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MODULO GIURIDICO

UNISTRASI, prof paladini (anno 2020-2021)

lezioni sbobinate + riassunto slides + trascrittura video dai link + articoli e paragrafi del libro

1 La Comunità internazionale e le organizzazioni internazionali, tra cui l’Unione europea


1-2-3-4
Lezione 2 Le origini e lo sviluppo dell’integrazione europea
1/2 3/4 5/6
Lezione 3 Caratteristiche generali dell’Unione europea e sue competenze
1/2 3/4 5/6 ⅞ 9
Lezione 4 Il quadro istituzionale dell’UE
1 2/3 4/5 6/7 8/9 10/11 12/13 14/15
Lez 5 L’ordinamento giuridico dell’UE e le sue fonti
1/2 3/4 5/6 7/8 9
Lez 6 Caratteri ed effetti del diritto dell’UE
1 ⅔ 4/5 6/7
Lez 7 Il sistema giurisdizionale dell’UE: le competenze della Corte di giustizia
1/2 3/4 5/6
Lez 8 L’azione esterna dell’Unione europea
1/2 3/4 5/6
Lez 9 I rapporti tra l’ordinamento dell’UE e l’ordinamento giuridico italiano
½ 3/4 5/6
Lez 10 Lo Ius migrandi dell’UE: le fonti
1
Lez 11 segue: il controllo delle frontiere
1 2-3 4-5
Lez 12 segue: la protezione internazionale
1-2 3-4 5-6 7-8 9-10 11-12
Lez 13 segue: gli stranieri regolarmente soggiornanti
1-2 3-4 5
Lez 14 segue: gli stranieri in condizione di soggiorno irregolare
1-2 3-4
lez 15 segue: la dimensione esterna della politica migratoria dell'UE (ultima lezione del corso)
1
LEZ 1 (unione dei video e dei pdf in lingua inglese) prefazione in inglese
Parere sulla riparazione dei danni subiti al servizio delle Nazioni Unite, 11 aprile 1949
● competence to bring an international claim is the presentation and the settlement of claims.
● methods such as: protest, enquiry, negotiation, submission to arbitral tribunal
● state: it can bring an international claim against another state, which takes the form of a
claim between two political entities, equal in law, similar in form, and both the direct subjects
of international law.
● means of negotiation that cannot be submitted to a tribunal, except with the consent of the
states concerned
when the organization brings a claim against one of its members, this claim will be presented in
the same manner and regulated with the same procedure.
The court must first enquire whether the charter has given the organization such a position that it
possesses, in regard to its member.
The subject of law in any legal system is not necessarily identical in their nature or in the eastend
of their rights, as through history the development of international law has been influenced by the
requirement of international life.
In june 1945 an international organization whose purposes and principles are specified in the
charter of the international united nation.

● il diritto
è diviso per tipo
-interno: dato dallo stato, i giudici, la società (composta da individui) e la polizia
-internazionale: società, una comunità internazionale composta da coloro che popolano (gli stati,
gli insorti, le organizzazioni internazionali, altre entità)

La società internazionale è:
1) una società naturale, composta da soggetti di diritto internazionale
2) priva di struttura politico-istituzionale: parità tra soggetti di diritto internazionale (non c’è
alcun ente superiore)
3) ha le proprie regole da soggetti di diritto internazionale
e si fonda sul principio di effettività
effettività come soggettività degli insorti e delle organizzazioni internazionali, le quali si sono
affermate post II guerra mondiale. Sono degli enti creati prevalentemente da stati al fine di
realizzare forme di cooperazione o gestire interessi comuni dotati di personalità giuridica
internazionale.

● enti
autonomi, con propri obiettivi e capacità di azione (principio di specialità)

● cig
parere sulla liceità dell’uso delle armi nucleari.
1996 “sogg. di diritto dotati di una certa autonoma, ai quali gli stati membri attribuiscono il compito
di perseguire interessi comuni”

● istituzione: trattato
dotato di organi propri (triplazione di base)
-organo assembleare
-organo esecutivo
-segretariato
-altri organi
a) pluralità membri (minimo 2, abbiamo il benelux con 3 membri)
b) parità ed uguaglianza (no gerarchia)
c) stabilità e permanenza nel tempo

● soggettività internazionale di organizzazioni internazionali


divisa in:
1) elemento soggettivo
2) elemento oggettivo
-non è piena come quella degli stati,
è funzionale, utile ad esercitare i compiti loro attribuiti dal trattato istitutivo
- trae fondamento anche dal trattato istitutivo (:norma)
1) elemento soggettivo
collegato al trattato istitutivo, alla volontà dei soggetti fondatori (norma sulla soggettività)
nel trattato si verificano: competenze, obiettivi e struttura, che consentono all’organizzazione di
operare autonomamente sulla scena internazionale.
2) elemento oggettivo
collegato alla realtà (prassi), deve trovare espressione in manifestazioni concrete:
-esercizio di treaty making power
-diritto di legazione
-invio corpi di truppa all’esterno (peace keeping)
- amministrazione internazionale dei territori (eu)
Elemento soggettivo
elemento collegato al trattato istitutivo, quindi alla volontà dei soggetti fondatori
→ si tratta di verificare, nel trattato, competenze, obiettivi e struttura che consentano
all’organizzazione di operare autonomamente sulla scena internazionale
→ norma sulla soggettività
Elemento oggettivo
elemento collegato alla realtà (prassi)
→ l’elemento soggettivo deve trovare espressione in manifestazioni concrete

● criteri di classificazione per materia:


-politiche: ONU
-militari: NATO
-economico-finanziarie FUL
-tecniche IMO

● comunità internazionale (diritto internazionale, non di stati)


non c’è un’attività precostituita che ha l’autorità di intervenire a mantenere la pubblica sicurezza
internazionale ad esclusione dell’uso della forza.
non vi è impostazione gerarchica come nel diritto interno.
1. la comunità internazionale è composta da coloro che la popolano, dunque i soggetti di diritto
internazionale: stati (196) governi, organizzazioni internazionali ed entità come la santa
sede.
2. priva di struttura poli costituzionale: manca la gerarchia, è una comunità pariordinata
3. è un corpus normativo che fa fronte al diritto internazionale, fissa i diritti di soggettività: nel
caso degli stati, il principio di effettività prevede che questi siano tali, se governano
effettivamente una popolazione stanziata sul territorio.
4. “regime di indipendenza formale” (in presenza di una costituzione)

● società naturale
il soggetto può farne parte se riassembla i requisiti di soggettività.
● per gli insorti: vi deve essere il controllo effettivo di una parte di governo insurrezionale
rispetto ad una quota di territorio nello stato in cui è avvenuta l’insurrezione popolare
● principio di effettività
governa la soggettività internazionale delle organizzazioni internazionali

● costituzioni internazionali
le organizzazioni internazionali risalgono a fine 800, ma si diffusero con i post II GM, nazioni unite
e la necessità di regolare le forze delle nazioni internazionali tentando di mantenere la pace.
sono enti creati dagli stati, al fine di realizzare forme di cooperazione fra i membri o al fine di gestire
interessi comuni.

Enti con personalità giuridica o soggettività internazionale


ad esempio: UE:organizzazione internazionale, NATO difensiva
-l’autonomia di un ente:
gli stati hanno una indipendenza hominibus, oggetti di diritto autonomi cui gli stati membri
attribuiscono il compito di seguire interessi comuni.

● trattato internazionale
regolato e differenziato da altri trattati.
trattato istitutivo con organi interni:
ogni organizzazione internazionale ha i propri organi e struttura interna con competenze.
RIPARTIZIONE INTERNA:
1) organo assembleare che riunisce tutti i membri dell’organizzazione internazionale
2) organo esecutivo, d’opposizione ristretta, che è nominato dall’organo assembleare. ha
poteri attuativi e meno politici.
3) vi è poi un segretariato amministrativo, con una figura di vertice (segretario generale) ed è
a capo della struttura di tipo amministrativo
pluralità dei membri
almeno 2 soggetti di diritto internazionale, membri sul piano egualitario.
il trattato ha una durata prefissata tendenzialmente, anche se ciò non usa più.

● la soggettività di enti internazionali


la soggettività non è “piena”, ma funzionale, poiché lavora in base alle competenze attribuite, può
essere utilizzata sul piano internazionale per esercitare i compiti attribuiti all’organizzazione
internazionale e il dato istitutivo che l’ha creata.
la soggettività internazionale va accertata sul piano del diritto internazionale e sulla base di due
criteri. L’organizzazione interna è un soggetto di diritto nazionale.
La presenza di una norma non è sufficiente a creare un soggetto di diritto internazionale: se viene
scritto in un trattato che l’organizzazione che si va a creare è un soggetto di diritto internazionale
noi abbiamo un elemento che può aiutare a ricavare la soggettività internazionale, ma quella
norma non crea un soggetto di diritto internazionale di per sé.
onu: oggetto di diritto internazionale

classificazione delle organizzazioni internazionali


si dividono in base alla membership (dalle più minute, regionali, alle internazionali)
e alla materia per la quale sono divisibili per tipologia:
-tecniche (ICAO, traffico aereo di tipo civile,IMO, navigazione aerea ,IAEA, ener. atomica)
-politiche (onu)
-militari (nato)
-economico finanziarie (wt, fmi)
Le organizzazioni dunque sono divise per tipo
universale (157 stati membri, WTO)

1. Membership ONU: 193


2. Membership ILO: 187
3. Membership WTO: 157

e per tipo regionale (es. unione africana di 54 stati membri, la NATO di 30)
REGIONALE

1. Membership UA: 54
2. Membership OSA: 35
3. Membership UE: 27
4. Membership NATO: 30
5. Membership Mercosur (Mercado Comùn del Sur): 10

*Asean (Association of South-East Asian Nations): Myanmar, Thailand, Cambodia, Singapore,


Indonesia, Laos, Vietnam, Malaysia, Philippines, Brunei Darussalam

● gli osservatori, espressi in blu, candidati , sono coloro che collaborano e supportano: non
possono esercitare alcun diritto di espressione di voto.
● See: spazio economico europeo, raggruppa l’ue e gli stati che pur non facendo parte dell’ue
presentano livelli di collaborazione con l’unione tali da far sì che quelle regole dell’ue si
applichino anche in quei paesi

LEZ 2 LE ORIGINI E LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA


STORIA D’EUROPA: 50 ANNI DI STRETTA AMICIZIA

Il trattato dell’Eliseo avrà anche avuto conseguenze che i suoi fautori non avevano previsto, ma si
è dimostrato essere una grande forza motrice per il processo di integrazione europeo. Il 22 gennaio
1963 il Trattato dell’Eliseo sigilla l’amicizia franco-tedesca.

Il tocco finale: le firme di Charles de Gaulle e Konrad Adenauer. Termina così un periodo durato
circa 100 anni e caratterizzato da tre guerre sanguinose tra Francia e Germania. Un periodo di
disprezzo e pregiudizi reciproci. Rispetto all'obiettivo ambizioso, il Trattato sembra molto
asciutto. Consiste in un elenco prestabilito di incontri a intervalli regolari tra i rappresentanti di
entrambi i governi, le autorità amministrative e militari. Il giovane Hans-Gert Pöttering fu influenzato
molto dalla politica di Adenauer.L'obiettivo principale era la pace duratura tra Francia e Germania. Il
Trattato dell'Eliseo del gennaio 1963 ne fu la conseguenza politica e giuridica. Il fatto che ciò che
era iniziato nel 1950 fu messo nero su bianco in un trattato, diventando finalmente realtà, è un
passo importante, una pietra miliare. Ma il processo non iniziò con il Trattato, ma già agli inizi degli
anni '50 con le proposte di Robert Schuman, poi riprese da Konrad Adenauer. Il politologo franco-
tedesco, Alfred Grosser, fu tra gli intellettuali che prepararono il Trattato dell'Eliseo. Si elogia molto
il Trattato, pur non essendo granché europeo. Il Generale de Gaulle non voleva un trattato
europeo. Le spinte in direzione europea sono opera di Konrad Adenauer. Ma non penso che oggi
questo trattato vada celebrato a livello europeo. Il Trattato dell'Eliseo trova spiegazione nella storia
personale dei suoi protagonisti. De Gaulle parlava tedesco perché era stato a Saint-Cyr, in cui
veniva insegnata la lingua del nemico. Adenauer ammirava profondamente de Gaulle, ben felice
di ricevere ammirazione da una figura così importante. De Gaulle aveva in serbo piani geopolitici
più ambiziosi. Il Generale de Gaulle puntava a guidare una sorta di alleanza europeaper prendere
le distanze dagli Stati Uniti. È corretto. De Gaulle ha impedito ben due volte i negoziati di accesso
del Regno Unito e auspicava una certa indipendenza dagli Stati Uniti. Sognava un ruolo di guida
della Francia in Europa e questo ha avuto un ruolo fondamentale nel processo e nel Trattato
dell'Eliseo. La strada era già stata spianata. La Dichiarazione di Schuman del maggio
1950... aveva aperto la strada a un destino comune per i due nemici storici. Un anno dopo, il trattato
della CECA, unì gli interessi economici di due paesi. Il Trattato dell'Eliseo rappresenta davvero un
passo avanti poiché istituzionalizzò il coordinamento politico e i rapporti tra Francia e Germania. Il
22 gennaio 2013 i capi di Stato dei due paesi si incontrano per l'80' volta. Alla luce della crisi,
l'agenda è più sobria rispetto agli incontri precedenti. Ma grazie ai ritmi serrati stabiliti dal Trattato
dell'Eliseo 50 anni fa, il partenariato franco-tedesco continuerà a progredire.

IL SESSANTESIMO ANNIVERSARIO DEI TRATTATI DI ROMA

È importante ricordare le nostre origini. Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, i trattati
di Roma costituirono un accordo fondamentale tra sei paesi che accomunavano i loro destini
attraverso la Comunità economica europea. In occasione del sessantesimo anniversario della
firma, vediamo come i trattati hanno posto le basi per l’Europa e i risultati ottenuti, che il PE difende.

Alla fine della seconda guerra mondiale l'Europa era in rovina e le infrastrutture produttive di molti
paesi erano distrutte. Da queste rovine, però, emerse un nuovo progetto di
collaborazione. Sottoscritti nel 1957, i trattati di Roma erano destinati a diventare la base della
ricostruzione dell'Europa. Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo, ribadisce il ruolo
chiave dei trattati nel creare l'Europa che conosciamo oggi. Questa Europa è il risultato di 60 anni
di pace, di 60 anni di libertà. I giovani non ricordano le sofferenze che le due guerre mondiali hanno
inflitto alle famiglie europee. Il nostro è un risultato straordinario, e dobbiamo difenderlo. Dobbiamo
avanzare nel nostro cammino perché la libertà è una conquista che va difesa giorno per giorno. Nel
lontano 1951, sei paesi costituivano la Comunità europea del carbone e dell'acciaio per rilanciare
la ripresa economica e contribuire a una pace duratura creando un mercato comune per i prodotti
strategici in tempo di guerra. Fortemente voluto dal ministro degli esteri francese, Robert
Schuman, il trattato CECA fu siglato a Parigi da Francia, Germania dell'Ovest,
Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi e Italia. Una ventata di cambiamento investì
l'Europa. L'integrazione europea non si sarebbe realizzata subito, né in un'unica forma. Si sarebbe
fatta attraverso realizzazioni concrete che stabilirono innanzitutto legami di solidarietà. Il passo
decisivo verso l'integrazione europea fu intrapreso a 12 anni dalla fine della Seconda guerra
mondiale: il 25 marzo 1957 i rappresentanti degli stessi sei paesi si riunirono a Roma per
sottoscrivere i trattati di costituzione della Comunità economica europea, il fondamento giuridico
della futura Unione europea. Con i trattati di Roma i firmatari si impegnavano ad abolire
gradualmente i dazi doganali all'interno di questo mercato comune allo scopo di stimolare il libero
commercio fra di essi; inoltre, stabilivano un sistema unico di dazi sulle importazioni per i beni
immessi nel mercato comune dall'esterno. Grazie al libero movimento di beni, persone, capitali e
servizi il mercato comune determinava un forte aumento delle interazioni commerciali, creando
almeno 2,75 milioni di nuovi posti di lavoro tra il 1992 e il 2006. Alla base della rinascita economica
dell'Europa degli anni '60 e '70, c'è la politica agricola comune, che assegnava un'ampia quota del
bilancio CEE all'eradicazione delle carestie e alla promozione della crescita economica. I trattati di
Roma introducevano anche programmi di sostegno specifici per le regioni più povere, per
difenderle dall'impatto negativo della nuova concorrenza, e ponevano le basi per un'Europa attenta
ai temi sociali, ad esempio, affrontando la parità retributiva tra donne e uomini. Il notevole successo
del mercato comune spinse altri paesi a richiedere l'adesione. Nei 60 anni trascorsi dalla firma dei
trattati di Roma, siamo passati da 6 a 28 paesi, e da 180 a oltre 500 milioni di cittadini. Nel 1992,
con il trattato di Maastricht, la Comunità economica europea fu sostituita dall'Unione europea, e fu
definito in modo più specifico l'ambito delle quattro libertà. Lo spazio Schengen ha rimosso i confini
interni, perfezionando la libertà di movimento delle persone e dei beni. Nel 2002, dopo un lungo
processo di integrazione economica, è stato introdotto l'euro come moneta comune. Più di recente,
l'Unione ha assunto nuove responsabilità nel campo della politica estera e di sicurezza. Oggi, dopo
60 anni di pace, l'Europa affronta nuove sfide come quelle poste dalla globalizzazione e dalle
turbolenze finanziarie. L'Europa non ha ancora tutte le risposte, ma si spera che questo
anniversario offra l'opportunità di rinnovare l'ottimismo dei padri fondatori dell'Europa moderna. Noi
siamo molto più di un mercato o di una moneta. E proprio da qui dobbiamo ripartire. L'anniversario
della firma dei trattati di Roma deve essere l'occasione per riavvicinare l'Europa ai
cittadini. Dobbiamo dare risposte concrete su disoccupazione, soprattutto quella
giovanile, terrorismo e immigrazione. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un'Europa unita. Certo,
l'Unione va cambiata in meglio, sicuramente non indebolita.

L’UNIONE EUROPEA: 446 MILIONI DI ABITANTI, 27 PAESI

PIONIERI- alcuni degli architetti del progetto europeo: Konrad Adeneur, Simone Veil, Alcide de
Gasperi, Winston Churchill, Robert Schuman, Jean Monnet.
I SIMBOLI DELL’UE: Il motto “Uniti nella diversità”, l’inno europeo, l’euro, la bandiera europea, 9
maggio- la giornata dell’Europa.

24 LINGUE UFFICIALI

IL GRANDE ALLARGAMENTO: L’UNIONE DI EST E OVEST


1989 Cade il muro di Berlino- fine del blocco comunista. Inizia l’aiuto economico dell’UE: il
programma PHARE;

1992 Fissati i criteri per l’adesione all’UE:


● Democrazia e Stato di diritto
● Economia di mercato funzionante
● Capacità di attuare le norme europee

1998 Iniziano i negoziati formali per l’allargamento;

2002 Il vertice di Copenaghen approva un grande allargamento con l’adesione di 10 nuovi paesi;

2004 Dieci nuovi membri dell’UE: Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania,
Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia;

2007 La Bulgaria e la Romania aderiscono all’UE;

2013 La Croazia aderisce all’UE il 1°luglio;

PAESI CANDIDATI E POTENZIALI CANDIDATI

Paese Popolazione (in milioni) nel 2018


Bosnia-Erzegovina 3,5
Montenegro 0,6
Kosovo (risoluzione 1244 del Consiglio di 1,8
sicurezza dell’ONU)
Macedonia del Nord 2,1
Albania 2,9
Serbia 7,0
Turchia

I TRATTATI, BASE PER UNA COOPERAZIONE DEMOCRATICA E FONDATA SUL DIRITTO

1952 Comunità europea del carbone e dell’acciaio;

1958 Trattati di Roma:


● Comunità economica europea
● Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM)

1987 Atto unico europeo: nasce il mercato unico;

1993 Trattato sull’Unione europea- trattato di Maastricht;

1999 Trattato di Amsterdam;

2003 Trattato di Nizza;

2009 Trattato di Lisbona;

LA CARTA EUROPEA PER TUTTE LE ATTIVITÀ DELL’UE- 54 ARTICOLI IN 6 SEZIONI:

1.Dignità 2.Libertà 3.Uguaglianza 4.Solidarietà 5.Diritti dei cittadini 6.Giustizia;

LA POPOLAZIONE DELL’UE RISPETTO AL RESTO DEL MONDO:

● EU (2020): 446 milioni (Italia: 60.4 milioni)


● China (2019): 1433 milioni
● India (2019): 1366 milioni
● Giappone (2019): 127 milioni
● Russia (2019): 146 milioni
● Stati Uniti (2019): 329 milioni

L’ECONOMIA EUROPEA: 2008 NEGLI STATI UNITI INIZIA LA CRISI FINANZIARIA MONDIALE.
RISPOSTA COORDINATA DEI LEADER EUROPEI:

● Impegno nei confronti dell’euro e della stabilità finanziaria


● Nuovi strumenti per la gestione della crisi e riforme delle norme:

-Il meccanismo europeo di stabilità: fondo a sostegno dei paesi con difficoltà economiche di
carattere straordinario;

-Nuove leggi per la stabilità delle banche;

-Unione bancaria: supervisione delle banche a livello di UE e meccanismo per la liquidazione delle
banche in difficoltà;

● Migliore governante economica:


- Semestre europeo: procedura annuale per coordinare i bilanci pubblici;
- Patto Euro+, “Trattato fiscale compatto”: impegni reciproci per finanze pubbliche solide;

IL FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI STRATEGICI:

Il piano di investimenti per l'Europa, adottato nel novembre 2014, usa garanzie pubbliche per
stimolare gli investimenti privati. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici, che fa parte del
piano, ha già mobilitato investimenti per 439 miliardi di euro (ottobre 2019), superando le previsioni.
Gli investimenti del piano hanno aiutato a creare 1,1 milioni di posti di lavoro, cifra che dovrebbe
arrivare a 1,7 milioni entro il 2022. Più di un milione di piccole e medie imprese beneficeranno
dell'accesso agevolato ai finanziamenti. Il piano ha inoltre fatto crescere il prodotto interno lordo
dell'UE dello 0,6-0,9%.

LA RISPOSTA DELL’UE ALLA CRISI FINANZIARIA:

● Codice europeo: nuove norme per garantire che le banche dispongano di capitali adeguati
e di un migliore controllo dei rischi;
● Supervisione: la banca centrale europea supervisiona +/- 130 tra le banche principali. Le
autorità nazionali di vigilanza bancaria collaborano a stretto contatto;
● Risoluzione: un comitato di risoluzione unico europeo può deliberare la liquidazione di una
banca in difficoltà. Tale intervento è supportato da un fondo autofinanziato alle banche,
garantendo così che i contribuenti non debbano farsi carico dei suoi costi;

COME VIENE SPESO IL DENARO DELL’UE?

Aree finanziate dal budget dell’UE (2014-2020) in bilioni:

420: Crescita sostenibile- risorse naturali (agricoltura, sviluppo rurale, pesca, ambiente ed altro);

17.7: Sicurezza e civilizzazione (migrazione, salute, cultura, giustizia e altri);

66.3: Europa globale (sviluppo e cooperazioni internazionali, aiuto umanitario, quartieri


allargamento, strumenti di politica estera);

371.4: Coesione economica, sociale e territoriale (ricerca e innovazione, tecnologia di informazione


e comunicazioni, imprese medio-piccole, economia a basso consumo, cambio climatico e rischi,
efficienza dell’ambiente e delle risorse, trasporto ed energia, impiego, inclusione sociale,
allenamento vocale, altri);

142.1: Competitività per la crescita e lavoro (educazione, energia, industrie e piccole-medie


imprese, tecnologia e reti, ricerca e innovazione, trasporto, altri);

69.6: Amministrazione;

Il bilancio annuale dell'UE nel 2019 era di circa 165,8 miliardi di euro, una somma considerevole
in termini assoluti, ma che rappresenta solo circa l'1% della ricchezza generata dalle economie
degli Stati membri ogni anno.

CAMBIAMENTI CLIMATICI- GLI OBIETTIVI AMBIZIOSI DELL’UE: RENDERE PIÙ AMBIZIOSI


GLI OBIETTIVI IN MATERIA DI CLIMA PER IL 2030-2050:

Diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 costituisce


contemporaneamente la sfida e l'opportunità più grandi del nostro tempo. Per raggiungere questo
obiettivo, nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato il Green Deal europeo. Il
Green Deal europeo è parte integrante della strategia della Commissione per attuare l'Agenda
2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Entro marzo 2020 la Commissione presenterà la prima "legge europea sul clima". In questo modo
l'obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 sarà sancito per legge. L'UE ha già cominciato a
modernizzare e trasformare l'economia con l'obiettivo della neutralità climatica. Tra il 1990 e il 2018
ha ridotto del 23% le emissioni di gas a effetto serra, mentre l'economia è cresciuta del 61%. Entro
l'estate del 2020 la Commissione presenterà un piano per la valutazione dell'impatto finalizzato ad
aumentare in modo responsabile l'obiettivo dell'UE di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra
per il 2030 di almeno il 50-55% rispetto ai livelli del 1990.
L’EURO, LA MONETA COMUNE DEGLI EUROPEI

Perché l’euro?

● Nessun rischio di fluttuazione e costo di cambio;


● Più scelta e prezzi stabili per i consumatori;
● Collaborazione economica più stretta tra i paesi UE;

Possono essere utilizzate in tutta la zona euro:

● Monete. Un lato comune e uno con simboli nazionali;


● Banconote: non hanno un lato nazionale;

IL MERCATO UNICO: LA LIBERTÀ DI SCELTA:

4 LIBERTÀ:

● Dei beni;
● Dei servizi;
● Delle persone;
● Dei capitali;

IL MERCATO UNICO HA PRODOTTO:

● Notevoli riduzioni sul prezzo di molti prodotti e servizi, comprese le tariffe aeree e le
telefonate;
● Più scelta per i consumatori;
● Milioni di nuovi posti di lavoro;
● Più opportunità per le aziende;
COLLEGARE L’EUROPA: IL MERCATO UNICO DIGITALE

Dal maggio 2015 la Commissione europea ha attuato la maggior parte delle proposte annunciate
nella propria strategia per il mercato unico digitale, fra cui:

• l'abolizione delle tariffe di roaming: dal giugno del 2017 i cittadini che viaggiano nell’UE possono
utilizzare i propri dispositivi mobili allo stesso prezzo che pagano nel loro paese di origine.

• le nuove norme UE sulla protezione dei dati personali, in vigore dal 25 maggio 2018.

• l'iniziativa WiFi 4EU, che sostiene l’installazione di hotspot wi-fi gratuiti nelle comunità locali di
tutta l’UE. • i nuovi strumenti per contribuire a difendere i cittadini e le imprese dagli attacchi
informatici

• dal 2018 gli europei possono utilizzare appieno i propri abbonamenti online a film e TV, ebook,
videogiochi o servizi musicali quando viaggiano nell'UE.

• nel 2018 si è deciso di investire un miliardo di euro per realizzare un’infrastruttura europea di
supercomputer all'avanguardia a livello mondiale.

EUROPA SOCIALE:

L'Europa vanta i migliori livelli di protezione sociale nel mondo e si posiziona ai primi posti in termini
di qualità della vita e benessere.

Per rimanere su questi livelli, sono state lanciate una serie di iniziative:

● la Carta sociale europea garantisce i diritti sociali ed economici fondamentali. Infatti la Carta
tutela un'ampia gamma di diritti umani quotidiani connessi all'occupazione, all'alloggio, alla
sanità, all'istruzione, alla protezione sociale e al welfare;

● il Fondo sociale europeo è il principale strumento europeo che sostiene l'occupazione, aiuta
i lavoratori a trovare un impiego migliore e garantisce opportunità di lavoro più eque per
tutti i cittadini europei. Con investimenti pari a 10 miliardi di euro all'anno il Fondo migliora
le prospettive di lavoro per milioni di europei, in particolare per coloro che hanno difficoltà
a trovare un lavoro;

● l'obiettivo principale della strategia europea per l'occupazione è la creazione di nuovi e


migliori posti di lavoro in tutta l'UE;

● la garanzia per i giovani è un impegno che tutti gli Stati membri assumono per garantire
che tutti i giovani di età inferiore ai 25 anni possano ottenere un'offerta qualitativamente
valida di:

- occupazione
- formazione permanente
- apprendistato
- tirocinio

Entro quattro mesi dalla fine degli studi o dall’inizio del periodo di disoccupazione.
SCHENGEN

• Nessun controllo di polizia o doganale alle frontiere tra la maggior parte dei paesi dell'UE e
Norvegia, Liechtenstein, Svizzera e Islanda

• Controlli rafforzati alle frontiere esterne dell'UE

• Più cooperazione tra le forze di polizia e le autorità responsabili dell'immigrazione di diversi paesi
dell'UE

• Viaggiando nei paesi dell’UE si può acquistare e portare a casa qualunque bene per uso
personale

STUDIARE O FARE VOLONTARIATO ALL’ESTERO:

Erasmus+

Ogni anno oltre 400 000 giovani studiano o proseguono nel loro percorso di sviluppo personale in
altri paesi europei grazie al sostegno offerto da Erasmus+, il programma dell’UE a favore
dell’istruzione, della formazione, dei giovani e dello sport Inoltre, Erasmus+ sostiene il Corpo
europeo di solidarietà e il Servizio volontario europeo.

UNO SPAZIO DI LIBERTÀ, SICUREZZA E GIUSTIZIA:

Carta dei diritti fondamentali dell'UE

• Lotta comune al terrorismo

• Cooperazione tra le forze di polizia e le autorità giudiziarie di diversi paesi dell'UE

• Politiche coordinate in materia di asilo e immigrazione

• Cooperazione giudiziaria in materia civile

L’UE: PER LA PACE E LA PROSPERITÀ NEL MONDO

Politica estera e di sicurezza comune L'UE porta avanti un ambizioso programma di negoziati
commerciali e una politica commerciale equilibrata e innovativa per gestire la globalizzazione.
Nuovi accordi commerciali con:

• il Canada (2017)

• il Giappone (2018)

• e molti altri!

Aiuti allo sviluppo e aiuti umanitari.

•Meccanismo di protezione civile: aiuti governativi concessi a seguito di una catastrofe

•"rescEU", un nuovo sistema destinato ad aumentare le capacità complessive di risposta alle


catastrofi naturali.
L’UE: PER IL RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE IN MATERIA DI SICUREZZA E
DIFESA

La politica estera e di sicurezza dell'UE è incentrata sui seguenti aspetti:

• promozione in tutto il mondo della pace e della sicurezza,

• cooperazione allo sviluppo,

• diritti umani e Stato di diritto

• risposta alle emergenze umanitarie e climatiche.

A livello internazionale l'UE si avvale dei suoi strumenti diplomatici, politici, economici, umanitari e
di sicurezza per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti, in particolare in Libia, Siria e Ucraina. Nel
dicembre 2017, 25 Stati membri hanno deciso di instaurare una cooperazione strutturata
permanente, ossia un quadro giuridicamente vincolante per una più stretta collaborazione in
materia di sicurezza e di difesa. Nel 2017 è stato istituito un Fondo europeo per la difesa per
promuovere la cooperazione nella ricerca e nello sviluppo di prodotti e tecnologie comuni per
l'industria della difesa. Il Fondo investirà 90 milioni di euro nella ricerca e 500 milioni di euro in
sviluppo entro il 2020. Nell'aprile 2019 il Parlamento europeo ha approvato i piani volti a stanziare
per il Fondo circa 13 miliardi di euro nel prossimo bilancio di lungo termine dell'UE, tra il 2021 e il
2027, e a finanziare progetti di ricerca collaborativa, principalmente mediante sovvenzioni.

AIUTI ALLO SVILUPPO: È L’UE IL PRINCIPALE DONATORE MONDIALE

Attraverso gli aiuti e la cooperazione sostiene i paesi in via di sviluppo e la loro transizione verso
la stabilità economica e sociale.

Nel 2018 l'UE e i suoi Stati membri si sono confermati i principali fornitori di aiuti pubblici allo
sviluppo a livello mondiale e hanno continuato a intensificare gli sforzi a favore dei paesi in via di
sviluppo. Complessivamente, l'assistenza fornita dall'Unione europea e dagli Stati membri
ammontava a più di 74,4 miliardi di euro nel 2018. Nel settembre 2018 è stata avviata l'Alleanza
Africa-Europa per gli investimenti e l'occupazione sostenibili che punta a far avanzare il
partenariato dell'UE con l'Africa allo stadio successivo e migliorare la creazione di posti di lavoro
in Africa sostenendo l'istruzione e le competenze, stimolando il commercio e mobilitando gli
investimenti in settori economici strategici.

PARITÀ DI GENERE:

La parità tra uomini e donne è un valore fondamentale dell'UE L'UE intende aiutare le donne a
trovare i posti di lavoro che desiderano e a ottenere la stessa retribuzione degli uomini,
sostenendole nel raggiungimento di un migliore equilibrio tra il lavoro e altri ambiti della propria
vita:

• occupazione: nel 2017 la percentuale di donne che lavorano nell'UE è salita al 66,6%, rispetto
a quasi l'80% per gli uomini.

• parità della retribuzione: in media nell'UE le donne guadagnano il 16% in meno rispetto agli
uomini. Nel novembre 2017 l'UE ha presentato un piano d'azione per colmare il divario retributivo
tra donne e uomini, denominato "New Start" ("Un nuovo inizio").

• finanziamento: investire in azioni specifiche per aiutare le donne a entrare nel mondo del lavoro,
ad esempio in programmi per la riqualificazione e il miglioramento delle competenze; aiutare le
donne a tornare al lavoro dopo un'interruzione della carriera, fornendo consulenza individuale
nonché migliorando la consapevolezza dei datori di lavoro in merito alle sfide che le donne devono
affrontare.

• economia: il divario occupazionale tra uomini e donne costa all'economia dell'UE 370 miliardi di
euro all'anno. Migliorare la parità di genere potrebbe creare 10,5 milioni di posti di lavoro entro il
2050 e portare a una crescita dell'economia dell'UE tra 1.950 e 3.150 miliardi di euro. Un'altra
importante priorità è porre fine alla violenza contro le donne e le bambine. La campagna
"NON.NO.NEIN", finanziata dall'UE, incoraggia uomini e donne a prendere posizione sul tema della
violenza contro le donne.

MIGLIORARE LA SALUTE E L’AMBIENTE:

L’inquinamento non conosce frontiere – serve un’azione coordinata.

L’azione svolta dall’UE ha contribuito a conseguire:

• acque di balneazione più pulite

• drastica riduzione delle piogge acide

• benzina senza piombo

• smaltimento sicuro e facile degli apparecchi elettronici usati

• norme severe sulla sicurezza degli alimenti dal produttore al consumatore

• più agricoltura biologica e di qualità

• avvertenze sanitarie più efficaci sui pacchetti di sigarette

• registrazione e controllo di tutte le sostanze chimiche (REACH)

TUTELA I DIRITTI DEI CONSUMATORI:

In qualità di consumatori, i cittadini sono tutelati da leggi fondamentali in tutta l’UE, anche in viaggio
o in caso di acquisti online

• Etichette chiare

• Standard in materia di salute e sicurezza

• Divieto di pratiche sleali nei contratti

• Diritti dei passeggeri, ad es. risarcimenti in caso di ritardi prolungati

• Aiuto nella risoluzione dei problemi

TRE ISTITUZIONI PRINCIPALI:

Il Parlamento europeo:

- la voce delle persone: David Sassoli, presidente del Parlamento europeo;

Il Consiglio europeo e il Consiglio:

- la voce degli Stati membri Charles Michel, presidente del Consiglio europeo;

La Commissione europea:

- promuove l'interesse comune Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea;

LE ISTITUZIONI DELL’UE
Parlamento europeo Consiglio dei ministri (il Commissione europea
Consiglio)

Corte di Corte dei Comitato economico e Comitato delle regioni


giustizia conti sociale europeo

Banca europea per gli Banca centrale europea


Agenzie
investimenti

IL PROCESSO LEGISLATIVO NELL’UE

Cittadini, gruppi d’interesse, esperti: dibattito e consultazione

Commissione: presenta una proposta formale

Parlamento europeo e Consiglio dei ministri: decidono insieme

Autorità nazionali e locali: attuano la legislazione

Commissione e Corte di giustizia: controllano l’attuazione

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI- LA VOCE DEGLI STATI MEMBRI

● Un ministro per ogni paese dell’UE


● Presidenza: a rotazione ogni sei mesi
● Vota le leggi dell’UE e il bilancio insieme al Parlamento europeo
● Gestisce la politica estera e di sicurezza comune

Le decisioni del Consiglio vengono prevalentemente votate a “doppia maggioranza”

Una decisione deve avere il supporto di almeno:

● Il 55% degli Stati membri


● Stati membri che rappresentino il 65% della popolazione dell’UE

IL VERTICE DEL CONSIGLIO EUROPEO

Vertice dei capi di Stato e di governo di tutti i paesi UE:

● Si tiene almeno 4 volte all’anno


● Definisce le linee generali delle politiche dell’UE
● Presidente: Charles Michel

Altro rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza: Joseph Borrel
● Doppio ruolo:
- Presiede le riunioni del Consiglio “Affari esteri”
- Vicepresidente della Commissione europea
● Gestisce la politica estera e di sicurezza comune
● Capo del Servizio europeo per l’azione esterna

COMMISSIONE EUROPEA- DIFENDERE L’INTERESSE COMUNE

27 commissari, uno per ogni paese dell’UE:

● Propone la nuova legislazione


● Organo esecutivo
● Custode dei trattati
● Rappresenta l’UE sulla scena internazionale

LA CORTE DI GIUSTIZIA- LA TUTELA DEL DIRITTO

27 giudici indipendenti, uno per ogni paese dell’UE:

● Decide sull’interpretazione del diritto UE


● Garantisce l’applicazione uniforme del diritto dell’UE in tutti i paesi

IL MEDIATORE EUROPEO EMILY O’REILLY- LA MEDIATRICE EUROPEA:

● Si occupa dei reclami riguardanti i casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni
UE
● Per esempio: ingiustizie, discriminazioni, abusi di potere, ritardi ingiustificati, mancate
risposte o procedure non conformi
● Tutti i cittadini dell’UE possono presentare un reclamo

LA CORTE DEI CONTI EUROPEA: DOVE VA IL DENARO DEI CONTRIBUENTI:

27 membri indipendenti:

● Controlla l’uso corretto dei fondi dell’UE


● Può esaminare qualunque persona od organizzazione che gestisce fondi UE

LA BANCA CENTRALE EUROPEA: LA GESTIONE DELL’EURO:

CHRISTINE LAGARDE- PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE

● Garantisce la stabilità dei prezzi


● Controlla la massa monetaria e fissa i tassi d’interesse
● Vigila sulla sicurezza delle banche
● Agisce in modo indipendente dai governi

IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO:

LA VOCE DELLA SOCIETÀ CIVILE:

● Rappresenta sindacati, datori di lavoro, agricoltori, consumatori e così via


● Formula pareri sulle nuove leggi e le politiche dell’UE
● Promuove la partecipazione della società civile alle questioni europee

IL COMITATO DELLE REGIONI: LA VOCE DEGLI ENTI LOCALI:

● Rappresenta le città e le regioni


● Formula pareri sulle nuove leggi e le politiche dell’UE
● Promuove la partecipazione degli enti locali alle questioni europee

lez 2 video 1-2


l’origine e lo sviluppo del processo di integrazione europea
l’europa è un’organizzazione internazionale creata con un trattato internazionale, preceduta dalla
creazione di altre organizzazioni.
l’europa è integrata:
sviluppo dell'ordinamento giuridico (nonme, organizzazione a sé stante).
il processo di integrazione europee trova radici nell’immediato secondo dopoguerra
(all'impoverimento generale del continente, piano marshall.. in seguito creazione dell’OECE:
OSCE). Ciò determinò la necessità di formare un’organizzazione internazionale che si occupasse
della sua gestione (organizzazione europea per la cooperazione economica). Terminata la
gestione del piano marshall, sono mutate anche finalità ed obiettivi: nuove organizzazioni prendono
luogo.
● creazione della NATO e dell’UEO
● Il processo d’integrazione si è svolto poi a partire dagli anni 50 nel corso della guerra fredda:
qui si è generato anche il consiglio d’europa, un’organizzazione con molti più stati membri
dell’unione, nell’ambito del consiglio d’europa. Un catalogo di diritto che le persone hanno,
in quanto individui, e gli stati sotto la cui giurisdizione sono tenuti a garantire.
● Il legame tra il consiglio d’europa e la convenzione del 1950 è stretto: queste organizzazioni
internazionali funzionano secondo il metodo intergovernativo che regola il funzionamento
delle organizzazioni.
● I capisaldi sono riconducibili alla necessità che ogni decisione che prende l’organizzazione
interna, sia presa all’unanimità: l’organo dell’ente che decide una determinata figura o atto
deve farlo in modo unanime e senza confronto giurisdizionale (che è limitato).
Nel 1951 è creata la comunità eu del carbone e dell’acciaio (6 stati iniziali: FRA,ITA,GERM, e tre
paesi del benelux) conferendo all’organizzazione la competenza a gestire il mercato/la produzione
di carbone e acciaio.
Cessione di sovranità: nel momento in cui viene creata l’organizzazione internazionale, attraverso
il trattato istitutivo, gli stati che fondano l’organizzazione, cedono una propria competenza
all’organizzazione assegnandole il compito di gestirla autonomamente.
il metodo comunitario distingue invece la comunità della CECA, che contraddistingue la prima
organizzazione internazionale di appartenenza del processo d’integrazione europea sin dai
primissimi anni 50. La ceca si è estinta poiché il trattato del 1951 prevedeva una scadenza (è finita
la prassi nel 2002).
● Firma del trattato di Parigi: nel 1952 gli stati componenti della CECA, decisero di istituire
un’altra organizzazione internazionale d’integrazione: la CED (comunità, internazionale, di
difesa). la CED non fu mai in funzione, per mancata ratifica della francia, e prevedeva
l’istituzione di un esercito comune in un momento in cui la guerra fredda cominciava a far
sentire i propri albori (insicurezze).
● Non dopo la firma, ma dopo la ratifica (ovvero un atto di diritto nazionale, non regolato da
enti) di ciascuno degli stati parte dell’istituzione, entra in funzione un trattato istituzionale.
ogni stato disciplina le sue procedure interne. In italia alla ratifica provvedono le camere
con la propria legge promulgata dalla repubblica.
Più avanti, nel 1957, si abbandona l’approccio difensivo (o politico) per approfondire un discorso
economico: per esempio
-la comunità economica europea CEE, che nel 57 vuole istituire un mercato economico
-la comunità europea dell’energia atomica EURATOM, che gestisce l’energia atomica alla fine del
57
● i sei stati dell’europa sono dunque allo stesso tempo membri (nel 57) di CEE, CECA,
EURATOM. svolgono dunque compiti simili, un’organizzazione per l’altra (procede dunque
l’integrazione)
questa situazione amministrativa si risolve solo col trattato di bruxelles 1965 (trattato di fusione di
esecutivi) per cui si prevede che gli organi della CECA, CEE, EURATOM (in ordine) siano unici. la
fusione degli esecutivi crea un quadro istituzionale unico.

LEZIONE 2
lez 2: VIDEO 3.
★ Anni ‘70: Primo Allargamento nel ‘73, riguarda i paesi del Nord Europa.

★ Anni 80: in due momenti differenti avviene il secondo allargamento, il quale riguarda 3
Stati: Spagna, Portogallo, Grecia, i quali erano usciti da dei regimi.
★ Trattato di Bruxelles nel 1986: realizzazione del Mercato unico, si prevedeva che nel ‘92 si
fosse realizzato.


★ Dal 93 esiste il mercato unico correlato dall’ unione doganale, si stabilisce che nel territorio
della Comunità economica europea non esistono più frontiere interne tra i membri e che ci
sia una libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. Se le merci vengono da fuori,
si è stabilito che esista un unico limite doganale corrispondente al confine esterno della
comunità economica europea e che ci sia un’ unica tariffa doganale d’ingresso delle merci
nella CEE.

➢ Noi siamo un’unione doganale nel cui codice fissa le modalità attuative al fine di far
funzionare il mercato unico e regolare i rapporti di tipo commerciale.

➢ Fine anni ‘90: cade il muro, espansione territoriale delle Comunità Europee.
➢ Germania Federale faceva parte della Comunità, essa ha subito un’inglobazione dopo la
Caduta, tutto il territorio, popolazione, debiti etc, viene incorporato dalla Repubblica
Democratica Tedesca, determinando un’espansione territoriale.

➢ 1991 (solo due allargamenti, ue a 12 membri) :


stipulato il Trattato di Maastricht, creò l’Unione Europea.

video 4
➢ Quando si pensa al Trattato di Maastricht, si pensa si sia creato una struttura che ricorda il
tempio greco, con colonne, base e frontone, un tempio greco di tipo giuridico. Il trattato
prevede che esistano ancora le comunità europee, che vanno a formare il primo pilastro, il
secondo è PESC Politica estera di Sicurezza Comune (riguarda le relazioni esterne,
autonomo) , il Terzo è Giustizia e Affari Interni. il Secondo e Terzo pilastro sono regolati dal
metodo intergovernativo.

➢ Non si prevede a Maastricht, che forme di cooperazione seguano il metodo già seguito
dalle comunità esistenti, ma si stabilisce che, data la sensibilità dell’oggetto, si proceda con
un metodo intergovernativo.
➢ devono essere sostanzialmente tutti d’accordo.
➢ Il Trattato opera scelte importanti, di tipo politico.
➢ CEE diventa CE(Comunità Europea): più ampio e politicamente significativo.

➢ con il Trattato di Maastricht:


➢ si crea la cittadinanza europea, dà l’idea di una organizzazione internazionale di tipo
politico, con un disegno di tipo DEMOCRATICO.
➢ Si ha lo stabilimento dell’Unione Economica Monetaria, si deve al Trattato di Maastricht e
adozione da parte di molti paesi dell’euro.
➢ ‘95: Terzo Allargamento a due Paesi Scandinavi e Austria, 15 Stati Membri.

LEZIONE 2
LEZ 2, VIDEO 5.

TRATTATO DI MAASTRICHT:
prima importante modifica avviene nel '97 con il TRATTATO DI AMSTERDAM.

Modifica divisa in 3 parti:

1. Avviene la parziale COMUNITARIZZAZIONE del TERZO PILASTRO (GAI).


Questo pilastro GAI (Giustizia Affari Interni) ha un contenuto ampio: collaborazione
giudiziaria in ambito civile e penale (quindi investigativa).
Ad Amsterdam si decide che la cooperazione giudiziaria in ambito civile viene introdotta
dentro il trattato relativo alla comunità europea.
➢ Passa da regime INTERGOVERNATIVO a regime COMUNITARIO.

Terzo pilastro GAI ora impoverito, rimane la cooperazione giudiziaria in materia PENALE e di
POLIZIA.
Importante perché dimostra che è sempre possibile che il processo di integrazione Europea
avvenga in maniera significativa anche partendo dal metodo intergovernativo come fase di transito
prima che una materia venga COMUNITARIZZATA (diventando regime comunitario).

2. Si aumentano i casi di CO-DECISIONE:


➢ Co-decisione: metodo di adozione degli atti, tipico del metodo comunitario.
➢ Prevede che 2 istituzioni di governo (Consiglio e Parlamento) decidono congiuntamente di
adottare un atto. (Co-decisione da parte sia del Consiglio che del Parlamento nel medesimo
testo).

MAASTRICHT: introduceva numero di ipotesi limitata di CO-DECISIONE.

Con Amsterdam invece, si amplia il numero di Co-decisione (interazione significativa)


+ possibilità di poter procedere all’integrazione con Cooperazione Rafforzata (CR che spiegherà
meglio più avanti)
Con la CR si da la possibilità ad alcuni stati di procedere ad un’integrazione maggiore tra di loro a
quegli stati che non avevano aderito all’integrazione, perché si possano aggiungere
successivamente.
Non sempre negli stati della UE si sono mossi all’unisono, è successo di stati che si aggregavano
all’integrazione e altri che preferivano non farlo.

Sotto regime di MAASTRICHT= si procedeva tutti insieme oppure niente.


Sotto regime AMSTERDAM= COOPERAZIONE RAFFORZATA – stati possono procedere
all’integrazione successivamente.
COOPERAZIONE RAFFORZATA : tende ad aggiungere/includere nuovi stati che inizialmente non
vi hanno fatto parte.

3. TRATTATO DI NIZZA 2001


Si sta preparando il 4° allargamento dell’UE: ingresso di 10 stati membri provenienti
dall’ex blocco socialista. (da 15 a 25)
Per questo allargamento con il trattato di Nizza si hanno delle modifiche al Parlamento
Europeo e la sua composizione per riassortire il numero di parlamentari europei a cui ha
diritto ogni stato membro.

TRATTATO COSTITUZIONE 2004 (ROMA) TUE


Per raggruppare l’insieme di norme poste nel tempio greco in un unico trattato per portare
ordine nella disciplina europea.
NON entrato in vigore perché molti stati non lo accettarono (perché quasi un respiro politico
di stampo federale)
➔ Non si perdono i progressi fatti però, vengono tolti i punti che spaventavano molti
paesi ovvero la figura del Ministro Europeo e la stesura della legge europea (tutti
tratti di visione federale)
➔ Rimane la disciplina apprestata per rimettere in ordine le norme europee, che è
quello che sta poi alla base della stipula del TRATTATO DI LISBONA (dove si mette
un ordine per lo meno parziale all’esistente ordinamento giuridico dell’UE, verrà
firmato nel 2007 ed entrerà in vigore dopo due anni)

Ratificato da tutti gli stati, costituisce ad oggi l’ultima modifica esistente dei trattati sull’UE.

5° e ultimo allargamento avviene con l’entrata della Romania e della Bulgaria nel 2007.

LEZ 2, VIDEO 6.

TRATTATO DI LISBONA
2007- Trattato di Lisbona (entrato in vigore l’1 dicembre 2009)
Apporta modifiche significative ai trattati esistenti, traendo ispirazione dai lavori che
avevano portato alla stesura del Trattato Costituzione;

PRE-LISBONA POST-LISBONA

TUE TUE

Con tre pilastri: Che contiene:

1.trattati delle Comunità 1.TFUE (ex punti 1 e 3)

2.PESC 2.PESC

3.Cooperazione giudiziaria Inoltre la Carta dei diritti


penale fondamentali dell’UE assume
valore giuridico

1. Trattato sull’Unione Europea (TUE) (visto video 5)


2. Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE)

TFUE= qui confluiscono le norme relative al


TRATTATO ISTITUTIVO dell’UE,
TRATTATO ISTITUTIVO dell’EURATOM
(+ CECA, estintasi dopo essere stata portata dentro l’UE perché viene istituita nel TFUE).

Struttura trattato di Lisbona:


1. prevede 37 protocolli, atti che corredano i trattati.
es. Protocollo di Danimarca, prevede la posizione della Danimarca rispetto a certe politiche
dell’unione, dove ad esempio la Danimarca non partecipa a decisioni e implicazioni di
materia di difese né sostegno ai costi
= quindi ogni Trattato Internazionale qualsiasi ha un testo, che poi viene correlato da degli atti che
lo integrano su aspetti specifici che uno stato membro richiede.
2. 65 dichiarazioni che riguardano sempre il funzionamento dell’UE.

Trattato di Lisbona prevede quindi:


+ 2 TRATTATI TUE/TFUE
+ 37 PROTOCOLLI
+ 65 DICHIARAZIONI
+ Affiancamento di un TRATTATO INTERNAZIONALE ->
CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UE

Questa carta già esisteva come riferimento di tipo interpretativo e culturale per gli stati membri
rispetto ai diritti previsti.
con LISBONA:
- ne viene rivisto il testo, e diviene uno strumento giuridico vincolante (che prima non era)
- è un trattato di 54 articoli, buona parte dei quali dedicati ai diritti delle persone.

PROCESSO INTEGRAZIONE EUROPEA:


UE = organizzazione internazionale aperta (che ammette nuovi membri)
- diverso ad esempio dal Benelux che è invece una organizzazione internazionale chiusa
dove oltre al Belgio, Olanda e Lussemburgo non vi possono far parte altri stati.
➔ APERTA: non solo accetta entrate ma anche uscite (es. Brexit)

per entrare: bisogna rispettare i requisiti previsti dal trattato sull’UE


(vedi file e-learning su TUE/TFUE e protocolli per consultare le norme).
Per ammissioni di nuovi membri: articolo 49 del trattato sull’UE, lista dei criteri (essere
paese democratico, libertà di mercato ecc.), senza questi criteri non è possibile entrare a
far parte del mercato unico europeo.

per uscire: articolo 50 del trattato dell’UE.


Una volta che un paese esce non si proclude la possibilità che non possa rientrarvi (es.
Gran Bretagna se vuole rientrare puoi rifare la domanda)(nella slide lista di paesi di
probabile futura entrata all’UE come ad esempio i paesi balcanici).

es. Turchia, non vuole far parte dell’UE ma come la Norvegia vuole godere dei benefici del
mercato unico europeo
➔ SEE (SPAZIO ECONOMICO EUROPEO) dove paesi in zona europea non
appartenenti all’unione abbracciano parte della disciplina.
es. Islanda aveva fatto richiesta per entrare a far parte dell’UE, richiesta ormai ferma perchè fatta
precedentemente da l’ex governo, che ora essendo cambiato ha chiuso le trattative.
- questa fa sempre comunque parte dello SPAZIO ECONOMICO EUROPEO.

A regola è possibile modificare i trattati, possibilità regolata dal diritto internazionale, dalla
convenzione di Vienna del ‘69 sui diritti dei trattati tra stati. Però il TRATTATO DI LISBONA prevede
procedure diverse (leggere articolo 48).

ART 48: procedura di revisione ordinaria che è simile a quella classica del diritto internazionale,
ovvero un trattato può essere modificato dalle parti che lo hanno scritto, attraverso un negoziato e
viene poi rettificato da ciascuno stato.

Ci sono però altre procedure di revisione più semplificate, dove la fase di negoziato e firma viene
sostituita dall’intervento delle istituzione europee (Consiglio Europeo).

quindi:
PROCEDURE REVISIONE ORDINARIA: per grandi modifiche, più importanti.
PROCEDURE REVISIONE SEMPLIFICATA: si vanno a toccare singoli aspetti trattabili in un modo
semplificato.

Articolo 48 (ex articolo 48 del TUE)


1. I trattati possono essere modificati conformemente a una procedura di revisione ordinaria.
Possono inoltre essere modificati conformemente a procedure di revisione semplificate.

Procedura di revisione ordinaria


2. Il Governo Di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono
sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati. Tali progetti possono, tra l'altro, essere
intesi ad accrescere o a ridurre le competenze attribuite all'Unione nei trattati. Tali progetti sono
trasmessi dal Consiglio al Consiglio europeo e notificati ai parlamenti nazionali.
3. Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della
Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all'esame delle modifiche
proposte, il presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione composta da
rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del
Parlamento europeo e della Commissione. In caso di modifiche istituzionali nel settore monetario,
è consultata anche la Banca centrale europea. La convenzione esamina i progetti di modifica e
adotta per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei governi degli
Stati membri quale prevista al paragrafo 4. Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza
semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione
qualora l'entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, il Consiglio europeo definisce il
mandato per una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri.
4. Una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri è convocata dal presidente
del Consiglio allo scopo di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai trattati. Le
modifiche entrano in vigore dopo essere state ratificate da tutti gli Stati membri conformemente alle
rispettive norme costituzionali.
5. Qualora, al termine di un periodo di due anni a decorrere dalla firma di un trattato che modifica
i trattati, i quattro quinti degli Stati membri abbiano ratificato detto trattato e uno o più Stati membri
abbiano incontrato difficoltà nelle procedure di ratifica, la questione è deferita al Consiglio europeo.
Procedure di revisione semplificate
6. Il Governo Di qualsiasi Stato membro,il Parlamento europeo o la Commissione possono
sottoporre al Consiglio europeo progetti intesi a modificare in tutto o in parte le disposizioni della
parte terza del trattato sul funzionamento dell'Unione europea relative alle politiche e azioni interne
dell'Unione. Il Consiglio europeo può adottare una decisione che modifica in tutto o in parte le
disposizioni della parte terza del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il Consiglio
europeo delibera all'una- nimità previa consultazione del Parlamento europeo, della Commissione
e, in caso di modifiche istituzionali nel settore monetario, della Banca centrale europea. Tale
decisione entra in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive
norme costituzionali. La decisione di cui al secondo comma non può estendere le competenze
attribuite all'Unione nei trattati.
7. Quando il trattato sul funzionamento dell'Unione europea o il titolo V del presente trattato
prevedono che il Consiglio deliberi all'unanimità in un settore o in un caso determinato, il Consiglio
europeo può adottare una decisione che consenta al Consiglio di deliberare a maggioranza
qualificata in detto settore o caso. Il presente comma non si applica alle decisioni che hanno
implicazioni militari o che rientrano nel settore della difes. Quando il trattato sul funzionamento
dell'Unione europea prevede che il Consiglio adotti atti legi- slativi secondo una procedura
legislativa speciale, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta l'adozione di tali
atti secondo la procedura legislativa ordinaria. Ogni iniziativa presa dal Consiglio europeo in base
al primo o al secondo comma è trasmessa ai parlamenti nazionali. In caso di opposizione di un
parlamento nazionale notificata entro sei mesi dalla data di tale trasmissione, la decisione di cui al
primo o al secondo comma non è adottata. In assenza di opposizione, il Consiglio europeo può
adottare detta decisione. Per l'adozione delle decisioni di cui al primo o al secondo comma, il
Consiglio europeo delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo, che si
pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono.

Articolo 49 (ex articolo 49 del TUE)

Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all'articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare
di diventare membro dell'Unione. Il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono informati di
tale domanda. Lo Stato richiedente trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia
all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parla-mento
europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono. Si tiene conto dei criteri
di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo. Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti
dei trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano l'oggetto di un accordo tra gli
Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti
conformemente alle loro rispettive norme costi- tuzionali.

Articolo 50

1. Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, direcedere
dall'Unione.
2. Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio europeo. Alla luce
degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un
accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni
con l'Unione. L'accordo è negoziato conformemente all'articolo 218, paragrafo 3 del trattato sul
funzio- namento dell'Unione europea. Esso è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che
delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
3. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in
vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al
paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida
all'unanimità di prorogare tale termine.
4. Ai fini dei paragrafi 2 e 3, il membro del Consiglio europeo e del Consiglio che rappresenta lo
Stato membro che recede non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio
europeo e del Consiglio che lo riguardano.
Per maggioranza qualificata s'intende quella definita conformemente all'articolo 238, paragrafo 3,
lettera b) del trattato sul funzionamento dell'Unione europea
5. Se lo Stato che ha receduto dall'Unione chiede di aderirvi nuovamente, tale richiesta è oggetto
della procedura di cui all'articolo 49.

LEZ 3 Caratteristiche generali dell’Unione europea e sue competenze


materiale preliminare
EUREKA: L’AREA SCHENGEN

Schengen è la password che vi permette di viaggiare liberamente da un paese all’altro… Benvenuti


a Eureka! Stop ai controlli e alle code alla dogana. All'interno dell'UE sono scomparse quasi
ovunque. Oggi si può viaggiare in quasi tutta l'UE senza bisogno del passaporto grazie a
Schengen, che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dell'UE. Nel 1985 cinque Stati
europei si imbarcano in un'avventura comune. Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo e Paesi
Bassi decidono di creare una zona senza frontiere. Firmano l'accordo a Schengen, una piccola
città nel Lussemburgo. L'obiettivo è di permettere la libera circolazione da un paese all'altro. I
controlli doganali iniziano ad allentarsi. I famosi accordi di Schengen portano il nome del luogo in
cui sono stati firmati. Il nome poi ha iniziato a identificare una vasta area senza frontiere. Dal 1990
si sono uniti a questo progetto altri paesi: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Danimarca,
Svezia e Finlandia. Nella metà degli anni '90, 13 paesi aderivano già agli accordi di Schengen. I
controlli alle frontiere interne vengono eliminati e rafforzati quelli esterni. Il 1995 segna la fine dei
controlli doganali nell'area di Schengen. Lungo i confini i vecchi centri doganali sembrano dei veri
musei. In seguito vengono soppressi i controlli in porti e aeroporti. C'è più libertà di spostamento
tra un paese e l'altro ma entro certi limiti. I paesi di Schengen vogliono garantire la sicurezza della
zona comune. C'è cooperazione tra le forze di polizia, doganali e giuridiche. Vengono svolti dei
controlli casuali all'interno dei paesi, in aria, acqua e su terra ferma. Squadre specializzate possono
intervenire in ogni momento. I controlli sono più severi sulle frontiere esterne. L'obiettivo è la lotta
alla criminalità e all'immigrazione clandestina. Per entrare nell'area Schengen i cittadini stranieri
necessitano di un visto. Dal 2007 l'area di Schengen è cresciuta e comprende Estonia, Lettonia,
Lituania, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e Malta. Ne fanno parte anche
tre Stati non-UE: Islanda, Norvegia e Svizzera. Bulgaria, Romania e Cipro entreranno a farne parte
nel 2012 a condizione di essere in grado di controllare i confini esterni. L'area di Schengen
comprende la maggior parte dell'UE, ma non tutta. Alcuni Stati, come Irlanda e Regno Unito,
preferiscono controllare i propri confini.

LEZIONI D’EUROPA: COOPERAZIONE RAFFORZATA

Mettere d’accordo tutti gli Stati membri europei non è sempre impresa facile. La cooperazione
rafforzata permette a un gruppo ristretto di procedere su un altro binario- la legge sul divorzio
transnazionale ne è il primo esempio. LEZIONI D'EUROPA Mi chiamo Marie-Lise e sono belga.
Spesso i progetti europei sono bloccati da uno o più paesi. C'è un modo di aggirare il problema,
ma come si fa? Spesso si dice che l'unione fa la forza, ma nell'Europa a 27 non è così facile
mettersi d'accordo. Un esempio: il divorzio. Siamo alla corte di giustizia di Bruxelles. Pensiamo a
un italiano sposato con una francese, residenti in Belgio. Questa favola può diventare un incubo in
caso di divorzio. Quale legislazione si applica al divorzio? Quella francese, italiana o belga? 27
sistemi giuridici differenti sono un vero rompicapo. Per ovviare il problema il trattato europeo
prevede una procedura comunitaria, la cosiddetta cooperazione rafforzata. È in un tribunale come
questo che si applicherà per la prima volta la cooperazione rafforzata per un divorzio. TRATTATO
DI LISBONA Per semplificare la vita ai cittadini, 14 stati europei hanno unito le forze per facilitare
le procedure di divorzio per coppie binazionali. Per iniziare ufficialmente la procedura serve la
richiesta di almeno 9 paesi, indipendentemente dai membri totali. Perché in caso di divorzio
bisogna ricorrere alla cooperazione rafforzata? Stéphanie Francq è docente di diritto europeo. La
Svezia non permette al proprio tribunale di applicare la legge di un altro stato in materia di divorzio.
Quindi non può partecipare a questo nuovo sistema. Trattandosi di un ambito che richiede
l'unanimità non si poteva adottare un sistema con le modalità tradizionali a 27. L'idea di un sistema
riguardante solo alcuni stati non è nuova. Il principio di cooperazione rafforzata fu inserito nei
Trattati europei nel 1997. Oggi si parla di un'Europa a due velocità. Ci sono diversi esempi di questa
modalità, tra gli altri la creazione dell'area di Schengen. L'area di Schengen è stata creata solo da
alcuni membri all'inizio con lo scopo di eliminare i controlli lungo le frontiere interne. Gradualmente
sono entrati a farne parte altri stati e oggi l'area di Schengen comprende quasi tutta l'Unione
europea. Ma la cooperazione non può essere allargata all'infinito. La procedura prevede delle
condizioni: si può farne ricorso solo come ultima risorsa e deve rispettare la legge europea. Al
momento ci sono due esempi concreti di cooperazione rafforzata, tra cui un caso sulla legge
applicabile ai divorzi. Oggi la Commissione ha avanzato una proposta per la creazione di un
brevetto unitario, un brevetto unico per tutta l'UE, che offra una tutela comune in tutti i territori
dell'UE. È stato un successo perché al momento ben 25 stati hanno aderito e partecipano alla
cooperazione rafforzata. Un terzo ambito in cui si potrà introdurre la cooperazione rafforzata è la
fiscalità. Brevetti, tasse... Nell'attesa di maggiore cooperazione rafforzata in Europa, a metà del
2012 i giudici di questa corte saranno in grado di applicare la legge europea relativa ai divorzi.

SENTENZA DELLA CORTE DEL 31 MARZO 1971.

COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE CONTRO IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ


EUROPEE. ACCORDO EUROPEO TRASPORTI SU STRADA.

1. SULLA QUESTIONE PRELIMINARE

La commissione sostiene che l’art.75 del trattato, cha ha attribuito alla Comunità ampi poteri
per quanto riguarda la realizzazione di una politica comune dei trasporti, si riferisce tanto alle
relazioni esterne quanto ai provvedimenti interni nel campo di cui trattasi. Questa disposizione
perderebbe molto della sua efficacia se la facoltà ch’essa contempla, in particolare quella di
adottare “ogni utile disposizione”, ai sensi del n.1, c) dell’articolo sopra menzionato, non
includesse la stipulazione di accordi con gli Stati terzi.
Dal canto suo, il Consiglio sottolinea che i poteri della Comunità sono poteri attribuiti, quindi la
competenza a concludere accordi con gli Stati terzi può essere ammessa solo se il trattato la
contempla espressamente.

In mancanza di disposizioni del trattato che disciplinino esplicitamente la negoziazione e la


conclusione di accordi internazionali nel campo della politica dei trasporti si deve avere riguardo
al modo in cui il trattato nel suo complesso disciplina i rapporti con gli Stati terzi. L’art. 210
stabilisce che “la Comunità ha personalità giuridica”. Questa disposizione, che si trova all’inizio
della parte sesta del trattato, dedica alle “disposizioni generali e filiali”, implica che, nelle
relazioni esterne, la Comunità può stabilire dei rapporti contrattuali con gli Stati terzi per l’intera
gamma degli scopi enunziati nella prima parte del trattato. Onde accertare, in un caso
determinato, se la Comunità sia competente a concludere accordi internazionali, si deve
prendere in considerazione sia il trattato nel suo complesso, sia le sue singole disposizioni.

Detta competenza non dev’essere in ogni caso espressamente prevista dal trattato ma può
desumersi anche da altre disposizioni del trattato e da atti adottati, in forza di queste
disposizioni, dalle istituzioni della Comunità. In particolare, tutte le volte che (per la
realizzazione di una politica comune prevista dal trattato) la Comunità ha adottato delle
disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più
il potere- né individualmente, né collettivamente- di contrarre con gli Stati terzi obbligazioni che
incidano su dette norme. Man mano che queste norme comuni vengono adottate, infatti, si
accentra nella Comunità la competenza ad assumere e ad adempiere- con effetto per l’intera
sfera in cui vige l’ordinamento comunitario- degli impegni nei confronti degli Stati terzi. Di
conseguenza, nell’attuare le disposizioni del trattato non è possibile separare il regime dei
provvedimenti interni alla Comunità da quello delle relazioni esterne.

All’art. 3, e) il trattato menziona espressamente fra gli scopi della Comunità l’instaurazione di
una politica comune nel settore dei trasporti. A norma dell’art.5, gli Stati membri devono
adottare tutti i provvedimenti atti ad assicurare l’adempimento delle obbligazioni derivanti dal
trattato, ovvero da atti delle istituzioni, e, in secondo luogo, astenersi da qualsiasi
provvedimento che rischi di compromettere il raggiungimento degli scopi del trattato, gli Stati
membri non possono, fuori dall’ambito delle istituzioni comuni, assumere impegni atti ad
incidere su dette norme o ad alterarne l’efficacia.

Ai sensi dell’art. 74, gli scopi del trattato in materia di trasporti vengono perseguiti nell’ambito
di una politica comune. Questa disposizione riguarda pure, per la parte del tragitto che si svolge
nel territorio comunitario, i trasporti provenienti da, o destinati a, Stati terzi. Essa presuppone
quindi che la competenza della Comunità si estenda a relazioni disciplinate dal diritto
internazionale ed implica di conseguenza, nel campo di cui trattasi, la necessità di accordi con
gli Stati terzi interessati.

Benché gli artt. 74 e 75 non attribuiscano espressamente alla Comunità dei poteri in materia di
conclusione di accordi internazionali, l’adozione- il 25 marzo 1969- del regolamento del
Consiglio n.543/69 (relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel
settore dei trasporti su strada; GU 1969, n. L77, pag.49) ha cionondimeno attribuito alla
Comunità un’indubbia competenza a concludere con gli Stati terzi qualsiasi accordo
riguardante la materia disciplinata dal regolamento stesso. Questa attribuzione di competenza
è del resto espressamente ammessa dall’art.3 di detto regolamento, il quale dispone che “la
Comunità intraprenderà con i paesi terzi i negoziati che risultassero necessari per l’applicazione
del presente regolamento”.

GIURISPRUDENZA SULLA “SOVRANAZIONALITÀ” DELL’UE

DA CONSULTARE PREVIAMENTE

Sentenza della Corte del 5 febbraio 1963.- NV Algemene Transport- En Expenditie


Onderneming Van Geld en Loos e l’Amministrazione olandese delle imposte (Domanda
di pronunzia pregiudiziale proposta dalla TARIEFCOMMISSIE di Amsterdam il 16 agosto
1962)- Causa 26/62
La prima questione deferita alla Corte dalla Tariefcommissie consiste nello stabilire se l’articolo
12 del Trattato abbia efficacia immediata negli ordinamenti interni degli Stati membri,
attribuendo ai singoli dei diritti soggettivi che il giudice nazionale ha il dovere di tutelare. Per
accertare se le disposizioni di un trattato internazionale abbiano tale valore, si deve aver
riguardo allo spirito, alla struttura ed al tenore di esso. Lo scopo del Trattato C.E.E., cioè
l’instaurazione di un mercato comune il cui funzionamento incide direttamente sui soggetti della
Comunità, implica che esso va al di là di un accordo che si limitasse a creare degli obblighi
reciproci fra gli Stati contraenti. Ciò è confermato dal preambolo del Trattato il quale, oltre a
menzionare i Governi, fa richiamo ai popoli e, più concretamente ancora, dalla instaurazione di
organi investiti istituzionalmente di poteri sovrani da esercitarsi nei confronti sia degli Stati
membri sia dei loro cittadini. Va poi rilevato che i cittadini degli Stati membri della Comunità
collaborano, attraverso il Parlamento Europeo e il Comitato economico sociale, alle attività della
Comunità stessa. Oltracciò, la funziona attribuita alla Corte di Giustizia dall’articolo 177,
funzione il cui scopo è di garantire l’uniforme interpretazione del Trattato da parte dei giudici
nazionali, costituisce la riprova del fatto che gli Stati hanno riconosciuto al diritto comunitario
un’autorità tale da poter esser fatto valere dai loro cittadini davanti detti giudici. In
considerazione di tutte queste circostanze si deve concludere che la Comunità costituisce un
ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale
gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che
riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini.

Pertanto il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli Stati membri,
nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Si
deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il Trattato espressamente li
menziona, ma anche come contro-partita di precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli
Stati membri o alle Istituzioni comunitarie.

Tenuto conto della struttura del Trattato in materia di dazi doganali e di tasse di effetto
equivalente, va rilevato che l’articolo 9—secondo il quale la Comunità è fondata su un’unione
doganale— sancisce come principio fondamentale il divieto di tali dazi e tasse. Questa
disposizione, collocata all’inizio della seconda parte del Trattato che definisce i “fondamenti
della Comunità”, viene concretata e attuata dall’articolo 12.

Il disposto dell’articolo 12 pone un divieto chiaro e incondizionato che si concreta in un obbligo


non già di fare, bensì di non fare. A questo obbligo non fa riscontro alcuna facoltà degli Stati di
subordinarne l’efficacia all’emanazione di un provvedimento di diritto interno. Il divieto
dell’articolo 12 è per sua natura perfettamente atto a produrre direttamente degli effetti sui
rapporti giuridici intercorrenti fra gli Stati membri ed i loro amministrati. Per la sua attuazione,
quindi l’articolo12 non richiede interventi legislativi degli Stati. Dalle considerazioni che
precedono emerge che secondo lo spirito, la struttura ed il tenore del Trattato, l’articolo 12 ha
valore precettivo ed attribuisce ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti
a tutelare.

Sentenza della Corte del 15 luglio 1964. Flaminio Costa contro E.N.E.L. Domanda di
pronuncia pregiudiziale: Giudice conciliatore di Milano- Italia. Causa 6-64.

La corte rileva che, a differenza dei comuni trattati internazionali, il Trattato C.E.E. ha istituito
un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri all’atto
dell’entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare. Infatti,
istituendo una Comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità, di capacità
giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale, ed in ispecie di poteri effettivi
provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati
alla Comunità, questi hanno limitato, sia pure i campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato
quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi.
Il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti
e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una limitazione
definitiva dei loro diritti sovrani.

Parere della Corte del 14 dicembre 1991. Parere emesso ai sensi dell’art.228, n.1,
secondo comma, del Trattato CEE- Progetto di accordo tra la Comunità ed i paesi
dell’Associazione europea di libero scambio relativo alla creazione dello Spazio
economico europeo. Parere 1/91.

Il Trattato CEE, benché sia stato concluso in forma d’accordo internazionale, costituisce la
carta costituzionale di una comunità di diritto. Come risulta dalla giurisprudenza consolidata
della Corte di giustizia, i Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico di nuovo
genere, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri
sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini.
Le caratteristiche fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in
particolare, la sua preminenza sui diritti degli Stati membri e l’efficacia diretta di tutta una serie
di norme che si applicano ai cittadini di tali Stati nonché agli Stati stessi.

Sentenza della Corte del 23 aprile 1986. Parti écologiste “Les Verts” contro Parlamento
europeo. Ricorso d’annullamento- Campagna informativa per le elezioni del Parlamento
europeo. Causa 294/83.

A questo proposito si deve innanzitutto sottolineare che la Comunità economica europea è una
comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono
sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal
trattato. In particolare, il trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di
procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle
istituzioni.

CARATTERISTICHE GENERALI DELL’UNIONE EUROPEA E SUE COMPETENZE

L’UE nel Trattato di Lisbona:

Trattato sull’UE (TUE) che contiene

· Il Trattato sul Funzionamento dell’UE- TFUE


(ex CE+ cooperazione giudiziaria)
· Politica estera e di sicurezza comune dell’UE- PESC
· + Carta dei diritti fondamentali dell’UE

Art.1 (3) TUE

L’Unione si fonda sul presente trattato e sul trattato sul funzionamento dell’Unione europea…
I due trattati hanno lo stesso valore giuridico. L’Unione sostituisce e succede alla Comunità
europea.

LA NATURA GIURIDICA DELL’UE

L’UE è una:

· Organizzazione internazionale, in particolare sovranazionale


· Non è uno Stato federale- Gli stati membri sono degli Stati, con le loro identità art.
4 (2) TUE

L’UE è una organizzazione sovranazionale:

· Efficacia diretta del diritto UE


· Primato del diritto UE
Ø Van Geld en Loos, 1963
Ø Costa c. ENEL, 1964
Ø Parere 1/91
Ø Le Verts c. Parlamento europeo, 1986 (moderata da) Parere 2/13:
· Ma gli Stati restano i “padroni” dei trattati:
Ø Procedure di revisione dei trattati
Ø Diritto di recesso
Ø Principio di attribuzione delle competenze

VALORI E OBIETTIVI DELL’UE

Art.2 TUE

Norma fondamentale

Importanza testimoniata dall aggancio a:

Art.7 (1) TUE e procedura di sanzione per gli Stati che violano i valori dell’UE- porta alla privazione
di alcuni diritti (es.voto) ma non l’espulsione

Art.49 TUE e ammissione di nuovi Stati membri “Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui
all’articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro dell’Unione”

Art.2 TUE e azione esterna dell’UE

Art.21 TUE

L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno inform ato la
creazione, lo sviluppo e l’allargamento…

L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di
cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di:… salvaguardare i suoi

Art.3 TUE e obiettivi dell’UE

Enunciato piuttosto ampio e ambizioso

Sviluppo non omogeneo degli obiettivi:

TFUE

PESC

Ogni atto di diritto UE deve avere una base giuridica:

Corte di giustizia: è un obbligo di “buona fede comunitaria”-È autonomo rispetto al principio pacta
sunt servanda tipico dei trattati, in particolare quando si tratta della istituzione di organizzazioni
internazionali

Oltre il principio di attribuzione delle competenze…

Clausola di flessibilità—art.352 (1) TFUE (Se un’azione dell’Unione appare necessaria… per
realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di
azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all’unanimità…)
Poteri impliciti—Commissione c. Consiglio, 1971 (“sentenza AETS”)

TIPI DI COMPETENZE DELL’UE: Artt.2-4 TFUE

Competenze esclusive: l’UE è l’unica a poter legiferare

Competenze concorrenti: l’UE e gli Stati membri possono legiferare

· principio di pre-empition
· leale cooperazione—art.4 (3) TUE: l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono
reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati

Competenze di sostegno, coordinamento e completamento dell’azione degli Stati membri:


l’UE non legifera, non ci sono regole comuni

Principi per l’esercizio delle competenze dell’UE:

Principio di sussidiarietà: nei settori non di sua competenza esclusiva l’UE interviene solo se gli
obiettivi previsti non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma sono
meglio conseguibili a livelli di UE (principio di prossimità);

Principio di proporzionalità: il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto


necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati;

Protocollo sui principi di sussidiarietà e proporzionalità

ALTRI “TIPI” DI COMPETENZE DELL’UE: art. 2 (3) (4) TFUE

3.Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche e occupazionali in relazione alle
competenze dell’Unione.

