscono prima ancora che ne
diveniamo consapevoli.
- attenzione focale, che conduce all’identificazione e categorizzazione dello stimolo.
Cosa accade quando codifichiamo un’info nuova? La confrontiamo con concetti già noti e in
questo modo le attribuiamo un significato. I concetti e le conoscenze che abbiamo acquisito
attraverso esperienze precedenti vengono richiamati dalla memoria a lungo termine
(MLT), magazzino delle info dalla capienza illimitata. Quando veniamo in contatto con una
nuova info, uno o più concetti vengono richiamati dalla MLT e confrontati con l’info, per
attribuirle significato. L’attività di confronto tra i concetti noti e l’info nuova avviene nella
memoria a breve termine (MBT), un sistema di ritenzione dei dati con capacità limitate. Dal
momento che le info da tenere a mente in un preciso momento cambiano continuamente,
quelle che non servono più escono dalla nostra coscienza per lasciare il posto ad altre, salvo
essere nuovamente richiamate in un momento successivo dalla MLT alla MBT. Spesso una
stessa
info può rimandare a concetti diversi, e il modo in cui essa verrà interpretata dipenderà da
quale concetto stato richiamato nella BT, ossia da quale concetto risulta più accessibile
nel momento in cui avviene la codifica. L’accessibilità di un concetto è la probabilità che
un concetto venga richiamo dalla MLT alla MBT e venga usato in fase di codifica. I
fattori che condizionano l’accessibilità dei concetti sono: Recenza, la frequenza con il
quale è stato richiamato, obiettivi perseguiti nel momento in cui si p chiamati a
esprimere un giudizio.
• Organizzazione:
dopo la codifica le info rimangono nella MBT per un tempo limitato, ma possono essere
conservate nella MLT. Per illustrare il modo spesso si usano modelli delle reti associative.
Secondo questi modelli le conoscenze sono organizzate in una rete costituita da una
serie di nodi, corrispondenti ai singoli concetti, e da una serie di legami tra nodi,
corrispondenti alle relazioni che esistono tra i diversi concetti.
Grazie allo sviluppo delle neuroscienze, si è osservato che alcune aree cerebrali, in
particolare la neocorteccia, sono più coinvolte nell’attivazione di concetti astratti o patterns
complessi di concetti, sarebbe dunque l’area della MLT. Altre aree, l’ippocampo,
presiedono invece all’apprendimento rapido e al ricordo, e questa sarebbe un’area di
memoria intermedia, complementare e in interazione con la MLT.
Il funzionamento del cervello è caratterizzato da processi in parallelo, ossia l’attivazione di
molteplici concetti nella MLT, sia da processi seriali, ossia il passaggio di singoli concetti
dalla MLT alla MBT e viceversa.
Un concetto utile per comprendere tutto il processo è quello di schema. Invece di trattare
ogni nuova info come distinta dalle precedenti, la riportiamo, se possibile, a categorie
preesistenti nella nostra mente, definite come schemi. Uno schema è una sorta di
stereotipo nella nostra memoria che provvede informazioni sulle caratteristiche
tipiche di un oggetto, un evento o una persona. Gli schemi sono collezioni generiche
di conoscenza. Ci dicono cosa accade di solito e li usiamo per categorizzare nuove info e
fare inferenze per andare oltre l’informazione disponibile.
• Ricordo:
il recupero dei ricordi consiste nell’attivazione dei nodi nella MLT. Il recupero delle info
dipende dal fatto di avere stimoli di richiamo adatti. A volte quello che fa scattare il ricordo è
un piccolo indizio, un luogo, un odore che ci aiutano. Più un concetto è stato attivato in
passato ed è accessibile, più avrò collegamenti nella mente e più sarà facile attivarlo.
• Atteggiamenti:
L’atteggiamento è una tendenza psicologica che si esprime valutando una particolare
entità con un certo grado di favorevolezza o sfavorevolezza. Non è direttamente
osservabile. Si può inferire e misurare sulla base di una serie di reazioni osservabili che la
persona ha nei confronti dell’oggetto. Ci sono 3 componenti dell’atteggiamento:
- componente cognitiva (le convinzioni circa l’oggetto di atteggiamento, le associazioni
percepite tra un oggetto di atteggiamento e una serie di attributi positivi o negativi);
- componente affettiva (i sentimenti e le emozioni positive o negative che l’oggetto di
atteggiamento suscita);
- componente comportamentale (le intenzioni e gli effettivi comportamenti rispetto
all’oggetto di atteggiamento).
Le persone non si impegnano nell’elaborazione delle info sempre nello stesso modo. Nel
caso dell’elaborazione approfondita le persone prendono in esame una quantità
consistente di info stabilendone la rilevanza, confrontandole con altre informazioni acquisite
in passato e notando le eventuali incoerenze. Per fare ciò sono necessarie diverse
precondizioni cognitive (disporre di conoscenze pregresse sul tema,dedicare allo specifico
processo energie cognitive adeguate, per esempio non essere stanchi o distratti) ed
emozionali. Quando queste condizioni non ci sono tendiamo a fare un’elaborazione
superficiale, a utilizzare euristiche.
L’effetto di conferma è tanto più rilevante quanto più la persona è coinvolta rispetto
all’oggetto di atteggiamento, quindi quanto più l’atteggiamento è forte o quanto più l’oggetto
si presenta come ambiguo e contraddittorio.
In particolare, nel caso che l’oggetto di atteggiamento sia un politico, la variabilità può
riguardare atteggiamenti e comportamenti, che possono modificarsi in due modi:
a) il politico dice cose diverse in circostanze diverse, nel senso che modica e modula le
proprie affermazioni a seconda del pubblico che ha di fronte e del contesto in cui le
affermazioni vengono fatte
b) il politico cambia effettivamente posizione nel tempo. Puo accadere che un politico cambi
addirittura partito o che il partito a cui appartiene cambi orientamento, in funzione di alleanze
con altri partiti o di variazioni nel frattempo intervenute nella realtà politica nazionale o
internazionale.
