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DIRITTO UNIONE EUROPEA

28/09
Che cos’è l’Unione Europea?
L’intenzione dei padri fondatori era quella di andare verso un modello federale, in realtà non è quel super stato
federale che sono ad esempio gli USA o la Germania, quindi ha un po’ virato dal disegno originale.
Quindi la definizione di stato federale non è la più corretta anche se ci sono dei germi del federalismo e ancora
permeano alcune strutture dell’Unione Europea.
C’è anche l’opzione di organizzazione internazionale che nascono con l’obiettivo di cooperare.
Organizzazioni di dimensione globale come l’ONU o l’organizzazione mondiale del commercio.
Organizzazioni di tipo regionale come l’UE o il Consiglio d’Europa.
Consiglio d’Europa: organizzazione internazionale di dimensione regionale al quale fanno parte gli stati membri
dell’UE e anche altri che fanno parte dell’Europa geografica (ad esempio gli stati dell’est e la Russia), ma non c’entra
niente con l’UE. È stato costituito dopo la Seconda guerra mondiale per promuovere a livello regionale la pace e la
cooperazione tra le nazioni dell’Europa geografica.
Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale, mentre il Consiglio Europeo e il Consiglio dell’Unione
Europea sono due istituzioni dell’UE.
La carta europea dei diritti dell’uomo è stata adottata dall’Unione Europea, mentre sotto l’egida del Consiglio
d’Europa è stata adottata la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che è uno dei sistemi più avanzati di
tutela dei diritti fondamentali perché consente a un singolo cittadino, vittima di una violazione dei diritti
fondamentali tutelati dalla carta, di arrivare a chiamare in causa lo stato che è stato responsabile di questa
violazione, dopo essere passati dai metodi di ricorso interni, ma in casi eccezionali si può andare direttamente alla
corte di Strasburgo (es. ha deciso il caso Giuliani del G8 e il caso Berlusconi entrambi contro il governo italiano). La
Corte europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo (non c’entra con l’UE).
Sulla base di quali caratteristiche possiamo dire che un'organizzazione internazionale è un soggetto di diritto
internazionale? C’è stato un caso del conte Bernadotte nel quale si è parlato della personalità delle Nazioni unite,
questo caso riguardava un conte di nazionalità svedese che negli anni 40 lavorava come osservatore in Palestina per
conto delle nazioni unite, ma era di nazionalità svedese. Ad un certo punto nell'esercizio delle sue funzioni di
osservatore viene ucciso e si pone il problema del risarcimento dei danni, ci si pone il problema del fatto che lui stava
svolgendo un'attività per conto di un'organizzazione internazionale, ossia alle Nazioni Unite. Ci si è chiesto, ma le
nazioni unite sono un soggetto di diritto internazionale? La Corte internazionale di giustizia (sede nel Peace Palace
all’Aja), ha detto che si effettivamente lo sono perché vediamo nelle Nazioni Unite due elementi sostanziali per dire
che sono un soggetto di diritto internazionale: una missione che è quella di promuovere la pace; un apparato, una
struttura, delle istituzioni che perseguono questa missione, si vede quindi una certa indipendenza dell’ente rispetto
agli stati che ne fanno parte e allora è giusto riconoscere soggettività internazionale a questa organizzazione.
Se noi trasponiamo questo ragionamento all’Unione Europea, vediamo che non ha una missione così precisa come
quella delle Nazioni Unite. Se dobbiamo individuare una missione per l'Unione Europea è quella dell'integrazione
degli Stati membri, però poi le sue competenze concrete sono molto più definite rispetto a quelle delle Nazioni unite,
noi troviamo, soprattutto nel trattato sul funzionamento dell'unione europea, un elenco di attività e poteri che
l'unione europea ha e nonostante questo spesso va oltre questi poteri per poter raggiungere l'obiettivo
dell'integrazione.
Quindi siamo davanti a un attore globale che ha i germi nel modello federalista ma anche molte caratteristiche che lo
riportano invece alle organizzazioni internazionali, e in una delle più famose sentenze della Corte di giustizia
dell'unione europea, ha detto che è un ordinamento sui generis (di nuovo genere) nel campo del diritto
internazionale che riconosce come soggetti gli stati, ma anche i loro cittadini.
Forse la caratteristica principale di questo soggetto è proprio l'elemento cittadini, il rapporto che questa istituzione
ha con i cittadini.
Le nazioni unite si occupano dei popoli, l’Unione Europea si occupa dei singoli. Anche organizzazioni come il Consiglio
d'Europa si occupano di problematiche relative ai diritti dei singoli, ma lo fanno sempre per il tramite degli Stati,
l'unione europea invece ha un rapporto diretto con gli individui.
Si possono individuare tre elementi per definire l’Unione Europea da tenere ben presenti: nasce con l'intento di
creare un modello federalista ma poi prende altre forme; è assimilabile un'organizzazione internazionale di
dimensione regionale; è un ordinamento di nuovo genere perché non ha solo come soggetti gli Stati, ma anche
cittadini. È proprio per questo speciale rapporto coi singoli che l'unione europea risponde da un lato anche alle
istanze di modernità che ci sono nel diritto internazionale e dall'altro si colloca nel genere di organizzazione
internazionale.
Quali sono gli attori di diritto internazionale?
 Gli Stati: per diventare Stato membro dell'unione europea uno stato deve possedere determinate
caratteristiche, ma prima di tutto deve essere uno stato e per essere considerato tale è necessario avere una
indipendenza o sovranità interna (la triade popolo governo territorio) e una sovranità o indipendenza verso
l'esterno (indipendenza dal punto di vista giuridico cioè di avere un ordinamento originario e non
dipendente da altri ordinamenti).
Esempio di stato fallito è la Somalia perché vittima di criminali.
Enti che ancora Stati non sono perché non si sono ancora consolidati nella loro sovranità interna: Libia.
La nozione di stato deve essere valutata caso per caso.
 Enti diversi dagli Stati: ad esempio la Santa Sede, il Santo Ordine di Malta
 Organizzazioni internazionali intergovernative
 Imprese multinazionali: imprese tra di loro connesse, ma ciascuna segue le regole dello Stato nel quale
opera.
 Individuo

Caso Pinochet: dittatore cileno responsabile di molte morti, il caso riguardava la sua immunità, era stato catturato e
processato a Londra, ma lui in quanto capo di Stato la prima cosa che ha fatto è stato invocare l'immunità e i giudici
londinesi per la prima volta hanno detto che l'immunità cadeva in caso di una violazione efferata dei diritti umani, e
questo era un cambio di rotta importante, se non fosse che i legali di Pinochet hanno rilevato che Amnesty
International si era costituita come amicus curiae e un giudice della House of lords era il marito della presidente di
Amnesty International e quindi non era un giudice indipendente. Però i giudici sono stati molto attenti perché hanno
invece invocato la convenzione contro la tortura e quantomeno sono riusciti a estradare Pinochet. Questo per dire
che le organizzazioni non governative così come le imprese multinazionali non sono da vedere necessariamente
come dei nemici e poi sono parte della vita internazionale, non sono ancora attori ma non possiamo fare finta che
non esistano.

Organizzazioni internazionali (intergovernative).


A buon diritto possiamo classificare l’Unione europea come un'organizzazione internazionale che ha una sua
personalità giuridica. Anche la questione della personalità giuridica va affrontata a caso per caso, quindi, non è
sufficiente che l’Unione europea si autoproclami attore di diritto internazionale, non è sufficiente affermarlo
formalmente perché il ragionamento sulla soggettività degli attori di diritto internazionale è un ragionamento non
formalistico, noi lo guardiamo nella sostanza se un soggetto è autonomo dagli Stati.
Più è il potere che viene dato dagli Stati all'organizzazione più questa è forte nella realtà, ci sono organizzazioni
internazionali che non hanno questa forza come anche le Nazioni Unite che più distanti dai governi non lo sono se
pensiamo che per decidere se fare guerra o no alla fine conta tantissimo il potere di veto dei cinque stati
permanenti, non è una decisione presa dall'organizzazione internazionale per il tramite dei suoi organi. Questo non
accade nell’Unione europea, la grande maggioranza delle sue politiche prevede il voto a maggioranza, quindi
significa che anche se uno stato è contrario ad uno strumento normativo, quello strumento normativo verrà votato
comunque se la maggioranza lo decide. Quindi l'unione europea ha personalità giuridica, ma non perché lo dice
l'articolo 47, ma perché si vede che è autonoma a livello organizzativo e nella maggioranza dei casi anche a livello
decisionale dagli Stati; e ha un sistema di competenze e poteri ben definito.

Diritto internazionale e “individuo”.


L'unione europea si caratterizza per questo rapporto speciale col singolo individuo. L'individuo che viene posto al
pari degli Stati è una delle più recenti evoluzioni del diritto internazionale. Gli esempi sono molto importanti, ad
esempio, quello della possibilità di ricorrere contro lo stato in caso di violazione di diritti fondamentali, ma anche dal
lato passivo esiste una Corte che si chiama Corte penale internazionale (sede all’Aja), è una Corte il cui statuto è
stato frutto di una lunghissima gestazione alla quale hanno partecipato anche gli Stati Uniti col tentativo di

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boicottarlo ma non ci sono riusciti. Questa Corte penale consente di processare anche i capi di Stato, e tutti coloro
che sono responsabili di crimini internazionali.
Questa responsabilità penale individuale che va oltre, per cui il capo di uno stato membro del sistema Della Corte
penale internazionale non può evocare l'immunità, perché lo stato aderendo al sistema ha rinunciato all'invocazione
dell'immunità, questo è un esempio di avvicinamento della comunità internazionale all'individuo. Però alla fine non
possiamo dire che l'individuo è un soggetto di diritto internazionale perché la responsabilità penale viene sempre
concessa tramite lo stato, è lo stato che aderisce a un sistema che consente all'individuo di andare in giudizio contro
un altro stato, è lo stato che consente di rinunciare all'invocazione dell'immunità nei procedimenti che riguardano i
capi di Stato, quindi c'è sempre la mediazione dello Stato. Il diritto dell'unione europea valorizza molto l'individuo,
prevede norme che sono direttamente applicabili all'individuo, ma non lo soggettivizza.

Le fonti di diritto internazionale.


La migliore lista delle fonti di diritto internazionale si trova nell'articolo 38 dello statuto della Corte internazionale di
giustizia.
Il diritto internazionale è un diritto anarchico perché non c'è nessuno superiore gli Stati sono tutti uguali, questo si
riflette anche sulle fonti di diritto internazionale nel senso che non c'è una vera e propria gerarchia come nel nostro
ordinamento tra istituzione e fonti subordinate, nel diritto internazionale una consuetudine può derogare un trattato
e un trattato può derogare una consuetudine.
La lista che l'articolo 38 prevede una lista di strumenti con i quali la Corte internazionale di giustizia può risolvere una
controversia tra Stati. Quando c'è una controversia tra Stati si guarda se questi Stati hanno stipulato tra loro un
accordo che può essere bilaterale o se questi Stati fanno parte di un accordo multilaterale, quindi la prima fonte che
viene indicata è il trattato internazionale (fonte di diritto particolare perché si applica soltanto a quegli Stati che
hanno deciso di vincolarsi).
Poi se manca il trattato internazionale, cosa che tende a mancare sempre meno perché è la fonte di gran lunga
prevalente nel diritto internazionale al giorno d'oggi, segue la consuetudine che è una fonte non scritta che è una
pratica generale, i due elementi che la compongono sono: usus (la pratica ripetuta nel tempo) e l’opinio iuris ac
necessitatis (l'idea che quella pratica risponda a norma giuridica vincolante). Tra queste norme non scritte che si
ripetono nel tempo ci sono i principi generali di diritto che poi si distinguono tra principi generali diritto
internazionale e principi generali delle Nazioni civili, sono necessari perché stiamo parlando di un ordinamento che è
quello internazionale che per sua natura è lacunoso, con difficoltà di essere colmate queste lacune perché se c’è una
lacuna nell'ordinamento italiano, l'ordinamento italiano si dà per completo, quindi c'è una lacuna e tra le norme
vado a cercare la tecnica interpretativa che mi consente di risolvere il problema, ad esempio, l'analogia quindi vado a
cercare una norma che si può applicare a un caso e anche se non rientra in quella norma il cerco di aggiustarla
perché l'ordinamento statale è un ordinamento completo. L’ordinamento internazionale non è completo, nasce dalla
cooperazione di tanti Stati che sono tutti sullo stesso piano, che hanno le loro tradizioni e i loro principi, è vero che ci
sono dei principi negli ordinamenti nazionali che ricorrono per tutti, ma poi la comunità internazionale ha sviluppato
tutta una serie di suoi principi di diritto internazionale generale che aiutano a risolvere le controversie tra Stati, ad
esempio, il principio di non ingerenza negli affari altrui.

Trattati internazionali.
Ci vuole una persona che sia dotata dei pieni poteri di negoziare un trattato entro certi limiti. Alcune persone di
spicco della pubblica amministrazione hanno dei pieni poteri impliciti, ad esempio, il presidente del consiglio o i
ministri competenti in materia. In genere chi prende le mosse per l'adozione di un trattato internazionale è
un'organizzazione internazionale specializzata, convoca una conferenza con i plenipotenziari che iniziano una
negoziazione su una determinata disciplina, si arriva alla fine con la firma del trattato che sancisce la fine della
negoziazione, ma non significa che il trattato entra in vigore perché per entrare in vigore serve la ratifica dello stato
che esprime quindi la volontà di fare entrare un pezzo di normativa internazionale le sue ordinamento e di
rispettarla.
In alcuni casi è possibile è possibile stipulare i trattati in forma semplificata quindi la firma equivale già a una ratifica,
ma nella maggior parte dei casi così non è.

