! Introduzione
! L’oggetto
di
studio:
esso
consiste
nell’insieme
delle
vicende
storiche
di
una
vasta
area
europea,
in
sostanza
la
maggior
parte
del
Vecchio
Continente,
che
include
Russia
e
il
resto
della
cosiddetta
Slavia
orientale
(Ucraina,
Bielorussia),
l’Europa
centrale
(Paesi
baltici,
Polonia,
Slovacchia,
Cechia,
Ungheria),
il
Sud-‐Est
europeo
(Romania,
Bulgaria,
Albania,
Grecia,
Turchia
europea)
e
l’area
slavo-‐meridionale
e
jugoslava
(Slovenia,
Croazia,
Bosnia-‐Erzegovina,
Macedonia,
Serbia
e
Montenegro).
! 1
L’Europa
centro-‐orientale
dopo
il
congresso
di
Vienna
! 1. Il
sistema
nato
dal
congresso
di
Vienna
! La
storia
dell’Europa
centro-‐orientale
in
età
contemporanea
vede
un
gigante
(l’impero
russo)
dominare
la
scena,
con
alcune
parziali
eclissi,
e
tanti
paesi
medi
o
piccoli
subirne
in
buona
misura
le
iniziative
politiche
e
militari.
Tra
le
grandi
fu
essenziale
anche
il
ruolo
dell’Austria,
grande
entità
politica
garante
dell’equilibrio
del
centro
del
continente
se
non
dell’intera
Europa.
Altra
grande
potenza
fu
la
Prussia,
ma
ebbe
un
ruolo
meno
determinante,
Mino
alla
sua
unione,
e
solo
nel
Novecento
essa
fu
la
vera
protagonista.
Zar,
imperatore
d’Austria
e
re
di
Prussia
furono
i
tre
monarchi
che
al
congresso
di
Vienna
del
1914
Missarono
i
conMini
di
tutti
gli
stati
europei
imponendo
il
ritorno
di
quasi
tutti
i
monarchi
sui
troni
d’Europa
scalzati
da
Napoleone
o
dalla
Rivoluzione
Francese.
Inoltre
Missarono
un
sistema
di
controllo
politico-‐ ideologico
internazionale
,
noto
come
Santa
Alleanza,
per
impedire
il
diffondersi
di
nuove
germi
rivoluzionari.
Seguendo
lo
“schema”
di
Ludwig
Dehio,
notiamo
come
la
Russia
fu
l’emblema
della
resistenza
contro
i
francesi
durante
l’espansone
napoleonica,
ergendosi
come
nazione
che
riuscì
a
mettere
in
scacco
Napoleone.
Dopo
il
1914,
il
ruolo
internazionale
della
potenza
russa,
fu
limitato
dal
potere
austriaco
nel
cuore
del
continente,
unita
dalla
cosiddetta
Alleanza
“liberale”
tra
Francia
(ripresasi),
Inghilterra,
Spagna
e
Portogallo,
contro
la
Santa
Alleanza
conservatrice.
! 2. Le
prime
crepe
! L’Europa
latina
non
era
ancora
pronta
a
quei
moti
rivoluzionari
che
avrebbero
determinato
un
nuovo
assetto
solo
in
anni
successivi.
Il
mondo
ellenico
e
più
generalmente
cristiano-‐ortodosso
balcanico
diede
vita
a
uno
scossone
rivoluzionario
con
esiti
immediati
(nascita
di
un
Regno
di
Grecia
indipendente).
Il
popolo
ellenico
fu
il
primo
a
muoversi,
forte
della
propria
individualità
nazionale
di
retaggio
passato
e
non
fu
nemmeno
casuale
l’attacco
al
sistema
di
Vienna
da
territori
ancora
sotto
il
sultanato,
che
non
aveva
aderito
alla
Santa
Alleanza.
Zar,
imperatore
e
re
di
Prussia
si
consultarono
per
decidere
una
linea
di
movimento
vero
i
moti
in
Italia,
Spagna
e
Grecia,
tanto
che
la
Russia
intervenne
presso
il
sultanato
afMinché
concedesse
ai
greci
maggiori
concessioni.
! Va
detto
che
i
tutti
i
popoli
che
avviarono
un
processo
di
rinascita
nazionale
nell’Europa
centro-‐orientale
lo
fecero
sulla
scia
di
idee
che
si
erano
diffuse
soprattutto
in
epoca
napoleonica
e
in
relazione
con
lo
sviluppo
del
Romanticismo.
! La
nazione
greca
era
tra
quelle
in
cui
non
era
difMicile
trovare
delle
radici
e
precedenti
illustri
di
durata
millenaria.
Inoltre
la
sua
classe
dirigente
era
riuscita
a
trovare
un
modus
vivendi
con
i
turchi
ottomani
per
cui
non
le
erano
preclusi
i
posti
importanti
nell’amministrazione,
ricchezze
e
autonomia
del
governo
della
popolazione
ellenica.
Durante
il
‘700
molti
greci
pensarono
fosse
meglio
vivere
sotto
il
sultanato
con
le
sue
concessioni,
che
non
sotto
l’inMluenza
di
una
nazione
cattolica
come
l’Austria,
più
cattolica
e
forse
intransigente,
o
come
la
Russia
ortodossa
ma
di
matrice
laica
(Pietro
il
Grande).
Nel
1797
colui
che
viene
visto
come
il
promotore
del
Risorgimento
greco,
Rigas
Fereos,
aveva
già
prospettato
di
rovesciare
il
dominio
turco
e
di
costituire
un
vasto
Stato
non
federale,
ma
rispettoso
delle
diverse
etnie
in
esso
presenti
sulla
base
di
principi
della
R.F.
Egli
fu
catturato
dalla
polizia
austriaca,
consegnato
ai
turchi
e
ucciso
a
Belgrado
nel
1798.
Nel
1821
però
i
tempi
erano
più
maturi
per
un
movimento
rivoluzionario;
a
Odessa
nel
1814
fu
fondata
la
Philikì
Eteria,
un’organizzazione
decisa
a
liberare
gli
elleni
e
i
cristiani
ortodossi
dal
dominio
ottomano.
Nel
1820,
il
suo
capo
il
generale
zarista
Alexandros
Ypsilantis
decise
che
il
tempo
era
giunto.
I
focolai
sarebbero
dovuti
scoppiare
in
tre
punti:
Costantinopoli,
i
Principati
danubiani
e
il
Peloponneso
(intervento
della
polizia
turca
stroncò
il
tentativo
insurrezionale).
In
Valacchia
un
moto
parallelo
e
forse
combinato
con
quello
eterista
vide
dapprima
i
successi
del
suo
capo,
il
rumeno
Tudor
Vladimirescu,
dando
un
carattere
sociale
alla
rivolta
quando
capì
che
lo
zar
non
avrebbe
aiutato
Ypsilantis
nel
suo
movimento
insurrezionale
contro
la
Santa
Alleanza.
Ben
altra
sorte
ebbe
il
moto
nella
regione
peninsulare
di
cui
i
greci
divennero
padroni
facendo
strage
di
turchi
e
proclamando
l’indipendenza
(1821)
e
la
Costituzione
di
Epidauro
(1822).
La
lotta
degli
insorti
durò
10
anni
Mino
a
quando
la
loro
indipendenza
non
venne
riconosciuta,
ma
a
cui
le
potenze
imposero
un
principe
bavarese:
Ottone
di
Wittelsbach.
Il
successo
ebbe
anche
delle
rilevanze
di
carattere
internazionale;
gli
eserciti
del
sultano
non
riuscirono
a
conquistare
il
Peloponneso
poiché
furono
fermati
dai
soldati
ellenici
presso
l’istmo
di
Corinto,
cosicché
i
turchi
chiesero
l’intervento
del
Miglio
del
pascià
d’Egitto
Mehmet
Alì,
contro
i
greci,
in
cambio
di
ampliamenti
territoriali.
Proprio
in
questo
momento
ci
fu
un
focolare
europeo
e
americano
Miloellenico
che
si
mosse
per
l’indipendenza
greca
mobilitando
aiuti
economici
e
invio
di
volontari.
L’intervento
di
una
Mlotta
anglo-‐franco-‐russa
portò
alla
distruzione
di
quella
turco-‐egiziana
(Navarino
1827)con
un
conseguente
sbarco
di
truppe
francesi
in
Grecia.