HEIDER propone la teoria dell’equilibrio:
in riferimento al principio della ricerca di equilibrio e coerenza, le relazioni rappresentate in
questa teoria sono le seguenti:
- il cittadino ha un certo atteggiamento nei confronti del candidato;
- il candidato ha un certo atteggiamento nei confronti del tema politico;
- anche il cittadino ha un certo atteggiamento nei confronti del tema politico;
- infine il cittadino ha una percezione dell’atteggiamento che il candidato ha nei confronti del
tema politico.
La persona tenderebbe per quanto possibile a raggiungere, mantenere o ristabilire una
situazione di equilibrio, e ciò avviene quando tutte le relazioni hanno lo stesso segno
positivo. Generalmente quando non si è in positivo su tutto, si cambia tra gli atteggiamenti
quello che si percepisce come meno importante e più facile da cambiare.
A volte la distorsione della realtà provocata dalla ricerca di equilibrio è più sfumata, nel
senso che non si traduce nel vero e proprio ignorare o trasformare le informazioni così da
ritrovare coerenza, bensì in altri due processi di aggiustamento delle informazioni:
a) l’assimilazione, ossia la tendenza ad accentuare la vicinanza tra noi stessi e ciò verso
cui abbiamo un atteggiamento positivo.Nel caso in cui il messaggio sia in sintonia con il
soggetto, questi tenderebbe a sovrastimare la vicinanza del messaggio alla propria
posizione.
b) il contrasto, ossia la tendenza ad accentuare invece la distanza tra noi stessi e ciò verso
cui abbiamo un atteggiamento negativo. Nel caso in cui il messaggio non è in sintonia con il
soggetto, egli tenderà a sovrastimare la distanza tra quel messaggio e la propria posizione.
SHERIF E HOVLAND hanno indagato in che misura e in quali condizioni compaiono queste
tendenze sistematiche all’assimilazione e al contrasto e hanno messo in evidenza che
queste tendenze sono più forti quando:
a) il soggetto è coinvolto rispetto all’oggetto di atteggiamento
b) tale oggetto si presenta come ambiguo.
Processi di assimilazione-contrasto entrerebbero in gioco anche quando il soggetto è
chiamato a collocarsi rispetto ai candidati politici o ai partiti: il soggetto tenderebbe cioè ad
accentuare la propria somiglianza con coloro che ha scelto di votare e ad accentuare la
differenza rispetto a chi non ha scelto. Quando i cittadini sono chiamati a esprimere un
giudizio su questioni complesse o controverse, la tendenza all’assimilazione può essere
particolarmente accentuata. In questo contesto è comprensibile che le persone si affidino
alla posizione del partito preferito per definire gli elementi in gioco e per maturare un
giudizio. La tendenza ad assimilare la propria posizione a quella del partito o del candidato
preferito pu essere maggiore o minore in funzione di fattori di differenza individuale o di
contesto.
- Deciso o onesto?
Gli studi hanno mostrato che il giudizio di moralità precede gli altri e pesa maggiormente nel
determinare le relazioni di colui che sta formulando un giudizio.
- Fattori di contesto:
la rilevanza attribuita ai tratti potrebbe variare anche in funzione di fattori contestuali e
quindi da un’elezione all’altra. In determinati contesti può accadere che non sia in
discussione l’onestà di alcuno dei candidati, che sia data in un certo senso per scontata. In
questo caso l’onestà pur essendo una caratteristica reputata in astratto importante per
qualsiasi leader politico, non diventa saliente per valutare gli specifici candidati contrapposti.
In altri contesti l’onestà può divenire una caratteristica particolarmente saliente. Il contrario
potrebbe accadere se per una serie di ragioni il contesto nel quale si svolgono le elezioni
caratterizzato da un alto livello di incertezza. Nel caso della scelta di voto, un modo di
raggiungere questo obiettivo può essere quello di scegliere il candidato che ci appare più
deciso, più determinato, più abile in modo diretto ed efficace la propria intenzione di risolvere
i problemi del paese.
- Caratteristiche stereotipiche:
una volta chiarito quali sono i tratti base ai quali i politici vengono valutati (competenza,
leadership, moralità,empatia), si tratta di capire quali sono le fonti di queste inferenze di
tratto sui politici. Le fonti sono essenzialmente due:
- gli schemi mentali o stereotipi sui politici, ossia la categoria mentale nella quale
collochiamo il politico che stiamo valutando;
- le informazioni che raccogliamo rispetto a quel particolare politico. Un modo rapido e
veloce per arrivare a una valutazione di un candidato è prendere in considerazione la sua
appartenenza a una certa categoria o gruppo di persone.
Le caratteristiche dei politici che sono state più studiate sono:
• Aspetto fisico: gli elettori valutano più favorevolmente un candidato più attraente rispetto
a uno meno attraente. L’essere di bell’aspetto può favorire solo nel caso che i due candidati
non siano diversi per altre caratteristiche fisiche, come il genere o la razza. Si è visto anche
che in presenza di altre informazioni politiche sui candidati, come il partito di appartenenza o
la posizione su temi, l’attrattiva fisica recede in secondo piano.
Il viso in generale è la nostra principale fonte di informazione sulle caratteristiche delle
persone. Studiando la percezione dei visi si è visto che anche altre caratteristiche fisiche
oltre alla bellezza influenzano le valutazioni delle persone: la maturità del viso è una di
queste. Le persone attribuiscono più onestà e calore alle persone che hanno una
faccia infantile rispetto a quelle che hanno un viso più maturo.
