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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022

Relazioni internazionali
Relazioni internazionali
internaziona
Mercoledì 29 settembre (Mascia)
Usare dati cognitivi e
chiavi di lettura:
- Chiave Vestfaliana: non riconoscono principi di superiorità
- Chiave che consiste nel guardare ad un sistema internazionale
per leggere il sistema della politica internazionale sia in una situazione stato-centrica sia di mutamento
globale.
Dobbiamo ottenere tutte le informazioni del campo delle relazioni internazionali.

Giovedì 30 settembre
Due visioni dell’ordine mondiale:
- Gerarchica, imperiale, STATO CENTRICA: fa una scelta unilaterale nel dibattito e nella presa delle
decisioni ed è una visione di ordine internazionale che non rispetta il diritto internazionale ed è una
visione che mira a delegittimare l’organizzazione internazionale multilaterale (era Bush, Trump).
- Democratica, del MUTAMENTO GLOBALE: che si basa sul diritto internazionale, sul funzionamento
dell’organizzazione internazionale multilaterale, centralità del consiglio di sicurezza nella risoluzione
delle controversie internazionali.

Diventano internazionali azioni e processi che prima erano rinchiusi all’interno dei confini nazionali. Oggi
c’è una penetrazione interno-esterno. Oggi le variabili internazionali hanno un impatto sui sistemi politici
nazionali. Avanzano le frontiere mobili delle politiche nazionali; non si distingue più ciò che è interno e ciò
che è internazionale. Una volta non c’era un transnazionalismo organizzato. Quindi gli stati, i sistemi politici
nazionali erano limitati da dei confini e nessuno poteva ingerire negli affari interni di x stato (principio della
giurisdizione domestica). C’era dialogo fra i governanti ma non c’erano processi, azioni che attraversavano i
confini degli stati nazionali.
I confini oggi non reggono più di fronte ai processi di mutamento, ci sono variabili esterne che
condizionano sempre di più la vita dei soggetti interni agli stati (esempio: cambiamento climatico,
globalizzazione, economia).

C’è stato un AUMENTO SIGNIFICATIVO DEGLI ATTORI STATUALI, cioè quelli che agiscono e interagiscono
nel sistema della politica internazionale.
Esempio: c’è stata una moltiplicazione degli stati: come è avvenuto ciò? Quali sono stati i processi?
- Il processo di decolonizzazione verso l’indipendenza politica si attiva e si sviluppa grazie alle nazioni
unite. Entrano nelle NU dagli anni 50-60 questi paesi che acquisiscono l’indipendenza politica.
- Dal 1989 con la caduta del muro di Berlino e il crollo dell’URSS avvengono processi di
autodeterminazione.

C’è stato anche un AUMENTO SIGNIFICATIVO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI


INTERGOVERNATIVE: ONU è l’organizzazione internazionale a raggio politico universale più nota,
importante ma di essa fanno parte una serie di organizzazione molto diverse e specializzate (FAO, OMS,
ecc.). Nascono poi migliaia di organizzazioni internazionali intergovernative che hanno un di raggio di
efficacia continentale, regionale ecc.

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Perché si sviluppa l’organizzazione internazionale intergovernativa?


- Ci sono interessi comuni che vengono meglio perseguiti attraverso una cooperazione internazionale.
Dentro un sistema di cooperazione multilaterale si possono perseguire meglio obiettivi di benessere
culturale e sociale interni. Gli stati hanno bisogno di cooperare, coordinarsi per fronteggiare alcuni
problemi.
- Si sviluppa il transnazionalismo organizzato che è un processo che si compone di attori profit e no
profit: multinazionali e organizzazioni non governative.
A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale c’è stato uno sviluppo quantitativo anche di
questi attori non statali e ciò è stato anche possibile grazie alla carta delle nazioni unite.
(alla conferenza di San Francisco parteciparono con uno status consultivo una quarantina di organizzazioni
non governative e fu grazie anche a loro che ritroviamo nella carta principi nuovi come il rispetto dei diritti
umani, la salvaguardia dell’ambiente, ecc. e in particolare l’art. 71= prevede la consultazione da parte del
consiglio d’Europa delle organizzazioni non governative)
Le ONG sono attori che agisco nel sistema delle RI al fine della promozione umana.
- Grazie all’introduzione del “diritto internazionale dei diritti umani” con il quale l’individuo diventa
soggetto del diritto internazionale.

Il sistema delle relazioni internazionali oggi non è più esclusivamente stato centrico, gli stati non sono più
gli attori esclusivi del sistema della politica internazionale, ovviamente sono i più importanti ma non gli
unici. Oggi si devono confrontare con i rappresentati delle organizzazioni internazionali, delle
organizzazioni non governative, delle imprese che sono presenti. Realtà non più solo statuale e questi
nuovi attori portano nel sistema anche valori nuovi.

Inoltre, sempre PIÙ ESTESI ED INVASIVI SONO I PROCESSI DI MUTAMENTO STRUTTURALE IN ATTO.
Sono processi che intaccano la logica stato-centrica del sistema.
Ormai il principio di sovranità, della non ingerenza non reggono più. Perché?
Si parla di INTERDIPENDENZA le realtà economiche, sociali, culturali interne ai singoli paesi, sistemi
politici nazionali sono esposte a variabili esterne, internazionali.
(Esempio: crisi economica 2008, guerra Siria, Iraq hanno avuto tutte un impatto globale)
Siamo dunque in presenza di un arretramento delle frontiere nazionali politiche mentre avanzano le
frontiere mobili internazionali. Non si riesce più a distinguere ciò che è esterno da ciò che è interno.
Di fronte a ciò gli stati reagiscono al positivo dando vita ad un sistema di integrazione sovranazionale =
rinunciare a pezzi importanti di identità e quindi di sovranità nazionale (esempio: moneta unica €).
Nell’UE c’è stata una risposta positiva ai processi di mutamento strutturale all’integrazione in atto sebbene
ci sia stato una rinuncia a pezzi di sovranità.
Non si riesce ancora a parlare ad una voce nell’Ue perché ci sono interessi diversi, non si rinuncia a
svolgere un ruolo ancora autonomo rispetto a una politica comune a livello internazionale.
C’è la necessità di potenziare questo sistema di organizzazioni internazionali multilaterali di integrazione e i
governanti si rendono conto di ciò ma l’attaccamento alla sovranità è più forte.
Questi processi di mutamento spingono verso i processi di integrazione.

C’è un PROBLEMA POLITICO: nel sistema delle RI non ci sono ancora strutture in grado di svolgere funzioni
che oggi svolgono i governi nazionali che però oggi non riescono più a svolgere a livello internazionale.
Esempio: l’UE non è in grado di governare il fenomeno immigratorio perché gli stati non gli consentono e
gli danno risorse per farlo ma al tempo stesso i governi nazionali sono incapaci di farlo a loro volta. I
governi stanno quindi scaricando sulle organizzazioni internazionali multilaterali i loro compiti. E il
fallimento di questa politica immigratoria non è dell’Ue ma degli stati membri dell’Ue.
C’è una responsabilità che è degli stati e che i governanti scaricano, delegittimandola, sulle organizzazioni
internazionali.
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C’è un PROBLEMA CULTURALE: c’è carenza di categorie concettuali idonee a spiegare il nuovo: la sfida
dell’ordine mondiale e la sfida della sicurezza internazionale come politico, militare, economica,
ambientale, ecc.

Definizioni:
distinguiamo tra ieri: internazionale era tutto ciò che risultava dalle interazioni tra stati
e oggi: il sistema internazionale non è più esclusivamente stato centrico, è un sistema nel quale agiscono e
interagiscono una pluralità di attori: le RI sono le comunicazioni, gli scambi, le transizioni tra gli stati ed altri
centri autonomi di potere politico.
Le relazioni internazionali oggi costituiscono uno spazio funzionale non più territoriale: le RI non possono
più fare riferimento alla territorialità perché essa presuppone i confini e i confini presuppongono la
giurisdizione domestica, l’interesse nazionale ma ci sono processi di mutamento oramai che intaccano il
principio di sovranità, che attraversano orizzontalmente i confini nazionali.

Le singole politiche estere contribuiscono a formare il campo delle RI ma non sono tutte le relazioni
internazionali sono una parte importante casomai.
POLITICA ESTERA= insieme di programmi d’azione e di comportamenti di un determinato attore
internazionale nei confronti degli altri. Sono dei punti tra la sfera nazionale e quella internazionale.
Atto: è il ritiro di un ambasciatore.
vs
POLITICA INTERNAZIONALE= non è la somma delle politiche estere degli stati.
Atti di politica internazionale: firma di un trattato internazionale, una risoluzione del consiglio di sicurezza
delle NU è il frutto dell’interazione tra le politiche estere degli stati membri del consiglio di sicurezza ma
anche tra le politiche estere di quegli stati e le politiche estere di qualche multinazionale, ONG.

Guerra, negoziato, conflitto, integrazione, cooperazione Sono processi, internazionali, risultanti


dall’integrazione di due o più politiche estere.

 INTERNAZIONALE : che implica o riguarda i rapporti o la partecipazione di più paesi.


 INTERGOVERNATIVO : usato con riferimento a tutti quegli organismi internazionali di
cooperazione creati dagli stati.
Esempio: Consiglio europeo in cui siedono i capi di stato o di governo, consiglio dell’unione europea in cui siedono i
ministri competenti con riferimento alla composizione.
 SOPRANAZIONALE : usato con riferimento a quegli organismi che hanno caratteri di
autorità più vincolante sugli stati rispetto a quella dei comuni organismi intergovernativi.
Gli organismi sovranazionali hanno un’autorità maggiore rispetto a quella degli organismi
intergovernativi.
Sono soprattutto gli organi creati nel quadro dei sistemi di garanzia dei diritti umani.
Esempio: parlamento europeo, corte di giustizia europea, BCE, consiglio dell’unione europea con riferimento
all’efficacia degli atti diretta sui cittadini degli stati membri o suoi governi, CIG.
Oggi nel sistema dell’unione europea prevale una logica intergovernativa su quella sopranazionale.
Il parlamento europeo è debole perché le decisioni formalmente le prende il consiglio europeo.
 TRANSNAZIONALE : qualifica processi e strutture alla cui origine stanno soggetti non
statuali (profit e non profit) appartenenti a due o più paesi che operano in modo autonomo rispetto
agli stati di appartenenza al di là e al di sopra delle frontiere.

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 INTEREGIONALE : processo che chiama in causa entità territoriali sub-nazionali. Queste
entità territoriali interne presenti ai sistemi politici nazionali sono presenti nei sistemi politici
internazionali e in alcuni casi influenzano alcune prese di decisione.
Esempio: comitato delle regioni.
Venerdì 1° ottobre
“Il clima cambia, il sistema no” slogan G20 sull’ambiente che si tiene in questi giorni a Milano. Questa conferenza è
una forma di governance intergovernativa ma non è sufficiente; sicuramente è una forma di governance diplomatica.
Le conferenze mondiale delle NU sono delle conferenze diplomatiche.

Le organizzazioni internazionali sono delle identità artificiali create volontaristicamente dagli stati per
raggiungere certi obiettivi. Oggi ci sono domani si possono sciogliere.

FORME DI GOVERNANCE nel sistema della politica internazionale:


- GOVERNANCE INTERGOVERNATIVA
Fa perno sulla cooperazione volontaria e consensuale tra governi nazionali.
- GOVERNANCE Sopranazionale
Comporta una riduzione della sovranità per quegli stati che decidono di farne parte e un
trasferimento reale di funzioni legislative, esecutive o giudiziarie verso sovraordinate istituzioni.
- GOVERNANCE Transazionale
Riguarda sia le “transnational corporations” sia le ONG.
- GOVERNANCE pubblica: intergovernativismo e sopranazionalismo.
- GOVERNANCE privata: transnazionalismo.
Esempio: consiglio d’Europa è un’organizzazione intergovernativa e la dobbiamo distinguere dal consiglio
europeo.
La prima ha una governance esclusivamente intergovernativa mentre per la seconda, nell’Unione europea
siamo in presenza di una governance sovranazionale perché c’è una riduzione della sovranità statuale.
La governance nell’Ue è una governance mista, multidimensionale: è intergovernativa, sopranazionale,
transnazionale ed è anche una governance che coinvolge gli enti di governo locale e regionale perché
all’interno dell’Ue opera anche il comitato delle regioni.

Questo ci serve a comprendere come sta cambiando la vita delle RI. Non è più esclusivamente un sistema
statuale, intergovernativo, interagiscono una pluralità di attori diversificati tra loro e all’interno di alcune
organizzazioni internazionali, come l’Ue, c’è un dialogo strettissimo tra queste diverse forme di
governance.

OGGETTO D’ANALISI (THE FIELD) DELLA DISCIPLINA DELLE RI


Campo delle relazioni internazionali: è una complessa rete di relazioni che intercorrono tra gli stati ma
anche tra centri autonomi di decisione politica e tra questi e altre entità funzionali.
Sistema che è agitato da una pluralità di attori pubblici e privati, sovranazionali, intergovernativi,
transnazionali e interregionali, ecc. certo con poteri diversi all’interno del sistema.
Dobbiamo spiegare l’intero campo:
- INTERSTATUALE: tutela gli interessi, i bisogni nazionali, statuali.
- TRANSNAZIONALE: tutela gli interessi della gente, dei popoli, panumani.

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TEORIE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI


DUE SCUOLE DI PENSIERO (due paradigmi):
- PARADIGMA REALISTA – approccio STATO CENTRICO:
legato ai principi di Vestfalia. Mette al centro della riflessione lo stato e si preoccupa quindi di
spiegare perché e come gli stati fanno la guerra, gestiscono le relazioni diplomatiche, come creano
organizzazioni, istituzioni, consuetudini, come organizzano il potere in relazione al perseguimento
dei loro fini. Non c’è spazio per una soggettività diversa da quella statuale.
Questa scuola vede il processo di integrazione europea come un processo deviante rispetto alla
logica stato centrica del sistema perché è un processo non di cooperazione ma di integrazione.
Il sistema dell’integrazione europea viene considerato come uno strumento voluto dagli stati per
meglio considerare i propri interessi nazionali che oggi sono minacciati soprattutto
dall’interdipendenza planetaria, dalla globalizzazione economica.
Il ragionamento che fa il realista è che le organizzazioni sovranazionali europee contribuiscono a
rafforzare il potere degli stati perché l’integrazione favorisce il processo negoziale e le istituzioni
europee sgravano i leaders politici nazionali da scelte politiche impopolari.
Questa scuola di pensiero si fonda sul riconoscimento degli interessi nazionali.
Nelle RI significa politica di potenza= POWER POLITICS.
Questo paradigma è ancora presenta nell’analisi scientifica ma anche nella realtà cioè abbiamo un
sistema della politica internazionale dove prevale ancora la power politics. Ciò lo si sente ancora nei
discorsi dei leaders politici.

Morghenthau: “La politica internazionale, come qualsiasi politica, è una lotta per il potere (tra maschi).
Qualunque sia lo scopo ultimo della politica internazionale, il potere è sempre lo scopo immediato”.
“la politica internazionale è di necessità una politica di potenza”.
Nel sistema internazionale c’è una lotta per il potere e prevale chi è più forte, siamo ancora in un sistema
internazionale dove prevale la legge della forza sulla forza della legge. Se fosse il contrario non avremmo
avuto tutte queste guerre ma le controversie si sarebbero risolte attraverso i negoziati, attraverso
giurisdizione della CIG.

Assunti su cui si fonda questa scuola di pensiero:


 Il mondo è anarchico cioè non conosce legge, non riconosce un governo.
 Gli stati non riconoscono autorità superiori che impongono la loro sovranità sugli stati.
Gli stati riconoscono pochissime norme di diritto internazionale.
 Quindi la visione realista è la visione di un sistema internazionale che è politicamente
frammentato cioè diviso in tanti stati nazione dove ognuno ha il suo territorio e confine senza
un’autorità sovraordinata.
 L’uomo per natura è egoista: gli stati, che sono entità artificiali che gli umani hanno creato e sono
governate dagli uomini, non possono che essere ancora più egoisti e violenti.
Di conseguenza essendo la politica internazionale il risultato dell’interazione fra gli attori
statuali, non può non essere conflittuale.
Categorie fondamentali:
 SOVRANITÀ STATUALE
 POTENZA
 INTERESSE NAZIONALE
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 SICUREZZA NAZIONALE
 GUERRA
Questa scuola di pensiero fa riferimento costante ad una realtà internazionale che invece è cambiata molto
nell’ultimo secolo.
La struttura naturale di questa visione realista delle RI è quella dell’
EQUILIBRIO DI POTENZA BALANCE OF POWER
Siamo in un sistema anarchico, senza autorità superiore, dove le regole sono pochissime.
È un equilibrio che ha retto soprattutto nel periodo della guerra fredda.
Un sistema così è un sistema appunto che pone un’enfasi particolare sulle questioni della sicurezza
nazionale e sull’interesse nazionale.
Questa politica regge sulla base di una strategia della deterrenza, tipica dell’era bipolare (minaccia
reciproca dell’uso del nucleare).
Il comportamento degli stati si spiega in ragione non delle loro preferenze ideologiche, ma della loro
posizione nella gerarchia di potenza (militare) del sistema internazionale.
Corsa al riarmo, guerre periferiche, strumentalizzazione degli organismi int.li multilaterali, disinteresse per
le tensioni politico-sociali nei rapporti Nord-Sud costituiscono altrettante espressioni della costante ricerca
di equilibrio fra superpotenze.
(Importante fine era bipolare 1989 con caduta muro. Per arrivarci prima fase di distensione già dal 1972 con la CSCE e
l’atto finale id Helsinki nel 1975.
Si iniziano a fare riunioni sui seguiti generali dell’atto finale sia sui tre cesti soprattutto su quello della dimensione umana.
La comunità europea parlava ad una sola voce e si iniziano a formare all’est movimenti di dissidenti che iniziano a
dialogare con le associazioni dell’ovest. Negli anni 80 questi movimenti partecipano a una riunione sul disarmo di ONG.
Questo è un processo che si è sviluppato nel tempo e ha posto le premesse per far accadere ciò che è accaduto. Inoltre, ci
furono grandi personalità che contribuirono come Kohl, Mitterrand, papa Wojtyla, Gorbaciov.)

Giovedì 7 ottobre
Principali critiche a questa scuola di pensiero:
- Riduce il tutto all’interesse personale dello stato e alla sua difesa, sicurezza;
- Rifiuto del pluralismo soggettuale: accetta entità sovraordinate ma devono essere funzionali al
perseguimento degli interessi nazionali. Non riconoscono le organizzazioni transnazionali che
operano ai fini di promozione umana perché intralciano il lavoro degli stati nel sistema della politica
internazionale.
- Il diritto internazionale è considerato funzionale alla power politics. Quindi c’è un’interpretazione
delle norme del diritto internazionale che è funzionale a questa politica della forza= i governanti si
avvalgono di professori per affrontare questioni delicate relative al rispetto del diritto
internazionale facendogli dire quello che voglio nei confronti del diritto internazionale.
(esempio: ART. 51 NU: gli stati lo interpretano a loro piacimento; intervengono anche senza aver subito un
attacco quindi solo per prevenirne uno possibile in futuro. Questo non sarebbe permesso ma gli stati lo
fanno)
- Non prende atto del fatto che oggi nel sistema delle RI esistono dei processi di mutamento
strutturale che naturalmente intaccano il principio di sovranità.
(esempio: pandemia Covid-19)
- Favorisce la corsa al riarmo, la ricerca sugli armamenti, le guerre periferiche. C’è un clima di pace
negativa: è quella pace tra una guerra e l’altra che però serve solo a prepararsi alla prossima guerra.
- Strumentalizza l’organizzazione internazionale delle NU. Sono state sballottate da un interesse
nazionale ad un altro.

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OPERAZIONI MILITARI AMERICANE IN AFGHANISTAN NEL 2001


Se le Nazioni Unite non sono al centro di una visione nazionale allora quella visione è anarchica (es.: la
National Security Strategy di Bush del 2002)  la legge della forza prevale sulla forza della legge, non si
riconosce autorità̀ sovraordinata.
Gli USA sono intervenuti in Afghanistan dopo l’11 settembre ai sensi dell’art. 51 della Carta delle NU
considerando l’attacco terroristico alle torri gemelle come attacco alla Nazione americana.
Il Consiglio di sicurezza aveva adottato 2 risoluzioni nel cui preambolo si fa riferimento al diritto di
autotutela individuale e collettiva espresso all’art. 51 Carta NU  così già il consiglio di sicurezza dell’ONU
in qualche modo legittima l’intervento degli USA e del Regno Unito.
Chi controlla la legittimità̀ delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza?
Non c’è nessuna autorità̀ che può sentenziare sulla legittimità o meno di esse ad oggi.
La prima operazione che scatta è una guerra (“Operation Enduring Freedom”) ad opera di USA e UK che
inizia il 7/10/2001 USA e UK citano l’art. 51 per giustificare l’uso della forza.
Tuttavia, la due lettere con cui i rappresentati permanenti di USA e UK comunicano al presidente Consiglio
di Sicurezza l’inizio delle ostilità̀ non fanno alcun riferimento alle 2 risoluzioni del consiglio.
USA e UK considerano l’attentato alle Torri gemelle come attacco armato contro cui, in virtù̀ dell’art. 51,
possono autotutelarsi ma l’attentato non è stato un attacco dell’Afghanistan ma di un gruppo terroristico
sparso in diversi Paesi  non si poteva quindi fare riferimento all’art. 51.
In più, la contraddizione forte è che l’art. 51 dice che l’attacco può̀ durare fino a che non interviene il CdS e
il CdS era intervenuto subito allora  l’intervento, al di là di essere illegittimo, doveva essere
temporaneo e non lo è stato.
Tuttavia, il CdS interviene scaricando tutta la responsabilità di nuovo sugli Stati coinvolti; questo perché gli
artt. 42 e 43, strategici, non sono mai stati implementati  per questo le NU non possono garantire pace e
sicurezza.
Art. 106 Carta NU (disposizioni transitorie di sicurezza): funziona finché non entrano in vigore gli accordi
speciali previsti dall’art. 43 e prevede che i 5 membri permanenti del CdS possano agire al di sopra della
legge fintanto che non si implementa l’art. 43, decidendo quali siano le misure necessarie per mantenere
pace e sicurezza.
Possiamo dire che tutti gli stati membri 193 delle NU hanno violato la carta e si stanno ponendo fuori
dall’ordinamento giuridico internazionale perché non danno attuazione al più presto possibile all’art. 43.
Ma nel frattempo sono passati 80 anni.
Ovviamente il consiglio di sicurezza è ostaggio dei cinque membri permanenti che hanno potere di veto.
Da un lato bisogna integrare e dare attuazione alla Carta NU, dall’altro bisogna anche democratizzare le
NU poiché́ per ora l’art. 43 non implementato non porta ad azioni democratiche (ad ostacolare ciò è il
diritto di veto dei 5 membri permanenti  questo blocca anche la riforma del CdS).
Gli USA violano il diritto internazionale (Afghanistan, 2001) ma non c’è nessuna autorità sovranazionale
che può giudicare l’amministrazione americana.
La Corte penale internazionale dovrebbe giudicare anche i crimini di guerra commessi dagli USA; infatti, è
stata da poco ripresa l’indagine sui crimini di guerra commessi sul territorio dell’Afghanistan dal 2003 dal
governo in carica, dalle forze militari, i marines, ecc. degli USA.
È ovvio che non ci sarà nessuna effettività di un’eventuale sentenza di condanna perché gli USA non hanno
ratificato lo “statuto di Roma” però il segnale sarebbe fortissimo.

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Oggi la politica incomincia a fare i conti con la necessità di puntare sul sistema internazionale ma manca
ancora il coraggio, una forte spinta ideale in alcuni valori nella leadership politica.

Mercoledì 13 ottobre
- PARADIGMA IDEALISTA - approccio DEL MUTAMENTO
GLOBALE:
legata a principi nuovi ad una realtà delle relazioni internazionali che sta cambiando soprattutto da
dopo la nascita delle NU nel 1945.
Ha una germinazione millenaria. Questo approccio al mutamento, che mette in discussione, che
introduce categorie concettuali nuove rispetto a quelle tipiche della scuola realista viene ripreso
negli anni 30 da ZIMMERMAN e da WEBSTER che in qualche modo anticipano alcune riflessioni
sull’interdipendenza mondiale.
Zimmerman: “L’interdipendenza è la norma della vita moderna. Dove prima c’era un rudimentale ed embrionale
insieme di relazioni, cioè oggi un apparato altamente sviluppato, comparabile al sistema nervoso del corpo umano.”
Si concepiva già allora un sistema della politica internazionale che andava oltre alla statualità.
“il tradizionale sistema stato centrico è un sistema immorale: solo quando il processo delle relazioni internazionali
sarà stato purificato alla radice, il genere umano sarà immune dall’infezione della guerra.”

Alla disciplina delle RI è assegnato un ruolo prevalentemente prescrittivo.


Webster: “deve essere un mezzo inteso a promuovere la pace tra le nazioni.”
Quindi modellare una società sulla base di valori umani.
“Si passa dalla sicurezza dello stato alla sicurezza delle gente dentro e fuori i confini.” Si tratta di
mettere al centro la figura umana, di portare l’utilità sociale nella disciplina e pone la questione di
usare il metodo democratico anche per le RI= partecipazione della popolazione nel processo
decisionale delle istituzioni nazionali e internazionali.

Giovedì 14 ottobre
Assunto del paradigma idealista:
La pace e la sicurezza internazionale sono strutturalmente collegate alla protezione dei diritti umani,
all’equilibrio ecologico, allo sviluppo sostenibile.
Una volta la sicurezza internazionale veniva salvaguardata attraverso i confini nazionali e prioritaria era
l’integrità territoriale. Questa nuova interconnessione, interdipendenza, indivisibilità è il frutto dei
cambiamenti che ci sono stati nelle RI ed è bene espressa da diverse risoluzioni dell’assemblea generale,
del consiglio di sicurezza delle NU. I tre pilastri su cui si fondano le NU sono pace, sicurezza, diritti umani e
sviluppo sostenibile. Non ci può essere uno senza l’altro.
Oggi per mantenere, promuovere questi pilastri l’organizzazione internazionale può intervenire negli affari
interni di uno stato.
ART 2 paragrafo 7 carta NU: contiene l’eccezione al divieto ad ingerire gli affari interni degli stati e dice:
“Nessuna disposizione del presente statuto autorizza le nazioni unite ad intervenire in questioni che appartengono
essenzialmente alla competenza interna di uno stato. “
Questo è sostanzialmente il principio della giurisdizione domestica.
ART 2 paragrafo 7 carta NU, seconda parte:
“ne obbliga i membri a sottoporre tali questioni ad una procedura di regolamento in applicazione del presente statuto.
Questo principio non pregiudica però l’applicazione di misure coercitive a norma del capitolo settimo.”
Il capitolo settimo è quello che prevede in capo al consiglio di sicurezza delle nazioni unite l’uso della forza
militare non per fare guerra ma per ripristinare l’ordine internazionale violato.
Questo art 2 paragrafo 7 è stato, a partire dalla prima guerra del golfo 1991, interpretato anche per quanto
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riguarda la violazione dei diritti umani. Viene meno quindi questo principio della giurisdizione domestica
quando la violazione dei diritti umani mettono a repentaglio la pace e la sicurezza internazionale.
Questo principio/ questa eccezione è stata appunto usata nel 91 per difendere la popolazione curda.

Oggetto di analisi del paradigma idealista (the field):


diversamente dal paradigma realista qui l’attenzione è posta sulla persona umana quindi su:
- cause della sofferenza umana.
Perché in tante parti del mondo c’è povertà? Perché in tante parti del mondo non si trova lavoro,
perché non è garantita la sicurezza sanitaria?
- Condizioni sanitarie al fine di mantenere e promuovere pace sociale, giustizia etc.
- Cambiamenti sociali a livello globale.
Questi cambiamenti in atto significano una avanzata delle frontiere mobili della politica
internazionale e un arretramento dei confini nazionali.

Filosofia:
Se i processi di mutamento in atto sono globali, abbiamo bisogno di soluzioni globali e quindi di istituzioni
che siano in corretto rapporto di scala con l’ordine di grandezza dei processi di mutamento in atto.
Viviamo in un’epoca in cui i governi degli stati faticano a riconoscere questo principio, faticano a potenziare
la legittima organizzazione internazionale multilaterale.
Perché? Perché man mano che gli stati trasferiscono sovranità̀ verso le istituzioni sovranazionali, perdono
quel pezzo di sovranità/ potete e quindi le leadership politiche nazionali non riescono più a controllare
l’esercizio di quel potere, non riescono più a determinare da soli certe scelte.
E l’etica sulla leadership politica che abbiamo è un’etica prevalentemente nazionale, che fatica ad
interagire nel sistema della politica interna.
Non abbiamo una leadership capace di esercitare funzioni di governo su scala planetaria, e questo è un
problema che il sistema internazionale ha.
Allo stesso tempo c’è bisogno di avere istituzioni sovranazionali forti (obiettivo 16 dell’agenda 2030 delle
nazioni unite) ma democratiche. Bisogna dunque democratizzare le istituzioni multilaterali dove si
prendono le decisioni più importanti, allo stesso tempo oggi viviamo nell’era della multilevel governance,
c’è questa sovranità che una volta era in capo esclusivamente nazionale, questa sovranità nel corso degli
anni è stata redistribuita un po’ verso l’alto, ancora in maniera insufficiente, e un po’ verso il basso, verso
gli enti di governo locale e regionale.
Nei 27 stati dell’Unione europea operano 95.000 enti di governo locale/regionale (in Italia abbiamo più di
8000 comuni). Questo territorio dell’Unione europea è un territorio che ha dato spazio agli enti sub-
territoriali, sub-nazionali.
Questo sistema di governance su più livelli si fonda sul PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ.
Sussidiarietà= significa che le decisioni devono essere prese quanto più vicine possibili al cittadino.
Perché?
Perché quelle decisioni devono essere funzionali al soddisfacimento dei bisogni vitali dei cittadini che ad
oggi sono riconosciuti tramite la legge internazionale come diritti fondamentali.
È un principio cardine anche per tutto il sapere dei diritti umani.
in un sistema come quello internazionale multilevel governance, il principio di sussidiarietà ci dice a che
livello deve essere presa una decisione, se a livello locale, nazionale, europeo o internazionale.
Non esiste solo una governance pubblica, ma anche privata esempio multinazionali, organizzazioni non
governative, organizzazioni di società civile etc..
Questi attori oggi partecipano ai processi di governance a tutti i livelli locale, nazionale e internazionale.
(A livello internazionale le ONG hanno lo status consultivo nelle organizzazioni internazionali multilaterali.

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Alle nazioni unite sono più di 5000 le ONG con status consultivo nel consiglio economico sociale.)
Sono attori presenti nel sistema.

SI STATOCENTRICO SI
Questo paradigma del mutamento globale pone la questione del passaggio da un sistema internazionale
stato centrico ad un sistema internazionale umano centrico, che significa poi passare da un concetto di
sicurezza statale ad un concetto di sicurezza umana. Significa porre al centro delle relazioni internazionali
non lo stato ma la persona.
Per fare questo abbiamo anche dei documenti, tra questi la
“Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948”,
il cui incipit del preambolò recita così: “considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri
della famiglia umana e dei loro diritti uguali e inalienabili costituisce il fondamento della libertà della giustizia e della
pace nel mondo.”
Non è più la sovranità dello stato ma l’uguale dignità di tutte le persone umane.

Ci sono dei processi di mutamento in atto, uno di questi è il


PROCESSO DI INTERDIPENDENZA PLANETARIA
è una caratteristica che segna l’identità del sistema della politica internazionale e da un impatto diretto sui
processi decisionali all’interno dei sistemi politici nazionali e ha dunque un impatto diretto sulla capacità
rendimento di questi sistemi politici nazionali e anche delle organizzazioni internazionali.
Una volta l’interdipendenza non toccava la gente all’interno degli stati ma toccava soltanto i governi.
Nell’era bipolare l’equilibrio era mantenuto dalla corsa al riarmo = equilibrio del terrore.
La politica estera di Washington veniva decisa a Mosca e la politica estera dell’Unione sovietica veniva decisa a
Washington. L’interdipendenza era tra i governi.
Questa situazione cambia a partire dagli inizi degli anni ‘90 ma dopo la caduta del muro di Berlino diventa
evidente come questi processi vengono fuori.
Oggi l’interdipendenza è un processo che coinvolge direttamente la popolazione all’interno degli stati.
Le realtà sociali, economiche, culturali all’interno degli stati dipendono l’una dall’altra.
Queste realtà sono esposte a variabili esterne, variabili internazionali e ci sono alcune realtà che sono più
esposte di altre alle variabili esterne quindi più vulnerabili di altre.
Questo significa che l’interdipendenza oggi è un processo asimmetrico, un processo che crea squilibrio,
disuguaglianze.
L’interdipendenza allo stesso tempo però spinge verso lo sviluppo non soltanto verso processi di
cooperazione internazionale ma anche verso processi di integrazione sopranazionale.
Nella logica realista stato-centrica l’interdipendenza provoca un maggiore coordinamento a livello
internazionale tra gli stati per meglio tutelare gli interessi nazionali. In realtà è vero fino ad un certo punto.
L’interdipendenza è un processo oggi che:
- supera i confini nazionali
- mette in discussione il principio di sovranità
- condiziona la vita delle persone all’interno dei confini statali
- è un processo asimmetrico.
- è un processo irreversibile (globalizzazione, pandemia, cambiamenti climatici etc..) non si torna
indietro e non lo possiamo fermare.
La questione centrale, dunque, è come gestire la questione del l’interdipendenza.
Gestione:
ATTORI E PARADIGMA ETICO, GIURIDICO
Per gestire questo processo abbiamo bisogno di attori e di un paradigma etico, giuridico di riferimento.
Negli ultimi trent’anni abbiamo visto che i governi nazionali non sono riusciti a gestire questo processo e il
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
paradigma utilizzato per gestire la situazione è stato il paradigma stato-centrico, un paradigma di chiusura.
Bisogna però lavorare in un ottica di medio/lungo periodo.
Gli attori che possono contribuire a rendere meno asimmetrica questa interdipendenza sono le
ORGANIZZAZIONI DI SOCIETÀ CIVILE, le ONG, tutte quelle ORGANIZZAZIONI CHE DA TEMPO DI
PREOCCUPANO DELLE PERSONE NELL’ERA DELL’INTERDIPENDENZA PLANETARIA.
Attori che sono quindi sensibili ad un paradigma etico, giuridico di riferimento.
E questo paradigma non può che essere il paradigma dei diritti umani che è un paradigma meno arbitrario
di altri.
L’interdipendenza pone quindi la questione sulla sua gestione dentro la logica della multi-level.

ATTORI TRANSNAZIONALI
L’altro dato che segna l’identità del paradigma del mutamento globale consiste nella presenza di ATTORI
TRANSNAZIONALI.
Questo processo è un processo di mutamento della logica stato-centrica perché gli stati sono attori
territoriali, hanno un confine, un territorio mentre gli attori transnazionali sono attori che non hanno un
confine, non hanno un territorio (un gruppo terroristico non ha dei confini). Però agiscono nel sistema
internazionale in maniera orizzontale.
Questo fenomeno del transnazionalismo che inizia a svilupparsi nella seconda metà dell’800 che poi avrà
un forte sviluppo dopo la WW2 è un processo che introduce valori e interessi diversi da quelli degli stati.
Il tema è come gli attori territoriali possano gestire processi transnazionali?
I processi di mutamento richiedono una reazione più rapida da parte delle istituzioni internazionali, invece i
tempi sono molto più lunghi (esempio: questione cambiamento climatico, si parla del 2050).

RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI


 Impone la rifinalizzazione dei comportamenti e delle politiche a tutti livelli di governance.
Questo processo ha inizio nel 1945 con la conferenza di San Francisco.
La capacità di esprimere questo forte sentimento valoriale si è tradotta nella “Dichiarazione universale dei
diritti umani” fu elaborata dalla “Commissione sui diritti umani” delle NU. Questa carta è un documento
che ha una forte valenza morale, politica ma non giuridica e su questo si è trovato un accordo. Questa
dichiarazione contiene sia i diritti civili, politici sia i diritti economici, sociali e culturali alla luce di un
principio che verrà accettato dai paesi occidentali molto dopo, con la conferenza di Vienna nel 1993, il
PRINCIPIO DEL L’INTERDIPENDENZA E DELL’INDIVISIBILITÀ DI TUTTI I DIRITTI UMANI.
Questo è un principio cardine, significa che stato di diritto e stato sociale sono due facce della stessa
medaglia.
Finita la dichiarazione la commissione si rimette all’opera per lavorare su un trattato sui diritti umani.
Nel frattempo, in Europa si riuniscono al congresso dell’aia migliaia di persone per rivendicare un organo
che tuteli in ambito giuridico i diritti umani.
Venne poi istituito il consiglio d’Europa, un’organizzazione distinta dall’Ue che per prima cosa adottò la
CEDU= convenzione che riconosce solamente i diritti civili e politici non anche quelli economici, sociali e
culturali. Colmerà questo vuoto nel 1961 quando adotterà la “ carta sociale europea”.
Nel 48 adottata la convenzione, la commissione inizia a pensare ad un accordo giuridico sui diritti umani e
anche la l’idea era quella di fare un unico trattato. Ma siamo all’interno di un’era bipolare, di differenza di
pensiero tra est e ovest. Questa differenza porta la commissione dei diritti umani a procedere
all’elaborazione di due accordi giuridici, uno che tratti dei diritti politici è uno che tratti dei diritti sociali,
economici e culturali. Nel 1966 la commissione adotta due trattati, il
“patto internazionale sui diritti economici e sociali”
e poi il
“patto internazionale sui diritti civili e politici”.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Il legislatore internazionale non si è limitato a riconoscere i diritti umani ma si è preoccupato anche di
allestire dei sistemi di garanzia dei diritti umani.
Esistono sistemi forti per la protezione dei diritti civili e politici mentre sistemi più deboli per quanto
riguarda la protezione dei diritti economici e sociali perché i diritti civili e politici sono diritti negativi in
quanto richiedono un’astensione da parte dello stato, mentre i diritti economici e sociali (diritti
programmatici) richiedono invece l’intervento dello stato.

Tipi:
o GIURISDIZIONALI: sono più efficaci, ci troviamo di fronte ad una corte.
(non abbiamo una corte universale, ma es corte africana diritti umani, corte europea diritti umani etc.)
Abbiamo la “corte penale internazionale” che si occupa di crimini di guerra, di crimini contro l’umanità
etc.., istituita con lo statuto di Roma nel 1998.
o quasi giurisdizionali: non sono né politici né giurisdizionali, sono i cosiddetti organi di trattati. Alle
nazioni unite abbiamo dieci comitati (es comitato contro tortura etc.) e questi comitati sono
composti da individui che siedono a titolo individuale e hanno diverse funzioni, non ricevono
denunce e non emettono sentenze, emettono solo raccomandazioni.
Gli stati sono tenuti a scrivere rapporto su applicazione raccomandazioni.
o di natura politica e di difesa della protezione dei diritti umani.
Organo più importante a livello globale è il consiglio dei diritti umani delle nazioni unite.
Ha natura politica perché fanno parte del consiglio non singole persone ma gli stati.
Siedono i rappresentati di stato, mentre negli altri due sistemi siedono individui che non
rappresentano lo stato di appartenenza, membri indipendenti dagli Stati.

Venerdì 15 ottobre
Il consiglio dei diritti umani nasce nel 2006 in sostituzione alla commissione dei diritti umani delle
nazioni unite. Le NU decidono di trasformare la commissione in un consiglio perché la commissione
era diventata un organismo troppo politicizzato, troppo ideologizzato, troppo nelle mani dei paesi
del sud del mondo, in particolare ai paesi che appartengono al movimento dei “paesi non allineati”.
Nel consiglio dei diritti umani questi paesi avevano la maggioranza.
La riforma nasce con il tentativo di sanare una situazione di stallo, si apre una fase di discussione
fino a formare il consiglio dei diritti umani, come organo sussidiario dell’assemblea generale.
L’idea era quella di affiancare al consiglio delle nazioni unite che si occupa di sicurezza e di pace il
consiglio di sicurezza dei diritti umani che si occupa appunto dei diritti umani e il consiglio
economico e sociale che avrebbe il compito di coordinare le istituzioni nate a Bretton Woods.
Ora abbiamo tre consigli alle NU dove il Consiglio di sicurezza è composto da 15 membri di cui 5 con
potere di veto.
La nascita del consiglio dei diritti umani non supera il problema della presenza dei paesi non
allineati che continuano ad avere la maggioranza anche nel consiglio dei diritti umani.
allora quest’ultimo si avvale di alcune procedure per svolgere la funzione per il quale è stato
creato UPR che è una revisione periodica a cui vengono sottoposti tutti gli stati membri delle NU
indipendentemente dal fatto che abbiano ratificato le convenzioni internazionali sui diritti umani.
Qui sono gli stati che si controllano tra di loro e sta funzionando. Questa UPR svolge uno stimolo di
tipo culturale nel senso che anche in quegli stati dove i diritti umani sono violati in maniera più o
meno estesa sono costretti a giustificarsi in un contesto pubblico internazionale.
Le ONG poi svolgono un’azione di monitoraggio, su come uno stato adempie alle raccomandazioni
adottate dal consiglio dei diritti umani.
Esempio: in Italia le raccomandazioni sono principalmente rivolte al problema dei migranti e del perché il nostro
paese non ha ancora istituito la commissione nazionale indipendente per i diritti umani.
Alla camera abbiamo un comitato dei diritti umani che sta all’interno degli affari esteri che si occupa di preservare i
diritti a livello mondiale; al senato abbiamo una commissione straordinaria (= ogni volta che cade la legislatura cade
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
e deve essere restituita) per la protezione dei diritti umani che si occupa di preservare i diritti all’interno del nostro
paese; all’interno del governo abbiamo invece il CIDU che ha sede presso gli affari esteri, è quell’organismo
governativo che ha il compito di elaborare i rapporti che il governo italiano deve presentare periodicamente in
attuazione dei trattati sui diritti umani che ha ratificato. Non c’è una commissione nazionale indipendente com’era
raccomandato dall’assemblea generale NU.
Il consiglio dei diritti umani attiva le procedure speciali che sono esperti indipendenti su specifici temi o su specifici
paesi.

I sistemi di protezione dei diritti umani sono sotto attacco. C’è un atteggiamento volto a indebolire
l’organizzazione internazionale multilaterale attraverso le organizzazioni di protezione dei diritti
umani.
Anche questo processo è un processo che intacca il principio di sovranità degli stati.
La compresenza di tre ordini di elementi, la tesi del paradigma del mutamento globale, quali
l’interdipendenza planetaria, la trans-nazionalizzazione dei rapporti delle strutture e
l’internazionalizzazione dei diritti umani forniscono le premesse strutturali per la
democratizzazione delle relazioni internazionali.
Nel sistema delle RI c’è il “dove” per democratizzare che sono le organizzazioni internazionali
intergovernative, c’è un “chi deve partecipare a questo processo” e sono le organizzazioni
governative che però dovrebbero lavorare meglio.
Oggi la democrazia non è un diritto fondamentale solo all’interno degli stati ma anche nel sistema
della politica internazionale.
Dunque, un’inversione di logica del sistema internazionale: da visione stato-centrica a umano-
centrica.
Chiaro che questo è un processo di lungo periodo, nel senso che il sistema politico internazionale è
fatto di stati ma non più solo di stati. Ci sono nuovi valori e nuovi attori che entrano in scena.
L’approccio è quello di un sistema internazionale che tenta di uscire dallo stato di natura,
dall’anarchia, dalla legge del più forte.
Bisogna passare dalla legge della forza alla forza della legge.
La sovranità del diritto deve prevalere sulla sovranità degli stati.
In questa fase di transizione dal vecchio ordine tradizionale al nuovo ordine, lo schema della power
politics è compresente con quello della pace positiva è questa compresenza non può che essere
conflittuale.
I diritti umani sono ciò che di più conflittuale ci può essere nel sistema delle RI.
Esempio: durante la WW2 si discute nei movimenti della resistenza su quale dovrà essere l’ordine
internazionale, soprattutto in Europa, all’indomani della fine del conflitto. “Manifesto di Ventotene, 1941”:
Colombi, Rossi, Spinelli lo scrissero per un’Europa libera e unita e rappresenta il tentativo concreto di dar
vita ad un sistema di integrazione europea. Finita la guerra, nel 1950 viene pubblicata la “dichiarazione
Schuman” che diceva che secondo una logica funzionalista bisogna dar vita, per non avere più la guerra in
Europa, ad un sistema di integrazione sopranazionale. Però questo obiettivo lo dobbiamo seguire prima
attraverso un’integrazione tecnica per non allarmare i governi, gli stati. Ha inizio questo processo con la
CECA, poi nel ’57 con la CEE. Dentro questi trattati istitutivi delle comunità europee non c’è mai un
riferimento ai diritti umani essi entrano nel sistema europeo con il “Trattato di Maastricht” nel ’92. Ma l’UE
riesce a adottare una carta sui diritti umani solo nel 2000 “Carta di Nizza” perché se quel processo di
integrazione avesse avuto al centro i diritti umani non avrebbe potuto svilupparsi.
Il percorso del riconoscimento dei diritti umani è difficile per gli stati, fanno fatica ad accettare perché con i
diritti umani viene meno la sovranità dello stato e prevale la sovranità dell’essere umano.
Attuale situazione così riassunta: potere politico che si sostanzia delle armi vs poter politico che si sostanzia
dei valori umani = pace negativa vs pace positiva.
I governanti, soprattutto dei paesi democratici, continuano a dire che bisogna mettere al centro la persona
umana però alo stesso tempo non riescono ad uscire dalla logica stato-centrica, dalla corsa al riarmo
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
(esempio: governo italiano vorrebbe acquistare i missili “cruise” da mettere nei sommergibili. Ha senso spendere milioni di
€ in armi nucleari da mettere nei sottomarini? Avrebbe più senso costruire qualche ospedale, asilo in più, dare soldi alle
università.)

LOGICA DEI DIRITTI UMANI


La logica dei diritti umani, dunque, è:
quella dei fini
che rende secondaria la dimensione territoriale della politica
e che privilegia la dimensione funzionale cioè ciò che non è confine.
 il sistema internazionale è assunto essere, nel paradigma del mutamento globale, NON BLOCCATO cioè
può mutare, nelle sue linee strutturali, senza dovere fare ricorso alla variabile indipendente della guerra.
Una volta il sistema internazionale cambiava dopo la guerra: i vincitori avevano il diritto, potere di definire
le regole del nuovo ordine internazionale. Ora può mutare anche senza una guerra (esempio: caduta muro nel
1999, caduto impero sovietico senza guerra, è stato un processo, una dinamica del sistema.)
Il sistema internazionale oggi si alimenta di una domanda, di un INPUT ampio e diversificato, che non è più
soltanto statuale, ma ha diverse fonti di provenienza:
- statali
- sopranazionali
- subnazionali
- non statali
- transnazionali
Le organizzazioni internazionali, però, entrano in crisi anche perché hanno un sovraccarico di input; per
poter fare di più bisogna trasferire sovranità, potere, avere un bilancio unico dell’Ue, una politica fiscale
comune. C’è dunque un sovraccarico di input all’interno di un sistema politico e quando non c’è la capacità
di rispondere con gli OUTPUT, il sistema può entrare in crisi, si inceppa.
Input sproporzionato al potere che gli stati hanno dato alle organizzazioni internazionale e il sistema
politico entra in crisi.
Oggi al sistema internazionale si chiede quello che contemporaneamente si chiede alle istituzioni politiche
nazionali: benessere, libertà, ordine pubblico, sviluppo umano, ambiente sano, …
Questo ci dice che non c’è più una distinzione fra interno ed esterno. Di fronte all’incapacità dei governi
interni di garantire i diritti fondamentali, ci si rivolgere direttamente anche alle istituzioni internazionali.

Scatta un’altra riflessione:


chi un sistema internazionale politico aggrega la domanda politica (tradurre input in proposta di legge)?
Manca nel sistema delle RI un soggetto intermedio che faccia da mediatore, filtro tra i cittadini e
l’istituzione internazionale (esempio: cittadino scrive direttamente al consiglio di sicurezza).

Allora, gli attori transnazionali, che operano ai fini di promozione umana, sono considerati all’interno di
questo paradigma del mutamento globale attori esponenziali perché sono costitutivamente sensibili a
valori di etica universale diversamente dagli stati.
Questi attori hanno fatto del diritto internazionale dei diritti umani la loro identità.

Giovedì 20 ottobre
APPROCCIO ALLA “DEMOCRAZIA INTERNAZIONALE”
Questo approccio ha le sue origini nello studio sull’integrazione europea che è un processo che mira al
superamento delle sovranità nazionali, ad un trasferimento di sovranità, di potere dai sistemi politici
nazionali verso il sistema politico sopranazionale europeo.
Il tema della democrazia al di fuori dei confini, delle frontiere nazionali si pone per la prima volta con
riferimento al progetto di integrazione europea= sistema politico cioè che distribuisce valori sociali in
maniera vincolante per i destinatari che sono sia i governi che i cittadini.
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
È all’interno di questo processo di integrazione europea che si sviluppa il dibattito sulla democrazia al di
fuori, al di sopra degli stati. Questo si spiega alla luce del fatto che nell’unione europea viene messo in
funzione un parlamento. Il primo parlamento sopranazionale eletto a suffragio universale diretto è il
parlamento europeo, eletto per la prima volta nel 1979.
Il tema del cosiddetto deficit democratico all’interno dell’UE riflette il dibattito su come sviluppare la
democrazia sul piano internazionale dove grazie all’esperienza dell’integrazione europea si fa riferimento
sia alla democrazia rappresentativa sia alla democrazia partecipativa.
Nell’UE è stata sviluppata subito la democrazia rappresentativa.
Prima del ’79 c’era un’assemblea parlamentare, la cui creazione era stata prevista nel trattato della CECA
cioè fin dall’inizio nel 1952, e i cui membri erano i rappresentanti dei parlamenti nazionali degli stati
membri. Per cui l’assemblea parlamentare era un’assemblea di secondo grado, dove i rappresentanti non
venivano eletti direttamente.
Le assemblee parlamentari si sono abbastanza diffuse all’interno delle istituzioni multilaterali (il consiglio
d’Europa ha un’assemblea parlamentare). Queste assemblee parlamentari nascono sempre con un occhio
di riguardo a quello che avviene in Europa che ha fatto naturalmente dei passi in avanti significativi
soprattutto con l’elezione diretta del parlamento europeo.
Il concetto di democrazia internazionale si sviluppa anche tutta in un’ottica “federalista” nel senso di una
scuola di pensiero che vede l’effettivo superamento degli stati nazionali a favore di un’autorità sopra
ordinata. Quindi questa scuola vede il progresso di questo processo in corso all’interno di una prospettiva
federale= stati uniti d’Europa, l’unione federale Europa.
Ora si stanno raccogliendo input per capire come andare avanti nel processo di integrazione. Siamo sempre
in una fase costituente, bisogna capire quale sarà l’esito di questo processo che è a metà strada tra un
tentativo di alcuni stati di riportarlo indietro e tornare ai vecchi nazionalismi e il tentativo di altri stati si
fargli fare passi in avanti puntando ad una maggiore integrazione europea.

All’interno del filone del mutamento globale ci si interroga sull’utilità sociale delle RI.
Lo scienziato delle RI, della politica non si può limitare a descrivere che cosa avviene nel sistema deve
anche preoccuparsi in un’ottica prescrittiva di dire quali strumenti occorre introdurre per sconfiggere il
male che è rappresentato dalla GUERRA.
Questo approccio viene poi sviluppato con un testo di Papisca del 1986 proclamato dalle NU l’anno
internazionale della pace e l’anno precedente l’anno internazionale dei giovani. In quegli anni il prof.
Papisca faceva parte di una ONG che aveva fini di promozione umana e in quel contesto incontra un
gruppo di giovani e inizia la sua riflessione sul tema della democrazia internazionale. Nel ’85 queste
riflessioni si concluderanno con l’adozione id un manifesto per la democrazia internazionale e poi esce il
libro.
Nell’86 siamo ancora in un’epoca bipolare anche se c’erano già dei segnali che venivano dal fatto che aveva
preso il potere in unione sovietica Gorbaciov e quindi più forti erano i movimenti nei paesi dell’Europa
centrale e orientale. Quindi questo libro fu visto anche come una rottura all’interno della nostra disciplina.
Se vogliamo costruire un ordine internazionale di pace dobbiamo superare lo stato nazione.
In questo testo distingue tra:
- GUERRA PROCESSO è la guerra che si combatte in campo
- GUERRA ISTITUZIONE è la cosiddetta pace negativa, è la preparazione di una guerra tra una
guerra e l’altra che avviene attraverso la costruzione di nuovi armamenti, il commercio degli
armamenti e quindi ci può anche essere l’assenza di una guerra guerreggiata però ci sono tanti
conflitti a livello regionale e locale.

La GUERRA, in quanto strumento e istituzione di morte, è male.


Questa valutazione è pregiudiziale all’analisi delle RI, che non può pertanto non essere finalizzata alla
lettura della realtà politica internazionale in chiave prognostica.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
La prescrizione del mutamento diventa momento centrale dell’analisi delle RI, cioè come studiare il
sistema per individuare le possibilità per cambiare questo sistema e renderlo più pacifico.
Quale medicina è necessaria per guarire questa malattia, che è la guerra.
Il politologo deve aiutare a capire come superare “LA STRUTTURA BELLIGENA DEL SISTEMA
INTERNAZIONALE”.
Inoltre, deve aiutare a comprendere l’intrinseca logica che informa
la struttura stato centrica del sistema internazionale, dove la guerra è assunta appartenere alla fisiologia
del sistema politico internazionale, quale strumento ora di equilibrio, ora di sbloccaggio del sistema
per l’instaurazione di “nuovi ordini internazionali”.
Il tema innanzitutto è comprendere, capire questa logica belligena che forma la struttura stato centrica del
sistema delle RI da un lato dove la guerra è strumento di equilibrio, bloccaggio nell’instaurazione di nuovi
ordini internazionali; dall’altro il politologo deve fornire elementi per individuare all’interno del sistema
dato (quindi prevalentemente stato centrico) le potenzialità di mutamento, idonee ad attivare processi di
mutamento.
Queste possibilità, che esistono nel sistema contemporaneo, vengono definite come “ INTERSTIZI”
 sono circostanze storiche idonee al mutamento; rappresentano altrettanti elementi deboli del sistema
stato centrico e consentono, ad attori diversi dagli stati, di agire all’interno del sistema per dilatare questi
interstizi e trasformare il sistema. È una teoria fortemente prescrittiva.

Essi sono raggruppati in tre categorie:


1. Interstizi “LEGITTIMAZIONE DI STATUS”
Sono rappresentati in particolare il riconoscimento giuridico internazionale dei diritti umani che è
un processo che crea nuova soggettualità umana e che legittima il soggetto ad agire al di là dei
confini nazionali, del suo stato di appartenenza per promuovere e proteggere i diritti umani.
- Art. 28 Dichiarazione universale dei diritti umani: “ogni essere umano ha diritto un ordine sociale
internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati nella presente dichiarazione possono essere
pienamente realizzati”.
Qui abbiamo la definizione di pace positiva, essa ci sarà quando tutti i diritti umani per tutti saranno
rispettati. Quindi il rispetto dei diritti umani porta alla pace.
- Diritto internazionale dei diritti umani
- Status consultivo delle ONG presso le OIG: ha consentito a migliaia di ONG di interagire nei
medesimi contesti istituzionali e sopranazionali degli stati.

2. Interstizi “EMBRIONI DI SOPRANAZIONALITÀ”


- Organi di individui (per esempio: Comitati preposti alle convenzioni int.li sui diritti umani, Corti
int.li)
Sono tutti quegli organismi che sono attivi nelle organizzazioni internazionali multilaterali e che
hanno una composizione sopranazionale cioè sono tutti organi di individui non di stati. Quest’ultimi
sono organi che tutelano gli interessi nazionali, non occasioni di mutamento mentre gli organi di
individui sono occasioni di mutamento, sono per esempio tutti i pretty bodies cioè gli organi sui
diritti umani creati dai trattati. Sono composti da individui e hanno una relazione speciale con ONG
cosa che gli organi di stati non hanno. Tant’è che gli organi di stati stanno cercando di indebolire il
ruolo dei pretty bodies perché sono organi che disturbano la logica stato-centrica del sistema.
Dentro gli embrioni di sopranazionalità quindi, si affermano già forme di democrazia internazionale
in quanto le ONG partecipano alle riunioni che il comitato dei diritti umani, NU organizzano per
discutere. Diventano forme di partecipazione internazionale.

3. Interstizi “EMBRIONI DI DEMOCRAZIA INTERNAZIONALE”


- Parlamento Europeo
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- Assemblee parlamentari di OSCE, Consiglio d’Europa, NATO, ecc.: create nelle varie organizzazioni
internazionali multilaterali. Per esempio, nel consiglio d’Europa (organizzazione internazionale
distinta dall’UE) nasce con due istituzioni: il comitato dei ministri e l’assemblea parlamentare,
quindi un organo intergovernativo e un organo sopranazionale. Questo dibattito tra
intergovernativismo e sopranazionalismo segna lo sviluppo del processo di integrazione europea.
- Conferenze mondiali delle NU

All’interno di questo approccio, che postula l’analisi sistemica della realtà internazionale, assumono rilievo
due esigenze analitiche per trovare il modo di superare la logica stato-centrica:
- quella intesa a ricercare gli ATTORI che sono orientati al mutamento
- quella intesa a ipotizzare le STRATEGIE di mutamento.

L’approccio “democrazia internazionale” individua nelle ONG e nei MOVIMENTI SOLIDARISTICI


TRANSNAZIONALI gli attori internazionali del mutamento.
Sono diversi dagli stati sia per struttura costitutiva sia per logica comportamentale. Intanto le ONG sono
attori non territoriali mentre gli stati si. Se uno stato ha come fine la tutela della propria sicurezza nazionale
e i propri confini da eventuali attacchi esteri, le ONG non hanno questo obiettivo= sono attori
transnazionali e il loro interesse è quello di garantire la protezione dei diritti umani per tutti.

La STRATEGIA DEL MUTAMENTO DEMOCRATICO, si articola in due piste operative, contestuali e sinergiche:
- l’”INCUNEAMENTO INTERSTIZIALE”
- la “COSTITUENTE PER UN NUOVO ORDINE INTERNAZIONALE DEMOCRATICO”  NOID: qui l’idea è
che le organizzazioni di attori del mutamento, ONG, non soltanto devono agire all’interno delle
organizzazioni intergovernative ma è previsto anche un ruolo autonomo di questi attori
transnazionali dentro il sistema politico delle RI. Esistono oggi nel sistema internazionale due
sottosistemi:
1. un sistema dominante che è quello statuale
2. un sistema non dominante che è quello transnazionale
Noi ragioniamo in base al sottosistema non dominante transnazionale che opera ai fini di promozione
umana.
C’è un sistema organizzato per via transazionale, pensiamo per esempio a come l’organizzazione del
sistema transnazionale stia agendo sia fuori che dentro a COP26 sul cambiamento climatico. Quando gli
attori transnazionali agiscono autonomamente nel sistema della politica internazionale promuovono
principi e valori che sono diversi da quelli che promuove il G20, il G8, un’organizzazione intergovernativa.
Anche se poi con le NU, quindi con alcune organizzazioni intergovernative, il sottosistema transnazionale
interagisce in maniera continuativa pensiamo soprattutto al dialogo che c’è tra questi due ambiti, due
governance: transnazionale e intergovernativa. Però un conto è agire da fuori, un conto è agire
dall’interno.
Come ambito operativo per la strategia dell’incuneamento interstiziale, viene privilegiato il sistema delle
NU, al cui interno coesistono interstizi, attori del mutamento e attori della conservazione.

Per democratizzazione del sistema politico internazionale si intende la messa in opera di forme:
 di legittimazione, quanto più diretta possibile: cioè qui si ritiene che la legittimazione che i nostri
governanti hanno ottenuto sul piano interno non sia più sufficiente a dire che questi sul piano
internazionale possono muoversi liberamente, facendo quello che vogliono.
 di partecipazione politica popolare al funzionamento delle istituzioni internazionali
 di autogestione di iniziative intraprese da formazioni di società civile globale.

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Gli attori di questo processo non sono gli STATI se si tratta di garantire alle delegazioni governative nei
consessi int.li lo stesso diritto di voto, il riferimento appropriato è al principio di eguaglianza degli stati.
Gli attori della democrazia internazionale sono invece i medesimi attori dei processi democratici interni:
cioè i POPOLI, nei quali risiede in via originaria la sovranità.

Venerdì 21 ottobre
La (pratica della) DEMOCRAZIA INTERNAZIONALE è VARIABILE INDIPENDENTE rispetto al processo di pace
positiva non viceversa. La PACE POSITIVA è VARIABILE DIPENDENTE, sarà possibile raggiungere un ordine di
pace positiva internazionale se ci sarà una democratizzazione delle istituzioni internazionali.
Nell’UE l’esito del processo integrativo è la variabile dipendente, mentre la variabile indipendente si era
pensato che fosse l’euro ma non ha lavorato; è dunque la partecipazione dei governi degli stati membri che
sono riuniti in consiglio europeo che dovrebbero fare i conti con l’aprire ad una maggiore partecipazione in
generale alle organizzazioni civili intese in senso lato. Per esempio, una richiesta proveniente dalla
maggioranza dei cittadini europei potrebbe essere una spinta verso una maggiore integrazione.
La partecipazione, soprattutto in questo momento storico, richiede un impegno per costruire nei cittadini
la fiducia nei confronti delle istituzioni europee che negli ultimi anni è andata molto giù grazie soprattutto
ai governanti che hanno scaricato sull’UE responsabilità che erano loro.
Nel sistema delle RI questo significa che non è una guerra maggiore che può ridefinire l’ordine
internazionale ma la democratizzazione della politica internazionale, assunta per operare
lo sbloccaggio del sistema.
Nel passato era la guerra la variabile indipendente che determinava un cambiamento del sistema
internazionale.

L’approccio democrazia internazionale indica la VIA ISTITUZIONALE, GIURIDICA, NON VIOLENTA ALLA PACE
La riflessione sta nel fatto che sicuramente è essenziale lavorare, intervenire sulle coscienze. L’incipit del
preambolo della costituzione dell’UNESCO recita: “la guerra nasce nella mente degli uomini ed è nella
mente degli uomini che bisogna costruire le vie della pace”.
Ciò non è sufficiente se si vuole un mondo in cui i diritti umani siano rispettati per tutti abbiamo bisogno di
istituzioni, senza non ci può essere protezione. Ovviamente queste istituzioni devono essere democratiche
altrimenti sono le stesse istituzioni che violano i diritti umani.

L’assunto di fondo è triplice:


1) la democratizzazione di istituzioni, procedure e politiche di global governance è VARIABILE
INDIPENDENTE, cioè fattore causativo e condizionante, rispetto ai processi di pacificazione e alle
politiche di human development, human security.
Lo sviluppo di processi democratici nel sistema delle istituzioni internazionali multilaterali favorisce
i processi di pacificazione.
2) è impossibile parlare di democrazia e di democratizzazione se si prescinde dal riferimento ad ambiti
istituzionali che ne consentano la realizzazione. Quindi l’importanza delle istituzioni. Soltanto se ci
sono delle istituzioni internazionali, quindi delle organizzazioni internazionali multilaterali che oggi
non sono democratiche ma che ci sono allora quello è il dove porre l’attenzione per creare embrioni
e poi veri processi di democratizzazione. È impossibile parlare di democrazia senza prescindere dal
riferimento di ambiti istituzionali che ne consentono la realizzazione.

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3) Al centro di questa riflessione il potenziamento dell’ONU come di qualsiasi altra organizzazione
multilaterale presuppone più legittimazione diretta degli organi che decidono in sede
sopranazionale e più partecipazione politica popolare alle loro prese di decisione.

Sempre più spesso nei documenti internazionali dell’assemblea generale delle NU, del consiglio di sicurezza
e di altri organismi internazionali ricorrono espressioni nuove per la politica internazionale.
Nel corrente linguaggio internazionale ricorrono espressioni assolutamente nuove per la politica
internazionale quali “INTERNATIONAL RULE OF LAW” e SUSSIDIARIETÀ.
Inoltre, si parla, per la politica internazionale, di stato di diritto internazionale= è quella forma di Stato che
assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell'uomo; insieme alla garanzia dello Stato
sociale, concorre alla definizione dei diritti che gli Stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a
garantire ai loro cittadini.
Se non c’è una corretta divisione del lavoro tra i tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) entra in crisi
lo stato di diritto.
C’è spesso stata una maggiore esposizione o ci sono stati talvolta interventi dell’esecutivo sulla
magistratura o interventi della magistratura sul potere esecutivo a volte questa divisione del lavoro non è
proprio stata così limpida (esempio: in Polonia ed Ungheria è a rischio lo stato di diritto.)

Il tema della tutela dello stato di diritto si pone anche per il sistema della politica internazionale: la prima
risoluzione dell’assemblea generale è stata una dichiarazione adottata nel 2012 che ha aperto questo
dibattito sull’ “International Rule of Law”.
Stato di diritto internazionale= significa che il sistema internazionale, della politica internazionale è un
sistema che prende decisioni vincolanti, che adotta leggi e che ha anche delle corti. Quindi si intravedono
nel sistema della politica internazionale i poteri tipici di un sistema politico nazionale, democratico
(legislativo, esecutivo e giudiziario).
(esempio ONU: legislativo= assemblea generale; esecutivo= consiglio di sicurezza, segretario generale; giudiziario=
CIG.)

Ripasso sulle CORTI:


o CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA: è un organo delle NU che ha il compito di risolvere le
controversie fra gli stati e organi delle NU. Non si occupa di diritti umani e non è ammesso il ricorso
individuale. Ha sede all’AIA, al palazzo della pace.
o CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI: sta al Consiglio d’Europa e ha sede a Strasburgo. È stata
creata in virtù della CEDU dal consiglio d’Europa.
o CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE: ha sede a Lussemburgo. Si occupa anche ‘essa di diritti umani, tant’è
che c’è dialettica tra le due corti.
Con il trattato di Lisbona l’UE ha ratificato la CEDU. Quindi ora l’UE può denunciare l’UE di fronte alla corte
di Strasburgo. Questo dice il trattato però è in atto il dialogo tra la corte di Strasburgo e quella di
Lussemburgo perché la seconda, nel momento in cui l’UE fa propria la CEDU, la corte di Strasburgo sarebbe
come una sorta di “Corte costituzionale” sopra la corte di giustizia dell’UE. C’è una dialettica sul primato.

L’altro principio nuovo che è sempre presente nel sistema politico internazionale è il PRINCIPIO DI
SUSSIDIARIETÀ che è strettamente legato ai diritti umani perché sussidiarietà significa che le decisioni
vengono prese quanto più vicine possibili al cittadino. Ciò perché quelle decisioni devono essere funzionali
al soddisfacimento dei bisogni vitali che anche oggi il diritto internazionale riconosce come diritti
fondamentali.
La sussidiarietà ci dice a quale livello deve essere presa una decisone in un sistema di multilevel
governance. E quella decisione deve essere presa a quel determinato livello perché maggiore sarà

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
l’efficacia di quella decisione quindi maggiore dovrebbe essere il soddisfacimento dei bisogni fondamentali
delle persone delle comunità umane.
Non si può parlare di stato di diritto e di sussidiarietà se lo schema istituzionale di riferimento ignora:
 la legittimazione diretta e la rappresentatività degli organi che decidono,
 la partecipazione politica alle prese di decisioni,
 forme adeguate di garanzia dei diritti fondamentali,
 i soggetti primari del polo territoriale e del polo funzionale della sussidiarietà.

Un altro fattore che interviene all’interno di questa riflessione sulla democrazia internazionale è il
RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI che ha innescato, anche dal punto di
vista del diritto, il problema della democratizzazione internazionale.
L’esistenza di molteplici reti transnazionali, organizzate e non, di società civile globale, da un lato, e di un
complesso sistema, mondiale e regionale, di organizzazioni intergovernative, dall’altro, dà una risposta
concreta al quesito
del chi (soggetti)
e del dove (sedi istituzionali)
della democrazia internazionale correttamente intesa.
Democratizzare le istituzioni internazionali è, oggi, una possibilità reale. Abbiamo diversi esempi a partire
dagli interstizi.
Nel sistema internazionale c’è urgenza di democrazia internazionale per colmare il deficit democratico che
si traduce anche in un deficit, quantitativo e qualitativo, di governance di cui stanno dando prova i governi
degli stati e le loro agenzie intergovernative.
Quello che emerge è la scarsa capacità di adattamento della forma dello stato ai processi di mutamento in
atto. Lo stato è un livello di governo e di governance ma non è l’unico: c’è il livello locale, sopranazionale,
internazionale nel sistema delle NU, ecc. ormai i livelli sono molteplici.
Qual è lo stato di salute, adattamento di questi attori stati, degli attori intergovernativi, degli attori
transnazionali, ecc.?
Lo stato di salute degli stati non è molto buono. Gli stati hanno difficoltà ad affrontare certe sfide. Questo
concetto, riflessione ci porta all’approccio della:

La STATUALITÀ SOSTENIBILE
Papisca (1994) ‘Dallo stato confinario allo stato sostenibile’, Democrazia e diritto, XXXIV, 2-3, pp. 273-307.
Duplice assunto:
1) Inadeguatezza, qualitativa e di capacità di prestazione, del sistema internazionale stato-centrico.
Esso non è in grado di realizzare gli interventi che sarebbero necessari per far star meglio la
comunità umana.
2) Scelta del paradigma dei diritti umani quale parametro per la trasformazione umano-centrica del
sistema. Se voglio cambiare un sistema devo avere un paradigma di valutazione dei valori e oggi è
anche un paradigma giuridico. È l’etica che si è fatta diritto perché questi valori fondamentali sono
stati recepiti, riconosciuti all’interno di norme giuridiche internazionali.
Diagnosi:
Critica della vecchia “forma” dello stato:
- non è più in grado di gestire in via esclusiva I contenuti della statualità
- il potere di fare le leggi, contenuto importante della statualità, è distribuito dalla Città fino all’ONU
(esempi: ruolo dell’UE. Abbiamo al suo interno delle istituzioni sopranazionali che adottano le leggi-regolamenti che
vincolano direttamente i cittadini degli stati membri. Quindi lo stato non gestisce più in via esclusiva i contenuti della
statualità.)
La crisi della forma stato è strettamente collegata alla crisi della democrazia all’interno degli stati.
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022

Crisi della democrazia


Restringere l’esercizio della pratica democratica all’interno dei confini di uno stato nell’era della
globalizzazione dell’economia, della trasnazionalizzazione, dell’internazionalizzazione dei diritti umani non
ha senso se le decisioni più importanti oggi vengono prese a livello sopranazionale (a livello europeo per
quanto ci riguarda) allora è chiaro che bisogna estendere, allargare lo spazio della democrazia.
La crisi della democrazia si ha a causa della ristrettezza dello spazio (nazionale) in cui è stata finora
circoscritta la sua esperienza.
La democrazia soltanto interna è insufficiente se le grandi decisioni si prendono, palesemente e non, al di
fuori dei confini del singolo stato.
Questi processi di mutamento in atto verso una maggiore democratizzazione delle istituzioni internazionali
spingono affinché la democrazia sia esercitata dalle città fino alle NU. Ciò significa anche rivedere in parte i
programmi di educazione civica per le scuole dove si insegna il diritto degli enti locali, costituzionale, gli
organi dello stato, ecc.
L’impatto del RICONOSCIMENTO GIURIDICO INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI sulla statualità: è un
impatto particolarmente forte, significativo perché lo SPAZIO FUNZIONALE della statualità sostenibile viene
a coincidere con lo SPAZIO COSTITUZIONALE dei diritti umani, dilatandosi dalla sfera giuridica interna alla
sfera giuridica mondiale.
Oggi anche sul piano internazionale abbiamo un embrione di costituzione mondiale.
Questo spazio costituzionale che una volta stava dentro i confini di uno stato nazione oggi si è dilatato
perché lo spazio costituzionale dei diritti umani non è più soltanto quello dei sistemi politica nazionali
democratici ma è anche quello del sistema della politica internazionale. Abbiamo una sorta di prima parte
di una costituzione mondiale che fa riferimento ai valori, ai diritti fondamentali ed è fatta di norma
giuridiche (dichiarazione universale, ecc.).