La
pace
di
Adrianopoli
del
1829
tra
Russia
e
Turchia
non
portò
a
cambiamenti
di
conMine,
ma
al
riconoscimento
dell’indipendenza
greca,
a
un
rinnovato
impegno
per
l’autonomia
della
Serbia
e
a
un
Regolamento
organico
per
la
Valacchia
e
la
Moldavia
che
rimanevano
sotto
il
dominio
turco,
ma
con
un
protettorato
russo.
! 1.2.2
Il
fallimento
dei
decabristi
! La
Russia
perché
dalla
Santa
Alleanza
si
mosse
in
favore
dell’indipendenza
greca?
Nel
1825
Alessandro
I
muore
e
dopo
la
rinuncia
del
fratello
Costantino
sale
al
trono
il
terzogenito
Nicola
I.
Questa
successione
indusse
nel
dicembre
1825
(ecco
perché
decabristi)
alcune
organizzazioni
rivoluzionarie
russe
a
tentare
un
colpo
di
mano
a
Pietroburgo
e
in
altre
città
per
imporre
una
Costituzione.
La
matrice
di
tutte
queste
organizzazioni
era
prettamente
occidentale
(retaggio
dei
volontari
rivoluzionari
in
Francia).
D’altronde
il
paese
in
cui
vivevano
aveva
bisogno
di
riforme
anche
radicali;
con
Alessandro
I,
i
suoi
consiglieri
avevano
gettato
le
basi
per
una
riforma
sociale
e
contadina
della
società:
abolire
la
servitù
della
gleba,
simbolo
dell’arretratezza
del
vasto
impero
zarista.
Il
fallimento
dei
decabristi
rallentò
l’ammodernamento
e
anzi
diede
il
volto
di
Nicola
I
come
uno
zar
gendarme
(es:
impedire
il
diffondersi
delle
dottrine
MilosoMiche).
Questo
intervento
reazionario
però
non
spiega
l’intervento
russo
nei
Balcani.
Il
regno
del
nuovo
zar
si
ispirava
a
tre
principi:
autocrazia,
ortodossia,
nazionalità.
Quest’ultimo
concetto
non
era
chiarissimo
alla
zar
dato
che
nel
suo
immenso
impero
favorì
alcune
nazionalità
e
ne
oppressero
altre
(es:
ucraina)
considerate
pericolose
per
l’Impero.
Questo
aspetto,
unito
al
sentimento
di
unità
religiosa
con
i
popoli
ortodossi
oppressi
dal
sultano,
portò
la
Russia
all’intervento
nei
confronti
della
questione
ellenica.
Dunque,
il
fatto
russo
nei
Balcani
fu
dominante
negli
anni
’20-‐’40.
! Nello
stesso
periodo
una
corrente
di
pensiero
deMinibile
come
occidentalista
insistette
sula
necessità
di
modiMicare
il
paese;
scandalo
fece
nel
1836
la
pubblicazione
delle
Lettere
&iloso&iche
di
Petr
Caadaev
il
quale
puntò
il
dito
contro
la
religione
ortodossa,
considerata
il
freno
dello
sviluppo
della
società
russa.
! 1.2.3
Gli
slavi
meridionali
! Il
popolo
greco
non
fu
l’unico
a
muoversi
verso
un
risorgimento
nazionale.
Già
nel
1804
i
serbi
di
Sarajevo
erano
insorti
contro
le
autorità
turche
perché
stanchi
dei
loro
abusi.
Le
speranze
di
indipendenza
serba
non
furono
attuate
per
la
mancata
applicazione
dell’articolo
VIII
del
trattato
di
Bucarest
del
1812,
cosicché
il
leader
Karagjorgje
fu
costretto
a
scappare
in
Austria.
Nel
1815
però
un
nuovo
leader,
Milos
Obrenovic,
lo
sostituì
alla
guida
della
lotta
contro
i
turchi;
dotato
di
molta
più
capacità
diplomatica,
dopo
alcuni
scontri
militari,
riuscì
ad
ottenere
un
primo
riconoscimento
di
parziale
autonomia
e
il
titolo
di
principe
supremo.
Fu
inoltre
afMiancato
da
un
embrione
di
cancelleria/governo
del
popolo
avendo
anche
il
potere
di
deMinire
un
apparato
amministrativo
al
piccolo
Principato,
nonostante
mancasse
uno
statuo
di
vera
autonomia.
La
successiva
rivoluzione
ellenica
e
l’intervento
russo
permise
al
principe
di
strappare
nuove
e
più
signiMicative
concessioni
a
Costantinopoli.
Con
la
pace
di
Adrianopoli
anche
per
lo
zar
l’autonomia
serba
divenne
un
valore
internazionale.
Il
Principato
serbo
non
era
in
una
condizione
diversa
da
quella
di
Valacchia
e
Moldavia,
se
non
per
una
classe
dirigente
più
pragmatica
ma
comunque
alla
guida
di
un
paese
arretrato.
In
questo
clima
sorsero
anche
le
prime
voci
che
legittimarono
l’anima
della
nazione
(Dositej
Obradovic,
Vuk
Karadzic).
Obrenovic
intendeva
governare
la
Serbia
come
un
pascià
turco,
in
modo
autoritario,
nonostante
che
il
sultano
avesse
deMinito
che
il
suo
potere
venisse
temperato
da
un
consiglio
di
nobili.
Ci
vollero
molti
anni
perché
il
principe
cedesse
alle
richieste/pressioni
dei
suoi
oppositori
e
promulgasse
uno
statuto
(ustav).
Nel
1835
una
prima
Costituzione
venne
bloccata
da
Austria,
Russia
e
Turchia;
questo
portò
alla
nascita
di
un
movimento
dei
“difensori
della
Costituzione”
che
grazie
anche
all’appoggio
di
altre
potenze,
nel
1838,
vide
l’emanazione
di
un
nuovo
testo
costituzionale.
Un
Consiglio
di
notabili
si
prese
il
potere
legislativo
ed
esecutivo
e,
nel
1839,
Obredovic
espatriò
perché
preoccupato
della
sua
incolumità.
Succedutogli
il
secondogenito,
questo
durò
sino
al
settembre
1842,
quando
una
nuova
sommossa
portò
nuovamente
al
potere
Karagjorgje
(suo
Miglio
Alessandro).
! La
dinastia
detronizzata
portò
ad
un
ammodernamento
della
Serbia
facendola
diventare
una
proto
Stato-‐nazione,
dotato
di
una
propria
politica
e
di
una
nascente
economia
più
vivace.
Fondamentale
fu
l’allontanamento
dei
proprietari
musulmani
e
la
creazione
di
un
piccolo
ceto
di
piccoli
proprietari
serbi.
Fu
però
il
ministro
in
carica
dal
1843
al
1852,
Garasanin,
a
proseguire
su
questa
strada
in
maniera
ancora
più
decisiva;
il
governo
serbo
si
avvicinò
a
Francia
e
Inghilterra
e
contro
l’Austria,
ipotizzando
di
riunire
intono
a
Belgrado
prima
montenegrini,
bosniaci
e
bulgari,
soggetti
al
sultanato,
e
poi
tutti
i
popoli
jugoslavi,
per
costituire
una
Grande
Serbia,
senza
la
tutela
della
Russia.
! In
Croazia
operava
invece
Ljudevit
Gaj,
promotore
dell’illirismo,
una
sorta
di
protojugoslavismo,
fortemente
inMluenzato
dalle
teorie
del
risveglio
culturale
dell’intero
mondo
slavo.
L’illirismo
perse
progressivamente
il
suo
impeto
e
questa
missione
fu
afMidata
a
altri
pensatori
che
durante
l’800
promossero
questa
unione
jugoslava,
lasciandola
il
eredità
al
‘900.
! Accanto
a
serbi
e
croati,
anche
altri
popoli
slavi
meridionali
erano
pronti
ad
entrare
nel
processo
di
unione
o
federazione:
avvenne
per
gli
sloveni
(la
cui
lingua
e
cultura
riuscì
a
stento
a
resistere
all’impatto
del
mondo
austriaco),
avvenne
per
i
montenegrini
(intorno
alla
sua
dinastia
trovò
un
senso
di
appartenenza
coadiuvato
dalla
posizione
geograMica)
! Un
caso
peculiare
era
la
Bosnia-‐Erzegovina,
che
presentava
una
popolazione
maggiormente
musulmana
anche
se
la
minoranza
cattolica
e
ortodossa
era
cospicua.
Nella
provincia
vigeva
il
sistema
dei
servi
sul
modello
feudale
occidentale;
in
pratica
metà
della
popolazione
era
composta
da
agricoltori
liberi,
gli
altri
erano
al
servizio
dei
gradi
proprietari
terrieri
o
nelle
terre
del
sultano.
