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3. infine i trattati stipulati dal nostro Paese generalmente sono
oggetto di una legge ordinaria che ne ordina l'applicazione.
Quanto qui esposto è una formulazione in termini moderni della
teoria positivistica di Jellinek, che considerava il diritto
internazionale come il frutto di un'autolimitazione del singolo
Stato, poiché non esistono veri e propri mezzi giuridici per reagire
efficacemente ed imparzialmente alle violazioni delle norme
internazionali. Ciò che bisogna superare è però l'idea dell'arbitrio
del singolo Stato, altrimenti si legittimerebbe la possibilità dello
Stato stesso di sciogliersi liberamente in qualsiasi momento da
qualunque impegno internazionale.
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senso non sono soggetti del diritto internazionale gli Stati federati di
Stati federali (perché, anche se talvolta possono essere autorizzati
dalla Costituzione federale a stipulare accordi con Stati terzi,
devono normalmente avere il consenso del Governo centrale), né le
Confederazioni che è un'unione fra Stati perfettamente indipendenti
e sovrani, creata in genere per scopi di difesa.
Il requisito dell'indipendenza deve essere inteso con cautela: non
coincide con la perfetta possibilità di determinarsi da sé, poiché
l'interdipendenza è oggi una delle caratteristiche sempre più
marcate delle relazioni internazionali (stati satelliti, stati deboli,
stati con truppe straniere...). Bisogna allora intenderlo in senso
formale: è indipendente uno stato il cui ordinamento è originario,
cioè tragga la sua forza giuridica dalla propria Costituzione e non da
quella di un altro Stato.
Quando ricorrono i due requisiti, l'organizzazione di governo
acquista la qualità di soggetto internazionale automaticamente: non
è necessario il riconoscimento. Il riconoscimento, come anche il
non-riconoscimento, è un atto meramente lecito che attengono alla
sfera della politica ma non producono conseguenze giuridiche.
Generalmente infatti il riconoscimento da parte degli Stati
preesistenti serve per giudicare se il nuovo Stato "meriti" o meno la
soggettività per stipulare alleanze o altri rapporti.
Quando si richiedono altri requisiti come quello che il nuovo Stato
non debba costituire una minaccia per la pace e la sicurezza per la
pace, che il suo Governo goda del consenso del popolo e che non
violi i diritti umani, questi non sono necessari ai fini dell'acquisto
della soggettività internazionale, ma servono soltanto per
valutazioni politiche degli altri Stati per valutare se stringere
rapporti d'amicizia.
Sembra risolto anche il problema della soggettività del Governo
insurrezionale: gli insorti non sono soggetti del diritto internazionale
e il Governo c.d. legittimo potrà prendere i provvedimenti che
reputa più opportuni (fatti salvi però i movimenti di liberazione
nazionale). Se tuttavia i ribelli nel corso della guerra civile riescono
a dare vita ad un'organizzazione di governo che controlla
effettivamente una parte del territorio, la personalità non può
negarsi.
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Piena personalità bisogna poi riconoscere alle organizzazioni
internazionali, ossia alle associazioni tra Stati. La stessa Corte
Internazionale di Giustizia ha affermato: "L'organizzazione
internazionale è un soggetto di diritto internazionale, vincolato, in
quanto tale, da tutti gli obblighi che gli derivano da regole generali
del diritto internazionale, dal suo atto costitutivo e dagli accordi di
cui è parte".
PARTE PRIMA
LA FORMAZIONE DELLE NORME
INTERNAZIONALI
LA CONSUETUDINE
IV Diritto internazionale > La formazione delle norme internazionali
> La consuetudine
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Le norme generali del diritto internazionale che vincolano tutti gli
Stati, sono le consuetudini. Innanzitutto bisogna vedere cosa si
deve intendere per consuetudine: è un comportamento costante e
unifome tenuto dagli Stati, accompagnato dall convinzione
dell'obbligatorietà del comportamento stesso. Due sono quindi gli
elementi costitutivi: la diuturnitas (o meglio la "prassi") e l'opinio
iuris sive necessitatis. Questa impostazione cosiddetta
"dualistica" non ha trovato unanimità di consensi, ma è stata
criticata per aver considerato il secondo elemento come necessario.
In altre parole, per potersi parlare di consuetudine basterebbe
soltanto la prassi costante e uniforme, perché altrimenti si
ammetterebbe anche la consuetudine nata dall'errore (opinio iuris).
