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Data parziale: 11 febbraio

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In 25 giorni: 2 pagine di appunti e 10 di slide

COS’È IL DIRITTO INTERNAZIONALE

DEF: ordinamento giuridico della comunità internazional. La comunità internazionale è composta


da Stati, enti sovrano (superiorem non recognoscentes). Essi hanno alcune priorità riguardo a:
 Funzione di produzione del diritto internazionale (molto consuetudinaria)
 Funzione di attuazione coattiva del diritto internazionale
 Funzione di accertamento giudiziario

I SOGGETTI DELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE

Nota: per ‘soggettività/personalità’ giuridica si intende la titolarità di diritti e di obblighi


nell’ambito di un ordinamento giuridico.

Soggettività internazionale = titolarità di diritti e di obblighi posti dalle norme del diritto
internazionale. Sono, innanzitutto, gli Stati per eccellenza.

La comunità internazionale è tradizionalmente una comunità di Stati (dalla pace di Westfalia,


1648). Dal secondo dopoguerra, la soggettività internazionale viene riconosciuta anche alle
organizzazioni internazionali. Inoltre, la dottrina prevalente riconosce anche una limitata
soggettività degli individui (es. Santa Sede, soggetto internazionale sui generis)

TEORIA TRIDIMENSIONALISTICA
Ai sensi del diritto internazionale, lo Stato si definisce un ente composto da:
 Territorio --> porzione di terraferma delimitata da confini (porzione terrestre venuta ad
esistenza in modo naturale)
 Popolo --> insieme di individui che risiedono stabilmente nel territorio dello Stato (n.b.:
non è necessario che tutti gli individui abbiano la cittadinanza dello Stato, inoltre è
quest’ultimo a regolarne l’assegnazione e revoca)

L’IMPOSTAZIONE DI CONFORTI
Alternativa tra:
o Stato – comunità --> comunità umana stanziata su un territorio e sottoposta a leggi che la
tengono unita
o Stato – apparato --> insieme degli organi che esercitano in maniera effettiva e
indipendente il potere di governo su una comunità territoriale
o Stato – organizzazione --> è quella rilevante per il diritto internazionale ed include anche
gli enti territoriali ed enti pubblici minori (non solo gli organi centrali/il potere esecutivo)
Si noti che effettività e indipendenza sono prerequisiti sia della teoria tridimensionalità che
nell’impostazione di conforti

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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EFFETTIVITÀ (o sovranità interna)
Intende l’esercizio effettivo del potere di governo su una comunità territoriale. Questo requisito
non è soddisfatto nei seguenti casi:
 Governi in esilio (Stato occupata nella 2a guerra mondiale)
 Organizzazioni di liberazione nazionale (come era l’OLP --> corte di Cassazione con la
sentenza 1985 ne caso Arafat)
 Dai c.d. ‘failed states’ (es. Somalia a partire dagli anni 90 per due decenni) anche se nella
prassi questi continuano a mantenere il saggio delle Nazioni Unite
--> questione più controversa per la Palestina invece: non considerabile pienamente uno Stato per
il requisito dell’effettività che manca

INDIPENDENZA (o sovranità esterna)


Dev’essere valutata sotto un profilo formale: è indipendente lo Stato il cui ordinamento giuridico
sia originario, trovi cioè in sé stesso il proprio fondamento.
--> requisito non soddisfatto dagli Stati membri di Stati federali (Montenegro quando era nella
Repubblica federale di Jugoslavia --> la Corte di Cassazione con la sentenza del 2’’4 nel caso
Djukaric)
Il dato sostanziale prevale eccezionalmente su quello formale quando l’ingerenza da parte di un
altro Stato nell’esercizio del potere di governo è totale (c.d. governo fantoccio, come nel caso
della Repubblica Turco-cipriota)
--> qualificare un governo locale come governo fantoccio porta da imputare le condotte delle
autorità dello Stato presente sul territorio, allo Stato che controlla totalmente l’esercizio delle
autorità su tale territorio (il governo turco nel caso turco-cipriota)

--> questione controversa del Kosovo: dichiaratosi indipendente, ma tale solo a causa della
presenza di organizzazioni internazionali

INSISTENZA DI ULTERIORI REQUISITI


 Il riconoscimento da parte di altri Stati non è un requisito a formare un nuovo Stato: esso non
ha cioè un valore costituivo della personalità giuridica internazionale dello Stato. Vi sono due
tesi al riguardo:
o Costitutiva --> il riconoscimento è necessario per il formarsi di un nuovo Stato
o Dichiarativa --> il riconoscimento è solo per contrastare l’esistenza di uno Stato con valore
politico --> intenzioni diplomatiche (è quella + prevalente)
 La democraticità
 Che lo Stato non minacci la pace e la sicurezza internazionale
 Che lo Stato rispetti i diritti umani

--> tutte queste possono essere condizioni alle quali gli Stati preesistenti subordinano il
riconoscimento di un nuovo Stato, ma non rappresentano requisiti perché venga a formarsi un
nuovo Stato dotato di soggettività internazionale.
Il riconoscimento, pur non avendo valore giuridico, può avere un’incidenza nella dinamica
statuale, ovvero il processo di formazione dello Stato nei requisiti di effettività e indipendenza

LA QUESTIONE DELLA SOGGETTIVITÀ INTERNAZIONALE DEI POPOLI


Ci sono due accezioni del principio di autodeterminazione dei popoli (presente anche nella Corte
delle Nazioni Unite):

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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 Autodeterminazione esterna --> diritto dei popoli soggetti a dominazione straniera di
acquisire l’indipendenza. È l’accezione rilevante sotto il profilo giuridico, prevista da una
norma consuetudinaria di carattere cogente
 Autodeterminazione interna --> diritto dei popoli a scegliere liberamente i propri
governanti --> valenza essenzialmente politica
Solo la prima è rilevante al fine di determinare la soggettività internazionale dei popoli

AUTODETERMINAZIONE ESTERNA
Può farsi valere in tre casi:
 Popoli soggetti a dominazione coloniale
 Popoli il cui territorio è stato oggetto a occupazione militare, purché sia avvenuta dopo la
Seconda guerra mondiale
 Popoli soggetti a segregazione razziale

Esempio colonia:
 Caso febbraio 2019 delle Isole Chagos collegate al territorio di Mauritius, ma ancora
sotto il controllo britannico dagli anni ’70 --> parere della Corte Internazionale dei diritti
umani
 Isole Falkland di cui il Regno Unito si è impossessato in un contesto coloniale, ma che
sul principio d’integrità territoriale apporterebbe all’Argentina, nonostante la
popolazione locale si riconosce sotto il Regno Unito
Esempio occupazione militare:
 Nel 1940 Estonia, Lettonia e Lituania sono state inglobate nell’Unione Sovietica --> non
era valida la norma

Questione controversa: Secessione rimedio (molto in relazione col popolo Kosovo nei confronti
della Serbia) --> essa è valida a fronte di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani: non è un
principio affermato per l’autodeterminazione dei popoli consolidato dalla comunità internazionale
(non si è ancora ‘consuetudinariezzata’ la norma)

VALUTAZIONI CONCLUSIVIE
I rapporti giuridici che discendono dal principio di autodeterminazione dei popoli, nella sua
accezione esterna (ovviamente) intercorrono esclusivamente tra Stati. Esempi:
 Obbligo dello Stato oppressore di consentire l’autodeterminazione, che costituisce un
obbligo dovuto nei confronti dell’intera comunità internazionale (erga omnes)
 Conseguente obbligo per gli altri Stati di non riconoscere situazioni derivanti della violazione
dell’autodeterminazione esterna dei popoli, e il diritto per gli Stati stessi di fornire sostegno
al popolo che lotta per l’autodeterminazione

N.B.: la valenza giuridica del principio di autodeterminazione dei popoli nella sua accezione
esterna non implica, pertanto, che i popoli siano soggetti internazionali. I popoli sono solo
beneficiari dell’autodeterminazione

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Distinzione tra:
 Organizzazioni universali (membership aperta a tutti gli Stati mondiali senza limiti geografici)
e organizzazioni regionali (riservate a Stati presenti in una specifica geografica o geopolitica)
 Organizzazioni a carattere politico e organizzazioni a carattere tecnico

Dunque, si possono avere:


 Organizzazioni universali a carattere politico: ONU
 Organizzazioni universali a carattere tecnico: OMS, WTO, FAO, Banca Mondiale
 Organizzazioni regionali a carattere politico: Africa Unioni, Nato, Unione Europea,
Consiglio d’Europa
 Organizzazioni regionali a carattere tecnico: OPEC, NAFTA

LA NOZIONE DI ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE


Un’organizzazione è: (definizione di Sereni)
 Un’associazione volontaria di soggetti di diritto internazionale
 Costituita mediante atti internazionali e disciplinata nei rapporti tra le parti da orme di
diritto internazionale
 Chi si concreta in un ente a carattere stabile, munito di ordinamento giuridico interno
proprio e dotato di organi e istituti propri;
 Attraverso i quali attua finalità comuni ai consociati mediante l’esplicazione di particolari
funzioni e l’esercizio dei poteri a loro conferite
--> in quest’ultimo punto è necessario considerare due aspetti:
o Le organizzazioni sono enti funzionali e non hanno un territorio: sono costituite per
l’esercizio di particolari funzioni
o Gli stati sono enti territoriale sovrani su tali territori. Le organizzazioni internazionali sono
rette dal principio di attribuzione delle competenze e, dunque, perseguono finalità solo
attraverso le funzioni attribuitegli dagli stati consociati

La dialettica/tensione tra:

o Interessi particolaristici, propri di un o Interessi generali, propri


ogni Stato membro dell’organizzazione

o ORGANI DI STATI o ORGANI DI INDIVIDUI


Hanno ovviamente più poteri perché Individui che agiscono
sono i componenti dell’organizzazione indipendentemente dai propri Stati
e solo per le finalità
dell’organizzazione (es. Segretariato
SOGGETTIVITÀ INTERNAZIONALE generale dell’ONU)
DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE
La soggettività internazionale delle organizzazioni internazionali è una cosa ben differente dalla
loro soggettività di diritto interno, alla quale fano spesso riferimento disposizioni dei loro trattati
istitutivi:

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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 es. 104 della carta ONU: “l’ONU gode, nel territorio di ciascuno dei suoi membri, della
personalità giuridica necessaria per l’esercizio delle sue funzioni e per il raggiungimento dei
suoi fini”
 art. 335 TFUE: “l’Unione, negli ordinamenti degli Stati membri, gode della più ampia
capacità giuridica e può, in particolare, acquistare beni immobili e mobili e stare in
giudizio”
 le (poche) disposizioni dei trattati istitutivi che fanno riferimento alla soggettività
internazionale non sono decisive ai fini dell’attribuzione di tale soggettività, perché non
valgono erga omnes, ma solo inter-partes (es. art. 4 Stato CPI)
 la CIG (Corte Internazionale di Giustizia) ha innanzitutto affermato, in un parere del 1949
sulla riparazione dei danni subiti al servizio delle Nazioni Unite, la soggettività
internazionale dell’ONU e che è cosa ben diversa da uno Stato con una soggettività diversa
da uno Stato
 la soggettività internazionale delle organizzazioni internazionale, data la loro natura di enti
funzionali e non territoriale, ha comunque una portata più limitata rispetto alla soggettività
internazionale degli Stati

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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ORGANIZZAZIONI DELLE NAZIONI UNITE