La
situazione
cominciò
a
cambiare
quando
l’impero
ottomano
cominciò
a
dare
il
via
a
una
serie
di
riforme,
anche
se
dopo
la
metà
del
secolo
l’autonomia
de
facto
di
quella
periferia
dell’Impero
era
stata
ridotta
di
molto.
! 1.2.4
La
sconEitta
della
rivoluzione
in
Polonia
! Nicola
I
si
dimostrò
ancora
più
pesante
nei
confronti
della
sottomessa
Polonia.
Lo
zar
aveva
assunto
il
titolo
di
re
di
Polonia,
la
quale
continuava
a
vivere
formalmente
come
Stato,
con
una
Costituzione
concessa
nel
1815,
di
un
Parlamento
bicamerale.
Tale
condizione
non
era
però
sufMiciente
a
soddisfare
le
aspirazioni
della
classe
dirigente
e
di
altri
ceti
del
popolo
polacco.
Dopo
i
moti
del
1820-‐21
e
quella
dei
decabristi
del
1825,
si
mossero
alcune
organizzazioni
che
volevano
la
piena
indipendenza
per
la
Polonia.
L’insurrezione
antirussa
si
trasformò
ben
presto
in
una
guerra,
che
in
pochi
mesi
fu
vinta
dalla
truppe
zariste
del
generale
Paskevic.
! 3. Il
biennio
rivoluzionario
1848-‐49
! Altra
nazione
storica
era
quella
ungherese
o
“magiara”.
Nel
popolo
era
presente
un’insofferenza
per
l’unione
all’Austria.
Cosicché
il
senso
di
identità
magiara
andò
soppiantando
il
più
vasto
concetto
di
ungaricità.
L’insofferenza
si
fece
via
via
più
intensa
con
gli
anni
e
nel
1848-‐49
scoppiò
in
forma
di
insurrezione
armata
e
di
deposizione
formale
della
casa
Asburgo.
Il
terreno
era
stato
preparato
da
una
società
in
evoluzione
legata
all
innovazioni
di
un
intellettuale
come
Istvan
Szechenyi.
! La
rivoluzione
ungherese
fu
l’episodio
più
eclatante
del
biennio
rivoluzionario
che
toccò
gran
parte
dei
paesi
europei.
Il
governo
magiaro
capeggiato
da
Kossuth
ebbe
infatti
contatti
con
il
Regno
di
Sardegna
nella
guerra
contro
l’Austria,
con
la
Repubblica
di
Venezia
e
con
quella
Romana.
Il
fulcro
dei
suoi
interessi
fu
però
l’area
danubiana.
Le
truppe
magiare
infatti
dovettero
confrontarsi
con
le
truppe
imperiali
e
con
le
forze
delle
nazionalità
incluse
nel
Regno
di
Ungheria.
I
serbi
di
Ungheria
infatti
non
volevano
uno
Stato
nazionale
unitario
ungherese
e
insorsero
guidati
dal
loro
patriarca
Rajacic,
non
differentemente
dai
romeni
di
Transilvania.
Il
grande
errore
di
Kossuth
e
compagni
fu
non
concedere
alle
altre
nazionalità
quanto
chiedevano
per
quella
magiara,
o
almeno,
di
non
essere
così
convincenti
nelle
loro
promesse
o
proposte.
Con
questo
espediente
furono
isolati
e
solo
appoggiati
dai
rivoluzionari
polacchi
che
volevano
esportare
la
rivoluzione
nel
loro
paese
per
liberarsi
del
dominio
russo.
Più
dell’isolamento
fu
decisivo
l’intervento
delle
truppe
zariste
,
già
entrate
nel
1848
nei
Principati
danubiani
romeni,
operarono
in
Ungheria
e
in
Transilvania
con
il
consenso
di
Vienna,
costringendo
l’esercito
ungherese
alla
resa
di
Vilagos.
! Un
episodio
ideologicamente
signiMicativo
del
biennio
rivoluzionario
fu
il
congresso
slavo
tenuto
a
Praga
nel
1848.
Era
la
prima
assise
internazionale
dei
popoli
slavi,
anche
se
prevalevano
i
delegati
sudditi
austriaci.
Le
intemperanze
di
polacchi
e
russi
come
Bakunin,
obbligarono
gli
austriaci
a
sciogliere
il
congresso
e
a
svolgere
una
pesante
azione
di
polizia.
Alcuni
moderati
però
erano
favorevoli
all’esistenza
dell’impero
austriaco
perché
questo
era
un
centro
di
equilibrio
che
impediva
l’egemonia
dei
russi
e
dei
prussiani
nl
cuore
dell’Europa.
Dunque,
l’Impero
andava
conservato
e
gli
slavi
dovevano
solo
contare
di
più
al
suo
interno.
! All’inizio
del
biennio
rivoluzionario
si
registra
un
episodio
di
natura
non
politica,
ma
di
rilevanza
duratura:
il
tentativo
di
riunire
i
cristiani
ortodossi
con
la
Chiesa
di
Roma
operato
da
Pio
IX.
Il
ponteMice
però
commise
l’errore
di
pubblicare
il
6
gennaio
1848
un
suo
scritto,
litterae
ad
Orientales,
rivolto
ai
fedeli
e
non
alle
gerarchie,
con
il
risultato
di
irritare
queste
e
di
non
guadagnare
nuovi
seguaci
alla
Sede
Apostolica.
! ! ! ! 2.Imperi
multietnici
e
Stati
nazionali
! 2.1. Crisi
d’Oriente
(1853-‐56)
e
riforme
in
Russia
! La
Russia,
ancor
più
che
dopo
la
pace
di
Adrianopoli,
verso
la
Mine
degli
anni
’40
sembrò
affermarsi
come
la
principale
potenza
continentale.
Con
Nicola
I
il
suo
impero
sembrava
essere
il
poliziotto
d’Europa.
Secondo
lo
schema
di
Dehio,
fu
l’Inghilterra
ad
impedire
che
l’Europa
cadesse
nelle
mani
della
Russia;
nel
1840
questa
aveva
costretto
il
sultano
a
ritirare
il
consenso
al
transito
di
navi
da
guerra
dal
Bosforo
e
dai
Dardanelli,
come
voluto
dai
russi
che
sembravano
aver
ormai
costituito
un
protettorato
sull’impero
ottomano.
Le
alleanza
tra
Russia,
Inghilterra,
Francia
e
Spagna,
siglate
in
vario
modo,
gettarono
le
basi
per
il
successivo
scenario
che
tra
il
1853
e
il
1856
caratterizzò
la
guerra
di
Crimea.
! In
quella
che
si
può
deMinire
una
crisi
d’Oriente,
la
Russia
si
trovò
isolata:
le
ostilità
iniziarono
tra
l’impero
turco
e
quello
zarista,
ma
presto
l’Inghilterra
e
la
Francia
di
Napoleone
III
sostennero
il
sultano.
Fondamentale
fu
l’atteggiamento
di
Austria
e
Prussia.
La
prima
occupò
Valacchia
e
Moldavia,
interponendosi
tra
truppe
russe
e
turche,
e,
insieme
con
la
seconda,
assunse
una
posizione
di
neutralità
amichevole
verso
le
potenze
occidentali.
La
debacle
dell’Impero
russo
ne
ridimensiona
la
potenza
e
permette
a
quello
turco
di
sopravvivere
ancora
per
decenni,
sebbene
le
ridimensioni
territoriali
della
pace
di
Parigi
non
fossero
molto
pesanti.
La
Russia
fu
esclusa
dai
territori
del
delta
del
Danubio
mentre
una
clausola
precisa
precludeva
il
transito
delle
sue
navi
da
guerra
attraverso
gli
Stretti.
! La
sconMitta
subita
a
opera
delle
nazioni
più
avanzate,
indusse
la
classe
dirigente
russa
a
una
riMlessione
obbligata
sull’arretratezza
dell’Impero
e
della
sua
società.
Si
convenne
che
erano
necessarie
delle
riforme
atte
a
sfruttare
appieno
le
risorse
umane
e
materiali
del
paese;
toccava
ad
Alessandro
II
di
superare
le
resistenze
presenti
nell’establishment,
cioè
soprattutto
presso
una
parte
di
nobili,
detentori
del
potere
politico
ed
economico.
Le
riforme
furono
individuate
nell’abolizione
della
servitù
della
gleba,
costatando
che
il
lavoro
servile
fosse
molto
meno
redditizio
di
quello
libero
e
salariato.
