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INTRODUZIONE AL DIRITTO
INTERNAZIONALE - RIASSUNTO
NATALINO RONZITTI

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La soggettività internazionale degli stati - i soggetti più importanti del diritto internazionale - non deriva da un atto di riconoscimento ma direttamente
dall'ordinamento il quale, conformemente al principio di effettività, si limita a prendere atto dell'esistenza, in via di fatto, di uno stato, attribuendogli
automaticamente la soggettività. In particolare, secondo l'art. 1 della Convenzione di Montevideo, sottoscritta nel 1933, uno stato è soggetto di diritto internazionale
per il solo fatto di possedere:

una popolazione permanente;


un territorio definito;
un governo (nel senso di un potere di governo esercitato in modo esclusivo);
la capacità di intrattenere rapporti con altri stati.
Premessa
Il Diri o internazionale regola i rappor tra gli en che compongono la comunità internazionale. Di
tale comunità non fanno parte solo gli Sta sovrani ed indipenden , ma anche altre en tà; la
comunità internazionale non è comunità di subordinazione, bensì di coordinamento. Tu gli Sta ,
grandi e piccoli, poten e meno poten , vi partecipano in conformità al principio di eguaglianza.
L’ideologia delle grandi potenze e i rappor di forza tra gli Sta interessano lo studio delle relazioni
internazionali, piu osto che quello del diri o internazionale. Nella comunità internazionale, la
produzione del diri o consiste essenzialmente in consuetudini ed accordi, cioè in regole di cui sono
des natari gli stessi sogge che le hanno poste in essere. Nella comunità internazionale la
giurisdizione ha base consensuale ed è quindi improprio parlare di a ore e convenuto.

Capitolo 1 - Enti che partecipano alla vita di relazione


internazionale
Non vi è una completa iden cazione tra sogge di diri o internazionale ed “en che partecipano
alla vita di relazione internazionale”. Vi sono degli en , come gli Sta sovrani e indipenden , i quali
hanno una piena sogge vità internazionale, ed altri, come gli insor , che hanno una limitata
capacità internazionale e sono quindi des natari solo di talune situazioni giuridiche sogge ve. Una
considerazione d’insieme dei vari en che partecipano alla vita di relazione internazionale
perme e di individuare, a ni sistema ci, qua ro categorie, ciascuna delle quali si cara erizza per
propri cara eri peculiari:
1° Gruppo: En Territoriali;
2° Gruppo: En non territoriali, che aspirano a diventare organizzazione di governo di una comunità
territoriale;
3° Gruppo: En non territoriali;
4° Gruppo: Organizzazioni Internazionali.

Sezione I - En Territoriali
Gli Sta sono i sogge principali del diri o internazionale, che è nato e con nua ad operare quale
sistema norma vo volto essenzialmente a regolare la coesistenza tra en sovrani. Non sono
sogge gli Sta membri di Sta federali. Si tra a di en organizza secondo il modello statale, i
quali tu avia dife ano del cara ere dell’indipendenza, cos tuendo par componen un più ampio
ente, lo Stato Federale, al quale soltanto è da riconoscere la sogge vità internazionale.
Non cos tuisce elemento rilevante ai ni dell’acquisto della sogge vità internazionale la
dimensione del territorio di uno Statoo della sua popolazione. Partecipano a pieno tolo alla vita di
relazione internazionale Sta di dimensione territoriale rido o(es. Lussemburgo). Un problema
sorge con riferimento ai c.d. Sta esigui(es. Monaco, San Marino, ecc.). Tali Sa dipendono in
misura più o meno larga da terzi per la condo a delle loro relazioni internazionali. Alcuni di ques
Sta sono ogge o di penetran ingerenze da parte dello Stato vicino. Così, ad esempio, in virtù del
Tra ato del 17 luglio 1918 con la Francia, Monaco si era impegnato “ad esercitare i suoi diri di
sovranità in perfe a conformità agli interessi poli ci, militari, navali ed economici della Francia”.
Occorre comunque ricordare che ormai gli Sta esigui sono membri delle Nazioni Unite.
Mancano del requisito dell’indipendenza, ma sono da taluni considera come sogge di diri o
internazionale, gli Sta prote . Si tra a di en tà formatesi durante il periodo coloniale. Lo Stato

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prote ore assumeva la rappresentanza internazionale dello Stato prote o e s pulava per suo
conto i tra a internazionali. Lo Stato prote ore aveva anche un’ingerenza più o meno penetrante
nei confron dell’ordinamento interno dello Stato prote o, ingerenza che poteva manifestarsi nella
forma del concorso di organi o della sos tuzione di organi. Nel primo caso, il potere legisla vo
veniva esercitato congiuntamente da organi dello Stato prote o e dello Stato prote ore; nel
secondo, gli organi dello Stato prote ore si sos tuivano pienamente allo Stato prote o.
Il prote orato deve essere dis nto dai territori so o mandato, esisten al tempo della Società
delle Nazioni e da quelli so o amministrazione duciaria disciplina dal Capitolo XII della Carta
delle Nazioni, che sono en tà prive di sogge vità internazionale. Il prote orato veniva
amministrato nell’interesse della potenza prote rice, i manda e le amministrazioni duciarie
venivano amministra nell’interesse della popolazione locale.
Nel vassallaggio l’en tà so o vassallaggio, pur godendo di una certa autonomia ha funzioni di
governo indis nte da quelle dell’en tà superiore. Ad es. al tempo dell’Impero o omano, le forze
armate egiziane era parte integrante dell’organizzazione militare o omana.
Da non annoverare fra i sogge di diri o internazionale sono pure quelle en tà, dotate di
autonomia all’interno di uno Stato, che dovrebbero diventare il nucleo su cui cos tuire un futuro
Stato. È questo il caso dell’Autorità nazionale pales nese. ANP manca del requisito dell’e e vità e
dell’indipendenza, essendo sogge a alla volontà di Israele, che controlla le fron ere terrestri,
mari me e aeree dei territori “governa ” dall’Autorità.
Non sono Sta , mancando del requisito dell’indipendenza, i c.d. Sta fantoccio, crea
dall’occupante durante la guerra, un a o proibito dal diri o internazionale. Pertanto la quali ca di
Stato e di sogge o di diri o internazionale non possono essere riconosciu al Manchukuo, la cui
nascita avvenne durante l’occupazione giapponese della Manciuria( 1931-1945), alla
Slovacchia(1939-1945) creata dalla Germania, o alla Croazia (1941-1945), nata al tempo
dell’occupazione italo-tedesca della Iugoslavia. Non furono mai considera Sta sovrani e
indipenden i Batustan (ad es. Transkei, Venda, Ciskei), crea dal Sud Africa tra il 1976 e il 1981 per
dare a uazione alla poli ca di apartheid mediante la cos tuzione di en tà solo nominalmente
indipenden .
L’art.1 della Convenzione di Montevideo sui diri e doveri degli Sta (1933) dà la seguente
de nizione di Stato: “Lo Stato come sogge o di diri o internazionale, deve possedere i seguen
requisi : 1) popolazione permanente; 2) territorio de nito; 3) auto governo e 4) capacità di
intra enere relazioni internazionali con altri Sta ”.

Insor
Oltre agli Sta sovrani e indipenden , partecipano alla vita di relazione internazionale quali en
territoriali i movimen insurrezionali, che perseguono mediante la lo a armata il rovesciamento
del governo di uno Stato, oppure la secessione di unaparte del territorio dallo Stato medesimo.
Il movimento insurrezionale è da annoverare fra gli en territoriali, in quanto esso assume una
propria individualità sul piano internazionale soltanto qualora eserci e e vamente un controllo
esclusivo su una porzione del territorio e rela va popolazione e non si tra di semplici tensioni o
disordini interni, quali le sommosse o gli a sporadici o isola di violenza.
La rilevanza internazionale degli insor è legata al principio dell’e e vità. Il movimento
insurrezionale si cara erizza per essere un ente temporaneo, in quanto susce bile di una
evoluzione o di una involuzione: esso è des nato a trasformarsi in uno Stato o a retrocedere a
semplice gruppo di individui.
La capacità internazionale degli insor è sostanzialmente limitata alle norme che regolano la
condo a delle os lità con il governo legi mo ed a quelle che disciplinano l’esercizio del potere
d’imperio del movimento insurrezionale sul territorio da esso controllato; il movimento gode

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inoltre della capacità di concludere accordi con altri sogge internazionali.


Per quanto concerne in par colare la disciplina della guerra civile, il governo legi mo può
lecitamente reprimere l’insurrezione, incontrando nella sua azione soltanto limi di natura
umanitaria. I membri delle forze armate insurrezionali non sono legi mi comba en , e dunque,
ove ca ura , non hanno diri o allo status di prigioniero di guerra, ma possono essere tra a quali
semplici criminali per gli a di violenza compiu .
In linea di principio se l’insurrezione è scon a, il governo legi mo non è responsabile per i danni
provoca dagli insor . Al contrario, se l’insurrezione è vi oriosa, il nuovo governo è tenuto a
riparare i danni causa dagli insor . Esso è anche responsabile per i danni causa dal governo
predecessore.
I terzi possono aiutare il governo cos tuito, ma non gli insor . Qualora lo facessero,
comme erebbero un illecito internazionale. Si tra a di una norma frequentemente violata, ma è
da respingere la tesi secondo cui i terzi possono fornire aiu sia agli insor che al governo
legi mo.

Sezione II - En non territoriali, che aspirano a divenire organizzazione di


governo di una comunità territoriale
Fra gli en che, pur non esercitando a ualmente un potere di imperio su un territorio, aspirano a
divenire organizzazioni di governo di una comunità territoriale vengono in primo luogo in
considerazione i Governi in esilio. L’is tuto dei Governi in esilio ha avuto par colare rilevanza nel
secondo con i o mondiale. Perché possa aversi un Governo in esilio è ovviamente necessario che
vi sia uno Stato disposto ad ospitare tale ente ed a perme ergli di esplicare funzioni modellate su
quelle di un’organizzazione statale. Il Governo in esilio opera come una sorta di “ente duciario” del
popolo da esso rappresentato
Una seconda gura di en non territoriali che aspirano a divenire organizzazioni di governo di una
comunità territoriale è data dai Comita nazionali all’estero. Il fenomeno della cos tuzione dei
Comita nazionali all’estero ha assunto par colare rilievo nel corso della I Guerra mondiale. Il
Comitato nazionale all’estero è un ente il quale assume la ges one degli interessi di una comunità
nazionale che aspira a governare in futuro, ma che è a ualmente sogge a ad un potere statale.
L’esistenza dei comita nazionali presuppone che vi sia uno Stato, in guerra con lo Stato che
a ualmente governa la comunità nazionale di cui il Comitato è espressione, disposto ad ospitarli. Si
richiede altresì che il Comitato sia consen to l’esercizio delle funzioni di governo sui connazionali
che si trovino all’estero e inoltre, cos tuisce un requisito necessario, che questo si ponga quale
ente militare, che esso cioè disponga di proprie forze armate.
Si de nisce movimento di liberazione nazionale l’ente organizzato rappresenta vo di un popolo in
lo a per l’autodeterminazione, Anche i movimen di liberazione nazionale vanno classi ca fra gli
en non territoriali che aspirano a divenire organizzazioni di governo di una comunità territoriale.
La rilevanza internazionale dei movimen di liberazione nazionale trova il suo fondamento nel
principio giuridico dell’autodeterminazione dei popoli. In par colare, il movimento di liberazione è
l’ente rappresenta vo di un popolo, sogge o a dominio coloniale o razzista o ad occupazione
straniera. Essi prendono parte ai lavori di organizzazioni internazionali e partecipano a conferenze
internazionali(es. l’OLP ha goduto dello status di osservatore in seno all’Assemblea Generale delle
N.U.) e una seconda manifestazione della loro personalità internazionale è data dalla capacità di
concludere accordi. Il campo in cui maggiormente si manifesta la rilevanza internazionale dei
movimen è quello rela vo alla lo a armata che essi, conducono per realizzare il diri o di
autodeterminazione. Quanto alla posizione giuridica dei terzi Sta in una guerra di liberazione
nazionale, il diri o consuetudinario vigente vieta agli Sta terzi di intervenire a favore del Governo
cos tuito.

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Sezione III - En non territoriali


Va cano: sin dalle origini della moderna comunità degli Sta è riconosciuta la personalità di diri o
internazionale della Santa Sede, quale suprema autorità della Chiesa Ca olica. Essa ha il potere di
concludere accordi internazionali (chiama concorda ), partecipa ai lavori di organizzazioni
internazionali( ha lo status di osservatore presso le N.U. e il Consiglio d’Europa) e prende parte a
conferenze internazionali.
I rappor tra l’Italia e la Santa Sede sono disciplina dai c.d. Pa Lateranensi(1929), i quali constano
di un Tra ato, che regola i rappor poli ci fra i due en , una Convenzione nanziaria e di un
Concordato. Di par colare rilievo è la previsione per la quale “la Santa Sede rimarrà estranea alle
compe zioni territoriali fra gli Sta e ai congressi internazionali inde per tale e e o, a meno che
le par contenden facciano concorde appello alla sua missione di pace”.
La Santa Sede in quanto persona internazionale deve essere tenuta dis nta dallo Stato della Ci à
del Va cano, che invece ha un dominio territoriale. Lo stre o collegamento è dato dal fa o che il
Sommo Ponte ce è l’autorità centrale tanto della Santa Sede quanto dello Stato della Ci à del
Va cano.
A par re la 6 aprile 1964, la Santa Sede ha lo status di osservatore presso le N.U. e partecipa ai
lavori dell’Assemblea Generale,senza diri o di voto.
Ordine di Malta: esso ha esercitato in epoche remote autorità di governo su diversi territori.
Inizialmente, esso si stabilì in Gerusalemme, per poi trasferirsi a San Giovanni d’Acri e quindi a
Cipro e (dal 1310) a Rodi. Dal 1530 l’Ordine ebbe in feudo Malta , da cui fu cacciato da Napoleone
nel 1798.
Esso intra ene relazioni diploma che con un certo numero di Sta , relazioni che sono
aumentate dopo la ne della guerra fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovie ca. I suoi
rappresentan sono accredita presso alcune organizzazioni internazionali, come ad es. l’OMS. Nel
1994, l’Ordine è stato ammesso come osservatore presso l’Assemblea Generale.
L’Ordine non è espressamente menzionato come un intermediario neutrale dalle Convenzioni di
Ginevra del 1949 o dal I Protocollo addizionale del 1977, legi mato a svolgere funzioni in ordine
all’accertamento del rispe o del diri o umanitario daparte degli Sta coinvol nel con i o.
I rappor tra Italia e Ordine sono disciplina da uno scambio di note dell’11 gennaio 1960.
Croce Rossa: ha sede a Ginevra ed è composto da individui nomina per cooptazione ed è
cos tuito nella forma di associazione di diri o privato ai sensi del diri o svizzero.
Esplica rilevan funzioni e svolge a vità di rilievo internazionale durante i con i arma . In
occasione di un con i o armato internazionale, le qua ro Convenzioni di Ginevra del 1949
assegnano al Comitato Internazionale della Croce Rossa le funzioni di organizzazione umanitaria,
nel caso in cui non sia possibile a dare ques compi alle Potenze Prote rici.

Sezione IV - Organizzazioni Internazionali


Col termine “organizzazioni internazionali” si indicano associazioni fra Sta provviste di un proprio
apparato di organi; si tra a di en che presentano un legame indissolubile con gli Sta . Le
Organizzazioni nascono infa per volontà degli Sta , espressa nel c.d. tra ato is tu vo, e possono
es nguersi, qualora si a ermi una volontà in tal senso degli Sta membri.
Si suddividono in organizzazioni a cara ere universale, come ad esempio le Nazioni Unite, e in
organizzazioni a cara ere regionale, come ad esempio il Consiglio d’Europa o l’Unione Africana. Le
organizzazioni internazionali, hanno una stru ura tripar ta, composta da un’Assemblea, un
Consiglio Esecu vo e un Segretario Generale. I primi due sono organi collegiali compos dal Sta , il
Segretario è un organo individuale e non può prendere istruzioni dagli Sta membri.

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Nazioni Unite: è composta dall’Assemblea Generale, composta da tu gli Sta membri, il Consiglio
di Sicurezza, composto da 15 membri, di cui 5 permanen con diri o di veto( Francia, Cina, UK,
USA, Federazione Russa); il Consiglio di amministrazione duciaria; la Corte Internazionale di
Gius zia ( composta di 15 giudici che siedono a tolo individuale e durano in carica 9 anni) e il
Segretario.
Non sono organizzazioni internazionali gli en cos tui in virtù del diri o interno di uno Stato,
anche se annoverino tra i membri gli Sta . Come esempio di organizzazione alla cui base non si
trova un tra ato is tu vo è l’OSCE(Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa), di
cui sono membri gli Sta europei, incluse le repubbliche dell’Asia centrale nate dopo la diaspora
sovie ca, gli Sta Uni e il Canada. L’OSCE si fonda sui documen ado a dagli Sta partecipan
alla Conferenza sullaSicurezza e Cooperazione in Europa.
Gli Sta diventano membri delle organizzazioni internazionali mediante la procedura di
ammissione. Tale procedura comporta in genere che la domanda di ammissione sia acce ata
mediante una delibera da parte degli organi dell’organizzazione, che valutano la capacità dello
Stato candidato di adempiere gli obblighi connessi alla qualità di membro. Uno Stato può essere
sospeso o espulso dall’Organizzazione di cui è parte.
La procedura di voto in seno agli organi collegiali dell’organizzazione è disciplinata dai rela vi a
is tu vi o è fru o della prassi invalsa nell’organo. Si dis ngue fra consensus, unanimità,
maggioranza semplice e maggioranza assoluta. Il consensus è de nito nelle Regole di procedura
della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa come “ l’assenza di qualsiasi obiezione
formulata dal rappresentante [di uno Stato] e da lui considerata come un ostacolo all’adozione di
una decisione in proposito”.
Nell’unanimità è richiesto il voto posi vo di tu i componen l’organo. Essa comporta un’espressa
manifestazione di volontà. Talvolta è precisato che l’astensione non osta all’adozione delle delibere
per le quali è richiesta l’unanimità (es. art.205 par.3, Tra ato CE).
Quando viene richiesta la maggioranza semplice, l’a o è ado ato qualora sia stato votato dal 50%
+1 degli Sta componen l’organo. Dipende dallo Statuto dell’organizzazione o dalle regole di
procedura stabilire se si debbano computare ai ni del quorum tu gli Sta membri o solo i
presen e votan .
La maggioranza quali cata assume varie modalità. Può essere innanzitu o una maggioranza di
2/3(es. art.18 Carta N.U. che stabilisce come le decisioni dell’Assemblea Generale su ques oni
importan siano prese a maggioranza di 2/3 presen e votan ). Altre volte la maggioranza
necessaria per l’adozione dell’a o deve comprendere il voto di determina Sta (es. art. 27, par.3,
Carta N.U. che stabilisce come le decisioni del Consiglio di sicurezza su ques oni di sostanza
vengono prese con un voto favorevole di nove membri, su quindici componen il Consiglio, nel
quale siano compresi i vo dei membri permanen ).
Fra le varie forme a raverso le quali si esplica la partecipazione delle organizzazioni internazionali
alla vita ri relazione internazionale, assume un rilievo primario la capacità ad esse riconosciuta di
concludere accordi con Sta o con altre organizzazioni internazionali. Le Organizzazioni
internazionali sono inoltre tolari del diri o alla protezione dei propri funzionari da parte dello
Stato sul cui territorio si trovano ad operare.
La personalità delle organizzazioni internazionali è stata a ermata, con riferimento all’OMS, dalla
CIG.
Le Organizzazioni non hanno un territorio, quindi non godono del diri o di sovranità territoriale e
non esercitano le rela ve competenze. Esse esercitano le loro funzioni tramite un apparato
is tuzionale che ha sede in uno Stato membro e con cui s pulano un “accordo di sede” che
stabilisce i reciproci diri e doveri.
Gli en nora esamina non sono da confondere con le ONG, associazioni private a cara ere

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transnazionale, il cui a o is tu vo è fondato sull’ordinamento interno di uno o più Sta . Le ONG


fungono spesso da gruppi di pressione per le più svariate materie ed hanno talvolta uno statuto di
osservatore presso le organizzazioni internazionali. Possono anche presentare memorie scri e ai
tribunali internazionali senza divenire par processuali, se così dispone lo Statuto del tribunale.
Esempi di ONG sono Amnesty Interna onal e Greenpeace.

Sezione V - Individuo
L’individuo non è partecipe di nessuna delle tre funzioni essenziali dell’ordinamento giuridico, ad
eccezione di una limitata capacità per quanto riguarda l’accertamento del diri o rela vamente ai
tra a che proteggono i diri umani. Due categorie di norme vengono in considerazione: 1) le
norme in materia di protezione dei diri dell’uomo e 2) quelle rela ve ai crimini internazionali. Le
prime possono essere costruite come norme che si dirigono agli Sta , i quali sono obbliga ad
accordare determina diri agli individui. Le seconde non sono concepibili come norme che
impongono dire amente doveri agli individui, ma come norme che obbligano gli Sta a de are
norme incriminatrici e punire i comportamen lesivi.
Quanto alle situazioni giuridiche di natura processuale, l’individuo può me ere in moto il
procedimento dinanzi al Comitato dei diri dell’uomo, per far valere una violazione del Pa o del
1966 sui diri civili e poli ci. La procedura si conclude con una “constatazione”, che non ha
cara ere obbligatorio. Ben più incisiva è la procedura per far valere una violazione della
Convenzione europea del 1950 dinanzi alla Corte europea dei diri dell’uomo. In questo caso la
procedura si conclude con unasentenza, e cioè con un a o giuridicamente vincolante.
Non rileva ai ni della personalità internazionale dell’individuo la tolarità di diri ed obblighi
nell’ambito degli ordinamen deriva dal diri o internazionale. A questo proposito, l’esempio
più incisivo è cos tuito dalla CE. Nell’ordinamento comunitario, l’individuo è tolare di diri
ed obblighi ed è legi mato a presentare un ricorso dinanzi al Tribunale di Primo Grado e alla Corte
di Gius zia delle Comunità Europee.
Quanto de o in proposito dell’individuo vale anche per le persone giuridiche. Gli accordi di
concessione s pula tra uno Stato ed una società straniera sono radica nell’ordinamento interno
dello Stato concedente, quantunque il contra o possa richiamare norme di ordinamen stranieri o
addiri ura principi desun dall’ordinamento internazionale. I rappor giuridici intercorrono tra
Stato nazionale dell’impresa e Stato ospitante e dunque l’impresa godrà dei diri all’interno dello
Stato ospitante, in seguito all’a uazione del tra ato internazionale di quest’ul mo.

La persona giuridica è quell’organismo unitario, caratterizzato da una pluralità di individui o da un complesso di beni, al quale viene riconosciuta dal
diritto capacità di agire in vista di scopi leciti e determinati.

Gli elementi costitutivi (o presupposti materiali) per l’esistenza della persona giuridica:

una pluralità di persone, un patrimonio autonomo, uno scopo lecito e determinato per la realizzazione di interessi scientifici, artistici, commerciali, di
beneficenza, ma i primi due elementi non concorrono necessariamente o non si presentano allo stesso modo importanti.

La pluralità di persone in alcuni tipi di persone giuridiche si può presentare non in primo piano o mancare, mentre è essenziale in altri tipi di persone
giuridiche (come le associazioni).

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Capitolo 2 - Il riconoscimento
Riconoscimento di nuovi Sta
La nascita di uno Stato sovrano e indipendente è un avvenimento che si realizza sul piano storico,
una situazione di fa o della quale il diri o internazionale prende semplicemente a o (principio di
e e vità). Ogni volta che una nuova en tà statale si a accia sulla scena internazionale, invale fra i
membri della comunità degli Sta preesisten la pra ca di procedere al riconoscimento del nuovo
Stato. Con il riconoscimento, gli Sta preesisten manifestano la volontà di entrare in relazione con
esso.
Si parla di riconoscimento “de iure” nel caso in cui lo Stato che vi procede ri ene che la situazione
del nuovo Stato sia cara erizzata da completa stabilità. Si parla, invece, di riconoscimento “de
facto”, quando lo Stato preesistente, pur prendendo a o dell’esistenza di un’autorità indipendente
che esercita e e vamente il potere di governo su un territorio, nutra riserve circa la stabilità della
situazione del nuovo Stato e perciò intende instaurare relazioni di “basso pro lo” con esso.
So o il pro lo formale, l’a o di riconoscimento può presentarsi come un semplice messaggio di
congratulazioni al Capto dello Stato del nuovo Stato per la raggiunta indipendenza, oppure di una
nota formale in cui la nuova en tà viene riconosciuta come uno Stato indipendente e sovrano. Il
riconoscimento può essere anche tacito o implicito, cioè risultante da comportamen concluden
dello Stato preesistente.
Il riconoscimento non ha valore cos tu vo della personalità internazionale dello Stato, come
espressamente a ermato dall’art.9 della Carta dell’Organizzazione degli Sta Americani. Esso è un
a o poli co ed è pienamente discrezionale. Il riconoscimento rappresenta l’a o di fondazione della
vita sociale del nuovo Stato, nel senso che da esso dipende la possibilità per tale Stato di
intra enere normali relazioni con gli Sta preesisten . Così, uno Stato di nuova formazione che
non fosse ogge o di riconoscimento da parte di alcuno degli Sta preesisten verrebbe ad essere
tolare soltanto dei diri ed obblighi derivan dalle norme di diri o consuetudinario.
Il riconoscimento contribuisce a creare l’e e vità della situazione e a consolidare l’esistenza del
nuovo Stato. Di regola, uno Stato non riconosciuto o la cui esistenza è contestata da una
componente importante della comunità internazionale non può divenire membro delle Nazioni
Unite. Il riconoscimento può essere so oposto a condizioni, come ad esempio il rispe o dei diri
delle minoranze o il subentro nei tra a del predecessore.
La nuova en tà da riconoscere deve essere e e vamente uno Stato indipendente, il
riconoscimento non deve essere prematuro e gli Sta dovrebbero avere un dovere di non
riconoscere en tà che sono sorte grazie all’aggressione e alla violazione del divieto di uso della
forza nelle relazioni internazionali, come si può desumere dal Parere n.10 della Commissione di
Arbitrato sulla ex Iugoslavia, ado ato il 4 luglio 1992.

Riconoscimento nuovi Governi


Il riconoscimento di un nuovo governo è e e uato nel caso di mutamento rivoluzionario del
governo al potere in uno Stato preesistente. Il mutamento rivoluzionario di regime, non es ngue lo
Stato come sogge o diri o internazionale.
Il riconoscimento di governi esprime la volontà dello Stato che vi procede di mantenere con il
nuovo governo le stesse relazioni internazionali che si avevano con il governo precedente. Si tra a
di un a o di natura poli ca, e dunque discrezionale. I mo vi che possono indurre gli Sta a non
riconoscere il nuovo governo sono diversi. Ad esempio gli Sta occidentali non riconobbero il
Governo afghano installato al potere dall’invasione dell’Unione Sovie ca tra il 1979 e il 1980
perché mancava di e e vità e rappresentanza.

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Il mancato riconoscimento non signi ca che viene interro o ogni rapporto tra i due Sta . I tra a
bilaterali rimangono in vigore e la relazioni diploma che normalmente con nuano, benché ad un
livello più basso di quello precedente. Il riconoscimento di governi ha luogo nella prassi e può
assumere una rilevanza pra ca notevole, quando ci siano due organizzazioni di governo rivali che
pretendono entrambe di essere riconosciute come il governo legi mo di uno Stato.

Riconoscimento insor e di belligeranza in caso di guerra civile


Il riconoscimento di insor esprime la volontà di Sta terzi rispe o al con i o di non tra are gli
insor alla stregua di meri criminali. Si a o riconoscimento è e e uato dagli Sta terzi i quali
vogliano mantenere relazioni con il movimento insurrezionale, sopra u o allo scopo di garan re la
protezione dei propri suddi stanzia nel territorio controllato dagli insor . Il riconoscimento di
belligeranza è con cui una guerra civile viene equiparata ad una guerra internazionale. Ove ciò
accada, lo Stato che procede al riconoscimento è tenuto ad applicare le regole dei con i arma
internazionali. A di erenza del riconoscimento di insor , il riconoscimento di belligeranza è un a o
giuridico, poiché comporta conseguenza giuridiche e cioè l’estensione ad un con i o armato
interno delle regole dei con i arma internazionali. I terzi e e uano il riconoscimento di
belligeranza allo scopo di limitare il con i o obbligandosi ad una poli ca di non intervento.

Riconoscimento di movimenti di liberazione nazionale


Nella prassi di decolonizzazione, ha assunto rilevanza anche il riconoscimento di movimen di
liberazione nazionale, cioè l’a o con cui si constata che il movimento è l’ente ce rappresenta il
popolo in lo a per l’autodeterminazione.
Al riguardo è bene ricordare che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha a ribuito ad
organizzazioni regionali, quali l’Organizzazione per l’Unità Africana e la Lega Araba, la competenza
a riconoscere i movimen di liberazione nazionale legi ma a rappresentare i popoli africani e il
popolo pales nese in lo a per l’autodeterminazione.

Riconoscimento situazioni giuridiche


Il riconoscimento, in quanto a o unilaterale, può avere per ogge o non solo un ente, della cui
esistenza si prende a o, ma anche una situazione che si riconosce conforme a diri o. Il
riconoscimento di situazioni giuridiche ha una sua importanza nelle annessioni territoriali e
nell’estensione della sovranità dello Stato cos ero sulle aree marine adiacen alle sue coste.
Quanto al riconoscimento della sovranità dello Stato sulle aree adiacen alle sue coste, bas
ricordare il riconoscimento della sovranità dello Stato sulle baie storiche, cioè su quelle baie su cui
lo Stato cos ero ha esercitato, per lungo tempo e senza l’opposizione degli altri Sta , diri
esclusivi.

Disconoscimento e poli che di non riconoscimento


Il disconoscimento è la condo a tenuta da uno Stato nei confron di un ente che non si vuole
riconoscere oppure che non si vuole più riconoscere. Il disconoscimento può assumere due
varian :
1) Può consistere nell’assenza di riconoscimento nei confron di un ente che ha tu i requisi
per essere riconosciuto;
2) Oppure concre zzarsi nel ri ro del precedente riconoscimento.
Le poli che di non riconoscimento sono seguite dagli Sta , nei confron di altri en internazionali
e nei confron di una determinata situazione giuridica, volontariamente in seguito a sollecitazione

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di un terzo oppure in a uazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza, che può avere anche
natura obbligatoria.
Nel primo caso, la poli ca di non riconoscimento è equiparabile al disconoscimento, nel secondo,
la poli ca di non riconoscimento è fru o delle pressioni di un terzo Stato, che intende tenere
isolato un sogge o diri o internazionale dal restodella comunità internazionale.
Nel terzo caso, una poli ca colle va di non riconoscimento, può avere luogo, in virtù di una
risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Qualora la risoluzione abbia natura
obbligatoria, gli Sta hanno il dovere di ado are una poli ca di non riconoscimento.
L’obbligo di non riconoscimento, può derivare dire amente dall’ordinamento internazionale, senza
che sia necessario imporlo mediante una risoluzione del Consiglio di sicurezza. L’art. 41, par.2, del
Proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale dello Stato impone agli Sta di non
riconoscere come legi ma una situazione creata mediante una grave violazione di un dovere
derivante da una norma impera va del diri o internazionale.

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Capitolo 3 - Status soggettivi degli enti internazionali


La neutralità permanente
La do rina tradizionale ha elaborato una teoria degli status giuridici sogge vi, individua dalle
cara eris che peculiari di determina sogge rispe o ad altri. Tra gli status giuridici, tale do rina
annoverava:
1) Stato neutralizzato;
2) Stato prote o;
3) Membro delle Nazioni Unite.
Neutralità permanente in tempo di pace e neutralità durante la guerra sono nozioni dis nte.
Mentre lo Stato vincolato ad una poli ca di neutralità permanente assume degli obblighi in tempo
di pace e, in tempo di guerra, ha il dovere di restare neutrale,la neutralità in tempo di guerra è una
condo a volontaria, nel senso che lo Stato può decidere di restare neutrale oppure entrare in
guerra a anco dell’uno o dell’altro belligerante. Qualora uno Stato vincolato ad una poli ca di
neutralità permanente entri in guerra, comme e un illecito internazionale. Invece uno Stato che
abbia liberamente scelto di restare neutrale non comme e nessun illecito internazionale, se decide
di abbandonare la neutralità e di a ancare un belligerante. La neutralizzazione di territori concerne
una parte del territorio dello Stato, dove non possono essere condo e os lità. Pertanto può
accadere che uno Stato sia belligerante, ma talune aree del suo territorio siano so ra e al teatro
della guerra. Alcontrario, il territorio di uno Stato neutrale è inviolabile.
La neutralità permanente comporta per lo Stato neutrale una serie di obblighi, che si cara erizzano
per il fa o di vincolare lo Stato neutralizzato a tenere in tempo di pace un comportamento volto ad
evitare esso sia trascinato in un con i o armato. In caso di con i o armato, lo Stato che segue una
poli ca di neutralità permanente non può prendere parte al con i o armato a anco dell’uno o
dell’altro belligerante, né concedere loro facilitazioni di transito. Lo Stato neutralizzato deve
impedire che il suo territorio e le sue acque territoriali siano usate dai belligeran per scopi os li.
Ovviamente lo Stato neutralizzato, qualora sia ogge o di un a acco armato, può esercitare il diri o
di legi ma difesa.
La neutralità permanente non è incompa bile con la partecipazione ad operazioni di mantenimento
della pace, come a esta la prassi dell’Austria che ha frequentemente fornito con ngen militari per
le operazioni di peacekeeping promosse dalle NazioniUnite.
La neutralità ha un contenuto erga omnes, nel senso che gli obblighi di non facere assun dal
neutrale sono ogge o di un rapporto tra Stato neutrale e Stato parte del tra ato di
neutralizzazione, ma il dovere viene assunto nei confron di tu gli Sta , quantunque solo gli Sta
par del tra ato di neutralizzazione abbiano il diri o di chiedere al neutrale l’esecuzione del
rapporto di neutralità. Come esempio di neutralità stabilita mediante uno strumento mul laterale si
può citare la Svizzera(1815 Vienna). Come esempio di neutralità permanente stabilità da strumento
bilaterale, si può citare lo Stato della Ci à del Va cano(1929). La neutralità dell’Austria è disposta
nella propria cos tuzione(1955). La neutralità di Malta è stata stabilità mediante una dichiarazione
unilaterale(1981).
Il riconoscimento della neutralità permanente da parte degli Sta membri della comunità
internazionale contribuisce al consolidamento della proclamazione della neutralità. Tale
riconoscimento proviene dai singoli Sta o, come è avvenuto nei casi più recen , da organizzazioni
regionali o universali.
La neutralità permanente in tempo di pace comporta per lo Stato neutrale una serie di obblighi, tra
cui quello di alcuna alleanza militare. La neutralità può essere garan ta a terzi. La garanzia della
neutralità di erisce dai pa di sicurezza colle va, poiché mentre i secondi hanno natura reciproca,
obbligano cioè ciascun contraente ad intervenire a favore dell’altro in caso dia acco armato.

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Lo status internazionale del Giappone


L’art.9 Cost. assogge a il Giappone ad obblighi che si ri e ono sul piano internazionale, poiché
impongono limi severi in materia di sicurezza.
Nel par.1 sono consacra due obblighi:
1) la rinuncia alla guerra,
2) la rinuncia alla minaccia e all’uso dellaforza per risolvere le controversie internazionali.
Nel par.2 invece vengono stabili degli obblighi strumentali rispe o ai doveri prima enuncia :
1) l’obbligo di non mantenere forze di mare, terra ed aria, nonché altro potenziale di guerra;
2) l’obbligo di nonriconoscere il diri o di belligeranza dello Stato.

La guerra di Corea, iniziata nel 1950, fece da propulsore per una re-interpretazione dell’art.9.
L’obbligo di cui al par.2 dell’art.9 èstato inteso nel senso che esso consente il mantenimento di forze
volete esclusivamente ad assicurare la legi ma difesa dello Stato. Quantomeno è riconosciuto il
diri o di legi ma difesa individuale, mentre si discute se il Giappone possa esercitare il diri o di
legi ma difesa colle va, poiché la legi ma difesa è consen ta solo per difendere il Giappone.
L’art.9 Cost. e l’interpretazione che ne è stata data hanno in uenzato la redazione dei pa di
sicurezza di cui il Giappone è parte. A causa dell’art.9, il Giappone può divenire di cilmente parte
di tra a di sicurezza colle va come quello is tu vo della Nato.