• Genere: tendiamo ad attribuire alle donne candidato caratteristiche tipicamente femminili,
ossia quelli che rientrano nella dimensione della comunione. Anche in questo ambito
interessante rilevare come il viso conti, nel senso che di fronte a visi di candidate androgine
le persone tendono ad attribuire loro caratteristiche più maschili. Questa percezione
stereotipica si estende da portare a far pensare che una donna possa gestire meglio
questioni politiche relative per esempio al social welfare e che gli uomini invece siano più
preparati a gestire questioni economiche o di politica estera.
5. SPIEGAZIONE DI EVENTI:
le nostre conoscenze e i nostri atteggiamenti politici non riguardano naturalmente solo gli
attori della politica, ma anche i temi e gli eventi politici. Spesso gli atteggiamenti nei confronti
di singoli temi politici, come lo stato sociale, la privatizzazione delle aziende pubbliche o la
normativa sull’immigrazione, sono collegati a modi più generali di vedere la vita e la politica.
- Attribuzione di responsabilità:
Spesso gli eventi negativi stimolano un ragionamento di tipo casuale, ci inducono a chiederci
come mai sia avvenuta una certa cosa e di chi sia colpa. Potremmo pensare che li nostro
conoscente ha perso il lavoro perchè non si impegnava abbastanza, e in questo caso
avremmo individuato una causa interna e controllabile da parte della persona: la ragione
di quanto è avvenuto è qualcosa che la persona ha fatto e che poteva evitare di fare.
Questa spiegazione ci porterà a ritenere che quella persona sia responsabile di quanto
accaduto. Tuttavia potremmo anche attribuire quanto è accaduto a una causa esterna e
non controllabile da parte della persona, come la crisi economica, che potrebbero averlo
sostituito con una persona più giovane per pagare di meno. In questo riterremmo che la
persona non è responsabile di quanto avvenuto, proveremo solidarietà o tristezza, e magari
decideremo di fare qualcosa per aiutare quella persona. Quale delle due spiegazioni è più
probabile? La prima ossia quella che prevede una causa interna e controllabile. Le
ricerche condotte hanno mostrato una diffusa tendenza a interpretare il comportamento
individuale Come un riflesso delle disposizioni e dei tratti personali piuttosto che
come un prodotto della situazione. Si parlato a questo proposito di errore fondamentali
attribuzione. Spesso le situazioni sociali producono un notevole impatto sul comportamento
e l’errore fondamentali implica che tendiamo a sottostimare queste influenze. Uno dei
motivi che ci induce a commettere l’errore fondamentale di attribuzione risiede nella
superiore salienza percettiva delle persone rispetto agli elementi del contesto. è più
facile attribuire la colpa a una persona ben definita che è oggetto del nostro focus di
attenzione in un dato momento piuttosto che a persone o altri elementi del contesto che non
ci sono così vividamente presenti. A questo punto viene naturale chiedersi: cosa sarebbe
accaduto se la persona disoccupata non fosse il nostro conoscente ma fossimo noi?
Quando si tratta di spiegare eventi negativi che coinvolgono gli altri siamo orientati a
ritenere che loro stessi siano le cause di quanto accaduto, se invece l’evento
negativo riguarda noi stessi siamo orientati a cercare le cause all’esterno di noi, in
qualcosa che è al di fuori del nostro controllo (effetto attore-osservatore). Non
possiamo osservare noi stessi come osserviamo gli altri e quindi tendiamo a individuare
negli altri le cause. Di fatto è facilmente evidente anche una ragione motivazionale
dell’effetto attore-osservatore: vogliamo difendere la nostra autostima non
attribuendoci la colpa di eventi negativi.
1. IDEOLOGIA:
i sistemi di credenze politiche sono stati classificati secondo una dimensione ideologica
sinistra-destra che ruota intorno a due questioni centrali:
1) richiedere oppure resistere al cambiamento
b) rifiutare oppure accettare la disuguaglianza.
Emergono differenze di personalità e di stili di vita tra persone di sinistra e destra, così come
variabili situazionali che inducono spostamenti verso sinistra/destra nelle opinioni politiche.
Il termine ideologia ha due significati:
1) un significato debole: ideologia indica un insieme di idee e valori riguardanti
l’ordine politico e avente la funzione di guidare i comportamenti politici collettivi
2) un significato forte, che ha origine dal pensiero di Marx, in base al quale ideologia è la
falsa coscienza dei rapporti di dominazione tra le classi, ovvero quell’insieme di idee e
teorie socialmente determinate che giustificano i rapporti di potere esistenti tra le
classi.
Mentre il significato debole è neutro, il significato forte è denotato dalla nozione di falsità e
indica il carattere mistificante delle credenze politiche.
In psicologia si è consolidato un certo consenso su una definizione di ideologia organizzata
attorno a tre concetti centrali:
1) un insieme coerente di atteggiamenti e valori
2) condiviso all’interno di un determinato gruppo sociale
3) che sostiene le azioni di tale gruppo.
Si tratta di una visione interpretativo del mondo e del’luomo che spiega come il mondo e
uomo sono, ma anche come dovrebbero essere, in questo senso l’ideologia non è solo
una descrizione di uno stato di cose, ma indica anche che cosa dovrebbe essere
cambiato, quale stato finale si dovrebbe raggiungere: ha cio una natura prescrittiva.
Molti studiosi convengono che l’ideologia contemporanea possa essere studiata con
particolare riferimento al conservatorismo politico. La definizione di conservatorismo non
facile ma è possibile individuarne due dimensioni:
- Sul piano socioculturale la differenza tra conservatori e progressisti si riferisce alle norme
sociali e soprattutto alle tradizioni che regolano la vita degli individui. Mentre i conservatori
sostengono l’importanza della tradizione e difendono l’etica del lavoro, i progressisti
prendono le distanze dalla tradizione e ritengono che ci siano altre ragioni oltre il dovere per
lavorare.
