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INTRODUZIONE AL DIRITTO
INTERNAZIONALE - RIASSUNTO
NATALINO RONZITTI
La soggettività internazionale degli stati - i soggetti più importanti del diritto internazionale - non deriva da un atto di riconoscimento ma direttamente
dall'ordinamento il quale, conformemente al principio di effettività, si limita a prendere atto dell'esistenza, in via di fatto, di uno stato, attribuendogli
automaticamente la soggettività. In particolare, secondo l'art. 1 della Convenzione di Montevideo, sottoscritta nel 1933, uno stato è soggetto di diritto internazionale
per il solo fatto di possedere:
Sezione I - En Territoriali
Gli Sta sono i sogge principali del diri o internazionale, che è nato e con nua ad operare quale
sistema norma vo volto essenzialmente a regolare la coesistenza tra en sovrani. Non sono
sogge gli Sta membri di Sta federali. Si tra a di en organizza secondo il modello statale, i
quali tu avia dife ano del cara ere dell’indipendenza, cos tuendo par componen un più ampio
ente, lo Stato Federale, al quale soltanto è da riconoscere la sogge vità internazionale.
Non cos tuisce elemento rilevante ai ni dell’acquisto della sogge vità internazionale la
dimensione del territorio di uno Statoo della sua popolazione. Partecipano a pieno tolo alla vita di
relazione internazionale Sta di dimensione territoriale rido o(es. Lussemburgo). Un problema
sorge con riferimento ai c.d. Sta esigui(es. Monaco, San Marino, ecc.). Tali Sa dipendono in
misura più o meno larga da terzi per la condo a delle loro relazioni internazionali. Alcuni di ques
Sta sono ogge o di penetran ingerenze da parte dello Stato vicino. Così, ad esempio, in virtù del
Tra ato del 17 luglio 1918 con la Francia, Monaco si era impegnato “ad esercitare i suoi diri di
sovranità in perfe a conformità agli interessi poli ci, militari, navali ed economici della Francia”.
Occorre comunque ricordare che ormai gli Sta esigui sono membri delle Nazioni Unite.
Mancano del requisito dell’indipendenza, ma sono da taluni considera come sogge di diri o
internazionale, gli Sta prote . Si tra a di en tà formatesi durante il periodo coloniale. Lo Stato
prote ore assumeva la rappresentanza internazionale dello Stato prote o e s pulava per suo
conto i tra a internazionali. Lo Stato prote ore aveva anche un’ingerenza più o meno penetrante
nei confron dell’ordinamento interno dello Stato prote o, ingerenza che poteva manifestarsi nella
forma del concorso di organi o della sos tuzione di organi. Nel primo caso, il potere legisla vo
veniva esercitato congiuntamente da organi dello Stato prote o e dello Stato prote ore; nel
secondo, gli organi dello Stato prote ore si sos tuivano pienamente allo Stato prote o.
Il prote orato deve essere dis nto dai territori so o mandato, esisten al tempo della Società
delle Nazioni e da quelli so o amministrazione duciaria disciplina dal Capitolo XII della Carta
delle Nazioni, che sono en tà prive di sogge vità internazionale. Il prote orato veniva
amministrato nell’interesse della potenza prote rice, i manda e le amministrazioni duciarie
venivano amministra nell’interesse della popolazione locale.
Nel vassallaggio l’en tà so o vassallaggio, pur godendo di una certa autonomia ha funzioni di
governo indis nte da quelle dell’en tà superiore. Ad es. al tempo dell’Impero o omano, le forze
armate egiziane era parte integrante dell’organizzazione militare o omana.
Da non annoverare fra i sogge di diri o internazionale sono pure quelle en tà, dotate di
autonomia all’interno di uno Stato, che dovrebbero diventare il nucleo su cui cos tuire un futuro
Stato. È questo il caso dell’Autorità nazionale pales nese. ANP manca del requisito dell’e e vità e
dell’indipendenza, essendo sogge a alla volontà di Israele, che controlla le fron ere terrestri,
mari me e aeree dei territori “governa ” dall’Autorità.
Non sono Sta , mancando del requisito dell’indipendenza, i c.d. Sta fantoccio, crea
dall’occupante durante la guerra, un a o proibito dal diri o internazionale. Pertanto la quali ca di
Stato e di sogge o di diri o internazionale non possono essere riconosciu al Manchukuo, la cui
nascita avvenne durante l’occupazione giapponese della Manciuria( 1931-1945), alla
Slovacchia(1939-1945) creata dalla Germania, o alla Croazia (1941-1945), nata al tempo
dell’occupazione italo-tedesca della Iugoslavia. Non furono mai considera Sta sovrani e
indipenden i Batustan (ad es. Transkei, Venda, Ciskei), crea dal Sud Africa tra il 1976 e il 1981 per
dare a uazione alla poli ca di apartheid mediante la cos tuzione di en tà solo nominalmente
indipenden .
L’art.1 della Convenzione di Montevideo sui diri e doveri degli Sta (1933) dà la seguente
de nizione di Stato: “Lo Stato come sogge o di diri o internazionale, deve possedere i seguen
requisi : 1) popolazione permanente; 2) territorio de nito; 3) auto governo e 4) capacità di
intra enere relazioni internazionali con altri Sta ”.
Insor
Oltre agli Sta sovrani e indipenden , partecipano alla vita di relazione internazionale quali en
territoriali i movimen insurrezionali, che perseguono mediante la lo a armata il rovesciamento
del governo di uno Stato, oppure la secessione di unaparte del territorio dallo Stato medesimo.
Il movimento insurrezionale è da annoverare fra gli en territoriali, in quanto esso assume una
propria individualità sul piano internazionale soltanto qualora eserci e e vamente un controllo
esclusivo su una porzione del territorio e rela va popolazione e non si tra di semplici tensioni o
disordini interni, quali le sommosse o gli a sporadici o isola di violenza.
La rilevanza internazionale degli insor è legata al principio dell’e e vità. Il movimento
insurrezionale si cara erizza per essere un ente temporaneo, in quanto susce bile di una
evoluzione o di una involuzione: esso è des nato a trasformarsi in uno Stato o a retrocedere a
semplice gruppo di individui.
La capacità internazionale degli insor è sostanzialmente limitata alle norme che regolano la
condo a delle os lità con il governo legi mo ed a quelle che disciplinano l’esercizio del potere
d’imperio del movimento insurrezionale sul territorio da esso controllato; il movimento gode
Nazioni Unite: è composta dall’Assemblea Generale, composta da tu gli Sta membri, il Consiglio
di Sicurezza, composto da 15 membri, di cui 5 permanen con diri o di veto( Francia, Cina, UK,
USA, Federazione Russa); il Consiglio di amministrazione duciaria; la Corte Internazionale di
Gius zia ( composta di 15 giudici che siedono a tolo individuale e durano in carica 9 anni) e il
Segretario.
Non sono organizzazioni internazionali gli en cos tui in virtù del diri o interno di uno Stato,
anche se annoverino tra i membri gli Sta . Come esempio di organizzazione alla cui base non si
trova un tra ato is tu vo è l’OSCE(Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa), di
cui sono membri gli Sta europei, incluse le repubbliche dell’Asia centrale nate dopo la diaspora
sovie ca, gli Sta Uni e il Canada. L’OSCE si fonda sui documen ado a dagli Sta partecipan
alla Conferenza sullaSicurezza e Cooperazione in Europa.
Gli Sta diventano membri delle organizzazioni internazionali mediante la procedura di
ammissione. Tale procedura comporta in genere che la domanda di ammissione sia acce ata
mediante una delibera da parte degli organi dell’organizzazione, che valutano la capacità dello
Stato candidato di adempiere gli obblighi connessi alla qualità di membro. Uno Stato può essere
sospeso o espulso dall’Organizzazione di cui è parte.
La procedura di voto in seno agli organi collegiali dell’organizzazione è disciplinata dai rela vi a
is tu vi o è fru o della prassi invalsa nell’organo. Si dis ngue fra consensus, unanimità,
maggioranza semplice e maggioranza assoluta. Il consensus è de nito nelle Regole di procedura
della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa come “ l’assenza di qualsiasi obiezione
formulata dal rappresentante [di uno Stato] e da lui considerata come un ostacolo all’adozione di
una decisione in proposito”.
Nell’unanimità è richiesto il voto posi vo di tu i componen l’organo. Essa comporta un’espressa
manifestazione di volontà. Talvolta è precisato che l’astensione non osta all’adozione delle delibere
per le quali è richiesta l’unanimità (es. art.205 par.3, Tra ato CE).
Quando viene richiesta la maggioranza semplice, l’a o è ado ato qualora sia stato votato dal 50%
+1 degli Sta componen l’organo. Dipende dallo Statuto dell’organizzazione o dalle regole di
procedura stabilire se si debbano computare ai ni del quorum tu gli Sta membri o solo i
presen e votan .
La maggioranza quali cata assume varie modalità. Può essere innanzitu o una maggioranza di
2/3(es. art.18 Carta N.U. che stabilisce come le decisioni dell’Assemblea Generale su ques oni
importan siano prese a maggioranza di 2/3 presen e votan ). Altre volte la maggioranza
necessaria per l’adozione dell’a o deve comprendere il voto di determina Sta (es. art. 27, par.3,
Carta N.U. che stabilisce come le decisioni del Consiglio di sicurezza su ques oni di sostanza
vengono prese con un voto favorevole di nove membri, su quindici componen il Consiglio, nel
quale siano compresi i vo dei membri permanen ).
Fra le varie forme a raverso le quali si esplica la partecipazione delle organizzazioni internazionali
alla vita ri relazione internazionale, assume un rilievo primario la capacità ad esse riconosciuta di
concludere accordi con Sta o con altre organizzazioni internazionali. Le Organizzazioni
internazionali sono inoltre tolari del diri o alla protezione dei propri funzionari da parte dello
Stato sul cui territorio si trovano ad operare.
La personalità delle organizzazioni internazionali è stata a ermata, con riferimento all’OMS, dalla
CIG.
Le Organizzazioni non hanno un territorio, quindi non godono del diri o di sovranità territoriale e
non esercitano le rela ve competenze. Esse esercitano le loro funzioni tramite un apparato
is tuzionale che ha sede in uno Stato membro e con cui s pulano un “accordo di sede” che
stabilisce i reciproci diri e doveri.
Gli en nora esamina non sono da confondere con le ONG, associazioni private a cara ere
Sezione V - Individuo
L’individuo non è partecipe di nessuna delle tre funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico, ad
eccezione di una limitata capacità per quanto riguarda l’accertamento del diri o rela vamente ai
tra a che proteggono i diri umani. Due categorie di norme vengono in considerazione: 1) le
norme in materia di protezione dei diri dell’uomo e 2) quelle rela ve ai crimini internazionali. Le
prime possono essere costruite come norme che si dirigono agli Sta , i quali sono obbliga ad
accordare determina diri agli individui. Le seconde non sono concepibili come norme che
impongono dire amente doveri agli individui, ma come norme che obbligano gli Sta a de are
norme incriminatrici e punire i comportamen lesivi.
Quanto alle situazioni giuridiche di natura processuale, l’individuo può me ere in moto il
procedimento dinanzi al Comitato dei diri dell’uomo, per far valere una violazione del Pa o del
1966 sui diri civili e poli ci. La procedura si conclude con una “constatazione”, che non ha
cara ere obbligatorio. Ben più incisiva è la procedura per far valere una violazione della
Convenzione europea del 1950 dinanzi alla Corte europea dei diri dell’uomo. In questo caso la
procedura si conclude con unasentenza, e cioè con un a o giuridicamente vincolante.
Non rileva ai ni della personalità internazionale dell’individuo la tolarità di diri ed obblighi
nell’ambito degli ordinamen deriva dal diri o internazionale. A questo proposito, l’esempio
più incisivo è cos tuito dalla CE. Nell’ordinamento comunitario, l’individuo è tolare di diri
ed obblighi ed è legi mato a presentare un ricorso dinanzi al Tribunale di Primo Grado e alla Corte
di Gius zia delle Comunità Europee.
Quanto de o in proposito dell’individuo vale anche per le persone giuridiche. Gli accordi di
concessione s pula tra uno Stato ed una società straniera sono radica nell’ordinamento interno
dello Stato concedente, quantunque il contra o possa richiamare norme di ordinamen stranieri o
addiri ura principi desun dall’ordinamento internazionale. I rappor giuridici intercorrono tra
Stato nazionale dell’impresa e Stato ospitante e dunque l’impresa godrà dei diri all’interno dello
Stato ospitante, in seguito all’a uazione del tra ato internazionale di quest’ul mo.
La persona giuridica è quell’organismo unitario, caratterizzato da una pluralità di individui o da un complesso di beni, al quale viene riconosciuta dal
diritto capacità di agire in vista di scopi leciti e determinati.
Gli elementi costitutivi (o presupposti materiali) per l’esistenza della persona giuridica:
una pluralità di persone, un patrimonio autonomo, uno scopo lecito e determinato per la realizzazione di interessi scientifici, artistici, commerciali, di
beneficenza, ma i primi due elementi non concorrono necessariamente o non si presentano allo stesso modo importanti.
La pluralità di persone in alcuni tipi di persone giuridiche si può presentare non in primo piano o mancare, mentre è essenziale in altri tipi di persone
giuridiche (come le associazioni).
Capitolo 2 - Il riconoscimento
Riconoscimento di nuovi Sta
La nascita di uno Stato sovrano e indipendente è un avvenimento che si realizza sul piano storico,
una situazione di fa o della quale il diri o internazionale prende semplicemente a o (principio di
e e vità). Ogni volta che una nuova en tà statale si a accia sulla scena internazionale, invale fra i
membri della comunità degli Sta preesisten la pra ca di procedere al riconoscimento del nuovo
Stato. Con il riconoscimento, gli Sta preesisten manifestano la volontà di entrare in relazione con
esso.
Si parla di riconoscimento “de iure” nel caso in cui lo Stato che vi procede ri ene che la situazione
del nuovo Stato sia cara erizzata da completa stabilità. Si parla, invece, di riconoscimento “de
facto”, quando lo Stato preesistente, pur prendendo a o dell’esistenza di un’autorità indipendente
che esercita e e vamente il potere di governo su un territorio, nutra riserve circa la stabilità della
situazione del nuovo Stato e perciò intende instaurare relazioni di “basso pro lo” con esso.