Neutralità permanente e Nazioni Unite


La Carta con ene delle disposizioni che, in linea di principio parrebbero in contrasto con la
neutralità permanente: l’art. 41, de nisce come gli Sta siano obbliga ad eseguire le decisioni del
Consiglio di Sicurezza comportan misure coerci ve non implican l’uso della forza armata. L’art.49
invece obbliga a prestare mutua assistenza nell’eseguire le misure deliberate dal Consiglio, così
come l’art.2 par.5 obbliga gli Sta a dare alle Nazioni Unite assistenza in qualsiasi azione che queste
intraprendano.
È stato chiarito durante la Conferenza di San Francisco(1945) che non esiste una incompa bilità tra
neutralità permanente e Nazioni Unite, ma fu anche chiarito che uno Stato non avrebbe potuto
invocare la neutralità permanente per so rarsi agli obblighi derivan dalla Carta. Del resto ques
prevalgono, in base all’art.103, su qualsiasi altro obbligo assunto da uno Stato membro in virtù di
altro accordo internazionale, con la conseguenza che il tra ato su cui si fonda la neutralità
permanente nonpossa essere invocato per so rarsi agli obblighi da ques predispos .
In occasione delle misure prese nei confron della Rodesia nel 1961, l’Austria pur dando
esecuzione alle decisione del Consiglio di sicurezza sul presupposto che la secessione rodesiana
fosse equiparabile ad un con i o interno, a ermò in una nota al Segretario generale delle Nazioni
Unite che non poteva essere automa camente vincolata dalle decisioni del Consiglio di sicurezza.
Tale pretesa non trova nessun fondamento nella Carta e lo status di neutralità permanente non
conferisce alcun diri o all’esenzione al membro neutrale. Solo il Consiglio di sicurezza potrebbe
esentare il neutrale dall’eseguire una sua decisione. Tale potere gli deriva dall’art.48.
La compa bilità tra doveri derivan dal sistema di sicurezza colle va e neutralità permanente è
espressamente sancita. La dichiarazione maltese rela va alla neutralità permanente stabilisce
espressamente che nessuna forza militare straniera può usare le installazioni dell’isola, tranne,
inter alia, che si debbano eseguire misure decise dalle Nazioni Unite o in caso di azioni da esse
intraprese.

Neutralità permanente e Unione Europea


Occorre dis nguere tra le disposizioni del Tra ato della Comunità Europea e il Titolo V del Tra ato

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dell’UE, contenente disposizioni rela ve alla poli ca estera e di sicurezza comune. Per quanto
riguarda il primo gruppo di disposizioni, rilevano essenzialmente gli ar .: 30, 60, 133, 296, 297 e
301.
L’art.30 consente agli Sta membri di prendere misure restri ve all’importazione od esportazione
gius cate da mo vi di “pubblica sicurezza”. Essa è applicata anche all’esportazioni di prodo
provenien da un Paese comunitario e des na ad un Paese terzo da uno Stato membri diverso da
quello di provenienza. L’art. 30 potrebbe essere quindi invocato dal membro neutrale qualora la
merca in partenza dal proprio territorio possa comprome erne la neutralità.
L’art.296 lascia fuori dal campo di azione della Comunità la produzione e il commercio di armi,
munizioni e materiale bellico. In proposito, ogni Stato membro “può ado are le misure che ritenga
necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza”.
Maggiori di coltà sollevano le misure prese dalla Comunità contro uno Stato terzo a tolo di
sanzioni economiche e nanziarie. Si tra a di misure prese in esecuzione di decisioni del Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite oppure ado ate autonomamente dalla Comunità. Esse sono
fondate sull’art. 133 CE o sull’art. 60 e 301 CE. Normalmente la Comunità dispone tramite
regolamento, che è un a o vincolante e dire amente applicabile all’interno degli Sta membri.
L’art. 297 del Tra ato CE consente ad uno Stato membro di prendere delle misure “in caso di
guerra o di grave tensione internazionale che cos tuisca una minaccia di guerra ovvero per far
fronte agli impegni da esso assun ai ni del mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale”. L’art. 297 non ha per ogge o misure prese in deroga alle regole comunitarie, ma si
riferisce all’ipotesi in cui misure non proibite dalle regole comunitarie, prese da uno Stato membro
nelle circostanze considerate, siano potenzialmente a e a produrre un turbamento nel
funzionamento del mercato comune.
L’art. 17, par.1, del Tra ato sull’UE amplia la nozione di poli ca estera e di sicurezza comune,
poiché vi ricomprende “tu e le ques oni rela ve alla sicurezza dell’Unione, ivi compresa la
de nizione progressiva di una poli ca di difesa comune”. Sennonché il 2° comma del par.1 con ene
una clausola che salvaguarda lo status dei neutrali, poiché dispone che non viene pregiudicato “il
cara ere speci co della poli ca di sicurezza e di difesa di taluni Sta membri”. Eguali
considerazioni valgono per le decisioni che hanno implicazioni nel se ore della difesa (art.17,3).
L’Unione può intraprendere missioni di peace-keeping e di peace-enforcement, secondo quanto
dispone l’art.17 par.2.

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Capitolo 4 - Il Territorio
La sovranità territoriale
Il territorio è l’ambito entro cui lo Stato esercita la sua potestà di governo (imperium), ad
esclusione di altri sogge di diri o internazionale (ius excludendi alios). La potestà di governo e il
connesso esercizio esclusivo cos tuiscono manifestazione della sovranità internazionale.
L’acquisto di proprietà immobiliari da parte dello Stato o di suoi ci adini in territorio altrui non
comporta l’acquisto della sovranità territoriale. Spesso gli Sta di nuova indipendenza,
confondendo l’imperium con il dominium, vietano l’acquisto di proprietà immobiliari da parte di
stranieri o lo so opongono a un regime autorizza vo oneroso, per il more (infondato) che
l’acquisto cos tuisca un vulnus della loro sovranità.
L’art.1 della ris. 3314-XXIX sulla de nizione di aggressione, de nisce aggressione l’uso della forza da
parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza poli ca di un altro
Stato. Tra i poteri connessi all’esercizio della sovranità territoriale rientra anche quello di cedere
parte del proprio territorio.
Il potere di governo dello Stato nel proprio territorio incontra i limi derivan dal diri o
internazionale sia consuetudinario che pa zio. Ques limi riguardano, in primo luogo, il
tra amento che deve essere riservato agli Sta stranieri, ai loro organi e ai loro ci adini. Ad es.,
non potranno essere so opos a giurisdizione gli Sta esteri, per le loro a vità iure imperii, e
dovranno essere accorda privilegi e immunità agli agen diploma ci e alla sede della missione
diploma ca. Il potere d’imperio dello Stato incontra dei limi per quanto riguarda il tra amento
dei propri ci adini.

Il dominio riservato
Lo Stato è libero di assogge are alla disciplina che più gli conviene i rappor che si svolgono
all’interno del proprio territorio. Sitra a di una sfera di competenza denominata dominio riservato.
La Corte internazionale di gius zia(CIG d’ora in avan ) ha a ermato che il dominio riservato ha per
ogge o tu e le materie in relazione alle quali il principio di sovranità degli Sta lascia ai sogge di
diri o internazionale libertà di scelta. Tra tali materie, la CIG ha elencato la determinazione del
sistema poli co, economico, sociale e culturale e la formulazione della poli ca estera.
Il dominio riservato ha un’importanza determinante nelle Nazioni Unite e indica quelle materi di
esclusiva competenza statale che sono al riparo dell’ingerenza dell’Organizzazione. Esso è
disciplinato nell’art.2, par.7 della Carta delle NU, secondo cui “nessuna disposizione della presente
Carta autorizza le N.U. ad intervenire in ques oni che appartengono essenzialmente alla
competenza interna di uno Stato, né obbliga i Membri a so oporre tali ques oni ad una procedura
di regolamento in applicazione alla presente Carta”.
La c.d. Teoria giuridica del dominio riservato, che fa capo al parere della Corte permanente di
gius zia internazionale (CPGI) del 1923, secondo cui non fanno parte del dominio riservato le
ques oni che sono disciplinate dal diri o internazionale consuetudinario o pa zio. Una seconda
tesi a erma che non rientrano nel dominio riservato non solo le materie disciplinate dal diri o
internazionale, ma anche quelle materie che sono state ogge o di a enzione, da parte delle
Nazione Unite con l’adozione di cara ere generale.
Le Nazioni Unite possono intervenire in una ques one che ricada nella competenza di uno Stato. La
prima fa specie è cos tuita dal consenso dell’avente diri o. Ad esempio, uno Stato può
consen re che le Nazioni Unite intervengano per controllare una compe zione ele orale. La
seconda è cos tuita dall’ul mo inciso dell’art.2, par.7, della Carta, sopra citato: anche se un
materia è ricompresa nel dominio riservato, le Nazioni Unite possono disporre misure coerci ve,

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qualora la situazione domes ca, ad es. una guerra civile, sia quali cata dal Consiglio di sicurezza
come una minaccia od una violazione della pace ex art.39 della Carta.
Il dominio riservato, ha una rilevanza in ordine alle controversie che possono essere deferita alla
CIG. Sovente gli Sta , per escludere che la controversia rientri nella competenza della Corte,
eccepiscono che il suo ogge o rientra nella loro competenzadomes ca. Come vedremo l’art.36, par.
2, dello Statuto della CIG consente di acce are unilateralmente la competenza della Cote per tu e
le controversie che abbiano per ogge o le ques oni giuridiche ivi menzionate.

Modi di acquisto della sovranità territoriale


I modi di acquisto della sovranità territoriale sono previs da norme di diri o internazionale
consuetudinario di an ca data e risentono prevalentemente della tradizione romanis ca. Il
principio del divieto dell’uso della forza e la scomparsa di determinate categorie di territori hanno
comportato l’es nzione di taluni modi di acquisto o ne hanno fa o venir meno l’importanza.
I modi di acquisto della sovranità territoriale possono essere dis n in originari e deriva .
Appartengono alla prima categoria l’acquisto di un territorio nullius e la conquista. Per i
perfezionamento del tolo su un territorio nullius occorre l’occupa o, accompagnata dall’animus
possidendi, consistente in un’esplicita dichiarazione di annessione o nella volontà implicita in
comportamen concluden , come ad esempio manifestazioni di governo. La conquista deve essere
tenuta dis nta dalla debella o, che cos tuisce la completa distruzione dell’apparato militare
dell’avversario. Oggi la conquista non è più un modo di acquisto della sovranità territoriale, poiché
in contrasto con la norma sul divieto di aggressione.
Quando si parla di acquisto della sovranità territoriale a tolo originario si fa riferimento a Sta
preesisten della comunità internazionale. Naturalmente, la cos tuzione di un nuovo Stato nella
comunità internazionale comporta automa camente l’acquisto della sovranità sul territorio su cui
lo Stato sorge.
La cessione appar ene invece alla categoria dei modi di acquisto a tolo derivato. Essa può
avvenire per i più svaria mo vi, come ad es. la vendita di un territorio. L’occupazione di un
territorio non può produrre il trasferimento allo Stato occupante, a fronte della protesta del
sovrano, anche se l’occupante si comporta animo domini. Altrimen si dovrebbe riconoscere
e e o norma vo al principio di e e vità.

Amministrazione del territorio separata dal diri o di sovranità territoriale


Un territorio può essere amministrato da uno Stato che non gode, sul territorio stesso, del diri o di
sovranità territoriale. Il territorio so o amministrazione altrui può non essere ancora so oposto
alla sovranità di alcuno Stato oppure appartenere ad uno Stato che resta tolare del nudum ius.
Appartengono alla prima categoria i manda cos tui al tempo della Società delle Nazioni, in
par colare i manda di po B e C, e i territori so opos ad amministrazione duciaria nel quadro
dei Capitoli XII e XIII della Carta delle Nazioni Unite. I manda erano dis n in tre categorie: A, B e C.
I manda di po A erano da assimilare ai prote ora . I manda B e C furono trasforma in
amministrazioni duciarie con l’avvento delle Nazioni Unite.
Nei territori so opos ad amministrazione duciaria la potenza amministratrice amministrava il
territorio nell’interesse della popolazione locale, allo scopo di avviare il territorio all’autonomia o
all’indipendenza. L’amministrazione duciaria comportava la s pulazione di un accordo tra le
Nazioni Unite e il trustee, che era so oposto al controllo dell’Assemblea Generale tramite il
Consiglio di amministrazione duciaria. Esistono casi di territori amministra da parte di
organizzazioni internazionali.

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La Fron era
La fron era, o con ne dello Stato è la linea che delimita la sovranità statale. Essa viene stabilita
mediante due procedimen : la delimitazione, in virtù della quale si precisano i limi dell’ambito
spaziale entro cui lo Stato esercita la sovranità territoriale, e la demarcazione che consiste nella
trasposizione dei da geogra ci sul territorio.
La delimitazione è un a o bilaterale tra i due Sta con nan che si concre zza nella s pulazione di
un tra ato internazionale. La delimitazione può peraltro aver luogo ad opera di un tribunale
internazionale in caso di controversia tra i due Sta con nan . Ma può avvenire anche in seguito
ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
È ormai certo che esista una norma consuetudinaria denominata u posside s. Si tra a di una
consuetudine nata a livello regionale in America La na, secondo cui i con ni degli Sta la no
americani era da presuersi eguali a quelli delle vecchie circoscrizioni coloniali spagnole. La CIG nella
controversia Burkina Faso-Mali(1986) ha riconosciuto come appartenente al diri o
consuetudinario il principio dell’u posside s. L’u posside s è venuto a ermandosi come un
principio connesso alla formazione degli Sta di nuova indipendenza per secessione o
smembramento di uno Stato federale e trascende ormai l’ambito della decolonizzazione.
Per quanto riguarda i umi di con ne, viene talvolta fa o riferimento alla regola del thalweg, cioè
alla linea mediana del canale navigabile, altrimen , se il ume non è navigabile si fa riferimento alla
linea mediana.
Qualora due Sta siano separa da una catena di montagne, si può ado are il criterio dello
spar acque oppure quello di una linea che unisce le ve e più alte.
La delimitazione può anche riguardare la fron era mari ma, nel caso di Sta cos eri adiacen o
fron s . In linea di principio, l’estensione delle aree marine risulta da una a o unilaterale dello
Stato cos ero, ma deve essere conforme al diri o internazionale, come ha precisato la Corte
internazionale di gius zia nel caso delle “Peschiere norvegesi”(1951). Pertanto uno Stato potrà
ssare il mare territoriale a 12 miglia dalla linea di base oppure un limite inferiore, se così ri ene
opportuno.
Per quanto riguarda il mare territoriale, il criterio da seguire è quello della linea mediana. A norma
dell’art.15 della Convenzione delle N.U. sul diri o del mare, nessuno degli Sta che si fronteggiano
può, salvo contrario accordo, estendere il proprio mare territoriale al di là della linea mediana, cioè
dalla linea i cui pun siano equidistan dai pun più vicini della linea di base.
Per quanto riguarda la pia aforma con nentale, è stato abbandonato il criterio della linea mediana
di cui all’art.6 della Convenzione di Ginevra del 1958 sulla pia aforma con nentale che è stato
riconosciuto non dichiara vo della consuetudine internazionale della CIG nella sentenza sulla
pia aforma con nentale del Mare del Nord, in virtù della quale la delimitazione deve e e uarsi
mediante accordo conformemente al diri o internazionale, quale esso è determinato dall’art.38
dello Statutodella CIG.
La ZEE(Zona Economica Esclusiva) di Sta adiacen e fron s viene delimitata con gli stessi criteri
della pia aforma con nentale.
I rappor occasiona dalla con guità territoriale vengono tradizionalmente ricompresi nella
categoria dei rappor di vicinato. Tali rappor sono di regola disciplina mediante accordi
internazionali. Per facilitare la cooperazione, gli Sta membri del Consiglio d’Europa hanno
concluso il 23/5/1980, la Convenzione quadro sulla cooperazione transfrontaliera delle colle vità
o autorità territoriali.

Fron era e successione tra Sta


Qualora la fron era sia stata delimitata mediante tra ato, non viene in considerazione una vera e

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propria successione nei tra a , poiché il tra ato di delimitazione, una volta eseguito, ha esaurito i
suoi e e e lo Stato successore subentra nel diri o di sovranità territoriale dello Stato
predecessore.
È da ricordare che non sarebbe invocabile la clausola rebus sic stan bus per pretendere l’es nzione
del tra ato, poiché l’art.62 della Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a a erma che la
clausola non opera nei confron dei tra a che stabiliscono una fron era.
Il principio dell’u posside s, porta a concludere che, nel caso di uno Stato di nuova indipendenza,
i con ni del nuovo Stato sono quelli della regione o provincia su cui esso si è cos tuito.

Le servitù internazionali
La prassi a esta che mediante tra ato gli Sta possono imprimere vincoli ad una parte del loro
territorio, che non sono meramente obbligatori, ma hanno il cara ere della realità. Come esempio
di servitù, può essere citato l’art.7 del Tra ato del Laterano, secondo cui lo Stato italiano non può
erigere costruzioni che cos tuiscano introspe o intorno al territorio dello Stato della Ci à del
Va cano.
Anche il diri o di passaggio cos tuisce un classico esempio di servitù e fu a rontato dalla CIG nel
caso del diri o di passaggio in territorio indiano(1960). Il Portogallo rivendicava un diri o di
passaggio tra i suoi possedimen sulla costa indiana e quelli enclaves, cioè interamente circonda
dal territorio dell’India.
Un diri o di accesso al mare viene in considerazione per gli Sta privi di litorale (land-locked
States), dal momento che una consuetudine internazionale accorda a tu gli Sta , cos eri e non, il
diri o alla libertà di navigazione. Ma non esiste una consuetudine internazionale secondo cui lo
Stato che circonda il territorio dello Stavo enclavé sia obbligato a concedere un diri o di transito.
La neutralizzazione ha per ogge o una parte del territorio statale. Nel territorio sogge o a
neutralizzazione non debbono essere compiute, in caso di guerra, operazioni militari né dal
sovrano territoriale né da terzi Sta . La neutralizzazione si dis ngue dalla smilitarizzazione, in
quanto, quest’ul ma consiste nell’obbligo di non costruire for cazioni militari o mantenere forze
militari nella zona.
Anche le vie d’acqua ar ciali e gli stre internazionali sono talvolta neutralizza allo scopo di
escluderli dal teatro delle os lità, in caso di con i o armato. Secondo l’art.4 della Convenzione di
Costan nopoli del 29/10/1888, nel Canale di Suez non può essere esercitato nessun a o di os lità,
anche in caso di belligeranza dell’Egi o.

Il principio del patrimonio comune dell’umanità


Taluni territori sono assogge a al principio del patrimonio comune dell’umanità. Il loro
sfru amento deve avvenire non solo nell’interesse del sogge o che vi procede, ma anche
nell’interesse dell’intera comunità internazionale. Le aree assogge ate al principio del patrimonio
comune dell’umanità si di erenziano dalla res nullius, poiché non possono essere ogge o di
appropriazione. Anche le aree sogge e al principio di libertà (es. alto mare) sono inappropriabili.
Sono assogge a al principio del patrimonio comune dell’umanità i fondi marini giacen oltre la
pia aforma con nentale(art.136 Convenzione N.U. sul diri o del mare), lo spazio extra
atmosferico e i corpi celes . Per quan riguarda lo spazio extra-atmosferico e i corpi celes , al di là
dell’a ermazione di principio, allo stato a uale il regime di vigore non è molto dissimile da quello
che si applica negli spazi sogge al principio di libertà.
I fondi marini sono so opos alla giurisdizione dell’Autorità internazionale dei fondi marini,
un’organizzazione internazionale, i cui organi principali sono l’Assemblea, il Consiglio, il Segretariato
e l’Impresa. Lo sfru amento sarebbe dovuto avvenire in base al c.d. regime parallelo e avere come

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protagonis sia gli Sta sia l’Autorità stessa. A causa dell’opposizione degli Sta industrializza , e in
par colare degli Sta Uni , il regime delineato dalla Convenzione è stato modi cato prima della
sua entrata in vigore. A tale scopo nel 1994 è stato concluso un accordo integra vo che prevede:
1) l’Impresa sarà cos tuita solo quando sarà prevedibile che inizi lo sfru amento dei fondi
marini;
2) l’Impresa dovrà operare in joint-venture con le imprese;
3) viene abolito il trasferimento obbligatorio delle tecnologie ed è
4) venuto meno l’obbligo per gli Sta di so oporre un proge o con due si minerari in modo
che uno di essi potesse essere sfru ato dall’Impresa.

Antar de
Lo strumento di base in materia di disciplina dei territori antar ci e delle aree mari me adiacen è
il Tra ato di Washington dell’1/11/1959. Esso stabilisce espressamente che l’Antar de deve essere
usata “esclusivamente per scopi paci ci”.
L’art.I del Tra ato prevede il divieto di svolgere qualsiasi a vità militare, come ad es. lo
stabilimento di basi militari, la costruzione di for cazioni o la conduzione di manovre ed
esperimen militari. L’art. V del Tra ato vieta inoltre qualsiasi esplosione nucleare o il deposito di
materiale radioa vo.
L’art.II stabilisce il principio della libertà per tu gli Sta di accedere alla ricerca scien ca in
Antar de.
L’art.IV congela qualsiasi pretesa di sovranità al di sopra del territorio ar co, disponendo che
nessuna norma del Tra ato dovrà essere interpretata come un rinuncia alle rivendicazioni di
sovranità.
In virtù del Tra ato, la ges one del con nente è a data al Comitato delle Par Consul ve, di cui
sono membri i dodici Sta che hanno negoziato il Tra ato e quelli che hanno conseguito lo statu di
Parte Consul va successivamente. Per acquisire tale status occorre avere svolto una sostanziale
a vità di ricerca scien ca nel con nente. Gli Sta par del Tra ato di Washington, si dividono
in Par Consul ve e Par non Consul ve. Le Par si riuniscono ad intervalli regolari e ado ano
raccomandazioni da indirizzare ai propri governi.
Il 2/6/1988 è stato ado ato a Wellington (NZ) un tra ato per la disciplina delle a vità minerarie
antar che.

Ar co
Il Polo Nord non è composto da terre emerse, ma solo da acque, ricoperte da ghiacci, che si stanno
riducendo a causa del riscaldamento globale. Le acque dell’Ar co sono assogge ate al regime del
mare territoriale, mentre le zone di mare al di là del limite esterno del mare territoriale, sono
assogge ate al principio di libertà dell’alto mare.
Naturalmente la pia aforma con nentale ar ca è sogge a ai diri di sfru amento esclusivo degli
Sta cos eri e sulle acque sovrastan la pia aforma lo Stato cos ero ha diri o di is tuire una ZEE.

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Capitolo 5 - La successione internazionale tra Stati


Successione di fa o e successione giuridica
L’asse o territoriale di una comunità statale può subire mutamen che incidono sulla personalità
internazionale dello Stato, e danno luogo alla nascita di nuovi sogge diri o internazionale o
all’accrescimento territoriale di altri Sta , talvolta accompagna dall’es nzione dello Stato pre-
esistente.
Possono avere luogo i seguen fenomeni: nascita di uno o più Sta su una parte del territorio
appartenente allo Stato predecessore con conseguente es nzione di quest’ul mo
(smembramento); incorporazione di uno Stato da parte di un altro (incorporazione); trasferimento
di una parte del territorio dallo Stato predecessore allo Stato successore (cessione); fusione di due
o più Sta nell’ambito di un nuovo Stato con conseguente es nzioni degli Sta predecessori
(fusione).
Non es ngue la personalità internazionale dello Stato un mutamento rivoluzionario di regime, con
la conseguenza che il nuovo governo sorto dalla rivoluzione, con la conseguenza che il nuovo
governo sorto dalla rivoluzione dovrà adempiere gli obblighi facen capo al vecchio regime e sarà
tolare dei rela vi diri .
Neppure da luogo ad un fenomeno successorio l’anarchia, poiché, come si è de o, non es ngue lo
Stato nel senso del diri o internazionale. Parimen è da escludere la successione per lo Stato
prote o, dopo l’es nzione del vincolo di prote orato. In tal caso la ques one riguarda solo
l’es nzione, per e e o della clausola rebus sic stan bus, dei tra a s pula dallo Stato prote o.
Quan ai c.d. Sta risor , essi dovrebbero essere esamina nel quadro della secessione. Ad es. le
tre Repubbliche bal che dovrebbero essere considerate come nuovi Sta na per secessione
dall’Unione Sovie ca.

Successione nei tra a


Qualora un territorio sia ogge o di mutamento di sovranità, si pone il problema di sapere se lo
Stato successore subentri nei tra a internazionali s pula dallo Stato predecessore. La materia è
disciplinata dalla Convenzione di Vienna sulla successione tra Sta nei tra a del 1978.
Lo Stato successore, qualora si tra di un nuovo sogge o di diri o internazionale, subentra in fa o
nel governo del territorio dello Stato predecessore e ne acquista la sovranità a tolo originario.
Secondo una parte della do rina, il tra ato di con ne, una volta eseguito si es ngue.
L’art.11 della Convenzione si occupa dei regimi di fron era e stabilisce che la successione tra Sta :
1) non tocca la fron era stabilita mediante tra ato tra predecessore e terzo Stato; 2) non altera il
regime di fron era. In altri termini lo Stato successore acquista la sovranità territoriale sul territorio
dello Stato predecessore e nello stesso tempo subentra nei diri e negli obblighi pa zi stabili per
la disciplina dei rappor transfrontalieri.
L’art.12 della Convenzione con ene tre paragra che disciplinano:
1) Le situazioni giuridiche rela ve al territorio si trasme ono allo Stato successore;
2) Le situazioni giuridiche rela ve al territorio di cui siano tolari un gruppo di Sta o
tu gli Sta della comunitàinternazionale si trasme ono al successore;
3) Le basi militari invece non si trasme ono al successore.
Quanto ai tra a mul laterali, la prassi ha dato luogo alla nascita di una consuetudine
internazionale, secondo cui il nuovo Stato, pur non subentrando automa camente nel tra ato che
trovava applicazione sul territorio ogge o del mutamento di sovranità, ha diri o di divenire parte
mediante una dichiarazione di con nuità o no cazione di successione.
I tra a in materia di disarmo, controllo degli armamen e , in generale, interessan la difesa non

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sono so opos ad un regime par colare, quindi non si trasme ono al successore ad eccezione di
quelli di natura localizzata. È comunque interesse della comunità internazionale e/o degli Sta par
che il regime is tuito dal tra ato sia esteso ai successori. Mediante l’accordo di devoluzione, lo
Stato predecessore trasferisce al successore tu i diri ed obblighi derivan da tra a applica sul
territorio su cui si cos tuisce il nuovo Stato. L’accordo non produce una successione automa ca nei
rappor giuridici del predecessore, poiché tale accordo è per il terzo res inter alios acta. L’accordo
di devoluzione produce obblighi e diri solo nei rappor tra Stato predecessore e Stato
successore.

Successione nei beni, debi e archivi dello Stato predecessore


La successione tra Sta in questa materia è disciplinata dalla Convenzione di Vienna del 1983 sulla
successione tra Sta in materia di beni, archivi e debi dello Stato.
- Beni immobili situa nel territorio ogge o del mutamento di sovranità: trasferi allo Stato
successore (incorporazione, secessione e cessione).
- Beni appartenen allo Stato predecessore e situa in un terzo Stato: proprietà dello Stato
successore, in caso di es nzione del predecessore per incorporazione, fusione, smembramento;
di proprietà del predecessore in caso di cessione/secessione.
- Beni appartenen a Sta terzi situa nel territorio ogge o di successione: incerta.
- Debito pubblico:
- Localizzabili —> trasferi ;
- Odiosi/non localizzabili —> non trasferi
- Debi generali —> con nuano a far capo al predecessore se ques non cessi di esistere; se
vi è es nzione (smembramento, incorporazione) —> di cile da stabilire.
- Archivi di stato: principio della territorialità, salvo diversa volontà delle par .
- Cessione, Stato di nuova indipendenza, smembramento —> successore.

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Capitolo 7 - Tutela indipendenza statale


nell’ordinamento degli Stati esteri
Esenzione degli Sta esteri dalla giurisdizione civile
Una norma di diri o internazionale consuetudinario prescrive che uno Stato non possa essere
so oposto a giurisdizione di fronte ai tribunali di uno Stato estero. Tale norma è posta a protezione
del principio dell’eguaglianza degli Sta e tutela la loro indipendenza, traducendo in diri o posi vo
il principio “par in parem non habet imperium”. Uno Stato estero, dunque, non può essere
convenuto in giudizio dinanzia un tribunale dello Stato del foro, tranne che lo Stato estero non lo
acce volontariamente.
La do rina dell’esenzione degli Sta esteri era agli inizi una do rina assoluta, che non comportava
eccezioni: lo Stato non poteva essere so oposto a giurisdizione per alcun po di rapporto di cui
fosse tolare. Si deve sopra u o alla giurisprudenza italiana e belga la formulazione della teoria
dell’immunità ristre a. La corre a a ermazione della regola è quella secondo cui lo Stato è esente
da giurisdizione, di fronte ai tribunali di un altro Stato, quando compie a vità che sono
manifestazione delle sue funzioni sovrane; lo Stato è invece so oponibile a giurisdizione quando
pone in essere a di natura priva s ca.
La teoria dell’immunità ristre a è seguita anche dalle cor di common law ed è stata codi cata in
a legisla vi ad hoc, tra cui:“Foreign Sovereign Immunity Act” del 1976.
La dis nzione tra a vità iure imperii e a vità iure ges oni è in taluni casi abbastanza semplice; in
altri invece di dubbia determinazione. Ad es. la Corte di Cassazione ha a ermato che l’a vità di
addestramento di aere da guerra, essendo volta alla difesa della sovranità, realizza un’a vità iure
imperii, mentre è da considerarsi iure ges onis l’acquisto di macchinari o di derrate alimentari.
La Convenzione di Basilea segue il criterio della lista. Il principio generale (art.15) è quello secondo
cui uno Stato non può essere so oposto a giurisdizione. Viene elencata una serie di fa specie
(ar .1-14) in cui l’immunità dalla giurisdizione può essere invocata: tra queste la Convenzione
include i casi in cui lo Stato estero sia parte a rice nel processo e il convenuto proponga domande
riconvenzionali.
L’art.5 della Convenzione di Basilea esclude che possa essere invocata l’immunità dalla
giurisdizione, qualora la controversia sia rela va ad un contra o di lavoro concluso tra lo Stato
estero ed una persona sica, ci adina dello Stato del foro o quivi abitualmente residente, ed
avente per ogge o una prestazione da eseguire a livello locale.
La giurisprudenza italiana dà rilevanza alla natura delle mansioni svolte e all’ogge o delle richieste
giudiziali avanzate. L’immunità è solitamente esclusa allorché il lavoratore svolga mansioni di
cara ere meramente materiale ovvero qualora, avanzi in giudizio pretese di natura esclusivamente
patrimoniale, purché il loro accertamento non richieda apprezzamen da parte dello Stato estero.
Lo Stato cui l’azione o omissione generatrici del danno siano imputabili, non può invocare
l’immunità della giurisdizione se l’azione o l’omissione abbiano avuto luogo nel territorio dello
Stato del foro e se l’autore dell’a o o omissione era presente nello Stato del foro.
L’immunità dalla giurisdizione non può essere invocata, negli Sta Uni , per azioni risarcitorie
conseguen ad a di terrorismosponsorizza da Sta . L’eccezione si applica solo nei confron degli
Sta inclusi in un’apposita lista preparata dal Dipar mentodi Stato.
Alla dis nzione tra a iure imperii e iure ges onis corrisponde l’analoga dis nzione tra beni adibi
allo svolgimento di a vità sovrane dello Stato(es. immobile adibito a sede dell’ambasciata) e beni
che rientrano invece nella sfera delle a vità private dello Stato (es. immobili acquista per
inves mento).

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La nostra Corte di Cassazione ha a ermato che l’individuazione della des nazione di parte del
deposito a ni commerciali piu osto che pubblicis ci è funzione che spe a allo Stato tolare del
deposito e non può essere e e uata dal giudice, pena un’ingerenza illecita nelle preroga ve dello
Stato estero.
L’art.23 della Convenzione di Basilea esclude che possano essere assogge a a misure esecu ve i
beni appartenen a Sta esteri. La Convenzione Onu dis ngue, invece, tra misure cautelari
ado ate prima della sentenze e le misure esecu ve da esperire dopo l’adozione della sentenza
stessa. Le prime non sono ammesse, tranne che lo Stato estero vi abbia consen to o abbia
des nato a tale scopo una speci ca categoria di beni (art.18). Anche per la seconda vale il principio
dell’inammissibilità. L’art. 21 con ene una lista di beni immuni, tra cui i con bancari u lizza o
des na all’esercizio della sede diploma ca o consolare. Per le misure esecu ve vale lo stesso
principio esposto in relazione all’a vità di cognizione dei tribunali del foro, con l’avvertenza che
l’immunità dall’esecuzione è tradizionalmente più ampia dell’immunità dello Stato estero nel
giudizio di cognizione.
È da so olineare che tolari dell’immunità dalla giurisdizione sono anche gli Sta membri di Sta
federali.

Immunità organi stranieri


Le a vità poste in essere dall’individuo-organo, nell’esercizio delle sue funzioni non sono a vità
proprie dell’individuo, ma dello Stato di cui esso è organo e per cui agisce. L’a vità è quindi
imputata allo Stato.
Secondo una norma di diri o internazionale generale ogni Stato ha diri o di pretendere che la
condo a tenuta dai suoi organi sia considerata come a vità dello Stato e non come a vità
individuale posta in essere da sogge priva . Si parla in proposito di immunità “organica” o
“funzionale”.
A parte la commissione di crimini internazionali, l’individuo-organo che compie l’a o per conto
dello Stato è tutelato dalla norma sull’immunità organica o funzionale. Poiché l’a o è imputato allo
Stato, l’individuo non ne risponde. Alla immunità organica, si accompagna talvolta anche
un’immunità di natura personale.
I Capi di Stato oltre a godere dell’immunità come qualsiasi altro organo dello Stato, bene ciano
delle stesse immunità personali degli agen diploma ci, quando si trovano all’estero. L’art.21 della
Convenzione di New York sulle missioni speciali dell’8-12- 1969 presuppone l’esistenza di immunità
di cui godrebbero i Capi di Stato.
Per i Capi di governo dovrebbero valere le regole esposte a proposito dei Capi di Stato. Anche in
questo caso, l’art.21, par.2, della Convenzione di New York sulle missioni speciali fa riferimento a
immunità previste dal diri o internazionale.
Per quanto riguarda il Ministro degli Esteri, la CIG ha stabilito che esso gode dell’immunità
completa dalla giurisdizione penale, tanto per gli a compiu a tolo privato, quanto per quelli
u ciali, purché si tra di ministro in carica.
Qualora l’individuo-organo ponga in essere a vità clandes ne in territorio altrui, l’immunità
organica viene di regola disconosciuta, tranne che si tra di agen diploma ci.
Lo status dei corpi di truppa all’estero, che vi si trovino con il consenso dello Stato territoriale, è in
genere disciplinato dal diri o convenzionale, mediante accordi ad hoc.
Nei rappor tra più con ngen in territorio estero, ciascuno è assogge ato alla legge della propria
bandiera. Ma tale principio può essere assunto a criterio di giurisdizione solo quando si tra di
disciplinare fa e rappor che restano all’interno del con ngente e non può assicurare un riparto
di giurisdizione quando si tra di rappor che interessano più con ngen .