! Alla
Mine
prevalse
il
principio
di
liberare
gli
schiavi,
assegnando
a
loro
appezzamenti
varabili
a
seconda
della
sua
qualità
e
redditività.
Il
decreto
del
marzo
1861
affermò
che
comunque
tutti
i
cittadini
avrebbero
avuto
un
pezzo
di
terra
gratuitamente,
ma
con
la
possibilità
di
un’assegnazione
più
cospicua
in
cambio
di
un
riscatto
da
pagare;
ma
va
detto
che
molti
si
accontentarono
di
avere
l’appezzamento
minimo
poiché
la
prima
rata
del
riscatto
era
per
molti
troppo
onerosa.
Nonostante
ciò
la
Russia
divenne
un
paese
con
una
diffusa
piccola
proprietà
agraria,
sebbene
continuassero
a
vivere
numerosi
latifondi
nobiliari.
In
prevalenze
le
piccole
proprietà
non
decollarono,
ma
anzi
videro
momenti
difMicili
per
molteplici
motivi:
boom
demograMico,
ricorrenti
carestie,
mancanza
di
capitali
per
rinnovare
l’inventario
agricolo.
A
tutto
ciò
si
aggiunse
che
i
piccoli
proprietari
ben
presto
si
trovarono
in
una
nuova
condizione
di
sudditanza
non
giuridica
ma
economica
verso
i
latifondisti,
tanto
da
far
credere
che
la
riforma
fosse
ormai
scaduta
nel
nulla.
! Una
seconda
riforma,
promulgata
nel
1864
da
Alessandro
II,
fu
quella
dell’ordine
giudiziario,
il
quale
limitò
i
suoi
effetti
alle
città,
mentre
secondo
le
antiche
consuetudini
nelle
campagne
i
nobili
continuarono
a
impartire
la
giustizia
di
stampo
paternalistico
e
senza
garanzie
per
la
classe
contadina.
! Di
rilievo
fu
la
riforma
elle
amministrazioni
locali
con
la
costituzione
degli
zemstva,
consigli
locali
nei
quali
vennero
integrati
i
rappresentanti
dei
contadini
afMianco
a
quelli
nobili
e
di
altre
categorie
sociali.
Questi
organismi
svolsero
un’attività
autonoma
rispetto
alla
politica
governativa
cercando
di
migliorare
i
servizi
per
la
popolazione
(Venne
poi
fatta
anche
una
riforma
per
modernizzare
l’esercito)
! L’età
dello
zar
liberatore
vide
svilupparsi
il
movimento
slavoMilo
che
ormai
aveva
assunto
le
caratteristiche
di
panslavismo,
cioè
un
programma
in
cui
la
Russia
avrebbe
dovuto
riunire
i
popoli
slavi
e
guidarli
a
conquistare
il
loro
ruolo
nel
mondo
affrancandosi
a
discapito
della
cultura
romano-‐germanica.
! 2.2. Le
riforme
in
Austria
e
in
Turchia
! Durante
la
crisi
d’Oriente
(guerra
di
Crimea)
l’Austria
giocò
d’astuzia
le
sue
carte
dimostrando
una
ingratitudine
verso
la
casata
Romanov,
che
nel
1849
era
corsa
in
suo
aiuto.
Altrettanto
lungimirante
fu,
nel
biennio
rivoluzionario,
una
legislazione
per
favorire
la
nascita
di
una
borghesia
agraria
favorevole
agli
Asburgo
e
al
sistema
politico
vigente.
Una
nuova
crisi
stava
per
attraversare
l’impero
austriaco
tra
la
metà
degli
anni
’50
e
gli
anni
’60.
Nel
1859
si
aprì
il
secondo
round
contro
il
Piemonte
e
la
Francia,
che
voleva
diventare
la
nuova
egemone
d’Europa.
La
sconMitta
contro
le
armi
franco-‐piemontesi
indusse
la
corte
viennese
a
concedere
una
Costituzione
nell’ottobre
1859.
La
struttura
costituzionale
dell’Impero
austriaco
dopo
il
1861
prevedeva
una
Camera
dei
signori
composta
da
membri
nominati
o
di
diritto
e
un
Consiglio
dell’Impero
in
cui
sedevano
i
rappresentanti
delle
Diete
provinciali.
In
questo
periodo
si
andava
a
disegnare
un
quadro
giuridico
liberale,
rispettoso
delle
diverse
realtà
etniche
presenti
nella
compagine
imperiale;
tutto
ciò
però
era
attorniato
dalla
consapevolezza
che
dall’esterno
c’erano
forze
che
volevano
far
deMlagrare
l’Impero.
In
prima
linea
c’erano
gli
esuli
ungheresi
e
i
patrioti
italiani
che
ritenevano
possibile
riaccendere
il
conMlitto
tra
Italia
e
Austria,
nonché
portare
la
guerra
dalle
coste
Mino
al
cuore
dell’Impero
nella
speranza
che
le
popolazioni
soggiogate
si
sollevassero
contro
gli
Asburgo.
! Anche
nell’impero
ottomano
erano
state
avviate
delle
riforme,
in
particolare
con
l’editto
del
1839
che
aprì
l’epoca
detta
del
“riordinamento.
In
questo
caso
egualmente
ebbero
rilevanza
le
sconMitte
dell’impero
turco
in
Europa
(greci
e
russi)
e
in
Asia
(contro
pascià
d’Egitto).
Qui
si
cercò
di
introdurre
un
modello
occidentale
sul
diritto
individuale,
nel
cesaropapismo
del
sultanato;
era
vecchia
regola
che
i
non
musulmani
non
avessero
gli
stessi
diritti
civili
dei
credenti
in
Allah;
con
il
“riordinamento”,
si
diede
l’idea
di
uguaglianza
dei
sudditi
tutti
di
fronte
alla
legge
e
al
sovrano.
Nella
pratica
comune
però
questa
riforma
causò
una
forte
resistenza
della
popolazione
musulmana,
sicché
da
Costantinopoli
si
dovette
più
volte
reprimere
militarmente
le
agitazioni
conservatrici
e
ribadire
con
un’ulteriore
legislazione
il
principio
egalitario
(peraltro
limitato
in
molti
campi).
L’incapacità
a
riformarsi,
i
movimenti
nazionali
e
gli
appetiti
delle
grandi
potenze
fecero
che
l’impero
subisse
nei
decenni
delle
amputazioni
territoriali
che
culminarono
con
la
sua
dissoluzione
tra
il
1913
e
il
1923.
! ! 4. La
nuova
sconEitta
della
rivoluzione
in
Polonia
! La
nazione
polacca,
perduta
la
partita
all’inizio
degli
anni
’30
contro
l’autocrazia
zarista,
non
aveva
rinunciato
alle
sue
aspirazioni
indipendentistiche.
A
Parigi
risiedeva
un
vero
governo
polacco
in
esilio
rappresentato
dal
partito
nobiliare
e
guidato
da
un
ex
consigliere
di
Alessandro
I,
Adam
Czartoryski.
Questo
governò
tentò
di
inMluenzare
in
maniera
non
ufMiciale
le
vicende
politiche
europee
e
di
mantenere
desta
la
memoria
della
questione
polacca
preso
i
gabinetti
e
l’opinione
pubblica
dei
vari
paesi
europei.
! Dopo
la
sconMitta
della
Russia
in
Crimea,
seguita
dai
movimenti
riformatori
di
Alessandro
II,
e
l’indipendenza/
rinascita
nazionale
italiana,
i
patrioti
polacchi,
nel
1863,
si
sentirono
abbastanza
forti
da
sMidare
nuovamente
l’autocrazia.
In
questa
occasione
il
partito
democratico
(“rosso”)
ebbe
un
ruolo
prevalente
rispetto
al
1830,
ma
ancora
una
volta
si
trattò
di
una
vera
guerra
tra
due
Stati,
uno
(quello
polacco)
che
tentava
di
recuperare
l’indipendenza
e
l’altro
(quello
russo)
che
vi
si
opponeva
duramente.
In
una
prima
fase
il
movimento
rivoluzionario
vide
l’ascesa
di
Ludwig
Mieroslawski,
che
aveva
comandato
le
truppe
siciliane
contro
i
Borbone
nel
1849;
la
guida
a
Varsavia
e
in
tutta
la
Polonia
fu
successivamente
guidata
da
vari
uomini
Mino
a
giungere
nelle
mani
del
“dittatore”
Traugutt,
che
fu
arrestato
e
giustiziato
dai
russi
nel
1864,
vittoriosi
sulle
truppe
rivoluzionarie.