La Membership

La Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 Giugno 1945, è entrata in vigore il 24
ottobre dello stesso anno. Già originari 51 stati membri sono con il tempo aumentati fino
all’odierno numero di 193 stati membri

ART. 4 CARTA ONU (Ammissione di Nuovi Membri)


1) “possono diventare membri delle Nazioni Unite tutti gli (…) statu amanti della pace che
accettino gli obblighi della presente carta e che, a giudizio dell’organizzazione, siano capaci
di adempiere tali obblighi e disposti a farlo”
2) “l’ammissione quale membro delle Nazioni unite di uno Stato che adempia a tali condizioni
l’effettuata con decisione dell’Assemblea Generale su proposta del Consiglio di sicurezza”

Punti fondamentali:
--> in alcuni casi è necessaria analizzare l’effettiva stabilità (esempio Siria, Kosovo)
--> stati amanti della pace
--> stati che si impegnano a rispettare gli obblighi della Carta
--> stati capaci e disposti a rispettare gli obblighi della Carta

Diritto e politica interagiscono nella decisione di ammissione degli Stati (esempio Kosovo con la
Russia, stato permanente nel Consiglio di Sicurezza, che rivendica la sua occupazione su di esso -->
apporrebbe certamente potere di veto qualora il Kosovo facesse richiesta di ammissione)

ART. 1 CARTA ONU (i fini dell’organizzazione)


1) Mantenere la pace e la sicurezza nazionale
2) Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate in particolare sul rispetto e sul
principio dell’autodeterminazione dei popoli
3) Conseguire la cooperazione internazionale degli ambiti economico, sociale, culturale ed
umanitario e nel promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione

LA STRUTTURA
Gli organi principali delle Nazioni Unite sono elencati nell’art. 7 par. 2. Si possono distinguere tra:
 Organi di stati --> assemblea generale, Consiglio di sicurezza, Consiglio economico e sociale,
consiglio di amministrazione fiduciaria (per la delocalizzazione --> ormai inattivo)
 Organi di individui --> Segretariato generale, Corte Internazionale di Giustizia

ORGANI DI STATI
Assemblea generale --> vi siedono tutti gli Stati membri dell’ONU (193), ha una vastissima
competenza ratione materiae, ma poteri limitati perché i suoi atti non sono vincolanti. Si tratta,
infatti, di risoluzioni e ‘dichiarazioni di principi’ talvolta anche politicamente rilevanti, ma non
giuridicamente --> raccomandazioni. Solo ed esclusivamente in materia di bilancio (sulla Carta) e
di decolonizzazione (nella prassi) è vincolante.
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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È necessario distinguere tra deliberazione dell’Assemblea su questioni:
 Importanti: si richiede la maggioranza dei 2/3 dei presenti e votanti
 Non importanti: maggioranza semplice (50% + 1) dei presenti e votanti

Consiglio di sicurezza --> organo di Stati a composizione ristretta: 15 membri, 5 dei quali
permanenti e 10 eletti biennali. I membri permanenti godono del privilegio di essere sempre parte
del Consiglio e di godere del potere di veto.
Ha una competenza più limitata rispetto all’AG, ma poteri più significativi --> si concentra solo sul
1° comma dell’art. 1

SI possono distinguere tra questioni:


 Procedurali: 9 voti su 15 dei paesi membri
 Non meramente procedurali: 9 membri su 15 compresi anche i membri permanenti
(dunque hanno diritto di veto) --> nella prassi, però, si è sempre sostenuto che l’astensione
non equivalga a porre veto
--> può adottare risoluzioni avente carattere vincolante; ad esempio, attraverso le sanzioni.

Consiglio economico e sociale --> composta da 54 membri: agisce sotto alla direzione dell’AG negli
ambiti di cooperazione economico e sociale e della tutela dei diritti umani (mandati triennali)
Benché nell’art. 7 della Carta lo qualifichi come organo speciale, si dice che esso agisca sotto la
direzione dell’Assemblea Generale --> in un certo senso subordinato ad esso.

ORGANI DI INDIVIDUI
Segretariato Generale --> composto dal Segretario generale e dai funzionari dell’organizzazione.
Attualmente è Antonio Guterres, dal 1° gennaio 2017

Corte Internazionale di Giustizia  composta da 15 giudici, svolge una funzione contenziosa e una
funzione consultiva

Il ‘Sistema delle Nazioni Unite’ comprende inoltre:


 Organi sussidiari: sono organi creati dagli organi principiali dell’ONU (es: Consiglio dei diritti
umani, UNDP, UNEP, ecc.), non hanno una propria personalità giuridica, ma sono, talvolta,
molto importanti e strutturate con “organizzazioni dentro le organizzazioni”
 Istituti specializzati: sono organizzazioni internazionali distinte dall’ONU, sorte sulla base di
un trattato istitutivo e dotate di una propria personalità giuridica, che hanno concluso con
l’ONU un apposito accordo di collegamento (es: ILO, FAO, OMS, FMI, ecc.)  svolge tale
funzione mediante atti consultivi e non vincolanti

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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ULTERIORI CATEGORIE DI SOGGETTI INTERNAZIONALI

GLI INDIVIDUI
Nel diritto internazionale classico la soggettività internazionale degli individui era esclusa, ma ciò
non significa che non esistessero norme che riguardassero gli individui (esempio: regole sul
trattamento degli stranieri  sono beneficiari della protezione dello stato in cui si trovano)

L’opinione ad oggi prevalente considera i soggetti (come individui e anche a livello giuridico)
soggetti alle norme del diritto internazionale. Si parla comunque di una limitata soggettività che si
riconosce in due ambiti del diritto internazionale:
 tutela internazionale dei diritti umani
 diritto internazionale penale

Tutela internazionale dei diritti umani


Gli individui possono agire in sede internazionale per far valere i propri diritti umani (es. Cedu in
sede giudiziaria!)

Dalle norme sui diritti umani si può presupporre che scaturisca direttamente in capo all’individuo
un diritto; è la stessa norma internazionale che affianca al diritto sostanziale una norma
procedurale e questo ci fa sostenere una soggettività internazionale degli individui che possono far
valere un diritto in sede internazionale.

Gli individui hanno anche degli obblighi:


Diritto internazionale penale
Si compone di quelle norme che prevedono i c.d. crimini internazionale (genocidio, crimini di
guerra…)  la repressione di questi crimini può avvenire in reati internazionali

Si tratta comunque di convenzioni che riguardano gli individui, ma non dalle quali può discendere
una soggettività internazionale  gli stati dichiarano di impegnarsi a criminalizzare determinati
comportamenti nel loro ordinamento interno, ma non a livello internazionale

LA TEMPORANEA E LIMITATA SOGGETTIVITÀ DEI MOVIMENTI INSURREZIONALI


Si tratta di gruppi organizzati di cittadini che si ribellano contro il governo legittimo; si ritiene, però,
che sorga la soggettività internazionale solo a partire dal momento in cui un movimento
insurrezionale viene ad esercitare un controllo effettivo e sufficientemente stabile su una parte del
territorio statale  si tratta comunque di una soggettività
 temporanea: a seconda ci come si evolve l’insurrezione è comunque destinata ad
estinguersi, se l’insurrezione è vittoriosa si tramuterà in soggettività statale e governativa,
altrimenti si esaurirà come movimento
 limitata: sono solamente alcune le norme di diritto internazionale che trovano applicazione
nel caso degli insorti (le norme riguardanti la conclusione di accordi tra insorti e i
governanti, le norme riguardanti il trattamento degli stranieri, le regole del diritto
internazionale umanitario o dei conflitti armati)

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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Gli stati terzi non possono sostenere o dare qualunque appoggio ad un movimento insurrezionale
in un altro stato  rappresenterebbe una violazione dell’obbligo di non ingerenza nei confronti
degli altri stati
Caso Libia: il regime di Gheddafi è stato considerato un regime non più legittimo e il Consiglio di
Sicurezza aveva riconosciuto i movimenti degli insorti contro il regime.
Come dobbiamo considerare l’ISIS nei territori di Siria e Iraq?
A livello storico c’erano i presupposti di considerarlo come un regime o, addirittura, uno Stato.
Tuttavia, nella prassi internazionale è prevalsa una ricostruzione dell’ISIS in termini di
organizzazione terroristica in quanto non vi era alcuna osservanza delle regole proprie della
comunità internazionale

I movimenti di liberazione nazionale, intese come organizzazioni che lottano per


l’autodeterminazione di un popolo, invece, non sono soggetti internazionali in quanto tali. Lo
diventano quando arrivano controllare con stabilità una parte di un territorio statale, e solo in
modo temporaneo e limitato.
La differenza importante riguarda gli stati terzi: essi sono autorizzati a dare sostegno e appoggio a
tali movimenti

LA SANTA SEDE
È da intendersi come l’ente esponenziale della Chiesa cattolica, i suoi ‘ organi di governo ’.
La soggettività internazionale è riconosciuta alla Santa Sede in quanto non è mai venuta a meno
compreso il periodo tra il 1870 e il 1920, ovvero quando qualunque suo dominio territoriale era
venuto a mancare.
Rilevanze pratiche:
 La Santa Sede può contrarre accordi internazionali sia multilaterali (convenzione di Vienna
dei rapporti diplomatici) che bilaterali
 È membro di organizzazioni internazionali (es. OSCE)
 Non è membro di Nazioni Unite e Consiglio d’Europa  la Santa Sede non è in ogni caso un
soggetto equiparato agli Stato, ma diverso
 Immunità dalla giurisdizione degli stati  riconducibilità degli atti

ORDINE DI MALTA
Non esercita, tutt’oggi, nessun controllo su alcun territorio e non è dotato nemmeno di
indipendenza poiché dipende dalla Santa Sede
Nonostante partecipi come osservatore ad alcuni consigli non può far parte di accordi
internazionali, seppur intrattenga dei rapporti diplomatici.

-> la dottrina tende, dunque, ad escludere l’Ordine di Malta dal riconoscerne la soggettività
internazionale

Questione in più:
Eventuale soggettività di imprese multinazionali  società madre con altre società figlie presenti
in stati diversi. Si ha dunque una diversificazione sul piano giuridico e sul piano economico. Spesso,
infatti, queste società si trovano ad intrattenere dialoghi e accordi con gli stati, specialmente in
ambito di evoluzione ecologica.
La dottrina prevalente li considera come attori internazionali all’interno dello scenario diplomatico
tra i differenti elementi in gioco, ma non soggetti internazionali in quanto non contraenti di
obblighi e diritti.
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APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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FONTE DI 1 GRADO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

LA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE
La consuetudine può esser definita come un comportamento costante e uniforme delle gran parte
degli Stati, accompagnato dalla convinzione della obbligatorietà di tale comportamento

Pertanto, gli elementi costitutivi della consuetudine sono due:


o Un elemento oggettivo: la prassi o diuturnitas  comportamento costante e uniforme
o Un elemento soggettivo: la opinio juris sive necessitatis  condizione di obbligatorietà di
tale comportamento

La concezione dualista della consuetudine è quella prevalente, ed è sostenuta tra l’altro anche
della Corte internazionale di giustizia; vi sono peraltro in dottrina anche tesi moniste, secondo le
quali basterebbe uno solo dei due elementi sopra citati a dar vita a una consuetudine
 chi sostiene questa tesi supporta solo l’elemento oggettivo; altrimenti, secondo questa tesi,
una norma internazionale potrebbe formarsi a seguito di un errore da parte degli stati in fase di
formazione della norma.
Generalmente questi sostenitori sono mossi dall’intento di promuovere a norme consuetudinarie
a norme che corrispondono a una concezione etica dei rapporti internazionale.