4.L’Unione ha competenza, conformemente alle disposizioni del trattato sull’Unione europea, per
definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva
di una politica di difesa comune.

COMPETENZE DELL’UE ED “ESIGENZE” PREVISTE DAI TRATTATI: artt. 7-17 TFUE

Art.8: eliminazione delle ineguaglianze e parità tra uomini e donne.

Art.9: promozione di un elevato livello di occupazione.

Art.10: combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza.

Art.11: tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile.

Art.12: protezione dei consumatori.

Art.13: esigenze degli animali in quanto esseri senzienti.

Art.17: rispetto dello status di chiese e religioni.

NORME DI DIRITTO SOSTANZIALE CHE REALIZZANO OBIETTIVI DELL’UE (PAR.15, CAP.2)

· Spazio di libertà, sicurezza e giustizia


· Mercato interno
· Unione economica e monetaria

LA CITTADINANZA DELL’UE

Istituita col Trattato di Maastricht (1991)— Artt.9 TUE e 20 TFUE:

è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza


dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce.

DIRITTI DEL CITTADINO UE (DOVERI NON CE NE SONO)


· Diritto di circolazione e soggiorno
· Elettorato attivo e passivo per il Parlamento europeo e le elezioni locali nello Stato di
residenza (se diverso da quello di cittadinanza)
· Protezione diplomatica e consolare
· Diritto di petizione (nella propria lingua) al Parlamento europeo ritengono sia stato violato
un loro diritto oppure la normativa comunitaria
· Diritto di petizione (nella propria lingua) al Mediatore europeo

CITTADINI E PRINCIPI DEMOCRATICI NELL’UE:

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA

· Titolo II TUE ___ deficit democratico nell’UE


· Democrazia rappresentativa
· Democrazia partecipativa
· Contributo dei parlamentari nazionali (rinvio al par.18, L’evoluzione del ruolo dei
parlamenti nazionali)

Democrazia rappresentativa:

· Rappresentatività del Parlamento europeo


(progressivo ampliamento dei suoi poteri)
· Responsabilità dei rappresentanti degli Stati membri davanti ai Parlamenti nazionali
(che rappresentano i cittadini)
· Partiti politici a livello europeo (e nomina della Commissione europea)

Democrazia partecipativa:

· Commissione e consultazioni
· Iniziativa dei cittadini
(un milione di cittadini di un “numero significativo” di Stati membri)
Ø Commissione e potere di iniziativa

L’INTEGRAZIONE DIFFERENZIATA NELL’UE

Esempi di integrazione differenziata:

· Area Schengen
· Unione monetaria
· Clausole di opting-out (es. Danimarca e difesa)

Diversa dall’integrazione differenziata è, però, la cooperazione rafforzata:

permette agli Stati UE volenterosi (quindi: non tutti) di condurre azioni comuni nel rispetto del
quadro istituzionale unico dell'Unione, lasciando aperta agli altri Stati UE di aggiungersi
successivamente

→ non devono riguardare competenze esclusive dell’Unione e la PESC

→ migliora la cooperazione all’interno dell’UE e consente lo sviluppo, pur parziale, del processo di
integrazione

Art.20 TUE

La cooperazione rafforzata è avviata con una decisione del Consiglio, assunta se

· L’oggetto della cooperazione non può essere conseguita entro un termine ragionevole
dall’Unione nel suo insieme
· Se vi partecipano almeno 9 Stati membri

LEZ 3 video 1

Unione europea: organizzazione internazionali di natura sovranazionale:


● dal punto di vista giuridico si rifà al trattato di lisbona del 2009
-si rifà al trattato dell’unione europea
-detta la disciplina giuridica dell’ue
● trattato di maastricht 1992
-è un trattato sull’ue (50 articoli)
-firmato a maastricht in presenza del presidente del parlamento europeo on Egon Klepsch.
-la norma del trattato d’unione è fondata sulle:
1) comunità eu (primo pilastro),
2) politica estera e di sicurezza comune (PESC) (secondo pilastro)
3) giustizia di affari interni (GAI) (terzo pilastro)
-modificato dal trattato di lisbona
● il trattato sull’ue contiene il trattato sul funzionamento dell’ue
composto da 358 articoli, che a sua volta comprende:
1) l’ex disciplina della comunità europea:
ciò che prima del trattato di lisbona era regolato dal trattato di roma
2) la cooperazione giudiziaria
che con i trattati di lisbona è passata al regime giuridico comunitario
(con lisbona la disciplina giudiziaria è stata comunitarizzata)

Nel trattato dell’ue si presenta la disciplina della politica estera e di sicurezza (PESC) regolata dal
metodo intergovernativo:
si sostiene (con un dibattito) che si tratti di una politica intergovernativa anche se ci sono degli
elementi nella sua disciplina, introdotti nel tempo (a partire da maastricht) dalle modifiche dei trattati
di lisbona, amsterdam e nizza, che contaminano la disciplina della PESC con elementi del metodo
comunitario.
Ad esempio: la corte della giustizia ha una competenza anche se limitata, in ambito PESC quando
sappiamo che la regola generale di approvazione degli atti in ambito intergovernativo e l’unità del
consenso.

Il quadro giuridico (TUE, TFUE e PESC)


è accompagnato dalla carta dei diritti fondamentali dell’ue:
1) essa propone una disciplina politica dell’individuo che anche gli stati membri devono
rispettare quando attuano il diritto dell’ue
2) catalogo di diritti che spettano alle persone e che l’ue nel momento in cui agisce nell’ambito
delle sue competenze deve rispettare:
3) diventa invocabile per essere applicata solo nelle misure in cui viga almeno una
competenza dell’ue
Art.1 (3) TUE

L’Unione si fonda sul presente trattato e sul trattato sul funzionamento dell’Unione europea… I due
trattati hanno lo stesso valore giuridico. L’Unione sostituisce e succede* alla Comunità europea.

Art.6
la carta dei diritti fondamentali dell’ue ha lo stesso valore giuridico del TUE e TFUE.

*L’utilizzo di questo verbo ha suscitato un dibattito in dottrina: il verbo fa riferimento alla disciplina
della successione, passaggio da qualcosa che si estingue a qualcosa che viene in vita.
Tecnicamente non è una successione in senso stretto, se fosse stato così quest’ultima avrebbe
dovuto comportare l'estinzione della comunità europea, la sua messa in liquidazione e il passaggio
delle sue competenze ad un’altro ente; ciò tecnicamente non si è verificato. Questo perchè il
trattato di Lisbona pur prendendo l’esperienza dal trattato costituzionale, va ad intervenire sugli
altri esistenti.

Video 2 Il carattere sovranazionale dell’UE

L’UE appartiene alla tipologia delle organizzazioni internazionali. È un’organizzazione


sovranazionale perché la sua disciplina è di integrazione.
Un carattere sovranazionale è dato dalla presenza di una corte di giustizia, la quale può decidere
se uno stato abbia più o meno violato il diritto dell’unione e potenzialmente possa sanzionarlo
attraverso dei rimedi giurisdizionali.

L’UE non è uno stato federale: negli anni 50 affonda l'idea di uno stato federale quando con il
fallimento della CECA si ebbe la necessità di rivedere il processo di integrazione europea e questo
portò alla stipula del trattato di Roma, con la creazione della comunità economica europea e
dell'Euratom. Si progettava spesso un’unione politica ma gli stati non erano desiderosi di questo
sviluppo e pertanto si procedette attraverso la comunità economica europea, quindi ad uno
sviluppo di tipo economico.

Con la creazione dell’UE negli anni 90 tutto assunse un respiro più politico:
1) Viene cancellata la comunità economica europea che diventa solamente comunità
europea.

2) viene istituita la cittadinanza europea

Cos’è uno stato federale? È uno stato federale quello che presenta una struttura interna che
prevede tanti stati uniti fra loro e stipulati in fedus, per cui viene creata un'attività di governo di tipo
federale che abbia delle proprie competenze.

Art.4 COMMA 2:

“gli stati membri mantengano la loro entità nazionale che vengano rispettate dall’unione.”

● Le sentenze sulla giurisprudenza sulla sovranazionalità:


Le sentenze illustrate sono storiche, fanno riferimento all'innovatività del fenomeno di
integrazione europea, alla creazione di un ordinamento giuridico autonomo rispetto a quello
degli stati membri che fa capo alle comunità europee (siamo nel 63, la corte di giustizia ha
ancora le comunità eu), circostanza che non si rivede nelle altre organizzazioni
internazionali.

Costa contro enel è una sentenza contro il primato del diritto dell’unione, primato che
consiste sul fatto che prevale sempre il diritto dell’ue.

● Un’altra conferma sulla sovranazionalità europea viene anche dalla sentenza contro il
parlamento europeo e dal parere 191. Il parere 191 conferma la sovranazionalità europea
e la sentenza contro il parlamento europeo (sentenza emanata durante un ricorso per
annullamento). La sentenza fa riferimento a l'innovatività del fenomeno di integrazione
europea. Riguarda il primato del diritto dell’unione che consiste nel fatto che davanti ad una
disposizione nazionale di contenuto apposto prevede il diritto dell’unione. Ciò pico delle
organizzazioni sovranazionali.

Moderazione della sentenza lever parere 2 13: corte di giustizia che riferisca il carattere
della sovranazionalità dell’UE.

Anche se l’UE è sovranazionale questo non incide sul fatto che i domini del trattato restano gli stati
membri e lo dimostrano 3 elementi:

1) è possibile rivedere i trattati, ciò comporta che ogni modifica richiede il consenso finale
degli stati membri e sono quest’ultimi a decidere se una modifica vada in porto o no (atto
della rettifica)
2) diritto recesso, lo stato può uscire dall’UE
3) principio di attribuzione delle competenze che consiste nel principio che riguarda il
funzionamento dell’organizzazione internazionale.

In genere un’organizzazione internazionale può fare soltanto azioni che siano riferite alle
competenze che gli sono state assegnate (se agisce fuori dalle proprie competenze, gli atti
possono essere annullati). Tutto ciò che viene assegnato in termini di competenze
all’organizzazione internazionale è precluso all’organizzazione internazionale: ad esempio, l’ue
non ha competenza in ambito di stato civile, ciò vuol dire che essa è definita diversamente nei
vari stati membri (nazionale).

LEZIONE 3 VIDEO 3

Valori degli obiettivi dell’UE

Questi valori sono aspetti fondanti dell’organizzazione internazionale. La norma di riferimento è


l’articolo 2, una norma di carattere fondamentale di impianto assiologico che fa riferimento a valori
indicati (come la dignità) che costituiscono le regole che l’UE si è data e intende rispettare.

Art.2 TUE Norma fondamentale

richiamata per ricostruire il contesto normativo dal quale si parte per verificare la legittimità, la
condotta degli stati membri e l’aderenza ai valori dell’unione.
L’organizzazione si è data con l’articolo 2 un impianto valoriale preciso e in tutta la sua azione lo
mantiene e lo rispetta (altrimenti sarebbe illegittimo).
Importanza testimoniata dall aggancio a:

● Art.7 (1) TUE procedura di sanzione per gli Stati che violano i valori dell’UE che porta alla
privazione di alcuni diritti (es.voto) ma non l’espulsione

rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo all’interno dell’UE

● Art.49 TUE e ammissione di nuovi Stati membri “Ogni Stato europeo che rispetti i valori di
cui all’articolo 2 e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro
dell’Unione”

riguarda l’ammissione dei nuovi membri che devono anche loro aderire ai valori

● Art.21 TUE

L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato
la creazione, lo sviluppo e l’allargamento…
L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello
di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di:… salvaguardare i suoi
valori

(norma ombrello), raccoglie tutta l’azione esterna dell’unione senza però disciplinarla
completamente.Una norma di raccordo, che afferma che l’azione dell’unione sulla scena
internazionale si fonda sui principi che hanno formato la creazione, sviluppo e allargamento. Essa
salvaguarda i valori dell’UE

● Art.3 TUE e obiettivi dell’UE

Enunciato piuttosto ampio e ambizioso

Sviluppo non omogeneo degli obiettivi: TFUE, PESC

ogni azione dell’unione deve mirare alla realizzazione di ognuno degli obiettivi. è diviso in commi
perché gli obiettivi sono indicati in base alle finalità.

La PESC utilizza il metodo intergovernativo, quindi è più difficile prendere delle decisioni. Il metodo
comunitario, invece, garantisce una maggiore omogeneità nel raggiungimento degli obiettivi.

LEZIONE 3 VIDEO 4 IL TEMA DELLE COMPETENZE DELL’UE

L’unione è governata dal principio di attribuzione delle competenze, quindi può esercitare solo le
competenze scritte e attribuite nei trattati.
Principio di attribuzione delle competenze:

● Art.3 (6) TUE


(L’Unione persegue i suoi obiettivi… in ragione delle competenze che le sono attribuite nei
trattati

● Art.5 (2) TUE


(La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione) il
trattato di lisbona continua a ripetere tali circostanza anche se è una norma di diritto
internazionale, ciò nonostante l’unione lo precisa

● Art.13 (2) TUE


(Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati) ogni
istituzione si occupa di compiti e funzionamenti interni, ogni istituzione ha un compito e
svolge solo quello

● Art.4 (1) TUE


(… qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri.)

La circostanza che l’unione abbia delle competenze attribuite inserite nei trattati fa si che nei trattati
ci sia scritta la disciplina dell'esercizio di queste competenze.

Ogni atto dell’unione deve avere una norma che consente di emanare un provvedimento indicando
il tipo di provvedimento e la procedura seguita in quella specifica materia.

Nei trattati ci sono diverse norme che legittimano l’azione dell’unione in quella materia secondo le
procedure previste e quindi facendo agire certe istituzioni
( questa norma si chiama dunque base giuridica).
In un atto dell’unione tra le prime indicazioni ci deve essere sempre la base giuridica, in quanto
deve indicare la norma su cui si basa la sua emanazione, con l’intervento di istituzioni (l’assenza
di base giuridica ne annulla l’atto).
Se nei trattati non è presente una possibilità di azione di cui l’unione si dovrebbe avvalere per
realizzare i suoi obbiettivi e se l’unione ha necessità di fare qualcosa che non sia stato attribuito,
si fa riferimento a due meccanismi:

1) Clausola di inflessibilità—art.352 (1) TFUE se un’azione dell’unione appare necessaria


per realizzare gli obiettivi trattati senza che questi ultimi abbiano previsti i poteri di azione
richiesti a tal fine il consiglio dell’unione procede all’unanimità. Consente di fare qualcosa
che permette di realizzare gli obiettivi facendo agire il consiglio col massimo consenso
possibile. si tratta di atti per il raggiungimento di obiettivi.

2) Meccanismo dei poteri impliciti -Commissione c. Consiglio, 1971


(“sentenza AETS”) fa riferimento ad una teoria del diritto. È possibile ricavare una capacità
di azione che l’organizzazione internazionale ha anche se questa non è scritta nei trattati,
sempre che non si tratti di espansione delle competenze.

nella sentenza citata, i trasporti AETS, la comunità era dotata di atti di tipo interno, atti che servivano a regolare
i trasporti fra gli stati, ma per raggiungere gli obiettivi presenti dalla ditta trasporti poteva essere necessario
concludere i rapporti con stati terzi (i trattati non prevedevano espressamente tale possibilità). La corte facendo
leva sui poteri impliciti ricava questa capacità di azione, poiché si tratta della stipula di un accordo internazionale:
materia attribuita all’unione con obiettivi ben precisi, proprio interpretando il quadro normativo offerto dal trattato
sull’ue.

lez.3 video 5

Le competenze dell’Unione Europea sono 3 tipi

(non tutte le competenze dell'ue sono uguali ma fanno riferimento a tre tipi con degli effetti
completamente diversi).
● Le competenze ESCLUSIVE. competenze materiali, nelle quali soltanto l’unione può agire,
ed è invece preclusa la possibilità agli stati di normare la materia.
Sono poche e sono indicate all’articolo 3 del TFUE:
1 Unione Doganale
2 Le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno
3 La politica monetaria solo per stati che hanno adottato l’Euro
4 la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune
della pesca: conservazione delle risorse alieutiche. fa riferimento alle azioni della pesca
che portano all’impoverimento di determinate specie.
5 La politica commerciale comune che è un ambito importante dell’azione esterna
dell’unione europea, parliamo di cose legate alla comunità internazionale, accordi presi
quindi fuori dall’unione europea.

alla comma 2 art 3 del TFUE


si fa riferimento al parallelismo delle competenze esterne dell’ue: L'Unione ha inoltre competenza
esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto
legislativo dell'Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello
interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata.
● Le competenze DI CARATTERE CONCORRENTI
Articolo 4 (energia, trasporti, agricoltura, pesca, sicurezza, giustizia ecc…),
la caratteristica di queste competenze è che sia l’unione europea che gli stati membri
possono adottare atti in materia però nel momento in cui l’unione interviene in una materia
di competenza concorrente non possono più farlo gli stati principio di pre-empition
· leale cooperazione—art.4 (3) TUE: l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono
reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati (impossibilità degli
stati di agire dove l’unione europea abbia già normato una materia di competenza
concorrente).

Si cita il Principio di Leale cooperazione art 4 comma 3 del TUE il quale afferma che
l’unione europea e gli stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente
nell’adempimento dei compiti derivati dai trattati, pertanto applicato alle competenze
concorrenti, se l’unione ha agito non possono più farlo gli stati membri.
● COMPETENZE DI SOSTEGNO,
COMPLETAMENTO DI AZIONI DI STATI MEMBRI art 6 del TUE
(miglioramento salute umana, cultura turismo)
in queste materie non c’è emanazione di atti che comportino l’adozione di regole comuni,
ma azioni che i singoli stati membri possono sostenere a livello nazionale. In sostanza
sono una famiglia di competenze blande.

Principio di Sussidiarietà: principio fondante del diritto dell'UE, che non si può applicare a
competenze esclusive. l’Unione Europea interviene solo se quanto si intende realizzare in
termini di obiettivi sia meglio conseguibile a livello di unione che non facendo agire
singolarmente gli stati membri che pure potrebbero, però l’azione congiunta dell’unione
consente di realizzare meglio gli obiettivi previsti di queste competenze concorrenti.

Principio di Prossimità: principio più generale, afferma che una decisione riguardante un
territorio, i cittadini deve essere presa dal livello decisionale più vicino possibile ai
destinatari della norma, perché questo livello decisionale è nella miglior condizione di poter
decidere, avendo maggiori elementi conoscitivi della realtà su cui interviene piuttosto che
del territorio sul quale insisteranno gli effetti della norma.

Principio di proporzionalità: si applica sempre (non c’è distinzione di materia, nel senso che
vale per tutti i tipi di competenze) indica semplicemente che il contenuto e la forma
dell’azione dell’unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi
dei trattati, ciò significa che quando l’unione emana un atto deve osservare la
proporzionalità, quindi deve domandarsi in relazione all'obiettivo da conseguire che tipo di
atto adottare e a quali tipi di norme vuole dare vita. Quindi questo principio serve all’unione
per individuare il tipo di atto che deve essere adottato.

lez.3 video 6 altre competenze:

● Il coordinamento delle politiche economiche occupazionali degli stati membri: L’unione


europea ha la competenza di coordinamento in questa specifica materia, infatti la materia
del lavoro è ancora in buona parte consegnata agli stati membri, la legislazione sul lavoro,
tipi di contratti, come funziona il mercato del lavoro, la sua flessibilità è ancora una disciplina
nazionale, come dimostra il fatto che a seconda dello stato membro in cui ci si muove, il
lavoro è regolato diversamente.
Ciò nonostante l’unione provvede a un coordinamento (perché il lavoro è legato
all’economia, le politiche economiche degli stati membri sono coordinate, quando c’è l’euro
ci sono dei parametri ben precisi da rispettare per rimanere in area euro).
In materia l’unione può emanare degli orientamenti in materia di occupazione che sono
molto blandi ma che servono a guidare l’emanazione a livello nazionale delle disposizioni
riguardanti le politiche economiche occupazionali.

● Politica estera di sicurezza comune che è una competenza a parte, perché si tratta di un
ambito fuori, regolato dalla disciplina contenuta nel TUE la cui norma di riferimento è
l’articolo 24 del TUE anche se afferma che l’unione ha una competenza in materia di PESC
per ogni questione riguardante la politica estera

art 2 comma 3-4 tfue


da consultare per l’emanazione di atti per vedere in quali ambiti l’unione interviene e su che competenze

3. Gli Stati membri coordinano le loro politiche economiche e occupazionali secondo le modalità previste dal
presente trattato, la definizione delle quali è di competenza dell'Unione.

4. L'Unione ha competenza, conformemente alle disposizioni del trattato sull'Unione europea, per definire e
attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di
difesa comune.

art 24 tue (specifico sulla politica estera di sicurezza comune)

1. La competenza dell'Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della
politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, compresa la defi- nizione progressiva di
una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune.

La politica estera e di sicurezza comune è soggetta a norme e procedure specifiche. Essa è definita e attuata
dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano
diversamente. È esclusa l'adozione di atti legislativi. La politica estera e di sicu- rezza comune è messa in
atto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dagli Stati membri in
conformità dei trattati. Il ruolo specifico del Parlamento europeo e della Commissione in questo settore è
definito dai trattati. La Corte di giustizia dell'Unione europea non è competente riguardo a tali disposizioni,
ad eccezione della competenza a controllare il rispetto dell'articolo 40 del presente trattato e la legittimità di
talune decisioni, come previsto dall'articolo 275, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione
europea.

2. Nel quadro dei principi e degli obiettivi dell'azione esterna, l'Unione conduce, stabilisce e attua una politica
estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri,
sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello sempre maggiore
di convergenza delle azioni degli Stati membri.

3. Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione in
uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca e rispettano l'azione dell'Unione in questo settore.

Gli Stati membri operano congiuntamente per rafforzare e sviluppare la loro reciproca solidarietà politica.
Essi si astengono da qualsiasi azione contraria agli interessi dell'Unione o tale da nuocere alla sua efficacia
come elemento di coesione nelle relazioni internazionali.

Il Consiglio e l'alto rappresentante provvedono affinché detti principi siano rispettati.

La politica estera di sicurezza comune comprende anche l’aspetto difesa, quindi l’aspetto sicurezza
e difesa e l’utilizzo di apparati militari
Va altresì detto che quando l’unione esercita le sue competenze ha un paletto, cioè c’è una serie
di norme del trattato sul funzionamento dell’unione europea che va dagli articoli 7 al 17 che indica
le cosiddette “esigenze” previste dai trattati;

● Nel momento in cui l’unione agisce, deve tenere conto sempre di queste esigenze, che
appunto è necessario considerare quando si emana un atto, per tanto se l’unione non tiene
conto di queste esigenze, viola una regola che si è data e l’atto può essere annullabile.
● Queste esigenze riguardano prevalentemente l’eliminazione delle disuguaglianze tra
uomini e donne (questioni di discriminazione di genere), promozione di un elevato livello di
occupazione, la lotta alle discriminazioni fondate non solo sul sesso ma anche su altri
ground: quindi razza, orientamento sessuale, orientamento religioso\ideologico ecc, tutela
dell’ambiente e sviluppo sostenibile, protezione dei consumatori, esigenze degli animali in
quanto esseri senzienti, una grande acquisizione di civiltà e il rispetto dello status di chiese
e religione. Quindi quando l’unione esercita le sue competenze di qualsiasi tipo nel rispetto
dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, deve tener conto che si è data anche questi
limiti\esigenze che è necessario rispettare.
● in base all’art 12 del TFUE
“Nella definizione e nell'attuazione di altre politiche o attività dell'Unione sono prese in
considera­ zione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori”

segue Il paragrafo 15, capitolo 2 che riguarda alcune norme di diritto sostanziale che realizzano
obiettivi dell’unione, offre degli esempi concreti sulle cose appena dette.

Le norme di diritto sostanziale dell’UE che realizzano i suoi obiettivi: spazio di libertà, sicurezza e
giustizia; mercato interno e sviluppo sostenibile dell’Europa; unione economica e monetari;
relazioni esterne (rinvio). In relazione a ciascuno di tali obiettivi i Trattati prevedono una serie di
norme materiali. Quanto all’obiettivo relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, materia in
cui l’UE e gli Stati membri esercitano una competenza concorrente, esso trova ora la sua
realizzazione esclusivamente nelle norme di cui al Titolo V della Parte Terza del TFUE. Queste
norme hanno ad oggetto:

a) Le politiche relative i controlli delle frontiere, all’asilo e all’immigrazione

b) La cooperazione giudiziaria in materia civile

c) La cooperazione giudiziaria in materia penale

d) La cooperazione di polizia

Inoltre, viene notevolmente ampliato il controllo giurisdizionale che può effettuare in materia la
Corte di Giustizia. Tuttavia, alcune decisioni importanti in materia richiedono ancora l’unanimità da
parte del Consiglio. La disciplina prevede anche un significativo coinvolgimento dei Parlamenti
nazionali, a livello di semplice informazione, di controllo e, persino, di veto. Quanto all’obiettivo del
mercato interno, esso comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera
circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Vale la pena richiamare il processo
che ha portato il mercato comune, originariamente previsto dal Trattato di Roma, ad evolversi nel
1992 in mercato interno, a seguito delle modifiche introdotte dall’Atto unico europeo. Per
comprendere cosa aggiunge il mercato interno al mercato comune, occorre ricordare che le quattro
libertà di circolazione previste dal Trattato di Roma per la realizzazione dell’allora mercato comune
erano state fondamentalmente intese come obbligo per ciascuno Stato membro di ammettere alla
libera circolazione al proprio interno merci, persone, servizi e capitali provenienti da altri Stati
membri alle stesse condizioni valevoli per merci e persone dello Stato in questione. L’integrazione
così realizzata avveniva secondo le regole del Paese di destinazione, nel senso che a persone,
merci che volessero uscire dal proprio Paese di origine, veniva garantita parità di trattamento con
persone, merci del Paese di destinazione, in linea con il divieto di discriminazioni basate sulla
nazionalità. Questa soluzione apparve presto inadeguata, in quanto di possono celare delle
situazioni profondamente discriminatorie.

Per ovviare a questi inconvenienti la Corte di Giustizia ha cominciato a introdurre, sin dalla fine
degli anni ’70, il principio secondo cui i prodotti legalmente fabbricati e venduti in uno Stato membro
devono poter liberamente circolare negli altri Stati membri, così come le persone legittimamente
abilitate all’esercizio di una professione in uno Stato membro devono poterla esercitare anche negli
altri Stati membri. Le uniche restrizioni che lo Stato può imporre devono essere giustificate da
motivi attinenti alla salute pubblica, alla correttezza del commercio, alla tutela dei consumatori, e
simili. In altre parole, con queste sentenze la Corte di Giustizia ha sostituito al principio del Paese
di destinazione il principio del Paese di origine, secondo cui non è possibile per lo Stato di
destinazione imporre condizioni più onerose di quelle richieste dallo Stato di origine, con la sola
eccezione delle misure che possono essere giustificate da esigenze imperative di interesse
generale. La conseguenza dell’applicazione di tale principio potrebbe, però essere quella del
verificarsi di discriminazioni alla rovescia. Infatti, i cittadini di uno Stato in cui sono in vigore
determinate restrizioni non potrebbero esercitare professioni nel proprio Stato, mentre, in virtù del
principio del mutuo riconoscimento, potrebbero invece farlo i cittadini degli altri Stati membri che
tali restrizioni eventualmente non prevedano. La realizzazione del mercato interno è inserita nel
quadro del più generale obiettivo dello sviluppo sostenibile dell’Europa, al quale contribuiscono
diverse altre politiche dell’UE, in particolare la politica sociale e la politica ambientale.

Quanto all’obiettivo dell’unione economica e monetaria, esso trova la sua realizzazione nelle norme
di cui al Titolo VIII della Parte Terza del TFUE. Ricordiamo che le politiche economiche restano di
competenza degli Stati membri, che assumono semplicemente l’obbligo di coordinarle nell’ambito
del Consiglio. L’UE, invece, ha una competenza esclusiva relativamente alla politica monetaria
degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Questa asimmetria nel trattamento riservato, nell’ambito
dell’UE, alla politica economica e a quella monetaria rappresenta però un elemento di criticità, che
spiega le difficoltà che l’unione economica e monetaria ha incontrato. Come insegna la scienza
economica infatti, la politica monetaria è strettamente collegata alla politica economica, intesa
come politica di bilancio, comprensiva di una politica fiscale (entrate) e di spesa pubblica (uscite).
La stabilità della moneta è influenzata dalla politica economica, dato che quanto più sana è la
politica economica, tanto più forte è la moneta. Nell’ambito dell’UE si è realizzata una moneta
unica, mentre non si è realizzata una politica economica comune, dato che questa realizzazione
avrebbe inciso troppo pesantemente sulla sovranità degli Stati. In assenza di una politica
economica comune, si è semplicemente prevista una procedura per evitare disavanzi eccessivi
attraverso le relative norme del TFUE. Ciò comporta una duplice conseguenza: allorché la politica
economica è gestita allo stesso livello di quella monetaria, la politica economica si adatta di volta
in volta alle situazioni contingenti, nel senso che, ad esempio, agisce sulle imposte, riducendole
(favorendo la spesa pubblica), o agisce in senso contrario per raffreddare l’economia e contrastare
spinte inflazionistiche.

Quando invece, i criteri di politica economica sono fissati in un trattato, tale flessibilità si perde. La
Seconda conseguenza è che la moneta unica riposa, in definitiva, sulla volontà degli Stati membri
di rispettare i propri impegni internazionalmente assunti in materia di politica economica. La
conclusione è che la moneta unica, senza una politica economica altrettanto unica, non pare
essere una realizzazione con i caratteri dell’irreversibilità.

lez.3 video 7

principio di “leale cooperazione” prima citato, nel momento in cui ci occupiamo di cooperazione
tra unione europea e stati membri e questo perché la creazione dell’unione europea comporta
comunque diritti e doveri reciproci tra unione e stati membri e i loro rapporti che sono regolati
proprio dal trattato.
● La norma di riferimento è l’art.4 (3) TUE che così afferma: “in virtù del principio di leale
cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente
nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati”.
“Gli stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare
l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti dell’istituzione dell’
unione”,
quindi se l’unione ha agito in una determinata materia o nei trattati c’è scritto che gli stati
devono fare qualcosa, gli stati hanno il dovere di attuare le misure che a livello nazionale
sono necessarie per rendere concreto il rispetto di quanto previsto dall’Unione. Prosegue
la norma:
“Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da
qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.”
Quindi non è consentito a livello nazionale di agire in senso contrario a quello dell’Unione
perché questo violerebbe la cooperazione di base che deve sostenere il rapporto tra
l’unione e gli Stati membri.
Da questa norma emerge che gli Stati membri hanno un triplice obbligo di facere
(espressione latina che significa “obbligo di fare qualcosa”) ---> di rispettarsi, adottano ogni
misura necessaria ad attuare il diritto delle unioni, facilitano l’unione nell’adempimento dei
suoi compiti. Questi sono obblighi positivi, già indicati dai trattati; c’è un dovere di assistenza
“l’Unione degli Stati membri si assistono reciprocamente” (quindi ciò deve essere fatto).
Obbligo di Non Facere: “gli stati membri si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in
pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.”
Una norma di diritto quindi può indicare qualcosa che si deve fare ma può anche indicare qualcosa
che non va fatto.

Il principio di leale cooperazione è un principio su cui la Corte è intervenuta più volte dando un
chiarimento del suo contenuto sostanzialmente e del suo funzionamento e l’ho definito “obbligo di
buona fede comunitaria”.
Una piccola divagazione, però necessaria:
● nel diritto delle Organizzazioni internazionali, vige un principio secondo cui i rapporti tra le
Organizzazioni e gli Stati membri, di qualsiasi organizzazione si parli (ONU piuttosto che
l’Associazione degli stati del Sud-Est asiatico, poco importa) a riguardo c’è un principio
espresso dalla definizione latina pacta sunt servanda, ovvero “i patti si rispettano” il che
vuol dire che se degli Stati hanno creato un’Organizzazione internazionale e gli hanno
attribuito delle competenze, il Pacta Sunt Servanda trova applicazione nella misura in cui
poi si rispetta effettivamente, ovvero che l’organizzazione internazionale si atteggi
autonomamente, eserciti le competenze attribuite, eserciti le capacità di azione che spesso
si ricavano attraverso poteri impliciti o che si ricavano attraverso la clausola di flessibilità
quando è contenuta nei Trattati. Questa è una regola generale delle Organizzazioni
internazionali.
Nel caso dell’Unione europea, si potrebbe dire che l’obbligo di leale cooperazione sostanzialmente
coincida con il Pacta Sunt Servanda ma non è così, è qualcosa di più. Si ritiene addirittura che il
Pacta Sunt Servanda regga la cooperazione tra l’UE e i suoi Stati membri ma che il principio di
leale cooperazione la specifichi così tanto da qualificare in maniera diversa perché esprime un
dovere di cooperazione più intenso di quello del Pacta Sunt Servanda ed è per questo che la Corte
di giustizia l’ha denominato - per così dire - “a parte” affiancandolo al Pacta Sunt Servanda
definendolo un “obbligo di buona fede comunitario”. L’effetto però può apparire sostanzialmente
identico perchè il principio di “buona fede comunitario” fa riferimento al fatto che se si è creata la
Comunità Economico Europea, con un grado di integrazione così inteso come conosciamo, allora
la Corte si è espressa che è necessario che ci sia la massima leale cooperazione tra
l’organizzazione e i suoi Stati membri affinchè l’organizzazione stessa possa completamente
funzionare.
LA COOPERAZIONE TRA UE E STATI MEMBRI

Principio di leale cooperazione

Art.4 (3) TUE

La leale cooperazione è un dovere e fa sorgere degli obblighi in capo agli Stati:

· Triplice obbligo di facere


· Dovere di assistenza
· Obbligo di non facere

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E’ sicuramente parte del disegno politico che soprattutto da Maastricht ha improntato il processo
di integrazione europea, la cittadinanza dell’unione, data appunto con il trattato di Maastricht
del ‘91 e oggi, sotto il regime di Lisbona, ne fanno riferimento gli articoli 9 TUE e 20 TFUE. Questi
dicono sostanzialmente che:
è cittadino dell’ Unione Europea chiunque abbia la cittadinanza di uno stato membro.
● La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce,
pertanto la cittadinanza dell’UE sussiste quando un individuo ha la cittadinanza di uno stato
membro, l’individuo non perde la cittadinanza nazionale ma si ritrova in più la cittadinanza
dell’Unione che è portatrice di diritti. Il contrario invece non è possibile, quindi non è
possibile che a partire dalla cittadinanza dell’Unione si ricavi la cittadinanza nazionale
questo perché la cittadinanza dell’Unione non è una cittadinanza in senso
classico/originario, la cittadinanza in senso originario è quella che ti conferisce lo stato in
ragione della legislazione che hai in materia di cittadinanza. La cittadinanza dell’Unione non
ha una legislazione atta a conferirla e per forza si presenta come una conseguenza del
possesso della Cittadinanza Nazionale.
Cittadinanza dell’Unione = Cittadinanza di tipo complementare.
La Cittadinanza dell’Unione comporta giustamente anche dei diritti:
1. Es. Il cittadino dell’UE ha diritto di circolo e soggiorno all’interno del territorio dell’Unione,
per turismo, studiare, lavorare o restarci per sempre.
> Ci sono atti di diritto derivato, quindi regolamenti o norme che regolamentano specifiche
condizioni di movimento anche se resta sottintesa la libertà di spostarsi tra uno o più stati
membri.

2. Se mi sposto a vivere in un altro stato membro dell’UE io ho il diritto di votare per le elezioni
locali o addirittura posso candidarmi.

3. Il cittadino dell'Unione che è all’estero ha la possibilità di farsi assistere in caso di necessità


dalla rappresentanza diplomatica o consolare di qualsiasi stato membro dell’UE qualora
quella del proprio stato non sia presente.
la rete di relazioni diplomatiche e consolari nella comunità internazionale è vastissima, ma
non sempre uno stato apre una rappresentanza verso altri stati, ci sono stati che hanno
una rete capillare di ambasciate e stati che questa possibilità non ce l’hanno.

Diritto di petizione: Riguarda il rivolgere un quesito nella propria lingua al parlamento europeo
qualora l’individuo/gruppo di individui ritenga che sia stato violato un loro diritto o in generale la
normativa dell’Unione.
Esiste anche il diritto di petizione sempre nella propria lingua ma rivolto al mediatore europeo,
che è un organo di diritto dell’Unione non qualificato come istituzione ma semplicemente un
difensore civico dell’Unione a cui ci si rivolge per lamentare casi di cattiva amministrazione da parte
dell’Unione.

● L’Unione di ispira a dei Principi Democratici e questo costituisce un'acquisizione


importante perché dopo il trattato di Maastricht soprattutto veniva ancora lamentato un certo
deficit democratico:
scarso del Parlamento Europeo, era ancora molto internazionale l’organizzazione e ancora
poco sovra nazionale... (questo secondo alcuni, in realtà era già sovranazionale).
Nel trattato di Lisbona vengono inseriti i Principi Democratici, i principi che reggono il
funzionamento dell’ Unione secondo due declinazioni:
1. Principi riguardanti la Democrazia Rappresentativa
2. Principi riguardanti la Democrazia Partecipativa

Quale ruolo hanno i cittadini dell’UE rispetto all'azione dell’UE?


1. In termini di Democrazia Rappresentativa il Parlamento Europeo rappresenta direttamente
i cittadini europei e questo sicuramente costituisce un momento di attuazione dei principi
democratici e per altro l’ampliamento dei poteri nel tempo attraverso i trattati da Maastricht
in poi testimonia un rafforzamento della sua rappresentatività e quindi del ruolo
partecipativo che il parlamento svolge rispetto ai principi democratici che si applicano sui
cittadini.
2. va altresì dato conto di quelle indicazione data dei trattati secondo cui i rappresentanti degli
stati membri, sono comunque responsabili davanti ai parlamenti nazionali, si crea l’idea che
ci sia come una sorta di “accountability”, quindi di necessità di dover essere responsabili
per quanto sia deciso e compiuto, anche se parlando di rappresentanti di stati membri, in
questo caso i riferimenti sono i parlamenti nazionali.
3. E’ parte della democrazia rappresentativa, la circostanza che i partiti politici europei che
non sono come quelli nazionali, in quanto i partiti politici di livello europeo sono associazioni
di partiti nazionali che si accomunano in base ad una comune base valoriale di principi, di
obiettivi o di programmi, esprimono comunque la rappresentatività di coloro che li votano e
pertanto realizzano un momento di democrazia.

La democrazia partecipativa:
1. La commissione europea si è data un obiettivo di procedere ad ampie consultazioni prima
di proporre l’adozione di un atto dell’Unione (che è fondamentale perché la commissione
ha il monopolio nella proposta degli atti di diritto dell’Unione) e poi la possibilità che un
milione di cittadini appartenenti ad un numero significativo di stati membri, possa esercitare
un’ iniziativa sugli atti, ma non è l’iniziativa legislativa in ambito nazionale, perché a livello
nazionale i cittadini possono depositare un progetto di legge alle camere se in un certo
numero firmano questo progetto e c’è un articolato completo. In realtà a livello europeo
questa iniziativa è filtrata dalla commissione (la quale ha il monopolio) ma alla base ci può
essere un'iniziativa dei cittadini che può stimolare la commissione ad esercitare l'iniziativa
legislativa.

paragrafo 18:
18. I principi democratici: democrazia rappresentativa e democrazia partecipativa.

Il Trattato di Lisbona ha visto l’introduzione di alcune norme che vanno a costituire il Titolo II del
TUE, significativamente “Disposizioni relative ai principi democratici”. Tali norme si comprendono
alla luce di quel problema del deficit democratico che ha determinato una serie di interventi volti in
particolare a rafforzare i poteri del Parlamento europeo, unica istituzione dell’UE democraticamente
eletta dai cittadini. Le disposizioni del Titolo II articolano le “credenziali democratiche” attorno a tre
profili essenziali: il principio della democrazia rappresentativa, il principio della democrazia
partecipativa e il contributo che anche i Parlamenti nazionali possono offrire alla legittimità
democratica dell’UE.
Iniziando dal principio della democrazia rappresentativa, dobbiamo osservare che esso assume
un rilievo preminente, in quanto, è proprio sulla democrazia rappresentativa che il funzionamento
dell’UE “si fonda”.

L’articolo prosegue individuando tre dati che sostanziano questo principio:


I cittadini europei sono direttamente rappresentati, a livello dell’UE, nel Parlamento europeo
I rappresentanti degli Stati membri sono democraticamente responsabili dianzi ai loro Parlamenti
nazionali I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea
e ad esprimere la volontà dei cittadini dell’UE.
Secondo un’analisi più approfondita, il riferimento alla rappresentatività in Parlamento appare
quello più importante. In questa prospettiva, va apprezzato il progressivo rafforzamento dei poteri
del Parlamento europeo nei processi decisionali dell’UE. In riferimento poi, al fatto che ciascun
membro del Consiglio europeo o del Consiglio risponde politicamente dinanzi al rispettivo
Parlamento nazionale, è un’ovvia considerazione che non vale, tuttavia,
a conferire una legittimità democratica a tali istituzioni a livello dell’UE. Esse, infatti, restano
espressione degli esecutivi dei rispettivi Stati e i loro membri sono responsabili politicamente in
relazione al perseguimento degli interessi nazionali, non di quelli generali dell’UE.
Infine, quanto al ruolo dei partiti politici a livello europeo, dobbiamo osservare che questo è ancora
per molti versi embrionale. I partiti si aggregano là dove esiste un potere politico da conquistare o
da mantenere.

Il ruolo dei partiti politici nel Parlamento europeo, privo di un esclusivo potere legislativo, non è
assimilabile a quello dei partiti politici nazionali. Un’importante novità al riguardo è stata però
introdotta dal Trattato di Lisbona, laddove questo ha disposto che il Consiglio europeo, quando
propone al Parlamento europeo un candidato per la carica di Presidente della Commissione, deve
tenere conto delle elezioni del Parlamento Europeo. Ciò ha indotto i principali partiti politici europei
a indicare ciascuno un proprio candidato alla presidenza della Commissione, riuscendo poi a
ottenere che il Consiglio europeo proponesse
al Parlamento europeo proprio il candidato indicato.

Questo cosiddetto sistema degli Spitzenkandidaten, ossia dei capilista, aggiunge innegabilmente
un elemento di democraticità nell’impianto istituzionale dell’UE, valorizzando le elezioni del
Parlamento europeo. D’altra parte, la dottrina ha evidenziato anche alcune implicazioni
problematiche, poiché un troppo stretto legame della Commissione con una maggioranza di
riferimento sembra contraddire la logica di rappresentanza dell’interesse generale dell’UE. In
definitiva, dunque, permangono dei limiti a una completa affermazione della democrazia
rappresentativa nel quadro dell’UE. Solo una svolta in senso federale potrebbe determinare il
superamento di tali limiti.

Consapevoli di ciò, i redattori del Trattato di Lisbona hanno cercato di valorizzare anche ulteriori
apporti alla democraticità dell’UE, e in particolare quelli che possono derivare dalla messa in atto
di strumenti di democrazia partecipativa. A questo proposito, l’articolo 10 TUE sancisce il diritto di
ogni cittadino di partecipare alla vita democratica dell’UE. Secondo l’articolo 11 TUE invece, le
istituzioni dell’UE si impegnano, da un lato, a dare ai cittadini e alle loro associazioni
rappresentative la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni, e
dall’altro a mantenere “un dialogo aperto, trasparente e regolare” con tali associazioni e con la
società civile in generale.
In secondo luogo, la norma obbliga la Commissione a procedere ad ampie consultazioni delle parti
interessate. Una novità è invece la cosiddetta iniziativa dei cittadini europei, prevista dall’articolo
11 TUE. Quest’ultimo consente ad almeno un milione di cittadini dell’UE, che abbiano la
cittadinanza di “un numero significativo” di Stati membri, di invitare la Commissione a presentare,
nell’esercizio del proprio potere d’iniziativa, una proposta appropriata su materie in merito alle quali
tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’UE. Il regolamento che disciplina le
procedure necessarie per la presentazione di un’iniziativa dei cittadini, fissa a 1/4 del totale
(attualmente pari a 7) il numero minimo degli Stati membri da cui devono partire i firmatari di
un’iniziativa dei cittadini; è altresì disposto che i firmatari devono avere l’età minima richiesta nei
rispettivi Stati membri per acquisire il diritto di voto per le elezioni al Parlamento europeo. Prima di
iniziare a raccogliere le firme a favore di un’iniziativa, i promotori ne devono chiedere la
registrazione alla Commissione, che vi procede dopo aver verificato che siano rispettate alcune
condizioni di ammissibilità. Qualora sia raggiunto il numero minimo di firme, la
Commissione è tenuta a esaminare nel merito l’iniziativa e ad esporre le proprie conclusioni
giuridiche e politiche.
La Commissione non è dunque obbligata a presentare la proposta oggetto dell’iniziativa dei
cittadini. Fino ad oggi, solo quattro iniziative dei cittadini, su un totale di circa cinquanta, hanno
superato il milione di firmatari (Right2Water, One of Us, Stop Vivisection, Stop Glyphosate), e in
nessuno di questi casi la Commissione ha presentato le proposte sollecitate dai cittadini.

lezione 3 video 9

L’integrazione differenziata dell’unione nel lessico comune degli ambienti istituzionali è stata
presentata in maniera diversa. I più tecnici parlano di strumento di cooperazione progressivo
d’incoraggiamento alla integrazione.

esempi di integrazione differenziata


assistiamo a delle forme di integrazione che non coinvolgono tutti gli stati membri.

1) area schengen (non ne fanno parte tutti gli stati EU)


2) unione monetaria (l’euro non è adottato da tutti)
3) posizione peculiare della danimarca in materia di difesa. Su scelta della danimarca, non
parteciperà all’azione degli atti PESC riguardanti la difesa né sopporterà i costi per la loro
attuazione.

un esempio più forte, poiché disciplinato dal TUE, è però la:


Cooperazione rafforzata: solo un numero minimo di stati (9) può decidere di integrarsi più
intensamente in certe materie dell’unione che non siano competenze esclusive, sperando che
questa integrazione differenziata porti chi non ha partecipato ad aderire successivamente e a
portare avanti il processo di integrazione europea.
Chi è più pessimista visto nella cooperazione rafforzata, o comunque nella integrazione
differenziata che ha più sfaccettature, è invece un’espressione dell’Europa: più velocità, geometria
variabile. Uno stato dunque sceglie se integrarsi o no.

La cooperazione rafforzata ha avuto degli esempi di prassi, cioè sono state avviate delle forme di
cooperazione rafforzata ma non in tante materie.

Cosa prevede la cooperazione rafforzata?

1) prevede che gli stati membri, minimo 9, decidano di integrarsi in maniera più stressa in
certe materie avvalendosi del quadro istituzionale unico dell’unione, quindi sostanzialmente
utilizzando gli organi dell’unione, le procedure dell’unione etc.. sempre lasciando aperta la
possibilità che stati che inizialmente non avevano aderito possano aggiungersi alla
cooperazione non rafforzata.
2) non devono riguardare competenze esclusive dell’ue e la PESC, anche se con il trattato di
lisbona anche la PESC potrebbe essere oggetto di cooperazione rafforzata (non sono state
avviate forme di cooperazione in materia di politica estera e di sicurezza comune)

il consiglio, qualora venga interessato dall’avvio di una cooperazione forzata, valuta se procedere
all’avvio della cooperazione rafforzata e se l’oggetto dell’integrazione più stressa possa essere
conseguito in un termine ragionevole.

Non è perciò portatore di un avvio di cooperazione forzata, l’ipotesi che un minimo di stati membri
propongano di integrarsi intensamente in certe materie senza l’indicazione di un termine o
ponendosi obiettivi che non possano essere raggiunti in un tempo realistico.

PREFAZIONE IL QUADRO ISTITUZIONALE DELL’UE


CONOSCERE LE ISTITUZIONI EUROPEE:

L'Unione europea è composta da tre grandi organi: la Commissione, il Consiglio dell'UE con il
Consiglio europeo, e infine, il Parlamento, la casa dei cittadini. Rappresenta 500 milioni di cittadini,
che eleggono direttamente gli eurodeputati. Con le elezioni del 2014, il Parlamento conterà 751
eurodeputati. Il numero di seggi varia in base al peso demografico di ogni Stato membro. È nel
Parlamento che si decidono le leggi europee e il bilancio dell'UE. A questo contribuisce anche il
Consiglio dell'Unione. Il Consiglio dell'UE è il luogo d'incontro dei ministri dei 28 Stati membri. Tutte
le leggi europee devono passare anche al vaglio del Consiglio. Ha un ruolo chiave in quanto ospita
anche il Consiglio europeo, che rappresenta gli interessi dei 28 Stati membri. I capi di Stato e di
governo si riuniscono per determinare le grandi linee guida politiche dell'UE. L'ultima tappa del
nostro viaggio fra le istituzioni europee è la Commissione, l'organo esecutivo dell'UE, guardiano
dei Trattati. La Commissione propone le leggi europee e le fa applicare una volta adottate. Inoltre
garantisce il rispetto dei Trattati.
LE ISTITUZIONI EUROPEE SPIEGATE DAI LORO PRESIDENTI:

Il Parlamento, il Consiglio europeo con il Consiglio dei Ministri, la Commissione europea. Tutte
queste istituzioni sono tenute a cooperare e collaborare.

Parlamento europeo: Martin Schulz. Il Parlamento europeo adotta nuove leggo riguardo il
comportamento dei cittadini. Esso rappresenta tutti i cittadini dell’UE. Entro il Parlamento le
persone hanno bisogno di essere in costante dialogo gli uni con gli altri. Essi sono, oltre tutto,
l’unica camera legislativa nel mondo che rende le leggi vincolanti per 27 paesi e nazioni. Si tratta
di un Parlamento con più di 700 membri in 7 gruppi politici che rappresentano un totale di 300 parti,
accoglierli tutti è una sfida enorme ma è anche un simbolo di ciò che è affascinante in Europa,
essere diversi ma al tempo stesso uniti. Il Presidente coordina tutti i compiti del Parlamento, non è
facile per quest’ultimo mantenere il contatto visivo con così tanti membri quando presiede la
plenaria, ed è anche difficile non poter intervenire durante un incontro in quanto egli è tenuto a
rimanere neutrale. Il Parlamento dovrebbe riflettere la realtà della società. Ci sono anche conflitti.
Nel 21esimo secolo l’identità e la sicurezza non posso essere difese sono attraverso strutture
nazionali, bisogna avere un potere che vada oltre il livello nazionale, e questo potere è l’Europa.

Commissione europea: Josè Manuel Durao Barroso. La Commissione europea crea proposte e
implementi oltremare. Essa rappresenta gli interessi generali dell’Europa, un’unica istituzione con
la propria natura soprannaturale. Ciascuno viene dal proprio Stato membro, ma non sono
rappresentanti di esso. Sono qui per interpretare, per rappresentare gli interessi generali comuni
dell’Europa. È la Commissione europea che ha il diritto e il dovere di presentare proposte di
legislazione. Successivamente al consiglio, ove i governi sono rappresentati, e il Parlamento li
approva. Essi sono co-legislatori, il diritto di iniziativa spetta alla Commissione. Il Presidente ha il
compito di dare una direzione politica generale e successivamente lavorare per il consenso. Egli
spende parte del suo tempo con gli altri Commissari ma ha anche bisogno di tempo per
rappresentare l’Unione Europea, ai vertici, con il Presidente del Consiglio europeo degli Stati Uniti,
della Cina, della Russia, dell’India, del Giappone e altri. Vi è una grande indipendenza a dedizione
verso la causa europea. L’Unione europea non è solo mercato, è un progetto di pace, ma anche
un progetto di libertà e democrazia.

Consiglio dei Ministri: Eleni Mavrou, presidente del Consiglio di Cipro, presiede la giustizia e gli
affari interni; Margrethe Vestager, presidente del Consiglio danese, presiedette il Consiglio
economico chiamato ECOFIN. Esso adotta nuove norme di comportamento dei governi nazionali.
Ogni 6 mesi, un nuovo paese assume la presidenza del Consiglio e presiede in molti importanti
incontri. Il Consiglio dei Ministri si manifesta in varie formazioni, è la casa di 27 stati membri, dove
i Ministri di ciascun paese si incontrano. In ogni caso i Ministri responsabili di specifici campi
prendono parte, e quando viene fatto un compromesso sulla base di una proposta dalla
Commissione, essi negoziano con il Parlamento europeo.

Si ha un contatto personale con ciascuno del Consiglio, conoscere lo sfondo delle posizioni di
ciascuno di essi è importante. È importante ascoltare cosa le altre persone hanno da dire.

Consiglio europeo: Herman Van Rompuy, presidente dei capi di Stato o di Governo. Il Consiglio
europeo dà le direttive politiche, è un’istituzione europea che comprende i capi di Stato di 27 Stati
membri. Gli incontri avvengono quattro volte all’anno, durante i periodi di crisi, sei o sette volte
all’anno. Insieme cercano di riportare l’Europa verso il percorso di crescita strutturale e
l’occupazione. Complessivamente, danno direttive di politica economica e politica estera. Il
Consiglio europeo è l’ultima istituzione politica. Quello di Rompuy non è solo il ruolo del Presidente,
egli costituisce una sorta di facilitatore, qualcuno che deve agire in modo tale che alla fine si
raggiunga un accordo, perché ogni Consiglio europeo deve raggiungere un accordo, un
compromesso. Bisogna essere ben preparati, così che ogni Consiglio europeo sia produttivo. C’è
una volontà politica a rompere alcuni taboo e a trovare finalmente un accordo, se solo una persona
non approva, non vi è nessun accordo. In molti degli incontri tenutesi è necessario trovare una
soluzione speciale per solo un paese. Il Consiglio Europeo opera dietro porte chiuse, ed è un
enorme differenza, perchè essi possono discutere tra loro faccia a faccia e apertamente. Siamo la
prima generazione che non ha vissuto la guerra, e questa è un’eredità che dovremmo passare ai
nostri figli e nipoti, ecco perché ci si batte duramente per l’Europa, non solo per ragioni economiche,
per quanto importanti esse siano, ma ci si batte anche per mantenere intatta quest’idea Europea.

PARLAMENTO EUROPEO:

l Parlamento europeo conta 751 eurodeputati, eletti per cinque anni e incaricati di rappresentare
508 milioni di cittadini europei dei 28 Stati membri. Il Parlamento ha due sedi. La sede ufficiale è a
Strasburgo, dove mensilmente si svolgono le sessioni Plenarie. L'altra sede è a Bruxelles, dove si
svolgono le attività quotidiane e gli incontri dei gruppi politici e tematici. Infine, la segreteria del
Parlamento è situata nel Lussemburgo. Il Parlamento europeo ha tre poteri principali. Potere
legislativo: approva le leggi europee proposte dalla Commissione europea. Divide questo potere
con il Consiglio dell'Unione europea che rappresenta gli Stati membri. Potere monetario: insieme
al Consiglio approva e controlla il bilancio dell'UE. Potere di supervisione sulle altre istituzioni e
agenzie europee. Ad esempio, gli eurodeputati svolgono audizioni con i candidati alla
Commissione ed eleggono il Presidente di Commissione. Il Parlamento lavora a stretto contatto
con la Commissione europea, che avanza le proposte di legge, e i 28 Stati membri attraverso il
Consiglio dell'Unione europea. Dalle migrazioni alla sicurezza alimentare, fino alla tutela dei dati:
il lavoro del Parlamento europeo ha un impatto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini in tutta
l'Unione europea.

LEZIONI D’EUROPA: IL PARLAMENTO EUROPEO:

Buongiorno e benvenuti al Parlamento europeo, nella sua sede qui a Strasburgo, in Francia. Ma la
maggior parte delle attività politiche si svolge nella sede di Bruxelles. E per rendere tutto più
complicato, le questioni amministrative sono gestite nel Lussemburgo. 751 eurodeputati lavorano
sulle leggi europee. Rappresentano i diversi interessi di 500 milioni di cittadini europei e ogni cinque
anni sono eletti direttamente dai cittadini dei rispettivi Stati. Di fronte a me ci sono 1, 2, 3, 4... 28
bandiere, una per ogni Stato membro. Ma non tutti i paesi hanno diritto allo stesso numero di
rappresentanti in Parlamento. L'assegnazione dei seggi dipende dalle dimensioni demografiche. Il
numero massimo di eurodeputati è 96, come nel caso del maggiore stato membro, la Germania. E
il numero minimo è 6, come nei paesi minori: Lussemburgo, Cipro, Estonia e Malta. Ma cosa fanno
tutti questi eurodeputati? Il Parlamento europeo ha 3 poteri principali, in continua espansione. Gli
eurodeputati preparano e votano le leggi europee in tutti gli ambiti di competenza dell'UE - una
quantità non indifferente. Si occupano anche del bilancio dell'UE. A tempo debito è qui che si
discutono tutte le spese dell'UE. Il terzo potere di altrettanta importanza è il ruolo di controllo sulle
altre istituzioni e agenzie europee. Ad esempio, gli eurodeputati eleggono il Presidente della
Commissione europea. Affinché ognuno in Parlamento sappia esattamente cosa fare, è presente
un calendario contrassegnato da colori. Il rosso indica la settimana di sessione Plenaria. Il rosa la
settimana delle commissioni parlamentari. Il blu la settimana dei gruppi politici.

E il turchese le visite degli eurodeputati nelle relative circoscrizioni. È qui a Strasburgo, in questa
grande aula semicircolare, che si adottano le decisioni cruciali. Succede nella sessione Plenaria,
in cui viene messo ai voti ogni articolo legislativo. Il termine “Plenaria” viene dal latino “Plenum” –
ovvero pieno – e indica il raduno di tutti gli eurodeputati nella stessa aula. La Plenaria si svolge
ogni mese, per una settimana, in cui gli eurodeputati votano e adottano il maggior numero possibile
di dossier. L'impegno maggiore è rappresentato dai lavori di preparazione alla Plenaria, che
avvengono nelle settimane rosa e blu nel Parlamento a Bruxelles. Rosa per la settimana nelle
commissioni parlamentari. Diritti umani, Sicurezza e difesa, Affari esteri, Trasporti e turismo, Affari
monetari e Ambiente: ogni ambito è trattato singolarmente nelle rispettive commissioni
parlamentari. Come questa, la commissione Affari economici e monetari. In ogni commissione
parlamentare, si trovano gli eurodeputati con più esperienza in un ambito specifico della
legislazione europea. In sede di commissione sono analizzate ed emendate le proposte della
Commissione e del Consiglio europei. In totale ci sono circa 20 commissioni parlamentari. Blu per
la settimana dei gruppi politici. Si svolgono sempre a Bruxelles all'interno di gruppi minori, suddivisi
in base all'appartenenza politica di ogni eurodeputato. Ad esempio il Partito Popolare Europeo, il
gruppo dei Socialisti e Democratici, l'Alleanza dei Liberali e Democratici per l'Europa. Qui, ogni
gruppo definisce le proprie priorità politiche, da cui dipende l'agenda delle commissioni
parlamentari e della Plenaria. Infine, il turchese indica le attività extraparlamentari. Gli eurodeputati
tornano nelle proprie circoscrizioni e curano i rapporti con i cittadini che rappresentano. Alla fine, il
lavoro del Parlamento si concretizza nella vita quotidiana dei cittadini. Quando viene approvata
una nuova legge europea, non rimane che attendere il tempo necessario all'implementazione
all'interno della legislazione di ogni Stato membro. Tra gli ambiti in questione: riconoscimento dei
diplomi e delle qualifiche professionali. Standard più rigidi sulla sicurezza alimentare e
sull'etichettatura dei prodotti. Rafforzamento dei diritti dei passeggeri aerei e ferroviari. Standard
più rigidi per le acqua di balneazione. Implementazione dell'Unione bancaria. E l'ingente pacchetto
di misure proposte dagli eurodeputati per far fronte alla crisi – adottato anche dal Parlamento. In
sintesi, Finanza, Ambiente, Sanità, Tutela dei consumatori, Libera circolazione di persone, beni e
servizi, Commercio, Politica agricola, Pesca, Politica monetaria e moltissime altre! Chi ha mai detto
che il lavoro in Parlamento è monotono!

IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO:

L'iter è lo stesso in tutte le sessioni parlamentari: il Presidente del Parlamento europeo apre le
danze. Il Presidente rappresenta l'istituzione e tutti i suoi membri. Ma quali sono le sue funzioni e
che poteri ha? Tutto inizia qui. Il Presidente è eletto per due anni e mezzo con voto segreto. Si
giostra fra una moltitudine di impegni, ma per guidare 751 eurodeputati c'è una competenza
essenziale. Serve una strategia per mediare fra i diversi interessi. Non si possono forzare i risultati,
bisogna raggiungerli negoziando. Servono competenze diplomatiche. E per il Presidente ogni
giorno è una lotta contro il tempo. Il Presidente dirige le attività e gli organismi del Parlamento,
partecipando a molteplici incontri: l'incontro del Bureau con i 14 vicepresidenti, seguito dalla
Conferenza dei presidenti degli otto gruppi politici, e ovviamente le sessioni Plenarie. Ma non
finisce qui. Il Presidente rappresenta gli eurodeputati all'esterno ed è l'interlocutore dei capi di Stato
e di governo. Canto anch'io la Marsigliese. Nell'arco di una legislatura, il Presidente incontra
centinaia di VIP e viaggia per migliaia di chilometri. Rimane la questione del potere. I poteri del
Parlamento sono aumentati con ogni nuovo Trattato europeo. I poteri del Presidente invece sono
aumentati meno vistosamente. Sarebbe bello avere un po' di potere. Ma la situazione sta
migliorando. Mi impegno per essere visibile e presente come Presidente di questa istituzione.
Essere visibile e presente è fondamentale in momenti cruciali come il Consiglio europeo in cui il
Presidente si rivolge ai capi di Stato e di governo presentando la posizione del Parlamento sugli
argomenti in agenda. Ma il Presidente non partecipa propriamente al dibattito. Gli incontri con la
stampa sono quotidiani. Il Presidente è sotto i riflettori, soprattutto quando si tratta di firmare il
bilancio europeo.

DISTRIBUZIONE DEI SEGGI AL PARLAMENTO EUROPEO:

Dal 1 febbraio il Parlamento europeo conta 705 seggi e non più 751 (il numero massimo consentito
dai trattati UE), quanti erano fino all'uscita del Regno Unito dall'UE il 31 gennaio 2020.
La decisione prevede di redistribuire 27 dei 73 seggi assegnati al Regno Unito ad altri paesi e
tenerne da parte 46 per le future adesioni. In linea con l'atto elettorale 1976, gli stati membri devono
notificare i nomi al Parlamento europeo prima dell'inizio ufficiale dei mandati.
Redistribuzione: non ci perde nessuno

La redistribuzione dei seggi approvata dagli eurodeputati assicura che nessun paese avrà un
numero minore rispetto all’attuale. Alcuni paesi acquisiranno da uno a cinque seggi in più per
rifletterne l'evoluzione demografica.

La proposta è stata fatta secondo il principio della “proporzionalità regressiva”, vale a dire che, se
da una parte i paesi con una popolazione maggiore avranno più deputati di quelli con una
popolazione minore, il numero di cittadini rappresentati da un eletto è maggiore per i paesi più
grandi. Questo principio serve ad assicurare che i paesi con meno abitanti abbiano comunque una
presenza forte all’interno del Parlamento.

CONSIGLIO EUROPEO

Per farla breve, ecco un vertice europeo. Ma prima di analizzare in dettaglio il Consiglio europeo è
importante ricordare che il Consiglio europeo non ha niente a che vedere con il Consiglio d'Europa,
che si trova a Strasburgo, in Francia, ed è un'organizzazione internazionale dedicata
esclusivamente ai diritti umani e alla democrazia. Detto questo, da quando si svolgono i vertici
europei? Un po' di storia: il primo vertice si tenne nel 1974. L'ex Presidente francese, Valéry
Giscard d'Estaing, propose incontri regolari fra i capi di Stato e di governo. Da allora questi vertici
fissano la direzione della vita politica dell'UE. Ma solo nel 2009, con il Trattato di Lisbona, il
Consiglio europeo divenne una vera istituzione con un Presidente con mandato di due anni e
mezzo, rinnovabile una volta. Qual è lo scopo di questi grandi eventi politici e mediatici? Per quanto
possa sembrare strano, il Consiglio non ha potere legislativo. Solo la Commissione europea può
proporre le leggi. D'altra parte il Consiglio europeo fissa ad altissimi livelli le direzioni politiche in
senso lato e le priorità dell'Unione. Ma diventa sempre più difficile raggiungere il famoso
compromesso europeo con 28 capi di Stato e di governo intorno al tavolo. Il principio di oggi
prevede le decisioni per consenso. Dal novembre 2014, affinché sia adottata una decisione è
necessario il favore del 55% degli Stati che rappresentino almeno il 65% dei 500 milioni di cittadini
dell'Unione. Ma per alcune decisioni vale il principio dell'unanimità, per cui ogni Stato membro ha
diritto di veto nella materia in questione. Ad esempio per mettere agli atti la continua violazione di
uno Stato dei valori europei, o in materia di politica estera e di sicurezza comune, o per approvare
un emendamento ai Trattati europei, nonostante la procedura sia stata semplificata. Ma torniamo
ai vertici europei. In realtà gran parte dei negoziati si svolge ben prima dei vertici. Tutto si svolge
dietro le quinte, fra staff diplomatico, ministri degli Esteri e funzionari europei. Addirittura si può
ottenere una bozza delle conclusioni del vertice prima dell'arrivo dei capi di Stato. Come fanno i
giornalisti a ottenere le informazioni se i dibattiti avvengono a porte chiuse? Infatti non succede e
devono attendere le conclusioni di ogni vertice europeo, che spesso dura molte ore. Ma in realtà i
dibattiti non sono mai del tutto segreti. Durante i vertici, ogni delegazione rilascia brevi comunicati
stampa. Niente di ufficiale, ma quanto basta per far circolare informazioni ufficiose. E per chi non
può partecipare ai vertici, ci sono i social media. Seguendo l'hashtag #EUCO su Twitter si possono
seguire le discussioni come se si fosse nell'edificio. A proposito di edifici, i capi di Stato si
incontravano qui, nel Palazzo Justus Lipsius. Ma d'ora in poi si incontreranno anche nel Palazzo
Europa a Bruxelles.

IL RUOLO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO:

Una delle caratteristiche peculiari dell'UE è la politica dell'accordo. Ovviamente non tutti i 28 Stati
membri e i rappresentanti in Parlamento sono sempre d'accordo fra loro. Quindi compromessi e
accordi sono all'ordine del giorno. Al centro di tutto questo c'è il Presidente del Consiglio europeo,
incaricato di mettere d'accordo leader e ministri degli Stati membri per portare avanti l'agenda
europea in ogni suo aspetto. Chi è il Presidente del Consiglio europeo? Che ruolo ha, all'interno e
all'esterno dell'UE? Quali sono i suoi poteri e le sue responsabilità? Innanzitutto chiariamo un
punto: non è il Presidente dell'Unione europea, come a volte si crede. Questa figura non esiste. Le
tre istituzioni principali, Commissione, Consiglio e Parlamento, hanno ognuna il proprio Presidente.
Il Presidente del Consiglio europeo raduna i 28 capi di Stato e di governo che si incontrano un
minimo di quattro volte all'anno. Negli ultimi anni, con la crisi economica e dei profughi, si sono
riuniti sette volte all'anno.

Come viene eletto il Presidente? In base al Trattato di Lisbona, i capi di Stato e di governo
nominano il Presidente. Molti non appoggiano la nomina, ma nei vertici europei avvengono molte
contrattazioni a porte chiuse, senza una vera campagna elettorale. Una volta nominato, il mandato
è di 2,5 anni, rinnovabile una volta. È una carica ben retribuita: il Presidente riceve un salario
mensile di circa 25.000 euro. Lo stesso vale per il Presidente della Commissione. Il secondo
Presidente, l'ex Primo Ministro polacco, Donald Tusk, fu nominato nel dicembre 2014 succedendo
al primo Presidente, ex Premier belga, Herman Van Rompuy. L'idea di nominare un presidente è
sorta dalla necessità di evitare continui cambi di Presidenza del Consiglio. Prim a del 2010 i leader
degli Stati membri guidavano a turno il Consiglio per sei mesi: una rotazione frenetica che impediva
un vero monitoraggio dei vari dossier. Con un presidente fisso, la preparazione dei vertici europei
è più efficiente, nonostante sia rimasta la rotazione semestrale dei paesi alla Presidenza. Cosa fa
concretamente il Presidente? Ha tre compiti principali: fissa gli incontri, trova compromessi e
agevola gli accordi. Dopo ogni vertice, il Presidente del Consiglio europeo si reca in Parlamento
per presentare le conclusioni adottate, sottoponendosi al terzo grado dell'aula. All'estero, il
Presidente rappresenta l'Unione europea ai grandi eventi, come i G7 e i G20, insieme al Presidente
della Commissione. La possibilità di introdurre la figura del "Presidente dell'Europa" che
rappresenti sia la Commissione che gli Stati membri, è un'idea che riaffiora spesso, ma non è
sicuramente in procinto di essere attuata.

CONSIGLIO DELL’UE

QUALI SONO I RUOLI DEL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA E DEL CONSIGLIO


EUROPEO?

Come funziona il processo decisionale nel Consiglio dell'UE?


Il Consiglio è una delle tre istituzioni principali dell'UE,insieme a Commissione e Parlamento.
È composto dai ministri dei governi dei 27 Stati membri.
I ministri rappresentano gli interessi dei governi democraticamente eletti. Consiglio e Parlamento
vagliano, modificano, negoziano e adottano le proposte di legge della Commissione. È la
procedura legislativa ordinaria, detta anche codecisione. Sembra facile, ma non lo è. Nella
procedura legislativa ordinaria Consiglio e Parlamento lavorano su un piano di parità. Se c'è
accordo, possono adottare la legislazione in prima lettura,altrimenti si passa alla seconda lettura.
Se neanche così arrivano a un accordo,si convoca un comitato di conciliazione. Dal 1999 il 67%
dei fascicoli in codecisione è stato concluso in prima lettura,il 24% in seconda lettura e solo il 9%
in conciliazione. Esistono altre due procedure per casi specifici:
· la procedura di approvazione
· e la procedura di consultazione.

Dopo l'adozione, certi atti legislativi UE vanno recepiti nel diritto nazionale. Alcuni sono
direttamente applicabili. Per altri serve tempo perché diventino legge per i quasi 450 milioni di
cittadini UE. Come fanno i ministri a lavorare sia per il loro governo che al Consiglio?
Beh, qualcuno li aiuta. I lavori del Consiglio sono preparati o coordinati dal
Comitato dei rappresentanti permanenti,o Coreper.
Il Coreper è composto dai rappresentanti degli Stati membri. Inoltre, più di 150 gruppi e comitati
contribuiscono ai lavori del Consiglio. In fondo anche i ministri sono umani. Ecco in breve come
funziona il processo decisionale nel Consiglio UE.

LE FORMAZIONI DEL CONSIGLIO DELL’UE:


Il Consiglio dell'UE è un'entità giuridica unica, ma si riunisce in dieci diverse "formazioni" a
seconda dell'argomento trattato. Non vi è gerarchia tra le formazioni del Consiglio, sebbene il
Consiglio "Affari generali" abbia uno speciale ruolo di coordinamento e sia responsabile delle
questioni istituzionali, amministrative e orizzontali. Anche il Consiglio "Affari esteri" ha una
competenza speciale. Una qualunque delle dieci formazioni del Consiglio può adottare un atto di
competenza di un'altra formazione. Pertanto, in nessuno degli atti legislativi adottati dal Consiglio
è menzionata la formazione che ha proceduto all'adozione.

Sessioni del Consiglio:

Alle sessioni del Consiglio partecipano i rappresentanti di ciascuno Stato membro a livello
ministeriale. Pertanto i partecipanti possono essere ministri o sottosegretari di Stato. Sono
abilitati ad impegnare il governo del proprio paese e ad esprimerne il voto. Anche i commissari
europei responsabili dei settori interessati sono invitati alle sessioni del Consiglio. La Banca
centrale europea è invitata nei casi in cui ha avviato la procedura legislativa.
● Le sessioni sono presiedute dal ministro dello Stato membro che esercita la presidenza
semestrale del Consiglio. Fa eccezione il Consiglio "Affari esteri", abitualmente presieduto
dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
● Il Consiglio adotta le sue decisioni a maggioranza semplice, a maggioranza qualificata
o all'unanimità a seconda della decisione da adottare.
● Il Consiglio può votare soltanto se è presente la maggioranza dei suoi membri.

Sedute pubbliche:

Il Consiglio si riunisce in seduta pubblica quando discute o vota una proposta di atto legislativo. In
questi casi l'ordine del giorno prevede una parte dedicata alle "deliberazioni legislative". Anche
la prima deliberazione su proposte non legislative importanti è aperta al pubblico. Inoltre, il
Consiglio tiene regolarmente dibattiti pubblici su questioni importanti che riguardano gli interessi
dell'UE e dei suoi cittadini. Sono aperti al pubblico il dibattito sul programma di 18 mesi del
Consiglio "Affari generali", nonché quelli sulle priorità delle altre formazioni del Consiglio e sul
programma quinquennale della Commissione.

LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DELL’UE: Una presidenza a rotazione:

La presidenza del Consiglio ruota tra gli Stati membri dell'UE ogni 6 mesi. Durante questo periodo
di sei mesi, la presidenza presiede le riunioni a tutti i livelli del Consiglio, contribuendo a garantire
la continuità del lavoro dell'UE in seno al Consiglio.

Gli Stati membri che detengono la presidenza lavorano insieme a stretto contatto in gruppi di tre,
chiamati "trii". Questo sistema è stato introdotto dal trattato di Lisbona nel 2009. Il trio fissa obiettivi
a lungo termine e prepara un'agenda comune che determina gli argomenti e le principali questioni
che saranno affrontate dal Consiglio in un periodo di 18 mesi. Sulla base di questo programma,
ciascuno dei tre paesi prepara il proprio programma semestrale più dettagliato. L'attuale trio è
composto dalle presidenze di Germania, Portogallo e Slovenia.

Presidenza tedesca del Consiglio dell'UE: 1 luglio - 31 dicembre 2020

Le priorità della presidenza tedesca sono guidate dal suo motto: "Insieme per la ripresa
dell'Europa". Il programma della presidenza si concentra su sei aree principali:

● superare le conseguenze della crisi del coronavirus per la ripresa a lungo termine nonché
economica e sociale
● un'Europa più forte e più innovativa
● un'Europa giusta
● un'Europa sostenibile
● un'Europa della sicurezza e dei valori comuni
● un'Europa forte nel mondo
La presidenza tedesca del Consiglio dell'UE si concentrerà direttamente sul superamento della
pandemia COVID-19. Combattere la diffusione del virus, sostenere la ripresa dell'economia
europea e rafforzare la coesione sociale in Europa. Per raggiungere questo obiettivo, la Germania
si è impegnata in un'azione comune approvata, solidarietà europea e valori comuni.

I compiti della Presidenza


La presidenza è responsabile di portare avanti i lavori del Consiglio sulla legislazione dell'UE,
garantendo la continuità dell'agenda dell'UE, processi legislativi ordinati e la cooperazione tra gli
Stati membri. Per fare ciò, la presidenza deve agire come un mediatore onesto e neutrale.
La presidenza ha due compiti principali:

1. Pianificazione e presidenza delle riunioni del Consiglio e dei suoi organi preparatori
La presidenza presiede le riunioni delle diverse formazioni del Consiglio (ad eccezione del
Consiglio Affari esteri) e degli organi preparatori del Consiglio, che comprendono comitati
permanenti come il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) e gruppi di lavoro e comitati
che trattano argomenti molto specifici. La presidenza garantisce che le discussioni si svolgano
correttamente e che il regolamento interno e i metodi di lavoro del Consiglio siano applicati
correttamente. Organizza inoltre vari incontri formali e informali a Bruxelles e nel paese della
presidenza di turno.