Tuttavia la prassi dei Tribunali internazionali e la giurisprudenza
interna sembrano orientati verso l'impostazione dualistica. Inoltre
gli Stati, per evitare che la sola prassi crei diritto, dichiarano che un
comportamento che stanno tenendo è determinato da mere ragioni
di cortesia e non può essere considerato come capace di creare una
norma o addiritture una desuetudine.
Quello che dobbiamo sottolineare è che, almeno al momento della
formazione della consuetudine, un comportamento non è sentito
come giuridicamente vincolante, bensì come socialmente dovuto. E
se mancasse l'elemento della opinio iuris sarebbe impossibile
distinguere una consuetudine produttrice di norme giuridiche da un
atto di mera cortesia, di cerimoniale o da un mero "uso".
L'opinio iuris inoltre permette di distinguere se un comportamento
di uno Stato sia diretto a modificare o abrogare una determinata
consuetudine attraverso la formazione di una desuetudine, dal
comportamento che costituisce invece un illecito internazionale.
Le consuetudini particolari
Oltre alle norme consuetudinarie generali esistono anche le
consuetudini particolari, ossia quelle regionali o locali. La loro figura
è certamente da ammettersi e la sua applicazione più rilevante è
fornita, più che dalle norme a carattere regionale, dal diritto non
scritto che può formarsi per modificare o abrogare le regole poste
da un determinato trattato: in altre parole, accade che le parti che
stipulano un accordo diano inizio ad una prassi che modifica le
norme a suo tempo pattuite.
Anche questo tipo di consuetudini devono considerarsi un fenomeno
di gruppo. Non costituiscono consuetudini particolari, invece, i casi
di uniformità di contegni tra un certo numero di Stati non legati da
trattato o da vincoli geografici o di altra natura.
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V Diritto internazionale > La formazione delle norme internazionali
> I principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni Civili
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"costituzionali" dell'ordinamento internazionale. Secondo il Quadri,
vigoroso sostenitore di questa teoria, i principi costituirebbero le
norme primarie del diritto internazionale, in quanto "espressione
immediata e diretta della volontà del corpo sociale". Tra questi
principi esisterebbero quelli formali, che si limitano a istituire
ulteriori fonti di norme internazionali, e quelli materiali, che
disciplinerebbero direttamente i rapporti tra gli Stati. I principi
formali sarebbero consuetudo est servanda e pacta sunt servanda. I
principi materiali potrebbero avere qualsiasi contenuto a secondo
della materia che si disciplina.
Questa impostazione non è accettabile. Non si possono ricostruire
principi materiali indipendentemente dall'uso e ricostruirli fino alle
estreme conseguenze, perché si aprirebbe la strada all'abuso.
Inoltre l'interprete interno, dovendo stabilire quali norme
internazionali generali siano da applicare in Italia ex art.10 Cost., si
dovrebbe chiedere di volta in volta se non vi siano "imposizioni" in
una determinata materia da parte delle forze dominanti nella
comunità internazionale.
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LE DICHIARAZIONI DI PRINCIPI DELL'ASSEMBLEA DELL'ONU
VIII Diritto internazionale > La formazione delle norme
internazionali > Le dichiarazioni di principi dell'Assemblea dell'ONU
I TRATTATI
IX Diritto internazionale > La formazione delle norme internazionali
> I Trattati
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scambio di note per l'accordo risultante dallo scambio di note
diplomatiche etc.
Come nel diritto interno i contratti sono subordinati alla legge, così i
trattati sottostanno alle consuetudini (pacta sunt servanda). Le
Nazioni Unite hanno promosso l'elaborazione della Convenzione di
Vienna del 1969 sul diritto dei trattati, in vigore dal 27.01.1980 e
ratificata anche dall'Italia con legge 112/74.
Secondo quanto la stessa Convenzione stabilisce all'art. 4. il suo
campo di applicazione non tocca le regole meramente riproduttive
delle norme consuetudinarie generali, che, proprio perché generali,
valgono per tutti gli Stati e per tutti i trattati. La Convenzione,
invece, si applica unicamente ai trattati conclusi tra Stati dopo la
sua entrata in vigore per tali Stati. Ma occorre che gli Stati stipulanti
un accordo siano gli stessi della Convenzione o vale anche se alla
conclusione del Trattato partecipano anche Stati terzi?