Obiezioni:
 Gli stati, durante la formazione della norma, avvertono maggiormente la doverosità sociale
della condotta, ancora prima della sua obbligatorietà. Dunque, la ripetizione del
comportamento tra gli stati porta all’affermazione e formazione della norma
 Solo mediante l’elemento soggettivo è possibile distinguere le vere e proprie norme
consuetudinarie da comportamenti dettati da semplici ragioni di cortesia

Per verificare se esiste una norma internazionale, e per verificarne il contenuto, occorre osservare
sia alla prassi degli stati sia alle convinzioni sottese a tale comportamento

GLI ATTI DELLO STATO FORMATIVI DELLA CONSUETUDINE


La prassi rilevante ai fini della formazione della consuetudine può essere costituita da
comportamenti degli Stati sia sul piano internazionale (es note diplomatiche, condotte in seno ad
organizzazione internazionali, operazioni “sul campo”) sia sul piano interno (leggi, atti
amministrativi, sentenze dei giudici nazionali -> molto importanti). Anche la conclusione di trattati
può essere un dato rilevante, che però va valutato con estrema cautela -> bisogna considerare
anche il comportamento degli stati rispetto a tale trattato

La opinio juris sive necessitas può essere ricavata dalle dichiarazioni degli Stati che accompagnano i
suddetti comportamenti, da pubblicazioni ufficiali, da pareri giuridici…
 quando gli stati vogliono evitare che un loro comportamento possa contribuire alla formazione
di una nuova norma consuetudinaria, essi in genere dichiarano che non può costituire un
precedente, o che è dettato da mere ragioni di cortesia.

ALTRE QUESTIONI RILEVANTI NELLA IDENTIFICAZIONE DELLE NORME CONSUETUDINARIE


Perché si formi una norma consuetudinaria non è necessario che un determinato comportamento
sia tenuto da tutti gli Stati, ma da un numero di Stati sufficientemente rappresentativo della
comunità internazionale (es sulle norme di regolamentazione delle acque marine saranno più
‘rilevanti’ gli stati con uno sbocco sul mare)
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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N.B.: oltre ad essere diffuso, il comportamento degli Stati deve essere sufficientemente uniforme,
ma non è detto che comportamenti difformi siano necessariamente in contrasto con la
consuetudine

Il tempo necessario per la formazione di una norma consuetudinaria può essere tanto più breve
quanto più un certo comportamento risulta diffuso -> è un elemento connaturato all’elemento
oggettivo della consuetudine, ma non è definibile a priori; si può dire che dipende dal grado di
diffusione e di intensità di tale comportamento nella comunità di stati

I DESTINATARI DELLE NORME CONSUETUDINARIE


La consuetudine è una fonte di diritto internazionale generale, che dunque vincola tutti gli Stati,
compresi quelli che non hanno partecipato alla sua formazione. Due possibili casi:
 Stati di nuova formazione (specie nel processo di decolonizzazione)  questione ben. Più
complesso quando si tratta di una moltitudine di Stati perché potrebbe portare ad una
desuetudine, con conseguente abrogazione o modifica della norma in questione
 Stati che cercano di opporsi alla formazione di una consuetudine (c.d. obiettore persistente,
ovvero uno Stato che ha cercato di opporsi alla formazione di una consuetudine in modo
esplicito)

Esiste però anche la c.d. consuetudine particolare, che viene a formarsi tra un gruppo ristretto di
Stati e vincola solo quegli Stati. Comunemente si ritiene che vi siano due tipi di consuetudini
particolari:
 Le consuetudini regionali e locali, generalmente dello stesso continente  es della
concessione di asilo politico in ambasciata tra i paesi dell’America latina
 Le consuetudini che si formano a modifica o integrazione delle norme di un trattato  es
dell’art 27 della Carta delle Nazioni Unite con la questione dell’astensione degli stati
permanenti nel Consiglio di Sicurezza -> nella prassi si sono adottati atti (non procedurali)
in cui l’astensione non aveva valore di veto. Oppure l’idea che l’Assemblea Generale
potesse decidere con effetti vincolanti su tempi e modi dell’acquisto di territori coloniali
(ruolo chiave del processo di decolonizzazione che si è affermato mediante una
consuetudine). Tendenzialmente, in caso di organizzazioni internazionali con organi che
controllano la legittimità degli atti della stessa organizzazione ciò non è possibile; come nel
caso dell’Unione Europea

La consuetudine è, dunque, una fonte non scritta del diritto internazionale che, di conseguenza,
pone problemi di certezza del diritto, risolvibili mediante accordi di codificazione

Compito: leggere le conclusioni del “Draft conclusions on identification of customary international


law”  alla conclusione 15 della Commissione del diritto internazionale sostiene che quando uno
stato ha obiettato ad una norma consuetudinaria (dunque diviene ‘obiettore persistente’) mentre
questa in formazione, la norma non vincola quello Stato, ma a condizione che sia espressa
chiaramente, resa nota agli altri stati e mantenuta persistentemente
 è dunque contraria alla tesi sostenuta durante la lezione dal prof

GLI ACCORDI DI CODIFICAZIONE


Significa scrivere le norme, trasfonderle in forma di accordi scritti

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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Già verso la fine dell’800 vi furono tentativi di codificazione, come nel caso del diritto bellico che
portò ad una serie di convenzioni in materia di guerra terrestre (1899 e 1907). A seguire anche tra
le due guerre mondiali e successivamente alla Seconda guerra mondiale
 in particolare, con l’ONU: art. 13 della Carta ONU “l’Assemblea generale intraprendere studi e
fa raccomandazioni allo scopo di incoraggiare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e
la sua codificazione  a questo suo fine l’AG ha istituito, già nel 1947, la International Law
Commission (Commissione del diritto internazionale), che è un organo collegiale di individui.
Quest’organo predispone progetti di codificazione del diritto internazionale e li presentarli
all’Assemblea Generali che ha la possibilità di approvarli oppure di convocare gli stati per
discuterlo.
Molto spesso la Commissione del diritto internazionale si è limitata aa presentare non dei veri
progetti (accordi di codificazione), ma dei testi di soft law (come il Draft conclusions on
identification of customary international law oppure il Progetto di articoli sulla responsabilità
internazionale dello Stato). Ci sono anche state situazioni rispetto alle quali l’AG non si è affidata
alla ILC, ma direttamente convocando una conferenza di tutti gli stati per stabilire un testo di
accordi (es in materia del mare)

Gli accordi di codificazione, in quanto tali, vincolano solo le parti contraenti. Essi però possono
costituire un utile punto di partenza per l’accertamento del diritto internazionale generale
N.B.: senza necessariamente assumere che il loro contenuto coincida con il diritto internazionale
generale!  per diverse ragioni:
o riflette il punto di vista di chi l’ha redatto, la cui opinione non coincide necessariamente con
una prassi e una regola consuetudinaria; risente dunque della mentalità di chi la procede
o Viene, in ultima battuta, definito dagli stati, e non dalla Commissione
o L’art 13 parla anche di sviluppo progressivo  talvolta la Commissione ne promuove solo lo
sviluppo e non per codificarne le norme; chiaramente se la prassi e l’opinio juris si direzionano
verso la prospettiva auspicata dalla Commission allora sarà necessario codificarne le norme 
es nella Convezione di codificazione del 78 sulla successione degli stati nei trattati, redatta da
pochi stati, con norme differenti dal diritto consuetudinario, ma che si applicano solo agli stati
contraenti  vi sono, in generale, alcune materia in cui bisogna, dunque, fare riferimento alle
norme di accordi che però non rispecchiamo quelle del diritto consuetudinario, valido per tutti
gli altri stati che non sottostanno a tale accordo

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LE FONTI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE nell’art.38, par.1, dello Statuto CIG (Corte internazionale
di giustizia)
Articolo 38, par. 1, dello Statuto CIG: “la Corte, la cui funzione è di decidere in base al diritto
internazionale le controversie che le sono sottoposte, applica.
a) Le controversie internazionali (…) che stabiliscono norme espressamente dagli Stati in lite;
b) La consuetudine internazionale, come prova di una pratica generale accettata come diritto
(concezione dualistica, riferita alla prassi e all’opinio iuris);
c) I principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili
d) (…) le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più qualificati delle varie nazioni come
mezzi sussidiari per la determinazione delle norme giuridiche

--> perché l’art 38, par. 1, adotta questo ordina, in particolare menziona le convenzioni
internazionali prima della consuetudine? Non bisogna considerarlo la gerarchia delle fonti perché
le preoccupazioni dei suoi redattori non è quella di stabilire una gerarchia delle fonti di diritto
internazionali, ma fornire alla Corte un ordine logico nel ragionamento per individuare tali fonti

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI
 Secondo Conforti si tratta di una categoria sui generis di consuetudine, costituita da
elementari principi di giustizia e di logica esistenti nella gran parte degli ordinamenti stati e
avvertiti come obbligatori anche dal punto di vista del diritto internazionale [p. nemo judex
in re sua (uno stato non coinvolto in una controversie non dovrebbe intromettersi), in claris
non fit interpretatio (una norma chiara non necessità di interpretazione), ma anche
principio di legalità, presunzione di innocenza, ecc… ]
 Secondo altre ricostruzioni, i principi in questione costituiscono invece una fonte autonoma
del diritto del diritto internazionale, variamente collocata nella gerarchia di tali fonti
 Un’altra questione è se oltre ai suddetti principi vadano annoverati tra le fonti del diritto
internazionale anche ulteriori principi generali propri dell’ordinamento internazionale,
ricavati per astrazione delle stesse norme internazionali vigenti

Si tratta comunque di norme internazionali che possono essere derogate mediante trattati (come
nemo judex in re sua che nella Carta delle Nazioni Unite è oggetto di una deroga: nell’art. 27 si
dice che quando un membro del consiglio è parte di una controversia è tenuto ad astenersi
(principio applicato), ma quest’obbligo non sussiste in tutti quei casi indicati nel capitolo 7 della
Carta)

Nelle ultime righe del paragrafo relative ai principi generali c’è anche un riferimento all’esistenza
di un ulteriore categoria di principi generali propri dell’ordinamento internazionale in quanto non
sono ricavati dagli ordinamenti interni, bensì sono dei principi ricavati per astrazione dalle
medesime norme del diritto internazionale

DIRITTO INTERNAZIONALE DEGLI AMBIENTI


Dichiarazione sull’ambiente e sviluppo adottata alla Conferenza di Rio (1992) --> di fatto una soft
law che però ha contribuito ad individuare i grandi principi del diritto internazionale dell’ambiente
che hanno poi trovato riscontro nella medesima conferenza e, successivamente, in altre.
Alcuni esempi di principi contenuti nella dichiarazione
 Principio di sviluppo sostenibile -> per conciliare le esigenze di sviluppo economico
(avvertite in particolar modo dai pesi meno avanzati) e le esigenze delle tutele ambientali
 Principio delle responsabilità comuni, ma differenziate
 Principio di precauzione -> in presenza di elementi che suppongono possibili effetti negativi
all’ambiente, l’assenza di una assoluta certezza scientifica non deve impedire di adottare
misure di tutela

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APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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FONTI DI II GRADO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