Il
popolo
polacco
subì
una
durissima
repressione:
infatti
la
Polonia
perse
quanto
rimaneva
della
sua
autonomia
e
venne
considerata
provincia
dell’Impero,
come
le
altre.
! 5. Il
Compromesso
austro-‐ungarico
! La
guerra
combattuta
dall’Austria
con
la
Prussia
contro
la
Danimarca
(1862),
sebbene
vittoriosa,
fu
la
premessa
dell’estromissione
della
prima
dalla
Confederazione
germanica.
Essa
si
realizzò
nel
1866
e
rappresentò
il
culmine
del
contrasto
austro-‐prussiano
per
imporre
il
piccolo
pangermanesimo
(Berlino)
il
grande
pangermanesimo
(Vienna).
In
quell’anno,
la
guerra
tra
i
due
stati
tedeschi
fece
si
che
tutti
gli
stati
e
staterelli
germanici
gravitassero
intorno
alla
Prussia
di
Bismack,
escludendo
ogni
inMluenza
dell’Austria
su
di
essi.
Di
fronte
a
questa
nuova
sconMitta
i
politici
austriaci
decisero
di
dare
all’Impero
un
assetto
più
solido.
La
via
fu
quella
del
compromesso
con
la
seconda
forza
dell’Impero,
l’Ungheria.
Questa
ottenne,
nel
1867,
un
proprio
governo
sullo
stesso
piano
di
parità
con
quello
austriaco;
si
trattava
di
un’ampia
autonomia
che
creava
un
condominuim
austro-‐ungarico
sulle
altre
nazionalità,
pur
nei
limiti
di
una
legislazione
che
garantiva
a
queste
ultime
alcune
garanzie
essenziali;
riguardanti
l’uso
della
lingua
e
il
campo
scolastico.
A
Vienna
e
Budapest
continuavano
a
vivere
i
rispettivi
Parlamenti
bicamerali,
mentre
Delegazioni
miste
discutevano
gli
affari
comuni.
! Il
compromesso
ebbe
l’assenso
di
una
parte
della
classe
dirigente
e
dell’opinione
pubblica
ungherese;
su
tutt’altra
posizione
erano
gli
irriducibili
come
Kossuth.
Per
loro
o
conti
con
l’Austria
erano
da
regolare
sul
campo
di
battaglia,
possibilmente
al
Mianco
di
un
forte
alleato,
individuato
di
volta
in
volta
nell’Italia,
nella
Francia
o
nella
Prussia.
Nel
regno
d’Ungheria,
la
parte
magiara
della
Duplice
Monarchia,
non
si
registrò
un
rispetto
ampio
e
assoluto
ai
diritti
delle
minoranze
e
il
sistema
politico
si
dimostrò
a
lungo
conservatore:
infatti
non
fu
mai
introdotto
il
suffragio
universale
maschile.
Altre
minoranze
non
ebbero
nemmeno
un
simile
riconoscimento
politico
e
dovettero
lottare
per
ottenere
alcuni
diritti
amministrativi
e
culturali,
spesso
rivolgendosi
a
Vienna
senza
esiti
positivi,
perché
gli
ungheresi
erano
troppo
gelosi
delle
loro
competenze.
La
classe
dirigente
ungherese
non
mise
mano
alla
questione
agraria,
fondamentale
in
un
paese
caratterizzato
dal
latifondo,
né
risolse
la
questione
spinosa
delle
nazionalità
e
neppure
quella
dell’assenza
di
un
esercito
nazionale.
! Più
in
generale,
nell’intera
Duplice
Monarchia
le
diverse
nazionalità
minoritarie,
in
prevalenza
slave,
aspiravano
a
maggiori
autonomie
e
a
più
signiMicativi
diritti.
Se
l’alleanza
aveva
dato
luogo
ad
un
“dualismo”
austro-‐magiaro,
gli
slavi
chiedevano
il
passaggio
ad
un
“trialismo”.
Di
fronte
alla
nascita
di
molti
stati
nazionali
più
o
meno
grandi,
le
rivendicazioni
delle
minoranze
nell’Impero
austro-‐ungarico
furono
attenuate
anche
dal
fatto
che
il
livello
di
vita
di
quest’ultime
non
si
discostava
di
molto
dai
paesi
occidentali.
! 6. I
successi
dei
popoli
del
Sud-‐Est
europeo
! Se
la
Russia
aveva
il
pugno
di
ferro
con
la
Polonia
e
lo
stato
asburgico
trovava
risposta
ai
suoi
fermenti
interni
con
una
ristrutturazione
profonda,
l’impero
ottomano
subì
invece
progressive
amputazioni,
in
parte
corrispondenti
alle
aspirazioni
nazionali
dei
popoli
balcanici.
Durante
la
guerra
di
Crimea
i
patrioti
greci
pensarono
fosse
il
momento
di
schierarsi
al
Mianco
della
Russia
per
liberare
parte
dei
fratelli
ancora
sotto
il
giogo
del
sultano;
mentre
la
Sublime
Porta
espelleva
i
greci
non
sudditi
e
rompeva
ogni
relazione
con
Atene,
inglesi
e
francesi
invasero
il
porto
del
Pireo
e
imposero
al
re
Ottone
di
richiamare
le
forze
irregolari
che
avevano
già
superato
la
Tessaglia.
! Per
quanto
riguarda
Ottone,
lui
non
pagava
solo
il
fatto
di
essere
un
re
straniero
e
la
diversa
fede
religiosa,
ma
anche
l’incapacità
a
garantire
la
successione
al
trono,
non
avendo
Migli;
ma
soprattutto
si
trovava
a
fare
i
conti
con
uno
Stato
piccolo
eppure
quasi
ingovernabile
per
la
sua
struttura
geograMica,
sociale
ed
economica,
nonché
sottoposto
a
una
pesante
tutela
da
parte
di
Inghilterra,
Francia
e
Russia.
Nel
1843
fu
introdotto
un
Gabinetto
e
un
presidente
del
Consiglio
dei
ministri,
che
portò
alla
Mine
dei
poteri
dei
consiglieri
che
Ottone
si
era
portato
dalla
Baviera,
insieme
con
un
piccolo
esercito
o
guardia
reale.
Impedita
dalla
potenze
europee
a
prendere
arte
alla
crisi
d’Oriente,
la
nazione
greca
ottenne
un
importante
successo
sulla
strada
della
costituzione
di
uno
Stato
nazionale
dopo
l’abdicazione
di
Ottone,
seguita
da
alcune
sollevazioni
militari
(1862).
Invano
il
sovrano
bavarese
cercò
di
sventolare
la
bandiera
di
una
Grande
Grecia,
i
politici
e
i
patrioti
greci
preferirono
andare
avanti
senza
di
lui.
Dopo
un
anno
e
mezzo
di
consultazioni
venne
scelto
come
nuovo
re
della
Grecia
il
danese
Cristiano
Guglielmo
che
prese
il
nome
di
Giorgio
I.
! L’altra
nazione
balcanica
che
si
era
mossa
per
tempo
sulla
strada
delle
rivendicazioni
nazionali,
quella
serba,
ottenne
successi
signiMicativi
in
seguito
alla
pace
di
Adrianopoli
allargando
i
conMini
del
Principato
verso
alcuni
distretti
meridionali.
E’
naturale
che
quindi
si
sviluppò
un
dibattito
interno
su
come
indirizzare
la
politica
interna;
chi
la
voleva
sullo
stampo
delle
nazioni
occidentali,
e
che
invece
voleva
afMidare
le
sorti
del
paese
ad
un
forte
potere
principesco.
Russia
e
Turchia
acconsentirono
alla
Costituzione
per
limitare
il
potere
del
principe,
ma
stranamente
furono
le
potenze
liberali
(Inghilterra
e
Francia)
a
sostenere
invece
l’autoritarismo
di
Obrenovic.
Sotto
la
successiva/vecchia
dinastia
Karagjorgevic,
la
Serbia
rimase
ai
margini
della
crisi
del
’48,
anche
per
la
particolare
posizione
nei
confronti
dei
serbi
di
Ungheria,
come
pure
non
partecipò
alla
guerra
di
Crimea.
Al
termine
della
crisi
d’Oriente
Garasanin
ottenne
che
il
Principato
fosse
posto
sotto
la
protezione
delle
6
grandi
potenze,
che
implicitamente
signiMicava
ottenere
maggiore
autonomia.
Nel
1858
i
contrasti
tra
oligarchia
serba
e
principe
fecero
abdicare
quest’ultimo,
richiamando
la
casata
degli
Obrenovic.