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Non c’è una gerarchia tra le fonti di diritto internazionale, però c’è un nucleo di principi che si chiamano principi di
jus cogens che sono alla base della carta delle nazioni unite, che stanno sopra, all'apice della gerarchia delle fonti
quindi ogni fonte diversa deve rispettare questi principi, rientrano in questi principi, ad esempio, il principio di non
ingerenza negli affari altrui. La presenza di questi principi significa che c'è comunque una comunità di valori che noi
vogliamo difendere.

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29/09
Vediamo con il diritto internazionale entra nell’ordinamento italiano. In Italia è il Presidente della repubblica che si
occupa della ratifica dei trattati internazionali, con la controfirma del ministro competente. In qualche caso possono
intervenire le camere che devono previamente alcuni trattati quelli più importanti. Anche le regioni possono dare
attuazione al diritto internazionale e al diritto dell’unione europea, in un sistema come il nostro il ruolo delle regioni
è limitato rispetto all’osservanza del diritto internazionale e dell’unione europea ma il responsabile è sempre lo stato
che è membro dell’unione europea. Quindi se la regione Liguria ha una soluzione europea sarà lo stato italiano a
risponderne.
Per esempio, c’è stato un problema sul rispetto delle direttive della regione Campania in materia di rifiuti che non
riusciva a smaltire in modo conforme all’unione europea i rifiuti e quindi le quote erano altamente superiori a quello
che poteva gestire ed è stata mandata una multa all’Italia e non alla regione. 
Ma comunque le regioni in virtù dell’art 117 hanno e possono avere un ruolo di protagoniste nell’attuazione del
diritto internazionale e dell’unione europea.
Come entra il dritto internazionale.
Le consuetudini entrano automaticamente, si formano ed entrano nel nostro ordinamento perché c’è una norma
che è l’art 10 della nostra costituzione che dice che “l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute”.  Generalmente conosciute fa riferimento al diritto consuetudinario, sono
norme non scritte, se la norma cambia ed evolve così come si evolve sul piano internazionale si evolve anche sul
piano nazionale.
Si può estendere questa norma al diritto pattizio? No. I trattati entrano attraverso un procedimento di adattamento,
ordinario o speciale. Ordinario, un tempo si prendeva il trattato internazionale normalmente scritto in francese o
inglese lo si riportava in italiano o lo si faceva diventare legge dell’ordinamento, perdendo tutto il carattere
internazionale della disciplina e creando anche qualche volta dei problemi interpretativi. Quindi oggi che abbiamo
preso più la mano nell’adattamento dei trattai internazionali che esistono il procedimento utilizzato è quello tramite
ordine di esecuzione che non è altro che una legge statale che scrive nel primo articolo che la piena e integrale
esecuzione viene data al trattato x e grazie a questa dicitura il trattato entra a far parte dell’ordinamento interno e
acquisisce il rango della norma che l’ha fatta entrare quindi una legge ordinaria, regionale a seconda del tipo di
strumento che avrà nell’esecuzione all’interno del nostro ordinamento.
Abbiamo detto che non c’è gerarchia all’interno delle fonti di diritto internazionale ma c’è un rapporto di derivazione
di fondamento di una fonte e dell’altra, cioè il fatto che gli stati stipulano un accordo tra loro e che lo rispettino
questa stessa circostanza è una consuetudine. Nel diritto internazionale si è consolidata una pratica secondo la quale
gli stati stipulavano accordi con altri stati e li rispettavano e quando non li rispettavano c’era la percezione che fosse
una violazione del diritto internazionale. Quindi nel diritto internazionale si è sviluppata una consuetudine che viene
poi ricordata come Facta sum servanda secondo la quale quando si fa un accordo internazionale bisogna rispettarlo.
Quindi i trattati internazionali trattano il loro fondamento in questa norma consuetudinaria.
Da dove derivo il fondamento del carattere vincolante dei trattati internazionali? Noi abbiamo l’idea che i trattati
internazionali siano tutti fonti scritte in realtà ci sono stati anche trattati non scritti o segreti tra gli stati, oggi sono
scritti ma una volta non tutti. Quindi da dove derivavano la forza vincolante? Dalla pratica cioè gli stati stipulavano
questi accordi nella consapevolezza che quegli accordi fossero vincolanti se non la consuetudine. Quindi trovano i
trattati internazionali trovano il fondamento la loro ragione d’essere in una norma di natura consuetudinaria (pacta
sum servanda) solo per questa ragione si dice che i trattati sono fonti di secondo grado, non perché sono subordinati
a questa fonte, alla consuetudine ma perché traggono da lei la loro ragion d’essere.
Ma quindi se i trattati sono di secondo livello, le fonti previste dai trattati saranno fonti di terzo grado, perché se un
trattato come può essere quello istitutivo dell’unione europea ma come anche la carta delle nazioni unite dico che le
istituzioni dell’organizzazione possono adottare delle tesi quelle fonti trarranno la loro ragion d’essere dal trattato e
per questo saranno fonte di terzo grado e i trattati di secondo.
Posto che le fonti di secondo livello sono i trattati e vengono così dette non perché dipendono gerarchicamente dalle
consuetudini ma perché traggono il loto fondamento nella regola pacta sum servanda abbiamo un fenomeno che è
quello per cui in alcuni trattati internazionali si prevede la possibilità che le istituzioni adottino ulteriori fonti, nella
carta delle nazioni uniti si dice che il consiglio di sicurezza può adottare delle risoluzioni, nel trattato sull’unione
europea si dice che le istituzioni dell’unione europea possono adottare delle direttive, regolamenti, decisioni e tutti
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questi atti sono fonti del diritto internazionali e li collochiamo nelle fonti di terzo grado perché traggono la loro
ragion d’essere nel trattato al quale viene dato potere di adottare direttive.
Quando si trattata di fonti di terzo grado diverso dal diritto dell’unione europea, per esempio le risoluzioni del
consiglio del diritto di sicurezza non è prevista alcuna regola specifica ma l’ordinamento italiano tendenzialmente
adotta una normativa ad hoc per far entrare per far entrare queste fonti di terzo livello nel suo ordinamento. Questo
vale per tutte le fonti di terzo grado diverse dagli strumenti del diritto dell’unione europea, perché per lui c’è un
procedimento tutto a parte.  Tanto è vero che il fondamento dei trattati del diritto dell’unione europea si rinviene
nell’art 11 della costituzione norma che è stata inserita nella costituzione non avendo in mente l’unione europea in
quanto non si pensava ancora la sua formazione, la costituzione è del 48 e l’unione europea del 57.
Art.11 “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni
internazionali rivolte a tale scopo.”
Quindi noi abbiamo una norma che consente all’Italia di cedere sovranità purché lo facciano organizzazioni che
vogliono perseguire queste finalità, pace giustizia tra le nazioni. È qui che troviamo il fondamento normativo per
l’adesione alle nazioni unite.
Abbiamo un altro fondamento che fa espresso riferimento al diritto dell’unione europea che è l’art 117 introdotto
con la riforma del 2001 nella costituzione. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto
della Cost, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. (…)”. Quindi dice
che noi dobbiamo rispettare costituzione, diritto internazionale e diritto dell’unione europea ogni volta che facciamo
un trattato/patto normativo.
Quindi ci saranno norme che entrano nel nostro ordinamento tramite l’art 10 e ovviamente saranno norme che noi
considereremo al rango della costituzione, ci saranno norme che entreranno con il procedimento di adeguamento,
adattamento speciale e poi c’è il diritto dell’unione europea che ha tutta una sua logica e al quale il nostro
ordinamento dopo qualche tentennamento, oggi ormai riconosce il primato. Quindi il diritto dell’unione europea
prevale sul diritto interno, la primauté.  Prevale su tutte le norme di diritto interno che contrastino con esso (le
norme interne in questo caso sono disapplicate), fatto salvo il controlimite dei principi supremi dell’ordinamento
italiano, in questo caso il diritto interno prevale. Questo non accade per tutti gli altri trattati internazionali ma solo
per il diritto dell’unione europea, perché essi entrano nel nostro ordinamento con lo strumento della legge ordinaria
che è subordinata alla costituzione.
Quindi le norme pattizie che entrano nel nostro ordinamento devono rispettare la costituzione se non la rispettano la
Corte costituzionale dovrà far prevalere il diritto interno se non rispetta la costituzione.
Nell’ambito di queste fonti pattizie c’è una fonte che è la CEDU che è una fonte di particolare rilievo in quanto tocca
la sfera dei diritti umani e ha un rango del tutto particolare che si chiama rango di fonte interposta tra la costituzione
e la legge ordinaria.
Abbiamo visto che tendenzialmente le fonti di diritto internazionale di primo livello/grado la consuetudine entra a
livello costituzionale grazie all’art 10, le fonti di secondo livello pattizie entrano con lo strumento che gli consente
l’ingresso nel  nostro ordinamento tendenzialmente la legge ordinaria, le fonti di terzo grado vengono attuate con un
provvedimento e anche lì abbiamo il rango della fonte che consente l’ingresso di queste fonti, non ci siamo chiesti
ancora a che livello entrano le fonti di diritto dell’unione europea derivato cioè fonti di terzo grado che prendono il
loro fondamento da trattati, lo vedremo ma sappiamo già che anche quelle fonti così come i trattati del diritto
dell’unione europea godono questo principio del primato del diritto dell’unione europea. Quindi c’è una scala a
parte per quelle fonti anche se sono fonti di terzo grado. Non occorre per disapplicare il diritto interno il contrasto
con esso sia un trattato dell’unione europea, può essere anche una fonte derivante da un regolamento europeo, da
una decisione.
Quindi deve essere chiaro la distinzione non gerarchica tra fonti di primo, secondo e terzo livello e la distinzione
particolare che il diritto dell’unione europea occupa.
 
Van Gend and Loos causa 26/62 sentenza nella quale per la prima volta si è definito che cos’è l’unione europea,
anche se una definizione precisa non si può dare questa sentenza alla corte di giustizia ha detto  che «la comunità
costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli stati
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hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non
soltanto gli stati membri ma anche i loro cittadini»
La sentenza riguarda un caso di importazione dalla Germania ai paesi bassi di una resina. Sentenza degli anni 60,
all’origine della comunità economica europea, in quei anni si stava ancora procedendo alla realizzazione dell’unione
doganale cioè si stavano piano piano smantellando i dazi che gli stati riscuotevano alle frontiere e c’era una norma
che poi è stata eliminata che diceva che gli stati non dovevano  nelle norme di realizzazione dell’unione doganale
introdurre nuovi dazi però questa a questa resina viene dato un dazio anche abbastanza alto 8% del valore,
chiaramente il commerciante Van Gend and Loos non è contento di pagare questo dazio alla frontiera per la sua
merce e allora prima agisce con i giudici nazionali per contestarne la legittimità , essi applicando il meccanismo di
rinvio pregiudiziale cioè chiedono alla corte di giustizia come si deve interpretare l’art 12 del trattato CEE che
prevede che gli stati non devono introdurre nuovi dazi? E la corte di giustizia risponde a questa richiesta di
valutazione del diritto dell’unione europea e lo fa dicendo che questa norma è prevista in un trattato ma i singoli, i
privati la possono invocare, quindi se la norma dice che uno stato non deve adottare dazi, il privato che è
danneggiato da questa norma può invocarla davanti un giudice quindi Van Gend and Loos fa bene a verificare la
legittimità di questo dazio perché è un suo diritto perché il diritto dell’unione europea non si dirige solo agli stati ma
anche agli individui e ai privati, persone fisiche o anche persone giuridiche come la società Van Gend and Loos.
Quindi la Corte ha con questo caso l'occasione per chiarire e definire perché è così speciale l’ordinamento
dell’unione europea e lo fa con questa sforma che è passata alla storia (scritta prima) riconosce a noi prerogative che
sono anche nei confronti degli stati.
L’obiettivo che l’unione si dà è un crescente livello di integrazione e in questo senz’altro ha avuto successo.
La Norvegia non è uno stato dell’unione europea. Noi ci collochiamo per milioni di abitanti per stato al terzo posto,
malta è all’ultimo posto ma ha diritto di voto tanto quanto noi.
I simboli dell’unione europea sono la frase “uniti nella diversità” che vuol dire molte cose come forte integrazione.
Bandiera blu con le stelle gialle, la musica è la nona sinfonia di Beethoven, il 9 maggio è la festa dell’unione europea.
L’euro non si applica a tutti i paesi della comunità europea.
Siamo passati da 3 comunità che per molti aspetti lavoravano all’unisono (CECA; CEE; EURATOM) ma erano
comunque tre comunità diverse e distinte anche come autorità, create da sei paesi fondatori, il potere normativo era
detenuto da consiglio, organo governativo rappresentante dei governi e la commissione, organo tecnico con la
missione essenzialmente economica, la comunità economica europea CECA e EURATOM sono nate dal disastro della
seconda guerra mondiale con l’idea che se tutti mettevamo in comune l’interesse economico allora tutti avremmo
avuto interesse a fare qualcosa insieme. 
Oggi abbiamo un’unione unica che ingloba le 3 comunità, 27 paesi membri, 24 lingue ufficiali, il potere legislativo
oggi vede un ruolo del parlamento europeo del tutto paritetico rispetto a quello del consiglio quindi la popolazione
ha lo stesso potere decisionale dei governi e la missione non è più soltanto economica ma è molto di più anche se
esiste sempre.
In un domani ci sono diversi paesi candidati all’ingresso, alcuni lo sono da molto più tempo come la Turchia e altri da
meno e vedremo come un paese diventa candidato a entrare nell’unione europea.
Lo spirito. Negli anni 50 c’era più entusiasmo rispetto a quello che c’è adesso rispetto a questo tipo di cooperativa, ci
sono stati momenti in cui questo esperimento è stato molto criticato. Se prima il baricentro era tutto europeo oggi le
sfide sono più globali, non si occupa solo dell’unione ma si occupa anche di ambiente, del terrorismo, delle
emigrazioni è un attore globale a tutti gli effetti, ha le competenze oggi per esserlo.
Il domani è un punto interrogativo anche se pur con piccoli passi finora siamo andati avanti, quindi la speranza è che
si vada ancora avanti.
 