Generalmente si preferisce questa seconda interpretazione.
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contraenti se vogliono negare al terzo i vantaggi pattuiti non hanno
bisogno di stipulare un successivo trattato, ma possono negarli in
determinati casi e riconoscerli in altri.
E NEI TRATTATI
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La riserva indica la volontà dello Stato di non accettare certe
clausole del trattato o di accettarle con alcune modifiche, oppure
secondo una determinata interpretazione (c.d. riserva
interpretativa). Così facendo tra lo Stato autore della riserva e gli
altri Stati contraenti, l'accordo si forma solo per la parte non
investita dalla riserva, mentre il trattato resta integralmente
applicabile agli altri Stati.
Ovviamente la riserva ha senso per i soli trattati multilaterali,
soprattutto quello stipulati da un numero rilevante di Stati. Nei
trattati bilaterali, lo Stato che non vuole assumere certi impegni
deve solo proporre alla controparte di non includerli nel testo.
L'istituto della riserva,allora, serve a facilitare la larga
partecipazione degli Stati ai trattati multilaterali.
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Dopo la Convenzione, la prassi internazionale ha non solo
confermato quanto disposto, ma ha anche portato innovazioni,
riconoscendo, ad esempio, la possibilità che uno Stato formuli le
riserve in un momento successivo rispetto a quello in cui aveva
ratificato il trattato, purché nessuna delle altre parti contraenti
sollevi obiezioni contro il ritardo. La tendenza più innovatrice si
ricava dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani: se
lo Stato formula una riserva inammissibile (perché espresamente
esclusa dal testo o perché contraria all'oggetto o allo scopo del
trattato), tale inammissibilità non comporta l'estraneità dello Stato
stesso rispetto al trattato, ma l'invalidità della sola riserva che si
avrà per non apposta. Bisogna però osservare che la giurisprudenza
della Corte europea riguarda solo la Convenzione europea dei diritti
umani e ogni estensione ad altri tipi di trattati è prematura.
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L'INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI
XII Diritto internazionale > La formazione delle norme internazionali
> L'interpretazione dei trattati
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La Convenzione distingue la situazione degli Stati sorti dalla
decolonizzazione dalla situazione di ogni altro Stato che subentri nel
governo di un territorio. Mentre per la prima assume come regola
fondamentale quella della tabula rasa, per la seconda sceglie la
regola opposta della continuità dei trattati. Un simile trattamento
differenziato non trova però corrispondenza nel diritto
consuetudinario.
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le due ipotesi è quello della continuità o meno dell'organizzazione di
governo preesistente: l'ipotesi dello smembramento è da
ammettere quando nessuno degli Stati residui abbia la stessa
organizzazione di governo, lo stesso regime. Ai fini della
successione nei trattati, lo smembramento deve essere assimilato
al distacco. Si applica il principio della tabula rasa, temperato però
dalla regola che per i trattati multilaterali aperti prevede la facoltà
di procedere ad una notificazione di successione.
4. Oposte in un certo senso al distacco e allo smembramento sono
l'incorporazione e la fusione. La prima si ha quando uno Stato,
estinguendosi, passa a far parte di un altro Stato; la seconda
quando due o più Stati si estinguono tutti e danno vita ad uno Stato
nuovo. La distinzione è molto sottile e bisogna pertanto riferirsi
all'organizzazione di governo che risulta dall'unificazione.
All'incorporazione si applica la regola della mobilità delle frontiere
dei trattati. I trattati dello Stato che si estingue cessano di avere
vigore, mentre al territorio incorporato si estendono i trattati dello
Stato incorporante. Per i trattati dello Stato incorporato vale, ancora
una volta, il principio della tabula rasa. Lo stesso principio regola i
casi di fusione: lo Stato sorto dalla fusione, sempre che sia
effettivamente stato nuovo e che non presenti condizioni di
continuità per quanto riguarda l'organizzazione di governo, nasce
libero da impegni pattizi.
5. Un'eccezione al principio della tabula rasa sia nell'ipotesi di
incorporazione che di fusione, deve ammettersi quando le comunità
statali incorporate o fuse, pur estinguendosi come soggetti
internazionali, conservino un notevole grado di autonomia
nell'ambito dello Stato incorporante o nuovo, quando si instauri un
vincolo di tipo federale. In tal caso la prassi si è orientata nel senso
della continuità degli accordi.