So o il pro lo formale, l’a o di riconoscimento può presentarsi come un semplice messaggio di
congratulazioni al Capto dello Stato del nuovo Stato per la raggiunta indipendenza, oppure di una
nota formale in cui la nuova en tà viene riconosciuta come uno Stato indipendente e sovrano. Il
riconoscimento può essere anche tacito o implicito, cioè risultante da comportamen concluden
dello Stato preesistente.
Il riconoscimento non ha valore cos tu vo della personalità internazionale dello Stato, come
espressamente a ermato dall’art.9 della Carta dell’Organizzazione degli Sta Americani. Esso è un
a o poli co ed è pienamente discrezionale. Il riconoscimento rappresenta l’a o di fondazione della
vita sociale del nuovo Stato, nel senso che da esso dipende la possibilità per tale Stato di
intra enere normali relazioni con gli Sta preesisten . Così, uno Stato di nuova formazione che
non fosse ogge o di riconoscimento da parte di alcuno degli Sta preesisten verrebbe ad essere
tolare soltanto dei diri ed obblighi derivan dalle norme di diri o consuetudinario.
Il riconoscimento contribuisce a creare l’e e vità della situazione e a consolidare l’esistenza del
nuovo Stato. Di regola, uno Stato non riconosciuto o la cui esistenza è contestata da una
componente importante della comunità internazionale non può divenire membro delle Nazioni
Unite. Il riconoscimento può essere so oposto a condizioni, come ad esempio il rispe o dei diri
delle minoranze o il subentro nei tra a del predecessore.
La nuova en tà da riconoscere deve essere e e vamente uno Stato indipendente, il
riconoscimento non deve essere prematuro e gli Sta dovrebbero avere un dovere di non
riconoscere en tà che sono sorte grazie all’aggressione e alla violazione del divieto di uso della
forza nelle relazioni internazionali, come si può desumere dal Parere n.10 della Commissione di
Arbitrato sulla ex Iugoslavia, ado ato il 4 luglio 1992.
Il mancato riconoscimento non signi ca che viene interro o ogni rapporto tra i due Sta . I tra a
bilaterali rimangono in vigore e la relazioni diploma che normalmente con nuano, benché ad un
livello più basso di quello precedente. Il riconoscimento di governi ha luogo nella prassi e può
assumere una rilevanza pra ca notevole, quando ci siano due organizzazioni di governo rivali che
pretendono entrambe di essere riconosciute come il governo legi mo di uno Stato.
di un terzo oppure in a uazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza, che può avere anche
natura obbligatoria.
Nel primo caso, la poli ca di non riconoscimento è equiparabile al disconoscimento, nel secondo,
la poli ca di non riconoscimento è fru o delle pressioni di un terzo Stato, che intende tenere
isolato un sogge o diri o internazionale dal restodella comunità internazionale.
Nel terzo caso, una poli ca colle va di non riconoscimento, può avere luogo, in virtù di una
risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Qualora la risoluzione abbia natura
obbligatoria, gli Sta hanno il dovere di ado are una poli ca di non riconoscimento.
L’obbligo di non riconoscimento, può derivare dire amente dall’ordinamento internazionale, senza
che sia necessario imporlo mediante una risoluzione del Consiglio di sicurezza. L’art. 41, par.2, del
Proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale dello Stato impone agli Sta di non
riconoscere come legi ma una situazione creata mediante una grave violazione di un dovere
derivante da una norma impera va del diri o internazionale.
La guerra di Corea, iniziata nel 1950, fece da propulsore per una re-interpretazione dell’art.9.
L’obbligo di cui al par.2 dell’art.9 èstato inteso nel senso che esso consente il mantenimento di forze
volete esclusivamente ad assicurare la legi ma difesa dello Stato. Quantomeno è riconosciuto il
diri o di legi ma difesa individuale, mentre si discute se il Giappone possa esercitare il diri o di
legi ma difesa colle va, poiché la legi ma difesa è consen ta solo per difendere il Giappone.
L’art.9 Cost. e l’interpretazione che ne è stata data hanno in uenzato la redazione dei pa di
sicurezza di cui il Giappone è parte. A causa dell’art.9, il Giappone può divenire di cilmente parte
di tra a di sicurezza colle va come quello is tu vo della Nato.
dell’UE, contenente disposizioni rela ve alla poli ca estera e di sicurezza comune. Per quanto
riguarda il primo gruppo di disposizioni, rilevano essenzialmente gli ar .: 30, 60, 133, 296, 297 e
301.
L’art.30 consente agli Sta membri di prendere misure restri ve all’importazione od esportazione
gius cate da mo vi di “pubblica sicurezza”. Essa è applicata anche all’esportazioni di prodo
provenien da un Paese comunitario e des na ad un Paese terzo da uno Stato membri diverso da
quello di provenienza. L’art. 30 potrebbe essere quindi invocato dal membro neutrale qualora la
merca in partenza dal proprio territorio possa comprome erne la neutralità.
L’art.296 lascia fuori dal campo di azione della Comunità la produzione e il commercio di armi,
munizioni e materiale bellico. In proposito, ogni Stato membro “può ado are le misure che ritenga
necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza”.
Maggiori di coltà sollevano le misure prese dalla Comunità contro uno Stato terzo a tolo di
sanzioni economiche e nanziarie. Si tra a di misure prese in esecuzione di decisioni del Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite oppure ado ate autonomamente dalla Comunità. Esse sono
fondate sull’art. 133 CE o sull’art. 60 e 301 CE. Normalmente la Comunità dispone tramite
regolamento, che è un a o vincolante e dire amente applicabile all’interno degli Sta membri.
L’art. 297 del Tra ato CE consente ad uno Stato membro di prendere delle misure “in caso di
guerra o di grave tensione internazionale che cos tuisca una minaccia di guerra ovvero per far
fronte agli impegni da esso assun ai ni del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale”. L’art. 297 non ha per ogge o misure prese in deroga alle regole comunitarie, ma si
riferisce all’ipotesi in cui misure non proibite dalle regole comunitarie, prese da uno Stato membro
nelle circostanze considerate, siano potenzialmente a e a produrre un turbamento nel
funzionamento del mercato comune.
L’art. 17, par.1, del Tra ato sull’UE amplia la nozione di poli ca estera e di sicurezza comune,
poiché vi ricomprende “tu e le ques oni rela ve alla sicurezza dell’Unione, ivi compresa la
de nizione progressiva di una poli ca di difesa comune”. Sennonché il 2° comma del par.1 con ene
una clausola che salvaguarda lo status dei neutrali, poiché dispone che non viene pregiudicato “il
cara ere speci co della poli ca di sicurezza e di difesa di taluni Sta membri”. Eguali
considerazioni valgono per le decisioni che hanno implicazioni nel se ore della difesa (art.17,3).
L’Unione può intraprendere missioni di peace-keeping e di peace-enforcement, secondo quanto
dispone l’art.17 par.2.
Capitolo 4 - Il Territorio
La sovranità territoriale
Il territorio è l’ambito entro cui lo Stato esercita la sua potestà di governo (imperium), ad
esclusione di altri sogge di diri o internazionale (ius excludendi alios). La potestà di governo e il
connesso esercizio esclusivo cos tuiscono manifestazione della sovranità internazionale.
L’acquisto di proprietà immobiliari da parte dello Stato o di suoi ci adini in territorio altrui non
comporta l’acquisto della sovranità territoriale. Spesso gli Sta di nuova indipendenza,
confondendo l’imperium con il dominium, vietano l’acquisto di proprietà immobiliari da parte di
stranieri o lo so opongono a un regime autorizza vo oneroso, per il more (infondato) che
l’acquisto cos tuisca un vulnus della loro sovranità.
L’art.1 della ris. 3314-XXIX sulla de nizione di aggressione, de nisce aggressione l’uso della forza da
parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza poli ca di un altro
Stato. Tra i poteri connessi all’esercizio della sovranità territoriale rientra anche quello di cedere
parte del proprio territorio.
Il potere di governo dello Stato nel proprio territorio incontra i limi derivan dal diri o
internazionale sia consuetudinario che pa zio. Ques limi riguardano, in primo luogo, il
tra amento che deve essere riservato agli Sta stranieri, ai loro organi e ai loro ci adini. Ad es.,
non potranno essere so opos a giurisdizione gli Sta esteri, per le loro a vità iure imperii, e
dovranno essere accorda privilegi e immunità agli agen diploma ci e alla sede della missione
diploma ca. Il potere d’imperio dello Stato incontra dei limi per quanto riguarda il tra amento
dei propri ci adini.
Il dominio riservato
Lo Stato è libero di assogge are alla disciplina che più gli conviene i rappor che si svolgono
all’interno del proprio territorio. Sitra a di una sfera di competenza denominata dominio riservato.
La Corte internazionale di gius zia(CIG d’ora in avan ) ha a ermato che il dominio riservato ha per
ogge o tu e le materie in relazione alle quali il principio di sovranità degli Sta lascia ai sogge di
diri o internazionale libertà di scelta. Tra tali materie, la CIG ha elencato la determinazione del
sistema poli co, economico, sociale e culturale e la formulazione della poli ca estera.
Il dominio riservato ha un’importanza determinante nelle Nazioni Unite e indica quelle materi di
esclusiva competenza statale che sono al riparo dell’ingerenza dell’Organizzazione. Esso è
disciplinato nell’art.2, par.7 della Carta delle NU, secondo cui “nessuna disposizione della presente
Carta autorizza le N.U. ad intervenire in ques oni che appartengono essenzialmente alla
competenza interna di uno Stato, né obbliga i Membri a so oporre tali ques oni ad una procedura
di regolamento in applicazione alla presente Carta”.
La c.d. Teoria giuridica del dominio riservato, che fa capo al parere della Corte permanente di
gius zia internazionale (CPGI) del 1923, secondo cui non fanno parte del dominio riservato le
ques oni che sono disciplinate dal diri o internazionale consuetudinario o pa zio. Una seconda
tesi a erma che non rientrano nel dominio riservato non solo le materie disciplinate dal diri o
internazionale, ma anche quelle materie che sono state ogge o di a enzione, da parte delle
Nazione Unite con l’adozione di cara ere generale.
Le Nazioni Unite possono intervenire in una ques one che ricada nella competenza di uno Stato. La
prima fa specie è cos tuita dal consenso dell’avente diri o. Ad esempio, uno Stato può
consen re che le Nazioni Unite intervengano per controllare una compe zione ele orale. La
seconda è cos tuita dall’ul mo inciso dell’art.2, par.7, della Carta, sopra citato: anche se un
materia è ricompresa nel dominio riservato, le Nazioni Unite possono disporre misure coerci ve,
qualora la situazione domes ca, ad es. una guerra civile, sia quali cata dal Consiglio di sicurezza
come una minaccia od una violazione della pace ex art.39 della Carta.
Il dominio riservato, ha una rilevanza in ordine alle controversie che possono essere deferita alla
CIG. Sovente gli Sta , per escludere che la controversia rientri nella competenza della Corte,
eccepiscono che il suo ogge o rientra nella loro competenzadomes ca. Come vedremo l’art.36, par.
2, dello Statuto della CIG consente di acce are unilateralmente la competenza della Cote per tu e
le controversie che abbiano per ogge o le ques oni giuridiche ivi menzionate.
La Fron era
La fron era, o con ne dello Stato è la linea che delimita la sovranità statale. Essa viene stabilita
mediante due procedimen : la delimitazione, in virtù della quale si precisano i limi dell’ambito
spaziale entro cui lo Stato esercita la sovranità territoriale, e la demarcazione che consiste nella
trasposizione dei da geogra ci sul territorio.
La delimitazione è un a o bilaterale tra i due Sta con nan che si concre zza nella s pulazione di
un tra ato internazionale. La delimitazione può peraltro aver luogo ad opera di un tribunale
internazionale in caso di controversia tra i due Sta con nan . Ma può avvenire anche in seguito
ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
È ormai certo che esista una norma consuetudinaria denominata u posside s. Si tra a di una
consuetudine nata a livello regionale in America La na, secondo cui i con ni degli Sta la no
americani era da presuersi eguali a quelli delle vecchie circoscrizioni coloniali spagnole. La CIG nella
controversia Burkina Faso-Mali(1986) ha riconosciuto come appartenente al diri o
consuetudinario il principio dell’u posside s. L’u posside s è venuto a ermandosi come un
principio connesso alla formazione degli Sta di nuova indipendenza per secessione o
smembramento di uno Stato federale e trascende ormai l’ambito della decolonizzazione.
Per quanto riguarda i umi di con ne, viene talvolta fa o riferimento alla regola del thalweg, cioè
alla linea mediana del canale navigabile, altrimen , se il ume non è navigabile si fa riferimento alla
linea mediana.
Qualora due Sta siano separa da una catena di montagne, si può ado are il criterio dello
spar acque oppure quello di una linea che unisce le ve e più alte.
La delimitazione può anche riguardare la fron era mari ma, nel caso di Sta cos eri adiacen o
fron s . In linea di principio, l’estensione delle aree marine risulta da una a o unilaterale dello
Stato cos ero, ma deve essere conforme al diri o internazionale, come ha precisato la Corte
internazionale di gius zia nel caso delle “Peschiere norvegesi”(1951). Pertanto uno Stato potrà
ssare il mare territoriale a 12 miglia dalla linea di base oppure un limite inferiore, se così ri ene
opportuno.
Per quanto riguarda il mare territoriale, il criterio da seguire è quello della linea mediana. A norma
dell’art.15 della Convenzione delle N.U. sul diri o del mare, nessuno degli Sta che si fronteggiano
può, salvo contrario accordo, estendere il proprio mare territoriale al di là della linea mediana, cioè
dalla linea i cui pun siano equidistan dai pun più vicini della linea di base.
Per quanto riguarda la pia aforma con nentale, è stato abbandonato il criterio della linea mediana
di cui all’art.6 della Convenzione di Ginevra del 1958 sulla pia aforma con nentale che è stato
riconosciuto non dichiara vo della consuetudine internazionale della CIG nella sentenza sulla
pia aforma con nentale del Mare del Nord, in virtù della quale la delimitazione deve e e uarsi
mediante accordo conformemente al diri o internazionale, quale esso è determinato dall’art.38
dello Statutodella CIG.