DIRITTO DEI TRATTATI


Si tratta dell‘insieme di norme che regolano le fonti di secondo grado

L’Accordo internazionale (o trattato, convenzione, patto, ecc.…) può essere definito come
l’incontro delle volontà di due o più Stati (bilaterali o multilaterali), diretto o regolare una
determinata materia e produttivo di effetti giuridici vincolanti per i contraenti.
Occorre, dunque, distinguere i veri e propri accordi giuridicamente vincolanti da semplici intese
non giuridiche, espressione di impegni che si limitano all’ambito politico [esempio della
Conferenza di Rio 1992 oppure la Dichiarazione del G20 (attuale)]

Il c.d. diritto dei trattati è costituito dalle norme consuetudinarie che disciplinano questa fonte del
diritto internazionale. Tali norme sono codificate, in particolare, nella Convenzione di Vienna sul
diritto dei trattati del 1969 (entrata in vigore nel 1980), di cui sono attualmente parti 116 Stati. La
convenzione è considerata largamente riproduttiva del diritto consuetudinario

La struttura della Convenzione di Vienna: Diritto Internazionale - A. Santini/Convenzione di Viena


(1969-1980).pdf

AMBITO DI APPLICAZIONE
Nella prima parte della Convenzione (parte I: introduzione) vi sono alcune definizioni e norme per
definire l’ambito di applicazione della Convenzione:
La Convenzione di Vienna si applica ai trattati fra Stati (art. 1). Con il termine trattato essa intende
“un accordo internazionale concluso in forma scritta fra Stati e regolato dal diritto internazionale,
contenuto sia in un unico strumento sia in due o più strumenti connessi, qualunque ne sia la
particolare denominazione” (art. 2, lett. a). Questa definizione non esclude che i trattati si possano
concludere in forma orale o addirittura tacita, purché sia rinvenibile la chiara intenzione delle parti
di obbligarsi a sottostare alle norme del trattato
I trattati conclusi fra Stati e organizzazioni internazionale o solamente fra queste ultime due sono
oggetto di una diversa convenzione di codificazione (Convenzione di Vienna del 1986, non ancora
in vigore)

L’art.4 sancisce la irretroattività della Convenzione, precisando che tale irretroattività non
pregiudica l’applicazione di qualsiasi regola enunciata nella Convenzione alla quale i trattati
sarebbero soggetti in base al diritto internazionale indipendentemente dalla Convenzione
medesima.
Inoltre, l’art. 4 precisa che questa irretroattività non pregiudica qualsiasi applicazione di qualsiasi
regola enunciata nella convenzione alla quale gli stati sarebbero soggetti in base al diritto
internazionale indipendentemente dalla convenzione medesima --> ovvero: la convenzione non si
applica retroattivamente, ma quelle suo norme che sono produttiva del diritto consuetudinario
(c.d. norme consuetudinaria) invece si applicano retroattivamente perché tali norme già
esistevano prima delle convenzione che si è limitata esclusivamente a codificarle in forma scritta

LA FORMAZIONE DEI TRATTATI


La convenzione lascia agli Stati la più ampia libertà in materia di forma e di procedura di
formazione dei trattati, purché lasci emergere una certa intenzione degli Stati ad obbligarsi alle
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
14
sue regole. C’è però un procedimento normale o solenne di formazione dei trattati: che si articola
in quattro fasi:
1. Negoziazione
2. Firma
3. Ratifica
4. Scambio o deposito delle ratifiche

NEGOZIAZIONE
La negoziazione è condotta dai c.d. plenipotenziari, coloro i quali cioè sono in grado di esibire i
pieni poteri (ossia “un documento emanato dall’autorità competente di uno Stato e che designa
uno o più persone a rappresentare lo Stato”: art. 2, lett. c, Cdt). Alcune figure non hanno bisogno di
esibire i pieni poteri perché si presuppone che sia insito nella loro funzione rappresentare lo stato
in sede di negoziato (es.: Capi di Stato, Capi di Governo, Ministri degli Esteri…)

La negoziazione si conclude con l’adozione del testo del trattato, che di regola ha luogo con il
consenso di tutti gli Stati partecipanti ai negoziati (ma nel caso delle conferenze internazionali l’art.
9 Cdt prevede come regola la maggioranza dei due terzi degli Stati presenti e votanti)

FIRMA
Nel procedimento formale o solenne la firma del plenipotenziario (o la semplice parafatura, cioè
l’apposizione delle iniziali) NON vincola lo Stato al rispetto del trattato, ma ha solo la finalità di
autenticazione del trattato. Talvolta, la firma è immediatamente successiva all’adozione del testo,
altre volte passa del tempo tra una e l’altra, ad esempio per la traduzione in diverse versioni
linguistiche

L’art. 18, lett. a, Cdt dispone tuttavia che lo Stato che ha sottoscritto un trattato, fino a che non
abbia manifestato la sua intenzione di non divenirne parte, “deve astenersi da atti che
priverebbero il trattato del suo oggetto o del suo scopo”

RATIFICA
La ratifica, indicata anche con altri termini (es. accettazione, approvazione, adesione), è l’atto con
il quale lo Stato esprime sul piano internazionale il proprio consenso ad essere vincolato da un
trattato (art. 2, lett. b, Cdt). Con adesione si intende la manifestazione il consenso ad essere
vincolato da un trattato da parte di uno stato che però non aveva partecipato alla negoziazione
che, dunque, non aveva neanche firmato quell’accordo. Questo è possibile solo con la condizione
di un trattato aperto, ovvero che consente l’adesione di ulteriori Stati

La competenza a ratificare i trattati è disciplinata da ciascuno Stato con proprie norme di carattere
costituzionale. Per l’Italia rilevano:
o L’art. 87, co. 8, Cost., che attribuisce la competenza a ratificare i trattati al Presidente della
Repubblica, previa quando occorra l’autorizzazione delle Camere;
o L’art. 80 Cost., che prevede che le Camere debbano autorizzare con legge il ratificare di
cinque categorie di trattati: trattati che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o
regolamenti giudiziari, o comportano variazioni del territorio, od oneri alle finanze o
modificazioni di leggi;
o L’art. 89 Cost., che prevede che nessun atto del presidente della Repubblica sia valido se
non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità
o L’art 75 Cost., che fa riferimento all’istituto del referendum abrogativo di legge; alcune
leggi sono escluse tra cui quelle di autorizzazione alla ratifica ai trattati internazionali

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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SCAMBIO O DEPOSITO DELLE RATIFICHE
Dopo la ratifica, la manifestazione di volontà di ciascuno Stato viene portato a conoscenza delle
altre parti contraenti attraverso lo scambio (per i trattai bilaterali) o il deposito (per i trattati
multilaterali) degli strumenti di ratifica

L’entrata in vigore del trattato avviene alle condizioni da esso previste. In genere, nel caso dei
trattati multilaterali è previsto il deposito di un numero minimo di ratifiche [esempio dell’Unione
Europea con tutti gli stati oppure della stessa Convenzione di Vienna con l’entrata in vigore il
30esimo giorno successivo alla 35esima ratifica di adesione]

La registrazione presso il Segretario delle Nazioni Unite, previste dall’art. 80 Cdt e dall’art. 102
della Carta ONU, NON è una condizione di validità dei trattati (ma un trattato che non sia stato
registrato non potrà essere invocato davanti a un organo delle Nazioni Unite).
N.B.: nei casi della Carta dell’ONU e nella Convenzione di Vienna che prevedono l’obbligo di
registrazione, la ratio è per contrastare la diplomazia segreta fra gli Stati

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IL PROCEDIMENTO SEMPLIFICATO DI FORMAZIONE DEI TRATTATI
Il procedimento semplificato di formazione dei trattati comprende le sole fasi d negoziazione e
della firma. In questo procedimento, la firma è l’atto con il quale lo Stato si vincola al rispetto del
trattato

Art.12, par. 1, Cdt: “Il consenso di uno Stato ad essere obbligato da u trattato si esprime attraverso
la firma del rappresentante di tale stato:
a. Quando il trattato prevede che la firma avrà questo effetto
b. Quando risulta altrimenti che gli Stati partecipanti alla negoziazione avevano concordato che
la firma avrebbe avuto questo effetto
c. Quando l’intenzione dello Stato di attribuire questo effetto alla firma risultato dai pieni poteri
del suon rappresentante o è stata espressa nel corso della negoziazione”

Le prime due ipotesi si riferiscono a situazioni nelle quali la firma ha l’effetto di vincolare tutti gli
stati firmatari. La terza ipotesi invece, si riferisce solo al singolo stato di porre la firma. -->
potrebbe accadere che, in uno stesso trattato, alcuni stati seguono un procedimento semplificato
(si vincolano subito mediante la firma), mentre altri seguono un procedimento normale o solenne.
Questo può dipendere anche dal fatto che vi siano diverse condizioni costituzionali proprie di
ciascuno stato
Inoltre, si possono avere delle situazioni in cui gli stati firmano un accordo, ad esempio dopo una
determinata conferenza, ma che è solo un atto di intesa non giuridica con una rilevanza politica
[esempio degli accordi d’Helsinki, ovvero atti finali delle conferenze della CSCE (ormai sostituita
dalle OSCE)

Ma secondo l’ordinamento italiano quali trattati possono essere conclusi in forma semplificata
secondo l’ordinamento italiano? --> ai sensi di un’interpretazione sistematica della nostra
Costituzione si può affermare che l’Italia può concludere in forma semplificata tutti quegli accordi
che non sono previsti dall’art. 80 Cost.
E se il governo conclude un accordo tra quelli dell’art. 80, ma in forma semplificata, lo si può
ritenere valido oppure è un accordo viziato e, dunque, non valido? (il prof rimanda ad una pagina
del libro con una serie di esempi, tra i quali la domanda di ammissione dell’Italia alle Nazioni
Unite)

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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LE CONSEGUENZE DELLA VIOLAZIONE DI NORME INTERNE SULLA COMPETENZA A STIPULARE
Art. 46, Cdt:
“1. Il fatto che il consenso di uno Stato a vincolari a un trattato sia stato espresso in violazione di
una disposizione del suo diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può
essere invocato dallo Stato in questione come viziante il suo consenso, a meno che tale violazione
sia stata manifesta e riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale
2. una violazione è manifesta se essa è obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti
in materia secondo la pratica abituale e in buona fede

--> secondo Conforti, solo la condizione che la violazione riguardi una norma interna di importanza
fondamentale corrisponde al diritto consuetudinario. Egli argomenta dicendo che i giudizi
nazionali, quando devono applicare una norma internazionale, si limitano solo a verificare che non
sia in contrasto con una norma interna fondamentale e non che sia evidente per gli altri Stati

Dunque, quegli accordi che sono stati concluso dal governo in forma semplificata, ma in materie
ricadenti nell’art. 80 sono invalidi (ovvero ‘valgono finché valgono’ e vengono rispettare dalle
parti). Secondo Conforti il vizio del consenso può essere sanato se in un momento successivo alla
stipulazione in forma semplificata, ‘l’organo messo da parte’ esprime un suo consenso mediante
legge (nel caso italiano il Parlamento che prende atto dell’accordo con legge di autorizzazione e vi
si conforma)

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APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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LE RISERVE AI TRATTATI

Art. 2, lett. d, Cdt:


definizione: “il termine riserva indica una dichiarazione unilaterale quale che sia la sua
formulazione o denominazione, fatta da uno Stato quando sottoscrive, ratificare, accetta o
approva un trattato o vi aderisce, mediante la quale esso mira a d escludere o modificare l’effetto
giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro applicazione a tale Stato”

Esistono tre tipi di riserve:


 Riserve eccettuative --> quella con quale uno Stato, al momento di firma o ratifica, si
impegna a rispettare il trattato, ma escludendo quello/e specifiche disposizioni o clausole
del trattato coperte dal trattato
 Riserva modificativa --> lo Stato si impegna a rispettare il trattato, ma modificandone
alcune specifiche disposizioni nell’applicazione a tale Stato
 Riserve interpretative (o dichiarazioni interpretative condizionate, da non confondere con
le dichiarazioni interpretative incondizionate) –> lo Stato, impegnandosi a rispettare il
trattato, dichiara che specifiche clausole debbano essere interpretate in un certo modo nei
suoi confronti.
Spesso non si hanno espliciti riferimenti ad una riserva interpretative in sede di
firma/ratifica, ma di dichiarazioni interpretative con la quale lo Stato propone certe
interpretazioni da dare a determinate clausole --> c’è da chiedersi se costituiscano vere
riserve oppure no
Vi sono due tipi di dichiarazioni:
o dichiarazione interpretative condizionata; con la quale uno Stato esplicitamente
chiarisce di condizionare la sua adesione al trattato solo a patto delle interpretazioni
proposte
o dichiarazioni interpretative incondizionate; sono semplici proposte di interpretazione da
dare a determinate clausole

In tutti i casi si tratta di formulare o apporre una riserva

Qual è la funzione delle riserve?