Dal
congresso
di
Parigi
del
1862,
il
governo
di
Belgrado
si
fece
più
ardito
e
si
spinse
Mino
a
creare
un
accordo
con
i
greci
in
funzione
antiturca,
senza
porsi
all’ombra
della
tutela
zarista.
Esso
dunque
agiva
come
il
governo
di
uno
Stato
indipendente.
Nello
stesso
tempo
vennero
inclusi
i
progetti
di
un
totale
rivolgimento
della
situazione
politica
nell’Europa
danubiano-‐balcanica
a
danno
dell’Austria.
! Nei
progetti
antiaustriaci
fu
coinvolto
anche
il
governo
dei
Principati
romeni.
Dopo
la
crisi
d’Oriente
la
Moldavia
e
la
Valacchia,
aiutate
dalle
potenze
europee,
videro
il
sopravvento
del
partito
nazionale
e
unionista,
cioè
di
quanti
volevano
che
i
due
principati
si
uniMicassero
sotto
un
principe
nazionale.
Ciò
avvenne
nel
1859
quando
Alexandru
Ioan
Cuza
fu
eletto
principe
nelle
due
capitali;
la
Sublime
Porta
però
non
Mino
al
1861
l’uniMicazione
dei
due
principati.
Dunque
la
nazione
romena
aveva
raggiunto
un
grosso
obbiettivo
in
maniera
politica
e
diplomatica
di
grande
rilievo,
la
cosiddetta
Piccola
unione,
che
corrispondeva
alle
aspirazioni
di
molti
che
dal
1822e
dei
patrioti
del
1848.
! 3.Un’altra
Europa
! 3.1
La
questione
agraria
! Nell’intera
area
dell’Europa
centro-‐orientale,
Russia
inclusa,
l
questione
agraria
fu
a
lungo
il
problema
centrale
da
risolvere
per
favorire
lo
sviluppo
della
società
e
dell’economia:
essa
in
pratica
veniva
a
coincidere
con
quella
sociale.
Gli
addetti
al
settore
agricolo
erano
la
maggioranza
della
forza
lavoro.
Intervenire
in
tali
settori
equivaleva
a
dire
intervenire
sugli
interessi
generali,
sia
per
il
numero
dei
contadini
che
per
l’apporto
dell’agricoltura
nel
prodotto
interno.
Un
ettaro
in
Polonia
valeva
meno
di
quello
di
quello
in
Francia;
questo
non
perché
era
meno
fertile,
ma
perché
c’era
una
scarsa
preparazione
tecnica,
al
misero
inventario
agricolo,
all’assenza
del
credito
agricolo,
alla
condizione
arretratezza
della
classe
contadina,
tanto
che
in
Russia
si
attese
il
1861
per
abolire
la
servitù
della
gleba.
! Anche
nel
regno
d’Ungheria
tale
antica
istituzione
economico-‐sociale
ebbe
lunga
vita,
appunto
Mino
dopo
la
seconda
guerra
mondiale.
Nel
corso
dell’800
essa
corse
ben
pochi
pericoli:
i
nobili
ungheresi
videro
limitare
le
loro
prerogative
sebbene
rimase
comunque
la
classe
detentrice
della
ricchezza
e
dominante
politicamente.
Tuttavia
anche
in
Ungheria
cominciò
a
farsi
largo
una
cultura
che
in
senso
lato
si
può
deMinire
borghese.
! La
Romania
aveva
ancora
le
ricchezze
nelle
mani
dei
nobili
(boeri),
ma
già
dagli
anni
’60
cominciò
a
prendersi
cura
della
questione
agraria.
Il
principe
Cuza
progettò
una
riforma
agraria
che
dava
ai
contadini
i
terreni
coltivabili,
sottraendoli
a
latifondisti
e
monasteri.
Questa
pratica
trovò
il
riMiuto
dei
ceti
proprietari,
anche
perché
nel
caso
romeno
non
signiMicava
abolire
il
servaggio,
ma
di
risolvere
la
pesante
situazione
contadina.
Per
forzare
la
resistenza
dei
più
conservatori,
il
principe
riformò
le
norme
parlamentari
ed
elettorali
alienandosi
le
simpatie
della
sinistra
liberale.
Anche
dopo
il
colpo
di
stato
(fatta
dalla
sinistra)
non
si
annullò
a
riforma
agraria,
ma
si
attenuarono
gli
effetti,
producendo
un
progressivo
fenomeno
di
“neoservaggio”;
L’insoddisfazione
dei
contadini
si
manifestò
a
più
riprese
più
che
prima
della
riforma.
I
governi
risposero
con
la
repressione
e
l’imposizione
del
lavoro
coatto,
ma
anche
con
provvedimenti
legislativi.
Nel
1907
scoppiò
la
rivolta
contadina
più
grave
del
continente,
che
fu
repressa
dall’esercito,
lasciando
una
scia
di
morti
e
polemiche.
! Il
caso
bulgaro
ebbe
peculiarità
proprie:
i
latifondi
appartenevano
ai
turchi/ musulmani
e
dunque
la
rivoluzione
sociale
doveva
coincidere,
più
che
altrove,
con
quella
nazionale.
Dopo
la
liberazione
della
Bulgaria
per
opera
delle
armate
zariste
(1877-‐78),
il
neonato
Principato
autonomo
si
caratterizzò
per
la
presenza
massiccia
della
piccola
proprietà.
! Anche
nel
piccolo
regno
ellenico
la
questione
agraria
aveva
un
ampio
signiMicato;
durante
il
triennio
di
Ottone
di
baviera,
non
fu
fatto
quasi
nulla
per
trovare
una
soluzione
all’arretratezza
dei
rapporti
di
proprietà
e
produzione
nelle
campagne.
Durante
il
lungo
regno
di
Giorgio
I
(1864-‐1913)
si
assiste
ad
una
forte
emigrazione
a
causa
del
fatto
che
il
sistema
economico
non
era
più
in
grado
di
dare
sostentamento
e
occasioni
di
lavoro
all’intera
popolazione.
Verso
la
Mine
dell’800
la
Grecia
fu
costretta
a
dichiarare
la
bancarotta.
Paradossalmente
la
ricchezza
era
più
diffusa
tra
i
greci
ancora
sudditi
del
sultano
che
non
quelli
del
Regno
indipendente.
! ! 3.2
Prodromi
della
rivoluzione
industriale
! La
storia
dell’Europa
centro-‐orientale
si
caratterizza
anche
per
l’arretratezza
con
cui
si
veriMicò
la
rivoluzione
industriale.
La
Russia
vide
i
primordi
della
propria
industrializzazione
addirittura
nell’epoca
di
Pietro
I
(1682-‐1725),
convinto
che
si
dovesse
guardare
ai
modelli
occidentali
anche
e
soprattutto
in
ambito
economico.
Solo
dalla
seconda
metà
dell’800
però
il
processo
industriale
fu
afMine
a
quello
dei
paesi
occidentali;
afMine
perché
il
Minanziamento
statale
pesò
notevolmente
sullo
sviluppo
Misionomico
dell’industria
russa.
Per
motivi
simili,
ma
anche
per
mancanza
di
vie
di
comunicazione
capillari,
le
industrie
russe
furono
concentrate
in
pochi
centri.
Con
la
rivoluzione
del
1917,
Lenin,
per
aumentare
il
numero
dei
“lavoratori”
a
cui
si
rivolgeva
la
rivoluzione,
dovette
sommare
agli
operai,
gli
artigiani
non
abbienti,
i
contadini
poveri
e
altre
categorie
non
privilegiate.
! La
Polonia
conobbe
un’industrializzazione
a
macchia
di
leopardo,
non
paragonabile
a
quella
occidentale.
Essa
era
caratterizzata
da
moltissimi
latifondi,
anche
se
dotata
di
risorse
minerarie
consistenti.
Fino
al
1918
essa
rimase
divisa
tra
le
potenze
spartitrici
e
risentì
delle
politiche
di
Russia,
Austria
e
Germania.
Lo
sviluppo
industriale
prese
tono
dopo
l’indipendenza
e
subì
uno
slancio
decisivo
negli
anni
del
comunismo.
! Anche
l’Ungheria
restò
un
paese
a
vocazione
agricola
Mino
alla
seconda
guerra
mondiale
e
solo
dopo
di
essa
sparì
l’istituto
del
latifondo.
! I
paesi
che
costituirono
la
Jugoslavia,
essendo
precedentemente
divisi,
subirono
sorti
diverse.