6. Un problema di successione nei trattati si pone anche nel caso si
verifichi un mutamento di governo nell'ambito di una comunità
statale, senza che il territorio subisca ampliamenti o diminuzioni.
Quando il mutamento avviene per vie extralegali e si instaura un
regime radicalmente diverso, si deve ritenere che muti la persona
di diritto internazionale (proprio perché lo Stato soggetto di diritto
internazionale si identifica con l'apparato di governo). Opera anche
qui il principio della tabula rasa o si ha una successione del nuovo
Governo nei diritti e negli obblighi del predecessore? La prassi
sembra orientata in questo secondo senso, eccezion fatta per i
trattati incompatibili con il nuovo regime.
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internazionale
Il principio generale è quello della tabula rasa salvo i debiti
localizzabili. Secondo la prassi più recente (smembramento
dell'URSS e della Cecoslovacchia) il debito deve essere equamente
ripartito tra gli Stati sorti dallo smembramento e tra questi Stati ed i
soggetti creditori.
Cause di invalidità
1. errore essenziale, previsto dall'art. 48 della Convenzione di
Vienna, è un fatto, una situazione che lo Stato supponeva esistente
al momento in cui è stato concluso il trattato e che costituiva una
base essenziale del consenso di questo Stato.
2. dolo, previsto all'art. 49, comprende anche l'ipotesi della
corruzione dell'organo stipulante (art. 50).
3. violenza, che può essere fisica o morale, prevista all'art. 51.
Cause di estinzione
Il trattato si estingue per una delle seguenti ipotesi:
1. condizione risolutiva
2. termine finale
3. denuncia
4. recesso
5. inadempimento di controparte
6. sopravvenuta impossibilità di esecuzione
7. abrogazione ( totale o parziale, espressa o per incompatibilità)
mediante accordo successivo tra le parti
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Tra le cause di invalidità rientra anche la violenza esercitata
sullo Stato nel suo complesso. L'art. 52 infatti dispone che è
nullo qualsiasi trattato la cui conclusione sia stata ottenuta con la
minaccia o l'uso della forza in violazione dei principi della Carta
delle Nazioni Unite. Si evince facilmente che viene bandito l'uso
della forza, ma si ritiene che si tratti della forza armata, perché
nella prassi non ci sono elementi che facciano ricomprendere
pressioni di altro genere (come le pressioni politiche ed economiche
ancorché illecite che ci sono spesso).
La violenza sullo Stato è da configurare come causa d'invalidità dei
trattati entro limiti ristretti. Il problema dei trattati ineguali non si
risolve sul piano della validità. Si interpretano in modo equo i
trattati in cui la parte non ha un ampio margine di potere
contrattuale, e in modo restrittivo le clausole particolarmente
favorevoli agli Stati più forti.
Guerra
Ci si chiede se la guerra sia causa di estinzione o sospensione dei
trattati. La regola classica era orientata nel primo senso. La prassi
moderna, invece, propone molte eccezioni e temperamenti: si nega
l'effetto estintivo della guerra per i trattati multilaterali, ma la
giurisprudenza tende a considerare estinte quelle convenzioni
incompatibili con lo stato di guerra. tuttavia bisogna verificare di
volta in volta se la guerra abbia determinato un mutamento
radicale delle circostanze esistenti al momento del trattato (rebus
sic stantibus).
Denuncia
Lo scopo della denuncia consiste nella manifestazione della volontà
di uno Stato di sciogliersi una volta per tutte dal vincolo
contrattuale. La denuncia produce la cessazione del vincolo? La
denuncia vincola alla disapplicazione, ma deve provenire dagli
organi competenti a manifestare la volontà dello Stato sul piano dei
rapporti internazionali. A tali fini, bisognerà guardare la Costituzione
dei singoli Stati: in generale è l'Esecutivo, ma esistono anche forme
di collaborazioni tra Parlamento e Governo.
Gli altri Stati contraenti non sono vincolati dalla denuncia dello
Stato. In caso di disaccordo sull'effettiva insorgenza della causa di
invalidità o estinzione, il trattato entra in una fase di incertezza sul
piano del diritto internazionale.
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resta paralizzata in perpetuo. I giudici interni non sono mai vincolati
e costretti alla paralisi.
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funzione di dirimere le controversie tra Stati, ma ha anche una
funzione consultiva (pur essendo i pareri dei giudici né obbligatori,
né vinvolanti su qualsiasi questione giuridica).