- Sul piano economico i conservatori si oppongono all’intervento dello stato in economia così
come all’azione dei sindacati e respingono l’idea che le differenze sociali derivino da una
disuguaglianza delle opportunità offerte alle persone; enfatizzano la competizione e
l’iniziativa individuale come essenziali per un buon funzionamento.
Il conservatorismo socioculturale è correlato con l’autoritarismo. Il conservatorismo
economico è correlato all’orientamento alla dominanza sociale.
2. AUTORITARISMO:
Adorno e colleghi.:Intento iniziale della ricerca era di effettuare un esame psicologico
approfondito del fenomeno del pregiudizio razziale, in particolare dell’antisemitismo.
Il pregiudizio consiste nella valutazione (positiva o negativa) di un gruppo nel suo
complesso o di un individuo in quanto membro di un gruppo. L’idea di Adorno era che le
convinzioni politiche, economiche e sociali di un individuo costituiscano un unico modello
espressione di tendenze profonde di personalità, di disposizioni stabili dell’individuo.
Nel caso particolare dell’antisemitismo, l’ipotesi era che chi nutre un pregiudizio nei confronti
degli ebrei avrà di fatto lo stesso atteggiamento anche nei confronti di altri gruppi.
Adorno ha indagato 4 dimensioni principali nell’ipotesi di trovarle tra loro correlate.
1) ANTISEMITISMO: misurato con una scala di accordo/ disaccordo rispetto ad affermazioni
di tipo difficilmente potrei sposare un ebreo
2) ETNOCENTRISMO: misurato attraverso l’accordo/disaccordo rispetto ad affermazioni
come i negri hanno i loro diritti, ma è meglio tenerli nei loro quartieri e nelle loro scuole, ed
evitare che abbiano troppo contatto con i bianchi
3) CONSERVATORISMO POLITICO-ECONOMICO: misurato attraverso
l’accordo/disaccordo rispetto a una serie di affermazioni sulla resistenza al mutamento
sociale, al sostegno dello status quo, alla difesa dei valori conservatori, a idee concernenti
l’equilibrio di potere tra il mondo degli affari, i lavoratori e il governo
4) TENDENZE ANTIDEMOCRATICHE E FASCISMO POTENZIALE: misurati attraverso la
cosiddetta scala F con la quale si passa dal piano dell’ideologia a quello della personalità.
L’autoritarismo è possibile misurarlo attraverso la scala F.
Gradualmente sono emersi una serie di limiti legati a questo approccio.
1) Adorno assumeva che gli atteggiamenti sociali misurati dalla scala F fossero
un’espressione diretta di una soggiacente dimensione di personalità autoritaria e quindi che
la scala potesse essere trattata come una misura di personalità. (deve essere considerata
una scala di misura di atteggiamenti non di personalità).
2) il fatto che la scala F misuri effettivamente un’unica dimensione. (è emerso che misura più
fattori tra loro interrelati).
3) tutti gli item della scala F sono formulati nella stessa direzione, nel senso che un elevato
grado di accordo con un item corrisponde sempre a un livello più elevato di autoritarismo.
è stata quindi proposta la scala RWA, per proporre una nuova definizione di autoritarismo
ALTEMEYER ha fatto riferimento alla teoria dell’apprendimento sociale. Così
l’autoritarismo è visto come insieme di atteggiamenti sociali che le persone apprendono
nell’interazione con i genitori e con i pari a scuola, attraverso i media ecc.
La scala comprende affermazioni relative a temi quali la famiglia, la religiosità, la moralità, il
ruolo della donna da valutare su scala Likert. La scala ha un grado più elevato di coerenza
interna rispetto alla scala F e misura tre principali nuclei di contenuto:
- Convenzionalismo: adesione incondizionata ai valori più condivisi all’interno di una
determinata comunità;
- sottomissione autoritaria: forma di rispetto acritico, non realistico e su base
emozionali, nei confronti di autorità morali idealizzate dal proprio gruppo di
appartenenza;
- aggressività autoritaria: un’ostilità nei confronti di coloro che violano valori
convenzionali e norme prevalenti;
UNIVERSALISMO Scopo di comprendere e proteggere il benessere di tutte le persone, anche quelle molto
diverse o lontane da noi. Si collega al bisogno di sopravvivenza dei gruppi sociali che si
manifesta come 1) consapevolezza che se non accettiamo coloro che son diversi da noi e
non riserviamo loro parit di trattamento, questo può diventare una minaccia per l’esistenza
del nostro come degli altri gruppi e 2) consapevolezza che se non proteggiamo
adeguatamente l’ambiente naturale questo può portare alla distruzione delle risorse dalle
quali dipende la vita di tutti
BENEVOLENZA Scopo di impegnarsi e preoccuparsi per mantenere e accrescere il benessere delle persone
con cui siamo in diretto contatto nella vita di tutti i giorni, connessa al bisogno di affiliazione
TRADIZIONE Scopo di accettare e rispettare costumi o idee che una cultura o una religione impongono.