La ZEE(Zona Economica Esclusiva) di Sta adiacen e fron s viene delimitata con gli stessi criteri
della pia aforma con nentale.
I rappor occasiona dalla con guità territoriale vengono tradizionalmente ricompresi nella
categoria dei rappor di vicinato. Tali rappor sono di regola disciplina mediante accordi
internazionali. Per facilitare la cooperazione, gli Sta membri del Consiglio d’Europa hanno
concluso il 23/5/1980, la Convenzione quadro sulla cooperazione transfrontaliera delle colle vità
o autorità territoriali.
propria successione nei tra a , poiché il tra ato di delimitazione, una volta eseguito, ha esaurito i
suoi e e e lo Stato successore subentra nel diri o di sovranità territoriale dello Stato
predecessore.
È da ricordare che non sarebbe invocabile la clausola rebus sic stan bus per pretendere l’es nzione
del tra ato, poiché l’art.62 della Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a a erma che la
clausola non opera nei confron dei tra a che stabiliscono una fron era.
Il principio dell’u posside s, porta a concludere che, nel caso di uno Stato di nuova indipendenza,
i con ni del nuovo Stato sono quelli della regione o provincia su cui esso si è cos tuito.
Le servitù internazionali
La prassi a esta che mediante tra ato gli Sta possono imprimere vincoli ad una parte del loro
territorio, che non sono meramente obbligatori, ma hanno il cara ere della realità. Come esempio
di servitù, può essere citato l’art.7 del Tra ato del Laterano, secondo cui lo Stato italiano non può
erigere costruzioni che cos tuiscano introspe o intorno al territorio dello Stato della Ci à del
Va cano.
Anche il diri o di passaggio cos tuisce un classico esempio di servitù e fu a rontato dalla CIG nel
caso del diri o di passaggio in territorio indiano(1960). Il Portogallo rivendicava un diri o di
passaggio tra i suoi possedimen sulla costa indiana e quelli enclaves, cioè interamente circonda
dal territorio dell’India.
Un diri o di accesso al mare viene in considerazione per gli Sta privi di litorale (land-locked
States), dal momento che una consuetudine internazionale accorda a tu gli Sta , cos eri e non, il
diri o alla libertà di navigazione. Ma non esiste una consuetudine internazionale secondo cui lo
Stato che circonda il territorio dello Stavo enclavé sia obbligato a concedere un diri o di transito.
La neutralizzazione ha per ogge o una parte del territorio statale. Nel territorio sogge o a
neutralizzazione non debbono essere compiute, in caso di guerra, operazioni militari né dal
sovrano territoriale né da terzi Sta . La neutralizzazione si dis ngue dalla smilitarizzazione, in
quanto, quest’ul ma consiste nell’obbligo di non costruire for cazioni militari o mantenere forze
militari nella zona.
Anche le vie d’acqua ar ciali e gli stre internazionali sono talvolta neutralizza allo scopo di
escluderli dal teatro delle os lità, in caso di con i o armato. Secondo l’art.4 della Convenzione di
Costan nopoli del 29/10/1888, nel Canale di Suez non può essere esercitato nessun a o di os lità,
anche in caso di belligeranza dell’Egi o.
protagonis sia gli Sta sia l’Autorità stessa. A causa dell’opposizione degli Sta industrializza , e in
par colare degli Sta Uni , il regime delineato dalla Convenzione è stato modi cato prima della
sua entrata in vigore. A tale scopo nel 1994 è stato concluso un accordo integra vo che prevede:
1) l’Impresa sarà cos tuita solo quando sarà prevedibile che inizi lo sfru amento dei fondi
marini;
2) l’Impresa dovrà operare in joint-venture con le imprese;
3) viene abolito il trasferimento obbligatorio delle tecnologie ed è
4) venuto meno l’obbligo per gli Sta di so oporre un proge o con due si minerari in modo
che uno di essi potesse essere sfru ato dall’Impresa.
Antar de
Lo strumento di base in materia di disciplina dei territori antar ci e delle aree mari me adiacen è
il Tra ato di Washington dell’1/11/1959. Esso stabilisce espressamente che l’Antar de deve essere
usata “esclusivamente per scopi paci ci”.
L’art.I del Tra ato prevede il divieto di svolgere qualsiasi a vità militare, come ad es. lo
stabilimento di basi militari, la costruzione di for cazioni o la conduzione di manovre ed
esperimen militari. L’art. V del Tra ato vieta inoltre qualsiasi esplosione nucleare o il deposito di
materiale radioa vo.
L’art.II stabilisce il principio della libertà per tu gli Sta di accedere alla ricerca scien ca in
Antar de.
L’art.IV congela qualsiasi pretesa di sovranità al di sopra del territorio ar co, disponendo che
nessuna norma del Tra ato dovrà essere interpretata come un rinuncia alle rivendicazioni di
sovranità.
In virtù del Tra ato, la ges one del con nente è a data al Comitato delle Par Consul ve, di cui
sono membri i dodici Sta che hanno negoziato il Tra ato e quelli che hanno conseguito lo statu di
Parte Consul va successivamente. Per acquisire tale status occorre avere svolto una sostanziale
a vità di ricerca scien ca nel con nente. Gli Sta par del Tra ato di Washington, si dividono
in Par Consul ve e Par non Consul ve. Le Par si riuniscono ad intervalli regolari e ado ano
raccomandazioni da indirizzare ai propri governi.
Il 2/6/1988 è stato ado ato a Wellington (NZ) un tra ato per la disciplina delle a vità minerarie
antar che.
Ar co
Il Polo Nord non è composto da terre emerse, ma solo da acque, ricoperte da ghiacci, che si stanno
riducendo a causa del riscaldamento globale. Le acque dell’Ar co sono assogge ate al regime del
mare territoriale, mentre le zone di mare al di là del limite esterno del mare territoriale, sono
assogge ate al principio di libertà dell’alto mare.
Naturalmente la pia aforma con nentale ar ca è sogge a ai diri di sfru amento esclusivo degli
Sta cos eri e sulle acque sovrastan la pia aforma lo Stato cos ero ha diri o di is tuire una ZEE.
sono so opos ad un regime par colare, quindi non si trasme ono al successore ad eccezione di
quelli di natura localizzata. È comunque interesse della comunità internazionale e/o degli Sta par
che il regime is tuito dal tra ato sia esteso ai successori. Mediante l’accordo di devoluzione, lo
Stato predecessore trasferisce al successore tu i diri ed obblighi derivan da tra a applica sul
territorio su cui si cos tuisce il nuovo Stato. L’accordo non produce una successione automa ca nei
rappor giuridici del predecessore, poiché tale accordo è per il terzo res inter alios acta. L’accordo
di devoluzione produce obblighi e diri solo nei rappor tra Stato predecessore e Stato
successore.
La nostra Corte di Cassazione ha a ermato che l’individuazione della des nazione di parte del
deposito a ni commerciali piu osto che pubblicis ci è funzione che spe a allo Stato tolare del
deposito e non può essere e e uata dal giudice, pena un’ingerenza illecita nelle preroga ve dello
Stato estero.
L’art.23 della Convenzione di Basilea esclude che possano essere assogge a a misure esecu ve i
beni appartenen a Sta esteri. La Convenzione Onu dis ngue, invece, tra misure cautelari
ado ate prima della sentenze e le misure esecu ve da esperire dopo l’adozione della sentenza
stessa. Le prime non sono ammesse, tranne che lo Stato estero vi abbia consen to o abbia
des nato a tale scopo una speci ca categoria di beni (art.18). Anche per la seconda vale il principio
dell’inammissibilità. L’art. 21 con ene una lista di beni immuni, tra cui i con bancari u lizza o
des na all’esercizio della sede diploma ca o consolare. Per le misure esecu ve vale lo stesso
principio esposto in relazione all’a vità di cognizione dei tribunali del foro, con l’avvertenza che
l’immunità dall’esecuzione è tradizionalmente più ampia dell’immunità dello Stato estero nel
giudizio di cognizione.
È da so olineare che tolari dell’immunità dalla giurisdizione sono anche gli Sta membri di Sta
federali.
Agen diploma ci
La potestà d’imperio dello Stato all’interno del proprio territorio incontra altresì limitazioni a
seguito dell’instaurazione di relazioni diploma che con altri Sta . Il diri o internazionale stabilisce
alcuni privilegi e immunità a favore degli agen diploma ci.
a) Inviolabilità dei locali della missione diploma ca
I locali nei quali ha sede la missione diploma ca sono inviolabili (art.22 Convenzione Vienna). Gli
organi dello Stato territoriale non vi possono penetrare se non con il consenso del capo della
missione. L’inviolabilità si estende anche ai mezzi di trasporto e alla corrispondenza u ciale della
missione. Il principio di diri o internazionale ora esposto si esprime sinte camente con la
locuzione di “extraterritorialità della missione diploma ca”.
b) Inviolabilità personale dell’agente diploma co
La persona dell’agente diploma co è inviolabile. Lo Stato territoriale deve astenersi dall’esercitare
misure coerci ve nei confron dell’agente diploma co straniero: ques non può essere so oposto
ad alcuna forma di arresto o detenzione. Grava altresì sullo Stato territoriale il dovere di ado are
tu e le misure appropriate per prevenire ogni a entato o o esa alla persona, libertà o dignità
dell’agente diploma co.
c) Immunità dell’agente diploma co dalla giurisdizione locale
Agli agen diploma ci è riconosciuta, oltre all’immunità organica, una immunità dalla giurisdizione
dei tribunali dello Stato presso cui sono accredita in relazione agli a da essi compiu come
persone private. L’immunità per gli a priva vale soltanto nché durano le funzioni
diploma che della persona in ques one. È invece di cara ere sostanziale l’immunità organica
per gli a compiu dall’agente diploma co nell’esercizio delle sue funzioni. In materia penale,
l’immunità dell’agentediploma co è piena, non incontrando eccezioni.
d) Immunità scale
Consoli
Il console svolge funzioni piche dell’amministrazione dello Stato d’invio all’interno dello Stato
territoriale. Tali funzioni sono elencate nell’art.5 della Convenzione di Vienna del 24-4-1963, sulle
relazioni consolari, entrata in vigore il 19-3-1967. La Convenzione è in larga misura codi ca va del
diri o consuetudinario. Tra le funzioni indicate nell’art.5, emergono quelle rela ve al rilascio dei
passapor e documen di viaggio ai ci adini dello Stato d’invio, alla salvaguardia dei loro interessi
nelle successioni mor s causa aperte nello Stato di residenza.
I consoli agiscono in qualità di notai e di u ciali di Stato civile e sono altresì competen a risolvere
le controversie mari me in materia di rappor tra capitano ed equipaggio delle navi ba en
bandiera dello Stato d’invio.
I locali consolari, nella parte u lizzata esclusivamente per il lavoro consolare, sono inviolabili, come
lo sono anche gli archivi e i documen consolari. Ai consoli non spe ano le immunità che il diri o
accorda agli agen diploma ci.
La privazione della libertà può essere a uata solo a seguito di una sentenza de ni va. In materia di
immunità dalla giurisdizione, i consoli godono solo dell’immunità organica, cioè non possono essere
so opos a giurisdizione per a compiu nell’esercizio delle loro funzioni.
Organizzazioni Internazionali
Di regola, si provvede mediante la s pulazione di strumen ad hoc per le singole organizzazioni o
per una categoria di organizzazioni.
In par colare, vengono s pula degli accordi con lo Stato dove l’organizzazione si trova (c.d.
accordo di sede), nei quali vengono disciplinate anche le immunità giurisdizionali. L’art.105, della
Carta delle N.U. dispone che l’Organizzazione “gode, nel territorio di ciascuno dei suoi membri, dei
privilegi e delle immunità necessari per il conseguimento dei suoi ni”.
L’immunità delle Organizzazioni internazionali, trova fondamento nell’estensione analogica della
norma consuetudinaria sull’immunità della giurisdizione degli Sta .
L’immunità dovrebbe essere convenzionalmente stabilita e sarebbe valida solo nei confron degli
Sta par del tra atois tu vo o dell’accordo di sede. Oppure si a erma che l’immunità può essere
concessa da una legge ad hoc dell’ordinamento statale, a prescindere dall’ordinamento
internazionale.
La CIG si è espressa a favore della personalità delle organizzazioni internazionali in un paio di pareri
consul vi.
Più incerto è il contenuto, a supporre che questa sia a ribuita da una norma di diri o
internazionale, non può essere applicato automa camente il principio par in parem non habet
iurisdic onem, per il semplice mo vo che non esiste parità tra Sta ed organizzazioni
internazionali.
Nella sent.n. 149/1999, la Corte di Cassazione ha seguito la teoria intermedia cui si è fa o cenno
precedentemente. Dopo aver a ermato che la sogge vità internazionale degli Sta è
incomparabile con quella delle organizzazioni internazionali, ha statuito che bisogna determinare
caso per caso se queste ul me godano dell’immunità dalla giurisdizione.
Qualora si debba accertare se l’organizzazione goda di immunità, occorre in primo luogo esaminare
l’accordo di sede o altro strumento equivalente, che, in quanto diri o convenzionale, deroga la
consuetudine internazionale. In mancanza di un accordo di sede , o per colmare eventuali lacune, è
da ritenere che non si possa andare oltre all’applicazione analogica della norma consuetudinaria
rela va all’immunità degli Sta esteri dalla giurisdizione.
In materia di rappor di lavoro, una disciplina convenzionale che so raesse la cognizione della lite
ai nostri tribunali sarebbe in contrasto con l’art.24 Cost. e la tutela giurisdizionale dei diri ivi
sanci .
Generalmente gli Sta membri delle organizzazioni internazionali dispongono presso
l’organizzazione di una rappresentanza permanente dire a da un capo-missione e di cui fanno
parte altri funzionari di rango diploma co. I privilegi e immunità di tali persone sono disciplina
nell’accordo di sede s pulato tra organizzazione e Stato ospite.
*Per norma imperativa di Diritto internazionale si intende una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla
Comunità Internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che
non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere.
La consuetudine
L’art.38 dello Statuto della CIG de nisce la consuetudine come” una pra ca generale acce ata
quale diri o”. La consuetudinesi compone di due elemen cos tu vi:
1) la diuturnitas, cioè la ripe zione costante di un comportamento da parte della generalità
degli Sta ;
2) l’opinio iuris ac necessita s, vale a dire la convinzione generale che tale comportamento
sia conforme a diri o.