6. Segretariato nominato dall'Assemblea generale su proposta del
consiglio di sicurezza, è l'organo esecutivo.
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ISTITUZIONI SPECIALIZZATE DELLE NAZIONI UNITE
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Conferenza generale, formata da 4 delegati per ogni Stato, di cui 2
rappresentano il Governo e 2 rispettivamente i datori di lavoro e i
lavoratori. Le funzioni consistono nell'emanazione di
raccomandazioni e nella predisposizione di progetti di convenzione
multilaterale in materia di lavoro. I progetti di convenzione,
approvati con la maggioranza dei 2/3, vengono comunicati agli Stati
membri che restano liberi di approvarli o meno, ma hanno l'obbligo
di sottoporli entro un certo periodo agli organi competenti per la
ratifica e di fornire notizie al direttore generale sulla sorte da essi
subita.
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IDA (Internationale Development Association)
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ruolo fondamentale sulla risoluzione delle controversie nascenti
dagli accordi che ad essa fanno capo.
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Organi:
1. COMMISSIONE, composta da individui e non Stati che non
ricevono istruzioni dai governi nazionali di appartenenza. Nella
CECA la Commissione è l'organo decisionale effettivo, emana atti
vincolanti che formano la legislazione comunitaria. Il Consiglio ha
solo poteri consultivi. Nella CEE ed EURATOM vale, invece, il
contrario: è il Consiglio l'organo deliberante, mentre la
Commissione ha solo poteri di iniziative ed esecutivi.
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DECISIONI: non hanno portata generale ed astratta, ma concreta.
Può indirizzarsi sia ad uno Stato membro, sia ad un individuo, sia ad
un'impresa che opera nel territorio comunitario. Acquistano
efficacia non con la pubblicazione, ma con la notifica al destinatario.
DIRETTIVE: vincolano lo Stato al risultato da raggiungere,
lasciando la scelta di forma e mezzi nella competenza degli organo
nazionali. La direttiva dovrebbe enunciare principi e criteri generali,
ma oggi è sempre più dettagliata, tanto che la scelta dello Stato si
limita solo alla forma giuridca interna della norma (cioè se scegliere
una legge o un atto amministrativo).
REGOLAMENTI: hanno portata generale obbligatoria in tutti i suoi
elementi ed è direttamente applicabile. Si tratta di norme generali
ed astratte che gli Stati devono applicare.
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stipulare accordi internazionali finché la Comunità non abbia
legiferato, ma poi perdono tale libertà.
IL CONSIGLIO D'EUROPA
XVIII Diritto internazionale > La formazione delle norme
internazionali > Il Consiglio d'Europa
PARTE TERZA
L’APPLICAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI
ALL’INTERNO DELLO STATO
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conciliazione o atti o mezzi di risoluzione delle controversie. E'
ancora self-executing quando la norma internazionale contiene una
"clausola di esecuzione" che preveda che gli Stati adotteranno tutte
le misure di ordine legislativo o d'altro genere per dare effetto alle
sue disposizioni. Invece quando nonostante la clausola di
esecuzione, ci sono norme effettivamente non self-executing ed
impegnano lo Stato a prendere i provvedimenti legislativi ed
amministrativi appropriati, si può parlare di non self-executing.
L'adattamento con rinvio comporta difficoltà nell'individuare la sfera
di applicazione a causa della formulazione delle norme (soggetti,
rapporti, enti).
Rango nella gerarchia delle fonti interne:
tende ad essere quello che, nella gerarchia delle fonti, corrisponde
al procedimento (ordinario o speciale) di adattamento: se
all'adattamento provvede il legislatore costituzionale, la norma avrà
rango costituzionale; se è il legislatore ordinario (trattati) avrà
rango di legge ordinaria.
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Stato e i suoi organi; il diritto consuetudinario internazionale regola
i rapporti tra organi, stranieri e Stati stranieri.
Tuttavia è possibile che si verifichino dei conflitti riguardo la
Domestic Jurisdiction: un esempio può essere fornito dalle
immunità giurisdizionali degli agenti diplomatici, degli Stati e delle
organizzazioni internazionali dalla giurisdizione civile. Queste
immunità e la conseguente impossibilità di convenire in giudizio gli
individui o gli enti che ne beneficiano, paralizza o no la tutela
giudiziaria dei diritti ex art. 24 Cost.?