Il diritto internazionale dei diritti umani, insieme con il principio di sussidiarietà, è la BUSSOLA con cui
procedere a devolvere e distribuire funzioni e strutture di statualità irenica-pacifica e democratica
lungo una scala di governance multilivello che ha come polo iniziale la città e la regione, come polo
intermedio lo stato e come polo terminale le istituzioni sopranazionale.
I punti cardinali di questa bussola noi li troviamo nella prima parte dell’
ART. 1 della dichiarazione universale dei diritti umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità
e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.
Punti cardinali= LIBERTÀ, UGUAGLIANZA, DIGNITÀ, DIRITTI.
L’epoca che stiamo vivendo è un’epoca in cui i nostri governanti hanno perso la bussola che ci era stata
data all’indomani della WW2 dopo milioni di morti.
Oggi ci troviamo a difendere la bussola, quei valori e principi che furono scritti dalla nostra costituzione
repubblicana e antifascista e nella carta delle NU e nella dichiarazione universale.

Il nucleo essenziale dell’apparato concettuale della statualità sostenibile è in parte mutuato dalle teorie del
federalismo, dello sviluppo umano, della sicurezza umana, della multi-level governance.

Indicatori di statualità sostenibile:


 il riconoscimento esplicito, nelle carte costituzionali, del primato del Diritto internazionale dei diritti
umani sul Diritto interno.
 il rafforzamento dei principi dello “stato di diritto” (rule of law) nell’ottica della loro
interdipendenza e indissociabilità rispetto alle esigenze dello “stato sociale” (welfare state): tutti i
diritti umani – civili, politici, economici, sociali, culturali. I diritti umani sono indivisibili e
interdipendenti. Stato di diritto e stato sociale sono due facce della stessa medaglia.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
 la realizzazione di forme di ampia autonomia funzionale, che comporta l’applicazione del principio
del pluralismo sia dei partiti e dei sindacati sia delle altre formazioni di società civile
 la realizzazione di avanzate forme di autonomia territoriale: più funzioni e poteri a Comuni,
Province, Regioni, Lander, ecc.
 l’applicazione del principio del pluralismo d’impresa per arginare la concentrazione di potere, anche
politico, in capo alle grandi imprese multinazionali. Principio che sta venendo meno; la
globalizzazione sta spingendo verso un’integrazione tra le imprese, le banche. Quindi viene meno
anche la democrazia economica perché i grandi gruppi non sono strutture particolarmente
democratiche. 
 l’appartenenza attiva a sistemi sopranazionali di sicurezza collettiva.
 la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio costituito dall’ambiente naturale e dai beni
artistici e culturali.

Martedì 2 novembre
Il sistema internazionale
Cosa significa studiare il sistema internazionale?
Significa utilizzare concetti e generalizzazioni che consentono di cogliere l’identità dell’insieme e, allo
stesso tempo, quella delle singole parti nei rapporti con l’insieme.
Studiare il sistema internazionale oggi, significa cogliere, comprendere l’identità dell’insieme al di là delle
singole parti però allo stesso tempo significa anche comprendere il comportamento delle singole parti nei
rapporti con l’insieme.
Studiare il sistema internazionale significa studiare un sistema distinto dai sistemi politici nazionali che lo
compongono quindi avere un quadro dell'insieme, studiare il sistema in quanto.
Avere una visione d’insieme, sistematica e allo stesso tempo saper analizzare il rapporto tra il sistema e le
singole parti che lo compongono.
Che cos’è un sistema?
è un complesso di elementi fra loro interdipendenti le cui relazioni sono disciplinate da leggi distinte
rispetto a quelle che regolano la struttura interna e il comportamento delle singole parti.
Un sistema, che può essere quello internazionale, locale è un complesso di elementi che sono fra loro
interdipendenti e l’altro elemento importante è che le relazioni tra queste diverse parti sono disciplinate
da leggi diverse, adottate a livello sistematico, rispetto a quelle che regolano la struttura interna delle
singole parti.

La moderna comunità internazionale fondata sul principio di eguaglianza fra gli stati inizia
convenzionalmente con la pace di Vestfalia 1648.

All’interno del sistema della politica internazionale possiamo avere dei SOTTOSISTEMI INTERNAZIONALI.
Questi possono essere creati, identificati facendo riferimento a specifiche aree geografiche o facendo
riferimento a determinati nuclei organizzativi-funzionali.
Esempio, l’UE, l’unione africana, ecc. sono dei sottosistemi internazionali.
Questi sottosistemi hanno un grado più o meno elevato di incidere, impattare sul più ampio sistema della
politica internazionale.
Sistema politico internazionale
In questo sistema quando gli attori agiscono non possono fare ciò che vogliono, c’è un ordinamento
giuridico internazionale e ci sono anche dei sottosistemi di cooperazione e di integrazione internazionale,
c’è dunque una linea decisa da seguire, uno stato non può non tenere conto di quello che c’è nella politica
comune internazionale.
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Ci si riferisce ad un sistema che non può che essere il solo e l’unico in un determinato momento storico.

IL SISTEMA INTERNAZIONALE COME SISTEMA POLITICO


D. EASTON definisce il sistema politico come un
"insieme di interazioni in qualsiasi società - quindi non soltanto in quelle a dimensioni nazionali -, attraverso cui sono
effettuate le assegnazioni di valori sociali con provvedimenti muniti di autorità e quindi in maniera vincolante per i
destinatari".

Questa definizione implica tre assunti fondamentali per essere in presenza di questo sistema:
1. l'assegnazione da parte del sistema dei valori sociali (cioè la presa di decisioni)
2. il carattere imperativo delle assegnazioni, che devono pertanto essere realizzate da strutture
d'autorità
3. l'obbligatorietà di tali assegnazioni imperative per l'intera società

Perché il sistema internazionale è un SISTEMA POLITICO?


Soddisfa tutti e tre gli elementi?
 perché esiste in ragione e in funzione della politicità dei suoi membri (statali); è un’esistenza
meccanicistica.
 perché esso legittima, in quanto sistema internazionale sovraordinato alle singole parti, l’uso della
coercizione per l’affermazione di valori “sociali”. Il sistema internazionale può far uso della
coercizione quando per esempio il consiglio di sicurezza adotta una risoluzione con la quale decide
la creazione di un tribunale ad hoc o di adottare un embargo nei confronti di uno stato che ha
violato una o più norma del diritto internazionale.
 perché ha gli strumenti “sopranazionali” necessari per l’affermazione di valori “sociali”.
Esempio: una decisione del consiglio di sicurezza, del FMI, della banca mondiale, ecc.
Nel sistema internazionale oggi abbiamo strutture d’autorità, istituzioni che sono in grado di
distribuire, assegnare valori sociali in modo imperativo per l’intera società. Queste istituzioni
chiaramente non hanno lo stesso impatto delle strutture d’autorità del sistema politica nazionale.
Queste sono le ragioni e il perché consideriamo il sistema della politica internazionale un sistema politico
cioè un sistema che è in grado di prendere decisioni vincolanti ovviamente non sempre queste decisioni
sono giuste e anche il non prendere decisioni a volte per il sistema internazionale è essa stessa una
decisione che avrebbe gli strumenti per decidere ma non decide proprio perché non si riesce a fare quella
sintesi che è necessaria sul piano internazionale per adottare una decisione.
È anche vero che sia per il consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sia per il consiglio europeo dei capi di Stato e di
governo dell'unione europea vige la cosiddetta astensione costruttiva. Nel senso che può capitare che un membro
permanente del consiglio di sicurezza o un membro del consiglio che è contrario alla decisione e non voti contro ma
si astenga.

Le PARTI del sistema politico:


 COMUNITÀ POLITICA
 REGIME (VALORI, STRUTTURE D'AUTORITÀ, REGOLE DEL GIOCO)
 DETENTORI DI RUOLI DI AUTORITÀ

LA COMUNITÀ POLITICA
la comunità politica è un gruppo di soggetti che si riconosce, che converge su un certo numero di valori ed
obiettivi che devono essere soddisfatti in maniera autoritativa ovviamente da istituzioni che sono preposte
a tale assegnazione.
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Quindi la comunità politica del sistema politico internazionale è fatta innanzitutto dagli Stati.
Lo stesso sistema internazionale esiste indipendentemente dalla volontà dei suoi singoli membri di farlo
esistere, esiste per il fatto stesso che esistono gli Stati che quindi danno vita, inevitabilmente, al sistema
internazionale.
Quindi il sistema internazionale in ragione della sua matrice stato-centrica è un sistema meccanicistico.
Gli Stati nazione ovviamente all'interno di questo sistema devono coesistere.
La logica della sopravvivenza e della conservazione è espressa nei principi giuridici
- PACTA SUNT SERVANDA: i patti devono essere rispettati
- CONSUETUDO SERVANDA EST: le consuetudini devono essere rispettate;
che sono alla base del diritto internazionale.

Chi sono oggi i componenti della comunità politica internazionale?


La comunità politica internazionale si è molto allargata a partire dalla metà del secolo XX:
 Il numero degli stati si è quadruplicato
 Ci è stato un aumento quantitativo del numero di OIG, dotate di autonomia funzionale
 C’è stata una diffusione di centinaia di migliaia di ONG e di entità multinazionali
 Individui: ci sono i giovani che elaborano proposte politiche.
 Popoli
 Minoranze
Non c’è dubbio che ormai i componenti di questa realtà non siano più soli gli stati nazione ma un varietà di
soggetti fra loro molto diversi che esprimono una domanda politica diversificata nei confronti delle
istituzioni internazionali che sono disposte a prendere delle decisioni.

Quali sono i contenuti e l’estensione della divisione del lavoro politico fra tali componenti?
Chi fa cosa?
Qui il principio di sussidiarietà ritorna centrale.
Il rispetto reciproco delle sovranità statuali-nazionali e il non intervento negli affari interni (giurisdizione
domestica) segnano, originariamente, e ancora oggi, la divisione del lavoro politico tra “interno” e
“internazionale”.
Tale giurisdizione delle sovranità statuali era esclusiva e totalizzante, e pertanto lo spazio del lavoro
internazionale era uno spazio residuale, definibile al negativo come ciò che non rientrava appunto negli
affari domestici degli stati.

Dire oggi quale e quanta sia la sfera delle “competenze” del sistema internazionale, è difficile.
Oggi, pur essendo ancora presente questo principio di sovranità statuale il dinamismo dei processi di
trasformazione strutturale in atto rende la divisione del lavoro fra interno ed esterno sempre più sfumata.
Al sistema internazionale si chiede oggi anche quello che, fino a ieri, si chiedeva – dal loro interno – ai
singoli stati.
Il sistema internazionale riesce a rispondere a queste sfide?
Le politiche estere costituiscono dei PONTI tra la sfera nazionale e quella internazionale.
La conoscenza delle singole politiche estere è importante e necessaria per la conoscenza dei processi
internazionali veri e propri (processi sistemici). Occorre avere una competenza sia delle singole parti sia del
comportamento del sistema e poi dobbiamo vedere come le singole parti influenzano il sistema e viceversa
come il sistema influenza le singole parti.
Oggi ci troviamo in una situazione in cui è più il sistema internazionale che impatta sui sistemi politici
nazionali, con qualche eccezione.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Un principio che interviene nel tentativo di regolare questa divisione del lavoro fra le diverse parti del
sistema e che viene sempre più spesso evocato anche al di fuori del sistema UE è quello, di matrice
federalista, della SUSSIDIARIETÀ:
le decisioni vanno prese quanto più vicino possibile ai cittadini.
Ciò che non può essere deciso a livello locale e nazionale, deve poter esserlo a livello internazionale
(regionale, continentale, mondiale).
Il diritto internazionale dei diritti umani qualifica il principio di sussidiarietà: subordina le esigenze degli
stati e di qualsiasi altro sistema al soddisfacimento dei bisogni vitali delle persone e delle comunità umane.

Il REGIME
1. Valori
Il paradigma di valori del sistema della politica internazionale è oggi molto più ampio che nel passato, in
quanto contiene numerosi nuovi principi.
In questo paradigma ritroviamo due nuclei di principi:
a) principi interstatuali: tradizionali e nuovi
b) principi panumani: nuovi, anzi nuovissimi
A livello internazionale i valori erano messi da parte e prevaleva la legge della forza.

Principi della INTERSTATUALITÀ TRADIZIONALE


Sono i principi Vestfalini che però oggi non sono scomparsi ma permangono:
 sovranità
 sovrana eguaglianza
 non ingerenza negli affari interni
 sicurezza nazionale
 integrità territoriale
 reciprocità
 nonché i basilari principi dell’ordinamento giuridico internazionale
pacta sunt servanda e consuetudo servanda est.

L’introduzione di NUOVI PRINCIPI INTERSTATUALI si collega al fenomeno della organizzazione


internazionale enunciati nella carta di san Francisco, statuto delle NU:
• solidarietà internazionale
• cooperazione multilaterale
• divieto dell’uso della forza
• soluzione pacifica delle controversie
• rispetto dei diritti umani
• autodeterminazione dei popoli
Sono questi principi enunciati insieme ai principi interstatuali vecchi, tradizionali nella carta della NU che li
recepisce al suo interno. È un segnale del cambiamento.

Risultano formalmente enunciati oggi PRINCIPI PANUMANI quali:


 la soggettività giuridica originaria della persona umana rispetto allo stato e al sistema degli stati Lo
stato. Un sistema derivato è una struttura politico-amministrativa che viene creata artificialmente dalle
persone per disciplinare i rapporti all’interno dei territori. La struttura originale è la persona umana. E
questa originarietà oggi ha anche una soggettività giuridica nel senso che il diritto interno,
internazionale riconosce i diritti fondamentali della persona, dei popoli che sono innati.
 l’interdipendenza e la indivisibilità di tutti i diritti umani
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
 l’autodeterminazione dei popoli
 la non violenza
 la pace positiva
 la giustizia sociale ed economica internazionale diritto al lavoro, salute, educazione devono avere la
stessa possibilità di garanzia, soddisfazione dei diritti di associazione, di istituire un sindacato, a libere
elezioni.
 lo sviluppo umano e la sicurezza umana
 la democrazia e la partecipazione politica popolare sia intra-nazionale sia internazionale
 rispetto dell’ambiente naturale
 lo “stato di diritto” internazionale (international rule of law) i principi democratici, del rispetto dei
diritti umani non devono essere salvaguardati solo all’interno degli stati, all’intero dei sistemi politici
nazionali ma essendo oggi il sistema internazionale un sistema politico cioè che prende decisioni
vincolanti anche quel sistema deve rispettare questi principi.
 la responsabilità penale internazionale personale: viene enunciato con lo statuto di Roma che istituisce
la Corte penale internazionale. L’avvio di questo processo ha portato all’enunciazione al principio dell’
 l’universalità della giustizia penale internazionale
 la responsabilità di proteggere le popolazioni contro il genocidio e le violazioni estese e reiterate dei
diritti umani.
L’enunciazione dei principi panumani figura nei trattati internazionali che alimentano il diritto
internazionale dei diritti umani sebbene gli stati continuino a tutelare i vecchi principi.
C’è anche un problema culturale che non va sottovalutato cioè come far crescere e sviluppare una nuova
cultura politica che sia centrata sulla persona, sulle comunità e non sugli interessi nazionali.
Gli stati sono pieni di contraddizioni, noi dobbiamo, forti di questi nuovi valori di questo nuovo diritto
internazionale, far valere il diritto internazionale dei diritti umani.
È un diritto ferito ma non orto perché continua a vivere nelle persone umane che sono i titolari di questi
diritti fondamentali.
Quadro utile per vedere com’è cambiato l’ordine internazionale, come ci sia stata un’evoluzione dei
principi. Non abbiamo ancora raggiunto quel grado di rispetto che tutti auspichiamo del diritto
internazionale però abbiamo individuato un percorso.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022

Tra vecchi e nuovi principi, nonostante la loro contestuale enunciazione nei documenti giuridici, esiste
contraddizione radicale.
L’attuale paradigma di valori del sistema internazionale è intrinsecamente conflittuale, schizofrenico tra i
principi statualistici e i nuovi panumani:
 i diritti umani confliggono con i diritti degli stati,
 il diritto dei popoli all’autodeterminazione confligge con il principio di integrità territoriale degli
stati,
 il principio di solidarietà con quelli di reciprocità e sicurezza nazionale,
 il principio di divieto dell’uso della forza con quello di legittima difesa preventiva.
Abbiamo un paradigma fortemente in contraddizione però finalmente ci sono dei principi nuovi che sono
stati scritti nell’ordinamento giuridico internazionale.
Le organizzazioni internazionali multilaterali hanno sempre nel corso del tempo portato l’attenzione sui
nuovi principi; quindi, hanno cercato di riflettere sulla portata di essi.
Lunedì 8 novembre
2. Strutture d'autorità
sono costituite dall'insieme di ruoli, fra loro interconnessi, mediante il cui esercizio avviene
l'assegnazione imperativa dei valori sociali.
Nel sistema internazionale i comportamenti autoritativi non sono riconducibili ad un'unica struttura
d'autorità sovraordinata a tutte le altre; ma il sistema internazionale può essere definito come un sistema
articolato in una struttura d'autorità diffusa o anche a sottosistema dominante (stato-nazione).
Il fenomeno dell'OI (intergovernativa) tende a modificare questo stato di cose.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Le OIG, in virtù dell'autonomia funzionale che le informa, tendono a trasformare i tradizionali caratteri
costitutivi del sistema internazionale.
Esempio: dentro l’UE l’indipendenza dagli stati membri della banca centrale o della corte di giustizia, tende a
trasformare i tradizionali caratteri. Quando la CIG emette una sentenza di condanna rispetto ad una decisione del
governo di x paese ed esso non la rispetta si vede come l’interesse nazionale prevalga ancora sull’autorità
internazionale sovraordinata. C’è una dialettica costante.

Tipologia delle strutture d’autorità del sistema internazionale:


A) STRUTTURE DIPLOMATICHE:
 si originano dalla interazione diretta fra i rappresentanti degli stati (membri degli esecutivi, agenti
diplomatici)
 assicurano in via permanente la comunicazione tra stati quindi tra governi
 sono le più antiche e stabili istituzioni del sistema internazionale
 possono essere: BILATERALI, MULTILATERALI, UNIVERSALI, CONTINENTALI, REGIONALI.
La regola che sta alla base del processo di formazione delle "posizioni comuni" é quella - tutta diplomatica -
della UNANIMITÀ. Cioè o tutti o nessuno.
Sono strutture che contraddicono in radice la deontologia democratica della vita politica e perpetuano la
logica stato-centrica dei rapporti internazionali.
Sono strutture che non intaccano il sistema perché sono espressione del sistema stato-centrico delle RI.

- CORPO DIPLOMATICO
È l'insieme dei rappresentanti permanenti degli stati accreditati presso uno Stato o una OI (ONU, UE,
ecc.).
Ciascuno stato ha una sua delegazione, ambasciata presso un altro stato. In realtà non tutti gli stati hanno
un’ambasciata in tutti gli stati del mondo anche perché prevale una ragione di tipo economicistico.
Ma le ambasciate non sono soltanto presso un altro stato, ci sono anche le ambasciate, dette
RAPPRESENTANZE PERMANENTI, presso le organizzazioni internazionali.
Quindi l’Italiana la sua rappresentanza permanente a Bruxelles presso l’UE, a New York presso le NU, a Ginevra le agenzie
delle NU ecc.
- TRATTATI
é un accordo giuridico o un accordo politico internazionale, frutto di processi negoziali fra stati.
Anche i PROTOCOLLI sono degli accordi giuridici internazionali e la “convenzione europea sui diritti umani e
sulle libertà fondamentali” è stata arricchita da tutta una serie di protocolli. Il protocollo serve per
estendere i diritti sanciti nella CEDU o per estendere, ampliare i sistemi di garanzia previsti da un trattato.
Servono ad integrare una convenzione, un trattato.
I protocolli a volte servono anche per far sì che la convenzione, l’accordo giuridico principale abbia un
numero di ratifiche più ampio.
I trattati sono il frutto di un’attività negoziale fra gli stati e in particolare per quanto riguarda il campo dei
diritti umani non è più una negoziazione esclusivamente fra stati ma che coinvolge anche altri attori, in
particolare le ONG. Anche questo è un segnale di cambiamento nel sistema delle RI.
Una struttura d'autorità diplomatica, collegata al trattato, è la "UNIONE DI STATI", cioè l'insieme delle parti
contraenti, che sovrasta e determina la durata e la sfera di operatività del trattato.

- VERTICI
Sono degli incontri fra un gruppo più o meno ristretto di stati, nei quali si confrontano per raggiungere
obiettivi, coordinare strategie di breve-medio-lungo periodo, ecc.
 costituiscono una forma di DIPLOMAZIA CONGRESSUALE (Congresso di Vienna)
 non dispongono di un apparato organizzato in via permanente distinto (G20)
 la rappresentanza degli Stati si esercita al massimo livello: capi di stato e/o di governo

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
 rappresentano la massima espressione dell'INTERGOVERNATIVISMO per la garanzia dell'interesse
nazionale.
 La regola è quella del consenso, quindi quella dell’UNANIMITÀ. L’adozione di un documento finale,
un piano d’azione, qualcosa che necessita dell’accordo delle parti che stanno partecipando per
essere tale deve ricevere il consenso di tutti gli stati membri di quel vertice. Non sempre si trova
l’intesa.
- CONFERENZE INTERNAZIONALI
Le relazioni diplomatiche operano anche attraverso le ‘conferenze internazionali’ promosse dagli stati in
collegamento con le organizzazioni internazionali o anche al di fuori di esse.
Esprimono, si parla al riguardo di DIPLOMAZIA CONGRESSUALE, cioè di strutture d’autorità che non sono
nuove alla prassi delle RI.
La prima grande conferenza diplomatica dell’età moderna è quella che si concluse nel 1648 con i Trattati di
Münster e di Osnabrück, la cosiddetta Pace di Vestfalia.

B) STRUTTURE INTERGOVERNATIVE ORGANIZZATE:


- bilaterali, multilaterali
- sistemiche, sottosistemiche
- universali, regionali o continentali
- politiche, economiche, militari, culturali, tecniche
- si basano su un accordo giuridico tra governi di stati nazione
- comprendono tre o più stati quali parti dell'accordo
- dispongono di un segretariato permanente per la realizzazione degli obiettivi stipulati
- sono agenzie degli stati col compito di favorire la cooperazione fra gli SM e di agevolare il singolo stato
nel perseguimento di una maggiore governabilità al suo interno.

C) REGIMI INTERNAZIONALI
Esistono strutture d’autorità internazionali che non sono né diplomatiche non-organizzate, né
intergovernative organizzate.
I “regimi internazionali” (da tenere distinti dal “regime del sistema politico internazionale” nell’accezione
eastoniana) sono forme di cooperazione tra un gruppo ristretto di stati
 su aree tematiche specifiche,
 create per adempiere a prestabiliti compiti senza vincoli procedurali per i partecipanti,
 che condividono una stretta gamma sia di interessi sia di valori di riferimento,
 che non comportano trasferimenti di sovranità in capo a entità sopranazionali
 sono un’area di cooperazione selettiva tra affini, senza troppi lacci e lacciuoli.
Tra gli esempi di regimi si portano quelli che pertengono all’area finanziaria (in base alle regole del FMI),
allo sfruttamento delle risorse dell’alto mare, alle telecomunicazioni.
Più in generale possiamo dire che a partire dalla fine degli anni 70 agli anni 80, questi regimi internazionali
si sviluppano soprattutto per iniziativa delle grandi potenze che cercano di affrontare alcune questioni al
difuori delle organizzazioni internazionali e in contesti molto meno conflittuali.
È un modo anche per delegittimare la stessa organizzazione internazionale multilaterale per renderla più
marginale nel funzionamento del sistema delle politiche internazionali.
Le strutture d’autorità internazionali sono investite
- dal sovraccarico della domanda politica internazionale
- dalla dinamica dei processi di trasformazione strutturale in atto nel pianeta.
Oggi c’è la diffusa esigenza di un governo e di una governance internazionale. Questo è un fattore di
istituzionalizzazione di duplice e contrapposto segno, che si esprime

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• da un lato, con il consolidamento delle strutture di vertice, che sono di tipo diplomatico e
intergovernativo;
• dall’altro, con la crescita di ruolo degli attori solidaristici transnazionali.
Il Diritto internazionale dei diritti umani indica la via per una più omogenea istituzionalizzazione in chiave di
democrazia internazionale e di MLG.

Si ipotizza che la risposta strategica che il sistema internazionale è sollecitato a dare possa essere duplice e
contestuale:
 sottrarre il monopolio dell’uso della forza alle singole sovranità nazionali, riassumendolo nell’ONU,
debitamente democratizzata
 e attuare una più equa distribuzione delle risorse tra i popoli.
La domanda popolare transnazionale di giustizia sociale e di partecipazione egualitaria esige che nuove
strutture si creino e che le preesistenti si adeguino alla logica umano-centrica delle relazioni internazionali.

3. Regole del gioco


Sono quelle norme non codificate formalmente, che tuttavia disciplinano in modo concreto il
comportamento degli attori e delle istituzioni nei loro rapporti reciproci.
Possono variare anche in assenza di cambiamento formale dei principi fondamentali e delle norme
giuridiche del sistema e sono spesso più osservate di queste ultime:
dinamica della “costituzione materiale”.
Esempio: “crisi della sedia vuota”.

Poi abbiamo le AUTORITÀ DEL SISTEMA: sono quelle persone che rappresentano un’istituzione (presidente
del parlamento europeo, il segretario generale delle NU, ecc.). Esse agiscono e interagiscono nel sistema
delle RI e ne possono influenzare le scelte, le decisioni.
Ciò dipende molto dall’autorevolezza di queste persone.

MODELLISTICA DI KAPLAN
Qui facciamo riferimento alla teoria generale dei sistemi che ci aiuta a capire la complessità d’insieme del
sistema delle RI e la tendenza delle RI a strutturarsi in termini di un sistema politico sempre più organizzato
e di tipo governativo.
La prima organica applicazione di questa teoria di analisi delle RI è stata fatta da Kaplan alla fine degli anni
’60.
Pubblica diversi volumi e articoli che portano la produzione di tutta una serie di modelli di sistemi
internazionali e partendo da un assunto fondamentale: il sistema internazionale può assumere
comportamenti diversi a seconda del modo in cui le sue variabili si pongono in relazione l’una con l’altra.
Significa che il sistema internazionale è un sistema adattivo, dinamico che va soggetto a mutamenti e che è
alla continua ricerca di un equilibrio.
I modelli di Kaplan sono modelli analitici e alcuni di loro sono anche stati storicamente validati. Analitici
vuol dire che sono dei modelli che aiutano ad esprimere, classificare, organizzare dati cognitivi relativi alla
complessità del sistema internazionale.
Alla luce di questi modelli delle RI, la teoria delle RI dovrebbe essere in grado di mettere a fuoco
- Da un lato le condizioni che rendono il sistema in qualche modo riconoscibile, con determinati
caratteri identitari statualità
- Dall’altro i tipi di trasformazione a cui può essere soggetto globalizzazione economia.
Lo studio di un sistema internazionale per Kaplan è lo studio delle interazioni fra un determinato gruppo di
variabili. Lui ne propone cinque che sono:
1. LE LEGGI ESSENZIALI DEL SISTEMA
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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
2. LEGGI DI TRASFORMAZIONE
3. LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTORI
4. LA CAPACITÀ DEGLI ATTORI
5. LE VARIABILI DELL’INFORMAZIONE
Sulla base di questo ragionamento Kaplan ha costruito sei principali modelli analitici di sistema:
1. SISTEMA BILANCIA DI POTERE è un sistema a sottosistema dominante. Gli attori esclusivi del
sistema sono gli stati nazionali non c’è spazio per le organizzazioni internazionali all’interno del
sistema, dice Kaplan, esiste un gruppo di attori essenziali che sono quegli attori che hanno degli
attributi di posizione e capacità di azione superiori a quelli degli altri. Questo gruppo di attori
essenziali non può essere troppo numeroso, deve essere inferiore a cinque perché deve assicurare
elasticità al gioco delle alleanze.
Il comportamento di questo sistema è indispensabile, è bilanciato per garantire la sua stessa
esistenza altrimenti crolla. C’è una potenza maggiore che agisce quale ago di bilancia del sistema e
gli armamenti di cui dispongono gli attori sono di tipo convenzionale.
Regole essenziali di condotta di questo modello:
- Regola che si danno gli stati: agire per incrementare le proprie capacità e negoziare piuttosto che
combattere.
- Combattere piuttosto che lasciarsi sfuggire un’occasione per incrementare le proprie capacità.
- Cessare di combattere piuttosto che eliminare un attore essenziale perché sennò c’è il rischio di
sbilanciare il sistema.
- Contrastare ogni attore o coalizione che manifesti mire egemoniche.
- Scoraggiare gli attori che aderiscono a principi di organizzazione sovranazionale quindi che hanno
una visione diversa da quella stato-centrica.
- Consentire all’attore essenziale sconfitto di rientrare nel gioco del sistema oppure immettere in
questo ruolo un altro attore essenziale.
Queste regole possono cambiare, sta al ricercatore identificarle.
Gli attori che non osservano queste regole sono considerati devianti e nei loro confronti possono
essere applicate sanzioni.
Questo modello del sistema internazionale trova conferma nella storia delle RI?
Si certo sia nel XVIII che nel XIX secolo e anche prima nelle relazioni delle città-stato. È un modello
che ha trovato poi precisa conferma nella realtà.
2. SISTEMA BIPOLARE ELASTICO siamo in presenza di un modello internazionale con sottosistema
dominante dove sono rappresentati gli stati-nazione. Gli attori essenziali sono i due blocchi
contrapposti rispettivamente controllati da una superpotenza.
L’epoca, periodo a cui si fa riferimento è quello della “Guerra fredda-bipolare”.
C’è posto per l’organizzazione internazionale. Esistono gli stati nazione, i blocchi, le organizzazioni
transnazionali, ecc.
Esistono stati che non sono membri dei due blocchi (esempio: movimento dei non allineati).
L’armamento dei due blocchi è di tipo nucleare oltre che convenzionale.
La struttura bipolare del sistema implica che qualsiasi variazione nelle capacità militari si ripercuota
sull’altro e sull’intero sistema delle RI.
Qui entra in gioco la strategia della deterrenza ovvero il possesso di armi nucleari capaci di secondo
colpo, cioè che assicura la sopravvivenza di un attore e la capacità di rispondere al primo attacco.
Questo è un elemento indispensabile per la sopravvivenza di un sistema bipolare, altrimenti
imploderebbe.

Questo sistema risponde a delle regole essenziali:


- I due blocchi di tipo gerarchico tendono ad eliminare i blocchi rivali cioè non vogliono che nel
sistema si creino altri blocchi= no sistema MULTIPOLARE.

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- I due blocchi di tipo gerarchico devono negoziare piuttosto che combattere.
- Combattere guerre minori piuttosto che illimitate e dirette.
- Combattere guerre maggiori piuttosto che lasciarsi sfuggire l’occasione di eliminare il blocco rivale.
Questo modello bipolare elastico trova conferma storica nel sistema internazionale che si è venuto
a creare dopo la WWII.
3. SISTEMA BIPOLARE RIGIDO
4. SISTEMA GERARCHICO
5. SISTEMA UNIVERSALE è quello che in qualche modo si avvicina di più, quantomeno idealmente,
alla realtà attuale.
Ha una struttura di tipo organizzato, parzialmente centralizzato grazie alla presenza di un’autorità
riconosciuta sovraordinata agli stati.
Questa struttura si limita al compito di redimere i conflitti fra gli stati, fra gli attori.
La struttura del sistema è di tipo confederale. A livello sistemico funzionano meccanismi per
l’esercizio di alcune fondamentali attività di tipo sia giurisdizionale, sia economico, sia
amministrativo, ecc.
C’è il riconoscimento in questo modello della presenza forte di un’autorità sovraordinata agli stati
che detiene anche dei poteri, dei pezzi di sovranità. Il sistema esige che i valori e gli obiettivi degli
attori nazionali siano compatibili con i valori solidaristici propri del sistema in quanto tale. C’è
questa attenzione ai valori umani universali.
6. SISTEMA DELL’UNITÀ DI VETO

La teoria della modellistica di Kaplan ci offre delle categorie concettuali che potremmo utilizzare per
descrivere un sistema, un politico. Ciò è utile per far emergere i problemi.

Mercoledì 27 ottobre (De Perini)


GLI ATTORI DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI
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Sono una parte fondamentale perché comprendendone il ruolo, la capacità operativa, i limiti, il progresso
di evoluzioni-involuzione che molti attori stanno avendo nel sistema internazionale ci permette di capire
qual è la capacità e la possibilità per questi attori di avere un impatto di modificare il trend delle attuali RI e
ci permettere di spiegare anche alcuni dei fenomeni che stiamo osservando in particolare con il riferimento
alle attività che caratterizzano, distinguono le RI da altre aree delle politiche pubbliche come ad esempio le
missioni di pace, la cooperazione e la politica estera.

Cos’è un attore nelle RI?


Possiamo definire un attore come un qualsiasi individuo o entità che abbia sufficiente autorità o potere
uniti alla volontà di esercitare e utilizzare questo potere per influenzare i processi politici. Ovviamente noi
intendiamo politico in senso ampio come quell’attività attraverso cui le persone preservare, costruiscono e
modificano le regole generali sotto le quali vivono la propria vita di relazione; quindi, la politica è legata
inestricabilmente ai fenomeni del conflitto e della cooperazione. Quindi quando parliamo di qualsiasi
individuo o entità politica parliamo di attori che sono portatori di specifici interessi e valori che alle volte
favoriscono processi di cooperazione e negoziazione alle volte invece favoriscono processi di conflitto.
Non parliamo di un attore omogeneo con la stessa mentalità di interessi e di valori ma guardiamo alle RI
come a una piattaforma in cui diversi attori portatori di valori diversi si affrontano, dialogano e trovano
soluzioni comuni quando possibili o altrimenti si trovano in una situazione di tensione e conflitto.