CONFORMISMO Scopo di limitare e contenere le proprie azioni in modo da renderle coerenti con le norme
socialmente condivise
SICUREZZA Scopo di mantenere la stabilità e l’ordine nelle relazioni interpersonali così come nella società
in generale. legata al bisogno di proteggere e salvaguardare se stessi e il proprio gruppo
POTERE Scopo di raggiungere uno status socioeconomico elevato e di ottenere il controllo delle
risorse, così come una posizione di dominanza rispetto alle altre persone. collegato al
bisogno individuale di dominanza e di controllo, ma discese anche dalle necessità di
funzionamento di molte istituzioni sociali che prevedono al loro interno una differenziazione di
status
SUCCESSO Scopo di mostrarsi competente in base agli standard propri di ogni cultura al fine di
guadagnare l’approvazione sociale. collegato al bisogno di ottenere risorse per la
sopravvivenza
STIMOLAZIONE Scopo di condurre un’esistenza ricca di novità e cambiamenti: questo valore soddisfa il
bisogno, in origine biologico, di mantenere l’organismo in un certo stato di attivazione
EDONISMO Scopo di perseguire la gratificazione dei sensi ed connesso al bisogno primario del piacere:
tipico delle persone che vogliono godersi la vita, colgono ogni occasione per divertirsi e
vogliono coccolarsi assaporando i piaceri dell’esistenza
AUTODIREZIONE Corrisponde allo scopo di essere indipendenti e liberi nel pensiero e nell’azione. Soddisfa il
bisogno di padronanza.
Nella vita quotidiana i valori svolgono svariate funzioni: sono alla base del modo in cui le
persone si presentano agli altri, del modo in cui giustificano e spiegano il loro
comportamento, degli atteggiamenti verso oggetti e situazioni, dei giudizi sugli altri e di molti
comportamenti.
6. PERSONALITà:
nella descrizione del modello duale dell’ideologia si è già visto che i tratti di personalità sono
una delle matrici disposizioni dell’orientamento ideologico e degli atteggiamenti politici.
Diverse ricerche hanno utilizzato come riferimento il modello dei 5 fattori. I cinque fattori
sono: estroversione, amabilità, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale. I
cittadini che nella descrizione di se stessi insistono su tratti di apertura mentale (creativo,
innovativo, originale) tendono anche a collocarsi più spesso sinistra, definirsi come
progressisti e a votare per partiti di quell’area ideologia. Chi invece sottolinea i propri tratti di
coscienziosità (affidabile, responsabile, scrupoloso) è anche più orientato a collocarsi sul
polo della destra, a definirsi conservatore e votare per partiti collocati sulla stessa linea.
DISCORSO POLITICO:
l’attenzione non è più rivolta al testo in quanto tale ma alle produzioni discorsive, intese
come espressione di un parlante mosso da motivazioni e scopi che presuppone sempre la
presenza di un altro.
L’attenzione viene posta su colui che parla, sul modo in cui motivazioni, scopi, emozioni,
cognizioni, strategie orientano la persona nella produzione del discorso e da questa
vengono a loro volta influenzate. Il discorso non viene inteso come espressione dell’essenza
del parlante ma come intenzione comunicativa realizzare nel contesto particolare
dell’interazione.
La comunicazione svolge due funzioni principali:
1) funzione preposizionale = la comunicazione serve per informare ed essere informati sui
fatti esterni e sul mondo. Trasmette conoscenze.
2) funzione relazionale = la comunicazione presiede alla costruzione al mantenimento e
alla gestione del rapporto con gli altri.
In questa sede l’accento verterà soprattutto sulla funzione relazionale del discorso politico e
quindi sul modo in cui motivazioni, scopi, emozioni, cognizioni e strategie orientano gli
interlocutori nelle produzioni discorsive. Date queste premesse, si considerino i politici come
parlanti caratterizzati da specifici obiettivi, definiti qui:
1) i politici si rivolgono a un grande numero di persone con l’obiettivo di persuaderle sulla
validità della propria posizione e del proprio programma
2) i politici rappresentano un gruppo e parlano in nome degli obiettivi di questo gruppo,
spesso anche in sua difesa
3) i politici si contrappongono ad altri gruppi di avversari e concorrenti e questo significa che
la natura argomentativi del linguaggio ne viene esaltata.
- AGENDA SETTING:
è il processo di decisione in merito allo spazio che deve essere dato alle diverse
notizie in tv. Questo processo può avere un’influenza sui cittadini potendo condizionare la
loro percezione di cosa è importante e cosa non lo è, di cosa costituisce un problema
politico, e dunque necessiti un intervento del governo, e di cosa invece non costituisce un
problema . Si può riassumere come un’elevata copertura di un tema da parte dei media
determina un’accresciuta importanza percepita del tema e questo a sua volta fa si che il
tema diventi uno standard di giudizio per la scelta di voto.
- PRIMING:
parlando del processo di elaborazione delle informazioni si è già detto che il priming consiste
nel presentare uno stimolo che favorisce l’attivazione di un concetto. Una volta richiamato
dalla memoria a lungo termine in quella a breve termine il concetto attivato influenza i giudizi
successivi che la persona esprime. Dunque per diventare criterio di giudizio e influenzare le
valutazioni politiche un tema deve essere non solo importante ma anche accessibile ossia
essere presente alla mente della persona quando viene formulato il giudizio. Si è già detto
che le persone hanno una capacità di attenzione e di elaborazione delle informazioni
limitata, per cui si avvalgono di scorciatoie mentali o euristiche. Una di queste euristiche
consiste proprio nel basarsi sull’informazione più accessibile. Leffetto priming si può
riassumere come segue: una recente copertura di un tema da parte dei media
determina un’accresciuta accessibilità del tema e di conseguenza il tema diventa un
criterio di giudizio per la scelta di voto.