Perché si possa ravvisare l’elemento materiale della consuetudine, è necessario che un
determinato comportamento sia ripetuto nel tempo, in modo uniforme, dalla generalità degli Sta .
La prassi deve essere virtualmente uniforme e seguita dalla generalità degli Sta . Quando si parla
di generalità, non si richiede ovviamente che un comportamento sia tenuto da ognuno dei membri
della comunità, ma dalla più gran parte di essi. Il comportamento deve essere imputabile ad uno
Stato. A tal ne, vengono in considerazione, non solo il comportamento degli organi di relazione
internazionale, ma anche i tribunali interni. La prassi nega va, di per sé , non prova l’esistenza di un
obbligo di non facere. È necessario che essa sia sorre a dall’opinio iuris.
La formazione di una norma consuetudinaria dipende, oltre che dall’elemento materiale, dalla
convinzione che la pra ca generale sia conforme a diri o. La necessità di tale elemento psicologico
è stata ben illustrata dalla CIG nella già citata sentenza sulla “Pia aforma con nentale del Mare del
Nord” (1969).
L’elemento psicologico può anche consistere nella convinzione di esercitare un diri o. Ad esempio
mol Sta a ermano l’esistenza di un diri o di passaggio ino ensivo per le navi da guerra nel mare
territoriale, contestato invece dagli Sta del terzomondo.
Le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle N.U. possono fornire elemen importan per provare
l’opinio iuris. Ma bisogna tener conto del contenuto della risoluzione e delle condizioni della sua
adozione. Ad esempio, l’opinio iuris circa l’esistenza della norma non è a ribuibile a quegli Sta che
abbiano votato contro o che comunque abbiano a ermato che la risoluzione non è dichiara va del
diri o internazionale consuetudinario.
L’idoneità della consuetudine a produrre norme generali non esclude che vi possano essere norme
consuetudinarie vincolan soltanto una ristre a cerchia di sogge . Si tra a di consuetudini
regionali o locali, ovvero di norme che vincolano soltanto gli Sta appartenen ad una determinata
area geogra ca o geopoli ca. Una seconda ipotesi di consuetudine par colare sarebbe data da
quelle consuetudini che si formano in deroga a regole pa zie.
Accordo
L’accordo è fonte del diri o internazionale. Infa l’art.38, par.1, a) dello Statuto della CIG,
nell’elencare le norme applicabili dalla Corte per risolvere una controversia internazionale, dispone
che la Corte applica le convenzioni internazionali sia generali che par colari che stabiliscono norme
espressamente riconosciute dagli Sta in lite. L’art.2 della Convenzione di Vienna con ene le
de nizioni giuridiche delle espressioni impiegate, tra cui quella di tra ato. La le . a) stabilisce che
“l’espressione tra ato signi ca un accordo internazionale concluso per iscri o fra Sta e
disciplinato dal diri o internazionale, contenuto sia in un unico strumento sia in due o più
strumen connessi, e quale che sia la sua par colare denominazione”.
La Convenzione di Vienna disciplina solo gli accordi tra Sta . Tu avia cos tuiscono tra a , anche
accordi conclusi tra Sta e altri sogge del diri o internazionale come ad es. tra e con
organizzazioni internazionali. La Convenzione inoltre disciplina sologli accordi in forma scri a.
L’accordo, al contrario di quanto si riteneva in passato, può disciplinare tu e le materie, anche
quelle facen parte del dominio riservato degli Sta . Il solo limite alla potenzialità dell’accordo è
rappresentato dallo ius cogens.
Giurisprudenza e Do rina
L’art.38, le era d) dello Statuto della CIG fa riferimento alla giurisprudenza e alla do rina
speci cando che esse cos tuiscono messi sussidiari per l’accertamento delle norme giuridiche.
Giurisprudenza e do rina quindi non sono fon del diri o internazionale.
Il valore non vincolante della giurisprudenza è stato a ermato in seno alla Commissione di giuris
incaricata di preparare lo Statuto della CPG, che conteneva un’analoga disposizione, ed è stato
riconosciuto in varie sentenze internazionali.
Ai ni della individuazione del contenuto delle norme internazionali vengono in considerazione
non solo le sentenze della CIG,ma anche quelle dei tribunali interni.
Anche i pareri consul vi della CIG hanno una loro importanza, benché l’art.38 dello Statuto della
Corte faccia riferimento alle “decisioni giudiziarie”, cioè ad a giuridicamente vincolan e non ai
pareri, che non sono obbligatori. Di fa o, dei pareri si ene conto per la ricostruzione di una norma
di diri o internazionale.
L’art.38 dello Statuto della Corte menziona inoltre la do rina come mezzo sussidiario per la
determinazione delle norme di diri o internazionale. Occorre far riferimento non agli autori di una
par colare tradizione do rinale, ma agli autori più rappresenta vi dei vari sistemi giuridici, metodo
corre amente usato nei rappor della CDI.
Equità
Lo Statuto della CIG abilita la Corte ad ado are sentenze ex aequo et bono, purché le par le
a ribuiscano tale potere . In tal caso, la Corte giudica in base a principi extra-giuridici. L’equità
viene in considerazione nel giudizio della Corte come un principio non facente parte
dell’ordinamento internazionale, ma ricavato dal comune sen re in merito alla gius zia e altri
criteri similari. Quando la Corte decide secondo equità, la sentenza ha valore disposi vo.
L’equità può assumere rilevanza, oltre che nell’ipotesi sopra menzionata dalla sentenza disposi va,
anche quando una norma di diri o internazionale impone il ricorso a criteri equita vi. L’equità ha
assunto, in par colare, una grande rilevanza nella delimitazione mari ma e specialmente nella
divisione della pia aforma con nentale e della ZEE tra Sta adiacen e fron s .
L’equità inoltre è alla base della formazione della norma pa zia, quantunque le par possano
sempre derogare all’equità. Ma sopra u o in assenza di accordo, le par di una controversia di
delimitazione si rivolgono a un tribunale internazionale che l’equità si con gura come un principio
autonomo di diri o internazionale e viene spesso indicata dalla CIG allo scopo di pervenire ad un
accordo di delimitazione.
L’equità viene in considerazione non come categoria astra a, ma come riferimento agli “equi
principi” che si applicano nella delimitazione mari ma. Gli equi principi incorporano l’equità e
sono ricavabili da una norma di diri o internazionale consuetudinario.
la consuetudine posteriore prevale su quella anteriore. I rappor tra consuetudine par colare e
consuetudine generale si coordinano secondo il principio di specialità: anche se anteriore la
consuetudine par colare prevale sulla consuetudine generale. Il principio di specialità non è
naturalmente applicabile ai rappor tra accordo e consuetudine locale.
Alla prima categoria, cioè agli a unilaterali disciplina dal diri o pa zio, appartengono la
denuncia o recesso e la requéte. La denuncia o recesso è l’a o con cui lo Stato si scioglie dai vincoli
contra uali dispos dal tra ato. Il tra ato disciplinerà la modalità del recesso e quando esso avrà
e e o.
La requète è l’a o con cui si me e unilateralmente in moto il procedimento dinanzi ad un organo
giurisdizionale, ad es. la CIG. La requète presuppone l’esistenza di una clausola compromissoria,
inserita in un tra ato internazionale, con cui le par convengono che ogni controversia rela va
all’applicazione o interpretazione del tra ato possa essere deferita, mediante ricorso unilaterale,
alla competenza di un organo giurisdizionale espressamente indicato.
Alla seconda categoria, quella comprendente gli a disciplina dal diri consuetudinario,
appartengono numerosi a , la cui natura giuridica è peraltro controversa: riconoscimento,
rinuncia, acquiescenza, protesta, promessa, no ca, estoppel. Nel riconoscimento di situazioni
giuridiche un sogge o riconosce come conforme a diri o una determinata situazione. Con la
rinuncia , un sogge o manifesta la volontà di non avvalersi di un diri o sogge vo a lui spe ante.
L’acquiescenza è la conseguenza della mera inerzia del sogge o di fronte ad una situazione che
tocca i suoi interessi; essa non è il mero silenzio, ma il silenzio di chi avrebbe dovuto prendere
posizione in ordine ad una determinata situazione. Nella protesta non si riconosce come conforme
a diri o una determinata pretesa e quindi si impediscono le conseguenze che potrebbero derivare
dall’acquiescenza. La promessa è l’a o con cui uno Stato si impegna a tenere un determinato
comportamento o si obbliga ad astenersi dal farlo. Con la no ca si rendono edo uno o più
sogge di diri o internazionale dell’esistenza di determina fa o situazioni.
L’estoppel impedisce di rendere priva di e e una dichiarazione e e uata da uno Stato nei
confron di un altro, quando la dichiarazione è a svantaggio dello Stato dichiarante e a vantaggio
dell’altro Stato.
Riserve
La riserva è de nita nella Convenzione di Vienna come “una dichiarazione unilaterale, quale che sia
la sua ar colazione o denominazione, fa a da uno Stato quando so oscrive, ra ca, acce a o
approva un tra ato o vi aderisce, a raverso la quale esso mira ad escludere o modi care l’e e o
giuridico di alcune disposizioni del tra ato nella loro applicazione allo Stato medesimo”.
La riserva può essere : ecce ua va, modi ca va o interpreta va.
Sono invece riserve le dichiarazioni che hanno lo scopo di escludere o modi care una clausola del
tra ato. Infa , non importa la forma della riserva, quanto il suo contenuto e lo scopo che si
pre gge il suo autore. La riserva può essere imposta solo a un tra ato mul laterale.
È esistente un principio di essibilità, ovvero se il tra ato disciplina espressamente la possibilità di
apporre riserve le rela ve disposizioni vanno rispe ate, Quando il tra ato nulla dice circa la
possibilità di apporre riserve, non è più necessario che la riserva sia acce ata da tu e le par .
Di fronte alla riserva altrui, uno Stato può acce arla oppure formulare un’obiezione. I rappor
contra uali che si instaurano tra Sta riservan e gli altri Sta par possono essere cosi riassun :
1) Nei rappor tra Stato riservante e Stato acce ante, il tra ato si applica ad eccezione
della clausola ogge o della riserva;
2) Nei rappor tra Stato riservante e Stato obbie ante, il tra ato non si applica;
3) Nei rappor tra Sta non riservan , il tra ato si applica integralmente.
La semplice obiezione produce gli stessi e e dell’acce azione, qualora si tra di una riserva
ecce ua va; qualora, invece, si tra di una riserva modi ca va o interpreta va, gli e e
dell’obiezione non quali cata sono pur sempre diversi da quelli dell’acce azione.
Nei tra a che stabiliscono vincoli solidali, l’obiezione è priva di signi cato pra co, poiché se uno
Stato non applica il tra ato nei confron dello Stato riservante, viola, il tra ato nei confron di
tu gli altri Sta .
Le riserve possono essere formulate al momento della rma, oppure in occasione della ra ca o
adesione. L e riserve formulate al momento della rma devono essere confermate al momento
della ra ca, tranne che la rma esprima già il consenso a obbligarsi. Dopo la ra ca o adesione
non è più possibile formulare riserve.
Gli Sta hanno un illimitato diri o di e e uare obiezioni. Le obiezioni possono essere formulate,
oltre che da uno Stato parte, anche da un semplice rmatario. In questo caso, l’obiezione produce i
suoi e e nel momento in cui lo Stato rmatario diventa parte del tra ato.
La Convenzione dis ngue tra tra a con cui si vuole imporre un obbligo a carico del terzo de
tra a che intendono a ribuire diri al terzo. Per quanto riguarda il primo po, l’art.35 dispone
che un obbligo nasce per il terzo solo se le par hanno teso creare un tale obbligo e se il terzo
acce espressamente l’obbligo. Per quanto riguarda il secondo po, l’art.36 dispone che un diri o
nasca a favore del terzo , se questo vi consente. Tanto nel primo quanto nel secondo caso, il terzo
non diventa parte del tra ato. Si può invece ritenere che si formi un dis nto accordo tra Sta par
e terzo rela vamente all’ogge o dell’obbligo o del diri o.
-Errore-
L’errore consiste nella falsa rappresentazione di un fa o o di una situazione che uno Stato
supponeva esistente al momento della s pulazione del tra ato. Quello che viene in considerazione
è l’errore di fa o e non l’errore di diri o. L’errore deve essere: essenziale, scusabile, incolpevole.L’errore non è invocabile
quando lo Stato ha
Lo stato non avrebbe concluso il L’errore non può essere invocato contribuito all’errore
trattato se non fosse incorso in errore quando le circostanze erano tali che
-Dolo- lo Stato avrebbe dovuto rendersi
mediante il suo
comportamento
conto della possibilità di errore
Uno Stato può invocare l’invalidità del tra ato, qualora sia stato indo o a concludere l’a o dal
comportamento fraudolento dell’altra parte. Il dolo ha luogo mediante un inganno che induce
l’altra parte in errore. È necessario che esistano tu e le cara eris che dell’errore ed il raggiro deve
essere opera di uno Stato che ha partecipato alla negoziazione.
-Corruzione-
La corruzione è una so ospecie del dolo e deve essere opera dell’altro Stato partecipante alla
negoziazione; deve essere sostanziale e può essere dire a o indire a. Sogge o passivo della
corruzione è il rappresentante dello Stato.
-Denuncia o recesso-
La denuncia o recesso può avere luogo sia in relazione ad un tra ato mul laterale sia in relazione
ad un tra ato bilaterale. Ovviamente, il recesso di uno o più Sta da un tra ato mul laterale non
es ngue il tra ato tra le altri par contraen . Se il tra ato con ene una clausola di denuncia o
-Impossibilità sopravvenuta-
L’art.61 della Convenzione annovera l’impossibilità di esecuzione come mo vo per chiedere il
recesso o invocare l’es nzione del tra ato. Se l’impossibilità è solo temporanea, lo Stato può
richiedere la sospensione dell’esecuzione del tra ato.
L’impossibilità di esecuzione è un applicazione del principio generale ad impossibilia nemo tenetur,
può essere invocata solo se l’impossibilità sia il risultato della scomparsa o della de ni va
distruzione di un ogge o indispensabile all’esecuzione del tra ato. L’impossibilità di esecuzione
non può essere invocata quando questa sia la conseguenza di una violazione.