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Caratteristiche dell'ordinamento giuridico europeo.
 Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio – CECA (entrato in vigore nel 1952)
 Trattato istitutivo della Comunità economica europea – CEE (entrato in vigore nel 1958)
 Trattato istitutivo della comunità europea per l’energia atomica - EURATOM (entrato in vigore nel 1958)
Progressiva unificazione delle istituzioni:
 1975 bilancio unico
 1976 elezione dei Parlamentari europei a suffragio universale diretto
Si è configurato intorno alla metà degli anni 50 quando sono stati istituite le tre comunità che avevano una finalità
prettamente economica.
La prima comunità è del carbone e dell'acciaio perché erano stati l'oggetto del litigio della Seconda guerra mondiale,
si è partiti da qui nella convinzione che la prosperità economica avrebbe aiutato anche una forte integrazione tra gli
Stati.
Vengono istituite le tre comunità, non facilmente, ci sono state discussioni anche nel frattempo, si è parlato già in
questa fase primordiale di creare una comunità di difesa però è fallita, invece hanno decollato le tre comunità.
Questa prima comunità aveva quindi un argomento molto specifico.
Più generico era il trattato istitutivo della comunità economica europea, più generico nel senso che aveva
manifestato un po’ i tratti di quello che poi è diventata l'unione europea, perché dava un primo nucleo di
competenze molto importanti, economicamente rilevanti, che poi si sono espanse grazie alla Corte di giustizia
dell'unione europea che ha affermato dei principi che hanno consentito una spinta in alto dell'ordinamento
dell'unione europea e lo ha fatto col meccanismo del rinvio pregiudiziale. Il rinvio indica che è il giudice nazionale che
richiama la questione giuridica alla Corte di giustizia e pregiudiziale perché la Corte di giustizia non risolve il caso in
concreto ma si limita a dire come va interpretato il diritto dell'unione europea e poi dice al giudice nazionale ora
applicalo al caso concreto perché tu conosci il contesto.
La comunità economica europea aveva un nucleo primordiale di competenze ben definito e si trattava del mercato
interno riferito alle quattro libertà fondamentali di circolazione dei fattori produttivi, i fattori produttivi secondo
l'ordinamento della comunità economica europea sono merci, servizi, lavoratori e capitali. Il mercato interno aveva
convertito le regole sul mercato interno primordiali del trattato esecutivo della comunità economica europea con
l'obiettivo di eliminare gli ostacoli alla circolazione dei quattro fattori produttivi, ostacoli di qualunque natura, la
composizione delle norme nel trattato era volutamente ampia, ogni possibile ostacolo ogni possibile barriera doveva
essere eliminata quindi tutti i dazi doganali, ma poi anche tutte quelle misure magari nascoste, protezioniste che
queste norme miravano a smantellare.
L'obiettivo del mercato unico è stato centrato ancor prima dei termini che l'unione europea si era data.
Da subito si era parlato anche di politica commerciale comune che ha evidentemente anche delle implicazioni verso
l'esterno, fuori dell'unione europea; di politica agricola comune; di politica comune dei trasporti.
L'idea era il sistema economico come fulcro di questa organizzazione, se funziona l'economia funziona il resto, se
funziona l'economia forse saremo in grado di essere integrati anche ad altri livelli.
Quelli che erano tre sistemi separati con delle autorità e delle istituzioni che li regolavano, progressivamente sono
andati verso un'unica organizzazione. Prima è stato fatto un processo di unificazione delle istituzioni, poi è stato
creato un bilancio unico per la gestione di questo apparato, poi a questo apparato è stata data anche un
orientamento democratico, tra gli organi di queste istituzioni c’era anche il Parlamento e i parlamentari europei
erano eletti tra i parlamentari nazionali, cioè non eravamo noi direttamente a scegliere i parlamentari da mandare in
Europa ma erano i nostri parlamentari che sceglievano chi era meritevole di andare in Europa. Nel 1976 si arriva alla
prima elezione del Parlamento direttamente dai cittadini.
Quello a cui ci dobbiamo abituare nel diritto dell'unione europea è una continua evoluzione e questa evoluzione è
prevalentemente giuridica, avviene attraverso strumenti giuridici, avviene attraverso trattati internazionali, sono
trattati internazionali che modificano i precedenti trattati internazionali quindi una corte successiva che modifica una
corte precedente. La peculiarità di questo cambiamento è che ci deve essere consenso con la ratifica da parte di tutti
gli Stati membri, questa è la peculiarità del procedimento di revisione dei trattati internazionali.
La prima modifica avviene con l'Atto Unico Europeo firmato nel 1986, entrato in vigore nel 1987.

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Ad ogni tappa di evoluzione del diritto dell'unione europea si va a ritoccare un po’ la partecipazione democratica, si
va un po’ a rafforzare quello che è il metodo comunitario che è il fatto che le istituzioni possono adottare degli atti
anche col parere contrario di qualche stato che un grande vantaggio dell'unione europea.
Tendenzialmente in tutti i trattati si registra una crescita dell'unione europea, un ampliamento dell'azione che con il
trattato acquista rilievo formale, ma che già la Corte di giustizia in qualche sentenza anticipava.
Sempre di pari passo con l'ampliamento delle competenze accade che si va anche un po’ a ritoccare la tutela degli
Stati, gli strumenti che tutelano gli Stati rispetto a una forte elusione delle loro competenze.
Tutto un sistema veramente bilanciato però che dà i suoi frutti perché va comunque sempre verso un rafforzamento
complessivo del sistema dell'unione europea.
Questo lo vediamo con l'atto unico europeo, ad esempio col fatto che viene introdotta la procedura decisionale a
maggioranza qualificata in alcune materie, ad esempio l’armonizzazione delle legislazioni in vista del mercato unico,
armonizzazione è un termine tecnico che vuol dire ravvicinamento delle legislazioni, non vuol dire tutte le norme
uguali per tutti ma vuol dire che le norme si avvicinano.
L'armonizzazione avviene normalmente attraverso lo strumento della direttiva europea, perché la direttiva lascia dei
margini di azione agli Stati. Invece rendere tutte le legislazioni uguali viene fatto con lo strumento del regolamento.
Nell’86-87 il fatto che la base normativa per realizzare l'armonizzazione nella materia del mercato unico venga
modificata e venga previsto il requisito di maggioranza qualificata il luogo dell’unanimità è un passo importante
verso il mercato interno, perché significa che la regola della direttiva viene adottata anche se qualche stato è
contrario.
Si dice anche nell’86-87 che il mercato interno verrà completato nel dicembre del 92, ma è stato completato prima.
Il Parlamento europeo, che aveva già avuto l'importante evoluzione in senso democratico con le elezioni a suffragio
universale del 1976, adesso diventa un po’ più protagonista nella formazione di atti normativi.
Viene prevista la procedura di cooperazione dove il Parlamento inizia ad avere un ruolo più importante, non uguale a
quello del consiglio ma quasi.
Viene introdotta anche la procedura di parere conforme, senza il parere conforme del Parlamento in alcuni casi non
si può procedere. Il Parlamento inizia ad essere l'organo rappresentativo dei popoli europei che può bloccare il
procedimento normativo, cosa che prima non poteva fare; prima di questo atto unico europeo il sovrano del
procedimento legislativo era il Consiglio dei ministri quindi i governi, elevare allo stesso rango dell'organo puramente
governativo, l'organo rappresentativo dei popoli, e un'importante riforma che poi verrà sempre più ampliata tanto
che oggi il Parlamento ha lo stesso potere normativo del consiglio dell'unione europea, quindi se il ministro italiano
in consiglio vota no a una delibera ma il Parlamento poi dice sì devono arrivare a un accordo, ma se il Parlamento
dice sì si deve andare avanti.
Viene formalizzata la prassi degli incontri dei capi di stato e di governo che dal 74 hanno iniziato a prendere il nome
di consiglio europeo. Il consiglio europeo era nato in realtà non come un'istituzione, era nato dalla prassi dei capi di
Stato e di governo di incontrarsi un paio di volte l'anno, era un incontro di carattere puramente diplomatico in cui si
dibatteva però sull'unione europea. Oggi, dopo Lisbona, il consiglio europeo è un'istituzione dell'unione europea.
Vengono introdotte anche delle nuove competenze: ad esempio la materia ambientale esiste già dall’86 e resiste con
una formulazione molto moderna perché solo in materia ambientale all’ora era previsto il principio di sussidiarietà. Il
principio di sussidiarietà nasce dalla dottrina cattolica che dice sostanzialmente che l'uomo può far da sé ma quando
non ce la fa può rivolgersi alla comunità, quindi la sussidiarietà è pronunciabile quando un primo livello di azione non
riesce a realizzare l'obiettivo. Il principio di sussidiarietà nel diritto pubblico e dell'Unione Europea si applica per
regolare le competenze concorrenti, se una materia può essere di competenza dello Stato o delle regioni bisogna
capire quando finisce la competenza delle regioni e quando inizia quella dello Stato, in genere si stabilisce tramite il
principio di sussidiarietà. Quando lo stato da solo non riesce e l'intervento dell'unione europea può dare un valore
aggiunto allora si giustifica il suo intervento.
La modernità dell'atto unico europeo è di introdurre questo principio e la materia ambientale nell'ordinamento
europeo.
Il principio di sussidiarietà è stato introdotto nella materia ambientale perché l'ambiente non ha confini, quindi si
aveva l'idea che bisognava avere nozione un pochino più moderna di competenza in materia, l'ambiente non
coincide solo con il territorio su cui uno stato esercita la sua sovranità.

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L'idea era che l'ambiente in Europa dovesse essere una materia di politica comune, la cosa moderna è che si è
iniziato ad attribuire il principio di sussidiarietà quindi da un lato protegge la competenza dello Stato però si utilizza
anche per capire che quando la competenza dello Stato a certi livelli non può arrivare, è necessario adottare
un'azione in comune, non possiamo da soli combattere il cambiamento climatico.
Adesso il principio di sussidiarietà con il trattato di Maastricht è stato esteso a tutte quelle competenze che l'unione
europea qualifica come concorrenti.