FRAMING - DEFINIZIONE:
i news frame sono le cornici interpretative che i media adottano quando riportano una
notizia, il cui esito è quello di inserire gli eventi di cui si parla entro specifiche strutture di
significato. Rispetto all’agenda Setting e al priming, dove si ipotizza una correlazione tra lo
spazio dedicato alla notizia e l’importanza attribuita a tale notizia dal pubblico, il framing più
che con limportanza, ha a che fare con il contenuto vero e proprio della notizia e con
il modo in cui un evento viene presentato. I frames sono l’effetto dell’incorniciamento che
i media fanno di una storia, un evento o un personaggio. Non c’è un’automatica
corrispondenza tra il modo in cui i media rappresentano le cose e il modo in cui lo fa
l’individuo o il pubblico. I frames forniti dai media vengono infatti confrontati con gli schemi
interpretativi che le persone già possiedono, a partire da conoscenze o esperienze
precedenti. Secondo una nota definizione, il framing implica essenzialmente selezione e
salienza. Fare frame è selezionare alcuni aspetti della realtà percepita e renderli più salienti
in un testo comunicativo, in modo da promuovere una particolare definizione del problema,
interpretazione causale, valutazione morale e/o indicazioni del trattamento per l’elemento
descritto. Il framing così inteso suggerisce implicitamente interpretazioni e giudizi
sulle cause, sulle responsabilità o sulle possibili soluzioni di un problema.
- CONTENUTO E VALENZA:
Un primo filone di studi si è concentrato sul contenuto dei frames, e in particolar modo
sull’individuazione dei tipi di frames che i media utilizzano più frequentemente per trattare un
determinato tema. Di ogni avvenimento possono essere accentuati, selezionati o esclusi
alcuni aspetti che ne connotano la rappresentazione e la letteratura da parte dei destinatari.
Attraverso il new framing, I giornalisti veicolano implicitamente interpretazioni della realtà e
suggeriscono ai cittadini non solo a cosa pensare, ma anche come pensare. Se da un lato
queste cornici interpretative servono a semplificare la comprensione degli avvenimenti e
delle questioni politiche di cui i cittadini non hanno, nella maggior parte dei casi dall’altro
contribuiscono a dare gerarchia e priorità alle notizie e propongono precise visioni del
mondo. Alcuni frames arrivano a solidificarsi, trasformandosi in cornici interpretative
fisse e diventando così dei veri e propri filtri attraverso cui la realtà viene comunicata.
CATEGORIE SOCIALI:
si detto che i politici hanno 4 obiettivi principali quando comunicano con i cittadini. In primo
luogo il politico deve ottenere consenso. Quale modo migliore?
L’attivazione di un processo di identificazione è una premessa importante perchè il politico
possa raggiungere gli scopi persuasivi che si propone. Lo scopo è quindi far includere se
stesso e i potenziali elettori in un’unica categoria (primo obiettivo). Poichè lo scopo è quello
di ottenere un ampio consenso, questa categoria di appartenenza sarà il più possibile
inclusiva, connotata positivamente, una categoria nella quale gli elettori possono identificarsi
facilmente della quale il politico si presenta come portavoce. Se il consenso più ampio
possibile è il punto d’arrivo, naturalmente il politico deve prima presentare la posizione
propria e del proprio gruppo di appartenenza (secondo obiettivo). Anche in questo caso sarà
essenziale parlare in termini di comune appartenenza a una categoria sociale e sottolineare
l’omogeneità del gruppo. Una volta definita la posizione del proprio gruppo, il politico
cercherà di presentarla come quella migliore per il maggior numero possibile di persone. Ma
quasi sempre per definire la posizione del proprio gruppo come meta migliore, il politico la
presenterà confrontandola con quella di avversari politici, valorizzando la propria posizione a
discapito di quella degli altri (terzo obiettivo). In questo caso sarà la contrapposizione tra le
categorie dell’ingroup e dell’outgroup a essere utilizzata nella comunicazione. Infine deve
essere efficace tenendo conto dei vincoli propri della mediatizzazione della politica (quarto
obiettivo).
RETORICA:
Aristotele la definiva come la facoltà di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a
ciascun soggetto e riteneva che l’abilità retorica fosse una dote essenziale dei politici.
Nell’analizzarne l’uso e l’efficacia è importante tener conto dei vincoli pragmatici legati ai
contesti in cui la retorica viene utilizzata, in particolare quelli derivanti dalla mediatizzazione
del discorso politico. Verranno ora considerate brevemente alcune delle strategie retoriche
più usate in politica.
- interpretare gli eventi:
si detto che uno degli scopi principali del discorso politico è costruire un ingroup il più ampio
possibile, persuadere e mobilitare un gran numero di persone nella direzione voluta. Si
possono usare tecniche specifiche e puntuali, come l’analogia e la metafora all’interno dei
discorsi, oppure strategie più articolate come la retorica del futuro. Forse il terreno sul quale
più si giocano le capacità retoriche dei politici è proprio quello della rappresentazione non di
eventi reali, bensì di eventi possibili. Gli attori politici attraverso il discorso mirano a
proiettare le loro assunzioni e visioni del futuro. In un certo senso si impadroniscono del
futuro, che viene presentato non più come luogo del possibile ma come luogo
dell’inevitabile. è possibile riconoscere due componenti del discorso politico relativo al futuro:
1) affermazioni e descrizioni relative al futuro = la cosiddetta componente epistemica
del discorso, si dice che il futuro sarà in un determinato modo. Questa rappresentazione di
una realtà potenziale costituisca di volta in volta una premessa o una giustificazione per
l’intrapresa di determinate azioni. Ne deriva quindi la seconda componente.
2) proposte relative al futuro = la cosiddetta componente deontica del discorso, si indica
che cosa si dovrebbe fare. In alcuni casi questa componente è così marcata che il discorso
e le istituzioni politiche arrivano a svolgere un ruolo simile alle istituzioni religiose, in quanto
orientano le aspettative sul futuro e lo fanno rivendicando autorevolezza in merito. Il discorso
politico fa spesso leva su ansie e incertezze delle persone sul futuro, e proprio per
l’indeterminatezza del futuro fa si che sia possibile influenzarne le percezioni in modo
rilevante. Spesso in un discorso politico: si proiettano diversi scenari futuri in competizione
tra loro; uno scenario futuro viene privilegiato rispetto ad altri; il pubblico viene coinvolto in
questa rappresentazione del futuro.