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Agen diploma ci
La potestà d’imperio dello Stato all’interno del proprio territorio incontra altresì limitazioni a
seguito dell’instaurazione di relazioni diploma che con altri Sta . Il diri o internazionale stabilisce
alcuni privilegi e immunità a favore degli agen diploma ci.
a) Inviolabilità dei locali della missione diploma ca
I locali nei quali ha sede la missione diploma ca sono inviolabili (art.22 Convenzione Vienna). Gli
organi dello Stato territoriale non vi possono penetrare se non con il consenso del capo della
missione. L’inviolabilità si estende anche ai mezzi di trasporto e alla corrispondenza u ciale della
missione. Il principio di diri o internazionale ora esposto si esprime sinte camente con la
locuzione di “extraterritorialità della missione diploma ca”.
b) Inviolabilità personale dell’agente diploma co
La persona dell’agente diploma co è inviolabile. Lo Stato territoriale deve astenersi dall’esercitare
misure coerci ve nei confron dell’agente diploma co straniero: ques non può essere so oposto
ad alcuna forma di arresto o detenzione. Grava altresì sullo Stato territoriale il dovere di ado are
tu e le misure appropriate per prevenire ogni a entato o o esa alla persona, libertà o dignità
dell’agente diploma co.
c) Immunità dell’agente diploma co dalla giurisdizione locale
Agli agen diploma ci è riconosciuta, oltre all’immunità organica, una immunità dalla giurisdizione
dei tribunali dello Stato presso cui sono accredita in relazione agli a da essi compiu come
persone private. L’immunità per gli a priva vale soltanto nché durano le funzioni
diploma che della persona in ques one. È invece di cara ere sostanziale l’immunità organica
per gli a compiu dall’agente diploma co nell’esercizio delle sue funzioni. In materia penale,
l’immunità dell’agentediploma co è piena, non incontrando eccezioni.
d) Immunità scale

Consoli
Il console svolge funzioni piche dell’amministrazione dello Stato d’invio all’interno dello Stato
territoriale. Tali funzioni sono elencate nell’art.5 della Convenzione di Vienna del 24-4-1963, sulle
relazioni consolari, entrata in vigore il 19-3-1967. La Convenzione è in larga misura codi ca va del
diri o consuetudinario. Tra le funzioni indicate nell’art.5, emergono quelle rela ve al rilascio dei
passapor e documen di viaggio ai ci adini dello Stato d’invio, alla salvaguardia dei loro interessi
nelle successioni mor s causa aperte nello Stato di residenza.
I consoli agiscono in qualità di notai e di u ciali di Stato civile e sono altresì competen a risolvere
le controversie mari me in materia di rappor tra capitano ed equipaggio delle navi ba en
bandiera dello Stato d’invio.
I locali consolari, nella parte u lizzata esclusivamente per il lavoro consolare, sono inviolabili, come
lo sono anche gli archivi e i documen consolari. Ai consoli non spe ano le immunità che il diri o
accorda agli agen diploma ci.
La privazione della libertà può essere a uata solo a seguito di una sentenza de ni va. In materia di
immunità dalla giurisdizione, i consoli godono solo dell’immunità organica, cioè non possono essere
so opos a giurisdizione per a compiu nell’esercizio delle loro funzioni.

Organizzazioni Internazionali
Di regola, si provvede mediante la s pulazione di strumen ad hoc per le singole organizzazioni o
per una categoria di organizzazioni.
In par colare, vengono s pula degli accordi con lo Stato dove l’organizzazione si trova (c.d.
accordo di sede), nei quali vengono disciplinate anche le immunità giurisdizionali. L’art.105, della

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Carta delle N.U. dispone che l’Organizzazione “gode, nel territorio di ciascuno dei suoi membri, dei
privilegi e delle immunità necessari per il conseguimento dei suoi ni”.
L’immunità delle Organizzazioni internazionali, trova fondamento nell’estensione analogica della
norma consuetudinaria sull’immunità della giurisdizione degli Sta .
L’immunità dovrebbe essere convenzionalmente stabilita e sarebbe valida solo nei confron degli
Sta par del tra atois tu vo o dell’accordo di sede. Oppure si a erma che l’immunità può essere
concessa da una legge ad hoc dell’ordinamento statale, a prescindere dall’ordinamento
internazionale.
La CIG si è espressa a favore della personalità delle organizzazioni internazionali in un paio di pareri
consul vi.
Più incerto è il contenuto, a supporre che questa sia a ribuita da una norma di diri o
internazionale, non può essere applicato automa camente il principio par in parem non habet
iurisdic onem, per il semplice mo vo che non esiste parità tra Sta ed organizzazioni
internazionali.
Nella sent.n. 149/1999, la Corte di Cassazione ha seguito la teoria intermedia cui si è fa o cenno
precedentemente. Dopo aver a ermato che la sogge vità internazionale degli Sta è
incomparabile con quella delle organizzazioni internazionali, ha statuito che bisogna determinare
caso per caso se queste ul me godano dell’immunità dalla giurisdizione.
Qualora si debba accertare se l’organizzazione goda di immunità, occorre in primo luogo esaminare
l’accordo di sede o altro strumento equivalente, che, in quanto diri o convenzionale, deroga la
consuetudine internazionale. In mancanza di un accordo di sede , o per colmare eventuali lacune, è
da ritenere che non si possa andare oltre all’applicazione analogica della norma consuetudinaria
rela va all’immunità degli Sta esteri dalla giurisdizione.
In materia di rappor di lavoro, una disciplina convenzionale che so raesse la cognizione della lite
ai nostri tribunali sarebbe in contrasto con l’art.24 Cost. e la tutela giurisdizionale dei diri ivi
sanci .
Generalmente gli Sta membri delle organizzazioni internazionali dispongono presso
l’organizzazione di una rappresentanza permanente dire a da un capo-missione e di cui fanno
parte altri funzionari di rango diploma co. I privilegi e immunità di tali persone sono disciplina
nell’accordo di sede s pulato tra organizzazione e Stato ospite.

Funzionari delle organizzazioni internazionali


I funzionari internazionali godono della sola immunità organica, limitatamente agli a compiu
nell’esercizio delle loro funzioni, ed è una conseguenza dell’immunità dell’ente per cui operano. I
funzionari internazionali non godono di immunità e privilegi di natura personale. Generalmente
ques vengono accorda ai funzionari di rango più elevato nelle convenzioni generali sopra
ricordate o negli accordi di sede.

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*Per norma imperativa di Diritto internazionale si intende una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla
Comunità Internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che
non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere.

Capitolo 8 - Le Fonti del diritto internazionale


Art.38 Statuto CIG
Ai sensi dell’art.38, par.1 dello Statuto della CIG, la Corte, la cui funzione è di decidere in base al
diri o internazionale le controversie che le sono state so oposte, deve applicare:
1) le convenzioni internazionali;
2) la consuetudine internazionale;
3) i principi generali di diri o riconosciu dalle nazioni civili.
L’art.38 deve essere oggi le o insieme all’art.53 della Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a ,
il quale ha riconosciuto l’esistenza di norme impera ve del diri o internazionale generale (ius
cogens).
Le norme di diri o cogente, non sarebbero prodo e da un’autonoma fonte del diri o
internazionale, ma la cogenza sarebbe una qualità di alcune norme prodo e dalla consuetudine e
dipenderebbe dall’a eggiarsi dell’elemento sogge vo nella formazione della consuetudine
internazionale. Le norme cogen produrrebbero e e che trascendono il diri o dei tra a ,
investendo altri se ori del diri o internazionale.

La consuetudine
L’art.38 dello Statuto della CIG de nisce la consuetudine come” una pra ca generale acce ata
quale diri o”. La consuetudinesi compone di due elemen cos tu vi:
1) la diuturnitas, cioè la ripe zione costante di un comportamento da parte della generalità
degli Sta ;
2) l’opinio iuris ac necessita s, vale a dire la convinzione generale che tale comportamento
sia conforme a diri o.
Perché si possa ravvisare l’elemento materiale della consuetudine, è necessario che un
determinato comportamento sia ripetuto nel tempo, in modo uniforme, dalla generalità degli Sta .
La prassi deve essere virtualmente uniforme e seguita dalla generalità degli Sta . Quando si parla
di generalità, non si richiede ovviamente che un comportamento sia tenuto da ognuno dei membri
della comunità, ma dalla più gran parte di essi. Il comportamento deve essere imputabile ad uno
Stato. A tal ne, vengono in considerazione, non solo il comportamento degli organi di relazione
internazionale, ma anche i tribunali interni. La prassi nega va, di per sé , non prova l’esistenza di un
obbligo di non facere. È necessario che essa sia sorre a dall’opinio iuris.
La formazione di una norma consuetudinaria dipende, oltre che dall’elemento materiale, dalla
convinzione che la pra ca generale sia conforme a diri o. La necessità di tale elemento psicologico
è stata ben illustrata dalla CIG nella già citata sentenza sulla “Pia aforma con nentale del Mare del
Nord” (1969).
L’elemento psicologico può anche consistere nella convinzione di esercitare un diri o. Ad esempio
mol Sta a ermano l’esistenza di un diri o di passaggio ino ensivo per le navi da guerra nel mare
territoriale, contestato invece dagli Sta del terzomondo.
Le risoluzioni dell’Assemblea Generale delle N.U. possono fornire elemen importan per provare
l’opinio iuris. Ma bisogna tener conto del contenuto della risoluzione e delle condizioni della sua
adozione. Ad esempio, l’opinio iuris circa l’esistenza della norma non è a ribuibile a quegli Sta che
abbiano votato contro o che comunque abbiano a ermato che la risoluzione non è dichiara va del
diri o internazionale consuetudinario.
L’idoneità della consuetudine a produrre norme generali non esclude che vi possano essere norme
consuetudinarie vincolan soltanto una ristre a cerchia di sogge . Si tra a di consuetudini
regionali o locali, ovvero di norme che vincolano soltanto gli Sta appartenen ad una determinata

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area geogra ca o geopoli ca. Una seconda ipotesi di consuetudine par colare sarebbe data da
quelle consuetudini che si formano in deroga a regole pa zie.

Norme impera ve del diri o internazionale


Le norme impera ve del diri o internazionale hanno un rango superiore alle norme poste
mediante accordo e alle semplici norme consuetudinarie. Tali norme hanno trovato un
riconoscimento nell’art.53 della Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a . Ai sensi di tale
disposizione, cos tuiscono norme di ius cogens quelle regole di diri o internazionale le quali sono
riconosciute ed acce ate dalla comunità internazionale nel suo insieme come inderogabili.
I criteri iden ca vi dello ius cogens sono:
1) La generalità per essere qualificata come imperativa, una regola deve appartenere alla
categoria delle norme del diri o internazionale generale;
2) L’acce azione e il riconoscimento da parte della comunità internazionale;
Le norme impera ve sono norme di diri o internazionale generale, sorre e da una par colare
opinio iuris. Gli Sta sono infa convin non solo dell’universale applicabilità della norma, ma
anche della sua inderogabilità. In questo senso le norme impera ve sono innanzitu o norme
consuetudinarie, sostenute da un’opinio iuris par colarmente quali cata.
La nozione di ius cogens non ah rilievo soltanto rispe o al diri o dei tra a , ma si applica anche
alle fon previste da accordo.Una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite contraria
allo ius cogens sarebbe invalida.

Accordo
L’accordo è fonte del diri o internazionale. Infa l’art.38, par.1, a) dello Statuto della CIG,
nell’elencare le norme applicabili dalla Corte per risolvere una controversia internazionale, dispone
che la Corte applica le convenzioni internazionali sia generali che par colari che stabiliscono norme
espressamente riconosciute dagli Sta in lite. L’art.2 della Convenzione di Vienna con ene le
de nizioni giuridiche delle espressioni impiegate, tra cui quella di tra ato. La le . a) stabilisce che
“l’espressione tra ato signi ca un accordo internazionale concluso per iscri o fra Sta e
disciplinato dal diri o internazionale, contenuto sia in un unico strumento sia in due o più
strumen connessi, e quale che sia la sua par colare denominazione”.
La Convenzione di Vienna disciplina solo gli accordi tra Sta . Tu avia cos tuiscono tra a , anche
accordi conclusi tra Sta e altri sogge del diri o internazionale come ad es. tra e con
organizzazioni internazionali. La Convenzione inoltre disciplina sologli accordi in forma scri a.
L’accordo, al contrario di quanto si riteneva in passato, può disciplinare tu e le materie, anche
quelle facen parte del dominio riservato degli Sta . Il solo limite alla potenzialità dell’accordo è
rappresentato dallo ius cogens.

Principi generali di diri o riconosciu dalle nazioni civili


L’art.38 , par.1 dello Statuto della CIG dispone alla le era c), che la Corte al ne di risolvere le
controversie internazionali, applica “i principi generali di diri o riconosciu dalle nazioni civili”. Con
tale formula si vogliono indicare quei principi giuridici che sono generalmente riconosciu negli
ordinamen interni degli Sta .
Possono citarsi, a tolo di esempio, il principio di irretroa vità delle norme giuridiche a cara ere
puni vo e quello per cui nessuno può essere giudice della propria causa.
L’espressione “nazioni civili” contenuta nell’art.38 è certamente il retaggio di un’epoca lontana, in
cui erano ritenute civili solo le nazioni appartenen alla res publica chris ana. È interessante come
tale formula sia stata sos tuita nell’art.15, par.2 del Pa o delle N.U. dalla dizione “principi generali

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di diri o riconosciu dall’insieme delle nazioni”.


Ai principi generali fa pure riferimento l’art.21 dello Statuto della CPI per quanto riguarda il diri o
applicabile. Si a erma che la Corte applica, in primo luogo, le norme dello Statuto e in secondo
luogo i tra a e i principi e le regole di diri o internazionale.
La Corte Cos tuzionale nella sent. n. 48/1967, non ha quali cato come principio generale di diri o
riconosciuto dalle nazione civili il ne bis in idem, ed ha quindi ammesso la possibilità, alla luce del
diri o internazionale, di giudicare di nuovo in Italia, per un reato commesso nel nostro territorio,
chi sia stato giudicato per lo stesso reato all’estero. Il principio del ne bis in idem opera nei rappor
tribunali interni-tribunali penali internazionali. I tribunali penali internazionali possono so oporre
il reo a nuovo procedimento, solo se il procedimento nazionale non sia stato imparziale o la
condanna sia stata lieve rispe o al crimine commesso.
I principi generali riconosciu dalle nazioni civili devono essere tenu dis n dai principi generali
del diri o internazionale, cuispesso fa riferimento la CIG.

Giurisprudenza e Do rina
L’art.38, le era d) dello Statuto della CIG fa riferimento alla giurisprudenza e alla do rina
speci cando che esse cos tuiscono messi sussidiari per l’accertamento delle norme giuridiche.
Giurisprudenza e do rina quindi non sono fon del diri o internazionale.
Il valore non vincolante della giurisprudenza è stato a ermato in seno alla Commissione di giuris
incaricata di preparare lo Statuto della CPG, che conteneva un’analoga disposizione, ed è stato
riconosciuto in varie sentenze internazionali.
Ai ni della individuazione del contenuto delle norme internazionali vengono in considerazione
non solo le sentenze della CIG,ma anche quelle dei tribunali interni.
Anche i pareri consul vi della CIG hanno una loro importanza, benché l’art.38 dello Statuto della
Corte faccia riferimento alle “decisioni giudiziarie”, cioè ad a giuridicamente vincolan e non ai
pareri, che non sono obbligatori. Di fa o, dei pareri si ene conto per la ricostruzione di una norma
di diri o internazionale.
L’art.38 dello Statuto della Corte menziona inoltre la do rina come mezzo sussidiario per la
determinazione delle norme di diri o internazionale. Occorre far riferimento non agli autori di una
par colare tradizione do rinale, ma agli autori più rappresenta vi dei vari sistemi giuridici, metodo
corre amente usato nei rappor della CDI.

Equità
Lo Statuto della CIG abilita la Corte ad ado are sentenze ex aequo et bono, purché le par le
a ribuiscano tale potere . In tal caso, la Corte giudica in base a principi extra-giuridici. L’equità
viene in considerazione nel giudizio della Corte come un principio non facente parte
dell’ordinamento internazionale, ma ricavato dal comune sen re in merito alla gius zia e altri
criteri similari. Quando la Corte decide secondo equità, la sentenza ha valore disposi vo.
L’equità può assumere rilevanza, oltre che nell’ipotesi sopra menzionata dalla sentenza disposi va,
anche quando una norma di diri o internazionale impone il ricorso a criteri equita vi. L’equità ha
assunto, in par colare, una grande rilevanza nella delimitazione mari ma e specialmente nella
divisione della pia aforma con nentale e della ZEE tra Sta adiacen e fron s .
L’equità inoltre è alla base della formazione della norma pa zia, quantunque le par possano
sempre derogare all’equità. Ma sopra u o in assenza di accordo, le par di una controversia di
delimitazione si rivolgono a un tribunale internazionale che l’equità si con gura come un principio
autonomo di diri o internazionale e viene spesso indicata dalla CIG allo scopo di pervenire ad un
accordo di delimitazione.

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L’equità viene in considerazione non come categoria astra a, ma come riferimento agli “equi
principi” che si applicano nella delimitazione mari ma. Gli equi principi incorporano l’equità e
sono ricavabili da una norma di diri o internazionale consuetudinario.

Fon previste da accordo


L’accordo può prevedere che vengano create norme giuridiche vincolan nei rappor tra le par . Si
è dunque in presenza di una fonte prevista da accordo. La do rina che pone l’accordo al secondo
livello, dopo la consuetudine, parla in proposito di fon di terzo grado; altra parte della do rina,
che pone l’accordo al pari della consuetudine, al primo livello nella gerarchia, preferisce parlare di
fon di secondo grado.
La fonte prevista da accordo può essere inserita in un semplice tra ato oppure in un tra ato
is tu vo di un’organizzazione internazionale. Un esempio classico appartenente alla prima
categoria, è la clausola della nazione più favorita, Secondo questa clausola, è esteso
automa camente all’altra parte del tra a il tra amento più favorevole che una parte conceda ad un
terzo.
Il fenomeno più cospicuo però è rappresentato dalle fon previste dai tra a is tu vi di
organizzazioni internazionali. Non tu e le organizzazioni internazionali hanno il potere di ado are
a giuridici vincolan . Quelle che lo hanno, ado ano di regola sia a giuridici sia a giuridici non
vincolan . Il Tra ato is tu vo della CE a ribuisce agli organi prepos il potere di emanare a
vincolan ( regolamen , dire ve, decisioni) e a non vincolan ( raccomandazioni e pareri). Il
Tra ato is tu vo dell’UE dispone che, in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia
penale, possano essere ado ate decisioni-quadro e decisioni, a giuridicamente vincolan .
Nell’ambito delle N.U., spe a al Consiglio di sicurezza ado are decisioni vincolan nei casi previs
dalla Carta. L’Assemblea Generale ha solo un potere di raccomandazione, cioè di ado are a
giuridicamente non vincolan . Il Consiglio di sicurezza, a norma dell’art.41, può emanare decisioni
vincolan che obbligano gli Sta ad ado are misure coerci ve non comportan l’uso della forza nei
confron di uno Stato determinato. Si tra a di misure obbligatorie di natura concreta, di cilmente
assimilabili ad un a o norma vo. Esse sono prese nel quadro del Capitolo VII della Carta delle
Nazioni.
Le is tuzioni specializzate delle Nazioni Unite non hanno di solito poteri norma vi. Tra le eccezioni
va ricordato il caso dell’OMS.

Gerarchia delle Fon


Al ver ce delle fon è da collocare la consuetudine.
Le norme impera ve prevalgono sulle semplici norme consuetudinarie e es nguono o invalidano
contrari accordi. Una norma impera va può essere modi cata solo da una norma successiva
avente eguale valore (art.53 della Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a ).
Lo ius cogens impedisce la formazione di norme consuetudinarie contrarie. Comunque, la
consuetudine cede al diri o cogente posteriore. Ad esempio il principio di libertà dell’alto mare,
per quanto riguarda lo sfru amento dei fondi marini, non può più essere applicato, essendo stato
superato dal principio del patrimonio comune dell’umanità.
Per quanto riguarda le altre fon , è da chiedersi se l’art.38 , par.1, dello Statuto della CIG, oltre ad
indicare le fon del diri o internazionale, sia anche una disposizione sulla loro gerarchia. Sta di
fa o che l’ordine elencato dall’art.38 è quello in cui le fon si presentano al giudice internazionale.
Le norme consuetudinarie si coordinano secondo il principio di successione delle leggi nel tempo:

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la consuetudine posteriore prevale su quella anteriore. I rappor tra consuetudine par colare e
consuetudine generale si coordinano secondo il principio di specialità: anche se anteriore la
consuetudine par colare prevale sulla consuetudine generale. Il principio di specialità non è
naturalmente applicabile ai rappor tra accordo e consuetudine locale.

Norme is tu ve di obblighi erga omnes o di vincoli solidali


Le norme internazionali creano vincoli bilaterali. Anche una convenzione mul laterale è
susce bile di essere scomposta in rappor bilaterali.
CIG: parere del 1951 sulle riserve alla convenzione sul genocidio pose le basi per la de nizione di
norme is tu ve di obblighi erga omnes o is tu ve di vincoli solidali. Gli Sta sono obbliga a
prevenire e reprimere il genocidio nel loro ordinamento. Gli altri Sta par possono far valere la
violazione dell’obbligo: gli obblighi derivan dalla Convenzione non sono reciproci, ma sono assun
nei confron di tu gli Sta par .
La CIG ha precisato la nozione di obblighi erga omnes nella sentenza sulla Barcelona Trac on
(1970); in successive sentenze la Corte ha riconosciuto come norme is tu ve di obblighi erga
omnes sono:
- Il principio di autodeterminazione dei popoli;
- Norme di diri o internazionale umanitario;
- Ha riconfermato la natura degli obblighi derivan dalla Convenzione sul genocidio.
La categoria degli obblighi erga omnes è stata u lizzata anche dalla CDI per individuare gli Sta
(diversi dallo Stato dire amente leso) legi ma ad invocare la responsabilità internazionale dello
Stato che abbia commesso una violazione del diri o internazionale —> le norme che stabiliscono
ques obblighi pongono obblighi “esigibili da tu gli Sta ” o dalla comunità degli Sta par del
tra ato se la fonte dell’obbligo erga omnes è una norma pa zia.
La solidarietà dell’obbligo può derivare sia da una norma pa zia sia da una norma
consuetudinaria.
Le norme di jus cogens sono norme is tu ve di obblighi erga omnes ma non è vero il contrario:
l’accordo, cioè, non è fonte di norme cogen .

Soft Law - A Unilaterali


Con il termine so law si iden cano le disposizioni non giuridicamente vincolan . Quanto alla
loro fonte, si tra a di a ado a dalle organizzazioni internazionali, quali le raccomandazioni
internazionali, oppure di “codici di condo a” o di a ado a da conferenze internazionali non
aven la dignità di tra ato.
Il so law può contribuire in vario modo alla creazione di diri o. In primo luogo, una serie ripetuta
di soluzioni può contribuire alla creazione di consuetudini internazionali. In secondo luogo il so
law può cos tuire la fonte materiale di diri ed obblighi giuridici. Ad es., i principi contenu nelle
risoluzioni di conferenze internazionali possono essere trado in un tra ato internazionale, come
è accaduto ed accade per il diri o dell’ambiente. In terzo luogo, il so law limita il dominio riservato
degli Sta , nel senso che il richiamo agli obblighi poli ci stabili dagli a di so law non cos tuisce
intervento negli a ari interni di un altro Stato, sia che il richiamo sia operato dagli Sta sia che esso
sia fa o da una organizzazione internazionale.
Un a o unilaterale consiste in una manifestazione di volontà che non è des nata ad incontrarsi
con quella di un altro sogge o e quindi non ha valore pa zio. L’a o unilaterale, per poter produrre
e e giuridici, deve essere previsto da una norma dell’ordinamento. Tale norma può avere natura
pa zia o consuetudinaria. La cara eris ca degli a unilaterali nell’ordinamento internazionale è la
loro a picità.

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Alla prima categoria, cioè agli a unilaterali disciplina dal diri o pa zio, appartengono la
denuncia o recesso e la requéte. La denuncia o recesso è l’a o con cui lo Stato si scioglie dai vincoli
contra uali dispos dal tra ato. Il tra ato disciplinerà la modalità del recesso e quando esso avrà
e e o.
La requète è l’a o con cui si me e unilateralmente in moto il procedimento dinanzi ad un organo
giurisdizionale, ad es. la CIG. La requète presuppone l’esistenza di una clausola compromissoria,
inserita in un tra ato internazionale, con cui le par convengono che ogni controversia rela va
all’applicazione o interpretazione del tra ato possa essere deferita, mediante ricorso unilaterale,
alla competenza di un organo giurisdizionale espressamente indicato.
Alla seconda categoria, quella comprendente gli a disciplina dal diri consuetudinario,
appartengono numerosi a , la cui natura giuridica è peraltro controversa: riconoscimento,
rinuncia, acquiescenza, protesta, promessa, no ca, estoppel. Nel riconoscimento di situazioni
giuridiche un sogge o riconosce come conforme a diri o una determinata situazione. Con la
rinuncia , un sogge o manifesta la volontà di non avvalersi di un diri o sogge vo a lui spe ante.
L’acquiescenza è la conseguenza della mera inerzia del sogge o di fronte ad una situazione che
tocca i suoi interessi; essa non è il mero silenzio, ma il silenzio di chi avrebbe dovuto prendere
posizione in ordine ad una determinata situazione. Nella protesta non si riconosce come conforme
a diri o una determinata pretesa e quindi si impediscono le conseguenze che potrebbero derivare
dall’acquiescenza. La promessa è l’a o con cui uno Stato si impegna a tenere un determinato
comportamento o si obbliga ad astenersi dal farlo. Con la no ca si rendono edo uno o più
sogge di diri o internazionale dell’esistenza di determina fa o situazioni.
L’estoppel impedisce di rendere priva di e e una dichiarazione e e uata da uno Stato nei
confron di un altro, quando la dichiarazione è a svantaggio dello Stato dichiarante e a vantaggio
dell’altro Stato.

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Accordo internazionale concluso in


forma scritta fra Stati e regolato dal
diritto internazionale, contenuto sia in

Capitolo 9 - l diritto dei trattati unico strumento, sia in due o più


strumenti connessi qualunque ne sia la
particolare determinazione.

Modalità di s pulazione e entrata in vigore


La procedura di s pulazione di un tra ato inizia con una negoziazione. I negozia sono condo da
plenipotenziari degli Sta , i quali si me ono d’accordo su un testo. La negoziazione dei tra a
mul laterali ha luogo nell’ambito di una conferenza internazionale oppure in seno all’organo di
un’organizzazione internazionale.
Il testo può essere parafato, cioè siglato dai plenipotenziari con le sole iniziali. Alla parafatura segue
la rma, che non obbliga le par ad osservare il tra ato, ma ha lo scopo di auten care e rendere
incontestabile il testo negoziato. La fase successiva consiste nella ra ca, cioè nell’a o con cui lo
Stato s’impegna ad osservare il tra ato. Alla ra ca segue lo scambio delle ra che, qualora venga
in considerazione un tra ato bilaterale.
I tra a bilaterali entrano in vigore dopo lo scambio delle ra che; quelli mul laterali dopo il
raggiungimento di un certo numero di ra che. Si diviene parte di un tra ato mul laterale anche
mediante l’adesione. Di regola, l’adesione è un a o con cui divengono par del tra ato gli Sta che
non hanno partecipato alla negoziazione.
Al termine della conferenza che ha ado ato il testo del tra ato, viene normalmente reda o un
A o Finale. Tale strumento è una specie di a o notarile, che registra tu e le fasi della conferenza,
gli Sta partecipan e le regole di procedura, i lavori dei comita e il nome dei presidente. All’A o
Finale sono talvolta accluse delle risoluzioni o dichiarazioni ado ate al termine dei lavori.
Negli accordi conclusi in forma sempli cata, la procedura è più semplice e consiste di regola nella
sola negoziazione, cui segue la rma da parte dei plenipotenziari.

Capacità di concludere tra a


L’art.6 della Convenzione di Vienna del 1969 stabilisce che ogni Stato ha la capacità di concludere
tra a . L’art.6 fa riferimento agli Sta in quanto sogge di diri o internazionale. Non rilevano
invece gli Sta membri di Sta federali, cui la cos tuzione interna può conferire il potere di
s pulare accordi.
La Convenzione del 1969 si occupa solo dei tra a s pula da Sta . In realtà, altri sogge di diri o
internazionale sono tolari dello ius contrahendi. Tra ques in primo luogo, le organizzazione
internazionali. Gli accordi s pula dalle organizzazioni internazionali e fra organizzazioni
internazionali del 1986. Tra i sogge di diri o internazionale che possono concludere accordi sono
da annoverare gli insor e i movimen di liberazione nazionale.
Secondo l’art.3 comune alle qua ro Convenzioni di Ginevra del 1949, governo cos tuito e par to
insurrezionale possono concludere accordi per me ere in vigore tra di loro, in tu o o in parte, le
disposizioni delle qua ro Convenzioni di Ginevra del 1949 rela ve ai con i arma internazionali.
Secondo l’art.96 par.3 del I protocollo addizionale del 1977, il movimento di liberazione nazionale
può indirizzare una dichiarazione al depositario, con cui si impegna ad applicare le qua ro
Convenzioni e il I Protocollo.

Pieni poteri e organi legi ma a concludere accordi internazionali


L’adozione del testo di un tra ato, la sua auten cazione o il consenso ad essere obbligato, sono a
che devono provenire da persone i cui a siano imputabili allo Stato e siano abilita dal diri o
internazionale a concluderli. L’individuazione degli organicompeten non è e e uata ma dal diri o
interno di ciascun Stato membro della comunità internazionale.
L’art.7 della Convenzione del 1969 dis ngue due categorie di persone:
a) Persone che per poter esprimere la volontà dello Stato in materia di s pulazione di un

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tra ato devono esibire i “pieni poteri”;


b) Persone i cui pieni poteri sono presun a causa delle funzioni svolte.
I pieni poteri sono di regola un documento rmato dal Capo dello Stato e contro rmato dal
Ministro degli a ari esteri; per quanto riguarda le persone i cui pieni poteri sono presun , dalla
Convenzione vengono elencate tre categorie:
a) I Capi di Stato, i Capi di governo e i Ministri degli a ari esteri;
b) I Capi di missione diploma ca, rela vamente ai tra a conclusi tra Stato accreditante e
Stato accreditatario.
c) I Rappresentan degli Sta accredita a una conferenza internazionale o preso una
organizzazione internazionale o uno dei suoi organi.
La Convenzione di Vienna non fa menzione delle convenzioni tra belligeran . Queste sono accordi,
conclusi in forma scri a o orale, vol a disciplinare determinate ques oni di ordine militare tra i
belligeran . Il procedimento di s pulazione delle convenzione tra belligeran si dis ngue da quello
tradizionale della s pulazione dei tra a per le par colari esigenze che le convenzioni devono
assolvere e sopra u o per l’esigenza di speditezza che la situazione richiede.

Riserve
La riserva è de nita nella Convenzione di Vienna come “una dichiarazione unilaterale, quale che sia
la sua ar colazione o denominazione, fa a da uno Stato quando so oscrive, ra ca, acce a o
approva un tra ato o vi aderisce, a raverso la quale esso mira ad escludere o modi care l’e e o
giuridico di alcune disposizioni del tra ato nella loro applicazione allo Stato medesimo”.
La riserva può essere : ecce ua va, modi ca va o interpreta va.
Sono invece riserve le dichiarazioni che hanno lo scopo di escludere o modi care una clausola del
tra ato. Infa , non importa la forma della riserva, quanto il suo contenuto e lo scopo che si
pre gge il suo autore. La riserva può essere imposta solo a un tra ato mul laterale.
È esistente un principio di essibilità, ovvero se il tra ato disciplina espressamente la possibilità di
apporre riserve le rela ve disposizioni vanno rispe ate, Quando il tra ato nulla dice circa la
possibilità di apporre riserve, non è più necessario che la riserva sia acce ata da tu e le par .
Di fronte alla riserva altrui, uno Stato può acce arla oppure formulare un’obiezione. I rappor
contra uali che si instaurano tra Sta riservan e gli altri Sta par possono essere cosi riassun :
1) Nei rappor tra Stato riservante e Stato acce ante, il tra ato si applica ad eccezione
della clausola ogge o della riserva;
2) Nei rappor tra Stato riservante e Stato obbie ante, il tra ato non si applica;
3) Nei rappor tra Sta non riservan , il tra ato si applica integralmente.
La semplice obiezione produce gli stessi e e dell’acce azione, qualora si tra di una riserva
ecce ua va; qualora, invece, si tra di una riserva modi ca va o interpreta va, gli e e
dell’obiezione non quali cata sono pur sempre diversi da quelli dell’acce azione.
Nei tra a che stabiliscono vincoli solidali, l’obiezione è priva di signi cato pra co, poiché se uno
Stato non applica il tra ato nei confron dello Stato riservante, viola, il tra ato nei confron di
tu gli altri Sta .
Le riserve possono essere formulate al momento della rma, oppure in occasione della ra ca o
adesione. L e riserve formulate al momento della rma devono essere confermate al momento
della ra ca, tranne che la rma esprima già il consenso a obbligarsi. Dopo la ra ca o adesione
non è più possibile formulare riserve.
Gli Sta hanno un illimitato diri o di e e uare obiezioni. Le obiezioni possono essere formulate,
oltre che da uno Stato parte, anche da un semplice rmatario. In questo caso, l’obiezione produce i
suoi e e nel momento in cui lo Stato rmatario diventa parte del tra ato.

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Interpretazione dei tra a


La Convenzione di Vienna de a precise regole sull’interpretazione dei tra a agli ar .31-33. Il
criterio da seguire, per interpretare un tra ato è quello obie vo. Occorre procedere
all’interpretazione testuale, cioè a ribuire ai termini impiega il loro senso ordinario, tenendo
conto del loro contesto e alla luce dell’ogge o e dello scopo del tra ato.
La Convenzione di Vienna de a poi altri due strumen , che concorrono a fornire il contesto:
1) Ogni accordo in rapporto con il tra ato;
2) Ogni strumento posto in essere da una o più par in occasione della conclusione del
tra ato e acce ato dalle altre par come strumento in connessione col tra ato.
Ai ni dell’interpretazione, occorre tener conto degli altri criteri illustra nell’art.31, par.3 della
Convenzione, ovvero:
1) Ogni accordo posteriore tra le par in relazione all’interpretazione o applicazione del
tra ato;
2) Della prassi successiva seguita nell’applicazione del tra ato, che equivalga ad un accordo
delle par in materia di applicazione del tra ato.
3) In ne occorre tener conto di qualsiasi regola per nente di diri o internazionale
applicabile nei rappor tra le par .
La Convenzione di Vienna sminuisce l’importanza dei lavori preparatori, che invece sono
valorizza dal metodo di interpretazione sogge vis co. I lavori preparatori sono colloca tra i
mezzi complementari di interpretazione dall’art.32 della Convenzione e vengono in
considerazione sia per confermare l’interpretazione cui si perviene applicando l’art.31, sia per
determinare il signi cato del tra ato quando:
1) Il ricorso al metodo obie vis co;
2) Il risultato è manifestamente assurdo o irragionevole. L’art.32 elenca anche le circostanze
in cui il tra ato è stato concluso.
È da ricordare che i tra a mul laterali sono spesso reda in più lingue.
Per quanto riguarda i tra a is tu vi di organizzazioni internazionali è stata prospe ata la teoria
dei poteri implici , per cui gli organi dell’organizzazione avrebbero non solo i poteri espressamente
stabili dal tra ato is tu vo, in base al principio di a ribuzione, ma anche quelli necessari per
poter conseguire i ni dell’organizzazione.

Tra a e Sta Terzi


Il tra ato non produce e e nei confron dei terzi. Vale il principio pacta ter is nec prosunt nec
nocent. L’art.34 della Convenzione di Vienna stabilisce che un tra ato non crea ne obblighi ne
diri per uno Stato terzo senza il suo consenso.
Le eccezioni alla regola sono tre:
1) Le regole di un tra ato possono trasformarsi in diri o consuetudinario. In questo caso, il
terzo è vincolato dalla regola consuetudinaria;
2) In secondo luogo l’art.75 della Convenzione di Vienna lascia impregiudica gli obblighi
che, in relazione ad un tra ato, possano scaturire per uno Stato aggressore, purché si
tra di misure ado ate in conformità alla Carta delle Nazioni Unite;
3) In ne, vi possono essere dei tra a che creano un regime obie vo o erga omnes, ossia
che is tuiscono situazioni che s’impongono a tu i membri della comunità
internazionale.