Trattato di Maastricht.
Firmato nel 1992, entrato in vigore nel 1993, la CEE diventa CE, viene eliminato l'aggettivo economica.
È un trattato importantissimo forse quello che cambia di più la vita dell'unione europea. Da un'unione che aveva
finalità meramente economiche, passiamo quella che deve essere un'unione più vicina ai cittadini.
L'idea che non debba essere più un'unione essenzialmente economica viene deciso proprio con Maastricht.
Con Maastricht viene introdotto l'istituto della cittadinanza europea, nuove competenze in materia anche
tradizionalmente di competenza statale, ad esempio istruzione, reti transeuropee, industria, sanità, cultura,
cooperazione allo sviluppo, tutela dei consumatori.
La procedura di cooperazione viene sostituita da quella di codecisione, ci fa capire che sono almeno in due a
decidere e sono il Parlamento e il consiglio dell'unione europea sullo stesso piano, da Maastricht non in tutte le
materie, ma in molte viene introdotta la procedura di codecisione.
La codecisione suggella l'evoluzione democratica dell'unione europea perché mette il Parlamento allo stesso piano
del consiglio dell'unione europea che poi è l'organo decisionale rappresentativo dei governi.
Il consiglio dell'unione europea è un organo mutevole nel senso che cambia a seconda della materia che viene
discussa, se si discute di trasporti dall'Italia va al ministro dei trasporti nel consiglio dell'unione europea, ma è pur
sempre un organo governativo. Il Parlamento invece ho una composizione che viene decisa dalla popolazione di
ciascuno Stato, è un organo collegiale che decide con determinate maggioranze. Anche nel consiglio si decide a
maggioranza, a questo punto la decisione si stacca molto dai governi perché prima c'era una procedura che
prevedeva l'unanimità nel consiglio dell'unione europea con la conseguenza che erano i governi a decidere se
l'unione europea andava avanti o no e bastava il no di un governo perché non si andasse avanti; con l'atto unico
europeo si rosicchia un po’ questa regola e si chiede la maggioranza e quindi il consiglio dell'unione europea è
potente ma lo diventa di più perché ha questa regola della maggioranza, diventa forte come organo perché si stacca
dai governi, se la maggioranza dei governi che si siedono al consiglio dell'unione europea decide per una competenza
si va avanti e quelli che sono contrari devono accettare.
Adesso ci stacchiamo ancora di più perché non solo molte decisioni vengono prese a maggioranza del consiglio, ma
bisogna che ci sia anche la valutazione favorevole del Parlamento che rappresenta la popolazione.
Questo aspetto è molto significativo perché invece nelle organizzazioni internazionali sono solo i governi che
parlano, all’ONU il popolo non è rappresentato, chi decide sono i governi il popolo non ha nessuna voce in capitolo.
Nell'unione europea oggi il popolo può fare l'iniziativa legislativa.
È con il trattato di Maastricht che si introduce l'unione economico monetaria in vista della moneta unica entrata in
vigore il 1° gennaio del 2002. L'idea di euro è nata nel 92 con questo trattato.
Ma la vera grande novità è il tempio greco a tre pilastri, questa è stata una genialata dell'unione europea. La forza
del trattato di Maastricht è stata nel dire qual è il prodotto di quello che abbiamo fatto ora? Il primo pilastro è il
metodo comunitario, questo è quello che abbiamo finora cioè abbiamo una serie di trattati CE, EURATOM, CECA
dove si è consolidato il metodo comunitario, cioè dare poteri decisionali ad organi o istituzioni (commissione,
Parlamento, consiglio) e poi possono decidere a maggioranza e quindi anche col voto contrario di qualche stato. Si
stacca la decisione degli Stati nel metodo comunitario e viene affidata alle istituzioni europee. Il primo pilastro quindi
è tipicamente sovranazionale, fa sì che le decisioni possano essere prese a livello europeo.
Un'unione forte che si avvicina ai cittadini deve usare e tentare di rosicchiare qualche altra competenza in comune e
queste competenze in comune vengono individuate nella politica estera di sicurezza comune (PESC) che è il secondo
pilastro, e giustizia negli affari interni (GAI) terzo pilastro che riguarda in particolare le controversie crossborder
quelle che hanno elementi di internazionalità (diritto internazionale privato e processuale, le regole che servono
nelle controversie caratterizzate da elementi di internazionalità a individuare giudice competente legge applicabile e
a disciplinare come circolano i provvedimenti giudiziari).
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Il secondo e terzo pilastro sono diversi, qui ritorniamo un po’ alla dimensione statale, cioè c'è sempre un passo
avanti, ma non c'è quell’accessione di competenza che abbiamo nel primo pilastro perché qui l'istituzione si
riuniscono, elaborano atti normativi (ad esempio il mandato di arresto europeo), ma l'adozione di questi atti
normativi rigorosamente soggetta alla regola dell'unanimità impossibile, ossia sono gli Stati che decidono devono
essere tutti d'accordo altrimenti non si va avanti. La forza di questo trattato è stato nel prevedere il portale a tre
pilastri dell’Unione Europea dicendo l'unione europea è tutto questo, è una serie di politiche del primo pilastro dove
ormai è consolidato il metodo sovranazionale che va avanti verso una dimensione sempre più vicina ai cittadini, ma è
anche qualche forma di cooperazione intergovernativa più classica dei trattati internazionali in cui dobbiamo iniziare
a dialogare, se non troviamo un accordo non andiamo avanti, ma se troviamo un accordo facciamo qualche passo
avanti anche in quella materia; ma ha anche la possibilità di usare l'unanimità ma solo in materia di politica estera di
sicurezza comune e giustizia affari interni.
Gli atti successivi hanno piano piano rosicchiato questo secondo e terzo pilastro fino a ricondurli col trattato di
Lisbona tutti nel primo.
Col trattato di Amsterdam la materia di visti, asilo, immigrazione, cooperazione giudiziaria civile da qui è stata
trasportata dal terzo al primo pilastro con la regola di maggioranza, il coinvolgimento del Parlamento e così via.
Il trattato di Amsterdam è stato firmato nel 97 ed è entrato vigore nel 99, dal 2000 in poi l'unione ha adottato una
serie di regolamenti europei nella materia del diritto internazionale privato e processuale che testimoniano come
l'unione europea si sia voluta impadronire di questa materia e lo abbia potuto fare perché aveva la base normativa.
Il trattato di Amsterdam introduce un articolo sei importante che fa riferimento ai principi di democrazia, libertà,
diritti dell'uomo, libertà fondamentali, come principi ispiratori del diritto dell'unione europea. Introduce anche
l'articolo 7 che è una procedura che stabilisce che quando uno stato violi in maniera grave e persistente i valori
dell'articolo sei, i diritti di quello Stato possono essere limitati e sospesi.
L’articolo 7 è quella procedura che è stata ora avviata nei confronti di Polonia e Ungheria.
La comunitarizzazione in materia di visti, asilo, immigrazione e cooperazione giudiziaria civile, comunitarizzazione
significa passare dal terzo pilastro al primo pilastro cioè al pilastro comunitario.
Importantissima è stata l’introduzione della cooperazione rafforzata, un istituto che viene normalmente criticato
perché crea un’Europa a due velocità, consente a un gruppo di stati che vuole progredire nell'integrazione ma che
non ha il consenso della maggioranza necessario per progredire, di essere autorizzati ad andare avanti loro da soli. È
uno strumento del quale quasi non si parlava nemmeno più perché non ha avuto grande successo, ha avuto una sua
rinascita proprio con la cooperazione giudiziaria civile (diritto internazionale privato e processuale).
Nell'unione europea nel 2004 c'è stato un grande allargamento di stati, e l'ultima ad essere entrata nel 2013 è la
Croazia.
Dopo Amsterdam c'è stato il trattato di Nizza, c'è stata prima la carta di Nizza. Nel 2000 viene elaborata una carta di
diritti fondamentali dell'unione europea, un elenco un po’ più moderno della CEDU, più moderno nel senso che è più
dettagliato e individualista. Il problema è che l'unione europea non ha competenza in materia di diritti umani, ma è
una competenza statale. Però è vero che c'è un po’ un patrimonio comune, almeno a livello regionale, di diritti che
noi tutti siamo in grado di tutelare e allora nel 2000 si decide di scriverlo nella carta di Nizza. È stata scritta e
proclamata dalle istituzioni europee, atto di soft law non vincolante, ma non ha un valore giuridico ancora quindi non
si può pronunciare nelle sentenze della Corte di giustizia.
Non si fa in tempo a finire il trattato di Nizza che già si pensa alla revisione successiva con la dichiarazione di Laeken
del 2001. Viene fatta una conferenza intergovernativa per elaborare un trattato che adotta una costituzione per
l'Europa. In questo trattato si faceva un grande passo cioè si prendeva la carta di Nizza e la si incorporava al trattato
fondamentali per l'unione europea. Quindi abbiamo un trattato che adotta una costituzione per l'Europa che però
non è entrato in vigore perché la firma non ha valore vincolante, ci vuole la ratifica, e per l'unione europea ci vuole la
ratifica di tutti gli Stati membri, alla fine non tutti hanno ratificato e quindi non è entrato in vigore.
La modifica successiva è stato il trattato di Lisbona firmato ed entrato in vigore nel 2009. Questo trattato fa il passo
nel senso di dare un valore alla carta dei diritti fondamentali, che non si chiama più carta di Nizza perché dal 2000 al
2007 c'è stata un’attualizzazione della carta. Con il trattato di Lisbona si decide di adottare due trattati: il trattato
dell'unione europea e il trattato sul funzionamento dell'unione europea. Hanno lo stesso rango sono una fonte
primaria del diritto dell'unione europea; viene dato un ruolo alla carta dei diritti fondamentali che viene considerata
con lo stesso valore dei trattati, quindi la carta dei diritti fondamentali diventa diritto primario. Poi si stabilisce che
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nel consiglio europeo, che nel frattempo si sta ampliando, vi sia eletto un presidente; viene anche creata la figura
dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Formalmente i pilastri vengono aboliti, sostanzialmente ci sono ancora qualche materia che prevede l'unanimità.
Dopo Lisbona, nel 2008 inizio crisi economico finanziaria; nel 2010 processo di riforma della governance economica
europea; nel 2014 si acuisce una crisi migratoria; nel 2016 il referendum per la Brexit; ora il Covid.
Però l’Unione Europea non molla e il 12 dicembre 2019 si ha un percorso verso apertura di una Conferenza sul futuro
dell’Europa i cui temi sono: più coinvolgimento della società civile, modifiche ai trattati, più democrazia, più
trasparenza, miglioramento processi decisionali.

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5/10
La specificità dell’ordinamento europea la sentenza che lo ha per la prima volta sancito è quel famoso precedente
Van Gend en Loos il caso di quella resina e che la società voleva importare in Olanda dalla Germania ha incontrato
una tassa un dazio alle frontiere e la società davanti all'autorità olandesi che hanno chiesto conto di questo il
pagamento di questo dazio ha detto ma in realtà dazi non ce ne dovrebbero più essere perché il trattato prevede la
progressiva eliminazione dei dazi. La controversia sorge a livello nazionale ma grazie al meccanismo del rinvio
pregiudiziale arriva la Corte di giustizia che così chiarisce la portata del diritto dell’unione europea e nel caso Van
Gend en Loos dice attenzione la norma prevista nel trattato dice che i dazi devono essere eliminati, ma anche se una
norma di un trattato internazionale quindi di un trattato stipulato dagli stati può avere efficacia diretta anche nei
confronti dei individui, intesi sia come persone fisiche che giuridiche. Lo dice nel caso Van Gend en Loos dove dice,
per la prima volta siamo davanti a un ordinamento di nuovo genere nel quale oltre gli stati e organizzazioni,
nell’unione europea c’è un protagonista in più che la rende speciale, l’individuo.
Ci troviamo in questo limbo, che noi lo vediamo come un laboratorio giuridico come qualcosa di totalmente nuovo
del panorama internazionale e questa novità del 62 è stata confermata più recentemente con due pareri della corte
di giustizia dell’unione europea.
Cos’è un parere? Mentre la sentenza nel caso van Gend en Loos è proprio una decisione della corte di giustizia che
viene resa a seguito del rinvio pregiudiziale, il parere è un altro strumento che viene chiesto dalle istituzioni alla
corte di giustizia nei casi previsti dai trattati uno di questi casi è quando l’UE deve stipulare un trattato
internazionale. Perché piano piano, diciamo che questa è una delle più recenti evoluzioni dell’UE, ha sviluppano
competenza al suo interno, competenze, atti normativi e allora si è arrogata sulla scena internazionale una posizione
più importante che qualche volta travalica quella degli stati, quindi in alcuni casi, in alcune materie l’Ue diventa il
negoziatore di un trattato internazionale al posto degli stati, non in tutte le materie ma in alcuni sì perché ha
sviluppato una competenza.
Viene emesso questo parere perché di tanto in tanto c’è il problema dell’adesione alla CEDU, convenzione europea
sui diritti dell’uomo che prevede uno strumento, la convenzione e una corte che la rende applicabile, che la applica
nei confronti degli stati. questo meccanismo di tutela dei diritti umani deve essere coordinato con il diritto dell’UE
perché nel trattato sull’UE c’è una norma che è l’art 6 che dice che l’unione deve ratificare la CEDU, deve entrare a
far parte del CEDU. Quindi questo obbligo ormai è scritto nel trattato ma l’UE lo sentiva già prima e negli anni 90 ha
pensato di aderire alla CEDU e c’è stato un precedente parere della corte su questo argomento ma la corte ha detto
che l’unione non ha ancora sviluppato delle competenze tali per potere accedere al posto degli stati al sistema della
CEDU posto che tutti gli stati dell’Unione europea sono anche stati parte della CEDU.
Dopo anni nel 2013 viene fatta una nuova richiesta di pareri perché nel frattempo il consiglio dei ministri del
consiglio d’Europa e la commissione europea hanno elaborato un trattato di adesione che cerchi di coordinare i
sistemi. Non è facile coordinare i sistemi perché la materia dei diritti umani è sì in qualche modo toccata dal diritto
dell’unione europea, perché da Lisbona noi condividiamo un catalogo di diritti che è la carta Europa dei diritti
dell’uomo, catalogo che ha valore di diritto europeo primario, al top della gerarchia delle fonti ma l’UE come dice
l’art 6 non ha per questo ampliato le sue competenze in materia di diritti umani la competenza rimane degli stati,
tanto è vero che possiamo avere diversi livelli di tutela dei diritti fondamentali a livello di unione europea, ci sono
stati più liberali che hanno un approccio più individualista e stati che invece hanno un approccio più tradizionale
magari fondato sulla famiglia.
Un caso molto famoso che è emblematico e legittima questa differenza è il caso Mega. Primo caso in cui la corte di
giustizia ha detto qualcosa in materia di diritti umani in modo importante. Il caso riguardava una impresa inglese che
esportava in Germania dell’attrezzatura e la stessa attività relativa agli laser dromi sono locali dove si va giocare a
fare la guerra per finta, questa società voleva aprire una filiale in Germania per esportare tutto l’occorrente per
giocare ma il sindaco della città dove voleva aprire il gioco ha detto no perché questi giochi ledono la dignità umana.
L’impresa britannica dice che siamo nell’UE e c’è la libera circolazione dei servizi e delle merci chiediamo alla corta se
questa tua interpretazione della libertà è corretta. Quindi viene sottoposta tramite rinvio pregiudiziale una questione
alla corte di giustizia, che aveva più o meno questo tenore ma a fronte delle libertà di circolazione dei servizi e delle
merci è possibile impedire lo sviluppo di una attività come laser dromi e far circolare le merci relativa? La corte di
giustizia dice che la libertà di circolazione delle merci e dei servizi è una libertà fondamentale, non va ristretta salvo
che per i motivi previsti dai trattati, la dignità umana è un motivo previsto dai trattati, non occorre che ci sia la stessa
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percezione di tutela della dignità umana in tutta l’unione europea si possono avere percezioni diverse ma essere
comunque nell’ambito della stessa unione e condividere un catalogo di valori, non vuol dire che il regno unito non
tutela la dignità umana solo non la ritiene lesa da una attività di questo genere, la Germania però può avere
un’esigenza di tutela diversa.
Capiamo che già da questa sentenza e degli argomenti che l’unione europea tratta che sono sempre molto vicini
all’individuo è chiaro che si pone il tema: ma l’unione che competenze ha in materia di diritti umani? L’unione non ha
competenza in materia di diritti umani, sono gli stati a dire che cos’è la dignità umana a che livello va protetta. Vero è
che abbiamo un catalogo di diritti fondamentali che condividiamo tutti tuteliamo la dignità umana, tutti tuteliamo i
minori, il diritto a sposarsi in maniere diversa.
La corte di giustizia dell’UE non risolve la situazione, la corte tramite il rinvio pregiudiziale indica come il giudice a
quo deve interpretare il diritto dell’unione europea e quindi poi a risolvere è il giudice tedesco.
Nulla è accambiato dalla sentenza omega perché l’unione non ha acquisito competenze in materia di diritti umani,
ha un catalogo uniforme che costituisce il diritto primario e ha questo obbligo di vincolarsi al sistema CEDU. Il
problema è che vincolarsi al sistema CEDU implica anche il coordinamento del lavoro delle corti, della corte di
Strasburgo che decide in materia di diritti umani e applica ila CEDU e della corte di giustizia della corte europea che
non parla di diritti umani ma vediamo bene che anche parlando di merci può arrivare a dover parlare di diritti umani,
perché il diritto dell’UE ha come protagonisti anche gli individui ed è chiaro che vai a toccare la loro dimensione
individuale.
In questo parere la corte rinnova quella valutazione e che aveva già dato nel 1962 rispetto all’ordinamento europeo
e dice siamo di nuovo di fronte un elemento giuridico di nuovo genere, ma ora precisa di più, prima non era di nuovo
genere solo perché  coinvolgeva i cittadini, è di nuovo genere perché ha una specifica natura che è data da un
quadro istituzionale, è articolatissimo, non è banale la parafrasi dell’unione europea, molto moderno anche nei
rapporti tra istituzioni stesse ha dei principi fondativi che sono condizione per acquisizione della membership. La
struttura istituzionale è un insieme completo di norme giuridiche, quindi alle istituzioni affianchiamo il quadro
normativo europeo che ormai molto sviluppato in quanto consente all’unione di parlare al posto degli stati su molte
materie.
È ribadito nell’accordo commerciale con il Canada dove si dice che l’unione europea, abbiamo detto che individuo è
peculiarità dell'ordinamento sentenza Van Gend en Loos il parere di prima istituzioni e quadro normativo di
riferimento, qui aggiunge che l’ordinamento dell’unione europea deriva da una fonte autonoma, ha un ordinamento
originario costituito dai trattarti che si caratterizza primato rispetto al diritto statale quindi rapporto con gli stati ed
efficacia diretta nei confronti dei cittadini.
Uniamo tutti gli elementi pensiamo a un triangolo al vertice prendiamo UE in basso stati membri e individui a livello
di attori dobbiamo ricordarci questo triangolo e a livello di fonti questo rapporto si caratterizza: nel rapporto UE e
stati dal primato del diritto dell’Unione europea sul diritto interno e nel rapporto unione europea e cittadini dalla
possibilità di far valere l’effetto diretto delle norme di diritto dell’unione europea sentenza Van Gend en Loos.
Il trattato di Lisbona ha fatto questo passo avanti della generalizzazione del metodo che chiamiamo comunitario ma
ci sono delle deroghe si sono ancora degli aspetti che sono tipicamente intergovernativi, la PESC (politica estera di
sicurezza comune) formalmente non è più un pilastro, sostanzialmente lo è perché è ancora soggetto all’unanimità.
L’importanza di un organo come il consiglio europeo, organo che ancora decise con la regola dell’unanimità e poi il
fatto che tutte quelle materie di confine, che sono vicine all’azione dell’unione europea ma che vengono promosse
con strumenti esterni ai trattati come il fiscal compact, il MESS sono ancora soggetti alla normale stipulazione dei
trattati internazionali, chi vuole si impegna chi non vuole resta fuori. Quindi il sistema è ancora lontano da questi
sviluppi, ancora non possiamo dire che è totalmente sovranazionale, esteso il metodo comunitario, ci sono ancora
spie del metodo intergovernativo. Certo è che è l’individuo che ha una pozione veramente speciale in questo
ordinamento non solo perché è raggiunto dal diritto dell’UE in modo diretto grazie al principio dell’effetto diretto che
già nella sentenza van Gend en Loos è stato espresso ma anche perché il cittadino ha la possibilità di accedere alla
corte di giustizia dell’unione europea, nei confronti degli stati, delle istituzioni per avere una interpretazione
uniforme del diritto dell’UE rilievo dell’individuo importante. Confermato che gli stati non si possono fare giustizia da
sé nell’ambito dell’ordinamento dell’UE devono per forza passare per meccanismi di soluzione delle controversie
dell’unione europea, il sistema è chiuso da questo punto di vista.