Questa capacità di avere un impatto nelle RI è la discriminante; abbiamo tantissimi attori di diversa natura
che agiscono a livello nazionale e internazionale ma noi consideriamo solo quelli che sono politicamente
rilevanti cioè che hanno degli interessi e dei valori che hanno la capacità di portare avanti e di influenzare
la discussione relativa all’agenda politica internazionale.
In inglese questa capacità viene riassunta nel termine AGENCY che indica proprio la capacità di esercitare il
proprio potere a livello internazionale.
C. Hill, uno dei più grandi studiosi di politica estera, attribuisce l’agency solo agli attori internazionali
indipendenti. questo è significativo perché in un certo senso chiama in causa un’importante discussione
che si è tenuta negli anni nel campo delle RI che viene definita come il problema “AGENCY-STRUCTURE” =
l’agency caratterizza gli attori e la loro capacità indipendente di voler influenzare le RI; la struttura invece è
il sistema internazionale di per sé. Quindi questo dilemma tra struttura e agency sostanzialmente
rappresenta due verità osservabili:
a. gli esseri umani e le loro organizzazioni sono attori rilevanti le cui attività aiutano a
riprodurre la società in cui viviamo.
b. la società è fatta di relazioni sociali che strutturano, danno forma a questi attori rilevanti,
quindi influenzano le scelte, le decisioni, le possibilità di azione che questi attori hanno.
Questo è proprio un dilemma nel contesto delle RI perché indica la difficoltà di determinare fino a che
punto, in che modo un attore riesce ad agire liberamente in modo indipendente a livello internazionale o
agisce in un modo che è preventivamente determinato dalla struttura, cioè dal funzionamento e dalle
interazioni esistenti a livello internazionale.
Capire gli attori è fondamentale anche per capire i processi perché di fatto questi processi sono da un lato
causa, dall’altro conseguenza dell’interagire di tipologie di attori nei settori internazionali.
L’agency e la struttura sono interdipendenti e si costituiscono reciprocamente attraverso processi di
socializzazione che avvengono a livello internazionale. L’interrelazione tra la capacità di agire e gli attori e
le caratteristiche del sistema che produce i risultati che noi possiamo osservare nel più ampio sistema
internazionale.

QUALI SONO GLI ATTORI POLITICAMENTE RILEVANTI?

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Dipende dall’approccio teorico con cui osserviamo i fenomeni, processi delle RI. A seconda di dove
mettiamo il focus, l’attenzione diamo importanza ad attori, altri non li consideriamo o viceversa abbiamo
un approccio più inclusivo che ci permette di considerare altri attori che magari verrebbero tralasciati da
altre prospettive.
L’approccio influenza sia gli attori, sia i temi.
Se noi abbiamo un approccio realista, stato-centrico abbiamo una visione di quelli che sono
i temi= pace intesa come pace negativa, sicurezza nazionale.
e gli attori.
Gli approcci del mutamento globale, della democrazia internazionale, global governance hanno
ovviamente una prospettiva molto più inclusiva non sono in relazione di temi ma anche di attori che si
possono considerare.
Da questo approccio abbiamo una grande varietà di attori da considerare:
- gli STATI: rimangono attori formidabili nonostante molte delle loro prerogative siano state dismesse
dai vari processi del mutamento
- le ORGANIZZAZIONI INTERGOVERNATIVE: imprese transnazionali (multinazionali del profitto)
- le ORGANIZZAZIONI DI SOCIETÀ CIVILE / ONG: non necessariamente combaciano.
- i POPOLI e MINORANZE: rilevanti se sono riconosciuti dagli stati direttamente interessati, se manca
il diritto del riconoscimento della territorialità dei confini.
Le minoranze sono di diversa natura: linguistiche, nazionali, religiose, ecc.
- i GOVERNI LOCALI: stride con il discorso delle RI però di fatto le città, le regioni, le province sono
quegli attori più vicini alla protezione delle persone, sono quegli attori che si trovano in primo luogo
però ad affrontare le esternalizzazioni dei processi di mutamento che osserviamo a livello
internazionale (migrazioni).
- le ALTRE ENTITÀ “SUI GENERIS”: movimenti di liberazione, chiese, ecc.

Giovedì 28 ottobre
Come possiamo distinguere, classificare, comparare gli attori delle RI
- Se seguiamo una tipologia tradizionale cioè una classificazione che si concentra soprattutto su quelli
che rimangono gli attori principali delle RI vale a dire gli STATI, è una classificazione che si base sugli
ATTRIBUTI DI POSIZIONE= si concentra sul misurare e comparare attraverso degli indicatori, spesso
numerici, una serie di caratteristiche che contraddistinguono i vari stati estensione territoriale,
numero di abitanti, il tipo e la quantità delle risorse naturali, gli armamenti, il potere culturale, la
qualità, la tenuta del sistema politico, il capitale umano, il capitale sociale, ecc.
Questa è una prima tipologia che aiuta ma al tempo stesso è molto limitata. È difficile paragonare stati con
altre tipologie di attori andando a vedere questi attributi di posizione.
- Un’altra tipologia distingue i paesi tra CENTRO e PERIFERIA. Questo è un approccio che è basato su
criteri economici perché gli indicatori che permettono di collocare gli attori in una o in un’altra
parte di questa distinzione sono gli INDICATOTI DELLO SVILUPPO ECONOMICO. È un altro modo che
mostra come il mondo sia sviluppato in modo gerarchico e quale sia la iniqua distinzione fra gli
attori più ricchi, al centro del sistema mondo, e quelli più poveri a livelli periferici.
Anche questa è una tipologia che per lo più si concentra su attori statali.
Se ampliamo il campo considerando altri attori abbiamo altre distinzioni:
- STATALE o NON STATALE che va di pari passo con un’altra distinzione che è quella tra
TERRITORIALITÀ e NON TERRITORIALITÀ. Quindi tra quegli attori che sono caratterizzati per avere
sovranità su un determinato territorio e quelli che non sono caratterizzati dalla presenza di un
territorio sul quale esercitano la propria sovranità, attività.
È una buona distinzione, chiara, semplice ma ci sono degli attori che non rispondono ai requisiti.

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- Per esempio, se includiamo fra gli attori i governi locali, i movimenti di liberazione, ecc. in queste
categorie precedenti, la loro soggettività è un po’ mista, perciò, per questo motivo faremo
riferimento alla distinzione cosiddetta TIPOLOGIA DELLA DIVERSIFICAZIONE. Essa distingue tra tre
aree:
1. AREA DELLA STATALITÀ E DELL’INTERSTATALITÀ:
2. AREA DELLA NON STATALITÀ o della TRANSNAZIONALITÀ
3. AREA DELLA SOGGETTUALITÀ MISTA: quella dove abbiamo attori che non sono con facilità
classificabili nelle due divisioni.
I tentativi nello studio che si fanno per fare queste classificazioni hanno il vantaggio di offrire anche
delle scorciatoie per comprendere meglio le caratteristiche generali dell’adattamento, del
funzionamento, dei limiti di certi attori; al tempo stesso avviene spesso che non sempre si riesca nel
dettaglio ad inquadrare tutte le tipologie di attori, ci sono delle eccezioni a queste tipologie.

STATALITÀ/INTERSTATALITÀ NON SOGGETTUALITÀ MISTA


STATALITÀ/TRANSNAZIONALITÀ
Stati Organizzazioni di società civile Entità religiose transnazionali
(chiese)
Organizzazioni intergovernative Imprese multinazionali Movimenti di liberazione
(“UE”)
X Popoli, gruppi, minoranze Enti di governo locale / regionale
X Individui (per via associativa) Gruppi europei di cooperazione
territoriale

Il sistema dei rapporti delle RI non è un sistema chiuso ma è un sistema in continuo mutamento, non a caso
un punto di forza sono i processi di mutamento internazionale. Quindi è interessante andare a vedere una
serie di criteri, di capacità, di propensioni che possono caratterizzare tutti questi attori. Queste capacità ci
aiutano a capire lo status di salute attuale e a comprendere i cambiamenti in corso in una prospettiva
evolutiva del sistema internazionale.
Per ogni tipologia di attore è utile considerare tre elementi:
- CAPACITÀ DI RENDIMENTO: partiamo dalle prerogative originali di questi attori e vediamo quanto
riescono a rendere rispetto a queste. Fanno anche meglio o non riescono a soddisfare i loro compiti
sul piano internazionale?
- CAPACITÀ DI APPRENDIMENTO E ADATTAMENTO: in che modo questi attori riescono a
comprendere i cambiamenti anche improvvisi che avvengono nel sistema internazionale e adattare
la propria struttura, la propria funzione per farci fronte. È evidente che in un sistema in mutamento
la capacità di apprendimento contribuisce molto a comprendere quel è lo stato di salute,
l’evoluzione di questi attori delle RI.
- PROPENSIONE A COESISTERE CON ALTRI ATTORI (PROPENSIONE AL PLURALISMO): gli attori
coinvolti sono diversi, di diversa natura e un modo interessante è guardare alle loro capacità è
valutare come questi attori riescono a coesistere con gli altri attori esistenti.
Queste tre capacità, ovviamente, son ben diverse a seconda del tipo di attore su cui ci si concentra.

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Area statale-interstatale
Stati
Premessa: siamo sempre più critici nei confronti del ruolo che gli stati giocano a livello internazionale, in
realtà alla fine sono sempre gli stati il mezzo di relazione e di comparazione del funzionamento di questi
processi e quindi sostanzialmente il ruolo degli stati emerge in qualsiasi parte del corso.
Lo stato si caratterizza per una composizione tripartita: TERRITORIO= area geografica ben definita dove
esercita la propria sovranità-POPOLO= insieme dei cittadini su cui la sovranità viene esercitata-GOVERNO=
esistenza di un ordinamento politico-giuridico autonomo che consente di esercitare la sovranità sul
territorio e il popolo.
Con questa composizione interna che contraddistingue tutti gli stati a livello internazionale uno degli effetti
principali che contraddistingue il ruolo degli stati è la cosiddetta UGUAGLIANZA FORMALE che si esercita
attraverso il principio del “one country one boat” in tutte le organizzazioni internazionali dove si prendono
le decisioni rilevati, ciascuno stato (USA o Repubblica di San Marino) è uguale e sovrano e ha lo stesso
potere di voto.
Nel complesso gli stati sono diversi e in particolare per quanto riguarda gli attributi di posizione che
determinano il grado di potenza ed influenza che gli stati hanno sul sistema internazionale. Sulla base degli
attributi di potenza abbiamo molti modi di distinguere gli statui tra di loro.
Modi di distinguere gli stati a seconda degli attributi considerati:
- GRADO DI POTENZA ED ESTENSIONE GEOGRAFICA: grandi potenze-superpotenze; medie potenze,
piccole potenze, potenze regionali.
- ARMAMENTI: nucleari e non nucleari: sicuramente ha fatto la differenza durante la guerra fredda;
adesso l’attenzione agli armamenti nucleari è meno visibile anche se abbiamo visto che con le
tensioni tra Trump e Putin e soprattutto con i rapporti con la Corea del Nord il tema nucleare
rimane una sfida alla sicurezza nazionale molto rilevante, capace di dare molti attributi di posizione.
- DEMOCRATICI- CIVILIZZATI vs FALLITI-CANAGLIA
- CONCEZIONI DI RUOLO: l’ipotesi o l’argomentazione secondo la quale le concezioni o le percezioni
che i leader hanno delle risorse materiali, ideazionali e culturali del proprio paese determina il
ruolo, l’orientamento e le mansioni che questo paese avrà nel sistema internazionale. Quindi
l’attenzione è sulla concezione del ruolo che gli daranno. Questo approccio all’inizio è stato pensato
nel senso che per definite i ruoli i ricercatori andavano a vedere che tipo di concezioni emergessero
dai discorsi in pubblico, dalle interviste però con il tempo gli studiosi intervenendo nel dibattito si è
capito si che se si vuole capire veramente il paese che ruolo gioca bisogna stare attenti anche al
ruolo che viene assegnato dagli altri stati.
Uno dei vantaggi di questo approccio è che ci permette di dare l’attenzione agli individui che
prendono le decisioni in rappresentanza degli stati e naturalmente quando prendono le decisioni
hanno sia l’interesse del paese in mente ma hanno anche tutta una serie di contingenti che
riguardano anche le proprie prerogative personali, culturali. È un approccio che permettere dunque
di fare un passo ulteriore, di aprire la scatola nera del processo di “decision making” guardando che
posizioni hanno le persone all’interno per orientare l’attivismo e l’agency dell’attore a cui ci
riferiamo.

CRISI DELLA STATUALITA TRADIZIONALE


Si parla da molto tempo della crisi della statualita tradizionale, dell’incapacità degli stati di rendere rispetto
a quelle che sono le prerogative originarie della difesa dei confini del territorio e della popolazione che
fanno richiamano alla pace di Vestfalia del 1848. Questo tipo di crisi in un certo senso si è modificata nel
corso del tempo, sicuramente i vari processi del mutamento hanno sicuramente contribuito alla crisi della
statualità tradizionale.

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Questo ha contribuito a rendere i confini tra gli stati porosi, a rendere le sfide a livello nazionali
trascendano i confini e quindi a fare si che gli stati non abbiano più individualmente la capacità di far fronte
a queste sfide (sfida ambientale, COVID, processi migratori).
MAGGIOR CAPACITÀ DI ADATTAMENTO E DI RENDIMENTO
Ciò ci porta a porre l’attenzione su quelli che sono gli altri due indicatori che abbiamo segnalato: la capacità
di apprendimento e al pluralismo. Cioè quello che possiamo ipotizzare è che per permettere agli stati di far
fronte a questa riduzione della propria capacità di rendimento sia necessario aumentare la capacità di
apprendimento e adattamento alle dinamiche attuali. Quello che è evidente però è che gli stati hanno
dimostrato di avere scarsa capacità in questo senso. C’è una completa incapacità di apprendere dai propri
errori e modificare le proprie caratteristiche in modo da evitare le stesse sfide in futuro, c’è una sorta di
circolo vizioso.
PROPENSIONE AL PLURALISMO COME ELEMENTO CHIAVE
Il terzo tema riguarda la propensione all’apertura al pluralismo che diventa un elemento chiave. Possiamo
ipotizzare che gli stati riusciranno a recuperare un ruolo centrale quantomeno nel sistema internazionale
se saranno in grado di accettare la compresenza di altre tipologie di attori ma anche una partecipazione più
attenta, affidabile nelle organizzazioni governative che sono state create dagli stati stessi questo anche in
un’ottica di sussidiarietà potrebbe consentire a queste tipologie di attori di giocare un ruolo che ha un
rendimento maggio re a livello internazionale. Uno degli scenari che si prospetta per chi sostiene in misura
maggiore un approccio che si fonda sulla sussidiarietà e sulla governa a multilivello è quello in cui gli stati
sostanzialmente si trasformino in livelli di raccordo tra dimensione più internazionale, intergovernativa e la
dimensione locale in modo tale da consentire che le varie sfide, problematiche che vengono dal sistema
internazionale che devono essere affrontate ai vari livelli vengano affrontate dal livello più competente
vicino al problema che si trova ad affrontare.
SPINTE ESOGENE vs SPINTE ENDOGENE
Abbiamo una serie di spinte che possono incoraggiare gli stati a mutare, a adattarsi ai vari processi in corso.
Alcune spinte vengo da dentro altre sono di natura esogena quindi vengono dall’esterno.
Sfide come la pandemia, che coinvolgono tutta la comunità internazionale, rappresentino un campanello di
allarme nei confronti egli stati e rispetto alla necessità di aumentare la loro propensione al pluralismo e di
cooperare in modo più funzionale affidando anche parte della propria sovranità anche ad altri attori
internazionali, sovranazionali per far fronte a queste sfide.
Spinte esogene: crisi, pandemie, conflitti
spinte endogene: volontà politica, vision. Per queste la situazione è già preoccupante perché vengono dalla
leadership e quello che da molto tempo ormai che si vede a livello internazionale è la mancanza di questa
vision, di strategie che consentono di maggiormente adattare il sistema internazionale al ruolo degli stati.
OGGI: TENDENZE DI RITORNO ALLO STTAO-CENTRISMO VS NUOVO IMPEGNO PER UN
MULTILATERALISMOPIÙ ESCLUSIVO ED EFFICACIE
Quello che vediamo speso è una tendenza o un tentativo di ritorno allo stato-centrismo. Alla chiusura dei
confini, alla cooperazione solamente determinata da quelli che sono interessi più materiali dal punto di
vista nazionale.

Organizzazioni internazionali intergovernative


Si parla di circa 300 organizzazioni internazionali attive in questo momento. Gran parte delle organizzazioni
internazionali sono posizionate nel nord del mondo, nei paesi europei, occidentali.
Possiamo definire un'organizzazione internazionale intergovernativa come sostanzialmente una struttura
formale continua che ha normalmente una sede permanente, un segretariato indipendente e che ha il
compito di realizzare i compiti stipulati attraverso un trattato che possiede un insieme formale di regole e
procedure decisionali sostenute appunto da un autorevole strumento di accordo tra tre o più stati.
Ovviamente se ci sono due Stati si tratta di un accordo bilaterale e non possiamo parlare di
un'organizzazione non governativa.
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Nell'approccio che seguiamo in questo corso diciamo che tali organizzazioni intergovernative sono di fatto
gli attori più interessanti da osservare più nel dettaglio perché sono nelle organizzazioni non governative
che gli Stati si socializzano internazionalmente quindi hanno delle opportunità, delle occasioni di di definire
quelle che sono le regole a livello internazionale di confrontarsi sui punti dell'agenda, di formare alleanze o
sotto alleanze anche per quanto riguarda il voto nei vari organismi sulla base sia dell'appartenenza
geografica sia dei degli interessi comuni. Sono le organizzazioni intergovernative, composte da Stati, che di
fatto definiscono almeno i cardini di quella che è l'agenda politica internazionale. Anche dal punto di vista
della partecipazione di altri attori sono le organizzazioni intergovernative le prime che hanno
effettivamente avuto un ruolo importante internazionale. Esse forniscono uno status che viene definito
status consultivo che consente a un numero sempre maggiore di ONG e di organizzazioni di società civile
riconosciute di partecipare alle discussioni a livello internazionale nelle quali vengono poi definiti i temi
dell'agenda. Sono le organizzazioni intergovernative che favoriscono il funzionamento di forme di
interazione multilivello pensiamo alle Nazioni Unite ma anche all'unione europea dove sostanzialmente
l'idea di governance multilivello si è formata per dare appunto delle diverse competenze della divisione dei
poteri e della responsabilità che avviene e sul suolo europeo.
Chiaramente guardando le varie organizzazioni intergovernative un po’ più nel dettaglio, sono un ottimo
punto di osservazione per guardare quelle che sono le tradizioni e i compromessi e anche come funziona
questa interdipendenza complessa quando poi ci si trova sullo stesso piano a definire le problematiche
comuni e le strategie per reagire a queste problematiche comuni.
Quello che possiamo fare è quantomeno una rapida distinzione su due assi: quello territoriale e quello
della portata del lavoro dell'organizzazione. Quindi chiaramente dividiamo tra organizzazioni che hanno
una portata globale, regionale, trans regionale e sub regionale e dal punto di vista degli obiettivi
chiaramente si possono distinguere obiettivi generali e obiettivi specifici.

GLOBALE REGIONALE TRANS SUBREGIONALE


REGIONALE
OBIETTIVI ONU UNIONE AFRICANA, ASEAN, …
GENERALI ORGANIZZAZIONE
STATI AMERICANI, UE*
OBIETTIVI WORLD BANK, MERCOSUR, ASIAN NATO, OCSE, ARAB-MAGHREB,
SPECIFICI IMF, UNESCO, DEVELOPMENT BANK, OSCE, OPEC, UNION…
(COMMERCIO, UNDP, FAO, ILO, CONSIGLIO D’EUROPA, OIC, …
DIFESA- UNHABITAT, OIM, …
SICUREZZA, …
SVILUPPO,
COOPERAZIONE
CULTURALE,
DIRITTI UMANI)
Quindi a livello di obiettivi generali e di portata territoriale globale possiamo mettere le NU; a livello
regionale mentre le varie organizzazioni di natura continentale come ad esempio l'unione africana,
l'organizzazione degli Stati americani o la stessa Unione europea fermo restando differenze che abbiamo
menzionato all'inizio tra dimensione intergovernativa e sovranazionale; a livello sub regionale possiamo
comprendere l'associazione delle Nazioni del sudest asiatico. Chiaramente le organizzazioni che hanno
degli obiettivi generali sono un numero molto limitato mentre quando noi ci spostiamo agli obiettivi
specifici sia a livello globale che regionale che trans regionale che sub regionale abbiamo tutta una serie di
organizzazioni dalle varie agenzie delle Nazioni unite o che comunque collegano la propria attività con le
Nazioni Unite (la Banca Mondiale, il fondo monetario internazionale, l’UNESCO e il programma per lo
sviluppo Nazioni Unite, la FAO, ecc.) sia a livello regionale (Mercosur, la banca di sviluppo asiatico, il

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Consiglio d'Europa che ha tra gli obiettivi la promozione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di
diritto; l'unione araba del Maghreb per quanto riguarda la cooperazione di natura economica).
ELEMENTI IN COMUNE DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI INTERGOVERNATIVE
- Come abbiamo detto c'è alla base un accordo giuridico tra tre o più stati. Questo accordo
chiaramente istituisce gli obiettivi, i principi, gli organismi e le funzioni degli organismi che
compongono l'organizzazione internazionale e prevede, sancisce anche l'obbligo di osservare
l'accordo che può essere un trattato uno statuto partecipando alle attività di organismi, fornendo i
fondi e i contributi annuali e le quote ordinarie per il funzionamento, dando seguito alle decisioni
prese, ecc.
I trattati come, per esempio, la carta le Nazioni Unite del 45, il trattato di Londra che istituisce il
Consiglio d'Europa e tutti gli altri trattati che hanno istituito le organizzazioni sono alla base; è un
elemento comune in tutte le organizzazioni.
- L'altro elemento comune di tutte le organizzazioni intergovernative sarebbe la formale eguaglianza
di tutti i membri espresso a livello di voto dalla formula “one country one boat”. Formula che in
realtà non è così mantenuta a livello omogeneo perché in realtà abbiamo diversi esempi, in diverse
organizzazioni internazionali, in cui questa formula è di fatto messa in discussione da una serie di
misure che garantiscono ad alcuni stati un peso maggiore e quindi sostanzialmente una capacità
maggiore di influenzare le decisioni che vengono prese.
Esempio: i 5 paesi del consiglio di sicurezza delle Nazioni unite= Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Federazione
russa. Sono quei 5 paesi che nonostante nell'assemblea generale hanno un voto come tutti gli altri paesi membri, in
consiglio di sicurezza, che è l'organismo che prende le decisioni più rilevanti per quanto riguarda la gestione della
pace e della sicurezza internazionale, possiedono il principio del veto cioè la possibilità di votare contro, impedire
che una risoluzione, decisione venga presa; sia sono membri permanenti e quindi hanno la possibilità di contribuire
con continuità ed influenzare, dirigere la politica internazionale mentre gli altri 10 membri del consiglio di sicurezza
sono membri non permanenti che vengono eletti per due anni. Quindi sono questi cinque paesi che possono non
solo decidere cosa viene adottato ma anche dare con consequenzialità e direzione all’agenda politica internazionale
con riferimento della pace e alla sicurezza.
Esempio: la possibilità nelle organizzazioni economiche internazionali (Banca Mondiale o FMI) per alcuni paesi di
avere i pacchetti di voto proporzionali al tipo di contributo economico-finanziario che i paesi danno per il
funzionamento di queste organizzazioni e quindi i paesi più ricchi che non sempre ma almeno in queste
organizzazioni danno una maggiore quota hanno quindi un maggior peso nella presa delle decisioni e questo
chiaramente contribuisce a spostare l'agenda di queste organizzazioni in favore dei paesi più ricchi.
Esempio: a livello europeo è stata introdotta con il trattato di Lisbona la cosiddetta doppia maggioranza che è una
forma di maggioranza qualificata che non è una maggioranza basata su “One country on Boat” ma è basata
sostanzialmente sulla popolazione dei vari Stati membri; quindi, il le decisioni, a livello di UE, prese a maggioranza
qualificata o a doppia maggioranza, avvengono con il voto favorevole del 55% degli Stati membri quindi almeno 15
stati su 27 che rappresentano almeno il 65% della popolazione del dell'UE. Quindi, in questo in questo modo paesi
popolosi hanno maggiore possibilità di orientare il voto dell'UE su temi che riguardano le questioni relative alla
politica estera.
- Avere un segretariato permanente che ha la funzione di organizzare il lavoro dell'organizzazione,
portarlo avanti attraverso le linee che sono state definite dagli Stati.
- Avere un obiettivo istituzionale comune a tutti che è quello di favorire l'azione e la sinergia tra i vari
Stati membri.
- Avere una serie di obiettivi specifici tra gli stati membri. Chiaramente cambiano secondo
l'organizzazione, la portata, la tipologia di organizzazione che prendiamo in considerazione e quindi
possono variare dal favorire la cooperazione, garantire la comunicazione, elaborare posizioni
comuni, preparare norme giuridiche internazionali, elaborare politiche di intervento in determinate
situazioni, ecc.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022

STRUTTURA TIPICA OIG


- ORGANO MONOCRATICO Abbiamo un direttore esecutivo-un segretario generale che ha la
funzione di guidare, di rappresentare internazionalmente l'organizzazione.
- Normalmente RAPPRESENTATI DEI GOVERNI Viene eletto periodicamente, normalmente
dall'organo più inclusivo dell'organizzazione che è l'assemblea dei membri o assemblea generale e
ovviamente le procedure per decidere, eleggere il direttore o il segretario generale non sono uguali
per tutte le organizzazioni.
- (NUMERO RISTRETTO DI MEMBRI) CONSIGLIO DIRETTIVO O ESECUTIVO ha la funzione di
discutere le delibere, le decisioni prese a livello di assemblea generale.
- TRIBUNALE AMMINISTRATIVO ha la funzione sostanzialmente di risolvere le controversie tra gli
stati.
- Possiamo avere anche in alcune organizzazioni delle ASSEMBLEE PARLAMENTARI. Esempio: NATO,
consiglio d’Europa, ecc.
- In ciascuna organizzazione internazionale o per mezzo trattato istitutivo o attraverso l'azione di
questi organi si possono creare una serie di ORGANISMI SUSSIDIARI. La commissione per i diritti
umani e lo stesso consiglio diritti umani sono organismi sussidiari ideati dal segretario generale e
creati all'assemblea generale.
Abbiamo due tipologie diverse di organismi che indicano un diverso tipo di fondamento e di
indipendenza:
 da un lato possiamo avere ORGANISMI DI STATI vale a dire organismi che sono composti da
rappresentanti degli Stati membri che possiamo definire organismi di natura politica e dove
chi partecipa alle riunioni prende le decisioni in funzione delle istruzioni che provengono dal
governo
 Dall'altro lato possiamo avere ORGANISMI COMPOSTI DA INDIVIDUI e in questo caso gli
individui vengono selezionati per la loro esperienza e competenza e fanno gli interessi
dell'organizzazione quindi sono autonomi, indipendenti rispetto all'istruzione, alle spinte che
possono avvenire dagli Stati membri e questo fa molto la differenza.
Questa indipendenza non è sempre garantita perché ci sono più odi trasversali attraverso i
quali gli stati riescono a fare pressione.

RIFLESSIONE CON RIFERIMENTO AI TRE INDICATORI: CAPACITÀ DI RENDIMENTO-ADATTAMENTO E DI


APERTURA E COESISTENZA (PLURALISMO)
La capacità di rendimento in queste organizzazioni è ridotta rispetto a quello che si può attendere.
Esempio: carta NU= le varie promesse e i vari documenti che sono stati adottati nel tempo ma anche se
guardiamo agli obiettivi dell'unione europea vediamo che il rendimento di questi attori è abbastanza
ridotto e questo avviene sia per delle difficoltà politiche, per gli interessi nazionali che fanno pressione e
cercano di ostacolare spesso il funzionamento di questi organismi sia per quello che potremmo definire un
“input overload” cioè il fatto che le organizzazioni si trovano a fronteggiare e a cercare di rispondere a una
serie sempre crescente di richieste di intervento e di prese di decisioni per risolvere situazioni. Quindi in
realtà il rendimento è ridotto alla centralità e il riferimento che si fa a questi attori è in crescita e questo
causa sostanzialmente un rendimento minore.
Va anche detto che noi seguiamo un corso politologico quindi ci concentriamo per lo più sugli attori politici
ma molte organizzazioni internazionali non hanno necessariamente finalità politiche e funzionano molto
meglio però chiaramente quando noi pensiamo per esempio al rendimento delle Nazioni unite ci
concentriamo sul rendimento dell'organizzazione in sé soprattutto per le questioni più politiche del suo

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
mandato vale a dire il mantenimento della pace e della sicurezza, l'attuazione e la promozione dei diritti
umani.

Chiaramente le capacità di adattamento ed apprendimento di queste organizzazioni sono state favorite dai
processi di mutamento nazionale che fanno sì che questi attori abbiano sempre la capacità di fronteggiare
le sfide che si susseguono a livello globale e una serie di competenze sempre più sovranazionali. Vale a dire
che gli Stati a stanno facendo in modo, pur con molta opposizione, cercando di rallentare il processo, che
queste organizzazioni abbiano sempre più prerogative sovranazionale.
Poi l’apertura del pluralismo di fatto è inerente alla stessa natura delle organizzazioni internazionali cioè
intergovernativa perché lo dice il nome stesso sono attori derivati, sono gli Stati che le hanno costituite
quindi sicuramente quantomeno l'apertura e la cooperazione nei confronti degli Stati è sicuramente
garantita. Questo tipo di cooperazione è perseguita gradualmente attraverso una serie di iniziative: lo
status consultivo ha consentito già dagli anni 40 ma in particolare 70-80 a un numero sempre più ampio di
organizzazioni non governative di partecipare ai processi, alle deliberazioni e alle negoziazioni in taluni
organismi, senza possibilità di voto, soprattutto nel consiglio economico e sociale delle Nazioni unite nel
Consiglio d'Europa o nella commissione africana dove questo status è garantito anche attraverso la
creazione di tutta una serie di forum e di gruppi di lavoro, di organismi che si occupano di consentire agli
altri gruppi, come le minoranze, i gruppi nazionali, gli indigeni di partecipare e di portare la propria
domanda direttamente dove le decisioni vengono definite, prese a livello internazionale.
Il rapporto con le ONG è importante perché molto spesso esse cercano direttamente il contatto con la
dimensione internazionale intergovernativa cercando di bypassare lo stato che non dà necessario sostegno
alle proprie attività e quindi molti ipotizzano che di fatto quando noi pensiamo alle ONG la sostenibilità e il
funzionamento delle organizzazioni non governative passa precisamente dalla capacità delle organizzazioni
intergovernative di essere pluraliste in chiave di dare sempre maggiori ruoli di funzione agli attori non
governativi di società civile per contribuire a portare appunto gli interessi e le necessità che le
organizzazioni rappresentano all'interno del processo internazionale che viene deciso all'interno di queste
organizzazioni.
Quindi sostanziale le ONG di fatto contribuiscono allo stesso tempo al funzionamento delle organizzazioni
intergovernative dando visibilità alle loro attività, dando legittimità e voce e viceversa la partecipazione di
ONG, organizzazioni di società civile al lavoro di organizzazioni intergovernative da uno status alle ONG che
permette a loro di avere legittimità nel portare avanti a livello nazionale, transnazionale, internazionale le
loro posizioni e i propri interessi.

Venerdì 29 ottobre
Area della non statalità / transnazionalità
Attori non-statali
Si includono tutte quelle organizzazioni, individui che non sono affiliati, diretti o finanziati da un governo.
Questa è una definizione molto ampia che più che altro ci dice chi non è statale.
In questa tipologia, in questa area della transnazionalità abbiamo sostanzialmente due grosse categorie di
attori da un lato abbiamo gli attori un po’ più strutturati, organizzati per via transnazionale dall’altra
possiamo aggiungere, quantomeno considerare-discutere, il ruolo di una serie di altri attori che in qualche
modo sono riconosciuti a livello internazionale e legittimati a svolgere ruoli significativi per la definizione
delle politiche internazionali che complementano di fatto il ruolo degli attori non statali più strutturati.
La definiamo area della non-statalità/transnazionalità perché chiaramente la dimensione che ci interessa
dell'operatività dell'agire di questi autori travalica i confini nazionali e in questo senso se ci riferiamo
soprattutto quelle che sono probabilmente le varie tipologie di attori non-statali con una vocazione
transnazionale quindi le organizzazioni di società civile diciamo che possiamo già fare una prima

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
differenziazione tra diverse tipologie di agire transnazionale. Abbiamo un transnazionale diciamo in senso
stretto che indica l'aggregazione tra individui e gruppi senza la mediazione di strutture associative a livello
nazionale e questo per esempio può essere il caso delle grandi organizzazioni internazionali non
governative come Amnesty International (=organizzazione che non ha membership di massa) o anche movimenti
sociali o anche dei movimenti più recenti che si sono sviluppati anche se poi questi movimenti sviluppano
delle strutture a livello nazionale che consentono di meglio organizzare il lavoro (=il movimento giovanile per la
lotta al cambiamento climatico è un movimento che aggrega degli individui a livello transnazionale sebbene poi alla fine
quando noi serviamo organizzati vediamo che ci sono le varie branche per paese che organizzano le attività a livello
nazionale).
Poi chiaramente abbiamo un'altra forma di trans-nazionalizzazione che prevede la confederazione, la
Federazione, l’aggregazione dirette tra attori che invece agiscono a livello nazionale locale quindi per
esempio le federazioni dei sindacati o dei datori di lavoro che possiamo avere a livello europeo, a livello
internazionale oppure le grandi reti di organizzazioni non governative aggregate per tema e scopo di
appartenenza anche queste a diversi livelli regionale, transnazionale e globale.
Quindi un'altra caratteristica di questi attori non-statali è che all'origine non abbiamo un accordo pattizio
tra governi ma un accordo tra individui e gruppi.
Un'altra importante distinzione è la differenza che abbiamo tra profit no e non profit; tra quegli attori non
statali che si organizza a livello transnazionale per motivi di profitto e quelli invece che condividono tutta
una serie di motivi che potrebbero anche comprendere sotto la più ampia etichetta di promozione umana.
Quindi questa è un’area di questa tipologia abbastanza ampia e diversificata.

IMPRESE DEL PROFITTO


(MULTINAZIONALI/TRANSNAZIONALI)
Il ruolo di questi attori è una materia specialistica che non approfondiamo.
Ma sono attori a cui dobbiamo far riferimento se non altro perché attraverso l’aggregazione e il
perseguimento degli interessi economici a livello globale e transnazionale che questi attori portano avanti
essi contribuiscono all’accentuazione di alcuni dei processi di mutamento globale in corso e quindi allo
stesso tempo sfidano di fatto la capacità di rendimento, adattamento e di apertura degli altri attori che
complementano lo scacchiere degli attori che partecipano alla vita delle RI.
Diversamente dagli stati, che sono vincolati da norma internazionali definite-decise-adottate dagli stati
stessi e dalla ONG soprattutto quelle di promozione umana, queste imprese molto spesso tendono a
sfuggire alle norme di diritto internazionale, sfruttano la propria natura ibrida per scappare ai vari
meccanismi di controllo che sono stati istituiti sia a livello nazionale che internazionale.
A livello internazionale c’è un dibattito, un confronto politico tra attori portatori di valori diversi soprattutto
per quanto riguarda il rapporto tra le organizzazioni di società civile e le imprese multinazionali. Alcun dei
primi grandi successi delle reti di OSC nella storia riguardano proprio campagne volte a rendere il
comportamento di alcune multinazionali più etico, attento ai diritti delle persone e alla questione
ambientale.
Questi attori sfuggono alle regole e questo avviene anche perché molto spesso i governi nazionali hanno
una relazione con queste imprese che potremmo definire ambigua per certi aspetti o compiacente. Molti
governi sono riluttanti a limitare l’azione delle imprese multinazionali che investono nel loro territorio altri
sono mono attenti a monitorare le azioni secondo i principi concordati a livello intrazonale, nazionale;
mentre alcune volte abbiamo proprio una forma di sostegno e di finanziamento da parte dei governi a
queste imprese multinazionali.
(Esempio: multinazionali che offrono servizi di monitoraggio e sorveglianza= caso del Messico dove si è riusciti a
dimostrare che il governo messicano fa ricorso ai servizi offerti da un’azienda SNO group che utilizza lo spider Pegasus che
traccia le persone che si oppongono alle politiche del governo. Quindi il governo finanzia questo tipo di impresa per non
avere problemi relati alle opposizioni politiche. Si rende complice delle violazioni di diritti umani che queste imprese
realizzano.)