--> consentire ad uno Stato che voglia partecipare ad un trattato, ma con problemi riguardo a
specifiche condizioni (per motivi politici, giuridici…), escludendo o modificando certe clausole del
trattato nei suoi confronti oppure facendo valere una determinata interpretazione

Universalità vs integrità dei trattati --> consentire a quanti più stati possibile di partecipare ad un
trattato, ma, di contro, quante più riserve vengono formulate dai singoli stati tanto più si ha una
frammentazione del regime giuridico del trattato, andando a minarne l’integrità

L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA DELLE RISERVE: LE PRIME DUE FASI


1. la fase del diritto internazionale classico: la possibilità di apporre riserve doveva essere
necessariamente concordata nel corso dei negoziati e, dunque, risultare espressamente dal
testo del trattato. Ovvero poteva risultare due modi:
o già nel corso dei negoziati alcuni Stati esprimono certe riserve su alcune clausole
--> vengono specificate subito in fase di stesura
o oppure nel testo del trattato compare un articolo he esplicitava la facoltà per gli
Stati di formulare delle riserve in fase di ratifica o di adesione. Quando si inserisce

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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una norma di questo tipo, talvolta, si specificano anche le norme sulle quali è
possibile formulare una riserva
Qualora uno Stato formulasse una riserva la cui possibilità non era prevista, tale
Stato non verrebbe considerato tra i contraenti del trattato
2. il parere della CIG del 1951 relativo alla condizione sul genocidio (nb.: si tratta comunque di
un parere, una funzione consultiva della Corte Internazionale di Giustizia che non
costituisce in nessun modo un vincolo. Ma è tanto importante perché la prassi successiva si
è uniformata ai pareri della Cig):
laddove un trattato non preveda ne escluda la possibilità di apporre riserve, una riserva
può essere apposta a condizione che non sia contraria all’oggetto o allo scopo del trattato.
La valutazione della validità di una riserva così apposta spetta a ciascun altro Stato parte al
trattato che potrà accettare la riserva oppure contestarla --> ne consegue la scomposizione
del trattato multilaterale in un fascio di rapporti bilaterali. L’accettazione può essere
espressa o tacita (da esprimere entro 12 mesi dalla proposta della riserva). I rapporti
bilaterali sono (se A ha proposto la riserva e C non l’ha accettata non si è formato l’incontro
delle volontà non si è formato e il trattato non sarà valido nei loro rapporti re

Il problema del 1951 consisteva nel fatto che alcuni stati (soprattutto l’Unione Sovietica e
alcuni stati satellite) intendevano aderire al trattato, ma erano contrari all’art. 9 che
prevedeva la competenza della CIG a risolvere controversie tra gli stati parte in merito
all’applicazione e interpretazione della convezione stessa. Tali stati volevano apporvi una
riserva eccettuativa, ma il trattato della convenzione non prevedeva alcuna riserva, senza
però escluderla. L’assemblea formulò una richiesta alla Cig per chiarire la questione --> la
Corte risponde sottolineando i due aspetti fondamentali

L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA DELLE RISERVE: LA TERZA E LA QUARTA FASE


La Convenzione di Vienna del 1969 (artt. 19-23) codifica quanto affermato dalla Cig nel parere del
1951, chiarendo che l’obiezione ad una riserva non impedisce il formarsi del vincolo pattizio tra lo
Stato che ha formulato la riserva e quello obiettante a meno che quest’ultimo abbia espresso
un’intenzione nettamente contraria, si dice anche essere un’obiezione qualificata.
Inoltre, sia le riserve che le obiezioni debbano essere formulate per iscritto, notificate alle parti
contraenti e che sia possibile, in ogni momento, revocarle dando avviso alle parti

Sviluppi successivi alla Convenzione di Vienna: riguardano tra l’altro il tema delle riserve tardive
(ovvero formulate in momento successivo all’adesione del trattato, sono soggette a condizioni più
stringenti: è sufficiente che un solo stato presenti un’obiezione nei termini dei 12 mesi per negare
la riserva allo stato proponente) e soprattutto la questione delle riserve ai trattati sui diritti umani:
in caso di inammissibilità della riserva, valutata come tale dall’organo giudiziario o quasi-giudiziario
previsto dal pertinente trattato, la riserva si considera come non apposta, e lo Stato che l’ha
apposta rimane vincolato al rispetto del trattato
Vedi in particolare la sentenza della Corte europea dei diritti umani del 1988 nel caso Belilos c.
Svizzera, caso in cui la Corte si trovò a valutare la validità di una riserva proposta dalla Svizzera in
momento di adesione --> vene ritenuta invalida. In termini classici, la Svizzera non è parte della
convenzione dei diritti umani Belilos, ma la Corte Europea dei diritti dell’uomo applica il principio
dell’utile per non inutile non viziatur (una cosa utile non è resa invalida da una cosa inutile)
consentendo alla Svizzera di rimanere vincolata al rispetto del trattato come se non avesse mai
formulato quella riserva. In una situazione del genere, lo stato proponente potrebbe reagire
denunciando il patto e ritirandosi dal trattato

Sul piano del diritto interno

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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La questione da porsi è la competenza a formulare riserve: è il governo, nel caso italiano, ma il
problema si pone, essenzialmente, ai trattati rientranti nell’articolo 80 previsti dalla Costituzione.
In tali casi descritti nell’articolo, si è visto nella prassi che qualora il governo, all’atto di deposito di
ratifica, abbia formulato delle riserve che non erano preiste nella legge di autorizzazione del
parlamento, costituzionalmente il comportamento del governo non sarebbe censurabile: lo stato
italiano si impegna al rispetto del trattato, ma solo in quelle disposizioni dove c’è completo
accordo tra parlamento e governo (e non nelle altre in cui il governo ha previsto una riserva)

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APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI INTERNAZIONALI

Che cosa significare interpretare un trattato (e più in generale una norma giuridica)?
Significa ricercare il significato più appropriato.
Ci possono essere norma chiare che non richiedono particolari sforzi interpretative (in claris non
fitio interpretati), ma anche norme che lo richiedono

Chi, concretamente, ha la funzione legittima di interpretare le norme e i trattati?


Intanto, bisogna considerare le parti contraenti (gli Stati) e, in secondo luogo, si tratta di uno
sforzo che compete ai giudici, sia nazionali che internazionali.
Prima di tutto, ci si rivolge ai giudici nazionali, che devono applicare, e quindi interpretare, per
primi la norma.

Esistono delle vere regole e criteri giuridici nell’interpretare le disposizioni presenti di un trattato.
Sono previsti da norme consuetudinarie codificate nella Convenzione di Vienna sul diritto dei
trattati --> in particolare gli articoli 31, 32, 33

LA REGOLE GENERALE DI INTERPRETAZIONE


Art. 31, Cdt:
“1. Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai
termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo”
--> combinazione di tre criteri:
 letterale (o testuale) --> “seguendo il senso ordinario dei suoi termini”
 sistematico --> “interpretati nel loro contesto”, innanzitutto in confronto con le altre
norme del trattato (vedi anche il secondo paragrafo e nb: il preambolo di per sè non è una
parte vincolante dell’atto, ma può essere utile a fini interpretativi). In questa fase non si fa
ancora riferimento al contesto storico (occhio a non confonderle)
 teleologico (telos in greco = fine) --> “alla luce del suo oggetto e del suo scopo”
Questi tre criteri devono essere combinati nell’interpretazione di un trattato e sostanziano n un
metodo detto metodo obiettivistico, anche se non è del tutto escluso il riferimento al metodo
oggettivistico (vedi paragrafo 4)

“2. Ai fii dell’interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo il preambolo e gli
allegati: a) ogni accordo in rapporto col trattato che è stato concluso fra tutte le parti in occasione
della conclusione del trattato; b) ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione
della conclusione”

“4. Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l’intenzione delle parti”

I MEZZI COMPLEMENTARI DI INTERPRETAZIONE


Art. 32, Cdt:
“Si può fare ricorso a mezzi complementari di interpretazione, e in particolare ai lavori preparatori
e nelle circostanze nelle quali è stato concluso, allo scopo sia di confermare il senso
dall’applicazione dell’articolo 31, sia di determinare il senso quando l’interpretazione data in
conformità all’articolo 31: a) lascia il senso ambiguo o oscuro, b) conduce ad un risultato
manifestamente assurdo o irragionevole”

L’INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI AUTENTICATI IN PIÙ LINGUE


APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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Art. 33, Cdt:
“1. Quando un trattato è stato autenticato in due o più lingue, il suo testo fa fede in ciascuna di
queste lingue (…)
2. si presume che i termini di un trattato abbiano lo stesso significato nei diversi esti autentici
3. (…) quando il raffronto dei testi autentici fa apparire una differenza di senso che l’applicazione
degli articoli 31 e 32 non permette di eliminare, si adotterà il senso che, tenuto conto dell’oggetto e
dello scopo del trattato, permette di meglio conciliare i testi in questione”

Dunque, prima di tutto, l’interpretazione del giudice deve passare degli articoli 31 e 32 ancora
prima che questo debba ricorrere all’art. 33

Considerazioni finali
Comunemente si fa riferimento anche ad ulteriori criteri interpretativi utilizzabili
nell’interpretazione i trattati, ma che non sono esplicitati nella Convenzione di Vienna. Essi
valgono in quanto principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni Civili --> si tratta di canoni
tipici del diritto interno che possono essere trasposti anche sul piano internazionale

Ad oggi, soprattutto nell’interpretazione sui diritti umani, tende ad affermarsi anche


un’interpretazione evolutiva dei trattati. La CEDU va considerata come uno “strumento vivente”
--> da interpretare, dunque, alla luce delle condizioni e caratteristiche sociali odierne, non di
quando venne prodotta la convenzione

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APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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INVALIDITÀ ED ESTINZIONE DEI TRATTATO