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Il quadro normativo si caratterizza per ormai la presenza di due trattai fondamentali il trattato sull’unione europea e
il trattato sul funzionamento dell’UE, i vari trattati modificativi atto unico, Maastricht, Amsterdam, Lisbona sono
difficili da leggere che non fanno altro che modificare il quadro esistente, l’assetto attuale è dato da due strumenti
che poi alla fine sono tre che sono trattato sull’UE, tratto sul funzionamento dell’UE e carta dei diritti fondamentali
queste sono le fonti primarie.
I due trattati sono sullo stesso piano sono fonti di diritto europeo primaria, hanno lo stesso valore ma sono molto
diversi in realtà ma già il nome ci fa capire che il secondo volge una funzione servente al primo, nel primo ci sono le
norme di principio nel secondo le norme strumentali che servono a far funzionare il sistema dell’unione europea,
entrambi hanno una durata illimitata non scadono mentre per esempio il trattato esecutivo della CECA scadeva nel
2004.
Il trattato sull’unione europea contiene una serie di norme sui valori fondamentali dell’ordinamento, quelli che sono
gli obiettivi, i valori comuni, la disciplina sul rispetto dei diritti fondamentali quel famoso art 6 che si riferisce alla
carta dei diritti fondamenti e che impone l’adesione alla CEDU, ci sono una serie di norme sulla democrazia, due
norme art 4 e 5 che in sintesi ci dicono che esiste un sistema di definizione delle competenze, questo sistema prima
di Lisbona non esisteva, negli art 4 e 5 viene definito ma il vero quadro normativo lo si trova poi nelle norme di
funzionamento. Abbiamo anche le norme sul quadro istituzionale, ma i poteri sono meglio definiti nel tratto sul
funzionamento, una norma sulla cooperazione rafforzata che è stata introdotta dal trattato di Amsterdam e poi il
trattato sull’UE contiene le norme sulla membership e sulla modifica ei trattati. Membership si intende sia
acquisizione che recesso dei trattati.
L’unica politica, competenza materiale che è compresa nel trattato sull’UE è la PESC per l sua particolarità,  per il
fatto che è ancora legata al metodo intergovernativo, per l’importanza che ha è inserita in questo trattato anche per
quanto riguarda la disciplina in dettaglio e non invece sul trattato sul funzionamento dell’UE che contiene tutte le
altre competenze dell’Unione materiali, è anche un trattato breve quello sull’UE, ben diverso quello sul
funzionamento che è molto più lungo e che organizza il funzionamento dell’UE e determina i settori, delimitazione e
le modalità di esercizio delle sue competenze, abbiamo tutte le regole che ci spiegano cosa l’unione può fare e
quando. Nel trattato sull’UE abbiamo capito che cos’è l’UE qui cosa può fare.  Abbiamo molto più dettagliata la
disciplina sulle competenze, quali sono i principi ispiratori, qui troviamo il principio di attribuzione, sussidiarietà e
proporzionalità alla base al sistema delle competenze e qui abbiamo la disciplina sull’ordinanza dell’unione europea
oltre che alla disciplina dei diversi settori di competenza. È importante averla perché non è che l’UE ha gli stessi
poteri in ogni settore ci sono materie di competenza concorrente cioè che l’UE condivide con gli stati in cui l’UE può
fare molto e altre in cui sono solo accennati i suoi poteri. Vedremo che il sistema delle competenze prevede una
distinzione tra competenze esclusive dell’UE, qui non c’è dubbio che gli stati non possano fare nulla, per esempio la
politica commerciale comune, la grande maggioranze delle competenze dell’UE è di natura concorrente con quella
degli stati e poi ci sono delle competenze in cui l'unione può sostenere gli stati e quindi si chiamano di sostegno. Ma
nel grande padiglione competenze concorrenti troviamo diverse modalità di azione dell'unione europea con poteri
più o meno intenso a seconda della specificità della competenza in un settore dei trasporti, ad esempio, per quanto
riguarda le infrastrutture se non c’è un accordo con lo stato interessato l’unione non può fare molto.
Di queste competenze quando l’unione occupa una materia con una serie di atti normativi la occupa nel legiferare
all’interno dell’unione ma automaticamente anche verso l’esterno, questo discorso vale per tutte le competenze con
eccezione della PESC che non rientra nell’esercizio delle competenze esterne.

Membership.
Come si fa a diventare stati membri dell’unione europea? C’è una procedura disciplinata dall’art 49 del TUE.
“Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’art. 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare
membro dell'Unione. Il PE e i parlamenti nazionali sono informati di tale domanda. Lo Stato richiedente trasmette la
sua domanda al Consiglio (dell’unione europea), che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della
Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo
compongono. Si tiene conto dei criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo [criteri di Copenaghen]. Le
condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano
l'oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati
contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali. [accordo di adesione]”.
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Quindi siamo in un meccanismo intergovernativo, l’acquisizione della membership avviene con un trattato
internazionale che firmano tutti gli stati, tutti gli stati devono ratificarlo, devono essere d’accordo tutti, non è una
decisone che si prende in maggioranza. Deve essere uno stato, soggetto che sia indipendente internamente verso
l’esterno, dev’essere europeo quindi non potrà mai far parte dell’UE il Massachusetts perché non è uno stato e non è
europeo. Non dice nulla sui criteri di acquisizione di membership salvo che deve rispettare anche promuovere i valori
fondanti dell’unione europea che sono quelli dell’art 2. Poi fa un riferimento un po’ ambiguo ai criteri di
ammissibilità convenuti dal consiglio europeo, effettivamente in un consiglio europeo del 93 il consiglio europeo
aveva indicato dei criteri ulteriori per la membership di cui ancora oggi si tiene conto. Quindi questa norma pattizia è
integrata da una fonte di grado diverso che sono le conclusioni del consiglio europeo del 93. Lo strumento con cui
questa adesione si perfeziona non è altro che un trattato internazionale che chiamiamo accordo di adesione.
Accordo di adesione che non è un accordo standard uguale per tutti gli stati perché ciascuno stato aderendo all’UE
deve adeguare il suo ordinamento al diritto dell’UE, pensiamo a quegli ordinamenti che non hanno un approccio non
liberale, non di concorrenza libera, che sforzo devono fare per entrare nell’UE, alcuni stati sono stati costretti a fare
dei grossi cambiamenti normativi, quindi i trattati di adesione sono diversi, perché gli stati sono diversi.

I criteri per diventare membri.


Condizione geografica il Marocco aveva fatto domanda ma poi respinto perché non c’era legame con l’UE le altre
condizioni politica giuridica ed economica sono le condizioni che sono state effettivamente espresse al consiglio
europeo di Copenaghen. Condizione politica, deve esserci il rispetto dei diritti umani, giuridica la capacità come ente,
attore internazionale di far fronte agli obblighi non secondari che derivano dal diritto dell’UE e condizione economica
deve essere un’economia di mercanto funzionate basata sulla libera concorrenza. Devono essere tutte rispettare.
Estratto della conclusione del consiglio europeo di Copenaghen 21-23 giugno 1993.
“Il Consiglio europeo ha dato l’accordo, in data odierna, affinché i paesi associati dell'Europa centrale e orientale che
lo desiderano diventino membri dell'Unione europea. L'adesione avrà luogo non appena un paese associato sarà in
grado dl assumere gli obblighi connessi adempiendo le condizioni economiche e politiche richieste. L'appartenenza
all'Unione richiede che il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il
principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze, l'esistenza dl una economia del
mercato funzionante nonché la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno
dell'Unione.”
Sono criteri che vanno un po’ oltre al fatto di essere geograficamente uno stato europeo ma la peculiarità è che l’art
49 non lo dice, rinvia a criteri convenuti dal consiglio europeo e il riferimento è a questi criteri stipulati a
Copenaghen.
La procedura, quindi, prevede una fase preliminare di preparazione alla candidatura che in alcuni casi va avanti per
molti anni. Poi c’è la presentazione della candidatura con il parere della commissione e l’approvazione del
parlamento europeo che decide a maggioranza e poi c’è la fase finale del negoziato di adesione. Qui ci sono alcuni
capitoli che la commissione utilizza per negoziare questi trattati suddivisa in 35 capitoli che prima era la commissione
che si divideva da sola ma ora la commissione coinvolge lo stato entrante e poi si arriva alla stipulazione del trattato
di adesione.
Lo Stato membro è uno Stato membro a tutti gli effetti e ha dei diritti e doveri tutti uguali non ci sono delle posizioni
privilegiate.
L’unica vere procedura che può determinare una limitazione dei diritti che è la sanzione più grave non c'è
l'espulsione oppure delle procedure giudiziarie contro questo stato, l'unica procedura è questa dell'articolo 7.
Famosa procedura che è stata attivata contro la Polonia e l’Ungheria. Quindi criterio più importante per l'unione
europea andiamo a capire che sono i valori dell'articolo due, democrazia diritti umani valori fondanti dell'unione
europea e se c'è un rischio o la reale violazione di quei diritti dell'articolo due scatta la procedura dell'articolo 7 che
può condurre alla limitazione dei diritti.
Possibile limitazione diritti membership ex Art. 7 TUE
“1. Su proposta motivata di un terzo degli SM, del PE o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla
maggioranza dei 4/5 dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un
evidente rischio di violazione grave da parte di uno SM dei valori di cui all’art 2. Prima di procedere a tale