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Una delle problematiche che interessa di più quando ci riferiamo al ruolo delle imprese multinazionali nella
definizione della politica internazionale è il modo in cui talune multinazionali agiscono a livello
internazionale in relazione all’avanzamento effettivo del processo di internazionalizzazione dei diritti
umani.

Vi è la conosciuta necessità di far si che le aziende multinazionali siano più responsabili, attente,
trasparenti e affidabili per quanto riguarda la protezione e la tutela dei diritti umani nei paesi in cui
investono e costruiscono le proprie sedi e nel corso degli anni a livello di NU, di comunità internazionale
abbiamo avuto diverse proposte di trovare dei documenti che dessero alle multinazionali le stesse
responsabilità degli stati ma queste sono state resistite sia a livello intergovernativo sia da parte delle
imprese e, in particolare a partire dal 2005, il segretario generale delle NU ha istituito un rappresentante
speciale proprio per studiare la questione, monitorare il modo in cui le imprese possono essere più
affidabili e alla fine del suo mondato, durato sei anni, il rappresentante speciale, politologo americano ha
presentato un codice di condotta “principi guida su imprese e diritti umani” che è un documento non
vincolante.
Il primo principio è il riconoscimento degli obblighi in capo agli stati di proteggere i diritti umani e da parte
di tutti gli attori anche terzi che agiscono sul proprio territorio. Secondo è il ruolo delle imprese
commerciali transnazionali e no, indipendentemente dalle loro dimensioni-settore-ubicazione-proprietà, di
rispettare tutte le leggi applicabili ai diritti umani internazionalmente riconosciute e la necessità di
corrispondere a questi diritti, obblighi una serie di rimedi appropriati in caso si dimostri che queste imprese
li violano.
Questo è un primo tipo di strumento che è stato realizzato e che ha avuto un importante successo a livello
sia internazionale che non.
A livello di NU è stato istituito un gruppo di lavoro di esperti indipendenti con il fine di monitorare come i
principi contenuti in quel documento si sviluppano e vengono accettati e applicati da parte degli stati.
Ovviamente è un monitoraggio che non può avere delle conseguenze punitive.
Questo ha portato alcuni organismi in particolare il consiglio dei diritti umani delle NU, nel 2014, a
sponsorizzare un impegno da parte delle comunità internazionale per far si che questi principi guida
vengano trasposti in una convenzione giuridica vincolante.
Nel 2014 è stato istituito un gruppo di lavoro intergovernativo, ancora una volta sono gli stati a decidere
come definire gli obblighi giuridici, in particolare i due stati sponsor sono l’Equador e il Sudafrica.
Una bozza “zero” è stata proposta nel 2018, ovviamente le negoziazioni per questo tipo di accordo sono
molto difficili e molto lunghe quindi ad ogni incontro il gruppo periodico discute nuove proposte; in questo
momento nel 2021 siamo alla terza bozza della formazione di questo trattato.
Visto che la responsabilità principale è di rendere queste imprese affidabili c’è molta attenzione, resistenza
al modo in cui questo trattato sarà definito e anche quelli che saranno poi i meccanismi per monitorare ed
eventualmente sanzionare violazioni di questo trattato.

Un altro sviluppo interessante anche perché non si incastra del paradigma valoriale specifico dei diritti
umani sono le linee guida che sono state realizzate dall’OCSE.
Queste “Linee guida per le imprese multinazionali” non si basano sui diritti umani ma sono finalizzate a
fornire i principi e gli standard non vincolanti per una condotta aziendale responsabile e coerente con le
norme internazionali.
Entrambe le linee guida non sono vincolanti, usano un approccio politico per cercare di definire gli
standard e le norme che dovrebbero essere rispettati e cercano l’impegno degli stati e delle multinazionali,
ma, rispetto alle linee guida delle NU che sono in capo agli stati e alle aziende, queste linee guida sono
definite dagli stati, quindi, includono una serie di raccomandazioni che sono concordate dagli stati e dirette

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nei confronti delle multinazionali. Quindi, per quanto riguarda la promozione di questi strumenti possiamo
anche considerare una maggiore attenzione e coerenza da parte dei governi che le hanno adottate.
Un altro elemento interessante delle linee guida dell’OCSE riguarda la creazione di reti di punti di contatto
nazionali che servono ad assistere le imprese e le loro parti interessate a adattare le misure necessarie per
favorire l’attuazione delle reti.

RIFLESSIONE CON RIFERIMENTO AI TRE INDICATORI: CAPACITÀ DI RENDIMENTO, ADATTAMENTO E DI


APERTURA E COESISTENZA (PLURALISMO)
Alla fine dei conti le imprese multinazionali sono l’attore che sta meglio in questo contesto di mutazione
continua.
Il rendimento non è ostacolato dai processi di mutazione in atto anzi ne è facilitato.
Per quanto riguarda la capacità di adattamento e di apprendimento quello che vediamo è una capacità
implicita nella dinamica di mobilità e di compresenza contemporanea operativa su più territori. Quindi vi è
la capacità di sfruttare le opportunità che si sviluppano a livello nazionale per adattarsi e aumentare le
proprie possibilità di profitto.
Per quanto riguarda la propensione al pluralismo questa anche in un certo senso è accettata
implicitamente da questi attori che chiaramente sono attori che devono interagire con alti attori presenti
sul territorio ma diciamo che sostanzialmente il privilegio della relazione che viene fornita da questi attori
riguarda quella dei governi attraverso forme di dialogo, confronto o comunque attraverso forme di
cooperazione.
Mentre con le ONG e le OSC l’apertura è molto difficile in quanto si tratta di due attori che portano avanti
valori, paradigmi completamente diversi, opposti e questo porta ad una forma di conflitto.

Attori collettivi:
parlare di popoli e minoranze come attori politicamente rilevanti nelle RI passa per la questione primaria
da discutere.
Bisogna discuter e il riconoscimento della loro soggettività internazionale e dei loro diritti originari perché
se non abbiamo il riconoscimento di ciò è difficile parlare di una qualsiasi possibilità di influenzare la
politica internazionale.

Popoli
La situazione quando si parla di popoli è abbastanza complessa.
È una delle tre componenti dello stato ma abbiamo anche popoli senza stato (popolo dei curdi) oppure
abbiamo popoli che hanno uno stato ma questo non è riconosciuto a livello internazionale (repubblica araba
del Saharawi).
C’è una certa opposizione, resistenza, difficoltà sia dal punto di vista concettuale per inquadrare i popoli
come soggetti indipendenti e autonomi del diritto internazionale e di RI sia dal punto di vista degli stati di
riconoscere una soggettività distinta dalla propria ai popoli perché questo potrebbe rappresentare una
minaccia che mette in discussione la loro sovranità, integrità territoriale.
Quello che vediamo è che abbiamo il diritto all’autodeterminazione dei popoli riconosciuto nel diritto
internazionale ma manca una definizione ufficiale di popoli. Rimane difficile individuare chi è il titolare di
questi diritti.
A questo proposito abbiamo avuto diversi tentativi per lo più intellettuali di cercare di dare una definizione,
di riconoscere i diritti originari dei popoli. Abbiamo molti documenti internazionali che hanno i popoli come
soggetto:
- per esempio, un documento “Diritto dei popoli” realizzato a fine anni 80 dall’UNESCO dove il popolo viene
definito come un gruppo di esseri umani che hanno in comune numerose o la totalità di x caratteristiche elencate.

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Inoltre, il gruppo deve essere più che una semplice associazione di individui in seno ad uno stato. Il gruppo deve
desiderare di essere identificato con il popolo.
- Per esempio, nel 1984 l’assemblea generale delle NU ha adottato una dichiarazione “diritto dei popoli alla pace”;
nel 1986 una dichiarazione “diritto dei popoli allo sviluppo”; nel 2007 l’adozione della dichiarazione delle NU “sui
popoli indigeni”, ecc.
Quando cerchiamo di valutare che tipo di influenza potrebbero avere nella politica internazionale dipende
da una domanda difficile “chi è legittimato a rappresentare i popoli a livello internazionale?”. Se ci
riferiamo a quei popoli che non hanno ancora uno stato, probabilmente quel ruolo è svolto dai tradizionali
movimenti di liberazione nazionale (Palestina).
Potremmo dire che dei legittimi rappresentanti dei popoli a livello internazionale sono i vari leader dei partiti populisti
che stanno proliferando in tanti paesi del mondo?

minoranze
all’interno degli stati possiamo avere anche una serie di minoranze.
La minoranza è una tipologia di attore attivo che minaccia meno l’integrità e la sovranità degli stati in cui
vivono, in realtà ha un apparato di riconoscimento molto meno definito. Abbiamo delle definizioni:
- Le minoranze possono essere etniche, religiose o linguistiche. Vengono definite come un qualsiasi
gruppo di persone che costituisce meno della metà della popolazione all’interno di un territorio di
uno stato e i cui membri condividano caratteristiche comuni di coltura, religione o lingua o una
combinazione dei una di queste. Una persona può appartenente liberamente ad una minoranza
etnica, religiosa o linguistica senza alcun riconoscimento di cittadinanza, residenza, ecc. ufficiale o
qualsiasi altro riconoscimento ufficiale.
Abbiamo diverse forme di tutela a livello globale, regionale: il documento più riconosciuto è la
dichiarazione del 1992 delle NU ma a livello europeo dove il rispetto delle minoranze è molto significativo
abbiamo una serie di strumenti giuridici vincolanti come la “Convenzione quadro” del 1986 per la
protezione delle minoranze nazionali la “carta delle lingue minoritarie” 1992. Abbiamo anche dei
meccanismi che si preoccupano in modo specifico di proteggere e tutelare le minoranze per esempio
nell’ambito dell’OCSE.
Abbiamo anche molte iniziative per protezione e tutela delle minoranze a livello continentale, regionale
africano, sudamericano, ecc.
La questione, il modo in cui la comunità internazionale, gli stati hanno concepito l’idea di minoranza non è
tanto come attore collettivo in sé con una sua soggettività internazionale ma piuttosto come appartenenti
a minoranze che in quanto tali sono titolari di una serie di diritti e prerogative.
Questo lo si vede bene osservando i primi due articoli della “dichiarazione diritti delle persone appartenenti a
minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche” del 1992 delle NU:
Articolo 1
Gli Stati debbono proteggere l'esistenza e l'identità nazionale o etnica, culturale, religiosa e linguistica delle minoranze nei loro
rispettivi territori e debbono favorire le condizioni per la promozione di tale identità.
Gli Stati debbono approvare idonee misure legislative e di altro tipo per raggiungere tali obiettivi.
Articolo 2
Le persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche (di seguito indicate come persone appartenenti a
minoranze) hanno il diritto di coltivare la loro cultura, di professare e praticare la loro religione, e di usare la loro lingua, sia in
privato che in pubblico, liberamente e senza ingerenza o discriminazione.
Il modo principale con cui le questioni relative agli appartenenti alle minoranze viene portato all’attenzione
dell’agenda politica internazionale è attraverso una serie di meccanismi che sono stati creati proprio per
dare visibilità ai diritti degli appartenenti a questi gruppi, scambiare pratiche, esperienze e dare info circa lo
stato di salute delle varie minoranze nei territori. Uno di questi meccanismi è il forum istituito nel 2007 e
che si incontra periodicamente per dare voce alle minoranze e dargli visibilità.

INDIVIDUI
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Da un lato come attori politicamente rilevanti possiamo inserire quelli che fanno parte della cosiddetta
classe politica internazionale=
- DIPLOMATICI,
- i RAPPRESENTANTI DEGLI STATI nei vari forum, organizzazioni internazionali
- e i FUNZIONARI PUBBLICI che lavorano per le varie organizzazioni intergovernative.
Dall’altro lato abbiamo tuta una serie di altre figure individuali che anche se non hanno uno specifico
riconoscimento, una soggettività internazionale riconosciuta ma che potrebbero costituire attori
politicamente rilevanti che possono influenzare i processi in corso=
- LEADER DI OPINIONE (Greta Thumberg) influenzano le RI attraverso la loro opinione creando
movimenti transnazionali di proporzioni significative, forti, coesi e attivi.
- HUMAN RIGHTS DEFENDERS spesso associate in gruppi nazionali e transnazionali
- WHISTLE-BLOWERS/ SEGNALATORI DI ILLECITI: un individuo che denuncia pubblicamente o riferisce
alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o
privata o di un'azienda.
- GIORNALISTI
- CELEBRITIES ambasciatori di buona volontà, sportivi, ecc. Spesso usate come testimonial per influire
a livello internazionale.

AREA della soggettualità mista


Riguarda quegli attori la cui soggettività è trasversale.
Hanno delle caratteristiche appartenenti a uno e all’altro gruppo.
È una categoria che cerca comunque di dare una rilevanza a una serie di attori che comunque nel tempo
hanno sviluppato sistemi e meccanismi per agire o per far sentire la loro voce a livello internazionale.

ENTI LOCALI E REGIONALI


Il governo locale è il polo territoriale primario della dinamica e della sussidiarietà, prende le decisioni che
consentono di regolare nel concreto, nella vita di tutti i giorni le influenze sia positive che negative dei vari
processi di mutamento globale sulle persone.
Anche se sulla carta l’ente locale ha una competenza in un territorio ben definito e limitato è chiaro che è
nell’interesse della maggior parte degli enti locali adottare delle politiche, delle misure che siano efficaci
per affrontare le sfide e per rafforzare e democratizzare e partecipare alla costruzione di un
multilateralismo.
Ci sono sostanzialmente due modalità con cui un ente locale può di fatto contribuire a questi processi:
1. In modo DIRETTO spingendo sui governi, cercando in qualche modo di ostacolare alcune politiche
che magari rallentano o riducono l’effettività delle norme internazionali del funzionamento del
multilateralismo.
2. Partecipare direttamente a delle iniziative internazionali che possono essere di diversi tipi:
- Iniziative di rappresentanza formale in organismi istituiti ad hoc da organizzazioni intergovernative
e partecipazione a processi decisionali.
- Attraverso la gestione autonoma di programmi e iniziative attraverso associazioni (transnazionali) e
reti di governi locali. Le città si coinvolgono con altri attori sul piano politico per rappresentare sé
stesse e i propri interessi.
- Forme di cooperazione transfrontaliera, o interterritoriale (specialmente a livello europeo),
interregionale la cui massima rappresentanza è costituita dai
GECT= GRUPPI EUROPEI DI COOPERAZIONE TERRITORIALE.
È la forma più recente, sviluppata di cooperazione tra territori ed enti appartenenti a stati diversi a livello
europeo che migliora le esperienze avvenute già dagli anni 70 come le comunità di lavoro, le euro-regioni…
Sono un’iniziativa dell’UE, istituiti con regolamento UE 1082/2006 (PE e Consiglio).

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Obiettivo: facilitare e promuovere in particolare la cooperazione territoriale tra i suoi membri – comprese
una o più linee di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale – al fine di rafforzare la
coesione economica, sociale e territoriale dell’UE
(aree escluse dagli stati: polizia, regolamentazione, giustizia e politica estera).
Ha personalità giuridica cioè può agire a nome e per conto dei i suoi membri.
Può essere composto di autorità regionali, locali, stati membri, altri enti pubblici. E non è esclusa la
partecipazione di entità di Paesi terzi se questi prevedono forme di accordo con l’UE.
Stato membro deve essere notificato dai membri potenziali e approvare o meno la partecipazione.
Forma di adattamento di enti sub-nazionali a sfide dell’interdipendenza?
Capacità di questi enti di partecipare e di adattarsi con nuove iniziative che sono a poste gli enti locali da
parte dei processi di interdipendenza quindi qualcosa che offre protezione alla vulnerabilità degli enti
locali, regionali e offre loro maggiore potere attraverso canali istituzionali che sono al di fuori di quelli
forniti dall’ordinamento dello Stato.
Esempi:
- Euroregio senza confini (2012) tra Veneto, Friuli e Land Kärnten (in Austria)
Temi della cooperazione: energia, risorse, rifiuti, trasporti, infrastrutture, cultura sport, protezione civile ecc.
- Efxini Poli - SolidarCity Network (2012) tra 26 città e entità greche, 2 città cipriote e 2 entità territoriali in Bulgaria
> mira a proporre e attuare una politica globale per lo sviluppo sostenibilità
Temi della cooperazione: sviluppo sostenibile, gestione rifiuti, turismo sostenibile.

FORME DI COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA


CHIESA CATTOLICA E ALTRE ISTITUZIONI RELIGIOSE
MOVIMENTI DI LIBERAZIONE
Mercoledì 3 novembre
organizzazione delle nazioni unite
NU= massima organizzazione multilaterale con confini politici generali.
Statuto, quindi l’accordo vincolante tra le parti dell’organizzazione, è entrato in vigore il 24 ottobre 1945
ma l’organizzazione entrò in funzione dal 1° gennaio 1946.
L’organizzazione è il seguito dei negoziati che si sono protratti per due mesi nell’ambito della conferenza di
San Francisco, che al tempo raggruppava sostanzialmente i paesi che avevano vinto la WWII= circa 50 stati
partecipanti e un numero significativo di ONG che vennero chiamate a partecipare alla conferenza come
osservatori.
Se guardiamo agli scritti che relazionano sulla conferenza di San Francisco vediamo che, sebbene marginale
come osservatori, il ruolo della società civile fu particolarmente importante per fare si che i leader mondiali
radunati a San Francisco mantenessero le promesse e le aspettative che avevano creato durante la WWII
(discorso sulle libertà, carta atlantica, …).
Anche se non sempre la volontà degli stati più importanti radunati a San Francisco era propensa a
mantenere nel dettaglio tutte le promesse.

L’organizzazione fondamentalmente si struttura su quattro finalità principali riconosciute nell’ART. 1 dello


statuto:
1) MANTENIMENTO DELLA PACE E SICUREZZA INTERNAZIONALE
2) SVILUPPARE RELAZIONI AMICHEVOLI TRA GLI STATI per contribuire a rafforzare la pace
internazionale
3) CONSEGUIRE LA SOLIDARIETÀ E LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E I DIRITTI UMANI
4) COSTRUIRE IL CENTRO DI COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ TRA LE NAZIONI
Oggi i paesi membri non sono più 50 ma sono saliti ben a 193 paesi membri delle NU.

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L’ART. 4 ci dice che l’accesso alle NU viene deciso dall’Assemblea generale su raccomandazione del
consiglio di sicurezza; quindi, alla fine dei conti è il consiglio che definisce fino a che punto un ostato può
essere considerato uno stato “amante della pace” = definizione data ai paesi membri dell’ONU.

Possiamo avere molte prospettive di analisi e di valutazione nei confronti del lavoro delle NU. Se ci
soffermiamo solo sul risultato raggiunto dalla conferenza di San Francisco nel 1945, vediamo che la carta,
lo statuto delle Nu base di per sé come uno strumento rivoluzionario.
Basta guardare ai principi ispiratori su cui si fonda che introducono una serie di principi nuovi per la
gestione delle relazioni fra gli stati insieme ad altri più tradizionali che possiamo far risalire alla pace di
Vestfalia e alla comunità internazionale tradizionalmente intesa:
- DIGNITÀ UMANA
- PROSCRIZIONE DELLA GUERRA
- DIVIETO DELL’USO DELLA FORZA PER RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI
- OBBLIGO DI RISOLVERLE PACIFICAMENTE
- SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE PER PORTARE AL PROGRESSO ECONOMICO E SOCIALE
- AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI
- SOVRANA EGUAGLIANZA FRA GLI STATI
- RISPETTO DELLA GIURISDIZIONE DOMESTICA DI CIASCUNO STATO
- ECCEZIONE: l’applicazione delle misure coercitive (che prevedono l’uso della forza militare) a norma
del cap. VII della Carta perché possono essere decise dal consiglio di sicurezza.
Vediamo come di fatto la carta delle NU nasce come rivoluzionaria con dei principi importanti, nuovi che
mettono l’individuo. La solidarietà al centro delle RI ma allo stesso tempo c’è un compromesso valoriale=
da un lato abbiamo il principio di eguaglianza, di non ingerenza negli affari interni che è il contrario del
principio di sovranità nazionale e dall’altro il tema e la questione della solidarietà internazionale e della
promozione dei diritti umani. Questo pone delle questioni relative al funzionamento delle NU soprattutto
per quanto riguarda le questioni di “hard politics”.
Questo compromesso, per molti, introdotto nell’ART. 2, comma 7 che sancisce che nessuna disposizione
dello statuto autorizza le NU ad intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla sovranità
nazionale interna, è stato proprio il compromesso accettato dagli USA per eventualmente accettare di
inserire la promozione dei diritti umani nelle finalità principali delle NU.
Sostanzialmente dal punto di vista operativo questi principi sono stati poi tradotti su tre pilastri d’azione:
1. PACE E SICUREZZA INTERNAZIONALE
2. PROMOZIONE DELLO SVILUPPO (che attualmente è un pilastro che gode di particolare attenzione
sia per il tema ambientale ma anche in particolare per la necessità di mantenere le promesse fatte
attraverso l’adozione dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile)
3. DIRITTI UMANI (uno degli elementi sui quali le NU ha spinto con più forza e con più risultati per
quanto riguarda la creazione i un piano legislativo internazionale)

Maggiori successi, passi in avanti, modi in cui la creazione, l’esistenza, il funzionamento, per quanto
difettoso, delle NU ha portato a influenzare le RI.
Successi maggiori raggiunti fino ad oggi dalle NU:

- FINE COLONIALISMO, INDIPENDENZA STATI: con l’impegno anche in assemblea generale delle NU,
attraverso la dichiarazione sulla concessione delle indipendenze sui popoli coloniali, ecc. si contribuì
in modo forte e determinato a porre l’esistenza di regimi coloniali in netta opposizioni rispetto a
quelli che sono i principi e gli obiettivi della carta delle NU e che con il tempo portò alla fine, al
disfacimento dei vari imperi coloniali ancora in corso e alla nascita di numerosi stati indipendenti
che contribuirono anche a modificare l’agenda politica delle NU creando delle nuove maggioranze

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in assemblea generale che portarono l’attenzione su altri temi (diritto allo sviluppo, necessità di
creare un nuovo ordine economico internazionale).
- PROMOZIONI PROGRESSIVA DI UN’IDEA INCLUSIVA DI SVILUPPO (sviluppo umano) E DI SICUREZZA
(sicurezza umana):
Idea Di Sviluppo incentrata sulle persone. Prima dell’intervento delle NU, negli anni 70-80’
quest’idea era incentrata su temi economici e finanziari, quante risorse e come vengono impiegate.
Non c’era un’idea di come i benefeci della crescita economica sono distribuiti tra le persone.
L’idea di porre l’individuo al centro dello sviluppo è avvenuta grazi e al contributo della NU in
particolare grazie al lavoro svolto nel programma delle NU per lo sviluppo= UNDP che ha promosso
a partire dagli anni 80 l’idea di sviluppo umano, multidimensionale che tiene conto anche della
qualità della vita delle persone.
Idea Di Sicurezza la sicurezza inizialmente era intesa come sicurezza tra stati. Col passare del
tempo, soprattutto grazie al contributo di svariati segretari generali l’idea di sicurezza è cambiata
diventando sempre più inclusiva. Sviluppando questa idea, in quanto non c’è ancora un accordo, si
è andata a sostituire ad un’idea più tradizionale (difesa dei confini da un’aggressione) e ha anche
influenzato in modo sostanziale le decisioni e le attività, per esempio, del consiglio di sicurezza.
- INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI DIRITTI UMANI: ovviamente ancora oggi vediamo violazioni dei
diritti umani in ogni angolo del mondo, ma prima del 1945, della carta delle NU non avevamo un
riconoscimento internazionale dei diritti umani; i diritti erano un qualcosa di competenza della
gestione domestica degli stati, un accordo tra il proprio governo e i cittadini. È la stata la carta che
ha portato ciò al di fuori della sfera interna.
- Grazie alla creazione di una commissione per i diritti umani, come organo sussidiario del consiglio
economico sociale, che col tempo ha preso luogo il processo di internazionalizzazione dei diritti
umani che oggi costituisce un corpus di leggi internazionali vincolanti e di meccanismi di
monitoraggio diffusi in tutto il mondo.
La volontà effettiva degli stati, in particolare dei governi di attuare queste norme, di cui loro stessi
hanno contribuito a sviluppare e ad obbligarsi è una questione che va sempre con altri strumenti.
- CAPACITÀ DI PROMUOVERE LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE ATTORNO A TEMI CRUCIALI
(Prassi delle conferenze internazionali): un successo delle NU è stato quello di riuscire ad aggregare
il dibattito pubblico della comunità internazionale integrando anche diversi altri attori come le OSC
su alcuni temi fondamentali. La prassi delle conferenze internazionali delle NU. Dove rappresentanti
dei vari stati, governi, società, organizzazioni si sono incontrati per discutere e raggiungere alcuni
traguardi. Per esempio, nel 1975 la conferenza sulle donne, la conferenza mondiale sui diritti umani
nel 1993; il summit della terra di Rio de Janeiro del 1982 è il primo impegno per il cambiamento
climatico, ecc.
- PRECURSORE RICONOSCIMENTO RUOLO ONG: il riconoscimento a queste organizzazioni, permette
ad esse di partecipare in modo attivo alle discussioni relative in modo particolare alle questioni
economico-sociali discusse all’interno delle NU. Ciò è stato ripreso anche da altre organizzazioni
internazionali, per esempio il consiglio d’Europa ha uno status partecipativo addirittura per le ONG
e ciò consente ad una domanda politica aggregata dal basso di entrare nelle sale dove i governi
decidono l’agenda politica globale su temi importanti.
- SOSTEGNO AL DIRITTO PENALE INTERNAZIONALE (creazione tribunali per Ruanda, ex-Jugoslavia, …):
il consiglio di sicurezza nel 1993-94 istituì dei tribunali penali internazionali come misure di natura
sovranazionale; quindi, ha imposto attraverso una decisione del consiglio di sicurezza ai sensi del
capitolo VII della carta la creazione di questi tribunali per giudicare la responsabilità penale
internazionale anche dei singoli individui nei casi di genocidio o crimini contro l’umanità. Questo è
stato un passo fondamentale per dare supporto a coloro che cercavano di istituire una serie di
meccanismi giuridicamente vincolanti per garantire la protezione del diritto penale internazionale.

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Fallimenti:
- PREVENZIONE CONFLITTI ARMATI E FALLIMENTO NEL FERMARE ATROCITÀ DI MASSA: le NU ha
tentativamente messo in piedi un sistema di sicurezza collettiva (ART. 43 rimasto insoddisfatto) ma
il suo funzionamento effettivo è stato messo in discussione dagli interessi politici degli stati.
- ALLESTIMENTO DI UN ORDINE ECONOMICO PIÙ GIUSTO E INCLUSIVO: soprattutto a partire dagli
anni 70 ci furono delle proposte dai nuovi paesi in via di sviluppo attraverso la fazione dei
movimenti non allineati di creare un nuovo ordine economico internazionale più giusto basto
sull’idea di commercio alla pari. Questo fu bloccato da alcuni degli stati più potenti mantenendo il
modo discriminatorio con cui sono gestiti l’economia e il commercio.
Nel 2018 si è rilanciata questa proposta di creare un nuovo ordine internazionale economico, si
vedrà.

Sfide:
- REALIZZARE LE PROMESSE FATTE NEL 1945, IN UN CONTESTO POLITICO-ECONOMICO-SOCIALE E
AMBIENTALE COMPLETAMENTE DIVERSO (CREDIBILITÀ, EFFICACIA, REPUTAZIONE,
PARTECIPAZIONE): sono passati 75 anni e siamo di fronte ad un mondo completamente diverso per
cui molti organismi, procedure, creati in seno alle NU sono diventati obsoleti. Questo è il campo
dove si gioca la partita per la credibilità, efficacia, la reputazione e la partecipazione in senso
democratico della società civile al lavoro delle NU.

Giovedì 4 novembre
ONU/ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE si intende l’insieme degli organismi creati dalla Carta e dai
meccanismi istituiti dalla Carta delle Nazioni Unite;
SISTEMA DELLE NAZIONI UNITE si intende a fare riferimento a un insieme di organismi, meccanismi,
organizzazioni e istituzioni che comprende sia quelli fondati dalla Carta sia un insieme di altre agenzie e
organizzazioni che nel tempo si sono associate al lavoro dell’ONU.

ORGANISMI PRINCIPALI E SUSSIDIARI DEL SISTEMA NU


Tipi di organismi che abbiamo all’interno di questo sistema:
 ORGANI PRINCIPALI  sono quelli previsti dalla Carta, anche chiamati “organi costituzionali”.
o Assemblea generale;
o Consiglio di sicurezza;
o Consiglio economico sociale;
o Corte internazionale di giustizia;
o Segretariato;
o Consiglio di amministrazione fiduciaria.
 ORGANISMI SUSSIDIARI  la carta delle nazioni unite prevede che l’assemblea generale e il
consiglio di sicurezza possano istituire organismi sussidiari sottoposti a loro giurisdizione che
consentono di svolgere nello specifico una serie di funzioni che sono affidate all’assemblea generale
o al consiglio di sicurezza.
A volte sono più efficaci dei grandi organi a cui fanno riferimento perché consentono di portare
avanti in un modo anche negoziale alcuni punti importanti dell’agenda.
Esempio: il consiglio diritti umani, organismo politico intergovernativo che ha la responsabilità di discutere l’agenda
globale sui diritti umani è un organo sussidiario dell’assemblea generale.
Un altro organo sussidiario è stato la commissione sul disarmo.
Per quanto riguarda il consiglio di sicurezza come esempi di organismi sussidiari abbiamo il comitato sull’antiterrorismo,
sulle sanzioni, ecc.
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 TREATY BODIES  organismi creati attraverso l’adozione di strumenti giuridici internazionali.
Spesso sono composti non da rappresentati degli stati ma da esperti indipendenti. I treaty bodies
più noti nel sistema NU sono i vari comitati (sul diritto delle persone con disabilità, sulle sparizioni
forzate, sull’eliminazione della discriminazione razziale, ecc.). Hanno il mandato di monitorare
attraverso una procedura di rapporti periodici consegnati da parte degli stati l’impegno effettivo
dello stato ad attuare le norme e le misure previste nei trattati. Questi treaty bodies analizzano la
situazione di un paese in base al tema di loro competenza ed emettono delle osservazioni.
 AGENZIE SPECIALIZZATE, PROGRAMMI E FONDI che molto spesso sono anche più celebri degli
organi dell’ONU. Formalmente vengono messe allo stesso piano ma in realtà sono tipologie di
organismi ben distinte. Le agenzie sono organizzazioni internazionali autonome composte da stati
con un trattato istitutivo al centro che prevede degli obblighi per gli stati.
Mentre, i fondi e i programmi sono istituiti con una risoluzione dell’Assemblea generale, quindi con
un voto dell’organo massimo di rappresentazione delle NU e hanno un mandato focalizzato su uno
specifico tema e sono completamente, di solito, finanziate con donazioni volontarie degli stati.
Budget regolare delle NU che si compone di finanziamenti dovuti dagli stati ai sensi della carta: $ 3MLD (2021).
Non comprende il peacekeeping.
Bilancio UNICEF, che si basa solo su contributi volontari: $7MLD (2021).
Il tema diritti umani riceve il 3% del budget dell’ONU + qualche donazione volontaria all’anno (circa 300Milioni).
 ORGANIZZAZIONI E ISTITUZIONI AUTONOME che si sono “ASSOCIATE”, per es. OIM.

In questo schema mancano gli stati, anche se comunque sono all’interno della Assemblea Generale, del
consiglio di sicurezza e in altri organismi.

ASSEMBLEA GENERALE
Organismo che riunisce tutti gli stati membri che sono 193 + una serie di osservatori (Palestina,
Vaticano…).
La funzione principale è quella di discutere su tutte le questioni relative al mandato dell’Onu, che è
abbastanza ampio.
Ogni anno a settembre, quando si dà il via alla sessione annuale dell’assemblea, c’è il general debate, che
prevede la partecipazione attraverso uno speech o uno statement, di tutti i leader mondiali.

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Questo però comprende solo la prima settimana di lavori dell’assemblea che di norma dovrebbero durare
tre mesi ma in realtà si protraggono per quasi un anno.
Nell’agenda che viene redatta ogni anno c’è il lavoro complessivo che svolge l’assemblea in plenaria:
elezione del presidente dell’Assemblea, il dibattito generale (prima settimana), le priorità che emergono
dal dibattito, ecc.
Poi si parte con i cosiddetti item dell’agenda che si dividono per tema, dalla promozione dello sviluppo
economico e sviluppo sostenibile, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e tantissimi
altri. Nel complesso sono circa 180 item che vengono discussi ogni anno e questo consente all’assemblea
generale che si è trasformata in una sorta di forum, di rimanere socializzata su quelle che sono le priorità e
i temi rilevanti.
A livello di partecipazione e peso dei singoli stati abbiamo il principio di eguaglianza formale del One State
One Vote, cioè significa che il voto degli USA e della Cina, per esempio, vale quanto quello di Palao.
Questo permette almeno per quanto riguarda la presa di decisioni o negoziazioni nell’assemblea generale
di creare delle forme di aggregazione e coalizione per portare avanti determinati temi perché le
maggioranze a livello numerico cioè sulla quantità di stati più che sulle dimensioni o sul peso politico.
CI sono due modi di votazione per far passare una risoluzione:
1. Votazione a maggioranza 2/3 dei membri;
2. Votazione per consenso, con la formula “without a vote” (senza voto). Non c’è effettivamente una
votazione sulla risoluzione presentata in assemblea, non c’è nessuna voce contraria in assemblea e
quindi la risoluzione viene approvata in questo modo.
75ª assemblea generale (2020-2021) la maggior parte delle decisioni sono state prese con la seconda
risoluzione. Assemblea, dunque, efficacie nel trovare un consenso generale sui temi. Per soluzioni più
politiche che toccano in modo più diretto gli interessi dei singoli paesi, però si usa la votazione.
Le risoluzioni dell’Assemblea generale non sono politicamente vincolanti, non contengono obblighi per gli
stati parte.

Dibattito nei confronti di una risoluzione degli anni 50= risoluzione 377(5) – United for Peace, promossa
dagli USA che davanti allo stallo del consiglio di sicurezza nell’adottare risoluzioni per risolvere questioni
relative alla sicurezza internazionale, riuscì a far adottare una risoluzione che decise che se il consiglio di
sicurezza non è in grado di svolgere il suo incarico principale - mantenere e prendere decisioni per il
mantenimento della pace e la sicurezza internazionale - allora l’assemblea generale può adottare delle
raccomandazioni per gli stati membri per misure collettive che possono anche avere l’uso della forza
militare (riferimento all’URSS durante la guerra di Corea).
Ha prodotto una linea contestata: essendo una sorta di forzatura di quello che è il mandato della carta
delle NU molti stati non hanno riconosciuto il potere vincolante di questa azione —> oscilla tra una
forzatura della carta e un senso di responsabilità internazionale degli stati che l’hanno sostenuta.

I documenti della sessione plenaria sono già definiti. I delegati lavorano in sei commissioni tematiche
prima che i testi vengano presentati e adottati nella sessione plenaria; quindi, il vero dibattito sta nelle
commissioni, più che in assemblea plenaria.