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La Convenzione dis ngue tra tra a con cui si vuole imporre un obbligo a carico del terzo de
tra a che intendono a ribuire diri al terzo. Per quanto riguarda il primo po, l’art.35 dispone
che un obbligo nasce per il terzo solo se le par hanno teso creare un tale obbligo e se il terzo
acce espressamente l’obbligo. Per quanto riguarda il secondo po, l’art.36 dispone che un diri o
nasca a favore del terzo , se questo vi consente. Tanto nel primo quanto nel secondo caso, il terzo
non diventa parte del tra ato. Si può invece ritenere che si formi un dis nto accordo tra Sta par
e terzo rela vamente all’ogge o dell’obbligo o del diri o.

Invalidità dei Tra a


La Convenzione di Vienna disciplina le cause d’invalidità dei tra a agli ar . 46-53:
1) Violazione delle norme interne sulla competenza a s pulare (art.46);
2) Errore (art.48);
3) Dolo (art.49);
4) Corruzione (art.50);
5) Violenza nei confron dell’individuo organo s pulante (art.51);
6) Violenza nei confron dello Stato nel suo insieme (art.52);
7) Violazione di una norma impera va del diri o internazionale (art.53).
Nell’ordinamento internazionale, la tradizionale dis nzione tra nullità e annullabilità di un a o è
di cilmente applicabile. Infa , i conce di nullità e annullabilità sono lega ad un meccanismo
procedurale non riscontrabile nel diri o internazionale:
1) Le par sono provvisoriamente vincolate da un a o annullabile;
2) L’azione di nullità è imprescri bile, mentre quella di annullamento è prescri bile;
3) Esiste un meccanismo giurisdizionale volto ad accertare le cause di nullità.
L’invalidità del tra ato deve essere invocata dallo Stato parte che vi abbia interesse, ed è da
escludere che essa possa operare automa camente oppure solo se la sua sussistenza venga
accertata mediante regolamento giudiziale o tramite accordo delle par .
Esiste un’invalidità rela va ed una assoluta, che si dis nguono in base a; divisibilità, sanabilità,
diri o di invocare la causa di invalidità.
Divisibilità del tra ato signi ca che la causa d’invalidità può operare nei confron di singole
clausole a e e dal vizio, senza travolgere necessariamente l’intero tra ato. Essa è ammessa per le
cause d’invalidità di cui agli ar . 46-50.
La sanabilità deriva dall’esecuzione del tra ato nonostante la conoscenza del vizio, è ammissibile
per le cause di cui agli ar . 46-50; in relazione alle cause di cui agli ar . 51-53 non si perde mai il
diri o di invocare l’invalidità del tra ato.
Quanto al diri o di invocare l’invalidità del tra ato, questo spe a solo alla parte vi ma del vizio
negli ar .46-50; spe a invece a ciascuna parte del tra ato in relazione agli art.51-53.
- Sono cause di invalidità rela va: ar . 46-50
- Sono cause di invalidità assoluta: ar . 51-53

-Violazione delle norme interne sulla competenza a s pulare d’importanza fondamentale-


La conclusione di un tra ato in violazione delle regole di diri o interno sulla competenza a
s pulare non può essere invocata come causa d’invalidità del tra ato, tranne che si tra di una
violazione manifesta e riguardante una regola di importanza fondamentale. L’art.46, 2° comma, da
la de nizione di violazione manifesta. È tale quella violazione che sia ogge vamente riconoscibile
dall’altro contraente, che si comporta conformemente alla pra ca abituale e in buona fede.

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-Errore-
L’errore consiste nella falsa rappresentazione di un fa o o di una situazione che uno Stato
supponeva esistente al momento della s pulazione del tra ato. Quello che viene in considerazione
è l’errore di fa o e non l’errore di diri o. L’errore deve essere: essenziale, scusabile, incolpevole.L’errore non è invocabile
quando lo Stato ha
Lo stato non avrebbe concluso il L’errore non può essere invocato contribuito all’errore
trattato se non fosse incorso in errore quando le circostanze erano tali che
-Dolo- lo Stato avrebbe dovuto rendersi
mediante il suo
comportamento
conto della possibilità di errore
Uno Stato può invocare l’invalidità del tra ato, qualora sia stato indo o a concludere l’a o dal
comportamento fraudolento dell’altra parte. Il dolo ha luogo mediante un inganno che induce
l’altra parte in errore. È necessario che esistano tu e le cara eris che dell’errore ed il raggiro deve
essere opera di uno Stato che ha partecipato alla negoziazione.

-Corruzione-
La corruzione è una so ospecie del dolo e deve essere opera dell’altro Stato partecipante alla
negoziazione; deve essere sostanziale e può essere dire a o indire a. Sogge o passivo della
corruzione è il rappresentante dello Stato.

-Violenza nei confron del rappresentante dello Stato-


L’art.51 stabilisce la nullità di un tra ato, quando il consenso dello Stato a vincolarsi sia stato
o enuto mediante la violenza esercitata sul suo rappresentante per mezzo di a e minacce dire
contro di lui. Si può tra are di a dire contro il rappresentante dello Stato, ma anche contro la
sua famiglia, allo scopo di costringerlo a concludere il tra ato. In altri termini viene in
considerazione la violenza nei confron del sogge o in quanto individuo e non in quanto individuo
organo.

-Violenza nei confron dello Stato nel suo insieme-


L’art.52 dispone la nullità di un tra ato la cui conclusione sia stata o enuta con la minaccia o l’uso
della forza in violazione dei principi di diri o internazionale incorpora nella Carta delle N.U.
A nché si realizzi questa fa specie, occorre che la forza minacciata o impiegata sia in contrasto
con la Carta. L’art.52 fa riferimento non solo all’impiego della forza, ma anche alla sua minaccia.
L’art.52 non quali ca il termine forza,
L’art.52 solleva il problema della validità dei tra a di pace. Normalmente si ri ene che tali tra a
siano validi. Ma se un tra ato di pace è stato concluso a seguito di un uso illegi mo della forza, ad
es. aggressione, probabilmente il tra ato è invalido.

Es nzione dei tra a


Gli art.54-64 della Convenzione di Vienna disciplinano le cause di es nzione. Le cause di es nzione
sono le seguen :
1) Denuncia o recesso
2) Abrogazione espressa o implicita;
3) Violazione sostanziale ad opera di una delle par ;
4) Impossibilità sopravvenuta;
5) Mutamento fondamentale delle circostanze;
6) Sopravvenienza di una norma impera va del diri o internazionale.

-Denuncia o recesso-
La denuncia o recesso può avere luogo sia in relazione ad un tra ato mul laterale sia in relazione
ad un tra ato bilaterale. Ovviamente, il recesso di uno o più Sta da un tra ato mul laterale non
es ngue il tra ato tra le altri par contraen . Se il tra ato con ene una clausola di denuncia o

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recesso, lo Stato dovrà seguire la procedura stabilita dalla clausola.

-Violazione sostanziale ad opera delle par -


L’art.60 della Convenzione con gura una causa di es nzione del tra ato come conseguenza della
sua violazione. Per poter invocare tale causa, lo Stato deve trovarsi di fronte ad una violazione
sostanziale del tra ato ad opera di un altro Stato parte. La violazione sostanziale viene de nita,
dall’art.60, par.3, come un ripudio del tra ato non autorizzato dalla Convenzione di Vienna. Il
semplice inadempimento non legi ma pertanto l’altra parte a chiedere l’es nzione del tra ato.
Il principio inadempien non est adimplendum non si applica alle disposizioni rela ve alla persona
umana nei tra a di natura umanitaria e in par colare al divieto di rappresaglie.

-Impossibilità sopravvenuta-
L’art.61 della Convenzione annovera l’impossibilità di esecuzione come mo vo per chiedere il
recesso o invocare l’es nzione del tra ato. Se l’impossibilità è solo temporanea, lo Stato può
richiedere la sospensione dell’esecuzione del tra ato.
L’impossibilità di esecuzione è un applicazione del principio generale ad impossibilia nemo tenetur,
può essere invocata solo se l’impossibilità sia il risultato della scomparsa o della de ni va
distruzione di un ogge o indispensabile all’esecuzione del tra ato. L’impossibilità di esecuzione
non può essere invocata quando questa sia la conseguenza di una violazione.

-Mutamento fondamentale delle circostanze-


Il mutamento fondamentale delle circostanze esisten al momento della conclusione del tra ato
può essere invocato sia come causa di es nzione sia come causa di sospensione del tra ato,
purché:
a) Si tra di un cambiamento fondamentale rispe o alle circostanze esisten al momento
della conclusione del tra ato;
b) Il cambiamento non fosse previsto. L’art.62 de a altre due condizioni:
• le circostanze debbono aver cos tuito base essenziale per la s pulazione del
tra ato;
• il cambiamento trasforma radicalmente la portata degli obblighi. Il mutamento
non può essere invocato: quando il cambiamento è dovuto ad una violazione
del diri o internazionale imputabile alla parte che invoca l’es nzione o la
sospensione;
c) Quando viene in considerazione un tra ato che ssa un con ne.

-Sopravvenienza di una norma impera va del diri o internazionale-


Lo ius cogens può venire in considerazione sia come causa d’invalidità sia come causa di es nzione
di un tra ato. L’art.64 della Convenzione di Vienna stabilisce che un tra ato si es ngue, qualora
sopraggiunga una norma impera va del diri o internazionale. La fa specie è quella di un tra ato
valido nel momento in cui è stato concluso che successivamente, a causa della nascita di una nuova
norma impera va, il tra ato viene a trovarsi in contrasto con lo ius cogens.

-La Guerra-
La guerra può essere causa di es nzione dei tra a oppure condizione della loro piena opera vità.
Si dis nguono tre categorie di tra a :
1) Quelli che trovano la ragione della loro esistenza e opera vità nella guerra;
2) Quelli che si es nguono nel momento in cui scoppia la guerra;
3) In ne i tra a che vengono sospesi in caso di guerra.

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Dopo la ne delle os lità è invalsa la prassi di rime ere in vigore i tra a sospesi pendente bello.
Un problema sorge per i tra a mul laterali di disarmo, la cui osservanza, in tempo di guerra,
potrebbe me ere in pericolo la sicurezza dei belligeran , specialmente nel caso in cui uno solo di
essi fosse vincolato. Tali tra a , come si è osservato in precedenza, contengono una clausola di
recesso piu osto ampia, che abilita lo Stato contraente a denunciare il tra ato, quando si
veri chino even straordinari.
Anche i tra a bilaterali in materia di disarmo sono dota di una clausola di recesso analoga a
quella contenuta nei tra a mul laterali. Ma per i tra a bilaterali è più facile ipo zzare
l’automa ca es nzione, che consen rebbe al belligerante di evitare di a endere il decorso del
tempo necessario a nché il recesso diven operante.
La guerra non dovrebbe provocare un e e o sospensivo o es n vo in relazione ai tra a
internazionali in materia di diri dell’uomo. Di regola, tali tra a contengono una clausola che
abilita lo Stato ad invocare la guerra per sospendere l’applicazione delle disposizioni a tutela dei
diri dell’uomo.

Emendamento e revisione dei tra a


So o il pro lo formale, emendamento e revisione sono termini equivalen e stano ad indicare una
modi ca del tra ato. So o il pro lo materiale, l’emendamento sta ad indicare una modi ca minore
di singole clausole del tra ato, mentre la revisione comporta una modi ca più incisiva.
La regola fondamentale è quella stabilità dall’art.39 della Convenzione di Vienna, secondo cui un
tra ato può essere emendato per accordo fra le par . Quindi un accordo posteriore può modi care
l’accordo precedente, ma la modi ca, per essere e cace, implica che tu gli Sta par dell’accordo
precedente siano par dell’accordo posteriore.
La Convenzione de a talune regole per la modi ca dei tra a mul laterali. Si possono avere i
seguen rappor contra uali:
1) L’ipotesi più semplice è quella per cui tu e le par del tra ato anteriore siano le stesse
del tra ato posteriore, in tal caso le par sono vincolate dal tra ato posteriore;
2) Se alcune par del tra ato anteriore divengono par del tra ato posteriore allora il
tra ato emendato si applica tra gliSta che lo hanno ra cato.
La Convenzione di amme e all’art.41 che due o più par di un tra ato mul laterale possano
concludere tra loro un accordo derogato. Tale possibilità incontra un limite nei diri delle par del
tra ato mul laterale, che non debbono essere pregiudica , e nell’ogge o e scopo del tra ato. Si
badi bene che l’accordo derogatorio è valido, ma le par , nell’eseguirlo, comme ono un illecito
internazionale nei confron degli Sta par dell’accordo mul laterale.
Il tra ato può prevedere una procedura ad hoc per quanto riguarda il suo emendamento o la sua
revisione.
L’art.109 prevede pure che la ques one si iscri a all’ordine del giorno dell’Assemblea Generale, se
entro dieci anni dall’entrata in vigore della Carta non sia stata ancora tenuta una conferenza di
revisione. La procedura prevista dall’art.108 per i semplici èsostanzialmente analoga.
L’art.48 del Tra ato UE dispone che uno Stato membro o la Commissione possano so oporre al
Consiglio proge intesi a modi care i tra a is tu vi. Viene convocata una conferenza
intergoverna va, qualora il Consiglio abbia espresso parare favorevole. La conferenza di riesame
può aver luogo ad intervalli regolari, secondo quanto stabilito dal tra ato, oppure essere convocata
per inizia va di una o più par del tra ato. La conferenza di riesame non è una conferenza di
emendamento ed ha un chiaro cara ere poli co.
Il principio secondo cui un tra ato può essere modi cato solo con il consenso di tu e le par , è un
principio troppo rigido, che mal si ada a ai cambiamen che si veri cano nelle relazioni
internazionali. Per questo taluni tra a prevedono una procedura di emendamento erga omnes. La

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decisione di emendare il tra ato è presa solo da un gruppo di Sta par .

Soluzione delle controversie in materia di invalidità ed es nzione


La Convenzione di Vienna del 1969 ha innovato profondamente il diri o internazionale
consuetudinario, de ando unaprocedura in materia di invalidità ed es nzione dei tra a che tenta
di porre ne all’unilateralismo esistente al riguardo secondo il diri o consuetudinario.
La procedura è disciplinata dagli ar .65 e 66 e si applica solo ai tra a conclusi dopo l’entrata in
vigore della convenzione stessa per gli Sta che vi abbiano aderito o l’abbiano ra cata.
Una parte non può unilateralmente sciogliersi dal vincolo contra uale, ma, prima di ado are una
declaratoria d’invalidità o di es nzione deve no care la propria intenzione all’altra parte,
precisando la misura che intende prendere e i mo vi che ne sono alla base. L’altra parte ha tre mesi
di tempo per obie are.
Se entro 12 mesi, dal momento in cui l’obiezione alla pretesa d’invalidità o d’es nzione è stata
sollevata, la controversia non èancora risolta, l’art.66 della Convenzione prevede due procedure:
1) Per quanto riguarda le controversie che hanno per ogge o l’invalidità o l’es nzione di un
tra ato per contrarietà allo ius cogens, è previsto che ciascuna parte possa adire la CIG,
mediante ricorso unilaterale.
2) Per tu e le altre cause, è previsto il ricorso alla conciliazione obbligatoria, nel senso che
ciascuna parte può me ere inmoto unilateralmente il procedimento di conciliazione.

La Cos tuzione Italiana e i Tra a


Gli ar . che nella Cos tuzione italiana riguardano la s pulazione dei tra a internazionali sono:
11, 72 (4°comma), 75 (2° comma), 80, 87 (8° comma).
L’art.11 non ha per ogge o espressamente la s pulazione dei tra a internazionali, ma pone dei
limi al loro contenuto e nello stesso tempo riguarda la legge di autorizzazione alla ra ca di taluni
tra a . L’art.11 impone un divieto avente per ogge o il contenuto del tra ato: è proibito s pulare
tra a in contrasto con la disposizione cos tuzionale.
Nel nostro ordinamento cos tuzionale, la competenza a ra care i tra a internazionali spe a al
P.d.R. L’art.87, 8° comma, recita, infa , che il P.d.R. ra ca i tra a internazionali, quando occorra,
l’autorizzazione delle Camere. Secondo l’art.80 la legge di autorizzazione è richiesta per i seguen
tra a :
1) Di natura poli ca;
2) Che prevedono arbitra o regolamen giudiziari;
3) Che importano variazioni del territorio dello Stato;
4) Che importano oneri alle nanze;
5) Che importano modi cazioni di leggi.
Per quanto riguarda i tra a aven natura poli ca, poiché ogni accordo internazionale ha un
qualche rilievo poli co anche minimo, l’espressione in ques one non può riferirsi che ai tra a che
hanno un grande rilievo poli co.
Per quanto riguarda i tra a che prevedono arbitra o regolamen giudiziari, si tra a di
espressione tecnico-giuridica che non si presta a dubbi. Lo stesso dicasi per gli accordi che
importano una variazione del territorio dello Stato.
Quanto ai tra a che importano oneri alle nanze dello Stato, nella citata circolare (n.5 del MAE
del 1995) è de o che il riferimento è agli oneri aggiun vi rispe o a quelli che trovano copertura
negli stanziamen del bilancio dello Stato.
I tra a che comportano modi cazioni di leggi sono quei tra a che incidono sul nostro
ordinamento giuridico, poiché si tra adi modi care una legge dello Stato.

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L’art.72, 4° comma, esclude che si possa ricorrere alla forma abbreviata per l’esame dei disegni di
legge di autorizzazione alla ra ca dei tra a internazionali. La disposizione cos tuzionale impone
la procedura normale di esame e approvazione dire ada parte delle Camere.
Nel nostro ordinamento si possono avere le seguen forme di s pulazione dei tra a internazionali:
1) Tra a ricompresi nella categoria di cui all’art.80;
2) Tra a per cui è richiesta solo la ra ca da parte del P.d.R.;
3) Accordi in forma sempli cata che entrano in vigore con la solo so oscrizione da parte degli
organi dell’esecu vo.
Gli accordi in forma sempli cata sono dunque tra a non s pula in forma solenne che entrano in
vigore non appena so oscri dal rappresentante dell’esecu vo ovvero mediante lo scambio di
documen cos tuen tra ato, secondo quanto disposto da una clausola ad hoc. Non possono
essere s pula in forma sempli cata tra a nelle materie ricaden nell’art.80. La loro legi mità
non viene posta in dubbio, sia perché esiste una prassi piu osto consistente, sia perché la
l.11-12-1984 ne amme e implicitamente la legi mità.
Nella citata circolare del MAE si ricorda in merito agli accordi in forma sempli cata che si tra a di
una categoria di portata molto limitata , non espressamente contemplata dalla Cos tuzione, che
sulla base di una prassi oramai consolidata comprende gli accordi esecu vi di preceden accordi
prece vi regolarmente entra in vigore e quelli di natura puramente amministra vao tecnica.

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Capitolo 10 - Adattamento del diritto interno al diritto


internazionale
Rappor tra ordinamen giuridici e teoria del rinvio
Ordinamento interno e ordinamento internazionale sono ordinamen giuridici separa e originari.
Essi comunicano tra di loro mediante opportuni meccanismi. Si tra a del meccanismo del rinvio,
che si dis ngue in formale e materiale.
Con il rinvio formale, un ordinamento rinvia alle norme di un altro ordinamento nella loro qualità
formale di norme giuridiche. Nell’ordinamento richiamante, la norma giuridica segue la vita che
essa ha nell’ordinamento richiamato. Se nell’ordinamento richiamato la norma si es ngue, essa si
es ngue pure nell’ordinamento richiamante.
Con il rinvio materiale l’ordinamento richiamante rinvia alle norme dell’ordinamento richiamato
non nella loro qualità formale di norme, ma nel loro contenuto materiale. Per esigenze di celerità o
buona legislazione, si fa rinvio alla norma va di un altro paese.
Ogni ordinamento giuridico statale procede autonomamente all’ada amento del diri o interno al
diri o internazionale. Nell’ordinamento italiano si dis ngue tra ada amento al diri o
internazionale consuetudinario e ada amento al diri o internazionale pa zio.

Ada amento al diri o consuetudinario e allo ius cogens


L’ada amento al diri o internazionale consuetudinario è disposto dall’art.10, 1° comma , Cost.
secondo cui l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diri o internazionale
generalmente riconosciute. La disposizione cos tuzionale opera un rinvio formale all’ordinamento
internazionale.
Secondo la Corte Cos tuzionale, l’adeguamento disposto dall’art.10 non può in alcun modo
consen re la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento cos tuzionale. Dunque
una norma di diri o internazionale consuetudinario, che contrastasse con tali principi, non sarebbe
immessa nel nostro ordinamento.
Quanto al contrasto tra norme cos tuzionali non incorporan principi fondamentali e norme
consuetudinari, è generalmente ammesso che la norma consuetudinaria possa derogare su quella
cos tuzionale. Ma si tra erebbe di contrasto più apparente che reale, da risolvere in base al
principio di specialità.
L’art. 10, 1° comma fa riferimento alle norme di diri o internazionale generalmente riconosciute. In
primo luogo occorre determinare se l’adeguamento sia operante nei confron di una norma
consuetudinaria ogge o di obiezione persistente da parte dell’Italia. Se si pensa che la norma di
diri o consuetudinario obbliga anche l’obie ore permanente, si dovrebbe coerentemente
amme ere che l’adeguamento sia operante.
In secondo luogo è necessario esaminare se una consuetudine regionale possa essere immessa nel
nostro ordinamento tramite l’art.10,1° comma. La risposta è posi va, a pa o che la consuetudine
regionale vincoli l’Italia.
L’art.10, 1° comma, nella sua formulazione testuale, dispone che l’ada amento dell’ordinamento
alle norme del diri o internazionale generalmente riconosciute. Le norme impera ve
appartengono alle norme del diri o internazionale generalmente riconosciute. Una norma
impera va è tale quando sia acce ata dalla comunità internazionale nel suo insieme come norma
che non può essere derogata. Per tanto esse sono immesse nel nostro ordinamento tramite
l’art.10, 1° comma Cost. Il rango delle norme impera ve immesse nel nostro ordinamento
appartengono alla categoria dei principi supremi della Cos tuzione.

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Ada amento al diri o internazionale pa zio


Il tra ato una volta ra cato ed entrato in vigore obbliga lo Stato nell’ordinamento internazionale.
Per produrre e e nel nostro ordinamento, il tra ato deve essere recepito. Ciò vale tanto per i
tra a conclusi in forma solenne quanto per quelli conclusi in forma sempli cata, che non
necessitano della ra ca per entrare in vigore.
Nella prassi italiana esistono due modi per disporre l’ada amento: il procedimento ordinario e
quello speciale:
1) Con il procedimento speciale si dà piena ed intera esecuzione al tra ato nell’ordinamento
interno tramite un a o norma vo ad hoc. L’a o norma vo con ene in allegato il testo del
tra ato, nella lingua originale in cui è stato reda o.
2) Con il procedimento ordinario si riformulano le norme del tra ato; questo cos tuisce solo
l’occasio legis e il rinvio disposto dall’ordinamento è un rinvio materiale.
3) Nel nostro ordinamento si preferisce fare ricordo all’ordine di esecuzione che può essere
contenuto in una legge o in un a o regolamentare, da ado are con decreto.
Le norme internazionali introdo e nel nostro ordinamento tramite ordine di esecuzione sono
sogge e al sindacato di cos tuzionalità. In caso di contrasto viene dichiarata incos tuzionale la
legge di esecuzione nella parte in cui imme e nel nostro ordinamento norme contrarie alla
Cos tuzione.
L’ordine di esecuzione è contenuto in un a o che è legge in senso formale e in senso materiale e
quindi il rela vo disegno di legge è emendabile.
Da notare che nel procedimento mediante ordine di esecuzione si nisce quasi sempre per
derogare il normale termine di vaca o legis di 15 giorni dalla pubblicazione dell’a o in GU.

Rango delle norme di ada amento al diri o pa zio


Le norme interne immesse mediante l’ordine di esecuzione hanno nell’ordinamento nazionale il
valore conferito loro dalla forza dell’a o che ne dà esecuzione”; esse hanno un par colare
resistenza all’abrogazione o modi cazione a causa di una legge successiva incompa bile. Si
tra erebbe di norme derivan da una fonte riconducibile ad una competenza a pica, come tale
insusce bile di abrogazione o modi cazione da parte di disposizione di legge ordinaria.
L’eventuale contrasto tra norma prodo a mediante ordine di esecuzione e norma successiva
dovrebbe essere risolto in via interpreta va, dando prevalenza alla prima.
La materia è stata recentemente disciplinata dall’art.117, 1° comma, Cost. secondo cui la potestà
legisla va è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispe o della Cos tuzione, nonché dai vincoli
derivan dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi regionali. La disposizione stabilisce un
limite alla potestà legisla va dello Stato e la superiorità del tra ato sulla legge ordinaria, con la
conseguenza che una legge contraria può essere annullata dalla Corte Cos tuzionale.
Il giudice non può disapplicare dire amente la norma interna in contrasto con la norma
convenzionale, ma deve rinviare la ques one alla Corte Cos tuzionale, allo scopo di controllare se
la norma va interna sia conforme alla norma va convenzionale. Ove l’interpretazione non riesca a
superare l’an nomia e il giudice dubi della conformità della norma interna del diri o
internazionale, egli dovrà inves re la Corte Cos tuzionale della ques one di legi mità
cos tuzionale.
Vale la pena ricordare che le norme del tra ato immesse nel nostro ordinamento tramite legge
ordinaria non possono derogare la Cos tuzione.
L’art.117 dispone la superiorità delle norme di qualsiasi tra ato internazionale e non solo di quelli
ra ca . Infa , l’art.1 della
L.5 giugno 2003, n.131, dispone che cos tuiscono vincoli alla potestà legisla va dello Stato quelli
derivan dai tra a internazionali. L’art.117 pertanto dispone la superiorità nei confron della

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legge anche degli accordi in forma sempli cata salvo il limite derivante dall’art.80 Cost.
La Cos tuzione dispone poi la superiorità di una par colare categoria di tra a , cioè di quelli che
disciplinano lo status degli stranieri. Secondo l’art.10, 2° comma la condizione giuridica dello
straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme dei tra a internazionali.

Ada amento alle fon previste da accordo


Qualora il tra ato preveda espressamente l’e cacia interna delle norme prodo e, tali norme
entreranno automa camente in vigore nell’ordinamento interno. È quanto avviene per i
regolamen comunitari che , secondo l’art. 249 CE sono obbligatori i tu loro elemen e
dire amente applicabili in ciascuno degli sta membri.
L’ordine di esecuzione, così come imme e nel nostro ordinamento le norme del tra ato, dovrebbe
anche imme ere le norme prodo e in virtù dei meccanismi crea dal tra ato. In primo luogo
poiché spesso la fonte di terzo rado non con ene norme self-execu ng; in secondo luogo poiché
esiste una naturale di denza ad accogliere fon di un altro ordinamento senza un controllo da
parte dell’ordinamento in cui devono trovare a uazione.
Quanto ora osservato vale anche per le sentenze internazionali che debbano trovare a uazione
nell’ordinamento interno. La sentenza internazionale è normalmente una sentenza di puro
accertamento e quindi lo Stato dovrà prendere tu i provvedimen che l’esecuzione comporta.
L’art.117, 1° comma pone un vincolo al nostro legislatore per quanto riguarda gli obblighi derivan
da fon previste da accordo. Tale disposizione fa riferimento agli obblighi internazionali.

Ada amento al diri o comunitario


Il diri o comunitario comprende sia il diri o derivante dai Tra a is tu vi sia il diri o prodo o dai
meccanismi is tui dai tra a : regolamen , dire ve e decisioni. Con le modi che apportate dal
Tra ato sull’UE sono state introdo e altre due categorie di a aven e e vincolan : le decisioni-
quadro e le decisioni, nell’ambito del c.d.III Pilastro.
Secondo l’art.249 CE, il regolamento è dire amente applicabile in ciascuno degli Sta membri.
Quindi non occorre nessun a o di adeguamento perché acquis validità nell’ordinamento interno.
È ovvio che a integra vi sono necessari allorché il regolamento non sia autosu ciente.
Le dire ve pongono un obbligo di risultato e quindi è necessario un a o di ada amento perché
acquis no e cacia nell’ordinamento interno. Le dire ve che producono e e dire acquistano
e cacia nel nostro ordinamento indipendentemente da un a o di adeguamento. Le dire ve non
aven e cacia dire a possono produrre e e limita nel nostro ordinamento.
Con la l.9 marzo 1989, n.86 (c.d. Legge La Pergola) si avrebbe dovuto consen re un adeguamento
globale al diri o comunitario derivato. Infa , con cadenza annuale, era disposta l’adozione di una
Legge, la c.d. Legge Comunitaria, contenente disposizioni di a uazione degli a comunitari, il
conferimento della delega al governo quando si sarebbe dovuto trasporre un certo numero di
dire ve e l’a uazione in via regolamentare per le materie non coperte da riserva di legge. La
Legge la Pergola e successive modi cazioni è stata abrogata nel 2005 dalla c.d. Legge Bu glione, la
quale disciplina sia la partecipazione dell’Italia al processo norma vo dell’UE sia le procedure di
esecuzione degli obblighi comunitari
Per stabilire il rango delle norme comunitarie si è fa o leva sull’art.11 Cost. secondo cui l’Italia
consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la
gius zia fra le Nazioni e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, al
ne di assicurare la prevalenza del diri o comunitario sul diri o interno. La prevalenza è ormai
riconosciuta sia al diri o comunitario dire amente applicabile sia a quello avente e cacia dire a.
La con gurazione teorica dei rappor tra ordinamento interno e ordinamento comunitario ha
indo o a concludere che sia preclusa la possibilità di sollevare il giudizio di cos tuzionalità di una

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norma interna in contrasto con una norma comunitaria dire amente applicabile o produ va di
e e dire . L’eccezione di cos tuzionalità può essere sempre sollevata, qualora il contrasto tra gli
ordinamen abbia per ogge o una norma comunitaria non dire amente applicabile o non
produ va di e e dire .

Regioni e ada amento al diri o pa zio e comunitario


L’art.117, 5° comma, Cost. dispone che le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
nelle materie di loro competenza provvedono all’a uazione e all’esecuzione degli accordi
internazionali e degli a dell’Unione Europea, nel rispe o delle norme di procedura stabilite da
legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sos tu vo in caso di
inadempienza.
Per quanto riguarda i tra a l’art.6, 1° comma, L.n. 131 dispone che le Regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legisla va, provvedono
dire amente all’a uazione degli accordi internazionali ra ca , dandone preven va
comunicazione al Ministero degli A ari Esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dunque
le Regioni e le due Province autonome sono legi mate a dare a uazione all’accordo
internazionale senza a endere un a o di adeguamento da parte del governo centrale.
Poiché l’ordine di esecuzione è contenuto nella legge di autorizzazione alla ra ca, la possibilità per
le Regioni e le Province autonome si provvedere dire amente all’adeguamento si realizza solo per
gli accordi non rientran nell’art.80 Cost.
Per quanto riguarda il diri o comunitario, la giurisprudenza cos tuzionale e il legislatore ordinario
hanno riconosciuto la competenza delle Regioni ad a uare il diri o comunitario. L’art.8, 1° comma
della L. n. 11/2005 con ene una disposizione generale secondo cui “lo Stato, le Regioni e le
Province autonome, nelle materie di propria competenza legisla va, danno tempes va a uazione
alle dire ve comunitarie.

Il sindacato giurisdizionale del giudice interno sui tra a


Il giudice per quanto riguarda l’ada amento ai tra a , una risoluzione dell’Ins tut de droit
interna onal, ado ata nel 1993, sull’a vità dei giudici nazionali e le relazioni internazionali dei
loro Sta a erma che il giudice nazionale non dovrebbe applicare un tra ato che esso consideri
invalido o es nto.
Dis nguendo tra invalidità ed es nzione dei tra a :
1) Il tra ato è a e o da invalidità rela va. Poiché l’acquiescenza fa perdere il diri o di
invocare la causa di invalidità la non contestazione del tra ato rientra tra le scelte di
poli ca estera dell’esecu vo che non possono essere vani cate dal giudice;
2) Il giudice potrebbe dichiarare invalido il tra ato, incidenter tantum, se ricorra una causa di
invalidità assoluta. Naturalmente spe erà all’esecu vo impugnare il tra ato e seguire le
disposizioni di procedura de ate dalla Convenzione di Vienna, qualora s’intenda avere
una de ni va declaratoria d’invalidità.
3) Tale regola è applicabile all’es nzione dei tra a . Il giudice interno non applicherà il
tra ato qualora ricorra una causa automa ca di es nzione, quale il termine nale oppure
un mutamento di sovranità che determini l’es nzione del tra ato o la guerra.

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Capitolo 11 - Soluzione delle controversie


internazionali e accertamento del diritto
Premessa
Occorre dis nguere tra accertamento del diri o internazionale e soluzione delle controversie
internazionali:
1) La soluzione di una controversia internazionale non si traduce necessariamente in un a o
di accertamento del diri o,potendosi tradurre nella creazione di nuovo diri o nei rappor
tra le par ;
2) Nel diri o internazionale l’accertamento del diri o presuppone sempre uan
controversia internazionale, esistono numerosi tra a , e persino alcuni a di org.int. che
is tuiscono meccanismi per l’accertamento del diri o.

Nozione di controversia internazionale


Ha luogo una controversia internazionale quando la pretesa di uno Stato viene contestata da un
altro. L’esistenza di una pretesa e la sua contestazione, ovvero la resistenza alla stessa, sono dunque
elemen cos tu vi della controversia.
Nel caso Mavromma s la CPGI de nì la controversia come un disaccordo su un fa o o una legge,
un con i o di visioni o interessi fra due persone giuridiche di diri o internazionale. La controversia
viene de nita anche come una situazione in cui i pun di vista delle due par rela vamente
all’esecuzione o alla non-esecuzione di cer obblighi derivan da un tra ato sono ne amente
oppos .
La dis nzione tra le due categorie di controversie (giuridiche o poli che) ha scarso fondamento,
anche se ogni tanto viene invocata davan alla CIG per contestare la competenza della Corte,
specialmente quando la controversia è deferita unilateralmente in virtù di una clausola
compromissoria o del meccanismo predisposto dall’art.36 par. 2 dello Statuto della CIG.

Natura consuetudinaria dell’obbligo di risolvere paci camente le


controversie
Esistono due metodi per risolvere le controversie internazionali:
1) Attraverso mezzi paci ci;
2) A raverso mezzi non paci ci.
Il diri o internazionale contemporaneo ha de ni vamente ripudiato i mezzi non paci ci di
soluzione delle controversi internazionali, stabilendo, con la Carta delle NU l’obbligo di risolvere in
modo paci co le controversie internazionali.
Un obbligo più incisivo venne a ermato dal Pa o della Società delle Nazioni. Secondo l’art.12 del
Pa o, gli Sta avevano un dovere generale di so oporre ad arbitrato, regolamento giudiziale o
all’esame del Consiglio della Società le controversie che potessero condurre ad una ro ura. La
giurisdizione o l’arbitrato dovevano essere preferi per le controversie rela ve all’interpretazione
di un tra ato.
L’art.2 par.3 della Carta delle NU obbliga gli Sta a risolvere paci camente le controversie
internazionali. Questa disposizione è complementare a quella contenuta nell’art.2, par. 4 che fa
divieto della minaccia o dell’uso della forza nelle relazioni internazionali. I mezzi di risoluzione
paci ca sono indica nell’art.33 della Carta delle NU.

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Metodi di risoluzione delle controversie internazionali


I metodi di soluzione delle controversie internazionali sono:
1) Negoziato;
2) Mediazione;
3) Inchiesta;
4) Buoni U ci;
5) Conciliazione;
6) Arbitrato;
7) Giurisdizione.
Sono considera mezzi diploma ci, che si propongono come mezzi a a facilitare un accordo tra le
par della controversia mentre 6 e 7 sono considera mezzi obbligatori.