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constatazione il Consiglio ascolta lo SM in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la
stessa procedura”
Gli accordi di stabilizzazione sono tra unione e stato candidato perché è una cosa molto tecnica di cui si occupa la
commissione in parallelo con lo stato candidato, invece l’accordo di adesione quello che fa si che l’ultimo step si
verifichi l’ingresso quello deve essere intergovernativo, tutti gli stati devono essere d’accordo, quando si arriva al
dunque sono gli stati a decidere.
Fino a oggi questo articolo 7 non ha avuto un grande eco, un caso risalente del 2000 dove era stato minacciato ma
poi non è partita la procedura, nei confronti del caso Heider che era un esponente dell’estrema destra che era salito
al governo in Austria ma poi non era tastato necessario. Ora nel 2017 e 2018 sono partiti due procedimenti, uno nei
confronti della polonia dalla commissione avviato e in Ungheria avviato dal parlamento europeo.
La Polonia, il tema era la mancanza di indipendenza dei giudici ci sono state nomine che non sono state tenute non
con modalità neutre e oggettive.
In Ungheria invece la limitazione dei principi democratici.
Recesso dell’UE così come si può entrare si può anche andarsene, non basta dichiarare di avere personalità giuridica
per essere un ente, per essere un attore internazionale bisogna effettivamente esserlo, non è che se c’è la norma sul
recesso adesso si può recedere e prima no, si poteva recedere anche prima solo che la regola era quella generale
prevista dalla convenzione di Vienna sui trattati che consentiva il recesso solo quando si verificava un cambiamento
significativo delle circostanze.
Nell’UE si è pensato di rendere il sistema aperto in ingresso e in uscita e di introdurre una norma sul recesso.
L’art 50 prevede una procedura, nel modo più possibile dettagliato, il primo atto così come l’adesione la ratifica del
trattato avviene seguendo le norme costituzionali di ciascuno stato anche il recesso avviene seguendo le norme
costituzionale dello staro, sappiamo che ogni stato ha una disciplina interna su come manifestare verso l’esterno il
consenso.
1. Ogni SM può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione.
2. Lo SM che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce degli orientamenti formulati
dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso,
tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione. (…).
Noi sappiamo che nella pratica questo è stato l’ostacolo più difficile con il regno unito uscire da un accordo è stata la
cosa più difficile.
3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo
di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio
europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine. (…).
Con il regno uniti siamo arrivati a questa circostanza dopo due anni di questa notifica delle intenzioni di recedere
non si è raggiunto un accordo consiglio europeo e stato hanno deciso insieme di prorogare il termine una prima volta
e poi la seconda volta e poi alla fine siamo riusciti a trovare un accordo.
Il riferimento agli accordi su slide lezione 3, uno è sugli scambi commerciali e la cooperazione e l’altro sulla sicurezza
delle informazioni. 
Di tutto questo forse l’aspetto più interessante è che ha un certo punto del percorso dopo la notifica la corte di
giustizia ha avuto modo di dire qualcosa su questo caso.

CGUE Andy Wightman in causa C-621/18


Partiamo dai fatti come fa la corte di giustizia europea, quindi siamo a seguito del referendum del 2016 che ha visto
la maggioranza della popolazione inglese pronunciarsi a favore dell'uscita del Regno Unito dall’Unione europea, a
seguito di ciò in attuazione dell'articolo 50 del trattato sull'unione europea il primo ministro inglese ha notificato
l'intenzione di recedere dall'unione europea al consiglio europeo. Succede che Andy Wightman che dà il nome alla
sentenza insieme ad altri 7 parlamentari appartenenti al Parlamento europeo al Parlamento scozzese e anche al
Parlamento inglese presentano alla Corte per le cause civili scozzese un ricorso giurisdizionale per ottenere una
sentenza declaratoria, per precisare di fatto quando e come la notifica di recesso dall'unione europea possa essere
unilateralmente revocata dallo Stato membro che l'hanno edificata questo è il punto essenziale. Fanno una domanda
specifica, cosa succede? mi racconti un attimo ai fatti? Il giudice di primo grado della corte per le cause civili scozzese
rifiuta di ovviamente, perché il ricorrente hanno invitato tale Corte a proporre poi un rinvio pregiudiziale alla Corte di
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giustizia dell'unione europea se no non saremmo qui a parlarne. Il giudice di primo grado rifiuta di presentare tale
questione alla Corte di giustizia dell'unione europea, fanno ricorso e il giudice del rinvio decide di presentare tale
proposta. Quali sono le motivazioni che i due giudici danno per rifiutare e invece per accettare la presentazione della
questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'unione europea? Il primo giudice ritiene che sia irricevibile dalla
Corte di giustizia dell'unione perché di fatto una questione ipotetica e lo ritiene anche la controparte in questo caso
nel nostro procedimento la controparte è il Regno Unito, il ministro per l'uscita dall'unione europea. Perché
ipotetica? Perché di fatto loro dicono, il governo inglese non ha intenzione di revocare la sua domanda per uscire
dall'unione europea. Il Giudice del rinvio invece accoglie la domanda dei ricorrenti, ritiene invece che tale domanda
non sia infatti ipotetica che non sia accademica ma che la questione, la normativa sia incerta e nello specifico ritiene
che la risposta della Corte di giustizia europea potrebbe dare un'opzione in più ai parlamentari inglesi. Vi ricordo che
per norme costituzionali inglesi una volta che il primo ministro trova un accordo con l'unione europea questo debba
essere votato dalla Camera dei comuni, diciamo nel 2017 le uniche opzioni che erano possibili per i parlamentari
inglesi erano due che riguardavano comunque l'uscita dall'unione europea con accordo o senza accordo. Porre
questa domanda alla Corte di giustizia dell'unione europea voleva dire dare una terza opzione ovvero la possibilità
per lo Stato membro che aveva notificato l'intenzione di uscire dall'Unione europea di revocare unilateralmente
questa domanda.
Quindi il giudice del rinvio decide di sottoporre la seguente domanda, questione pregiudiziale alla Corte di giustizia
europea e dice nel caso in cui uno Stato membro abbia notificato al consiglio europeo, ai sensi dell'articolo 50 del
trattato sull’Unione europea la propria intenzione di recedere dall'unione, il diritto europeo consente che tale
notifica possa essere revocato unilateralmente dallo Stato membro notificante? E se così fosse chiede al giudice a
quali condizioni e con quale effetto nei confronti dello Stato membro che rimane nell'unione europea? Questa è la
domanda che viene presentata alla Corte di giustizia dell'unione europea.
Nel momento in cui tale domanda arriva di fronte alla Corte le questioni che essa si pone sono due, innanzitutto la
ricevibilità della questione pregiudiziale, tale questione è ricevibile dalla Corte di giustizia dell'unione europea? Se
dovessimo sentire solo il governo britannico no, perché appunto sarebbe una posizione solo ipotetica infatti non è
che la Corte di giustizia dell'unione europea riceve tutte le questioni pregiudiziali che le arrivano sarebbe un lavoro
enorme, vi è un principio che è riguarda la presunzione di rilevanza della questione che si chiede alla Corte di
giustizia europea rispetto al procedimento principale e sappiamo pure dalla giurisprudenza che la razza del rinvio
pregiudiziale ci dice non consiste nell'esprimere pareri consultivi su questioni generiche, ipotetico, accademiche ma
risponde ad un'esigenza diretta a dirimere concretamente una controversia.
Non vi è dubbio che la norma sul recesso non dica grandi cose, la norma dice chi vuole recedere notifica la volontà di
recedere al consiglio europeo e dopo due anni è fuori se non trova l'accordo molto semplice e secca, norma nuova
prima non c'era quindi anche una norma diciamo che è stata studiata forse redatta anche con una certa leggerezza
perché si pensava che nessuno l’avrebbe utilizzata invece nel momento in cui entra in vigore la utilizziamo e si pone
il problema. Si pone il problema perché la volontà arriva dal referendum che può anche esprimere una volontà
ambigua molti hanno fatto ricerche dopo il referendum risultava che su Google la ricerca principale e what is the EU.
Quindi che fosse una questione concretamente rilevante non si può dire, nel caso di specie non era rilevante ecco
perché si dice una questione accademica sempre un po’ come se fosse sono accademici pensassero sempre un po’ a
questioni senza senso. Perché parliamo del recesso? In realtà la Corte di giustizia in questo caso apre un'autostrada
per il regno unito, accolgo la questione ne parlo della questione e parlo della possibilità di cambiare idea nella vita
rispetto alla decisione molto gravosa. Quindi c'è una componente politica, la questione obiettivamente non era
molto concreta nel caso specie perché non c'erano molte persone che volevano cambiare idea rispetto alla Brexit.
Ma l'accordo però si attacca a un tema molto importante, dice attenzione la normativa sul punto è una questione
ambigua, una questione nuova è molto secca questa disciplina sull'articolo 50 w allora forse vale la pena di fare
qualche precisazione. Quindi accoglie la questione pregiudiziale e si pone l'altra questione il merito, quindi, inizia a
guardare l'articolo 50 che abbiamo appena visto. Paragrafo per paragrafo, innanzitutto l'articolo 50 non riguarda
esplicitamente la questione della revoca, non la vieta e né l’autorizza espressamente, ciò posto dice la corte di
giustizia dell'unione europea guardiamo innanzitutto il paragrafo uno dell'articolo 50 che enuncia che ogni Stato
membro può decidere conformemente alle proprie norme costituzionali di recedere dall'unione europea, ciò cosa ci
dice che lo Stato membro interessato non è tenuto a prendere la decisione in concerto con gli altri Stati membri o

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con le istituzioni delle dell'unione europea la decisione ricade esclusivamente nella sfera di volontà dello Stato
membro nel rispetto delle sue norme costituzionali e dipende quindi unicamente da una sua scelta sovrana.
Il paragrafo due dell'articolo 50 dice che uno Stato membro che decida di recedere deve notificare la sua intenzione
al consiglio europeo e la parola intenzione è la parola magica, perché La Corte di giustizia dell'unione europea dice
un'intenzione non è per natura né definitiva né irrevocabile.
Guardando al paragrafo tre dell'articolo 50 si dice che si definisce il momento in cui si producono gli effetti del
recesso dello Stato membro che vuol uscire dall'unione europea disponendo come abbiamo detto che i trattati
cessano di essere applicabili a tale Stato membro a decorrere o dalla data di entrata di entrata in vigore dell’accordo
o in mancanza di un accordo due anni dopo tale notifica.
Quindi sappiamo che l'articolo 50 di fatto persegue un duplice obiettivo, da una parte sancire il diritto sovrano degli
Stati membri di recedere dall'Unione europea e dall'altra creare una procedura organizzata che consenta che tale
recesso avvenga in modo ordinato.
Fatti questi ragionamenti le conclusioni a cui giunge la Corte di giustizia dell'unione europea sono quindi due. La
prima fino a quando, dice la Corte europea in modo molto esplicito, non è entrato in vigore un accordo di recesso tra
l'unione europea e lo Stato membro interessato o come sappiamo in mancanza di tale accordo fino a quando non sia
scaduto il termine dei due anni eventualmente prorogato, lo Stato membro dispone di tutti i diritti e rimane soggetto
a tutti gli obblighi previsti dai trattati quindi mantiene la facoltà di revocare unilateralmente la notifica della sua
intenzione di recedere dall'Unione europea.
Quindi finché non passano i due anni o finché non si trova un accordo, lo Stato membro può revocare la sua
intenzione di recedere dall'unione europea.
Il secondo punto riguarda l'aspetto del come viene deve essere presentata la revoca della notifica dell'intenzione di
recedere, quindi da un lato deve essere comunicata per iscritto al consiglio europeo e dall'altra dice la Corte di
giustizia europea deve essere univoca e incondizionata. Univoca nel senso che sia diretta a confermare
l'appartenenza dello Stato membro all'unione europea nei termini immutati per quanto riguarda la sua condizione di
Stato membro, questo lo specifica anche in relazione ad una paura della commissione europea, per cui diceva non è
che gli Stati possono iniziare a fare questo giochetto del recedo non recedo per trovare una situazione migliore per lo
Stato membro interessato, no la condizione dello Stato membro che decide di rimanere nell'unione europea non si
modifica, in più è incondizionata quindi pone fine alla procedura di recesso dall'unione europea.
È possibile che il Massachusetts diventi uno Stato membro dell’Unione europea? Non può diventare uno stato primo
perché non è uno stato, semmai sono gli Stati Uniti che possono candidarsi ma non possono perché non sono
europei.
È possibile che un’organizzazione internazionale acquisisca la membership dell’Ue? No perché deve essere uno stato.
È possibile, secondo quanto previsto dall’art. 50 TUE, revocare la notifica di recesso? No secondo quanto previsto
dall'articolo 50, sì secondo quanto detto dalla Corte di giustizia, non è l'articolo 50 che lo dice ma l'interpretazione
che la Corte di giustizia da.
Secondo la vostra opinione, una volta che uno Stato abbia esercitato il diritto di recesso, è possibile che acquisti
nuovamente la membership? È verosimile che accada? sì non c’è scritto da nessuna parte il contrario e comunque
era volontà è verso la crescita dell'integrazione europea. Se è vero simile o no dipende poi dallo stato.
La norma sulla cooperazione rafforzata, questa parte riguarda un po’ le peculiarità dell'ordinamento europeo,
ricordiamoci che l’ordinamento europeo non si applica allo stesso modo a tutti gli Stati e la cooperazione rafforzata
ne ha una piena legittimazione di questo sistema ha diverse velocità, è stata introdotta col trattato di Amsterdam e
prevede che quando un'azione normativa fallisca perché non si arriva alla necessaria maggioranza ma alcuni stati
almeno nel numero di 9, ovviamente di più volendo, decidono comunque di andare avanti verso quella particolare
azione normativa possono essere autorizzate dal consiglio a procedere in questa direzione e  quindi l’atto viene
adottato per il tramite di una cooperazione rafforzata che si applica solo agli Stati che hanno voluto impegnarsi
adesso. Una flessibilità del sistema che consente comunque, è sempre nella scia dell'integrazione quindi noi
sappiamo che questo ha un meccanismo funzionale al progredire dell'Unione Europea, che per molti anni non è
stato usato poi dal 2000 c'è stata un'esplosione di cooperazione rafforzata. Quindi se un domani lavorerete
applicando il diritto dell'unione europea state ben attenti guardate com’è il titolo per esteso di un regolamento di
una direttiva guardate bene perché può essere adottata con lo strumento della cooperazione rafforzata e allora sarà

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uno strumento che non si applica a tutti gli Stati ma soltanto a quelli che abbiano aderito a questo sistema di
evoluzione del diritto dell’unione europea. 
 