ECOSOC (Consiglio economico sociale) mandato di discutere le questioni relative


all’agenda 2030 economica-sociale, che abbiamo visto è messa in secondo piano da altre istituzioni
economiche. È stato usato come cassetta postale dall’assemblea. È comunque importante, perché ha
all’interno i comitati che riconosce lo stato consultivo delle ONG. È stato il primo in assoluto, in tema di
diritti umani, a adottare delle risoluzioni che hanno consentito una qualche forma di monitoraggio della
situazione dei diritti umani in alcuni paesi dove questi erano gravemente violati, per quanto in un contesto
di confidialitá cioè senza poter rendere pubbliche le valutazione di questo monitoraggio, e anche

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consentendo una prima forma di ricorso individuale nei confronti dei propri paesi per violazione avvenuta
nei diritti umani  Risoluzione 1235 e 1503 adottati nel ’67 e nel ’70.
È sotto la sua giurisdizione che si incontro un forum politico di alto livello che ha la funzione di monitorare
anno dopo anno l’avanzamento dell’agenda 2030 e l’impegno volontario dei singoli paesi sui singoli
obiettivi di sviluppo sostenibile.

CONSIGLIO DI SICUREZZA
Come mandato dalla carta delle NU è l’organo che ha la responsabilità principale del mantenimento della
pace e della sicurezza internazionale.
Ha il compito di determinare e di decidere l’azione riguardo le “minacce” alla pace e alla sicurezza che
avvengono a livello globale.
Rimane in organismo intergovernativo come l’assemblea generale ma a differenza sua, il principio di
eguaglianza formale degli stati non sussiste.
È composto da 15 paesi, di cui 5 con un seggio permanente e diritto di veto (USA, Russia, Cina, Francia,
UK) e 10 membri non permanenti, con l’incarico di 2 anni non rinnovabili.
Sono eletti a rotazione (5 ogni anno vengono cambiati) e i seggi sono raggruppati per area geografica: 5
seggi per l’area dell’Africa e dell’Asia, 1 Europa Orientale, 2 America Latina e 2 per i paesi occidentali.
Il voto funziona a maggioranza, ma l’astensione può consentire ad alcune risoluzioni di passare lo stesso:
risoluzione 1973 del 2011 che autorizzò la forza militare in Libia. C’era una grande perplessità da parte di
alcuni paesi, in particolare Cina e Russia, ma la risoluzione passò lo stesso con l’astensione di Germania,
Brasile e l’India.

Le risoluzioni del consiglio di sicurezza sono giuridicamente vincolanti per gli stati membri, ART. 25. Non
solo le risoluzioni che vengono prese ai sensi del cap. VII ma tutte, che comunque gli stati si sono impegnati
a prendere tramite la ratifica della carta.

Il consiglio, essendo il più importante dal punto di vista esecutivo, trova riscontro in più capitoli della carta:
dal V al XII.

La carta dell’ONU ha come fine il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e questo fine
istituisce in maniera molto dettagliato alla carta un sistema di sicurezza collettivo, ovvero un sistema
sovranazionale il cui compito è quello di garantire, al di là degli interessi dei singoli stati, la sicurezza
internazionale, che ai tempi in cui la carta è stata concepita erano intesi come conflitti tra singoli stati.
Le basi legali, giuridiche per questo sistema di sicurezza collettiva:
 CAP. VI —> prevede tutte quelle misure di natura tradizionale diplomatico-preventiva.
Esempio: qualora il consiglio identifichi una situazione che potrebbe pregiudicare la pace e la sicurezza, ci
sono tutte una serie di misure pacifiche (quali attività di negoziazione, d’inchiesta, d’azione, cooperazione,
forme di arbitrato, soluzioni giuridiche della situazione attraverso strumenti giudiziari o corti…) ARTT. 33
E 34 che illustrano le misure che il consiglio prende in accordo con le parti per cercare di risolvere le
situazioni che potrebbero minacciare la sicurezza internazionale.

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Questo capitolo non è controverso perché si muove in linea con una certa pratica diplomatica
che era già in corso precedentemente all’istituzione dell’ONU.
 CAP. VII  unica eccezione che prevede la possibilità di intervenire negli affari interni di uno
stato, quindi di “violare” il principio di sovranità degli stati.
Illustrato in maniera particolare due articoli:
o ART. 41: prevede una serie di misure che non implicano l’uso della forza militare. Il testo
parla di sanzioni ed embarghi (interruzione parziale o volerà della comunicazione
ferroviaria/aerea, interruzione rapporti diplomatici…);
o ART. 42: ci dice che se le misure dell’art. 41 sono inadeguate per risolvere il problema
che sta portando una minaccia alla pace, il consiglio di sicurezza può intraprendere con
forze aeree, navali o terrestri, ogni azione necessaria per mantenere e ristabilire
l’ordine, la pace e la sicurezza;
o ART. 43: dispone attraverso gli accordi la messa a disposizione degli stati membri di un
numero di risorse – militari, economiche e di intelligence – che consentano al Consiglio
di sicurezza di impiegare tramite un comitato militare un proprio contingente. Visto
come l’origine di una possibile forza permanente sovranazionale a disposizione del
Consiglio. Esiste ma di fatto non ha mai funzionato.
 CAP. VIII  arrangiamenti regionali.

Per far fronte alle carenze della realtà, dell’attuazione dei principi e delle misure previste nella carta, hanno
sviluppato una serie di misure di attività che nel tempo hanno consentito alle ONU di giocare un ruolo nelle
situazioni relative alla pace e alla sicurezza.

PEACEKEEPING
Sono operazioni per il mantenimento della pace.
La prima operazione riconosciuta è stata nel 1948, l’organizzazione per la UNTSO (United Nations Truce
Supervision Organization) nel contesto del conflitto arabo israeliano.
Non è previsto nella carta dell’ONU. È visto come una efficace interpretazione creativa della carta.
Marshall lo definiva un “Capitolo 6 ½” perché più intrusivo delle semplici misure dell’Art. VI ma più lontano
dal tipo di misure coercitive previste dall’Art. VII.
Ha consentito nel tempo all’Onu di spiegare una forza internazionale multinazionale di personale, sia civile
che militare, con il consenso delle parti, con un mandato che ne definisce gli obiettivi e le regole, di
svolgere missioni, inizialmente di interposizione e monitoraggio dei “cessate il fuoco” e poi nel tempo –
soprattutto a termine della Guerra Fredda – a svolgere mandati sempre più multidimensionali.
Ambito di sviluppo delle missioni di peacekeeping:

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Rappresenta tutte le organizzazioni dal 1948 al 2019, con tutte le attività del Peacekeeping. Vediamo come
i mandati assumono sempre più mansioni.
I mandati delle ultime missioni peacekeeping contengono sempre più aree di azione e questo da un lato è
visto come una cosa positiva perché indica il collegamento tra pace-sicurezza-sviluppo-diritti umani,
mentre dall’altro (e soprattutto dagli esperti) e visto in maniera più negativa, criticato perché quello che
abbiamo sono dei mandati che sulla carta sono ambiziosi ma in sostanza rispondono spesso in modo
inadeguato sul campo. Se leggiamo i mandati ci rendiamo conto, spesso, che sono irrealizzabili —>
unattended consequences.

Conseguenze non volute che hanno un po’ portato a critiche nei confronti del Peacekeeping per una serie
di fattori, che vanno dall’inadeguatezza della preparazione dei peacekeeper, ai principi di base che sono
invariati dal 1948: consenso delle parti, imparzialità della forza e l’uso minimo della forza (solo per
difendere sé stessi e proteggere i civili).
Ci sono state molte conseguenze negative: comportamenti esecrabili o quanto meno criminali da parte di
peacekeepers (es. stupri di gruppo) che non hanno chiaramente risposto al mandato di mantenimento
della pace e hanno messo in cattiva luce l’intera machinery che ci sta dietro.
Il mantenimento della pace è un qualcosa che nell’ambito più ampio delle operazioni per la pace delle NU
si pone in mezzo una serie di attività, tra cui possiamo annoverare le questioni relative
alla prevenzione dei conflitti, alla mediazione – dove non è necessaria una forza militare ma servono
relazioni diplomatiche,
al peace-making - dove effettivamente c’è un conflitto,
al peace-inforcement, imposizione della pace, che avviene senza il consenso delle parti e prevede l’uso
della forza non solo per la propria difesa ma anche per neutralizzare il nemico
e il peace-building, difficile compito (e quasi mai di successo) che queste missioni si trovano spesso a
compiere per far sì che gli accordi e i successi avvenuti nel piano della risoluzione della dimensione militare
del conflitto poi possano essere sostenuti nel lungo periodo.

Budget 2021 di peacekeeping: $6MLD.

Sono stati fatti diversi tentativi di riforma. Il principale problema è questa ampia dimensione e vaghezza dei
mandati, definiti “mandati albero di Natale” perché sono irrealizzabili non c’è corrispondenza di impegno
da parte degli stati.
Ultimo impegno in materia di peacekeeping è stato adottato nel 2018  A4P proposta finalizzata a
rinnovare l’impegno politico degli stati membri al peacekeeping fornendo una serie di proprietà, tra cui il
tema della partecipazione delle donne, ecc.

RESPONSABILITÀ DI PROTEGGERE
Cerca di rispondere al compromesso tra il rispetto della sovranità e la non ingerenza negli affari interni
degli stati e la necessità di promuovere i diritti umani.
Questione più recente molto controversa, politicizzata sulla questione delle NU.
Nasce alla fine degli anni 90 dopo una serie di “incidenti” che avevano dimostrato l’incapacità e la poca
volontà da parte degli stati di mettere in campo misure adeguate a far fronte a eventi e situazioni di
violazioni sistematiche della dignità delle persone presenti nei territori (es. in Bosnia, genocidio dei Tutsi in
Ruanda, alla missione in Kosovo nel ’99…).
Il Canada mise su una commissione intergovernativa che ne uscì con un rapporto nel 2001 chiamato “la
responsabilità di proteggere” che ha l’importante contributo di spostare l’attenzione dal diritto di
intervento degli stati alla responsabilità di proteggere la popolazione.
Questa norma fu discussa in una serie di riunione di alto livello, e fu adottata tra da tutti gli stati nel
Summit mondiale del 2005 delle NU.
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Il documento dice:

 (138). Ciascuno stato solo ha la responsabilità di proteggere la propria popolazione da genocidio,


crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l’umanità. Questa responsabilità prevede la
prevenzione di tali crimini attraverso mezzi necessari e appropriati (atrocity crimes) da parte dello
stato.

 L’assemblea generale accetta la responsabilità e agirà in concordanza con questo principio. La comunità
internazionale, in modo appropriato, dovrebbe incoraggiare e aiutare lo stato ad esercitare questa
responsabilità e sostenere le NU in costituire una capacità di primo avviso relativo alla necessità di
sostegno degli stati in questa necessità di proteggere.
 (139). Punto più controverso. La comunità internazionale attraverso le NU, ha la responsabilità di
utilizzare appropriati mezzi diplomatici, umanitari e pacifici, in accordo con il cap. VI e VIII, per aiutare a
proteggere le popolazioni da questi crimini e in questo contesto siamo anche preparati a prendere
azione collettiva, in tempi brevi e in modo deciso, attraverso il Consiglio di Sicurezza, in concordanza
con la carta, incluso Cap. VII, con una base “caso per caso” e in cooperazione con organizzazioni
regionali rilevanti, come appropriato, qualora i mezzi pacifici fossero inadeguati e le autorità nazionali
fallissero in modo manifesto a proteggere le proprie popolazioni dal genocidio, crimini di guerra, pulizia
etnica e crimini contro l’umanità […].
Di fatto, l’approvazione di questo principio politico è stata accolta con favore, perché di fatto è vista
come un modo di superare le barriere nazionali quando si agisse in favore dei diritti umani.

Con la responsabilità di proteggere non si intende solo l’uso della forza militare.
In realtà si sviluppa su 3 pilastri operativi:
1) RESPONSABILITÀ DI PROTEZIONE DA PARTE DEGLI STATI , che si obbligano attraverso la ratifica a
una serie di obblighi relativi alla protezione dei diritti umani;
2) CAPACITY BUILDING, su richiesta dello stato la comunità internazionale può aiutare questo stato.
Uno stato potrebbe non volere o non essere in grado di sistemare la situazione. Qualora ci sia la
richiesta dello stato, le NU intervengono;
3) AZIONE COLLETTIVA, che viene decisa dal consiglio di sicurezza ai sensi del cap. VII, senza il
consenso dello stato se le altre risoluzioni fallissero.
Es. Operazione militare in Libia.

I temi del peacekeeping e della responsabilità di proteggere, come vediamo dai recenti tentativi di riforma,
sono due modalità che mostrano come il compromesso tra i principi rivoluzionari della carta e la mancanza
di volontà di taluni stati di attuare questi impegni presi anni fa permette comunque lo sviluppo di attività e
iniziative che consentono quantomeno alle nazioni unite di agire per almeno avere una voce multilaterale
in relazione alla pace e alla sicurezza internazionale.

Venerdì 5 novembre
SEGRETARIATO – IL SEGRETARIO GENERALE
Rappresenta la guida, il rappresentante delle NU; il quale orienta l’agenda politica o almeno propone un
orientamento dell’agenda politica agli stati membri e agli altri attori coinvolti e che cerca di essere la
bilancia tra l’assemblea generale e il consiglio di sicurezza.

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Ci sono numerosissimi uffici sotto la guida, che dipendono dal segretariato: es: DPPO, DPPA, OCIA,
OUNDRR, ecc.
Il segretario generale non è mai stato una donna.
ART. 96 - è nominato dall’Assemblea Generale su proposta del consiglio di Sicurezza.
Anche se la carta non da un limite, il mandato in generale è di 5 anni rinnovabili il cui numero non viene
stabilito dalla carta delle NU. Ciononostante, la prassi è quella di rinnovare ogni volta il mandato (ciò non
successe solo due volte).
Finora se ne sono alternati 9 alla guida delle NU.
L’attuale segretario generale è Antionio Guterres, portoghese che ha cominciato il suo mandato nel 2017.
Quest’estate l’assemblea generale ha rinnovato il suo incarico in linea con la prassi.
Prima, fino al 2017, era Alto commissario per i rifugiati (attenzione alla dignità umana dei migranti).

Ciascun segretario porta all’interno dell’organizzazione la propria vision sull’agenda politica globale per
meglio orientarla secondo i propri orientamenti politici.
INDIPENDENZA DEL SEGRETARIO GENERALE
ART. 100 della carta delle NU ci ricorda che il SG e il personale del segretariato non solleciteranno né
riceveranno istruzioni da alcun Governo o da alcun'altra autorità estranea all'Organizzazione.
Essi dovranno astenersi da qualunque azione che possa compromettere la loro posizione di funzionari
internazionali responsabili solo di fronte all'Organizzazione.
Inoltre, ciascun Membro delle NU si impegna a rispettare il carattere esclusivamente internazionale delle
funzioni del Segretario Generale e del personale, ed a non cercare di influenzarli nell'adempimento delle
loro mansioni.
Quello che in realtà vediamo, è che c’è un sistematico tentativo dei Paesi più influenti, responsabili per il
rinnovo del mandato del segretario generale di cercare di influenzare le loro posizioni, decisioni.
Sulla carta e nei fatti il segretario generale è indipendente ma se guardiamo tra le righe vediamo un
tentativo continuo da parte delle potenze principali per cercare di influenzare su certi temi il ruolo e
l’orientamento del segretario.
Tra le varie funzioni, il segretario realizza quelle che gli sono accordate dai vari organismi principali.
La carta delle NU gli conferisce anche il potere di richiamare l’attenzione del CDS su quelle che il segretario
ritiene essere delle situazioni che possono minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza.
Questo ha permesso nel corso degli anni ai vari segretari generali di contribuire al successo di trasformare
la concezione di sicurezza da una militare ad una più umana, inclusiva che mette al centro non la sicurezza
degli stati ma quella complessiva-multidimensionale delle persone.
I segretari generali che riescono bene, per quanto possibile, nel loro mandato sono quelli che riescono a
bilanciare nel modo migliore le loro capacità diplomatiche (capacità di interagire con gli stati e con le
maggiori potenze) e la capacità di advocacy (in questo contesto un po’ viscido, di riuscire di portare a fine
tutta una serie di posizioni e di riforme che puntano a migliorare il funzionamento delle NU).

LA RIFORMA DELLE NU
Molto spesso gli input di riforma sono venuti dalla vision, determinazione di alcuni segretari generali.
Una riforma delle NU può sia voler dire una riforma profonda per poter far funzionare meglio alcuni aspetti
o alcuni organismi che la compongono ma può anche essere una riforma voluta da altri tipi di attori che
invece vogliono limitare l’influenza e la possibile contribuzione delle NU.
La sfida è quella di mantenere le promesse fatte nel 1945 adattate al giorno d’oggi sia dal pov delle
relazioni interstatali sia dal pov di tutte le tipologie di attori.

Tre modalità per riformare le NU:


Due sono previste dalla carta delle NU.

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1) ART. 108: fornisce le misure per emendare, per modificare la carta. Le proposte di riforma devono
ottenere in assemblea generale una maggioranza dei 2/3 dei paesi membri. Il voto in realtà è a due
livelli.
1. Prima si decide sulla possibilità di riforma con i 2/3
2. Poi si deve raggiungere la ratifica a livello internazionale dei 2/3 dei paesi membri compresi i 5
membri permanenti del CDS.
Chiedere come requisito la ratifica internazionale da parte dei P5 fa si che su questo tipo di riforme essi
abbiamo un privilegio di veto.
2) ART. 109: riguarda una riforma di emendamento della carta. Prevede la convocazione di una
conferenza generale ad hoc per la questione oggetto della riforma. Anche in questo caso però la
procedura per l’attuazione della proposta adottata dai 2/3 prevede la ratifica da parte dei P5.
3) Una terza modalità di riforma per certi aspetti è quella che prevede la possibilità di creare una serie
di meccanismi e organismi sussidiari.
Molto spesso l’idea è stata quella di aggiungere o sostituire alcuni organismi precedentemente
istituiti per rendere l’azione dell’organizzazione più efficiente o comunque più solida e coerente.
Esempio: riforma per rendere più efficiente il pilastro dei diritti umani è stato il rimpiazzamento della precedente
commissione per i diritti umani (istituita nel 1946, organismo totalmente politicizzato) con, nel 2005, su proposta di K.
Annan, con il consiglio dei diritti umani che ha introdotto tutta una serie di misure di monitoraggio che rendono la
coerenza di questo organismo più forte. Elemento più innovativo= procedura di esame periodico universale= UPR.
RIFORMA K. ANNAN, 2005
Alcune novità di questa riforma “In Larger Freedom”:
a)  creazione della commissione per la protezione della pace che dà supporto;
b)  proposto di rafforzamento del consiglio economico e sociale (organismo che riveste un ruolo
sostanzialmente secondario nell’influenzare le questioni economiche globali);
rafforzamento dell’AG;
rafforzamento del dialogo tra AG e CDS;
c)  due proposte di riforma CDS; non hanno avuto successo ma hanno almeno rilanciato di nuovo il
negoziato sulla possibilità di cambiare la struttura e il funzionamento del CDS;
d)  ribadito il collegamento integrato e multidimensionale tra pace-sicurezza-sviluppo-diritti umani;
e)  Riaffermazione della dottrina della responsabilità di proteggere; fatto che la comunità internazionale
qualora uno stato non sia manifestamente in grado di proteggere i propri cittadini da crimini di atrocità, la
comunità internazionale ha la responsabilità di aiutare intervenire ai sensi dell’art. 7 della carta delle NU.

RIFORMA GUTERRES, 2017


Venne lanciata nel 2017 ed è la riforma attuale.
Propose da subito una riforma del sistema NU più ampio.
È una riforma che richiama il processo che è alla base delle prospettive teoriche funzionaliste
dell’integrazione europea.
a) La proposta punta sull’intervenire su aspetti più tecnici, meno politici delle questioni delle NU; si basa
soprattutto sul management del sistema, sull’efficienza, trasparenza del sistema. Focus su gestione e
affronta le critiche di mancanza di responsabilità e trasparenza, inefficacia e deficit di fiducia tra
l’organizzazione e i suoi stati membri.
b) Pone l’attenzione sulla gestione del Segretariato e affronta il sistema del segretariato e gli organismi
che fanno l’interesse dell’organizzazione;
c) Tre aree chiave su cui si concentra la riforma:
- sviluppo sostenibile: migliorare la capacità di rendimento delle NU sull’avanzamento degli obiettivi di
sviluppo sostenibile= attuazione agenda 2030. L’idea alla base è la creazione di una nuova generazione
di gruppi nazionali guidati da esperti delle NU quindi la creazione di una rete che aiuti i singoli Stati a
portare avanti gli impegni.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
- gestione e funzionamento del segretariato: tentativo di semplificare tutti i processi che riguardano il
funzionamento dei vari uffici, una maggiore trasparenza, una migliore esecuzione dei vari mandati e
compiti, un nuovo paradigma di gestione snello ed efficiente, ecc.
- pace e sicurezza: si tratta di andare a riformare i meccanismi dei vari dipartimenti che si occupano
della gestione della pace e rafforzare l’impegno per il peacekeeping.
d) Riforma sui diritti umani: una volta messi in atto alcuni degli aspetti principali della proposta, dal 2020
segretario ha iniziato a portare avanti il tema dei diritti umani formando una call to action for human
rights che si concentra su sette domini d’azioni prese da un’analisi.
e) Adozione dell’Our Common Agenda: mostra quella che è la visione del SG sul futuro della cooperazione
globale (un multilateralismo inclusivo, efficace, integrato); non prevede riforme strutturali, ma
raccomandazioni e proposte per “mantenere le promesse” in un momento di regressione e difficoltà
globale. Valuta come quello che esiste possa portare dei benefici.

PROPOSTE RIFORMA NU DAL MONDO DELLA SOCIETÀ CIVILE


Alcune delle proposte più interessanti fatte dai movimenti transnazionali e globali di società civile per
rendere le NU più forti, democratiche, inclusive, per dare un ruolo alla partecipazione delle persone, degli
altri interessi nel funzionamento delle NU che viene solitamente sintetizzati nell’espressione
“strengthening and democratinsing” = fine generale.
- Per l’AG si propone di rendere la composizione tripartita (rappresentanti governo, parlamento e SC)
per portare le istanze di tre attori diversi che sono portatori di interessi diversi.
- creare un’assemblea parlamentare delle NU: è qualcosa di diverso e complementare all’AG
composta da un parlamento elettivo di secondo grado.
- CDS: aumentare la rappresentatività perché gran parte del sud del mondo è esclusa dal CDS e
quindi dalle decisioni che contano e iniziare una moratoria sull’uso del veto cioè quantomeno
iniziare a sospendere il suo uso che è anacronistico soprattutto in un’ottica di fine della guerra
fredda.
- ECOSOC: trasformazione in consiglio per la sicurezza economica sociale e ambientale che riesca ad
orientare l’economia mondiale secondo principi di giustizia sociale ed economica.
- CORTE DI GIUSTIZIA: introdurre la possibilità di ricevere ricorsi individuali e il controllo di legittimità
su atti CDS che molto spesso sono coperti.
- ONG: si chiede più potere decisionale su materie di loro competenza ed esperienza cioè su temi
sociali, ambientali e di promozione umana.

CASO DI STUDIO: (la non) RIFORMA DEL CDS


Principali problemi:
diseguaglianza (potere di veto P5, differenza tra paesi permanenti e no, inefficiente= difficile avere delle
decisioni perché molto spesso i P5 impongono la loro visione creando una situazione di stallo);
esclusività (la rappresentanza di 15 è esclusiva e chiude tutta una serie di interessi e prospettive su
questioni rilevanti dal punto di vista del mantenimento della pace e della sicurezza);
seggi a rotazione (la continua rotazione rende l’agenda troppo vacillante, imprevedibile) e
rappresentazione (ci sono dei paesi iper-rappresentati come i P5 e altri invece che non hanno nessuna
forma di rappresentazione, devono aspettare il proprio turno con un solo paese magari).
Dal 2005, grazie anche all’input del rapporto di Annan è iniziata una nuova fase di negoziazione
intergovernativa per cercare di trovare un accordo che consentisse di modificare il CDS per renderlo
quantomeno meno obsoleto rispetto alle necessità e alla rappresentanza dei membri attuali.

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La base di riferimento per le negoziazioni è la decisione 62/557 del 2008 dell’AG che pone:
 Negoziazione intergovernativa (non invece della ricerca consenso della riforma del CDS).
L’attenzione non andrà ai 2⁄3 dei presenti in assemblea, ma ai membri delle NU.
 Paletti del negoziato, su cosa si può discutere: categoria dei membri, veto, le possibili modalità di
rappresentare le regioni all’interno del CDS, dimensione del CDS allargato, metodi di lavoro e le
relazioni tra CDS e AG.
 Qualsiasi riforma del CDS che preveda una modifica della composizione, delle funzioni deve passare
per un emendamento alla Carta delle NU: votazione a maggioranza 2⁄3 ma per ratifica serve anche il
voto dei P5.

PROPOSTA DI ANNAN 2005.


Il suo rapporto – In lager freedom, riprendeva da questo pannel di alto livello due proposte che entrambe
mirano ad ampliare la rappresentatività del CDS portandolo:
- Proposta A: CDS a 24 membri; entrata di 6 nuovi membri permanenti distribuiti nelle regioni
sottorappresentate senza potere veto + 3 non permanenti (2 anni non rinnovabili). Ciò crea un’altra
categoria di membri che aumenta anche i problemi di disuguaglianza.
- Proposta B: CDS a 24 membri; + creazione di una nuova categoria di 8 membri semi permanenti (4
anni non rinnovabili senza veto) + 1 non permanente.
- nessuna posizione sulla questione del veto.

RIFORMA CDS: POSIZIONI E NODI


I vari paesi si sono uniti in diversi gruppi che portano avanti una determinata agenda per la riforma e
cercano il supporto della comunità internazionale e della maggior parte degli attori internazionali sulla
propria decisione.
Posizioni di oggi in questo negoziato:
 G4: Germania, India, Giappone, Brasile cercano 4 nuovi seggi permanenti e accettano di non
ricevere il voto ma rimandare discussione sul privilegio di riconoscere il veto anche a 15 anni dopo.
 L69: Paesi in via disviluppo favoriscono l’estensione del CDS verso zone non completamente
rappresentate e favoriscono l’abolizione del veto o quantomeno l’estensione di esso a nuovi
membri permanenti qualora questi venissero eletti.
 UFC: Stati (Italia, Pakistan, Corea, Colombia, Canda, Messico, Paesi Bassi, Spagna ...) cercano il
maggior consenso possibile; si oppongono dichiaratamente alle posizioni del G4, si oppongono a
nuovi membri permanenti, fino a 26 non permanenti.
Un’altra proposta è stata quella di creare una nuova categoria di membri non permanenti con un
mandato di 3-5 anni attribuiti a rotazione a gruppi regionali.
Molti Paesi Ue ma Ue non è unita sulla questione.
Per quanto riguarda il veto la posizione è di, quantomeno, evitare il veto sulle decisioni che fanno
riferimento al Cap. 7 della carta.
Una delle proposte dell’Italia, portata avanti anche da questi paesi è anche quella di considerare la
possibilità di partecipare di alcune organizzazioni regionali: per esempio, un seggio per l’UE però è
facile notare come l’Ue non abbia una posizione condivisa.
 Gruppo Africano: cerca maggiore rappresentatività 2 seggi permanenti con diritto di veto per i
paesi africani o quantomeno un seggio per l’Unione Africana. Anche in questo caso la situazione è
un po’ complessa perché ogni stato pensa ai propri interessi.
 Gruppo Arabo: vuole 1 seggio permanente per un Paese arabo in qualsiasi nuova formulazione del
CDS.
 ACT (Accountability coherence transparancy): formato da un gruppo di piccoli paesi che si pone
l’attenzione sui metodi di lavoro → proposta di adottare un codice di condotta volontario per cui i

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
P5 si impegnano a non usare il veto nelle questioni che fanno riferimento alla responsabilità di
proteggere la comunità internazionale (atrocity crimes nei confronti delle popolazioni).
 P5: nessuno ha una posizione definita sulla riforma ma chiaramente favoriscono lo status quo.
Nessuna di queste proposte raggiunge il numero minimo di voti per essere approvate.
Tutti sono d’accordo che il CDS sia obsoleto ma tutti i paesi hanno posizioni diverse su come andrebbe
modificato per rispondere alle nuove esigenze.

RIFORMA CDS: PROPOSTE ALTERNATIVE


 Abramowitz e Pickering: cercano di proporre che i P5 abbiamo più responsabilità e più oneri nei
confronti del CDS; che ci siano più risorse ecc.
 Gli anziani: gruppo di persone ex-funzionari-esperti indipendenti che avanzano una proposta che
faccia un compromesso tra le varie prevede una nuova categoria di seggi non permanenti a lungo
termine rieleggibili; il limite dell’uso del veto; un uso sistematico della Arria formula e diminuire
l’uso delle riunioni a porte chiuse ma essere più aperti verso le istanze delle società civile; più
candidati per l’elezione del SG.
 Barron-Parker: propone di cancellare l’attuale CDS e di crearne uno nuovo composto da 20 membri
permanenti, 10 per i paesi più popolati e 10 per le economie più ricche. Il veto viene tolto e le
decisioni del CDS non sono più vincolanti.
 Proposta del Voto ponderato: distribuisce il voto per tre criteri: popolazione, pagamento dei
contributi alle NU e i voti fondamentali (alleanze tra stati).
 Lattila & Ylonen: proposta che cerca di affrontare i 4 problemi principali del CDS propongono un
modello che definiscono regionale a due livelli in cui tutti i paesi membri sono anche membri del
CDS ma la votazione delle risoluzioni avviene a due livelli:
un primo livello viene deciso dai paesi appartenenti al gruppo regionale competente o
rappresentativo del luogo per cui la decisione del CDS ha effetti diretti
un secondo livello dove c’è un voto che comprende tutti i paesi membri.
Complesso e macchinoso ma consentirebbe di risolvere alcuni dei problemi che abbiamo visto.
Sono proposte del mondo accademico e della società civile. Ma sono solamente delle idee.

OUR COMMON AGENDA


proposta dal SG Guterres all’inizio della settantaseiesima assemblea generale e di fatto è una risposta ad
una call che era stata portata avanti da una serie di governi nel corso della precedente assemblea generale
che avevano identificato 12 aree di azione urgenti che nella prospettiva dei governi possono essere
affrontate solamente con una concezione rinvigorita di multilateralismo.

È stata fatta con una larga consultazione tra una molteplicità di attori non solo rappresentanti degli stati
membri ma anche delle società civili, degli enti locali-regionali, ecc.
Parte facendo una sorta di valutazione generale di quelle che sono le priorità e le urgenze attuali e
concentra di più le raccomandazioni su quattro aree principali:

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
1. Rinnovare la solidarietà tra le persone e le nuove generazioni
2. Costituire o rinnovare il controllo sociale tra i governanti e i governati a livello nazionali e ancorarlo
in modo chiaro al paradigma dei diritti umani
3. Migliorare la gestione delle risorse naturali comuni cruciali per la sopravvivenza del nostro pianeta
e della sua popolazione
4. Gestione dei beni comuni pubblici che possono consentire una maggiore eguaglianza, sostenibilità e
non discriminazione per tutti.

Questo nuovo rapporto è impermeato sull’idea di rivendicare un nuovo tipo di multilateralismo che non sia
esclusivo degli altri attori ma inclusivo dal pov della condivisione del ruolo delle NU come piattaforma che
consente di mettere assieme tutti quegli attori che possono contribuire a trovare soluzioni efficaci e
sostenibili per il cambiamento.
Dal pov di questo rapporto, le proposte di società civile, per la prima volta, abbiamo un rapporto
comprensivo sul futuro dell’organizzazione e della comunità internazionale che veramente si basa sulla
necessità di integrare attori diversi portatori di istanze e necessità diverse per cercare soluzioni urgenti per
questioni cruciali per il futuro della comunità.

Mercoledì 10 novembre
organizzazioni regionali
Passiamo da un livello multilaterale globale a quello regionale gradualmente perché abbiamo due
prospettive principali di guardare a quello che è regionale nelle RI.
1. PROSPETTIVA NU
È la prospettiva di guardare ai fenomeni regionali dal punto di vista delle NU.
È una prospettiva che riconosce, attraverso l’art. 52 della carta delle NU, un ruolo formale agli
arrangiamenti regionali per contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale, un ruolo
complementare a quello delle NU.
Sempre più le NU si affidano alla leadership degli arrangiamenti regionali per portare avanti le loro
iniziative di mantenimento della pace e della sicurezza (esempio: ruolo UE o Unione Africana nelle
missioni di peacekeeping).
È una prospettiva UN FIRST, in questo periodo di sovranismi, in cui questi arrangiamenti regionali
possono essere utilizzati solo con l’autorizzazione del CDS. Quando ciò non avviene siamo di fronte
ad una operazione illegittima (esempio: operazione in Kossovo del 99).
Questo potenziale regionale, nella prospettiva delle NU, è stato ribadito, rinforzato in tutta una
serie di rapporti, di agende che sono state promosse dai veri SG che si sono susseguiti ( esempio:
agenda della pace del 92 che affronta in modo simultaneo questioni relative alla diplomazia preventiva, al
raggiungimento della pace e al mantenimento della pace raggiunta e anche in questo caso c’è un invito formale
alle autorità regionali a condividere queste attività insieme alle NU).

Un altro modo, sempre dalla prospettiva delle NU, a cui possiamo guardare a questo fenomeno
riguarda i raggruppamenti per via regionale che sono istituiti nell’ambito dell’ONU e che
influenzano l’agenda politica internazionale nei forum multilaterali globali.
Convenzionalmente il lavoro dell’ONU è diviso in cinque gruppi regionali:
- Gruppo regionale africano
- Gruppo regionale asia-pacifico
- Gruppo regionale America-latina-caraibi
- Gruppo regionale dell’Europa orientale
- Gruppo regionale dell’Europa occidentale e di altri paesi.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Questi gruppi regionali sono interessanti perché ci danno una chiave d’osservazione dei fenomeni
che possiamo osservare a livello globale: per esempio per quanto riguarda la membership degli
organismi e meccanismi istituiti in NU.
L’idea di avere dei gruppi regionali serve ad avere una rappresentanza articolata, inclusiva, globale
degli stati membri nelle NU e anche una sorta di confronto, per permettere all’AG di scegliere gli
stati migliori per coprire x incarico.
Quello che avviene sono dei negoziati all’interno di questi gruppi regionali che definiscono i
candidati per il numero di posti disponibili.
Un altro esempio è la stessa nomina dei SG: essi di norma vengono eletti in rappresentanza a
rotazione dei vari gruppi regionali.
Ma da un punto di vista ancora più politico, i raggruppamenti regionali sono anche interessanti
perché ci permettono di guardare ai processi globali anche per quanto riguarda l’aggregazione delle
preferenze, su una scala regionale, per definire le priorità dell’agenda che è a livello di AG.
Guardando da questa prospettiva, dei gruppi regionali, ad alcuni processi, possiamo un po’ capire
anche quali sono le priorità regionali, come vengono definite, in che modo si comportano i paesi
rispetto a queste priorità e quali sono i temi promossi.