Recentemente, si è assis to ad una prevalenza del negoziato come mezzo di risoluzione delle
controversie. Il negoziato tra le par può condurre alla conclusione di un accordo che dia
sistemazione al con i o di interessi. Il negoziato raramente si traduce in un accordo di mero
accertamento, che risolve la controversia secondo diri o; più spesso conduce ad una soluzione di
compromesso che innova il diri o preesistente, cosicché l’accordo si con gura come fonte di nuovo
diri o nei rappor tra le par .
Nell’inchiesta le par a dano ad un terzo l’accertamento imparziale dei fa che possono essere
all’origine della controversia. Di regola l’inchiesta si conclude con un rapporto indirizzato alle par ,
che non ha valore obbligatorio. L’accertamento imparziale di un fa o aiuta ovviamente a risolvere
la controversia. L’inchiesta può essere parte di un ulteriore procedimento di soluzione della
controversia.
Nella mediazione, il terzo ha il compito di cercare di avvicinare le posizioni delle par , in modo da
ridurre il contrasto di interessi e facilitare la soluzione della controversia.
Mediante la conciliazione, viene is tuito un procedimento volto alla soluzione della controversia, di
regola per mezzo di una commissione composta da individui. La procedura si conclude con un
rapporto, contenente una o più raccomandazioni in ordine alla soluzione della controversia. Il
rapporto della commissione non è vincolante per le par .
L’arbitrato invece si conclude con un a o che comporta la soluzione obbligatoria della controversia.
Il Tribunale arbitrale è cos tuito da uno o più individui scel di comune accordo tra le par ed
opera secondo una procedura speci cata dalle par all’a o dell’is tuzione del tribunale o ssata
dal tribunale stesso, oppure prestabilita da un accordo preesistente all’insorgere della controversia.
La giurisdizione si dis ngue dall’arbitrato poiché la soluzione della controversia è deferita ad un
organo permanente compostada individui indipenden ed operante secondo le regole prestabilite.

Combinazione tra i vari metodi di soluzione delle controversie


internazionali
La combinazione di più metodi per la risoluzione di controversie è spesso is tuzionalizzata.
Un combinato tra inchiesta, buoni u ci, mediazione, conciliazione è reperibile nell’art.90 del I
protocollo addizionale alle qua ro Convenzioni di Ginevra del 1949. La commissione indaga sui
fa che una parte indica come violazione delle norme di D.I. umanitario; presta i propri buoni u ci
per facilitare il ritorno all’osservanza delle disposizioni; presenta alle par un rapporto con i risulta
delle indagini e formula raccomandazioni che ri ene opportune. La procedura si conclude con un
procedimento quasi-concilia vo.
Inchiesta e giurisdizione possono coesistere nel processo dinanzi la CIG. Inchiesta, conciliazione e
giurisdizione sono a disposizione della CEDU; questa non solo può disporre un’inchiesta ma è

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tenuta ad esperire un tenta vo di “regolamento amichevole” della controversia, prima di pervenire


all’adozione della sentenza.
Il meccanismo della “compliance procedure” può coesistere con un sistema di soluzione delle
controversie. Il Covenant sui diri civili e poli ci del 1966 stabilisce un sistema di rappor periodici
che le par devono inviare al Comitato dei diri dell’uomo. Una clausola opzionale, inserita nel
Covenant, legi ma il Comitato a svolgere una funzione concilia va nel caso in cui una parte ritenga
che un altro Stato parte non adempia agli obblighi stabili dal pa o.

La Corte permanente di arbitrato


La CPA è stata is tuita in virtù della Convenzione dell’Aja del 1899. La Corte, con sede all’Aja, ha di
permanente un’esile stru ura is tuzionale cioè:
1) U cio Internazionale di Cancelleria;
2) Consiglio di amministrazione permanente;
3) Arbitri designa dagli Sta par ;
4) Regole di procedura.
La Corte o re le sue facili es per la soluzione di taluni arbitra internazionali.

Corte internazionale di gius zia


La CIG ha sede all’Aja, opera in base ad uno Statuto, annesso alla Carta delle NU, ed è composta da
15 giudici che durano in carica per circa nove anni. I giudici sono ele dall’Assemblea Generale e
dal Consiglio di Sicurezza delle NU, sulla base di una lista di persone designate dai gruppi nazionali
della CPA. L’Assemblea ed il Consiglio operano come due camere dis nte.
La Corte opera in base allo Statuo ed a un regolamento di procedura non derogabile dalle par .
Solo gli Sta possono essere par della procedura contenziosa davan alla Corte. Poiché la
giurisdizione ha base consensuale, le par debbono acce are la competenza della Corte mediante
una propria manifestazione di volontà. Il principio del consenso nell’a ribuzione della competenza
alla Corte non viene meno, neppure qualora sia violata una norma impera va del diri o
internazionale.
Quando il consenso preesiste all’insorgere della controversia, ciascuna parte può rivolgersi alla
Corte mediante un ricorso unilaterale. In pra ca lo Stato parte di una controversia può adire la
Corte internazionale se ha depositato la propria dichiarazione unilaterale di acce azione della
giurisdizione della Corte e se una dichiarazione unilaterale è stata depositata dall’altro Stato parte
della medesima controversia. Uno Stato può riconoscere come obbligatoria ipso facto e senza
speciale convenzione la giurisdizione della CIG. Tale meccanismo consiste in una dichiarazione
unilaterale di acce azione della competenza della Corte, comporta che uno Stato si obblighi ad
acce are la competenza della Corte nei confron di qualsiasi altro Stato che abbia e e uato la
medesima dichiarazione. La dichiarazione di acce azione della competenza della Corte può essere
delimitata ra one temporis, ra one materiae o ra one personae.
Il consenso all’acce azione della competenza della CIG può essere espresso successivamente
all’insorgere della controversia e dopo che questa sia stata deferita da una delle par della CIG.
Poiché l’espressione del consenso non richiede una par colare formalità, esso può anche essere
ricavato dal comportamento processuale della parte. La condo a dello Stato deve essere tale da
dimostrare la sua inequivocabile volontà di acce are la giurisdizione della CIG.
Lo Statuto della Corte, prevede l’intervento in causa e si dis ngue in:
1) Intervento in una controversia non avente ad ogge o l’interpretazione di una convenzione
di cui il terzo sia parte;
2) Intervento avente ad ogge o l’interpretazione di una convenzione mul laterale di cui il
terzo sia parte.

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La prima ipotesi è disciplinata dall’art.62 dello Statuto ed amme e l’intervento del terzo, il quale
ri ene che un suo interesse di natura giuridica possa essere pregiudicato dalla decisione della
Corte. Lo Stato interveniente non diventa parte in senso processuale e la sentenza non ha e cacia
di cosa giudicata nei suoi confron .
La seconda ipotesi è disciplinata dall’art.63 dello Statuto e riguarda l’intervento del terzo in un
controversia rela va all’interpretazione di una convenzione mul laterale di cui esso sia parte. In
questo caso, il terzo interveniente è vincolato dall’interpretazione della convenzione resa nella
sentenza della CIG.
L’art.41 dello Statuto abilita la Corte ad indicare misure cautelari per la salvaguardi dei diri delle
par in lite. La Corte giudica in base a diri o, secondo quanto stabilito dall’art.38 par. 1, del suo
Statuo. Ha anche la facoltà di giudicare ex aequo et bono sele par così decidano.
Le sentenze della Corte sono de ni ve ed hanno e cacia di cosa giudicata in senso sogge vo e in
senso ogge vo. Esistono due mezzi di gravame diversi dall’appello, consisten nell’interpretazione
o nella revisione della sentenza. Il primo ha luogo in caso di contestazione sul signi cato e la
portata della sentenza; il secondo può essere promosso, sempre ad istanza delle par , nel caso in
cui si alleghi la scoperta di un fa o di natura tale da cos tuire un evento decisivo per la revisione.
La revisione deve essere richiesta entro sei mesi dalla scoperta del fa o nuovo e la domanda non
può più essere presentata trascorsi dieci anni dalla data dell’emanazione della sentenza.
La CIG ha anche una competenza consul va, può infa essere richiesto un parere consul vo, su
qualsiasi ques one giuridica, dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di sicurezza. Anche gli altri
organi delle NU e le is tuzioni possono chiedere un parere consul vo, ma solo su ques oni che
insorgano nell’ambito della loro a vità.
Gli Sta non sono legi ma a chiedere pareri alla Corte, ma possono sempre presentare un
proge o di risoluzione in Assemblea Generale, a nché questa chieda un parere. Il parere sarà
decisivo, cioè risolverà la controversia tra le par con e e giuridici vincolan .

Esecuzione delle sentenze internazionali


Nella comunità manca un organo accentrato che possa assicurare la realizzazione coerci va del
diri o. A ualmente l’art.2 par. 4 della Carta delle NU esclude che si possa ricorrere alla forza
armata per costringere lo Stato soccombente ad adempiere, ma è ammissibile l’esercizio di una
contromisura che non compor l’uso della forza armata.
La Carta de a un par colare meccanismo, all’art.94. In caso di inadempimento della sentenza da
parte dello Stato soccombente, , l’altra parte può ricorrere al Consiglio di sicurezza a nché questo
prenda le misure appropriate. Il Consiglio puòdecidere o raccomandare le misure in ques one. È da
notare che la delibera del Consiglio di sicurezza deve essere presa con il voto posi vo dei 5 membri
permanen .

CIG e Consiglio di sicurezza delle NU


Il problema dei rappor tra CIG e Consiglio di sicurezza ha due aspe :
1) La li spendenza, cioè la contemporanea presenza della ques one di fronte ad ambo gli
organi;
2) La competenza della CIG a pronunciarsi sulla legi mità delle risoluzioni del Consiglio.
Quanto al primo punto, la ques one è stata a rontata dalla CIG che ha osservato come non esista
nessuna disposizione della Carta delle NU che precluda alla Corte di rendere la sentenza, qualora il
Consiglio ne sia pienamente inves to. La Corte ha anche a ermato che non esiste nessuna
irregolarità nel caso di contemporaneo esercizio da parte de due organi. Quanto al secondo,, buona
parte della do rina ri ene che alla CIG, purché ne sussista competenza, non sia inibito pronunciarsi
sulla validità delle rela ve risoluzioni, almeno incidenter tantum, poiché una pronuncia erga omnes

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potrebbe pregiudicare l’e cacia inter partes del giudizio.

Poteri del Consiglio di sicurezza in materia di soluzione delle


controversie
Il Consiglio di sicurezza è un organo poli co, tu avia esercita funzioni di natura non giurisdizionale
nel campo della soluzione delle controversie internazionali, che gli sono assegnate dal Capitolo VI
della Carta.
Oltre a portesi a vate motu proprio, il Consiglio di sicurezza può essere a vato da qualsiasi
membro delle NU, dal Segretario Generale o dalla stessa Assemblea in caso di controversie la cui
con nuazione sia susce bile di me ere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale.
Il Consiglio:
1) Ha potere d’inchiesta;
2) Può invitare le par a risolvere paci camente la controversia;
3) Può suggerire un metodo speci co per la risoluzione;

Giurisdizione penale internazionale


I tribunali penali internazionali sono una novità abbastanza recente, essi hanno giurisdizione su
individui accusa di aver commesso un crimine internazionale. Sono sta is tui con risoluzione
del Consiglio di Sicurezza due tribunali internazionali ad hoc:
1) Tribunale per la ex-Iugoslavia;
2) Tribunale per il Ruanda.
Il primo è competente per le infrazioni gravi alle Convenzioni di Ginevra del 1949, le violazioni alle
leggi ed alle consuetudini di guerra, il genocidio ed i crimini contro l’umanità. La competenza del
Tribunale per il Ruanda ha per ogge o solo crimini commessi durante la guerra civile, come il
genocidio, i crimini contro l’umanità e le violazioni gravi dell’art.3 della Convenzionedi Ginevra.
Lo Statuto della CPI è stato ado ato a Roma il 17 luglio 1998. È una stru ura piu osto complessa, e
consiste in:
1) 18 giudici;
2) 1 procuratore;
3) Cancelleria.
I giudici sono ele dall’Assemblea degli Sta par , che è composta da tu gli Sta par dello
Statuto. Il procuratore è ele o a scru nio segreto dalla stessa Assemblea. Il procuratore ha poteri
non trascurabili.
La Corte ha giurisdizione secondo l’art.5 per i seguen crimini:
1) Genocidio;
2) Crimini contro l’umanità;
3) Crimini di guerra;
4) Aggressione.
Per quanto riguarda il genocidio, s è voluto tenere dis nto dai crimini contro l’umanità , l’art.6
ripete la de nizione stabilita dalla Convenzione del 1948 sulla repressione del genocidio.
La sua competenza è fondata sul principio di complementarietà: la Corte può giudicare solo nei casi
in cui un tribunale nazione non intenda o sia e e vamente incapace di svolgere corre amente
l’indagine o di indiziare il processo. Il principio accolto è quello secondo cui coloro che hanno
commesso crimini internazionali non debbono godere d’impunità.
La Corte non ha giurisdizione universale. Essa può giudicare solo quando:
1) Il crimine sia commesso da un ci adino di uno Stato parte;
2) Il crimine sia commesso nel territorio di uno Stato parte;

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3) Una situazione in cui uno più crimini sia deferita alla Corte. Un procedimento dinanzi alla
Corte può essere messo in moto da:
• Stato parte;
• Consiglio di sicurezza;
• Procuratore.

Corte di gius zia della CE


Il sistema giurisdizionale dell’ordinamento comunitario è composto da una Corte e da un
Tribunale di I grado. Le di erenze stru urali tra giurisdizione comunitaria e giurisdizioni
internazionali sono le seguen :
1) La giurisdizione comunitaria ha natura obbligatoria;
2) È generalmente cara erizzata dal doppio grado di giurisdizione;
3) È aperta ai ricorsi individuali.
La Corte si compone i 27 giudici ed è assis ta da 8 avvoca generali. L’avvocato generale presenta
le sue conclusioni prima della ne della procedura. La durata del mandato è di 6 anni. Anche il
Tribunale di I grado è composto da 27 giudici ma non ha un corpo di avvoca generali.
L’art.225 CE a ribuisce al Tribunale la competenza a conoscere in primo grado di tu i ricorsi
dire ad eccezione di quelli devolu ad una camera giurisdizionale e di quelli che lo Statuto riserva
alla Corte di Gius zia. Alla Corte compete conoscere anche il ricorso per infrazione. Inoltre, per
materie speci che da determinare tramite modi che dello Statuto, è previsto che il Tribunale abbia
anche la competenza a tolo pregiudiziale.
La Corte e il Tribunale esercitano competenze in materia di:
1) Controversie n materia d’impiego tra personale e Comunità;
2) Legi mità degli a comunitari che abbiano natura vincolante e non siano pertanto
raccomandazioni o pareri.
Legi ma a vamente sono gli Sta membri, il Consiglio, la Commissione e il Parlamento Europeo.
I vizi per cui l’a o può essere impugnato sono pici di tale diri o(amministra vo interno):
incompetenza; violazione di forme sostanziali, violazione del Tra ato CE o di qualsiasi regola di
diri o rela va alla sua applicazione; sviamento di potere. Un ricorso in annullamento, per gli stessi
mo vi, può avere per ogge o anche una decisione-quadro o una decisione ado ata nel c.d. III
Pilastro.
3) Ricorso in carenza.
Anche in questo caso si tra a di un pico ricorso del diri o amministra vo interno. Il ricorso è volto
ad accertare un’omissionedell’organo e ad obbligare l’organo ad agire (art.232 CE).
4) Inadempimento del Tra ato.
La Commissione(art.226 CE) e gli Sta membri(art.227 CE) possono iniziare un procedimento
contro uno Stato per violazione degli obblighi derivan dal Tra ato CE.
5) Competenza a tolo pregiudiziale.
È volta ad assicurare l’uniforme applicazione del diri o comunitario all’interno degli Sta membri,
quantunque le sentenze della Corte non siano fonte di diri o e non valga nel diri o comunitario la
regola stare decisis. Il diri o comunitario deve essere applicato dal giudice interno, con la
conseguenza che può essere sollevata una ques one d’interpretazione del Tra ato CE o di
interpretazione o validità di un a o delle is tuzioni.
6) Azione in materia di responsabilità extracontra uale della Comunità.

Controversie di cara ere commerciale


Le controversie di cara ere commerciale sono risole nell’ambito dell’OMC, con un sistema
autosu ciente. Poiché la maggior parte degli Sta membri della comunità internazionale è

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membro dell’OMC, tale sistema è diventato quasi universale.


Il sistema di soluzione delle controversie è regolato dall’Intesa sulle norme e sulle procedure che
disciplinano la soluzione delle controversi. Essa è contenuta in un allegato all’Accordo di Marrakesh
e quindi ha natura vincolante. L’Intesa è amministrata dall’OMC e pertanto i suoi organi incidono a
vario tolo sul sistema di soluzione delle controversie.
Gli organismi adde a questa funzione sono i Panels, cos tui di volta in volta, e l’Organo di
appello permanente, composta dise e membri, che siedono a tolo individuale.
I Panels hanno una composizione eminentemente tecnica e possono includere anche persone
appartenen ad una pubblica amministrazione, ma non ci adini degli Sta par della controversia,
salvo accordo contrario. I membri del Panel sono propos dal Segretario alle par della
controversia.
Prima della cos tuzione del Panel, le par della controversia debbono esperire una fase
obbligatoria di consultazioni, che vengono avviate a richiesta di una parte. Se entro 60gg. Dalla
data di ricezione di consultazione la controversia non è risolta, la parte che ha presentato reclamo
può chiedere l’is tuzione del Panel. Dinanzi al Panel si apre una procedura contenziosa con
argomentazioni scri e e orali delle par . Il Panel invia una relazione interinale alle par .
Successivamente le par sono di nuovo udite e il Panel ado a una relazione de ni va e
giuridicamente vincolante.
L’Organo d’appello esamina la relazione del Panel solo so o il pro lo della legi mità e non entra
nel merito. Esso può confermarne, modi carne o annullarne le conclusioni. Solo le par della
controversia possono partecipare alla procedura contenziosa dinanzi all’Organo d’appello.
Con l’adozione da parte del DSB della relazione del Panel o dell’Organo di appello, la fase
contenziosa è conclusa. Si apre quindi la fase rela va all’esecuzione delle decisioni contenute nella
relazione. Questa ha luogo so o l’egida del DSB che può assegnare alla parte soccombente un
termine ragionevole, qualora essa non sia in grado di adempiere immediatamente.

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Capitolo 12 - Individuo e tutela dei diritti dell’uomo


Premessa
Il movimento per la protezione dei diri dell’uomo si è sviluppato a par re dall’entrata in vigore
della Carta delle Nazioni Unite, nel 1945. Tra la metà del XIX secolo e la ne della I guerra
mondiale, ogge o di protezione erano le minoranze religiose. Il Pa o della Società delle
Nazioni(1919) non conteneva nessuna disposizione né sui diri dell’uomo né sulle minoranze.
Disposizioni sulle minoranze furono invece inserite nei tra a di pace conclusi dopo la I guerra
mondiale. La protezione delle minoranze era ogge o di dichiarazioni unilaterali e e uate nei
confron della Soc. delle Nazioni.
In qualche modo è rilevante l’art.22 del Pa o della Società delle Nazioni, is tu vo dei manda sui
territori so ra alle potenze vinte e a da ai vincitori, che assegnava alle potenze mandatarie il
compito di sviluppare il benessere delle popolazioni locali. Nel 1926, fu rmata a Ginevra la
Convenzione contro la schiavitù.
La tutela dei diri umani viene realizzata mediante accordi internazionali, che disciplinano sia i
diri che gli Sta sono obbliga ad accordare agli individui che si trovino so o la loro giurisdizione
sia gli strumen di garanzia.

Le Nazioni Unite
Per quanto riguarda la Carta delle N il rispe o dei diri dell’uomo e la salvaguardia delle libertà
fondamentali gura nel Preambolo e nell’art.1, tra i ni delle NU. Vi sono poi due disposizioni
(ar .55-56) che sono state alla base dell’osservanza dei diri dell’uomo e delle libertà
fondamentali senza discriminazioni e all’obbligo per gli Sta ad agire, colle vamente o
singolarmente, in cooperazione con l’organizzazione per raggiungere i ni stabili .
La Dichiarazione universale dei diri dell’uomo è uno dei primi strumen in cui si prendono in
considerazione i diri degli individui in quanto tali. La Dichiarazione non è uno strumento giuridico
vincolante. Tu avia ha posto le premesse per la s pulazione di tra a in materia di diri umani sia
a livello regionale che universale.
Nel 1948 è stata conclusa la Convenzione per la prevenzione e repressione del deli o di genocidio.
Il divieto di genocidio ha lo scopo di salvaguardare il diri o all’esistenza sica di membri del gruppo
ed è quali cato come un crimine internazionale. I gruppi prote sono quelli nazionali, etnici e
religiosi. A nché un a o possa essere quali cato come genocidio occorre un elemento materiale
ed uno psicologico.
La Convenzione del 1951 rela va allo status di rifugiato e il Protocollo del 1967 non a ribuiscono
agli individui il diri o d’asilo e non obbligano gli Sta a concederlo. Il solo obbligo è il dovere di non
refoulement, cioè l’obbligo di non respingere il richiedente asilo verso le fron ere di uno Stato dove
la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.
Il Pa o sui diri civili e poli ci e il Pa o sui diri economici, sociali e culturali sono due tra a
internazionali che hanno per ogge o rispe vamente i diri civili e poli ci e i diri economici,
sociali e culturali ed entrambi sono del 1966. La tecnica di garanzia delle due categorie di diri è
diversa. Mentre i diri civili e poli ci sono contenu in norme generalmente self- execu ng,
quelli economici, sociali e culturali sono susce bili di a ribuire diri sogge vi perfe , come ad
es. il diri o di sciopero. Gli Sta si obbligano ad a ribuire i diri in ques one progressivamente,
come si evince dall’art.2 par. 1 del Pa o sui diri economici(…). L’art.4 del Pa o sui diri civili
consente la deroga dei diri prote in caso di pericolo pubblicoeccezionale.
L’art.1 dei due Pa garan sce il diri o all’autodeterminazione. Tale diri o, però, è un diri o che
appar ene ai popoli e non agli individui. La realizzazione dell’autodeterminazione è la condizione
per il godimento dei diri individuali. Il Pa o sui diri civili e poli ci dis ngue tra popolo e

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minoranze.
Quanto ai meccanismi di garanzia è previsto l’invio di rappor periodici da parte degli Sta al
Segretario generale delle NU. Circa l’a uazione dei Pa all’interno degli ordinamen statali. Tali
rappor sono esamina da due Comita , entrambi compos da 18 membri indipenden ele dagli
Sta par dei Pa .
Alle convenzioni universali sui diri umani sopra elencate occorre aggiungere la Convenzione
contro la tortura e altri tra amen crudeli, inumani o degradan che con ene un autonomo
sistema di garanzia incentrato nel Comitato contro la tortura.
Nel 2006 è stato is tuito il Consiglio dei diri umani, che succede alla Commissione per i diri
dell’uomo. Commissione e Consiglio sono organismi di Sta , crea , rispe vamente, da una
risoluzione del Consiglio economico e sociale e da una risoluzione dell’Assemblea Generale.
La Commissione era composta da 53 Sta ele dal Consiglio economico e sociale. Oltre ad avere
importan funzioni nel campo norma vo, la Commissione aveva il compito di controllare il rispe o
dei diri dell’uomo all’interno degli Sta membri e di esaminare le ques oni sollevate al riguardo
dagli Sta . Poteva anche in questo contesto rivolgere raccomandazioni al Comitato stesso.
Il 19 giugno 2006 è stato insediato a Ginevra il Consiglio dei diri umani nella speranza di
eliminare l’ine cienza cui ul mamente era prevenuta la Commissione. I 47 membri del Consiglio
sono ele dall’Assemblea Generale a scru nio segreto, con un voto a maggioranza, ma i seggi
vengono distribui secondo il criterio di un’equa ripar zione geogra ca: 13 all’Africa, 13 all’Asia, 6
all’Europa dell’Est, 8 all’America la na e Caraibi, 7 ai paesi occidentali inclusi US e Canada. Il
mandato è di tre anni ed un membro non è immediatamente rieleggibile. Per essere ele , occorre
avere uno standard elevato in materia di diri umani, che dovrà con nuare ad essere osservato.
Il Consiglio può indirizzare raccomandazioni all’Assemblea Generale, ma non al Consiglio di
sicurezza ,che comunque potrà tenerne conto. Il Consiglio dovrà riunirsi più frequentemente della
Commissione, che aveva a disposizione solo 6 se mane in un’unica sessione.

Il Consiglio d’Europa e la Convenzione europea per la salvaguardia dei


diri dell’uomo
Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale fondata nel 1949. Ha la classica stru ura
tripar ta, ed è composto da:
1) Assemblea Consul va;
2) Comitato dei ministri;
3) Segretario Generale.
Il Consiglio non ha poteri norma vi, ed i suoi a sono gli a pici delle organizzazioni
internazionali come le raccomandazioni.L’Assemblea Consul va può ado are risoluzioni di cara ere
generale e raccomandazioni indirizzate al Comitato dei Ministri.
Il Comitato dei Ministri svolge funzioni importan anche per quanto riguarda la Convenzione de
diri dell’uomo. Secondo l’art.46 par.2 della Convenzione, il Comitato ha il compito di sorvegliare
l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diri dell’uomo.
Per diventare membro del Consiglio d’Europa, occorre essere uno Stato europeo e rispe are i
diri fondamentali. La perdita dello status di membro avviene per recesso o espulsione.
L’espulsione si ha qualora uno Stato violi i principi dei diri dell’uomo e venga sospeso dal
Comitato dei Ministri, Comitato che lo inviterà a ri rarsi. Se lo Stato non si ri ra allora viene
espulso.
Uno dei maggiori risulta raggiun dal Consiglio è stata la conclusione della Convenzione Europea
per la salvaguarda dei diri dell’uomo e delle libertà fondamentali, negoziata nel quadro di tale
organizzazione, aperta alla rma a Roma nel 1950, ed entrata in vigore nel 1953. La Convenzione si
compone di due par : la prima di natura sostanziale e la seconda di natura procedurale. Con il

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tempo la Convenzione ha subito delle modi che e delle integrazioni.


Possono diventare par della Convenzione gli Sta membri del Consiglio d’Europa. Le riserve alla
Convenzione sono disciplinate dall’art.57 secondo cui sono vietate le riserve di cara ere generale e
sono ammesse solo quelle di cara ere par colare.
Secondo l’art.1 della Convenzione le alte Par contraen riconoscono ad ogni persona sogge a alla
loro giurisdizione i diri e le libertà de ni dal tolo primo della presente Convenzione. La
Convenzione si applica agli individui, ci adini o stranieri, presen nel territorio di uno Stato parte.
Si applica altresì agli individui su navi o aeromobili ba en la bandiera di uno Stato parte.
I diri garan nella Convenzione sono suddivisi nelle seguen categorie:
1) Libertà delle persone siche;
2) Diri o ad un processo equo;
3) Diri o al rispe o della privacy e della vita familiare;
4) Libertà di pensiero;
5) Protezione dell’a vità sociale e poli ca;
6) Diri o al rispe o dei beni.
La libertà delle persone siche comprendono: il diri o alla vita (art.2); il divieto di tra amen
degradan e inumani (art. 3); il divieto della schiavitù, del lavoro forzato o obbligatorio(art.4); il
diri o alla libertà e alla sicurezza (art.5).
Il diri o ad un processo equo (art.6) ha assunto una grande rilevanza nell’ambito della
Convenzione ed è stato ogge o della maggior parte dei casi giurisprudenziali(oltre il 60%). L’art.6
non riguarda i diri sostanziali garan dalla Convenzione, ma ha per ogge o il diri o alla tutela
giurisdizionale e la regolarità del processo. Il diri o ad un processo equo riguarda sia la materia
civile che quella penale.
Il rispe o alla vita privata, familiare, del domicilio e della corrispondenza(art.8). L’ingerenza
dell’autorità pubblica deve essere prevista per legge e nei casi tassa vi dispos dal par.2 dell’art.8.
La libertà di pensiero comprende la libertà di pensiero, coscienza e religione(art.9), nonché la
libertà di espressione e informazione(art.10). L’art.10 riguarda anche le radiodi usioni e le
trasmissioni televisive.
Diri riconducibili alla protezione dell’a vità sociale e poli ca hanno per ogge o la libertà di
riunione e associazione(art.11) e il diri o a libere elezioni legisla ve. La libertà di associazione
comprende sia il diri o di fondare un sindacato sia il diri o di nonassociarsi, secondo quanto deciso
in materia di adesione obbligatoria ai sindaca . L’art.11 non garan sce il diri o di sciopero.
Il diri o al rispe o dei beni e delle proprietà è previsto dall’art.1 del Protocollo addizionale alla
Convenzione europea dei diri dell’uomo(1952). Titolari di tale diri o sono le persone siche e
giuridiche. Per “beni” debbono intendersi non solo i beni materiali ma anche quelli immateriali,
come i breve . Per aver diri o alla tutela occorre essere tolari del bene, non venendo garan ta
una semplice aspe a va.
L’art.1 non vieta le espropriazioni. La loro legi mità è tu avia assogge ata a determina requisi ,
stabili nel secondo inciso dell’art.1 o ricavabili dalla giurisprudenza. Un provvedimento di
espropriazione è legi mo quando:
1) Sia e e uato per cause di pubblica u lità;
2) Avvenga in condizioni previste dalla legge;
3) Sia accompagnato da un indennizzo;
4) Avvenga in conformità ai principi generali del diri o internazionale.
In casi di even eccezionali, uno Stato può sospendere l’applicazione di taluni diri :
1) Guerra;
2) Pericolo pubblico che minacci la vita della nazione. Esistono poi un nucleo di diri
inderogabili che sono:

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• Diri o alla vita;


• Divieto alla tortura;
• Divieto di schiavitù;
• Principio di legalità.

Corte europea dei diri dell’uomo


La Corte ha sede a Strasburgo, e si compone di un numero di giudici eguale a quello degli Sta par
della Convenzione. I giudici sono indipenden dagli Sta par : la Corte è un organo di individui e
non un organo di Sta . La Corte funziona in permanenza ed è ar colata in:
1) Comita (3 giudici);
2) Camere (7 giudici);
3) Grande Camera (17 giudici).
I Comita operano come una specie di ltro a livello preliminare per i ricorsi presenta da
individui. Il Comitato può dichiarare all’unanimità irricevibile il ricorso individuale, in tal caso, la
decisione è de ni va. Se la decisione del Comitato non è unanime, il ricorso individuale viene
esaminato dalla Camera che si pronuncia sia sulla ricevibilità, sia sul merito del ricorso. Una volta
dichiarato ricevibile il ricorso, la Camera esamina l’a are in contraddi orio tra le par . Essa si
me e a disposizione delle par anche per pervenire ad una soluzione amichevole della ques one.
Secondo l’art.46 della Convenzione, la sentenza de ni va della Corte è obbligatoria. Lo Stato
membro s’impegna a eseguire la sentenza della Corte. Quest’ul ma non ha forza esecu va
all’interno degli ordinamen statali. È una sentenza di puro accertamento, che si limita a statuire
sulla conformità della misura presa con la Convenzione. Pertanto lo Stato è in linea di principio
libero di scegliere le misure ritenute opportune per dare esecuzione alle sentenze. La sentenza
della Corte può provocare l’abrogazione di una legge nazionale, poiché lo Stato, per evitare di
essere nuovamente chiamato in causa dinanzi alla Corte, può disporre l’abrogazione della
norma va in contrasto con la Convenzione europea.
Oggigiorno la Corte non si limita a stabilire se le misure ado ate dallo Stato parte abbiano violato
la disposizione della Convenzione, ma indica gli ostacoli che negli ordinamen interni impediscono
di evitare una violazione della Convenzione. Qualora la Corte consta che ha avuto luogo una
violazione della Convenzione e il diri o interno della parte che ha violato la Convenzione non
consenta di rimediare a tu e le conseguenze dell’illecito, la Corte può accordare alla parte lesa una
soddisfazione equa che consiste in una somma di danaro.
Spe a al Comitato dei Ministri sorvegliare l’esecuzione della sentenza. A questo ne, la Corte
trasme e la sentenza al Comitato. Negli ul mi tempi, il Comitato assunse un ruolo a vo a questo
riguardo e gli Sta gli comunicano le misure prese.
Le categorie di ricorsi che possono essere presenta alla Corte sono di due pi:
1) Individuali: secondo l’art.34 della Convenzione, il ricorso può essere presentato da una
persona sica, un’organizzazione non governa va o gruppo di individui. Condizione per
presentare il ricorso è che il ricorrente sia “vi ma” di una violazione della Convenzione da
parte dello Stato.
2) Statali: secondo l’art.33 della Convenzione, uno Stato membro può presentare un ricorso
contro un altro Stato membro accusandolo di aver violato la Convenzione. Non è
necessario che lo Stato sia materialmente danneggiato dalla violazione.
Sono condizioni di ricevibilità dei ricorsi:
1) Comuni: è condizione comune ad ambo le pologie di ricorsi, l’esaurimento dei ricorsi
interni. Prima di presentare ricorso, il ricorrente deve aver esaurito tu mezzi interni di
ricorso, deve cioè avere esaurito tu i gradi di giudizio.
2) Individuali: il ricorso è considerato irricevibile quando è anonimo, si tra a dello stesso

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ricorso proposto ad un’altra istanza internazionale e non è compa bile con la


Convenzione; è manifestamente infondato o abusivo.
Alla Corte è stata a ribuita la competenza di ado are pareri consul vi su richiesta del Comitato dei
ministri del Consiglio d’Europa. I pareri non hanno e e giuridici vincolan e sono resi dalla
Grande Camera. La Corte può indicare misure cautelari nell’interesse delle par o della corre a
conduzione del procedimento, ma esse non sono giuridicamente vincolan .

-Esecuzione delle sentenze nell’ordinamento italiano-


Le inizia ve legisla ve volte a disciplinare organicamente la materia non sono andate a buon ne.
L’unico provvedimento di rilievo è cos tuito dalla L. 9 gennaio 2006, n.12 recante “Disposizioni in
materia di esecuzione delle pronunce della Corte dei diri dell’uomo”, che modi ca l’art.5 della L.
n. 400/1988 a ribuendo al Presidente del Consiglio il compito di promuovere gli adempimen di
competenza governa va conseguen alle sentenze della Corte.
La L.27 dicembre 2006, n.296 con ene una disposizione volta a razionalizzare le procedure si spesa
per il pagamento di somme di danaro conseguen alle pronunce della Corte europea dei diri
dell’uomo, disponendo che i pagamen siano e e ua dalMinistero dell’Economia e delle Finanze.
Per potere dare esecuzione alla sentenza, in alcuni casi, non resta che consen re la revisione della
sentenza passata in giudicato. Par colarmente urgente sarebbe una modi ca dell’art.630 del cpp
per introdurre come mo vo di revisione del giudicato una sentenza della Corte europea che
accertasse una grave violazione della Convenzione.
La Corte di Cassazione ha escluso che le sentenze della Corte europea dei diri dell’uomo abbiano
e cacia dire a nell’ordinamento italiano. Esse non potrebbero, sempre a parere della Corte di
Cassazione, essere paragonate alle sentenze pronunciate dalla Corte di Gius zia CE a tolo
pregiudiziale, che vincolano espressamente il giudice di rimessione.
Fondandosi sulla L. n. 12/2006 e sulla L. di autorizzazione alla ra ca ed esecuzione del Protocollo
n.14 la Corte d Cassazione ha disa eso il precedente orientamento giurisprudenziale inaugurando
un nuovo corso. Secondo la Cassazione il combinato disposto dalla L. n. 280/2005 e della L. n.
12/2006 comportano l’obbligo per il giudice interno di eseguire la sentenza della Corte di
Strasburgo.
Il principio dell’intangibilità del giudicato è stato ribadito di recente dalla Cassazione penale nella
sent. 11 dicembre 2008, n.45807. In tal caso la Suprema Corte in applicazione analogica dell’art.625
bis cpp ha in pra ca parzialmente rimosso l’e cacia di giudicato di una sua precedente sentenza
resa a seguito di processo considerato non equo dalla Corte europea. In un altro pronunciamento la
Cassazione ha a ermato che il giudice dell’esecuzione deve considerare ine cace il tolo esecu vo
formatosi in seguito ad un processo dichiarato dalla Corte europea dei diri dell’uomo in contrasto
con l’art. 6 dellaConvenzione ed ha disposto l’immediata liberazione del ricorrente.