I politici dedicano buona parte del loro impegno nella comunicazione proprio alla gestione
della faccia: evitare il pericolo di perdere la faccia; dire cose che gli facciano assumere una
faccia positiva; attaccare la faccia degli avversari. Nelle interviste la gestione della faccia è
molto difficile proprio per il meccanismo di attribuzione dei turni. Lo stile delle interviste è
cambiato e ora l’elettorato è divenuto audience.
Poi ci sono le domande minacciose e il politico di solito risponde con l’utilizzo della
comunicazione equivoca, definita come una comunicazione non diretta, ambigua,
contraddittoria, tangenziale, oscura o evasiva. Nella quotidianità è ritenuta disfunzionale, in
politica non sempre. (GUARDA TUTTI GLI EFFETTI SULL’ALTRO LIBRO).
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CAPITOLO 7 - SCELTA DI VOTO
Secondo i primi modelli di predizione del voto (USA anni 50) la scelta di voto può essere
ampiamente predetta da alcune caratteristiche sociodemografiche dell’elettore, come la
classe sociale, il luogo di residenza, la religione e l’appartenenza etnica. Su queste variabili
si fonda l’indice di predisposizione politica, ma negli anni si è testata la sua insufficienza.
In alcuni paesi, compresa l’Italia, la forza delle appartenenze sociali come determinanti del
voto, rimane più a lungo. Questo non significa che le variabili sociodemograche non
vengano considerate a tutt’oggi un importante predittore del voto.
In primo luogo si mette in rilievo che queste variabili riescono a spiegare solo una
percentuale significativa ma limitata della scelta di voto, comunque minore rispetto al
altri fattori. In secondo luogo, negli attuali sondaggi elettorali vengono utilizzate misure in
parte diverse rispetto a quelle impiegate nei primi studi, capaci di cogliere con maggiore
precisione la composizione sociale dell’elettorato.
Un altro modello di voto che si è sviluppato è quello basato sull’identificazione con il
partito, intesa come un attaccamento emotivo nei confronti di un determinato partito,
molto stabile e resistente al cambiamento. Secondo la teoria psicoanalitica, alla quale
questo modello fa riferimento, il soggetto sviluppa diverse forme di identificazione durante la
sua fase evolutiva. Tra queste vi sarebbe anche l’identificazione con un partito. Nello
sviluppo dell’identificazione con il partito giocherebbe un ruolo determinante l’ambiente, e
in particolare la famiglia nella quale la persona vive. Proprio perchè sviluppata
precocemente, si tratterebbe di una scelta caratterizzata da notevole stabilità, nel senso
che difficilmente si modificherebbe nel corso dell’età adulta. L’identificazione con il partito
consentirebbe di spiegare la scarsa conoscenza e l’incoerenza spesso mostrata dalle
persone in ambito politico: le persone non si impegnano in un esame razionale dei dati
provenienti dalla realtà politica, poichè le loro scelte politiche sono basate su una
matrice affettiva.
La nozione di identificazione con il partito appare caratterizzata da alcuni limiti di cui uno
importante di tipo metodologico. L’identificazione viene vista come causa del voto, ma poi
operazionalmente viene misurata proprio attraverso il voto: una forte identificazione
dovrebbe portare a votare sempre lo stesso partito, ma è proprio questa stabilità nel voto
che viene assunta come misura dell’identificazione. Non vi è insomma sufficiente
distinzione concettuale tra variabile indipendente e variabile dipendente, e di
conseguenza la prima non può essere assunta come esplicativa della seconda. In ultima
analisi il modello originario dell’identificazione con il partito non appare poi così diverso da
quelli sociologici rispetto ai quali intendeva prendere le distanze, nel senso che si riduce più
che altro alla messa in evidenza della famiglia come variabile determinante della scelta di
voto.
SCELTA RAZIONALE:
a partire dalla ne degli anni 60 si assiste a un vero e proprio declino dell’immagine dei partiti
e del relativo senso di appartenenza, confermato da una diminuita stabilità nelle scelte di
voto dei cittadini. In occasione di specifiche consultazioni elettorali si osservano sempre più
frequente deviazioni del soggetto dalla sua scelta partitica abituale, e queste deviazioni,
magari inizialmente occasionali, finiscono in alcuni casi per trasformarsi in definitivi
cambiamenti nella scelta del partito.
• Presupposti teorici:
la teoria della scelta razionale è stata sviluppata inizialmente in ambito economico. Si
muove l’ipotesi che la decisione di voto sia sostanzialmente un interesse di tipo
economico. Di conseguenza si comporterebbe in modo razionale un elettore che prenda in
esame tutte le informazioni necessarie a capire quale possa essere la scelta di voto migliore
per massimizzare il proprio benessere economico. Di fatto accade che nella vita quotidiana
l’elettore non disponga di tutte queste informazioni. Ciò anzitutto perchè spesso non ha
familiarità con gli indicatori economici in grado di fornire tali informazioni; ma anche nel caso
che abbia tale familiarità, rimane il fatto che l’elettore non dispone in genere di informazioni
di prima mano, bensì di informazioni mediate e quindi non scevre da possibili manipolazioni.
Se si aggiunge che la situazione economica e politica di un paese dipende comunque anche
da complicati equilibri internazionali, risulta evidente che il soggetto non dispone mai di fatto
di tutti gli elementi necessari a decidere, e dunque non ha la possibilità di prevedere con
esattezza quali saranno le conseguenze della decisione presa. Nonostante si trovi in questa
condizione, l’elettore avrebbe ugualmente la possibilità di comportarsi in maniera razionale,
e potrebbe farlo grazie all’applicazione della statistica, e in particolare della teoria della
probabilità, che consente di tradurre in cifre gli esiti delle alternative decisionali,
anche quando questi esiti siano incerti e di scegliere le alternative tra quella migliore
in termini di probabilità di perseguire l’obiettivo che ci si propone. Un’indicazione da
seguire per compiere una scelta razionale è la teoria dell’utilità attesa soggettiva, in cui la
decisione viene scomposta in termini di valori o utilità che il soggetto attribuisce a ciascuno
dei possibili esiti della decisione, e di probabilità soggettiva che ciascuno di questi esiti si
possa effettivamente verificare. Non ha intenti descrittivi ma normativi.