LE NOZIONI DI INVALIDITÀ, ESTINAZIONE E SOSPESIONE DELL’APPLICAZIONE DI UN


TRATTATO
 si parla di invalidità di un trattato quando, in presenza di determinate cause (dette cause di
invalidità), un trattato è sin dall’inizio improduttivo di effetti giuridici
 si parla di estinzione di un trattato quando un trattato valido e, quindi, produttivo di effetti
giuridici cessa definitivamente di produrre tali effetti a partire dal momento in cui si
verificano determinate cause (dette cause di estinzione, ex nunc, subito --> nb: non
retroagisce)
 si parla di sospensione dell’applicazione di un trattato quando un trattato valido cessa solo
temporaneamente di produrre effetti giuridici, a partire dal momento in cui si verificano
determinate cause (dette cause di sospensione) e fintantoché tali cause perdurano

LE CAUSE DI INVALIDITIÀ
Principalmente per due motivi:
 i c.d. vizi della volontà, ossia cause che inficiano la volontà degli stati di obbligarsi: artt. 46-52
Cdt, ovvero:
o art. 46 Cdt: violazione di una disposizione del diritto interno di importanza
fondamentale riguardante la competenza a stipulare (vedi anche qui)
o art. 47 Cdt: violazione di una restrizione specifica del potere di esprimere il consenso di
uno Stato
o art. 48 Cdt: errore.
1. uno stato può invocare un errore di un trattato come vizio del suo consenso a
vincolarsi a quel trattato se l’errore riguarda un fatto o una situazione che quello
stato supponeva esistente al momento in cui il trattato è stato concluso e che
costituiva una base essenziale del consenso di quello Stato a vincolarsi al trattato
2. il paragrafo 1 non si applica quando lo Stato in questione ha contribuito a
quell’errore con il suo comportamento o quando le circostanze erano tali che esso
doveva rendersi conto della possibilità di un errore
o art. 49 Cdt: dolo.
Se uno stato è stato indotto a concludere un trattato dal comportamento doloso di un
altro Stato che ha partecipato alla negoziazione, esso può invocare il dolo come vizio de
suo consenso a vincolarsi al trattato
o art. 50 Cdt: corruzione del rappresentante di uno Stato.
se l’espressione del consenso id uno Stato è stata ottenuta ricorrendo alla corruzione
del suo rappresentante attraverso l’azione diretta o indiretta di un altro Stato che ha
partecipato alla negoziazione, lo Stato può invocare tale corruzione come vizio del suo
consenso a vincolarsi al trattato
o art. 51 Cdt: la violenza.
L’espressione del consenso di uno Stato a vincolarsi a. un trattato che sia stata ottenuta
attraverso la violenza esercitata sul suo rappresentante per mezzo di atti o minacce
diretti contro di lui è priva di qualsiasi effetto giuridico
o art. 52 Cdt:
è nullo ogni trattato la cui conclusione sia stata ottenuta con la minaccia o l’impiego
della forza in violazione di principi di diritto internazionale incorporati nella Carta delle
Nazioni Unite --> sorge un problema interpretativo: ovvero se con minaccia o impiego
della forza si intenda l’uso delle forze armate di uno stato (es esercito) oppure anche
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
23
solo una pressione di carattere politico economico. Per risolvere la questione si fa
riferimento ai principi della Carta dell’ONU --> si fa riferimento solo alla forza armata
(esempio del trattato di Berlino, 1988, con cui la Ceco Slovacchia cedette, sotto
minaccia, alla Germania nazista il territorio dei Sudeti).
Bisogna porsi la questione anche nei trattati di Pace che avvengono in presenza di forze
armate, ma: avvengono dopo diverso tempo dalla fine degli scontri, vi sono reciproche
concessioni (anche se diseguali tra vincitori e vinti)

 il contrasto con una norma di jus cogens, artt. 53 Cdt: è nullo qualsiasi trattato che, al
momento della sua conclusione, è in conflitto con una norma imperativa del diritto
internazionale generale. Ai fini della presente Convenzione è norma imperativa del diritto
internazionale generale una norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale
degli Stati nel suo insieme come norma alla quale non è consentita alcuna deroga e che può
essere modificata soltanto da una successiva norma del diritto internazionale generale
avente lo stesso carattere

N.B.: i vizi della volontà provocano l’invalidità del trattato solo se questo è bilaterale; se, invece, il
trattato è multilaterale, essi provocano l’invalidità del consenso a vincolarsi dello Stato la cui
volontà è viziata, mentre il trattato resta valido e vincolante per gli altri Stati contraenti. Dal
contrasto con una norma di jus cogens discende invece necessariamente l’invalidità del trattato
per tutte le parti di esso

Le cause di Invalidità assoluta e cause di invalidità relativa


Le cause di invalidità previste negli artt., da 46 a 50 Cdt sono cause di invalidità relativa, mentre
quelle previste negli artt. Da 51 a 53 sono cause di invalidità assoluta
Le differenze tra le due tipologie di cause attengono alla c.d. divisibilità delle disposizioni del
trattato in presenza di una causa di invalidità che riguardi soltanto determinate clausole del
trattato, e alla perdita o meno del diritto di invocare una causa di invalidità qualora uno Stato,
dopo avere avuto conoscenza dei fatti, abbia esplicitamente o implicitamente accettato di
considerare valido il trattato

LE CAUSE DI ESTINZIONE
 Le cause riconducibili alla comune volontà dei contraenti, cioè esplicitamente o
implicitamente previste dal trattato stesso --> artt. 54 e 56 Cdt
o Art. 54 Cdt:
l’estinzione di un trattato il recesso di una parte possono aver luogo: a) in conformità
delle disposizioni del trattato, oppure b) in ogni momento, per consenso di tutte le parti
(…).
Esempio della Brexit, recesso del Regno Unito dall’UE sulla base dell’art. 54
o Art. 56 Cdt:
un trattato che non contenga disposizioni relative alla sua estinzione e che non prevede
possibilità di denuncia o di recesso non può formare oggetto di una denuncia o di un
recesso, a meno che: a) non risulti che corrispondeva all’intenzione delle parti
ammettere la possibilità di una denuncia o di un recesso; oppure b) il diritto di denuncia
o di recesso possa essere dedotto dalla natura del trattato.
Si vede come questo articolo sia di difficile interpretazione, specie se da ricondurre alla
natura e all’intenzionalità delle parti di un trattato

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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24/11

 Le cause previste da norme consuetudinarie --> artt. 60, 61 e 62 Cdt + art. 64 (contrasto con
una norma sopravvenuta di jus cogens, ovvero formatasi successivamente alla formazione del
trattato)
o Art. 60 Cdt (violazione sostanziale di un trattato, inadempimenti non est adimplendum):
3. Ai fini del presente articolo, per violazione sostanziale si intende: a) un ripudio del
trattato non autorizzato dalla presente Convenzione; oppure b) la violazione di una
disposizione essenziale per il raggiungimento dell’oggetto e dello scopo del trattato
(…)
Esempio dell’UE che, negli accordi con paesi terzi, inserisce una clausola in cui il
rispetto della democrazia e dei diritti umani è una disposizione essenziale
4. I paragrafi da 1 a 3 non si applicano alle disposizioni relative alla tutela della persona
umana contenute nei trattati di carattere umanitario, in particolare quelli sui diritti
umani e di diritto internazionale umanitario
o Art. 61 Cdt (impossibilità sopravvenuta di esecuzione, ad impossibilia nemo tenetur)
1. Una parte può invocare l’impossibilità di esecuzione di un trattato come motivo di
estinzione o di recesso se questa impossibilità risulta dalla scomparsa o dalla
distruzione definitiva di un oggetto indispensabile alla esecuzione del trattato. Se
l’impossibilità è temporanea può essere invocata soltanto come motivo per
sospendere l’applicazione del trattato
Ad esempio, in un trattato tra due o più stati nella gestione di corso d’acqua che
attraversa tali stati, avviene che il corso d’acqua si prosciuga
2. L’impossibilità di esecuzione non può essere invocata da una parte (…) se tale
impossibilità deriva dalla violazione, compiuta dalla parte che l’invoca, sia di un
obbligo del trattato, sia di qualsiasi altro obbligo internazionale a danno di una
qualsiasi altra parte del trattato
o Art. 62 Cdt (mutamento fondamentale delle circostanze, rebus sic stantibus)
1. Un mutamento fondamentale delle circostanze intervenuto rispetto a quelle
esistenti al momento della conclusione di un trattato, e che non era stato previsto
dalle parti, non può essere invocato come motivo di estinzione o di recesso, a meno
che: a) l’esistenza di tali circostanze non abbia costituito una base essenziale del
consenso delle parti a vincolarsi al trattato; e che b) tale mutamento non abbia per
effetto di trasformare radicalmente la portata degli obblighi che rimangono da
adempiere in base al trattato
2. Un mutamento fondamentale delle circostanze non può essere invocato come
motivo di estinzione o di recesso (…) se il cambiamento fondamentale deriva dalla
violazione, ad opera della parte che l’invoca, sia di un obbligo in base al trattato, sia
di qualsiasi altro obbligo internazionale nei confronti di qualsiasi altra parte del
trattato.
Esempio dell’ONU: la Carta non preveda norma riguardo al recesso e, quindi, ci si è
chiesti se uno Stato potesse recidere dalle Nazioni Unite --> si sostiene che ciò può
avvenire se lo Stato fa valere un mutamento fondamentale delle circostanze.
È il caso di Trump anche con l’OMS e la Cina, ma che non aveva nulla a che vedere
con i principi per cui l’OMS è nata

Sia l’art. 53 che il 64 riguardano il contrasto tra il trattato e una norma di jus cogens, ma nell’art.
53 opera come cause di invalidità, mentre nel 54 come causa di estinzione

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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N.B.: il contrasto con una norma sopravvenuta di jus cogens è sempre causa di estinzione
dell’intero trattato; le altre cause di estinzione provocano l’estinzione del trattato solo se questo è
un trattato bilaterale, mentre, nel caso di un trattato multilaterale, esse possono essere invocate,
a seconda dei casi, come cause di estinzione del trattato, oppure cause di recesso di una parte,
lasciando impregiudicata l’applicazione del trattato tra le parti contraenti

QUESTIONI PROCEDURALI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE E DEL DIRITTO INTERNO DEGLI STATI
1) La convenzione di Viena dedicata gli articoli d 65 e 68 a disciplinare la procedura da seguire
per far valere una causa di invalidità o di estinzione da parte di uno Stato. Quest’ultimo
deve notificare per iscritto, la sua pretesa a tutti gli Stati contraenti del trattato. Gli Stati
hanno un termine di 3 mesi che, se trascorso senza alcuna obiezione, lo Stato in questione
può recedere immediatamente del trattato. Qualora gli Stati presentino obiezioni, le parti
contraenti del trattato devono risolvere la questione entro 12 mesi che, se trascorsi senza
alcuna soluzione, diventa possibile attivare una procedura di conciliazione che fa capo al
Segretario Generale delle Nazioni Unite --> egli, al limite, può suggerire come risolvere la
controversia, ma senza imporla agli altri Stati. L’unico caso in cui ci si può riferire alla Corte
Internazionale di Giustizia è quello in cui la controversia riguardi quelle cause di invalidità o
estinzione relative allo jus cogens, articoli 53 e 64.