-Il Protocollo n.14-


Il Protocollo n. 14 della Convenzione dei diri dell’uomo è stato aperto alla rma il 13 maggio
2004, ed entrerà in vigore tre mesi dopo che tu gli Sta della Convenzione lo avranno ra cato.
Viene is tuito il sistema del giudice unico, Quindi la Corte sarà ar colata in Giudice unico, Comita
di tre giudici, Camere di se e giudici e Grande Camera di diciasse e giudici.
Il Giudice Unico può dichiarare irricevibile il ricorso proposto da individui e la sua decisione è
de ni va. In caso contrario il ricorso è trasme o a un Comitato o a una Camera. A sua volta il
Comitato se non respinge il ricorso, può dichiararlo ricevibile e decidere nel merito, qualora la
fa specie sia ricompresa nella giurisprudenza consolidata dalla Corte (c.d. ricorsi ripe vi).
Per i ricorsi individuali viene stabilito un nuovo mo vo di irricevibilità. Il ricorso viene dichiarato
irricevibile qualora il ricorrente non abbia subito un pregiudizio signi ca vo, tranne che la

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salvaguardia dei diri dell’uomo non richieda un esame nel merito e purché la ques one sia stata
adeguatamente esaminata dal tribunale nazionale competente.
La procedura di esecuzione delle sentenze della Corte viene migliorata, mediante l’is tuzione di
una sorta di giudizio per inadempimento, sulla falsariga di quello esperibile dinanzi alla Corte di
Gius zia delle Comunità Europee. Qualora lo Stato soccombente non adempia, il Comitato dei
Ministri del Consiglio d’Europa può portare la ques one dinanzi alla Corte. Se viene constatato che
lo Stato non ha eseguito la sentenza, la ques one viene di nuovo rimessa al Comitato dei Ministri
che deciderà le misure da prendere.

Unione Europea
La tutela dei diri umani nell’ordinamento comunitario si è a ermata in via giurisprudenziale ed è
stata successivamente consacrata nelle disposizioni convenzionali. La Corte di Gius zia delle
Comunità europee ha più volte a ermato che la protezione dei diri umani fondamentali è uno
degli obie vi della Comunità. In par colare la protezione dei diri umani fondamentali
rientrerebbe tra i principi generali dei diri o comunitario, principi che vengono applica alla Corte
di Gius zia.
Tali principi vengono ricava da:
1) Tradizioni cos tuzionali degli Sta membri;
2) Trattati internazionali sui diri dell’uomo.
Il Tra ato di Maastricht sull’UE ha consacrato i principi evidenzia , stabilendo nell’art.6, par. 2, che
l’UE rispe a i diri fondamentali:
1) Quali garan dalla Convenzione europea dei diri dell’uomo;
2) Quali risultano dalle tradizioni cos tuzionali degli Sta membri, in quanto principi generali
del diri o comunitario.
Un ulteriore progresso si è avuto con l’art.6, par.1 dove viene stabilito che l’Unione si fonda sui
principi di libertà, democrazia, rispe o de diri dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello
stato di diri o, principi che sono comuni agli Sta membri. La protezione dei diri dell’uomo ispira
anche la poli ca internazionale dell’Unione, sia per quanto riguarda la poli ca estera sia per
quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo.
Con il Tra ato di Maastricht, la competenza della Corte di Gius zia si è estesa alla tutela dei diri
dell’uomo, ma soltanto il relazione alle a vità delle is tuzioni e non a quelle degli Sta membri.
Non potrà pertanto essere presentato ricorso contro unprovvedimento di diri o interno dinanzi alla
Corte di Gius zia. Tale ripar zione di competenze dovrebbe essere idonea, in linea di principio a
scongiurare eventuali con i di competenza tra Corte di Gius zia e Corte europea dei diri
dell’uomo.
Non potrà essere esperito un ricorso pregiudiziale alla Corte di Gius zia per far constatare
l’incompa bilità di una norma va interna in contrasto con il diri o comunitario. Un altro
importante principio è stato a ermato dalla Corte di Gius zia nella sentenza del 3 se embre 2008,
avente ad ogge o l’impugnazione del regolamento comunitario che dava esecuzione alle decisioni
del Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite, rela vo alle restrizioni ai diri di proprietà delle
persone incluse nella lista delle decisioni del Consiglio.
-Sezione VI (Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa)-
La ques one dei diri dell’uomo ha assunto un’importanza decisiva nell’OSCE, le cui fondamenta e
a poggiano su strumen di so law. Il sistema di protezione dei diri dell’uomo nell’OSCE merita
una disamina mediante una descrizione degli strumen e procedure previs :

-La dimensione umana-


Nel sistema OSCE, la tutela dei diri umani si con gura come dimensione umana. La dimensione

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umana è una creazione avvenuta nell’ambito dell’OSCE. La dimensione umana era un modo per far
acce are ai Paesi dell’Es che i diri umani fossero inseri nel contesto della CSCE. La nozione di
dimensione umana è ormai diventata indipendente da quella dei diri dell’uomo:
1) La nozione di dimensione umana è più ampia, poiché copre anche i rappor tra le
is tuzioni;
2) Gli impegni OSCE sono di natura poli ca, mentre i diri dell’uomo sono tutela a livello
di strumen giuridicamentevincolan ;
3) Gli impegni OSCE diventano vincolan per gli Sta non appena il rela vo documento è
stato ado ato;
4) Gli impegni OSCE non comportano un processo forma le di esecuzione negli
ordinamen interni, a di erenza deitra a in materia di diri umani.
5) La dimensione umana è da inquadrare nel conce o di sicurezza coopera va, che ha un
fondamento non con i uale edè basata sulla prevenzione dei con i ,
6) Gli individui , nel quadro OSCE, non possono me ere in moto meccanismi di tutela dei loro
diri ;
7) Nel quadro OSCE non si applica il meccanismo del previo esaurimento dei ricorsi interni.

-Il meccanismo della dimensione umana-


Nel quadro OSCE, i diri umani sono tutela mediante l’esercizio di procedimen che consistono
nel “meccanismo della dimensione umana”. Essa è una procedura volta ad assicurare il rispe o
delle disposizioni sui diri umani contenute nei documen per nen dell’OSCE e si ar cola in
qua ro fasi:
1) Denuncia dell’inosservanza da parte di uno Stato;
2) Risposta dello Stato richiesto e eventuale incontro;
3) Trasmissione della ques one all’a enzione di tu gli Sta ;
4) Discussione della ques one in occasione delle riunioni della Conferenza.
Esistono due gruppi di persone che intervengono nella procedura: esper e rapporteurs. Essi sono
chiama ad operare secondo procedure de agliate, dalla più semplice, che consiste nella richiesta
di una missione da parte dello Stato interessato, alla più complessa che prevede l’intervento
obbligatorio del terzo.
Il meccanismo ha perso d’importanza, poiché le discussioni rela ve all’applicazione dei diri
umani da parte dei Paesi partecipan avvengono nel Consiglio Permanente.

-Alto commissario per le minoranze nazionali-


Alla Conferenza al ver ce di Helsinki nel 1992 si è voluto ra orzare la stru ura is tuzionale
dell’OSCE, creando l’u cio di Alto Commissario per le Minoranze Nazionali, allo scopo di far fronte
ai nuovi compi richies da una situazione internazionale radicalmente mutata nel Con nente
europeo. Il Commissario è nominato per consensus dal Consiglio dei Ministri ed ha una funzione
che lo porta ad interagire con gli organismi poli ci dell’Organizzazione.
L’alto Commissario è uno strumento di prevenzione dei con i per quanto più possibile nella fase
iniziale. Egli non interviene in relazione a casi individuali, ma esplica le sue funzioni quando vi siano
tensioni concernen una minoranza nazionale, potenzialmente idonee a trasformarsi in un
con i o, che por un pregiudizio alla pace, ala stabilità o alle relazioni fra gli Sta partecipan .
L’Alto Commissario deve pure astenersi dall’intervenire quando il con i o compor la
commissione di a organizza di terrorismo. Conformemente alla visione di sicurezza della
protezione delle minoranze, l’intervento dell’Alto commissario presuppone la violazione delle
disposizioni OSCE sulle minoranze.
Le funzioni dell’Alto commissario consistono nel preallarme e nell’azione preven va. Egli può

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intervenire in loco con il consensodello Stato territoriale.

-Le missioni di lunga durata-


Le missioni di lunga durata non sono menzionate nel Documento di Helsinki(1992), ma sono la
creazione della prassi. Mandato, consistenza sono stabili dagli organi poli ci dell’OSCE e le
missioni di lunga durata possono svolgere molteplici compi , dal monitoraggio al peace-keeping
alla sorveglianza sull’a uazione delle disposizioni sui diri umani.

Principio di autodeterminazione dei popoli


Limi incisivi alla libertà dello Stato all’interno del proprio ordinamento derivano dal principio di
autodeterminazione dei popoli. Si è soli dis nguere tra autodeterminazione interna ed esterna.
La prima conferisce ad ogni popolo il diri o di avere un ordinamento rappresenta vo e
democra co, la seconda comporta il diri o di ogni popolo ad avere la forma statale che desidera
nell’ambito della comunità internazionale.
L’indipendenza non è il solo modo di realizzazione dell’autodeterminazione esterna; esistono altri
qua ro modi, ovvero:
1) Nascita di uno Stato indipendente;
2) Libera associazione ad uno Stato indipendente;
3) Integrazione in uno Stato indipendente.
4) Acquisizione di ogni altro status poli co liberamente deciso dal popolo.
Buona parte della do rina considera il principio di autodeterminazione come appartenente allo ius
cogens. La CIG ha a ermato che esso è uno dei principi essenziali del diri o internazionale e ne ha
statuito la natura di norma is tu va di obblighi erga omnes.
Il diri o all’autodeterminazione deve essere contemperato con il principio dell’integrità territoriale
degli Sta . Le prime risoluzioni an colonialiste dell’Assemblea Generale, da una parte hanno
riconosciuto il principio di autodeterminazione dei popoli, ma hanno a ermato il principio
dell’integrità territoriale non solo degli Sta , ma anche dell’unità territoriale ogge o del diri o
all’autodeterminazione. Il principio è a ermato dal par.7 della risoluzione sulle relazioni amichevoli.
Il diri o internazionale non favorisce la secessione. Anzi amme e che il governo al potere possa
reprimere un movimento secessionista. Tu avia se la secessione ha luogo non è indi erente al
diri o internazionale. Il processo di secessione viene ricondo o nell’ambito del diri o
internazionale, nel senso che gli insor debbono svolgere le loro operazioni belliche in conformità
con il diri o internazionale umanitario e che al territorio ogge o della secessione, si applichi il
principio dell’u posside s.
Il principio di autodeterminazione dei popoli è cara erizzato da:
1) Irretroa vità;
2) Universalità;
3) Permanenza.
L’autodeterminazione quindi non ha portata retroa va, vale per tu i popoli ed ha cara ere
permanente, ovvero che una volta esercitato non si consuma.
Inteso come autodeterminazione esterna, l’autodeterminazione è un diri o che fa capo ai popoli
so o dominazione coloniale o razzista, o che si trovano in una situazione assimilabile a un regime
coloniale. La natura giuridicamente vincolante del principio ha trovato conferme nella sentenza
della CIG su Timor Est (1995).
Nel 1998 la Corte suprema del Canada, nel pronunciarsi sulla pretesa del Quebec di secedere alla
madrepatria, ha a ermato che l’autodeterminazione spe a alle ex colonie, ai popoli assogge a
ad una dominazione militare straniera, e ad un gruppo sociale ben de nito che si vede ri utare un
accesso e e vo alle autorità pubbliche, rivolto ad o enere il suo sviluppo poli co, economico,

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sociale e culturale. La risoluzione non legi ma la secessione, ma la protezione dell’integrità


territoriale vale nella misura in cui il governo a potere sia rappresenta vo dell’intero popolo, senza
discriminare quanto a razza, credo o colore.
Le minoranze non sono popoli e non sono tolari di un diri o di autodeterminazione. Per le
minoranze, la dimensione interna dell’autodeterminazione può essere a uata tramite la
concessione dell’autonomia.
La tema ca dei popoli indigeni stanzia in Sta indipenden è da inquadrare nell’ambito della
protezione delle minoranze piu osto che in quella dell’autodeterminazione, malgrado alcune
posizioni radicali recentemente prospe ate. S tra a di tutelare l’iden tà di tali popoli,
impedendone l’assimilazione e nnello stesso tempo di garan re loro diri colle vi.
Il Consiglio dei diri umani è riuscito ad ado are una Dichiarazione il 29-6-2006 prendendo come
base il proge o elaborato dalla so ocommissione delle NU sulla prevenzione della discriminazione
e protezione delle minoranze. La Dichiarazione riconosce ai popoli indigeni il diri o
all’autodeterminazione precisando tu avia che la sua a uazione comporta l’autonomia e
l’autogoverno. Prova ne sia che la Dichiarazione sui diri dei popoli indigeni a ribuisce a tali
popoli il diri o all’autodeterminazione nella sua con gurazione di autodeterminazione interna.

Crimini Internazionali
Vengono tradizionalmente de ni crimini internazionali a vità individuali lesive di beni
par colarmente prote dal diri o internazionale. La gravità della lesione è tale che essa arreca un
grave pregiudizio all’intera comunità internazionale, con la conseguenza che tu gli Sta membri
sono in line di principio interessa alla repressione dei crimini internazionali.
I crimini internazionali possono essere commessi da semplici individui oppure da individui organi.
Gli a lesivi, restano in qualche modo propri degli individui che li hanno commessi, e il diri o
internazionale autorizza la loro repressione senza tener conto della qualità di organi statali degli
individui che hanno compiuto l’a o. Viene meno cioè la c.d. immunità organica o funzionale.
L’a uale dis nzione dei crimini internazionali in tre categorie può essere fa a risalire all’Accordo di
Londra dell’8-8-1945, is tu vo del Tribunale di Norimberga. L’art.6 dell’Accordo dis ngueva i
crimini internazionali in:
1) Crimini contro la pace;
2) Crimini di guerra;
3) Crimini contro l’umanità.
Appar ene alla prima categoria, l’aggressione. L’art.6 a) dell’Accordo di Londra dell’8-8-1945 non
de nisce in cosa consista l’aggressione. Si limita a quali care come crimini contro la pace i seguen
a : proge azione, preparazione, scatenamento e con nuazione di una guerra di aggressione o di
una guerra di violazione di tra a . La conferma che la guerra di aggressione siaun crimine contro la
pace è data da due risoluzioni dell’Assemblea generale, la ris. 2625 e la ris. 3314.
I crimini di guerra consistono in violazioni gravi delle leggi e consuetudini di guerra. Deve tra arsi
di una lesione par colarmente quali cata di beni prote dal diri o bellico, che può avere per
ogge o norme che disciplinano la condo a delle os lità sia norme a cara ere più squisitamente
umanitario. Le norme hanno trovato una prima codi cazione nel Regolamento annesso alla IV
Convenzione dell’Aja (1907).
Sono quali ca come crimini di guerra:
1) Uccisione;
2) Maltra amen ;
3) Deportazione;
4) Uccisione e maltra amento prigionieri di guerra;
5) Esecuzione di ostaggi;

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6) Saccheggio di beni pubblici e priva ;


7) Distruzione senza mo vo di ci à o villaggi;
8) Devastazioni non gius cate da ni militari.
Più precise sul punto sono le qua ro Convenzioni di Ginevra, che considerano infrazioni gravi:
1) A commessi contro persone prote e;
2) // contro mala ;
3) // contro prigionieri;
4) // contro naufraghi;
5) // contro civili.
Un elenco dei crimini contro l’umanità è contenuto nell’art.6 c) dell’Accordo di Londra dell’8
Agosto 1945, questo elencocon ene:
1) Sterminio;
2) Riduzione di popoli in schiavitù;
Tali crimini venivano dichiara punibili in quanto fossero perpetra in esecuzione dei crimini di
guerra o dei crimini contro la pace.
I crimini contro l’umanità hanno assunto un’autonoma con gurazione nell’ordinamento
internazionale, com’è possibili desumere dallo Statuto del Tribunale per il Ruanda. Appar ene
sicuramente alla categoria dei crimini contro l’umanità il genocidio. Il genocidio è quali cato come
crimine internazionale da vari strumen , come la ris. 96 dell’11 dicembre 1946; la Convenzione del
9-12-48 e la CIG.
Gli Statu dei Tribunali per l’ex-Iugoslavia e per il Ruanda indicano una serie di a che
cos tuiscono crimini contro l’umanità, qualora siano dire contro la popolazione civile. Deve
tra arsi di a compiu su vasta scala ed in maniera di usa, che coinvolgono una pluralità di autori
ed una pluralità di vi me. Tale condizione è ben precisata nel paragrafo introdu vo dell’art.3 dello
Statuto del Tribunale per il Ruanda.
Tra i crimini contro l’umanità viene fa a rientrare anche la pirateria iuris gen um, la cui nozione è
data dall’art.15 della Convenzione di Ginevra sull’alto mare. Il crimine consiste nella perpetrazione
di a di violenza, detenzione e depredazione, per ni priva , da equipaggi o passeggeri di una nave
od aeromobile privato contro un’altra nave od aeromobile. Il crimine per poter essere quali cato
pirateria, deve essere commesso in alto mare o nello spazio aereo sovrastante.
Dai crimini internazionale occorre tenere dis n i crimini di diri o interno internazionalmente
impos . Si tra a di rea normalmente previs dagli ordinamen nazionali che non sono con gura
autonomamente dall’ordinamento internazionale.
La repressione dei crimini internazionali può avvenire ad opera dei tribunali internazionali oppure
ad opera dei tribunali interni. Il concorso tra tribunali internazionali e interni trova disciplina nello
Statuto della CIG. Il principio dell’universalità della giurisdizione ha trovato la sua applicazione nel
meccanismo per la repressione delle infrazioni gravi disciplinato dalle qua ro Convenzioni di
Ginevra. Secondo le Convenzioni, ogni parte contraente ha il diri o ed il dovere di ricercare e
processare i colpevoli di infrazioni gravi.

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Capitolo 13 - Trattamento persone fisiche e


giuridiche straniere
Premessa
La ques one del diniego di gius zia che tradizionalmente fa parte della tema ca rela va al
tra amento degli stranieri, può essere esaminata so o il pro lo del diri o dell’accesso alla gius zia
e ad un equo e giusto processo, di regola garan to dalle convenzioni regionali e universali in
materia dei diri dell’uomo. Eguali considerazioni valgono per le persone giuridiche.
Le norme in materia di diri umani sono di regola formulate a garanzia di tu gli individui
so opos al potere d’imperio dello Stato; al contrario quelle rela ve agli stranieri hanno per
ogge o una ben più delimitata categoria di persone. Talune regole in materia di diri umani
a ribuiscono diri ai ci adini ma non agli stranieri; quelle rela ve agli stranieri sono poste a
protezione degli Sta e solo in forma mediata dell’individuo; vi sono taluni is tu , come la
protezione diploma ca, che sono peculiari del tra amento degli stranieri.

Ammissione e allontanamento stranieri


Lo Stato è libero di amme ere gli stranieri nel proprio territorio. Può accordare o negare l’ingresso
e non esiste alcuna norma di diri o internazionale generale al riguardo. Anche per quanto riguarda
l’asilo, lo Stato non ha alcun obbligo di amme ere il richiedente asilo nel proprio territorio. Lo
Stato è pure libero di allontanare gli stranieri presen , ma esiste una norma consuetudinaria che
proibisce le espulsioni in massa di stranieri.
Regole convenzionali possono de are una disciplina ad hoc, ad es., nell’ambito dell’UE i ci adini
degli Sta membri hanno diri o alla libera circolazione, termini stabili dal Tra ato CE, all’interno
del territorio dell’UE. Una par colare categorie di persone, che gode di un diri o di circolazione
all’interno di una fascia di con ne a cavallo di due Sta , è quella dei c.d. lavoratori transfrontalieri.
Di regola gli Sta si accordano per la reciproca ammissione dei rispe vi ci adini mediante tra a
adhoc.
Lo Stato è libero di amme ere gli stranieri, ma può anche assogge arne l’ingrasso al possesso di
un documento d’iden tà e a determinate condizioni. Per gli apolidi, viene rilasciato un documento
di viaggio dall’organizzazione competente o dallo Stato in cui sono stanzia . Per i rifugia o
richieden asilo, l’art.14 della Dichiarazione universale dei diri dell’uomo del 1948 a ribuisce ad
ogni individuo il diri o di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
In materia di ingresso, il solo obbligo consiste nel non-refoulement, cioè il non respingimento del
rifugiato verso le fron ere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa
della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad una
determinata categoria sociale o delle sue opinioni poli che.
Nell’ordinamento italiano, esiste una prescrizione a livello cos tuzionale. L’art.10, 3° comma,
dispone che lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’e e vo esercizio delle libertà
democra che garan te dalla Cos tuzione italiana ha diri o d’asilo nel territorio della Repubblica,
secondo le condizioni stabilite dalla legge.

Tra amento degli stranieri


Lo straniero non gode di alcun privilegio nello Stato ospite ed è so oposto alla giurisdizione dello
Stato territoriale. Durante il periodo di espansione degli imperi coloniali, vigeva il regime delle
capitolazioni, in virtù del quale i suddi delle potenze occidentali erano sen dalla giurisdizione
locale e venivano giudica da tribunali ad hoc.

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Pur essendo so oposto alla giurisdizione dello Stato territoriale, lo straniero non è sogge o ai
doveri che sono peculiari dello status civita s. Ad es., lo straniero non può essere obbligato alla
prestazione del servizio militare, tranne che non abbia da tempo residenza nel territorio dello
Stato. La nostra Corte Cos tuzionale ha a ermato che gli stranieri, secondo una norma di diri o
internazionale generale immessa nel nostro ordinamento tramite l’art. 10, 1° comma, Cost.,non
possono essere so opos all’obbligo di prestare servizio militare, poiché occorre il sorgere di
con i o con lo Stato nazionale.
Lo Stato è libero di arruolare come volontari gli stranieri nel proprio esercito, non con gurandosi in
tal caso la fa specie del mercenariato. Neppure è ammissibile la so oposizione a imposte dire e
personali, tranne che vi sia un criterio di collegamento con lo Stato estero dato dalla presenza nel
territorio o dalla produzione del reddito, anche per quanto riguarda i diri , lo straniero non può
essere pari cato al ci adino e pertanto non godrà dei diri poli ci connessi alla ci adinanza, come
la partecipazione al processo ele orale.
In caso di arresto, lo straniero ha diri o all’assistenza in giudizio da parte di un difensore, secondo
quanto si legge in una nota del Dipar mento di Stato Usa del 4 agosto 1958, rela va alla detenzione
e al processo di un ci adino americano in Indonesia.
Lo straniero ha diri o ad allontanarsi dallo Stato di soggiorno.
Le due regole che hanno per ogge o il tra amento degli stranieri sono quelle rela ve al minimum
standard internazionale e aldiniego di gius zia.
Per minimum standard internazionale si intende il tra amento che deve essere riservato allo
straniero, secondo quello che è lo standard delle nazioni civili. Deve tra arsi di uno standard
e e vamente applicato e non è su ciente che esso sia astra amente previsto dalla legislazione. Il
tra amento dello straniero secondo lo standard nazionale dello Stato territoriale è in genere
conforme alla regola del minimum standard internazionale.
Il diniego di gius zia ha per ogge o l’accesso dello straniero ai tribunali dello Stato territoriale. Lo
straniero ha diri o che la sua causa sia udita da un tribunale locale. Qualora gli sia impedito, lo
Stato territoriale comme e un illecito internazionale nei confron dello Stato di cui lo straniero è
ci adino. Lo Stato territoriale può subordinare l’accesso ai propri tribunali a condizioni, ad es., alla
cau o iudicatum solvi.
Le nozioni di minimum standard e di diniego di gius zia sono abbastanza nebulose e le sentenze
arbitrali non aiutano a costruire regole chiare ed univoche. Oggi le due nozioni sono in parte
superate dalle norme in materia di diri dell’uomo. Per il minimum standard, occorre far
riferimento alle norme sui diri dell’uomo che assicurano a tu gli individui , ci adini e stranieri
un determinato tra amento. Per quanto riguarda l’accesso alla gius zia, questo è ricompreso nel
diri o ad un processo equo.

Persone giuridiche/ci adinanza persone siche e nazionalità delle


persone giuridiche
Per le persone giuridiche valgono i principi già elabora per le persone siche. Il diri o di
stabilimento può essere accordato solo con a o unilaterale dello Stato territoriale o mediante
tra ato, che di solito prevede la reciprocità.
Gli Sta godono di ampia libertà nell’a ribuzione della ci adinanza agli individui. La CPGI nel
Parere consul vo rela vo ai “Decre di nazionalità in Tunisia e Marocco” statuì che le ques oni di
nazionalità sono ricomprese in linea di principio nel dominio riservato degli Sta . Per l’a ribuzione
automa ca della ci adinanza, gli Sta usano due criteri di collegamento principali:
1) Ius sanguinis: essere discendente di un proprio cittadino;
2) Ius soli: essere nato nel territorio.
La libertà degli Sta in materia di a ribuzione della ci adinanza è riconosciuta dall’art.1, 1°

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comma, della Convenzione internazionale dell’Aja, secondo cui aspe a a ciascuno Stato
determinare con la propria legislazione quali siano i suoi ci adini. Il 2° comma della disposizione
aggiunge che tale legge deve essere compa bile con le convenzioni internazionali, con la
consuetudine internazionale e con i principi di diri o generalmente riconosciu in materia di
ci adinanza. L’art.3 della Convenzione europea sulla ci adinanza del 1997 è conforme a quanto
stabilito dalla Convenzione dell’Aja.
Quanto al diri o convenzionale occorre ricordare l’art.9 par. 1, della Convenzione sul divieto di
tu e le forme di discriminazione razziale nei confron delle donne del 1979 obbliga gli Sta a
garan re che il matrimonio con uno straniero possa automa camente mutare la ci adinanza della
moglie o renderla apolide. Il Protocollo facolta vo alla Convenzione di Vienna del 1961 sulle
relazioni diploma che stabilisce che i membri della missione e i familiari conviven non
acquisiscano la ci adinanza dello Stato accreditatario per e e o della sua legislazione.

Protezione diploma ca delle persone siche e giuridiche


La CDI ha ado ato nel 2006 un Proge o di ar coli sulla protezione diploma ca con rela vo
commento, che potrebbe cos tuire la base di una futura conferenza di codi cazione. Qualora la
violazione di una norma di diri o internazionale provochi un danno ad una persona sica o
giuridica, lo Stato di cui la persona è ci adino o ne abbia nazionalità, ha diri o di intervenire in
protezione diploma ca nei confron dell’autore dell’illecito, mediante rimostranze, richieste di
risarcimento o l’instaurazione diun procedimento concilia vo o giurisdizionale purché ne ricorrano i
presuppos .
È un principio elementare del diri o internazionale quello che autorizza lo Stato a proteggere i
propri ci adini che siano lesi da a contrari al diri o internazionale commessi da un altro Stato dal
quale non abbiano potuto tenere soddisfazione per le vie ordinarie. Facendosi carico della causa di
uno dei suoi suddi , ricorrendo in suo favore all’azione diploma ca o a procedimen giudiziari
internazionali, tale Stato fa valere un diri o suo proprio il diri o che ha di far rispe are, nella
persona dei suoi ci adini, il diri o internazionale.
L’esercizio della protezione diploma ca è condizionato al previo esaurimento dei ricorsi interni. Lo
Stato può intervenire solo dopo che l’individuo o la persona giuridica abbiano espletato tu i
rimedi disponibili nell’ordinamento dello Stato che ha commesso l’illecito, si tra di giurisdizione
ordinaria o amministra va o di mezzi di ricorso straordinari. I ricorsi s’intendono esauri e lo Stato
può intervenire in protezione diploma ca, qualora l’ordinamento interno dello Stato del foro non
abbia un apparato giurisdizionale adeguato o comunque non appres ricorsi e e vi.
La regola del previo esaurimento dei ricorsi interni obbedisce ad un palese criterio di economicità.
Qualora l’individuo riesca ad o enere la soddisfazione delle proprie pretese di fronte ai tribunali
dello Stato che ha commesso l’illecito, il ricorso dello Statonazionale non è più esperibile. La regola
del previo esaurimento può essere ogge o di una rinuncia espressa, come nel caso dell’art.26 della
Convezione ICSID.
Il diri o ad intervenire in protezione diploma ca può essere ogge o di rinuncia da parte dello
Stato, spe andone a ques la tolarità. Le clausole inserite nei contra di concessione tra
individuo e Stato straniero, per cui il primo s’impegnava a rinunciare alla protezione diploma ca e
a so oporre la controversia esclusivamente alla giurisdizione locale (c.d. clausola Calvo). La
clausola Calvo, pertanto avrebbe solo un valore residuale, cioè varrebbe nei casi in cui i rimedi
interni non siano e e vi o l’individuo abbia subito un diniego di gius zia.
L’esercizio della protezione diploma ca spe a allo Stato di cui l’individuo ha ci adinanza. Per gli
apolidi vale il criterio della residenza. Di regola la nazionalità dello stato che interviene in
protezione diploma ca deve essere posseduta sia al momento in cui l’individuo subisce il danno sia
al momento in cui lo Stato interviene in protezione diploma ca.

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L’art.9 del Proge o di ar coli della CDI fa riferimento come criterio per l’a ribuzione della
nazionalità, a quello del luogo di incorporazione, che normalmente coincide con lo Stato in cui è
stanziata la sede amministra va della società e il suo controllo nanziario. Qualora non vi sia
coincidenza, l’art.9 amme e che possa essere considerato come Stato nazionale, ai ni della
protezione diploma ca, uno Stato diverso da quello del luogo di incorporazione solo se siano
soddisfa i seguen tre criteri:
1) La società è controllata da ci adini di un altro Stato;
2) La sede di cos tuzione della società è meramente nominale.

Nazionalizzazioni
In genere si dis ngue tra nazionalizzazioni, espropriazioni e con sca. Le prime hanno per ogge o
un’intera categoria di beni e servizi e sono a uate mediante provvedimen legisla vi, le seconde
hanno per ogge o singoli beni e sono di regola eseguite mediante un provvedimento
amministra vo. La con sca denota l’acquisizione forzosa di un bene senza la corresponsione di
alcun indennizzo.
Vi possono essere misure equivalen , che non presuppongono il formale spossessamento del
proprietario, quali ad es. l’eccessiva tassazione o misure restri ve penalizzan la
commercializzazione dei beni dell’impresa. Si tra a di espropriazioni indire e o striscian , a uate
mediante misure regolatorie.
Le nazionalizzazioni sono legi me purché sia corrisposto un indennizzo. Altrimen , lo Stato
nazionalizzante o espropriante comme e un illecito internazionale. Sono comunque vietate le
nazionalizzazioni discriminatorie operate come misura persecutoria per mo vi razziali o per colpire
una par colare categoria di stranieri.
Il problema più controverso in materia di nazionalizzazioni riguarda l’indennizzo. Non si dubita che
esso debba essere corrisposto, ma le sue modalità sono ogge o di controversia tra gli Sta
esportatori di capitale e gli Sta che ospitano inves men . Secondo gli Sta esportatori, le
modalità di corresponsione sono quelle elaborate dal Segretario degli Sta Uni Cordell Hull.

Protezione degli inves men all’estero


Tra gli Sta esportatori di capitale e quelli importatori si sono veri cate spesso tensioni, che hanno
messo a repentaglio gli inves men e e ua da persone siche e giuridiche. Recentemente la CIG
si è pronunciata per l’appartenenza al diri o internazionale consuetudinario del principio della
sovranità permanente degli Sta sulle loro ricchezze naturali.
I contra di concessione sono s pula tra persone siche o giuridiche straniere e lo Stato ospite.
Essi non sono accordi internazionali. Il contra o di concessione può tu avia prevedere la
regolamentazione, in tu o o in parte mediante il rinvio ad una legislazione straniera. Uno dei modi
in cui gli inves tori si proteggono da mutamen legisla vi indesidera consiste nella s pulazione
di clausole di stabilizzazione, volte a rendere privi di e e riguardo al contra o in cui sono
inserite, eventuali mutamen successivi della legislazione rilevante dello Stato concedente.
Per coprirsi dai rischi non commerciali, l’inves tore ha ora a disposizione meccanismi di garanzia
che si sommano a quelli esisten negli ordinamen interni. La Convenzione di Seul del 1985 ha
is tuito l’Agenzia degli inves men mul laterali che appar ene al Gruppo Banca Mondiale.
L’Agenzia assicura rischi derivan da espropriazione, restrizione ai trasferimen valutari, violazione
di obblighi contra uali da parte dello Stato ospite, guerre civili.
In materia di protezione degli inves men è fondamentale la soluzione delle controversie tra
inves tore e Stato ospite. Uno degli strumen di successo è rappresentato dall’ICSID, il Centro
internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di inves men che è stato is tuito il
15-3-1965. Il Centro è cos tuito da un CDS, un Segretario ed una lista di arbitri e conciliatori. Ha

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giurisdizione in merito alle controversie nate tra un inves tore straniero e uno Stato parte. La
giurisdizione è fondata sul consenso delle par , che deve essere dato per iscri o.
I rimedi contro una sentenza ICSID sono:
1) Richiesta di un giudizio di interpretazione;
2) La revisione;
3) Annullamento per incorre a cos tuzione del tribunale.

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Capitolo 14 - Responsabilità Internazionale


Premessa
Con il termine responsabilità internazionale si indicano le relazioni giuridiche che vengono ad
esistere come conseguenza della commissione del fa o illecito. L’art.1 del Proge o di ar coli sulla
responsabilità internazionale dello Stato ado ato dalla CDI, dice: “ ogni a o internazionalmente
illecito di uno Stato comporta la sua responsabilità internazionale”. Tali relazioni consistono, in un
rapporto giuridico tra lo Stato autore dell’illecito e lo Stato leso. Il primo ha l’obbligo di e e uare la
riparazione, il secondo il diri o di pretenderla.
Essa si avvicina più alla responsabilità civile che a quella penale, poiché in diri o internazionale la
responsabilità comporta l’obbligo di riparare il fa o illecito e non l’applicazione di una pena,
quantunque la riparazione di del fa o illecito possa talvolta consistere nella punizione dell’agente
che lo abbia materialmente provocato.
La responsabilità internazionale degli Sta è disciplinata dal diri o consuetudinario.