-La Guerra-
La guerra può essere causa di es nzione dei tra a oppure condizione della loro piena opera vità.
Si dis nguono tre categorie di tra a :
1) Quelli che trovano la ragione della loro esistenza e opera vità nella guerra;
2) Quelli che si es nguono nel momento in cui scoppia la guerra;
3) In ne i tra a che vengono sospesi in caso di guerra.
Dopo la ne delle os lità è invalsa la prassi di rime ere in vigore i tra a sospesi pendente bello.
Un problema sorge per i tra a mul laterali di disarmo, la cui osservanza, in tempo di guerra,
potrebbe me ere in pericolo la sicurezza dei belligeran , specialmente nel caso in cui uno solo di
essi fosse vincolato. Tali tra a , come si è osservato in precedenza, contengono una clausola di
recesso piu osto ampia, che abilita lo Stato contraente a denunciare il tra ato, quando si
veri chino even straordinari.
Anche i tra a bilaterali in materia di disarmo sono dota di una clausola di recesso analoga a
quella contenuta nei tra a mul laterali. Ma per i tra a bilaterali è più facile ipo zzare
l’automa ca es nzione, che consen rebbe al belligerante di evitare di a endere il decorso del
tempo necessario a nché il recesso diven operante.
La guerra non dovrebbe provocare un e e o sospensivo o es n vo in relazione ai tra a
internazionali in materia di diri dell’uomo. Di regola, tali tra a contengono una clausola che
abilita lo Stato ad invocare la guerra per sospendere l’applicazione delle disposizioni a tutela dei
diri dell’uomo.
L’art.72, 4° comma, esclude che si possa ricorrere alla forma abbreviata per l’esame dei disegni di
legge di autorizzazione alla ra ca dei tra a internazionali. La disposizione cos tuzionale impone
la procedura normale di esame e approvazione dire ada parte delle Camere.
Nel nostro ordinamento si possono avere le seguen forme di s pulazione dei tra a internazionali:
1) Tra a ricompresi nella categoria di cui all’art.80;
2) Tra a per cui è richiesta solo la ra ca da parte del P.d.R.;
3) Accordi in forma sempli cata che entrano in vigore con la solo so oscrizione da parte degli
organi dell’esecu vo.
Gli accordi in forma sempli cata sono dunque tra a non s pula in forma solenne che entrano in
vigore non appena so oscri dal rappresentante dell’esecu vo ovvero mediante lo scambio di
documen cos tuen tra ato, secondo quanto disposto da una clausola ad hoc. Non possono
essere s pula in forma sempli cata tra a nelle materie ricaden nell’art.80. La loro legi mità
non viene posta in dubbio, sia perché esiste una prassi piu osto consistente, sia perché la
l.11-12-1984 ne amme e implicitamente la legi mità.
Nella citata circolare del MAE si ricorda in merito agli accordi in forma sempli cata che si tra a di
una categoria di portata molto limitata , non espressamente contemplata dalla Cos tuzione, che
sulla base di una prassi oramai consolidata comprende gli accordi esecu vi di preceden accordi
prece vi regolarmente entra in vigore e quelli di natura puramente amministra vao tecnica.
legge anche degli accordi in forma sempli cata salvo il limite derivante dall’art.80 Cost.
La Cos tuzione dispone poi la superiorità di una par colare categoria di tra a , cioè di quelli che
disciplinano lo status degli stranieri. Secondo l’art.10, 2° comma la condizione giuridica dello
straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme dei tra a internazionali.
norma interna in contrasto con una norma comunitaria dire amente applicabile o produ va di
e e dire . L’eccezione di cos tuzionalità può essere sempre sollevata, qualora il contrasto tra gli
ordinamen abbia per ogge o una norma comunitaria non dire amente applicabile o non
produ va di e e dire .
Recentemente, si è assis to ad una prevalenza del negoziato come mezzo di risoluzione delle
controversie. Il negoziato tra le par può condurre alla conclusione di un accordo che dia
sistemazione al con i o di interessi. Il negoziato raramente si traduce in un accordo di mero
accertamento, che risolve la controversia secondo diri o; più spesso conduce ad una soluzione di
compromesso che innova il diri o preesistente, cosicché l’accordo si con gura come fonte di nuovo
diri o nei rappor tra le par .
Nell’inchiesta le par a dano ad un terzo l’accertamento imparziale dei fa che possono essere
all’origine della controversia. Di regola l’inchiesta si conclude con un rapporto indirizzato alle par ,
che non ha valore obbligatorio. L’accertamento imparziale di un fa o aiuta ovviamente a risolvere
la controversia. L’inchiesta può essere parte di un ulteriore procedimento di soluzione della
controversia.
Nella mediazione, il terzo ha il compito di cercare di avvicinare le posizioni delle par , in modo da
ridurre il contrasto di interessi e facilitare la soluzione della controversia.
Mediante la conciliazione, viene is tuito un procedimento volto alla soluzione della controversia, di
regola per mezzo di una commissione composta da individui. La procedura si conclude con un
rapporto, contenente una o più raccomandazioni in ordine alla soluzione della controversia. Il
rapporto della commissione non è vincolante per le par .
L’arbitrato invece si conclude con un a o che comporta la soluzione obbligatoria della controversia.
Il Tribunale arbitrale è cos tuito da uno o più individui scel di comune accordo tra le par ed
opera secondo una procedura speci cata dalle par all’a o dell’is tuzione del tribunale o ssata
dal tribunale stesso, oppure prestabilita da un accordo preesistente all’insorgere della controversia.
La giurisdizione si dis ngue dall’arbitrato poiché la soluzione della controversia è deferita ad un
organo permanente compostada individui indipenden ed operante secondo le regole prestabilite.
La prima ipotesi è disciplinata dall’art.62 dello Statuto ed amme e l’intervento del terzo, il quale
ri ene che un suo interesse di natura giuridica possa essere pregiudicato dalla decisione della
Corte. Lo Stato interveniente non diventa parte in senso processuale e la sentenza non ha e cacia
di cosa giudicata nei suoi confron .
La seconda ipotesi è disciplinata dall’art.63 dello Statuto e riguarda l’intervento del terzo in un
controversia rela va all’interpretazione di una convenzione mul laterale di cui esso sia parte. In
questo caso, il terzo interveniente è vincolato dall’interpretazione della convenzione resa nella
sentenza della CIG.
L’art.41 dello Statuto abilita la Corte ad indicare misure cautelari per la salvaguardi dei diri delle
par in lite. La Corte giudica in base a diri o, secondo quanto stabilito dall’art.38 par. 1, del suo
Statuo. Ha anche la facoltà di giudicare ex aequo et bono sele par così decidano.
Le sentenze della Corte sono de ni ve ed hanno e cacia di cosa giudicata in senso sogge vo e in
senso ogge vo. Esistono due mezzi di gravame diversi dall’appello, consisten nell’interpretazione
o nella revisione della sentenza. Il primo ha luogo in caso di contestazione sul signi cato e la
portata della sentenza; il secondo può essere promosso, sempre ad istanza delle par , nel caso in
cui si alleghi la scoperta di un fa o di natura tale da cos tuire un evento decisivo per la revisione.
La revisione deve essere richiesta entro sei mesi dalla scoperta del fa o nuovo e la domanda non
può più essere presentata trascorsi dieci anni dalla data dell’emanazione della sentenza.
La CIG ha anche una competenza consul va, può infa essere richiesto un parere consul vo, su
qualsiasi ques one giuridica, dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di sicurezza. Anche gli altri
organi delle NU e le is tuzioni possono chiedere un parere consul vo, ma solo su ques oni che
insorgano nell’ambito della loro a vità.
Gli Sta non sono legi ma a chiedere pareri alla Corte, ma possono sempre presentare un
proge o di risoluzione in Assemblea Generale, a nché questa chieda un parere. Il parere sarà
decisivo, cioè risolverà la controversia tra le par con e e giuridici vincolan .
3) Una situazione in cui uno più crimini sia deferita alla Corte. Un procedimento dinanzi alla
Corte può essere messo in moto da:
• Stato parte;
• Consiglio di sicurezza;
• Procuratore.
Le Nazioni Unite
Per quanto riguarda la Carta delle N il rispe o dei diri dell’uomo e la salvaguardia delle libertà
fondamentali gura nel Preambolo e nell’art.1, tra i ni delle NU. Vi sono poi due disposizioni
(ar .55-56) che sono state alla base dell’osservanza dei diri dell’uomo e delle libertà
fondamentali senza discriminazioni e all’obbligo per gli Sta ad agire, colle vamente o
singolarmente, in cooperazione con l’organizzazione per raggiungere i ni stabili .
La Dichiarazione universale dei diri dell’uomo è uno dei primi strumen in cui si prendono in
considerazione i diri degli individui in quanto tali. La Dichiarazione non è uno strumento giuridico
vincolante. Tu avia ha posto le premesse per la s pulazione di tra a in materia di diri umani sia
a livello regionale che universale.
Nel 1948 è stata conclusa la Convenzione per la prevenzione e repressione del deli o di genocidio.
Il divieto di genocidio ha lo scopo di salvaguardare il diri o all’esistenza sica di membri del gruppo
ed è quali cato come un crimine internazionale. I gruppi prote sono quelli nazionali, etnici e
religiosi. A nché un a o possa essere quali cato come genocidio occorre un elemento materiale
ed uno psicologico.
La Convenzione del 1951 rela va allo status di rifugiato e il Protocollo del 1967 non a ribuiscono
agli individui il diri o d’asilo e non obbligano gli Sta a concederlo. Il solo obbligo è il dovere di non
refoulement, cioè l’obbligo di non respingere il richiedente asilo verso le fron ere di uno Stato dove
la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.
Il Pa o sui diri civili e poli ci e il Pa o sui diri economici, sociali e culturali sono due tra a
internazionali che hanno per ogge o rispe vamente i diri civili e poli ci e i diri economici,
sociali e culturali ed entrambi sono del 1966. La tecnica di garanzia delle due categorie di diri è
diversa. Mentre i diri civili e poli ci sono contenu in norme generalmente self- execu ng,
quelli economici, sociali e culturali sono susce bili di a ribuire diri sogge vi perfe , come ad
es. il diri o di sciopero. Gli Sta si obbligano ad a ribuire i diri in ques one progressivamente,
come si evince dall’art.2 par. 1 del Pa o sui diri economici(…). L’art.4 del Pa o sui diri civili
consente la deroga dei diri prote in caso di pericolo pubblicoeccezionale.
L’art.1 dei due Pa garan sce il diri o all’autodeterminazione. Tale diri o, però, è un diri o che
appar ene ai popoli e non agli individui. La realizzazione dell’autodeterminazione è la condizione
per il godimento dei diri individuali. Il Pa o sui diri civili e poli ci dis ngue tra popolo e
minoranze.
Quanto ai meccanismi di garanzia è previsto l’invio di rappor periodici da parte degli Sta al
Segretario generale delle NU. Circa l’a uazione dei Pa all’interno degli ordinamen statali. Tali
rappor sono esamina da due Comita , entrambi compos da 18 membri indipenden ele dagli
Sta par dei Pa .
Alle convenzioni universali sui diri umani sopra elencate occorre aggiungere la Convenzione
contro la tortura e altri tra amen crudeli, inumani o degradan che con ene un autonomo
sistema di garanzia incentrato nel Comitato contro la tortura.
Nel 2006 è stato is tuito il Consiglio dei diri umani, che succede alla Commissione per i diri
dell’uomo. Commissione e Consiglio sono organismi di Sta , crea , rispe vamente, da una
risoluzione del Consiglio economico e sociale e da una risoluzione dell’Assemblea Generale.
La Commissione era composta da 53 Sta ele dal Consiglio economico e sociale. Oltre ad avere
importan funzioni nel campo norma vo, la Commissione aveva il compito di controllare il rispe o
dei diri dell’uomo all’interno degli Sta membri e di esaminare le ques oni sollevate al riguardo
dagli Sta . Poteva anche in questo contesto rivolgere raccomandazioni al Comitato stesso.
Il 19 giugno 2006 è stato insediato a Ginevra il Consiglio dei diri umani nella speranza di
eliminare l’ine cienza cui ul mamente era prevenuta la Commissione. I 47 membri del Consiglio
sono ele dall’Assemblea Generale a scru nio segreto, con un voto a maggioranza, ma i seggi
vengono distribui secondo il criterio di un’equa ripar zione geogra ca: 13 all’Africa, 13 all’Asia, 6
all’Europa dell’Est, 8 all’America la na e Caraibi, 7 ai paesi occidentali inclusi US e Canada. Il
mandato è di tre anni ed un membro non è immediatamente rieleggibile. Per essere ele , occorre
avere uno standard elevato in materia di diri umani, che dovrà con nuare ad essere osservato.
Il Consiglio può indirizzare raccomandazioni all’Assemblea Generale, ma non al Consiglio di
sicurezza ,che comunque potrà tenerne conto. Il Consiglio dovrà riunirsi più frequentemente della
Commissione, che aveva a disposizione solo 6 se mane in un’unica sessione.
salvaguardia dei diri dell’uomo non richieda un esame nel merito e purché la ques one sia stata
adeguatamente esaminata dal tribunale nazionale competente.
La procedura di esecuzione delle sentenze della Corte viene migliorata, mediante l’is tuzione di
una sorta di giudizio per inadempimento, sulla falsariga di quello esperibile dinanzi alla Corte di
Gius zia delle Comunità Europee. Qualora lo Stato soccombente non adempia, il Comitato dei
Ministri del Consiglio d’Europa può portare la ques one dinanzi alla Corte. Se viene constatato che
lo Stato non ha eseguito la sentenza, la ques one viene di nuovo rimessa al Comitato dei Ministri
che deciderà le misure da prendere.
Unione Europea
La tutela dei diri umani nell’ordinamento comunitario si è a ermata in via giurisprudenziale ed è
stata successivamente consacrata nelle disposizioni convenzionali. La Corte di Gius zia delle
Comunità europee ha più volte a ermato che la protezione dei diri umani fondamentali è uno
degli obie vi della Comunità. In par colare la protezione dei diri umani fondamentali
rientrerebbe tra i principi generali dei diri o comunitario, principi che vengono applica alla Corte
di Gius zia.