2. Rappresentare il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni dell'UE

La presidenza rappresenta il Consiglio nei rapporti con le altre istituzioni dell'UE, in particolare con
la Commissione e il Parlamento europeo. Il suo ruolo è cercare di raggiungere un accordo sui
fascicoli legislativi attraverso triloghi, riunioni di negoziato informale e riunioni del comitato di
conciliazione.

La presidenza lavora in stretto coordinamento con:

● il presidente del Consiglio europeo


● l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
Sostiene il loro lavoro e talvolta può essere richiesto di svolgere determinati compiti per l'alto
rappresentante, come rappresentare il Consiglio Affari esteri dinanzi al Parlamento europeo o
presiedere il Consiglio Affari esteri quando discute questioni di politica commerciale comune.

DECISIONE (UE) 2016/1316 DEL CONSIGLIO, DEL 26 LUGLIO 2016, CHE MODIFICA LA
DECISIONE 2009/908/CHE STABILISCE LE MODALITÀ DI APPLICAZIONE DELLA DECISIONE
DEL CONSIGLIO EUROPEO SULL'ESERCIZIO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E
SULLA PRESIDENZA DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO (DECISIONE SULLE
PRESIDENZE SEMESTRALI):

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,


visto il trattato sull'Unione europea,

visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

vista la decisione 2009/881/UE del Consiglio europeo, del 1 o dicembre 2009,

sull'esercizio della presidenza del Consiglio (1), in particolare l'articolo 4,

considerando quanto segue:

1 Con la decisione 2009/908/UE (2) il Consiglio ha fissato l'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio per
gli Stati membri dell'Unione europea nel periodo compreso tra il 1 o gennaio 2007 e il 30 giugno 2020 e ha ivi
stabilito la suddivisione di tale ordine delle presidenze in gruppi di tre Stati membri.

Il 1o luglio 2013 la Croazia ha aderito all'Unione europea.


2

Uno Stato membro, sebbene non sia ancora pervenuta la notifica del governo a norma dell'articolo 50 TUE, ha
3
reso pubblica l'intenzione di recedere dall'Unione. L'ordine delle presidenze del Consiglio dovrebbe essere
modificato per tener conto di questa situazione, fatti salvi i diritti e gli obblighi di detto Stato membro.
4 Il Consiglio dovrebbe stabilire l'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio per il prossimo futuro. Tale
ordine dovrebbe essere fissato secondo i criteri stabiliti dai trattati e dalla decisione 2009/881/UE del Consiglio
europeo. La decisione 2009/908/UE dovrebbe essere modificata di conseguenza,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1

La decisione 2009/908/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, che stabilisce le modalità di
applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio e
sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio è così modificata:

1 Articolo 1

L'ordine in cui gli Stati membri sono chiamati a esercitare la presidenza del Consiglio nel periodo
compreso tra il 1o luglio 2017 e il 31 dicembre 2030 nonché la suddivisione di tale ordine delle
presidenze in gruppi di tre Stati membri figurano nell'allegato I della presente decisione.»;

Articolo 3

Il Consiglio, anteriormente al 31 dicembre 2029, decide l'ordine in cui gli Stati membri saranno chiamati
a esercitare la presidenza del Consiglio a partire dal 1 o gennaio 2031.»;

3 il testo dell'allegato I della decisione 2009/908/UE del Consiglio è sostituito dal testo di cui all'allegato
della presente decisione.

Articolo 2

La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.

Essa si applica a decorrere dal 1 o luglio 2017.

È pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.


Fatto a Bruxelles, il 26 luglio 2016

COMMISSIONE A ALTO RAPPRESENTANTE DELL’UE PER GLI AFFARI ESTERI E LA


POLITICA DI SICUREZZA

IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA:

È uno dei grandi rituali dell'UE. Ogni mercoledì, puntuale, il Presidente della Commissione incontra
i commissari al 13° piano di Palazzo Berlaymont, a Bruxelles, a due passi da Consiglio e
Parlamento europei. Ogni settimana il Presidente della Commissione valuta le proposte legislative
dei commissari, che avranno un impatto diretto su 500 milioni di europei in seguito ai negoziati con
i deputati e gli Stati membri. Dalla nomina di Walter Hallstein nel 1958, José Manuel Barroso è il
12° Presidente della Commissione dalla creazione della CEE, il predecessore dell'UE. Sotto la
Presidenza di Jacques Delors tra il 1985 e il 1995, la carica è diventata a tutti gli effetti
presidenziale. Ma non tutti possono diventare Presidente della Commissione. Il candidato deve
essere nominato ufficialmente dagli Stati membri attraverso una decisione a porte chiuse in sede
di Consiglio europeo. I capi di Stato devono considerare i risultati delle elezioni europee prima di
prendere una decisione. Il Parlamento europeo non ha un ruolo marginale nella designazione del
Presidente della Commissione e dei commissari. Spetta agli eurodeputati il compito ufficiale di
eleggerli. La Commissione ha una forte legittimazione democratica, essendo nominata dal
Consiglio, che è rappresentato dai governi democratici dei paesi europei. E io vengo eletto dal
Parlamento europeo. Sono stato eletto due volte. Il Parlamento può incoronare, ma anche bocciare
il Presidente e la Commissione. Nel 1999 dopo uno scandalo amministrativo e per paura della
censura del Parlamento, il Presidente Jacques Santer consegna pubblicamente le dimissioni di
massa della Commissione. Una volta in carica, la Commissione dispone di poteri considerevoli. È
l'unica istituzione europea che può proporre le leggi. Ma il Presidente deve raccogliere le lamentele
provenienti da ogni parte. Ovviamente non viviamo in un limbo. Sono in stretto contatto con il
Parlamento, a cui devo rendere conto, e anche con i governi, i primi ministri, perché il Presidente
della Commissione fa parte del Consiglio europeo. Guardiano dei Trattati europei e garante del
rispetto e dell'applicazione delle leggi, il Presidente della Commissione ha poteri in ambito di
bilancio - oltre 132 miliardi di euro all'anno, da gestire al 75% insieme agli Stati membri, e soggetti
al controllo annuale del Parlamento. Incarnazione del potere europeo, il Presidente della
Commissione è una figura chiave a livello internazionale. Oggi condivide i suoi poteri con altri due
Presidenti delle istituzioni europee - il Presidente del Parlamento e il Presidente del Consiglio.

LA COMMISSIONE EUROPEA IN CARICA:


L’ALTO RAPPRESENTANTE DELL’UE PER GLI AFFARI ESTERI E LA POLITICA DI
SICUREZZA (NONCHÉ VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE):

La responsabile della politica estera europea: Federica Mogherini


L'Europa è retta da un triangolo di potere: il Presidente del Parlamento europeo - Martin Schulz, il
Presidente del Consiglio europeo - Donald Tusk, e il Presidente della Commissione europea -
Jean-Claude Juncker. Ma chi rappresenta l'UE in ambito internazionale? Nel 2009 con il Trattato
di Lisbona è stata introdotta una nuova carica - l'Alto Rappresentante dell'UE per gli Affari Esteri e
la Politica di Sicurezza che ricopre anche il ruolo di vicepresidente della Commissione europea.
Federica Mogherini è entrata in carica nel 2014. Sono una dei pochi ad avere più strumenti
istituzionali differenti. Molti dicono che ho due poltrone, ma non solo: ho tre uffici in tre edifici
differenti - Consiglio, Commissione ed EEAS. Io scopo del Servizio Europeo di Azione Esterna è
di coadiuvare la preparazione della politica estera dell'UE. Innanzitutto evitare nuove crisi e
contribuire a risolvere le crisi che ci circondano e sono molto numerose. Ma anche stringere i
rapporti con i partner, anche i più lontani. È molto importante in un mondo globalizzato. Non si
tratta solo di gestire le crisi, ma di curare le relazioni diplomatiche, politiche, economiche e culturali
con il resto del mondo. Federica Mogherini ha un gran da fare in veste di Alto Rappresentante:
riceve in visita i capi di Stato e altri grandi attori della politica internazionale, e partecipa ai consigli
dei ministri europei. Ministri degli Esteri, della Difesa, per lo Sviluppo e la Cooperazione e i ministri
del Commercio. Quali sono i suoi compiti come vicepresidente della Commissione? Coordino i
commissari con un portafoglio con un impatto in politica estera - aiuti umanitari, sviluppo,
allargamento, vicinato e commercio, ma anche altri commissari che si occupano di ambiti con
particolare impatto sulle relazioni esterne, ad esempio il cambiamento climatico o le questioni
energetiche ed economiche. Il suo lavoro implica molti spostamenti. Regolarmente mi reco in visita
nei vari Stati membri per incontrare i parlamenti nazionali perché bisogna coinvolgere i
rappresentanti eletti direttamente dai cittadini e coinvolgere i parlamenti nazionali, perché alla fine
bisogna prendere decisioni concertate. Federica Mogherini è la portavoce dell'UE nei paesi terzi,
spesso in situazioni di crisi o di guerra. Ma in Europa, la si può trovare in Parlamento. Vorrei
ringraziare quest'aula per l'opportunità di concentrarci non solo - come abbiamo fatto ieri - sulle
implicazioni in politica estera del comportamento della Russia, ma anche sulla dimensione interna.
Come si fa a diventare un diplomatico europeo? Il candidato deve essere approvato da tutte le
istituzioni europee. Il Consiglio europeo avanza le nomine in base alla maggioranza qualificata in
accordo con il Presidente della Commissione, e il Parlamento vota per dare la sua approvazione.

CORTE DI GIUSTIZIA

LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA:

LEZIONI D'EUROPA Multa di 500 milioni di euro a Microsoft per abuso di potere. Multa di 10 milioni
di euro imposta alla Francia per non aver trasposto in tempo la legge sugli OGM nel diritto
nazionale. Per fare rispettare la legge europea da Stati, istituzioni e imprese europee, sono
necessarie a volte pesanti sanzioni. È qui che si svolge tutto. Benvenuti alla Corte di Giustizia
dell'Unione europea in Lussemburgo. È una corte come le altre, con giudici e aule di tribunale, con
la differenza che qui si trattano solo casi legati alla legge europea. Libera circolazione di cittadini,
beni e capitali, tutela dell'ambiente e dei consumatori... Gli ambiti di competenza dell'UE sono in
aumento. Oltre ai trattati e alla legislazione delle istituzioni politiche dell'UE, c'è la giurisprudenza
che contiene i chiarimenti dei trattati e delle legislazioni. La giurisprudenza è questa che vedete. È
disponibile nelle 23 lingue dell'UE, ognuna rappresentata da un colore. La giurisprudenza colora il
quotidiano dei cittadini europei - di chi viaggia, lavora, soggiorna, studia, in un altro Stato membro
rispetto al proprio. La Corte di Giustizia dell'UE presenta tre livelli: Corte di Giustizia, Tribunale e
Tribunale della funzione pubblica. La Corte di Giustizia è composta da un giudice per ogni Stato
membro. Il suo compito principale è l'interpretazione della legge europea e la gestione delle
vertenze che coinvolgono le istituzioni europee, singoli o più Stati membri. Il Tribunale è formato
da almeno un giudice per ogni Stato membro, e gestisce le questioni sollevate da singoli individui
o imprese. Il Tribunale della funzione pubblica è costituito da sette giudici, e come dice il nome,
gestisce questioni tra le istituzioni europee e i propri funzionari. In totale ogni anno, queste tre
istituzioni gestiscono più di 1000 casi. Ma cosa fa di preciso la corte? Principalmente deve
interpretare la legge. Un giudice nazionale chiede chiarimenti riguardo a un passo della legge
europea. Tale interpretazione della Corte rimane valida per tutti gli altri casi simili. Ma attenzione,
la Corte dell'UE non risolve vertenze giudiziarie. Fornisce un'interpretazione sulla cui base i giudici
nazionali emettono un verdetto. La Corte può anche verificare il rispetto della legge europea negli
Stati membri, dato che il diritto europeo ha la precedenza su quelli nazionali. Quando uno Stato
membro non introduce una direttiva europea a livello nazionale, la Commissione può sottoporre il
caso alla Corte di Giustizia. E viene avviato un processo in un'aula come questa. Se la Corte
verifica l'infrazione e lo Stato membro non vi pone rimedio, la multa può essere molto salata. Infatti
in seconda istanza la Corte può imporre sanzioni economiche. A volte le interpretazioni della legge
vengono inserite nella legge stessa. Quindi i giudici di questa corte a volte legiferano. Ma questa
è un'altra storia.

BANCA CENTRALE EUROPEA E CORTE DEI CONTI

LA BANCA CENTRALE EUROPEA:

All'apice della crisi finanziaria, l'euro era a rischio estinzione. La Banca Centrale Europea è finita
in prima pagina per aver salvato le banche concedendo prestiti per miliardi di euro. Benvenuti a
Francoforte, al quartier generale della BCE. Non è solo il cavaliere bianco d'Europa, ma anche la
più grande banca d'Europa, e forse di tutto il mondo. Vediamo com'è andata. Nonostante i primi
euro hanno iniziato a circolare il 1° gennaio 2002, la BCE ha aperto i battenti già nel giugno 1998,
guidata da Wim Duisenberg, che aveva presieduto la Banca centrale olandese. La caduta del Muro
di Berlino nel 1989 ha contribuito alla creazione della moneta unica e della BCE, che ha assunto i
compiti dell'Istituto Monetario Europeo creato nel 1993 con il Trattato di Maastricht.

Oggi la BCE si occupa di gestire l'emissione dell'euro e la politica monetaria della zona euro. Fra
il 2003-2011 la BCE è stata presieduta da Jean-Claude Trichet, seguito dall'attuale Presidente,
Mario Draghi, che dovrebbe rimanere in carica fino al 2019. La BCE è un'istituzione
sovranazionale. È indipendente dal controllo degli Stati membri in termini di mandato e gestione,
ma deve rendere conto del proprio operato. Il Presidente della BCE prende parte alla commissione
Economica e monetaria e presenta un rapporto annuale durante la Sessione plenaria. Sono stati
4 anni difficili per la BCE, che ha rivisto la politica monetaria e gestito l'euro per aiutare i membri
della zona euro. Confusi? Vediamo di fare chiarezza. Tra gli obiettivi della BCE rientra la stabilità
dei prezzi. La stabilità dei prezzi di beni e servizi contribuisce a evitare l'inflazione. La BCE punta
a mantenere il tasso di inflazione intorno o inferiore al 2%. La modifica dei tassi di interessi è uno
strumento a breve termine. Nel 2008 gli oneri finanziari ammontavano al 3,5%. Oggi la percentuale
è scesa allo 0,5%. Qual è lo scopo di bassi tassi di interesse? Sentiamo l'addetto stampa della
BCE. Piacere. -Piacere, William. La BCE si occupa della politica monetaria, non economica.
L'organo esecutivo nell'UE e nella zona euro è la Commissione europea, guidata politicamente dal
Consiglio e dall'Eurogruppo. Il nostro principale obiettivo monetario è garantire che il potere
d'acquisto dell'euro tra un anno sia pari, o simile, al potere d'acquisto attuale. Chi rappresenta
l'euro nell'UE? Se qualcuno all'estero avesse una domanda in fatto di politica monetaria, si
rivolgerebbe a Mario Draghi. Se la domanda riguarda l'aspetto politico dell'euro, dovrebbe rivolgersi
a Jeroen Dijsselbloem, Presidente dell'Eurogruppo. Quindi l'euro ha due grandi rappresentanti.
Ogni mese il Presidente della BCE tiene una conferenza stampa in seguito al Consiglio direttivo,
in cui fissa i tassi di interesse. Andiamo a sentire. Il Presidente Draghi è affiancato dal
vicepresidente, Vítor Constâncio. Mario Draghi è tra i sei membri del Comitato esecutivo della BCE,
che soprintende alla gestione quotidiana.

Si tratta di posizioni di prestigio in cui manca la rappresentanza femminile. L'ultima risale al 2011.
Oggi niente modifica dei tassi di interesse. La BCE non ha un caveau. Una banca senza denaro in
cassa, che strano. Ma dietro alcune banconote si trova la firma di Mario Draghi. Per funzionare
correttamente, la BCE deve svolgere il ruolo di supervisore finanziario per la zona euro. In futuro
si svolgerà tutto là, nella nuova sede della BCE. Ma si prevedono difficoltà rispetto al progetto di
unione bancaria, sempre che sarà attuato. La BCE può davvero controllare tutte le altre banche
europee? È un'altra storia.

LA CORTE DEI CONTI

La missione della Corte dei conti europea è di contribuire a migliorare la gestione finanziaria
dell'UE, promuovere la trasparenza e il rispetto dell'obbligo di rendere conto della gestione dei fondi
UE e fungere da custode indipendente degli interessi finanziari dei cittadini dell’Unione. Il ruolo
della Corte, quale revisore esterno indipendente dell'UE, è di verificare che i fondi UE siano
correttamente registrati, riscossi e spesi in modo ottimale e conformemente alla normativa
applicabile.

Missione Il revisore esterno indipendente dell'UE


Quale revisore esterno dell’UE, la Corte contribuisce a migliorarne la gestione finanziaria,
promuove la trasparenza e il rispetto dell'obbligo di rendere conto della gestione dei fondi dell'UE
e funge da custode indipendente degli interessi finanziari dei cittadini dell'Unione. La Corte verifica
se il bilancio dell'Unione europea sia stato correttamente eseguito e se i fondi dell'UE siano stati
correttamente riscossi e spesi in modo legittimo e conformemente ai princìpi della sana gestione
finanziaria. Dal momento che l'Europa si trova ad affrontare sfide sempre più impegnative ed è
sottoposta a crescenti pressioni in materia di finanze pubbliche, il ruolo della Corte dei conti riveste
una crescente importanza.

La Corte dei conti europea – un'istituzione dell'UE


La Corte dei conti europea è l'istituzione dell'UE incaricata del controllo delle finanze dell'Unione.
È stata istituita nel 1977 ed è diventata un'istituzione UE a pieno titolo nel 1993. La Corte si
impegna ad essere un'organizzazione efficiente, all'avanguardia nell'audit del settore pubblico e
nell'amministrazione.

Ruolo
Revisore esterno
Nelle società democratiche, ai fini di un controllo e di un processo decisionale efficaci, è
fondamentale disporre di informazioni complete, accurate e prontamente reperibili sull'esecuzione
di bilancio e sull'attuazione delle politiche. Tali informazioni contribuiscono a promuovere la sana
gestione finanziaria e consentono di rendere conto dell'operato dell'UE. Come gli Stati membri,
l'UE ha bisogno di un revisore esterno che funga da guardiano indipendente degli interessi
finanziari dei propri cittadini.

"Guardiano finanziario" dell'UE


Dal momento che l'Europa si trova ad affrontare sfide sempre più impegnative ed è sottoposta a
crescenti pressioni in materia di finanze pubbliche, il ruolo della Corte dei conti riveste una
crescente importanza. La Corte mette in guardia sui rischi, fornisce garanzie sulla gestione dei
fondi dell'UE, offre indicazioni ai responsabili delle politiche dell'UE su come migliorare la gestione
delle finanze pubbliche e fa in modo che i cittadini europei sappiano come vengono spesi i loro
soldi. Ciò costituisce l’essenza stessa del contributo della Corte al rafforzamento della legittimità
democratica e alla sostenibilità dell'Unione europea.

BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI

La Banca europea per gli investimenti è l’istituto di credito dell’Unione europea. È la principale
istituzione multilaterale di concessione di prestiti al mondo e fornisce la maggior parte dei
finanziamenti a favore del clima. In questo modo sostiene l’economia, crea occupazione e
promuove l’uguaglianza. Il Gruppo BEI è composto dalla Banca europea per gli investimenti (BEI)
e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI). Il FEI è specializzato nei finanziamenti a favore di
midcap e piccole imprese. Le pagine seguenti permettono di scoprire un’ istituzione di sviluppo tra
le più esperte al mondo.

Nel 2018 i finanziamenti della Banca hanno migliorato i trasporti per 290 milioni di passeggeri.

230 000 000 000 € Investimenti sostenuti dalle attività della BEI

64 190 000 000 € Finanziamenti del Gruppo BEI

60 000 000 000 € Raccolta sui mercati obbligazionari mondiali

23 270 000 000 € Finanziamenti alle piccole imprese

13 520 000 000 € Sostegno all’innovazione

5 000 000 Posti di lavoro sostenuti nelle piccole imprese

854 Progetti firmati

29% Percentuale di finanziamenti BEI a sostegno dell’azione per il clima

Nel 2018 i 64,19 miliardi di € di finanziamenti hanno sostenuto quasi 230 miliardi di € di investimenti. Poiché la BEI
solitamente finanzia solo il 50% del costo di un progetto, il suo coinvolgimento costituisce un incentivo per le altre
istituzioni a contribuire al finanziamento dei progetti.

La Banca ha erogato 15,15 miliardi di € per la tutela dell’ambiente nel 2018.

Priorità:

La Banca europea per gli investimenti opera principalmente in quattro aree: innovazione, piccole
imprese, clima e infrastrutture. L’unione delle competenze specialistiche di economisti, ingegneri,
analisti finanziari ed esperti in materia di clima garantisce alla Banca il successo dei progetti
intrapresi. L’approvazione da parte degli specialisti della BEI, a sua volta, rappresenta una garanzia
per gli investitori del settore privato, che sono così incentivati a partecipare. La BEI opera su scala
mondiale per migliorare la qualità della vita.

Nel 2018, grazie al suo intervento, 20 milioni di persone hanno avuto accesso a un’acqua potabile
più sicura, milioni di autisti hanno visto aumentare la sicurezza delle strade e oltre 34 milioni di
famiglie hanno potuto beneficiare dell’allacciamento alla rete elettrica. Grazie al sostegno della
BEI, l’Istituto di Cipro di Neurologia e Genetica di Nicosia ha modernizzato le proprie infrastrutture
terapeutiche e di ricerca.

Con i suoi finanziamenti e servizi di consulenza la Banca sostiene milioni di posti di lavoro e aiuta
migliaia di piccole imprese a portare avanti con successo le loro attività. Nel 2018 ha assicurato
risorse finanziarie a 374 000 piccole imprese. Sostenendo progetti altamente innovativi e l’azione
per il clima, la Banca contribuisce alla competitività dell’Europa. Nel 2018 ha finanziato 29 milioni
di connessioni digitali ultraveloci. Il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) è uno degli
strumenti di intervento della Banca. Il suo obiettivo è colmare il notevole gap di investimenti in
Europa attraverso la mobilitazione di 500 miliardi di € da investire entro il 2020. A fine 2018 il
Gruppo BEI aveva approvato 70,4 miliardi di € di finanziamenti nel quadro del FEIS e mobilitato
investimenti per 375,5 miliardi di €.

Un saldatore di uno stabilimento di assemblaggio di autobus in Senegal. La BEI ha investito in un


fondo che aiuta l’azienda a portare avanti con successo la propria attività.

Clienti:

I prestiti della Banca europea per gli investimenti sono rivolti ai settori pubblico e privato. Le piccole
imprese beneficiano di un sostegno indiretto attraverso banche locali, mentre le start-up innovative
ricevono prestiti diretti. Le imprese a media capitalizzazione (midcap) possono ricevere un
sostegno diretto per gli investimenti nei settori della ricerca e dello sviluppo. I prestiti della BEI non
coprono più del 50% del costo di un progetto in quanto l’obiettivo è attrarre finanziamenti da
investitori privati e da altre istituzioni finanziarie pubbliche. La Banca offre un’ampia gamm a di
prodotti finanziari a condizioni agevolate e, per determinati progetti che contribuiscono
all’innovazione e allo sviluppo di competenze in Europa, è disposta ad assumere un rischio
maggiore rispetto alle banche commerciali. La BEI offre inoltre assistenza tecnica nelle fasi di
preparazione e di realizzazione dei progetti.

La Banca aiuta città come Parigi a sfruttare le energie rinnovabili, a migliorare la mobilità e a
rendere più moderni ponti e strade.

Risorse:

La BEI è un’istituzione finanziariamente autosufficiente che raccoglie fondi mediante emissioni


obbligazionarie sui mercati dei capitali internazionali. La Banca gode di un rating eccellente che le
permette di raccogliere fondi a tassi vantaggiosi, e quindi di trasferire tali vantaggi ai propri clienti.
Tra le banche multilaterali attive sui mercati globali la BEI è una delle più attente all’ambiente. Sono
stati proprio i suoi specialisti di finanza a inventare il mercato delle cosiddette “obbligazioni verdi”.

Impegni:

· Elevati standard ambientali e sociali in tutte le attività


· Solidità della governance, trasparenza e rendicontabilità
· Impronta ecologica minima

Art. 13 (1) TUE

L'Unione dispone di un quadro istituzionale (unico) che mira a promuoverne i valori,


perseguirne gli obiettivi, servire i suoi interessi, quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati
membri, garantire la coerenza, l'efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni.

(...) Le Istituzioni dell'Unione sono:

• il Parlamento europeo,

• il Consiglio europeo,

• il Consiglio,

• la Commissione,

• la Corte di giustizia dell'Unione europea,


• la Banca centrale europea,

• la Corte dei conti

Art. 13 (4) TUE

Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico


e sociale e da un Comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive. → non sono
Istituzioni.

Art.13 (2) TUE

Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati,
secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una
leale cooperazione.

Dunque,

• le Istituzioni operano nei limiti delle attribuzioni loro assegnate e secondo le


procedure previste

• le Istituzioni rispettano le competenze delle altre Istituzioni

• + attuano tra loro una leale cooperazione

à In sostanza, le Istituzioni agiscono nell'ambito di un equilibrio istituzionale

Separazione dei poteri?

• una Istituzione, più funzioni: → il Consiglio

• una funzione, più Istituzioni: → la funzione normativa

La leale cooperazione tra Istituzioni contribuisce a stemperare l’assenza di separazione


dei poteri nel quadro istituzionale dell'UE e alle disfunzioni da essa provocate (es, paralisi
decisionali) IL PARLAMENTO EUROPEO

→ Massimo 705 membri (post Brexit)

→ I parlamentari europei rappresentano i cittadini dell'Unione

→ il loro numero non è proporzionale al numero di cittadini dello Stato di provenienza

→ riparto dei seggi: materiale preliminare di studio

→ gli europarlamentari sono eletti a suffragio universale diretto, libero e segreto per 5 anni di
mandato

→ Per ora non c'è una procedura elettorale unica → leggi nazionali che osservano il principio
della proporzionalità del sistema elettorale

→ ogni cittadino UE ha diritto di elettorato attivo e passivo nel Paese di residenza ß casi di
ampliamento/riduzione del voto)

Lo status di euro-parlamentare europeo è incompatibile con:

• incarichi presso altre Istituzioni

• incarichi di governo

• incarichi presso i parlamenti nazionali

altri incarichi di livello nazionale (es, in Italia → membro Giunta regionale)

ORGANIZZAZIONE INTERNA
→ Ufficio di Presidenza:

Presidente + 15 Vicepresidenti + 5 questori

→ Nel Parlamento europeo operano commissioni permanenti, speciali e d'inchiesta

→ Gli europarlamentari sono raggruppati secondo affinità politiche, non per nazionalità (artt. 10 TUE e 224 TFUE)

→ il regolamento interno disciplina questi aspetti e i lavori del Parlamento europeo

Funzioni- art.14 TUE

Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la


funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni
stabilite dai trattati. Elegge il presidente della Commissione.

Questo elenco non è esaustivo.

IL CONSIGLIO EUROPEO

→ è presente nell'ordinamento dell'Unione dal 1986 (dunque?)

→ col Trattato di Lisbona diviene un’Istituzione dell'UE

→ la disciplina è contenuta negli artt. 15 TUE e 235-236 TFUE

COMPOSIZIONE

- Capi di Stato o di governo degli Stati membri

- Presidente del Consiglio europeo

- Presidente della Commissione

L'Alto Rappresentante PESC partecipa ai lavori

Il Presidente del PE può essere invitato alle sedute per essere ascoltato

→ è l'organo politico di più alto livello

COSA FA IL CONSIGLIO EUROPEO

Art.15 (1) TUE

• dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e definirne gli orientamenti e le priorità
politiche generali, anche in ambito PESC.

• esercita funzioni di indirizzo politico (non funzioni legislative!)

Ø le decisioni che adotta (atti che gli competono) hanno contenuto


strategico e di indicazione gli obiettivi (la strada da seguire nel processo
di integrazione europea)

• Il Consiglio europeo si riunisce 2 volte a semestre, fatta salva la possibilità di sedute


straordinarie

• Di norma si pronuncia per consensus, salvo che i trattati dispongano diversamente

• É prevista la possibilità di dare (1 sola) delega di voto, quindi, ad esempio

• → l'Italia può votare anche su delega della Francia

• → l'Italia non può votare su delega della Francia e di Malta

• e votano solo gli Stati, non le altre figure partecipanti

IPOTESI SUI METODI DI VOTO


Unanimità → es., art. 14 TFUE sulla composizione del PE → astensione non ostativa all'atto

Maggioranza qualificata → es., art. 18 TUE sulla nomina dell'AR o art. 236 TFUE sull'elenco delle formazioni del
Consiglio

Maggioranza semplice → esame delle proposte di modifica dei trattati, questioni procedurali e regolamento interno

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO

Art.15 TUE

Eletto a maggioranza qualificata per un mandato di 2 anni e ½, rinnovabile 1 volta.

Non può esercitare un mandato nazionale.

COMPITI

a) presiede e anima i lavori del Consiglio europeo

b) ne assicura la preparazione e la continuità dei lavori

c) si adopera per facilitare la coesione e il consenso nel Consiglio europeo

d) presenta al PE una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo

e) assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'UE per alcuni aspetti
della PESC

IL CONSIGLIO

È l'organo che raccoglie gli Stati membri dell'Unione: è composto da un rappresentante di


ciascuno Stato membro a livello ministeriale (Ministri, Sottosegretari oppure anche alti
funzionari)___è un organi di Stati.

La sua composizione è variabile ratione materiae (cd. formazioni):


• Affari generali

• Affari esteri

• Economia e finanza

• Giustizia e affari interni (GAI)

• Occupazione, politica sociale, salute e consumatori

• Competitività (mercato interno, industria, ricerca e spazio)

• Trasporti, telecomunicazioni ed energia

• Agricoltura e pesca

• Ambiente

• Istruzione, gioventù, cultura e sport

questo elenco è stato adottato dal Consiglio europeo con decisione presa a maggioranza
qualificata ad eccezione de ''Affari generali'' e ''Affari esteri'', che devono esserci
necessariamente.

IL CONSIGLIO “AFFARI GENERALI”:

Assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio, prepara le riunioni del
Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente del Consiglio
europeo e la Commissione.

IL CONSIGLIO “AFFARI ESTERI”:


Elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo
e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione. Le formazioni del Consiglio sono rette dalla
Presidenza semestrale (a turno), tranne la formazione “Affari esteri”, che è presieduta dall'Alto
rappresentante PESC

I suoi lavori sono preparati da un organismo detto:

COREPER

(Comitato dei rappresentanti permanenti

dei governi degli Stati membri)

la cui composizione ha natura diplomatica, quindi meno variabile del Consiglio

è un organismo di una certa rilevanza: esamina le bozze di atti UE che provengono dalla
Commissione e che verranno discussi ed approvati in Consiglio!

FUNZIONI

• Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa


e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche (→ es. poteri
di indirizzo in materia di politica economica)

• Il Consiglio è il dominus della procedura di conclusione degli accordi


internazionali dell'UE.

• L’elencazione delle funzioni del Consiglio è comunque rimessa alle singole norme
TUE e TFUE, che indicheranno la materia, il tipo di atto, la procedura e il tipo di
maggioranza.

Di norma il Consiglio vota a maggioranza qualificata (regola generale), salvo nei casi in cui i
trattati dispongano diversamente (→ maggioranza semplice, unanimità).

La votazione a maggioranza qualificata segue un metodo complesso …

… Si raggiunge la maggioranza qualificata soltanto se sono soddisfatte due condizioni:

• il 55% degli Stati membri vota a favore - in pratica ciò equivale a 15 paesi su
28

• gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65%


della popolazione totale dell'UE

Questa procedura è nota anche come regola della doppia maggioranza.

Minoranza di blocco (delle decisioni): deve includere almeno quattro membri del Consiglio,
che rappresentino oltre il 35% della popolazione dell'UE.

(PP.113-117: DAL COMPROMESSO DI IOANNINA AL COMPROMESSO DI


LUSSEMBURGO- STUDIO INDIVIDUALE)

LA COMMISSIONE

→ Organo di individui, di tipo tecnico

→ agisce nell'interesse dell'Unione: i Commissari sono indipendenti e non ricevono istruzioni dai governi del
loro Paese o degli altri Stati membri.

→ L'incarico è esclusivo ed incompatibile con altre attività professionali e dura 5 anni (salvo dimissioni anticipate)

→ Questa Istituzione è connotata dai caratteri della indipendenza e della competenza

Fino al 31 ottobre 2014 è composta da 1 commissario per Stato membro:

1 Presidente + l'Alto rappresentante PESC (vicepresidente di diritto) + restanti commissari


Dal 2015 il numero doveva essere ridotto a 2/3, compresi il Presidente e l'Alto rappresentante PESC. Dunque meno
commissari, scelti secondo criteri di rotazione e rappresentanza geografica

à ma nel 2013 il Consiglio europeo ha deciso che permane l’attuale composizione numerica

PROCEDURA DI NOMINA:

1. Il Presidente è eletto dal PE su proposta del Consiglio europeo.


2. Il Consiglio, in accordo col neoeletto Presidente della Commissione, propone al PE una
lista di candidati commissari à questi sostengono un colloquio al PE, nelle commissioni
competenti. La lista viene approvata dal PE.
3. Presidente, Alto Rappresentante e commissari si presentano in PE insieme per discutere
il programma relativo al mandato da svolgere. Ricevono l'approvazione del PE come
collegio. Segue nomina formale da parte del Consiglio europeo.
Il PE può sfiduciare la Commissione, portandola alle dimissioni collettive (art. 234 TFUE). I
dimissionari restano in carica per lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione e si nomina
una nuova Commissione.

FUNZIONI:

1. Promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine →


iniziativa sugli atti: art. 17, par. 2, TUE:

“Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione,
salvo che i trattati non dispongano diversamente”

2. Vigila sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei
trattati, sotto il controllo della Corte di giustizia dell'UE

- verso altre Istituzioni (es., per farne annullare gli atti)

- verso gli Stati (es., per sanzionarli)

- verso i privati (per sanzionarli- es, concorrenza)

· Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi


· Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione
· Può essere delegata ad adottare atti in una determinata materia o ambito (es.,
concorrenza)
· Partecipa alla rappresentanza esterna dell'Unione
· In ambito PESC, la Commissione ha un ruolo secondario

POTERI DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE:

· definisce gli orientamenti d'azione del collegio


· decide l'organizzazione interna della Commissione
· nomina i Vicepresidenti (tranne l'AR)
· può chiedere ad un Commissario di dimettersi (→ i commissari possono anche
“essere dimessi” dalla Corte di giustizia in caso di violazione del dovere di
onestà e delicatezza)

(ALTO RAPPRESENTANTE PP.122-123 STUDIO INDIVIDUALE)

LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE

Per Corte di giustizia dell'UE si intende un sistema giudiziario composto da (a) Corte di
giustizia, (b) Tribunale e (c) tribunali specializzati, l'Istituzione è unitaria → i suoi livelli sono
diversi.

Art. 19 TUE
La Corte assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati.
In particolare, essa si pronuncia :

a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica o
giuridica;

b) su richiesta dei giudici nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità
degli atti adottati dalle istituzioni

c) in altri casi previsti dai trattati (es., responsabilità dell'UE per danni o contenzioso tra UE
e dipendenti)

CORTE DI GIUSTIZIA

à è composta da 1 giudice per Stato membro ed è assistita da 11 avvocati generali

→ i giudici e gli avvocati generali sono scelti tra personalità che offrano garanzie di
indipendenza e abbiano le condizioni richieste per l'esercizio delle più alte funzioni
giurisdizionali

→ i giudici sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per 6 anni e
possono essere rinominati

TRIBUNALE

→ è composto da almeno 1 giudice per Stato membro e può essere assistito da avvocati generali

→ i giudici sono nominati di comune accordo dai governi degli Stati membri per 6 anni e possono
essere rinominati. I requisiti e le caratteristiche sono le stesse dei giudici della Corte

→ la Corte ha un suo Presidente, eletto ogni 3 anni

PECULIARITÀ DEL TRIBUNALE:

→ è giudice delle istanze degli individui

→ avverso le sue sentenze è ammesso ricorso alla Corte di giustizia (appello di legittimità)

→ il tribunale è però appello (di merito o legittimità, a seconda dei casi) avverso le sentenze dai
tribunali specializzati TRIBUNALI SPECIALIZZATI

→ possono essere istituiti dal PE e dal Consiglio (insieme: che procedura è?), con mandato di
conoscere in primo grado delle categorie di ricorsi su materie specifiche

→ appello: le decisioni dei tribunali specializzati possono essere oggetto di impugnazione davanti al
Tribunale

→ Attualmente opera il Tribunale per la funzione pubblica, che risolve le liti tra UE e i suoi dipendenti

(LE RESTANTI ISTITUZIONI E ORGANI DELL’UE PP.130-139 STUDIO INDIVIDUALE)


LE FUNZIONI ATTRIBUITE ALLE ISTITUZIONI
Separazione dei poteri___NO

Però, è possibile una classificazione delle funzioni (in base a quelle tradizionali degli Stati)

ATTENZIONE: la funzione giurisdizionale non è competenza della sola Corte di giustizia.

-LA FUNZIONE LEGISLATIVA: atti adottati con una procedura legislativa___atti legislativi.

Due tipi di procedure legislative:

· ordinaria- Consiglio e Parlamento “codecidono”


· speciali (diverse)- Consiglio decide con la partecipazione del Parlamento (es, deve dare un
parere sull’atto da adottare)

Possibile la passerelle tra procedure.

Ordinaria o speciale che sia, nella procedura legislativa:

iniziativa: sempre la Commissione;

consultazione: organi vari, es. il Comitato delle regioni (non è un Istituzione)

Dove non è esercitata la funzione legislativa? Atti del Consiglio europeo, Atti PESC, Atti non
legislativi___atti adottati con altre procedure, indicate dalla base giuridica applicabile

L’INIZIATIVA SULL’ADOZIONE DEGLI ATTI LEGISLATIVI

· Appartiene alla Commissione (regola generale), che la esercita discrezionalmente


· In casi specifici (trattati) spetta agli Stati o al Parlamento
· Inizialmente era una prerogativa assoluta, ora è smussata:

-richiesta di esercitarla dal Consiglio

-richiesta di esercitarla dal PE

-iniziativa popolare (1 milione di cittadini)

È comunque la Commissione a esercitare l’iniziativa, se sollecitata a farlo, non sorge un obbligo per la
Commissione, che deve solo dire (motivare) perché non esercita il potere di iniziativa___il PE può
eventualmente sanzionare la Commissione con una mozione di censura- Art.17 (8) TUE.

Iniziativa non vuol dire congelamento della proposta di atto:

· La Commissione propone, il Consiglio decide, eventualmente modificando la proposta


(all’unanimità), ma senza ribaltare il contenuto della proposta
· La Commissione può modificare e/o ritirare la sua stessa proposta, chiaramente prima che
il Consiglio abbia approvato l’atto

Se un atto è adottato in spregio alla procedura prevista per la sua adozione, anche rispetto
all’iniziativa:

· È illegittimo
· Corte di giustizia può annullarlo

Svolgimento delle procedure legislative: ordinaria pp. 148-151; speciali pp.151-155


(studio autonomo)

-LA FUNZIONE NORMATIVA DELEGATA Art. 290 TFUE


1. Un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di
portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo.
Gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega
di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all'atto legislativo e non possono pertanto
essere oggetto di delega di potere.

2. Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere le
seguenti:

a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega;

b) l'atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall'atto legislativo, il
Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.

Ai fini delle lettere a) e b), il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo compongono
e il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

-LA FUNZIONE ESECUTIVA

1. Modello decentrato:provvedono gli Stati membri (___obbligo di leale cooperazione previsto dall’art.4
TUE)

OPPURE

2. Provvede la Commissione se sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione (___comitologia)

-LA FUNZIONE DI CONTROLLO POLITICO (torniamo al Parlamento europeo)…

Art. 14 TUE

Il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione legislativa e la funzione di


bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge
il presidente della Commissione.

Nei confronti della Commissione:

· Esame della relazione annuale


· Mozione di censura___art. 234 TFUE
· Atti di sindacato politico ed ispettico

Nei confronti del Consiglio europeo e del Consiglio:

· Esame della relazione dopo ogni vertice


· Esame della relazione dopo ogni presidenza semestrale
· Atti di sindacato politico ed ispettivo

Nei confronti della BCE: esame della relazione annuale sul SEBC e sulla politica monetaria;

Nomina del mediatore ad inizio legislatura per tutta la legislatura stessa (con possibilità di rinnovo alla
successiva)

IL PE IN AMBITO PESC Metodo comunitario vs. metodo intergovernativo

· Viene consultato (non svolge la funzione legislativa)


· Può rivolgere interrogazioni
· Nessun ruolo nella conclusione degli accordi internazionali dell’UE che riguardino
esclusivamente la PESC
· La funzione di bilancio
· Il sistema di finanziamento dell’UE
·Il quadro finanziario pluriennale e le procedure di approvazione, esecuzione e controllo del
bilancio dell’UE

pp.164-174 (leggere attentamente)

LEZ 4 video 1
La struttura dell’Unione europea è particolarmente complessa, si studiano di norma gli organi
principali che prendono il nome di “istituzioni” e altri organi che non prendono il nome di istituzioni
ma che comunque sono importanti.
aspetti generali conviene richiamare una norma: ART. 13 Comma 1 (tue- Il trattato piccolo).
“L’Unione dispone di un quadro istituzionale (unico) che mira a promuoverne i valori, perseguirne
gli obiettivi, servire i suoi interessi , quelli dei suoi cittadini e quelli degli Stati membri, garantire la
coerenza, l’efficacia e la continuità delle sue politiche e delle sue azioni”
In questo quadro istituzionale serve sia
1) all’organizzazione per perseguire i suoi obiettivi ,
2) sia per conseguire i suoi stessi interessi nonché quelli dei suoi cittadini e degli Stati membri
3) nonché per garantire un miglior funzionamento possibile delle sue politiche e delle sue
azioni anche tenuto conto che tra più politiche e azioni dell’Unione europea ci può essere
necessità di garantire anche la coerenza, non è poi è improbabile che diverse azioni
dell’Unione europea contengano elementi di conflitto che le possano annullare l’un l’altro.
L’Unione prevede questa possibilità garantendo che rispetto alle azioni e alle politiche intraprese
ci sia una forma di coerenza.
Perché “unico”? Si ricorda che con il Trattato di Bruxelles del ’65 si è proceduto alla fusione degli
esecutivi degli organi delle precedenti Comunità europee e pertanto questo quadro istituzionale è
l’erede di quella fusione con un’indicazione in più. Dato che quando fu stipulato il Trattato
sull’Unione europea nacque la politica estera di sicurezza comune al di fuori delle comunità, perché
era al secondo pilastro, il quadro istituzionale presente allora e che serviva il primo pilastro, cioè le
Comunità europee, cominciò a servire anche il secondo pilastro, quindi la PESC, e il terzo pilastro,
ovvero la cooperazione giudiziaria e di polizia
(attraverso il quale gli Stati membri perseguono l’obiettivo di creare uno spazio europeo di libertà,
di sicurezza e di giustizia all’interno dell’UE).
Questo quadro istituzionale è rimasto e( ancora oggi nella vigenza del Trattato di Lisbona, in
presenza del trattato sul funzionamento che costituisce l’erede delle tre comunità, più dell’ex terzo
pilastro per quanto era rimasto dopo la prima comunitarizzazione avvenuta ad Amsterdam) esso
serve sia le politiche del Trattato sul funzionamento dell’UE, sia la politica estera e di sicurezza
comune; quando si disserta in tema di politica estera e di sicurezza comune sempre si fa presente
che la gestione avviene ad opera del quadro istituzionale che è unico ormai e che serve tutte le
sue politiche.
Le istituzione dell’Unione sono: Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio,
Commissione, Corte di giustizia dell’Unione europea, Banca centrale europea, Corte dei Conti.
(Non è finita qui). Il quadro organizzativo vede la presenza di numerosi organi di varia natura che
svolgono diverse funzioni, però soltanto questi sette organi si qualificano come istituzioni
dell’Unione europea. Tutti gli altri organi sono tali e basta.
Qual'è la differenza? non c’è soltanto un problema di denominazione giuridica ma anche di
prerogative perché le istituzioni sono gli organi più importanti, hanno le competenze più importanti
e soprattutto possono difendersi , appellandosi alla Corte di Giustizia, per difendere le proprie
prerogative. Solo le istituzioni hanno un ampio potere di attivare la Corte, mentre gli organi soltanto
in determinate circostanze.

Prosegue l’ART. 13 Comma 4 affermando che:


“il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico-
sociale e da un Comitato delle Regione che esercitano funzioni consultive”.
Tutto il processo decisionale che avviene all’interno dell’Unione europea gira attorno a queste tre
istituzioni;
1) la Commissione perché propone gli atti
2) il Consiglio e il Parlamento nella maggior parte dei casi perché adottano gli atti, essi sono
i decisori.

Proprio per il fatto che la Commissione propone il testo dell’atto da adottare, e poi adottato nella
maggioranza dei casi, questi devono essere assistiti da altri organi, ad es: il Comitato economico-
sociale (che è formato da rappresentanti del mondo dell’economia e del lavoro prevalentemente),
e dal Comitato delle Regioni (che è un organi composto dai rappresentanti delle regioni europee,
nel nostro caso, delle nostre regioni e che ha sostanzialmente la funzione di rappresentare la
divisione locale sulle questioni che vengono trattate all’interno dell’Unione europea).
Sia il Comitato delle Regioni che il Comitato economico-sociale svolgono una funzione nell’ambito
del procedimento legislativo perché è pressoché comune che un provvedimento proposto dalla
Commissione debba essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio previo parere di uno di
questi due comitati se non entrambi, a seconda della materia trattata dal provvedimento; laddove
non sorga un problema di necessità di acquisire la visione di enti locali, il Comitato delle Regioni
non eserciterà alcun tipo di parere e invece là dove si manifesti la necessità di avere e di regolare
una materia del lavoro delle imprese, il Comitato
economico-sociale avrà invece interesse e la competenza per poter esprimere un parere.
Che questi due organi dell’Unione europea , che non sono istituzioni, esprimano un parere è dato
dall’espressione “funzioni consultive” , ovvero la funzione di un organo che ha il compito di
emanare i pareri .
Ciascuna delle istituzioni prima indicate agisce nell’ambito di competenze attribuite:
● ciascuna istituzione ha il suo compito, indicato dai Trattati
● tali Trattati prevedono procedure attraverso le quali vengono adottati gli atti di diritto
dell’Unione indicando cosa fa ciascuna istituzione ed eventuali altri organi.
Proprio la circostanza che il processo che porta l’adozione di un atto di diritto coinvolga più
istituzioni ed eventuali altri organi, fa si che questi debbano necessariamente cooperare per
giungere al risultato d’adozione dell’atto e non invece operare in modo disgregato ed è per questo
che l’ART. 13 Comma 2 TUE afferma:
“le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione” quindi le istituzioni e gli organi coinvolti nel
processo legislativo devono cooperare lealmente affinché gli atti di diritto dell’Unione possano
essere adottati.
In sintesi:
1. le istituzioni operano nei limiti delle attribuzioni loro assegnate secondo le procedure
previste e non hanno altra alternativa.
2. Le istituzioni rispettano le competenze delle altre istituzioni (quindi se la Commissione è
l’unica a poter proporre un atto, nessun’altra istituzione può proporre atti altrimenti
interferirebbe con la competenza della Commissione, così come la Commissione non può
adottare atti perché non ha questo tipo di competenza);
3. tra di loro devono lealmente cooperare. Tutto ciò dà luogo a una forma di equilibrio
istituzionale, un equilibrio dato dai Trattati dove esiste un certo numero di organi alcuni
dei quali sono istituzioni, tutti hanno delle funzioni e dei compiti e nel portare avanti l’azione
dell’Unione, ciascuna esercita la sua competenza.
4. Tale equilibrio, se funzionante, porta anche a un buon funzionamento dell’Unione.

Ci si chiede se questo equilibrio istituzionale ha a che fare con il principio della separazione dei
poteri, concetto pre-illuminista che fa riferimento a quella parte della filosofia politica che ha messo
in luce come una sola persona, ai tempi il sovrano, non potesse assommare in sé le tre principali
competenze di Stato: emanare le leggi (potere legislativo), attuare le leggi (potere esecutivo) e
giudicare le controversie (potere giudiziario).
Oggi le democrazie contemporanee sono tutte improntate al principio della separazione dei poteri,
ebbene se questo vale per gli Stati, nel caso delle organizzazioni internazionali il principio di
separazione dei poteri non può funzionare perché noi abbiamo istituzioni che svolgono più funzioni
; il Consiglio, ad esempio, decide insieme al Parlamento l’adozione degli atti dei diritti dell’Unione
e li attua ;
quindi abbiamo potere legislativo e potere esecutivo in mano allo stesso organo, e ciò è
consentito, così come invece abbiamo delle funzioni come quelle di approvazione degli atti che
non è in mano a un solo soggetto: nel caso del diritto dell’Unione europea, la funzione di adottare
gli atti è avviene prevalentemente secondo una procedura per la quale Consiglio e Parlamento
insieme adottano un atto.
Mal si conciliano con la separazione dei poteri, ma si tratta di un’organizzazione internazionale,
non di uno Stato e pertanto quel tipo di impostazione tipica degli Stati non può essere applicata.
Ciò detto, proprio perché esiste l’equilibrio istituzionale, si dovrebbero temperare tutti i limiti dovuti
dall’assenza del principio di separazione dei poteri che crea confusione; ma poiché esiste il
principio di leale cooperazione e ciascuna istituzione opera secondo l competenze attribuite
rispettando le competenze delle altre istituzioni, l’effetto dovrebbe essere quello di un buon
funzionamento del quadro istituzionale dell’UE.

LEZ 4 lez 4 video 2


Il parlamento europeo è la prima delle istituzioni di cui ci dobbiamo occupare, sappiamo oggi che
dopo la brexit è composto da 705 stati membri in precedenza erano 751, ma l’uscita della Gran
Bretagna ha creato un riassortimento dei seggi non togliendo tutti quelli che appartenevano a
questo paese, alcuni sono rimasti poiché sono paesi ancora membri ma sotto rappresentati dalla
Gran Bretagna. La funzione dei parlamentari europei è quella di rappresentare i cittadini
dell’unione. Il numero di parlamentari assegnato a ciascun stato membro non è direttamente
proporzionale alla densità demografica di uno stato; la densità demografica ha comunque il suo
peso infatti la Germania che è il paese più popoloso ha la più alta percentuale di parlamentari
europei.
Il parlamento europeo è individuato secondo elezione a suffragio universale diretto, libero e segreto
e i rappresentati eletti durano in carica 5 anni.
libero e segreto vuol dire che c’è un'elezione diretta da chi vota a chi viene votato, segreto vuol
dire che viene espresso attraverso una scheda di tipo elettorale.
Ma secondo quale legge di tipo elettorale ciò avviene? (Ci si potrebbe aspettare che ci sia una
procedura elettorale di tipo unico nell’Unione Europea, ma così non è)
i trattati in verità prevedono che si approdi ad una legge elettorale ma per il momento non c’è; ciò
che si è limitata a fare l’unione europea è stata di indicare agli stati membri la necessità innanzitutto
di dotarsi di una legge elettorale per votare gli europarlamentari e di osservare il principio di
proporzionalità questo vuol dire che le leggi nazionali che servono a disciplinare le elezioni del
parlamento europeo sono leggi improntante a sistema proporzionale, questo vuol dire che una
nazione riceve tanti rappresentanti politici in base a quanti sono i voti espressi a loro favore.
Una rassegna delle leggi elettorali nazionali per le elezioni del parlamento europeo mostrano che
si trattano tutte di leggi di stampo proporzionale anche se difficilmente è un proporzionale puro,
poiché non tutte le forze politiche che ricevono voti poi ricevono rappresentanti, c’è una soglia
minima di voti che bisogna raggiungere affinché si possa accedere alla attribuzione dei seggi
presso il parlamento europeo.
Ogni cittadino europeo vota per il parlamento europeo e può essere votato per il parlamento
europeo, fatto sta che sebbene si parla di cittadini membri le leggi elettorali di alcuni stati prevedono
che il diritto di voto per il parlamento europeo possa essere attributo anche agli stranieri legalmente
residenti ma non è una prassi comune, così come venga tolto dopo aver commesso reati di una
certa gravità.
Il parlamentare europeo va ricoprire il posto di uno dei 705 membri del parlamento e fa
prevalentemente questo lavoro perché lo status del parlamentare europeo è incompatibile con una
serie di cariche ad esempio: incarichi di commissione, di governo, incarichi presso parlamenti
nazionali oppure altri incarichi di tipo nazionale o subnazionale (per esempio un parlamentare
europeo non può fare il presidente di regione).
Come è organizzato il parlamento europeo al suo interno? Un po’ come tutti i parlamenti
nazionali il funzionamento tende a ricalcare quello dei parlamenti nazionali, c’è un ufficio di
presidenza composto da 21 persone, il presidente del parlamento europeo (che attualmente è un
italiano) 15 vicepresidenti che lo assistono (e viene vicariato da questi secondo turnazioni previste)
e 5 questori che sono europarlamentari che fanno parte dell’ufficio di presidenza e che assumono
provvedimenti disciplinari che prendono dei provvedimenti nei confronti di quei parlamentari che
violino le regole del parlamento europeo.
Il parlamento europeo ha una funzione puramente legislativa ma affinché ciò possa avvenire
lavorano all’interno di delle commissioni e ci sono diversi tipi (guardare video perché ne cita
diverse) divise per materia come: commissione trasporti, cultura, affari esteri ecc…
ci possono essere delle commissioni speciali là dove sorga l’esigenza di trattare una materia
imprevista (nulla potrebbe impedire che si crei una commissione per cercare di contrastare una
emergenza come quella sanitaria da covid 19 o commissione di inchiesta che serve per acclarare
il motivo per il quale è avvenuto un certo fatto che non sarebbe dovuto accadere). Come nel
parlamento nazionale anche in quello europeo i parlamentari sono raggruppati in partiti
politici, quindi i parlamentari europei si raggruppano insieme a coloro che condividono la loro
stessa linea di pensiero. Il criterio di raggruppamento è quindi l’affinità ideologica e la nazionalità
comune . Tutti questi aspetti sono disciplinati da un atto chiamato “regolamento interno del
parlamento europeo”.
che cosa fa il parlamento? l’articolo 14 del TUE così recita: ‘Il parlamento europeo esercita
congiuntamente al consiglio la funzione legislativa e la funzione di bilancio quindi adotta norme e
adotta il bilancio dell’Unione’ questa frase tra l'altro non dà conto che ci sono più modi adottare le
norme nel parlamento europeo quindi dobbiamo tenere conto che ci sono vari modi di esercitare
questa funzione da parte del parlamento, prosegue la norma ‘esercita forme di controllo politico (
e questo è piuttosto normale quando si parla di organi parlamentari che in genere possono volgere
interpellanze a livello nazionale oppure a singoli ministri a livello europeo può succedere pure nei
confronti della commissione o del consiglio) esercita funzioni consultive e condizioni stabilite dai
trattati ( in diversi casi il parlamento deve essere consultato affinché esprima un parere) eleggere
il presidente della commissione (il parlamento europeo ha un ruolo nell’individuazione del
presidente dell’istituzione che ha la funzione principale di proporre l’adozione degli atti di diritto
dell’unione europea. si tenga conto che l’articolo 14 sull’Unione non è comunque molto esaustivo
sulle competenze del parlamento europeo ed anche in altri tratti si possono trovare le stesse
funzioni descritte in maniera molto più approfondita.
lez 4 Video 3
Il consiglio europeo è un’altra istituzione dell’unione (da NON confondere con il consiglio poiché
sono due istituzioni diverse), è una istituzione di natura politica ed un'istituzione di recente
acquisizione. i primi consigli europei si tennero a metà degli anni ’80 quindi li possiamo datare alla
stipula dell’atto unico europeo ma il suo inserimento nell’elenco delle istituzioni è avvenuto ad
opera del trattato di Lisbona la sua disciplina è contenuta da una parte nell’articolo 15 del TUE
e poi nelle norme 235 e 236 TFUE (che ci invita a consultare).
La composizione del consiglio europeo dà ragione del fatto che parliamo dell’organo più alto
all’interno dell’unione europea.
● È composto dai capi di governo e di stato degli stati membri,
● c’è il presidente del consiglio europeo che è una figura a parte
● il presidente della commissione europea che raggruppa le figure ai vertici del livello statale
e dell’unione
ai lavori del consiglio europeo possono essere chiamati a partecipare:
● l’alto rappresentante di politica estera e di sicurezza comune che attua la politica estera di
sicurezza comune
● il presidente del parlamento europeo, che può essere invitato alle sedute del consiglio
europeo per essere ascoltato in relazione alle questioni di cui si discute perché ci sia un
interesse nel parlamento europeo.
Che cosa fa il consiglio europeo? Sostanzialmente dà impulso all’unione europea dà gli
orientamenti necessari a comprendere in che direzione va l’unione, quali devono essere le sue
priorità politiche e generali in tutte le sue competenze, anche quelle non in ambito TFUE (es PESC)
quindi non ha direzione di approvazione, infatti non esistono atti di diritto dell’unione approvati dal
consiglio europeo.
esso si esprime attraverso delle conclusioni, che sono atti atipici, nei quali si dice cosa bisogna
fare: poi sarà il consiglio a dare attuazione a queste conclusioni adottando degli atti insieme al
parlamento europeo. Il consiglio europeo non ha funzione legislativa e soprattutto il contenuto
di questi atti atipici fanno riferimento ad un tipo di contenuto programmatico perché non c’è una
disciplina specifica che viene indicata, ma si dice quale disciplina è necessario produrre e a questo
provvederanno varie istituzioni.
Il consiglio si riunisce due volte a semestre salvo casi straordinari, cosa che accade molto spesso:
due volte a semestre sono poche vista la complessità dell’Unione (soprattutto nei casi di crisi
quando una emergenza deve essere affrontata tempestivamente).
Di regola si esprime per consensus: quella modalità di voto secondo cui una decisione è assunta
se non ci sono voti contrari che non è però l’unanimità (sono la stessa cosa sul piano pratico, ma
all'unanimità c’è una votazione espressa, quindi tutti devono essere espressamente d’accordo, nel
consensus non deve essere un dissenso espresso)
i trattati indicano in più punti le modalità di votazione. Essendo una organizzazione di stati membri
dell’unione europea è necessario che essi siano presenti ma qualora non dovesse essercene la
possibilità è possibile conferire una delega ad uno stato membro, ma deve essere soltanto una,
quindi uno stato membro presente può essere portatore al massimo di una delega.
solo gli stati votano: se uno stato si sta astenendo dalla votazione, non sta esprimendo un voto
contrario, ma semplicemente non ostacola la votazione degli altri.
Ci sono casi in cui il consiglio europeo vota una maggioranza qualificata, una maggioranza più
bassa rispetto all’unanimità. questo può accadere sulla nomina dell'alto rappresentante oppure in
relazione alle formazioni del consiglio, ovvero l’ipotesi che il consiglio si riunisca secondo materie
diverse (quante debbano essere queste materie viene elencato in una decisione del consiglio
europeo che è assunta a maggioranza qualificata).
il consiglio europeo ha la possibilità di votare a maggioranza semplice quando si esprime su
questioni procedurali sul proprio regolamento interno o sull’esame di proposte dei suoi trattati,
quando si è solo all’inizio della procedura non si possono modificare i trattati a maggioranza
semplice, bisogna attendere che la modifica sia accettata da tutti gli stati membri tramite ratifica.
Prima del consiglio di Lisbona la presidenza del consiglio europeo era tenuta a turno dagli stati
membri ogni sei mesi e si chiamava presidenza semestrale.
1. con il trattato di Lisbona è stata introdotta la figura del presidente del consiglio europeo
non rappresenta nessuno stato ma semplicemente se stesso
2. è eletto a maggioranza qualificata per un periodo di due anni e mezzo, rinnovabile una volta
3. potenzialmente il presidente resta in carica 5 anni perché può rinnovare il suo mandato
4. ciò, da stabilità e continuità alla carica (in precedenza, ogni 6 mesi cambiava la presidenza
del consiglio eu.). ciò rende più agevole seguire le attività di altri organi
è un compito molto gravoso incompatibile con l’esercizio di un mandato nazionale, di solito il
presidente del consiglio europeo è un ex politico nazionale di alto livello: deve smettere di
esercitare il suo ruolo di politico nazionale per svolgere a tempo pieno il compito di politico europeo.
i trattati affermano che il presidente del consiglio:
1) anima ( fa sì che ci sia discussione e dibattito) e presiede i lavori del consiglio,
2) assicura la continuità dei lavori
3) ha una struttura amministrativa (chiamata segretariato)che lo assiste in questo compito.
Si adopera per favorire la coesione per favorire la decisione perché basta un assenso per saltare
una decisione e dopo ciascuna riunione del consiglio europeo consegna una relazione di ciò che
è stato fatto, che viene inviata al parlamento europeo.
il parlamento riceve tante relazioni che lo aiutano a mantenere il controllo politico. Porta
rappresentanza all’unione europea per alcuni aspetti della PESC. questa ‘carica’ che il presidente
esercita è limitata soltanto ad alcuni aspetti della PESC, questo dà l’idea che la rappresentanza in
materia di PESC e dell’unione sia in mano ad altri soggetti, così da creare una frammentazione
che più volte in dottrina è stata lamentata perché crea abbastanza confusione.

lez 4 video 4
il consiglio (non il consiglio eu!)
raccoglie gli stati membri dell’UE, i quali esprimono un proprio rappresentante che va a sedere nel
consiglio. Normalmente il rappresentante è un ministro o un sottosegretario o un vice ministro: il
livello deve essere ministeriale. Possono essere ammessi anche degli alti funzionari, ovvero
funzionari con una competenza molto alta che si avvicina al livello ministeriale.
La composizione è, quindi, pari alla composizione del consiglio europeo poiché è un organo in cui
siedono gli stati membri, ma il livello del rappresentante cambia, perché nel consiglio europeo ci
sono i capi di stato e di governo degli stati membri, mentre nel consiglio è richiesto che il
rappresentante abbia un livello ministeriale. Quindi non di altissimo livello politico ma pur sempre
di alto rilievo politico. il consiglio, come il consiglio europeo, è un organo di stati.
Nel momento in cui gli stati compongono un organo dell’unione europea, tendenzialmente
quest’organo è un organo nel quale ciascuno stato cerca di portare i propri interessi, o gruppi di
stati alleati portano i propri interessi.
Questo è molto importante, perché nel consiglio europeo si definiscono le strategie di rotta
dell’unione europea (dove va l’UE), anche qui però intervengono degli interessi anche se le
strategie sono comuni.
Nel consiglio, invece, gli stati sono portatori di interessi più specifici perché il consiglio ha poteri
decisionali.
Mentre il consiglio europeo non adotta atti, il consiglio adotta atti.

Il motivo per cui è richiesto il livello ministeriale dei rappresentanti degli stati membri è che il
consiglio non ha mai la stessa composizione. Vale a dire: esiste il consiglio come istituzione, ma
si può unire a tante formazioni diverse.
Razione Materia: ha il ragione della materia che deve essere trattata.
Queste sono formazioni che corrispondono alle competenze dell’unione europea, intese come
materie, senza considerazione che si tratti di competenze esclusive, concorrenti piuttosto che non
di supporto. Si parla proprio di formazioni per materie.
L’elenco delle formazioni non è fisso, non è casuale, bensì viene determinato dal consiglio
europeo. Quindi viene determinato dall’istituzione politica di rango superiore con decisione presa
a maggioranza qualificata.

La maggioranza qualificata è una delle caratteristiche del metodo comunitario, quindi su questo
aspetto si è affermata l’idea che si potesse adottare non per forza l’unanimità degli stati membri.
Però questa decisione deve comunque contenere due formazioni:
- Formazione consiglio affari generali, ovvero la “regia” delle formazioni del consiglio,
poiché di formazioni ce ne sono tante e questa coordina le altre formazioni. Dato che si
tratta di affari generali questa formazione si preoccupa anche di preparare le riunioni del
consiglio europeo, siccome si parla sempre di stati membri che siedono nei due organi
anche se il tipo di rappresentante è diverso e, dato che dopo il consiglio europeo c’è sempre
l’espressione di conclusioni (un atto che dice sostanzialmente su cosa concorda il consiglio
europeo) viene assicurato da parte del consiglio degli affari generali un collegamento con
la commissione europea
- Formazione consiglio affari esteri, ovvero una formazione inevitabile. Questa si occupa
dell’azione esterna dell’UE, azione esterna regolata dal PESC (Politica Estera di Sicurezza
Comune), quindi è compreso un aspetto della difesa e dell’integrazione degli eserciti
Quest’ultime sono dunque le due formazioni fisse del consiglio
Ad esclusione della formazione consiglio affari esteri, tutte le altre formazioni sono presiedute dalla
presidenza semestrale di turno dell’UE. Noi sappiamo che ogni sei mesi uno stato membro assume
la presidenza semestrale e questa presidenza comporta anche il fatto di presiedere le varie
formazioni del consiglio tranne gli affari esteri, che per norma del trattato è una formazione che
viene presieduta dall’alto rappresentante per la politica estera di sicurezza comune, che in materia
di azione esterna ha una fondamentale importanza, pertanto rappresenta la figura più giusta per
presiedere questa formazione del consiglio.

Un organo utile al consiglio è un organo preparatorio, cioè un organo che prepara i lavori di
ciascuna formazione del consiglio. Quest’organo si chiama comitato dei rappresentanti
permanenti del governo degli stati membri (COREPER), ovvero la riunione dei rappresentanti
permanenti dei governi degli stati membri. Ciò significa che gli ambasciatori che ciascuno stato
membro ha inviato presso l’unione europea sono riuniti in un comitato (per quello sono
rappresentanti permanenti) e questo comitato prepara i lavori del consiglio affinché i douceur del
consiglio arrivino al tavolo col minor attrito possibile ed il maggior consenso possibile. Essendo il
COREPER composto da rappresentanti permanenti è un organo di natura diplomatica fatta da
diplomatici, pertanto ha una stabilità nel tempo, non cambia semestralmente al cambio della
presidenza perché uno stato dà un ambasciatore per un periodo prolungato.
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Il consiglio è un organo che ha poteri decisori molto ampi.
Le funzioni del consiglio:
● Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa (ad
esempio parlamento e consiglio insieme decidono il contenuto di un atto del diritto dell’UE)
e la funzione di bilancio (vede la partecipazione del consiglio del parlamento in sede di
modifica del suo contenuto sulla base di una proposta della commissione).
● Il consiglio esercita funzioni di definizione delle politiche (ad esempio il coordinamento delle
politiche economiche occupazionali in cui il consiglio ha anche funzioni di coordinamento).
● Il consiglio è il dominus della procedura di conclusione degli accordi internazionali dell’UE.
● l’articolo 118 del TFUE indica la procedura da seguire per la stipula di un accordo.
● Articolo 118
● Nell'ambito dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando
secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono le misure per la crea- zione di titoli europei al fine di garantire una
protezione uniforme dei diritti di proprietà intellettuale nell'Unione e per l'istituzione di regimi di autorizzazione, di
coordinamento e di controllo centra- lizzati a livello di Unione. Il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una
procedura legislativa speciale, stabilisce i regimi linguistici dei titoli europei. Il Consiglio delibera all'unanimit à previa
consultazione del Par- lamento europeo.
● L’elencazione delle funzioni del Consiglio è comunque rimessa alle singole norme TUE e
TFUE, che indicheranno la materia, il tipo di atto, chi decide, la base giuridica da
adottare per approvare l’atto, la procedura e il tipo di maggioranza.

Solitamente il Consiglio vota a maggioranza qualificata (questa è la regola generale e cioè non è
necessario che un provvedimento dell’unione adottato dal consiglio insieme al parlamento oppure
no, sia unanimemente accettato), i trattati prevedono che si utilizzi la maggioranza qualificata come
regola generale di approvazione degli atti (salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente,
a maggioranza semplice, ad esempio).
La votazione a maggioranza qualificata segue un metodo complesso, il consiglio legittimamente
adotta un atto a maggioranza qualificata se:
- NUMERO Hanno votato a favore il 55% degli stati membri (in teoria corrisponde a 15
paesi su 28, però senza la Gran Bretagna si va a 14,85).
- Criterio democratico perché gli stati membri che appoggiano la proposta deve
rappresentare almeno il 65% della popolazione totale dell'UE.
Questa procedura è nota anche come regola della doppia maggioranza.
Blocco di una votazione a maggioranza qualificata -> Minoranza di blocco (delle decisioni): deve
includere almeno quattro membri del Consiglio, che rappresentino oltre il 35% della popolazione
dell’UE, questo può succedere ad esempio per situazioni politiche tese.

|STUDIO AUTONOMO|
Studio autonomo: Dal compromesso Ioánnina al compromesso di Lussemburgo

LEZ 4 VIDEO 6
Commissione Europea:
istituzione molto importante dell’Unione poiché presenta delle particolari caratteristiche:
● Non è un organo di Stati come il Consiglio o il Consiglio europeo, non è nemmeno un
organo politico, bensì è un organo di individui di tipo tecnico. Ciò vuol dire che le persone
che siedono nella commissione agiscono nell’interesse dell’Unione e non degli Stati di cui
sono cittadini. Per esempio ora abbiamo un commissario europeo - Paolo Gentiloni - che
si occupa di politica economica e monetaria, e nel farlo non può rappresentare l’interesse
dell’Italia, ma quelli della politica economica monetaria dell’Unione Europea. Ecco perché
si parla di organo di tipo tecnico ---> non è portatore di interessi individuali bensì collettivi,
relativi all’Unione.
Il lavoro del commissario europeo è un lavoro importante, di tipo tecnico, esclusivo e non è un
incarico aggiuntivo a un lavoro che già si svolge. Il fatto che la commissione agisca nell’interesse
dell’Unione fa sì che i commissari europei siano indipendenti e non ricevano alcun tipo di istruzione
da parte dei governi di appartenenza e degli altri Stati membri nonostante essi siano cittadini
oppure no.
Infatti, per norma del trattato, sussiste l’incompatibilità tra la carica di commissario e altre attività
professionali.
La Commissione dura 5 anni, così come la carica di commissario. L’incarico può essere rinnovato,
salvo che il commissario non si dimetta prima.
La Commissione è un’istituzione composta dai caratteri dell’indipendenza e della competenza.
● Perché anche della competenza?
Ciascun commissario preside una materia che corrisponde a una o più competenze dell’Unione
aggregate. In un certo senso si percepisce la specificità che c’è anche nel consiglio nel momento
in cui si riunisce nelle varie formazioni, ma non vi è un parallelismo di tipo assoluto in quanto le
formazioni del consiglio non coincidono mai con il numero di commissari.
COMPOSIZIONE
La Commissione Europea è composta da un commissario per Stato membro, (Il trattato di Lisbona
aveva affermato che fino al 31 ottobre 2014 questa fosse la regola), un presidente, l’altro
rappresentante per la politica estera di sicurezza comune (che è nominato dal Consiglio europeo
ma è di diritto Vicepresidente della Commissione.) e tutti gli altri commissari per un totale di 28.
(Poi succede che il presidente della commissione nomina più vicepresidenti.)
I trattati prevedevano, visto che l’organo stava incrementando di numero, che si potesse ridurre e
che dal 2015 il numero di commissari fosse pari ai 2/3 degli Stati membri, compreso il presidente
e l’altro rappresentante per la politica estera di sicurezza comune.
Questo perché l’organo iniziava ad essere troppo grande e questa previsione avrebbe apportato
un’ottimizzazione dei lavori della commissione ma soprattutto attraverso un criterio di rotazione si
sarebbe garantito che nel tempo tutti gli Stati membri entrassero a far parte della commissione. In
realtà nel 2013, cioè prima che si avverasse questo termine indicato dal trattato di Lisbona del
2014, il consiglio europeo ha deciso che per il momento si mantiene l’attuale composizione, quindi
un commissario per ogni Stato membro. Questa decisione è chiaro frutto di una composizione di
tipo politico.

● Come viene nominata la commissione


La procedura è piuttosto complessa.
Innanzitutto, il presidente della commissione è eletto dal Parlamento Europeo su proposta del
consiglio europeo.
Nello scorso mandato il Parlamento Europeo aveva deciso che si seguisse il sistema dello
«Spitzenkandidaten» e pertanto il Parlamento europeo avrebbe votato il commissario europeo
candidato dalla forza politica parlamentare che aveva vinto le elezioni politiche europee.
La regola dello Spitzenkandidaten è la seguente:
● Si guardava com’erano andate le elezioni politiche europee,
● Si vedeva qual era la forza politica che aveva vinto,
● Si vedeva qual era il suo candidato ideale e si sosteneva quello.
Ciò in realtà non è successo in passato perché Ursula von der Leyen (attuale presidentessa
della commissione europea) non era il candidato della forza politica che ha preso più voti alle
ultime elezioni europee.
● Eletto il presidente della commissione, il consiglio in accordo con quest’ultimo, propone al
Parlamento europeo una lista di candidati commissari; quindi di commissari che
presiederanno singole materie di competenza dell’Unione. Naturalmente l’altro
rappresentante si occupa di affari esteri però ha una procedura di nomina completamente
diversa e in teoria non dovrebbe essere inserito nella lista dei candidati commissari anche
se ad ogni modo ciò viene fatto.
I commissari prima di essere nominati devono sostenere una sorta di interrogazione al Parlamento
europeo, davanti alla commissione parlamentare che si occupa della materia di cui loro si
candidano a occuparsi. (Es: il candidato a commissario alla politica economica e monetaria, ha
sostenuto il “question time” alla commissione parlamentare che si occupa di questioni economico-
monetarie).
Questo tipo di sistema consente di effettuare una valutazione sulla competenza sul commissario e
quindi una sorta di accettazione. Se tutti i commissari passano il “question time” in commissione
parlamentare (e non è sempre accaduto) allora si ha una lista definitiva di commissari e questa
deve essere oggetto di approvazione da parte del parlamento europeo. Se succede che un
commissario non lo passi, bisogna ripresentare un nuovo candidato che ne sosterrà uno nuovo.
A questo c’è il presidente della commissione, ci sono i commissari, c’è l’altro rappresentante che
è stato nominato dal consiglio europeo (che non dovrebbe sostenere il question time ma per prassi
si sta facendo, violando anche i trattati), si presentano come collegio davanti al Parlamento
Europeo per illustrare il loro mandato, cioè cosa intendono fare nel quinquennio di riferimento per
promuovere l’interesse dell’Unione e si sviluppa un dibattito. Se questo dibattito ha esito
favorevole, la commissione è approvata dal parlamento europeo.
In teoria dovrebbe intervenire una decisione del consiglio europeo, perché i trattati dicono che il
consiglio europeo nomina la commissione, ma se il procedimento precedente non ha un esito
favorevole, il consiglio non nomina la commissione. Mentre se al termine del processo vi è
dell’approvazione della commissione da parte del parlamento europeo, allora il consiglio europeo
compie l’atto formale di nomina.
In conclusione, il Parlamento Europeo è importante non solo perché nomina la commissione ma
perché la può anche sfiduciare, cioè può anche portarla a dimissioni collettive (Art. 234 TFUE).
Questo succede qualora il parlamento ravvisi che la commissione abbia gravemente violato i
trattati. Nel caso in cui il Parlamento sfiduci la commissione, dato che bisogna riattivare la
procedura di nomina della commissione, i commissari restano in carica per lo svolgimento
dell’ordinale amministrazione.