Elemen cos tu vi del fa o illecito


Secondo l’art.2 del Proge o gli elemen cos tu vi del fa o illecito sono l’elemento ogge vo,
ovvero una violazione della norma, e l’elemento sogge vo, cioè l’a ribuzione della condo a ad
uno Stato. Il danno, inteso come pregiudizio materiale o morale conseguente alla violazione della
norma, è espressamente escluso come elemento cos tu vo del fa o illecito nel commentario del
Proge o predisposto dalla CDI.
Vi sono dei casi in cui la violazione della norma non arreca danno materiale o morale:
1) Violazione di norme sui diri umani da parte dello Stato territoriale nei confron dei
propri suddi ;
2) Se uno Stato contravviene all’obbligo di ado are una norma va de ata da una
convenzione di diri o uniforme.
Tra gli elemen cos tu vi del fa o illecito non gura la colpa, comprensiva sia del dolo che della
colpa in senso stre o. Il Proge o è orientato verso un regime di responsabilità ogge va.
Ovviamente l’elemento sogge vo della colpa, comprendente una volizione, non può essere riferito
allo Stato ma all’agente.
È imputabile allo Stato la condo a di un suo organo. Vengono in considerazione anche quelli del
potere legisla vo e quelli del potere giudiziario. È irrilevante la posizione dell’organo
nell’organizzazione dello Stato e la sua natura di organo del governo centrale o di un’unità
territoriale dello Stat. Per quanto riguarda la qualità di organo dello Stato si fa riferimento al diri o
interno dello Stato stesso.
Il diri o internazionale assimila ad organi statali anche persone o en comunque sprovvis di tale
qualità in base al diri o interno dello Stato. La condo a di semplici individui non è imputabile allo
Stato. Diverso è il caso in cui la condo a dell’individuo venga fa a propria dagli organi dello Stato.
In tal caso lo Stato risponde dire amente della condo a dell’individuo(art.11). Lo stesso dicasi
anche nel caso in cui l’individuo si comporta in fa o come un organo di stato, poiché agisce su
istruzione o so o la direzione o il controllo dello Stato.
La CDI ha optato per la teoria secondo cui il controllo deve essere e e vamente esercitato su ogni
speci co a o lesivo, prospe ata dalla CIG, ripudiando la tesi del controllo globale, fa a
propria dal Tribunale per la ex-Iugoslavia per cui è su ciente un controllo generale su un
gruppo di individui a nché la condo a sia imputabile allo Stato. Il conce o di controllo e e vo è
stato ribadito nel caso del Genocidio.
Azioni commesse da priva individui a danno di individui od organi non impegnano la
responsabilità dello Stato, tranne che ques sia responsabile per pa en a o receptus, cioè lo Stato

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territoriale sia complice o tolleri il comportamento dei priva o comunque ome a di prendere le
misure necessarie per impedire tali comportamen .
Qualora un organo sia messo a disposizione di un altro Stato, la sua condo a sarà imputabile allo
Stato a disposizione del quale è posto, come accade ad es. per i consiglieri militari. Non è invece
a ribuibile allo Stato territoriale il comportamento di un organo di un’organizzazione
internazionale, per il semplice fa o che l’organo abbia agito nello Stato territoriale.
Lo Stato non risponde dei danni provoca dagli insor . L’ipotesi secondo cui al governo legi mo
possa essere a ribuito un comportamento degli insor è meramente residuale. Qualora
l’insurrezione sia vi oriosa ne risponderà il nuovo governo(art.10). L’elemento ogge vo del fa o
illecito consiste in una condo a, omissiva o commissiva, contraria ad una norma di diri o
internazionale. Non rileva a questo riguardo, la natura della norma violata. Quello che importa è
che la norma sia in vigore per lo Stato.
La CDI ha dis nto tra illecito istantaneo e illecito con nuato(art.14). Nell’illecito istantaneo, la
violazione si produce nel momento in cui l’a o è compiuto, ad es. la con sca di un bene in
violazione del diri o internazionale. Nell’illecito con nuato, la violazione si estende per tu o il
periodo durante il quale perdura la condo a contraria al diri o internazionale.
Di regola la violazione si compie non nel momento in cui l’a o viene ado ato, ma in quello in cui
viene eseguito. Tranne che la non adozione del provvedimento legisla vo faccia parte del
contenuto dell’obbligo, come accade nel caso in cui lo Stato abbia l’obbligo di astenersi
dall’ado are una determinata legislazione.

Responsabilità indire a
S’intende per responsabilità indire a la responsabilità dello Stato per un’azione od omissione
commessa da un altro Stato in violazione del diri o internazionale. Nella responsabilità indire a, si
è in presenza di tre sogge :
1) Lo Stato leso;
2) Lo Stato che ha materialmente commesso l’illecito;
3) Lo Stato che è ritenuto responsabile.
La CDI ha individuato tre fa specie in cui la responsabilità dello Stato che non ha commesso
materialmente la violazione,viene in considerazione:
1) Aiuto o assistenza nella commissione dell’illecito;
2) Direzione e controllo nella commissione dell’illecito;
3) Coercizione a comme ere l’illecito.
La prima si realizza quando lo Stato assiste o aiuta un altro nella commissione dell’illecito. L’illecito
è commesso dal secondo Stato, altrimen si tra erebbe di una commissione congiunta della
violazione. La seconda fa specie si realizza quando uno Stato dirige e controlla un altro Stato nella
commissione dell’illecito.
La terza fa specie è quella in cui uno Stato esercita la coercizione nei confron di un altro, a nché
ques comme a l’illecito. La coercizione può essere militare o economica. Lo Stato che ricorre alla
coercizione risponde dell’illecito, anche se l’a o compiuto so o coercizione cos tuisce un illecito
per lo Stato che lo compie e non per lo Stato che ricorre alla coercizione.

Cause di esclusione del fa o illecito


Le cause di esclusione del fa o illecito possono essere invocate per evitare la responsabilità
internazionale conseguente alla violazione di un obbligo. Si produce la seguente fa specie: l’azione
del sogge o è di per se contraria al diri o internazionale; tu avia interviene una circostanza che ne
esclude la illiceità.
Nel proge o della CDI, le cause di esclusione del fa o illecito sono le seguen :

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1) Il consenso dell’avente diri o;


2) La legi ma difesa;
3) Le contromisure;
4) La forza maggiore;
5) L’estremo pericolo;
6) Lo stato di necessità.
Il consenso dell’avente diri o (art.20) è una causa di esclusione del fa o illecito presente anche
nel diri o interno, dove vige il principio volen non t iniuria, pur contornato da limi . Il consenso
dell’avente diri o è una causa di esclusione del fa o illecito che opera in relazione a qualsiasi
violazione del diri o internazionale, tranne quelle rela ve ad una norma impera va del diri o
internazionale.
La legi ma difesa (art.21) è una causa di esclusione del fa o illecito che opera in relazione al
divieto dell’uso della forza.
Le contromisure (art.22) sono a in sé illeci , che divengono leci come reazione all’illecito
compiuto dallo Stato nei cui confron sono comminate. Esse possono consistere nella violazione di
una norma di diri o internazionale pa zio o consuetudinario. A tolo di contromisura, può essere
e e uata la stessa violazione commessa dallo Stato contro cui si reagisce oppure una violazione
diversa. La contromisura deve essere dis nta dalla ritorsione, che è solo un a o inamichevole.
La forza maggiore (art.23) è una causa di esclusione del fa o illecito che è presente nella maggior
parte degli ordinamen giuridici. A nché possa essere invocata come esimente, l’a o dovuto a
forza maggiore deve essere la conseguenza del sopravvenire di una forza irresis bile o di un
avvenimento imprevedibile, che rende materialmente impossibile agire in conformità dell’obbligo.
La forza maggiore è talvolta riconosciuta come esimente dalla stessa norma di diri o
internazionale, che prescrive un determinato comportamento.
L’estremo pericolo (art.24) viene indicato come causa di esclusione del fa o illecito, qualora l’autore
dell’a o non conforme allanorma internazionale, non aveva a disposizione altro mezzo “per salvare
la propria vita o quella di persone a date alle sue cure”. L’esimente dell’estremo pericolo non può
essere invocata, qualora la situazione sia dovuta allo Stato che la invoca.
Lo stato di necessità (art.25) è considerato come causa di esclusione del fa o illecito dalla
giurisprudenza internazionale. L’art.25 del proge o amme e lo stato di necessità in termini
abbastanza restri vi in modo da evitare facili abusi. Devono sussistere, quindi, due condizioni:
1) L’a o necessitato deve essere il solo mezzo per salvaguardare un interesse essenziale di
fronte ad un pericolo grave e imminente;
2) L’a o necessitato non deve comprome ere gravemente un interesse essenziale dello
Stato o degli Sta nei cui confron l’obbligo è dovuto o della comunità internazionale nel
suo insieme.
Lo stato di necessità non può essere invocato se la norma della cui violazione si tra a lo esclude
oppure se lo Stato che lo invoca ha contribuito al veri carsi della situazione necessitata. Lo stato di
necessità non può essere invocato né per violare una norma di diri o internazionale umanitario, né
per gius care l’intervento d’umanità.

Conseguenze del fa o illecito


Le conseguenze del fa o illecito, in passato, consistevano nell’obbligo dell’autore dell’illecito di
e e uare la riparazione e nel diri o dello Stato leso di comminare una contromisura. Oltre alla
persistenza del dovere, per l’autore dell’illecito, di conformarsi all’obbligo violato, le conseguenze
derivan dall’illecito sono le seguen :
1) Cessazione dell’illecito;
2) Assicurazioni e garanzie di non reiterazione;

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3) Riparazione;
4) Potere di comminare una contromisura da parte dello Stato leso.

Cessazione dell’illecito: si tra a di un obbligo che viene in considerazione in un illecito a cara ere
con nuato. Si può fare l’esempio dell’obbligo di liberare immediatamente il personale diploma co
e consolare detenuto in ostaggio a Teheran.
Assicurazioni e garanzie di non reiterazione: tale obbligo è stato considerato come appartenente
al diri o internazionale consuetudinario dalla CIG. L’obbligo sussiste se le circostanze lo richiedano,
qualora cioè permanga il rischio di una reiterazione dell’illecito. Misure appropriate possono
consistere nell’abrogazione di una legislazione contraria al diri o internazionale oppure in misure
più dras che, quali il disarmo dello Stato aggressore.
Riparazione: lo Stato che ha subito il torto ha il diri o di o enere dallo Stato che ha commesso
l’illecito una riparazione integrale per il pregiudizio subito. Deve essere riparato ogni danno, sia
materiale che morale. La riparazione può assumere la forma di res tuzione, risarcimento e
soddisfazione (art.34 Proge o). La res tuzione è la classica forma di riparazione dell’illecito. Nella
res tuzione, si deve ristabilire lo status quo ante, cioè occorre ripris nare la situazione esistente
prima che l’illecito fosse commesso. Come esempi di res tuzione si possono citare l’evacuazione di
un territorio illegalmente occupato.

Contromisure come rimedio per o enere l’adempimento degli obblighi


derivan dall’illecito
La commissione del fa o illecito fa sorgere in capo al sogge o leso il potere di comminare una
contromisura nei confron dell’o ensore. La contromisura consiste nella violazione, di un obbligo
di natura consuetudinaria o pa zia che ques deve nei confron dello Stato o ensore, come
reazione all’illecito compiuto da questo secondo Stato.
Prima di comminare una contromisura, lo Stato leso deve invitare l’o ensore ad adempiere ai
propri obblighi e comunicargli le contromisure che intende intraprendere, o rendogli nello stesso
tempo di negoziare. Si deve dunque e e uare un tenta vo di risolvere paci camente la
controversia.
Le contromisure debbono obbedire al principio di proporzionalità, cioè commisurate al pregiudizio
subito. Anche il principio di proporzionalità è stato riconosciuto come conforme al diri o
consuetudinario della sopra citata sentenza della Corte. Le contromisure devono essere sospese
qualora l’a o illecito sia cessato e la controversia penda davan ad una corte o tribunale arbitrale,
cioè davan ad un organismo abilitato ad eme ere un decisione vincolante.
L’art.50 del Proge o elenca una serie di contromisure vietate, esse non possono:
1) Violare l’obbligo di astenersi dalla minaccia e dall’uso della forza;
2) Pregiudicare gli obblighi di tutela dei diri umani fondamentali;
3) Pregiudicare gli obblighi di cara ere umanitario che vietano le rappresaglie;
4) Essere contrarie a norme impera ve del diri o internazionale;
5) Ledere gli obblighi connessi all’inviolabilità di agen , locali, archivi e documen diploma ci
e consolari.

Dis nzione tra crimini internazionali dello Stato e deli


L’art.19 del Proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale dis ngueva tra crimini
internazionali dello Stato e deli . Il crimine internazionale veniva de nito come un a o
internazionalmente illecito, che risulta dalla violazione da parte di uno Stato di un obbligo
internazionale tanto essenziale per la protezione di interessi fondamentali della comunità

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internazionale.
Come esempi di crimini internazionali, vengono da :
1) Aggressione;
2) Is tuzione o mantenimento con forza di una dominazione coloniale;
3) Genocidio, apartheid e schiavitù;
4) Inquinamento massiccio dell’atmosfera o dei mari.
Nel proge o de ni vo, la dis nzione tra crimini internazionali dello Stato e semplici deli è
scomparsa. È stata introdo a la nozione di violazione grave di obblighi derivan da una norma
impera va del diri o internazionale. Per essere grave la violazione deve essere commessa su larga
scala o a uata in modo sistema co.
L’art.41 stabilisce a carico degli Sta un dover di cooperazione per porre ne con “mezzi leci ”, alla
violazione grave e l’obbligo di non riconoscere come legi ma la situazione creata dalla violazione
grave. Questo secondo obbligo è certamente conforme al diri o consuetudinario.

Stato leso e diri o di invocare la responsabilità internazionale


Il line di principio solo lo Stato leso ha diri o di invocare la responsabilità internazionale. Il terzo
non può farlo, non esistendo in diri o internazionale una sorta di ac o popularis. La violazione
delle norme scomponibili in un fascio di rappor bilaterali consente di individuare lo Stato leso nel
sogge o nei cui confron l’obbligazione è dovuta. Un terzo non potrà invocare la responsabilità
internazionale.
Come ha de o la CIG tu gli Sta hanno un interesse giuridico che tu e le norme siano rispe ate.
Ma anche nel in tal caso si potrà normalmente fare un dis nzione tra lo Stato speci camente leso e
gli Sta che hanno solo un interesse giuridico al rispe o di un diri o e del diri o.
Solo lo Stato leso ha diri o di chiedere allo Stato che ha violato l’obbligo l’adempimento di tu e le
conseguenze derivan dall’illecito, ivi compresa la riparazione. L’individuazione dello Stato leso non
comporta nessuna di coltà quando l’obbligo è dovuto ad un par colare Stato come in un tra ato
bilaterale. È da considerare Stato leso, lo Stato individualmente danneggiato, oppure tu gli Sta
nei cui confron l’obbligo è dovuto.
Il Proge o di ar coli ha determinato anche la posizione di quegli Sta che non possono essere
considera “Sta lesi”, ma che comunque sono tocca dalla violazione, poiché l’obbligo è stabilito
nei confron di un gruppo di Sta , a tutela di un interesse colle vo del gruppo o nei confron
della comunità internazionale nel suo insieme.

Responsabilità da fa o lecito
Il Proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale non si occupa della responsabilità per
fa o lecito, cioè della responsabilità derivante da azioni conformi alla norma internazionale, ma
che possono causare danni a un sogge o di diri o internazionale. Quando si fa riferimento alle
conseguenze dannose derivan da a leci , si prende normalmente in considerazione un
pregiudizio di cara ere economico e quindi l’eventuale obbligo di indennizzo posto a carico di
chi ha intrapreso quella determinata a vità.
In determina casi si può indicare quale principio generale del diri o riconosciuto dalle nazioni
civili, quantunque si tra di una teoria controversa in diri o internazionale. In secondo luogo
esistono delle convenzioni in cui si disciplina espressamente la responsabilità per danni per a vità
non contrarie al diri o internazionale, ma rischiose. In terzo luogo la stessa CDI ha lasciato
impregiudicata la ques one dell’eventuale risarcimento di danni causa a seguito di un’azione la
cui illiceità è esclusa da una causa di esclusione del fa o illecito. In quarto luogo, esistono alcune
pronunce di tribunali internazionali che hanno confermato il principio che lo Stato territoriale deve
tenere indenni i terzi per a vità rischiose esercitate nel suo territorio.

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Esiste un principio di precauzione. Questo comporta l’obbligo di agire preven vamente o di non
porre in essere una determinata condo a per evitare il rischio di provocare un danno, quantunque
non sia certo che esso si veri chi. Tale principio è stato a ermato in relazione al diri o
internazionale dell’ambiente e al diri o umanitario. Il principio può avere natura programma ca
come traspare dall’art.174, par.2 del Tra ato CE.

Responsabilità organizzazioni internazionali


In linea di principio qualora l’organizzazione internazionale sia dotata di personalità internazionale,
essa sarà responsabile per la violazione delle norme di diri o internazionale imputabile
all’organizzazione stessa. Qualora si neghi che l’organizzazione internazionale sia sogge o di diri o
internazionale, è giocoforza ritenere responsabili gli Sta par del tra ato is tu vo colle vamente
considerato.
L’art. VI del Tra ato sullo spazio extra-atmosferico stabilisce che gli Sta membri saranno considera
solidalmente responsabili con l’organizzazione stessa. L’art. XXII della Convenzione del 1972 sulla
responsabilità internazionale per danni causa da ogge spaziali prevede la responsabilità solidale
degli Sta membri con l’organizzazione che svolge a vità spaziali. L’art. 13 del Proge o conteneva
una disposizione secondo cui uno Stato non poteva essere ritenuto responsabile per le a vità
delle organizzazioni internazionali compiute nel suo territorio.
La responsabilità individuale e solidale degli Sta membri di un’organizzazione internazionale è
stata invocata dalla Repubblica federale di Iugoslavia di fronte alla CIG per le operazioni belliche
e e uate dalla Nato nel 1999. Il problema delle NU è sorto in par colare per le operazioni di
peace-keeping. In tal caso è determinante il criterio del controllo sulla forza di pace. Le NU hanno
acce ato la responsabilità per violazioni del diri o internazionale commesse dagli appartenen ad
una forza di pace. Qualora invece la forza non agisca so o controllo delle NU, ma sia
semplicemente autorizzata da queste, la responsabilità internazionale fa capo allo Stato che
controlla forza o agli Sta partecipan .
La responsabilità delle NU per le conseguenze danno derivan da a dei propri agen è stata
a ermata in via generale dal parere della CIG, che si espressa in questo modo:
1) Qualora un organo dello Stato sia messo a disposizione dell’organizzazione internazionale,
il comportamento illecito dell’organo sarà considerato come comportamento
dell’organizzazione, se questa esercita un controllo e e vosull’organo.
2) Secondo l’art.15 del Proge o, l’organizzazione è responsabile qualora lo Stato comme a
una violazione di un obbligo internazionale per dare esecuzione ad un a o giuridicamente
vincolante o autorizzato o ad una raccomandazione dell’organizzazione.
3) Responsabilità di uno Stato membro per il fa o illecito dell’organizzazione internazionale.

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Capitolo 15 - Il Divieto dell’uso della forza


La disciplina dell’uso della forza armata prima dell’entrata in vigore della
carta ONU
Prima dell’entrata in vigore della Carta delle NU gli Sta godevano di un’ampia libertà di ricorrere
alla forza armata. La Carta ha quasi abolito questa libertà, portando a termine un processo le cui
teppe fondamentali sono segnate da:
1) Pa o della Società delle Nazioni;
2) Pa o Kellog-Briand;
3) Sentenza del Tribunale di Norimberga.
Anteriormente al Pa o della Società delle Nazioni, gli Sta godevano di un illimitato ius ad bellum,
cioè di un illimitato diri o di ricorrere alla guerra. La guerra era un mezzo ammesso
dall’ordinamento internazionale, che ne disciplinava le modalità di esecuzione con le regole del
c.d. diri o bellico. Essa poteva venire dichiarata a tutela di semplici interessi ed era considerata un
mezzo per la soluzione delle controversie internazionali, in par colare di quelle poli che.
Per poter ricorrere a procedimento di autotutela diversi dalla guerra occorreva dimostrare
l’esistenza di un tolo giuridico. Pertanto una rappresaglia armata era lecita solo se il sogge o
agente aveva e e vamente subito un torto; parimen un intervento armato in territorio altrui era
gius cato solo se si tra ava di a uare coerci vamente un proprio diri o.
Una tra le prime mide manifestazioni della tendenza a limitare il ricorso alla forza armata è da
rinvenire nell’art.1 delle Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 rela ve alla soluzione paci ca
delle controversie ai sensi del quale gli sta contraen convengono d’impiegare tu gli sforzi
necessari per il regolamento paci co delle controversie.
Il Pa o della Società delle Nazioni, concluso nel 1919 era des nato a limitare l’ampia libertà che
avevano gli Sta di ricorrere alla forza. In primo luogo, l’art.10 del Pa o obbligava gli Sta membri a
rispe are ed a proteggere , contro ogni aggressione esterna l’integrità territoriale e l’a uale
indipendenza poli ca degli altri membri. In secondo luogo gli Sta assumevano l’impegno di non
ricorrere in da casi alle armi.
Il Pa o stabiliva nell’art.12 una moratoria, poiché gli Sta , in relazione alle controversie susce bili
di condurre ad una ro ura, erano obbliga a non ricorrere alle armi prima che fossero trascorsi tre
mesi dalla decisione arbitrale o giudiziale o dalla relazione del Consiglio. Veniva sancito un divieto
generale di muover guerra ad uno Stato che si conformasse al lodo arbitrale o alla sentenza della
Corte permanente. La guerra era vietata nei confron dello Stato membro che si fosse conformato
alla relazione del Consiglio, purché questa fosse stata approvata all’unanimità.
Il processo volto a limitare ed a bandire il ricorso alla guerra conquista un’altra tappa fondamentale
con la conclusione del Pa o Kellog-Brian del 27-8-1928. Il pa o che consta di soli tre ar coli,
sancisce la rinuncia alla guerra come strumento di poli ca nazionale e ne condanna il ricorso come
strumento per la soluzione delle controversie internazionali.

Contenuto della proibizione art.2 par. 4 Carta ONU


Il sistema esistente prima della ne della II Guerra mondiale è stato completamente rivoluzionato
con l’entrata in vigore della Carta delle NU (24-10-1945). L’archite ura disposta dalla Carta prevede
un divieto generale di ricorso alla forza armata, contenuto nell’art.2, par. 4 e un‘eccezione cos tuita
dalla legi ma difesa individuale e colle va.
La CIG nel caso Nicaragua-US, ha a ermato che il principio del divieto dell’uso della forza,
consacrato nell’art.2, par. 4 della Carta, appar ene al diri o consuetudinario. Anche se si parte
dalla premessa che non vi sia esa a coincidenza tra art.2, par. 4 e diri o internazionale

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consuetudinario, conviene e e uare una esegesi puntuale di tale disposizione poiché


pra camente tu i membri della comunità internazionale sono vincola dalla Carta delle NU.
L’art.2, par.4, recita :”i membri devono astenersi nelle loro relazionai internazionali dalla minaccia o
dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza poli ca di qualsiasi Stato, sia
in qualunque maniera incompa bile con i ni delle NU”. L’art.2 par.4, proibisce, dunque, solo la
minaccia e l’uso della forza armata. Negli altri luoghi in cui la Carta usa il termine forza, esso è
accompagnato dalla precisazione che si tra a di forza armata, oppure dove la quali cazione non
compare, il contesto induce chiaramente ad escludere che si sia inteso far riferimento alla
coercizione economica(art.44).
Nella Dichiarazione sulle relazioni amichevoli, la coercizione economica è presa in considerazione
nell’ambito del principio del non-intervento e non in quello del divieto di uso della forza; l’art.3
della risoluzione sulla de nizione di aggressione, nell’elencare gli a che possono cos tuire
aggressione, non menziona la coercizione economica.
L’art.2 par.4, vieta non soltanto l’uso della forza armata, ma anche la semplice minaccia. Non è
facile determinare cosa possa cos tuire minaccia della forza, tranne alcuni esempi macroscopici,
come un ul matum.
La CIG ha a ermato che secondo il diri o internazionale consuetudinario non esistono vincoli al
livello di armamento di ciascuno Stato. Tali vincoli potrebbero derivare solo dal diri o pa zio e in
par colare dai tra a di limitazione degli armamen . In tale chiave deve essere altresì valutato
l’obbligo assunto dagli Sta membri dell’OSCE di mantenere solo il potenziale militare che sia
necessario per far fronte alle legi me esigenze di sicurezza individuale o colle va.
La CIG nel 1996, ha anche dis nto tra il mero possesso delle armi nucleari e la dissuasione
nucleare. Il semplice possesso non cos tuisce una minaccia della forza, mentre la dissuasione è
fondata sulla minaccia dell’uso dell’arma nucleare, poiché lo Stato che la possiede è pronto ad
usarla in risposta ad un a acco nucleare. Ben sapendo che l’arma nucleare sarà usata contro di lui
il potenziale aggressore si as ene dal farvi ricorso per primo.
La proibizione contenuta nell’art.2, par.4, della Carta non ha per ogge o qualsiasi minaccia o uso
della forza ma solo quelli esercita dagli Sta nelle loro relazioni internazionali. Sicuramente è
ogge o della proibizione la forza esercitata al di là del territorio statale, sia nell’ambito territoriale
di un altro Stato sia in uno spazio non sogge o alla sovranità di alcuno, come l’alto mare o lo spazio
aereo sovrastante. È sicuramente coperta dall’art.2 par.4, la forza usata contro corpi di truppa
lecitamente stanzia all’interno del territorio statale, come provato dal fa o che tale evento rientra
tra gli a aggressivi di cui all’art. 3 della risoluzione sulla de nizione di aggressione.
L’art.2, par.4, nel vietare la minaccia o l’uso della forza armata, precisa come il divieto abbia per
ogge o la forza usata sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza poli ca, sia in qualunque
maniera incompa bile con i ni delle NU. Tale formula riprende quella già impiegata nell’art.10 del
Pa o della Società delle Nazioni, con l’aggiunta che sono vietate anche la minaccia o l’uso della
forza armata incompa bili con i ni delle NU.
Si è così a ermato che non sarebbero vietate quelle azioni coerci ve che non abbiano per ogge o
la violazione dell’integrità territoriale o la sua indipendenza poli ca. Tale interpretazione è errata
sia perché integrità territoriale e indipendenza poli ca sono un’endiadi che signi ca sovranità
territoriale, sia perché la minaccia o l’uso ella forza sarebbero comunque contrarie ad uno dei ni
della NU.

Eccezioni al divieto
A) La legi ma difesa:
La legi ma difesa è espressamente prevista nell’art.51 della Carta NU come eccezione alla
proibizione dell’uso della forza nelle relazioni internazionali. La scriminante della legi ma difesa

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doveva reputarsi esistente anche nell’ambito del Convenant della Società delle Nazioni e del Pa o
Kellog-Briand.
La sentenza CIG nell’a are Nicaragua-US ha portato un notevole chiarimento sul contenuto della
legi ma difesa. Occorre infa determinare il momento a par re dal quale tale diri o può essere
esercitato, cioè se solo dopo che abbia avuto luogo un a acco armato o anche prima dell’a acco,
nell’imminenza dello stesso.
L’art.51 della Carta, nell’a ermare che “nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il
diri o naturale di autotutela individuale o colle va, nel caso che abbia luogo un a acco armato
contro un membro delle NU”, o re elemen per due opposte interpretazioni. Ci sono coloro che
a ermano la liceità della legi ma difesa preven va facendo leva sull’agge vo “naturale” e colo
che so olineano come la Carta faccia un riferimento testuale all’esistenza di un a acco armato,
considerato dall’art.51 quale condizione essenziale per l’esercizio del diri o in esame. Secondo
questa interpretazione l’agge vo “naturale” non sarebbe altro che una formula enfa ca.
Si deve determinare, se, vi sia coincidenza tra la Carta NU e diri o internazionale consuetudinario. A
parere di mol la legi madifesa preven va è perfe amente compa bile sia con il Covenant sia con
il Pa o Kellog Briand. La CIG si è pronunciata a favore della natura consuetudinaria della legi ma
difesa, ma non ha chiarito se esista un coincidenza o una scollatura tra Carta delle NU e diri o
consuetudinario.
In secondo luogo, un’interpretazione le erale dell’art.51 potrebbe condurre ad un risultato
manifestamente assurdo o irragionevole, per dirla con l’art.32 della Convenzione di Vienna sul
diri o dei tra a . In terzo luogo, tra le due le ure dell’art.51 esistono signi ca vi pun di conta o.
Ad es. è ammissibile, anche secondo coloro che ado ano la teoria restri va, che questa possa
essere esercitata quando l’a acco sia in corso d’opera o sia stato sferrato, ma non abbia ancora
colpito il territorio altrui.
Le moderne tecniche di armamento rendono assurdo limitare la reazione al momento in cui i missili
hanno colpito il territorio e provocato una distruzione tale da rendere impossibile l’esercizio della
legi ma difesa. È signi ca vo che il Panel di Alto Livello, incaricato dal Segretario Generale di
studiare la riforma della Carta delle NU si sia pronunciato a favore della legi ma difesa siadopo che
nell’imminenza di un a acco armato.
La nozione di legi ma difesa preven va è stata notevolmente ampliata dalla c.d. do rina sulla
guerra preven va, formulata dal Presidente degli US Bush. Secondo questa do rina per far fronte
alla minaccia terroris ca e alle armi di distruzione di massa, gli Sta potrebbero intervenire non
solo nell’imminenza di un a acco armato ma anche nel caso in cui lo Stato territoriale ospi
organizzazioni terroris che o sia in possesso di armi di distruzione di massa.
A nché il diri o di legi ma difesa possa essere esercitato occorre che si sia veri cata una
violazione dell’art.2 par.4. par colarmente quali cata; occorre cioè che si sia veri cato un a acco
armato. La nozione di a acco armato è complicata dall’iden cazione dei beni che debbono essere
ogge o di violenza a nché si possa reagire in legi ma difesa. Tra tali beni rientrano:
1) Territorio;
2) Corpi di truppa;
3) Navi o aeromobili militari.

L’art.3 della risoluzione sulla de nizione di aggressione annovera, tra gli a che cos tuiscono
aggressione, l’a acco contro la o a mercan le o aerea (civile) di uno Stato. Nel caso delle
pia aforme petrolifere, la CIG ha a ermato che non poteva essere considerato un a acco armato il
lancio di un missile che non era stato e e uato con la speci ca intenzione di colpire una nave
mercan le o la posa di mine.
Diverso è il caso delle rappresentanze diploma che e consolari, quantunque si tra di punto

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controverso. Nella controversia tra Iran e US per la ques one degli ostaggi, la CIG, dopo aver
a ribuito all’Iran la condo a dei c.d. studen islamici che avevano occupato l’ambasciata USA a
Teheran, quali cò l’evento come a acco armato. Non sembra tu avia che la Corte si sia messa
nell’o ca dell’art.51 della Carta.
Un a acco armato può essere compiuto non solo mediante le forze armate di uno Stato , ma anche
mediante gruppi arma , non immediatamente inquadrabili nell’organizzazione poli co-militare di
uno Stato, ma agen secondo le sue dire ve, di modo ché gli a compiu sono a questo Stato
imputabili. Si tra a delle c.d. aggressione indire a.
Cos tuisce a acco armato, l’invio da parte di uno Stato o in suo nome di bande o di gruppi arma ,
di forze irregolari o di mercenari, che compiano a di una tale gravità da equivalere ad un vero e
proprio a acco armato compiuto dalle forze regolari. Di norma non vengono ricompresi nella
nozione di a acco armato i semplici inciden di fron era.
L’art.51 della Carta non speci ca se l’a acco armato, che dà diri o a reagire in legi ma difesa,
debba provenire da uno Stato oppure possa venire anche da un’en tà statale. Gli US hanno reagito
in legi ma difesa contro l’Afghanistan, Stato che ospitava il movimento terroris co. L’azione degli
US è stata avallata in qualche maniera dal Consiglio di sicurezza, con le risoluzioni 1368e 1373.
L’Ins tut de droit interna onal, sessione di San ago(2007), ha ado ato una risoluzione secondo
cui la liceità di una risposta armata contro un’en tà non statale è consen ta in termini abbastanza
restri vi. A termini della risoluzione si potrà usare la forza contro lo Stato territoriale, qualora
l’en tà non statale abbia agito su istruzione, direzione o controllo di questo Stato.
La reazione in legi ma difesa, come ogni altro uso lecito della forza dovrà essere esercitata entro i
limi pos da necessità e proporzionalità. Per il primo criterio si fa riferimento al caso
Caroline(1837) e si a erma che la forza può essere esercitata quando sussista una necessità di
legi ma difesa urgente, irresis bile, tale da non lasciare la scelta dei mezzi e il tempo di
deliberare. Lo Stato che agisce in legi ma difesa può portare la sua reazione in profondità, in
modo da indurre l’a accante a cessare la sua azione lesiva. Ma la CIG nel caso delle “pia aforme
petrolifere” ha inteso il criterio della proporzionalità in termini molto restri vi.
Il criterio dell’immediatezza deve essere inteso con una certa elas cità. È ovvio che se uno Stato si
ri ra e rientra nei propri con ni, una successiva e tardiva reazione da parte dello Stato leso si
con gura come un’azione di rappresagli, che come esercizio di legi ma difesa.
La legi ma difesa ha un termine nale nel senso che essa deve cessare non appena il Consiglio di
sicurezza abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
Evento che di cilmente si realizza, non essendo inquadrabile tra tali misure un semplice appello
per il cessate il fuoco. Comunque lo Stato che agisce in legi ma difesa ha il dovere di portare a
conoscenza del Consiglio di sicurezza, a nché questo organo possa accertare se l’azione intrapresa
sia legi ma o meno.

B) Uso della forza autorizzato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
La prassi ormai prova l’esistenza di una norma secondo cui gli Sta possono usare la forza su
autorizzazione del CdS. La forza dovrebbe essere impiegata nell’interesse della sicurezza colle va,
quantunque la prassi a es come spesso gli Sta , o enuta l’autorizzazione, agiscano svincola
dalle dire ve del CdS.

C) Misure contro Sta ex nemici:


Gli ar .53 e 107 della Carta NU prevedono le c.d. misure contro Sta ex nemici. Si tra a di
un’ulteriore eccezione al principio del divieto della forza armata di cui godono i membri delle NU,
individualmente e colle vamente. Nella seconda ipotesi, infa l’azione coerci va
dell’organizzazione può essere intrapresa senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Gli Sta

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contro cui può essere intrapresa un’azione coerci va sono quelli che sono Sta nemici, durante la II
guerra mondiale.
L’applicazione dell’art.107 fu minacciata dall’Unione Sovie ca nei confron della Repubblica
Federale Tedesca, quando questo Stato non era ancora membro delle NU. Ma è opinione comune
che il ricorso alle misure contro Sta ex nemici non sia possibile nei confron degli Sta ex nemici
che siano divenu membri delle NU.

D) Consenso avente diri o:


Il consenso dell’avente diri o opera come una causa di esclusione dell’illiceità poiché anche in
diri o internazionale, si applica il principio volen non t iniuria. Il consenso può venire prestato
oralmente oppure essere cristallizzato in un accordo internazionale in forma scri a.
Gli Sta invocano volen eri il consenso dell’avente diri o per gius care l’ingresso in territorio
altrui. I requisi cui l’ordinamento internazionale subordina l’opera vità dell’avente diri o si
riassumo in:
1) Il consenso deve provenire da un ente, la cui manifestazione di volontà sia imputabile allo
Stato in cui l’intervento ha luogo;
2) La manifestazione di volontà del sovrano territoriale deve essere una manifestazione
valida, non a e a dai c.d. vizi della volontà. In altri termini, il consenso non deve essere
dato per errore, carpito con dolo o estorto con violenza.
3) L’azione dello Stato intervenente non deve violare norme che l’obbligano a tenere un
determinato comportamento non solo nei confron dello Stato territoriale, ma anche nei
confron di tu i membri della comunità internazionale.
4) Il consenso non deve essere contrario ad una norma impera va del diri o internazionale.
Le contrarietà comporta la nullità del consenso, con la conseguenza che l’uso della forza in
territorio altrui resta illecito.
Il consenso sarebbe sicuramente invalido quando l’uso della forza fosse volto a comme ere
aggressione o allo stabilimento di una situazione di po coloniale.
È bene precisare che il consenso opera nei limi entro cui è stato dato e pertanto l’uso della forza
resta illecito se ha luogo conmodalità diverse da quelle stabilite o oltre i limi temporali convenu .

E) Intervento a protezione dei ci adini all’estero:


Prima dell’entrata in vigore della Carta delle NU, era altresì considerato lecito l’uso della forza a
protezione dei ci adini all’estero, quando ques versassero in pericolo di vita e lo Stato territoriale
non fosse in grado di o addiri ura non volesse disporre adeguate misure a loro disposizione. Gli
Sta occidentali amme o la liceità dell’uso della forza a protezione dei ci adini all’estero, ma i
paesi del terzo mondo ne a ermano la contrarietà al diri o internazionale.
La prassi a esta come l’intervento a protezione dei ci adini all’estero sia stato e e uato più volte
dagli Sta occidentali. Gli ordinamen interni di alcuni di ques Sta a ribuiscono ai comandan
delle navi militari il compito di intervenire in territorio altrui allo scopo di salvare i propri ci adini.