Tali principi vengono ricava da:
1) Tradizioni cos tuzionali degli Sta membri;
2) Trattati internazionali sui diri dell’uomo.
Il Tra ato di Maastricht sull’UE ha consacrato i principi evidenzia , stabilendo nell’art.6, par. 2, che
l’UE rispe a i diri fondamentali:
1) Quali garan dalla Convenzione europea dei diri dell’uomo;
2) Quali risultano dalle tradizioni cos tuzionali degli Sta membri, in quanto principi generali
del diri o comunitario.
Un ulteriore progresso si è avuto con l’art.6, par.1 dove viene stabilito che l’Unione si fonda sui
principi di libertà, democrazia, rispe o de diri dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello
stato di diri o, principi che sono comuni agli Sta membri. La protezione dei diri dell’uomo ispira
anche la poli ca internazionale dell’Unione, sia per quanto riguarda la poli ca estera sia per
quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo.
Con il Tra ato di Maastricht, la competenza della Corte di Gius zia si è estesa alla tutela dei diri
dell’uomo, ma soltanto il relazione alle a vità delle is tuzioni e non a quelle degli Sta membri.
Non potrà pertanto essere presentato ricorso contro unprovvedimento di diri o interno dinanzi alla
Corte di Gius zia. Tale ripar zione di competenze dovrebbe essere idonea, in linea di principio a
scongiurare eventuali con i di competenza tra Corte di Gius zia e Corte europea dei diri
dell’uomo.
Non potrà essere esperito un ricorso pregiudiziale alla Corte di Gius zia per far constatare
l’incompa bilità di una norma va interna in contrasto con il diri o comunitario. Un altro
importante principio è stato a ermato dalla Corte di Gius zia nella sentenza del 3 se embre 2008,
avente ad ogge o l’impugnazione del regolamento comunitario che dava esecuzione alle decisioni
del Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite, rela vo alle restrizioni ai diri di proprietà delle
persone incluse nella lista delle decisioni del Consiglio.
-Sezione VI (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa)-
La ques one dei diri dell’uomo ha assunto un’importanza decisiva nell’OSCE, le cui fondamenta e
a poggiano su strumen di so law. Il sistema di protezione dei diri dell’uomo nell’OSCE merita
una disamina mediante una descrizione degli strumen e procedure previs :
umana è una creazione avvenuta nell’ambito dell’OSCE. La dimensione umana era un modo per far
acce are ai Paesi dell’Es che i diri umani fossero inseri nel contesto della CSCE. La nozione di
dimensione umana è ormai diventata indipendente da quella dei diri dell’uomo:
1) La nozione di dimensione umana è più ampia, poiché copre anche i rappor tra le
is tuzioni;
2) Gli impegni OSCE sono di natura poli ca, mentre i diri dell’uomo sono tutela a livello
di strumen giuridicamentevincolan ;
3) Gli impegni OSCE diventano vincolan per gli Sta non appena il rela vo documento è
stato ado ato;
4) Gli impegni OSCE non comportano un processo forma le di esecuzione negli
ordinamen interni, a di erenza deitra a in materia di diri umani.
5) La dimensione umana è da inquadrare nel conce o di sicurezza coopera va, che ha un
fondamento non con i uale edè basata sulla prevenzione dei con i ,
6) Gli individui , nel quadro OSCE, non possono me ere in moto meccanismi di tutela dei loro
diri ;
7) Nel quadro OSCE non si applica il meccanismo del previo esaurimento dei ricorsi interni.
Crimini Internazionali
Vengono tradizionalmente de ni crimini internazionali a vità individuali lesive di beni
par colarmente prote dal diri o internazionale. La gravità della lesione è tale che essa arreca un
grave pregiudizio all’intera comunità internazionale, con la conseguenza che tu gli Sta membri
sono in line di principio interessa alla repressione dei crimini internazionali.
I crimini internazionali possono essere commessi da semplici individui oppure da individui organi.
Gli a lesivi, restano in qualche modo propri degli individui che li hanno commessi, e il diri o
internazionale autorizza la loro repressione senza tener conto della qualità di organi statali degli
individui che hanno compiuto l’a o. Viene meno cioè la c.d. immunità organica o funzionale.
L’a uale dis nzione dei crimini internazionali in tre categorie può essere fa a risalire all’Accordo di
Londra dell’8-8-1945, is tu vo del Tribunale di Norimberga. L’art.6 dell’Accordo dis ngueva i
crimini internazionali in:
1) Crimini contro la pace;
2) Crimini di guerra;
3) Crimini contro l’umanità.
Appar ene alla prima categoria, l’aggressione. L’art.6 a) dell’Accordo di Londra dell’8-8-1945 non
de nisce in cosa consista l’aggressione. Si limita a quali care come crimini contro la pace i seguen
a : proge azione, preparazione, scatenamento e con nuazione di una guerra di aggressione o di
una guerra di violazione di tra a . La conferma che la guerra di aggressione siaun crimine contro la
pace è data da due risoluzioni dell’Assemblea generale, la ris. 2625 e la ris. 3314.
I crimini di guerra consistono in violazioni gravi delle leggi e consuetudini di guerra. Deve tra arsi
di una lesione par colarmente quali cata di beni prote dal diri o bellico, che può avere per
ogge o norme che disciplinano la condo a delle os lità sia norme a cara ere più squisitamente
umanitario. Le norme hanno trovato una prima codi cazione nel Regolamento annesso alla IV
Convenzione dell’Aja (1907).
Sono quali ca come crimini di guerra:
1) Uccisione;
2) Maltra amen ;
3) Deportazione;
4) Uccisione e maltra amento prigionieri di guerra;
5) Esecuzione di ostaggi;
Pur essendo so oposto alla giurisdizione dello Stato territoriale, lo straniero non è sogge o ai
doveri che sono peculiari dello status civita s. Ad es., lo straniero non può essere obbligato alla
prestazione del servizio militare, tranne che non abbia da tempo residenza nel territorio dello
Stato. La nostra Corte Cos tuzionale ha a ermato che gli stranieri, secondo una norma di diri o
internazionale generale immessa nel nostro ordinamento tramite l’art. 10, 1° comma, Cost.,non
possono essere so opos all’obbligo di prestare servizio militare, poiché occorre il sorgere di
con i o con lo Stato nazionale.
Lo Stato è libero di arruolare come volontari gli stranieri nel proprio esercito, non con gurandosi in
tal caso la fa specie del mercenariato. Neppure è ammissibile la so oposizione a imposte dire e
personali, tranne che vi sia un criterio di collegamento con lo Stato estero dato dalla presenza nel
territorio o dalla produzione del reddito, anche per quanto riguarda i diri , lo straniero non può
essere pari cato al ci adino e pertanto non godrà dei diri poli ci connessi alla ci adinanza, come
la partecipazione al processo ele orale.
In caso di arresto, lo straniero ha diri o all’assistenza in giudizio da parte di un difensore, secondo
quanto si legge in una nota del Dipar mento di Stato Usa del 4 agosto 1958, rela va alla detenzione
e al processo di un ci adino americano in Indonesia.
Lo straniero ha diri o ad allontanarsi dallo Stato di soggiorno.
Le due regole che hanno per ogge o il tra amento degli stranieri sono quelle rela ve al minimum
standard internazionale e aldiniego di gius zia.
Per minimum standard internazionale si intende il tra amento che deve essere riservato allo
straniero, secondo quello che è lo standard delle nazioni civili. Deve tra arsi di uno standard
e e vamente applicato e non è su ciente che esso sia astra amente previsto dalla legislazione. Il
tra amento dello straniero secondo lo standard nazionale dello Stato territoriale è in genere
conforme alla regola del minimum standard internazionale.
Il diniego di gius zia ha per ogge o l’accesso dello straniero ai tribunali dello Stato territoriale. Lo
straniero ha diri o che la sua causa sia udita da un tribunale locale. Qualora gli sia impedito, lo
Stato territoriale comme e un illecito internazionale nei confron dello Stato di cui lo straniero è
ci adino. Lo Stato territoriale può subordinare l’accesso ai propri tribunali a condizioni, ad es., alla
cau o iudicatum solvi.
Le nozioni di minimum standard e di diniego di gius zia sono abbastanza nebulose e le sentenze
arbitrali non aiutano a costruire regole chiare ed univoche. Oggi le due nozioni sono in parte
superate dalle norme in materia di diri dell’uomo. Per il minimum standard, occorre far
riferimento alle norme sui diri dell’uomo che assicurano a tu gli individui , ci adini e stranieri
un determinato tra amento. Per quanto riguarda l’accesso alla gius zia, questo è ricompreso nel
diri o ad un processo equo.
comma, della Convenzione internazionale dell’Aja, secondo cui aspe a a ciascuno Stato
determinare con la propria legislazione quali siano i suoi ci adini. Il 2° comma della disposizione
aggiunge che tale legge deve essere compa bile con le convenzioni internazionali, con la
consuetudine internazionale e con i principi di diri o generalmente riconosciu in materia di
ci adinanza. L’art.3 della Convenzione europea sulla ci adinanza del 1997 è conforme a quanto
stabilito dalla Convenzione dell’Aja.
Quanto al diri o convenzionale occorre ricordare l’art.9 par. 1, della Convenzione sul divieto di
tu e le forme di discriminazione razziale nei confron delle donne del 1979 obbliga gli Sta a
garan re che il matrimonio con uno straniero possa automa camente mutare la ci adinanza della
moglie o renderla apolide. Il Protocollo facolta vo alla Convenzione di Vienna del 1961 sulle
relazioni diploma che stabilisce che i membri della missione e i familiari conviven non
acquisiscano la ci adinanza dello Stato accreditatario per e e o della sua legislazione.
L’art.9 del Proge o di ar coli della CDI fa riferimento come criterio per l’a ribuzione della
nazionalità, a quello del luogo di incorporazione, che normalmente coincide con lo Stato in cui è
stanziata la sede amministra va della società e il suo controllo nanziario. Qualora non vi sia
coincidenza, l’art.9 amme e che possa essere considerato come Stato nazionale, ai ni della
protezione diploma ca, uno Stato diverso da quello del luogo di incorporazione solo se siano
soddisfa i seguen tre criteri:
1) La società è controllata da ci adini di un altro Stato;
2) La sede di cos tuzione della società è meramente nominale.
Nazionalizzazioni
In genere si dis ngue tra nazionalizzazioni, espropriazioni e con sca. Le prime hanno per ogge o
un’intera categoria di beni e servizi e sono a uate mediante provvedimen legisla vi, le seconde
hanno per ogge o singoli beni e sono di regola eseguite mediante un provvedimento
amministra vo. La con sca denota l’acquisizione forzosa di un bene senza la corresponsione di
alcun indennizzo.
Vi possono essere misure equivalen , che non presuppongono il formale spossessamento del
proprietario, quali ad es. l’eccessiva tassazione o misure restri ve penalizzan la
commercializzazione dei beni dell’impresa. Si tra a di espropriazioni indire e o striscian , a uate
mediante misure regolatorie.
Le nazionalizzazioni sono legi me purché sia corrisposto un indennizzo. Altrimen , lo Stato
nazionalizzante o espropriante comme e un illecito internazionale. Sono comunque vietate le
nazionalizzazioni discriminatorie operate come misura persecutoria per mo vi razziali o per colpire
una par colare categoria di stranieri.
Il problema più controverso in materia di nazionalizzazioni riguarda l’indennizzo. Non si dubita che
esso debba essere corrisposto, ma le sue modalità sono ogge o di controversia tra gli Sta
esportatori di capitale e gli Sta che ospitano inves men . Secondo gli Sta esportatori, le
modalità di corresponsione sono quelle elaborate dal Segretario degli Sta Uni Cordell Hull.
giurisdizione in merito alle controversie nate tra un inves tore straniero e uno Stato parte. La
giurisdizione è fondata sul consenso delle par , che deve essere dato per iscri o.
I rimedi contro una sentenza ICSID sono:
1) Richiesta di un giudizio di interpretazione;
2) La revisione;
3) Annullamento per incorre a cos tuzione del tribunale.
territoriale sia complice o tolleri il comportamento dei priva o comunque ome a di prendere le
misure necessarie per impedire tali comportamen .
Qualora un organo sia messo a disposizione di un altro Stato, la sua condo a sarà imputabile allo
Stato a disposizione del quale è posto, come accade ad es. per i consiglieri militari. Non è invece
a ribuibile allo Stato territoriale il comportamento di un organo di un’organizzazione
internazionale, per il semplice fa o che l’organo abbia agito nello Stato territoriale.
Lo Stato non risponde dei danni provoca dagli insor . L’ipotesi secondo cui al governo legi mo
possa essere a ribuito un comportamento degli insor è meramente residuale. Qualora
l’insurrezione sia vi oriosa ne risponderà il nuovo governo(art.10). L’elemento ogge vo del fa o
illecito consiste in una condo a, omissiva o commissiva, contraria ad una norma di diri o
internazionale. Non rileva a questo riguardo, la natura della norma violata. Quello che importa è
che la norma sia in vigore per lo Stato.
La CDI ha dis nto tra illecito istantaneo e illecito con nuato(art.14). Nell’illecito istantaneo, la
violazione si produce nel momento in cui l’a o è compiuto, ad es. la con sca di un bene in
violazione del diri o internazionale. Nell’illecito con nuato, la violazione si estende per tu o il
periodo durante il quale perdura la condo a contraria al diri o internazionale.
Di regola la violazione si compie non nel momento in cui l’a o viene ado ato, ma in quello in cui
viene eseguito. Tranne che la non adozione del provvedimento legisla vo faccia parte del
contenuto dell’obbligo, come accade nel caso in cui lo Stato abbia l’obbligo di astenersi
dall’ado are una determinata legislazione.
Responsabilità indire a
S’intende per responsabilità indire a la responsabilità dello Stato per un’azione od omissione
commessa da un altro Stato in violazione del diri o internazionale. Nella responsabilità indire a, si
è in presenza di tre sogge :
1) Lo Stato leso;
2) Lo Stato che ha materialmente commesso l’illecito;
3) Lo Stato che è ritenuto responsabile.