Nessuno
di
essi
conobbe
un
signiMicativo
sviluppo
industriale
(eccezione
per
Montenegro
e
Croazia).
Un
po’
maggiore
fu
o
sviluppo
in
Grecia
e
soprattutto
Romania.
Nel
primo
caso
il
fenomeno
era
legato
alle
attività
mercantili.
Lo
stato
romeno
conobbe
una
certa
crescita
in
campo
industriale
già
negli
ultimi
decenni
dell’800.
! L’economia
dell’Europa
centro-‐orientale
tra
‘800
e
la
prima
parte
del
‘900,
si
caratterizzò
per
il
peso
enormemente
maggioritario
del
settore
agricolo
rispetto
a
quello
industriale,
di
dimensioni
ancora
limitate,
e
agli
altri
settori
economici.
Per
il
XIX
secolo
si
deve
quindi
parlare
di
prodromi
dello
sviluppo
industriale
e
per
i
primi
decenni
del
XX
non
è
lecito
ricorrere
a
termini
più
preganti
e
impegnativi.
! ! ! ! ! 3.3
Populismo
e
marxismo
! La
Russia,
tra
gli
anni
’60
e
la
Mine
del
secolo
conobbe
non
soltanto
lo
sviluppo
economico,
ma
anche
grandi
novità
sul
piano
della
cultura
e
della
lotta
politica.
Ovviamente
gli
sviluppi
economici,
sono
intrinsecamente
collegati
con
lo
sviluppo
dei
vari
movimenti
politici.
Questi
in
prima
fase
possono
essere
racchiusi
sotto
il
nome
di
populismo.
Questo
prendeva
le
mosse
dalle
precedenti
correnti
culturali
sorte
sotto
lo
zar
Nicola
I,
quali
l’occidentalismo
e
lo
slavoMilismo;
questi
avevano
rivalutato
e
mitizzato
il
mondo
contadino
russo
e
le
sue
istituzioni
tradizionali,
a
partire
dalla
comunità
di
villaggio.
Su
di
essa
doveva
fondersi
la
società,
non
sui
modelli
occidentali,
come
fatto
da
Pietro
il
Grande.
Diffusa
e
solida
presso
i
contadini
era
la
convinzione
che
lo
zar
fosse
un
buono
e
“piccolo
padre”;
le
ingiustizie
e
le
sofferenze
erano
dovute
ai
nobili
e
ai
ministri
che
non
applicavano
i
decreti
del
sovrano.
! I
populisti
intendevano
operare
in
favore
del
popolo,
convinti
che
a
loro
si
dovesse
riconsegnare
la
loro
condizione
sociale.
In
genere
le
teorie
dei
populisti
erano
distanti
dal
socialismo
marxista,
poco
noto
in
Russia,
ma
diffuso
in
altri
paesi
d’Europa
dove
i
russi
si
recavano
a
studiare.
All’interno
del
populismo
ci
furono
anche
estremismi
ideologici
che
facevano
largo
uso
della
violenza
di
massa
e
individuale,
e
il
ricorso
ad
atti
terroristici.
Per
esempio
gli
attentati
nei
confronti
di
Alessandro
II
furono
ripetuti,
e
nel
1881
il
sovrano
riformatore
cadde
vittima
di
uno
di
questi
attentati.
Il
successore
Alessandro
III
(1881-‐94)
fu
uomo
molto
meno
incline
a
cambiare
e
anzi
cancellò
molte
disposizioni
del
precedente
sovrano.
Attorniatosi
di
nuovi
collaboratori,
lo
zar
limitò
il
potere
delle
autonomie
locali
presso
le
quali
si
stava
creando
un
ceto
di
liberali:
l’elettorato
attivo
e
passivo
fu
ristretto
e
l’attività
dei
consigli
controllata
dall’alto.
(la
censura
tornò
ad
imperversare).
La
rigidità
delle
riforme
era
in
qualche
modo
giustiMicata
dall’assalto
terroristico
all’autocrazia
proprio
quando
essa
aveva
dato
segni
di
cambiamento.
Sicché
il
regno
di
Alessandro
III,
sotto
il
proMilo
politico,
si
caratterizzò
in
senso
reazionario
e,
allo
stesso
tempo,
fu
segnato
da
una
consistente
industrializzazione
accompagnata
da
una
nuova
questione
sociale
cui
i
ministri
russi
cercarono
di
trovare
rimedio;
Parallelamente,
al
populismo,
iniziò
a
fare
concorrenza
il
socialismo
di
matrice
marxista.
! Per
la
nascita
di
un
partito
social-‐rivoluzionario
russo
ci
volle
ancora
molto
tempo,
perché
in
Russia
la
vita
era
difMicile
per
qualsiasi
formazione
politica:
i
componenti
del
primo
Comitato
centrale
furono
tutti
arrestati.
L’anno
dopo,
il
1899,
nacque
il
Partito
socialista
rivoluzionario
erede
del
populismo
dell’ultima
ora,
senza
remore
nel
ricorrere
anche
a
gesti
terroristici.
Sotto
il
proMilo
ideologico
però
va
detto
che
marxismo
e
populismo
Minirono
per
inMluenzarsi
a
vicenda.
! Lenin,
deduceva
che
vi
erano
le
premesse
per
una
rivoluzione
socialista,
senza
posticiparla
a
quando
si
sarebbe
sperimentata
una
democrazia
liberale
e
un’economia
capitalista
matura.
Lenin
era
sia
distante
dal
marxismo
classico,
che
concepiva
marxianamente
il
successo
della
borghesia
con
l’appoggio
anche
del
proletariato
in
attesa
della
successiva
rivoluzione
sociale
(scredita
anche
la
funzione
dei
contadini),
sia
dei
populisti
che
non
intendevano
realizzare
una
rivoluzione
in
nome
della
classe
operaia
industriale,
bensì
un
socialismo
agrario
a
partire
dalla
comune
contadina.
Lenin
polemizzò
molto
con
tutti
i
socialisti
revisionisti
ma
le
sue
distanze
prese
dal
marxismo
originario
furono
tali
da
indurre
gli
studiosi
a
deMinirlo
marxismo-‐ leninismo.
E’
interessante
come
lui
ad
esempio
parlasse
di
conquista
dello
Stato
piuttosto
che
di
annullamento
dello,
oppure
non
rinnegasse
i
più
spietati
mezzi
di
lotta.
Nella
sinistra
socialista
russa
conMluirono
anche
i
militanti
del
Judische
Bund,
la
Lega
ebraica
sorta
sia
su
fondamenti
ideologici
sia
per
difendere
la
comunità
israelitica.
Il
Bund
cercò
di
mantenere
una
sua
autonomia
nel
movimento
socialista,
ma
in
effetti
molti
ebrei
entrarono
poi
nei
ranghi
del
partito
bolscevico
e
menscevico.
! 4.Albori
di
una
nuova
epoca
! 4.1
La
seconda
crisi
d’Oriente
e
il
congresso
di
Berlino
! La
Russia,
temuta
padrona
d’Europa
dopo
il
1848-‐49,
dalla
guerra
di
Crimea
era
uscita
sconMitta
più
dalla
propria
arretratezza
tecnica,
culturale
e
politica
che
dalla
forza
degli
avversari.
La
politica
di
riforme
che
misero
negli
anni
’60
e
’70,
rispose
a
quest’esigenza;
tale
politica
consentì
alla
Russia
di
trovarsi
pronta
all’appuntamento
con
una
nuova
crisi
d’Oriente
innescata
dalle
rivolte
della
popolazione
cristiana
di
Erzegovina
e
Bosnia
nel
1875.
A
garanzia
di
un
nuovo
ordine
internazionale
era
stata
creata
la
Lega
dei
tre
imperatori
(una
sorta
di
Santa
Alleanza),
tra
Russia,
Germania
e
Austria.
Tra
Russia
e
Austria
si
colloca
questa
crisi
dettata
dalla
concorrenza
delle
due
potenze
nell’area
balcanica.
! In
Bosnia
ed
Erzegovina
pochi
decenni
prima
erano
ancora
le
popolazioni
musulmane
a
ribellarsi
contro
il
governo
ottomano
a
causa
delle
modeste
riforme
introdotte
nei
confronti
dei
cristiani;
da
qualche
anno
però
l’iniziativa
era
passata
nelle
mani
dei
cristiani,
delusi
dalla
non
attuazione
delle
riforme
e
dalla
sudditanza
anacronistica.
La
rivolta
del
1875
fu
dettata
dalla
volontà
di
non
pagare
tasse
considerate
troppo
esose.