F) Intervento d’umanità:
Viene de nito intervento d’umanità l’uso della forza per proteggere i ci adini dello Stato
territoriale da tra amen inumani e degradan . Tale po d’intervento, più volte sperimentato
dalle potenze europee per proteggere gli individui di religione cris ana stanzia nell’impero
o omano è sempre stato considerato con di denza ed era illecito anche prima della entrata in
vigore della Carta delle NU.
Oggi l’intervento d’umanità a uato mediante l’uso della forza è da considerare illecito e la sua
illegi mità è stata ribadita dallasentenza della CIG del 1986. L’intervento d’umanità, a di erenza di

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quello a protezione dei ci adini all’estero, comporta una prolungata presenza in territorio altrui ed
un mutamento di regime nello Stato territoriale.
È stata prospe ata la tesi di un dovere d’ingerenza umanitaria inteso come una sorta di obbligo
facente capo alla comunità internazionale per far fronte alle situazioni di grave violazione nei diri
dell’uomo. Talvolta si fa riferimento ad un diri o, piu osto che ad un dovere d’ingerenza
umanitaria, me endo l’accento sulla facoltà di intervenire in territorio altrui.
Il c.d. dovere d’ingerenza umanitaria, come dovere di uno Stato o di un gruppo di Sta di
intervenire in territorio altrui senza il consenso dello Stato territoriale allo scopo di porre ne ad
una grave violazione dei diri umani, non ha nessuna base giuridica nell’ordinamento
internazionale. La prassi internazionale è contraria alla liceità dell’intervento d’umanità.
La CDI nel commento all’art.25 del Proge o di ar coli sulla responsabilità degli Sta , ha escluso che
lo stato di necessità possa essere invocato a gius cazione dell’intervento umanitario,
quantunque, “l’interesse essenziale” invocato per gius care la violazione della norma primaria sia
non soltanto quello dello Stato che compie la violazione, ma possa essere anche a ribuito alla
comunità degli Sta .
L’intervento di umanità non cos tuisce aggressione purché si tra e e vamente d’intervento
volto a salvaguardare la popolazione dello Stato territoriale da tra amen inumani da parte del
governo al potere. Per questo mo vo l’illiceità dell’intervento può essere sanata da una successiva
risoluzione del Consiglio di sicurezza.
In caso di con i o armato internazionale sono ammissibili azioni di soccorso in favore della
popolazione civile anche mediante l’invio di medicamen e di materiale sanitario, ma l’azione
necessita del consenso dello Stato territoriale o dello Stato che controlla il territorio dove è
stanziata la popolazione bene ciaria del soccorso.

G) Altre cause di esclusione:


Le rappresaglie sono inammissibili. La loro liceità è ammessa solo nell’ambito del diri o dei con i
arma (ius in bello) che peraltro limita la possibilità di farvi ricorso. L’art.2 par.4, non prevede
espressamente un divieto di ricorso alle rappresagli armate. Riferendosi alla Dichiarazione sulle
relazioni amichevoli, la CIG, nel caso Nicaragua-US si pronunciata per l’appartenenza al diri o
internazionale consuetudinario del divieto di rappresaglie armate.
La CDI nel proge o di ar coli sulla responsabilità internazionale degli Sta , ha statuito che le
contromisure comportan l’uso della forza armata sono illecite. Gli Sta , consapevoli della
proibizione delle rappresaglie armate, preferiscono a ermare che la loro azione è quali cata come
legi ma difesa, quando invece si tra a di rappresaglie.
Altra tradizionale causa di esclusione del fa o illecito è lo stato di necessità, che consente di agire
in territorio altrui per far fronte ad un pericolo grave ed imminente per un interesse essenziale,
nonostante he lo Stato i cui diri vengono lesi sia innocente, non gli sia cioè imputabile alcun
illecito internazionale. La permanente validità di tale causa di esclusione del fa o illecito è stata
riconosciuta dalla CDI.
Si potrà invocare lo stato di necessità allo scopo di intervenire in territorio altrui per prevenire una
catastrofe naturale che me a in pericolo la popolazione delle regioni di con ne e sempreché
l’urgenza impedisca di o enere il consenso dello Stato territoriale.
Nella forza maggiore, un evento esterno induce l’individuo-organo a violare una norma giuridica. È
questo il caso di un sommergibile che a causa di un’avaria è trascinato dalla corrente nelle acque
interne di un altro Stato. Nella forza maggiore la violazione è cosciente, ma l’individuo-organo non
può comportarsi altrimen poiché la situazione di forza maggiore è irresis bile, imprevista ed
esterna
Nella situazione di distress o estremo pericolo, l’individuo-organo è costre o a violare una norma

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giuridica allo scopo di salvaresé od altri a lui a da da un pericolo grave. In questo caso, il bene da
salvare è la vita umana e non un interesse essenziale dello Stato come nello stato di necessità.

Legi ma difesa colle va


L’art.51 della Carta delle NU a ribuisce agli Sta non solo un diri o di legi ma difesa individuale,
ma anche colle va. Ciò signi ca che uno Stato, benché non sia ogge o di un a acco armato può
intervenire a favore di uno Stato che abbia subito un tale a acco. La menzione della legi ma
difesa colle va è dovuta all’inizia va degli Sta americani che nel 1941 avevano so oscri o l’A o
di Chapultepec, che prevedeva che un’aggressione contro uno Stato membro sarebbe stata
considerata un’aggressione contro tu gli Sta par .
A nché il diri o di legi ma difesa colle va possa essere esercitato, devono veri carsi le stesse
condizioni della legi ma difesa individuale. La vi ma cioè deve essere stata ogge o di un a acco
armato. Anche per la legi ma difesa colle va esistono le due scuole di pensiero di cui si era fa o
cenno a proposito della legi ma difesa individuale.
Uno Stato non può intervenire a favore di un altro contro un terzo Stato senza che la vi ma abbia
constatato di essere stata ogge o di un a acco armato ed abbia richiesto l’intervento a suo favore.

Pa militari per la difesa colle va


La mancata a uazione del Capitolo VII della Carta delle NU portò ben presto gli Sta a me ersi al
riparo con pa di difesa colle va. Ques pa organizzano preven vamente la legi ma difesa
colle va e cos tuiscono una frammentazione del sistema. Essi sono perfe amente legi mi,
purché conformi all’art.51 della Carta.
Uno dei primi pa s pula in materia di legi ma difesa colle va in Europa è il pa o di Bruxelles
del 1948. Il casus foederis è previsto nell’art. V, che così recita : “nel caso in una delle Alte Par
Contraen dovesse essere ogge o di un’aggressione armata in Europa le altre le presteranno, aiuto
e assistenza con tu i mezzi in loro potere”.
L’art. J.4 del Tra ato di Maastricht sull’UE a erma espressamente che l’Ueo è parte integrante dello
sviluppo dell’UE. All’Ueo è demandato il compito elaborare e porre in essere le decisioni e le azioni
dell’Unione aven implicazioni nel se ore della difesa.
Nel Tra ato is tu vo della Nato, il casus foederis è previsto dall’art.5 “ Le Par convengono che un
a acco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America se entrionale sarà considerato
quale a acco dire o contro tu e le par e convengono che se tale a acco dovesse veri carsi,
ognuna di esse assisterà la Parte o le Par così a accate”.
Di notevole interesse è il fa o che il Tra ato Nato de nisca i beni che se ogge o di a acco armato,
fanno sca are il meccanismo di legi ma difesa colle va. Tali beni sono individua nell’art. e
includono:
1) Territorio dello Stato membro;
2) Forze armate;
3) Navi e aeromobili.
La sfera geogra ca di interesse del Tra ato include oltre i territori degli Sta membri in Europa o
nell’America se entrionale leisole site nella zona dell’Atlan co se entrionale a Nord del Tropico del
Cancro.

Il divieto dell’uso della forza nella Cos tuzione Italiana


Due disposizioni determinano quando lo Stato italiano possa ricorrere legi mamente alla forza
armata oppure quando l’uso sia illegi mo:
- Art. 10 comma 1: dispone l’ada amento del diri o interno al diri o consuetudinario e al diri o

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cogente. Ne segue che nel nostro ordinamento sono proibite tu e quelle azioni vietate dal diri o
consuetudinario e dal diri o cogente. La norma interna di ada amento impone allo Stato di non
ricorrere alla forza armata che possa quali carsi come aggressione e non s pulare alleanze
militari di natura aggressiva. Sono vietate rappresaglie ma è consen ta la legi ma difesa
individuale e colle va.
- Art. 11: tre proposizioni:
- Ripudio della guerra: vieta solo le guerre volte a o endere la libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (legi ma difesa);
- Limitazioni di sovranità necessarie ad assicurare la pace e la gius zia tra le nazioni: inserite
per favorire l’ammissione all’ONU. Consen te solo in condizioni di parità con gli altri Sta ;
- Impegno a favorire le organizzazioni internazionali volte a promuovere tale scopo: dire o a
incoraggiare la partecipazione dell’Italia all’ONU ma anche a organizzazioni regionali come
l’UE.
- L’ar colo 11 quindi consente la partecipazione italiana alle operazioni di peace-
enforcement decise dalle NU e alle azioni comportan l’uso della forza autorizzate dal CdS.

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Capitolo 16 - Sicurezza Collettiva


Il capitolo VII Carta ONU e sistema sicurezza colle va: premessa
La Carta delle NU ha sviluppato un processo iniziato con il Covenant della Società delle Nazioni
de ni vamente abolito la libertà di muovere guerra di cui godevano gli Sta tra la ne del XIX sec.
e gli inizi del XX. Nella Carta bisogna dis nguere le disposizioni rela ve all’uso della forza che
riguardano gli Sta individualmente considera da quelle rela ve al sistema di sicurezza colle va
che fa capo al Consiglio di sicurezza.
Al primo gruppo appartengono le disposizioni che stabiliscono un divieto generale di usare la forza
nelle relazioni internazionali e le rela ve eccezioni. Il sistema di sicurezza colle va, di cui al Cap.VII
della Carta NU, fa perno sugli ar .39 ss., che prevedono un’azione del Consiglio di sicurezza per
mantenere, o ristabilire, la pace e la sicurezza internazionale.
Hanno per ogge o l’uso della forza alcune disposizioni del Capitolo VIII rela ve alle azioni
coerci ve intraprese dalle organizzazioni regionali. Tali azioni possono essere inquadrate nel
sistema di sicurezza colle va delle NU. Il Consiglio di sicurezza delle NU ha competenza esclusiva in
materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Le sue delibere possono
consistere in raccomandazioni(vincolan ) e decisioni(non vincolan ). Le delibere di entrambi i pi
sono ado ate con il voto favorevole di nove membri sui quindici che compongono il Consiglio. Tra i
vo favorevoli devono essere compresi i vo dei membri permanen .
Misure coerci ve per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale possono essere
prese dal Consiglio di sicurezza dopo che sia stata accertata l’esistenza di una minaccia alla pace, di
una violazione della pace o di un a o di aggressione. Una minaccia alla pace può derivare dal
pericolo di os lità tra due Sta . Una violazione della pace è generalmente cos tuita dallo scoppio
di os lità tra due Sta .
Il Consiglio di sicurezza può raccomandare o decidere l’adozione di misure coerci ve non
comportan l’uso della forza armata. L’art. 41 de a in proposito un elenco non tassa vo,
comprendendo tra le misure in ques one l’interruzione totale o parziale delle relazioni
economiche e delle comunicazioni ferroviarie, mari me, aeree, postali, telegra che o
radiofoniche.
Le decisioni ex art.41 sono ormai diventate frequen e incidono profondamente non solo
sull’economia degli Sta ogge o di sanzioni. Quando consistono in un embargo totale, esse
comportano problemi anche so o il pro lo umanitario e lasciano uno spazio per l’invio di
medicinali e derrate alimentari. Per ovviare alle conseguenze nega ve di decisioni pregiudizievoli
per l’economia e il benessere della popolazione, il Consiglio di sicurezza ha votato risoluzioni mirate
che stabiliscono non solo l’embargo delle armi, ma anche misure nei confron di una par colare
categoria di beni, individui o en tà non statali.
Altra pica azione del Consiglio in materia di mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale è l’adozione di misure provvisorie. Si tra a di misure che il Consiglio di sicurezza
ado a a termini dell’art.40 quali ad es., il cessate il fuoco.
Le delibere con cui si constata un a o di aggressione, minaccia o violazione della pace e si ado ano
le misure di cui agli ar . 40 e 41 o si decide addiri ura di intraprendere azioni coerci ve
comportan l’uso della forza armata rientrano tra quelle contemplate dall’art.27, par. 3 della Carta
e possono essere ogge o di veto da parte di uno dei membri permanen del Consiglio di sicurezza.

L’intervento armato da parte del CdS


Qualora il CdS ritenga che servano misure più incisive, esso può intraprendere una vera e propia
operazione militare mediante forze aeree, navali o terrestri. L’adozione di misure ex art. 41 non è
preliminare all’intervento armato, poiché il Consiglio potrebbe ritenere che l’urgenza della

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situazione richieda un’azione coerci va implicante l’impiego della forza. Tale azione può consistere
(art. 42) in dimostrazioni, blocchi, ed altre operazioni mediante forze aeree navali o terrestri.
Le cosidde e “operazioni di polizia” e e uate dall’ONU hanno nito per assumere una sionomia
diversa da quella originariamente prevista (intraprendere dire amente azioni coerci ve contro uno
Stato mediante truppe messe a disposizione dagli Sta membri).

Le operazioni per il mantenimento della pace


Le forze di mantenimento della pace hanno operato nel quadro di con i arma internazionali e
nel quadro dei con i interni. Sono da aggiungere le operazioni connesse al processo di
decolonizzazione, che hanno avuto il compito di temporanea amministrazione dei territori.
Le operazioni per il mantenimento della pace si dis nguono dalle azioni coerci ve per il fa o di
essere a uate con il consenso dello Stato territoriale, facendo sempre riferimento al Capitolo VII
della Carta1. Nel caso di con i o interno le forze di pace possono aiutare il governo legi mo a
mantenere la “legge e l’ordine”, garan re la distribuzione di aiu umanitari o semplicemente
operare come forza di interposizione tra governo legi mo e fazioni avversarie.
Le operazioni sono generalmente e e uate so o la direzione del Segretario generale, dietro
delega apposita del CdS. Al Segretario è a dato il compito di cos tuire la forza: rientra nella sua
discrezionalità poli ca individuare gli Sta che intendono fornire volontariamente i con ngen
componen la forza.
Le operazioni fanno capo a un dipar mento ad hoc: Dipar mento per le operazioni di peace-
keeping. Un rappresentante del Segretario ha il compito di guidare le operazioni.
Allo scopo di rendere meno occasionale e più stabile la partecipazione a queste operazioni è stato
messo in opera il meccanismo degli Stand-by Arrangements; mediante ques gli Sta membri
tengono a disposizione dei con ngen addestra per compi di peace-keeping. Restano so o
comando dell’ONU e l’assegnazione all’ONU comporta la s pulazione di un accordo ad hoc.
Il Segretario generale ha tentato di razionalizzare le operazioni di mantenimento della pace in due
documen : l’Agenda per la pace (1992) e il suo supplemento (1995). Secondo il Segretario generale
le operazioni di mantenimento della pace dovrebbero avere:
- svolgersi con il consenso delle par interessate;
- Essere imparziali;
- Non comportare l’uso della forza, tranne in legi ma difesa.
Talvolta si parla di peace-keeping con “mandato robusto”: ad esempio la legi ma difesa contro un
a acco ai componen della forza di pace, ma anche come uso ta co della forza contro chi voglia
impedire il mandato della forza di pace. La risoluzione del CdS stabilisce i limi entro cui la forza
può essere usata.
Sono da annoverare anche altre misure: l’invio di osservatori militari (so o la direzione del
Segretario generale e dietro mandato del CdS). Si tra a di operazioni di modesta en tà volte a
supervisionare il rispe o delle condizioni armis ziali dopo un con i o armato. In questo quadro si
collocano le azioni di “diplomazia preven va”, volte a rassicurare una o più par interessate nel
contesto di una situazione che potrebbe diventare pericolosa per la pace e per la sicurezza
internazionale.

L’uso della forza autorizzato dal CdS


La raggiunta unanimità in seno al Consiglio ha consen to, almeno per un decennio dopo la ne
della Guerra, l’adozione di delibere non proprio ortodosse secondo le disposizioni della Carta, con
cui i membri dell’ONU sono sta autorizza ad usare la forza per conto dell’Organizzazione o su sua

1 Soluzione paci ca delle controversie

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delega. In e e l’unico punto in cui la Carta fa riferimento all’autorizzazione dell’uso della forza
riguarda l’art. 53: cioè le organizzazioni regionali. Il fondamento delle delibere autorizza è da
ricercare in una consuetudine par colare formatasi nell’ambito dell’ONU; secondo altri nel
combinato disposto dagli ar . 42 e 48 della Carta. Il Consiglio può autorizzare ad usare la forza, ma
non può obbligarli a farlo.
Talvolta si è tra ato di operazioni e e uate in sos tuzione di operazioni di peace-keeping o
parallelamente ad azioni di peace-keeping (Somalia e Ex-Iugoslavia).
Altre volte l’intervento degli Sta membri viene autorizzato in a esa che sia cos tuita la forza di
pace dell’ONU (Ruanda).
Tra andosi di delega delle funzioni del Consiglio agli Sta , ques dovrebbero operare nei limi
della delega o dell’autorizzazione ricevuta anche so o il pro lo temporale. Ma la delega è stata
intesa in maniera piu osto elas ca, come dimostra la prassi.
La liceità delle operazioni autorizzate o delegate dal Consiglio agli Sta membri è implicitamente
riconosciuta all’art. 2 della Convenzione del 1994 sulla sicurezza del personale delle NU. Tale
disposizione fa riferimento anche alle azioni coerci ve autorizzate dal CdS.
Autorizzazioni ex post l’uso della forza —> cos tuirebbe una sorta di sanatoria di un a o che
sarebbe contrario alla Carta. Dal punto di vista logico non sussiste nessun ostacolo: se il CdS ha il
potere di autorizzare potrà anche regolarizzare a posteriori un’azione che avrebbe dovuto essere
preven vamente autorizzata.
Da respingere è la tesi secondo cui il CdS possa autorizzare “implicitamente” gli Sta ad usare la
forza. Condicio sine qua non per tale forma di autorizzazione è che il Consiglio abbia comunque
quali cato la situazione come uno degli a ricaden nell’art. 39 della Carta. Ma è ovvio che la tesi
dell’autorizzazione implicita si presta a non poche contestazioni. Spesso la tesi dell’autorizzazione
implicita è stata invocata in casi in cui il CdS non si era neppure pronunciato.
Il caso è completamente diverso quando il CdS raccomanda di intervenire in legi ma difesa
colle va a favore del membro che sia stato aggredito: Angola a accato da Sud Africa. Infa la
legi ma difesa non necessita di autorizzazione per essere esercitata.

Il problema della liceità delle operazioni per il mantenimento della pace


al di fuori dell’ONU
Il tra ato di pace tra Egi o e Israele del 1979 prevedeva la cos tuzione di una forza delle NU che
avrebbe dovuto supervisionare e garan re l’esecuzione dell’accordo. Questa forza non vide mai la
luce a causa dell’URSS. In sua vece venne is tuita nel 1982 la MFO (Forza mul nazionale e
osservatori nel Sinai), svincolata dal sistema dell’ONU con il compito di sorvegliare l’esecuzione del
Tra ato di pace e garan re la libertà di navigazione nello Stre o del Tiran e nel Golfo di Aqaba.
Altro esempio di operazioni e e uate al di fuori dell’ONU risiede nella Forza Mul nazionale in
Libano.
L’is tuzione di forze mul nazionali di pace al di fuori delle NU è stata cri cata dal Segretario
generale, il quale ha ricordato che il compito di mantenere pace e sicurezza internazionali spe
all’ONU e in par colare al CdS.
Le operazioni e e uate al di fuori sono lecite purché abbiano luogo con il consenso dell’avente
diri o, che è causa di esclusione dell’illecito.

Le organizzazioni regionali
L’art. 52 Carta ONU salvaguarda le funzioni degli accordi o organizzazioni regionali nel campo del
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Si tra a di accordi con un certo grado di
is tuzionalizzazione o di vere e proprie O.I., incluse quelle fondate su strumen di so law, quali

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l’OSCE. Per poter essere quali cata come regionale l’organizzazione deve avere i seguen requisi :
- Essere un’organizzazione regionale;
- Avere competenza nel campo del mantenimento della pace e sicurezza internazionali;
- Essere conforme ai ni delle NU.
Corrispondono a tali requisi :
- L’organizzazione degli Sta Americani (OSA);
- Lega Araba;
- Unione Africana;
- UE (anche se non vi è riferimento al Capitolo VIII della Carta).
Le organizzazioni regionali possono:
- Funzionare come pa o per l’organizzazione della legi ma difesa colle va. In tal caso i membri
fanno colle vamente quello che avrebbero potuto fare individualmente. L’autorizzazione del CdS
non è necessaria, perché agiscono in virtù dell’art. 51 della Carta.
- E e uare anche operazioni di peace-keeping. L’autorizzazione non è stre amente necessaria ma
può essere richiesta.
- E e uare operazioni coerci ve su delega/autorizzazione del CdS. Nel primo caso, l’operazione è
e e uata so o la direzione del Consiglio (art. 48 par.2 e 53) secondo cui le decisioni del CdS
sono eseguite dagli Sta membri dire amente o mediante la loro azione nelle o.i. competen di
cui siano membri. Nel secondo caso l’azione coerci va deve essere autorizzata dal CdS, come
ribadito nell’art. 53.

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Capitolo 17 - I conflitti armati e il disarmo


Premessa
Una volta che sia stato fa o ricorso alla forza armata i rappor tra gli Sta in con i o non sono più
disciplina dal diri o di pace ma dal diri o di guerra, mentre i rappor tra i belligeran e i terzi
sono disciplina dal diri o di neutralità.
Le norme e i principi che disciplinano il ricorso alla forza armata fanno parte dello ius ad bellum,
laddove il corpo di regole che disciplina i rappor tra belligeran e neutrali fa parte dello ius in
bello.
Secondo il diri o tradizionale il rapporto di belligeranza veniva instaurato quando due Sta erano
in guerra tra loro. A nché si potesse parlare di guerra era necessario che uno Stato intendesse
ricorrere alla forza armata con l’intenzione di scon ggere l’avversario allo scopo di de are
condizioni di pace ritenute opportune.
Oggi quando uno Stato ricorre alla forza armata può farlo per conseguire obie vi limita . Solo
sporadicamente i con i arma sono inizia dopo che sia stata e e uata una dichiarazione di
guerra, come impone l’art. 1 della III Convenzione dell’Aja (1907).
Le Convenzioni di Ginevra del 1949 trovano applicazione sia in caso di guerra dichiarata sia in caso
di qualsiasi altro con i o armato. Il con i o armato implica un certo livello di intensità delle
operazioni militari, per comportare l’applicazioni del diri o bellico: principi:
- Eguaglianza dei belligeran ; essi sono eguali davan alle “leggi di guerra”;
Il diri o dei con i arma veniva tradizionalmente dis nto in:
- Diri o dell’Aja: rela vo alla disciplina della violenza bellica tra i belligeran e ai rappor tra
belligeran e neutrali (Conv. Aja 1899-1907);
- Diri o di Ginevra: rela vo alla protezione delle vi me dei con i arma e della popolazione
civile (Conv. Di Ginevra del 1864).
Le due branche del diri o, con i Protocolli del 1977, si sono fuse in un sistema unitario, che prende
il nome di Diri o Internazionale Umanitario.
Questo è diverso dai diri dell’uomo: il Diri o umanitario disciplina i diri della persona umana in
tempo di con i o armato, il secondo in tempo di pace.
Tra queste due branche esiste un rapporto lex generalis (diri uomo) - lex specialis (diri o
umanitario). Il belligerante non può ignorare i diri dell’uomo. La CIG ha a ermato che Israele è
tenuto ad applicare non solo le disposizioni delle due Convenzioni, ma anche talune disposizioni
del Pa o sui diri civili e poli ci e quello sui diri economici, sociali e culturali del 1966 e la
Convenzione dei diri del fanciullo del 1989.

La codi cazione del diri o nei con i arma


Il diri o internazionale bellico ha natura essenzialmente consuetudinaria; tu avia il diri o bellico è
uno dei primi esempi di codi cazione del diri o internazionale.
- 1856: Dichiarazione di Parigi sulla guerra mari ma, che ha abolito la guerra e riveste tu ora
un’importanza fondamentale per il blocco e contrabbando di guerra;
- 1899: Conferenza della Pace dell’Aja;
- 1907: Seconda conferenza dell’Aja —> 13 convenzioni che disciplinano il diri o della guerra
terrestre sia il diri o della guerra mari ma.
- 1925: Protocollo di Ginevra: in seguito agli orrori della I GM vi fu il divieto di uso di armi chimiche
e ba eriologiche;
- 1936: Processo verbale di Londra: sulla guerra so omarina; obbligava i sommergibili ad
osservare le stesse regole delle navi da super cie.

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Stre o diri o umanitario:


- 4 Convenzioni di Ginevra del 1949:
- I: tra amento dei feri e mala delle forze armate in campagna;
- II: condizione dei feri , mala e naufraghi delle forze armate sul mare;
- III: tra amento dei prigionieri di guerra;
- IV: protezione dei civili che si trovano in territorio nemico/territori occupa .
- Convenzione dell’Aja 1954;
- 2 Protocolli addizionali alle Convenzioni di Ginevra del 1977;
- Convenzione del 1981 sulla limitazione o il divieto di armi convenzionali.
Eventuali lacune nella disciplina dei con i arma possono essere colmate in virtù della c.d.
“clausola Martens” —> regole metagiuridiche, quali quelle derivan dai principi d’umanità e dai
de ami della coscienza pubblica, possono essere trasformate in principi giuridici. La clausola
stabilisce che in a esa di una regolamentazione più completa, le popolazioni e i belligeran
restano comunque so o l’impero dei principi del diri o delle gen . Appar ene al diri o
internazionale consuetudinario.

I con i arma internazionali


Con i che si svolgono tra Sta . A ques vengono assimila anche quelli in cui un popolo, so o
dominazione coloniale e razzista o occupazione straniera, lo a contro il governo al potere per
realizzare il diri o all’autodeterminazione.
Determinante nei con i è stabilire chi possa esercitare la violenza bellica. Comba en :
- Regolari: appartengono alle forze armate dei belligeran (in uniforme);
- Irregolari: milizie e corpi volontari di una parte del con i o non inquadra nelle forze armate di
uno Stato; membri di movimen di resistenza. Per essere considera legi mi gli irregolari
devono:
- Essere comanda da una persona responsabile per i propri subordina ;
- Portare un segno dis n vo sso riconoscibile a distanza;
- Portare apertamente le armi;
- Conformarsi alle leggi e agli usi di guerra.
La dis nzione tra regolari e irregolari è stata superata dal I Protocollo addizionale. Art. 43: forze
armate in uniforme e movimen di liberazione nazionale devono:
- Appartenere a una parte del con i o;
- Essere organizzate;
- Essere so oposte a un comando responsabile per la condo a dei suoi subordina che rispe il
diri o internazionale.

Il diri o dei con i de a regole che disciplinano anche i mezzi e i metodi di comba mento:
- Mezzi: vietate le armi indiscriminate, capaci di causare mali o so erenze inu li; armi
ba eriologiche e chimiche, quelle che impiegano schegge non localizzabili ai raggi X.
- Metodi: salvaguardia della popolazione civile e della necessità di dis nguere tra obie vi legi mi
(militari) e illegi mi. La popolazione civile non può essere ogge o di a acco.

Il belligerante può impedire ogni commercio tra neutrale e nemico, bloccandone i por : per essere
valido il blocco deve essere e e vo, no cato e non discriminatorio. È proibito il blocco mirante
ad a amare la popolazione.

I con i arma interni


Con i che si svolgono all’interno di uno Stato, che restano interni anche se un terzo interviene a

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favore del governo legi mo o degli insor . Nel caso in cui un terzo intervenga a anco degli insor ,
le os lità tra governo legi mo e insor sono disciplinate dal diri o dei con i arma non
internazionali; mentre quelle tra Stato terzo e Stato in preda all’insurrezione sono disciplinate dal
diri o dei con i arma internazionali.
Prima della Codi cazione del 1949 (Ginevra) la guerra civile era considerata ques one di dominio
riservato. A nché il II Protocollo addizionale possa trovare applicazione deve sussistere all’interno
dello Stato un con i o tra le forze armate del governo legi mo e quelle del dei gruppi arma ,
purché eserci no un controllo sul territorio tale da consen re loro di condurre operazioni militari
con nue.
L’art. 3 comune alle 4 convenzioni di Ginevra prevede uno standard minimo di tra amento
umanitario, ma insor e governo legi mo sono abilita a concludere “accordi speciali” per la
messa in vigore delle altre disposizioni contenute nelle 4 convenzioni.
Ribellione = crimine nei confron dello Stato; di regola viene perseguita. I ribelli non possono
essere considera come legi mi belligeran e non hanno diri o al tra amento di prigionieri di
guerra. Processa e condanna anche alla pena capitale: giudizio pronunciato da un tribunale
regolarmente cos tuito.
Popolazione civile e individui = divie :
- Proibizione degli a acchi contro la popolazione civile e gli individui ad essa appartenen ;
- A amare i civili
- A accare opere/installazioni che contengono forze pericolose;
- Trasferimen forza della popolazione civile.

La neutralità
Gli Sta che non prendono parte al con i o armato. Condo a volontaria. Qualora un sogge o di
d.i. abbia lo status di neutralità permanente in tempo di pace, è obbligato a restare neutrale in
tempo di guerra, pena la commissione di illecito internazionale. Tre doveri fondamentali:
- Prevenzione;
- Astensione;
- Imparzialità.
Deve impedire che il suo territorio sia impiegato per a vità os li dei belligeran ; deve astenersi
dall’aiutare l’uno o l’altro belligerante; non può favorire un belligerante a scapito dell’altro.
Il diri o della neutralità trova la propria fonte nella Dichiarazione di Parigi del 1856 e nella XIII
Convenzione dell’Aja del 1907.
I neutrali sono obbliga a sopportare alcune restrizioni ai loro commerci mari mi. Le merci
des nate allo sforzo bellico del nemico cos tuiscono contrabbando (anche se poste su navi
neutrali). Non possono cos tuire contrabbando i beni indispensabili alla sopravvivenza della
popolazione civile.
La neutralità classica ha subito una trasformazione con la Carta ONU che ha limitato il diri o dei
belligeran di pretendere il rispe o dei doveri connessi alla neutralità e di interferire con le a vità
dei neutrali; qualora il CdS abbia dichiarato uno Stato come aggressore, i tre doveri connessi al
diri o di neutralità sono a enua /scompaiono.

Dalla neutralità deve essere dis nta la non belligeranza: la prima deve rispe are i tre doveri
fondamentali; nella non belligeranza uno Stato può aiutare una delle par in con i o senza
intervenire dire amente.

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La ne del con i o armato


Lo strumento pico che pone de ni vamente ne alle os lità: TRATTATO DI PACE. A par re dalla
sua entrata in vigore, le relazioni tra i belligeran non sono più disciplinate dal diri o bellico ma dal
diri o internazionale di pace.
Non ha un contenuto pico, ma normalmente con ene disposizioni rela ve ai territori degli Sta
belligeran , alle loro forze armate, al rimpatrio dei prigionieri di guerra, e ai tra a s pula
precedentemente alle os lità che i contraen intendono rime ere in vigore (danni di guerra e
riparazioni, quando vi siano vincitore/vinto).
I tra a di pace sono so opos al normale procedimento di s pulazione dei tra a ed entrano in
vigore dopo la ra ca degli Sta partecipan . Contengono in genere una clausola che indica che lo
stato di guerra è terminato.
Il con i o del Golfo ha messo in luce una prassi nuova: adozione di una risoluzione del CdS = l’Iraq
ha acce ato il cessate il fuoco tra Kuwait e Iraq. La risoluzione dispone circa i con ni tra i due Sta ,
prevede il disarmo dell’Iraq e de a una procedura per il risarcimento dei danni derivan
dall’invasione irachena.

L’armis zio sospende solamente le os lità tra i belligeran . Può contenere clausole poli che e
territoriali. Segue il normale procedimento dei tra a ed è so oposto a ra ca. È sogge o alla
Convenzione di Vienna sul diri o dei tra a del 1969 e deve essere registrato presso il Segretario
dell’ONU (art. 102 Carta).
È un mezzo dire o a garan re una stabile sospensione delle os lità, nonostante il pieno
ristabilimento delle relazioni tra belligeran e un’e cacia cooperazione sia assicurata solo dal
tra ato di pace.

La debella o, cioè la completa distruzione del potenziale militare dell’avversario, pone ne al


con i o armato.

Il disarmo e il controllo degli armamen


Diri o umanitario e disarmo: mentre il disarmo ha per ogge o il divieto della produzione di una
determinata arma, il diri o umanitario ne limita/vieta l’uso.
- 1972, Convenzioni sulle armi ba eriologiche: ne vieta la produzione e ne impone la distruzione;
- 1925, Protocollo di Ginevra: appar ene al diri o umanitario e ne vieta l’uso. Il belligerante
potrebbe usare un’arma di cui sia proibito l’uso, a tolo di rappresaglia, tranne che vi sia un
esplicito divieto.
La dis nzione ne a tra disarmo e diri o umanitario non lo è nella pra ca: i moderni tra a di
disarmo contengono anche clausole di diri o umanitario.

Veri cabilità: le veri che più semplici sono quelle e e uate mediante i c.d. mezzi nazionali, quali
satelli o sismogra ; quelle più complesse comportano vere e proprie ispezioni in loco. Gli accordi
di disarmo dispongono di regola il divieto di trasferimento e acquisizione delle armi proibite e
contengono una clausola di recesso molto ampia.

Il disarmo viene spesso dis nto dalla regolamentazione degli armamen e dalla non
proliferazione; si tra a di dis nzioni empiriche.
- La regolamentazione degli armamen , nata nel quadro delle relazioni USA - URSS aveva lo scopo
di non alterare la dissuasione nucleare tra le due superpotenze, tenendo l’armamento ad un
livello di equilibrio.
- La non proliferazione vuole evitare che determinate armi, in par colare quelle di distruzione di

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massa, siano possedute da un numero consistente di Sta , aumentando il rischio del loro uso. Il
Tra ato di non proliferazione nucleare (1968)2 ne cos tuisce un esempio. Non hanno ancora
avuto esito invece i tenta vi per la cessazione della produzione di plutonio e uranio arricchito per
la fabbricazione di armi nucleari. Il pericolo che uno Stato non nucleare possa conver re l’uranio
arricchito prodo o per scopi paci ci ha indo o il CdS ad ado are risoluzioni ex cap. VII contro
Sta sospe a di aggirare i divie del Tra ato.

La Carta ONU disciplina il disarmo negli ar . 11, 26 e 47, a dando all’Assemblea Generale e al CdS
il compito di formulare proposte in materia di disarmo e disciplina degli armamen . Ma la Carta
non stabilisce un vero e proprio obbligo di disarmo, né è stabilito dal diri o consuetudinario.

L’organo negoziale per il disarmo è la Conferenza del Disarmo con sede a Ginevra, che delibera per
consensus. La Conferenza ado a i proge di accordo che sono poi presenta all’Assemblea
Generale. L’Assemblea (qualora sia approvato) vota una risoluzione con allegato il proge o di
accordo, che viene aperto alla rma degli Sta .

I tra a di pace possono anch’essi contenere misure di disarmo. Possono essere inserite anche in
una risoluzione del CdS, avente natura obbligatoria.

Gli accordi di disarmo possono stabilire la non militarizzazione di determinate aree o ambien o
l’obbligo di non collocarvi un determinato po di armi (Tra ato sull’Antar de, 1959)

I tra a is tu vi di zone di denuclearizzate stabiliscono invece la denuclearizzazione di certe


regioni, sul cui territorio non possono essere collocate armi atomiche neppure dagli Sta nucleari
(Tra ato di Tlatelolco 1967; Tra ato di Bangkok, 1995).

Gli Sta non nucleari par del Tra ato di non proliferazione nucleare o gli accordi di
denuclearizzazione regionale godono di garanzie di sicurezza:
- Posi ve: consistono nell’impegno da parte degli A nucleari a venire in aiuto di uno Stato non
nucleare ogge o di aggressione/minaccia di uso di armi nucleari;
- Nega ve: impegno da parte degli Sta nucleari di non usare l’arma nucleare e non minacciarne
l’uso contro gli Sta non nucleari.

Il so law riveste un’importanza notevole in materia di disarmo:


- Misure volte a ra orzare la ducia;
- Misure dire e a rassicurare il potenziale avversario che non sarà fa o uso della forza armata;
- L’arsenale militare serve solo a scopi di legi ma difesa.

2Gli sta nucleari dichiara , Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Sta Uni , hanno diri o di possedere l’arma
nucleare, a di erenza delle altre par , alle quali non è consen to acquisire o fabbricare armi nucleari.

Scaricato da Sofia Roccella (sofiaroccella@gmail.com) 89


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