2. PROSPETTIVA DEL REGIONALISMO


È un concetto complesso, dibattuto, dove non c’è ancora una posizione comune tra gli istituti che si
occupano di questi temi che identifica un senso comune di identità e di scopo combinato con la
creazione e l’attuazione di istituzioni che esprimono questa particolare identità e modellano
l’azione collettiva all’interno di una precisa regione geografica.
È un fenomeno che si è sviluppato a partire dall’osservazione, soprattutto nel secondo post-guerra, di
una continua attività interstatale organizzata a livello regionale. Questa attività nel tempo ha portato
alla nascita di numerose organizzazioni di carattere regionale collettivo che poi, soprattutto dopo la
fine della guerra fredda, hanno portato a una vera e propria proliferazione di diversi arrangiamenti di
tipo regionale, molti di carattere tecnico (= di tipo mini-laterale cioè pochi stati che costruiscono
queste istituzioni all’interno di necessità molto specifiche spesso di natura economica).
Un’altra osservazione che si può fare riguarda lo status e la legittimità di queste organizzazioni
regionali. Formalmente la legittimità viene dall’accordo giuridico che è alla base di questi accordi. La
legittimità e lo status che viene da questo accordo regionale e poi molto rafforzato nel riconoscimento
che avviene da parte delle organizzazioni multilaterali: parliamo delle NU da un lato e dall’altro anche
altre organizzazioni come per esempio, in materia economica, l’OMC. Questo status viene ancora più
fortemente rafforzato dall’articolazione e l’attuazione di una serie di norme e pratiche distintive che
rappresentano le identità e i valori degli appartenenti a questi gruppi regionali.
Il regionalismo è un concetto fluido, difficile da definire perché quello che si realizza sul campo è
continuamente in cambiamento, in evoluzione. C’è una grande proliferazione di organismi.
Ci sono moltissime sovrapposizioni, annidamenti, potenziali forme di cooperazioni diverse che
tengono insieme paesi diversi in contesti diversi.
Difficile trovare un punto di eterogeneità tra i vari stati che si alleano in gruppi regionali che sono
appunto in parte sovrapposti.
Questa complessità da un lato dà delle tensioni nelle modalità di cooperazione fra gli stati creando
gruppi di inclusi e gruppi di escludi; dall’altro invece può dar vita a forme di cooperazione tra
organizzazioni che potrebbero contribuire all’efficacia del multilateralismo.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Le varie principali organizzazioni regionali si sono state istituite prima, ma dopo la guerra fredda
questi arrangiamenti di nuova generazione, sempre più limitati, ristretti sono proliferati e si basano su
esigenze specifiche che di solito sono di natura economica-commerciale-legati alla sicurezza.
Molti stati vedono la cooperazione regionale come lo strumento migliore per affrontare tutta una
serie di sfide principali. Questa proliferazione di arrangiamenti regionali mostra la sovrapposizione di
quelli che sono gli interessi comuni e le diverse modalità con cui questi interessi possono essere poi
perseguiti dai singoli stati.
Questi organismi di nuova generazione scavalcano le tradizionali organizzazioni politiche di più ampio
respiro che si sono create e che comunque rimangono a livello continentale.
Questa proliferazione in un’ottica di governance multilivello è un ostacolo o un vantaggio per un
multilateralismo veramente efficacie e inclusivo?
Da un lato c’è chi lo vede come una minaccia per l’avanzamento di un multilateralismo efficacie
perché di fatto gli stati investono risorse in forme di cooperazione che anche tolgono la responsabilità
decisionale a livello globale e quindi in un certo senso, nel medio-lungo periodo potrebbero portare
all’idea di multilateralismo globale come una forma di accordo e coordinamento tra diversi livelli
regionali in parte sovrapposti.
Allo stesso tempo, questa capacità di essere più vicini alle necessità territoriali, in un’ottica di
sussidiarietà, queste organizzazioni regionali, se correttamente legate agli altri livelli, sono un
elemento imprescindibile per il multilateralismo efficacie.
La situazione è molto dinamica, adesso possiamo dire di avere una sfida.
È interessante notare anche che sempre più abbiamo, anche sul piano pratico, un ripartimento
reciproco dei ruoli tra le organizzazioni.
Ognuna di queste organizzazioni regionali ha portato i propri caratteri di originalità che hanno poi
confluito nel funzionamento dell’organizzazione delle NU (esempio: ruolo-violenza delle donne, nuovi
meccanismi di monitoraggio politico, ecc.)
Ci sono dei buoni spunti e delle pratiche che arrivano dalla cooperazione regionale che rafforzano il
funzionamento e l’ampiezza del mandato dell’organizzazione globale.

Giovedì 11 novembre
organizzazioni regionali europee
Organizzazioni che hanno dei mandati politici più generali:
UNIONE EUROPEA
Il progetto di unione europea nasce negli anni 40-50 da una visione gradualmente condivisa da una serie di
personalità politiche rilevanti (De Gasperi, Monnet, Spinelli, Schumann, Adenauer, ecc.). Ci sono molti
documenti che hanno contribuito a costituire questa idea di cooperazione europea:
 dichiarazione Schumann del 1950 attraverso la quale il ministro degli esteri tedesco mette in atto sul
piano politico quella che era la vision che il suo consigliere politico Monnet aveva sviluppato per cercare di
mantenere la pacificazione dell’Europa dopo due guerre mondiali e che si basava sulla condivisione sotto
un’unica autorità sopranazionale l’industria pesante e bellica.
Attraverso questa iniziativa si creano
 la CECA la prima delle comunità europee sovranazionali nel 1951
 poi con un processo graduale fatto di successi e fallimenti (già negli anni 50, si provò a costruire una CED
comunità europea di difesa, per mettere insieme le risorse dei sei per garantire una difesa comune ma
l’iniziativa fallì) e una serie di trattati fra i paesi membri si arrivò al 1992 con l’adozione del trattato di
Maastricht che costituisce un’unione politica UE.
 poi ci sono stati una serie di trattati, tra fallimenti e passi in avanti, che hanno portato alla situazione
attuale.

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Si sono formati due campi teorici che hanno spinto di più per spiegare il processo di integrazione europea:
- teoria neo-funzionalista: spiegava attraverso il meccanismo dello spillover come integrare la
cooperazione in certi aspetti tecnici avrebbe creato pressione per aprire l’integrazione in altri
aspetti e dimensioni dal pov economico fino a giungere nel lungo periodo a una integrazione di tipo
politico che sarebbe culminata con la creazione di un sistema politico sovranazionale con sede a
Bruxelles.
Questo è un approccio che metteva l’attenzione soprattutto sulla dimensione sovranazionale del
processo di integrazione europea.
- teoria intergovernativista: campo che non rinuncia a mettere in evidenza il ruolo primario degli stati
membri e sostiene che è proprio nell’interesse nazionale degli stati membri mettere in alcune
occasioni in comune parte della propria sovranità per raggiungere degli obiettivi comuni e la
volontà o meno degli stati di mettere in comune la propria sovranità spiega i periodi di grande
avanzamento e i periodi di rallentamento del processo di integrazione europea.

Risultato attuale UE:


al giorno d’oggi abbiamo un sistema politico che si sviluppa su una dialettica, tensione costante tra una
dimensione più tradizionalmente intergovernativa con istituzioni quali il Consiglio europeo e Consiglio
dell’UE, e una dimensione più genuinamente sovranazionale rappresentata dalle istituzioni quali la
Commissione europea, il parlamento europeo, BCE, CIGUE, e lo sviluppo di organismi di natura
transnazionale, che quindi aggregano per via transnazionale interessi diversi da quelli nazionali e
sovranazionali, in particolare il Comitato europeo delle regioni, il comitato economico e sociale.
In tutte le cose che contano abbiamo una tensione continua tra le varie dimensioni e ciò spiega in realtà, in
gran parte, i rallentamenti che abbiamo nel processo di integrazione europea nell’adozione di politiche
urgenti in tempi rapidi.

Trattati fondamentali UE:


oggi ci riferiamo principalmente a due trattati:
 TRATTATO SULL’UNIONE EUROPEA (TUE)
 TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA (TFUE)
Entrambi emendati con l’adozione del TRATTATO DI LISBONA del 2007, entrato in vigore nel 2009 e che
rende giuridicamente vincolante un altro strumento importante:
 CARTA SUI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE EUROPEA adottata a Nizza nel 2000.

Abbiamo due modi (convergenti) per guardare all’UE dal pov delle RI:
o il primo è intendere l’UE come un sotto-insieme di RI. Quindi un contesto in cui si osserva la
negoziazione, la cooperazione tra gli stati membri, istituzioni intergovernative e sopranazionali e
altri attori transnazionali (imprese, gruppi di interesse, ONG) per raggiungere politiche comuni a
livello interno di Unione Europea.
o Il secondo è guardare all’UE come un attore indipendente e autonomo delle RI. In questo caso ci
sono stati tutti una serie di tentativi da parte degli studiosi di cercare di definire in che modo si
caratterizza il ruolo dell’UE come attore indipendente delle RI: si parla di global actor, di soft power
(= indica la capacità di influenzare con l’esempio, l’abilità di persuadere, convincere tramite risorse
quali i valori, la cultura anziché la forza militare) o normative power (= potere in grado di
trasmettere una serie di norme e principi nell’ambito della propria operatività internazionale) o
civilian power (= costituzione di un “esercito” europeo, forza militare condivisa e coesa a livello di
UE), ecc.
Ci concentreremo sulla seconda dimensione cioè sulla possibilità che l’UE giochi un ruolo importante,
autonomo, indipendente nel più contesto delle RI.

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Ciò passa per il riconoscimento dell’UE, dell’agency cioè della capacità di avere un potere e utilizzarlo per
influenzare in modo autonomo la direzione dell’agenda politica internazionale e delle decisioni che
vengono prese.

Focus su azione estera:


ha l’UE una politica estera distinta da quella degli stati membri?
Può l’UE essere considerata un vero e proprio attore globale?
È una domanda che gli studiosi si fanno da decenni. A seconda di quello che si va a osservare le risposte
sono diverse; quindi, di fatto occorre osservare più nel dettaglio come funziona la politica estera dell’UE
per darci una risposta che è molto complessa.

 lo sviluppo dell’azione esterna Ue segue un suo percorso di sviluppo e ha processi in parte autonomi.
Rispetto al sistema politico generale dell’UE, cioè come funziona all’interno dei propri confini nelle relazioni
tra i suoi stati e le sue istituzioni, io funzionamento della dimensione esterna internazionale segue delle
procedure che sono diverse e autonome. Quindi non sempre quello che serve a spiegarci come si adotta un
atto legislativo o come si cerca di monitorare l’attuazione delle norme-politiche europee funziona per la
dimensione esterna. In realtà, nel più ampio campo della politica estera dell’UE, le istituzioni sovranazionali
giuocano un ruolo decisamente meno sostanziale di quello che giocano nel processo di funzionamento
dell’UE. Ciò vuol dire che possiamo parlare di politica estera dell’UE, dei meccanismi e delle procedure
anche senza conoscere in dettaglio come funziona il sistema politico dell’UE perché alcune procedure
vanno per la propria strada.

 l’azione esterna dell’UE è un processo dinamico (occorre comprenderne l’evoluzione per capirne il
funzionamento e i limiti)
l’azione esterna dell’UE non è un processo deciso a priori negli anni 50 quando si è cominciato a lavorare
seriamente per l’integrazione europea, non è un processo lineare previsto step per step che ha portato alla
definizione di una politica estera comune. È piuttosto l’accumulo di diversi tentativi di diverse modifiche
dei trattati, acquisizione di capacità, successi, fallimenti. Quindi è molto importante comprendere sia
l’evoluzione della composizione di queste capacità sia il contesto in cui si sono sviluppate queste capacità.
 rilevanza del contesto internazionale più ampio per comprendere le scelte e il ruolo dell’UE nel
mondo.
Non bisogna cadere nel tranello di isolare l’UE, cioè di trattarla come un’isola autonoma dalle RI. Non è un
attore abbastanza forte da influenzare secondo le proprie prospettive, i propri interessi quello che succede
a livello internazionale. L’UE, sempre più, con la crescita anche di altri attori internazionale, è uno dei tanti;
quindi, molto spesso quando si guarda a come agisce l’UE c’è anche una certa arroganza nel modo in cui
vengono proposte certe politiche da parte delle istituzioni europee verso l’esterno.
In realtà, sempre più, altri attori offrono esattamente quello che offre l’UE senza tutte le varie forme di
insistenza sulla promozione dei diritti e sulle riforme democratiche che mettono l’UE in una posizione di
netto svantaggio rispetto agli altri attori.
 relazione tra fattori interni ed esterni.
Nelle grandi decisioni di politica estera sono sempre alla cuspide tra l’opportunità e i vincoli che sono sia
sul piano internazionale che interno e quindi entrambi vanno considerati quando andiamo a osservare una
determinata posizione, decisione di politica estera.
Questa relazione è fondamentale per capire tutta una serie di sfide transnazionali.

Se da un lato la politica estera sembra semplice, facile da contestualizzare quando approfondiamo ci sono
tutta una serie di elementi che non sempre sono evidenti a chi li osserva e capirli tutti aiuta a capire il
comportamento dell’UE quando sta producendo le aspettative e quando effettivamente non ci si può

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aspettare un tipo di azione significativa perché proprio il sistema come funziona, è stato concepito, è
evoluto non permette all’UE di giocare il ruolo che ci si aspetterebbe.

Politica estera UE come “progressione”:


1950s quando nascono le prime istituzioni (CECA, CEE, EURATOM) non c’è nessun interesse o tentativo
di sviluppare una dimensione esterna concreta per queste comunità sovranazionali di cooperazione tra
stati membri. In realtà se guardiamo alla visione di Monnet su cui si fonda l’intero progetto si parla di
stabilire la pace mondiale attraverso un’Europa riconciliata; quindi, non abbiamo delle politiche specifiche
a questo fine. C’è da subito una vocazione globale ma nessuna politica.
1960s si iniziano ad avere i primi accordi di cooperazione commerciale tra le comunità europee e alcuni
paesi soprattutto nell’area dell’Africa.
1970s i paesi membri dell’UE, che sono 6 fino al 73, si accordano per stabilire un meccanismo di
consultazione informale per discutere le politiche estere. È il primo tentativo di mettere in comune delle
riflessioni con riferimento anche ai temi di high politics come questioni di sicurezza, difesa, relazioni con
altri paesi. Questo prende il nome di cooperazione politica europea che rimane un meccanismo informale:
periodicamente i ministri degli esteri di questi paesi si trovano per discutere di questioni chiave delle
proprie politiche estere nazionali.
Comunque, alcuni risultati importanti di lungo termine sono stati raggiunti per esempio, la dichiarazione di
Venezia del 1980 che è un atto della cooperazione politica europea che ha stabilito per la prima volta una posizione
comune dei paesi europei con riferimento alla questione palestinesi riconoscendo il diritto all’autodeterminazione.
La cooperazione politica europea viene formalizzata nell’ATTO UNICO EUROPEO nel 1986.
1992 TRATTATO DI MAASTRICHT.
È il trattato che istituisce formalmente l’unione politica; introduce la cittadinanza europea cioè un’idea di
cittadinanza sovranazionale che introduce nuovi diritti per i cittadini UE.
Cambia i connotati del processo di integrazione: introduce la PESC cioè la politica estera di sicurezza
comune primo tentativo di costruire, mettere insieme gli strumenti sviluppati fino a quel momento dalle
istituzioni europee in politica estera e sviluppare una vera e propria politica che si basa su una serie di
decisioni-azioni e posizioni comuni.
Dopo aver creato ciò la divisione degli stati membri in risposta al conflitto dei Balcani porta subito
all’affossamento di questo tipo di iniziativa.
La guerra fa da campanello di allarme e porta gradualmente a tutta una serie di modifiche che migliorano
sia il processo decisionale sia lo sviluppo degli strumenti e iniziative che possono portare avanti la politica
estera di sicurezza comune.
1997 TRATTATO DI AMSTERDAM
Lancia la PSDC; introduce la maggioranza qualificata per la PESC e il principio di astensione costruttiva=
quando un paese non è d’accordo con una decisione che vincola l’UE su temi di politica di sicurezza e di
politica estera, può decidere attraverso una dichiarazione di astenersi dalla votazione= la decisione non
impegna il paese ma non impedisce all’UE di applicarla= modo per evitare potere di veto di ogni stato.
2007 TRATTATO DI LISBONA
Consolida il quadro; cerca di > la coerenza del processo decisorio; crea nuove istituzioni e organismi (un
corpo diplomatico dell’UE, ecc.).
2016… nuova enfasi sulle questioni relative alla difesa (PESCO, EDF, ecc.).

Progressivamente, con tentativi e passi in avanti abbiamo un sistema che da un lato da delle responsabilità
sovranazionali ad alcune aree; dall’altro è un sistema in cui gli stati membri continuano a farla da padrone.
L’UE ritiene comunque di avere una propria politica estera distinta che nel trattato di Lisbona viene definita
come azione esterna.
Principi e obiettivi della politica estera UE:
ART. 21 TUE

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1. L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e
l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e
indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di
uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale.
L’Unione si adopera per sviluppare relazioni e istituire partenariati con i paesi terzi e con le organizzazioni
internazionali, regionali o mondiali, che condividono i principi di cui al primo comma. Essa promuove soluzioni
multilaterali ai problemi comuni, in particolare nell’ambito delle Nazioni Unite.
Come principi, il progetto di azione esterna dell’UE si colloca in perfetta integrazione funzionale con la
dimensione multilaterale globale che caratterizza la Carta.
Il comma 2 guarda agli obiettivi: la politica estera è la difesa, protezione dell’interesse interno da minacce
esterne; quindi, di solito gli obiettivi che caratterizzano la politica estera di un attore sono la protezione.
Ma se guardiamo agli obiettivi condivisi e contenuti nel TUE vediamo una combinazione tra interesse
nazionale in senso stretto e altri obiettivi innovativi:
2. L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i
settori delle relazioni internazionali al fine di:
a) salvaguardare i suoi valori, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità̀ ;  serie di
obiettivi che aiutano a pensare all’UE come a una soft o normative power.
b) consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale;
c) preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi e ai principi
della Carta delle Nazioni Unite, nonché́ ai principi dell’Atto finale di Helsinki e agli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli
relativi alle frontiere esterne;
d)  favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo
primo di eliminare la povertà̀;  riferimento all’Agenda 2030.
e)  incoraggiare l’integrazione di tutti i paesi nell’economia mondiale, anche attraverso la progressiva abolizione delle
restrizioni agli scambi internazionali;
f)  contribuire all’elaborazione di misure internazionali volte a preservare e migliorare la qualità̀ dell’ambiente e la gestione
sostenibile delle risorse naturali mondiali, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile;  lotta al contrasto del
cambiamento climatico.
g) aiutare le popolazioni, i paesi e le regioni colpiti da calamità naturali o provocate dall’uomo;
h) promuovere un sistema internazionale basato su una cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale.

Come possono essere raggiunti questi obiettivi generali?


Ci concentriamo sul:
- Titolo V del TUE
- Parte V del TFUE
Nei trattati si parla di AZIONE ESTERNE:
tre componenti:
1. PESC POLITICA ESTERA DI SICUREZZA COMUNE: gestisce le questioni principali, tradizionali della
politica estera cioè quelle relative alla pace e alla sicurezza. È un processo intergovernativo che si
basa sulla decisione all’unanimità.
2. PCSD POLITICA COMUNE DI SICUREZZA E DIFESA: tratta questioni di estremo interesse nazionali
relative alla difesa e al dispiegamento di operazioni che prevedono l’uso del militare nell’ambito
dell’azione esterna dell’UE.
Prima operazione fu la “Concordia”.
Queste operazioni giocano una serie di compiti che comprendono la gestione delle crisi, missioni
umanitarie, prevenzione dei conflitti, peacekeeping, disarmo congiunto, stabilizzazione conflitto,
promozione diritti umani, ecc.
3. ALTRE OPERAZIONI ESTERNE: riguardano tutta una serie di temi in aree dove l’UE gioca un ruolo
importante, autonomo e distinto da quello degli stati membri= commercio, cooperazione allo
sviluppo, aiuto umanitario, diplomazia culturale, relazione con organizzazioni internazionali e paesi
terzi, ecc.
+
4. AGENDA GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI: prevede la cooperazione tra forze dell’ordine e le forze
giudiziarie europee. È nata per coordinare questi sforzi a livello interno tra i confini dell’UE. Ma se
68
UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
prendiamo temi come l’immigrazione, il crimine organizzato anche queste aree prendono sempre
più una dimensione esterna, anche se non è riconosciuto formalmente dai trattati.
5. DIMENSIONE ESTERNA DI ALTRE POLITICHE INTERNE: finanza, agricoltura, ambiente, cultura,
educazione (Erasmus), ecc.
La situazione sulla carta può essere più o meno chiara poi sul campo è molto meno chiaro comprendere
come queste componenti interagiscono tra di loro e vengono sviluppate.

Chi ha la responsabilità della politica estera UE?


Chi rappresenta l’UE sul piano internazionale/ globale?
 ALTO RAPPRESENTANTE per gli affari esteri e la politica di sicurezza: è stato istituito a Lisbona per
svolgere ciò. Egli è anche presidente del consiglio affari esteri e vicepresidente della commissione
almeno in questo modo abbiamo sulla carta la stessa persona che cerca di consigliare quelle che
sono gli interessi collettivi europei e i negoziati discussi dai singoli paesi membri discussi.
 PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO: gioca un ruolo importante sia nel definire e nel comunicare
gli orientamenti del consiglio europeo sia nel rappresentare l’UE per i temi più di high politics.
 PRESIDENTESSA DELLA COMMISSIONE EUROPEA: per tutte le questioni in cui la commissione
europea ha un ruolo centrale nella presentazione di iniziative estere nei temi di sua competenza.
 COMMISSARIO PER IL PARTENARIATI INTERNAZIONALI: funzione specifica di creare e rafforzare
partenariati tra l’UE e altri paesi terzi
 COMMISSARIO PER IL VICINATO E L’ALLARGAMENTO: gli stati che non sono membri dell’UE sono
gestiti, coperti da una politica mirata “politica europea di vicinato” e il commissario si occupa di ciò.
 PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO: il suo incarico è quello di articolare i valori dell’UE e
rappresentarli a livello internazionale.
Quindi, nonostante tutti gli sforzi che sono stati fatti nei vari trattati per dare una certa coerenza,
consistenza, visibilità e impatto all'azione esterna, l'UE vediamo che comunque ad oggi abbiamo ancora
una guida piuttosto eterogenea per quanto riguarda l'UE e ciò può anche contribuire a creare una certa
forma di confusione che lede in qualche modo la credibilità dell'idea che l'unione europea possa
effettivamente parlare a una voce sola nell’ambito del contesto internazionale.

Un altro modo per vedere chi ha la responsabilità dell'unione è guardare a come un po’ nello specifico
funzionano alcuni dei componenti della politica estera dell'unione.
- PESC
Definita e regolata dal TUE dà un ruolo primario alle istituzioni intergovernative) = È definita e
attuata dal consiglio europeo e dal consiglio degli affari esteri.
Il primo individua gli interessi strategici, fissa gli obiettivi, definisce le priorità comuni e gli
orientamenti generali; elabora le politiche estera e prende le decisioni necessarie ad attuarla.
L’alto rappresentante e gli stati membri hanno la funzione di attuare le decisioni prese dal consiglio.
Si vota all’unanimità, questo dà agli stati membri una sorta di potere di veto però con il trattato di
Amsterdam e Lisbona sono stati introdotti tutta una serie di situazioni (astensione costruttiva,
cooperazione permanente strutturata) in cui si può sorvolare l’unanimità anche se si cerca sempre
un consenso uninominale.
Comunque, i tentacoli nazionali degli Stati membri continuano a influenzare il meccanismo, le
procedure, la possibilità di giungere a una decisione.
- RELAZIONI ESTERNE
Le singole aree relative alle relazioni esterne sono ben definite ed elencate nel TFUE tra l’art. 205-
222.
Ciascuna di queste aree di policy ha la sua procedura specifica con ruoli diversi tra le varie istituzioni
(esempio: quando si parla di sanzioni è il consiglio che decide se applicarle ma la proposta viene
congiuntamente dal parlamento e dalla commissione).
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In generale nelle relazioni esterne dell’UE abbiamo più poteri, più funzioni, più responsabilità nelle
organizzazioni sopranazionali.
Siamo in un’area dinamica, in continuo sviluppo perché con la creazione di nuove istituzioni, norme,
di nuovi quadri strategici si mette continuamente in discussione il funzionamento di questi processi.

Venerdì 12 novembre
Che tipo di strumenti di policy può impiegare l’UE?
Sono tutti quei mezzi che un attore internazionale ha per cercare di raggiungere i propri obiettivi.
Se guardiamo all’azione esterna dell’Ue da questa prospettiva ci rendiamo conto che di fatto l’UE sviluppa
e ha a sua disposizione praticamente quasi tutti gli strumenti che uno stato indipendente ha oltre ad avere
una serie di strumenti esclusivi, “sui generis” che appartengono solo all’Ue in quanto sistema, attore
specifico delle RI. Questi strumenti sono ad esempio l’ALLARGAMENTO cioè la possibilità di includere nuovi
stati all’interno della membership dell’Ue. Per molti studiosi è lo strumento più efficacie per quanto
limitato a una zona geografica.
Per il resto gli strumenti di policy, di politica estera che l’Ue ha sviluppato sono andati di pari passo con
l’evoluzione. Cioè le tipologie di strumenti sono aumentate con lo sviluppo delle competenze di politica
estera. La portata di questi strumenti, dunque, si è significativamente ampliata e rafforzata.
Per esempio, i primi strumenti di natura militare li vediamo a partire solo dalla fine degli anni 90.
Tutte queste tipologie di strumenti li consideriamo lungo un continuum che va dai meno coercitivi
(strumenti economici, culturali, diplomatici) fino agli strumenti più coercitivi (possibilità di usare la forza
militare). Molto spesso è difficile capire, definire dove inizia un tipo di strumento e dove ne inizia un altro.
Esempio: le sanzioni l’Ue le usa molto nell’ambito della propria politica internazionale. Sono più uno
strumento politico che economico anche se si può pensare il contrario. Quindi il confine è molto sottile.
Vengono più definite misure restrittive.
STRUMENTI ECONOMICI (accordi commerciali, sanzioni economiche) tutti gli accordi che l’Ue stringe
dagli anni 90 con paesi terzi o organizzazioni internazionali hanno una clausola “clausola diritti umani o
clausola di condizionalità” che afferma che il funzionamento dell’accordo, delle misure di vantaggio di
natura commerciale è subordinato all’impegno da parte dell’altra parte contraente dell’accordo di
promuovere i diritti umani, la democrazia. questo ancora una volta è l’uso del potere economico dell’Ue
per cercare di giocare un ruolo politico.
Condizionalità: negativa= quella nel quale meno il partner si impegna a promuovere i diritti umani meno
penetrazione avrà e possibilità di beneficare di quelli che sono i vantaggi derivanti dall’accordo mentre
positiva= più un partner si impegna e dimostra la determinazione e i risultati concreti nella promozione dei
valori maggiore sarà la possibilità di partecipare al sistema di mercato unico messo in piedi dall’Ue.
STRUMENTI UMANITARI (aiuto allo sviluppo, assistenza umanitaria) l’Ue dona più del 75% dei fondi che
vengono dedicati alla cooperazione, allo sviluppo dei diritti umanitari. È un altro strumento con cui l’Ue
cerca di influenzare le RI.
STRUMENTI POLITICI/DIPLOMATICI (dichiarazioni, dialoghi politici, sanzioni economiche) il principale
strumento politico sono le dichiarazioni, statement con il quale l’Ue interviene nelle crisi.
STRUMENTI CULTURALI (diplomazia culturale, promozione della cultura e dell’ereditarietà culturale) sono
quegli strumenti che si legato di più all’idea di soft-power quindi che si basano su un tema o su un soggetto
di natura culturale, cercano di influenzare le persone più che i governi e quindi in un certo senso si
aspettano di avere un impatto di più lungo termine nel modificare-influenzare una certa questione perché
colpisce l’opinione pubblica dei vari paesi in favore dell’Ue. Questa è una cosa in cui USA sono maestri.
STRUMENTI MILITARI (componente militare delle missioni di pace, iniziative PESCO) quelli che sono più
tipicamente gli strumenti delle grandi potenze o comunque degli stati. Questi strumenti militari riguardano
per lo più la componente militare delle missioni di pace che l’Ue dispiega dagli anni 2000 nel vicinato
(Europa orientale, Medioriente, africa). Attualmente ci sono 6 missioni militari in corso. Sono spesso

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
missioni di gestione del confine (Ucraina, Striscia di Gaza), poi abbiamo anche altri tipi di missioni (es: COP,
U-Force, ecc.). possono consistere anche nella cooperazione tra Ue e NATO.
La PESCO prevede degli accordi vincolanti tra stati a geometri avariabile per sviluppare una serie di
capacità di tipo militare o di nuove tecnologie per la difesa.
Poi abbiamo tutta un’altra serie di misure recenti: revisione annuale coordinata sulla difesa che cerca di
chiedere agli stati di condividere le info sulla spesa per gli armamenti per evitare sprechi, sovrapposizioni e
per rendere la condivisione delle risorse più efficiente; fondo europeo sulla difesa dal 2017.
STRUMENTI ESCLUSIVI (allargamento, partenariato)

Ovviamente gli strumenti di policy possono essere sia positivi ma anche negativi: per esempio gli accordi
commerciali sono positivi ma la minaccia del ritiro di un accordo commerciale è di natura negativa.

I limiti della politica estera UE


L’Ue nel complesso ha una politica estera distinta e distinguibile da quella degli stati membri perché c’è
un’idea di Ue che si muove come attore nel panorama internazionale e ha strumenti, capacità, risorse, per
quanto limitate, per influenzarlo. È chiaramente una politica che non copre in modo omogeneo tutte le
aree di interesse della politica estera in alcuni casi ci sono dei processi decisionali che consentono di
sviluppare in modo più chiaro l’interesse europeo e di agire in modo più chiaro, veloce perché le procedure
lo consentono. In altri casi per quanto riguarda i tempi della politica esteri in senso più stretto quindi per
quanto riguarda questioni relative alla sicurezza, l’intera procedura è limitata dalla necessità di ricorrere
all’unanimità nella maggioranza dei casi e dalla prassi di cercare un consenso fra tutti gli stati membri.
Limiti:
 problema a parlare ad una sola voce (nonostante gli sforzi significativi per aumentare la coerenza). C’è
un problema di rappresentanza perché abbiamo almeno sei individui che hanno a seconda dell’area di
policy di riferimento la possibilità di parlare a livello internazionale.
 interessi contrastanti continuano a ostacolare il raggiungimento di decisioni europee comuni su una
serie di questioni specifiche. Non solo tra gli stati membri ma anche tra le organizzazioni e tra gli stati e le
organizzazioni.
 doppi standard/ comportamenti incoerenti= credibilità ridotta. È contradditoria perché ci sono dei
valori alla base che l’Ue promuove e ci sono alcuni degli sviluppi che in un certo senso si muovono non in
modo chiaro nella stessa direzione.
 risorse limitate rispetto alle ambizioni. Ciò riduce di conseguenza il ruolo di ciò che l’Ue può fare a
livello globale.
 due lacune generali individuate dagli analisti:
1. Gap tra capacità e aspettativa: c’è un grande investimento in nuove capacità ma non c’è la
possibilità di attuarle perché non si riesce a trovare un accordo a livello unanime tra gli stati membri
per portarle avanti.
2. Divario tra retorica e prestazione: ci sono queste magnifiche dichiarazioni, impegni da parte delle
istituzioni europee e dei loro rappresentanti però sistematicamente se si va a vedere sul campo
come va, come si sviluppa l’azione europea si vede che la performance nemmeno lontanamente
riesce a mantenere fede alle promesse.

CASO DI STUDIO: LA POLITICA MEDITERRANEA


La politica mediterranea dell’Ue è una politica che si è sviluppata assieme allo sviluppo delle varie capacità di politica
estera dell’Ue perché è una politica che va avanti da prima della guerra fredda e perché di fatto il Mediterraneo,
visto come l’insieme di tutti gli stati che lo costeggiano che non sono membri dell’Ue, fornisce tutta una serie di
sfide/opportunità che costringono l’Ue a trattare con tutti gli strumenti che ha a disposizioni.
Principali sfide/ opportunità: conflitti, sfide relative ai flussi migratori, fondamentalismo-terrorismo, instabilità
dovuta a tensioni di natura sociale-culturale tra le popolazioni delle varie aree del mediterraneo (nord-sud),

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razzismo, divari socioeconomici, crimine transazionale organizzato (tratta di persone), interdipendenza economiche
e di sicurezza, un mercato potenzialmente sconfinato per l’Ue, risorse naturali, posizione strategica, ecc.

L’Ue ha cercato, per evitare queste sfide, di investire con delle politiche nel mediterraneo già dalla guerra fredda:
o Negli anni 70 sviluppò una politica globale mediterranea che in realtà di globale ha solo il nome perché si
tratta di accordi bilaterali di natura economica-commerciale tra la comunità europea e i singoli paesi
dell’area mediterranea.
Finisce la guerra fredda e la commissione europea capisce che non è solo una questione finanziaria, economica e di
commercio e così
o Tra 1990-1995 sviluppò una nuova politica cioè la politica mediterranea rinnovata con la quale aggiunge una
dimensione relativa allo sviluppo e all’aiuto umanitario nei confronti di questi paesi iniziando anche ad
inserire dei progetti di cooperazione per la società civile tra le due sponde, sui temi, per esempio, della
collaborazione tra stato e università, tra le autorità locali, tra imprese.
o Nel 1992 viene adottato il trattato di Maastricht che introduce la politica estera vera e propria dell’Ue
attraverso l’introduzione della PESC. Però questa idea non la sviluppa subito. Nei documenti del consiglio,
delle istituzioni intergovernative che parlano dello sviluppo della politica estera ci sono principalmente due
aree che vengono suggerite come aree di primo sviluppo della PESC:
1. Europa orientale
2. Mediterraneo che ai tempi veniva ancora distinto in due sotto aree:
(1) Maghreb, cioè il Medioriente.
(2) Nord Africa.