Lezione 4 numero 7
le funzioni della commissione
la commissione promuove l’interesse dell’ue, caratterizzato dal suo potere di iniziativa. l’art.17
paragrafo 2 del TUE afferma “un atto legislativo dell’ue può essere adottato solo su proposta della
commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. gli atti dell’ue li propone la
commissione salvo che propongano altri tipi di poteri di iniziativa, prevalentemente il potere di
iniziativa è nelle mani della commissione eu.
Nel momento in cui un'istituzione ha il potere di scrivere la bozza di un atto di diritto dell’ue, che
verrà approvata, magari con modifiche ma pur sempre dandone l’impianto generale, ci troviamo di
fronte ad un organo che porrà le basi per l’adozione di un atto e consenta all’organizzazione di
funzionare e produrre benefici negli stati membri.
La commissione inoltre è guardiano dei trattati, essa vige sull’applicazione dei trattati, affinchè i
trattati vengano adeguatamente eseguiti: questo riguarda anche le norme e gli atti approvati (vigilati
tutti dalla commissione e dalla corte di giustizia, che collaborano per verificare eventuali casi di
violazione di diritto dell’ue verso tutti).
La commissione deve vigilare per le norme con riguardo a comportamento delle altre istituzioni:
1) il consiglio
2) verso gli stati (nel momento in cui la commissione ha certezza che uno stato stia violando
un diritto dell’ue, può attivare una procedura che si chiama procedura di infrazione,
attraverso la quale può far intervenire la corte di giustizia ed eventualmente multare lo stato.
3) individui. una parte materiale del trattato che si riferisce al mercato unico e alla
concorrenza,nella quale la commissione ha ruolo delegato di sanzionare imprese che non
si comportano in modo adeguato. Un’impresa che ha abusato della propria posizione sul
mercato (ad es, cocacola) può essere sottoposta a sanzioni.
La commissione maneggia denari e fondi, esercita fonti di coordinamento, di esecuzione e di
gestione a seconda di ciò che gli viene chiesto dal consiglio del parlamento: da lì, può arrivare a
dover controllare gli stati membri, gestire situazioni o adottare atti.
le decisioni della commissione: rispetto alle quali c’è una delega da parte del consiglio riguardo ad
un determinato settore. (si chiama materia di concorrenza del mercato) In questo ambito
specifico, la commissione è in grado di produrre una normativa specifica in quel settore.
La commissione può partecipare in modo esterno all’unione, cioè può rappresentare l’ue nella
comunità internazionale anche se la commissione ha un ruolo secondario in PESC, può
appoggiare dunque le proposte dell’altro rappresentante.
il presidente della commissione viene eletto prima e poi partecipa alla stesura della compagine
governativa della commissione, la fa transitare attraverso il parlamento eu, nomina la parte del
consiglio. il presidente della commissione è importante perchè è il primo che viene eletto , pertanto
gestisce l’organizzazione interna della commissione (nomina altri candidati commissari tranne
l’altro rappresentante, eletto dal consiglio) e pertanto sceglie un governo con orientamenti d’azione.
Questo piccolo governo è un collegio organizzato e condotto e questi poteri li ha il presidente. Egli
nomina i vicepresidenti: sono 4. Nel caso in cui un commissario tenga una condotta in contrasto
col funzionamento del diritto d’ue o della commissione stessa, il presidente può chiedergli di
dimettersi. I commissari inoltre possono essere dimessi dalla corte di giustizia, che qualora ravvisi
una grave violazione del diritto d’ue (in particolare del dovere di onestà e delicatezza) può
dimetterlo.
lascia da leggere le pagine sul rappresentante della politica estera

lezione 4 numero 8-9 (insieme)


La corte di giustizia dell’ue è una magistratura, ovvero esattamente come quella italiana. Ciò
significa che nell’unione europea esiste un’istituzione che è una magistratura (CORTE DI
GIUSTIZIA DELL’UE.) con questo termine, NON si intende una corte, ma un sistema
giurisdizionale, composto da più livelli giuridici che decidono.
● Il primo è composto dalla corte di giustizia dell'ue, tribunale e tribunale specializzato. La
corte di giustizia dell’ue è la magistratura dell’unione. Secondo l’art. 19 TUE “le funzioni
della corte, assicurano il rispetto del diritto nell’interpretazione e chiarezza dei trattati” (
attribuendo un significato qualora non sia chiaro, e garantisce l’applicazione del diritto
dell’ue ed esercitando la giustizia) la corte: decide e interpreta.
● La corte si pronuncia: sui ricorsi presentati da uno statuto, istituzione o persona fisico
giuridica. Qualora la magistratura nazionale abbia a che fare col diritto dell’unione e
sorgano problemi interpretativi o di validità del diritto dell’unione che il giudice sta
osservando, può interpellare la corte di giustizia dell’ ue (rinvio pregiudiziale).
● La corte di giustizia è interpellata anche in ambito lavorativo e le liti interne all’unione.Essa
è composta da un giudice per ogni stato membro (27) ed è assistita da 8 avvocati generali.
Per il momento in Italia siede in corte la professoressa Lucia Serena Rossi dell’università di
Bologna (è stata la sua tutor nel dottorato di ricerca, ricordatevi questo nome). Gli avvocati
generali sono scelti dagli stati membri, e non sono coloro che difendono le parti, ma sono amici
della corte: studiano la causa prima, esprimono un parere sulla causa, lo mandano al collegio che
dovrà decidere (il che è essenziale per il funzionamento della corte stessa).
Sia giudici che avvocati generali, sono scelti fra personalità che offrono garanzie di indipendenza
e abbiano le condizioni richieste per l’esercizio delle più alte funzioni giurisdizionali.
● In corte troviamo tendenzialmente professori universitari nell’ambito dell’UE oppure
magistrati di alto livello, ex giudici costituzionali, ex giudici di corte di cassazione o di stanze
di ultimo livello. I giudici sono nominati in accordo con i governi degli stati membri per 6 anni
e possono essere rinominati, dando continuità e stabilità delle decisioni (cambio repentino:
cambio orientativo e delle decisioni) . Nonostante ogni giudice e avv. gen. debba essere
competente e indipendente la decisione della lista dei giudici è lasciata agli stati.
● Anche il tribunale è composto da un giudice per ogni stato membro, ma non ci sono
obbligatoriamente gli avvocati generali, possono essere istituiti degli avvocati generali ma
il trattato prevede per il tribunale (il livello intermedio sotto la corte) solo un giudice per stati
membri.
● Anche il tribunale, come la corte, ha un suo presidente che viene eletto dagli stessi giudici,
per 3 anni. Il tribunale è “in mezzo” alla corte di giustizia e i tribunali specializzati e inoltre il
trattato gli attribuisce una funzione importante, è il giudice degli individui, cioè le cause che
vedono un individuo contro l’ue o viceversa, sono trattate esclusivamente dal tribunale, non
dalla corte che si occupa di ricorsi di più alto valore. Se poi, l’individuo non è contento
dell’esito della causa davanti al tribunale, più far ricorso alla corte che allora deciderà per
legittimità.La competenza delle cause che vede coinvolta gli individui è del tribunale.

Il tribunale però essendo in mezzo ha le stesse capacità di appello per i tribunali “inferiori” a lui.
I tribunali specializzati possono avere competenze specifiche, essere istituiti dal parlamento
europeo e dal consiglio insieme, quindi è una procedura di codecisione o procedura legislativa
ordinaria e nel momento in cui vengono creati questi trib. spec. viene data loro la competenza a
trattare di corsi di un certo tipo, le decisioni possono essere discusse dal tribunale, dal livello
successivo. Al momento l'UE ha SOLO il tribunale specializzato per la funzione pubblica, e decide
le sorti fra i diritti dell’ue e l’unione stessa.

Banca centrale europea, corte dei corti, i comitati consultivi e la banca eu per gli investimenti da
studiare dal libro AUTONOMAMENTE.

27. La Banca centrale europea e la Corte dei Conti.


Le ultime due istituzioni menzionate nell’articolo 13 TUE sono la Banca Centrale europea e la Corte
dei Conti. La BCE e le banche centrali nazionali di tutti gli Stati membri costituiscono il Sistema
europeo delle banche centrali (SEBC). La disciplina della BCE e del SEBC si rinviene, oltre che
nei Trattati, anche nello Statuto del SEBC e della BCE. Nonostante ciò, alcune sue norme possono
essere modificate, anziché secondo la procedura ordinaria di revisione dei Trattati, su
raccomandazione della BCE e previa consultazione della Commissione oppure su proposta della
Commissione e previa consultazione della BCE.
Al SEBC o, più precisamente, all’Eurosistema, è affidata la gestione della politica monetaria.
L’obiettivo principale di tale politica è la stabilità dei prezzi, che la stessa BCE ha quantificato in un
livello di inflazione inferiore, ma prossimo, al 2% nel medio termine. Fatto salvo tale obiettivo, la
SEBC sostiene le politiche economiche generali dell’UE al fine di contribuire alla realizzazione degli
obiettivi dell’UE definiti all’articolo 3 TUE.
L’articolo 282 TFUE attribuisce alla BCE una personalità giuridica distinta rispetto a quella dell’UE
e dispone che la BCE è indipendente, nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue
finanze, da istituzioni, organi e organismi dell’UE, nonché dai governi degli Stati membri.

L’articolo 340 TFUE in tema di responsabilità extracontrattuale dell’UE dispone una responsabilità
della BCE separata da quella dell’UE, per i danni cagionati da “essa stessa”. Sul punto, merita di
essere ricordato che di fronte alla pretesa della BCE di sottrarsi ai poteri di indagine conferiti
all’organismo antifrode comunitario, pretesa motivata dal particolare status di cui gode la BCE, la
Corte di Giustizia ha sancito che tale status non vale a distaccare la BCE dall’UE, sottraendola a
qualsiasi norma di diritto dell’UE.
Per quanto attiene al suo funzionamento interno, la BCE si compone di tre organi. Il Comitato
esecutivo comprende il Presidente, il Vicepresidente e altri 4 membri. Tutti questi membri sono
nominati dal Consiglio europeo, tra persone di riconosciuta esperienza nel settore monetario e che
abbiano la cittadinanza di uno Stato membro. Il loro mandato ha una durata di 8 anni e non è
rinnovabile. Il Comitato esecutivo è responsabile della gestione degli affari correnti della BCE.
Il Consiglio direttivo comprende i membri del comitato esecutivo nonché i governatori delle banche
centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Esso formula la politica monetaria
dell’UE.
Il Consiglio generale comprende invece il Presidente e il Vicepresidente della BCE e i governatori
delle banche centrali nazionali di tutti gli Stati membri, inclusi quelli che non hanno ancora adottato
la moneta unica. Tra i suoi compiti rientrano quello di favorire il coordinamento tra l’Eurosistema e
le banche centrali degli Stati che non hanno adottato l’euro, nonché la raccolta di informazioni
statistiche. L’articolo 130 TFUE afferma solennemente il principio dell’indipendenza della BCE e
delle banche centrali nazionali. Tale principio si esplicita sotto diversi profili: Indipendenza
istituzionale nel senso che la BCE e le banche centrali nazionali non possono ricevere ordini né
istruzioni dalle altre istituzioni dell’UE Indipendenza personale perché gli individui che compongono
i loro organi non possono subire influenze.
Indipendenza funzionale in quanto la BCE dispone di tutti i poteri necessari per l’esercizio delle
sue funzioni. Indipendenza finanziaria perché la BCE dispone di proprie risorse finanziarie e ha un
proprio bilancio, separato da quello dell’UE.
La forte indipendenza di cui gode la BCE ha lo scopo di mettere al riparo la politica monetaria da
indebite pressioni dei governi, potenzialmente desiderosi di misure efficaci sulla crescita a breve
termine. Tale indipendenza comporta però che la BCE sia anche sottratta a un effettivo controllo
politico da parte del Parlamento europeo. a ciò si cerca di ovviare con un rafforzamento dei
meccanismi volti a garantire la trasparenza della sua azione. A tale riguardo, la BCE pubblica tutte
le informazioni rilevanti sulla politica monetaria. Sul piano giuridico, invece, rimane ferma la
giurisdizione della Corte di Giustizia sugli atti della BCE. La sede della BCE è a Francoforte.

La Corte dei Conti assicura il controllo dei conti dell’UE. In particolare, essa controlla la legittimità
e la regolarità delle entrate e delle spese dell’UE e ne accerta la sana gestione finanziaria. Il suo
controllo è, quindi, esterno, in quanto effettuato sulle entrate e sull’uscita di altri organi, organismi
e istituzioni dell’UE.
La Corte dei Conti esercita anche in alcuni casi una funzione consultiva, e può essa stessa
ricorrere alla Corte di Giustizia per salvaguardare le proprie prerogative.
La Corte dei Conti è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro ed è esercita le sue
funzioni in piena indipendenza, nell’interesse generale dell’UE. Ad essi, sono sostanzialmente
richieste le stesse garanzie di indipendenza, incompatibilità ed immunità dei giudici della Corte di
Giustizia. La Corte dei Conti è quindi un organo collegiale di individui. L’elenco dei membri è
adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata e previa consultazione del Parlamento europeo.
La sede della Corte dei Conti è a Lussemburgo.

28. Gli altri organi e organismi: Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni, altri
comitati e agenzie europee.
A parte le istituzioni sopra menzionate, esiste nell’UE una grande varietà di altri organi e organismi,
alcuni già previsti nei Trattati originari, altri aggiunti successivamente. Vengono innanzitutto in
rilievo due organi i quali, attraverso le loro funzioni consultive, assistono il Parlamento europeo, il
Consiglio e la Commissione. Si tratta del Comitato economico e sociale e del Comitato delle
regioni.
Il Comitato economico e sociale è composto da rappresentanti delle organizzazioni di datori di
lavoro, di lavoratori dipendenti e di altri attori rappresentativi della società civile. Il Comitato
economico e sociale è, quindi, la sede di rappresentanza della società civile ed organizzata, a
ulteriore conferma del fatto che l’UE non si limita a realizzare una cooperazione tra Stati, ma
coinvolge in maniera immediata i loro cittadini.
Il Comitato delle regioni è composto da rappresentanti delle collettività regionali e locali, i quali
devono essere titolari di un mandato elettorale nell’ambito di una di tali collettività o comunque
responsabili politicamente verso un’assemblea eletta. L’introduzione di questo comitato testimonia
l’accresciuta presa di coscienza della realtà regionale da parte dell’UE. Tuttavia, non vi è alcun
rapporto tra il numero dei membri attribuiti ai vari Stati e le ripartizioni interne di questi ultimi.
Sono molti però i tratti comuni tra Comitato economico e sociale e Comitato delle regioni. Anzitutto,
entrambi sono organi collegiali di individui, in quanto i loro membri non sono vincolati da alcun
mandato imperativo ed esercitano le loro funzioni consultive in piena indipendenza. Il numero dei
loro componenti,
che non può essere superiore a 350, e la sua ripartizione tra gli Stati membri sono fissati con
decisione che il Consiglio deve adottare all’unanimità su proposta della Commissione. In entrambi
i casi, all’Italia sono attribuiti 24 membri. L’elenco dei componenti dei due comitati è adottato dal
Consiglio, previa consultazione della Commissione. Per il solo Comitato delle regioni viene anche
nominato un numero di supplenti uguale a quello dei suoi componenti.
I pareri emessi dai due Comitati nell’ambito della loro funzione consultiva, e indirizzati al
Parlamento Europeo, al Consiglio e alla Commissione, possono essere, come tutti i pareri,
obbligatori (quando i Trattati prevedono che un determinato atto non possa essere adottato senza
averli preventivamente ottenuti), facoltativi (hanno la facoltà, ma non l’obbligo di richiederli) e infine,
possono essere formulati di propria iniziativa da entrambi i Comitati.
Inoltre, il Comitato delle regioni può proporre ricorso alla Corte di Giustizia per violazione del
principio di sussidiarietà relativamente ad atti legislativi per la cui adozione sia richiesta la sua
consultazione.
Infine, va ricordata la tendenza, sviluppatasi soprattutto a partire dagli anni Novanta, a creare
agenzie europee, ossia organismi dotati di personalità giuridica e di una certa autonomia
organizzativa e finanziaria, anche se non di indipendenza. Tali organismi sono presenti pressoché
in tutti gli ambiti d’azione dell’UE (Autorità europea per la sicurezza alimentare, Ufficio dell’Unione
europea per la proprietà intellettuale, Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati...).

29. La Banca europea per gli investimenti.


La Banca europea per gli investimenti è disciplinata dagli articoli 308 e 309 TFUE, nonché dal suo
Statuto. Lo statuto della BEI può, però, essere modificato dal Consiglio, su richiesta della stessa
BEI o su proposta della Commissione. La BEI è dotata di autonoma personalità giuridica, distinta
rispetto a quella dell’UE. Inoltre, la BEI possiede una propria struttura abbastanza articolata,
essendo, infatti, amministrata e gestita da un Consiglio di governatori, un Consiglio di
amministrazione e un Comitato direttivo.
Queste caratteristiche, che la BEI ha in comune con la BCE, ripropongono l’interrogativo che ci
siamo posti per la BCE, ovvero se BEI faccia parte a pieno titolo della struttura dell’UE o se
costituisca, invece, un’organizzazione separata rispetto ad essa. Tuttavia, la Corte ha deciso in
maniera analoga a quanto stabilito per la BCE, ovvero di non sottrarla completamente a qualsiasi
norma del diritto dell’UE. A sottolineare l’autonomia della BEI contribuiscono altri fattori: essa ha i
suoi “membri” (che sono gli stessi Stati membri dell’UE), un proprio sistema di finanziamento e un
proprio bilancio. Essa ha, infatti, un proprio capitale, il cui importo è stato progressivamente
aumentato con i progressivi allargamenti dell'UE. Va però detto che, sul piano giuridico, l’attività
della BEI è inserita nel sistema di controllo giurisdizionali dell’UE.
Guardando, invece all’attività della BEI, essa si inserisce completamente nell’ambito delle finalità
perseguite dall’UE ed è svolta nell’esclusivo interesse di quest’ultima. La funzione della BEI è,
infatti, quella di “contribuire, facendo appello al mercato dei capitali ad alle proprie risorse, allo
sviluppo equilibrato del mercato interno nell’interesse dell’Unione”. A tal fine essa concede prestiti
per finanziare progetti tesi a valorizzare le regioni dell’UE meno sviluppate, nonché progetti
contemplanti l’ammodernamento di imprese o progetti di interesse comune agli Stati. I beneficiari
dei prestiti possono essere sia gli stessi Stati membri, che imprese private. Oltre che concedere
direttamente dei prestiti, la BEI può limitarsi a garantire dei prestiti concessi da altri enti finanziatori.
È importante, comunque, ricordare che, nell’esplicare la sua attività, la BEI non persegue fini di
lucro. Ciò significa che il tasso di interesse praticato dalla BEI verrà calcolato, in modo che la BEI
possa far fronte alle proprie obbligazioni, coprire le
proprie spese e costituire un fondo di riserva, ma non realizzare un profitto da distribuire a i suoi
membri.

lezione 4 video 9
Nell’ordinamento dell’ue non si applica il principio della separazione dei poteri.
Il principio della separazione dei poteri è un principio che informa le democrazie contemporanee e
secondo il quale il potere legislativo, ovvero adottare e fare norme, consecutivo, attuarle, e
giudiziario, controllare e sanzionare eventuali violazioni, sono in mano ad organi diversi.
Nelle democrazie contemporanee è comune, il potere leg. è attuato prevalentemente da un organo,
così come quello consecutivo, e quello giudiziario in via esclusiva dalla magistratura.

Secondo il principio della separazione dei poteri SOLO il parlamento può adottare le leggi, residua
una facoltà legislativa anche al governo che comunque ha sorveglianza nel parlamento.
Questa visione contemporanea sulla separazione dei poteri che si può rivedere in quasi tutti gli
stati della comunità internazionale, non si può adottare alle organizzazioni internazionali o all’ue.
Solo la corte di giustizia può esercitare la funzione giurisdizionale, negli altri casi non si applica mai
il principio (stati e organizzazioni sono entità diverse, è dunque TROPPO chiedere che tutto quello
che si applica per gli stati si applichi anche per le organizzazioni).

LEZIONE 4. VIDEO 10
La funzione legislativa
attiene all’adozione degli atti del Diritto dell’Unione Europea che sono definiti Atti Legislativi.
Gli Atti Legislativi sono norme che hanno portata generale. Per atti legislativi si intende che l’Unione
Europea può dare una serie di atti, una parte di quelli sono solo atti legislativi.
Questi atti si adottano con una procedura legislativa e ce ne sono di due tipi.
precisazione: c’è una procedura legislativa ordinaria classica che si usa nella predominanza dei
casi e che serve ad adottare gli atti legislativi, ci sono anche altre procedure speciali.
Dipende dalla norma che la indica e che funziona diversamente dalla procedura legislativa
ordinaria, che è prevista dal diritto dell’unione.

Secondo la procedura legislativa ordinaria, quella predominante nel diritto dell’Unione, Consiglio e
Parlamento codecidono.
Un atto di Diritto dell’Unione, un atto legislativo approvato con procedura legislativa ordinaria vede
nel Parlamento e nel Consiglio, le due autorità emananti. Ciò significa che il testo dell’atto che si
va ad adottare è il medesimo sia nella decisione assunta dal Consiglio, sia nella decisione assunta
dal Parlamento.
L’atto approvato deve essere identico da entrambe le istituzioni che lo adottano, quindi
inevitabilmente deve essere lo stesso.

Diverse procedure legislative speciali.


La procedura legislativa speciale si caratterizza per il fatto che il consiglio decide e il parlamento
partecipa all’adozione dell’atto senza codecidere ma contribuendo in altro modo ad esempio
rendendo un parere prima dell’approvazione dell’atto.
Differenza tra procedura legislativa ordinaria quando il Parlamento decide e la procedura legislativa
speciale nelle sue tanti varianti sta proprio nel ruolo del Parlamento Europeo.
Non c’è una sola procedura le quali indicano che un atto legislativo viene adottato con una
procedura che vede il Consiglio come decisore e il Parlamento come partecipante alla decisione
senza essere codecisore.
Tra le due procedure è possibile la cosiddetta passerelles, che consiste nella possibilità che i trattati
prevedono che un atto che debba essere adottato con procedura legislativa speciale, si possa
decidere che sia adottato con una legislativa ordinaria, perché è quella che si vede di solito, che
soprattutto vede il Parlamento Europeo, attribuendogli l’importanza che di norma un Parlamento
ha in sede nazionale ma che non ha sempre quantomeno nell’ordinamento dell’Unione Europea.
Che si tratti di una procedura legislativa ordinaria o speciale, l’iniziativa sull’atto quindi chi propone
l’atto legislativo da adottare è sempre della Commissione, essa ha pressochè il monopolio
sull’iniziativa degli atti che devono essere adottati, poi le procedure per come sono indicate dai
trattati, possono prevedere la partecipazione di organi di tipo consultivo come il Comitato delle
Regioni piuttosto che il Comitato economico e sociale, i quali sono Organi dell’Unione ma non
istituzioni in senso stretto.

La circostanza in cui si parli di atti legislativi adottati con una procedura legislativa ordinaria o
speciale fa intendere che ci sono anche atti non legislativi. Nell’ordinamento dell’Unione Europea,
diversi atti sono qualificabili come non legislativi, ad esempio gli atti del Consiglio Europeo. Questa
istituzione, ha un ruolo soprattutto di propulsione di indirizzo politico dell’Unione, indica dove va
l’Unione, adotta delle conclusioni ma non adotta mai atti legislativi, il Consiglio Europeo non
delibera, non decide, non adotta norme, solo il Consiglio Europeo può farlo.

Nell’ambito della Politica estera di Sicurezza comune non possono mai essere adottati atti
legislativi, perchè è una competenza estremamente operativa nel quale il consiglio decide
sostanzialmente quello che fa l’Unione nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, ma
non adotta mai una una legislazione che sia paragonabile a quella che è la legge dell’ordinamento
nazionale, ma sono sempre decisioni di carattere sostanzialmente operativo.
Le procedure degli atti non legislativi sono indicate dalle norme che li prevedono, che sono
estremamente importanti, poichè sono la base giuridica dell’atto.
La norma che dice quale atto si può adottare in base alla procedura da seguire si definisce base
giuridica dell’atto, estremamente importante perché posso anticiparlo.
L’assenza di base giuridica può determinare l’annullamento dell’atto stesso da parte della Corte di
Giustizia.
video 11

Specifico riguardo all’adozione degli atti, come regola generale, appartiene alla Commissione
Europea la quale detiene un autentico monopolio su questo tipo di potere. La Commissione
esercita questo tipo di potere discrezionalmente, quindi è libera di decidere se presentare o no una
proposta di atto anche se alcuni accorgimenti sono previsti dal Trattato di Lisbona.
In alcuni casi specifici l’iniziativa può spettare agli Stati membri o anche al Parlamento Europeo.
La regola generale è che questo tipo di potere spetta alla Commissione Europea: storicamente
questo potere è appartenuto in via esclusiva alla Commissione, poi sono stati introdotti degli
accorgimenti atti a renderla meno assoluta, in modo da smussare il carattere assoluto di questa
prerogativa della Commissione.
Ad esempio il Consiglio può chiedere alla Commissione di esercitare l’iniziativa, perchè può
verificarsi che il Consiglio ravveda la necessità che sia adottato un atto del Diritto dell’Unione, però
non ha potere di iniziativa che ha la commissione, può solo sollecitare la Commissione a farlo, e lo
stesso può farlo il Parlamento Europeo.

Dal Trattato di Lisbona sappiamo già che anche un milione di cittadini europei può sollecitare la
Commissione ad esercitare il potere d’iniziativa. Resta il fatto che la Commissione detiene questo
potere e nel momento in cui non lo fa autonomamente, viene sollecitata l’iniziativa sull’atto, però
non ha l’obbligo di esercitare l’iniziativa.
Se il Parlamento Europeo sollecita la Commissione Europea ad esercitare l’iniziativa sull’atto
dell’Unione Europea perchè c’è necessità di regolare una materia, comunque la Commissione non
ha l’obbligo di farlo.
Se non lo esercita, anche se non ha un obbligo, deve motivare la ragione per cui non procede ad
esercitare il potere d’iniziativa: deve spiegare il motivo per cui non lo fa nel momento in cui viene
sollecitata ad esercitare l’iniziativa su un atto di Diritto Europeo.
rispetto alle tre sollecitazioni viste, il Parlamento Europeo ha un potere in più: se la Commissione
viene sollecitata ad esercitare l’iniziativa, non lo fa e motiva male o non motiva sufficientemente il
fatto di non esercitarlo, il Parlamento Europeo nell’alto della sua funzione di controllo, può
sfiduciare la Commissione ( adottare una mozione di censura prevista dall’articolo 17 comma 8
TUE ) e pertanto portarla alle dimissioni, soluzione estrema che comunque è possibile e nelle mani
del Parlamento Europeo.

La Commissione Europea ha il monopolio dell’iniziativa sugli atti di Diritto dell’Unione, ma ciò non
vuol dire che la sua proposta venga approvata per come viene presentata.
è sempre possibile una modifica della proposta, perchè la Commissione ha il potere d’iniziativa,
ma non ha il potere di adottare l’atto, quindi nel momento in cui comincia l’iter di approvazione
dell’atto, le istituzioni coinvolte possono comunque modificare la proposta in particolare dei trattati,
richiedono che il Consiglio all’unanimità modifichi la proposta della Commissione prima
dell’adozione dell’atto, tenendo conto che devono essere modifiche che non stravolgano l’impianto
dell’iniziativa della Commissione. Non ne devono capovolgere il contenuto.

Se il Consiglio potesse modificare come vuole la proposta della Commissione, la potrebbe


addirittura svuotare di contenuto e la Commissione perderebbe l’esclusiva d’iniziativa.
La Commissione Europea, d’altro canto, nel momento in cui presenterà l’atto, non lo presenta una
volta per tutte, può modificarlo durante l’adozione così come può volendo ritirare la proposta che
ha avanzato prima che sia ritirato l’atto.
Nel momento in cui l’atto è approvato diventa diritto vigente, va pubblicato in gazzetta ufficiale e
non è più ritirabile. Fintanto che chi deve adottare l’atto non lo ha ancora fatto, è sempre possibile
per la Commissione ritirare o modificare l’atto che essa stessa ha proposto.
Se non viene rispettata la procedura precisa di adozione dell’atto indicata nei trattati, l’atto è
potenzialmente* illegittimo.
*Non è detto che sia annullato, ma se la Corte di Giustizia viene interessata della questione, essa
ravvede una violazione della procedura e lo può annullare, lo rimuove dall’ordinamento giuridico
dell’Unione come se non ci fosse mai stato.

LEZ 4 VIDEO 12, 13

STUDIO AUTONOMO: funzionamento delle procedure sul libro troviamo a pag. 148-151 la
Procedura Legislativa Ordinaria, da 151-155 per le varie Procedure Legislative Speciali (gruppo di
procedure diverse da quella legislativa ordinaria).
Ha caricato lo schema di funzionamento della Procedura Legislativa Ordinaria che è un po’
complesso, non serve imparare la procedura a memoria, è rilevante notare che si svolge in fasi,
vedere che ci sono più letture dello stesso provvedimento (atto di diritto dell’unione), dato che si
tratta di due istituzioni che devono decidere sul medesimo testo e ciascuna procede
autonomamente può essere che ci siano delle modifiche, quindi ci possono essere delle letture e
fasi prima di arrivare ad un testo convenuto e concordato tra le due istituzioni.
= non da imparare a memoria ma da capirne i meccanismi.

30.2. La procedura legislativa ordinaria.


La procedura legislativa ordinaria consiste “nell’adozione congiunta di un regolamento, di una
direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della
Commissione”. Essa corrisponde in larga misura a quella che, prima del Trattato di Lisbona, era
chiamata procedura di codecisione. La procedura legislativa ordinaria costituisce la modalità più
diffusa di adozione degli atti legislativi, essendo prevista da più di 80 basi giuridiche. Il suo campo
di applicazione si estende, per effetto del Trattato di Lisbona, a settori come lo spazio di libertà,
sicurezza e giustizia, le politiche agricole e della pesca....
L’articolo 294 TFUE stabilisce i dettagli di questa procedura, che si caratterizza per i seguenti
elementi fondamentali:
1. I provvedimenti sottoposti a tale procedura possono essere adottati solo con il consenso di
entrambe le istituzioni, Consiglio e Parlamento europeo, a ciascuna delle quali compete, quindi, un
diritto di veto, mentre nessuna delle due è in grado da sola di determinare l’adozione di un atto
secondo il suo volere
2. In caso di dissenso tra Parlamento europeo e Consiglio, si convoca un Comitato di conciliazione
paritetico, con il compito di raggiungere un accordo
3. Se vi è l’accordo del Parlamento europeo, nelle ultime fasi della procedura il Consiglio può
adottare anche a maggioranza qualificata un atto che contenga emendamenti alla proposta della
Commissione
4. La Commissione svolge il ruolo di mediatore tra Consiglio e Parlamento europeo, nel quadro di
una cooperazione tra le tre istituzioni che è l’indispensabile presupposto di questa procedura
(“Legiferare meglio”: accordo inter-istituzionale sulle procedure di codecisione).
Venendo ai dettagli, la procedura legislativa ordinaria inizia con la presentazione di una proposta,
da parte della Commissione, congiuntamente al Consiglio e al Parlamento europeo. Su tale
proposta il Parlamento europeo inoltra al Consiglio la sua posizione. Se il Consiglio approva tale
posizione, l’atto è adottato e la procedura si conclude. Se, invece, il Consiglio non è d’accordo sulla
posizione del Parlamento, esso formalizza la propria posizione e la trasmette al Parlamento
europeo. Questa fase è chiamata “prima lettura”.
Se il Parlamento europeo, entro tre mesi dalla trasmissione di tale posizione del Consiglio, la
approva o non si pronuncia, l’atto si considera adottato e la procedura si conclude. Se, invece,
respinge, a maggioranza dei membri che lo compongono, la posizione del Consiglio, l’atto si
considera non adottato e la procedura ugualmente si conclude, anche se con un insuccesso. Il
Parlamento europeo può, infine, proporre emendamenti alla posizione del Consiglio, sui quali la
Commissione deve formulare un parere.
A sua volta il Consiglio, entro ulteriori 3 mesi dalla comunicazione di tali emendamenti, può:
- Approvare tutti gli emendamenti, così che l’atto è adottato e la procedura si conclude
- Non approvare tuti gli emendamenti, con la conseguente convocazione di un Comitato di
conciliazione
Per la delibera del Consiglio è richiesta di regola la maggioranza qualificata, ma è necessaria
l’unanimità per l’approvazione di emendamenti sui quali la Commissione ha dato parere negativo.
Questa fase è chiamata “seconda lettura”.
Alla seconda lettura segue, la fase della “conciliazione”. Il comitato di conciliazione, composto dai
membri del Consiglio e da un numero uguale di membri del Parlamento europeo, ha il compito di
raggiungere un accordo su un progetto comune, che deve essere approvato, rispettivamente, a
maggioranza qualificata dei membri del Consiglio e a maggioranza dei rappresentanti del
Parlamento europeo. La Commissione partecipa ai lavori del comitato, prendendo ogni iniziativa
necessaria per favorire un riavvicinamento tra le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio.
Se entro 6 settimane dalla convocazione il Comitato di conciliazione non raggiunge un accordo,
l’atto si considera non adottato e la procedura si conclude con un insuccesso.
Se, invece, il Comitato di conciliazione raggiunge un accordo su un progetto comune, si apre la
fase della “terza lettura”. Parlamento europeo e Consiglio hanno entrambi un termine di 6 settimane
per adottare l’atto, deliberando, rispettivamente, a maggioranza dei voti espressi e a maggioranza
qualificata. Se lo fanno, l’atto è adottato e la procedura si conclude con successo; in caso contrario,
l’atto si considera non adottato e la procedura si conclude con un insuccesso.
Nonostante i miglioramenti apportati con le varie revisioni dei Trattati, la procedura legislativa
ordinaria resta articolata e laboriosa. Nella prassi, si cerca di ovviare a queste difficoltà attraverso
i cosiddetti “triloghi”, ovvero contatti informali tra rappresentanti del Consiglio, del Parlamento
europeo e della Commissione, mediante i quali si mira in particolare a trovare un accordo prima
ancora che il Parlamento e il Consiglio procedano alla prima lettura, così che l’atto possa poi essere
adottato già in questa prima fase.
Tale prassi, se da un lato agevola un esito positivo della procedura legislativa, dall’altro ha però
l’effetto di ridurre la trasparenza del processo legislativo. È dunque importante, in questa
prospettiva, la recente sentenza in cui il Tribunale dell’UE ha affermato il diritto di accesso del
pubblico ai documenti dei triloghi.

30.3. Le procedure legislative speciali.


La procedura legislativa speciale non è una specifica procedura definita dai Trattati dato che, tutte
le volte che i Trattati prevedono procedure legislative diverse da quella ordinaria, sono da
considerarsi speciali. Il loro tratto comune è quello di consistere nella “adozione di un regolamento,
di una direttiva o di una decisione da parte del Parlamento europeo con la partecipazione del
Consiglio...” o viceversa.
L’apparente simmetria della disposizione non deve trarre in inganno. In effetti, sono solo tre i casi
in cui è il Parlamento a decidere, con la partecipazione del Consiglio. Tutti e tre questi casi sono
marginali e, in ogni modo, il Consiglio deve approvare preventivamente l‘atto del Parlamento
europeo. Si tratta dell’adozione dello statuto dei membri del Parlamento europeo, della definizione
delle modalità per l’esercizio del diritto di inchiesta del Parlamento europeo e dell’adozione dello
statuto del Mediatore europeo. Per converso, l’adozione di un atto legislativo da parte del Consiglio
con la partecipazione del Parlamento europeo
ricorre molto più di frequente.
Nella maggior parte di questi casi, il Consiglio decide all’unanimità; solo in quattro casi, piuttosto
marginali, decide invece a maggioranza qualificata.
Quanto al coinvolgimento del Parlamento europeo in queste decisioni del Consiglio, esso può
consistere nella semplice consultazione dello stesso o nella necessità della sua approvazione
dell’atto. Va ricordato, in via generale, che la partecipazione del Parlamento europeo al processo
decisionale dell’UE attraverso la sua consultazione da parte del Consiglio costituiva la regola nei
Trattati originari.

I poteri del Parlamento europeo relativamente a tale processo si son venuti, poi, man mano
accrescendo, ma il suo ruolo è rimasto semplicemente consultivo ancora in diversi casi.
La consultazione del Parlamento europeo, quando richiesta dai Trattati nell’ambito delle procedure
legislative speciali o in altri casi, dà luogo all’emissione da parte di questa istituzione di un atto
formale, il parere, che è obbligatorio, nel senso che la sua mancanza renderebbe l’atto del
Consiglio illegittimo per violazione delle forme sostanziali. La conseguenza è che, se pure il parere
del Parlamento europeo non è vincolante per il Consiglio, sul piano pratico il Parlamento, in
presenza di una situazione politica che renda improbabile l’accoglimento da parte del Consiglio del
suo parere, potrebbe, semplicemente non formulandolo essere tentato di almeno ritardare la
decisione del Consiglio. Il limite a tale eventuale tattica del Parlamento europeo è duplice: da una
parte, esso si deve conformare al dovere di tale cooperazione;
dall’altra parte, vi è la possibilità per il Consiglio di adire la Corte di Giustizia con un ricorso in
carenza contro il Parlamento.
Qualora, invece, la proposta della Commissione su cui il Parlamento ha già fornito il suo parere
venisse sostanzialmente modificata, dalla stessa Commissione o dal Consiglio, il Parlamento dovrà
essere nuovamente consultato sulla proposta così modificata.
Molto più incisivo è l’intervento del Parlamento europeo quando, per l’adozione di un atto legislativo
da parte del Consiglio, è prevista la sua previa approvazione, la quale, quindi, gli dà in sostanza
un diritto di veto. La differenza rispetto alla procedura legislativa ordinaria è che, nel caso
dell’approvazione, il Parlamento europeo si pronuncia su un testo alla determinazione del cui
contenuto esso non ha contribuito. La necessità della previa approvazione del Parlamento europeo
nel quadro di una procedura legislativa speciale è prevista, per esempio, in tema di misure per
combattere le discriminazioni, di estensione dei diritti legati alla cittadinanza dell’UE, di procedura
elettorale uniforme per le elezioni del Parlamento, di utilizzo della clausola di flessibilità.

Al di fuori delle procedure legislative, la previa approvazione del Parlamento è altresì richiesta, per
la conclusione di diversi accordi internazionali tra l’UE e Stati terzi. Il significativo rafforzamento dei
poteri del Parlamento europeo rispetto al ruolo meramente consultivo che a tale istituzione era
riconosciuto negli originari Trattati, è frutto di una grande evoluzione, culminata poi con il Trattato
di Lisbona. Si osservi, che tale procedura prevede sempre il necessario accordo tra il Parlamento
europeo e il Consiglio, e dunque non consente all’istituzione che rappresenta i cittadini dell’UE di
indirizzare l’azione di questa unicamente secondo il proprio volere. D’altronde, nell’attuale fase
dell’integrazione europea, caratterizzata
dalla persistente sovranità degli Stati membri, occorre riconoscere che il potere decisionale non
può prescindere dalla volontà dell’istituzione che rappresenta di Stati membri. Un diverso equilibrio
dei poteri, caratterizzato da un peso decisivo del Parlamento europeo, a di scapito del Consiglio,
sarebbe incompatibile con la natura dell’UE.
Se a ciò si aggiunge quanto diremo sui limiti del controllo politico che può essere esercitato dal
Parlamento europeo, si comprende perché il problema del deficit democratico non si possa ancora
considerare risolto.
VIDEO 13
FUNZIONE LEGISLATIVA:
Può anche essere delegata, mediante l’articolo 290 del TFUE che regola questa possibilità.
➢ ARTICOLO 290:
● un atto legislativo può delegare alla commissione il potere di adottare atti non
legislativi di portata generale (quindi con effetti ampi, non decisioni destinate a
singoli) che integrano e modificano determinati elementi non essenziali dell’atto
legislativo.
Quindi ci deve essere un atto legislativo alla base che indirizza una delega alla
commissione ad adottare atti non legislativi ma di portata generale per regolare alcuni
aspetti di una certa materia non trattati dall’atto iniziale che conferisce la delega.
● gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto rapportati alla
durata della delega di potere.
Quindi poi la commissione Europea nel momento in cui esercita la funzione legislativa
delegata non è libera di normare come vuole perchè l’atto di delega contiene esattamente
i confini di ciò che può fare e ciò che non può fare e soprattutto per quanto tempo.
● Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono
pertanto essere oggetto di delega di potere. Qui addirittura l’articolo 290 specifica
che trattandosi di funzione normativa delegata attribuita alla commissione che non
esercita una funzione legislativa gli atti non possono riguardare contenuti
fondamentali della materia bensì contenuti di dettaglio.

Ora capiamo perché sia possibile assegnare alla commissione europea una funzione
normativa pur delegata perchè trattandosi di aspetti di dettaglio, la commissione europea
che è un organo tecnico ha la competenza per redigere e approvare un testo che colga
aspetti molto tecnici.
Precisazione: Il contenuto degli atti normativi delegati della commissione in materia di
concorrenza sono complicatissimi e hanno un alto profilo tecnico, per quello interviene un
atto legislativo di delega alla fonte approvato dal consiglio o dal consiglio e parlamento (a
seconda della procedura), e poi la commissione va a normare il dettaglio.

290 TFUE:
Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni a cui è soggetta la delega che possono
essere le seguenti:
1. Parlamento Europeo e Consiglio possono decidere di revocare la delega,
quindi la delega una volta che viene indirizzata alla commissione può essere
anche oggetto di ritiro e revoca.
2. L’atto delegato può entrare in rigore soltanto se entro il termine fissato
dall’atto legislativo il Parlamento Europea e il Consiglio non sollevano
obiezioni. Alla fine la Commissione Europea detiene la funzione normativa
delegata è sempre soggetta ad una forma di controllo da parte di chi lo ha
delegato perché è sempre possibile che l’atto sia adottato dalla commissione
ma che non entri in vigore perché PE e Consiglio sollevano delle obiezioni.
La norma termina dicendo che Parlamento Europeo e Consiglio deliberano in uno a maggioranza
dei membri che lo compongono e nell’altro a maggioranza qualificata (aspetto su cui non si
sofferma che ci interessa poco).

FUNZIONE ESECUTIVA (ovvero adozione degli atti):


A livello di Unione non c’è un organo che abbia una funzione esecutiva in senso stretto, c’è un
modello decentrato di funzione esecutiva e in genere gli atti di diritto dell’Unione sono attuati a
livello nazionale cioè negli stati membri = ciascuno stato membro provvede all’attuazione.
Quindi la funzione esecutiva è in mano anche agli stati membri i quali la devono esercitare, e non
è una funzione molto libera perchè se gli stati membri non attuano gli atti di diritto dell’Unione
possono essere sanzionati.

Una parte di funzione esecutiva ce l’ha anche il Consiglio nei casi espressamente previsti dai
trattati, ma in generale è il modello decentrato (attribuzione agli stati membri dell’attuazione del
diritto dell’Unione).

Un’altra possibilità però vede ancora coinvolta la Commissione Europea nel momento in cui la
funzione esecutiva sia da essa svolta perché si richiede che le condizioni di attuazione di un certo
atto legislativo siano uniformi in tutto il territorio interessato dal diritto dell’Unione Europea. In
questo caso, è preferibile che non sia ciascuno stato membro a provvedere autonomamente ma
sia la Commissione uniformemente ad attuare un atto esercitando così la funzione che di norma
non gli appartiene.

(vedere sul manuale della Pratica della Comitologia e dei controlli e sorveglianze che la
Commissione riceve da parte degli stati membri per vedere se sta svolgendo la funzione esecutiva
in modo giusto dato che non sarebbe un compito di sua giurisdizione).

VIDEO 14 LEZIONE 4
Riprendendo l’articolo 14 sul TUE si nota che tra le funzioni attribuite al parlamento europeo c’è
quella di controllo politico. La funzione del controllo politico viene esercitata dai parlamenti nazionali
nei confronti del governo, accade ogni qualvolta che ci sono interrogazioni interpellanze
parlamentari, quando un parlamento ha di fronte il governo è domanda il perché di una certa
situazione, in quel momento il parlamento sta esercitando una forma di controllo politico.
Anche il parlamento europeo può farlo, con modalità diverse e le forme di controllo politico previste
sono tarate sulle peculiarità di questa organizzazione internazionale.
Innanzitutto una forma di controllo politico può essere esercitata nei confronti della commissione, i
trattati prevedono che ogni anno la commissione rediga una relazione sull’attività svolta. La
relazione ogni anno viene mandata al parlamento europeo ed è oggetto di discussione e può
essere oggetto anche di “question time” ossia la commissione di rendere conto di quanto contenuto
in relazione.
Un secondo controllo politico è il fatto che il parlamento europeo può effettuare una mozione di
censura nei confronti della commissione portando poi alle dimissioni. Sul piano generale ogni atto
di sindacato politico e ispettivo nei confronti della commissione configura una forma di controllo
politico. Gli atti di sindacato politico e ispettivo sono interrogazioni di interpellanza: ogni qualvolta
la commissione riceve interrogazioni scritte deve rispondere in forma scritta su una determinata
questione che il parlamento ritiene problematica o ogniqualvolta nell’ambito di una discussione
parlamentare, con la commissione posta di fronte, chiamata a rispondere a delle domande,
riguarda a argomenti che si ritengono necessari di discussione. Il chiedere conto configura una
forma di controllo politico.
Il parlamento europeo esercita una forma di controllo politico sugli organi di stati (Consiglio europeo
e Consiglio). Anche questi organi consegnano una relazione al parlamento europeo e questa può
essere oggetto di discussione. Inoltre, il Consiglio ha una presidenza semestrale, anche
quest’ultima alla fine del semestre presenta al parlamento una relazione che può essere oggetto
di confronto politico.
Sono forme di controllo politico anche la relazione annuale che la Banca Centrale Europea
presenta al parlamento europeo. Questa relazione riguarda il SEBC sistema europeo delle banche
centrali e la politica monetaria.
Il parlamento nomina il mediatore ossia un organo di diritto dell’unione al quale possono essere
segnalati tutti i casi di mal funzionamento dell’UE. Il fatto che la nomina del mediatore venga dal
parlamento europeo configura una forma di controllo politico perché il mediatore nel momento in
cui riceverà un reclamo, considera il reclamo facendo le dovute osservazioni e di conseguenza
esercita una forma di controllo politico. Il mediatore può essere rinnovato ma di solito è una carica
molto lunga il che rafforza il controllo politico.

Non si può invece rinvenire lo stesso tipo di capacità e poteri del parlamento europeo in ambito
PESC, in quanto in questo ambito il parlamento ha un ruolo assolutamente secondario secondo
quanto prevedono i trattati. Può però svolgere controllo politico rivolgendo delle interrogazioni
all’alto rappresentante della politica estera e sicurezza comune.
Ad ogni modo, nella conclusione degli accordi internazionali il parlamento europeo non ha alcun
ruolo, questo deve essere semplicemente informato dello stadio di procedura di stipula degli
accordi internazionali dell’unione. Come citato nell’articolo 218 TFUE il parlamento in qualsiasi
tipo di accordo interviene nella procedura dello stesso tenendo conto che gli accordi non vengono
mai conclusi con procedura legislativa ordinaria (nella PESC ciò non accade).
VIDEO 15
DELLA LETTURA DELLE 10 PAGINE DA FARE DA SOLI E’ IMPORTANTE COME ARGOMENTO
‘LE VOCI DI FINANZIAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA’
L’UE ha delle risorse proprie tra cui:
● la tariffa doganale comune, per le merci di terzi che entrano nella nostra aria doganale
● una parte dell’IVA che viene riscossa a livello nazionale
Normalmente le organizzazioni internazionali non hanno questo tipo di fondi propri, esse
dipendono dalla finanza degli stati membri che pagano i contributi che vengono decisi
dall’organizzazione stessa.
La procedura prevede
1) l’iniziativa della commissione sulla proposta di bilancio
2) una discussione in parlamento
3) l’atto finale di adozione del presidente del parlamento europeo.
Questo è interessante perché il parlamento europeo ha una funzione estremamente importante
nella adozione del bilancio dell’unione. Se è vero che il parlamento europeo non ha un ruolo
importante nella politica estera e di sicurezza comune e però vero che la PESC è finanziata dal
bilancio dell’unione. il parlamento europeo ha un ruolo preminente nella procedura di adozione del
bilancio e anche nella decisione di come spendere i soldi, ma il parlamento europeo formalmente
spogliato di poteri importanti nell’ambito PESC può mettere invece mano alle voci di spesa e quindi
decidere di assegnare più o meno risorse a questa competenza dell’unione determinandone anche
il maggiore o il minore successo.
Nella procedura di adozione di bilancio da parte dell’unione è importante rilevare
1) la partecipazione delle istituzioni
2) l’atto finale del presidente del parlamento europeo
3) e il fatto che il parlamento europeo, nella procedura di poteri di bilancio può andare ad
incidere su competenze che sul piano delle iniziative dell’adozione degli atti invece lo vede
semplicemente sullo sfondo
LEZ 5 PREFAZIONE
L’ORDINAMENTO GIURIDICO DELL’UE E LE SUE FONTI

· È autonomo rispetto al diritto internazionale e al diritto degli Stati membri;


· È derivato (non originale), cioè deriva dai trattati;
· Necessita degli Stati membri rispetto alla sua attuazione: rapporti/diretta
applicabilità/primato;
· Rispetta il diritto internazionale;
· Fonti primarie: trattati (TUE e TFUE, con pari valore giuridico) e Carta; Prinicpi generali
di diritto (art. 6 TUE);
· Fonti intermedie: accordi internazionali conclusi dall’UE ß treaty-making power;
· Fonti secondarie: atti (diritto derivato UE), i quali non possono violare il diritto primario;

La gerarchia è definita per livelli, ma non in ciascun livello

FONTI PRIMARIE

· Trattati comprendono tutto:

• protocolli e allegati

• le revisioni

· Principi generali

LE PROCEDURE DI REVISIONE DEI TRATTATI SULL’UE

2 ipotesi → art. 48 TUE

• revisione ordinaria

• revisione semplificata

Revisione ordinaria

Procedura a più fasi, cui partecipano Istituzioni dell’UE, Stati e Parlamenti nazionali.

Comporta la convocazione di una conferenza intergovernativa.

Le modifiche entrano in vigore a seguito di ratifica.

Revisione semplificata

Procedura a meno fasi, condotta dal Consiglio europeo, senza conferenza intergovernativa.

Le modifiche entrano in vigore a seguito di ratifica degli Stati membri.


Con questo metodo non possono essere estese le competenze attribuite all'UE, si possono
modificare le competenze già attribuite all'UE.

PRINCIPI GENERALI

Orientano l’azione dell’UE e degli Stati UE quando attuano il diritto UE:

· Art. 6 TUE à CEDU


· Uguaglianza
· Non discriminazione
· Competenza per attribuzione
· Sussidiarietà/Prossimità + Proporzionalità
· Leale cooperazione
· Principi democratici
· Buona gestione finanziaria
· Economia di mercato aperta e in libera concorrenza

Diritti fondamentali dell’uomo

Oggi: Art. 6 TUE (1992) + Carta dei diritti UE

Anni 70: giurisprudenza della Corte di giustizia

• i diritti fondamentali sono principi generali

• sono ricavati dalla CEDU e dagli ordinamenti nazionali

• giurisprudenza sollecitata anche da Corti costituzionali (Italia, Frontini;


Germania, Solange I)

Adesione alla CEDU Art.6 (2) TUE

L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

· Dunque ci vuole un trattato


· Art. 218 (11) TFUE: possibile parere della Corte di giustizia sulla compatibilità di un
accordo con i trattati sull’UE.
· Finora, due pareri sfavorevoli (1994; 214)
· Problema: autonomia ordinamento UE

LE FONTI “INTERMEDIE” Art. 216 (2) TFUE

Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati membri

Ø Obbligatorietà discendente dal diritto UE e dal diritto internazionale (pacta sunt


servanda)

Un accordo internazionale che l’UE ha stipulato ha una posizione intermedia


nell’ordinamento UE

Dunque,

● à Conformità degli accordi internazionali al diritto primario


● à Conformità del diritto derivato (atti dell’UE) agli accordi internazionali (La Corte non può
sindacare un accordo, ma può sindacare l’atto UE che lo stipula a nome dell’UE)

Se l’UE viola un accordo internazionale che ha stipulato …


• Responsabilità UE sul piano internazionale

• Aspetto interno: illegittimità dell’atto UE in contrasto con l’accordo internazionale ed


eventuale responsabilità per i danni provocati a terzi (ß Corte di giustizia)

LE FONTI SECONDARIE (à atti dell’UE, diritto derivato)

Atti tipici: art. 288 TFUE

Atti atipici: norme “sparse” nei trattati

Quale atto adottare?

• Lo indica la base giuridica

• Altrimenti, discrezionalità ma tenendo conto del principio di proporzionalità

Il Regolamento Art. 288 TFUE

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente


applicabile in ciascuno degli Stati membri.

portata generale:

i suoi destinatari sono una categoria di soggetti determinati astrattamente e obiettivamente

Se i destinatari del regolamento sono in qualche modo individuabili, non si può parlare di
regolamento, anche se l’atto è denominato così

à nomen juris

à “smascheramento”

à Decisioni

obbligatorio in tutti i suoi elementi:

Il regolamento è pronto per l’attuazione, che dev’essere completa (non se ne può attuare una sola
parte)

direttamente applicabile:

· Il regolamento va rispettato ciascuno degli Stati membri.

· Caratteristica direttamente collegata alla cessione di sovranità all’UE


· Gli Stati membri non devono fare → divieto di riproduzione - al limite devono poter
emanare atti integrativi (se necessari)

· Può aversi efficacia diretta

La Direttiva Art. 288 TFUE

· La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai
mezzi.

· La Direttiva ha per destinatari solo gli Stati UE (alcuni o tutti), mai i singoli (non ha efficacia
diretta, come il regolamento)
· La Direttiva non è integralmente obbligatoria, ma vincola solo nel risultato da raggiungere; gli
atti nazionali ne completano il dettato (cd. effetto mediato delle direttive).
· La direttiva va attuata entro il termine di attuazione in essa previsto

· Fino alla scadenza del termine, gli Stati UE devono adottare i provvedimenti necessari a preparare
la corretta attuazione della direttiva e non possono adottare atti che possano nuocere alla
direttiva da attuare (cd. obbligo di stand-still)

· Scaduto il termine senza attuazione, lo Stato è responsabile della violazione del diritto UE (ß
procedura di infrazione)
· Scaduto il termine con l’attuazione, la direttiva è applicata e resta in vigore come a fini
interpretativi della legislazione nazionale di attuazione.

Le direttive dettagliate

• direttive a contenuto normativo dettagliato (“come i regolamenti”), che non lascia spazio
all'attuazione di livello nazionale

• fenomeno di prassi (anni '80 con riguardo ad aspetti del mercato)

• fenomeno mai censurato, ma contrario allo spirito dell’art. 288 TFUE

La decisione Art. 288 TFUE

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria


soltanto nei confronti di questi.

→ La Decisione ha natura normativa

→Di norma, entra direttamente negli ordinamenti degli Stati membri ed esplica immediatamente i
suoi effetti, senza bisogno che intervengano atti nazionali di adattamento (direttamente
applicabile)

→ La Decisione avente destinatari designati (non tutte…), possono essere rivolte a Stati e
individui

Decisione avente destinatari individui:

caso frequente → concorrenza e sanzioni pecuniarie alle imprese che attuano distorsioni della
concorrenza (Coca-Cola Microsoft, etc)

Le raccomandazioni

→ atto esortativo

→ non vincolante

→ i trattati affermano che possono essere emanate da Consiglio, Commissione, BCE, ma la Corte
di giustizia ha affermato che le Istituzioni beneficiano di una competenza generale di adozione
delle raccomandazioni

I pareri

→ manifestazione di giudizio

→ senza fine esortativo: si esprime pro veritate

→ es., pareri della Corte sulla compatibilità di accordi internazionali con l'ordinamento UE

ATTI ATIPICI pp. 220- 222 studio autonomo


39.5. Gli atti atipici.
A prescindere dagli atti interni o di autoregolamentazione, emanati da ciascuna delle istituzioni
dell’UE, atti diversi sono previsti da altre norme dei Trattati, come le proposte della Commissione.
Anche al di là delle previsioni dei Trattati, la prassi conosce tutta una serie di altri atti delle istituzioni
dell’UE variamente denominati, quali lettere, comunicazioni, inviti, dichiarazioni, risoluzioni,
conclusioni, codici di condotta,
istruzioni pratiche, programmi generali, libri verdi, libri bianchi, ed altri ancora, la cui rilevanza
giuridica va individuata di volta in volta.
Un particolare rilievo hanno assunto le comunicazioni della Commissione in materia di norme sulla
concorrenza e sugli aiuti di Stato, con le quali la Commissione rende anticipatamente noto quale
sarà l’orientamento cui intende attenersi. La Corte di Giustizia ha affermato che il potere
discrezionale della Commissione è sostanzialmente “autolimitato” da tali comunicazioni, per cui
essa, nell’emettere decisioni in casi concreti, è vincolata ad attenersi agli orientamenti resi pubblici
ex ante con le sue comunicazioni. Del resto, come abbiamo detto per i pareri, le comunicazioni
possono giustificare il legittimo affidamento da parte dei terzi in merito al comportamento futuro
della Commissione.
Vanno anche in questa sede ricordate le dichiarazioni comuni emanate congiuntamente da più
istituzioni. Se tali dichiarazioni hanno di fatto il valore di una presa di posizione congiunta di
carattere sostanzialmente politico, invece i veri e propri accordi inter-istituzionali possono essere
adottati con lo scopo di assumere degli impegni giuridici reciproci tra le istituzioni coinvolte. Il
criterio guida per individuare la rilevanza giuridica degli atti atipici deve trarsi dalla più volte
menzionata giurisprudenza della Corte di Giustizia, che invita a guardare sempre alla sostanza
dell’atto, a prescindere
dal suo nomen juris. Un atto che risulti volto a produrre effetti giuridici non potrà essere sottratto al
sindacato di legittimità della Corte di Giustizia, qualunque sia il suo nomen juris.

Requisiti degli atti UE

Motivazione à considerando

• Rispetto di sussidiarietà e proporzionalità


• Acquisizione di pareri, etc

Base giuridica à preambolo

Pubblicazione in GUUE

Traduzione nelle 24 lingue ufficiali

ESEMPI DI ATTI ADOTTATI DALL’UE

• Decisione agli Stati membri


• Decisione PESC
• Direttiva di codecisione
• Regolamento di codecisione

…vedere documenti e-learning: Esempi di atti adottati dall'UE

LEZIONE 5 VIDEO 1

L’ordinamento giuridico dell’UE e le sue fonti


L’ordinamento giuridico è dato da un insieme di norme che costituiscono il diritto dell’UE. È fatto in
più livelli posti in gerarchia fra di loro.

Caratteristiche generali dell’ordinamento dell’UE:

- è un ordinamento di tipo autonomo, ossia produce il proprio diritto, un diritto autonomo rispetto
agli stati membri e anche rispetto al diritto internazionale che è un tipo di diritto che riguarda tutta
la comunità internazionale, tutti gli stati della comunità, tutte le organizzazioni internazionali e tutti
gli altri soggetti che la contengono. Questo ordinamento è separato dal diritto dell’unione europeo,
il diritto dell’unione non è parte del diritto internazionale, lo ha per base ma poi si sviluppa in un
modo autonomo

- è un ordinamento giuridico di tipo derivato, cioè non è originale come quello degli stati (naturale),
il diritto dell’unione è stato creato da stati, attraverso un trattato internazionale che definisce
competenze e ruoli delle istituzioni. Tutto ciò deriva dai trattati, quindi non sorge naturalmente.
Questa caratteristica pone un problema di esigenza nella definizione dei rapporti tra il diritto
dell’unione e dei singoli stati membri perché una norma del diritto dell’unione nasce all’unione ma
deve essere applicata a livello locale e questo lo fanno gli stati membri e in alcuni casi le norme
del diritto dell’unione nascono già “pronte all’uso”, ossia provviste del concetto della diretta
applicabilità che si riferisce al concetto della norma che nasce dall’unione ed è pronta ad essere
usata a livello nazionale, senza che ci siano interventi ulteriori. Ci sono dei casi in cui il diritto
dell’unione nasce nell’UE ma poi chi richiede per la sua applicazione a livello nazionale c’è bisogno
che lo stato compia un passo in più e pertanto emani una norma che sia necessaria a rendere
applicabile il diritto nato a Bruxelles.

L’ordinamento dell’UE proprio perché è autonomo rispetto al diritto internazionale è un ordinamento


giuridico che rispetta il diritto internazionale, ossia quando produce un proprio diritto tiene conto
delle norme del diritto internazionale.

Sul piano della struttura interna dell’UE si trovano tre livelli:

1)Fonti Primarie, dove sono contenuti i trattati sull’UE (TUE e TFUE) e la carta dei diritti
fondamentali dell’UE, la quale è provvista dello stesso valore giuridico dei trattati. Ci sono anche i
Principi Generali che accomunano tutti gli stati membri, un esempio è l’art.6 del TUE (leggere)
che riguarda la tutela dei diritti fondamentali della persona all’interno dell’UE. Si deve fare
riferimento ai principi generali di diritto che discendono dalle tradizioni costituzionali degli stati
membri

2) Fonti Intermedie, ci sono tutti gli accordi internazionali che l’UE conclude con il resto del mondo.
Qui trova espressione pratica treaty making power la capacità che l’unione ha di stipulare accordi
internazionali all’interno della comunità internazionale

3) Fonti Secondarie, sono l’insieme degli atti che l’UE approva. Queste fonti si possono anche
definire “diritto derivato dell’UE” perché tutti gli atti che vengono emanati dall’UE trovano un loro
fondamento nei trattati, quindi derivano dai trattati stessi. Queste fonti non possono violare il diritto
primario e le fonti intermedie

Questa gerarchia è di tipo effettivo e all’interno di ciascun livello non si riconoscono forme
gerarchiche.

Articolo 6 (ex articolo 6 del TUE)

1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico
dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei
trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del
titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le
spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del- l'uomo e delle
libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto
dell'Unione in quanto principi generali.

LEZIONE 5 VIDEO 2

Quando si parla di trattati ai fini delle fonti del diritto primario si prendono in considerazione i
testi originali, quindi la prima versione del trattato e tutte le modifiche che sono state fatte. Visto
che i trattati sono fatti anche da protocolli ed allegati, anch'essi fanno parte del diritto primario. Per
quanto riguarda i principi generali si tratta di principi che possono riguardare vari aspetti, con
riguardo in particolare al fatto che si devono prendere in considerazione i trattati e le sue revisioni
ci sono 2 ipotesi che sono previste dall’art. 48 TUE, che prevede 2 forme di revisione:

- Una revisione di tipo ordinario

- Una revisione di tipo semplificato

Nel diritto internazionale non esiste quella semplificata, quella ordinaria è quella classica.

La revisione semplificata è invece una revisione che è prevista a livello dei trattati dell’UE o
internazionali che deve essere prevista dal trattato istitutivo.

La revisione ordinaria è articolata su più fasi e vede la partecipazione sia delle istituzioni dell’unione
sia degli stati membri e dei parlamenti nazionali, porta anche la convocazione di una conferenza
intergovernativa.

L’approvazione di un testo di revisione ad opera della conferenza vuol dire “termine della fase di
negoziato” e affinché questa revisione entri in vigore ogni stato ratifichi la revisione in questione,
tutti lo devono fare. La revisione comporta che il parlamento nazionale approvi definitivamente la
revisione come manifestazione volontaria dello stato definitiva.

La revisione semplificata non prevede la convocazione di una conferenza intergovernativa, ma


vede il processo condotto dal consiglio europeo. Anche questo tipo di revisione entra in vigore solo
dopo la ratifica di tutti gli altri membri. Con questo tipo di revisione non possono essere aggiunte
materie nuove: per questo tipo di procedura bisogna fare riferimento alla revisione ordinaria, si
possono modificare solo competenze che fanno già parte dell’UE.

Quando si parla di principi generali si parla di principi di logica giuridica o di contenuti di vario tipo.
Orientano sia l’azione dell’UE nel momento in cui questa adotta delle norme, sia quelle degli stati
membri dell’UE quando sono chiamati ad attuare le norme approvate dall’UE. L’art.6 TUE prevede
che l’UE diventi parte della convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Ci sono altri principi
generali che riguardano altri aspetti come uguaglianza, discriminazione, competenze per
attribuzione, il principio di sussidiarietà, il principio di prossimità, il principio di proporzionalità,
principio di leale cooperazione, principi democratici, il principio di buona gestione finanziaria, il
principio di economia di mercato aperto e di libera concorrenza.

LEZIONE 5 VIDEO 3

Con particolare riguardo nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principio generale di diritto
dell’UE, questo principio generale è oggi previsto dall’Art.6 del TUE e da quando è entrato in vigore
il trattato di Lisbona (primi anni 90) dalla carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, questa
carta ha acquisito valore giuridico vincolante.

Negli anni 70 per la prima volta ci si pone la domanda se l’unione europea dovesse rispettare i
diritti fondamentali dell’uomo -> Dopo questo si comincia a affermare che l’idea del rispetto dei
diritti fondamentali sia un principio generale di diritto dell’unione europea, che appunto guida
l’unione ma anche gli stati membri in attuazione del diritto dell’unione e che in quanto tali sono fonti
PRIMARIE.

Per come è formulato attualmente l’Art. 6 del TUE ed è una formazione tributaria di quelle
precedenti (formulate allo stesso modo ma modificate piano piano in maniera sensibile), questo
principio di diritti fondamentali è ricavato dall’ordinamento degli stati membri (dalle tradizioni
costituzionali comuni) e anche dalla CEDU cioè dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo che
preesiste rispetto all’unione europea e alle comunità europee (perché data 1950) cui l’unione
europea fa costante riferimento.

La norma è cambiata sensibilmente nella formulazione prevista dal trattato di Lisbona


semplicemente perché si prevede qualcosa che non c’era prima, cioè si prevede ART 6 tue
comma 2: che l’unione europea aderisca alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali e che tale adesione non modifica le competenze dell’unione
definite dai trattati.

Cosa vuol dire: c’è una norma di diritto primario che prevede che l’unione europea entri a far parte
della convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 e non soltanto la assuma come riferimento
per desumere i principi generali, ma che proprio vi partecipi, e si assoggetti al regime previsto dalla
convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Tale adesione comporterà un assoggettamento alla disciplina in materia di rispetto dei diritti umani
e non va comunque a toccare le competenze dell’unione. Per entrare a far parte della CEDU l’UE
deve stipulare un accordo internazionale-> produrre una fonte di rango INTERMEDIO

Stipulare questo accordo prevede il suo ingresso nella convenzione europea dei diritti dell’uomo e
pertanto il suo assoggettamento a quello che c’è scritto.

Ciò ha creato dei problemi perché oggi l’art. 218 (comma 11) TFUE prevede che ogni qualvolta
l’unione europea dovesse stipulare un accordo internazionale fosse possibile chiedere un parere
alla corte di giustizia dell’UE per verificare se l’ingresso in questo trattato, ponesse dei problemi di
compatibilità tra l’ordinamento dell’unione che è autonomo e ha la sua specificità e il regime
previsto dal trattato in cui si entra.

Per due volte si è tentato di approvare l’adesione dell’UE alla convenzione dei diritti dell’uomo, la
prima volta nel 1994 e la seconda volta e ultima nel 2014, in entrambi i casi è stato richiesto un
parere alla corte di giustizia, la quale ha sempre verificato l’impossibilità di procedere a tale
adesione. Questo ha portato alla chiusura del progetto di adesione.

Il problema sostanziale era che per come funziona l’unione europea, per il suo livello di autonomia,
per quelle che sono le competenze delle istituzioni: entrare a far parte del regime della convenzione
europea dei diritti dell’uomo metterebbe in discussione l’autonomia di tale ordinamento.

Perché? La convenzione europea dei diritti dell’uomo prevede che esista la corte europea dei diritti
dell’uomo che è chiamata a giudicare i casi di violazione della convenzione.

Noi però abbiamo un ordinamento nella quale la corte di giustizia è l’assoluto e primario interprete
dei trattati e l’autorità giudiziaria che garantisce la legittimità dell’operato dell’UE e quindi anche la
sua attuazione pratica. -> di fronte a due corti verrebbe minata la competenza della corte di giustizia
secondo la corte di giustizia stessa. (c’erano poi anche altri problemi ma principalmente il problema
di compatibilità diritto dell’Ue e l’ordinamento della convenzione europea dei diritti dell’uomo si
risolve nell’impossibilità di conciliare i due regimi giuridici previsti).

E’ in fase di preparazione un terzo tentativo ma si sta preparando tenendo conto dei due tentativi
andati male, dei due pareri della corte di giustizia e quindi dell’incompatibilità e impossibilità di
provvedere a tale adesione. Resta il fatto che la norma prevede questa adesione si verifichi ed è
per questo che si sta piano piano tentando di consolidare un terzo progetto di adesione tenendo
conto di tutte le esigenze specifiche che pone il diritto dell’unione.
LEZIONE 5 VIDEO 4

Sono invece fonti intermedie gli accordi internazionali che l’unione europea stessa stipula con i
restanti membri della comunità internazionale, siano essi stati o organizzazioni internazionali.
L’articolo 216 tfue prevede che l’unione possa stipulare accordi con materie di sua competenza. Il
treaty making power è anche un potere implicito e il fatto che esista una norma che prevede tale
capacità non ne costituisce il fondamento.

art 216 comma 2 Gli accordi conclusi dall'Unione vincolano le istituzioni dell'Unione e gli Stati
membri.

ciò fa riferimento ad un concetto di obbligatorietà, con doppia discendenza: una parte discende dal
fatto che sia un obbligo. la seconda, ricorda che gli accordi internazionali debbano essere sempre
e comunque vincolanti per le parti (istituzioni e stati membri). tornando al detto “i patti si rispettano”
una volta stipulato un accordo, va rispettato.

le fonti intermedie sono poste fra fonti del diritto primario e di natura secondaria(atti di diritto
dell’ue). in quanto intermedia, gli accordi devono essere rispettati e le fonti gerarchiche devono
essere invece rispettose di esse (ciò è sottoposto al controllo della corte di giustizia, che però non
può controllare il trattato internazionale).

Le regole per la stipula del trattato internazionale son previste appunto da esso, la corte dunque
non detiene alcuna competenza, ma può solo incidere sulla decisione:

-può decidere che sia gli atti fonte secondaria siano rispettosi di fonti intermedie

-sia che gli accordi siano rispettosi del diritto primario (rango superiore)

(Teoricamente è possibile violare un trattato, persino l’ue può farlo, ma son previste conseguenze)
se ciò accade, si può sindacare l’atto per il quale si decide di stipulare l’accordo e qual’ora si siano
provocati dei danni ad individui, sussiste la competenza della corte di giustizia dell’ue rispetto alla
responsabilità che l’ue deve supportare nei confronti dei soggetti.

l’articolo sopraccitato da un aspetto di gestione interna di un trattato ue di diritto internazionale.

LEZIONE 5 VIDEO 5

fonti secondarie di Diritto dell’UE ----> il terzo livello della gerarchia delle fonti che abbiamo
finora visto.

La platea, cioè le varie possibilità che l’Unione ha di adottare degli atti, è prevalentemente descritta
dall’art. 288 tfue il quale indica sostanzialmente gli atti tipici che l’Unione può emanare, cioè gli atti
che il trattato indica nelle loro caratteristiche principali e in relazione agli effetti che questi atti
possono produrre.

L’articolo 288 così afferma: Per esercitare le competenze dell'Unione, le istituzioni adottano
regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.

Dopodiché la norma prosegue dando indicazioni su ciascuno di questi tipi di atti tenendo presente
che non tutti gli atti hanno le stesse caratteristiche e gli stessi effetti giuridici. L’Unione può però
emanare anche degli atti di natura atipica, cioè degli atti il cui contenuto ed effetto non sono così
dettagliatamente previsti dai trattati come nel caso degli atti indicati dell’art. 288... Si pone
l’esigenza di comprendere quale tipo di atto far adottare alle istituzioni in relazione all’obiettivo da
conseguire, in relazione alla materia nel quale l’atto viene emanato e ciò è sostanzialmente indicato
dalla Base Giuridica.

La Base Giuridica è estremamente importante nell’adozione di un atto di diritto derivato perché


essa rappresenta sostanzialmente il fondamento che si pone alla base dell’adozione dell’atto. //NO
Base Giuridica = NO adozione atto//

La Base Giuridica è di solito una norma dei trattati che indica esattamente in relazione a quella
materia e in relazione all’obiettivo da perseguire, quale tipo di atto da adottare, con quale
procedura, con la previsione di eventuali pareri se questi devono essere emanati. Se non c’è una
Base Giuridica che possa fondare l’adozione dell’atto, la discrezionalità dell’Unione può fondare
comunque l’adozione di alcuni tipi di atti, ma la regola generale è che debba sempre esserci una
Base Giuridica. Qualora i trattati prevedano che le istituzioni, discrezionalmente adottino un atto in
relazione ad una certa politica dell’Unione, tenete sempre della necessità che sia seguito il
principio di proporzionalità e che pertanto l’atto che si sceglie di adottare sia proporzionato
all’obiettivo che si intende raggiungere in termini di necessità dell’atto; tenete presente che la Base
Giuridica costituisce una necessità nella stragrande maggioranza dei casi in cui i trattati prevedono
l’adozione di diritto derivato e pertanto, estremamente importante.

Articolo 288

Per esercitare le competenze dell'Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni,


raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente


applicabile in ciascuno degli Stati membri.

La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere,
salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.

La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto


nei confronti di questi.

Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti.

LEZIONE 5 VIDEO 6

Veniamo ai regolamenti: secondo l’art. 288 TFUE, il regolamento è così definito: il regolamento a
portata generale ---> esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi, e direttamente applicabile in
ciascuno dei suoi stati membri.

Caratteristiche costitutive dei regolamenti dell’ UE:

PORTATA GENERALE: Il fatto che un regolamento abbia portata generale vuol dire che non ha
dei destinatari individuabili, ma la platea di destinatari dell'atto in questione è determinata in
maniera assolutamente astratta, non c’è modo di individuare esattamente i destinatari, ma sono
categorie di destinatari che possono essere gli Stati, gli operatori di un determinato settore
economico, i cittadini dell’UE... ma non si deve mai trattare -sennò non si tratterebbe più di un
regolamento- di destinatari individuabili, questo perché sennò si dovrebbe far riferimento ad un
altro tipo di atto che poi vedremo. Tant’è che se in qualche altra misura (ed è accaduto) un
regolamento sia scritto in modo che i destinatari siano individuabili, si pone un problema di esatta
qualificazione dell’atto. Quel regolamento è stato adottato come tale ma in realtà non è un
regolamento, perchè se dall’esame del contenuto dell’atto, si evince esattamente verso chi questo
regolamento troverà applicazione, non può essere un regolamento perché invece i suoi destinatari
sono tipicamente astratti. Questo ha causato dei problemi nel passato, nel senso che sono stati
emanati diversi regolamenti, che poi tali non erano proprio per questo motivo, cioè che in qualche
modo i suoi destinatari divenivano individuabili.

Si ricorda che: quando si verifica la natura di un atto giuridico, non è importante guardare soltanto
la denominazione, ma è importante anche il contenuto. La denominazione potrebbe essere
sbagliata (quindi un regolamento che non è un regolamento, come diceva prima).

SMASCHERAMENTO DELL’ATTO: Una valutazione sull’atto che è denominato in un modo e


quella denominazione corrisponde a dei contenuti ben precisi in termini di effetti giuridici e di
caratteristiche, ma che poi guardando all’articolato risulta un altro tipo di atto.

IN POCHE PAROLE: il modo in cui un atto è denominato non è un dato definitivo, bisogna
procedere sempre all’esame dell’atto.

Un regolamento è altresì obbligatorio in tutti i suoi elementi, quindi quando è pronto per la sua
attuazione deve essere applicato nella sua totalità e non solo in riguardo ad una sola parte del
regolamento stesso.

Il regolamento è direttamente applicabile---> la diretta applicabilità è conseguenza del fatto che


il regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi, ma comporta che questo debba essere
rispettato in ciascuno dei suoi stati membri immediatamente, senza necessità che ci sia un
intervento di livello normativo o nazionale che ne vada in qualche modo a complicare il contenuto
-cosa che non è possibile nella generalità dei casi- o che gli dia un’ attuazione sul piano giuridico
interno.

In parole povere, diretta applicabilità -----> si applica subito negli stati membri.

A fronte dell’emanazione di un regolamento, gli Stati non devono fare nulla, non devono emanare
alcun tipo di provvedimento poiché la riproduzione del contenuto del regolamento in atti nazionali
vanificherebbe la diretta applicabilità del regolamento stesso.

C’è un corrispettivo obbligo di non fare cioè non devono assolutamente (come ha già detto)
emanare atti interni e, soltanto se richiesto dal regolamento, devono al limite poter emanare degli
atti integrativi.

EFFICACIA DIRETTA: Si intende la possibilità che una norma di un regolamento ponga dei diritti
in capo alle persone, che esse possono far valere di fronte ad un giudice.

ANALISI DEI PDF:

Relativo alla politica comune e al ripopolamento del pescespada nel mediterraneo. Lo sfruttamento
delle risorse ittiche in maniera non regolata, può portare una determinata specie ittica all’estinzione.
Dopo il titolo, è fatto riferimento al Parlamento Europeo e al Consiglio dell’UE come organi
emananti: (Procedura legislativa ordinaria) e poi è indicata la Base Giuridica (ha messo una
nota a riguardo sul pdf).

La Base Giuridica dice sostanzialmente tutto, ed è chiaro che nel momento in cui viene effettuata
una valutazione sul tipo di norme uniformi da introdurre in una certa materia, lo strumento più
adatto in base al principio di proporzionalità, non può che essere il regolamento.