• Aspetti critici: con il diffondersi della psicologia cognitivista emergono diverse critiche
alla possibilità di usare la metafora dell’homo economicus nello studio della scelta di
voto e si delinea la possibilità di riferirsi in alternativa alla metafora dell’homo
psicologicus. Vengono messi in discussione due dei principali presupposti della scelta
razionale:
A. La razionalità: l’essere umano è un attore pienamente razionale, esamina tutte le
informazioni a sua disposizione per prendere la migliore decisione possibile, ossia quella
che minimizza i costi e massimizza i benefici;
B. l’interesse: l’essere umano persegue nella decisione la propria utilità personale, che è
fondamentalmente un’utilità di tipo economico o di potere.
L’approccio psicologico propone una visione diversa di entrambi questi presupposti:
A. La razionalità: l’essere umano ha una razionalità limitata, che lo porta a considerare in
un momento dato solo un certo numero delle informazioni di cui dispone, a fare leva su una
serie di euristiche nel processo di ragionamento e a cercare di prendere una decisione
soddisfacente in relazione agli obiettivi salienti nel contesto decisionale
B. l’interesse: l’essere umano può perseguire nella decisione obiettivi di vario tipo, a volte
più strumentali ed egoistici, a volte più espressivi e altruistici.
SCELTA PSICOLOGICA
1. Fattori cognitivi:
nella scelta di voto l’elettore non fa riferimento a tutte le informazioni utili di cui
teoricamente dispone o alle quali potrebbe accedere, bensì alle informazioni che sono
accessibili alla sua mente quando si impegna nel processo di scelta. L’applicazione
dell’approccio psicologico allo studio della scelta di voto consente di esaminare in modo per
la prima volta approfondito il cosiddetto voto basato sul candidato, trascurato dai primi
modelli di spiegazione del voto, e oggi considerato invece come rilevante, anche a causa del
più volte citato fenomeno della personalizzazione politica. La presenza di processi di
spiegazione della realtà che non sempre sono accurati e obiettivi, ma a volte semplificati e
distorti, mette in discussione l’utilità euristica di modelli in base ai quali il cittadino valuta con
attenzione tutte le informazioni che ha disposizione prima di scegliere. Nel capitolo sulla
comunicazione si parlato di framing. All’origine degli studi sul framing vi è la teoria del
prospetto, una teoria sul processo decisionale che ha messo in discussione un assunto
della teoria della scelta razionale secondo il quale tutte le persone dovrebbero decidere nello
stesso modo. L’assunto centrale della teoria del prospetto è che nella vita reale la
decisione del soggetto è fortemente condizionata dal modo in cui gli si prospettano i
diversi possibili esiti delle alternative decisionali. A parità di altre condizioni il soggetto
sceglierà in modo differente a seconda che questi esiti si prospettino in termini di guadagno
o di perdita rispetto alla situazione di partenza.
Fattori psicosociali:
vi è una possibilità di presupporre che esista un’interazione tra fattori psicologici individuali e
fattori sociali strutturali: nel voto il soggetto agisce in quanto per sua natura essere sociale,
profondamente radicato nella realtà di persone e di gruppo di cui fa parte, al punto che
questa realtà finisce per costituire parte della sua stessa identità, identità sociale. Potrebbe
portare ad un soggetto politico radicalmente e costantemente egoista, volto unicamente al
perseguimento di un interesse personale economico o di potere.
Si fa distinzione tra valori strumentali, per le decisioni basate sul bisogno di perseguire un
benessere materiale, economico (bisogno di cui parla teoria scelta razionale); oppure valori
espressivi, decisioni basate su bisogni di altro tipo, legati all’espressione, alla conferma o al
consolidamento della propria identità.
DIMENSIONI E MISURE:
Il dialogo tra approcci che si basano sull’homo economicus e homo psicologicus è
cominciato e offre modelli integrati che possono essere di grande utilità al ricercatore che si
proponga di predire il comportamento di voto. In base a quanto detto i fattori che
influenzano la scelta di voto possono essere classificati secondo due dimensioni:
1) dimensione macro-micro = un continuum che individua a un estremo le caratteristiche
del sistema politico e dall’altro estremo le caratteristiche dell’elettore
2) dimensione distante-prossimo = un asse di prossimità temporale all’atto del voto, che
corre dai processi di socializzazione familiare e individuale dell’elettore alle caratteristiche e
modalità della decisione individuale di voto.
La scelta elettorale risulta dall’interazione di una costellazione di fattori che si possono
collocare nei 4 quadranti formati dall’interazione tra le due dimensioni. Vediamo quadrante
per quadrante:
1. Fattori macrodistanti: le caratteristiche del sistema politico e le trasformazioni di
carattere politico, sociale o territoriale che in qualche modo risultano esogene all’elettore
2. Fattori macroprossimi: le condizioni politiche nella specifica arena elettorale: il tipo di
competizione interpartitica, le condizioni dell’economia, le tematiche emergenti nella
campagna elettorale, le candidature nel collegio, la leadership di coalizione.
3. Fattori microdistanti: i valori politici, l’identificazione di partito, gli orientamenti ideologici
dell’elettore
4. Fattori microprossimi: i fattori cognitivi, motivazionali e psicosociali che sono collegati
allo specifico processo di scelta dell’elettore.