La CDI ha individuato tre fa specie in cui la responsabilità dello Stato che non ha commesso
materialmente la violazione,viene in considerazione:
1) Aiuto o assistenza nella commissione dell’illecito;
2) Direzione e controllo nella commissione dell’illecito;
3) Coercizione a comme ere l’illecito.
La prima si realizza quando lo Stato assiste o aiuta un altro nella commissione dell’illecito. L’illecito
è commesso dal secondo Stato, altrimen si tra erebbe di una commissione congiunta della
violazione. La seconda fa specie si realizza quando uno Stato dirige e controlla un altro Stato nella
commissione dell’illecito.
La terza fa specie è quella in cui uno Stato esercita la coercizione nei confron di un altro, a nché
ques comme a l’illecito. La coercizione può essere militare o economica. Lo Stato che ricorre alla
coercizione risponde dell’illecito, anche se l’a o compiuto so o coercizione cos tuisce un illecito
per lo Stato che lo compie e non per lo Stato che ricorre alla coercizione.
3) Riparazione;
4) Potere di comminare una contromisura da parte dello Stato leso.
Cessazione dell’illecito: si tra a di un obbligo che viene in considerazione in un illecito a cara ere
con nuato. Si può fare l’esempio dell’obbligo di liberare immediatamente il personale diploma co
e consolare detenuto in ostaggio a Teheran.
Assicurazioni e garanzie di non reiterazione: tale obbligo è stato considerato come appartenente
al diri o internazionale consuetudinario dalla CIG. L’obbligo sussiste se le circostanze lo richiedano,
qualora cioè permanga il rischio di una reiterazione dell’illecito. Misure appropriate possono
consistere nell’abrogazione di una legislazione contraria al diri o internazionale oppure in misure
più dras che, quali il disarmo dello Stato aggressore.
Riparazione: lo Stato che ha subito il torto ha il diri o di o enere dallo Stato che ha commesso
l’illecito una riparazione integrale per il pregiudizio subito. Deve essere riparato ogni danno, sia
materiale che morale. La riparazione può assumere la forma di res tuzione, risarcimento e
soddisfazione (art.34 Proge o). La res tuzione è la classica forma di riparazione dell’illecito. Nella
res tuzione, si deve ristabilire lo status quo ante, cioè occorre ripris nare la situazione esistente
prima che l’illecito fosse commesso. Come esempi di res tuzione si possono citare l’evacuazione di
un territorio illegalmente occupato.
internazionale.
Come esempi di crimini internazionali, vengono da :
1) Aggressione;
2) Is tuzione o mantenimento con forza di una dominazione coloniale;
3) Genocidio, apartheid e schiavitù;
4) Inquinamento massiccio dell’atmosfera o dei mari.
Nel proge o de ni vo, la dis nzione tra crimini internazionali dello Stato e semplici deli è
scomparsa. È stata introdo a la nozione di violazione grave di obblighi derivan da una norma
impera va del diri o internazionale. Per essere grave la violazione deve essere commessa su larga
scala o a uata in modo sistema co.
L’art.41 stabilisce a carico degli Sta un dover di cooperazione per porre ne con “mezzi leci ”, alla
violazione grave e l’obbligo di non riconoscere come legi ma la situazione creata dalla violazione
grave. Questo secondo obbligo è certamente conforme al diri o consuetudinario.
Responsabilità da fa o lecito
Il Proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale non si occupa della responsabilità per
fa o lecito, cioè della responsabilità derivante da azioni conformi alla norma internazionale, ma
che possono causare danni a un sogge o di diri o internazionale. Quando si fa riferimento alle
conseguenze dannose derivan da a leci , si prende normalmente in considerazione un
pregiudizio di cara ere economico e quindi l’eventuale obbligo di indennizzo posto a carico di
chi ha intrapreso quella determinata a vità.
In determina casi si può indicare quale principio generale del diri o riconosciuto dalle nazioni
civili, quantunque si tra di una teoria controversa in diri o internazionale. In secondo luogo
esistono delle convenzioni in cui si disciplina espressamente la responsabilità per danni per a vità
non contrarie al diri o internazionale, ma rischiose. In terzo luogo la stessa CDI ha lasciato
impregiudicata la ques one dell’eventuale risarcimento di danni causa a seguito di un’azione la
cui illiceità è esclusa da una causa di esclusione del fa o illecito. In quarto luogo, esistono alcune
pronunce di tribunali internazionali che hanno confermato il principio che lo Stato territoriale deve
tenere indenni i terzi per a vità rischiose esercitate nel suo territorio.
Esiste un principio di precauzione. Questo comporta l’obbligo di agire preven vamente o di non
porre in essere una determinata condo a per evitare il rischio di provocare un danno, quantunque
non sia certo che esso si veri chi. Tale principio è stato a ermato in relazione al diri o
internazionale dell’ambiente e al diri o umanitario. Il principio può avere natura programma ca
come traspare dall’art.174, par.2 del Tra ato CE.
Eccezioni al divieto
A) La legi ma difesa:
La legi ma difesa è espressamente prevista nell’art.51 della Carta NU come eccezione alla
proibizione dell’uso della forza nelle relazioni internazionali. La scriminante della legi ma difesa
doveva reputarsi esistente anche nell’ambito del Convenant della Società delle Nazioni e del Pa o
Kellog-Briand.
La sentenza CIG nell’a are Nicaragua-US ha portato un notevole chiarimento sul contenuto della
legi ma difesa. Occorre infa determinare il momento a par re dal quale tale diri o può essere
esercitato, cioè se solo dopo che abbia avuto luogo un a acco armato o anche prima dell’a acco,
nell’imminenza dello stesso.
L’art.51 della Carta, nell’a ermare che “nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il
diri o naturale di autotutela individuale o colle va, nel caso che abbia luogo un a acco armato
contro un membro delle NU”, o re elemen per due opposte interpretazioni. Ci sono coloro che
a ermano la liceità della legi ma difesa preven va facendo leva sull’agge vo “naturale” e colo
che so olineano come la Carta faccia un riferimento testuale all’esistenza di un a acco armato,
considerato dall’art.51 quale condizione essenziale per l’esercizio del diri o in esame. Secondo
questa interpretazione l’agge vo “naturale” non sarebbe altro che una formula enfa ca.
Si deve determinare, se, vi sia coincidenza tra la Carta NU e diri o internazionale consuetudinario. A
parere di mol la legi madifesa preven va è perfe amente compa bile sia con il Covenant sia con
il Pa o Kellog Briand. La CIG si è pronunciata a favore della natura consuetudinaria della legi ma
difesa, ma non ha chiarito se esista un coincidenza o una scollatura tra Carta delle NU e diri o
consuetudinario.
In secondo luogo, un’interpretazione le erale dell’art.51 potrebbe condurre ad un risultato
manifestamente assurdo o irragionevole, per dirla con l’art.32 della Convenzione di Vienna sul
diri o dei tra a . In terzo luogo, tra le due le ure dell’art.51 esistono signi ca vi pun di conta o.
Ad es. è ammissibile, anche secondo coloro che ado ano la teoria restri va, che questa possa
essere esercitata quando l’a acco sia in corso d’opera o sia stato sferrato, ma non abbia ancora
colpito il territorio altrui.
Le moderne tecniche di armamento rendono assurdo limitare la reazione al momento in cui i missili
hanno colpito il territorio e provocato una distruzione tale da rendere impossibile l’esercizio della
legi ma difesa. È signi ca vo che il Panel di Alto Livello, incaricato dal Segretario Generale di
studiare la riforma della Carta delle NU si sia pronunciato a favore della legi ma difesa siadopo che
nell’imminenza di un a acco armato.
La nozione di legi ma difesa preven va è stata notevolmente ampliata dalla c.d. do rina sulla
guerra preven va, formulata dal Presidente degli US Bush. Secondo questa do rina per far fronte
alla minaccia terroris ca e alle armi di distruzione di massa, gli Sta potrebbero intervenire non
solo nell’imminenza di un a acco armato ma anche nel caso in cui lo Stato territoriale ospi
organizzazioni terroris che o sia in possesso di armi di distruzione di massa.
A nché il diri o di legi ma difesa possa essere esercitato occorre che si sia veri cata una
violazione dell’art.2 par.4. par colarmente quali cata; occorre cioè che si sia veri cato un a acco
armato. La nozione di a acco armato è complicata dall’iden cazione dei beni che debbono essere
ogge o di violenza a nché si possa reagire in legi ma difesa. Tra tali beni rientrano:
1) Territorio;
2) Corpi di truppa;
3) Navi o aeromobili militari.
L’art.3 della risoluzione sulla de nizione di aggressione annovera, tra gli a che cos tuiscono
aggressione, l’a acco contro la o a mercan le o aerea (civile) di uno Stato. Nel caso delle
pia aforme petrolifere, la CIG ha a ermato che non poteva essere considerato un a acco armato il
lancio di un missile che non era stato e e uato con la speci ca intenzione di colpire una nave
mercan le o la posa di mine.
Diverso è il caso delle rappresentanze diploma che e consolari, quantunque si tra di punto
controverso. Nella controversia tra Iran e US per la ques one degli ostaggi, la CIG, dopo aver
a ribuito all’Iran la condo a dei c.d. studen islamici che avevano occupato l’ambasciata USA a
Teheran, quali cò l’evento come a acco armato. Non sembra tu avia che la Corte si sia messa
nell’o ca dell’art.51 della Carta.
Un a acco armato può essere compiuto non solo mediante le forze armate di uno Stato , ma anche
mediante gruppi arma , non immediatamente inquadrabili nell’organizzazione poli co-militare di
uno Stato, ma agen secondo le sue dire ve, di modo ché gli a compiu sono a questo Stato
imputabili. Si tra a delle c.d. aggressione indire a.
Cos tuisce a acco armato, l’invio da parte di uno Stato o in suo nome di bande o di gruppi arma ,
di forze irregolari o di mercenari, che compiano a di una tale gravità da equivalere ad un vero e
proprio a acco armato compiuto dalle forze regolari. Di norma non vengono ricompresi nella
nozione di a acco armato i semplici inciden di fron era.
L’art.51 della Carta non speci ca se l’a acco armato, che dà diri o a reagire in legi ma difesa,
debba provenire da uno Stato oppure possa venire anche da un’en tà statale. Gli US hanno reagito
in legi ma difesa contro l’Afghanistan, Stato che ospitava il movimento terroris co. L’azione degli
US è stata avallata in qualche maniera dal Consiglio di sicurezza, con le risoluzioni 1368e 1373.
L’Ins tut de droit interna onal, sessione di San ago(2007), ha ado ato una risoluzione secondo
cui la liceità di una risposta armata contro un’en tà non statale è consen ta in termini abbastanza
restri vi. A termini della risoluzione si potrà usare la forza contro lo Stato territoriale, qualora
l’en tà non statale abbia agito su istruzione, direzione o controllo di questo Stato.
La reazione in legi ma difesa, come ogni altro uso lecito della forza dovrà essere esercitata entro i
limi pos da necessità e proporzionalità. Per il primo criterio si fa riferimento al caso
Caroline(1837) e si a erma che la forza può essere esercitata quando sussista una necessità di
legi ma difesa urgente, irresis bile, tale da non lasciare la scelta dei mezzi e il tempo di
deliberare. Lo Stato che agisce in legi ma difesa può portare la sua reazione in profondità, in
modo da indurre l’a accante a cessare la sua azione lesiva. Ma la CIG nel caso delle “pia aforme
petrolifere” ha inteso il criterio della proporzionalità in termini molto restri vi.
Il criterio dell’immediatezza deve essere inteso con una certa elas cità. È ovvio che se uno Stato si
ri ra e rientra nei propri con ni, una successiva e tardiva reazione da parte dello Stato leso si
con gura come un’azione di rappresagli, che come esercizio di legi ma difesa.
La legi ma difesa ha un termine nale nel senso che essa deve cessare non appena il Consiglio di
sicurezza abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
Evento che di cilmente si realizza, non essendo inquadrabile tra tali misure un semplice appello
per il cessate il fuoco. Comunque lo Stato che agisce in legi ma difesa ha il dovere di portare a
conoscenza del Consiglio di sicurezza, a nché questo organo possa accertare se l’azione intrapresa
sia legi ma o meno.
B) Uso della forza autorizzato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
La prassi ormai prova l’esistenza di una norma secondo cui gli Sta possono usare la forza su
autorizzazione del CdS. La forza dovrebbe essere impiegata nell’interesse della sicurezza colle va,
quantunque la prassi a es come spesso gli Sta , o enuta l’autorizzazione, agiscano svincola
dalle dire ve del CdS.
contro cui può essere intrapresa un’azione coerci va sono quelli che sono Sta nemici, durante la II
guerra mondiale.
L’applicazione dell’art.107 fu minacciata dall’Unione Sovie ca nei confron della Repubblica
Federale Tedesca, quando questo Stato non era ancora membro delle NU. Ma è opinione comune
che il ricorso alle misure contro Sta ex nemici non sia possibile nei confron degli Sta ex nemici
che siano divenu membri delle NU.
F) Intervento d’umanità:
Viene de nito intervento d’umanità l’uso della forza per proteggere i ci adini dello Stato
territoriale da tra amen inumani e degradan . Tale po d’intervento, più volte sperimentato
dalle potenze europee per proteggere gli individui di religione cris ana stanzia nell’impero
o omano è sempre stato considerato con di denza ed era illecito anche prima della entrata in
vigore della Carta delle NU.
Oggi l’intervento d’umanità a uato mediante l’uso della forza è da considerare illecito e la sua
illegi mità è stata ribadita dallasentenza della CIG del 1986. L’intervento d’umanità, a di erenza di
quello a protezione dei ci adini all’estero, comporta una prolungata presenza in territorio altrui ed
un mutamento di regime nello Stato territoriale.
È stata prospe ata la tesi di un dovere d’ingerenza umanitaria inteso come una sorta di obbligo
facente capo alla comunità internazionale per far fronte alle situazioni di grave violazione nei diri
dell’uomo. Talvolta si fa riferimento ad un diri o, piu osto che ad un dovere d’ingerenza
umanitaria, me endo l’accento sulla facoltà di intervenire in territorio altrui.
Il c.d. dovere d’ingerenza umanitaria, come dovere di uno Stato o di un gruppo di Sta di
intervenire in territorio altrui senza il consenso dello Stato territoriale allo scopo di porre ne ad
una grave violazione dei diri umani, non ha nessuna base giuridica nell’ordinamento
internazionale. La prassi internazionale è contraria alla liceità dell’intervento d’umanità.