Si fa poi riferimento alla proposta della commissione europea, ed è chiaro che essa ha il monopolio
di iniziativa sugli atti. Si fa poi riferimento alla trasmissione di progetto di atto legislativo ai
parlamenti nazionali come segue al principio di sussidiarietà.

Riferimento poi al parere del comitato economico e sociale, cui fa riferimento la Base Giuridica.
Poi parte la serie dei Considerando ---> serie di ragioni per le qualis si arriva ad emanare un atto.
Si può spiegare che è necessario rivedere una disciplina, oppure introdurre una disciplina. Si da
conto dei motivi di opportunità che portano all’adozione di un atto. Dopodiché parte l’articolato e
viene dettata la disciplina della materia, in questo caso il ripopolamento dei pesci spada.

Il regolamento termina come tutti gli altri regolamenti dell’UE, con una norma che indica l’entrata
in vigore, questo caso Art.39 che dice il regolamento entra in vigore il 3 giorno successivo alla
pubblicazione nella gazzetta ufficiale dell’UE. C’è poi un inciso e successivamente seguono le firme
+ un allegato di alcuni specifici argomenti trattati nell’articolato. Questi ultimi allegati non sempre ci
sono, dipende sempre dal tipo di regolamento e dalla complessità della materia.

LEZIONE 5 video 7

E’ diverso invece il caso della direttiva che l’Art 288 TFUE così definisce:
La direttiva vincola lo stato membro a cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere
salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
Si tratta di una nozione diversa rispetto a quella di regolamento.
In realtà la direttiva vincola lo stato membro a cui è rivolta ma molto spesso le direttive sono rivolte
a tutti gli stati membri, in altri casi a seconda della materia ad esempio a quella economico
finanziaria a taluni stati membri.
La cosa importante non è a quanti stati membri è rivolta perché l’art 288 fa riferimento al fatto che
la direttiva è rivolta agli stati quindi non lo mette in dubbio, la circostanza fondamentale è che la
direttiva non può mai essere rivolta ai singoli, cioè non è possibile che una direttiva abbia per
destinatari gli individui. Questo perché non ha efficacia diretta, non ha la caratteristica che hanno i
regolamenti di arrivare a conferire, di norma regolarmente, dei diritti ai singoli che questi possono
far valere di fronte a dei giudici nazionali. Inoltre la circostanza che l’Art 288 faccia riferimento alla
direttiva quale strumento che fissa un risultato da raggiungere, da l’idea che la direttiva non sia
integralmente obbligatoria (come invece i regolamenti che sono a portata generale e obbligatori in
tutti i loro elementi). La direttiva invece fissa soltanto un risultato da raggiungere in una certa
materia, spetterà poi agli stati membri integrare il contenuto della direttiva con dei provvedimenti di
carattere nazionale al fine di attuare concretamente la direttiva nel loro territorio di riferimento.
Dunque la direttiva non è uno strumento che si utilizza per adottare norme comuni, per quello si
usano i regolamenti, la direttiva serve per armonizzare le legislazioni degli stati membri tenendo
conto che c’è un obiettivo a livello di Unione da raggiungere e poi ciascuno stato lo raggiunge con
la modalità che ritiene più corretta, di norma si utilizzano atti legislativi nazionali, alcune volte
regolamenti che sono un po’ meno di leggi e atti a portata normativa, ad ogni modo lo stato a
seconda di quello che è il proprio ordinamento nazionale decide lo strumento attraverso il quale
attuare una direttiva.
La circostanza che la direttiva non arrivi a disciplinare dettagliatamente una materia ma lasci spazio
agli stati membri di raggiungere l’obiettivo previsto fa parlare di EFFETTO MEDIATO delle direttive,
perché l’emanazione di una direttiva di per sé non completa la disciplina di una materia.

La direttiva contiene sempre una norma sul termine di attuazione, cioè la direttiva entra in vigore,
si assegna un termine agli stati membri affinchè questi attuino attraverso dei provvedimenti
nazionali la direttiva stessa in relazione agli obiettivi che la direttiva fissa.
E’ molto importante il termine di scadenza perché questo periodo di tempo serve agli stati per
preparare la legislazione nazionale o per, modificandola, adottare atti nuovi al fine di attuare la
direttiva. Fino a quando il termine di attuazione non è scaduto nulla si può rimproverare agli stati,
se gli stati si tengono gli ultimi 15 giorni prima che scada il termine di attuazione della direttiva per
attuarla, gli stati non sono censurabili, avranno magari poco tempo, però il periodo di tempo fino al
tempo di attuazione è molto importante perchè è il tempo che hanno a disposizione gli stati per
attuare la direttiva stessa.

Questo non vuol dire però che nel periodo tra l’entrata in vigore della direttiva e la scadenza del
termine di attuazione gli stati siano liberi di fare ciò che vogliono. Poiché la direttiva deve essere
attuata in maniera corretta, è fatto obbligo agli stati di non adottare atti che in qualche modo
possano pregiudicare la futura attuazione della direttiva, perché questo sarebbe contraddittorio e
andrebbe contro lo spirito della direttiva.
Questo divieto che hanno gli stati nel periodo di attuazione di adottare atti in contrasto con gli
obiettivi della direttiva si chiama obbligo STAND STILL.
Una volta che scade il termine bisogna verificare, se non c’è stata attuazione esiste la possibilità
di censurare lo stato attraverso un rimedio davanti alla Corte che si chiama procedura
d’infrazione (che vedremo).
Se invece la direttiva è stata attuata, nulla quaestio (no prob), lo stato ha attuato la direttiva, la
direttiva a livello nazionale ha trovato concreta espressione e il cerchio si è chiuso. Questo però
non vuol dire che una volta scaduta la direttiva (quindi scaduto il termine di attuazione), la direttiva
venga meno, la direttiva resta in vigore e costituisce sempre il riferimento per interpretare le misure
nazionali di attuazione anche al fine di verificarne la conformità con il raggiungimento dell’obiettivo
previsto dalla direttiva stessa.

Prima di commentare velocemente l’esempio di direttiva che ha caricato online, fa riferimento ad


un fenomeno ormai in disuso ma che per un periodo è stato problematico e che ha portato un po’
di confusione ovvero il fenomeno delle DIRETTIVE DETTAGLIATE.

DIRETTIVE DETTAGLIATE: soprattutto negli anni ‘80 con riguardo a certi aspetti del mercato
perché si stava realizzando il completamento del mercato unico in cui venivano emanati delle
direttive di contenuto talmente dettagliato da avvicinarsi nella sostanza al contenuto dei
regolamenti, e in questo caso eravamo di fronte a direttive che lasciavano uno spazio di attuazione
agli stati veramente molto ridotto tanto da portare a parlare di “direttive quasi regolamento”.
La questione non è mai approdata in Corte di Giustizia quindi la Corte non ha mai annullato una
direttiva perché il suo contenuto non era conforme all’Art 288 con riguardo alla direttive ma era più
vicino all’Art 288 con riguardo ai regolamenti (quindi smascheramento dell’atto), però è chiaro che
questo fenomeno letto oggi all’articolo 288, ma anche delle precedenti norme prima di Lisbona
riguardanti regolamenti e direttive, era un fenomeno che mostrava una forma di contrasto, oggi
comunque la questione sembra più entrata.

[esempio di direttiva che ha caricato!]:


Direttiva che riguarda la politica ambientale, nell’incipit sono riportate le stesse informazioni che
sono state prima commentate con riguardo al regolamento quindi riferimento ad autorità
emanante, base giuridica, proposta della commissione, principio di sussidiarietà , pareri
prescritti in questo caso c’è il comitato delle regioni, quindi sono 2 i pareri che devono essere
prescritti.
Peraltro prendendo l’Art 192 paragrafo 1 TFUE si può verificare esattamente ciò che è necessario
per emanare questo tipo di atto:
- il riferimento alla procedura legislativa da seguire che in questo caso è ordinaria
- la sequenza di considerando che spiega le ragioni per cui si arriva alla direttiva
- e poi parte l’articolato che inizialmente indica l’oggetto della direttiva che qui è “norme per
il controllo delle emissioni nell’area di biossido di zolfo e altre sostanze inquinanti” e quindi
politica ambientale sulla tutela delle persone.

2. In deroga alla procedura decisionale di cui al paragrafo 1 e fatto salvo l'articolo 114, il Consiglio, deliberando
all'unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato
economico e sociale e del Comitato delle regioni, adotta:

a) disposizioni aventi principalmente natura fiscale;


b) misure aventi incidenza:
— sull'assetto territoriale,
— sulla gestione quantitativa delle risorse idriche o aventi rapporto diretto o indiretto con la disponibil ità delle
stesse,
— sulla destinazione dei suoli, ad eccezione della gestione dei residui;
c) misure aventi una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di energia e sulla
struttura generale dell'approvvigionamento energetico del medesimo.

Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo,
del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, può rendere applicabile la procedura legislativa ordinaria
alle materie di cui al primo comma.
La norma importante che vuole evidenziare di questa direttiva sta nell’Art 5, comma 2, laddove
afferma “Gli stati membri adottano le misure necessarie affinchè a decorrere dal 1 gennaio 2024
nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica minale superiore a 5MV
sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato. Gli stati membri adottano le misure
necessarie affinchè a decorrere dal 1 gennaio 2029 nessun impianto di combustione ecc ecc”.
Questo è un esempio di norma di direttiva, una norma che ha un solo obiettivo: non ci devono
essere impianti di combustione medi che non funzionino senza autorizzazione e che non siano
registrati, poi come ciò debba avvenire concretamente lo devono fare gli stati attraverso un
provvedimento di carattere nazionale.
Nella direttiva ci possono essere più norme che fissano esattamente obiettivo e riferimento
all’azione normativa statale, scorrendo vediamo l’Art 17, estremamente importante perché da conto
del rispetto del termine di attuazione della direttiva: la norma si intitola “Recepimento”, ovvero
“gli stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative regolamentari amministrative”, quindi
hanno un’ampia gamma di provvedimenti nazionali tra cui scegliere, “necessari per conformarsi
alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2017, e ne informano immediatamente la commissione”.
Quindi c’è un termine di attuazione che è il 2017 e poi singole norme lo spostano un pochino più
avanti come abbiamo visto prima con riguardo agli obblighi relativi al 2024 e al 2029.
Poi abbiamo l’entrata in vigore e i destinatari (gli stati membri, tutti in questo caso perchè non è
specificato nessuno stato specifico), seguono poi degli allegati e valgano le considerazioni svolte
con riguardo al regolamento.

LEZIONE 5 video 8
Le decisioni che l’Art 288 TFUE così definisce:
La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi ed è un carattere che abbiamo già visto in
precedenza, se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di questi.
Sul piano generale la decisione somiglia molto ai regolamenti senza essere dei regolamenti, questo
perché il regolamento ha una portata generale, è indirizzato ad una platea astratta di destinatari
mentre la decisione di norma ha dei destinatari individuati, e designati perché ci sono delle
decisioni che hanno più che altro carattere interno all’Unione e che quindi sono indirizzati all’unione
stessa tipo la decisione di istituzione di un organismo piuttosto che altre vicende aventi effetti interni
all’Unione, ma la prassi maggioritaria quindi le decisioni adottate da conto del fatto che questi
abbiano destinatari individuati.
Questo traccia la differenza con i regolamenti perché il regolamento non può mai avere dei
destinatari, e la teoria dello smascheramento dell’atto a cui abbiamo già fatto riferimento si riferiva
ad un'ipotesi in cui era già stato adottato un regolamento che poi a guardarne bene il contenuto
era un insieme di decisioni perché quando veniva stabilito era indirizzato nei confronti di destinatari
ben individuati.

La decisione ha natura normativa e pertanto ha un contenuto che fissa degli obblighi oltre che dei
diritti, ed è direttamente applicabile nell’ordinamento degli stati membri proprio come dei
regolamenti, quindi l’emanazione di una decisione da parte dell’Unione fa si che questa decisione
entri direttamente nell’ordinamento giuridico degli stati membri senza necessità che debbano
essere compiuti degli adempimenti a livello nazionale (e quindi direttamente applicabili).
Nell’ipotesi in cui la decisione abbia per destinatari degli individui, questi si devono considerare
direttamente interessati dal provvedimento in realtà poi il diritto dell’Unione fa riferimento a delle
fattispecie ancora più complesse per comprendere quando una decisione sia indirizzata a degli
individui, comunque una decisione ha per destinatari gli individui quando questi individui si possano
considerare direttamente interessati per quello che è il contenuto della decisione e gli effetti che
provocano negli ordinamenti nazionali dal contenuto della decisione stessa.

L’ipotesi in cui una decisione adottata dall’Unione abbia per destinatari degli individui, vede un caso
molto frequente nella concorrenza e nelle sanzioni pecuniarie relative al mercato comune, cioè
tutte quelle ipotesi relative al mercato comune e alla concorrenza tra le imprese in cui la
commissione emana delle decisioni direttamente a degli individui, e questi individui sono le
imprese, ci sono state delle ipotesi di sanzioni per esempio la Coca Cola piuttosto che non alla
Microsoft.
Torneremo sulle decisioni quando vedremo i rimedi di fronte alla Corte, perché quando siamo di
fronte ad una decisione c’è un destinatario individuabile e questo può impugnare, quindi mettere
in discussione, la legittimità della decisione lasciando la Corte di Giustizia a stabilire se questa
decisione deve essere annullata oppure no.

La decisione che ha caricato!! riguarda tutti gli stati membri come destinatari della decisione
stessa, ma per oggetto la nozione dell’euro da parte della Lituania (circostanza che devono
conoscere anche tutti gli altri stati membri).
Per la parte di incipit valga quanto detto con riguardo ai regolamenti, per quanto riguarda la
decisione come vedete è un articolato piuttosto breve e fa riferimento al fatto che la Lituania soddisfi
le condizioni nel momento dell'emanazione della decisione per adottare l’euro e pertanto questo
viene adottato.
Atto molto snello, e che non ha provocato alcun tipo di contenzioso perché è un atto sereno.

Fa riferimento ad un’altra decisione che ha caricato!! che è una decisione PESC relativa ad
un’operazione militare nel Mar Mediterraneo. Questa non è una decisione in senso classico, non
è una decisione ai sensi del 288 TFUE. Il fatto è che nell’ambito della Politica Estera di Sicurezza
Comune dove più che altro prevalgono le regole del metodo intergovernativo, il Consiglio assume
soltanto decisioni, così dicono i trattati, e si potrebbe pensare che si tratti di queste decisioni ma
invece no sono altri tipi di decisioni: sono ad esempio decisioni che non hanno portata normativa
che hanno una struttura di atto come potete vedere molto simile agli altri tipi di Unione (quindi
autorità emanante, base giuridica, riferimenti alla proposta ecc ecc) ma è una decisione della PESC
quindi è un atto di natura completamente diversa, qui non c’è regime di impugnabilità
sostanzialmente e soprattutto è una decisione che istituisce una missione di pace quindi pare avere
più che altro una valenza di tipo interno.

lezione 5 video 9
Raccomandazioni e pareri art 288 TFUE indica che questi 2 tipi di atti giuridici non sono
vincolanti. Si tratta di un atto esortativo. Ma non arriva a vincolare gli stati membri; i trattati
prevedono alcune ipotesi singole istituzioni come BCE possano emanare istituzioni, ma questo
non vuol dire che le istituzioni non possano emanare questi tipi di atti: questo è emerso dalla
giurisprudenza della corte di giustizia, la corte di giustizia avesse individuato implicitamente (cita
teoria dei poteri impliciti) la competenza di ogni istituzione per poter stipulare delle
raccomandazioni. Quanto ai pareri si tratta di manifestazioni di giudizio che viene posta
all’organismo. Non ha fini esortativi ma si limita ad esprimersi, quindi viene chiesto un parere su
una questione di diritto ed illustra la questione sotto la questione sotto il punto di vista del diritto.
Un esempio è dato dall’articolo del TUE relativo alla competenza della corte nell’emanare pareri,
nel caso della conclusione di accordi internazionali da parte dell’unione europea 218 TFUE: pareri
nel caso della conclusione di accordi da parte dell’unione europea, quando la corte si esprime lo
fa nell’interesse del diritto senza voler indirizzare in alcun modo l’attività dell’unione.
L’unione può emanare degli atti atipici che sono delle norme sparse negli atti dell’unione europea
all’interno dei trattati. (2 pag da studiare autonomamente, gli atti atipici sono stati inseriti ad inizio
lezione nella “prefazione”).
I requisiti che un atto dell’unione deve possedere:
1) Parte dei considerando che spesso può essere lunga, dove si possono scorgere le ragioni
che portano alle emanazioni di un atto. L’atto deve dare conto anche il principio di sussidiarietà
e del principio di proporzionalità.
2) Un atto deve essere pubblicato sulla gazzetta ufficiale dell’unione europea GUUE che funge
da strumento di pubblicità degli atti giuridici dell’unione europea ed è lo strumento che l’unione
europea si è dotata ed un mezzo ufficiale. Dove sono scritte alcune caratteristiche.
L’atto viene tradotto nelle 24 lingue ufficiali dell’unione a causa del multilinguismo presente
nell’unione. Questo avviene molto spesso soprattutto con la corte di giustizia.*
*precisazione: la parte sui diritti linguistici tenuta dal prof. Siebetcheu, cui si fa riferimento alla
fine del video, è molto interessante e va considerata parte facoltativa del programma, dunque
non sarà oggetto di esame

LEZ 6
PREFAZIONE
CARATTERI ED EFFETTI DEL DIRITTO DELL’UE

Affronteremo due concetti:

• L’efficacia diretta (o effetto diretto) per i singoli del diritto dell’UE

• Il primato del diritto dell’UE sui diritti interni degli Stati membri

à derivazione giurisprudenziale

Sentenze di riferimento:

• Van Gend en Loos c. Amministrazione olandese delle Imposte, Sentenza 5 febbraio


1963, Causa 26/62

• Flaminio Costa c. E.N.E.L., Sentenza 15 luglio 1964, Causa 6-64

EFFICACIA DIRETTA

Van Gend en Loos

La CEE (…) costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto
internazionale a favore del quale gli Stati membri hanno rinunziato … in settori limitati ai loro
poteri sovrani e al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i loro cittadini. …

«... il diritto comunitario … nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce
loro dei diritti ... tali diritti sorgono non soltanto allorché il trattato espressamente li menziona,
ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il trattato impone ai singoli, agli Stati
membri ed alle istituzioni comunitarie» (es.: far valere davanti al giudice nazionale la
violazione di tali obblighi)

Costa contro E.N.E.L.

«A differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento
giuridico, integrato nell'ordinamento giuridico degli Stati membri …

tale integrazione … di norme che promanano da fonti comunitarie e … il trattato hanno per
corollario l'impossibilita per gli Stati di far prevalere … un provvedimento unilaterale
(nazionale) … il diritto nato dal trattato (à CEE, UE) non potrebbe … trovare un limite in
qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza
che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità.»

Aspetti generali

Diretta applicabilità: le norme di diritto UE aventi certe caratteristiche possono entrare


direttamente nei diritti degli Stati membri
Efficacia diretta: le norme di diritto UE aventi certe caratteristiche possono indirizzarsi
direttamente agli individui e questi possono avvalersene (es., davanti ai giudici nazionali)

Gli Stati devono rispettare tali norme aventi certe caratteristiche, tutelandole (giudici) e
applicandole (autorità pubbliche)

“certe caratteristiche”: devono essere norme chiare, precise e incondizionate

• chiare, precise: la norma ha un contenuto che consente di applicarlo direttamente

• incondizionate: non ci dev’essere necessità di adottare atti aggiuntivi

Costa contro E.N.E.L.

«L'obbligo, imposto agli Stati membri dal trattato CEE, che non sia accompagnato da alcuna
condizione ne subordinato, nella sua esecuzione o nei suoi effetti, all'emanazione di alcun
provvedimento da parte degli stati …. è giuridicamente perfetto e, di conseguenza, atto a
produrre effetti diretti nei rapporti fra gli Stati membri e i loro cittadini. un obbligo del genere e
integrato nell' ordinamento degli Stati membri ha valore imperativo e riguarda direttamente
i loro cittadini ai quali attribuisce dei diritti individuali che i giudici nazionali devono
tutelare.»

Come si capisce che sussistono “certe caratteristiche”

à si fa una valutazione caso per caso (à direct effect test)

Esempio, Van Gend en Loos

«Secondo lo spirito e la struttura del trattato, l'articolo 12 ha valore precettivo ed attribuisce ai


singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare»

Tendenzialmente, un divieto ha efficacia diretta

Esempio: Art. 30 TFUE

«I dazi doganali all'importazione o all'esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati


tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale»

L’EFFICACIA DIRETTA DELLE FONTI DI DIRITTO DELL’UE

Efficacia diretta del diritto primario

Trattati: SI, da Van Gend en Loos

«… secondo lo spirito e la struttura del trattato, l'articolo 12 ha valore precettivo ed attribuisce


ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare».

e nella giurisprudenza successiva (esempi nel libro)

Segue due dinamiche:

• verticale (con lo Stato)

• orizzontale (tra privati – esempi nel libro)

… dei principi generali: SI

Esempio, divieto di discriminazione con riguardo all’età


• Mangold c. Helm (2005)

• Seda Kücükdeveci c. Swedex GmbH & Co. (2010)

… e della Carta dei diritti UE à SI

Efficacia diretta delle fonti intermedie

• SI, se contengono norme chiare, precise e incondizionate

• Selettività della Corte nel riconoscere efficacia diretta a norme contenute negli accordi
internazionali stipulati dall’UE

Efficacia diretta del diritto derivato: i regolamenti

Completezza di tali atti UE e tendenziale efficacia diretta delle norme chiare, precise e
incondizionate

• Conseguenza della diretta applicabilità …

• … dunque, invocabilità delle norme con efficacia diretta davanti ai giudici nazionali, sia
a beneficio di privati che degli Stati

Efficacia diretta del diritto derivato: le direttive

incompletezza di tali atti UE, dunque NO tendenziale efficacia diretta

Però: la Corte ha ammesso che in alcuni casi la direttiva non attuata contenenti norme chiare,
precise e incondizionate à efficacia diretta

La Corte ha ammesso un’efficacia diretta per la direttiva non attuata contenenti norme chiare,
precise e incondizionate sulla base del principio dell’effetto utile …

… principio dell’effetto utile à un atto va interpretato in modo da poter raggiungere il suo scopo,
altrimenti se ne vanifica il senso e l’esistenza stessa

La direttiva non attuata contenenti norme chiare, precise e incondizionate ha efficacia diretta
sicuramente:

1. quando chiarisce norme di diritto primario già aventi efficacia diretta


2. quando contiene un divieto
· L’efficacia diretta è verticale, nei confronti dello Stato che non ha attuato la
direttiva scaduta (vedremo il caso Francovich)
· mai orizzontale, tra individui (in tali casi il principio di interpretazione conforme può
mitigare orientando l’interpretazione del diritto interno applicabile)

Efficacia diretta del diritto derivato:

le decisioni

• direttamente applicabili e precise, dunque SI

• limitatamente alle norme chiare, precise e incondizionate

Effetti indiretti del diritto UE e interpretazione conforme


§ 4.2 I c.d. “effetti indiretti” del diritto dell’UE

§ 4.3 L’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno al diritto dell’UE

pp. 260-266

Studio autonomo

IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEI SINGOLI PER LE VIOLAZIONI DEL DIRITTO DELL’UE


DA PARTE DEGLI STATI MEMBRI

Ricordate?

la direttiva non attuata contenenti norme chiare, precise e incondizionate ha efficacia diretta in
senso verticale, nei confronti dello Stato che non ha attuato la direttiva scaduta

Caso di riferimento:

Francovich e altri c. Repubblica italiana, sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-
9/90

La sentenza indica i requisiti per riconoscere il diritto di risarcimento per violazione del diritto
UE

lezione 6 video 1 (questo argomento è spesso OGGETTO DI DOMANDA D’ESAME)


Gli effetti che il diritto dell’UE produce sono particolarmente innovativi nell’ambito delle
organizzazioni internazionali. Ma difficilmente nel campo delle organizzazioni internazionali
troviamo la produzione di norme giuridiche che esplichino gli effetti che il diritto dell’UE è in grado
di produrre: le altre organizzazioni internazionali hanno un diritto che è meno produttivo a livello di
effetti rispetto ad altre organizzazioni internazionali che esistono.
-Efficacia diretta: che spesso è definito effetto diretto, spesso i due termini vengono definiti
equivalenti. Questo tipo di effetto è particolarmente importante perché pone in capo direttamente
gli individui delle possibilità di agire. Quindi c’è una norma a livello internazionale che si indirizza
direttamente agli individui che sono cittadini dell’unione europea, o sono legalmente residenti.
Questo è particolarmente importante perché di solito le norme si indirizzano agli stati.
-Il primato: l’UE in grado di esprimere la propria predominanza sulle norme di diritto interno.
Questi caratteri ed effetti sono di derivazione esponenziale, questo cosa vuol dire? Che li ha ricavati
la corte nella propria giurisprudenza esaminando i singoli casi, e esprimendosi su richiesta dei
giudici nazionali ( metodo chiamato rinvio pregiudiziale). Inizialmente questi caratteri ed effetti
non erano scritti nei trattati istitutivi. Solo dal trattato di Lisbona si è introdotto un riferimento ad
efficacia diretta e a primato nel senso che, nei trattati non c’è scritto alcunché esattamente come
era prima ma è stata allegata al trattato una definizione nella quale si fa riferimento alla importanza
e all’autorevolezza della corte di giustizia in materia di efficacia diretta e primato due materie
fondamentali del diritto dell’UE.

lezione 6 video 2
efficacia diretta detta anche effetto diretto (le espressioni sono equivalenti in dottrina di
giurisprudenza). Sono comunque due denominazioni diverse per lo stesso tipo di caratteristica
dell’UE.
Vediamo qual è stato il contributo della sentenza Van Gend en Loos. allo sviluppo del carattere
dell’efficacia diretta. Allora afferma: “la comunità economica europea costituisce un ordinamento
giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli stati membri
hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non
soltanto gli stati membri, ma pure i loro cittadini.”
Il passaggio è particolarmente importante, perché, a parte il riferimento alla comunità economica
europea (ma siamo nel 1962 ed è piuttosto normale. Non esiste ancora l’unione europea), la prima
frase è dirompente giuridicamente parlando perché dice: “la comunità economica europea
costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale” e questo
è effettivamente vero laddove ricordiamo che l’unione europea (allora la comunità economica
europea) è un’organizzazione di tipo sovrannazionale nella quale l’integrazione fra gli stati membri
è maggiore e soprattutto ci ricorda anche il carattere di autonomia dell’ordinamento giuridico
dell’UE perché questa autonomia discende dal fatto che si è creato qualcosa di nuovo:
un’organizzazione internazionale inedita nel panorama delle
organizzazioni internazionali di allora, ma posso dire di oggi.
Proseguo: “a favore del quale gli stati membri hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai loro
poteri sovrani.” Questa è la cessione di sovranità. È quella cessione che avviene attraverso il
trattavo istitutivo con le sue modifiche successive tese a conferire materie in competenza nazionale
affinché gestisca autonomamente.
Prosegue il passaggio: “ed al quale sono soggetti non soltanto gli stati membri (e questo è normale
in diritto internazionale che una norma che nasca in un ordinamento al di fuori del diritto nazionale
vincoli poi lo Stato se questo Stato ha deciso di vincolarsi naturalmente), ma pure i loro cittadini.”
Ed è questa la novità che viene espressa nel ’62: la circostanza che una norma nata al di fuori di
un ordinamento nazionale producesse un effetto direttamente sugli individui (persone fisiche o
persone giuridiche, tipo le imprese) è assolutamente innovativo. Abbiamo una norma che nasce al
di fuori degli ordinamenti nazionali,
ma è capace di incidere sugli interessi, sulla sfera giuridica degli individui.
prosegue : “il diritto comunitario, […], nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi,
attribuisce loro dei diritti. Tali diritti sorgono non soltanto allorché il trattato espressamente li
menziona, ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il trattato impone ai singoli, agli stati
membri ed alle istituzioni comunitarie.” Questo passaggio è molto importante perché spiega cos’è
l’efficacia diretta, sostanzialmente.
Se è vero che (soprattutto nella prassi dei primi anni delle comunità europee) il diritto comunitario
imponeva degli obblighi ai cittadini, è anche vero che una norma nel momento in cui pone dei
doveri può anche imporre dei diritti.
Qui cambia anche la prospettiva, perché una norma di natura internazionale possa imporre obblighi
o diritti tra gli individui in quel periodo è assolutamente innovativo. In quel periodo sta nascendo il
diritto penale internazionale a livello internazionalistico e si sta affermando l’idea che il diritto
internazionale possa riguardare direttamente gli individui, ma parliamo di crimini internazionali
commessi durante la Seconda guerra mondiale quindi è una partita completamente diversa. Qui
parliamo del diritto di un’organizzazione internazionale.
che diritto hanno le persone?
per esempio quello di far valere davanti al giudice nazionale la violazione di determinati obblighi.
Se una persona ha violato un diritto che è redatto dall’UE può difendersi chiedendo al giudice
nazionale, non per forza alla corte di giustizia la tutela di tali diritti. La sentenza poi fa presente che,
naturalmente, questi diritti sono un po’ la contropartita degli obblighi che il trattato attribuisce anche
agli Stati e alle istituzioni ovviamente. Perché il diritto dell’UE è rivolto non soltanto agli individui
ma è rivolto anche alle istituzioni e naturalmente agli stati membri come è naturale che sia.
In Costa contro Enel c’è un lieve sviluppo del concetto evidenziato in Van Gend en Loos, viene
pronunciata due anni dopo e pertanto la costa contro Enel capitalizza le prime acquisizioni
giurisprudenziali operate da Van Gend en Loos.
Costa contro Enel: “A differenza dei comuni trattati internazionali, il trattato CEE ha istituito un
proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri”
Anche questo è un concetto piuttosto innovativo, perché se Van Gend en Loos afferma che è nato
l’ordinamento giuridico del tutto nuovo, che è in grado addirittura di produrre norme che incidono
sulla sfera giuridica dei cittadini, qui c’è la precisazione ulteriore che il diritto dell’unione europea
(allora della comunità europea) è autonomo naturalmente, perché si parla proprio di ordinamento
giuridico. Ha istituito un proprio ordinamento giuridico, ma questo ordinamento giuridico si integra
nell’ordinamento giuridico degli stati membri.
Cioè vale, vige, ha lo stesso valore (non esattamente in questi termini), produce effetti giuridici
quanto le norme del singolo stato membro
Prosegue: “tale integrazione… di norme che promanano da fonti comunitarie e… il trattato hanno
per corollario l'impossibilità per gli Stati di far prevalere… un provvedimento unilaterale
(nazionale)… il diritto nato dal trattato non potrebbe… trovare un limite in qualsiasi provvedimento
interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso il
fondamento giuridico della stessa Comunità”
Si abbozza quello che è il primato sostanzialmente, perché lì c’è Costa contro ENEL; in questo
secondo passaggio il fatto che avvenga tale integrazione del diritto dell’unione e il diritto degli stati
membri e produca degli effetti giuridici fa sì che tale integrazione non possa essere ostacolata dal
fatto che uno Stato produce una norma di contenuto contrario ad esempio o che affermi di avere
già una norma di contenuto contrario la quale sia applica perchè è diritto nazionale.
Gli stati non possono opporre l’origine nazionale di una norma per opporre tale integrazione, in
quanto il diritto dell’ue si integra automaticamente negli stati dell’ue.
Esiste un rapporto fra diretta applicabilità ed efficacia diretta.
● la diretta applicabilità è una caratteristica delle norme che nascono a livello internazionale
(anche nelle organizzazioni internazionali) e riguarda la circostanza che, se il contenuto su
una norma è pronto, si dice “self-executing” e può essere applicato a livello nazionale senza
dover fare alcunchè (può entrare nell’ordinamento nazionale e può essere eseguito).

Nell’ordinamento internazionale nascono anche norme non pronte nel contenuto che devono
essere chiarite a livello nazionale con scelte di tipo politico o di tipo amministrativo, per tanto,
queste norme “non self-executing” non producono immediatamente effetto nel nell’ordinamento
giuridico degli stati membri. Lo faranno quando lo stato avrà integrato la norma “self executing” del
contenuto che manca: sul momento, all’entrata in vigore di questa norma, essa non produce effetti
immediati nell’ordinamento giuridico degli stati.
Con riguardo al diritto dell’ue, quando siamo di fronte a delle norme che hanno certe caratteristiche
precise, ovvero il contenuto pronto all’applicazione, siamo di fronte a norme che entrano
direttamente nell’ordinamento giuridico.
● l’efficacia diretta invece, attiene alla possibilità che, come dicevamo in Costa contro ENEL,
certe norme, una volta che sono entrate, arrivino a produrre effetti sui singoli (e non è
automatico) perché una norma provvista di diretta applicabilità può essere indirizzata allo
stato, imponendogli di fare qualcosa. Se questa norma ha per destinatari i cittadini, ecco
che si arriva all’individuo e si verifica un’ipotesi di efficacia diretta.
Le norme dell’ue che hanno certe caratteristiche possono dunque indirizzarsi direttamente agli
individui e poichè l’individuo riceve una norma giuridica, questi se ne possono avvalere. Se una
persona beneficia di un diritto in una norma attribuita in quanto individuo, può farla valere
rivolgendosi ad un giudice nazionale.
dunque:
1. Con la diretta applicabilità: la capacità di una norma di entrare nell’ordinamento giuridico
nazionale è tale solo se in ossesso di determinate caratteristiche (self executing,
sostanzialmente).
2. Con efficacia diretta: riguarda le norme che già provviste di diretta applicabilità, producono
l’effetto di giungere a obblighi o diritti (vedi costa contro enel) dando così loro la possibilità
di rivolgersi al giudice nazionale.

e’ chiaro che gli stati membri nel momento in cui una norma è provvista di efficacia diretta,
presentando determinate caratteristiche, devono rispettare queste norme.
(non possono ostacolare l’esplicazione di certi effetti della norma stessa)
Ciò avviene in sede giudiziaria ( i giudici sono parte dell’apparato dello stato )
nel momento in cui c’è una norma che, provvista di efficacia diretta, una parte la invoca: i giudici
devono tenerne conto e applicare col potere esecutivo l’amministrazione dello stato e la normativa.

PRIMATO DEL DIRITTO DELL’UE


Carattere giuridico (primato) che riguarda solo le norme UE (di qualsiasi tipo) aventi efficacia
diretta

Costa contro E.N.E.L. (il libro narra la vicenda - p. 253 ss.)

«… il trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell'ordinamento


giuridico degli stati membri … tale integrazione … e … il trattato hanno per corollario
l'impossibilita per gli Stati di far prevalere … un provvedimento unilaterale (nazionale)
… il diritto nato dal trattato non potrebbe … trovare un limite in qualsiasi provvedimento
interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risultasse scosso
il fondamento giuridico della stessa Comunità»

Amministrazione delle finanze dello Stato contro Simmenthal SpA sentenza 9 marzo
1978, causa 106/77

«In forza del principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del trattato
e gli atti …direttamente applicabili hanno l'effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati
membri, non solo di rendere inapplicabile … qualsiasi disposizione contrastante
preesistente, ma anche … di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi
nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie.

Il giudice nazionale, incaricato di applicare … le disposizioni di diritto comunitario ha l'obbligo


di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa,
qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale senza doverne chiedere o
attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento
costituzionale.»

Cosa comporta il primato?

comporta la non applicabilità della norma interna contrastante

Da parte di chi?

delle autorità pubbliche degli Stati membri (giudici, ma anche pubbliche amministrazioni)

Il primato riguarda solo le norme UE aventi efficacia diretta …

… ma se un atto UE non ce l’ha (es., direttiva) à interpretazione conforme

Corollario:

È obbligo degli Stati membri di rendere il loro ordinamento giuridico interno conforme al diritto
UE, dunque essi devono rimuovere le norme interne contrastanti

Considerazioni da mettere da parte per una prossima lezione:

• Il primato riflette la visione monista della Corte di giustizia

Tale visione monista si scontra con la visione dualista di parte degli Stati membri (es., Italia,
Germania)

lezione 6 video 3
quali sono queste caratteristiche?
una norma è provvista di efficacia diretta a ritroso di diretta applicabilità quando è provvista di 3
condizioni e caratteristiche essenziali: chiare, precise ed incondizionate.
quando una norma si dice chiara e precisa?
-quando è scritta in modo tale, preciso e completo, da avere un contenuto immediatamente
applicabile
quando è incondizionata?
-per come è scritta, non ci deve essere la necessità che vi sia un intervento di tipo normativo (non
deve essere dunque fatto nient’altro da nessun altro: nemmeno dall’ue)
“l’obbligo imposto agli stati membri dal trattato CEE che non sia accompagnato da alcuna
condizione, né subordinato nella sua esecuzione nei suoi effetti, e l’emanazione di alcun
provvedimento nei confronti degli stati non ci deve essere, è giuridicamente perfetto”
Dunque: un obbligo imposto “ a modo” (per così dire) è chiaro, preciso e incondizionato, privo di
condizioni aggiuntive (come abbiamo citato da Costa contro enel) e dunque perfetto. E’ perciò atto
a produrre effetti diretti (equivalenti) nei rapporti tra stati membri e cittadini.
Un obbligo del genere, prosegue Costa contro Enel, è integrato nell’ordinamento degli stati membri
a valore imperativo e riguarda direttamente i loro cittadini ai quali attribuisce i diritti che i giudici
nazionali devono tutelare
pertanto, se qualcuno nega ad un cittadino un proprio diritto, esso può difendersi con un giudice.
Non è però facile evincere quando una norma sia chiara, precisa ed incondizionata. L’attività
giuridica è infatti complessa e richiede la conoscenza di materie specifiche per trarre tali
conclusioni. Dunque, quando si comprende? valutando per caso, norma per norma, si interpreta la
sua lettura (detto direct effect test). E’ ciò che affronta la corte di giustizia una volta in cui gli viene
chiesto di esprimersi sull’efficacia diretta di una norma di diritto dell’ue.
in Van Gend en Loos c’è un passaggio che è appunto il direct effect test, che esprime l'attività di
interpretazione tesa a comprendere se la norma abbia o meno efficacia diretta.
(qui il problema era dovuto principalmente all’applicazione di una norma del trattato).

In Van gend en loos si afferma secondo lo spirito, la struttura del trattato: quindi un'interpretazione
sistematica.
art 12, cioè l’oggetto della censura di fronte al giudice, ha valore precettivo ed attribuisce ai singoli
dei diritti soggettivi che i giudici sono tenuti a tutelare. (un passaggio breve, perché la corte nel 62
sta ancora affrontando la sua giurisprudenza)

tendenzialmente questo è un divito ad efficacia diretta, che si presta, nel momento in cui vieta
(obbligo di non facere) dazi e confini, ad esempio. Un esempio è l’articolo 30 sul TFUE, presente
già nel TCEU (comunità economica europea), una norma importante: il mercato unico. I dazi
doganali all'importazione o all'esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati
membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale.
i dazi sono sostanzialmente dei “balzelli” nel movimento di merci; l’articolo specifica che i dazi
doganali di carattere fiscale abbiano una cura completamente diversa: la norma chiude il cerchio
definendo come non possano essere attribuiti gravi di tipo economico e finanziario.

lezione 6 video 4-5 (insieme)

Vediamo quindi l’efficacia diretta con riguardo alle singole fonti di diritto dell’ unione.
Con riguardo al diritto primario, la domanda è:
- Le norme dei trattati possono essere provviste di efficacia diretta? (ovviamente non tutte)
- Si, ed è scritta proprio nel passaggio di quel “Van Gend en Loos” appena letto per cui “L’articolo
12 ha valore precettivo etc…”

Questo tipo di impostazione per cui il Direct Effect Test viene effettuato anche su norme di diritto
primario, è stato confermato nella giurisprudenza successiva (troverete numerosi esempi sul libro
che hanno soprattutto carattere esplicativo, prendeteli come dei commenti paragonabili a quello
che ho fatto io del 12 CEE nel momento della pronuncia della sentenza “Van Gend en Loos”)
L’efficacia diretta del diritto primario segue sostanzialmente due dinamiche:

● In modo verticale con lo Stato, quindi la possibilità che la norma di diritto primario esplichi i propri
effetti verso lo Stato;

● In modo orizzontale, cioè esiste la possibilità che una norma del trattato sia applicabile agli
individui tra di loro.

E’ questo è particolarmente importante perché, come già detto, è innovativo nel panorama del
diritto internazionale. (anche qui troverete diversi esempi nel libro di dinamica orizzontale
dell’efficacia diretta).

Con riguardo ai principi generali che sappiamo che pure governano come fonti primarie del diritto
dell’unione, possono essere provvisti di efficacia diretta. L’esempio clou è dato da due sentenze,
sentenza “Mangold” (2005) e sentenza “Kücükdeveci” (2010). Sono due sentenze che riguardo il
divieto il discriminazione (in ragione di razza, religione, orientamento sessuale etc.). Questo
principio è inserito in una norma di diritto primario ma è anche un principio generale di diritto perché
si può desumere dagli ordinamenti nazionali degli Stati membri. Secondo la Corte, i principi generali
possono esplicare un’efficacia diretta e infatti nella cause in questione (cause di lavoro) si va a
dissertare se tra datore di lavoro e il lavoratore sia stato violato il divieto di discriminazione.
➨E’ un caso di applicazione orizzontale perché riguarda due individui, una persona giuridica e una
persona fisica, comunque singoli quindi non Stati o istituzioni.

Con riguardo alla carta dei diritti fondamentali, la giurisprudenza ci conferma che alcune norme
(sempre che passino il direct effect test), possono produrre effetti in termini di efficacia diretta.

Efficacia diretta delle Fonti intermedie (accordi internazionali stipulati dall’unione):


la tendenza è a riconoscere la possibilità che possano esplicare degli effetti diretti purché
rispondano al direct effect test. Qui però non c’è una grande giurisprudenza, e soprattutto la Corte
di giustizia quando si è trovata ad esprimersi sulla tale caratteristica rispetto a norme contenute e
negli accordi internazionali che stipula l’unione, è stata parecchio selettiva, severa nell’applicare il
direct effect test e pertanto in meno casi la corte ha riconosciuto negli accordi internazionali stipulati
dall'unione (fonti intermedie) degli obblighi o dei diritti facenti capo a norme chiare, precise e
incondizionate.

Rispetto invece al diritto derivato, l'efficacia diretta si apprezza un po’ diversamente perché rispetto
ai regolamenti la loro tendenziale completezza dovuta al fatto che hanno portato al generale e
devono essere completamente applicati, fa sì che tendenzialmente contengano norme provviste di
efficacia diretta. Naturalmente non tutte le norme è sono chiare, precise e incondizionate perché
in alcuni casi si tratterà di norme procedurali, di norme rituali, però laddove si possa individuare
una norma chiara, precisa e incondizionata siamo di fronte senza dubbio ad una norma provvista
di efficacia diretta. Bisogna tener conto che la circostanza che un regolamento contenga norme
provviste di efficacia diretta è diretta conseguenza dell'applicabilità diretta dei regolamenti che
hanno un contenuto tale da non dover richiedere alcun intervento di tipo nazionale. Questo fa sì
che le norme provviste di efficacia diretta contenute nei regolamenti possano essere invocate dai
singoli davanti ai giudici nazionali e questo avviene sia a favore dell'individuo ma anche degli Stati
(anche lo Stato può andare in giudizio.)

La questione delle direttive è più problematica, nel senso che la direttiva è un atto tendenzialmente
incompleto e quindi è molto difficile che contenga norme aventi efficacia diretta, in teoria dovrebbe
essere addirittura impossibile, ma in taluni casi le direttive contengono delle norme chiare, precise
e incondizionate. Ma la direttiva essendo un atto incompleto, al fine di poter essere correttamente
applicata deve essere integrata ad un atto di livello nazionale. Quindi succede che a fronte della
tendenziale mancanza di efficacia diretta delle direttive, se ce ne sono alcune, può capitare, che
siano chiare, precise e incondizionate ma a cui non è stato dato seguito a livello nazionale, ecco
che siamo di fronte ad una norma provvista di efficacia diretta. Questo lo ha affermato la Corte
poiché se una direttiva impone un obbligo a uno Stato in termini di obiettivo da raggiungere e poi
questa direttiva non viene attuata, si va vanificare lo scopo per cui è stata attuata la direttiva.
principio dell’effetto utile➜ un atto va interpretato in modo da poter raggiungere il suo scopo,
altrimenti se ne vanifica il senso e l’esistenza stessa.
↪Esempio fatto dal prof: “una direttiva ha come termine di attuazione il 31 dicembre 2020, uno
Stato non l'ha attua e pertanto lascia la direttiva a lettera vuota, va in procedura di infrazione
(vedremo di cosa si tratta), però se questa direttiva conteneva norme chiare, precise e
condizionate, magari diretta ai singoli e questi potevano avvalersi dal 1 gennaio 2021, ciò non
accade e si va vanificare il senso proprio della direttiva.”

Normalmente ci sono delle ipotesi dove è più facile trovare delle norme provviste di efficacia diretta
all’interno di direttive, e ciò avviene sicuramente quando:
● una direttiva chiarisca norme di diritto primario aventi già efficacia diretta. Però in questo caso la
direttiva non fa altro che accodarsi ad una norma di diritto primario che è già provvista di efficacia
diretta e questo non crea grandi problemi interpretativi;
● quando la direttiva contiene un divieto, perché come dicevamo, il divieto per sua natura è quasi
sicuramente provvisto di efficacia diretta.

L’efficacia diretta delle direttive è però diversa dall’efficacia diretta dei regolamenti e, come
vedremo fra poco, delle decisioni.
Perché mentre la dinamica dell'efficacia dei regolamenti può essere verticale (cioè tra Stato e
cittadino) e orizzontale (cioè tra cittadini), nel caso della direttiva la dinamica può essere soltanto
verticale può riguardare il cittadino che avrebbe dovuto beneficiare di un diritto attribuitogli da una
direttiva ma mancava il pezzettino dello Stato, che doveva con un atto attuativo dare recepimento
alla direttiva. Questo pezzo mancante impedisce al cittadino di vedersi riconosciuto un diritto che
è scritto dal diritto dell'unione europea e pertanto si crea una dinamica orizzontale di responsabilità
tra lo Stato e il cittadino che come vedremo più avanti potrà portare al risarcimento dei danni nel
caso Francovich.

Proprio perché la direttiva è un atto incompleto l’efficacia diretta non può mai avere una dinamica
orizzontale, cioè tra individui (in tali casi il principio di interpretazione conforme può mitigare
orientando l’interpretazione del diritto interno applicabile). Non è possibile invocare una norma di
una direttiva in causa perché questa manca del tassello nazionale.
⤹ Quindi cosa che succede in questi casi?
C’è una norma del diritto dell’unione che attribuisce un diritto agli individui rispetto ad altri individui,
non invocabile davanti al giudice però si può segnalare quantomeno ad esso. Sul giudice sussiste
l’obbligo di interpretazione conforme, cioè deve interpretare il diritto interno (a cui manca un
pezzo perché lo Stato non ha attuato la direttiva) nella maniera più conforme, armonica possibile
con la lettera della direttiva quindi il contenuto della direttiva. Questo tipo di operazione, che è
un'attività di tipo ermeneutico del diritto quindi di interpretazione del diritto, dovrebbe un po’
smussare, attenuare la circostanza che le direttive non sono capaci di produrre un’efficacia diretta
di tipo orizzontale.

Infine, le decisioni sono direttamente applicabili naturalmente laddove siano di fronte a norme
chiare, precise e condizionate ma noi sappiamo che per caratteristiche le decisioni sono
sostanzialmente simili ai regolamenti.

lezione 6 video 6-7 (insieme)


il primato: carattere dell’ue proprio delle norme gerarchiche di efficacia diretta.
una norma non provvista di efficacia diretta non può godere del primato.
la sentenza principe afferma che una norma di diritto dell’unione che costituisce un ordinamento
giuridico innovativo nel panorama delle organizzazioni internazionali (Van Gend en Loos )si
integra nell’ordinamento giuridico nazionale e non è possibile opporgli un provvedimento di tipo
nazionale.
Il primato invece è dato dall’applicazione della norma del diritto dell’unione al posto della norma
del diritto nazionale: affinché ciò avvenga la norma del diritto dell’ue deve trovare una norma di
pari contenuto. Si genera perciò un contrasto fra due forme normative tra la stessa materia e
oggetto, ma dal contenuto contrario.
Quando si verifica tale ipotesi bisogna stabilire una materia di prevalenza, il primato, è un criterio
di prevalenza a favore del diritto dell’ue.

<il trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell'ordinamento giuridico
degli stati membri … tale integrazione … e … il trattato hanno per corollario l'impossibilità per gli
Stati di far prevalere … un provvedimento unilaterale (nazionale) … il diritto nato dal trattato non
potrebbe … trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere
comunitario e senza che ne risultasse scosso il fondamento giuridico della stessa Comunità>

Amministrazione delle finanze dello Stato contro Simmenthal SpA sentenza 9 marzo 1978,
causa 106/77
«In forza del principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del trattato e gli atti
… direttamente applicabili hanno l'effetto, nei loro rapporti col diritto interno degli Stati membri, non
solo di rendere inapplicabile … qualsiasi disposizione contrastante preesistente, ma anche … di
impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi nazionali, nella misura in cui questi fossero
incompatibili con norme comunitarie.
Il giudice nazionale, incaricato di applicare … le disposizioni di diritto comunitario ha l'obbligo di
garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi
disposizione contrastante della legislazione nazionale senza doverne chiedere o attendere la
previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.»

Il giudice nazionale, che stia trattando una causa alla quale venga in rilievo il diritto dell’unione
deve riconoscere la pianificata al diritto.
Il primato dunque riguarda solo le norme UE aventi efficacia diretta, ma se un atto UE non ce l’ha
(come la direttiva) allora entra in vigore l’interpretazione conforme.
E’ da ricordare l’obbligo degli stati membri di rendere il loro ordinamento giuridico interno conforme
al diritto UE, dunque essi devono rimuovere le norme interne contrastanti.
Quest’obbligo di “ripulitura” in italia viene effettuato circa una volta l’anno con la legge comunitaria.

Due espressioni importanti da metabolizzare che vedremo più avanti:


● visione monista della corte di giustizia rispetto al diritto dell’ue
● visione dualista degli stati membri
Il primato dunque riflette la visione monista della corte di giustizia, che si scontra con la visione
monista della corte di giustizia.
Le direttive non attuate contenenti norme chiare, precise e incondizionate hanno efficacia diretta
in senso verticale, ovvero tra stato e cittadino, nei confronti dello stato che non ha attuato la direttiva
scaduta.
Senza l’intervento normativo statale, i cittadini non possono usufruire di questo diritto.

Caso di riferimento:
Francovich e altri c. Repubblica italiana, sentenza 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e
C-9/90

La sentenza indica i requisiti per riconoscere il diritto di risarcimento per violazione del
diritto UE Caso Francovich
«Qualora uno Stato membro violi l'obbligo … di prendere tutti i provvedimenti necessari a
conseguire il risultato prescritto da una direttiva … [il] diritto comunitario esige che sia riconosciuto
un diritto a risarcimento* ove ricorrano le tre seguenti condizioni: 1) il risultato prescritto dalla
direttiva deve implicare l'attribuzione di diritti a favore dei singoli; 2) il contenuto di tali diritti deve
potersi individuare sulla base delle disposizioni della direttiva; 3) deve esistere un nesso di
causalità tra la violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi.»
(*lo stato non ha ricevuto una direttiva che avrebbe attribuito diritti alle persone.)
l’efficacia diretta verticale della direttiva attuata con norme chiare, concise e incondizionate, possa
richiedere il risarcimento dei danni (stato colpevole di non aver attuato la direttiva).
Se lo stato non applica la direttiva, che portava diritti ai singoli, i singoli non possono esercitarlo.
Ciò è un direct effect test applicato a casi specifici, che porta la persona lesa a richiedere i danni
per il proprio diritto non esercitato.

studio autonomo: effetti indiretti del diritto dell’ue, interpretazione conforme


42. I c.d. “effetti indiretti” del diritto dell’UE.
Come si è visto, l’efficacia diretta delle norme di diritto dell’UE incontra delle limitazioni: da un lato
in quanto deve essere accordata dai giudici e dalle amministrazioni nazionali solo nel caso in cui il
precetto contenuto nelle norme stesse sia sufficientemente preciso e abbia carattere
incondizionato; d’altro lato perché per quanto riguarda specificamente le norme poste dalle direttive
non attuate la loro efficacia è circoscritta sul piano soggettivo, potendo essere invocate solo nei
confronti delle autorità degli Stati membri e non nei
rapporti tra i privati. La Corte di Giustizia nel corso degli anni ha dimostrato una notevole attenzione
all’esigenza di dare piena effettività a quanto stabilito dal diritto dell’UE. In questa prospettiva, i
giudici dell’UE hanno elaborato delle soluzioni volte a favorire la possibilità che negli ordinamenti
degli Stati membri sia assicurata una “tutela giurisdizionale effettiva”, e nello stesso tempo per
promuovere il rispetto del diritto dell’UE da parte degli Stati membri. Va letta in tal senso
l’affermazione da un lato dell’obbligo di interpretare il diritto interno in conformità al diritto dell’UE,
dall’altro dell’obbligo di tutela risarcitoria del singolo per le violazioni di diritto dell’UE.
Si tratta di sviluppi giurisprudenziali per indicare in quali casi si è diffusa la definizione di “effetti
indiretti”, chiaramente per accostarli agli effetti diretti delle norme di diritto dell’UE e distinguerli da
questi ultimi.

42.1. L’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno al diritto dell’UE.


La giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di interpretazione conforme ha ricostruito
l’esistenza di un obbligo, in capo principalmente ai giudici degli Stati membri, di interpretare le
norme nazionali secondo il significato il più possibile coerente con il diritto dell’UE. Si tratta di una
giurisprudenza che si colloca appieno nella prospettiva della Corte di impegnare i giudici nazionali
a dare prevalenza al diritto dell’UE. Il ricorso a questa tecnica interpretativa è stato indicato come
la prima delle operazioni che il giudice nazionale è tenuto a svolgere. Secondo quanto prospettato
dalla Corte, la prima questione che può porre in un giudizio interno è quella della possibilità di
attribuire ad una norma interna un significato coerente con il diritto dell’UE. Nella scelta tra più
interpretazioni possibili, il giudice nazionale deve dare applicazione alla norma interna secondo il
significato che corrisponde a quanto prescritto dal diritto dell’UE. Solo se nessun’interpretazione
compatibile sia concretamente possibile, il giudice si troverà di
fronte a un caso di contrasto tra norme dell’UE e norme nazionali nel quale si aprirà lo scenario
della disapplicazione del diritto interno: il giudice nazionale è tenuto a non dare applicazione alle
norme interne contrastanti col diritto dell’UE, qualora queste ultime norme siano dotate di efficacia
diretta. In caso contrario, cioè di norme dell’UE che non abbiano efficacia diretta in contrasto con
norme nazionali, la via che si prospetta per il giudice è la enunciazione della questione di legittimità
costituzionale in merito alle
norme alle norme nazionali stesse. In ogni caso, il soggetto eventualmente danneggiato
dall’applicazione di una norma interna contrastante con il diritto dell’UE potrà rivolgersi al giudice
interno competente, per chiedere un risarcimento del danno.
Il fondamento normativo di quest’obbligo interpretativo è stato ravvisato dalla Corte di Giustizia nel
generale obbligo di leale cooperazione che grava su ciascuno Stato membro. Si deve quindi
precisare che all’interpretazione conforme sono tenuti in linea di principio tutti gli organi dello Stato.
In una sua prima manifestazione (sentenza Von Colson), la formulazione dell’obbligo di
interpretazione conforme non
presentava carattere particolarmente innovativo. L’obbligo era infatti concepito come inerente

LEZ 7 PREFAZIONE
LE COMPETENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE
Funzione giurisdizionale: indispensabile in una comunità di diritto (Van Geld …)

Vi provvedono:

• La Corte di giustizia

• I giudici nazionali

Art 19 TUE

La Corte assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati.

Lo fa attraverso questi rimedi giurisdizionali e funzioni:

• azione per annullamento

• procedura di infrazione

• ricorso in carenza

• rinvio pregiudiziale

• ricorso per risarcimento

• funzione consultiva

LA VIOLAZIONE DEL DIRITTO UE DA PARTE DEGLI STATI MEMBRI: IL RICORSO PER


INFRAZIONE

Procedura di infrazione artt. 258, 259 e 260 TFUE

Finalità: accertare la violazione del diritto dell'UE da parte di uno Stato membro

à può essere attivata dalla Commissione (guardiana dei trattati!) o da uno Stato membro

mai da singoli, anche se questi possono allertare la Commissione

La procedura consta di 2 fasi: precontenziosa e contenziosa

1) Fase precontenziosa

facilita la composizione amichevole della controversia e realizza economie processuali, ma può


non bastare.

Questi i passi quando è avviata dalla Commissione:

• la Commissione invia una lettera di messa in mora allo Stato, il quale ha un termine per
presentare delle osservazioni

• se le osservazioni non sono convincenti o insufficienti, la Commissione emette un parere


motivato con cui ufficializza gli addebiti allo Stato e un termine per adeguarvisi.

• Se ciò non avviene, la Commissione può avviare la fase contenziosa

2) Fase contenziosa

la Commissione presenta ricorso alla Corte; è irrilevante che lo Stato si adegui tardivamente al
parere motivato

• se la Corte accoglie il ricorso, pronuncia sentenza di accertamento della violazione del


diritto UE. Non c'è condanna: la sentenza è dichiarativa (es., non c'è annullamento di
atti nazionali)
• lo Stato soccombente è tenuto a prendere i provvedimenti necessari a conformarsi alla
sentenza. Se non si adegua, la Commissione può avviare una seconda procedura di
infrazione, al termine della quale può esserci sentenza di condanna al pagamento di
una sanzione

Quando la procedura di infrazione è avviata da un altro Stato:

• lo Stato che assume iniziativa deve rivolgersi alla Commissione, la quale ha 3 mesi di
tempo per avviare la procedura (fase precontenziosa)

• se la avvia, la Commissione deve mettere sia lo Stato che assume iniziativa, sia lo Stato
che si assume abbia violato il diritto UE nella posizione di presentare in contraddittorio
le loro osservazioni

• se ciò non avviene, lo Stato che assume iniziativa può presentare direttamente ricorso
alla Corte

IL CONTROLLO DI LEGITTIMITÀ SUGLI ATTI DELLE ISTITUZIONI DELL’UE E IL RICORSO IN


CARENZA

Azione per annullamento (art. 263 ss. TFUE)

Finalità: verificare la legittimità degli atti adottati dalle Istituzioni

Attenzione all'art. 275 TFUE !

La Corte di giustizia ... non è competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla politica
estera e di sicurezza comune … Tuttavia, la Corte è competente ... a pronunciarsi sui ricorsi,
proposti secondo le condizioni di cui all'articolo 263 ... riguardanti il controllo della legittimità delle
decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal
Consiglio in base al titolo V, capo 2 del trattato sull'Unione europea.

→ novità del Trattato di Lisbona: la Corte può annullare taluni atti PESC

Nell’azione per annullamento possono essere impugnati

• gli atti delle Istituzioni (non della Corte) e di altri organi o organismi UE

• regolamenti, direttive, decisioni ed atti atipici se producono effetti giuridici

possono ricorrere alla Corte:

• gli Stati membri, il PE, il Consiglio e la Commissione come ricorrenti privilegiati, cioè
senza vincoli o limiti

• Corte dei Conti, BCE e Comitato delle regioni come ricorrenti semi-privilegiati, cioè per
tutelare le loro prerogative (quindi non possono impugnare ogni atto)

• persone fisiche e giuridiche come ricorrenti non privilegiati, cioè solo contro atti adottati
nei loro confronti o atti che li riguardano direttamente e individualmente o atti
regolamentari che li riguardano direttamente

L'atto impugnato (entro 2 mesi!) viene sindacato dalla Corte sotto il profilo della presenza di vizi di
legittimità, ovvero:

• vizio dell'incompetenza
• vizio della violazione delle forme sostanziali (es., mancanza di motivazione, di un parere
prescritto dalla base giuridica)

• vizio della violazione del diritto dell'Unione

• vizio dello sviamento di potere

• Se la Corte accoglie l'azione, pronuncia sentenza costitutiva con la quale annulla l'atto
ex tunc

• ma può decidere che alcuni degli effetti nel frattempo prodotti siano mantenuti
salvi

• l’Istituzione sanzionata dall’annullamento dell'atto deve prendere ogni misura necessaria


all'esecuzione della sentenza e ciò ovviamente vale nei casi in cui l'annullamento
dell'atto, già disposto dalla Corte, non sia sufficiente

Eccezione di invalidità (art. 277 TFUE)

«rimedio nel rimedio»:

• nell'ambito di un procedimento davanti alla Corte, al Tribunale o ad un tribunale


specializzato, le parti possono sollevare una eccezione sulla validità di un atto UE,
sostenendone l'invalidità. Se l'eccezione è accolta, l'atto in questione viene disapplicato
(cioè non si applica) nella causa in questione.

• caso tipico: causa nella quale viene in rilievo un regolamento che secondo una delle
parti è viziato, ma non era stato impugnato entro 2 mesi per l’annullamento

• se la causa coinvolge singoli, questo rimedio li mette nella condizione di neutralizzare


gli effetti di un atto che comunque non avrebbero potuto impugnare

Ricorso in carenza (art. 265 TFUE)

Finalità: contestare l'inerzia di una Istituzione rispetto ad una competenza vincolata (ovvero:
rispetto alla quale c'è un obbligo di agire, di emanare un provvedimento)

questo rimedio insiste sul comportamento (omissivo) delle Istituzioni

presupposti per la sua attivazione sono

• l'esistenza di un obbligo ad agire

• la sua violazione.

Se una Istituzione ha facoltà di agire, non si può attivare il ricorso in carenza, perché la facoltà
non è l'obbligo

• prima di attivare il ricorso in carenza l'Istituzione che omette di agire deve essere messa
in mora (diffida) e devono trascorrere 2 mesi senza che abbia “preso posizione”: questa
è una sorta di fase precontenziosa

• attenzione: se l'Istituzione prende posizione negando di agire, non si può più esperire
l'azione in carenza, ma la presa di posizione, che è un atto, può essere impugnato con
l'azione di annullamento
• se l'Istituzione non prende posizione può essere presentato ricorso in Corte.

Possono ricorrere:

• gli Stati membri e altre Istituzioni come ricorrenti privilegiati, cioè senza vincoli o limiti

• le persone fisiche e giuridiche come ricorrenti non privilegiati, cioè solo contro omissione
di atti vincolanti da emanare nei loro confronti

• Se la Corte accoglie il ricorso, pronuncia sentenza di accertamento, in quanto la Corte


non può emanare l'atto non emanato.

• l'Istituzione sanzionata ha però l'obbligo di agire per prendere i provvedimenti che la


sentenza comporta, quindi deve emanare l'atto

• Attenzione: la protratta inerzia può portare ad un ulteriore ricorso in carenza e ad azione


di risarcimento dei danni

LA COMPETENZA IN VIA PREGIUDIZIALE

Procedura grazie alla quale i giudici nazionali possono (in alcuni casi, devono) domandare alla
Corte di esprimersi sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle
Istituzioni

Funzioni di questa procedura:

• assicurare l'uniforme interpretazione e applicazione del diritto UE

• instaurare una collaborazione tra giudice interno e giudice UE

• assicurare la tutela giurisdizionale effettiva ai singoli qualora venga in rilievo il diritto UE

Questa procedura viene attivata dal giudice interno quando nella causa da esso trattata venga
in rilievo il diritto UE, in termini sia di dubbi interpretativi, sia di dubbi sulla legittimità di atti UE:

• rinvio pregiudiziale di interpretazione → tutto il diritto UE

• rinvio pregiudiziale di validità → atti degli organi e organismi UE

Cosa accade:

• il giudice interno sospende la causa e promuove rinvio alla Corte di giustizia

• La Corte di giustizia si esprime; la sua sentenza vincolerà il giudice interno richiedente.

La Corte quindi non decide la causa di fronte al giudice nazionale, ma fornisce a quest'ultimo
gli elementi di diritto UE necessari alla decisione della causa

Aspetti procedurali

La nozione di “giudice del rinvio” è di diritto UE, quindi non dipende dal diritto nazionale: esso deve
svolgere una funzione giurisdizionale e deve trattarsi di una magistratura (es., no collegi
professionali di disciplina)

Il rinvio pregiudiziale di interpretazione è:

• una facoltà per il giudice nazionale

• un obbligo per il giudice nazionale di ultima istanza.


L'obbligo però non sussiste quando:

• una questione già stata decisa dalla Corte di giustizia

• la risposta emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia

• il giudice si trova di fronte ad un “atto chiaro”: la corretta applicazione del diritto UE è


così evidente e chiara da non rendere necessario chiedere l'intervento della Corte

• Il rinvio pregiudiziale di validità è un obbligo per tutti i giudici

• In via generale, la Corte non dà seguito a rinvii su questioni fittizie, irrilevanti, ipotetiche

• Le sentenze vincolano il giudice richiedente, ma si può ritenere che assumano un valore


erga omnes, che orienta i giudici di tutti gli Stati membri

• Le controversie in materia di responsabilità dell’UE

• Studio autonomo pp. 317-323 paragr. 47

• Cenni sulle altre competenze della Corte di giustizia

• Studio autonomo p. 323-325 parag 48

47. Le controversie in materia di responsabilità dell’UE.

La responsabilità extracontrattuale e contrattuale dell’UE è regolata dall’articolo 340 TFUE.


Ricordiamo che, ai sensi dell’articolo 256 TFUE, è il Tribunale ad essere competente a conoscere
in prima istanza delle controversie relative a tale responsabilità e che le sue decisioni sono
impugnabili dinanzi alla Corte di Giustizia. La Corte è competente a giudicare delle controversie
relative alla responsabilità extracontrattuale dell’UE ai sensi dell’articolo 268 TFUE. Ai sensi di
quest’ultima norma “in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire ... i danni
cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni”. Analogo obbligo è
posto a carico della BCE dall’articolo 340 TFUE. Si tratta, al riguardo, di competenza non solo
esclusiva, ma anche di piena giurisdizione, nel senso, cioè, che la Corte ha ampia discrezionalità
quanto alla determinazione della responsabilità delle istituzioni dell’UE o dei suoi agenti, nonché
dell’ammontare del danno risarcibile. Nulla dice, invece, circa i criteri per l’imputabilità del danno
all’UE. Soccorrono, al riguardo, come fonte di diritto per la Corte, i “principi generali comuni ai diritti
degli Stati membri”, dai quali essa dovrà trarre di volta in volta la norma applicabile. Essa è
chiamata a ricostruire la norma applicabile al caso specifico, cercando un comune denominatore
tra le esperienze giuridiche dei vari Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale e
forse anche al di là di tale campo specifico. Per quanto riguarda gli atti delle istituzioni da cui può
discendere la responsabilità dell’UE, va subito detto che il termine “istituzioni” è restrittivo, in quanto
non solo tale responsabilità sussiste, alle stesse condizioni, per i danni cagionati dalla BEI e dal
Mediatore europeo, ma anche da qualsiasi organo o organismo la cui attività sia imputabile all’UE.
Nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, invece, come già detto, è esclusa la
competenza della Corte anche in relazione alla responsabilità dell’Unione. L’azione può essere
promossa da qualsiasi Stato membro, nonché da qualsiasi persona fisica o giuridica. La
responsabilità dell’UE sorge, in genere, come conseguenza dell’emanazione di atti dichiarati
illegittimi sulla base di un ricorso o dell’accoglimento di un ricorso in carenza. Dalla dichiarazione
di nullità dell’atto o della colpevole omissione della sua emanazione non discende
automaticamente l’obbligo risarcitorio a carico dell’UE.
Anzitutto, l’illegittimità dell’atto o dell’omissione non è requisito indispensabile perché sorga la
responsabilità extracontrattuale dell’UE. In secondo luogo, l’articolo 268 TFUE dispone solo del
risarcimento dei danni nei confronti di chi chiede il risarcimento stesso e non dell’annullamento di
un determinato atto con efficacia erga omnes. La Corte ha peraltro respinto la tesi della cosiddetta
responsabilità da attività lecita con riguardo all’UE, considerando che la responsabilità in capo
all’UE sussiste solo in presenza dell’illegittimità della condotta che ha causato il danno. Per quanto
riguarda la responsabilità dell’UE per gli atti dei suoi agenti, ricordiamo, anzitutto, che solo gli atto
compiuti nell’esercizio delle loro funzioni possono venire in considerazione per attribuire la
responsabilità dell’UE. La Corte ha, inoltre, precisato che l’UE è responsabile per il comportamento
dei
suoi agenti, anche se questi agiscono oltre i limiti del mandato loro affidato. La Corte, in materia di
responsabilità extracontrattuale dell’UE, si è attenuta, tra l’altro, ai seguenti principi: Innanzitutto,
la Corte ha adottato il principio secondo cui la responsabilità dei pubblici poteri per i danni arrecati
ai privati da atti normativi “sussiste solo eccezionalmente ed in casi particolari”. Pertanto, anche se
un regolamento dell’UE viene dichiarato nullo, per la Corte è accettabile che il singolo, entro i limiti
ragionevoli, ne sopporti le conseguenze, mentre la responsabilità dell’UE sussiste “unicamente in
caso di violazione grave e manifesta di una norma superiore intesa a tutelare i singoli”. La Corte
ha adottato dei criteri restrittivi, richiedendo, perché si generi la responsabilità per danni dell’UE,
dei comportamenti particolarmente gravi. Quanto al danno risarcibile, la Corte ha considerato che
questo comprende danno emergente, lucro cessante, danno morale e interessi. Per essere
considerato risarcibile il danno deve essere certo e attuale e può essere ridotto se il danneggiato
ha contribuito con il suo comportamento a determinarlo. Tra il comportamento illegittimo
dell’istituzione e il danno subito del singolo deve
inoltre ricorrere un nesso causale. In ogni caso, la responsabilità dell’UE sussiste solo in relazione
al comportamento delle sue istituzioni o dei suoi agenti e non quando il danno derivi da atti emanati
da organi degli Stati membri, sia pure in adempimento di un atto UE rivelatosi illegittimo. Ciò è
stato ribadito dalla Corte non solo con riferimento a
situazioni in cui all’emanazione dell’atto interno le autorità nazionali godevano di un certo margine
di discrezionalità, ma anche allorché l’atto interno era stato emanato in applicazione di un
regolamento dell’UE, successivamente dichiarato illegittimo, che non lasciava alcuna
discrezionalità alle autorità nazionali. Possono, naturalmente, verificarsi casi in cui l’obbligo
risarcitorio compete sia agli Stati nazionali che all’UE; in tali casi la Corte ha chiarito che la
responsabilità dell’UE ha carattere parziale e sussidiario rispetto a quella degli Stati membri. In
conclusione, va rilevato in via generale che la Corte è
stata, specie agli inizi, molto cauta nell’individuare una responsabilità extracontrattuale dell’UE e
ha applicato al riguardo criteri estremamente rigorosi. Circa la responsabilità contrattuale dell’UE,
la Corte non ha alcuna competenza esclusiva. Anzi, sono i giudici nazionali ad essere competenti
in via generale a giudicare delle controversie relative a contratti di cui l’UE è parte. Pur tuttavia, in
determinati casi, i Trattati attribuiscono competenza alla Corte relativamente alla responsabilità
dell’UE. Ciò avviene quanto il
contratto di cui è parte l’UE contenga una clausola compromissoria che sottoponga alla Corte
stessa la risoluzione delle controversie nascenti da tale contratto (specie con riferimento ai contratti
di prestito o di finanziamento dell’UE, o ad esempio la BEI o i vari fondi strutturali, che stipulano
con enti pubblici o privati). L’articolo 340 TFUE dispone, al riguardo, che la responsabilità
contrattuale dell’UE è regolata dalla legge applicabile al contratto in causa. Non è escluso, però,
che entrino in considerazione per la decisione
nel merito anche i principi generali del diritto dell’UE.

48. Cenni sulle altre competenze della Corte di giustizia.


Tra le altre competenze della Corte di Giustizia dell’UE, si può innanzitutto ricordare la competenza
di tipo contenzioso in ordine alle controversie tra l’UE e i suoi agenti e alle controversie tra gli Stati
membri. Sulla base dell’articolo 270 TFUE, la Corte è competente in via esclusiva a conoscere
delle controversie tra l’UE e i suoi agenti, cioè di tutte le questioni concernenti la disciplina delle
carriere, le condizioni di lavoro,
il trattamento economico e di tutte le persone che sono alle dipendenze dell’UE. Il ricorrente deve
avere un interesse personale, certo e attuale, ad agire. Ciò risponde all’esigenza di sottrarre i
funzionari internazionali ai possibili condizionamenti derivanti dalla sottomissione alla giurisdizione
di un giudice nazionale del loro Stato di appartenenza. Sotto un profilo completamente diverso, in
base all’articolo 273
TFUE, la Corte di Giustizia può fungere da giudice internazionale e conoscere di controversie tra
gli Stati membri, purché connesse con l’oggetto dei Trattati.
Resta da dire della funzione consultiva della Corte di Giustizia, che si esplica essenzialmente con
riferimento alla stipulazione di accordi internazionali da parte dell’UE. Dispone l’articolo 218 TFUE
che uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare
il parere della Corte di Giustizia circa la compatibilità con i Trattati di un accordo internazionale che
l’UE intende stipulare. Qualora, nel suo parere, la Corte esprima parere negativo, l’accordo può
entrare in vigore solo
dopo la modifica dello stesso. Di conseguenza, il parere della Corte ha un’efficacia più che
“consultiva”, dato che esso non può essere ignorato dagli Stati membri e dalle istituzioni dell’UE
ed è produttivo di specifici effetti giuridici.
Un’altra questione di grande rilevanza ha riguardato la compatibilità con i Trattati delle proposte
per l’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali del 4 novembre 1950 (CEDU). La questione è stata oggetto di un primo parere della
Corte che si è pronunciata nel senso dell’incompatibilità. Nonostante le modifiche introdotte dal
Trattato di Lisbona in merito alla base giuridica dell’adesione dell’UE, la Corte si è infatti
nuovamente espressa in senso negativo,
ritenendo che il progetto sottoposto al suo esame comportasse condizioni di adesione idonee ad
incidere sulle caratteristiche specifiche dell’ordinamento dell’Unione Europea.

LEZ 7 VIDEO 1/2. Competenza della Corte di Giustizia.

❖ premesse: per quanto riguarda la funzione che la Corte di Giustizia ha nell’ordinamento


dell’Unione Europea che è la funzione giurisdizionale, ovvero di esercitare la giustizia, è
considerata una funzione indispensabile in qualsiasi comunità di diritto.
❖ Una Comunità di Diritto è una comunità nella quale vi è un ordinamento giuridico con una
produzione di norme e una forma di controllo da parte dei giudici sulla correttezza di queste
norme, non soltanto delle norme ma anche dei comportamenti a norma, non solo di
quest’ultimi ma anche di un’attività di interpretazione del diritto qualora questo avesse un
significato non chiaro.
❖ La funzione giurisdizionale è indispensabile in una comunità di diritto laddove le comunità
europee che fanno riferimento al fenomeno nuovo nella comunità internazionale che
sviluppano un ordinamento giuridico di tipo autonomo.

★ questa è una Comunità di diritto e pertanto vede la presenza di una Magistratura, la Corte
di Giustizia che esercita la giustizia. La funzione giurisdizionale che viene esercitata dalla
Corte di Giustizia ma anche dai Giudici Nazionali.

★ da una parte i Giudici Nazionali sono coloro dai quali si accendono le cause tra privati o tra
Stato e Privati e pertanto possono trovarsi in una condizione di dover attuale il diritto
dell’unione che sia direttamente applicabile e che abbia efficacia diretta, pertanto svolgono
un ruolo fondamentale nell’esercizio della funzione giurisdizionale dell’unione europea.
★ nel momento in cui applicano correttamente il Diritto dell’Unione Europea o collaborano con
la Corte di Giustizia ai fini della garanzia che il Diritto dell’Unione sia correttamente attuato
e soprattutto uniformemente interpretato in tutta l’Unione, in modo che della stessa norma
non ci siano tante interpretazioni quanti sono gli Stati membri dell’unione stessa.
★ questo tipo di funzione è riassunta nell’articolo 19 del trattato sull’Unione che fa
riferimento all’interpretazione e all’applicazione dei trattati, viene esercitata attraverso dei
metodi di natura giurisdizionale ovvero delle possibili azioni che hanno nomi ben precisi e
delle procedure da seguire ben precise.
★ ogni tipo di azione, ogni tipo di rimedio è ben delimitato e presente a sue caratteristiche che
si possono accedere alla Corte di Giustizia:
★ l’Azione per Annullamento.
★ Procedura d’Infrazione.
★ Ricorso in Carenza.
★ Rinvio Pregiudiziale.
★ Risarcimento.
★ Funzione Consultiva: fa riferimenti a tutte le ipotesi in cui la Corte di Giustizia è chiamata
ad esprimere un parere, ovvero il parere preventivo sugli accordi internazionali che l’unione
intende stipulare, rispetto al quale alla Corte si domanda se il trattato in stipulazione sia
conforme al Diritto dell’Unione.