La soluzione al problema si ravvisa nella possibilità dei giudici di
disapplicazione la norma internazionale che violi i principi
fondamentali garantiti dalla Costituzione.
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comunità. Oggi vige il principio della automatica disapplicabilità
della norma interna difforme da parte del giudice ordinazio, senza
bisogno di ricorrere agli altri organi di giustizia costituzionale.
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All'inizio, il legislatore e la Corte Costituzionale sostenevano che
tutto ciò che era del diritto internazionale rientrava nella materia
degli "affari esteri" ed era di competenza esclusiva dello Stato
centrale. Tuttavia nelle materie riservate alla competenza delle
regioni, in caso di inerzia di queste ultime, lo Stato non poteva
sostituirsi, rischiando quindi di essere chiamato a rispondere per
carenze od omissioni non sue. Succesivamente si mutò
orientamento: le regioni venivano "delegate" dal potere centrale a
partecipare all'attuazione e specificazione dei diritto internazionale.
Dopo molteplici critiche, la tesi oggi sostenuta è che la Corte
riconosce la competenza autonoma ed originaria delle Regioni nelle
loro materie di competenza. Lo Stato centrale può sostituirsi non
solo in caso di inerzia, ma anche di urgenza o esigenze di uniformità
sorrette dall'interesse nazionale, oppure quando una sua
disposizione risulti direttamente attuativa della norma comunitaria
e necessaria al proseguimento della finalità attuativa.
L'
LELEIMENTO SOGGETTIVO
PARTE QUARTA
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LA VIOLAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI E LE
SUE CONSEGUENZE
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poliziotto?
Qualcuno ritiene lo Stato responsabile, qualcun'altro configura la
responsabilità del singolo individuo che l'ha commessa,
qualcun'altro ancora ravvisa la responsabilità dello Stato nella
misura in cui non ha predisposto i mezzi idonei per evitare la
violazione.
Viene concordemente esclusa la responsabilità dello Stato per atti
dei privati che danneggiano individui, organi o Stati stranieri. Non
esiste la responsabilità di gruppo, dell'orami antica dottrina
germanica, ma lo Stato risponderà solo quando non abbia disposto
le misure per prevenire l'illecito altrui.
L'ELEMENTO OGGETTIVO
XLIII Diritto internazionale > La violazione delle norme
internazionali e le sue conseguenze > L'elemento oggettivo
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l'autotutela collettiva e individuale.
3. FORZA MAGGIORE E CASO FORTUITO
4. STATO DI NECESSITA'
Consiste nell'aver commesso il fatto per evitare un periocolo grave,
imminente e non volontariamente causato. La dottrina non ha molto
da discutere quando lo stato viene invocato nel caso in cui il
pericolo riguardi la vita dell'individuo-organo. Si ha invece qualche
incertezza quando la necessità si riferisce allo Stato nel suo
complesso e quando c'è di mezzo un interesse statale. La dottrina
però è concorde nel ripudiare la tesi che prevede l'invocabilità di
questa scusante per un diritto di conservazione dello Stato.
Pertanto lo stato di necessità è invocabile solo quando:
-- il fatto era l'unico modo per proteggere un interesse essenziale
contro un pericolo grave e imminente non volontariamente causato,
e
-- il fatto abbia leso gravemente un interesse essenziale dello Stato
nei confronti del quale esisteva l'obbligo.
In ogni caso non può essere invocato:
-- se l'obbligo non deriva da una norma imperativa del diritto
internazionale generale
-- se lo Stato ha contribuito a creare lo stato di necessità.
Il problema è che non è mai stato chiarito cosa debba intendersi
con interesse essenziale o vitale dello Stato.
5. RACCOMANDAZIONI DI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Queste, abbiamo visto, producono il c.d. effetto liceità e fanno sì
che lo Stato che segue la raccomandazione dell'organizzazione
(ovviamente non viziata) non commette illecito.
6. RISPETTO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI DI UNO STATO
Ad esempio la pena di morte, prevista dalla Costituzione di uno
Stato, non produce illecità internazionale.
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colpa, dolo e responsabilità oggettiva. Per il dolo, nulla quaestio: si
configura l'intenzione di nuocere e di violare la norma. La
responsabilità per colpa, invece, si verifica quando l'autore
dell'illecito ha commesso il fatto con negligenza, trascurando di
adottare le misure necessarie per prevenire il danno. Ovviamente si
distingue, come nel diritto penale, tra colpa lieve e grave.
