Privato CAPITOLO PRIMO LE FONTI DEL DIRITTO 1. Le fonti in generale.
Le fonti, nel nostro ordinamento, si distinguono in fonti di
produzione e fonti di cognizione. Le prime sono gli atti ovvero i fatti in grado di far sorgere, modificare, estinguere le norme giuridiche, e a loro volta si distinguono in fonti atto e fonti fatto: Le fonti atto sono l’espressione di volontà normativa di un soggetto (ad esempio il Parlamento) cui l’ordinamento attribuisce l’idoneità a porre in essere norme giuridiche scritte. Le fonti fatto sono i comportamenti riconosciuti socialmente come giuridicamente vincolanti (ad esempio la consuetudine) e gli altri atti di produzione normativa esterni al nostro ordinamento, come i trattati internazionali. Le fonti di cognizione, invece, si identificano negli strumenti attraverso i quali è possibile conoscere le fonti di produzione. Un tipico esempio di quest’ultime è rappresentato dalla Gazzetta Ufficiale. Il nostro sistema giuridico prevede, in riferimento alle fonti di produzione, una gerarchia, ossia un sistema piramidale che può essere espresso nel seguente modo:
COSTITUZIONE E LEGGI COSITUZIONALI
LEGGI ORDINARIE STATALI E REGIONALI E ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE REGOLAMENTI USI E CONSUETUDINE Al vertice di tale sistema si collocano le norme comunitarie, subordinate unicamente ai principi costituzionali. L’espressione “gerarchia delle fonti” esprime pienamente il concetto secondo il quale la fonte di rango inferiore non può in alcun modo entrare in conflitto con una di rango superiore, pena la sua disapplicazione e abrogazione. Qualora il conflitto si verifichi tra fonti di pari grado, prevale, secondo il criterio cronologico, la fonte più recente nel tempo, ossia quella emanata successivamente.
2. La costituzione repubblicana e le leggi costituzionali.
La costituzione è la legge fondamentale dello Stato. È
entrata in vigore il primo gennaio 1948. Composta da 139 articoli è divisa in quattro sezioni: principi fondamentali (artt. 1-12), diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54), ordinamento della repubblica (artt. 55-139), disposizioni transitorie. La nostra costituzione, a differenza di altre è scritta, rigida e lunga. In particolar modo la caratteristica della rigidità comporta che, per la formazione di nuove norme costituzionali o per la modifica di quelle già esistenti, sia necessario un procedimento legislativo più complesso di quello previsto per l’approvazione delle leggi ordinarie, delineato dall’art. 138 cost. Le leggi costituzionali sono dunque le leggi deliberate dal Parlamento mediante la procedura speciale di cui all’art. 138 cost.
3. Le leggi ordinarie statali e regionali e gli atti
equiparati (decreti legge e decreti legislativi). La legge statale è approvata dal Parlamento ed ha valore su tutto il territorio dello Stato. La legge regionale si distingue da quella statale per il diverso ambito in cui opera. Le leggi regionali vengono emanate dal Consiglio regionale e possono riguardare solo le materie che la costituzione non attribuisce alla competenza del Parlamento. Sono equiparati alla legge i decreti legge e i decreti legislativi (artt. 77 e 76 cost). I primi consistono in provvedimenti provvisori con forza di legge adottati dal Governo in caso di necessità e urgenza. Il giorno della loro emanazione devono essere presentati alle Camere per la conversione in legge e perdono efficacia se non sono convertiti entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. I secondi sono atti emanati dal Governo sulla base di una legge delega del Parlamento, che indica i principi e i criteri direttivi cui il Governo deve attenersi. 4. I regolamenti.
I regolamenti sono atti normativi emanati dal potere
esecutivo e rappresentano una fonte secondaria. Possono essere distinti in varie tipologie: • Regolamenti esecutivi, predispongono strumenti per dare esecuzione a disposizione di legge.
• Regolamenti attuativi o integrativi, disciplinano i
modi di attuazione di una nuova legge. • Regolamenti organizzativi, disciplinano l’organizzazione interna dei pubblici uffici.
5. Gli usi e la consuetudine.
Gli usi e la consuetudine sono norme non scritte osservate
costantemente nel tempo con la convinzione che siano giuridicamente vincolanti. La loro rilevanza è data dalla presenza di due requisiti, uno oggettivo, ossia la diurnitas, che si identifica nella costanza della ripetizione del comportamento che si assume dovuto, ed uno soggettivo, l’opinio iuris ac necessitatis, ossia la convinzione che il comportamento sia giuridicamente obbligatorio. 6. Le norme comunitarie.
Un’altra distinzione che concerne le fonti, è quella fra fonti
interne e fonti esterne. Fino ad ora si sono analizzate le prime. Tra le fonti esterne figurano le norme comunitarie, che entrano a far parte del nostro ordinamento per effetto della adesione del nostro Stato alla Comunità Europea. Anche all’interno dell’ordinamento comunitario è possibile operare una classificazione delle fonti e pertanto distinguere le fonti di diritto primario, che comprendono i Trattati internazionali istitutivi della Comunità Europea (i successivi trattati modificativi, i principi generali del diritto comunitario individuati dalla Corte di Giustizia Europea), dalle fonti di diritto secondario o derivato, che sono gerarchicamente subordinate ai Trattati. Tra le fonti derivate si annoverano, in primo luogo, i regolamenti e le direttive. I regolamenti hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi, e sono direttamente applicabili in tutti gli Stati membri. Ciò significa che essi non necessitano di una procedura interna di attuazione, ma sono automaticamente validi negli Stati membri una volta emanati dagli organi comunitari. Le direttive, ad eccezione di quelle self executing, che sono automaticamente efficaci, viceversa vincolano lo Stato membro a cui sono rivolte quanto al risultato da raggiungere. Lo Stato a cui è rivolta la direttiva dunque è onerato nella predisposizione di un atto di recepimento. La comunità europea emana anche altri atti: le decisioni, atti vincolanti, destinati ad individuati soggetti, le raccomandazioni ed i pareri, che sono dotati di carattere non vincolante e funzione propulsiva, consultiva o informativa. Le fonti della comunità europea godono di una particolare copertura costituzionale, fornita dall’art. 11 della costituzione, secondo il quale l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. Le fonti comunitarie vengono comunemente dette norme interposte perché, grazie a tale previsione costituzionale, si interpongono fra la Costituzione e le altre fonti primarie. Tuttavia, è bene sottolineare come la giurisprudenza della Corte Costituzionale abbia affermato la possibilità per tali norme di derogare anche alle leggi costituzionali, purché non siano norme fondamentali. Ecco perché è agevole concludere che tali norme sono subordinate unicamente ai principi fondamentali del nostro ordinamento.