★ PROCEDURA D’INFRAZIONE.

➢ Finalità: procedura di accertare o verificare che uno Stato membro abbia violato il Diritto
dell’Unione.
➢ in ambito PESC la Corte ha una competenza limitata che non comprende la procedura
d’infrazione. La Commissione Europea può avviare la procedura d’infrazione, lo fa
nell’ambito della sua funzione di guardiana dei trattati. la Commissione è un’istituzione che
monitora l’attuazione del Diritto dell’Unione Europea negli Stati membri ed è insignita della
funzione di poter attivare questo rimedio secondo varie modalità.
➢ è prevista la procedura d’infrazione interstatale: può accadere che uno Stato membro
richieda la procedura d’infrazione a carico di un altro Stato membro qualora ci siano
indicazioni relative al fatto che nel secondo Stato membro vi sia stata una violazione di
diritto dell’Unione.
➢ la prassi è maggioritaria, prevalentemente orientata sull’iniziativa della Commissione,
quindi la procedura attivata da uno Stato membro contro uno Stato membro è più rara.
➢ non possono attivare la procedura di infrazione i singoli individui, perché non è un tipo di
rimedio che è messo a disposizione sul piano della legittimazione quindi ad avviare il
procedimento dei singoli. ciò che possono fare i singoli è allertare chi può attivare la
procedura di infrazione e pertanto la Commissione Europea.
➢ ci sono stati diversi casi in cui una procedura d’infrazione avviata dalla Commissione ha
avuto esordio su segnalazione dei privati che illustravano una situazione tale da far pensare
che in uno stato membro vi fosse una violazione di diritto dell’unione.
➢ Procedura che funziona in due fasi: PRECONTENZIOSA e CONTENZIOSA.
➢ considerando la presenza della fase precontenziosa, si tende inizialmente una
composizione amichevole della controversia, si tenta di far sì che lo Stato membro che ha
violato il diritto dell’Unione attraverso un’interlocuzione corregga la propria condotta e quindi
si uniformi al Diritto dell’Unione Europea, se ciò non porta ad un esito si va alla Corte.
➢ la Fase Precontenziosa realizza anche delle economie processuali, perché se in questa
fase lo Stato membro modifica la propria condotta non sarà necessario andare in Corte e
risulterà alleggerita sul piano delle cause che è dovuta a discutere.
➢ la Fase Precontenziosa si svolge così: la Commissione Europea, avuta notizia della
violazione, invia una lettera di messa in mora allo Stato interessato. lo Stato, ricevuta la
lettera, avrà un termine per presentare delle osservazioni. Nella lettera vengono presentate
delle contestazioni, elencate le violazioni che la Commissione ritiene si siano effettuate e
lo Stato ha un termine per rispondere rispetto ai punti indicati dalla Commissione.
➢ nel caso in cui lo Stato non motiva in maniera abbastanza convincente, se la lettera non
aiuta a rettificare la condotta dello Stato, la Commissione emana un parere motivato con
cui si ufficializzano gli addebiti a carico dello Stato.
➢ il Parere Motivato è simile alla lettera di messa in mora, anche se può cambiare perchè
passano dei mesi e può cambiare la situazione.
➢ la Lettera di Messa in mora, non ha questo carattere ufficiale e il parere motivato pone un
termine per conformarvisi: non afferma se si presentano controsservazioni, afferma a fronte
di queste violazioni del diretto dell’Unione se ha un certo termine per correggerla.
➢ se il Parere Motivato a termine scaduto non produce questo risultato, la Commissione è
legittimata, quindi può attivare la procedura d’infrazione nella sua fase contenziosa davanti
alla Corte.
❖ la Commissione, a fronte di questo iter della fase precontenziosa non è tenuta a presentare
la fase contenziosa davanti alla Corte. la Commissione comunque ha un potere che può
esercitare oppure no, perchè esiste sempre la possibilità che la violazione del diritto
dell’unione oggetto della fase precontenziosa sia comunque risolta in via diplomatica e non
si vuole sollecitare la Commissione e presentare ogni ricorso possibile potendo anche
scegliere che, a una certa violazione del diritto dell’unione non si proceda con fase
contenziosa ma si rimedi in maniera alternativa.
❖ un potere discrezionale di tal tipo può portare la Commissione, anche per motivi politici, a
non perseguire uno stato che abbia violato il diritto dell’Unione.
❖ se però la Commissione decide di non andare a Corte, parte la fase Contenziosa della
procedura d’infrazione. L’unico che può avviare questo tipo di rimedio è la Commissione
Europea.
❖ nella circostanza in cui sia stato presentato un ricorso in Corte da parte della Commissione
Europea, fa sì che questa prenda avvio e che l’eventuale adempimento tardivo dello Stato
del parere motivato, nonostante si adegui dopo l’avvio, non ferma la procedura contenziosa,
perchè nel periodo della fase precontenziosa possono esserci stati danni, rispetto ai quali
è necessaria verificare la responsabilità dello Stato.
❖ la Corte esamina il fascicolo ed esamina cosa sia accaduto, la lettera di messa in mora, il
parere motivato, ascolta le controsservazioni dello Stato, il quale si farà rappresentare dal
proprio avvocato, così come la Commissione ha il proprio servizio legale. terminato il
procedimento, la Corte emana la sentenza. la questione viene studiata prima dall’avvocato
generale, presentata alla Corte ed essa emanerà sentenze.
❖ se la Corte accoglie il ricorso, quindi sposa la tesi della Commissione, pronuncia una
sentenza di accertamento della violazione del diritto dell’unione, accerta che un certo
fatto si è verificato. non può contenere una condanna, perchè è una sentenza di
accertamento.
❖ essendo una sentenza di tipo dichiarativo, è violato il diritto dell’unione in questi termini,
non provvede ad annullare gli atti di tipo nazionale, non è nella sua competenza.
❖ lo Stato membro condannato è tenuto a prendere ogni provvedimento utile a conformarsi
alla sentenza, se ciò non accade, la Commissione può avviare una seconda
procedura(procedura d’infrazione di secondo grado), che interessa la Corte del fatto che la
sentenza già emanata di accertamento non è stata neanche rispettata. a seguito di questa
seconda procedura, la Corte può decidere di condannare lo Stato, stavolta da una vera
sentenza di condanna e aumento della sanzione: percentuale del PIL per ogni giorno
mancato della violazione del Diritto dell’Unione.
❖ nella prassi della procedura d’infrazione costituzionale è stata stabilita una procedura più
snella fatta di una sola fase, dove la Commissione è chiamata a portare lo Stato di fronte
alla Corte, evidenziando gli addebiti ufficiali anche a indicare una sanzione da fare
direttamente allo Stato.
❖ questo potere di indicare una sanzione da parte della Commissione è di tipo discrezionale.
❖ ipotesi in cui la procedura di infrazione sia avviata da un altro Stato: in questo caso, lo
Stato che intende avviare la procedura d’infrazione, non può gestire in autonomia la fase
precontenziosa e poi rivolgersi alla Corte, dovrà comunque passare per la Commissione.
❖ lo Stato che assume l’iniziativa deve rivolgersi alla Commissione che ha 3 mesi di tempo
per avviare la procedura.
❖ se la avvia, la Commissione deve mettere sia lo Stato che assume l’iniziativa sia chi si
assume abbia violato il diritto dell’unione e presentare in contraddittorio le loro osservazioni.
❖ nel momento in cui la Commissione non ascolta lo Stato che ha assunto l’iniziativa, a qual
punto lo Stato che ha promosso ciò può rivolgersi direttamente alla Corte.

LEZ 7
LEZIONE 7, VIDEO 3/4

GRUPPO DI TRE RICORSI:


Si va a sindacare cioè ad esercitare una forma di controllo sugli atti e condotta delle istituzioni,
quindi non sono gli stati membri i destinatari delle procedure.
1. AZIONE PER ANNULLAMENTO
2. ECCEZIONE DI INVALIDITÀ
3. RICORSO IN CARENZA

1. AZIONE PER ANNULLAMENTO:


La sua finalità è quella di verificare la legittimità degli atti emanati dalle istituzioni. Gli atti
delle istituzioni devono rispondere a certi requisiti come ad esempio possedere la base
giuridica (se questa mancasse l’atto è annullabile attraverso l’attivazione di un’azione per
annullamento).
ARTICOLO 275 TFUE: questo articolo crea una piccola deroga nell’esenzione della PESC
dal controllo giurisdizionale della Corte. La Corte ha poteri molto limitati in ambito PESC
ma ai sensi dell’articolo 275 TFUE può annullare le decisioni che prevedono misure
restrittive nei confronti delle persone fisiche giuridiche che il Consiglio adotta nell’ambito
della politica estera di sicurezza comune. Questa è una novità introdotta dal Trattato di
Lisbona in quanto in precedenza non era possibile in ogni caso che la Corte intervenisse a
stabilire se una decisione adottata in ambito PESC anche se diretta di individui per
combinare sanzioni restrittive, quindi misure sanzionatorie come congelamento di conti
bancari, visa ban (impossibilità di ottenere un visto per spostarsi) fossero combinate. Con
il Trattato di Lisbona invece questo tipo di decisioni che vanno ad incidere sulla sfera
giuridica delle persone sono possibili.

Tipi di atti che possono essere oggetto di impugnazione attraverso l’azione per
annullamento:
- atti delle istituzioni (ma non quelli della Corte, non si può impugnare una sentenza
della Corte)
- atti di altri organi dell’UE che hanno la possibilità di emanare atti che hanno effetti
nei confronti dei terzi (ad esempio alcune agenzie dell’Unione, pur non essendo
istituzione, questi organi possono emanare degli atti e questi atti possono essere
impugnati attraverso l’azione per annullamento).

Prevalentemente regolamenti direttive e decisioni possono essere oggetto di azione per


annullamento e anche atti non tipici quindi non compresi e descritti dall’articolo 288 TFUE,
sempre che naturalmente siano atti che producono degli effetti giuridici e pertanto qualcuno
possa esserne colpito.

Chi può attivare la procedura di azione davanti alla Corte?


Ci sono tre tipi di legittimari:
- Ricorrenti privilegiati: possono esercitare l’azione di annullamento su qualsiasi
tipo di atto, e sono gli stati membri, il Parlamento Europeo, il Consiglio e la
Commissione.
- Ricorrenti semi-privilegiati: possono impugnare un atto attraverso l’azione per
annullamento perchè ciò è necessario per tutelare le loro prerogative quindi ci deve
essere un interesse diretto. Sono la Corte dei Conti, la BCE (Banca Centrale
Europea) e il Comitato delle Regioni. Corte dei Conti e BCE sono istituzioni mentre
il Comitato delle Regioni no, però per tutelare le proprie prerogative possono attivare
l’azione per l’annullamento perchè semi-privilegiati.
- Ricorrenti non privilegiati: gli individui, ovvero le persone fisiche e giuridiche
(società, enti pubblici, persone costituite dai sensi del diritto). Non a qualsiasi
condizione, perché essendo non privilegiati possono impugnare solo gli atti adottati
nei loro confronti (quindi quando vengono citati), o atti che li riguardino direttamente
o individualmente. Per verificare che un atto riguardi direttamente o individualmente
una persona fisica e giuridica quando non viene citata, si usa una formula del diritto
dell’Unione chiamata Formula Plaumann (che prende il nome dalla causa
Plaumann del ‘62), secondo cui la verifica avviene quando il provvedimento tocca
un individuo a causa di determinate qualità personali ovvero di particolari
circostanze atte a distinguerlo dalla generalità e quindi lo identifichi alla stregua dei
destinatari.
es. Se viene emanato un atto nell’ambito della politica agricola comune relativo ai produttori di
mandarini, se nel provvedimento venissero indicati i produttori di mandarini di una determinata
regione dell’UE o si riesce a circoscrivere l’ambito di produttori di mandarini ad un gruppo più ridotto
di produttori rispetto a quello più ampio, ecco che io li ho individuati direttamente e individualmente.
C’è una caratteristica che li deve fare emergere e deve consentire l’individuazione dei destinatari
del provvedimento.

I ricorrenti non privilegiati possono impugnare gli atti che pur avendo una correlatura regolamentare
li riguardino direttamente. Non so se vi ricordate la Teoria della Smascheramento dell’Atto, si
trattava di un regolamento che per come era scritto in realtà era una fascia di piccole decisioni e
pertanto alla stregua di quella prassi anche gli atti regolamentari hanno la possibilità di riguardare
direttamente un gruppo di ricorrenti privilegiati con ciò però dandogli la possibilità di impugnare
l’atto.

Una volta emanato l’atto e data quindi la possibilità e legittimità di impugnarlo questo deve essere
fatto entro due mesi, c’è un termine di impugnazione espirato il quale l’atto non si può più toccare
e questo è molto importante per questioni di certezza del diritto. Quindi l’atto impugnato entro i due
mesi viene esaminato dalla Corte sotto il profilo della legittimità. La corte si deve chiedere se l’atto
sia legittimo o meno, questa legittimità la Corte la valuta accertando che l’atto contenga o meno
dei vizi di legittimità (che sono indicati espressamente, quindi la Corte compie un esame sapendo
già cosa andare a cercare, se trova uno o più vizi l’atto viene annullato).

VIZI DI LEGITTIMITÀ:
● 1’ VIZI DELL’INCOMPETENZA: l’atto è stato emanato da un'autorità che
non aveva la competenza per farlo. Qualora l’autorità che emana l’atto non
sia l’autorità indicata dalla norma si ha un vizio di incompetenza.
● 2’ VIOLAZIONE DELLE FORME SOSTANZIALI: le forme sostanziali sono
aspetti apparentemente formali ma che hanno invece una tale valenza da
costituire un requisito essenziale di esistenza dell’atto. Se ricordate la
piccola lettura congiunta che abbiamo fatto negli esempi di atto del diritto
dell’Unione, ricorderete che ho detto la base giuridica deve essere sempre
indicata, la procedura deve essere sempre indicata, i pareri prescritti e gli
acquisiti devono sempre essere indicati, così come la parte dei
considerando che indica le ragioni per le quali si emana l’atto devono essere
sempre indicate. Ebbene l’assenza di una di queste prescrizioni costituisce
una violazione delle forme sostanziali , perché sono aspetti formali ma che
servono a formare l’esistenza dell’atto.
● 3’ VIOLAZIONE DEL DIRITTO DELL’UNIONE: è un vizio di legittimità molto
grande, se il provvedimento emanato da un’istituzione viola il diritto
dell’Unione stessa, precedentemente emanato, siamo di fronte ad un vizio
di legittimità.
● 4’ SVIAMENTO DI POTERE: l’esame dell’atto fa comprendere che la sua
emanazione è avvenuta per ragioni diverse da quelle che la norma indicava.
La norma indica che un’autorità ha la possibilità di emanare l’atto per
raggiungere un determinato scopo, la lettura del provvedimento fa intendere
invece che l’autorità ha emanato quel determinato atto per raggiungere un
altro tipo di scopo, sviando completamente l’esercizio del potere che
legittimamente l’autorità esercita.
es. Si dovevano regolamentare i mercati agricoli, ma ci si rende conto che il provvedimento
concede delle sovvenzioni ad una determinata categoria di produttori, questo significa raggiungere
un obiettivo completamente diverso e pertanto uno sviamento di potere.
Spesso uno sviamento di potere è difficile da accertare.
Se la Corte ravvisa l’esistenza di uno o più vizi di legittimità emana sentenza, che non è dichiarativa
(ovvero che si limita ad affermare: l’atto è annullabile) ma è costitutiva cioè annulla direttamente
l’atto. Quindi è una sentenza che ha una forza maggiore rispetto a quella della procedura di
infrazione fase contenziosa.
Secondo la regola generale la Corte annulla l’atto ex tunc ovvero sin dal momento in cui era stato
emanato, non doveva neanche venire in esistenza a quelle condizioni quindi la Corte lo annulla sin
dalla sua emanazione.
Può essere che l’atto una volta entrato in vigore produca degli effetti in confronto dei terzi per
esempio gli individui, conferendo loro dei benefici che se intervenisse successivamente un
annullamento ex tunc verrebbero compromessi; allora talora la Corte può decidere di procedere in
annullamento ex nunc, cioè dal momento della pronuncia della sentenza in poi l’atto non vale più
(e non dalla sua emanazione come da annullamento ex tunc).
Di regola però la Corte si avvale dell'annullamento EX TUNC.

La Corte annulla l’atto ma può essere che ciò non sia sufficiente, cioè può essere che debbano
essere compiuti altri adempimenti per smontare gli effetti prodotti dall'atto annullato, pertanto
l’istituzione sanzionata, in genere saranno o il Parlamento e il Consiglio o il Consiglio da solo, dovrà
prendere ogni misura necessaria a far sì che la sentenza della Corte venga adeguatamente
compiuta.

2. ECCEZIONE DI INVALIDITÀ
Prevista dall’articolo 277 TFUE, detta anche rimedio nel rimedio.
E’ una piccola procedura rispetto alla quale non c’è una grandissima prassi, però è una
procedura piuttosto utile.
Nell’ambito di un procedimento attivato di fronte alla Corte o una delle sue articolazioni
quindi Tribunale o Tribunale Specializzato, le parti, chiunque esse siano, possono
sollevare un’eccezione sulla validità di un atto dell’Unione Europea sostenendone
l’invalidità.
Quindi indipendentemente dal fatto di impugnarlo attraverso un’azione per annullamento,
è sempre possibile nell’ambito di una procedura già accesa davanti alla Corte sostenere
l’illegittimità di un atto sollevando un eccezione.
Questa eccezione è tesa a evidenziare che l’atto che sta avvenendo in rilievo nell’ambito di
questa procedura è illegittimo. Se una volta sollevata l’eccezione la Corte accoglie
l’eccezione, l’atto in questione viene disapplicato e messo da parte ma non annullato
perché questa non è un’azione per l’annullamento, bensì un eccezione di invalidità, la sua
finalità è far presente l'illegittimità del provvedimento che sta avvenendo in rilievo ad una
causa già avviata per un altro motivo e pertanto neutralizzare l’atto di cui si sostiene
l’illegittimità.
Quando viene sollevata un’eccezione di invalidità la Corte esamina l’eccezione stessa e
se la accoglie disapplica l’atto, non lo annulla (per annullarlo bisognerebbe invece avviare
un’azione per annullamento ed essere sottoposta al termine dei due mesi).

Il caso tipico che delle eccezioni di invalidità riguarda i regolamenti, regolamenti che
possono essere viziati ma che non erano stati impugnati entro i due mesi dalla loro entrata
in vigore. Se questo tipo di procedura va a vantaggio di ciascuna delle parti, nel caso in cui
si parla di regolamenti questo è particolarmente importante per i privati perché se i singoli
accennano ad una procedura davanti alla corte, ad esempio una azione di annullamento,
possono farlo come ricorrenti non privilegiati e nell’ambito di questa procedura viene in
rilievo una norma di un regolamento che i privati ritengono illegittimo, ecco che possono
sollevare eccezioni di invalidità. Importante perché gli individui non possono mai impugnare
regolamenti per il semplice fatto che i regolamenti non li riguarderanno mai direttamento o
individualmente e non li citeranno come individui salvo che non si tratti di regolamenti di
quelli che abbiamo visto che possono produrre effetti nei confronti degli individui, ma altri
regolamenti che comunque risulterebbero non impugnabili da parte degli individui.
Questo rimedio nel rimedio sostanzialmente è una modalità, un rimedio giurisdizionale che
si può attivare qualora sia già stato avviato un rimedio giurisdizionale e si intenda far
disapplicare, mai annullare, un atto del diritto dell’Unione che le parti ritengano illegittimo.

LEZIONE 7 video 5 3) RICORSO IN CARENZA:

L’azione in carenza

Essa riguarda la condotta delle istituzioni. E’ prevista dall’articolo 275 del TFUE, la sua finalità è
quella di contestare un’emissione da parte di una istituzione che aveva una competenza vincolata.

La normativa del diritto dell’Unione Europea di qualsiasi tipo prevedeva che l’istituzione in quel
preciso frangente dovesse per forza agire emanando un provvedimento. Siamo di fronte ad
un’ipotesi in cui c’è una competenza che deve essere esercitata con l’emanazione di un atto e
quest’atto non viene compiuto anzi ad essa corrisponde l’inerzia dell’istituzione interessata. C’è
una condotta omissiva che è oggetto di rimedio davanti alla corte e per attivare un’azione in
carenza è necessario che si possa individuare nel diritto dell’Unione: un obbligo ad agire, in quanto
competenza vincolata e poi la sua successiva violazione oggettivamente constatata.

Importante è ricordare che si tratti di una competenza vincolata a differenza della facoltà di
esercitare una competenza perché essa non può portare mai ad accendere un azione in carenza.

A LIVELLO GIURIDICO

Il poter fare qualcosa -> facoltà (essa non è compresa tra le fattispecie previste dall’azione in
carenza)

Il dovere fare qualcosa -> è un obbligo

L’azione in carenza va esercitata davanti alla corte ma prima assorta una fase preconteziosa che
prevede la possibilità, per chi intende far valere questa condotta omissiva, di mettere l’istituzione
interessata in mora (ossia diffidarla sostanzialmente ad agire). Riassumendo: prima di andare in
corte bisogna sollecitare l’istituzione carente ad agire in quanto previsto dalla competenza vincolata
assegnandole un termine di due mesi. Se questo termine non trascorre senza che l’istituzione
carente abbia preso posizione, allora è possibile proporre un’azione in carenza davanti alla corte.

L’istituzione carente deve esprimere una posizione entro due mesi ma può anche non
conformarsi perché è possibile che abbia delle buone ragioni per non agire, dunque la presa di
posizione può avere qualsiasi contenuto.

Se la presa di posizione c’è, quindi l’istituzione ha emanato l’atto la questione si scioglie in fase
precontenziosa ma se l’istituzione prende una posizione nel quale afferma di negare il dover agire,
di non avere una competenza vincolata a quel punto l’azione in carenza è preclusa in quanto
l’istituzione si è espressa. La presa di posizione è un atto e quanto tale esso può essere sindacato,
sul piano della legittimità, attraverso un’azione per annullamento impedendo all’istituzione carente
di prendere superficialmente una posizione.

TIPI DI RICORRENTI:

1. PRIVILEGIATI: Stati membri e altre istituzioni;


2. NON PRIVILEGIATI: persone fisiche e giuridiche ma con una limitazione. Possono essere
legittimati ad agire e accendere un azione in carenza solo con riguardo ad omissione di atti
vincolati da emanare nei loro confronti.

SENTENZA DI ACCERTAMENTO

La corte accetta il ricorso per l’azione di carenza, quindi viene accertato che effettivamente c’è
stata la violazione di una competenza vincolata. La corte non può fare altro che accerta una
situazione di diritto si sia verificata e può sostituirsi all’istituzione che non ha emanato l’atto. Una
volta avvenuta la sentenza, l’istituzione carente ha l’obbligo di agire per prendere provvedimenti,
quindi deve emanare l’atto che non ha emanato. Se non lo fa è possibile un secondo ricorso in
carenza e l’istituzione si aggrava perché tutti i danni provocati fino ad allora a causa della carenza
potrebbero essere soggetto ad un risarcimento dei danni.

lezione 7 Video 6

COMPETENZA IN VIA PREGIUDIZIALE DELLA CORTE

Essa fa riferimento al rinvio pregiudiziale. E’ un tipo di procedura grazie alla quale i giudici nazionali
possono domandare alla corte di esprimersi sull’interpretazione del diritto dell’Unione o sulla
validità di atti adottati dall’istituzione. La corte, semplicemente, si esprime chiarendo il significato
di una norma o dichiarando che quel determinato atto è illegittimo.

Le funzioni di questa procedura:

· Assicurare l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto dell’unione vertendo


il rinvio pregiudiziario sull’interpretazione del diritto dell’unione e sulla sua applicazione ciò deve
avvenire in maniera uniforme negli stati membri dell’Unione ed è per questo che è la Corte di
Giustizia ad a rispondere, qualora gli sia domandato. Ciò consente una collaborazione fra
giudice nazionale e giudice dell’Unione Europea e questa collaborazione ha la funzione di
garantire un’ulteriore tutela giurisdizionale effettiva, qualora nella causa i quali singoli si trovino
coinvolti gli venga in rilievo il diritto dell’Unione Europea.

GIUDICE DEL RINVIO

Il rinvio pregiudiziale può essere attivato solo dal giudice nazionale, essa è una procedura da
giudice a giudice. Soltanto un giudice nazionale può fare rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Egli lo fa perché vuole domandare il significato di una norma (rinvio giudiziale interpretativo) o vuole
domandare se un atto di diritto dell’unione viene in rilievo nella causa che lui sta trattando a livello
nazionale sia valida o meno (rinvio pregiudiziale di validità).

Il rinvio pregiudiziale per interpretazione riguarda qualsiasi norma del diritto dell’unione mentre il
rinvio pregiudiziale di validità riguarda gli atti degli organi e degli organismi istituzionali e non.

Quando in una causa nazionale viene in rilievo una norma del diritto dell’unione europea rispetto
alla quale si dubita di interpretazione, il giudice sospende la causa e fa rinvio alla Corte di Giustizia,
essa si esprime pronunciando una sentenza chiarificatrice e la restituisce al giudice nazionale che
l’ha richiesta, vincolandone l’attività. Alla fine il giudice nazionale si deve conformare a quanto
afferma la corte di giustizia. Una volta che la sentenza torna al giudice interno questo a tutti gli
elementi per decidere la causa che sta accesa di fronte a lui. Ciò vuol dire che, la Corte di Giustizia
non decide la causa originariamente trattata dal giudice interno, ma fornisce quei chiarimenti che
sono necessari al giudice.
Con giudice del rinvio si intende i magistrati. Anche se c’è stato un dubbio su questa definizione in
quanto si riteneva che ogni organo potesse decidere una competenza potesse promuovere un
rinvio pregiudiziale. Però ogni organo che decide una controversia può non essere un giudice.

Il giudice del rinvio può e deve promuovere i rinvii pregiudiziali. Per quanto riguarda il rinvio
pregiudiziale di interpretazione questo è: una facoltà per il giudice nazionale però diventa un
obbligo se questo giudice nazionale è di ultima istanza, ossia è un giudice contro la cui sentenza
non è promuovibile ad un appello.

Anche se è fissata la regola che un giudice di istanza può promuovere dei rinvii pregiudizonali, ci
sono delle eccezioni:

· Una determinata questione che costituisce dubbio è già stata decisa dalla corte di giustizia,
il giudice di istanza di fronte ad una questione poco chiara se ha di fronte a sé anche una
sentenza della corte di giustizia che ha già affrontato la questione, non è tenuto più a
promuovere un rinvio giudiziario;

· Quando la risposta al quesito del giudice di ultima istanza, emerge già dalla giurisprudenza
complessiva della Corte, la questione di diritto problematico può essere risolta esaminando la
giurisprudenza della Corte della Giustizia.

· Questa eccezione fa riferimento all’Act Clair, essa riferisce dell’ipotesi in cui l’atto rispetto
al quale si dubita in tempi di interpretazioni di legittima, sia un atto chiaro cioè il suo contenuto
è così evidente da non consentire neanche che venga un dubbio in termini di interpretazione.
Pertanto, di fronte ad un atto chiaro il giudice di istanza non può promuovere il rinvio giudiziale.

· Il rinvio di pregiudiziale della validità e di obbligo a tutti tipi di giudici

La Corte quando riceve un rinvio pregiudiziale, non da seguito ad altre questioni fittizie, infatti è
stato chiarito le questioni a cui la Corte può dare sentenza non dando luogo a questioni ipotetiche.

Inoltre, le sentenze rese sul rinvio pregiudiziale, vincolano sempre il giudice però nel momento in
cui la corte chiarisce il significato di una norma questo chiarimento può essere sfruttato anche da
altri giudici di altri paesi europei che si trovano nella situazione del giudice richiedete.

LEZIONE 8 VIDEO 1

L’AZIONE ESTERNA DELL’UNIONE EUROPEA

Con l’azione esterna dell’UE dobbiamo volgere lo sguardo ai rapporti che l’unione ha con il resto
del mondo, non al proprio interno e non con gli stati membri.

L’azione esterna si fonde sui valori che sono stati posti alla base dell’unione stessa, esiste un
collegamento fra l’art.2 TUE e l’art.21 TUE che è la norma che dà un inquadramento generale
all’azione esterna dell’unione. L’art.21 TUE afferma: l’azione esterna dell’unione sulla scena
internazionale si fonda sui principi che hanno formato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento…
L'Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di
cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di salvaguardare i suoi valori. Esiste
anche un collegamento fra l’art.21 TUE e l’art 3

l’art.3 (in particolare COMMA 5 che riguarda l’azione esterna dell’unione), esso afferma: Nelle
relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo
alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile
della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo,
all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla
rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi
della Carta delle Nazioni Unite. L’unione per raggiungere questi obiettivi si avvale della sua azione
esterna e quindi consegna all’art.21 il compito di inquadramento generale dell’azione esterna la
quale poi viene disciplinata su più livelli.

L’azione esterna non ha una disciplina unificata, ma norme sparse e tra loro coordinate

• Art. 21 TUE, agganciato all’art. 22 TUE

• Parte TUE:

• Art. 8 TUE e politica di vicinato metodo comunitario

• PESC (e parte difesa comune) metodo intergovernativo

• Parte TFUE (art. 205 e norme seguenti):

• Politica commerciale comune, cooperazione allo sviluppo, cooperazione con


Paesi non in via di sviluppo , aiuti umanitari metodo comunitario

norme sparse, ma tra loro coordinate …

L’azione esterna dell’unione non ha una disciplina unica, abbiamo norme che si occupano
dell’azione esterna sia nel TUE che nel TFUE e abbiamo due norme che fanno da inquadramento
generale, da una parte l’art.21 e dall’altra l’art.22 che indica i poteri del consiglio europeo in materia
di indicazione degli obiettivi generali e strategici dell’unione in materia di azione esterna. La norma
principale rimane sempre l’art.21.

Nel TUE c’è una norma isolata, l’art.8 che riguarda la politica di vicinato e che riguarda le relazioni
fra l’unione europea e i paesi più prossimi (oltre il confine). Sempre nel TUE è inserita la PESC,
essa ricordiamo che ha una sua disciplina specifica e non segue il metodo comunitario. Nel TFUE,
invece, in particolare negli art. dal 205 in poi, sono disciplinati diversi aspetti dell’azione esterna:
politica commerciale comune, cooperazione allo sviluppo, cooperazione con i paesi non in via di
sviluppo, aiuti umanitari e ci sono anche alcune norme sulla solidarietà reciproca fra gli stati membri
e i rapporti fra le organizzazioni internazionali.

Il risultato di questa frammentazione è che anche se esiste una norma a cappello la disciplina è
sparsa nei trattati. Importante in questo caso è il principio della coerenza, che è inserito nello stesso
art.21 COMMA 3 e cita: L'Unione assicura la coerenza tra i vari settori dell'azione esterna e tra
questi e le altre politiche. Il Consiglio e la Commissione, assistiti dall'alto rappresentante
dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, garantiscono tale coerenza e cooperano a
questo fine. Coerenza in due sensi:

- Nel senso di mancanza di contraddizioni tra i singoli settori dell’azione esterna

- Nel senso di creazione di sinergie tra i vari settori dell’azione esterna

LEZIONE 8 VIDEO 2

SOGGETTIVITÀ’ INTERNAZIONALE

• Status conferito dal diritto internazionale

• È una soggettività funzionale

• È basata sul principio di effettività

• Comunque, c’è anche l’art. 47 TUE

La soggettività internazionale non è la soggettività di diritto interno dell’UE


• L’UE è come le persone giuridiche di diritto interno

• Serve a dare all’UE il locus standi (à giudici nazionali), se necessario

• Non riguarda l’azione esterna

L’azione esterna dell’UE c’è per diretta conseguenza della soggettività internazionale dell’UE. L’UE
è un’organizzazione internazionale che possiede la soggettività di diritto internazionale, quindi fa
parte della comunità internazionale. Non tutte le organizzazioni internazionale hanno soggettività,
esiste un test seguito il quale è possibile verificare se un’organizzazione è soggetta o no al diritto
internazionale e se possa essere destinatario di norme internazionali e se può concorrere a
produrre il diritto internazionale.

La solidarietà internazionale è uno status che viene conferito dal diritto internazionale ai sensi del
diritto internazionale che si apprezza se un’organizzazione internazionale sia o meno un soggetto
di diritto internazionale. Effettuato il test, che deve rispondere ad un principio di effettività, non è
una soggettività piena come quella degli stati. Gli stati sono soggetti di diritto internazionale di tipo
pieno, l’organizzazione internazionale ha un tipo di soggettività internazionale funzionale, ossia
limitata a ciò che è necessario per proseguire gli obiettivi assegnati dai trattati istitutivi.

È importante che ci sia una norma che afferma la soggettività internazionale, ma non è un dato
fondamentale perché la norma è contenuta di un trattato di coloro che l’hanno stipulato, mente la
soggettività internazionale è uno status che vale nella comunità internazionale, quindi non di può
vincolare tutta la comunità internazionale, ed è per questo che la soggettività è conferita dal diritto
internazionale, poi vale verso tutti. Esiste una norma che fa riferimento alla soggettività, l’art.47
TUE che è stato introdotto con il trattato di Lisbona.

La soggettività di diritto internazionale è diversa dalla soggettività di diritto interno: la soggettività


di diritto interno è la possibilità per l’UE di comportarsi come se fosse una persona giuridica istituita
nell’ambito di uno stato: quindi ad esempio poter stipulare contratti, poter avere relazioni giuridiche.
La soggettività di diritto interno serve a dare la così detta “locus standi”, ossia la possibilità di
presentarsi davanti ad un giudice per far tutelare i propri diritti. Non è una soggettività che riguarda
l’azione esterna, che è quella di diritto internazionale e che consente all’unione di avere relazioni
con gli altri membri della comunità internazionale su un piano paritario

LEZIONE 8 VIDEO 3

E’ chiara espressione dell’azione esterna dell’unione, il suo treaty-making power ovvero la capacità
di concludere accordi internazionali (si torna su questo perché è un’ espressione concreta della
soggettività internazionale dell’unione e quindi della possibilità che abbia relazioni esterne e per
averle si utilizza lo strumento dell’accordo internazionale).

Nel diritto dell’UE al di là del fatto che la capacità di stipulare accordi internazionali corrisponda a
un potere implicito e quindi fa parte della soggettività dell’UE, comunque c’è una norma che afferma
la capacità dell’unione di stipulare accordi internazionali che è l’art. 216 comma 1 del TFUE:
L’unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi (o bilaterali o multilaterali) o
organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano (quindi se è previsto che stipuli, lo può
fare), se serve lo può fare il trattato non obbliga a farlo sempre, o qualora la conclusione di un
accordo sia necessaria per realizzare nell’ambito delle politiche dell’unione uno degli obiettivi fissati
dai trattati.

Acquisizione del caso AETS (1970) nel quale la stipula dell’accordo relativa all’accordo europeo
dei trasporti su strada, non era previsto dal trattato in termini di capacità stipulari ma era necessario
raggiungere gli obiettivi della politica dei trasporti.
L’unione ha fatto tesoro di questa acquisizione giurisprudenziale pertanto ha previsto questa
possibilità, stavolta in una norma fugando ogni dubbio circa la possibilità di stipulare accordi
internazionali quando il trattato non lo dica espressamente.

Infine la norma dice: Un’altra ipotesi in cui può concludere accordi internazionali oppure sia previsto
in un atto giuridico vincolante dell’unione oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la
portata, quindi può essere che anche un atto di diritto derivato preveda la possibilità di stipulare un
accordo internazionale con un altro soggetto di diritto internazionale.

C’è poi un altro caso contenuto all’art. 3 comma 2 del TFUE, la norma sulla competenze esclusive
poiché questo secondo comma (segue il primo comma che indica le materie di competenza
esclusiva), così afferma:

L'Unione ha inoltre (perché siamo al secondo passaggio della norma) competenza esclusiva
(quindi solo l’unione può stipulare e non gli stati membri) per la conclusione di accordi internazionali
allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione (DIRITTO DERIVATO) o
necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui
può incidere su norme comuni o modificarne la portata (quindi ogni qualvolta si renda necessario
per raggiungere gli obiettivi previsti dai trattati).

Il treaty-making power si può considerare un potere implicito, se c’è una norma dei trattati meglio
ancora se non c’è comunque un soggetto di diritto internazionale può sempre stipulare accordi di
natura internazionale.

In materia di treaty-making power è intervenuto grande giurisprudenza della corte di giustizia


perché non è stata subito pacifica l’acquisizione secondo cui le comunità europee e poi l’unione
avessero la capacità di stipulare gli accordi internazionali.

Teniamo conto che con AETS si afferma un principio particolarmente importante, oltre al fatto che
il treaty-making power è un potere implicito, ovvero che esiste il parallelismo delle competenze; Se
l’UE ha la competenza interna in una materia, c’è anche sul piano esterno.

Quando in AETS la corte si trova davanti all’ipotesi di stipulare un accordo in materia di trasporti
su strada (quindi su gomma in pratica) si pone il problema di verificare se la stipula di tale accordo
sia necessario raggiungere gli obiettivi della politica comunitaria dei trasporti, questo perché
esisteva un obiettivo interno cioè la realizzazione di una politica comunitaria di trasporti, che
rendeva necessario stipulare anche accordi internazionali e pertanto si realizzava una sorta di
parallelismo, come la comunità aveva competenze sul piano interno in materia di politica di
trasporti, ce l’aveva anche su piano esterno (con questo principio si va ad affermare che in ogni
caso in tutte le competenze dell’unione si deve applicare il principio del parallelismo per cui se c’è
una competenza sul piano interno, c’è anche sul piano esterno).

riassumendo: IL TREATY-MAKING POWER DELL’UE

Il treaty-making power è la capacità di stipulare trattati internazionali

ce l’hanno i soggetti di diritto internazionale, dunque ce l’ha anche l’UE

Norma di riferimento: art. 216 (1) TFUE

art. 216 (1) TFUE

L'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali
qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare,
nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto
giuridico vincolante dell'Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata.

Inoltre, art. 3 (2) TFUE (norma sulle competenze esclusive)


L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale
conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o necessaria per consentirle di esercitare
le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o
modificarne la portata.

Clausola di flessibilità …

Poteri impliciti – Commissione c. Consiglio, 1971 (“sentenza AETS”)

Le attuali norme sul treaty-making power sono il frutto della giurisprudenza della Corte di giustizia

Esordio: sentenza AETS (1971) e i poteri impliciti

• in particolare, il parallelismo delle competenze

• Accordi internazionali degli Stati membri e accordi dell’UE: gli accordi degli Stati membri
anteriori ai Trattati, gli accordi multilaterali e gli accordi misti

• Gli accordi di associazione: gli accordi con i Paesi ACP e lo Spazio economico europeo
in particolare

STUDIO INDIVIDUALE:

- Accordi internazionali degli Stati membri e accordi dell’UE: gli accordi degli Stati membri
anteriori ai Trattati, gli accordi multilaterali e gli accordi misti (vuole che ci concentriamo
su questi)
- Gli accordi di associazione (vuole questo in particolare): gli accordi con i Paesi ACP e
lo Spazio economico europeo in particolare pagina 361

LEZIONE 8 VIDEO 4

Chiudiamo sul treaty-making power facendo riferimento alla procedura di stipulo degli accordi
internazionali nel diritto dell’unione.

C’è una norma importante art.218 TFUE; la procedura della stipula degli accordi internazionali è
sempre indicata qua.

Teniamo conto che dato che un accordo internazionale può riguardare sia l’ambito TFUE che
l’ambito TUE, l’art 218 si preoccupa di dire che procedura si segue in un caso e nell’altro. La
procedura è tendenzialmente simile, quando si parla di un accordo concluso in ambito TFUE, il
consiglio decide coinvolgendo parlamento e commissione.

Quando invece si tratta dell’ambito TUE si decide coinvolgendo molto meno il parlamento ma
soprattutto l’alto rappresentante perché come sappiamo la commissione ha potere in ambito TFUE
e l’alto rappresentante in ambito PESC.

L’art.218 prevede che il dominus della procedura (cioè l’organo decidente) sia il consiglio quindi
non si tratta di un caso di procedura legislativa ordinaria bensì di procedura legislativa speciale: è
sempre e soltanto il consiglio che decide.

La previsione che il parlamento europeo sia coinvolto nella procedura di stipulo degli accordi
internazionali in ambito TFUE secondo due modalità:

- Esprimendo un parere (cioè il parlamento viene semplicemente consultato, in caso di


disapprovazione del parlamento è possibile motivando l’atto di andare avanti e decidere di
stipulare).
- Negli altri caso il parlamento deve esprimere un approvazione (i casi sono indicati
all’art.218 comma 6: il consiglio può decidere la stipula di un trattato previa approvazione
del parlamento europeo, se non approva non si stipula -> diritto di veto che ha il
parlamento).
In ambito PESC il parlamento non ha alcun ruolo (art.218 comma 10 perché per come è formulato
si applica anche all’ambito PESC, anche comma 11, fa riferimento alla competenza consultiva
della corte di giustizia rispetto alla stipula degli accordi internazionali ovvero parlamento, consiglio
e commissione possono domandare il parere della corte di giustizia circa la compatibilità di un
accordo previsto con i trattati. (Adesione dell’unione alla CEDU)

10. Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della pro- cedura.

11. Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono doman-dare il parere
della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso di parere negativo
della Corte, l'accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati

Quali sono gli effetti giuridici degli accordi internazionali conclusi dall’unione?

Come fonti secondarie rientrano nel diritto dell’unione, quindi il diritto derivato deve essere
conforme agli accordi internazionali (visto che è in posizione subordinata)

ma l’art. 216 comma 2 che è la norma generale che dichiara il treaty-making power dell’unione
afferma: Gli accordi conclusi dall’unione vincolano le istituzioni dell’unione e gli stati membri
(rafforzando sostanzialmente l’idea che gli accordi internazionali stipulati dall’unione
nell’ordinamento dell’unione, esplicano effetti giuridici e devono essere rispettati).

L’iter di conclusione degli accordi internazionali

• Art. 218 TFUE

• dominus: Consiglio

• Ruolo del Parlamento

• Ruolo della Corte di giustizia

LEZIONE 8 VIDEO 5

IL DIRITTO DI LEGAZIONE DELL’UE

• tipico diritto dei soggetti di diritto internazionale

• è attivo e passivo

• Legazione attiva art. 221 TFUE delegazioni dell’UE nel mondo

• Legazione passiva à rappresentanze permanenti presso l’UE

La soggettività internazionale dell'Unione Europea, e pertanto le sue relazioni esterne, dunque


l'azione esterna, trova un'altra espressione tipica nel diritto di Legazione.

Diritto di Legazione: diritto di farsi rappresentare al proprio esterno, presso altri soggetti di
diritto internazionale e di ricevere rappresentanze di altri soggetti di diritto internazionale presso
di sé. ----> possibilità di trattenere relazioni diplomatiche.

Questo è un caso di espressione concreta della soggettività internazionale, delle organizzazioni


internazionali e non solo, tanto da poterlo definire un diritto tipico dei soggetti di diritto
internazionale.

Diritto di Legazione attivo = farsi rappresentare. In materia di Legazione Attiva, quindi di


rappresentanza all'esterno, UE si avvale delle legazioni dell'UE nel mondo.

Diritto di Legazione passivo = possibilità di ricevere rappresentati di altri soggetti internazionali


presso di sé, questo perché si intende intrattenere dei rapporti.
negli Stati in blu esiste una delegazione della UE che rappresenta l'Unione in quello Stato.

A volte per ragioni di risparmio, una delegazione copre più Stati (più gli Stati piccoli).

Le delegazioni sono previste dall'Art. 221 del trattato sull'Unione.

Le delegazioni hanno un ruolo molto importante anche perché hanno poteri di rappresentanza
dell'Unione in loco, quindi poi il capo di delegazione (che è come se fosse "l'Ambasciatore capo")
rappresenta l'Unione con il governo dello Stato che ospita la Legazione. Quando la delegazione è
aperta presso un'altra organizzazione internazionale, il capo di delegazione rappresenta l'Unione
nei rapporti con l'organo di vertice dell'organizzazione internazionale.

Esempio: Le Nazioni Unite ---> l'Unione ha una delegazione aperta presso la sede dell'ONU a
New York e il capo delegazione si rapporta sistematicamente con il segretario generale
dell'ONU.

Per quanto riguarda invece la Legazione passiva, devo ricordare che diversi Stati delle
organizzazioni internazionali hanno aperto loro rappresentanze presso l'Unione Europea. L'unione
pullula di rappresentanze di organizzazioni internazionali non UE es. UNESCO o stati quali il
Giappone. Si tratta di una capacità particolarmente importante, che attira le relazioni esterne e che
serve a mantenere contatti amichevoli e sviluppare anche delle politiche di competenza
dell'Unione, perché in materia di cooperazione internazionale con i paesi terzi, siano o no in via di
sviluppo, è chiaro che la tenuta regolare amichevole di rappresentanze diplomatiche costituisce il
presupposto per un felice approdo ad una cooperazione stretta e funzionale e anche ad un regime
di solidarietà (riferendosi ai paesi in via di sviluppo.)

LEZIONE 8 VIDEO 6

LE MISURE RESTRITTIVE DELL’UE E LA CLAUSOLA DI SOLIDARIETÀ

Misure restrittive

• Art. 215 TFUE , PESC

• Art. 275 TFUE:

La Corte di giustizia non è competente per quanto riguarda le disposizioni relative alla PESC
… Tuttavia, la Corte è competente … a pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni
di cui all’articolo 263 … riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono
misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal Consiglio in base al
titolo V TUE (ß PESC)
Misure Restrittive dell'UE: ho più volte fatto riferimento all'ipotesi che in ambito PESC venga
emanata una decisione che combina delle sanzioni agli individui. Questo è frutto di una prassi che
si è instaurata dopo l'attacco alle torri gemelle e ha la necessità di fermare entità terroristiche che
disponevano di risorse finanziarie e logistiche di vario tipo, provvedendo al congelamento dei fondi,
rendendo loro impossibile lo spostamento tra gli Stati. Questo al fine di limitare la capacità offensiva
delle organizzazioni di tipo terroristico.

Con il trattato di Lisbona la possibilità di combinare misure restrittive, è scritta nell'Art. 215 del
trattato sul funzionamento dell'UE, che fa rinvio però la disciplina PESC perché è una decisione
PESC quella che combina misure restrittive. Ciò che si potrà rendere necessario è che una
decisione PESC preveda una successiva decisione TFUE (es: se si intende congelare conti
correnti di un'associazione che si è verificato finanzia attività terroristiche, la decisione PESC
combina la misura restrittiva e decide il congelamento, ma il congelamento materiale deve avvenir e
ai sensi del TFUE perché la libera circolazione dei capitali è una competenza regolata dal TFUE -
--> c'è un collegamento tra atti.) Questa parte della PESC, quindi dell'azione esterna dell'UE oggi
ha dato luogo ad una prassi piuttosto importante, perché noi sappiamo che ai sensi dell'art. 275
del trattato sul funzionamento, la corte di giustizia non è competente in ambito PESC, però, tuttavia,
la corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi proposti secondo le condizioni di cui l'art. 263 (che
è l'azione per l'annullamento), riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono
misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adottate dal consiglio.

Il Trattato di Lisbona crea una piccola enclave nella PESC e afferma la competenza della Corte ad
esprimersi sulla sulla legittimità delle decisioni PESC che combinano misure restrittive ai singoli,
soltanto ai singoli, i quali possono valersi delle azioni per annullamento per contestare una
decisione presa nei loro confronti.

Dal lato di giurisprudenza di cui non dà conto il libro vuole che si possa anche esercitare un rinvio
pregiudiziale di validità rispetto alla decisione PESC che combina misure restrittive, poiché questo
è accaduto in un caso riguardante la Gran Bretagna ancora dentro l'Unione Europea, se un privato
destinatario di misure restrittive impone provvedimento nazionale di attuazione della decisione
PESC, poi il giudice può chiedere la Corte se l'atto è valido o meno (è successo in una causa di
qualche anno fa).

Venendo invece alla casula di solidarietà, ce ne sono sostanzialmente due ma si può considerare
unica. Il fatto che ci siano due formulazioni dipende sostanzialmente dalla circostanza che la norma
sulla solidarietà contenuta nel TFUE riguarda la solidarietà interna, la norma sulla solidarietà
contenuta nel TUEL riguarda la solidarietà esterna.

La clausola di solidarietà Articolo 222 TFUE

1. L'Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno
Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o
provocata dall'uomo. L'Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi
militari messi a sua disposizione dagli Stati membri ….

Questo tipo di dinamica si riferisce a minacce che sorgono all'interno dell'Unione o che colpiscono
gli stati membri dell'Unione.

La clausola di solidarietà PESC Articolo 42 (7) TFUE

Qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati
membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in
conformità dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.

Questa è una norma che dal che dà conto del fatto che se si riceva una minaccia dall'esterno in
particolare un'aggressione armata, allora tutti gli altri aiutano lo stato membro che ha subito questa
aggressione armata utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione in conformità dell'art.51 della Carta
delle Nazioni Unite, norma che disciplina il diritto alla legittima difesa. Diritto alla legittima difesa
che ciascuno stato ha come diritto naturale, diritto che può essere esercitato solo a seguito di un
attacco armato, mai in via preventiva, infatti anche l'art. 42 comma 7 afferma così e non parla di
"possibile" aggressione armata, ma deve essere tale e verificata.

L'art. 51 della carta di San Francisco, trattato istitutivo dell'ONU pensa soprattutto alle alleanze
difensive come NATO eccetera, in realtà non poteva prevedere che con il Trattato di Lisbona sia
stata codificata questa Norma (art. 42 comma 7) e che pertanto una nuova forma di autodifesa in
forma collettiva è rappresentata proprio dall'intervento degli stati membri dell'UE a soccorso dello
stato membro o di più Stati membri che avessero già subito un'aggressione armata.

Come potete vedere però la clausola di solidarietà, in realtà anche se formata da due norme (una
che riguarda gli attacchi dall'esterno e una riguarda i pericoli, anche forse più letali di
un'aggressione armata, che però si originano all'interno dell'Unione ed esplicano i loro effetti
dannosi all'interno dell'Unione.)

LEZIONE 9 video 1
I RAPPORTI TRA L’ORDINAMENTO DELL’UE E L’ORDINAMENTO ITALIANO

Considerazioni da mettere da parte per una prossima lezione:

• Il primato riflette la visione monista ? della Corte di giustizia

• Tale visione monista si scontra con la visione dualista ? di parte degli Stati membri
(es., Italia, Germania)

Questo è il penultimo capitolo del libro (lui ha fatto un'inversione per trattare prima tutto il diritto
dell’Unione, quindi questa ultima lezione non combacia con l’ultimo capitolo del libro perché è il
penultimo).

Aveva chiesto di mettere da parte una annotazione: quando si è parlato dei caratteri degli effetti
del diritto dell’UE si è fatto presente che il principio del primato del diritto dell’UE sul diritto nazionale
degli stati membri riflette una visione MONISTA della Corte di Giustizia, e aveva inoltre detto che
questa visione monista si scontra con la visione DUALISTA di una buona parte degli stati membri,
cosa intendeva dire?
Nel diritto internazionale quando si tratta il tema dei rapporti tra lo stesso diritto internazionale e il
diritto nazionale, ovvero come fanno gli stati ad adeguarsi a ciò che dice la norma internazionale
attuandolo correttamente qualora vi siano vincolati, di solito si precede ogni tipo di considerazione
verificando che tipo di ordinamento nazionale stiamo considerando in particolare.

Ci sono ordinamenti nazionali di tipo:


1. MONISTA : gli ordinamenti nazionali di tipo monista concepiscono il proprio ordinamento
giuridico in modo permeabile. Nel momento in cui sono vincolati da una norma
internazionale di qualsiasi tipo, che sia essa scritta o non scritta, l’ordinamento nazionale
in quanto monista considera che il diritto internazionale si integra al proprio interno senza
bisogno di fare alcunchè. Nel momento in cui sorge l’obbligo internazionale a carico dello
stato che si concepisce come monista, ecco che il diritto internazionale vige
dell’ordinamento giuridico nazionale.
In un certo qual senso l’ordinamento giuridico nazionale monista è un tutt'uno con il diritto
internazionale, naturalmente quello che si applica al singolo stato preso in considerazione.

Esiste però una cospicua parte di stati che si interpretano in modo dualista :
2. DUALISTA : considerano l’ordinamento giuridico nazionale recintato, chiuso, circoscritto, di
norma di costituzione dello stesso stato. Per far sì che una norma nata all’esterno di tale
ordinamento giuridico sia efficace e viga all’interno dell’ordinamento nazionale è necessario
che si apra una porta d’ingresso in questo recinto e l’obbligo internazionale che vincola
questo stato interessato possa entrare nell’ordinamento giuridico nazionale per poi
prendere efficacia.
A tal fine questa porta d'ingresso può essere costituita da un automatismo, cioè da una
norma in costituzione che automaticamente professa l’ingresso del diritto internazionale
nell’ordinamento nazionale, oppure può richiedere un meccanismo, quindi l‘emanazione,
nella stramaggioranza dei casi, di un provvedimento normativo nazionale che rende
efficace il diritto internazionale all’interno di un ordinamento nazionale.

D’altra parte il principio del privato riflette invece una visione monista da parte della Corte di
Giustizia, che non è la corte di uno stato questo è ben chiaro, ma la Corte di Giustizia sembra quasi
voler suggerire che gli ordinamenti degli stati membri dovrebbero essere tutti monisti, ma è un
risultato ovviamente irraggiungibile perché ogni ordinamento giuridico si interpreta come intende
farlo e autonomamente.
Ma nel momento in cui la Corte di Giustizia afferma che la norma provvista di diretta applicabilità
e efficacia diretta entra nell’ordinamento giuridico nazionale senza il bisogno di alcunché e prevalga
sul diritto nazionale, in un certo senso considera che l’ordinamento nazionale si debba interpretare
quanto meno con riguardo al diritto dell’Unione Europea in maniera monista.
Questa non è una precisazione teorica, nel senso che questa divergenza di vedute ha portato a
scontri giurisprudenziali cioè all’emanazione di sentenze da parte della Corte di Giustizia e da parte
delle alte Corti (quindi Corti Costituzionali degli stati membri), contrastanti nel contenuto. C’è una
sorta di battibecco teso a comprendere quale sia veramente l’efficacia del diritto dell’UE all’interno
dell’ordinamento degli stati membri.
Non è stato da subito facile affermare il principio del primato, l’italia e la Germania in particolare
sono due stati membri che si interpretano come dualisti e che hanno avuto modo di dialogare,
anche in maniera accesa, con la Corte di Giustizia dell’UE proprio con riguardo agli effetti che il
diritto dell’UE sortisce nei singoli ordinamenti giuridici italiano e tedesco in particolare.

Noi ci concentriamo sui rapporti tra ordinamento giuridico dell’Unione e ordinamento giuridico
italiano perché il nostro corso si tiene in una università italiana, in altri stati membri si tiene lo stesso
tipo di lezione riguardo l’ordinamento giuridico dello stato interessato.
Questa materia noi la chiamiamo “Adattamento”, il tema dell'adattamento è un tema che riguarda
i rapporti tra ordinamento giuridico esterno a uno stato (in particolare in questo caso il diritto
dell’EU) e l’ordinamento giuridico di uno stato (noi vedremo l’Italia).

LEZIONE 9 video 2
L’ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO AL DIRITTO DELL’UE

ADATTAMENTO:

L’adattamento al diritto dell’UE da parte dell’ordinamento giuridico italiano avviene sin dal livello
costituzionale del nostro ordinamento giuridico, noi abbiamo 2 norme in Costituzione che ci hanno
consentito e consentono ancora oggi di adattare il nostro ordinamento giuridico agli obblighi previsti
dall appartenenza all’UE.

1. Articolo 11 la cui prosa così afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa
alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizione di parità con gli altri stati , alle limitazioni di sovranità necessarie
ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Questa norma fu codificata per consentire l’ingresso dell’Italia nelle Nazioni Unite, adesione
poi avvenuta nei primi anni ‘50. Ai tempi non esisteva un’altra norma costituzionale
riguardante l’adesione all’organizzazione internazionale, quindi l’Art 11 è servito a garantire
a livello costituzionale l’appartenenza dell’Italia a molte altre organizzazioni internazionali e
vi comprese le comunità europee e successivamente l’UE.
Nel 2001 però venne effettuata una riforma del titolo quinto della Costituzione che riguarda i
rapporti tra stato e regione, e in quella sede fu codificata una nuova norma.
All’interno dell’Articolo 117, che è una norma che riguarda la distribuzione delle competenze tra
stato e regioni in materia legislativa, quindi in quali materie legifera l’uno, l’altra o entrambi, fu
inserito un comma 1 generale estremamente importante che così recita:

2. Articolo 117 comma 1: “La potestà legislativa” quindi fare le leggi, “è esercitata dallo Stato
e dalle Regioni” perché nel nostro ordinamento così è, “nel rispetto della Costituzione,” in
primis, sempre la Costituzione italiana, “nonché dei vincoli derivanti dall'ordinament o
comunitario e dagli obblighi internazionali”.

Quindi nel 2001 sostanzialmente fu aggiunta una seconda norma riguardante il rispetto del diritto
internazionale (che non ci riguarda) e il diritto dell’UE (che invece ci riguarda), senza fare specifico
riferimento a certi tipi di organizzazioni internazionali, perché l’articolo 11 faceva riferimento ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, e alla promozione e a favore di
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, ma era chiaro che il riferimento era rivolto alle
Nazioni Unite.

Poi la norma è stata interpretata in modo da farvi comprendere l’adesione adatta alle
organizzazioni internazionali, ma nel 2001 quando sopraggiunge questo comma 1 dell’Articolo
117 si dice chiaramente che: l’esercizio della potestà legislativa quindi il poter fare le leggi
nell’ordinamento giuridico italiano secondo come prevede la Costituzione, quindi distribuito tra stati
e regioni, deve avvenire nel rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, dunque dell’UE, in
termini generici in modo da garantire una copertura di tipo costituzionale a rispetto dei trattati
internazionali (derivanti dall’ordinamento giuridico internazionale), e dei trattati dal diritto derivato
dell’EU.

E’ giusto il caso di dire (ma a noi non interessa) che c’è una terza norma in Costituzione riguardante
il rispetto dei diritti internazionali non dell’UE, ma è il diritto internazionale non scritto cioè quello
consuetudinario di cui non ci siamo occupati ed è l’Articolo 10 della Costituzione che precede
l'articolo 11 che abbiamo visto.

LEZIONE 9 Video 3
Ma cosa è accaduto tra l’entrata in vigore della nostra costituzione e l’entrata in vigore della riforma
del titolo quinto della nostra costituzione con particolare riguardo al titolo quinto prima della
codificazione del 117 comma 1, come è stato gestito il tema dei rapporti tra ordinamento giuridico
italiano e ordinamento dell’unione considerato che la corte di giustizia si è sempre interpreta come
munista ovvero suggeriva il munismo agli stati membri, lo stato dell’ordinamento giuridico italiano
è invece dualista infatti ha bisogno di norme in costituzione per far rientrare l’obbligo nazionale.
IL DIFFICOLTOSO PERCORSO DELLA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE; L’ART. 11 E
L’ART. 117, COMMA 1, DELLA COSTITUZIONE

• prima della legge costituzionale 3/2001, l'art. 11 Cost. ha costituito l'unica norma
costituzionale di riferimento per la firma dei trattati che portarono prima alla CEE e
poi alla UE, quindi del diritto UE.

• dopo legge cost. 3/2001 e l'art. 117 Cost. si è avuto un ulteriore e specifico riferimento
costituzionale

Ma cosa è accaduto tra la firma dei primi trattati europei (1951 e 1957) e la legge costituzionale
3/2001?

I rapporti tra ordinamento CEE/UE e ordinamento italiano sono stati oggetto di varie sentenze
della Corte costituzionale e della Corte di giustizia UE, che hanno instaurato un “botta e
risposta”, al termine del quale è stato affermato il principio del primato del diritto dell'UE sul
diritto interno.
Articolo 10 e 11 e 117 comma 1 afferma che gli obblighi internazionali devono essere rispettati
quando si legiferano, non è stato lineare per l’ordinamento giuridico italiano che è dualista accettare
il principio del primato che è monista, poiché secondo questo principio sostanzialmente l’obbligo
giuridico comunitario quando viene in essere automaticamente, entra automaticamente
nell’ordinamento giuridico, mentre in un ordinamento giuridico di tipo monista questo comportava
un problema di definizione dei confini tra l’ordinamento giuridico italiano e l’ordinamento giuridico
dell’unione.
Per arrivare alla affermazione del primato dell’ordinamento giuridico della norma europea,
nell’ordinamento giuridico italiano si è praticamente creato un certo botta e risposta tra la corte di
giustizia dell’UE e la nostra corte costituzionale corti che investiti di casi che riguardavano le norme
del nostro paese si sono messi a battibeccare con sentenze tra loro successive nel corso del quale
è stata negoziata l’affermazione del principio del primato, principio che in seguito verrà affermato.
‘In caso di contrasto tra una norma comunitaria e una norma di diritto italiano quale
prevale?’ /tra norme CEE (poi UE) e norme interne, quale tra le due disposizioni prevale sull'altra?/
Oggi il primato è dato acquisito e questo è anche scritto in una dichiarazione nel trattato di Lisbona,
questo è stato scritto poiché anche gli stati che avevano questo ordine giuridico dualistico alla fine
hanno accettato questa idea del primato dell’UE.
Questo botta e risposta ha portato a salvaguardare il principio del primato.
Video 4
Il principio del primato è stato oggetto della sentenza Costa contro Enel del 1964 questa vicenda
non è finita solo alla corte di giustizia ma inizialmente era finita nella nostra corte costituzionale,
era stato sollevato un incidente di costituzionalità, il giudice che si occupava della causa ha avuto
un dubbio sulla legittimità sul piano costituzionale di una norma di diritto interno che poteva andare
in contrasto con le allora norme delle comunità europee e chiese alla corte di giustizia di esprimersi
al riguardo.
La corte costituzionale in costa contro enel dice che dato che l’ingresso del trattato sulle comunità
europee è avvenuto con legge ordinaria una altra legge ordinaria successiva può modificarla.
Quando ci adeguiamo ad una norma nazionale scritta ‘un trattato’, il trattato internazionale deve
essere ratificato e viene ratificato con una legge ordinaria ha un nome particolare ovvero ‘ordine
di esecuzione’ a cui fa riferimento l’articolo 80 della costituzione, il quale richiama le competenze
del parlamento ad approvare la ratifica del trattato internazionale in diverse materie.
Tutti i trattati in Italia sono stati ratificati con una legge ordinaria. La nostra corte costituzionale nel
’64 afferma qualcosa che è dirompente poiché il trattato sulle comunità economica europea è
trattato nel nostro ordinamento giuridico attraverso l’esecuzione di una legge ordinaria se una legge
ordinaria di pari grado interviene successivamente può derogare la legge precedente e quindi ecco
che le due norme entrano in contrasto. Questo sembra quasi un disconoscimento che l’Italia fa nei
confronti della allora comunità europea appellandosi a un principio generale di diritto.
1) A questo fa riferimento e seguito la sentenza di costa contro enel pronunciata dalla corte di
giustizia dell’allora comunità europea. ‘In caso di contrasto il diritto CEE (poi UE) prevale sul diritto
interno e la norma interna è invalida.’ Alla corte di giustizia il principio generale con cui legge
posteriore può derogare quella anteriore, nel momento in cui c’è la norma comunitaria che va in
contrasto con quella dello stato membro non è possibile che ci sia una prevalenza del diritto
nazionale. La norma interna è invalida.
Corte costituzionale, caso Costa c. ENEL, 1964: (è quel caso, finito anche davanti alla nostra
Consulta)

dato che l’ingresso del Trattato CEE è avvenuto con una legge ordinaria, un’altra legge ordinaria
successiva può modificarla

Corte di giustizia, Costa c. ENEL, 1964:


il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico … Si è verificato un trasferimento di
competenze dagli Stati a favore dell'ordinamento giuridico comunitario che implica una
limitazione definitiva dei loro poteri sovrani.

2) A questa sentenza nel ’75 ne segue un’altra della nostra corte costituzionale: è il caso industrie
chimiche contro il ministero del commercio estero. Il diritto delle comunità europee gode di primato
ma aggiunge la corte costituzionale che il giudice locale, deve sollevare l’incidente di
costituzionalità e la corte costituzionale può annullare la legge interna.

Corte costituzionale, caso Industrie chimiche c. Ministero del commercio con l'estero, 1975:

le leggi incompatibili con il diritto CEE o riproduttive del diritto CEE sono incostituzionali per
contrasto con l'art. 11 Cost. Il giudice “locale” deve quindi sollevare questione di costituzionalità
e la Corte costituzionale può annullare la legge interna incompatibile

3) La corte di giustizia risponde anni dopo in Simmental; il giudice nazioanale in grado di applicare
la propria competenza ha l’obbligo di disapplicare all’occorrenza di propria iniziativa qualsiasi legge
contrastante della disposizione internazionale senza doverne chiedere e attendere la rimozione in
via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale. Il giudice loca agisce
direttamente perché ne ha le competenze.
Corte di giustizia, Simmenthal, 1978:

Il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le disposizioni di


diritto comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando
all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale,
anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o
mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

4) La Corte costituzionale risponde nell'84 nel caso Granital; il giudice italiano deve disapplicare la
norma interna incompatibile con il diritto comunitario che quindi prevale. Ma la norma interna non
è invalida. La corte costituzionale si riprende le sue competenze. La norma disapplicata non è
invalida e viene solo disapplicata; questo perché l’invalidità della norma non è competenza della
corte di giustizia europea ma competenza della corte costituzionale dello stato membro. La norma
deve essere riforma eliminata dalla corte dello stato membro o dal parlamento, m a non dalla corte
di giustizia europea perché questo non le compete.
Corte costituzionale, caso Granital, 1984:

Il giudice italiano deve disapplicare la norma interna incompatibile con il diritto comunitario,
che quindi prevale. Ma la norma interna disapplicata non è invalida (come dice la Corte di giustizia
sin da Costa c. ENEL), ma si disapplica nel caso di specie e resta viva nell’ordinamento italiano

5) Conflitti di attribuzione-> competenza della corte costituzionale italiana esempio tra la


provincia autonoma di Bolzano e lo stato Italiano

Corte costituzionale, conflitto di attribuzione tra Provincia Autonoma di Bolzano e Governo italiano,
1989:

“poiché la disapplicazione è un modo di risoluzione delle antinomie normative che ... non produce
alcun effetto sull’esistenza delle stesse ... resta ferma l’esigenza che gli Stati membri apportino le
necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali
incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie …”

“ ... E se, sul piano dell’ordinamento nazionale, tale esigenza si collega al principio della certezza
del diritto, sul piano comunitario, invece, rappresenta una garanzia così essenziale al principio
della prevalenza del proprio diritto su quelli nazionali da costituire l’oggetto di un preciso obbligo
per gli Stati membri”
Video 5
E’ senz'altro parte del tema dell’adattamento al diritto dell’Unione europea e altresì al dibattito
costituzionale, il tema specifico dei controlimiti che verrà spiegato a breve.

Nel percorso giurisprudenziale che abbiamo visto interviene una sentenza, nel 1973,
particolarmente importante, il caso “Frontini”.
Nel caso Frontini la corte costituzionale si era trovata di fronte ad un antinomia normativa e di fronte
ad essa compie un approfondimento estremamente interessante, un approfondimento che chiama
in causa direttamente l’importanza della costituzione italiana nella considerazione del primato che
il diritto dell’Unione europea gode nell'ordinamento giuridico italiano.
La corte costituzionale afferma nel ‘73: “Il rispetto degli obblighi internazionali, in questo caso UE,
e il primato del diritto dell'Unione non sono incondizionati, ma operano delle eccezioni, dei
controlimiti, dati dal rispetto dei principi costituzionali fondamentali e inderogabili”.
Sostanzialmente la corte costituzionale dice che non c’è una incondizionata aderenza al diritto
comunitario e oggi dell’Unione europea, c’è aderenza perchè esiste il principio del primato, però
sempre che non ci sia contrasto con i principi costituzionali fondamentali e inderogabili. Non può
essere che si verifichi un contrasto tra la norma europea e i principi e i valori che reggono la
costituzione italiana.
Sarebbe un prezzo troppo ampio da pagare per l’ordinamento giuridico italiano, perchè si andrebbe
a toccare la base stessa della fondazione della Repubblica e questo è, ad avviso della corte,
inaccettabile.

Per cui se si verifica un contrasto normativo tra una norma europea e un principio o valore
fondamentale della Costituzione, scattano per così dire i controlimiti, viene posto un limite
all'applicazione del diritto nato a Bruxelles perché il contrasto che si sta verificando non si può
risolvere col primato, è assolutamente inaccettabile.
Ciò che è interessante, di questo approfondimento della consulta, è che si fa riferimento ai principi
fondamentali della Costituzione quindi principi e valori sostanzialmente, e NON a tutta la
Costituzione. E’ questo è innovativo, perché se noi guardiamo invece alla teoria dei controlimiti
applicata al diritto internazionale e non europeo, ciò che richiede la corte costituzionale è che
l’obbligo internazionale (ONU, di tipo non scritto o derivante da altro trattati internazionali) non
debba essere contrastante con TUTTA la Costituzione.

I C.D. CONTROLIMITI AL DIRITTO UE Corte costituzionale, caso Frontini, 1973

Il rispetto degli obblighi internazionali, in questo caso UE, e il primato del diritto dell'Unione non
sono incondizionati, ma operano delle eccezioni, dei controlimiti, dati dal rispetto dei principi
costituzionali fondamentali e inderogabili

→ sarebbe inammissibile che il rispetto degli obblighi internazionali avesse come prezzo da
pagare il diniego dei principi che reggono la Repubblica

→ ciò detto, i controlimiti non sono tutte le norme della Costituzione, ma solo quelle che
contengono principi fondamentali e inderogabili.

essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso...

Il diritto dell’Unione europea non deve contrastare con i principi e valori della Costituzione: c’è
maggiore generosità
1) perché esiste il primato
2) perché da Van Gend en Loos si afferma (corte di giustizia), che è l’altro ordinamento giuridico
nuovo, che il contrasto non debba toccare i capisaldi della Costituzione e non invece tutta la
Costituzione.

In slide ho messo degli esempi di norme rispetto alle quali se ci fosse un contrasto con una norma
europea, il primato non opererebbe perchè scatterebbero i controlimiti a fermare l’applicazione di
un diritto nato fuori dal nostro ordinamento giuridico italiano, ma che una volta entrato contrasta
con i capisaldi della Repubblica.

Art. 3 Cost.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Art. 34 Cost.
La scuola è aperta a tutti.

Art. 48 Cost.
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.

Art. 70 Cost.
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

Art. 25 Cost.
… Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso. …

Un altro esempio che fa riferimento al caso Taricco e alla sua saga, dove anche lì c’è stato un
piccolo botta e risposta tra corte di giustizia e corte costituzionale è l’articolo 25 della Costituzione
ovvero
“… Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto
commesso. …”
non ci può essere la retroattività della legge penale.
Prima viene la legge che prevede un fatto in quanto reato e poi se c’è una condotta che consta di
questo reato, ecco che questa è sanzionabile. Ma la legge dev’essere precedente, prima deve
essere previsto che quella condotta sia giuridicamente rilevante ai fini penali e nel caso Taricco
quel contrasto riguarda proprio l’articolo 25. Nelle pagine del libro viene illustrata tutta la vicenda
che è un po’ la seconda grande applicazione del principio dei controlimiti con riguardo al diritto
dell’unione europea (la seconda perché la prima è quella del caso Frontini).

Pertanto:
Quando un giudice nazionale si trova di fronte ad una norma UE che si suppone violi i nostri
principi fondamentali ed inderogabili (parliamo del diritto dell’unione europea e solo di certe norme)
non può operare il principio del primato, ma il giudice nazionale, verificato questo contrasto
(stavolta lo deve fare), deve interpellare la Corte costituzionale. Perché è la Corte costituzionale
che deve fare una verifica di compatibilità per consentire che il diritto interno non soccomba di
fronte al primato la cui applicazione però porterebbe a violare un principio fondamentale della
Costituzione. Se la Corte costituzionale accerta l'incompatibilità coi principi fondamentali ed
inderogabili, essa stessa dichiara l'incostituzionalità* dell'ordine di esecuzione dei trattati europei
limitatamente alla parte contestata. In tal modo la norma UE incostituzionale (perché viola i nostri
principi) non deve essere applicata.

*: non della norma europea, non lo può fare/non le compete, quella è una competenza della corte
di giustizia però può intervenire sull'ordine di esecuzione, su quella legge che utilizziamo per
ratificare i trattati internazionali ivi compresi quelli relativi all’Unione europea dichiarandone
l'incostituzionalità non complessiva (non c’è n’è bisogno perchè vorrebbe dire uscire
dall’organizzazione internazionale di cui ci occupiamo), ma limitatamente alla parte contestata.

Quindi quella parte di diritto dell’unione che va contrastare con i nostri principi e valori della
Costituzione diventa incostituzionale e l'ordine di esecuzione dichiarato tale limitatamente alla
parte per così dire critica, lamentata.
Questo tipo di declaratoria della Corte costituzionale rispetto all’incostituzionalità dell’ordine di
esecuzione, limitatamente al punto interessato, fa sì che sostanzialmente la norma di diritto
dell’Unione, solitamente provvista del primato, non debba essere applicata nel nostro ordinamento
giuridico interno, perché come già detto il prezzo da pagare sarebbe il pregiudizio dei valori
fondamentali della Repubblica.
studiare in modo autonomo da pagina 337 a 342 (paragrafo 51):

51. I c.d. “contro limiti; il caso “ Taricco”.


La Corte Costituzionale italiana ha precisato in una giurisprudenza costante che la prevalenza del diritto
dell’UE sul diritto interno incontra alcuni limiti, in quanto non opera per quelle norme di diritto dell’UE
che si rivelino contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale o ai diritti
inalienabili della persona umana. Ricordiamo a questo riguardo che l’articolo 11 non è neutro, sul piano
valoriale: le cessioni di sovranità che la norma consente sono ammesse solo a favore di organizzazioni
che tendano alla pace e alla giustizia tra le Nazioni. La Corte Costituzionale si è quindi sempre
espressamente riservata un controllo di costituzionalità con riferimento all’eventuale contrasto di norme
dell’UE con principi fondamentali o diritti inalienabili. Già la sentenza Frontini, nel sancire l’ingresso del
diritto dell’UE nel nostro ordinamento a livello costituzionale, faceva salve quelle norme della Costituzione
che riguardano i principi fondamentali o i diritti inalienabili della persona umana. I giudici costituzionali, però,
precisavano subito che il problema, a loro avviso, era comunque solo teorico, in quanto “appare difficile
configurare anche in astratto l’ipotesi che un regolamento comunitario possa incidere in materia di rapporti
civili, etico-sociali, politici...”.
Ricordiamo che la giurisprudenza costituzionale italiana non è l’unica nella quale rinvengono queste riserve,
che sono condivise nella giurisprudenza di altri Stati membri. Il riferimento principale va alle analoghe
posizioni espresse dalla Corte Costituzionale tedesca, la quale ha ribadito in più occasioni l’esistenza di
contro limiti rispetto alle cessioni di sovranità dell’UE. Questi sono stati legati inizialmente al livello di
protezione dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, e in seguito sono stati declinati con più
ampio riferimento al rispetto dell’identità costituzionale tedesca, comprensiva sia della protezione dei
diritti fondamentali che dei principi della democrazia e dello stato di diritto. Su posizioni analoghe si
può citare la decisione della Corte costituzionale della Repubblica Ceca.
Un rischio imminente di una dichiarazione di incostituzionalità inerente al diritto dell’UE si è verificato in
una vicenda recente, nota come “caso Taricco”, che avrebbe potuto riprodurre ripercussioni di notevole
portata, anche nei rapporti tra Corte Costituzionale e Corte di Giustizia. Come vedremo, il possibile contrasto
è stato “disinnescato” grazie all’approccio adottato dalle due Corti. La sentenza Taricco della Corte di
Giustizia sanciva l’obbligo di disapplicare la legge italiana che prevedeva per determinati reati una
riduzione dei termini di prescrizione tale da rischiare di impedire di unire le frodi contro gli interessi
finanziari dell’UE (si trattava del diffuso reato noto come “frode carosello”, che realizza evasioni dell’IVA
e conseguenti danni per le entrate dell’UE). La Corte di Giustizia considerava che, se il giudice italiano
avesse ravvisato una situazione di “impunità di fatto”, le norme nazionali in questione sarebbero state in
contrasto con l’articolo 325 TFUE, articolo che la Corte considerava dotato dei requisiti per produrre effetti
diretti e quindi per determinare l’immediata inapplicabilità delle disposizioni della legge italiana. Si trattava
di un caso di applicazione retroattiva di regole che incidevano sulla punibilità delle persone, in contrasto
con il principio di legalità (articolo 25 della Costituzione). La Corte Costituzionale fu quindi investita di due
rinvii di costituzionalità in via incidentale, volti a fare accertare la contrarietà a principi fondamentali
della Costituzione, in sostanza, dell’interpretazione della Corte di Giustizia. La nostra Corte a quel punto
adottò una decisione di grande rilievo: scelse di non emanare immediatamente una sentenza nella quale
avrebbe potuto accertare l’esistenza di un contrasto con un principio fondamentale della Costituzione;
decise invece di rimettere la questione alla stessa Corte di Giustizia, perché quest’ultima chiarisse la
portata della propria interpretazione dell’articolo 325 TFUE contenuta nella sentenza Taricco. Pur con
quest’apertura di fondo, nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale la Corte Costituzionale rimarcò in modo
molto netto la possibilità di ricorrere ai contro limiti, sottolineando il carattere supremo e irrinunciabile
nel nostro ordinamento del principio di legalità in materia penale. Inoltre, essa affermò pure che tale
principio rappresenta un aspetto dell’identità nazionale dello Stato italiano che l’UE è tenuta a rispettare
ai sensi dell’articolo 4 TUE. Nella sentenza resa in via pregiudiziale in risposta a tale ordinamento (nota
anche come “Taricco bis”), la Corte di Giustizia ha evitato di affrontare il problema sotto l’angolazione della
clausola sul rispetto dell’identità nazionale. La risposta è stata invece imperniata sul riparto di
competenze, considerando che la materia in questione rientra nelle competenze concorrenti, e che
all’epoca dei fatti non erano state ancora realizzate forme di armonizzazione nella materia stessa;
pertanto, la Corte ha concluso, che l’Italia era libera a quell’epoca di prevedere che nel suo sistema giuridico
le norme sulla prescrizione formassero parte del diritto penale sostanziale e fossero quindi soggette al
principio di legalità. In altri termini si accetta in questo modo la qualificazione data nel sistema italiano
alle norme sulla prescrizione e conseguentemente la possibilità che i giudici italiani considerino la
disapplicazione in contrasto con il principio di legalità. La Corte ha anche aggiunto che gli Stati membri
sono liberi di determinare i livelli di protezione dei diritti fondamentali. La sentenza è chiaramente
mossa dall’intento di scongiurare una dichiarazione di incostituzionalità da parte della Corte
Costituzionale italiana.
La Corte Costituzionale ha posto fine alla vicenda con una sentenza di rigetto. In questa sentenza essa
ha considerato infondate le questioni di costituzionalità, in ragione del fatto che a suo giudizio la “regola
Taricco” si rivela inapplicabile senza eccezioni nel nostro ordinamento. Con questa pronuncia la Corte
Costituzionale ha colto anche l’occasione per ribadire il proprio ruolo esclusivo nella scelta di opporre i
contro limiti rispetto al diritto dell’ue

Video 6
L’ATTUAZIONE DEL DIRITTO DELL’UE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO

Norme direttamente applicabili


à attuazione senza intervento statale

Norme non direttamente applicabili (?)