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La cooperazione rafforzata.
Con la cooperazione rafforzata, ma anche con la politica economica e monetaria e con altri strumenti ulteriori che
troveremo in dichiarazioni e/o protocolli allegati ai trattati istitutivi, esistono molte posizioni differenziate, quindi
una delle caratteristiche che abbiamo detto essere tipica del sistema europeo è la parità tra gli Stati che è conservata
anche gelosamente attraverso il rispetto di proporzioni-popolazione-voti, quindi si cerca di dare agli Stati e alle
popolazioni di riferimento il giusto peso nel procedimento decisionale e quando si tratta di posizioni
intergovernative, di scelte da adottare negli organi intergovernativi, gli Stati votano tutti allo stesso modo e non ci
sono pesi diversi quindi si cerca di dare un'applicazione quanto più possibile non discriminatoria.
La caratteristica del sistema dell'ordinamento dell'unione europea è che è un sistema che ha fatto della necessità
una virtù, ha cercato di trattare gli Stati allo stesso modo, di garantire a tutti le stesse prerogative, ma ci sono degli
strumenti di cooperazione differenziata, di applicazione differenziata del diritto dell'unione europea. Quello della
cooperazione rafforzata è un sistema permanente al quale gli Stati possono ricorrere su determinate iniziative
legislative, quindi atti normativi, e ad esempio nella materia della cooperazione giudiziaria civile questo strumento
ha preso campo tantissimo, ci sono almeno sino ad ora tre regolamenti su dieci che sono stati adottati attraverso la
cooperazione rafforzata.
L'aspetto da ricordare dal punto di vista pratico è che si deve verificare, ogni qual volta uno stato ha adottato tramite
cooperazione rafforzata, quali sono gli Stati che fanno parte di questa cooperazione rafforzata. Esempio del
regolamento in materia di diritto di famiglia del 2010, regolamento 1259 relativo all'attuazione di una cooperazione
rafforzata, cooperazione rafforzata quindi non si applica a tutti gli Stati dell'unione europea ma soltanto ad alcuni per
via di questo meccanismo di cooperazione differenziata che è stato istituzionalizzato con il trattato di Amsterdam.
Non è proprio banale capire quali sono gli Stati ai quali questo regolamento si applica perché può darsi il caso, come
è successo per questo regolamento, che alcuni stati abbiano proposto l'adozione di questo regolamento e questa
proposta sia stata accolta e il regolamento venga effettivamente adottato, e poi altri Stati si siano aggiunti nel
frattempo, quindi se dal punto di vista pratico dobbiamo utilizzare un regolamento e verificare se si applica o no a un
determinato stato, bisogna guardare soprattutto la sintesi del documento perché oltre a spiegare di che cosa si
tratta, dà il numero degli Stati effettivamente partecipanti.
Questo non è l’unico istituto, si può fare per piccoli temi un'applicazione differenziata del diritto dell'unione europea,
ma ci sono molti altri strumenti nel diritto dell'unione europea in senso più lato che utilizzano questo escamotage
anche al fine di garantire il processo di integrazione europea affinché questo processo non si stoppi.
Altro esempio di questo tipo di applicazione differenziata: quando è stata adottata la carta dei diritti fondamentali
nella sua versione aggiornata del 2007, poi si è posto il problema con il trattato di Lisbona di darle dignità pari ai
trattati istitutivi quindi di dare valore giuridico vincolante alla carta dei diritti fondamentali dell'unione europea
addirittura al grado più alto delle fonti, cioè al grado di diritto dell'unione europea primario, il Regno Unito e la
Polonia non erano contenti per motivazioni esattamente opposte. La Polonia riteneva che la carta fosse troppo
liberale, avesse un approccio troppo individualista e invece il Regno Unito riteneva che questo strumento avrebbe
ostacolato il suo orientamento liberale, quindi per motivazioni diametralmente opposte entrambi gli Stati attraverso
una dichiarazione, che ancora risulta legata ai trattati istitutivi, hanno limitato l'impatto di un atto normativo così
importante come la carta, nell'applicazione davanti agli organi giudiziari nazionali, dicendo che gli organi
giurisdizionali della Polonia e del Regno unito non dovevano nella loro pratica applicare la carta europea dei diritti
fondamentali. Questa è un'applicazione differenziata mascherata da dichiarazione allegata, ma così molte situazioni
sono state per alcuni Stati negoziate posizioni diverse attraverso questi protocolli/dichiarazioni allegate ai trattati
istitutivi, tanto che alcuni autori non hanno esitato a parlare al riguardo di riserve camuffate da dichiarazioni o
protocolli. Con le riserve gli Stati riescono a limitare l'applicazione del trattato alle norme che condividono senza
vedersi applicare quelle che magari non condividono (non tutti i trattati lo contemplano). Nel diritto dell'unione
europea questo sistema non è contemplato perché parliamo di trattati che istituiscono un'organizzazione
internazionale che vede gli Stati in posizione paritaria tra loro, quindi le riserve non si giustificherebbero, però pur di
andare avanti anche quelle posizioni più restie come ad esempio moltissime posizioni del Regno unito, alcune
posizioni di Danimarca e Irlanda, Polonia... sono state effettivamente prese in considerazione determinando una
applicazione un po’ differenziata nei confronti di questi Stati. Ad esempio tanto l'Irlanda quanto la Danimarca e il
Regno Unito hanno la possibilità di esercitare un diritto di partecipazione o meno alla materia della cooperazione
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giudiziaria civile, visti e immigrazione, la Danimarca con Amsterdam ha negoziato questa posizione insieme al Regno
unito e l'Irlanda perché la Danimarca non voleva accettare le politiche migratorie dell'unione europea e allora tutto il
capo dei trattati dedicati a spazio giudiziario, visti, libertà e immigrazione non si applica automaticamente a questi
Stati salvo la loro espressa volontà di farlo.
Molti hanno teorizzato che potrebbe trattarsi di riserve camuffate, in realtà ci dobbiamo porre nell'ottica di trattati
che danno origine a un'organizzazione internazionale molto particolare che tende a procedere nell'integrazione e
quindi deve anche fare qualche compromesso e questi sono i compromessi che vengono fatti. Altro grande
compromesso che abbiamo è l'euro, un bell'esempio di applicazione differenziata, non lo applichiamo a tutti gli Stati
dell'unione europea.