Questa procedura ha solo carattere residuale, ovvero solo se il trattato in questione non
preveda in alcun modo disposizione per disciplinare una causa di invalidità o di estinzione

2) In secondo luogo, quale organo interno ad ogni stato è competente a presentare e far
valere una causa di invalidità o estinzione? In termini generali, si può presupporre
l’esecutivo, ma in Italia si pone il problema di quei trattati previsti dall’art. 80 la cui ratifica
dipende da una previa autorizzazione del Parlamento.
Caso Brexit: è molto interessante perché il governo voleva procedere autonomamente
senza coinvolgere il Parlamento, ma la questione è stata portata in sede giudiziaria --> ne è
emerso che in quel caso, data l’importanza della partecipazione degli UK all’UE e
all’incidenza che ciò aveva sui diritti individuali, il governo non avrebbe potuto procedere da
solo senza il Parlamento. Successivamente quest’ultimo ha autorizzato mediante legge di
autorizzazione il governo a notificare la causa di recesso.
Caso Italia: per il momento il governo può agire autonomamente anche nei trattati previsti
dall’art. 80, ma la dottrina considera molto importante e rilevante che l’esecutivo coinvolga
e ottenga un certo assenso da parte del Parlamento

29/11

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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SUCCESSIONE DEGLI STATI NEI TRATTATI

All’art. 73 la Cdt dice che “le disposizioni della presente convenzione non pregiudicano alcuna
questione che si ponga a proposito di un trattato per il fatto di una successione di stato o in
ragione della responsabilità internazionale di uno Stato o dello scoppio di ostilità fra Stati”
--> la Convenzione di Vienna si esclude dall’occuparsi di questi profili, che sono però ricollegabili
coi trattati

Gli effetti della guerra sui trattati


Occorre distinguere fra:
 Trattati applicabili proprio sul presupposto dell’esistenza di uno stato di guerra o conflitto
armato (detti trattati di diritto internazionale umanitario)
 Trattati compatibili con lo stato di guerra, che sono sospesi durante le ostilità, ma riprendono
vigore dopo la cessazione di queste (p. es. trattati di natura commerciale)
 Trattati incompatibili con lo stato di guerra, che invece si estinguono con lo scoppio delle
ostilità (es. trattati di alleanza)

--> in sostanza, si tratta di un caso specifico di applicazione del principio rebus sic stantibus

LA SUCCESSONE DEGLI STATI NEI TRATTATI: IL PROBLEMA E LE FONTI RILEVANTI


Quando uno stato subentra ad un altro nel governo di un territorio (o comunque una comunità
territoriale), è vincolato dai trattati conclusi nel predecessore?

Le fonti rilevanti:
o Norme consuetudinarie
o Convenzione di Vienna del 1978 sulla successione degli Stati nei trattati, in vigore dal 1996
ma ad oggi soltanto per 23 Stati che l’hanno ratificata --> successo ben inferiore rispetto alla
convenzione del 76 --> testimonia che alcune disposizioni della Convenzione di Vienna
mirano allo sviluppo progressivo e non alla codificazione dl diritto internazionale
consuetudinario

Le situazioni nelle quali uno stato subentra ad un altro


Si possono individuare cinque diverse situazioni nelle quali uno Stato subentra ad un altro nel
governo di un territorio:
 Distacco/secessione di una parte del territorio di uno Stato --> nascita dell’Irlanda per
distacco dal Regno Unito del 1922, oppure del Kosovo dalla Repubblica serba.
 Smembramento di uno Stato; uno stato cessa di esistere e in quel territorio vengono a
formarsi due o più stati. Es.: Unione Sovietica, Repubblica Ceca, Impero austroungarico,
Jugoslavia.
Nel caso del distacco, si mantiene uno Stato con la medesima organizzazione di governo e
che si pone come continuità. Invece, nello smembramento, nessuno Stato mantiene una
continuità con la forma di governo dello Stato precedente
 Incorporazione di uno Stato in un altro Stato, ad esempio il Regno di Italia può essere visto
come incorporazione di più Stati --> avviene coinvolgendo due Stati, uno incorporante e
l’altro incorporato, dove quello incorporato mantiene la medesima forma di governo
precedente (tratto distintivo dalla fusione)
 Fusione tra Stati --> due o più Stati esistenti si estinguono e sul territorio viene a nascere un
nuovo Stato con un’organizzazione di governo
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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 (secondo alcuni, come Conforti) mutamento radicale di governo --> esempio dell’unione
Sovietica, dal regime zarista. Conforti si basa sulla base sul concetto dello Stato, come
soggetto internazionale, si identifica nel suo apparato di governo. Viceversa, chi appoggia la
dimensione tridimensionalità dello Stato, considera un mutamento radicale di governo
come un normale processo, ma non un cambiamento di uno Stato

N.B.: viene chiesto di individuare degli esempi per ciascuna di queste situazioni!!!!!!!

Le regole consuetudinarie in materia


Trattati localizzabili (che riguardano, cioè, l’uso di determinate parti del territorio): vale, in
principio, la regola della continuità, con la sola eccezione – riconducibile al principio rebus sic
stantibus - dei trattati aventi natura politica, ovvero strettamente legati al regime politico
preesistente, come per le installazioni in ambito militare (fortemente correlati ad uno Stato)
Esempi: uno stato che cede in prestito una parte del suo territorio ad un altro oppure la gestione
di un corso d’acqua che attraverso due o più stati oppure la costruzione sul confine di due o più
Stati di infrastrutture atte a progetti comuni (come dighe, ponti…) --> è il caso di Ungheria e Ceco
Slovacchia, trattato però ratificato dalla Slovacchia (prima della repubblica)

Trattati non localizzabili: vale, in principio, la regola della tabula rasa (ma la Convenzione di Vienna
del 1978 fa valere tale regola solo nel caso degli Stati sorti dal processo di decolonizzazione,
mentre in tutti gli altri casi prevede la regola della continuità)
Vediamo alcuni esempi:
1) ipotesi di distacco di una parte del territorio di uno Stato che entra a far parte di un altro
Stato (caso Crimea, da Ucraina e Unione Sovietica): in questo cessano di essere validi, nel
territorio della Crimea, i trattati non localizzabili conclusi dall’Ucraina e cominciano ad
essere validi quelli conclusi dalla Russia
2) nel caso di distacco e formazione di un nuovo Stato, lo Stato nascente è libero da
qualunque vincolo pattizio --> questo significa che lo Stato potrà aderire a trattati oppure
può aderire una notifica di successione dei trattati a cui era precedentemente vincolata
quando era parte dello Stato precedente. L’adesione ha effetto ex nunc (dal momento in cui
viene effettuata), mentre la notifica di successione ha effetto ex tunc (dal momento in cui il
nuovo stato è nato --> effetti retroattivi)
3) nel caso di un accordo come la Carta delle Nazioni Unite non è possibile una semplice
adesione del nuovo Stato intesa come manifestazione unilaterale del nuovo Stato; infatti,
non si parla di adesione, ma di ammissione di un nuovo membro nell’ONU. Seguendo
questa impostazione, durante lo smembramento dell0Unione Sovietica, anche la Russia,
come Stato nuovo, avrebbe dovuto presentare domanda di ammissione alle nazioni Unite --
> in realtà, è stato consentito alla Russia di subentrare immediatamente senza fare
richiesta: le ragioni politiche sono prevalse su quelle giuridiche!!!
4) Nell’ipotesi di incorporazione del territorio di uno Stato in un altro Stato, già esistente:
esempio della Germania dell’Est, dalla Repubblica Democratica tedesca alla Repubblica
Federale tedesca (cessano i trattati concluso dalla prima ed entrano in vigore quelli conclusi
dalla seconda)
5) Ipotesi del mutamento radicale di governo: la prassi prevalente sembra confermare
quell’impostazione che non la considera una successione di Stati --> si ha, quindi, una
continuità nei trattati (localizzabili e non localizzabili) come se la ‘persona dello Stato’ non
fosse mutata. Ovviamente ad eccezione dei trattati di natura politica (rebus sic stantibus)

Discorso riguardo ai trattati in materia di diritti umani

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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Il comitato per le Nazioni Unite dei diritti umani, organo di controllo sui Patti dei Diritti Civili e
Politici, in un suo atto denominato General Comment, ha sostenuto la tesi secondo la quale i
trattati sui diritti umani vanno considerati come trattati localizzabili --> per cui dovrebbe valere la
regola della continuità, e non della tabula rasa.
Questa logica sta nel fatto che, così come i trattati localizzabili gravano su uno specifico territorio, i
trattati sui diritti umani gravano su delle persone e un mutamento dell’apparato di governo che
governa quelle persone, non dovrebbe determinare il venir meno degli obblighi stipulati dallo
Stato predecessore su quelle persone.
Tale tesi, seppur supportata da differenti organi e organizzazioni, non sembra essere rispettata
dalla maggior parte degli Stati

Debiti di stato e il tema dell’applicazione del diritto 


Quando si parla di debiti di uno stato, occorre tener presente che questi debiti possono
essere contratti da uno stato in base al proprio diritto interno o in base al diritto internazionale.
Per esempio, quando uno stato emette delle obbligazioni, queste possono essere sottoscritte da
privati o persino stati stranieri, ma il diritto che disciplina l’emissione di tali obbligazioni è quello
interno. Poi, ci sono debiti che uno stato può contrarre con organizzazioni internazionali sulla base
di un accordo --> debiti contratti a livello internazionale, e quindi sono disciplinati dal diritto
internazionale.  
Dobbiamo distinguere tra debiti localizzabili, contratto ad esempio per delle opere pubbliche in un
determinato territorio, e debiti non localizzabili, per cui vale la regola della tabula rasa à la prassi
più recente ci dice che, nonostante ciò, i nuovi stati che nascono da questi processi intendono
accollarsi pro quota i debiti preesistenti --> Cecoslovacchia = Rep. Ceca e Slovacchia si sono divise il
debito in proporzione alla popolazione dei due nuovi stati

13/12
FORMAZIONE DEI TRATTATI 
Vi è anche la competenza delle regioni a stipulare accordi internazionali. 
1. Sentenza della Corte costituzionale del 1975 che negava drasticamente la possibilità delle
regioni di concludere accordi internazionali con stati o enti territoriali stranieri;  
2. La stessa corte ha mutato orientamento in una sentenza del 1987, ammettendo che le
regioni possano concludere accordi internazionali ad una serie di condizioni: 
 Di avere previamente ottenuto l’assenso del governo 
 Che riguardino materie di competenza regionale 
 Che non si tratti di accordi rientranti nelle materie previste dall’articolo 80, che
richiedono l’autorizzazione alla ratifica del parlamento, e successivamente dal
presidente della Repubblica.    
 
La l. Cost. n 3/2001 ha modificato il titolo V della parte II della costituzione, nella quale rientra una
previsione rilevante in tale argomento all’ultimo comma dell’articolo 117 à “nelle materie di sua
competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad
altri Stati, nei casi e con le forme disciplinate dallo Stato”. Agiscono come plenipotenziari, come
organi statali, tanto è vero che questi accordi, una volta conclusi dalle regioni, impegnano la
responsabilità dello Stato. Quindi, possono concludere accordi con altri stati, ma solamente
avendo ottenuto l’accordo del governo, ed impegnano la responsabilità dello stato di
appartenenza --> se la regione viola l’accordo, ne consegue la responsabilità dello stato, vero
soggetto di diritto internazionale. Non possono agire in maniera del tutto autonoma, lo possono
fare in quanto organi dello stato, impegnando la responsabilità di esso.  
Questo discorso vale nell’ambito degli accordi, il riferimento con intese stipulate con enti
territoriali di altri stati, invece, è da intendere con riferimento ad intese che non hanno una vera e

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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propria valenza giuridica --> impegni di collaborazione e di programmi di natura meramente
politica.  
 