Quindi nuove opportunità, nuove sfide, ci si rende conto che basare una collaborazione con questi paesi del
Mediterraneo con tutte le sfide di natura economica,
sociale, culturale, ecc. che si porta dietro basandosi solo
su rapporti economici, commerciali e un po’ di aiuto allo
sviluppo non è più sufficiente, è inadeguato per
permettere all’Ue di affrontare le sfide che vengono da
questa regione e quindi gli stati membri e le istituzioni
europee cominciano una negoziazione che porta:
o Nel 1995 all’inizio di un processo, che
attualmente è fallito, ma che all’epoca era
qualcosa di rivoluzionario, cioè il cosiddetto
processo di Barcellona= si basava su un’iniziativa
che si chiamava partenariato Mediterraneo che per la prima costituiva una cooperazione tra le due sponde
su 3 cesti:
1. Incentrato sui temi della politica e della sicurezza regionale (non proliferazione delle armi di massa,
armi nucleari, promozione diritti umani e dello stato di diritto, ecc.)
2. Incentrato sui temi economici e finanziari che puntava a realizzare un’area di libero scambio tra l’Ue
e i paesi della sponda sud del Mediterraneo entro il 2010. Ciò non è stato raggiunto.
3. Incentrato sui temi della cooperazione umana, sociale e culturale quindi basandosi su iniziative quali
il dialogo interculturale, la cooperazione sui temi del contrasto di azioni legali-illegali, questioni
relative ai diritti sociali e alla salute, ecc.
Questo all’inizio fu veramente una mossa vincente perché fu la prima volta che si ebbero rappresentanti palestinesi,
israeliani, siriani, libanesi allo stesso tavolo negoziale= successo diplomatico. Fu inoltre di fatto il primo laboratorio di
sicurezza multidimensionale che cercò di mettere in discussione tutti i blocchi che compongono l’idea di sicurezza
che non è solo la sicurezza militare dei confini. Inoltre, fu un’iniziativa interessante per quanto riguarda gli interstizi
di partecipazione delle ONG, delle organizzazioni di società civile: insieme a queste conferenze dei leader si tenevano
in parallelo dei forum che discutevano la stessa agenda dei leader ma a livello di società civile, quindi di necessità dal
basso.
Attualmente ci sono due iniziative in vigore nei confronti del Mediterraneo:
- Politica europea di vicinato (2004---): in questo caso la vera iniziativa non è quella di integrare il
mediterraneo ma nasce in vista del grande allargamento dell’Ue del 2004 che avrebbe portato 10 nuovi

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paesi membri nell’Ue, 8 dei quali venivano dall’est. C’era dunque la necessità per i paesi membri dell’UE e
per la commissione di trovare una politica che permettesse di gestire i nuovi confini dell’Ue. Poi per
preoccupazione della nuova sponda dei paesi del sud del mediterraneo questa politica fu estesa a tutti i
paesi del mediterraneo. Oggi di fatto questa politica ha due dimensioni: una ad est e una a sud.
Funziona soprattutto per via bilaterale con accordi differenziati tra UE e ciascuno dei paesi.
È basata in maniera esplicita sui valori dell’Ue, quindi sui diritti umani, la democrazia, lo stato di diritto.
- Unione per il Mediterraneo (2008---): politica regionale dell’Ue per il Mediterraneo. Fu proposta da Sarkozy
e l’idea iniziale era di creare una sorta di gemello diverso dell’Ue per il mediterraneo, quindi un’idea di
integrazione Mediterranea. Ciò cercava di eliminare ogni ambizione della Turchia di entrare nell’Ue.
Attraverso negoziazioni e discussioni tra gli stati membri e le istituzioni europee si raggiunse questa idea di
unione per il mediterraneo che di fatto è stata costituita come un’organizzazione di cooperazione
intergovernativa con alcuni sviluppi e tutta una serie di misure, ma di fatto è stata sviluppata come un
tentativo di politicizzare l’area del mediterraneo cercando di lavorare su questioni tecniche come l’ambiente,
i trasporti, lo sviluppo urbano, la ricerca, la cooperazione tra università, ecc. inoltre ha come budget circa 7
milioni di € ogni tre anni ciò ci fa capire che ciò che si può gare è molto limitato.
Con tutte queste iniziative l’Ue ha sempre cercato di coinvolgere in forme di cooperazione, integrazione i paesi del
Mediterraneo ma sempre mettendo al centro i propri valori, cioè vi è sempre la necessità che questi paesi procedano
nella promozione dei diritti umani, nell’adozione di riforme per rendere i regimi democratici ed inclusivi, per favorire
lo sviluppo della società civile, lo stato di diritto, ecc.
Poi è successa una cosa importante: PRIMAVERE ARABE= a partire dal 2010 cominciano queste incredibili rivolte o
rivoluzioni senza precedenti in cui centinaia di migliaia di persone, civili, giovani scendono in piazza per cacciare i
leader autoritari di questi paesi in carica da 30-40 anni e chiedendo diritti umani, democrazia e stato di diritto. Ciò ci
dimostra che gli sforzi dell’Ue per promuovere i suoi valori sono stati vani perché i destinatari di queste politiche,
provvedimenti mostrano che non è stato raggiunto alcun risultato. Ciò è stato uno spartiacque per capire la politica
europea nel mediterraneo.
Ma soprattutto ciò che ci mostrano le primavere arabe è che l’Ue non era assolutamente in grado, con le sue
politiche, sebbene avesse seguito per 30 anni quei paesi, di capire cosa stesse succedendo.
Anzi, alcuni leader dei paesi europei principali coinvolti nel mediterraneo, inizialmente presero le difese dei leader e
non dei civili (Berlusconi e Gheddafi).
Ci dà una evidenza empirica del fallimento dell’Ue, del fatto che, nonostante questi grandi impegni, accordi vincolati
alla promozione dei diritti umani, dello stato di diritto, non c’è stato nessun effetto o se c’è stato è stato incalcolabile.
Abbiamo anche significativamente una serie di “mea culpa” dalle varie istituzioni europee.
Al oggi però, dopo promesse di un cambio di paradigma, quello che possiamo vedere è che non sono state abbinate
a un’azione appropriata e non c’è stato nessun cambio. Ma vediamo una totale incapacità di apprendimento da
parte delle istituzioni europee.
Conclusione:
nonostante abbia sviluppato obiettivi e strumenti a partire dalla guerra fredda nel mediterraneo e ci siano state tutta
una serie di iniziative di policy (promozione e condivisione dei valori e cooperazione sul piano della sicurezza,
dell’economia, delle questioni umane sociali e culturali) e siano stati tentati vari approcci: regionali (unione per il
mediterraneo) e bilaterale (politica europea di vicinato); di fatto quello che emerge è che nessuno di questi approcci
ha mai portato ad alcun sviluppo significativo.
Infatti, le primavere arabe ne sono la prova pratica perché dimostrano l’inefficacia e l’incoerenza della politica
mediterranea. E le nuove riforme, cariche di promesse, non hanno portato a nessun cambio di paradigma. È quindi
difficile parlare di coerenza e impatto dell’Ue nella regione mediterranea.
Cosa potrebbe fare l’Ue nel mediterraneo?
Potrebbe ridurre le aspettative e puntare sotto la cintura, smettendo di creare false speranze cercando di rivoluzione
il modo in cui queste politiche vengono indirizzate.
Non c’è un’idea comune tra stati del sud e nord dell’Europa di guardare alla cooperazione e ciò mette i bastoni fra le
ruote.

Mercoledì 17 novembre
È difficile parlare di credibilità internazionale quando al proprio interno lo stesso attore, Ue, non è in grado
che i propri valori, principi vengano rispettati:

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CREDIBILITÀ INTERNA VS CREDIBILITÀ ESTERNA
- Art. 2 TUE: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti
a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”
Sancisce i valori su cui si fonda l’intero progetto di integrazione europea. A partire dal trattato di
Amsterdam ci sono gli stati e le istituzioni che si sono preoccupati di cercare di mettere una sorta di
meccanismo per far sì che questi valori vengano applicati e ciò è previsto all’:
- Art. 7 TUE: prevede sostanzialmente due modalità:
1. Modalità preventiva abbiamo una procedura di prevenzione che serve a determinare se
esiste un chiaro rischio di violazione dei valori alla base del progetto europeo.
2. Modalità sanzionatrice poi qualora si determinasse la presenza di violazione gravi e
sistematiche ai valori abbiamo anche una procedura di sanzioni che nel caso più estremo
prevede la sospensione del diritto di voto dello stato interessato nel consiglio. Quindi l’uscita
dalla partecipazione ai negoziati e alle decisioni che poi obbligano l’Ue.
Le modalità per raggiungere queste due procedure sono differenti:
la prima misura preventiva è determinata dal consiglio quindi dall’istituzione intergovernativa per
eccellenza, può essere avviata-attivata o 1/3 degli stati membri del consiglio o dalla commissione o
dal parlamento. Quindi, abbiamo diversi attori che possono iniziare questa procedura. Il parlamento
dà il consenso ed infine il consiglio può prendere la decisione con una maggioranza a 4/5 dei
membri dell’Ue.
La procedura sanzionatoria, che avviene in due fasi, si decide al consiglio europeo quindi tra i capi di
stato e di governo e serve a determinare se c’è stata una violazione. Questa misura, che può essere
attivata solo da 1/3 degli stati membri del consiglio o dalla commissione. il parlamento deve
comunque dare poi il sostegno dei 2/3 dei suoi membri.
Inizia poi un dialogo con lo stato membro interessato e se ciò non soddisfa le preoccupazioni
attraverso questa procedura il consiglio europeo prende la decisione all’unanimità (ciò limita e
rende praticamente questa procedura inattuabile) di sanzionare lo stato interessato.
Cosa può fare allora l’Ue per essere credibile?
Abbiamo tutta una serie di misure che sono state prese nel corso degli anni:
- Ricorso a procedure di infrazione della commissione (sono delle multe che la commissione può
comminare per il non impegno da parte dello stato che riceve delle sentenze da parte della CIG).
- Introduzione di meccanismi di dialogo e confronto da commissione e consiglio
- 2020 serie di nuove misure volte a tutelare i valori interni che hanno coinvolto sia le istituzioni che
gli stati: introduzione di una clausola di condizionalità nel bilancio pluriennale, nuovo meccanismo
di monitoraggio, nuovi piani d’azione su democrazia-disinformazione-diritti fondamentali.
- Abbiamo tanti bei meccanismi ma che per ora rimangono inattuati e rimangono più che altro nella
forma di minaccia ad essere utilizzati.
Quindi nonostante i passi avanti fatti, nonostante i meccanismi di monitoraggio, i piani d’azione europei sui
valori, il meccanismo base per garantire che questi diritti siano effettivamente riconosciuti, garantiti,
implementati all’interno degli stati membri per ora non funziona.

CONSIGLIO D’EUROPA
È un’organizzazione intergovernativa che è stata fondata nel 1949 con il trattato di Londra (procede ogni
progetto di integrazione europea). Ha la finalità diversa dall’idea iniziale delle comunità europee che era
quella di iniziare su forme di cooperazione tecniche e poi gradualmente raggiungere l’integrazione in altri
aspetti; qui l’idea è proprio un tentativo più politico di unire i paesi europei sulla base di quelli che sono i
principi condivisi dalle democrazie liberali europee: diritti umani, democrazia e stato di diritto.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Obiettivo è quello di un’unione più stretta fra i membri per tutelare e promuovere gli ideali e i principi che
sono loro comune patrimonio e per favorire il loro progresso economico e sociale.
Mette al centro i valori comuni ai 10 paesi europei che hanno aderito a questa iniziativa nel 49.
Le decisioni politiche vengono prese solo attraverso il metodo intergovernativo sebbene ci siano delle
tendenze, istanze di sovra nazionalità: la CEDU (organismo consiglio d’Europa) adotta delle sentenze che
sono vincolanti per gli stati membri.
Attualmente i paesi membri sono 47 e quindi copre un’idea geografica di Europa molto ampia.
Il consiglio d’Europa si è distinto nell’ambito delle varie organizzazioni regionali per essere stato il primo e
più sviluppato, rapido sistema regionale per la promozione e protezione dei diritti umani. Ancora prima dei
patti internazionali sui diritti civili e politici, economici, sociali delle <NU che sono sttai adottati nel 66, nel
1950 gli sttai membri del consiglio d’Europa adottarono la convenzione europea sulla salvaguardia dei
diritti umani e delle libertà fondamentali quindi un trattato giuridicamente vincolante che tutela i diritti
civili e politici.
Ma il consiglio d’Europa fa poi un lavoro un po' più sottotraccia ma veramente rilevante su due temi che
sottendono al suo mandato:
- Promozione stato di diritto e democrazia: molte attività di lotta alla corruzione, promozione della
libertà di espressione e di stampa, osservazione; osservazione elettorale nei paesi terzi; consulenza
giuridica agli stati).
Principali istituzioni e organismi:
- SEGRETARIO GENERALE (mandato quinquennale rinnovabile): guida e rappresenta l’organizzazione.
- COMITATO DEI MINISTRI (rappresentanti stati membri – ruolo politico): organismo
intergovernativo pe eccellenza, è quello che dà l’impulso politico al progetto, all’avanzamento della
politica dell’organizzazione. Ha approvato più di 220 convenzioni sui diritti umani. Ha
sostanzialmente il ruolo di monitorare il funzionamento dei vari meccanismi che vengono istituiti,
controllando periodicamente quello che gli stati membri fanno per attuare le misure contenute
nelle sentenze-convenzioni.
- ASSEMBLEA PARLAMENTARE (organo elettorale di secondo grado – rappresentanti parlamenti
nazionali): prima assemblea parlamentare mai istituita a livello internazionale in Europa che è un
organo elettivo di secondo grado che è diversa dal parlamento europeo (che è di primo grado cioè
vanno i cittadini a votare i rappresentanti in parlamento). Discute sulle questioni rilevanti per
quanto riguarda l’attività dell’organizzazione, è un forum di discussione è di confronto, elegge i
giudici della CEDU, dialoga con gli stati membri nei momenti di tensione politica e sostanzialmente
adotta tre tipi di documenti: risoluzioni che esprimono il pov dell’assemblea parlamentare su
questioni specifiche; raccomandazioni al comitato dei ministri per esempio per inserire nuovi temi
nell’agenda dell’organizzazione; pareri su richieste di paesi europei.
- CONGRESSO DEI POTERI LOCALI E REGIONALI (rappresenta interessi locali – due camere): una
camera porta la rappresentanza degli enti locali e una delle regioni e in questo modo si riesce a
adottare delle risoluzioni-raccomandazioni che tengono conto di quelle che sono le necessità
specifiche delle varie rappresentanze locali in una prospettiva di governance multilivello.
- CONFERENZA ONG INTERNAZIONALI (ONG internazionali che hanno ricevuto “status
partecipativo”): raduna le 400 ONG a cui il consiglio d’Europa ha dato lo status partecipativo=
significa che le NG invitate a partecipare a questi incontri, a prendere delle decisioni che riassumo-
aggregano la richiesta politica dal basso della società civile sono invitate a partecipare con proposte
all’attività del consiglio d’Europa.
In questo modo il consiglio d’Europa porta avanti le proprie posizioni e decisioni nell’ambito diritti umani,
democrazia e stato di diritto.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022

È importante perché è riuscito molto rapidamente a sviluppare un insieme di istituzioni, meccanismi senza
eguali a livello globale. Ciò riguarda in particolar modo i diritti umani ma anche altri organismi e istituzioni:
 CEDU (o Corte di Strasburgo) che applica un approccio giurisdizionale cioè le sentenze sono
vincolanti per gli stati membri.
 Comitato europeo dei diritti sociali che ha un approccio quasi-giurisdizionale cioè le decisioni che
adotta sono politicamente vincolanti e rilevanti per gli stati membri che hanno partecipato
all’istituzione. Le sentenze che adotta sono delle raccomandazioni cioè il contenuto è caldamente
raccomandato per migliorare la situazione dei diritti sociali all’interno del proprio ordinamento.
 Comitato per la prevenzione della tortura che ha un approccio preventivo, di confidenzialità. Non
serve a sancire che ci siano violazioni dei diritti umani da parte delle forze pubbliche di un paese ma
serve piuttosto ad aiutare gli stati a evitare che queste situazioni avvengano. Può solo adottare dei
rapporti che sono confidenziali e sta al governo chiedere di pubblicarli altrimenti rimangono non
pubblici. Questo comitato svolge delle visite nei vari paesi, nelle prigioni, nelle navi dei migranti,
nelle stazioni di polizia quindi in luoghi di restrizione della libertà e dialoga con le autorità, con le
organizzazioni di società civile e poi elabora il rapporto con le raccomandazioni utili.
 Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta (GRETA); gruppo di esperti sulla violenza contro le donne e la
violenza domestica (co-monitoraggio esperti-intergovernativo).

Ci sono anche organismi creati dal Comitato dei ministri:


 Commissario per i diritti umani che è un’istituzione che monitora stato per stato la situazione in
Europa dei diritti umani.
 Gruppo di stati contro la corruzione è un sistema tra pari cioè ci sono gli stati che si controllano,
monitorano a vicenda su come gestiscono la corruzione.
 Commissione di Venezia che attua la consulenza giuridica.
 Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza che dà delle raccomandazioni di policy
generali cioè delle misure che gli stati possono trasformare in politica nazionale.

Giovedì 18 novembre
Il consiglio d’Europa si occupa anche di altri temi, in maniera anche autorevole, come la promozione della
cultura: dal 2005 con la conferenza di Faro e la relativa convenzione l’Europa comincia a dare
un’attenzione importante alla cooperazione e alla promozione della cultura e del patrimonio culturale ma
anche proprio a livello di patrimonio intangibile, immateriale quindi tutte quelle pratiche, rappresentazioni,
sapere, capacità che appartengono alle comunità e ai gruppi.
Su questa basa l’organizzazione ha poi sviluppato una serie di iniziative globali e programmi che hanno
messo il tema della cultura (e religione) al centro. Ha promosso delle idee per gestire la diversità culturale
nella società europea: esempio= iniziative di dialogo interculturale raccolte in un libro bianco nel 2008.

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UNIPD SPGI Relazioni internazionali S1-2021/2022
Poi sono stati promossi una serie di incontri sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale per
portare a una forma di pace, interazione, inclusione a livello sociale.
Tema affrontato in modo originale ed efficacie dall’organizzazione.

OSCE: organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa


Ha una membership molto più ampia del continente europeo per quanto lo si possa intendere in modo
geografico; infatti, è composta da 57 stati con anche stati dell’america del nord come Canada, usa e tutti i
paesi dell’asia centrale, ecc.
È un’organizzazione abbastanza recente rispetto alle altre perché formalmente istituita nel 1995 ma è il
seguito formale di una serie di iniziative diplomatiche, negoziali tra i due blocchi durante la guerra fredda
che si erano resi conto della necessità di negoziare per garantire la sicurezza nel continente europeo. Negli
anni 70 in particolare l’accordo finale della sicurezza di Helsinki del 1975 comincia questo forum negoziale
tra paesi dell’est e dell’ovest con la partecipazione anche di USA e Canada che si basa su idee di
cooperazione per la sicurezza in un’ottica multidimensionale: ciò si è portato dietro l’OSCE.
I negoziati, gli incontri diplomatici tra i rappresentanti dei paesi membri dell’est e dell’ovest si sviluppano
su tre cesti:
- Sicurezza intesa in senso tradizionale nel senso politico e militare
- Sicurezza a livello economico quindi anche l’uso e la gestione delle risorse economiche e naturali
- Sicurezza nella sua dimensione umana cioè tutto ciò che concerne alla protezione delle persone
dalla minaccia alla propria dignità e benessere. Inizia a prendere in considerazione i temi della
dignità umana, dei diritti umani, della promozione culturale ecc. e che nel complesso è per molti
osservatori il precursore di quella che è stata la dottrina della sicurezza umana in sede NU.
Quando finisce la guerra fredda questa conferenza-forum negoziale ha un problema esistenziale perché è
nato per aiutare il dialogo durante i periodi più tesi della guerra fredda e quindi la decisione che
prenderono i rappresentanti degli stati membri è di trasformare la conferenza in un’organizzazione
internazionale permanente. Nella sua istituzione viene anche ampliato il mandato dell’organizzazione
mantenendo sempre il focus sulla sicurezza ma una vasta gamma di aree di azione, di attività, di prassi
sono state introdotte soprattutto nei legami tra sicurezza e ambiente.
Questo mandato trasversale dell’OCSE si sovrappone con le competenze specifiche di altre organizzazioni
attive sul continente europeo sui temi della sicurezza (NATO, consiglio d’Europa) ma anche ad una
sovrapposizione di forme di cooperazione e accordi.

Composizione OSCE:
ha una struttura intergovernativa tradizionale con i suoi organismi tipicamente esecutivi composti dai
rappresentanti degli stai membri:
- CONSIGLIO DEI MINISTRI: forum in cui si incontrano i ministri degli esteri dei 57 paesi parte
- CONSIGLIO PERMANENTE: organismo dove viene gestista l’attività e le decisioni quotidiane
- ASSEMBLEA PARLAMENTARE: di secondo grado cioè composta di parlamentari eletti nei singoli
parlamenti nazionali.
Abbiamo poi tutta una serie di meccanismi e istituzioni che si occupano di portare avanti il lavoro in tutte le
altre competenze dell’organizzazione:
- ALTO COMMISSARIO PER LE MINORANZE NAZIONALI: tema minoranze visto in un’ottica di sicurezza
e prevenzione dei conflitti
- UFFICIO PER LE ISTITUZIONI DEMOCRATICHE E I DIRITTI UMANI: istituzione più interessante e attiva
e una delle prima create dalla conferenza. Si occupa di molti temi (difesa diritti umani, tolleranza,
non discriminazione, ROM e Sinti, ecc.) ma è quell’ufficio che si occupa proprio della gestione delle
osservazioni elettorali: c’è un invito da parte dello stato che tiene le elezioni in modo da permettere
all’organizzazione di iniziare a costituire la propria attività cioè si manda una missione di esperti che
va nel paese per vedere che tipo di missione è necessaria per monitorare quei processi, poi si
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costruisce il nucleo di queste missioni composto da una decina di esperti che organizzano la
missione nel modo più efficacie sia dal pov di quello che deve essere monitorato sia di come si può
monitorare la situazione durante le missioni e poi vengono selezionati a seconda del tipo di
missione che serve una serie di osservatori (a lungo termine= diversi mesi presi e osservano il
processo di campagna elettorale o breve= solo giorno delle elezioni) che insieme permettono di
dare una valutazione dei processi democratici ed elettorali nei paesi che lo richiedono.
- RAPPRESENTANTE PER LA LIBERTÀ DEI MEZZI D’INFORMAZIONE: molto attivo su Twitter e cerca di
monitorare gli sviluppi sui media, sui conflitti di interesse, sulla libertà di stampa, sulle minacce nei
confronti dei giornalisti, ecc.
- COORDINATORE E RAPPRESENTANTE PER LA LOTTA CONTRO LA TRATTA DI ESSERI UMANI:

organizzazioni di società civile


Altra faccia della medaglia delle RI ovvero il ruolo che la società civile organizzata o meno ha.
SOCIETÀ CIVILE: è un concetto complesso e contestato, non c’è una concezione unica di cosa significhi, del
suo ruolo effettivo politico, sociale, internazionale. È una nozione che possiamo far risalire all’antica Roma
che ha avuto uno sviluppo grazie a filosofi e politici dal XVI fino ai giorni nostri.
Alla fine degli ani 90 si è arrivati ad una concezione internazionale di società civile
SOCIETÀ CIVILE GLOBALE/TRANSNAZIONALE: che è l’applicazione, l’estensione del concetto alla sfera delle
RI. Questo sviluppo è avvenuto per cercare di capire le trasformazioni che stavano venendo nell’est Europa
soprattutto dopo la caduta del muro dove si potevano osservare una ricca rete di attività da parte di
organizzazioni, cittadini che contrastava le posizioni di alcuni regimi dell’Europa dell’est.
Dubbio: è più appropriato globale o transnazionale?
Molto spesso viene usato uno o l’altro. Possiamo dire che entrambe vanno bene e che entrambe non
riescono totalmente a raffigurare il fenomeno.
Globale: ci aiuta a vedere il ruolo che queste organizzazioni, associazioni hanno come complemento e
contrappeso dei processi di globalizzazione ma allo stesso tempo esagerano la situazione che possiamo
osservare perché è vero che è un fenomeno globale ma non tutti gli attori che fanno parte della società
civile globale hanno le stesse risorse, la stessa capacità di interazione, di rappresentazione sul piano
globale.

Transnazionale: dà bene l’idea di un’associazione che supera i confini nazionali pe portare avanti una serie
di finalità condivise, allo stesso tempo per molti, sottostima la situazione attuale perché di fatto non
cattura la rivoluzione dal pov degli spostamenti, delle comunicazioni, delle informazioni e l’apertura di
molte società verso il mondo avvenuta negli ultimi anni.

Chi fa parte della società civile?


- GRUPPI CRIMINALI TRANSNAZIONALI
- IMPRESE COMMERCIALI
- ONG
- ASSOCIAZIONI UMANITARIE
- MOVIEMNTI SOCIALI
- UNIVERSITARI E STUDIOSI
- FUNZIONARI GOVERNATIVI A TITOLO PERSONALE
- RAPPRESENTANTI RELIGIOSI
- PARTITI POLITICI
- FAMIGLIE
- COOPERATIVE
- RETI DI GOVERNANCE TRANSNAZIONALE
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- SINDACATI
- ISTITUZIONI NAZIONALI PER I DIRITTI UMANI
- ORGANIZZAZIONI DEI CONSUMATORI
- FUNZIONARI DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
- Altro…
Di fatto essendo un termine contestato ciò che mettiamo dentro dipende un po’ come definiamo società
civile. Definizioni:
1. Glusius e Lettinga 2015 ... consiste di persone che si organizzano per influenzare il loro «mondo
della vita» cioè il mondo come lo viviamo e percepiamo direttamente ed immediatamente. Nella
soggettività di tutti i giorni. Definizione ampia.
2. Anheir et al 2001  è la sfera delle idee, dei valori, delle istituzioni, delle organizzazioni, delle reti e
degli individui situati tra la famiglia, lo stato e il mercato e operanti oltre i confini delle società, delle
politiche e delle economie nazionali.
3. Scholte 2011 uno spazio politico in cui i cittadini si raggruppano al di fuori dei partiti politici nel
tentativo di influenzare la governance. Le attività della società civile sono un atto di cittadinanza,
cioè pratiche attraverso cui le persone rivendicano diritti e adempiono alle responsabilità come
membri di un dato sistema politico coinvolgendo i cittadini che si riuniscono in associazioni che
condividono preoccupazioni e si mobilitano intorno a un problema particolare della cosa pubblica.
Definizione più descrittiva.
4. Kaldor 2003 una "piattaforma abitata da attivisti, ONG e neoliberali, nonché da gruppi nazionali e
religiosi, dove questi discutono, fanno campagne a favore (o contro), negoziano o fanno pressioni
per gli accordi che modellano gli sviluppi globali".

Quello che ci mostrano queste definizioni è che quello di società civile è un terreno contestato che è
popolato da attori che possono avere dei valori e dei principi diversi da mettere in gioco e non sempre
questi attori condividono armoniosamente sistemi di valori simili. Per questo la società civile è una
piattaforma politica perché è una piattaforma di collaborazione, di confronto e scontro.
Per alcuni, società civile, è un termine empirico con un’aspirazione normativa= ciò perché è un termine che
viene spesso definito da ciò che è possibile osservare direttamente inoltre spesso viene utilizzato più che
per effettivamente analizzare l’azione degli attori ma per designare reazioni e risultati che sono
desiderabili.

Ci sono tutta una serie di problematiche che derivano da queste difficoltà di carpire il concetto:
una distinzione che si può fare riguarda il RUOLO TRA LA SOCIETÀ CIVILE E LO STATO e in questo caso
possiamo avere due concezioni principali:
 CONCEZIONE DICOTOMICA: vede i rapporti in una forma di totale indipendenza e come fortemente
contrastanti e polarizzati. A questa concezione possono appoggiarsi gli attivisti e alcune organizzazioni NG
particolarmente determinare nel mantenere cara la propria indipendenza.
 CONCEZIONE INTEGRALE: vede la società civile come parte del più ampio sistema politico quindi non
solo ha una funzione di controllo delle azioni del proprio governo, stato ma anche una funzione di
contribuire alla sua legittimazione attraverso le attività che vengono svolte. Spesso le società civili fanno ciò
che il governo non è in grado, non ha le risorse per fare.

Altro dibattito: SOCIETÀ CIVILE INDIPENDENTE DA O COMPRENDE ANCHE LE “STRUTTURE PRIMORDIALI


DELLA SOCIETÀ” (famiglie, tribù, comunità)?
Nella concezione soprattutto occidentale e delle organizzazioni internazionali la società civile è intesa
soprattutto come organizzazione strutturata. Mentre se andiamo in altre società come Mediterraneo o
Africa un ruolo importante è giocato dai gruppi, dalle famiglie, dalle comunità religiose.

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Quindi vanno incluse o no? ciò impatta anche sul tipo di politiche che possono essere adottate a livello
internazionale.

Altro tema che riguarda le società civili: SOCIETÀ CIVILE E PERSONE CELEBRI= tema migranti, open-arm,
personaggi famosi impegnate in campagne per i diritti umani, squadre famose impegnate a sostegno di
cause, ecc.
È davvero desiderabile il sostegno di celebrità? È uno svantaggio? Ci sono delle conseguenze per le
celebrità coinvolte?
- Aiutano ad aumentare la visibilità della causa promossa MA il successo della loro azione può
dipendere dalla spettacolarizzazione;
- Spesso I messaggi delle celebrità suggeriscono che il problema può essere risolto facilmente e/o
velocemente > semplificazione di questioni complesse e multidimensionali;
- Possono aumentare la politicizzazione nel dibattito politico pubblico / “machine del fango”

Siamo di fronte ad un campo di analisi molto eterogeneo, cioè è difficile fornire sia dei modelli generali, sia
anche avere un’indagine completa delle organizzazioni e associazioni che abbiamo a livello globale.

La società civile opera su diverse cornici “etiche” di principi, valori, obiettivi che non sempre collaborano o
forniscono forme di collaborazione tra loro ma anzi si contrastano. Manca una forma di integrazione tra le
varie modalità e le varie cornici etiche e valoriali che guidano la società civile.

ONG
Tipologia più istituzionalizzata e organizzata degli attori della società civile. Si posiziona al pari di
organizzazioni umanitarie/di soccorso o di organizzazioni no-profit o delle GONGO che sono quelle
organizzazioni che sembrano ONG ma in realtà che sono state istituite dai governi, quindi, hanno
un’indipendenza e una autonomia discutibile.

Tipologie:
dal pov geografico= locali, nazionali, regionali, continentali, intercontinentali, globali.
Generali Vs Specializzate: esempio più generali= rete globale degli avvocati mentre specializzate= sui temi
della pace, diritti umani, povertà, promozione sociale, ecc.

Attributi di posizione:
numero individui che ne fanno parte,
tipo di struttura (unitaria, federativa e confederativa),
grado di identificazione e quindi di coinvolgimento degli associati sulla missione;
entità di bilancio;
qualità della leadership;
numero di status consultivi= riconoscimento che permette a talune ONG che riflettono certi principi e
requisiti di partecipare ai processi decisori o quanto meno alla discussione delle questioni nelle sedi delle
organizzazioni internazionali;
competenza specialistica.

Le ONG a livello internazionale rappresentano un cantiere aperto di «learning» quindi di apprendimento


per la governance globale perché di fatto le ONG che riescono ad avere un impatto e una
rappresentazione a livello internazionale sfidano gli stati e le organizzazioni internazionali ad aprirsi sulla
collaborazione a nuovi attori e ad includere nuovi temi nell’agenda internazionale intergovernativa.
Questo grazie al poter specifico delle ONG:
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cioè un potere non-economico, non militare e non violento:
 POTERE DEI VALORI: la capacità che questi attori, organizzazioni hanno di condizionare il
comportamento dei centri di potere politico facendo leva sul primato dei valori universali (tema diritti
umani, pace, sviluppo sostenibile, democrazia, ecc.). Questo potere dipende dalla coerenza di queste
organizzazioni.
 POTERE DELLE IDEE: capacità di pensare a nuove idee, di creare nuovi principi o programmi operativi e
di promuoverne la ricezione a livello internazionale.

Critiche chiave alle ONG (da rappresentanti governativi / studiosi):


- RAPPRESENTAZIONE: non abbiamo una membership di massa che viene rappresentata nelle loro
attività. Molto spesso sono gruppi più piccoli che faticano a rappresentare i gruppi di persone che
dicono di rappresentare.
- ASSENZA DI DEMOCRAZIA INTERNA: ONG sicuramente contribuiscono a democratizzare il sistema
internazionale però se guardiamo a come sono organizzate notiamo che non sempre hanno dei
sistemi organizzativi democratici e non sempre il leader, direttore, presidente della ONG è eletto dai
membri ma molto spesso viene nominato da una cerchia ristretta di persone.
- ELITARISMO: soprattutto le grandi ONG che hanno una rappresentanza internazionale raramente
sono composte e mettono in posizione di rilievo delle persone che fanno parte della causa che
queste ONG promuovono ma spesso abbiamo dei leader che fanno parte delle élite sociali e
culturali dei paesi.
- CAPACITÀ DI «RENDERE CONTO» (accountability): una ONG dovrebbe essere trasparente verso i
donatori ma anche verso i beneficiari, partner o organizzazioni che lavorano in parallelo con loro.
Spesso però le ONG non sono abbastanza chiare.
- LEGITTIMITÀ: da chi sono legittimate nello svolgere il loro lavoro? Non sono elette, non sono
previste dalla legge, non hanno un mandato deciso da alcun accordo. Sono organizzazioni
spontanee che nascono da un accordo tra privati e che decidono di promuovere una serie di
obiettivi ma formalmente non sono legittimate a fare ciò. Esse affermano di essere legittimate dal
diritto internazionale dei diritti umani.

Canali di partecipazione (interstizi) sistema NU:


possibilità che le ONG hanno effettivamente o sono messe a loro disposizione dalle organizzazioni
internazionali per permettere alle ONG nazionali e internazionali di partecipare ai processi decisionali
internazionali:

1. Status consultivo presso ECOSOC (risoluzione 1996/31) > tre status: Generale= sono quelle ONG
ampie dal pov del mandato e della rappresentazione geografica su tutti i temi su cui lavoro il
consiglio economico e sociale, Speciale= sono la maggior parte e sono quelle che hanno sviluppato
una competenza specifica su uno o più temi di lavoro, Roster= include quelle ONG che hanno un
focus più ristretto e più tecnico e una forma di consultazione in altri organismi delle NU come per
esempio gli UNDP.
2. Status consultivo presso altri organismi/agenzie
3. Servizio di dialogo e collegamento permanente non governativo tra le agenzie e gli organismi delle
NU e le ONG che hanno lo status consultivo (UN-NGLS) Servizio inter-agenzia. Ciò consente di
facilitare il coinvolgimento e i contributi delle ONG.
4. DPI/ONG dipartimento di pubbliche informazioni delle ONG > diffusione informazioni su come
funziona, sugli organismi, sulle politiche, le decisioni e gli sviluppi delle NU.
5. Altri «interstizi» di partecipazione: rapporti ombra/alternativi; UPR-pre-session; Incontri in Formula
Arria al CDS...

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Canali di partecipazione (interstizi) organizzazioni regionali:
CONSIGLIO D’EUROPA
Status consultivo (1952) > diventato poi uno status partecipativo (2003): coinvolge + 400 OING con
competenze sui temi del consiglio d’Europa.
Conferenza delle ONG, creata nel 2005 mette assieme tutte le ONG per permette a queste organizzazioni di
partecipare ai processi di presa delle decisioni nell’ambito dell’attività del CD’E.
Le ONG contribuiscono all'efficacia del CD’E: fornendo informazioni (relazioni); partecipazione a visite e
riunioni, discussione del follow-up del monitoraggio, contributi amicus curiae cioè delle opinioni alla Corte
di Strasburgo/ reclami collettivi al Comitato per i diritti sociali; diffusione capillare delle informazioni a
livello nazionale/sub-nazionale, ecc.
UNIONE EUROPEA
Coinvolgimento delle ONG nei «dialoghi» dell'UE > dialogo civile/dialoghi sui diritti umani.
Esternamente: Fondo europeo per la democrazia / Strumento per la società civile /EIDHR.
Internamente: «Rights and Values programme» (sostenere l'impegno della società civile contro le violazioni
dello stato di diritto da parte degli Stati membri; promuovere una cultura dei valori fondamentali).
UNIONE AFRICANA / ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI
Qualsiasi individuo o ONG può presentate una comunicazione davanti alle rispettive Commissioni per i
diritti umani - non è necessario che il richiedente sia una vittima (actio popularis).
Status di osservatore per le ONG competenti su questi temi in vari organismi.

Quattro azioni principali per le ONG che si occupano di promozione umana:


 Raccogliere informazioni accurate e diffonderle tempestivamente;
 persuadere le autorità pubbliche a adottare nuovi standard o ad
applicare quelli adottati (lobby diretta).
 pubblicare informazioni nella speranza di sviluppare un’educazione a lungo termine (campagne di
advocacy e informative).
 fornire servizi diretti (integrare/sostituire Governo)

Impatto e influenza delle ONG/OSC


 Sfida nello specificare e poi generalizzare l'influenza delle ONG nelle relazioni internazionali.
 Influenza/impatto difficile da valutare (misurare) nelle relazioni internazionali (pluralità dei fattori)
 Cos'è il successo per una ONG? (Forsythe 2017)
 Trovare il supporto di una comunità epistemica è ancora importante per il successo di questi attori?

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