La CDI nel commento all’art.25 del Proge o di ar coli sulla responsabilità degli Sta , ha escluso che
lo stato di necessità possa essere invocato a gius cazione dell’intervento umanitario,
quantunque, “l’interesse essenziale” invocato per gius care la violazione della norma primaria sia
non soltanto quello dello Stato che compie la violazione, ma possa essere anche a ribuito alla
comunità degli Sta .
L’intervento di umanità non cos tuisce aggressione purché si tra e e vamente d’intervento
volto a salvaguardare la popolazione dello Stato territoriale da tra amen inumani da parte del
governo al potere. Per questo mo vo l’illiceità dell’intervento può essere sanata da una successiva
risoluzione del Consiglio di sicurezza.
In caso di con i o armato internazionale sono ammissibili azioni di soccorso in favore della
popolazione civile anche mediante l’invio di medicamen e di materiale sanitario, ma l’azione
necessita del consenso dello Stato territoriale o dello Stato che controlla il territorio dove è
stanziata la popolazione bene ciaria del soccorso.
giuridica allo scopo di salvaresé od altri a lui a da da un pericolo grave. In questo caso, il bene da
salvare è la vita umana e non un interesse essenziale dello Stato come nello stato di necessità.
cogente. Ne segue che nel nostro ordinamento sono proibite tu e quelle azioni vietate dal diri o
consuetudinario e dal diri o cogente. La norma interna di ada amento impone allo Stato di non
ricorrere alla forza armata che possa quali carsi come aggressione e non s pulare alleanze
militari di natura aggressiva. Sono vietate rappresaglie ma è consen ta la legi ma difesa
individuale e colle va.
- Art. 11: tre proposizioni:
- Ripudio della guerra: vieta solo le guerre volte a o endere la libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (legi ma difesa);
- Limitazioni di sovranità necessarie ad assicurare la pace e la gius zia tra le nazioni: inserite
per favorire l’ammissione all’ONU. Consen te solo in condizioni di parità con gli altri Sta ;
- Impegno a favorire le organizzazioni internazionali volte a promuovere tale scopo: dire o a
incoraggiare la partecipazione dell’Italia all’ONU ma anche a organizzazioni regionali come
l’UE.
- L’ar colo 11 quindi consente la partecipazione italiana alle operazioni di peace-
enforcement decise dalle NU e alle azioni comportan l’uso della forza autorizzate dal CdS.
situazione richieda un’azione coerci va implicante l’impiego della forza. Tale azione può consistere
(art. 42) in dimostrazioni, blocchi, ed altre operazioni mediante forze aeree navali o terrestri.
Le cosidde e “operazioni di polizia” e e uate dall’ONU hanno nito per assumere una sionomia
diversa da quella originariamente prevista (intraprendere dire amente azioni coerci ve contro uno
Stato mediante truppe messe a disposizione dagli Sta membri).
delega. In e e l’unico punto in cui la Carta fa riferimento all’autorizzazione dell’uso della forza
riguarda l’art. 53: cioè le organizzazioni regionali. Il fondamento delle delibere autorizza è da
ricercare in una consuetudine par colare formatasi nell’ambito dell’ONU; secondo altri nel
combinato disposto dagli ar . 42 e 48 della Carta. Il Consiglio può autorizzare ad usare la forza, ma
non può obbligarli a farlo.
Talvolta si è tra ato di operazioni e e uate in sos tuzione di operazioni di peace-keeping o
parallelamente ad azioni di peace-keeping (Somalia e Ex-Iugoslavia).
Altre volte l’intervento degli Sta membri viene autorizzato in a esa che sia cos tuita la forza di
pace dell’ONU (Ruanda).
Tra andosi di delega delle funzioni del Consiglio agli Sta , ques dovrebbero operare nei limi
della delega o dell’autorizzazione ricevuta anche so o il pro lo temporale. Ma la delega è stata
intesa in maniera piu osto elas ca, come dimostra la prassi.
La liceità delle operazioni autorizzate o delegate dal Consiglio agli Sta membri è implicitamente
riconosciuta all’art. 2 della Convenzione del 1994 sulla sicurezza del personale delle NU. Tale
disposizione fa riferimento anche alle azioni coerci ve autorizzate dal CdS.
Autorizzazioni ex post l’uso della forza —> cos tuirebbe una sorta di sanatoria di un a o che
sarebbe contrario alla Carta. Dal punto di vista logico non sussiste nessun ostacolo: se il CdS ha il
potere di autorizzare potrà anche regolarizzare a posteriori un’azione che avrebbe dovuto essere
preven vamente autorizzata.
Da respingere è la tesi secondo cui il CdS possa autorizzare “implicitamente” gli Sta ad usare la
forza. Condicio sine qua non per tale forma di autorizzazione è che il Consiglio abbia comunque
quali cato la situazione come uno degli a ricaden nell’art. 39 della Carta. Ma è ovvio che la tesi
dell’autorizzazione implicita si presta a non poche contestazioni. Spesso la tesi dell’autorizzazione
implicita è stata invocata in casi in cui il CdS non si era neppure pronunciato.
Il caso è completamente diverso quando il CdS raccomanda di intervenire in legi ma difesa
colle va a favore del membro che sia stato aggredito: Angola a accato da Sud Africa. Infa la
legi ma difesa non necessita di autorizzazione per essere esercitata.
Le organizzazioni regionali
L’art. 52 Carta ONU salvaguarda le funzioni degli accordi o organizzazioni regionali nel campo del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Si tra a di accordi con un certo grado di
is tuzionalizzazione o di vere e proprie O.I., incluse quelle fondate su strumen di so law, quali
l’OSCE. Per poter essere quali cata come regionale l’organizzazione deve avere i seguen requisi :
- Essere un’organizzazione regionale;
- Avere competenza nel campo del mantenimento della pace e sicurezza internazionali;
- Essere conforme ai ni delle NU.
Corrispondono a tali requisi :
- L’organizzazione degli Sta Americani (OSA);
- Lega Araba;
- Unione Africana;
- UE (anche se non vi è riferimento al Capitolo VIII della Carta).
Le organizzazioni regionali possono:
- Funzionare come pa o per l’organizzazione della legi ma difesa colle va. In tal caso i membri
fanno colle vamente quello che avrebbero potuto fare individualmente. L’autorizzazione del CdS
non è necessaria, perché agiscono in virtù dell’art. 51 della Carta.
- E e uare anche operazioni di peace-keeping. L’autorizzazione non è stre amente necessaria ma
può essere richiesta.
- E e uare operazioni coerci ve su delega/autorizzazione del CdS. Nel primo caso, l’operazione è
e e uata so o la direzione del Consiglio (art. 48 par.2 e 53) secondo cui le decisioni del CdS
sono eseguite dagli Sta membri dire amente o mediante la loro azione nelle o.i. competen di
cui siano membri. Nel secondo caso l’azione coerci va deve essere autorizzata dal CdS, come
ribadito nell’art. 53.
Il diri o dei con i de a regole che disciplinano anche i mezzi e i metodi di comba mento:
- Mezzi: vietate le armi indiscriminate, capaci di causare mali o so erenze inu li; armi
ba eriologiche e chimiche, quelle che impiegano schegge non localizzabili ai raggi X.
- Metodi: salvaguardia della popolazione civile e della necessità di dis nguere tra obie vi legi mi
(militari) e illegi mi. La popolazione civile non può essere ogge o di a acco.
Il belligerante può impedire ogni commercio tra neutrale e nemico, bloccandone i por : per essere
valido il blocco deve essere e e vo, no cato e non discriminatorio. È proibito il blocco mirante
ad a amare la popolazione.
favore del governo legi mo o degli insor . Nel caso in cui un terzo intervenga a anco degli insor ,
le os lità tra governo legi mo e insor sono disciplinate dal diri o dei con i arma non
internazionali; mentre quelle tra Stato terzo e Stato in preda all’insurrezione sono disciplinate dal
diri o dei con i arma internazionali.
Prima della Codi cazione del 1949 (Ginevra) la guerra civile era considerata ques one di dominio
riservato. A nché il II Protocollo addizionale possa trovare applicazione deve sussistere all’interno
dello Stato un con i o tra le forze armate del governo legi mo e quelle del dei gruppi arma ,
purché eserci no un controllo sul territorio tale da consen re loro di condurre operazioni militari
con nue.
L’art. 3 comune alle 4 convenzioni di Ginevra prevede uno standard minimo di tra amento
umanitario, ma insor e governo legi mo sono abilita a concludere “accordi speciali” per la
messa in vigore delle altre disposizioni contenute nelle 4 convenzioni.
Ribellione = crimine nei confron dello Stato; di regola viene perseguita. I ribelli non possono
essere considera come legi mi belligeran e non hanno diri o al tra amento di prigionieri di
guerra. Processa e condanna anche alla pena capitale: giudizio pronunciato da un tribunale
regolarmente cos tuito.
Popolazione civile e individui = divie :
- Proibizione degli a acchi contro la popolazione civile e gli individui ad essa appartenen ;
- A amare i civili
- A accare opere/installazioni che contengono forze pericolose;
- Trasferimen forza della popolazione civile.
La neutralità
Gli Sta che non prendono parte al con i o armato. Condo a volontaria. Qualora un sogge o di
d.i. abbia lo status di neutralità permanente in tempo di pace, è obbligato a restare neutrale in
tempo di guerra, pena la commissione di illecito internazionale. Tre doveri fondamentali:
- Prevenzione;
- Astensione;
- Imparzialità.
Deve impedire che il suo territorio sia impiegato per a vità os li dei belligeran ; deve astenersi
dall’aiutare l’uno o l’altro belligerante; non può favorire un belligerante a scapito dell’altro.
Il diri o della neutralità trova la propria fonte nella Dichiarazione di Parigi del 1856 e nella XIII
Convenzione dell’Aja del 1907.
I neutrali sono obbliga a sopportare alcune restrizioni ai loro commerci mari mi. Le merci
des nate allo sforzo bellico del nemico cos tuiscono contrabbando (anche se poste su navi
neutrali). Non possono cos tuire contrabbando i beni indispensabili alla sopravvivenza della
popolazione civile.
La neutralità classica ha subito una trasformazione con la Carta ONU che ha limitato il diri o dei
belligeran di pretendere il rispe o dei doveri connessi alla neutralità e di interferire con le a vità
dei neutrali; qualora il CdS abbia dichiarato uno Stato come aggressore, i tre doveri connessi al
diri o di neutralità sono a enua /scompaiono.
Dalla neutralità deve essere dis nta la non belligeranza: la prima deve rispe are i tre doveri
fondamentali; nella non belligeranza uno Stato può aiutare una delle par in con i o senza
intervenire dire amente.
L’armis zio sospende solamente le os lità tra i belligeran . Può contenere clausole poli che e
territoriali. Segue il normale procedimento dei tra a ed è so oposto a ra ca. È sogge o alla
Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a del 1969 e deve essere registrato presso il Segretario
dell’ONU (art. 102 Carta).
È un mezzo dire o a garan re una stabile sospensione delle os lità, nonostante il pieno
ristabilimento delle relazioni tra belligeran e un’e cacia cooperazione sia assicurata solo dal
tra ato di pace.
Veri cabilità: le veri che più semplici sono quelle e e uate mediante i c.d. mezzi nazionali, quali
satelli o sismogra ; quelle più complesse comportano vere e proprie ispezioni in loco. Gli accordi
di disarmo dispongono di regola il divieto di trasferimento e acquisizione delle armi proibite e
contengono una clausola di recesso molto ampia.
Il disarmo viene spesso dis nto dalla regolamentazione degli armamen e dalla non
proliferazione; si tra a di dis nzioni empiriche.
- La regolamentazione degli armamen , nata nel quadro delle relazioni USA - URSS aveva lo scopo
di non alterare la dissuasione nucleare tra le due superpotenze, tenendo l’armamento ad un
livello di equilibrio.
- La non proliferazione vuole evitare che determinate armi, in par colare quelle di distruzione di
massa, siano possedute da un numero consistente di Sta , aumentando il rischio del loro uso. Il
Tra ato di non proliferazione nucleare (1968)2 ne cos tuisce un esempio. Non hanno ancora
avuto esito invece i tenta vi per la cessazione della produzione di plutonio e uranio arricchito per
la fabbricazione di armi nucleari. Il pericolo che uno Stato non nucleare possa conver re l’uranio
arricchito prodo o per scopi paci ci ha indo o il CdS ad ado are risoluzioni ex cap. VII contro
Sta sospe a di aggirare i divie del Tra ato.
La Carta ONU disciplina il disarmo negli ar . 11, 26 e 47, a dando all’Assemblea Generale e al CdS
il compito di formulare proposte in materia di disarmo e disciplina degli armamen . Ma la Carta
non stabilisce un vero e proprio obbligo di disarmo, né è stabilito dal diri o consuetudinario.
L’organo negoziale per il disarmo è la Conferenza del Disarmo con sede a Ginevra, che delibera per
consensus. La Conferenza ado a i proge di accordo che sono poi presenta all’Assemblea
Generale. L’Assemblea (qualora sia approvato) vota una risoluzione con allegato il proge o di
accordo, che viene aperto alla rma degli Sta .
I tra a di pace possono anch’essi contenere misure di disarmo. Possono essere inserite anche in
una risoluzione del CdS, avente natura obbligatoria.
Gli accordi di disarmo possono stabilire la non militarizzazione di determinate aree o ambien o
l’obbligo di non collocarvi un determinato po di armi (Tra ato sull’Antar de, 1959)
Gli Sta non nucleari par del Tra ato di non proliferazione nucleare o gli accordi di
denuclearizzazione regionale godono di garanzie di sicurezza:
- Posi ve: consistono nell’impegno da parte degli A nucleari a venire in aiuto di uno Stato non
nucleare ogge o di aggressione/minaccia di uso di armi nucleari;
- Nega ve: impegno da parte degli Sta nucleari di non usare l’arma nucleare e non minacciarne
l’uso contro gli Sta non nucleari.
2Gli sta nucleari dichiara , Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Sta Uni , hanno diri o di possedere l’arma
nucleare, a di erenza delle altre par , alle quali non è consen to acquisire o fabbricare armi nucleari.