à attuazione a livello nazionale

Legge 234/2012

• Legge di delegazione europea (cadenza annuale)

• Legge europea (senza cadenza)

L’ATTUAZIONE DEL DIRITTO UE: IL RUOLO DELLE REGIONI

Recepimento per le materie di loro competenza (vedi art. 117 Cost.)

E se non lo fanno?

• Potere sostitutivo dello Stato

• Cedevolezza delle norme statali quando cessa l’inerzia regionale

tema generale dell’attuazione del diritto dell’UE, nell’ordinamento giuridico italiano troviamo la
norma europea direttamente applicabile, che entra nell’ordinamento giuridico italiano senza alcun
intervento statale ed è la caratteristica principale della norma direttamente applicabile. Sappiamo
che può avere efficacia diretta. Sappiamo anche che la norma non direttamente applicabile (come
le direttive) richiedono un intervento normativo statale, questo non è misterioso, perché l’art. 288
TFUE quando si riferisce alle direttive si riferisce principalmente alla attuazione a livello nazionale,
quindi un intervento di tipo normativo.

Una legge dello stato del 2012, la 234, disciplina le vicende attuative del diritto dell’unione e
dell’ordinamento giuridico nazionale, soprattutto con riguardo alla previsione del parlamento adotti
due tipi di leggi:

1 legge di delegazione europea (prima si chiamava legge comunitaria), ed è data con cadenza
annuale. Con questo tipo di legge è possibile, ad esempio, depurare l’ordinamento giuridico italiano
da norme che sono destinate alla costante disapplicazione (ad esempio il conflitto di attribuzione
tra Bolzano ed il governo).

2 La legge 234 prevede anche la possibilità che venga emanata una legge europea, sempre
necessaria al diritto dell’unione con particolare riguardo al ricevimento delle direttive.

Per quanto riguarda il ruolo delle regioni per l’attuazione del diritto dell’unione, l’art.117 COMMA
1 fa riferimento alla distribuzione di competenza tra stati e regioni per quanto riguarda la materia
legislativa. Ci sono quindi delle materie nelle quali le regioni hanno la competenza legiferare e
possono trovarsi ad attuare il diritto dell’unione, qualora il diritto dell’unione verta su una materia
che è di loro competenza (esempio: agricoltura).
Le regioni devono fare la loro parte attuando a livello locale quanto dispone il diritto dell’unione,
ma il problema che si potrebbe porre un costituzionalista o anche un internazionalista è
“se poi una regione risulta inadempiente?”
“se una regione poi non effettua, attraverso un intervento legislativo, l’attuazione del diritto
dell’unione nella parte che lo riguarda per competenze sulla materia che succede?”
In tali casi l’ordinamento giuridico italiano prevede che ci sia un potere sostitutivo dello stato, quindi
che lo stato per non incorrere in forme di responsabilità nei confronti dell’unione, quindi
responsabilità di natura internazionale, si sostituisca alla regione provvedendo normativamente.
Questo tipo di potere sostitutivo non è infinito, ma dura fin tanto che dura l’inadempimento
regionale. Nel momento in cui una regione, anche a fronte dell’attivazione del potere sostitutivo
dello stato, comincia a legiferare una materia di sua competenza, così correttamente attuando il
diritto dell’unione, dopo che è intervenuto il potere sostitutivo dello stato ecco che a legge regionale
emanata cessa l’intervento normativo statale. Pertanto l’adozione di norme regionali da parte
dell’ente territoriale, realmente competente, rende cedevole una norma statale sostitutiva che può
essere messa da parte.

LEZ 10 prefazione LO JUS MIGRANDI DELL’UE: LE FONTI


Jus migrandi e Area Schengen

La disciplina di Schengen è parte del diritto dell’UE

Ma essa (1) non copre tutti gli Stati membri e (2) comprende Stati terzi europei [v. cartina]

lezione 10 messaggio iniziale e video 1


Dopo aver terminato la parte di corso relativa al diritto dell’Unione europea possiamo affrontare
l’argomento più specifico dello Jus migrandi, laddove per Jus migrandi si intende sostanzialmente
il diritto migratorio dell’Unione europea. Come testo facciamo riferimento all’ S. Amedeo e F.
Spitaleri, “ Il diritto dell’immigrazione e dell’asilo dell’Unione europea”, che è un libro monografico,
appunto, dedicato ad un tema specifico articolato in sei capitoli (sono cinque capitoli ma siccome
l’introduzione fa capitolo sono sei).

Sono sei capitoli che affronteremo e come avrete modo di vedere in particolare il capitolo secondo
corrispondente alla protezione internazionale sarà piuttosto corposo ma cercheremo di renderlo
più agevole possibile ai fini dell’apprendimento. Il libro in questione utilizza una tecnica molto
diffusa nella manualistica di diritto internazionale nell’Unione europea, ovvero ci sono delle parti
nel testo che sono scritte in carattere più piccolo e queste parti rappresentano un approfondimento
del concetto appena espresso nel corpo del testo invece in caratteri normali. Queste parti in piccolo
non vanno studiate ma vanno lette perché aiutano a comprendere il concetto che è stato
preliminarmente esposto, quindi non devono essere imparate a memoria in quanto la parte
importante è il corpo del testo.

video 1
Partendo dalle fonti dello Jus migrandi dell’Unione europea (l’espressione di Jus migrandi è
stata già chiarita), bisogna fare riferimento al titolo quinto del TFUE che è dedicato allo spazio di
libertà, sicurezza e giustizia.
Si tratta di un ambito di competenze dell’Unione europea piuttosto articolato e complesso, che
comprende anche lo Jus migrandi ma non soltanto esso. Per esempio, se penso ad un spazio di
libertà, di sicurezza e giustizia, penso anche al mutuo riconoscimento delle sentenze dei giudici
nazionali tra Stati membri dell’Unione europea, il che non è necessariamente collegato con lo Jus
migrandi, e questo perché il contenitore “spazio di libertà, di sicurezza e giustizia” comprende più
materie rispetto alle quali c’è una competenza dell’Unione europea. In questo spazio in particolare
si parla di ingresso, soggiorno e circolazione dei cittadini degli Stati terzi:
infatti se lo Jus migrandi è il diritto dell’immigrazione dell’Unione europea, senz’altro non è una
materia che disciplina la libera circolazione all’interno dell’Unione europea dei cittadini europei. E’
una materia completamente diversa. lo Jus migrandi riguarda invece tutte le regole d’ingresso,
soggiorno e circolazione dei cittadini NON europei e pertanto cittadini di Stati terzi (siano
statunitensi, giapponesi, africani, canadesi etc.). Ogni qual volta si parla del cittadino di uno Stato
non membro dell’Unione europea, si parla di un cittadino di uno Stato terzo all’Unione europea,
quindi uno Stato che è al di fuori dell’Unione europea e a questo cittadino si applica lo Jus migrandi.

Ambiti di azione (art. 77-79 TFUE)

• Controllo delle frontiere

• Concessione della protezione internazionale

• Disciplina dell’immigrazione regolare

• Disciplina dell’immigrazione illegale

Articolo 77

1. L'Unione sviluppa una politica volta a:

a) garantire l'assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all'atto dell'attraversamento delle frontiere
interne;

b) garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle frontiere esterne;

c) instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne.

2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure
riguardanti:

a) la politica comune dei visti e di altri titoli di soggiorno di breve durata;


b) i controlli ai quali sono sottoposte le persone che attraversano le frontiere esterne;
c) le condizioni alle quali i cittadini dei paesi terzi possono circolare liberamente nell'Unione per un breve periodo;
d) qualsiasi misura necessaria per l'istituzione progressiva di un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne;
e) l'assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità , all'atto dell'attraver- samento delle frontiere
interne.

3. Se un'azione dell'Unione risulta necessaria per facilitare l'esercizio del diritto, di cui all'arti- colo 20, paragrafo 2, lettera a), e salvo
che i trattati non abbiano previsto poteri di azione a tale scopo, il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativ a speciale,
può adottare disposizioni relative ai passaporti, alle carte d'identità , ai titoli di soggiorno o altro documento assimilato. Il Consiglio
delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.

4. Il presente articolo lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri riguardo alla deli- mitazione geografica delle rispettive
frontiere, conformemente al diritto internazionale.

Articolo 78

1. L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a o ffrire uno
status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio
di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio
1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.

2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure
relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:

a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta l'Unione;
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che, pur senza il beneficio dell' asilo
europeo, necessitano di protezione internazionale;
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio;

d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria;
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione
sussidiaria;
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria;
g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea.

3. Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini
di paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli
Stati membri interessati. Esso delibera previa consultazione del Parlamento europeo.

Articolo 79

1. L'Unione sviluppa una politica comune dell'immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione eff icace dei flussi migratori,
l'equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato
dell'immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani.

2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure
nei seguenti settori:

a) condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga
durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare;
b) definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che
disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri;
c) immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi l'allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno
irregolare;
d) lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare donne e minori.

3. L'Unione può concludere con i paesi terzi accordi ai fini della riammissione, nei paesi di origine o di provenienza, di cittadini di paesi
terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni per l'ingresso, la presenza o il soggiorno nel territorio di uno degli Stati
membri.

4. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire misure volte a
incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri al fine di favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti
nel loro territorio, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati mem bri.

5. Il presente articolo non incide sul diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi
terzi, provenienti da paesi terzi, allo scopo di cercarvi un lavoro dipendente o autonomo.

Questi articoli ripercorrono anche la struttura del libro perché si occupano di controllo delle
frontiere, di cui ci occuperemo, di concessione della protezione internazionale, della disciplina
dell’immigrazione regolare e della disciplina dell’immigrazione non regolare (ossia ogni qual volta
un cittadino di uno Stato terzo entra, non seguendo le procedure previste, all’interno dell'Unione).

Esiste poi una dimensione esterna della politica migratoria ma questa non è disciplinata dagli
articoli dal 77 al 79 o perlomeno c’è un cenno, e trattandosi di un aspetto relativo alla dimensione
esterna, in parte la materia è trattata nell’ambito dell'azione esterna dell’Unione europea.

Con riguardo alla normativa non primaria applicabile allo Jus migrandi dell’Unione europea
dobbiamo fare riferimento principalmente agli atti di diritto derivato. Sostanzialmente si tratterà di
guardare regolamenti, direttive e decisioni, quando pertinenti e se necessario, e si tratterà sia di
atti inizialmente approvati e continuamente aggiornati, sia di atti che introducono delle regole
nuove, perché è necessario disciplinare il fenomeno migratorio introducendo un nuovo tipo di
normativa.

In ogni caso teniamo conto che per il tipo di competenza che ha l’ Unione europea, non si tratta
quasi mai di norme che sono provviste di efficacia diretta, nel senso che sono norme principalmente
indirizzate agli Stati membri e quindi non sono per la stragrande maggioranza dei casi suscettibili
di un'applicazione di tipo orizzontale tra individui (noi sappiamo che l’efficacia diretta consiste nella
capacità della norma europea di conferire dei diritti ai singoli che questi possono attivare a loro
difesa di fronte ad un giudice nazionale).

Per quanto riguarda invece la dimensione esterna dello Jus migrandi, noi vedremo degli accordi
internazionali che si chiamano “accordi di riammissione” ma la dimensione esterna non si risolve
sostanzialmente soltanto nella stipula di accordi di riammissione, ma trova espressione anche in
forma di dialogo politico o nell’ambito della cooperazione internazionale.

Altro aspetto basilare della politica migratoria dell’Unione europea è che quantomeno dal trattato
di Lisbona, questa è disciplinata come regola attraverso la procedura legislativa ordinaria quindi
noi sappiamo che Consiglio e Parlamento insieme adottano gli atti che danno espressione allo Jus
migrandi dell’Unione europea. C’è soltanto un'eccezione in questa disciplina ed è descritta
dall’articolo 78 comma 3 del TFUE e riguarda la possibilità che a fronte di un afflusso improvviso
di cittadini degli Stati terzi dentro l’Unione europea, il consiglio possa assumere delle misure di
emergenza secondo una procedura legislativa speciale, quindi senza il concorso del Parlamento
europeo come deciso, ma con la partecipazione del Parlamento europeo nella fase di adozione
dell’atto, sebbene la decisione ultima resta quella del consiglio.
Strumenti normativi

• Atti di diritto derivato

Ø Aggiornamento norme vigenti o codificazione di nuove e dettagliate

(ma no efficacia diretta)

• Azioni sul piano internazionale

Ø Es., accordi, dialogo

Procedura

Da Lisbona: procedura legislativa ordinaria (cd. «codecisione»)

Eccezione: misure di emergenza (afflussi improvvisi): procedura legislativa speciale ex art. 78 (3)
TFUE

Vincoli a «legiferare» per l’UE in termini di rispetto dei diritti fondamentali

1) Carta dei diritti/principi generali

2) Convenzioni internazionali

- CEDU

- Convenzione sullo status dei rifugiati [Ginevra, 1951 e 1967]) – aggancio nell’art. 78 (1) TFUE

-Altre convenzioni di ambito ONU

Ulteriore aspetto da tener conto prima di entrare nel merito è che lo Jus migrandi soffre per così
dire di alcuni limiti, nel senso che l’Unione europea nel momento in cui va ad adottare delle norme
di Jus migrandi quindi riguardanti ingresso, circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati terzi,
deve tenere presente alcuni vincoli che ha e questi vincoli fanno riferimento al rispetto dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.

↳ ⬥Innanzitutto perché il rispetto dei diritti fondamentali non è


destinato soltanto ai cittadini dell’Unione ma a chiunque si trovi
all'interno di uno Stato membro dell’Unione europea, secondo perché c’è
una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la quale contiene un ampio e articolato
catalogo di diritti che si applica anche ai non cittadini (vi invito a sfogliare la Carta dei diritti
fondamentali dove c’è una parte riservata ai diritti dei cittadini e poi ci sono tutti gli altri diritti non
specificamente indirizzati ai cittadini, ma indirizzati a tutti coloro che si trovano all’interno di uno
Stato membro dell’Unione europea, dunque anche ai cittadini degli Stati terzi, con diversa
ampiezza, ma siano essi regolari o irregolari).
⬥Poi teniamo conto che la politica migratoria non può assolutamente prescindere da quelli
che sono i trattati internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e di concessione della
partizione internazionale. Il riferimento principale è la convenzione europea dei diritti dell’uomo,
naturalmente, e conosciamo i legami che esistono tra il diritto dell'Unione europea e il diritto CEDU
(Corte europea dei diritti dell'uomo).

Ma poi c’è un'importante convenzione internazionale che è stata approvata nel dopoguerra e
modificata appena prima negli anni ‘70 che è la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati,
che è una convenzione conclusa sotto leggi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che disciplina
la protezione internazionale a livello internazionale dunque anche con riguardo all’ambito
territoriale cui fa riferimento l’Unione europea.
Ed infatti l’articolo 78 comma 1 del TFUE
fa espresso riferimento alla convenzione in questione come vincolo di cui tener conto nel legiferare
lo Jus migrandi, perchè si deve tener conto di quelli che sono i vincoli internazionali, che la
convenzione pone con riguardo alla concessione della protezione internazionale a coloro che
scappano da un luogo e pertanto si possono definire rifugiati (alle condizioni naturalmente previste
dalla convenzione). Troverete un riferimento al fatto della convenzione del ‘51 e del ‘67
semplicemente perché la convenzione è del ‘51 ma nel ‘67 è stato stipulato un protocollo aggiuntivo
che la va ad integrare.
A questa convenzione se ne aggiungono altre di ambito ONU e questo perché il panorama
internazionale delle convenzioni in materia di diritti umani e di concessioni della protezione
internazionale è fortunatamente ampio e articolato. L’Unione europea non può prescindere dal
rispetto del diritto internazionale, pertanto deve tener conto anche di queste altre convenzioni.

Ultimo riferimento che è collegato alla cartina posta nell’ultima slide del powerpoint, fa riferimento
all'Area Schengen, cioè esiste un collegamento tra lo Jus migrandi dell’Unione europea e l'Area
Schengen.
L'Area Schengen è un’area creata con un trattato internazionale e al di fuori delle comunità
europee, allora esistevano le comunità europee, che ha visto nel tempo la partecipazione, da una
parte perché alcuni Stati l’hanno proprio stipulato l'accordo di Schengen, dall’altra perché altri Stati
ne hanno aderito successivamente, una partecipazione a geometria variabile. Cioè non tutti gli
Stati membri dell’Unione europea (e la Gran Bretagna non la si può più considerare uno stato
membro dell’Unione europea ma comunque prima non desidera applicare l'accordo di Schengen),
fanno parte dell’area Schengen, così come dell’area Schengen fanno parte alcuni Stati che NON
sono membri dell’Unione europea. Questo vuol dire che non esiste un'identità tra l’area Schengen
e l’area territoriale dell’Unione europea, è però vero, e questo è inevitabile ed è avvenuto prima del
trattato di Lisbona, che la disciplina di Schengen è stata interiorizzata nel diritto dell’Unione
europea, come acquisizione, e pertanto trasformandola in un certo senso in diritto dell’Unione
europea con la specifica che alcuni Stati hanno ritenuto di non dover applicare. Sulla base di queste
poche premesse generali relative allo Jus migrandi, possiamo cominciare ad affrontare gli
argomenti trattati dal libro.

LEZ 11 IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE video 1

Veniamo dunque al primo contenuto di merito del libro “Amadeus, Spitalieri”, ovvero il controllo
delle frontiere nell’ambito dello Jus migrandi dell’Unione europea che noi stiamo studiando in
via monografica.

Se noi consideriamo gli obiettivi contenuti nell’articolo 77 TFUE, in particolare quelli di cui al
comma 1, lettere a, b e c possiamo già svolgere alcune considerazioni.
a) garantire l'assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità,
all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne;

b) garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento delle


frontiere esterne;
c) instaurare progressivamente un sistema integrato («comune») di gestione delle
frontiere esterne.

Obiettivi b) e c): funzionali all’obiettivo a)

Obiettivi a), b) e c)

Armonizzazione delle modalità di controllo praticate dagli Stati membri in ingresso nell’UE e
delle condizioni che devono essere possedute per l’ingresso

Come potete vedere, l'obiettivo di cui ha la lettera afferma: «garantire l'assenza di qualsiasi
controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità (quindi anche cittadini di Stati terzi),
all'atto dell'attraversamento delle frontiere interne». ➼Il concetto è che una volta che il cittadino
appartenente ad uno Stato terzo, entra nella frontiera dell’Unione, poi può circolare liberamente a
prescindere dalla nazionalità senza qualsiasi controllo.

Questo tipo di obiettivo ha dei presupposti che sono infatti contenuti negli obiettivi alle lettere b e c
che in quanto tale risultano funzionali al raggiungimento dell’obiettivo di cui era la lettera a.
Questi obiettivi funzionali sono:

➢ lettera b: «garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell'attraversamento


delle frontiere esterne», pertanto nel momento in cui un cittadino di uno Stato terzo entra
nel territorio dell’area Schengen, che in buona parte corrisponde al territorio dell’Unione,
deve essere effettuata una forma di controllo e l’intangibilità delle frontiere deve essere
garantita. Se non avviene questo passaggio non ci può essere poi quell allargamento in
termini di circolazione del cittadino di uno Stato terzo regolarmente entrato in tutto il territorio
dell’area Schengen. Pertanto l’obiettivo b è funzionale alla realizzazione dell’obiettivo a.
➢ Lo stesso si può dire per l’obiettivo c per il semplice fatto che questo tipo di obiettivo pone
una finalità di tipo quasi informatica, nel senso che si propone di creare uno strumento,
ovvero «instaurare progressivamente un sistema integrato («comune») di gestione delle
frontiere esterne.» Dato che parliamo di un’area coesa è ben chiaro che nel momento in
cui si devono garantire i controlli sulle persone e l’intangibilità delle frontiere, ciò deve
avvenire secondo delle regole tendenzialmente comuni pertanto la creazione di un sistema
unico che poi esiste effettivamente, fa sì che tutte le frontiere dell’Unione possono essere
gestite in maniera del tutto uniforme così come sono uniformi i controlli e che poi si realizzi
l’obiettivo di cui ha la lettera a.

Per raggiungere i tre obiettivi in ogni caso, lettera a, b, e c tenendo conto che b e c sono funzionali
ad a, si è teso a giungere all’armonizzazione ⇢ quindi alla tendenziale uniforme senza raggiungere
la perfetta uniformità e non la si può raggiungere per il semplice fatto che lo Jus migrandi è una
competenza concorrente dell’Unione e pertanto gli Stati restano in una certa misura liberi di
legiferare, quindi regole comuni in tutto non è possibile stabilire.
Come dicevamo prima, si è teso a giungere all’armonizzazione delle modalità di controllo praticate
dagli Stati membri in ingresso nell’UE, e questo riguarda l’intangibilità delle frontiere (il fatto che
per entrare bisogna ricevere una forma di controllo da parte delle autorità doganali sulla persona
attraverso delle modalità che vengono indicate alle autorità doganali stesse) e altresì l’allineamento
delle condizioni che devono essere possedute per l’ingresso, quindi il cittadino di uno Stato terzo
non è che deve soggiacere a delle condizioni diverse a seconda che entri nell’area Schengen, in
un punto italiano, francese, finlandese o di altro Stato, le condizioni d’ingresso devono essere
tendenzialmente anche quelle uniformi.

Atto principe:

Regolamento 2016/399 (à codecisione) sul «codice frontiere Shengen» (cd. «CFS»)

E’ il regolamento che riunisce in un codice questa armonizzazione a cui facevo riferimento; è un


regolamento approvato in codecisione quindi sostanzialmente la procedura legislativa ordinaria,
competenza sia del Consiglio che del Parlamento nell'approvare l’atto su proposta della
Commissione.
Misure collegate – regolamenti relativi a:

(a) Paesi giungendo dai quali è necessario il visto d’ingresso nell’area Schengen e (b)
armonizzazione dei visti («codice dei visti» europeo)

(b) creazione del Sistema Integrato Schengen (SIS - database per i controlli di frontiera)

(c) creazione della guardia di frontiera e costiera europea «FRONTEX» (coordina l’azione degli
Stati membri) e disciplina delle operazioni condotte sotto il suo coordinamento

(d) creazione di Eurosur (scambio di informazioni)

Lo Jus migrandi però, con particolare riguardo al controllo delle frontiere, non si risolve ed esaurisce
nel codice frontiere Schengen bensì ci sono alcuni atti collegati che sono necessari a far sì che il
codice frontiere Schengen con ciò che prevede in termini di gestione delle frontiere esterne
dell’Unione, possa funzionare adeguatamente.
E pertanto ci sono regolamenti, lo vedremo anche dopo, in cui si indicano i Paesi terzi quindi non
membri dell’Unione dai quali è necessario provenire per entrare nell’area Schengen muniti di visto
oppure no. Questo perché a seguito di accordi specifici che ha fatto l’Unione europea, in taluni casi
non è necessario possedere il visto per entrare in area Schengen. E altresì misure tese ad
allineare, avvicinare il più possibile le modalità di rilascio dei visti per l’ingresso dell’area Schengen
perchè non li rilascia l’UE, li rilasciano gli Stati membri, dunque diverse autorità nazionali, poi
vedremo quali, e se queste autorità sul piano dei requisiti per ottenere il visto si armonizzano, si
allineano e si realizza un’uniformità. Queste modalità sono indicate nel codice europeo dei visti.
Altresì altri atti hanno regolato la creazione del sistema integrato Schengen (SIS) che è
importantissimo ed è un database per i controlli di frontiera. Vi sarà capitato di andare da qualche
parte all'estero in Unione europea o rientrare nel proprio Paese e ricevere un controllo sotto un
cartello dove è indicata “Area Schengen”, avrete visto le autorità di polizia consultare un database,
loro stanno consultando il sistema integrato Schengen che contiene le informazioni relative alle
persone che hanno commesso reato e che pertanto sono ricercate, segnalate, scappate. Per cui
rientrare nelle ricerche all’interno del sistema integrato Schengen non è di certo positivo per la
persona che sta ricevendo il controllo, potrebbe persino essere arrestata a seguito di verifica su
SIS che per esempio è stato spiccato un mandato, un ordine d’arresto che non è stato ancora
eseguito pertanto la persona sta scappando.

Altro atto collegato estremamente importante è l’atto che crea “FRONTEX”, cioè l'agenzia
competente a gestire la guardia di frontiera e costiera europea, quindi sia terrestre che marittima,
che spesso si sente nominare al telegiornale quando si tratta di dar conto di difficili o dubbie sul
piano della legittimità, operazioni di salvataggio soprattutto in mare. Frontex non le esegue
direttamente perchè non è in grado, è però in grado di coordinare le autorità di soccorso e controllo
delle frontiere statali che si sono impegnate di volta in volta nelle operazioni; quindi
sostanzialmente una funzione di coordinamento.
Inoltre quando coordina le operazioni, Frontex è competente a fissare la disciplina delle modalità
di svolgimento dell’operazione perché il coordinamento comporta anche la possibilità di dare
indicazioni.

Fa poi da corredo ed è un altro atto estremamente importante, che affianca la realizzazione del
frontiere Schengen la creazione di Eurosur che in particolare trova applicazione nella gestione
delle frontiere marittime e che altro non è che una forma di scambio di informazioni che possono
essere utili proprio per meglio sorvegliare le frontiere dell’Unione europea.

lezione 11 video 2-3 (insieme)


Ingresso, circolazione e soggiorno nell’area Schengen ( CFS)
•condizioni uniformi nell’area (UE e non)
•solo cittadini Stati terzi (non familiari di cittadini UE)
•nessun pregiudizio per i richiedenti protezione internazionale

il cittadino dello stato terzo nel momento in cui entra nell’unione non ha bisogno di un visto nel
momento in cui esercita un ricongiungimento con un familiare, dunque si reputa al di fuori dalle
discipline dettate dall’area Schengen.
Segue:

Art. 6 CFS: possesso di 5 (e non oltre) condizioni di ingresso nell’Area Schengen, cioè …

1.documento di viaggio (es., biglietto)


2.visto per soggiorni di breve durata, se non assorbito da altri titoli [es. permesso di soggiorno]
3.autosufficienza economica (minimo richiesto)
4.nessuna segnalazione su SIS (che effettua controlli sulle persone)
5.l’ingresso non configura una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute
pubblica e le relazioni internazionali degli Stati membri

In absentia, lo straniero va respinto con provvedimento individuale motivato (dunque, impugnabile)


e senza pregiudizio per la protezione internazionale
però:
L’assenza di una o più delle 5 condizioni può portare all’ingresso (in deroga) se lo Stato membro
lo autorizza per
•transito
•motivi umanitari
•rilascio di visto alla frontiera
(Lo stato si prende dunque la responsabilità di tale azione)

un’altro caso di respingimento è qualora


•Straniero che permane in uno Stato membro dopo la scadenza del visto o del documento di
viaggio
•Straniero privo delle 5 condizioni e in prossimità della frontiera

I visti di ingresso ( CDV)

Il regolamento 2018/1806 indica i Paesi dai quali giungere con visto e quelli giungendo dai quali
non è necessario
Tipi di visti di breve durata (max 90 gg)

•Visto uniforme (classico, per ingresso e transito)


•Visto con validità territoriale limitata (un cittadino di stato terzo è in grado di entrare in area
Schengen via aeroportuale in uno o più Stati membri come “transito”)
•Visto di transito aeroportuale (per il transito nelle zone internazionali degli aeroporti)

sono rilasciati dalle autorità (rappresentanze diplomatiche e consolari) dello Stato membro di
destinazione o di primo ingresso per transito
*: es. un giapponese ha il diritto di transito aeroportuale per effettuare uno “scalo”
➢Possibile rilascio da altri Stati membri, se stabilito con accordo internazionale
➢Armonizzazione dell’organizzazione di rilascio dei visti e delle procedure di rilascio
(pp. 27-32, studio autonomo nei capisaldi)

( FRONTEX – materiale di supporto allo studio delle pp. 35-40)


Controlli alle frontiere esterne

-Sono «esterne» le frontiere «non interne»: dunque il confine esterno dell’UE (es, le coste
italiane) e degli Stati terzi che partecipano all’area Schengen (es, Norvegia)
-I controlli devono essere efficaci (fiducia reciproca tra Stati coinvolti!) e condotti dalle guardie
di frontiera nazionali ai valichi di frontiera

-I controlli devono avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali della persona

(provvedimento motivato)

-I controlli effettuati dalle guardie di frontiera nazionali devono essere coordinati

LEZIONE 11 VIDEO 4 .
Sorveglianza delle frontiere marittime esterne dell’Area Schengen.
● FRONTEX: ritorna in ballo il coordinamento che esercita nei confronti delle autorità
nazionali.
● l’atto di riferimento è regolamento 656/2014, regolamento che indica l’oggetto della
sorveglianza, riguarda l’intercettazione e il soccorso dei cittadini degli Stati terzi.
● per quanto riguarda il soccorso, la sorveglianza riguarda l’ipotesi in cui più cittadini dello
Stato terzo devono essere soccorsi perché in pericolo.
● il caso dell’intercettazione riguarda i cittadini degli Stati terzi che devono essere intercettati
perché colpevoli di un reato connesso allo spostamento all’ingresso in Area Schengen o la
possibilità che venga favorito l’ingresso di un’altra persona, soprattutto coloro che
esercitano la Tratta di Immigrati.
il regolamento in questione prevede il principio da seguire nella sorveglianza marittima, perchè se
FRONTEX esercita un’attività di coordinamento, è ben chiaro che detta i principi di sorveglianza.

La sorveglianza delle frontiere marittime esterne (ancora coordinamento FRONTEX)


Atto di riferimento: regolamento 656/2014

Oggetto della sorveglianza: intercettazione e soccorso

Prevede i principi da seguire nella sorveglianza marittima, le regole applicabili dalle unità navali
coinvolte e gli obblighi in materia di soccorso

le regole applicabili alle unità navali coinvolte, quelle costiere, ufficiali e militari che gli Stati membri
mettono a disposizione per lo svolgimento dell’azione di sorveglianza nelle frontiere e in quanto
nave di uno Stato sono soggette a regole specifiche in termine di condotta e requisiti, poi gli obblighi
in materia di soccorso e non di intercettazione.
poiché il soccorso in mare è oggetto di diverse condizioni internazionali, oltre al regolamento in
questione, ci sono degli obblighi ben precisi da rispettare, pertanto il regolamento non parla di
obblighi in tema di intercettazione.
● nel momento in cui la persona viene intercettata o soccorsa, deve essere sbarcata in
sicurezza, ovvero in un luogo in cui, in ogni caso non corra rischio di veder pregiudicata la
propria salute o addirittura della propria vita.

● i criteri di sbarco sono molti, ma ne citeremo solo due:


● è uno sbarco sicuro lo sbarco nello Stato membro costiero se l’intercettazione è avvenuta
in prossimità delle acque territoriali
● oppure può essere lo Stato dal quale il natante è partito, in questo caso l’ipotesi è il
respingimento, ma in questo caso bisogna sempre verificare che lo sbarco sia sicuro, nel
caso non lo sia, non può essere effettuato.

refoulement diretto:
ci sono più possibilità in cui una volta che la persona viene intercettata e soccorsa, indica quali
sono i possibili sbarchi sicuri, in ogni caso vi è il respingimento ma fa riferimento alla specifica
ipotesi prevista dal diritto internazionale, per cui una persona non può essere rimandata nel paese
da cui arriva, se esiste la possibilità che subisca un pregiudizio per la propria incolumità. Questo
può avvenire se una persona viene rinviata nel proprio paese in cui ad esempio è sicuro che verrà
respinto e quindi rientrato, verrà condannato a morto o torturato.
refoulement indiretto:
esiste un’altra ipotesi in cui il divieto riguarda il caso in cui la persona possa essere respinta nel
paese che poi lo respingerà in un altro paese, e subisce il rischio di incolumità personale, questo
è indiretto come respingimento perché il paese di restituzione non fa niente ma provvede allo
spostamento della stessa persona in un altro paese, sempre con provvedimento di respingimento
dove invece può subire pregiudizi.

quindi il diritto internazionale prevede anche queste ipotesi del provvedimento di respingimento
indiretto, non solo, non si può respingere in luogo pericoloso per la persona intercettata, ma deve
essere sempre data alle persone la possibilità di invocare la protezione nazionale, se sussistono
determinati requisiti, la persona può rimanere a titolo di protezione umanitaria.

Dunque per lo sbarco in sicurezza di persone intercettate o soccorse, è previsto:

Sempre: divieto di refoulement diretto o indiretto e verifica del diritto alla protezione
internazionale

Sempre: rispetto di esigenza specifiche (es., colloquio, facilities a terra, minori)

inoltre, una volta avvenuto lo sbarco e verificato se la persona può beneficiare della protezione
internazionale, possono esserci alcuni accorgimenti riguardanti il rispetto di esigenze piuttosto
specifiche, quindi deve svolgersi un colloquio con la persona per chiedere da dove viene, perchè
scappa, vi devono essere visite sanitarie, assistenza di un traduttore, dev’essere sem pre tenuto
conto che il minore deve essere gestito con maggiore attenzione.
❖ il diritto internazionale afferma il principio d’interesse preminente del minore ogni volta si
assuma un provvedimento che lo riguarda, quindi è la prima cosa che si guarda, poi si
guardano le eventuali esigenze che devono essere rispettate.

video 5.
assenza sui controlli interni
nell’Area Schengen tutti i controlli sono aboliti, pertanto i cittadini dello Stato terzo, può circolare
liberamente se si è considerata la sua nazionalità.
ciò che hanno adottato gli Stati membri è stato eseguire dei controlli di polizia normalissimi, volendo
conseguire degli obiettivi che dovrebbero essere controlli doganali.
❖ nell’Area Schengen non è possibile svolgere internamente dei controlli che siano in qualche
modo simili o che conseguono obiettivi della Guardia di Frontiera.
❖ i controlli di polizia riguardano la pubblica sicurezza interna e i controlli di frontiera
riguardano l’entrata nell’area, sono due competenze diverse.
è però possibile che siano temporaneamente ripristinati i controlli interni, però deve essere l’ultima
spiaggia, in natura eccezionale, in cui si configuri un pericolo per l’ordine pubblico.
qualora si configurino queste ipotesi ben spiegate e motivate, è possibile che i controlli interni
possano essere ristabiliti e in uno Stato membro si subisca un secondo controllo di frontiera.
dato che si tratta di uno o pochi Stati membri, questo lo può disporre autonomamente, però nel
farlo, deve coinvolgere gli altri Stati dell’Area Schengen, che invece non intendono ripristinare pur
temporaneamente questi controlli perchè si riflette sul funzionamento dell’Area Schengen, e sulla
Commissione Europea, che restando sempre guardiana dei trattati, verifica che si tratti di misura
eccezionale, dovuta da esigenze collettive.
❖ esiste però una seconda possibilità: qualora si registri eventualmente su uno o più Stati,
una carenza o malfunzionamento dei sistemi nazionali e controllo delle frontiere stesse,
quella fiducia viene minata.
❖ il Consiglio, con una raccomandazione, può indicare che sia necessario ristabilire delle
forme di controllo delle frontiere interne, proprio perché vi è una delle frontiera esterna che
è labile e friabile, che si può attraversare con eccessiva facilità, non garantendo il controllo
delle Cinque Condizioni previsto dal codice delle frontiere Schengen.
L’assenza di controlli interni

Sono possibili i controlli di polizia interni che non mascherino, nei fatti, dei controlli di frontiera
(aboliti dentro l’Area Schengen!)

Possibile ripristino temporaneo dei controlli di frontiera interni come misura eccezionale, in
caso di pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza di uno Stato membro

Più modalità:

1. Può disporlo uno Stato membro (o più), coinvolgendo però gli altri Stati membri e la
Commissione
oppure

2. Raccomandazione del Consiglio in caso di carenze nei sistemi nazionali di controllo delle
frontiere esterne

LEZ 12 LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

PREMESSA: ha praticamente separato il capitolo 2 del libro che è diviso in sezioni perchè è molto
lungo, lui si è organizzato uguale ma con una piccola differenza, il quadro generale della normativa
dello Jus migrandi dell’Unione nella materia della protezione internazionale l’ha separato dalle altre
sezioni, creando una sezione più piccola di inquadramento generale e pertanto da fluire
separatamente prima di entrare in merito dei singoli aspetti della concessione della protezione
internazionale da parte dell’Unione Europea e i cittadini degli stati terzi. Noteremo anche che
numerosissimi sono gli esempi fatti riguardanti la Giurisprudenza, soprattutto alla risoluzione di
casi specifici in relazione a quanto il libro ha illustrato, e sono parti da leggere anche se scritto più
piccolo!! perchè aiutano a comprendere il contenuto del capitolo, anche se non sono da imparare.
Altre volte gli approfondimenti riguardano atti di diritto dell’Unione o sviluppi avvenuti a livello di
Unione e dobbiamo leggere questi esempi.

LEZIONE 12 VIDEO 1
QUADRO GENERALE: Jus Migrandi dell’UE con riguardo alla Protezione Internazionale.
Il sistema di concessione della protezione internazionale, in particolare l’asilo e quindi l’esercizio
del diritto di asilo (ma l’Unione offre anche altre forme di protezione) è organizzato in modo comune
quindi è un sistema europeo comune di asilo che non offre una disciplina dettagliata e completa
perché sono numerose le direttive pertanto esistono margini di discrezione da più o meno ampio
lasciato agli Stati Membri.
In diversi aspetti dello Jus Migrandi gli stati membri attuano la direttiva avendo a disposizione un
ampio margine di azione. Quindi quando si parla di sistema Europeo, di asilo, si fa riferimento al
fatto che esistono delle regole comuni, ma queste regole comuni non esauriscono tutte gli aspetti
della materia.
Esiste la fissazione dei criteri comuni per la concessione della protezione internazionale, così come
esistono delle procedure comuni ma singoli aspetti sono trattati dal Diritto Nazionale.

Principi del sistema europeo comune di asilo

• Sistema comune di concessione dell’asilo con criteri e procedure comuni

• Condivisione ed equa ripartizione delle responsabilità tra Stati membri

• Garanzia di protezione e di non respingimento (convenzione di Ginevra del 1951 e


successivo Protocollo del 1967) art. 78, par. 1, TFUE e citazione della convenzione

Uno dei principi che ispira il sistema comune europeo di asilo è la condivisione e l’equa ripartizione
delle responsabilità tra gli stati membri, e questo perché geograficamente parlando l’UE ha degli
stati interni e degli stati che invece sono posti sul bordo dell’UE, ed è chiaro che nel momento in
cui si parla di fenomeno migratorio, è sui bordi che si verifica principalmente il problema. Che i
bordi si affaccino al mare o ad un’altra terra quando si arriva da fuori si arriva sempre ad un confine.
es. uno stato come il Belgio ha problemi migratori naturalmente di una certa importanza ma non
relativi ad essere ‘paese di primo arrivo’ perché non è il primo posto in cui si arriva il Belgio, per la
sua posizione, salvo che si arrivi con un veivolo, però i casi di arrivo attraverso mezzi di trasporto
sono normalmente collegati all’ipotesi di una migrazione che consegue la concessione di un visto,
pertanto regolare in tutti i suoi aspetti.

Un altro caposaldo del Sistema Europeo Comune di asilo è il forte aggancio alla convenzione di
Ginevra del 1951 sui rifugiati, convenzione internazionale stipulata sulle leggi dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite in tema dei rifugiati. E’ una convenzione che, arrivata subito dopo la seconda
guerra mondiale è stata in parte integrata da un protocollo, quindi da un atto aggiuntivo, del 1967
e da allora è rimasta immutata.

La convenzione offre riferimento dal punto di vista internazionalistico relativo alla tutela del
migrante che si sposta perchè si qualifica come rifugiato, e pertanto l’Unione non può non prendere
in considerazione questa convenzione nella necessità di questa competenza in materia di
protezione internazionale.
La convenzione nel suo protocollo sono espressamente indicati all’articolo 78, paragrafo 1 TFUE
1. L'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno
status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio
di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio
1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti.
a dimostrazione che il diritto migratorio dell’UE si deve ispirare in senso di conformarsi quindi
adeguarsi in quanto previsto dalla convenzione e dal suo protocollo aggiuntivo.

3 forme di protezione

(art. 78, par. 2, TFUE)

1. Protezione come rifugiato


2. Protezione sussidiaria
3. Protezione temporanea
cambiano presupposti e intensità della protezione
Breve panoramica delle principali fonti riguardanti lo stato di rifugiato che sono state emanate
dall’Unione Europea:
- DIRETTIVA 2001 95, adottata in co-decisione quindi procedura legislativa ordinaria,
Parlamento e Consiglio decidono sullo stesso testo, relativa alla concessione della
protezione internazionale e viene chiamata direttiva qualifiche che viene poi
accompagnata da altre direttive che prendono altre denominazioni specifiche.
- DIRETTIVA 2013 32, anche questa in co-decisione, riguarda le procedure comuni
applicabili in materia di concessione della protezione internazionale e pertanto si chiama
direttiva procedure
Entrambe direttive riguardano la stessa materia ma regolano aspetti separati:
DIRETTIVA QUALIFICHE: si occupa sostanzialmente di definire quando si può ottenere la
protezione internazionale.
DIRETTIVA PROCEDURE: invece definisce con quali procedure si concede la protezione
internazionale.
- DIRETTIVA 2013 33, sempre in co-decisione, è numericamente successiva alla direttiva
precedente delle procedure (DIRETTIVA 2013 32), ed è relativa all’accoglienza , si chiama
quindi direttiva accoglienza.
- DIRETTIVA 2001 55, direttiva precedente che va a integrare il quadro delle direttive
illustrate, relativa all’afflusso massiccio di sfollati, quindi direttiva sfollati.
L’ipotesi qui è un po’ diversa rispetto alla concessione della protezione internazionale in
senso classico, perché di norma un individuo domanda protezione internazionale.
L’ipotesi contemplata dalla direttiva sfollati è che più persone si siano mosse, scappando
da un paese quindi potenzialmente da uno scenario di crisi e pertanto che la protezione
internazionale venga richiesta da tante persone, da un gruppo che in maniera coesa e unita
si è spostato.

RIFUGIATI

• solo cittadini degli Stati terzi e apolidi

• non cittadini UE, salvo ipotesi eccezionali (violazione dei diritti fondamentali – art. 7
TUE)

Le direttive sono rispettose della Convenzione Generale del ‘51, e pertanto danno loro completa
attuazione a livello di Unione.
Nella misura in cui degli atti di diritto derivato danno attuazione ad un altro atto giuridico, in questo
caso la convenzione di Ginevra del ‘51, l’atto giuridico cui danno attuazione dunque la convenzione
del ‘51 costituiscono il riferimento interpretativo per la normativa attuativa, quindi queste direttive
se devono essere interpretate perché poco chiare dovranno essere interpretate in armonia con la
convenzione del ‘51 sui rifugiati e il successivo protocollo del ‘67.

Una serie di regolamenti, di atti di natura completamente diversa perché il regolamento non
richiede attuazione a livello nazionale perché già completo nella sua stesura e contenuto e può
essere applicato direttamente, disciplinano altri aspetti:
- Regolamento 604 2013, approvato anch'esso in co-decisione, sulla competenza esaminare
la domanda di protezione nazionale, chiamato regolamento Dublino 3. Questo
regolamento fissa le regole, non semplici peraltro, in base alle quali stabilire a quale paese
può essere richiesta la protezione internazionale, quale paese costituisce la sede
competente per esaminare una domanda di protezione internazionale , e questo perché ci
sono 23 stati membri e potrebbero essercene anche altri. Non è scontato che sia lo stato
di primo arrivo, anche se questo è un criterio di definizione della competenza.
- Regolamento 603 2013, istituisce l’EURODAC che è un database europeo che rileva le
impronte digitali e serve a fare i controlli relativi alle persone che non sono entrate
regolarmente nel territorio dell’Unione/area Schengen. Questo è un regolamento che va ad
applicare quello precedente (applica Dublino 3).
- Regolamento 439 2010, ancora co-decisione, sulla creazione dell’Ufficio Europeo di
sostegno all’asilo, che è un'agenzia dell’unione che ha funzioni attuative e di
coordinamento. Occupandosi di asilo fornisce sostegno agli stati membri in materia.
- Regolamento 516 2014, co-decisione, istituzione del FAMI (Fondo Asilo Migrazione
Integrazione), questo regolamento disciplina l'erogazione di finanziamenti esi a conseguire
l'obiettivo di integrazione all’interno dell'UE/area Schengen.

In sostanza: Misure del sistema europeo comune di asilo

• Direttiva 2001/95 (codecisione) sulla concessione della protezione internazionale (cd. direttiva qualifiche)

• Direttiva 2013/32 (codecisione) sulle procedure comuni applicabili (cd. direttiva procedure)

• Direttiva 2013/33 (codecisione) sulla sull’accoglienza (cd. direttiva accoglienza)

• Direttiva 2001/55 del Consiglio sull’afflusso massiccio di sfollati (cd. direttiva sfollati)

Le direttive attuano quanto previsto dalla convenzione di Ginevra (che ne costituisce, dunque, il riferimento
interpretativo).

• Regolamento 604/2013 (codecisione) sulla competenza a esaminare la domanda di protezione internazionale


(cd. Dublino III)

• Regolamento 603/2013 (codecisione) su Eurodac – applicazione Dublino III

• Regolamento 439/2010 (codecisione) sulla creazione dell’Ufficio europeo di sostegno all’asilo (EASO) funzioni
attuative e di coordinamento

• Regolamento 516/2014 (codecisione) istitutivo del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione (FAMI) –
finanziamento progetti

LEZIONE 12 VIDEO 2

Il diritto dell’UE prevede 3 forme di protezione internazionale (art 78, par 2 TFUE) che può essere
accordata oltre a quella classica, quindi i beneficiari di protezione nazionale possono essere
diversi.

E’ concessa protezione
1) RIFUGIATO, concessione stabilita dalla convenzione del 1951 e dal protocollo successivo,
questa è la forma di protezione internazionale più classica.
2) SUSSIDIARIO
3) TEMPORANEO.

Tra questi tipi di protezione cambiano i presupposti per poterla ottenere, anche se in realtà spesso
ciò che si richiede allo straniero è tendenzialmente uniforme, ci sono solo delle piccole variazioni,
e soprattutto l’intensità della protezione, quindi di quanta protezione venga accordata
effettivamente.
La protezione internazionale è data ad una persona che lascia uno scenario per entrare in
Unione/area Schengen per svariati motivi quindi non sempre è necessario accordare lo stesso tipo
di protezione internazionale.
Queste tre forme di protezione internazionale hanno un riconoscimento di rango primario perché
sono espressamente indicati all’Art 78, par 2, del TFUE.

2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura


legislativa ordinaria, adottano le misure relative a un sistema europeo comune di asilo che includa:

a) uno status uniforme in materia di asilo a favore di cittadini di paesi terzi, valido in tutta
l'Unione;
b) uno status uniforme in materia di protezione sussidiaria per i cittadini di paesi terzi che,
pur senza il beneficio dell'asilo europeo, necessitano di protezione internazionale;
c) un sistema comune volto alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso
massiccio;
d) procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo
o di protezione sussidiaria;
e) criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di
una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria;
f) norme concernenti le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione
sussidiaria;
g) il partenariato e la cooperazione con paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o
protezione sussidiaria o temporanea.

1) RIFUGIATI: considerato beneficiario classico di Protezione Internazionale, Rifugiato è


soltanto un cittadino di uno stato terzo oppure un apolide (individuo che non ha una
cittadinanza). Vi sono ancora casi di apolidia nello scenario internazionale, diversi atti
dell’ONU invitano a ridurre il fenomeno il più possibile perché la cittadinanza crea un legame
con uno stato anche in termini di diritti oltre che di doveri, pertanto l’apolidia lascia un po’
sprovvisto l’individuo di parte di diritti, per cui questa protezione tende a restituire parte di
quei diritti che sono solo dei cittadini di uno stato.
Non possono essere considerati rifugiati i cittadini dell’UE per ovvi motivi, anche se in casi
eccezionali è previsto che un cittadino scappi da un paese europeo ad un altro sempre
europeo entri nel paese e chieda protezione come rifugiato, però si tratta di ipotesi
circoscritte alla violazione dei diritti fondamentali (quindi all’Art 6 del TUE e quello
successivo 7 TUE che prevede una procedura secondo cui lo stato che viola
persistentemente i valori su cui si fonda l’Unione, quindi i diritti fondamentali, può essere
sospeso dalle votazioni in seno agli organi).

Alcuni problemi si sono verificati in Polonia e Ungheria perché questi due stati stanno
mettendo in discussione lo stato di diritto inteso come stato nel quale le regole sono
predefinite e i poteri sono separati, realizzando interferenze che hanno creato un
contenzioso con l’UE.
E’ per quell’ipotesi che si è considerata l’idea di concedere l’asilo a persone che possano
scappare da stati membri verso altri stati membri, però di base la protezione internazionale
viene accordata solo ai cittadini di stati terzi e agli apolidi.

Lo status di RIFUGIATO si riconosce per:


- rischio: esiste la possibilità che l'individuo subisca una persecuzione basata su
vari motivi.
es. La persona scappa da un posto per entrare in area Schengen e può essere che
non abbia mai subito forme di persecuzione, oppure può essere che le abbia subite
e sia riuscito a scappare e non voglia correre rischio di subirne delle nuove.
I motivi di persecuzione possono essere diversi come religiosi, politici, legati
all’orientamento sessuale, al genere.

La normativa dell’Unione in materia di concessione dello status di Rifugiato è una normativa


dettagliata perché si tratta di attuare la Convenzione di Ginevra, per cui non si può uscire da quanto
essa indica. A questo corrisponde, trattandosi di direttiva dunque richiedendo l’intervento
nazionale, un basso livello di discrezionalità degli stati membri nella materia della concezione dello
status di rifugiato. Tant’è che si dice che quando un rifugiato viene qualificato come tale da uno
stato membro sulla base della direttiva qualifiche e della direttiva procedure che indica come
si fa ma il provvedimento lo emana lo Stato perché ha quella parte attuativa che compie un atto
declaratorio, non è un atto con cui esprime un potere di imperio perché decide su una questione,
semplicemente prende atto di requisiti che se sussistono, dunque dichiara che la persona è un
rifugiato.
Lo status di rifugiato non è uno status permanente ma dura finchè durano le condizioni che ne
hanno costituito il presupposto, quindi se vengono meno queste condizioni viene meno anche lo
status di rifugiato.

CONDIZIONI:
● rischio formato di subire persecuzioni, orizzontale o verticale, prima o dopo lo spostamento.
Questa ipotesi è particolarmente ampia, si richiede che la persona corra il rischio di essere
perseguitata o che magari sia già stata perseguitata e non voglia esserlo più; perseguitata
nel suo stato sia ad opera di altri privati (persecuzione orizzontale) sia ad opera dello Stato
(persecuzione verticale).
● se lo stato di origine o di residenza legale della persona che viene perseguitata non è in
grado di offrire protezione (specialmente se è lo stato stesso a perseguitare).

LEZIONE 12 VIDEO 3
Cos’è una persecuzione?
La persecuzione si concreta in atti specifici che vengono compiuti su una persona. Essi sono atti
che per contenuto possono rappresentare un grave pregiudizio per la persona e pertanto dei suoi
diritti fondamentali, atti che per natura o frequenza possono rappresentare una violazione grave
dei diritti fondamentali (diritto alla vita, divieto di tortura, schiavitù e principio di legalità)
Le fattispecie concrete sono:
● la privazione del diritto alla vita attraverso la pena di morte;
● la pena di tortura che corrisponde al divieto di tortura e ai trattamenti umani degradati
● la riduzione in schiavitù;
● violazione del principio di illegalità ossia la privazione all’individuo dei diritti che attengono
alla possibilità di avere giustizia;
Sulla qualificazione degli atti di persecuzione è intervenuta la Corte di Giustizia più volte (leggere
art.9 delle direttive etiche) La direttiva 2011/95 definisce, all’art. 9, gli atti di persecuzione come atti che
“(a) sono, per loro natura o frequenza, sufficientemente gravi da rappresentare una violazione grave dei diritti
umani fondamentali, in particolare dei diritti per cui qualsiasi deroga è esclusa a norma dell’articolo 15,
paragrafo 2, della CEDU” o costituiscono “(b) la somma di diverse misure, tra cui violazioni dei diritti umani,
il cui impatto sia sufficientemente grave da esercitare sulla persona un effetto analogo a quello di cui alla
lettera (a)” (vale a dire, il diritto alla vita, il divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti, la proibizione
della schiavitù e il principio di legalità).

La condizione per cui il paese di origine non è in grado di offrire protezione all’individuo dipende
dalla carenza in efficacia del sistema di protezione che questo stato è in grado di mettere in piedi.
Si deve fare una valutazione che consegue all’esame dell’ordinamento giuridico dello stato
d’origine, verificando che sia uno stato che offre delle garanzie ai propri cittadini e agli individui che
sono legalmente residenti e una particolare attenzione viene data alle tutele che vengono offerte
ad una persona.
Non sempre la verificata carenza può realizzare la condizione necessaria per diventare rifugiato.
Esiste un’alternativa prevista dal diritto dell’Unione ossia quella della fuga interna: se l’individuo è
in grado di spostarsi all’interno del suo paese di origine in una zona in cui, invece, è effettivamente
possibile la sua protezione, non è realizzata una condizione per la protezione per l’'individuo.
Se la fuga interna avviene in luogo verso la quale vengono meno quelle condizioni di persecuzione
allora si può concedere lo status da rifugiato.
della protezione nel Paese d’origine

• Valutazione che guarda all’ordinamento giuridico e della sua capacità di proteggere i


diritti fondamentali dell’uomo

• Però, alternativa della ‘fuga interna’ verso una zona del Paese che sia sicura e
accessibile da parte dell’interessato (attenta valutazione delle informazioni ufficiali)

Quando è esclusa la concezione la protezione internazionale?


Ci sono due ipotesi che sono in linea con la convenzione di Ginevra e un'ipotesi che è sganciata
dalla convezione di Ginevra.
Le due ipotesi legate alla convenzione sono:
● l’individuo ha la possibilità di ottenere una protezione internazionale in modo alternativo da
parte dell’ONU ma non dall’alto commissariato dei rifugiati, qualora sia possibile non viene
concesso lo status di rifugiato dentro l’unione europea. Quando la protezione offerta in
ambito ONU è una protezione che viene meno, può essere concessa la protezione
europea.
● Non è concesso lo status di rifugiato perché ricorre una condizione di indegnità personale.
L’individuo può aver commesso crimini internazionali, terrorismo o può aver favoreggiato
dei terroristi, questa condizione costituisce una forma di indegnità che ostacola
l’ottenimento della protezione internazionale. Questa valutazione non è mai semplice
perché esistono vari tipi di reati e quindi deve essere effettuata una valutazione caso per
caso ma soprattutto c’è un grande limite ossia il principio di non refoulement. Questo
principio è professato dalla convenzione di Ginevra: un individuo non può essere restituito
al paese di origine laddove là rischi delle forme di persecuzione
L’ulteriore forma prevista dall’Unione riguarda la pericolosità dell’individuo per lo stato di
destinazione. Se quell’individuo particolare, una volta giunto nello stato membro pone problemi di
pericolosità sociale.

Esclusione dalla protezione

Due ipotesi in linea con la convenzione di Ginevra:

• Possibilità di ottenere una protezione alternativa (ambito ONU, ma non l’Alto


Commissariato per i rifugiati), finché dura ( protezione UE)

• Situazioni soggettive di indegnità (es., crimini internazionali, terrorismo e suo


favoreggiamento), da valutare individualmente permane però il non refoulement

Ulteriore ipotesi oltre la convenzione di Ginevra:

• Pericolosità dell’individuo per lo Stato di destinazione (che comunque mantiene la


tutela minima apprestata dalla convenzione di Ginevra, refoulement)

LEZIONE 12 VIDEO 4

Protezione sussidiaria

• Prevista dal diritto dell’UE (oltre la convenzione di Ginevra) in assenza di persecuzioni


ma in presenza di potenziale grave danno alla persona

• È una garanzia in più a favore dei cittadini degli Stati terzi

• Può essere concessa se non è attribuibile lo status di rifugiato (dunque, è alternativa)

La protezione sussidiaria è prevista soltanto dall’Unione, questa protezione è stata adottata per i
cittadini degli stati terzi quando questi non hanno rischio di soffrire di persecuzioni ma comunque
possono subire un grave danno. Non si può avere contemporaneamente la protezione sussidiaria
e lo status da rifugiato. La protezione sussidiaria è una protezione di tipo alternativo quindi viene
concessa allo straniero che ha chiesto lo status da rifugiato e non se l’è visto riconoscere per
mancanza di presupposti ma magari ciò che gli è successo o quello che gli può succedere, può
essere un valido presupposto per ottenere la protezione sussidiaria.
Un grave danno può essere un pregiudizio alla vita personale, c’è un forte aggancio al diritto
internazionale dei diritti umani. Ci sono tre espressioni in cui si può trovare un grave danno:
1. la pena di morte
2. tortura e trattamenti inumano
3. minaccia alla vita in una situazione di conflitto armato (caso di guerra civile)
Esclusione della protezione di tipo sussidiario
Per avere la protezione sussidiaria, anche se non si è commesso un reato grave nello stato in cui
si chiede questo tipo di protezione, viene usata comunque la fedina penale.
1) Cause simili (ma non identiche) a quelle relative allo status di rifugiato (Anche se esse sono
due protezioni diverse, molti aspetti sono regolati in maniera del tutto analoga.)
2) Nel caso della commissione di reati gravi, non c’è limitazione geografica (che, invece,
sussiste nel caso dei rifugiati)
3) Inoltre, non c’è protezione sussidiaria se lo straniero fugge dalla giustizia del suo Paese

Protezione temporanea
La protezione temporanea è destinata agli sfollati quindi ad un gruppo di persone che
abbandonano il loro paese e che fuggono da un pericolo, muovendosi così in altri stati senza
sapere quando potrà tornare nel proprio paese. La possibilità che rientri la situazione di crisi fa sì
che questo tipo di protezione sia temporanea, testimonianza di questa temporaneità è data dalla
concessione della protezione di un anno e inseguito prorogabile di un altro anno proprio perché si
considerano i tempi di normalizzazione del paese di origine.
Bisogna tener conto che quanto un paese entra in crisi interviene la comunità internazionale
cercando di districare il nodo in pochi anni o altre volte bastano pochi mesi, pertanto questo termine
di durata della protezione risulta pienamente applicabile. Se la normalizzazione del paese avviene
prima della scadenza della protezione temporanea viene anche meno quest’ultima.
A differenza della protezione sussidiaria, la protezione temporanea è cumulabile con le altre forme
di protezione. Inoltre, lo status di protezione temporanea vale in tutti gli stati membri dell’unione.
Non c’è prassi per questo tipo di protezione, per concedere questo tipo di protezione è necessaria
una decisione del consiglio ma non è mai stata attuata. La direttiva 55 del 2001 che interviene
sempre in materia di sfollati prevede che qualora questa ipotesi di passaggio di un grande numero
di persone si deve prevedere la distribuzione di equa solidarietà di ripartizione delle responsabilità
tra gli stati dell’unione europea allo Schengen attualmente. Questa distribuzione deve seguire dei
criteri statali e individuali, individuali come ad esempio la salvaguardia dell’unità familiare: non
bisogna separare i minori dagli adulti etc..
E po criteri stati ossia bisogna tener conto della qualità effettiva di ciascun stato membro di poter
accogliere gli individui.
Protezione temporanea

• Destinata agli sfollati, cioè coloro che, collettivamente, abbandonano il loro Paese
senza possibilità di rimpatrio a breve periodo

• Dunque, gruppi di persone e protezione provvisoria (1 anno, rinnovabile di 1) in attesa


della «normalizzazione» del Paese d’origine à rispetto a tale evento può cessare
anticipatamente

• È cumulabile con altre forme di protezione internazionale

• Vale in tutti gli Stati dell’UE (cd. «status europeo»)

• Non c’è prassi attuativa (à decisione del Consiglio) – la dir. 2001/55 prevede che la
distribuzione deve tenere conto di più elementi individuali e ‘statali’

LEZIONE 12 VIDEO 5

Esistono poi ulteriori forme di protezione non europee:

1) gli stati membri possono ampliare il novero di beneficiari della protezione concesso dall’UE,
l’UE chiede che venga concesso agli individui che presentano i requisiti in quanto si
realizzano condizioni di persecuzione o grave danno
2) gli stati possono decidere, se non decidono di ampliare il novero dei destinatari dell’UE, di
istituire una propria protezione di tipo complementare, concepita a livello nazionale e
destinata ai cittadini di stati terzi.
Quali sono i diritti generali dei beneficiari di protezione internazionale? Riguardano
principalmente il tipo di trattamento che lo straniero riceve nel momento in cui richiede protezione
internazionale. Anche qui i diritti del richiedente sono allineati da quanto prevede la convenzione
di Ginevra sui rifugiati, anche se è stata inserita la previsione che per ragioni di ordine pubblico,
pubblica sicurezza e sanità pubblica, possono esserci delle riduzioni dei diritti concessi ai
richiedenti di protezione internazionale.

Per quanto riguarda il pacchetto standard dei diritti del richiedente c’è sempre

1) il diritto a non essere restituito, ossia il diritto di appellarsi al principio di non Refoulement
2) diritto di soggiorno presso lo stato in cui chiede protezione internazionale, per sé e per i
propri famigliari
3) altri diritti detti “in più” come unità del nucleo famigliare, accesso al lavoro, istruzione,
possibilità di circolare nello stato ospitante- su base paritaria nazionale (efficacia diretta) o
con gli altri stranieri. Il trattamento del richiedente di protezione internazionale viene messo
alla pari con i cittadini che lo stato che lo ospita e gli altri stranieri. Ci sono altri diritti
aggiuntivi relativi all’assistenza sociali e al ricongiungimento familiare.

studio individuale

• Diritto all’assistenza sociale (pp. 86-87)

• Diritto al ricongiungimento familiare (pp. 87-91)

Sono soggetti esclusi dalla protezione internazionale, non soltanto gli individui che non hanno
le condizioni per poterla ottenere, ma anche coloro che hanno un legame con un paese che si può
definire “sicuro”, il presupposto è che il paese da cui si arriva sia “rischioso”. Per individuare gli
stati sicuri ci sono 4 elementi da tenere in conto:

● Stato terzo sicuro: paese che fa parte dell’UE dove non ci sono rischi e hanno attuato il
ReFoulement
● Paese terzo europeo sicuro: riguarda gli stati europei che non fanno parte dell’UE che
presenti le stesse garanzie del paese terzo sicuro
● Paese di primo asilo: paese non europeo che ha concesso asilo alla persona che poi
chiede protezione internazionale all’UE, che gli viene negata
● Paese di origine sicuro: qualora individuo arriva dal suo paese di origine ritenuto sicuro non
c’è bisogno di fornire protezione internazionale, salvo che l’individuo non possa
documentare la rischiosità del suo paese.

LEZIONE 12 VIDEO 6 LO STATUS DI RICHIEDENTE

La tutela a favore del richiedente protezione internazionale:

● Riguarda coloro che hanno richiesto protezione, senza che sia ancora intervenuta una
decisione definitiva
● Garantisce il suo accesso effettivo alla protezione
● I richiedenti possono restare regolarmente nello Stato ospitante che esamina la domanda
di protezione
● In caso di esito negativo, il soggiorno dura fino alla scadenza del termine per ricorrere o
fino all’esito del ricorso
● Nel caso di più richieste di protezione ritenute inammissibili, può venir meno il soggiorno
● È comunque fatto divieto di refoulement
● I richiedenti possono restare regolarmente nello Stato ospitante che esamina la domanda
di protezione
● In caso di esito negativo, il soggiorno dura fino alla scadenza del termine per ricorrere o
fino all’esito del ricorso
● Nel caso di più richieste di protezione ritenute inammissibili, può venir meno il soggiorno
● È comunque fatto divieto di refoulement
lo status di colui che ha presentato una domanda di protezione internazionale sussidiaria o
temporanea ma non ha ricevuto una decisione relativa alla sua domanda, tale persona si definisce
richiedente, invece se fosse intervenuta la decisione sarebbe beneficiario o non beneficiario. È
uno status tra la domanda e la decisione relativa alla sua domanda con la quale bisogna prevedere
le sue condizioni e la sua permanenza nello stato che lo ospita, questo costituisce la garanzia per
la persona di avere sia i requisiti che l’accesso effettivo alla protezione internazionale. Nel periodo
tra la domanda e la decisione, l’individuo può rimanere nello stato ospitante e che sta esaminando
alla sua domanda.

Nel caso in cui la domanda porti ad un esito negativo, il soggiorno resta sempre un diritto, ma
fintanto che sia possibile mettere in discussione la decisione di esito negativo. Quando le richieste
di protezione internazionale sono tante e sono tutte inammissibili, può venire a meno anche il diritto
di soggiorno.

Alla persona spettano anche dei diritti di accoglienza, in particolare:

1) diritto di informazione sui benefici connessi allo status di richiedente


2) diritto alla documentazione attestante dello status di richiedente
3) residenza e circolazione nello stato ospitante,
4) diritto alla tutela dell’unità familiare presente, ovvero non può farsi raggiungere dalla
famiglia, che vive al di fuori dello stato nel quale è ospitato
5) accesso al mercato del lavoro.

Lo stato che lo sta ospitando deve garantire anche le condizioni materiali della sua accoglienza.
Può essere previsto anche il pagamento di indennità giornaliera, che è decisa a livello nazionale e
non europeo.

Lo Stato ospitante deve garantire delle condizioni materiali di accoglienza:

• Sostentamento minimo dignitoso (es., vitto, alloggio, spese giornaliere, etc)

• Importo giornaliero deciso a livello nazionale, ma corrispondente a un minimo


atto a garantire un livello dignitoso di vita e a preservare l’unità familiare

• Non viene concesso a coloro che dispongano di proprie risorse sufficienti

Questo tipo di trattamento può essere ridotto o revocato:

Riduzione

• in via eccezionale, in caso di temporaneo esaurimento delle capacità di alloggio

• sicuramente in caso di mancato rispetto delle condizioni poste per il riconoscimento


della protezione

Revoca

• «abuso» (es., occultamento delle risorse che, se emerse, non darebbero diritto ai
benefici)

Tali misure sono adottate con decisione individuale, motivata e rispettosa di esigenze
specifiche(ed è anche impugnabile!)

.LEZIONE 12 VIDEO 7

Il fenomeno di minori non accompagnati, cioè all’ipotesi in realtà piuttosto frequente che lo
straniero sia minorenne e arrivi da solo (quindi non accompagnato da familiari) che chiedano asilo.

Innanzitutto lo stato che sta ospitando il minore si deve mobilitare al fine di poter rintracciare i
familiari, anche per comprendere perché non è accompagnato (va compreso quindi il motivo per
cui non è accompagnato e se ci sono delle persone che hanno la sua responsabilità in termini
quanto meno familiari).

Accudimento nel rispetto del principio del «best interest del minore: in attesa di decidere sulla sua
condizione di beneficiario di protezione internazionale ed eventualmente realizzare il
ricongiungimento familiare che gli spetterebbe come diritto quando fosse dichiarato titolare di
protezione internazionale riunendo così l’unità familiare, anche con parenti a lui vicini.

Il minore non accompagnato come tutti i minori deve essere accudito in maniera particolare, c’è
una convenzione internazionale molto importante che è la convenzione di New York del 1984 sui
diritti del Fanciullo che detta le regole internazionali riguardanti i diritti e i pochissimi obblighi che
hanno i minori.

Professa un principio fondamentale Best Interest del minore

In principio vuole che ogni qualvolta si assuma una decisione su un minore il primo criterio da
guardare è sempre qual è il suo migliore interesse e successivamente possono essere prese in
considerazione altri elementi. Il primo obiettivo a cui guardare è che la decisione realizzi ciò che è
interesse per il minore sicché è piuttosto facile comprendere che nei caso dei minori non
accompagnati, lo stato che li sta ospitando deve predisporre tutte quelle misure necessarie a
realizzare l’interesse dei minori stessi. Comunque la loro collocazione in strutture che possono
garantirgli oltre che vitto e alloggio che sono basilari ma anche l’istruzione, la formazione e
sostegno psicologico se necessario, tutto ciò che possa risultare utile a realizzare la forma migliore
possibile il soggiorno del minore non accompagnato nello stato ospitante.

LEZIONE 12 VIDEO 8

Il trattenimento del richiedente protezione internazionale che riguarda un’ipotesi molto


specifica:Il richiedente non sia inserito nel contesto sociale del paese ospitante perché non ha un
alloggio, un lavoro e non beneficia della libertà di circolazione come tutti gli altri individui presenti
nello stato ospitante ma che venga privato della libertà di circolazione e che pertanto sia costretto
in un posto (che sia un posto gestito dallo stato, che sia un’abitazione nella quale ha la consegna
di rimanere, non beneficia della libertà di spostamento che di norma è concessa al richiedente
protezione internazionale).

Può avvenire in due casi:

1. In via del tutto eccezionale e sulla base di una valutazione individuale possono esserci
diverse cause per cui si richiede che l’individuo in attesa di capire se benefici della
protezione internazionale, non possa beneficiare della fondamentale libertà di circolare.
2. Il trattenimento del richiedente avviene soprattutto se non sono possibili delle misure
alternative per conseguire il medesimo fine.

Perché si trattiene un richiedente protezione internazionale (c’è un elencazione pressoché


esaustiva nel diritto dell’unione):

1. Necessità di identificare il richiedente : va trattenuto perché altrimenti non è possibile


identificarlo, se non è possibile identificarlo non sarà possibile neanche il prosieguo della
pratica relativa alla protezione internazionale che ha richiesto. L’individuo previdentemente
sprovvisto di documenti è necessario trattenerlo per poter giungere alla sua identità (fermo
restando che l’individuo ha già chiesto protezione internazionale).
2. Accertamento dei requisiti per la protezione che richiedano la presenza ovvero si può
trattenere un individuo al fine di rispondere sulla sua domanda di protezione internazionale
sia necessario che sia presente per poter verificare la sussistenza dei prerequisiti (ciò che
si vuole prevenire sostanzialmente è il rischio che la persona scappi).
3. La necessità di decidere sul diritto del richiedente a entrare nello stato ospitante, si può
porre anche questo caso in termini di necessità.
4. Nelle more di una procedura di rimpatrio, se l’individuo non ottiene protezione
internazionale va rimpatriato per tale motivo può essere trattenuto.
5. Ragioni di sicurezza nazionale o ordine pubblico.
6. Rischio notevole di fuga ai fini dell’accertamento della competenza e del trasferimento,
ipotesi che dovendo definire la competenza a decidere sulla domanda di protezione
internazionale (quindi materia legata regolata dal regolamento Dublino III), il rischio di fuga
impedisca di accertare la competenza dello stato che dovrà decidere sulla domanda di
protezione internazionale che può non essere anche quello in cui fisicamente si trova il
richiedente protezione internazionale trattenuto.

Il richiedente trattenuto ha dei diritti procedurali e giurisdizionali perché ogni qualvolta si limita il
diritto di un individuo bisogna dargli la possibilità di difendere il proprio diritto davanti a una sede,
a un’autorità o un giudice.

Non è possibile limitare i diritti di un individuo e non dargli la possibilità di difendersi, quindi
necessariamente quando avvengono queste misure di carattere restrittivo sugli individui si attivano
dei diritti di carattere giurisdizionali e procedurali.

Per quanto riguarda i diritti procedurali: Il richiedente trattenuto ha diritto a un provvedimento


scritto e motivato che lo dichiara trattenuto e pertanto essendo un provvedimento nazionale scritto
e quindi necessariamente motivato è un provvedimento che può essere sindacato davanti a un
giudice se si presume che sia illegittimo. Ha diritto all’informazione relativa alla sua condizione di
trattenuto in una lingua che gli sia comprensibile, questo perché non tutti usano lingue veicolari
piuttosto che in una lingua dello stato che lo sta ospitando.

Per quanto riguarda invece i diritti giurisdizionali (cioè più sostanziali):

Il trattenuto ha diritto a un provvedimento di trattenimento legittimo (il provvedimento di


trattenimento deve essere ossequioso della legge delle norme europee) ed emanato da una
pubblica autorità (quindi deve essere qualcosa di formale, non può essere la parola di qualcuno
piuttosto che non la condotta di un privato a renderlo trattenuto, deve essere il provvedimento di
un’autorità pubblica competente).

Ha diritto che il provvedimento sia riesaminato e pertanto il trattenimento può essere che sia
necessario in questo momento ma non sia necessario in un momento successivo perciò il
provvedimento stesso (di questo se ne cura l’autorità nazionale) va periodicamente riesaminato
per vedere se rimango le condizioni per la sua esistenza.

Ha diritto all’assistenza legale fondamentale di ogni persona.

Dove avviene il trattenimento?

- Di norma avviene in appositi centri (cioè in centri di accoglienza di richiedenti trattenuti) ma


può avvenire anche in carcere (che pone un problema perché la struttura carceraria è una
struttura con una finalità diversa rispetto a un centro di accoglienza), in tal caso quando lo
stato non è in grado di garantire il centro di accoglienza ma può ospitare richiedenti
trattenuti in carcere, deve fargli un’area separata da i detenuti tanto che rispetto all’area da
cui è separata quella dei trattenuti vede le persone esercitare più diritti rispetto a quelle dei
detenuti (se in un carcere si separano i richiedenti trattenuti e i detenuti, i richiedenti
trattenuti hanno maggiori diritti rispetto ai detenuti, per cui ad esempio i richiedenti trattenuti
possono ricevere visite piuttosto che avere accesso alle informazioni).
- I soggetti vulnerabili vanno gestiti in maniera accurata, delicata e assolutamente adeguata
al tipo di vulnerabilità (se il trattenimento riguarda un minore, c’erano anche altre categorie
di soggetti vulnerabili, ad esempio i portatori di handicap). Le condizioni di trattenimento
sono chiaramente diverse rispetto agli individui non vulnerabili, quindi in quanto tali sono
meno esposti a rischi rispetto all’incolumità personale, è molto difficile che per soggetti
vulnerabili si arrivi alla loro collocazione di trattenimento in carcere oppure in un’area
separata rispetto a quella dove invece ci sono gli altri detenuti.