Apparato istituzionale.
Il primo riferimento alle istituzioni è nell'articolo 13, il quadro istituzionale risponde alle esigenze di questo
ordinamento, cioè le istituzioni sono modellate proprio per far fronte alle esigenze di questo ordinamento, non sono
modellate così perché tradizionalmente le organizzazioni hanno degli apparati simili, ma sono modellate e
continuano a modellarsi in funzione di questo speciale ordinamento che prende forma, quindi anche l'apparato
istituzionale è sempre stato in movimento. Nell'unione si è cercato di adattare questo apparato istituzionale agli
obiettivi che l'unione si propone e questo è quello che dice l'articolo 13 sostanzialmente, dice che il quadro
istituzionale è finalizzato alla promozione dei valori e al perseguimento degli obiettivi dell'unione, valori e obiettivi
sono due cose diverse, i valori sono i valori che ispirano l'ordinamento europeo all'articolo due, deve rispettare i
valori dell'unione europea chiunque vuole voglia diventare uno Stato membro dell'unione; altra cosa sono gli
obiettivi dell'unione che sono invece cambiati poi negli anni, sono diventati molto più ampi, siamo passati da un
obiettivo inizialmente meramente economico a obiettivi invece molto più ampi di forte integrazione che addirittura
includono forme di cooperazione in materie molto delicate come la materia della politica estera e della sicurezza
comune.
Il quadro istituzionale è finalizzato a promuovere questi valori e a raggiungere questi obiettivi, ecco perché cambia
perché deve adattarsi anche al cambiamento di valori e obiettivi che l'ordinamento segue.
Questo quadro istituzionale deve essere funzionale agli interessi dei principali protagonisti di questo ordinamento
che sono stati, Unione europea stessa, i cittadini quindi promuovere valori e perseguire obiettivi, servire gli interessi
dei protagonisti di questo ordinamento e infine garantire coerenza efficacia e continuità alle politiche e alle azioni.
Non è un aspetto secondario questo di garantire coerenza efficacia e continuità, coerenza è molto complicato perché
tutte le materie contemplate nel trattato sul funzionamento dell'unione europea sono tra loro anche molto diverse,
ad esempio la politica agricola della pesca va coordinata con la politica dell'industria, con quella dell'ambiente, con
quella della tutela dei consumatori, con quella delle infrastrutture, quindi iniziamo ad avere delle competenze tra
loro molto diverse ma anche che interagiscono l'una con l'altra, non potrò mai sviluppare una politica europea dei
trasporti che non tenga in alta considerazione l'impatto ambientale dei trasporti visto che l'unione europea ha anche
una competenza in materia di ambiente. Quindi è difficile garantire la coerenza tra le politiche per l'unione europea
vista l'ampiezza delle competenze che l'unione ha e gli standard che vuole raggiungere.
L'efficacia: che in concreto queste azioni producano gli obiettivi che si pongono.
La continuità: che si prosegua nella crescita di queste politiche e che non vengano lasciate a metà.
Obiettivi e valori, interessi dei protagonisti dell'unione europea, garantire coerenza efficacia e continuità delle azioni
dell'unione, le istituzioni servono a questo e lo dice il trattato, e proprio perché devono servire a questo l'apparato
deve modellarsi in funzione di queste tre finalità.
Troviamo una conferma di quello che è la specialità di questo ordinamento che non è né stato né superstato, non è
organizzazione internazionale, è intergovernativa perché coinvolge molto i cittadini, quindi siamo sempre davanti a
un essere difficile da definire e le istituzioni lo confermano perché è vero che ci sono molte istituzioni che vanno a
superare la componente intergovernativa che invece caratterizza le istituzioni di tutte le altre organizzazioni
internazionali, anche se ci sono delle istituzioni fortemente intergovernative che irrompono nella scena e che
ultimamente hanno anche molto peso, ma l'obiettivo è superarla questa dimensione intergovernativa.
Un'altra caratteristica è la complessità di questo quadro istituzionale, è una complessità che stride un po' con la
tradizione delle organizzazioni internazionali che invece hanno un apparato molto semplice, oggi l'apparato
istituzionale è tutt'altro che semplice, si ramifica in organi di varia natura, consultivi, meramente esecutivi come le
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agenzie, la complessità è sempre crescente e questa caratteristica rende questa organizzazione molto più simile a
uno stato che ad un'organizzazione internazionale. A differenza delle organizzazioni internazionali l'unione europea
va verso il superamento delle istituzioni intergovernative; a differenza delle organizzazioni internazionali tradizionali
e similmente agli Stati va verso una complessità dell'apparato istituzionale. Resta molto forte il triangolo istituzionale
consiglio-Parlamento-commissione questo resta il cuore pulsante dell'apparato istituzionale, senza che tra queste tre
istituzioni ci sia una chiara divisione dei poteri nella prospettiva della tripartizione dei poteri (legislativo esecutivo
giudiziario), questa divisione che a livello statale è rinvenibile in molti Stati, a livello europeo invece è molto
complesso vedere quali sono gli organi legislativi esecutivi e giudiziari perché ci sono delle volute interferenze, è un
sistema che si basa sul principio del check and balances, le istituzioni cooperano ma si controllano vicendevolmente.
Ad esempio, fino a poco tempo fa la commissione aveva il monopolio dell'iniziativa legislativa, oggi lo possiamo
confermare ma c'è anche l'iniziativa popolare, il procedimento legislativo è andato verso un'evoluzione e ormai il
Parlamento e il consiglio sono sullo stesso piano ma ci sono ancora procedure nelle quali il consiglio la fa da padrone
e il Parlamento viene soltanto consultato; i maggiori poteri di controllo ce li ha senz'altro la commissione europea
che è chiamata anche il guardiano dei trattati, ma anche il consiglio svolge un ruolo molto importante di controllo; il
potere giurisdizionale è ancora concentrato nelle corti, la Corte di giustizia è il tribunale di prima istanza, ma il
trattato di Lisbona ammette anche la costituzione di giurisdizioni specializzate per alcune materie.
La grande critica che da sempre accompagna il processo di integrazione europea è proprio il deficit democratico che
è stato già ampiamente colmato perché al Parlamento europeo è stato riconosciuto lo stesso ruolo del consiglio
nell'ambito del procedimento decisionale, quindi sostanzialmente un potere di veto rispetto a un'iniziativa normativa
analogo a quello del consiglio, ma il trend verso una maggiore democratizzazione non si è fermato, il Parlamento
europeo ha sempre un ruolo più importante e al ruolo del Parlamento europeo progressivamente è stato
riconosciuto anche un ruolo crescente ai parlamenti nazionali in quanto tali, cioè i parlamenti dei singoli Stati sono
coinvolti nel procedimento legislativo in modo molto significativo. Con buona pace di quanti invece dicono che
l'unione europea si fa le sue leggi senza il coinvolgimento popolare che avviene senz'altro attraverso il normale
operare della dialettica tra consiglio e Parlamento europeo, ma con il trattato di Lisbona fortissima è la
partecipazione dei parlamenti nazionali che possono bloccare le iniziative legislative se lo vogliono.
Il consiglio europeo è un'istituzione che non esisteva, che era una prassi di incontri di capi di Stato e di governo che
progressivamente è stata formalizzata, calendarizzata e poi è divenuta un'istituzione col trattato di Lisbona. Oggi
questa istituzione, che ha un carattere marcatamente intergovernativo siedono i capi di Stato e di governo quindi è
la volontà del governo che viene in gioco, è coinvolto nelle procedure più delicate che riguardano l'unione europea,
dalla membership alla revisione dei trattati, all'analisi di dossier molto delicati.
Entrambe le componenti vengono portate avanti tanto il coinvolgimento dei cittadini e dei rappresentanti dei
cittadini in un'ottica anche di organizzazione che li coinvolge e al contempo viene anche incrementato il ruolo dei
governi attraverso il consiglio europeo.
Fa eccezione sempre la PESC, è disciplinata solo nel trattato sull’unione europea, nel trattato sul funzionamento non
se ne parla, anche con riferimento al quadro istituzionale si comporta diversamente dalle altre politiche. La PESC è
essenzialmente intergovernativa come competenza e quindi il ruolo centrale è del consiglio europeo; il Parlamento
europeo svolge soltanto la funzione di consultazione; la commissione praticamente non ha poteri in questa materia;
anche la Corte di giustizia ha una competenza fortemente limitata. Questo conferma che il secondo pilastro è stato
formalmente eliminato ma ci sono molte differenze rispetto alle altre politiche dell'unione che si riflettono anche a
livello istituzionale.
La Corte di giustizia è un organo fondamentale per lo sviluppo del diritto dell'unione europea e anche quindi per lo
sviluppo della materia PESC, in questa materia ha competenze molto limitate, si occupa delle sanzioni che limitano la
libertà degli individui e del controllo circa la non interferenza tra la PESC e le altre materie, a conferma che la PESC
deve rimanere una competenza separata.
Le sanzioni del consiglio di sicurezza ad esempio gli embarghi che magari venivano posti rispetto ad alcuni stati
affinché non costituissero una minaccia alla pace internazionale, erano le classiche misure adottate dal consiglio di
sicurezza nella sua prima fase di contrasto alla guerra, progressivamente si è rivelato questo sistema di sanzioni
abbastanza fallace perché bloccare con un embargo uno stato alla fine andava a danno dei cittadini di quello Stato
che non ricevevano neanche il cibo o le risorse essenziali per sopravvivere. Allora il consiglio di sicurezza si è evoluto
e ha adottato le cosiddette smart sanctions, sanzioni intelligenti più mirate che andassero a colpire le persone
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pericolose e non tutti. Le sanzioni delle Nazioni unite attengono alla materia della politica estera e della sicurezza
comune, sono state applicate attraverso delle risoluzioni del consiglio di sicurezza e a queste risoluzioni ha dato
attuazione anche l'unione europea nell'esercizio della competenza in materia di politica estera e di sicurezza
comune, però si è verificato che queste smart sanctions qualche volta non andassero proprio a colpire le persone
giuste. C'è stato qualche caso di omonimia, andavano a congelare i beni di uno che si chiamava come un terrorista
ma che un terrorista non era, allora la Corte di giustizia in alcune sentenze, come la sentenza Cadi, ha detto che
questo sistema delle smart sanctions non era un sistema in realtà poi così evoluto e che era un sistema che andava
contro i diritti fondamentali degli individui perché non prevedeva nessuna possibilità di appello contro l'inclusione in
una lista di sospettati di terrorismo anche di persone che magari avevano lo stesso nome ma che non erano dei
terroristi, quindi nell'ottica di elevare il sistema di sicurezza e di renderlo ancora più smart, la Corte di giustizia è
intervenuta ed è potuto intervenire perché è intervenuta su una disciplina di diritto dell'unione europea adottata in
attuazione di una risoluzione del consiglio di sicurezza disciplina che non risultava effettivamente compatibile con la
carta dei diritti fondamentali, non ha esercitato una competenza in materia di diritti umani ma ha verificato che un
atto di diritto dell'unione europea derivato non si ispirava ai principi della carta e ha quindi dichiarato quel sistema,
che l'unione europea aveva veramente recepito con regolamento, contrario ai diritti di questa persona. Quindi
quando si tratti di questa materia che pure è competenza in materia di politica estera e di sicurezza comune, la Corte
di giustizia si è pronunciata così come si è pronunciata in altri casi in cui doveva regolare il confine tra tutto quello
che è PESC e tutto quello che non è rispetto al quale lei ha competenza, in queste due zone di confine della PESC, la
Corte giustizia può dire la sua in tutto il resto no, a conferma che questa materia rimane una materia di eccezione.
Il quadro istituzionale ha una specifica finalità, risponde a specifici obiettivi quindi torna l’approccio pragmatico,
funzionalista dell'unione europea. L'articolo 13 annovera le istituzioni dell'unione europea: Parlamento, consiglio
europeo, consiglio, commissione europea, Corte di giustizia, banca centrale e Corte dei conti, sono le istituzioni
dell'unione europea. Ciascuna istituzione dice l'articolo 13 agisce nei limiti delle attribuzioni che sono conferite dai
trattati secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale
cooperazione. Questa norma è molto importante perché afferma il principio di attribuzione delle competenze
nell'ambito istituzionale.
Uno degli aspetti che è disciplinato dal trattato sul funzionamento dell'unione europea più in dettaglio è il sistema
delle competenze, nel trattato sull'unione europea invece è meramente accennato.
Nel trattato sul funzionamento è meglio spiegato e soprattutto vengono meglio spiegati i principi ispiratori del
sistema delle competenze che sono: principio di attribuzione, principio di sussidiarietà e principio di proporzionalità.
Il principio di attribuzione delle competenze è quel principio in forza del quale l'unione può fare solo quello che gli
Stati le dicono di fare, cioè può muoversi soltanto nell'ambito delle competenze che le siano state attribuite, è una
garanzia. Questo principio di attribuzione delle competenze che vale per l'unione nel suo complesso, vale anche per
le sue istituzioni che devono rimanere nei limiti delle attribuzioni che sono conferite dai trattati. A questo si aggiunge
l'obbligo, nell'esercizio di queste attribuzioni, di rispettare il principio di leale collaborazione, principio che vale nei
rapporti tra Unione e stati, come è espressamente previsto dall'articolo 4 del trattato sull'unione europea, ma vale
anche nei rapporti tra singole istituzioni, bisogna che venga mantenuto quello che viene definito un equilibrio
istituzionale.
L'articolo 13 poi fa riferimento alla banca centrale europea, alla Corte dei conti indicando che la disciplina è prevista
nel trattato sul funzionamento, e all'ultimo comma dà atto di due organi che assistono Parlamento, consiglio,
commissione. Questi due organi sono: il comitato economico e sociale e il comitato delle regioni.
Il comitato economico e sociale è proprio un ente che rappresenta gli stakeholders economici e sociali, quindi le
imprese ma anche la società civile; mentre il comitato delle regioni è un organo che rappresenta la dimensione
regionale e locale degli Stati, quindi rappresenta più l'apparato istituzionale, il primo le persone e il secondo le
diverse ramificazioni degli apparati istituzionali interni.
Le istituzioni possono adottare i propri regolamenti interni, hanno una certa autonomia finanziaria e anche la
gestione del singolo personale, la commissione fa dei concorsi che si gestisce autonomamente per il proprio
personale e lo stesso fanno le altre istituzioni.
Un ruolo che va preso bene in considerazione è quello relativo al ruolo dei parlamenti nazionali. Spesso viene
sottovalutata l’importanza che i nostri parlamentari hanno nella vita del diritto dell'unione europea. Già prima di
Lisbona esisteva la COSAC, cioè la conferenza degli organi parlamentari specializzati per affari europei; nel nostro
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Parlamento c'è una commissione che si occupa degli affari europei quindi già a partire dal 1989 c'era fuori dal
sistema istituzionale questa conferenza che essendo una conferenza prevedeva la partecipazione di un tot di
rappresentanti per stato, 6 membri che provenivano da ogni Parlamento nazionale più 6 membri in rappresentanza
del Parlamento europeo, poi potevano anche partecipare gli osservatori dei paesi candidati ad aderire, quindi un
organo ampio crescente. Lo scopo era scambiamo informazioni e buone pratiche sui temi di interesse comune che
abbiano un rilievo europeo, quindi già c’era un minimo di coordinamento tra i parlamenti nazionali dal 1989. Dopo
Lisbona c'è una norma che è il trattato 12 del trattato sull'unione europea che raccoglie i principi fondamentali di
questa organizzazione, che dice che i parlamenti nazionali contribuiscono attivamente al buon funzionamento
dell'unione europea.
Come fanno a partecipare? Vengono innanzitutto informati dei progetti di atti legislativi, quindi in Europa non muove
foglia senza che i parlamenti nazionali siano informati, sta poi al Parlamento nazionale valutare se una volta ricevuto
un progetto normativo dedicare una specifica seduta parlamentare per quello, l'unione si limita a informare. I
parlamenti nazionali hanno però un obbligo di vigilare sul rispetto del principio di sussidiarietà che tutela gli Stati,
questo principio è stato codificato con il trattato di Maastricht ed è diventato un principio che regola le competenze
concorrenti, quando lo stato ce la fa agisce da solo, semmai poi quando l'azione dell'unione europea sia necessaria e
determini un valore aggiunto allora sarà l'unione europea a prendere l’iniziativa quindi questo principio tutela
innanzitutto gli Stati. Chi è che deve verificare se questo principio viene rispettato? I parlamenti nazionali che sono
ben consapevoli di quali sono le competenze nazionali e se vogliono tutelarli lo possono fare perché esiste proprio
un loro potere, oltre che dovere, di vigilanza sul principio di sussidiarietà, che poi è anche disciplinato nel dettaglio
nel protocollo numero 2 allegato al trattato sull’Unione europea, senz'altro l'organo migliore a valutare se una
iniziativa può essere perseguita a livello nazionale o a livello europeo. È una delle competenze principali che hanno i
parlamenti nazionali questa del controllo sul principio di sussidiarietà.
Oltre a questo partecipano anche a quei sistemi di valutazione delle politiche nel settore dello spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, è delicato perché è quello rispetto al quale la Danimarca e l'Irlanda hanno fatto quell'accordo
speciale.
I parlamenti nazionali partecipano anche alla revisione dei trattati, quindi non soltanto all'adozione dei normali atti
normativi dell'unione europea, direttive e regolamenti attraverso il controllo del principio di sussidiarietà, ma ogni
volta che un grosso trattato di modifica viene negoziato i parlamenti nazionali sono interessati dall'argomento, così
come vengono informati se c'è un allargamento rispetto all'adesione e con Lisbona si è intensificata anche la
cooperazione interparlamentare a latere dell'unione europea attraverso delle ulteriori conferenze che si aggiungono
alla COSAC, una dedicata espressamente alla politica estera di sicurezza comune e alla politica di sicurezza e difesa
quindi c'è la competenza in materia di PESC strettamente intergovernativa dove ancora è richiesta l'unanimità e a
latere c'è una conferenza dei parlamenti nazionali che di PESC parlano.
La seconda conferenza è quella sul tema economico quindi su stabilità, coordinamento economico e governance
nell'unione europea, nata nell'ambito del fiscal compact del 2012, quindi il famoso patto di stabilità. Di questo tema
se ne può parlare a livello di Unione europea, ma anche a latere nella conferenza dedicata a questo argomento nella
quale siedono i parlamenti nazionali, c'è anche una piattaforma dove vengono raccolti tutti i documenti relativi a
questi scambi di informazioni.
L'impatto che ha avuto nell'ordinamento europeo: a livello di aspetto positivo questo coinvolgimento del Parlamenti
nazionali fa sì che l'unione europea veda la posizione governativa nel consiglio europeo ma veda anche la posizione
dei parlamenti nazionali che può anche non coincidere, quindi può esserci questa divergenza che poi di fatto è anche
una specie di controllo del Parlamento nazionale su quello che fa il governo nell'Unione e questo incrementa la
dialettica, quindi potrebbe essere considerato come un fattore positivo. Per altro verso però se può essere un fattore
positivo di dialettica tra istituzioni nazionali, un po' depotenzia il ruolo del Parlamento europeo che invece nasce
come organo espressione dei popoli europei, è il Parlamento europeo che rappresenta i cittadini e quindi abbiamo la
rappresentanza dei cittadini a livello di Parlamento europeo e la rappresentanza dei cittadini di uno stato a livello di
parlamenti nazionali questo forse è un dato negativo.
Questo è un unicum perché non se ne vedono altre organizzazioni internazionali che consentono questo
coinvolgimento dei parlamenti nazionali, comunque consente di esprimere la posizione di una determinata nazione
quindi è comunque positivo, è democratico, ma a livello europeo è una componente in più che però depotenzia un
po’ il Parlamento europeo che rappresentava la voce del popolo europeo, una voce che non è univoca.
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Il protocollo consente di bloccare un'iniziativa legislativa quando diversi parlamenti nazionali sono d'accordo nel
bloccarla quindi ancora prima che si pronunci il consiglio, operano in due momenti diversi quindi è verosimile che
possono avere anche opinioni diverse.
Il maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali è senz'altro positivo, tutto sta a far le cose seriamente.

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