La responsabilità oggettiva può essere di due tipi:
1. relativa (strict liability): sorge per effetto del solo compimento
dell'atto illecito, ma l'autore può invocare una causa di
giustificazione consistente in un evento esterno che gli ha impedito
il rispetto della norma. La responsabilità è aggravata e produce uno
spostamento dell'onere della prova dalla vittima dell'illecito al suo
autore.
2. assoluta: questo tipo di responsabilità non ammette cause di
giustificazione. E' prevista per attività particolari o socialmente
dannose e possono essere collegati a sistemi di assicurazione
obbligatoria.
LE CONSE
LLECITO: L'AUTOTUTELA
XLV Diritto internazionale > La violazione delle norme internazionali
e le sue conseguenze > Le conseguenze dell'illecito: l'autotutela
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1. PROPORZIONALITA' tra violazione e reazione. Non si deve trattare
di perfetta coincidenza tra le due violazioni, ma mancanza di
sproporzione.
2. RISPETTO DEL DIRITTO COGENTE
Non si può violare il diritto cogente, neanche quando si tratti di
reazione per violazione dello stesso tipo. L'unica eccezione è l'uso
della forza per respingere un attacco armato.
3.RISPETTO DEI PRINCIPI UMANITARI
L'art. 50 del Progetto dispone anche che a titolo di contromisura
non possa essere compromessa in alcun caso l'inviolabilità degli
agenti, locali, archivi e documenti consolari e diplomatici.
4.PREVIO ESAURIMENTO DEI MEZZI PER UNA SOLUZIONE
CONCORDATA DALLA CONTROVERSIA (arbitrato, conciliazione,
negoziato).
La contromisura tende a reintegrare l'ordine giuridico violato. Lo
scopo afflittivo è secondario.
LA RIPARAZIONE
XLVI Diritto internazionale > La violazione delle norme
internazionali e le sue conseguenze > La riparazione
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danno prodotto dall'illecito internazionale. Bisogna chiedersi
se scaturisce da qualsiasi violazione delle norme internazionali: per
il danno agli stranieri, l'azione è automatica per il solo fatto di
produzione dell'illecito; per il danno agli Stati, si fa riferimento ai
danneggiamenti dovuti ad un'azione violenta (tranne la guerra)
contro beni, mezzi e organi dello Stato (distruzione di sedi
diplomatiche, aeree...); per i danni alla funzione, si risarciscono i
danni prodotti con la lesione degli individui che ricoprono la
qualifica di organo: bisogna però distinguere tra danni subiti
dall'individuo e danni subiti dall'organizzazione statale (danni alla
funzione). In ogni caso sono risarcibili i danni materiali.
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nell'accertare una minaccia o una violazione della pace, anche
perché non è necessario l'uso della violenza bellica per violare la
pace. Nel diritto internazionale esiste una dichiarazione che elenca
le diverse ipotesi di aggressione, ma non incide sulle competenze
del Consiglio. Dopo la caduta del muro di Berlino, sono stati istituiti
altri organi di carattere giurisdizionale ed è aumentata la
discrezionalità del Consiglio.
Misure provvisorie
L'art. 40 prevede che il Consiglio può invitare le parti interessate ad
ottemperare alle misure provvisorie necessarie, ma esse non
devono pregiudicare i diritti o la posizione delle parti interessate. Le
misure hanno natura preventiva (per non aggravare la situazione) e
non vincolante (si tratta pur sempre di un invito).
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PARTE QUINTA
L’ACCERTAMENTO DELLE NORME INTERNAZIONALI E
LA SOLUZIONE DELLE CONTROVERSE TRA STATI
XLIX Diritto internazionale > L'accertamento delle norme
internazionali e la soluzione delle controversie tra Stati > La
funzione giurisdizionale internazionale
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La Corte europea dei diritti dell'uomo controlla il rispetto della
convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali da parte degli Stati contraenti.
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Una funzione importante è svolta anche dal Consiglio di Sicurezza,
che dispone di un potere di inchiesta, da eserctare sia
personalmente, sia per mezzo di un organo ad hoc, come ad
esempio un'apposita Commissione. Il Consiglio può anche
sollecitare le parti di una controversia a ricorrere ai mezzi e
procedimenti pacifici. Il Consiglio può rivolgere un invito generico o
indicare uno specifico procedimento.
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