Diritti procedurali e giurisdizionali del richiedente trattenuto

• Procedurali: diritto a un provvedimento scritto e motivato, diritto all’informazione in una


lingua comprensibile

• Giurisdizionali: diritto a un provvedimento di trattenimento legittimo ed emanato da


una pubblica autorità, diritto al riesame del provvedimento, diritto all’assistenza legale

Condizioni del trattenimento

• Avviene in appositi centri o in carcere (in area separata dai detenuti, tanto da
beneficiare di maggiori facilitazioni [es. visite, accesso alle informazioni])

• Soggetti vulnerabili: particolari e maggiormente curate condizioni di trattenimento (si


pensi ai minori)

LEZIONE 12 VIDEO 9

criteri di competenza a decidere sulla domanda di protezione internazionale.

Noi abbiamo una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente e presso uno
stato, ma non è detto che quello stato sia necessariamente competente ad esaminare la domanda,
questo perché la normativa Europea, in particolare il regolamento 304/2013 Dublino 3 che
abbiamo già citato, stabilisce dei criteri di definizione della competenza a decidere sulla domanda
di protezione internazionale e non sono pochi criteri, così come non è semplice e immediato
stabilire quale stato abbia la competenza a decidere sulla domanda.

C'è di base un criterio che va definito ovvero che la competenza a decidere su una domanda di
protezione internazionale è sempre soltanto di un solo stato, non è possibile dunque che la
competenza sulla stessa domanda riguardi più stati; va stabilito semplicemente quale stato
membro ha la competenza, dopodiché soltanto quello se ne deve occupare emanando una
decisione finale, in relazione alla richiesta di protezione internazionale. Questo significa che esiste
un sistema di mutua fiducia tra gli stati membri tale per cui rispetto alla competenza a decidere
solo domanda di protezione internazionale gli altri Stati membri non competenti dovranno fidarsi di
ciò che stabilisce questo stato perché esiste la possibilità che lo stato venga riconosciuto e dunque
conseguono di diritti tra cui quello di circolazione che poi porterà la persona a spostarsi all'interno
dell'area Schengen.

Presupposti formali

1) che sia stata presentata una domanda di protezione internazionale

e lo step immediatamente successivo da parte dello stato che l’ha ricevuta non è immediatamente
di istruire il procedimento, perché sappiamo che non è così scontato che lo stato a cui è stata
presentata la domanda sia competente, dunque

2) la prima cosa che deve fare lo stato che riceve la domanda è stabilire se sia competente,
ovvero prendere la decisione sulla sua competenza. Se ai sensi dei criteri stabiliti dal
regolamento Dublino 3, è competente, dovrà decidere sulla richiesta di protezione
internazionale, altrimenti la dovrà devolvere e quindi attribuire allo Stato che in applicazione
dei criteri di Dublino, risulti effettivamente competente a decidere sull'istanza dello
straniero.

I criteri sono legati alla principale responsabilità che lo Stato competente ha rispetto al richiedente
di protezione internazionale, dunque può essere che lo Stato di primo arrivo non sia per forza
quello competente soltanto perché è quello di primo arrivo, potrebbe essere che in ragione della
principale responsabilità del richiedente, la competenza non appartenga allo stato di primo arrivo
ma appartenga ad un altro Stato. Dunque ciò che valorizza Dublino 3 in termini di criteri della
competenza è di stabilire un legame effettivo tra il richiedente e la sua situazione individuale e la
posizione dello stato che effettivamente può esercitare la competenza in ragione di vari elementi.

I criteri sul piano generale sono tre e vanno applicati in ordine gerarchico, questo vuol dire che, per
come sono indicati le proprie slide, si considera prima il criterio No1. Poi il successivo eccetera.

Quali sono i criteri sulla competenza?

• sono criteri ‘blindati’: il richiedente non può decidere a quale Stato membro rivolgerla

• sono criteri legati all’idea della principale responsabilità sul richiedente protezione
internazionale

LEZIONE 12 VIDEO 10

Il primo criterio: fissa la competenza in capo allo stato che risulta idoneo al ricongiungimento
familiare. E pertanto viene valorizzato l'elemento della salvaguardia dell'Unità familiare; questo
significa che in uno stato membro sono già presenti i familiari del richiedente e per ragioni di
principale responsabilità, necessariamente sulla domanda di protezione internazionale deve
decidere lo Stato su cui sono già presenti questi familiari. Esistono vari sottocriteri che servono a
declinare meglio questo criterio di natura generale (leggere attentamente a pag.112-113). Qualora
il richiedente sia un minore non accompagnato, va tenuto conto del loro Best Interest. Il Best
Interest ha trovato la sua prima enunciazione nella convenzione di New York dell'84 sui "diritti dei
fanciulli" e costituisce ormai un caposaldo del Diritto Internazionale. Essendo il criterio del Best
Interest del minore, legato anche alla presenza di familiari e ancor più criterio dello Stato, idoneo
a realizzare ricongiungimento familiare, risulta applicabile. Se questo criterio non è valorizzabile,
perché non c'è un ricongiungimento da effettuare, si passa al secondo criterio.

Secondo criterio: è competente allo Stato Membro che ha concesso il soggiorno o il visto di
ingresso.

Questo perché la principale responsabilità dello Stato Membro rispetto al richiedente di protezione
internazionale sta nel fatto che lo stato ha già messo il richiedente attraverso un titolo che consenta
di soggiornare o che consenta di entrare nel caso del visto. Questo tipo di criterio valorizza non
soltanto quei titoli di soggiorno e ingresso disciplinati dal diritto dell'UE ma anche le ipotesi in cui il
titolo sia rilasciato sulla base di una protezione ulteriore che lo Stato offre ai cittadini degli stati terzi
attraverso titoli di soggiorno di diritto interno.

Se neanche questo criterio è applicabile, si passa al successivo, ovvero l’ipotesi di 3 livello: lo


Stato Membro di Primo Ingresso Illegale.

In questo caso quello che normalmente nella percezione è indicato come stato membro
competente, è l'ipotesi di terzo livello rispetto ai caratteri generali indicati dal regolamento di
Dublino 3. In questo caso, atteso che va valorizzata la responsabilità principale dello Stato verso i
richiedenti, in termini di primo ingresso dell'Unione area Schengen, bisogna fare anche una
valutazione di tipo temporale: non è eterna la competenza dello Stato di primo ingresso, ma questo
tipo di criterio deve essere apprezzato nell'arco temporale di 12 mesi dal momento dell'ingresso,
dopodiché decade la competenza dello Stato di primo ingresso e questo perché magari il
richiedente si è spostato all'interno dell'area. Ora, ci sono state delle ipotesi di cronaca e
giuridicamente discutibili circa il favoreggiamento degli Stati membri dell'Unione area Schengen
rispetto a questo tipo di criterio. (pag. 114-116 leggere con attenzione) la Croazia (area di confine
area schengen) ha consentito il transito su tutto il suo territorio in modo che arrivasse in un altro
Stato Membro e potessero qui presentare domanda di protezione internazionale. Questo è un
modo per aggirare il criterio del primo Stato di ingresso illegale, che è senz'altro sanzionabile, non
solo sotto il profilo giuridico, ma anche sotto il profilo delle opportunità. Criteri generali, da applicare
in ordine (gerarchia di criteri):

• Stato membro idoneo al ricongiungimento familiare (à salvaguardia della famiglia) – con vari ‘sottocriteri’
(p. 112-113)

• attenzione: in caso di minori non accompagnati, va tenuto conto del loro best interest

• Stato membro che ha concesso il soggiorno o il visto di ingresso

• vale anche per autorizzazioni al soggiorno di diritto interno (dunque, non solo di diritto dell’UE)

• Stato membro di primo ingresso illegale

• criterio da apprezzare entro 12 mesi dall’ingresso illegale – sul ‘favoreggiamento’ da parte di Stati membri,
si veda l’approfondimento di pp. 114-116

LEZIONE 12 video 11

Alcuni criteri speciali di attribuzione della competenza soccorrono i criteri generali laddove questi
risultino difficilmente applicabili.

alcuni criteri speciali si applicano al fine di garantire la vita familiare, laddove sussista una
dipendenza (economica o di altro tipo):

• del richiedente rispetto ai familiari legalmente residenti

• Dei familiari rispetto al richiedente

La residenza legale dei familiari determina la competenza dello Stato membro

Questo vale ancor di più nella riunione familiare quindi laddove si debba realizzare una forma di
ricongiungimento e altresì sussiste una forma di dipendenza economica o di altra natura, ad
esempio di tipo assistenziale.
In famiglia esistono forme di assistenza che vanno al di là del fatto che un familiare sia a carico ma
che debba essere materialmente assistito, allora esiste l’ipotesi che rispetto a familiari legalmente
residenti già in area Schengen (familiari del richiedente), esista una forma di dipendenza del
richiedente rispetto ai familiari che per tanto di richiedente abbia bisogno di familiari, o dei familiari
rispetto al richiedente, quindi sono già presenti ma rappresentano una forma di dipendenza da
parte del richiedente. In questo caso l’elemento della dipendenza deve essere assolutamente
valorizzato e detta un criterio dell’attribuzione della competenza allo stato dove deve avvenire la
riunione familiare perchè innanzitutto l’unità familiare è la ragione per cui questo criterio esiste in
presenza anche di una dipendenza economica, e poi perché essendoci già dei familiari legalmente
residenti è chiaro che lo stato dove questi già si trovano legalmente risulta competente a decidere
sulla domanda di protezione internazionale.

Ci sono però delle eccezioni (deroghe)

1. Uno Stato membro può discrezionalmente dichiararsi competente al posto dello Stato membro che, per regola,
è competente (clausola discrezionale)
• Presuppone la presentazione di una domanda di protezione nello Stato non competente
per regola

• Tale facoltà può basarsi su motivi politici, umanitari o di opportunità (pragmatici)

2. ‘seconda clausola umanitaria’: uno Stato membro che riceve la domanda di protezione può, per esigenze
familiari, chiedere a un altro Stato membro nel quale vivono i familiari del richiedente di assumersi la
competenza – criterio sottoposto all’assenso del secondo Stato
Ai criteri generali e ad alcuni criteri specifici che soccorrono quello appena illustrato ci sono delle
eccezioni che giuridicamente si definiscono “deroghe”, la deroga alla regola è l’eccezione alla sua
applicazione praticamente:
- 1° tipo di eccezione: uno stato membro può discrezionalmente dichiararsi competente al
posto dello stato membro che per regola è competente, e si chiama clausola
discrezionale. Quindi siamo di fronte all’ipotesi in cui applicando Dublino 3 e i criteri
previsti, un certo stato sia competente, ma in maniera discrezionale anche un altro stato
può dichiararsi competente sollevando quello stato che lo dovrebbe essere dal compito di
occuparsi di decidere sulla domanda di protezione internazionale.
Questa potrebbe essere l’ipotesi in cui lo stato di primo arrivo decide di ritenersi competente
laddove invece sarebbe competente un altro stato che magari ha rilasciato un visto
d’ingresso o un titolo di soggiorno.
Questo tipo di ipotesi si verifica laddove la domanda di protezione internazionale è stata
avanzata in uno stato che non sarebbe competente ma che alla fine decide
discrezionalmente di ritenersi tale e di decidere sulla domanda.

Questa discrezionalità trova sempre un collegamento con delle ragioni specifiche che
possono essere motivi politici, perché vi sono forme di persecuzione in base all’ideologia
politica posseduta dal richiedente, piuttosto che umanitari, perché sfugge a scenari di crisi,
piuttosto che non di opportunità pragmatiche... cioè può essere che poi sia molto più
semplice che lo stato teoricamente non competente arrivi a decidere sulla domanda di
protezione internazionale assumendosi la competenza al posto dello stato che dovrebbe
essere competente.
- 2° tipo di eccezione: c’è poi una seconda clausola umanitaria per cui uno stato membro
che riceve una domanda di protezione internazionale può per esigenze familiari ancora una
volta di ricongiungimento familiare alla salvaguardia dell’unità familiare forniscono un
criterio di rimette per decidere sulla competenza di uno stato membro a chiedere ad un altro
stato membro, nel quale vivono i familiari del richiedente, di assumersi la competenza.
Allora in questo caso ciò che esprime questa seconda clausola umanitaria è che si realizzi
una forma di solidarietà tra stati per cui anche se uno stato riceve una domanda di
protezione internazionale questo può chiedere ad un altro stato dove esiste un altro
collegamento con il richiedente ovvero l’esigenza familiare di assumersi la competenza di
decidere sulla domanda di protezione internazionale. Questo criterio però non è
automatico, cioè non è come uno dei criteri precedentemente esposti che trova
applicazione per il semplice fatto che sono scritti in un regolamento dell’Unione, in quanto
proprio le regole del diritto dell’Unione prevedono che questa cessione della competenza
di decidere sulla protezione internazionale sia sottoposta all’assenso quindi al consenso
dello stato a cui è richiesto di farsi carico della domanda di protezione internazionale.

Nel caso in cui i menzionati criteri non offrano soluzioni sulla competenza, esistono dei criteri residuali:

1. Primo Stato membro di presentazione della domanda


2. Stato in cui si svolge la procedura di determinazione della competenza

Se nemmeno tutti questi criteri nella loro articolazione forniscono una risposta sulle competenze a
decidere sulla domanda di protezione internazionale ci sono i cosiddetti “criteri residuali”, che
avanzano sostanzialmente, che diventano però attivi dopo aver fare operare i criteri di natura
ufficiale e questi sono due:
1. Primo criterio, è competente il primo stato membro di presentazione della domanda.
2. Secondo criterio, se il primo non funziona, è competente lo stato in cui si svolge la
procedura di determinazione della competenza.
Questo secondo criterio è importantissimo perché scavalca Dublino 3 in un certo senso,
l’ultimo criterio di definizione della competenza del decidere sulla domanda internazionale
è alla fine collegato allo stato a cui si presenta la domanda di protezione internazionale,
anche se questo deve ancora decidere sulla propria competenza. L’esito è che
sostanzialmente l’applicazione di tutti questi criteri porta alla fine in maniera automatica o
anche per assunzione discrezionale da parte di uno stato membro a definire quale sia lo
stato (che ricordiamo può essere solo uno) che ha la competenza di decidere sulla
domanda di protezione internazionale.

LEZIONE 12 video 12

Laddove si sia determinata la competenza di uno stato membro a decidere sulla protezione
internazionale e il richiedente si trova in un altro stato membro, bisogna prevedere il trasferimento
della persona dallo stato non competente allo stato competente.
Questo è un procedimento che deve svolgersi entro i termini di un tempo limitato oltrepassati i quali
lo stato in cui si trova il richiedente anche se non è lo stato competente diviene automaticamente
competente, in quanto si da per presupposto che la colpa sia dello stato ospitante che non ha
completato il trasferimento nei termini previsti.

Per quanto riguarda la procedura lascia alla sola lettura autonoma e attenta le pagine da 121 a
128, troveremo l'indicazione della procedura di trasferimento che non chiede all’esame ma la cui
lettura sarà utile a comprendere le modalità del trasferimento. (ma se in sede d’esame ne parli ne
tiene conto).

Il trasferimento del richiedente nello Stato membro competente

Presupposto: poiché il richiedente si trova in altro Stato membro, va trasferito nello Stato
membro competente

Il trasferimento è soggetto a termini, decorsi i quali lo Stato membro in cui si trova il


richiedente diviene lo Stato membro competente

Per quanto riguarda invece i diritti e le garanzie che sono offerte al richiedente della protezione
internazionale che deve essere trasferito è molto importante evidenziare due punti:

1. il richiedente ha diritto ad un'informazione precisa sul procedimento di trasferimento che lo


riguarda, e ciò deve avvenire in una lingua che sia a lui comprensibile e questo perché può
essere che non ci sia una lingua veicolare utile a comprendersi con il richiedente e che sia
quindi necessaria un’attività di mediazione linguistica e culturale.
2. il richiedente ha diritto ad un colloquio personale, perché nel corso di un colloquio personale
emergono anche le ragioni per cui il richiedente si è spostato e tiene di dover richiedere
protezione internazionale, perché ad esempio rischia una persecuzione o un grave danno.
Tutti questi elementi devono essere raccolti per strutturare un provvedimento nei confronti
del richiedente, e anche questo colloquio deve ovviamente avvenire nella lingua
comprensibile al richiedente.

Nel caso di minori si pone ancor di più l’esigenza di salvaguardare i diritti del richiedente
considerandone il best interest, ovvero il miglior interesse per il minore stesso.

Per poter realizzare il trasferimento si può rendere necessario, ma non è automatico, secondo i
casi previsti che ci sia il “trattenimento”, ovvero che la persona venga trattenuta in un luogo e le
venga chiesto di rimanere in un posto.
Questo tipo di provvedimento, che è funzionale al trasferimento, si realizza quando
1) c’è pericolo di fuga,
2) se sia il trattenimento necessario ad assicurare il trasferimento
(anche non per forza per questioni di fuga)
3) perché non sono possibili delle misure alternative.
Attenzione però, il pericolo di fuga non può essere valutato discrezionalmente e ampiamente a
seconda del caso, devono essere predeterminati dei criteri e ciò lo fa ogni stato membro in
attuazione del diritto dell’Unione in base ai quali stabilire quando sussiste o meno il pericolo di fuga.
Dunque l’adozione di questi criteri è obbligatoria per gli stati membri, costituisce un obbligo preciso
di adempimento della normativa europea.

Inoltre il trattenimento comunque indipendentemente dalla forma in cui avviene deve avere la
durata minore possibile e non superiore a quanto necessario per effettuare il trasferimento. Questo
perché il trattenimento non è una misura in sé che ha una sua ragione finale, ma è una misura di
carattere temporaneo ed eccezionale che è strumentale alla realizzazione del trasferimento, e per
tale motivo la sua durata deve essere ridotta il più possibile.
Tornando al provvedimento di trasferimento, che sia o no accompagnato dal trattenimento, è
molto importante sottolineare che il trasferimento è un provvedimento amministrativo, quindi
deve essere emanato da un’autorità pubblica in forma scritta e deve essere legittimo e motivato.
La mancanza di motivazione (e molta della motivazione emerge dalle informazioni ufficiali ma
anche dal colloquio personale con il richiedente di protezione) può determinare l’illegittimità
dell’atto e la sua impugnabilità, quindi il richiedente può impugnare l’atto di fronte al giudice
nazionale dello stato che ha emanato il provvedimento.
il provvedimento va notificato al richiedente: non basta che gli venga consegnato ma bisogna
ricevere l’attestazione (in genere la firma della ricevuta) che il richiedente ha nelle sue mani
ufficialmente il provvedimento, perché da questo momento, questo di chiama “dies a quo” in
linguaggio giuridico (giorno dal quale), decorrono i termini per il ricorso contro il provvedimento
stesso.

Questo tipo di provvedimento non può essere emanato prima che lo stato competente sia stato
accertato, noi sappiamo che è stata presentata la domanda di protezione internazionale ma lo stato
che la riceve deve decidere se competente perché può essere che un altro stato sia competente,
allora se deve avvenire un trasferimento prima l’altro stato prende in carico il richiedente e poi
avviene il trasferimento.
Tutto ciò al netto della possibilità del richiedente di protezione internazionale di impugnare, cioè di
fare ricorso davanti al giudice nazionale dello stato in cui si trova contro il provvedimento di
trasferimento perché lo ritiene illegittimo. E qua le fattispecie sono diverse, le ragioni per le quali
un provvedimento di trasferimento sia illegittimo possono essere diverse, ne elenca alcune:
- violazioni di criteri di competenza (può essere che si sia sbagliato lo stato verso il quale
deve essere trasferito il richiedente)
- rischi di violazioni dei diritti fondamentali negli stati interessati dal trasferimento (quindi può
essere che o nello stato dal quale parte il trasferimento o quello dove arriva il trasferimento
ci siano dei pregiudizi in termini di diritti individuali per il richiedente)
- aspetti di natura procedurale (a volte anche ritardi di tipo amministrativo comportano la
violazione dei termini previsti per legge il cui mancato rispetto comporta l’invalidità del
provvedimento).
In ogni caso come evidenzia sulle slides il fatto di presentare ricorso contro un provvedimento
di trasferimento determina degli effetti sospensivi, quindi non si può dare esecuzione al
provvedimento di trasferimento per la tempistica che è suindicata fintanto che il ricorso non si
chiude indicando se effettivamente il provvedimento di trasferimento debba essere attuato oppure
no.

Il capitolo in questione termina con l’evidenziazione dei limiti del sistema di Dublino e i possibili
correttivi, lascia tutto alla studio autonomo accompagnato da due link che possono facilitare
lo studio di questa parte (13 pagine).

Detto questo il sistema di Dublino ha presentato sin da subito dei limiti naturalmente e sono stati
posti dei piccoli correttivi che non sono soddisfacenti. Come vedete dai link, è in corso la riforma
del sistema di Dublino di cui si parla ormai da qualche anno perché il sistema approntato
sovraccarica determinati stati e non altri. Sicuramente bisognerà prevedere che anche se gli stati
di primo arrivano ( Italia, Grecia, Spagna, piuttosto che non Croazia) restano quello poi che si
ritrovano ad avere la maggiore responsabilità rispetto alle immigrazioni, deve essere comunque
previsto che ci sia un’equa ripartizione tra gli stati membri e poiché questa non si riesce a realizzare
nella riforma di Dublino che si sta prestando, viene fatta salva l’idea che uno stato si possa rifiutare
di ricevere una quota di immigranti ma se lo fa dovrà sostenere finanziariamente lo stato di primo
arrivo in cui i migranti si trovano, perché altrimenti gli stati di primo arrivo vanno al collasso di tipo
amministrativo ma anche finanziario, perché la gestione dei flussi migratori comporta anche un
investimento in strutture, procedure e anche personale che poi devono fronteggiarlo.

a seguire, un focus contenuto nelle slides, da leggere come approfondimento


(è ovviamente ben visto e valutato se volessimo farne riferimento in sede d’esame)

Il flusso di migranti e rifugiati in Europa ha mostrato il bisogno di una politica per l'asilo più
giusta ed efficace. La spiegazione nella nostra infografica.
Anche se i flussi migratori verso l'Europa sono notevolmente diminuiti rispetto al 2015 e al 2016,
l'Europa, per la sua posizione geografica e la sua stabilità, rimane un punto di arrivo per migranti
e richiedenti asilo, che si spostano a causa di guerre, cambiamenti climatici e povertà.

Affinché l'UE sia meglio preparata che in passato a ricevere migranti e richiedenti asilo e per
assicurare maggiore solidarietà e una più equa condivisione delle responsabilità fra i paesi UE, c'è
bisogno di una revisione delle regole europee sull'asilo e in particolare del regolamento di Dublino.
Quali sono le norme del regolamento di Dublino?

Il regolamento di Dublino è l’elemento centrale del sistema di asilo europeo e stabilisce quale sia
lo stato membro responsabile per l’elaborazione delle richieste di protezione internazionale. Il 6
novembre 2017 il Parlamento europeo ha confermato il mandato per i negoziati interistituzionali
con i governi europei per una revisione delle regole di Dublino.

Secondo quanto stabilito nella posizione del Parlamento, il primo paese di arrivo del richiedente
asilo non dovrebbe più farsi automaticamente carico di elaborare la richiesta di asilo.

Coloro che hanno un “legame effettivo” con un determinato stato membro dovrebbero essere
immediatamente trasferiti in quel paese. I richiedenti asilo per cui non sussiste alcun legame
effettivo nei confronti di un paese specifico dovrebbero invece essere equamente distribuiti tra tutti
gli stati membri. I paesi che si rifiutano di accogliere la loro quota di richiedenti asilo potrebbero
perdere i finanziamenti europei.

Gli eurodeputati ritengono che vadano rafforzate le misure di sicurezza e che ogni richiedente asilo
debba essere registrato al suo arrivo, effettuando anche un controllo delle impronte digitali usando
il database europeo.

Bisognerebbe rafforzare anche i provvedimenti a tutela dei minori e accelerare le procedure di


ricongiungimento familiare.Sebbene il Parlamento europeo sia pronto da novembre 2017 a iniziare
i negoziati per rivedere il sistema di Dublino, i governi europei non sono stati finora in grado di
trovare una posizione comune sulle proposte.
Secondo l’ultima relazione pubblicata dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati nel 2018 13.6
milioni di persone sono state costrette a lasciare il proprio paese a causa di persecuzioni, conflitti
o violenze, facendo salire il numero totale di sfollati e profughi nel mondo alla cifra record di 70.8
milioni. L’84% dei rifugiati in tutto il mondo è accolto da regioni in via di sviluppo.

Riforma del sistema di asilo dell'UE

Il sistema europeo comune di asilo (CEAS) stabilisce norme minime per il trattamento di tutti i
richiedenti asilo e di tutte le domande di asilo nell'UE. La crisi migratoria ha evidenziato la
necessità di riformare le norme dell'UE in materia di asilo. In base alle norme attuali, i richiedenti
asilo non sono trattati in modo uniforme in tutta l'UE e anche la percentuale di decisioni positive in
materia di asilo varia notevolmente tra i diversi paesi.

Di conseguenza, i richiedenti asilo viaggiano in tutta Europa e presentano domanda di asilo nei
paesi in cui ritengono di avere maggiori possibilità di ricevere protezione internazionale.

Nell'ambito di una riforma più generale delle norme dell'UE in materia di migrazione e asilo, il 23
settembre 2020 la Commissione europea ha proposto un nuovo patto sulla migrazione e l'asilo.
La proposta prevede un quadro europeo comune globale per la gestione della migrazione e
dell'asilo, comprendente diverse proposte legislative. Vi sono anche precedenti proposte legislative
del 2016 che non sono interessate dalla nuova proposta della Commissione e su cui sono già stati
compiuti progressi.

La riforma del sistema europeo comune di asilo mira a:

● istituire un quadro comune che contribuisca all'approccio globale in materia di gestione dell'asilo e
della migrazione
● rendere il sistema più efficiente e più resistente alla pressione migratoria
● eliminare i fattori di attrazione e i movimenti secondari
● lottare contro gli abusi e fornire un sostegno migliore agli Stati membri più colpiti

Proposte legislative avanzate

Le proposte legislative attualmente in discussione mirano a:

1) sostituire il sistema di Dublino con un nuovo sistema di gestione dell'asilo e della migrazione che
ripartisca meglio le domande di asilo fra gli Stati membri per mezzo di un nuovo meccanismo di solidarietà,
e garantire il tempestivo trattamento di tali domande

2) prevedere misure straordinarie e temporanee per affrontare situazioni di crisi e di forza maggiore nel
settore della migrazione e dell'asilo

3) rafforzare il regolamento Eurodac al fine di migliorare la banca dati UE delle impronte digitali per i
richiedenti asilo

4) istituire un'agenzia dell'UE per l'asilo a pieno titolo


5) introdurre un nuovo screening preliminare obbligatorio, comprendente l'identificazione, i controlli sanitari
e di sicurezza, nonché il rilevamento delle impronte digitali e la registrazione nella banca dati Eurodac

6) sostituire la direttiva sulle procedure d'asilo con un regolamento modificato per armonizzare le
procedure UE

7) sostituire la direttiva sulle qualifiche con un regolamento al fine di armonizzare i livelli di tutela e i diritti
dei richiedenti asilo

8) riformare la direttiva sulle condizioni di accoglienza al fine di garantire che i richiedenti asilo beneficino
di standard di accoglienza armonizzati e dignitosi

9) creare un quadro permanente dell'UE in materia di reinsediamento

LEZ 13 Video 1
Esistono due tipi di soggiorno legale nell’unione europea a beneficio dei cittadini degli stati
terzi: il soggiorno di breve durata e quello di lunga durata. In entrambi i casi sono previsti dai trattati
sull’unione europea nel caso della breve durata articolo 77 paragrafo 2 del TFUE. Soggiorno di
lunga durata articolo 79 paragrafo 2 TFUE, nel momento in cui questi due soggiorni sono previsti
dal diritto primario è necessario emanare normative derivata per dare attuazione delle discipline.
tra le due possibilità, il soggiorno di lunga durata è quello che ha ricevuto una disciplina di lunga
durata un pochino più carente, migliore è quella del soggiorno di breve durata.
Ad ogni modo si tratta di una disciplina che ha bisogno di attuazione nazionale e questo perché è
in buona parte formata da direttive e per tanto quel tipo di atto che è suscettibile di attuazione
nazionale per poi risultare poi direttamente applicabile nell’ordinamento giuridico degli stati membri.
La circostanza che esista una competenza europea nella definizione di tipi di soggiorno legali area
Schengen, non completa tutte le possibilità che la normativa disciplinata può derivare, ci sono delle
materie che sfuggono alla competenza europea: tra queste materie due sono particolarmente
importanti per questioni anche emergenziali. Anzitutto restano nelle competenze i volumi di
ingresso: ciascuno stato può stabilire e normalmente gli stati lo fanno nella comunità internazionale
fino a che punto può essere accogliente e a quel punto qual è il volume sostenibile di migrazione
di cui può farsi carico facendo seguito a successive integrazione nella società nazionale la
valutazione è tale per cui gli stati considerano di non poter garantire integrazione laddove arrivasse
un flusso tale non gestibile e per tanto possono essere stabiliti dei volumi di ingresso.
Resta poi nella competenza nazionale la disciplina dell’acquisto della cittadinanza, il diritto
dell’unione anche a fronte dell’arrivo dello straniero, straniero che permane legalmente dopo tanto
tempo, non può definire quando quest’ultimo può chiedere la cittadinanza dello stato che lo sta
ospitando, esiste però un riflesso europeo; nel momento in cui un individuo riceve la cittadinanza
di uno degli stati membri dell’unione europea questo diviene anche cittadino dell’unione europea.
Quali sono gli atti principali di questa parte sullo ius migrandi?
- CFS Il codice frontiere Schengen perché l’area Schengen regola il soggiorno legale
- La direttiva 2011/98 direttiva sul permesso unico a beneficio degli stranieri
- La direttiva 2003/109 sui soggiornanti di lungo periodo
- La direttiva 2003/86 sul ricongiungimento familiare-> collegato all’individuo che si sposta
che è un fattore di integrazione è omni presento
- CAAS accordi internazionali dell’area Schengen
- direttive settoriali-> a contenuto specifico riguardanti ipotesi specifiche.
condizioni e durata del soggiorno: I soggiorni brevi hanno una durata massima di 90 giorni e
per poter usufruire di un soggiorno breve bisogna possedere un visto Schengen, che viene
rilasciato dalle autorità nazionali presso stati terzi, ambasciate e consolati. prima si acquisisce il
visto e poi si entra in area Schengen. Per i periodi lunghi la durata dipende dalla direttiva settoriale
che entra in gioco, queste direttive sono diverse nel senso che forniscono una disciplina relativa
ad un'attività specifica che lo straniero che entra nell’unione area Schengen ha intenzione di
svolgere.
condizioni e durata del soggiorno

• soggiorni brevi (max 90 giorni): Visto Schengen

• soggiorni lunghi: varie direttive, che distinguono in base all’attività che lo straniero
svolgerà in uno Stato membro, con ampio margine di attuazione a livello nazionale

Video 2
Una ipotesi molto diffusa di soggiorno legale è direttamente collegata alle ipotesi di lavoro, la
persona straniera viene in unione europea perché intende lavorare, il soggiorno di lavoro in realtà
è stato interpretato estensivamente comprendendo altre attività ovvero lo studio.
Soggiorno per motivi di lavoro

• Dir. 2011/98 (disciplina generale)

• Permesso unico (lavoro e soggiorno)


• Parità di trattamento (poco derogabile)

• Direttive settoriali (discipline specifiche: studio, ricerca, studenti)

• Attenzione alle esigenze di ordine interno che possono impedire l’ingresso di stranieri

Questo tipo di soggiorni hanno due tipi di discipline di riferimento quella generale ovvero 2011/98
che è quella di più ampio respiro e che prevede il permesso unico sia per lavoro che per soggiorno
quindi un permesso che tutti gli stati dell’area Schengen devono poter rilasciare con un margine di
discrezionalità nell’attuazione della direttiva stessa e soprattutto la disciplina 2011/98 professa un
principio importantissimo ovvero quello della parità di trattamento, ovvero nel momento in cui lo
straniero rientra legalmente nel territorio dell’unione europea area Schengen per motivi di lavoro
su base paritaria ha diritto ha tutto ciò a cui hanno diritto i cittadini dello stato che lo ospita oppure
legalmente residente, non può essere trattato diversamente senza cause che lo giustifichino tipo
la commissione di reati.
La parità di trattamento è un principio generale del diritto dell’unione, attiene direttamente al
principio di non discriminazione e oggi viene considerata una norma internazionale. Accanto alla
direttiva 2011/98 ci sono le direttive settoriali, nel caso si tratta di un soggiorno di lavoro bisogna
vedere quale lavoro si deve svolgere e quindi prendere la direttiva di riferimento. Ciò che accomuna
le direttive settoriali è la previsione secondo cui l’ingresso in unione europea area Schengen può
impedito allo straniero che tuttavia possiede i requisiti previsti dall’unione europea qualora vi siano
esigenze di ordine interno di varia natura.

Il soggiornante:

• ha diritto al permesso di soggiorno, rinnovabile su sola richiesta

• Può essere sottoposto a misure di integrazione (non ‘condizioni’) che lasciano però
impregiudicato lo status ottenuto

• La scadenza del permesso di soggiorno non fa venir meno lo status (che, invece,
viene meno in casi specifici)

• Può essere allontanato per ragioni di ordine pubblico

• Ha diritto alla parità di trattamento in molti aspetti della vita quotidiana

• Può circolare e trasferirsi nell’Area Schengen


lezione 13 video 3

Rispetto al soggiornante di lungo periodo, il diritto dell’Unione prevede condizioni di accesso di


diritti connessi all’individuo che abbia già ottenuto questo status.

Il soggiornante di lungo periodo

• Soggiorno per almeno 5 anni (no assenze superiori a 6 mesi e, in generale, più di 10
nel quinquennio)

• Status quale strumento di integrazione sociale

• Possesso di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento, e di assicurazione


di malattia (requisiti non ampliabili)

• Possibilità di porre, a livello nazionale, una ‘condizione di integrazione’ (es, lingua e


cultura locali) e il possesso di un alloggio

Innanzitutto prevede che per poter acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo, il soggiorno
deve durare almeno 5 anni. Non devono essere 5 anni senza interruzioni, sono consentite delle
assenze, ma queste assenze non possono mai essere superiori a 6 mesi di durata e comunque in
generale nel quinquennio lo straniero non deve totalizzare assenze superiori a 10 mesi.
Questo perchè il soggiorno di lungo periodo viene considerato e apprezzato sulla base dell’effettiva
presenza sul territorio ed è stato stabilito questo parametro numerico.
La circostanza di acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo rappresenta un fattore, uno
strumento di integrazione perché una volta che uno straniero diventa soggiornante di lungo periodo
fluisce di più diritti rispetto alla condizione precedente e vive sempre più realmente come tutte le
altre persone che vivono nello Stato ospitante.

Per poter ottenere questo status sul piano puramente materiale è richiesto che lo straniero
disponga di risorse stabili e regolari, questo in genere è collegato al possesso di un lavoro, ma non
basta che abbia un lavoro perché queste risorse devono essere sufficienti al sostentamento e
quindi avere un lavoro ed essere pagati non è sufficiente, se la paga poi non è sufficiente per poter
vivere e sostentarsi autonomamente. E, comunque, lo straniero deve essere in posssesso di
un’assicurazione di malattia. Questo è un requisito che riguarda tutte le forme di immigrazione,
anche interne all’Unione europea, anche quando il cittadino dell’Unione si sposta da uno Stato
membro ad un altro Stato membro deve comunque possedere un’assicurazione di malattia e
questo perché si vuole evitare il collasso dei sistemi di assicurazione previdenziale sanitario degli
Stati membri in cui arrivano degli stranieri.

Il possesso di requisiti relativo alle risorse stabili, regolari e sufficienti, nonché l'assicurazione di
malattia, sono requisiti non ampliabili cioè sono previsti dal diritto dell’Unione. Questo vuol dire che
in sede attuativa gli Stati non possono aggiungere ulteriori requisiti riguardanti aspetti puramente
materiali. Possono invece, talora è accaduto, porre una condizione di integrazione oppure anche il
possesso di un alloggio.

Condizione di integrazione
E’ capitato che tra alcuni degli Stati membri abbiano fissato come regola per acquisire lo status di
soggiornante di lungo periodo, lo svolgimento di un test piuttosto che di una prova che rivelasse il
grado di conoscenza della lingua e della cultura dello Stato che li ospitava. Questa è una scelta
puramente nazionale, il diritto dell’unione europea tace al riguardo, anche perché è una condizione
in più, non appartiene a quelle non ampliabili però è una condizione che tendenzialmente può
sfavorire l'acquisto dello status di soggiornante di lungo periodo. Detto questo è anche vero che
dopo 5 anni è ragionevole supporre che uno straniero sia assolutamente in grado di sostenere
questa condizione di integrazione.

Una volta che lo status di soggiornante di lungo periodo è stato ottenuto, il soggiornante ha dei
diritti. Innanzitutto ha diritto al permesso di soggiorno e pertanto è difficile negare il permesso di
soggiorno ad un soggiornante di lungo periodo, anche se ha già soggiornato con altri permessi di
soggiorno.
Quando ne chiede il rinnovo, non c’è una valutazione discrezionale, il rinnovo avviene
semplicemente su istanza cioè: presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno
➜automatico rilascio del permesso di soggiorno. Sempre che ovviamente non intervengano cause
di ordine pubblico per cui: non deve commettere reati, non deve costituire in alcun modo un
pericolo, perché chiaramente si svelerebbe che l’integrazione non si è realizzata adeguatamente.

Una volta acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo, il soggiornante stesso può essere
sottoposto a una misura di integrazione, che non è come le condizioni di integrazione viste prima
che servono per acquisire lo status di soggiornante di lungo periodo, ma è una misura ex-post
perché lo status è stato già conseguito. In questo caso la prassi riferisce di corsi, soprattutto, di
lingue, cultura e riguarda quegli Stati che non pongono la condizione per acquisire lo status ma
che la pongono dopo.
In ogni caso, il fatto che la misura di integrazione non sia realizzata/il corso non sia passato/ la
prova non sia stata superata, non tocca lo status ottenuto perché lo status è regolato dal diritto
dell’unione europea e gli Stati membri non possono mettere in discussione i presupposti. Possono
prevedere la misura di integrazione ma questa misura non ha effetti sullo status europeo.

Lo stesso vale per il permesso di soggiorno, che è un diritto ed è rinnovabile su richiesta e nel
momento in cui scade, di per sé, anche se non c’è una richiesta non fa venir meno lo status e la
ragione è esattamente quella delle misure di integrazione ovvero:
- il permesso di soggiorno è un provvedimento di soggiorno nazionale, disciplinato dalle
norme nazionali, ma lo status di soggiornante di lungo periodo è uno status europeo,
previsto dal diritto dell’unione europea e pertanto il decadimento di uno status nazionale
non può determinare automaticamente la messa in discussione dello status acquisito sulla
base di norme europee.

Piuttosto lo status viene meno per altre ragioni, casi specifici, però sono casi legati alle condizioni
di acquisto dello status, che potrebbero essere fraudolente. Quindi è chiaro che laddove i
presupposti per chiedere lo status di soggiornante di lungo periodo siano minati, siano viziati è
chiaro che lo status di conseguenza lo è allo stesso modo.

Il soggiornante di lungo periodo, sebbene tale, può come tutti gli altri stranieri essere allontanato
per ragioni di ordine pubblico dallo Stato che sta occupando e in realtà se poi ciò non accade,
fortunatamente, perché non costituisce motivo di preoccupazione per l’ordine pubblico, nella vita
quotidiana ha tutti i diritti che su base paritaria vengono garantiti ai cittadini dello Stato ospitante.
Ma il tutto non si risolve nel territorio nazionale che lo ospita in quel momento perché il soggiornante
di lungo periodo, e questo è estremamente importante, ha diritto di circolazione e soggiorno
nell’area Schengen. Quindi una volta che il soggiornante di lungo periodo ha acquisito tale status
in uno Stato membro, poi se vuole incomincia a circolare liberamente in area Schengen potendosi
trasferire da uno Stato Schengen a un altro Stato Schengen e questo è un diritto particolarmente
importante.

Video 4t ato: 0%
Si pone il problema del ricongiungimento familiare, perché l’arrivo dello straniero, in possesso
di un valido titolo, pone il problema della sua potenziale solitudine, pertanto si deve prevedere la
possibilità di potersi riunire con la famiglia che è rimasta nel paese di origine.

Se arriva una coppia di persone ciascuna saranno separatamente uno straniero soggiornante
legalmente nel territorio dell’unione alla Schengen e pertanto ci saranno due operati.

La disciplina del ricongiungimento famigliare per lo straniero, che poi intende stabilmente
permanere in area Schengen, non può riguardare i visti di breve periodo, ma solo quelli di lungo
periodo (direttiva 2003, 86).

Per poter chiedere il ricongiungimento familiare il tipo di soggiorno deve avere almeno durata
annuale, considerata l’annualità solare come periodo minimo dopo il quale è ragionevole
concedere allo straniero il ricongiungimento con la famiglia. Questo tipo di ricongiungimento vale
anche per i rifugiati, i quali sebbene non si siano muniti di un visto Schengen, comunque non sono
in posizioni irregolari. Lo stesso invece non vale per i beneficiari di protezione sussidiaria e
temporanea.

In materia di requisiti per ottenere il ricongiungimento familiare, c’è un grande margine di


discrezionalità degli stati in attuazione della direttiva e pertanto ci possono essere delle condizioni
aggiuntive posti dagli stati, come la disciplina del lungo periodo che è particolarmente carente sul
piano derivato e c’è una maggiore discrezionalità per gli stati membri, però, nella misura in cui gli
stati membri pongono delle condizioni aggiuntive esse devono essere interpretate restrittivamente,
quindi non devono essere tali da arrivare ad ostacolare il ricongiungimento familiare nel lungo
periodo e in ogni caso devono tenere salva l’esigenza di mantenere l’unità familiare, le condizioni
aggiuntive non devono arrivare a disgregare i nuclei familiari.

Sui requisiti di diritto internazionale ci sono 4 pagine che ci chiede di studiare


individualmente, solo un’attenta lettura.

Un altro aspetto di grande discrezionalità di cui godono gli stati membri sta nel fatto che il
ricongiungimento famigliare che di norma può avvenire dopo un anno di permanenza in uno stato
membro, può essere prolungato fino a tre anni da parte degli stati membri se questo avviene in
sede di attuazione della direttiva, trascorso questo tempo più lungo può avvenire il
ricongiungimento familiare. Questa è una condizione penalizzante, ma la disciplina del soggiorno
del lungo periodo è carente e lascia un ampio margine di discrezionalità e qualora la legge
nazionale attuativa preveda termini maggiori non sia in contrasto sul piano normativo con le regole
prevista dalla direttiva a lungo termine è legittimo e deve essere osservato. Anche per i familiari
vale quanto vale per lo spostamento di persone, sia che siano cittadini dell’unione che si spostano
fra stati membri sia che siano stranieri che arrivano in UE area Schengen, ovvero può l’ingresso
non essere consentito per ragioni di ordine pubblico, sicurezza o sanità pubblica.

In caso in cui lo straniero riesca a ricongiungersi con la famiglia, la direttiva 2003\86 individua due
tipi di familiari:

- famigliari più stretti a cui deve essere riconosciuto in ricongiungimento (coniugi e figli minori non
coniugati). Gli ordinamenti giuridici degli stati terzi non sono tutti uguali, quindi la situazione può
essere complessa in alcuni casi, un esempio è il matrimonio poligamo che in alcuni stati terzi è
costituzionalmente legittimo ma nell’UE non esiste, ed è per questo che quando va riconosciuto il
ricongiungimento a questi individui, il ricongiungimento viene riconosciuto solo alla prima moglie e
ai figli minori non coniugati avuti con la prima moglie. In questi casi però la direttiva lascia enormi
lacune perché il ricongiungimento non è riconosciuto ai figli avuti a partire dalla seconda moglie
anche se il rapporto genitore-figlio è un rapporto di sangue, in questi casi l’UE cerca di riconoscere
il ricongiungimento il più possibile così da non minare il rapporto che c’è tra genitori e figli. La
normativa inoltre suddivide le tipologie di figli in base all’età (ci invita a leggere pag. 208-209 per
vedere questa suddivisione senza necessità di imparare a memoria, giusto per avere l’idea)
- famigliari di ascendenti di primo grado (genitori a carico), figli adulti non coniugati e conviventi
stabili, in questo caso esiste la facoltà del ricongiungimento e non l’obbligo per come avviene nei
parenti stretti. Una volta che i parenti sono arrivati nello stato ospitante acquisiscono dei diritti:
l’accesso al lavoro e tutti i vantaggi sociali (diritto all’istruzione, salute…).

La loro presenza dipende dal fatto che sono ricongiunti ad uno straniero legalmente residente,
quindi dipendono dal titolo di soggiorno dello straniero e quando la permanenza dei familiari arriva
ai 5 anni, il parente prende autonomamente un titolo di soggiorno e si emancipa dal famigliare da
cui è stato raggiunto. L’unico problema a cui si può andare in contro è che il permesso di soggiorno
è sottoposto a disciplina nazionale, per cui ci possono essere delle diversità in base agli stati
membri presi in considerazione, è un tratto comune che dopo 5 anni di permanenza il permesso
sia autonomo. Il rilascio del permesso di soggiorno al familiare congiunto, che si è emancipato
perché è presente da più di cinque anni, può essere sottoposto a delle etiche di integrazione.

lezione 13 video 5

Concludo con alcune considerazioni sulla circolazione e il soggiorno di uno straniero legalmente
residente in un altro Stato membro rispetto a quello in cui è arrivato e si è trovato, possedendo un
titolo legale per farlo.
Innanzitutto questa possibilità di circolazione è ammessa dalla Carta dei diritti fondamentali ed in
particolare dall’articolo 45 paragrafo 2. Noi però sappiamo che la Carta dei diritti fondamentali è un
catalogo di diritti, pertanto necessita di normativa derivata per poter trovare espressione concreta
in una disciplina.
Perciò la disciplina dell’Unione, a livello derivato, è giunta e distingue delle ipotesi.
Per quanto riguarda la circolazione per breve periodo non si può parlare di soggiorno per breve
periodo, se è un breve periodo si tratterà probabilmente di una presenza temporanea e quindi
pertanto di facoltà di circolazione ➼ questa è a beneficio di:
➢ stranieri con visto uniforme, che è regolato dal diritto dell’Unione europea;
➢ stranieri non soggetti all’obbligo di visto, noi abbiamo visto che non da tutti gli Stati terzi è
necessario giungere con un visto Schengen per entrare in quanto esistono degli accordi tra
l’Unione e certi Paesi tali per cui non è necessaria questa formalità, basta il documento
d’identità;
➢ stranieri con titolo di soggiorno di lunga durata attribuito a livello nazionale, cioè i
soggiornanti di lungo periodo.

Quando invece si prende in considerazione il soggiorno di lungo periodo in un altro Stato terzo
qui bisogna sostanzialmente verificare cosa dicono le direttive dettagliate, perchè se si tratta di
lungo periodo si tratterà di una permanenza che comporterà lo svolgimento di un lavoro,
un'integrazione nella società locale quindi compreso mandare i figli a scuola piuttosto che non fare
sistematico accesso al sistema sanitario, comprare una casa che in genere è un investimento a
lungo termine. Allora qui cambiano le regole perché il soggiorno si prolunga e non è soltanto
circolazione ma circolazione e soggiorno, però non c’è una disciplina unica, ci sono le direttive
settoriali ciascuna per il tipo di attività che comporterà questo soggiorno di lungo periodo alle quali
bisogna comunque fare rinvio per verificare esattamente le condizioni e i beneficiari di tale diritto.
In ogni caso i soggiornanti di lungo periodo possono beneficiare della circolazione e soggiorno in
un altro Stato dell’Unione europea Area Schengen, anche se possono trovare un limite nello
spostamento perché lo Stato di destinazione fissa delle quote d’ingresso, un po’ come i volumi
d’ingresso relativi all’immigrazione che abbiamo già visto.

Anche questa forma di circolazione all’interno dell’Area Schengen può essere sottoposta a dei
meccanismi di calmiere quindi alla fissazione quantitativa di un certo numero di spostamenti che
possono essere sostenuti dallo Stato di destinazione.
Se il problema delle quote non si pone e si realizza la condizione di circolazione e del soggiorno,
si acquista lo status di soggiornante di lungo periodo nel nuovo Stato e lo stato di soggiornante di
lungo periodo che era precedentemente posseduto viene meno, viene perso, decade perchè c’è
n’è uno nuovo
Come nel precedente Stato con lo status di soggiornante di lungo periodo il beneficiario aveva
diritto di ricongiungimento familiare, nel momento in cui si sposta e acquisisce un nuovo status di
soggiornante di lungo periodo, perdendo il precedente, si porta comunque dietro il
ricongiungimento familiare quindi la famiglia non deve tornare nel Paese d’origine per chiedere il
ricongiungimento. La famiglia del soggiornante di lungo periodo si sposta con lui direttamente dal
primo Stato membro dell’Unione Area Schengen in cui si trova a quello nuovo di destinazione.
Questo naturalmente al netto delle ipotesi che questo spostamento avvenga dopo così tanti anni
che anche i famigliari hanno un autonomo titolo di soggiorno e pertanto non devono andare a
seguito ma anche loro si spostano utilizzando un diritto in capo a loro stessi.

LEZ 14
lez 14 video 1
in questa lezione teniamo conto dell’ipotesi in cui lo straniero sia presente in uno stato membro
irregolarmente. Los jus migrandi dell’ue comprende anche la lotta all’immigrazione clandestina (e
alla criminalità organizzata ad essa collegata), non solo in termine di respingimento per il non
possedimento di requisiti per essere protetti dallo stato, ma semplicemente l’immigrazione
clandestina è collegata alla criminalità organizzata perché si lega al traffico di persone e organizza
gli spostamenti illudendo i migranti, ponendoli in gravi difficoltà economica (sono infatti spesso
costretti a chiedere prestiti, sperando di entrare legalmente, ma alimentando invece associazioni
illegali clandestine).
Articoli da consultare: 82, 89 del trattato sul funzionamento dell’ue TFUE che trattano basi
giuridiche in merito alla criminalità organizzata.

Articolo 82

1. La cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione è fondata sul principio di ricono- scimento reciproco delle sentenze e delle
decisioni giudiziarie e include il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei setto ri di cui al
paragrafo 2 e all'ar- ticolo 83.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure intese a:

a) definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l'Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione
giudiziaria;
b) prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri;
c) sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari;
d) facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all'azione penale e
all'esecuzione delle decisioni.

2. Laddove necessario per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazio ne di polizia
e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensione tran-snazionale, il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire norme minime
deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria. Queste tengono conto delle differenze tra le tradi zioni
giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

Esse riguardano:

a) l'ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati membri;


b) i diritti della persona nella procedura penale;
c) i diritti delle vittime della criminalità;
d) altri elementi specifici della procedura penale, individuati dal Consiglio in via preliminare me- diante una decisione; per
adottare tale decisione il Consiglio delibera all'unanimità previa appro- vazione del Parlamento europeo.

L'adozione delle norme minime di cui al presente paragrafo non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre un livello pi ù
elevato di tutela delle persone.

Articolo 89

Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, stabilisce le condizioni e i limiti entro i quali le
autorità competenti degli Stati membri di cui agli articoli 82 e 87 possono operare nel territorio di un altro Stato membro
in collegamento e d'intesa con le autorità di quest'ultimo. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del
Parlamento europeo.
video 2
L’atto principe in materia di trattamento dello straniero regolare è la direttiva rimpatri (direttiva
2008/115) che ha il compito di realizzare in area schengen un’armonizzazione minima della
disciplina del rimpatrio e dunque una disciplina tendenzialmente simile in tutti gli stati dell’area
laddove però ogni stato mantiene una discrezionalità nella direttiva.
Essa lascia ampi margini di attuazione, a discrezione dello stato, disciplinato nei diritti fondamentali
della persona e il divieto di rimandare indietro una persona qualora essa rischi la sua incolumità
personale (diritto alla vita).La scelta gravosa agli stati definisce dunque che la presenza dello
straniero senza titolo legale possa essere reato;
La direttiva non esclude o consente la qualificazione del soggiorno come reato, purché non ostacoli
l'obiettivo della direttiva (il rimpatrio): non è possibile ostacolare il rimpatrio.
(assolutamente gradito! citare all’esame l’esempio italiano presente sul libro)

Chi sono i destinatari della direttiva rimpatri?


1) i cittadini di stati terzi, gli stranieri presenti nell'area schengen privi di un titolo legale di
soggiorno (non ne fanno parte i richiedenti di protezione internazionale, in quanto potrebbe
averne effettivamente diritto.. qualora la sua domanda sia rifiutata, sarà allora considerata
una presenza irregolare). In caso di rifiuto di protezione il soggiorno irregolare ne segue il
rimpatrio; se il richiedente fa ricorso contro la decisione di rifiuto, il rimpatrio sarà però
sospeso o posticipato (diritto di difesa)
2) I frontalieri (stranieri scoperti in prossimità di frontiere)
3) soggetti che hanno commesso un reato, in estradizione

Chi ne è escluso?
1) familiari stranieri di cittadini dell’ue che si sono spostati in un altro stato membro
(ricongiungimento familiare). Il cittadino dell’ue ha dunque effettuato il diritto di circolazione,
disciplinato dal diritto dell’ue, e poi abbia esercitato il diritto di ricongiungimento familiare. A
quel punto, lo straniero cittadino di stato terzo che ricongiunge un familiare cittadino dell’ue,
lo fa legalmente. Il problema sorge se il cittadino dell’ue non si sposta dal proprio stato
membro, poiché affinchè si possa imboccare il diritto dell’ue, bisogna appunto spostarci: in
tal caso, è successo di prendere comunque in considerazione il ricongiungimento familiare
sulla base di due criteri:
-che esistesse un legame di dipendenza tra il cittadino dell’ue e il familiare in modo
reciproco vs vs (esigenza di mantenere l’unità familiare). in tali circostanze la
giurisprudenza ha ammesso che il cittadino dell’ue che non si è spostato può esercitare il
diritto al ricongiungimento familiare e dunque il cittadino non rientra nella direttiva rimpatri.
(art 23 del TFUE: )

Ogni cittadino dell'Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha
la cittadinanza non è rappresentato, della tutela da parte delle autorità diplomatiche e consolari di
qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Gli Stati membri adottano
le disposizioni necessarie e avviano i negoziati internazionali richiesti per garantire detta tutela.

Il Consiglio, deliberando secondo una procedura legislativa speciale e previa consultazione del Par-
lamento europeo, può adottare direttive che stabiliscono le misure di coordinamento e cooperazione
necessarie per facilitare tale tutela.

-se non ci sono dipendenza fra il cittadino e il familiare o viceversa o non c’è esigenza, non
si genera dunque la circostanza di applicazione di diritto dell’unione.
Ciò non esclude però che uno stato membro autonomamente decida che in assenza
dell’applicazione del diritto dell’ue quando non sussista una forma di dipendenza
(assistenza) il cittadino di stato terzo possa ricongiungersi sulla base di una normativa
nazionale
2) cittadini di area schengen non ue, islanda, liechtenstein, norvegia, svizzera

VIDEO 3/4.
❖ Come avviene il rimpatrio?
La direttiva 1815 prevede che il rimpatrio avvenga in condizioni dignitose, col rispetto dei diritti
fondamentali. tutto ciò deve avvenire co-attivamente, ovvero nel rispetto dei diritti fondamentali
delle persone.

La direttiva prevede che ci siano due forme di rimpatrio:


❖ RIMPATRIO VOLONTARIO: la cui effettuazione è lasciata al consenso del destinatario,
quindi lo straniero volontariamente decide di rimpatriarsi entro il termine previsto, questa
forma di rimpatrio avviene in maniera leggera.
❖ RIMPATRIO CO-ATTIVO: devono essere messe in atto alcune modalità per realizzare il
rimpatrio dello straniero.

che si tratti di volontario o co-attivo, vi sono due step della procedura di rimpatrio:

❖ 1. Accertamento della presenza irregolare, che è il presupposto per poter poi rilasciarlo.
❖ 2. Decisione di rimpatrio, atto giuridico quindi deve essere motivato ed emanato con una
procedura equa, e in quanto tale è sicuramente impugnabile da parte dello Straniero
qualora ci sia il sospetto che il provvedimento non sia, in qualche modo, legittimo.

non è necessario rimpatriare lo straniero se ricorrono le condizioni di cui ha la direttiva, poiché lo


Stato membro nel quale lo straniero si trova irregolarmente, può decidere di concedergli un
permesso di soggiorno di tipo nazionale, quindi rilasciato al di fuori della disciplina dell’Unione.
questo può farlo per motivi caritatevoli, umanitari, politici, e in questo caso, lo straniero può
rimanere nel territorio dello Stato membro ma non deve essere rimpatriato, lo fa perchè interviene
una decisione nazionale non disciplinata dal Diritto dell’Unione e gli Stati membri sono liberi di farlo.

ci sono 3 ipotesi in cui il rimpatrio non deve essere necessariamente effettuato:


❖ 1. lo straniero ha un permesso di soggiorno rilasciato da un altro stato membro, e in questo
caso, trovandosi in uno Stato diverso da quello che ha rilasciato il permesso di soggiorno,
non deve avvenire il rimpatrio, ritorna nello Stato che gli ha dato il permesso di soggiorno.
❖ 2. lo Stato può essere accolto da altro Stato membro in base ad accordi bilaterali, tali per
cui non è necessario il rimpatrio ma lo straniero può essere spostato in questo secondo
stato membro, gli Accordi Bilaterali possono consentire questa eventualità senza la
necessità di rilasciare un permesso di soggiorno.
❖ 3. del permesso di soggiorno ne è stato chiesto il rinnovo e la procedura sia in corso, in
questi casi, la presenza irregolare non è dovuta alla volontà dello straniero di non possedere
i requisiti, quanto potrebbe essere dovuto da lungaggini amministrativi e pertanto, in questo
caso non si procederà all’automatica procedura di rimpatrio.

la decisione di rimpatrio può prevedere il divieto d’ingresso, ovvero l’impossibilità che lo straniero
ritorni dal luogo in cui è stato rimpatriato. va stabilito da quando decorre il divieto d’ingresso e
questo è un determinato momento che corrisponde al giorno in cui lo straniero è ripartito, dal
momento in cui lo straniero viene rimpatriato, decorre il divieto.

Dir. 2008/115 (rimpatri) e alcuni tipi di destinatari

• Trattasi di destinatari esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva

• Familiari stranieri di cittadini UE che si sono spostati in altro Stato membro (ricongiungimento familiare)
• Però: se il cittadino UE non si sposta, il ricongiungimento familiare può fondarsi sull’art. 20 TFUE sulla
cittadinanza UE
• Ampia giurisprudenza, ma …
• … considerazione della dipendenza
• … alta considerazione della vita familiare
• Infine, in assenza di spostamento o dipendenza, il familiare può essere rimpatriato (dir. 2008/115),
perché non trova applicazione alcuna altra norma

• sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva i cittadini (e loro familiari) di Stati Schengen non
UE (Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera)

• Altri destinatari individuati dagli Stati membri – lo consente la Dir. 2008/115

• Es, i frontalieri (stranieri scoperti in prossimità di frontiere)

• Es, soggetti in estradizione

Il rimpatrio

• La dir. 2008/115 prevede il rimpatrio in condizioni dignitose, dunque offre diverse possibilità (intensità
graduale crescente):

• Rimpatrio volontario (pp. 239-243 attenta lettura autonoma)

• Rimpatrio coattivo (con varie modalità, a seconda della situazione)

• 2 Step della procedura di rimpatrio:

• Accertamento presenza irregolare

• Decisione di rimpatrio (atto motivato, adottato con procedura equa)

• In alternativa al rimpatrio, lo Stato membro può rilasciare un permesso di soggiorno per motivi
caritatevoli, umanitari o di altra natura (protezione complementare)

• Inoltre, ci sono 3 casi in cui non deve essere adottata la decisione di rimpatrio

• Lo straniero ha un permesso di soggiorno rilasciato da altro Stato membro, nel quale lo straniero dovrà
recarsi pena il rimpatrio

• Lo straniero può essere accolto da altro Stato membro in base ad accordi bilaterali

• Il rinnovo del permesso di soggiorno è in corso (eventuali ritardi amministrativi

quanto tempo dura il divieto d’ingresso?


Non può essere a tempo determinato, margine di discrezionalità agli stati membri, anche se come
regola generale il divieto d’ingresso non può essere maggiore a cinque anni, può esserlo però se
ricorrono una di quelle eccezioni a cui siamo abituati (ordine pubblico, sicurezza pubblica oppure
sanità pubblica).
❖ il divieto d’ingresso non vale soltanto per lo stato che ha proceduto al rimpatrio, ma riguarda
tutto il territorio dell’Area Schengen, anche se uno Stato può esentarsi dal Divieto
d’Ingresso e consentirlo anche immediatamente dopo il rimpatrio, scelta puramente
nazionale.
❖ in ogni caso, il divieto d’ingresso deve essere previsto se lo straniero ha un termine per il
rientro volontario e non lo ha rispettato: in questo caso, allo straniero va data la possibilità,
va dato il consenso a rientrare volontariamente, gli era stato dato un termine per farlo, non
lo ha rispettato e allora, a questo punto, il rimpatrio è accompagnato dal divieto d’ingresso.
in altre ipotesi, il divieto d’ingresso può essere facoltativo, il provvedimento di rimpatrio può non
essere accompagnato dal divieto d’ingresso oppure sì, dipende dai casi che sono lasciati alla
discrezionalità, non ampia, degli Stati membri.
❖ qualora si giunga al rimpatrio di natura co-attiva quindi ad un allontanamento vero e proprio,
fisicamente, nel senso che lo straniero viene accompagnato da un vettore aereo(i voli
speciali).
❖ in ogni caso, il rimpatrio co-attivo è ostacolato qualora si preveda che lo straniero possa
subire, nel rimpatrio, un pericolo per la propria incolumità e per la propria vita, può avvenire
anche con il sostegno di FRONTEX, che è l’agenzia che fornisce sostegno e coordinamento
agli stati nella sorveglianza delle frontiere.
La decisione di rimpatrio può contenerlo, prevedendolo per un periodo di tempo determinato dal momento
(dies a quo) in cui lo straniero è ripartito

• Quanto tempo? Decidono gli Stati membri, ma al massimo 5 anni

• Oltre 5 anni nel caso di ragioni di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sicurezza nazionale)

• Validità: per tutti gli Stati membri (cd. dimensione europea) – però: uno Stato membro può
‘esentarsi’

Necessario se:

• Lo straniero ha un termine per rientro volontario

• Lo straniero non ha rispettato il termine assegnatogli per rientro volontario

Facoltativo se:

• Casi lasciati alla (circoscritta) discrezionalità degli Stati membri

Il rimpatrio coattivo (allontanamento) avviene fisicamente

1 Con vettore aereo (voli speciali)

2 Va rinviato per non refoulement o in ragione di esigenze specifiche

3 Possibile il sostegno di Frontex

Possibile il trattenimento in carcere in attesa del rimpatrio:

1 Non ha carattere penale, ma strumentale al rimpatrio – infatti lo straniero non


‘convive’ coi detenuti e ha durata minima possibile (6 mesi max, eventualmente
prorogabili per ragioni specifiche) – sui termini, lettura autonoma di pp. 257-261

2 Non si attua se sono possibili misure alternative (es., consegna del passaporto)

3 Di norma avviene in centri di permanenza temporanea

Facoltativo se:

- Casi lasciati alla (circoscritta) discrezionalità degli Stati membri

Condizioni di trattenimento:

• Rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo

• Best interest del minore (ambiente protetto, gioco, istruzione)

• Diritto di comunicare

• Diritto di visita

• Cure mediche adeguate (lo straniero è sotto la giurisdizione nazionale, che


deve garantire il diritto alla salute a tutti)

• Diritti processuali legati al provvedimento di rimpatrio (pp. 264-271 lettura


attenta)

in attesa che avvenga il rimpatrio di tipo co-attivo, può essere che lo straniero venga trattenuto in
carcere, una misura già vista e che deve sempre essere considerata come misura eccezionale,
nel senso che qualora ci sia necessità in vista del rimpatrio, di trattenere lo straniero in carcere,
questo non è un trattamento di tipo penale, ma di tipo strumentale: si rende necessario per poter
garantire che venga effettuato il rimpatrio, nel caso lo straniero dovesse scappare.
proprio perché non ha carattere punitivo la detenzione ma è un trattamento in una struttura
normalmente dedicata alla detenzione, con il solo fine di garantire il rimpatrio, lo straniero che deve
essere rimpatriato, sta in un’area diversa rispetto a quella dei detenuti, questo tipo di trattenimento
dev’essere circoscritto nel tempo, delimitato, ben contenuto, altrimenti diventa una forma di
detenzione.
❖ la possibilità più comune è che, in attesa del rimpatrio avvenga in centri dedicati, siamo di
fronte ad una ipotesi in cui il trattenimento in carcere, in attesa di rimpatrio o in misure
alternative, diventa possibile anche in altre ipotesi facolativo nelle ipotesi di legislazione
nazionale di attuazione della direttiva, quindi gli stati hanno la possibilità di individuare dei
casi sempre in maniera delimitata in cui il trattamento avviene.

Sulle Condizioni di Trattenimento: rispetto dei diritti fondamentali, di esigenze specifiche come il
trattenimento di un minore, alla sua necessità di istruirsi, giocare, quindi di creare un ambiente che
sia idoneo al trattenimento di una categoria come quella dei minori, e con diritto di comunicare e
diritto alla salute. Devono essere garantite allo straniero intrattenimento, cure mediche adeguate,
perchè lo straniero è sottoposto alla giurisdizione dello Stato membro finchè non avviene il
rimpatrio.
❖ naturalmente, spettano allo straniero tutti i diritti di tipo giudiziario collegati alla volontà di
farsi giustizia, rispetto ad un provvedimento che ci riguarda e che riteniamo illegittimo.

chi non è sostanzialmente rimpatriabile sempre secondo la direttiva, coloro che subiscono la
possibilità di ricevere pregiudizio, quindi rischia la vita, non può essere rimpatriato, in questo caso
lo Stato gli può riconoscere un titolo legale di soggiorno, oppure esiste la possibilità che il
provvedimento di rimpatrio non venga attuato finchè nel paese di rimpatrio esiste il pericolo per la
persona rimpatriata, pertanto si prevede in una ipotesi che uno sviluppo della situazione interna
nel paese di rimpatrio.

Potrebbe essere un’elezione politica e un cambio di governo,il quale consenta di effettuare il


rimpatrio. In questo caso bisogna attendere gli sviluppi dello stato dello straniero che in un certo
momento è poco rispettoso dei diritti fondamentali, per far sì che il provvedimento di rimpatrio
avvenga poichè nel tempo si verificano sviluppi interni, per cui il rispetto dei diritti fondamentali
viene invece garantito.
❖ in ogni caso, lo straniero che non è allontanabile per queste ragioni, ha diritto ad un proprio
documento, che gli consenta di poter vivere liberamente nello stato che lo sta ospitando, in
attesa del rimpatrio che attesti la sua posizione, altrimenti, agli occhi dell’autorità pubblica
risulterà uno straniero irregolare da rimpatriare.
❖ condizione da soggetto da rimpatriare in attesa del rimpatrio per diverse ragioni qualcosa
che gli consente una circolazione libera e l’assenza di ripetuti controlli.

cosa avviene nell’ipotesi in cui si ponga il problema di garantire il rimpatrio di colui che è già stato
trattenuto, ma non è stato potuto rimpatriare e pertanto è rimasto, ma ha terminato il trattenimento?
Se lo straniero ha già subito una forma di trattenimento, non ci può essere un secondo
trattenimento se il rimpatrio è stato rinviato.

lettura attenta 264-271

LEZ 15
LA DIMENSIONE ESTERNA DELLA POLITICA MIGRATORIA DELL’UE

In questa lezione affrontiamo l’ipotesi in cui l’UE nei suoi rapporti con l’esterno deve disciplinare
degli aspetti relativi alla migrazione. Lo Jus Migrandi dell’UE usa anche la leva della cooperazione
internazionale per regolare la materia. Questa cooperazione internazionale avviene tra l’UE e il
paese di origine dei migranti, con il quale è possibile stipulare degli accordi internazionali in materia,
oppure con organizzazioni internazionali competenti e ve ne sono molte, ad esempio le Nazioni
Unite hanno un alto commissariato per i rifugiati piuttosto che esiste nell’area delle Nazioni Unite
l’organizzazione internazionale dell’immigrazione, ma non sono le uniche che se ne occupano
specificamente, anche altre organizzazioni internazionali che hanno ambiti e materiali più vasti si
occupano di migrazioni.

Come avviene questa cooperazione internazionale?


- prima faceva riferimento agli accordi internazionali come ad esempio gli accordi di
riammissione
- ma una delle forme più comuni è il dialogo politico, che può avvenire a tantissimi livelli, a
livelli esecutivi e a livelli altamente politici dipende dalla levatura degli interlocutori.
Il dialogo politico getta le basi per poi stipulare accordi internazionali, perché prima ci si
accorda sul fatto di avere un obiettivo comune, e questo avviene in sede di dialogo, e
successivamente gli si da attuazione attraverso una stipula di un accordo, per esempio di
riammissione. Accordo che poi fa proprio gli obiettivi del dialogo politico.

➔ Accordi di Riammissione: sono accordi internazionali, stipulati ai sensi del diritto del diritto
internazionale tra 2 parti: l’organizzazione internazionale e uno stato, quindi sono accordi
bilaterali. Le due parti si accordano affinché ciascuna riammette i propri cittadini presenti
nel territorio dell’altro.
ipotesi: UE e Giappone, accordo di riammissione, il Giappone si impegna ad ammettere i
giapponesi presenti nell’Unione e viceversa l’Unione a riammettere i cittadini dell’Unione
nel proprio territorio quando ricorrano alla necessità di un rimpatrio.
L’ipotesi non è limitata soltanto ai propri cittadini perché gli accordi di riammissione possono
avere in progetto anche la riammissione di apolidi (coloro che sono senza cittadinanza ma
che prima stavano nel territorio di una delle due parti) o anche a cittadini di altri stati membri,
cioè esiste la possibilità che l’accordo di ammissione non riguardi soltanto i propri cittadini.
L’ipotesi dell’accordo di riammissione è un ipotesi piuttosto ricorrente ma non è l’unica
modalità per procedere a riammissione perché altre volte l’UE e lo stato terzo concludono
accordi di natura più ampia e generale di contenuto di respiro più generale ma inseriscano
una clausola di riammissione, cioè la riammissione non è l’oggetto di tutto l’accordo
internazionale, ma l’accordo internazionale comprende anche la riammissione perché
prevista e inserita una clausola di riammissione.

La riammissione quindi avviene attraverso due strumenti: o si fa un accordo di riammissione quindi


proprio un accordo dedicato alla riammissione dove si specifica che chi si riammette (cittadini
soltanto, cittadini di altri stati, apolidi), oppure c’è un accordo generale che riguarda varie materie
che comprende la riammissione.
L’Unione può stipulare questi accordi perché ha Treaty Making Power ma poi esiste una sua
competenza concorrente in materia e fa riferimento all’Art 79, par 3 sul TFUE.

La circostanza che vengano conclusi accordi di riammissione fa salvi gli effetti che accordi conclusi
in precedenza rispetto all’accordo di riammissione dagli stati membri possano avere efficacia.
Quindi l’accordo di riammissione non annulla tutti gli accordi internazionali che sono stati conclusi
precedentemente dagli stati membri.

E’ invece possibile che dal momento della stipula dell’accordo di riammissione gli stati membri
stipulino degli accordi di tipo attuativo dell’accordo di riammissione cioè che dettano i particolari e
questi vengono chiamati PROTOCOLLI DI ATTUAZIONE.
Sono aspetti molto attuativi su modalità pratiche di come avviene la riammissione, naturalmente il
Leitmotiv (??) è sempre il rispetto dei diritti fondamentali della persona, e questa si chiam a
clausola di non incidenza, cioè la riammissione non incide sulla necessità di rispettare i diritti
fondamentali della persona e questi accordi comunque non pongono pregiudizio a rispetto dei
trattati internazionali pertinenti, nel senso che possono riguardare la materia della riammissione
delle persone in forma di rimpatrio (come ad esempio la Convenzione di Ginevra quindi ancora
una volta il divieto di non-refoulment torna tra le ragioni imperative da rispettare).
I 3 possibili destinatari con riguardo al contenuto degli accordi di riammissione:
O l’accordo (o clausola di riammissione) riguarda soltanto i rispettivi cittadini delle parti, oppure
possono essere compresi anche cittadini di altri stati o apolidi se la controparte dell’UE ha in
qualche modo legittimato la loro presenza.
es. prendendo l’ipotesi dell’accordo di riammissione tra UE e Giappone, ciascuna parte
riammette i propri cittadini, ma si può prevedere che ciascuna parte riammetta anche
cittadini di altri stati membri se la parte in precedenza gli aveva rilasciato un titolo di
soggiorno, lo stesso vale per gli apolidi perché non hanno uno stato di cittadinanza ma
hanno delle residenze legali, e queste vengono rilasciate dagli stati e pertanto se una delle
due parti ha lasciato un titolo di soggiorno riammette la persona a cui ha rilasciato il titolo
di soggiorno; e lo stesso per quanto riguarda il visto d’ingresso.
Laddove una delle parti abbia rilasciato un titolo legale di ingresso e soggiorno ad un cittadino di
un altro stato della comunità internazionale, questa stessa parte che ha rilasciato il titolo si impegna
a riammettere tali cittadini.
Inoltre gli accordi di riammissione possono riguardare l’ipotesi in cui si riammettono cittadini di altri
stati o apolidi qualora questa riammissione serva per effettuare il transito per andare allo stato di
origine. Pertanto l’ipotesi del Giappone è poco praticabile, però un accordo di riammissione
ipotetico con la Cina potrebbe riguardare il transito di coloro che poi, cittadini della Mongolia o
legalmente residenti in Mongolia in quanto apolidi, utilizzino territorio cinese per andare in Mongolia
che è uno stato confinante.

Con riguardo ad altri tipi di accordi internazionali che l’Unione può stipulare nell’ambito della
dimensione esterna dello Jus Migrandi ci sono anche gli accordi di facilitazione del rilascio dei visti
cui il libro dedica poche righe (CHE CI INVITA A LEGGERE ATTENTAMENTE
AUTONOMAMENTE!!!)
Oltre agli altri accordi, c’è da leggere dal libro la parte della Cooperazione di Frontex e l'Agenzia
Europea per la gestione della migrazione con paesi terzi e l’organizzazione internazionale con
riguardo ai programmi di sviluppo e protezione regionale (sono circa 7 pagine da leggere
attentamente a fine di comprensione del fenomeno senza necessità che vengano appresi i
concetti).

Lo jus migrandi si avvale della cooperazione con:

• Paesi di origine dei migranti

• Organizzazioni internazionali competenti

Attraverso:

• Dialogo politico a vari livelli (condivisione di obiettivi)

• Accordi internazionali (es, accordi di riammissione)

Focus: gli accordi di riammissione

L’UE e lo Stato terzo si accordano per riammettere i propri cittadini, ‘altri’ cittadini o apolidi (possibile anche l’inserim ento
di clausole di riammissione in accordi internazionali di più ampio contenuto)

• Corrispondono a una competenza concorrente dell’UE (art. 79, par. 3, TUE)

• Sono fatti salvi gli accordi conclusi dagli Stati membri in precedenza

• Possibile che gli Stati membri si accordino col Paese terzo sugli aspetti attuativi (Protocolli di attuazione)

• Devono prevedere il rispetto dei diritti umani (clausola di non incidenza) e dei trattati internazionali pertinenti
(es, convenzione di Ginevra)

Tre diverse previsioni di contenuto


• Riammissione dei propri cittadini

• Riammissione di ‘altri stranieri’ e apolidi, se provenienti dal Paese terzo o da esso autorizzati con rilascio
di visto o permesso di soggiorno

• Transito degli stranieri verso il loro Paese d’origine

• Accordi di facilitazione del rilascio dei visti (par. 2.5, ultimo capitolo – pp. 290-291)

• Cooperazione di Frontex e di EASO con Paesi terzi e organizzazioni internazionali (paragrafo 3, ultimo
capitolo - pp. 291-295)

• I programmi di sviluppo e protezione regionale (paragrafo 4, ultimo capitolo - pp. 295-297)

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