Fonti di terzo grado 
Le fonti previste d’accordo --> fonti essenzialmente coincidenti con gli atti vincolanti delle
organizzazioni internazionali. Gli accordi, cioè fonti di secondo grado, contengono regole formali o
strumentali, che disciplinano la modalità di produzione di ulteriori norme, previste dall’accordo e
quindi di terzo grado.  
I trattati istitutivi delle organizzazioni internazionali, attraverso determinati articoli,  attribuiscono 
ad alcuni organi dell’organizzazione la facoltà di produrre norme (di terzo grado).   
Eccezion fatta per l’Unione europea, è molto meno frequente che gli organi delle organizzazioni
possano emettere degli atti vincolanti, ma sono spesso delle raccomandazioni, che hanno un
valore esortativo. Anche delle raccomandazioni possono essere rilevanti nella costruzione di
consuetudini internazionali, ma non sono vincolanti giuridicamente per gli stati. Solamente gli atti
giuridicamente vincolanti di un’organizzazione internazionale sono fonti del diritto internazionale
di terzo grado.  
Ad esempio, però, il consiglio di sicurezza dell’ONU può emettere delle misure sanzionatori, che
vengono adottate sulla base dell’art 41, e che sono oggetto di risoluzioni vincolanti.  
 
 
Regolamento sanitario internazionale 
 Articolo 21 della costituzione dell’OMS à questo articolo prevede che l’assemblea
mondiale della sanità, dove sono rappresentati tutti gli stati membri, possa approvare dei
regolamenti che riguardano: 
a. Le misure sanitarie e di quarantena o qualsiasi altro provvedimento, destinati ad impedire
la propagazione delle malattie da un paese all’altro; 
b. La nomenclatura delle malattie, delle cause di morte e dei metodi d’igiene pubblica; 
 
 Articolo 22 della costituzione dell’OMS à i regolamenti entrano in vigore per tutti i membri
dell’OMS tranne che per quei membri che notifichino al direttore generale
dell’organizzazione di aver rigettato il regolamento o di aver adottato delle riserve -->
sovranità degli stati viene tutelata, possono sottrarsi da questo determinato vincolo.  
 
SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE 
 Nozione di controversia internazionale = la manualistica fa riferimento ad una sentenza
della corte permanente di giustizia internazionale (organo giudiziario della Società
delle Nazioni) nel 1924 nel caso Mavrommatis, in cui la corte permanente diede una
definizione estremamente ampia della nozione di controversia: “un disaccordo su un punto
di diritto o di fatto, un contrasto, una opposizione di tesi giuridiche o di interessi tra due
soggetti”
 La fondamentale previsione normativa in relazione alle controversie internazionali è quella
che troviamo espressa nel paragrafo 3 dell’articolo 3 della carta dell’ONU: “i membri
devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici”, viene rifiutato
l’utilizzo della violenza, come nell’articolo 4 della carta dell’ONU, che prevede il divieto
dell’uso della forza.  
 
Esistono due tipologie di mezzi per la soluzione pacifica delle controversie internazionali: 
 Mezzi diplomatici, che sono volti a favorire il raggiungimento di un accordo tra le parti
della controversia --> il fine ultimo è quello di risolvere la controversia tramite un accordo
tra le parti, i mezzi diplomatici non hanno carattere vincolante; 

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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 Mezzi giurisdizionali, che sono invece finalizzati ad accertare il diritto, a stabilire chi ha
torto e chi ha ragione --> danno luogo a sentenze o arbitrarie che hanno carattere
vincolante.  
 
L’articolo 33, paragrafo 1 della carta dell’ONU, capitolo VI --> “Le parti di una controversia, la cui
continuazione sia suscettibile di mettere in pericolo il mantenimento della pace e della sicurezza
internazionale, devono, anzitutto, perseguirne una soluzione mediante negoziati, inchiesta,
mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad organizzazioni od accordi
regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta” --> è un elenco aperto e poco esaustivo.  
 
I mezzi diplomatici di soluzione delle controversie 
1. Negoziato diretto tra le parti della controversia, sono uno strumento al quale gli stati
possono fare ricorso per molti e differenti fini --> ad esempio, è il primo passo per gli
accordi internazionali 
2. Buoni uffici e mediazione, che si caratterizzano per l’intervento di un terzo al fine di
agevolare i negoziati tra le parti. I buoni uffici sono quelli in cui il terzo sollecita e invita le
parti a procedere a negoziati, nell’ipotesi della mediazione il terzo partecipa attivamente
nella negoziazione dei trattati. Il terzo può essere uno stato, un organo supremo di uno
stato, la Santa sede o il segretario generale delle Nazioni Unite, in virtù dell’autorevolezza
che gli conferisce il suo ruolo nell’ONU.  
3. Inchiesta e conciliazione, in genere affidate a delle commissioni ad hoc, con il fine
rispettivamente dell’accertamento dei fatti (inchiesta) e di proporre una soluzione della
controversia (conciliazione). 
 
Nessuno di questi mezzi ha carattere vincolante: la soluzione della controversia, nel caso si ricorra
ai mezzi diplomatici, dipende sempre, in ultima analisi, della volontà delle parti.   
 
 
La funzione conciliativa del Consiglio di sicurezza ai sensi del capitolo VI della Carta 
Funzione conciliativa in senso ampio --> funzione volta a risolvere le controversie attraverso mezzi
diplomatici. Il capitolo VI della Carta è dedicato alla soluzione pacifica delle controversie, seguito
dal capitolo VII della Carta che prevede i poteri più significativi del consiglio di sicurezza (art 41).  
Il consiglio di sicurezza può: 
1. Rivolgere alle parti un invito generico a risolvere la controversia in modo pacifico; 
2. Raccomandare lo specifico procedimento che ritiene adeguato alla soluzione della
controversia; 
3. Raccomandare i cosiddetti termini di regolamento, ossia proporre alle parti come risolvere
nel merito la loro controversia.  
Sono poteri che si traducono in atti non vincolanti, il consiglio di sicurezza può solo esortare le
parti a risolvere la controversia, ma non può imporre tale risoluzione.  
La funzione conciliativa, nel sistema ONU, non è esclusiva del consiglio di sicurezza, ma è
esercitata anche dall’Assemblea generale e dal Segretario generale. Inoltre, la Carta prevede che
una tale funzione sia svolta anche da organizzazioni o accordi regionali (es: OSCE).  
 

15/12 
FUNZIONE GIURISDIZIONALE INTERNAZIONALE  

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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Quello che la caratterizza è la natura arbitrale, ossia un giudice internazionale può giudicare in
merito ad una controversia fra stati solo se la giurisdizione sia stata previamente accettata
da tutti gli stati parti di una controversia. La comunità internazionale, infatti, è composta da enti
sovrani.  
Evoluzione della funzione giurisdizionale internazionale: 
 Arbitrato isolato --> necessità di un compromesso arbitratale: significa che in epoca
classica, fino alla fine dell’800, laddove sorgesse una controversia fra due stati, perché si
arrivasse ad una soluzione di carattere giurisdizionale, era necessario che i due stati
stipulassero un compromesso arbitrale, cioè un accordo con il quale nominavano un
arbitro o un collegio arbitrale, riconoscendo la sua competenza a giudicare, e accettandone
la pronuncia vincolante. Pronuncia la quale si riferisce ad un lodo arbitrale, è vincolante
perché le parti si sono esposte a giudicarla come tale; 
 Clausola compromissoria e trattato generale di arbitrato non completo: obbligo
de contrahendo. Tipico della fine dell’800 e dell’inizio del ‘900, la clausola compromissoria
è prevista all’interno di un trattato che regola una determinata materia, e nella clausola
compromissoria non completa le parti del trattato in questione si impegnano a non
sottoporre in arbitrato qualunque controversia che dovesse sorgere fra loro in
merito all’interpretazione o all’applicazione di esso. La clausola non è completa perché le
parti non individuano l’arbitro, assumono l’impegno di sottoporre la controversia ad
arbitro terzo. Il trattato generale di arbitrato non è completo, ha valenza generale, e ha
come oggetto l’obbligo delle parti di impegnarsi a sottoporre ad arbitrato qualunque
controversia dovesse nascere in futuro fra loro; 
 Clausola compromissoria e trattato generale di arbitrato completi: evoluzione verso
forme di regolazione giudiziale delle controversie.  

Esempio 1: Convenzione sul genocidio (1948), articolo 9: “le controversie fra le parti contraenti,


relative all’interpretazione, all’applicazione o all’esecuzione della presente convenzione saranno
sottoposte alla corte internazionale di giustizia, su richiesta di una delle parti” à si individua già
l’organo adibito a giudicare la controversia. Entrambi gli stati hanno stipulato l’accordo e la
clausola compromissoria completa, quindi la sentenza sarà vincolante. La funzione del
compromesso arbitrale è già svolta dalla clausola compromissoria completa, che individua il
giudice competente a giudicare la controversia.  
Esempio 2 à Articolo 1 della convenzione europea per la risoluzione pacifica elle controversie
(1957): “Le Alte parti contraenti sottoporranno al giudizio della corte internazionale di giustizia
tutte le controversie giuridiche internazionali che sorgeranno tra loro”.   
Esempio 3: l’articolo 36 paragrafo 2 dello statuto della CIG, relativo alla possibilità per gli stati di
depositare una dichiarazione di accettazione della giurisdizione della CIG (statuto su blackboard). 
“Gli stati aderenti al presente statuto possono in ogni momento dichiarare di riconoscere, presso il
segretario generale dell’ONU, come obbligatoria ipso facto, nei rapporti con qualsiasi altro stato
che accetti la medesima obbligazione, la giurisdizione della corte su tutte le
controversie internazionali”. à Svolge più o meno le stesse funzioni del trattato generale di
arbitrato completo.  
 
Parallelamente a questa evoluzione, occorre tenere conto della progressiva istituzionalizzazione
della funzione giurisdizionale internazionale, la più importante istituzione è la corte internazionale
giurisdizionale, tipicamente l’organo giudiziario richiamato nelle clausole compromissorie
complete e sui trattati generali di arbitrato completi.  
Le regole di procedura sono previste nello statuto della CIG, ed essendo tali sono inderogabili;
mentre nell’arbitrato vero e proprio le parti individuano l’organo e possono definire le regole di
procedure. Nel caso del regolamento giudiziale si fa riferimento a organi già esistenti à maggiore
istituzionalizzazione, si seguono le regole stabilite da tale organo istituzionalizzato.  
APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE
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Negli ultimi decenni si ha assistito a sempre maggiori tribunali internazionali settoriali o regionali,
ad esempio la corte di giustizia dell’UE, oppure il tribunale internazionale per il diritto del mare o
la corte europea per i diritti dell’uomo --> queste corti sono previste per trattare di una
determinata giurisprudenza. 
  
LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA 
 Giurisdizione in materia contenziosa --> soluzione di controversie tra stati (art 34 dello
statuto CIG: “solo gli stati possono essere parti nei processi davanti alla
corte”) à emanazione di sentenze, che hanno carattere vincolante. Una persona non può
citare in giudizio uno stato; 
 Giurisdizione in materia consultiva --> emanazione di pareri consultivi, che non hanno
carattere vincolante, su richiesta dell’Assemblea Generale, del Consiglio di Sicurezza
oppure di altri organi delle NU o di istituzioni specializzate che siano a ciò autorizzati
dall’Assemblea generale (art 96 della carta di San Francisco, cioè dell’ONU). Possono
entrare in gioco nel caso della formazione di norme consuetudinarie --> esempio della
convenzione sul genocidio

APPUNTI DIRITTO INTERNAZIONALE


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