! L’impero
ottomano
continuava
a
essere
considerato
debole
e
le
sue
provincie
europee
un
bottino
per
le
altre
potenze.
Si
mossero
nel
1876
anche
due
piccoli
Stati
afMini
alla
Bosnia,
ossia
Montenegro
e
Serbia.
Essi
erano
ancora
principati
vassalli
del
sultano,
anche
se
avevano
un’indipendenza
di
fatto.
Scendere
in
campo
con
i
“fratelli”
bosniaci
signiMicava
rompere
ogni
rapporto
con
la
Sublime
Porta;
le
vicende
militari
però
non
si
mossero
secondo
i
loro
desideri:
l’esercito
ottomano
era
ancora
troppo
superiore.
! Sempre
nel
1876
era
scoppiata
una
rivolta
anche
in
Bulgaria,
dove
da
qualche
anno
esisteva
un’organizzazione
rivoluzionaria,
che
sopravviveva
alla
cattura
del
suo
creatore:
Vasil
Levski.
La
Bulgaria
era
molto
più
centrale
e
vicina
all’impero
ottomano
e
quindi
la
repressione
fu
molto
più
repentina
da
parte
del
sultano;
la
mediazione
britannica
aveva
fatto
in
modo
di
arrivare
alla
Mirma
di
un
armistizio
tra
il
governo
ottomano
e
serbo,
dopo
pochi
mesi
di
belligeranza.
Pietroburgo
e
Vienna
avevano
intanto
raggiunto
un
accordo
per
il
quale,
se
l’impero
ottomano
si
fosse
sfaldato,
le
regioni
occidentali
della
penisola
balcanica
sarebbero
ricadute
sotto
l’inMluenza
dell’Austria-‐Ungheria,
e
quelle
orientali
sotto
l’inMluenza
della
Russia.
! Alla
conferenza
di
Costantinopoli,
i
delegati
delle
potenze
parteciparono
convinti
di
ottenere
riforme
per
le
popolazioni
cristiane,
ma
così
non
fu
perché
i
diplomatici
turchi
non
cedettero
sotto
le
pressioni
dei
delegati
europei
e
inMine
pubblicarono
una
Costituzione
di
stampo
liberal-‐occidentale
dove
erano
incluse
speciMiche
garanzie
per
tutti
i
cittadini.
Poco
dopo
la
Costituzione
venne
sospesa.
In
pochi
mesi
(1877)
la
sentenza
passò
nuovamente
alla
armi;
Il
governo
zarista
inviò
l’esercito
alla
volta
del
Danubio,
passando
per
la
Romania,
formalmente
stato
vassallo
del
sultano,
anche
dopo
l’ascesa
al
trono
nel
1866
del
principe
Karl
di
Hohenzollern-‐Sigmaringen.
! La
campagna
sembrò
essere
una
passeggiata
per
i
russi,
soprattutto
dopo
la
passata
del
Danubio;
commisero
però
l’errore
di
lasciarsi
alle
spalle
moltissime
roccaforti
turche
con
il
rischio
di
veder
tagliate
ogni
via
di
collegamento
tra
il
Danubio
e
i
Balcani.
Sicché,
i
russi
dovettero
difendere
il
passo
balcanico
di
Sipka
e
al
contempo
respingere
la
controffensiva
turca
proveniente
dal
sud
e
dalla
Bulgaria
occidentale.
In
breve
però
l’avanzata
russa
riprese
nonostante
la
stagione
inclemente
e
si
arresto
solo
alle
porte
di
Costantinopoli,
dove
nel
marzo
1878
fu
Mirmata
la
pace
che
toglieva
alla
Turchia
la
sovranità
su
Serbia
e
Montenegro.
! Di
fronte
al
successo
russo
le
potenze
europee
non
rimasero
inerti:
Vienna
mobilitò
l’esercito
quasi
a
dire
che
intendeva
ricevere
la
propria
parte
di
bottino,
l’Inghilterra
le
sue
navi
sul
Bosforo.
Al
congresso
di
Berlino,
presieduto
da
Bismarck,
nel
giugno-‐luglio
1878,
era
inevitabile
era
inevitabile
che
all’Austria-‐ Ungheria
venisse
dato
un
compenso
(amministrazione
trentennale
sulla
Bosnia-‐ Erzegovina).
Inoltre
venne
riconosciuta
l’indipendenza
di
Romania,
Serbia
e
Montenegro,
mentre
la
riduzione
del
principato
di
Bulgaria
fu
voluto
direttamente
dallo
zar.
! Il
contrasto
di
interessi
tra
Vienna
e
Pietroburgo
si
fece
sempre
più
evidente
nonostante
il
tentativo
di
Bismarck
di
ripristinare
la
Lega
dei
tre
imperatori.
Nel
1879
la
Germania
siglò
un’alleanza
con
l’Austria-‐Ungheria
e
un
trattato
di
controassicurazione
con
la
Russia.
! 4.2
Sviluppi
risorgimentali
e
nuove
nazionalità
nei
Balcani
! 4.2.1
I
bulgari
! La
seconda
crisi
d’Oriente
aveva
portato
alcune
novità
nei
Balcani
e
nei
processi
di
rinascita
nazionale
in
corso
presso
quei
popoli.
La
pace
di
Costantinopoli
e
il
congresso
di
Berlino
ebbero
al
loro
centro
gli
interessi
e
le
sorti
della
nazione
bulgara.
La
Bulgaria
aveva
vissuto
un
processo
di
snazionalizzazione;
i
turchi
infatti
si
erano
stanziati
massicciamente
nel
loro
territorio
assorbendo
molta
popolazione
slava
che
decise
di
passare
religione
musulmana
per
difendere
i
propri
interessi
e
entrare
a
far
parte
della
classe
dirigente.
Molto
importanti
per
i
bulgari
furono
i
ruoli
dei
monasteri:
essi
erano
il
luogo
di
conservazione
della
lingua
e
della
cultura;
le
lotte
dei
bulgari
per
l’indipendenza
ecclesiastica
e
politica
procedettero
parallelamente.
! All’inizio
degli
anni
’60,
un
bulgaro
di
Istanbul,
Georgi
Sava
Rakovski,
costretto
a
trasferirsi
a
Belgrado,
vi
fondò
un
giornale
di
intonazione
nazionale
bulgara
e
antiturca,
e
due
legioni
di
combattenti
bulgare,
che
entrando
nel
territorio
ottomano
avrebbe
dovuto
diffondere
l’insurrezione.
Il
suo
esempio
fu
seguito
da
altri
patrioti,
prevalentemente
romeni
e
russi,
paesi
in
cui
esistevano
società
di
beneMicienza
bulgare
pronte
a
sostenere
anche
Minanziariamente
queste
bande
che
praticavano
azioni
militari
in
terra
turca.
Successivamente
il
Comitato
centrale
però
decise
di
cambiare
tattica;
a
opera
principalmente
di
Vasil
Levski,
fu
organizzata
una
rete
di
cellule
rivoluzionarie
in
terra
bulgara
che
però
fu
scoperta
dalla
polizia
ottomana
nel
1872,
quando
anche
Levski
rimase
vittima
della
reazione
turca.
! Le
insurrezioni
bulgare
del
1875
e
del
1876
non
furono
quindi
momenti
inattesi;
la
costituzione
del
Principato
autonomo
di
Bulgaria
e
del
Governatorato
autonomo
della
Rumelia
orientale
furono
il
punto
di
arrivo
di
un
processo
risorgimentale
durato
più
decenni.
! Il
congresso
di
Berlino,
ebbe
però
conclusioni
diplomatiche
ben
diverse:
il
movimento
nazionale
bulgaro
mantenne
all’ordine
del
giorno
il
ricongiungimento
completo
dell’unità
territoriale,
e
infatti,
7
anni
dopo,
la
Rumelia
orientale
insorse
per
riunirsi
con
il
Principato
autonomo
bulgaro.
! Chi
si
oppose
a
questa
indipendenza
furono
Grecia
e
Serbia;
esse
non
gradirono
la
modiMica
della
carta
geopolitica
e
un
ampliamento
della
Bulgaria.
Il
governo
di
Belgrado
arrivò
a
dichiarare
guerra
alla
Bulgaria,
certi
che
il
governo
bulgaro
non
fosse
all’altezza
di
quello
serbo.
I
bulgari
però
batterono
i
serbi
e
avanzarono
oltre
frontiera.
Un
intervento
diplomatico
austro-‐ungarico
pose
Mine
al
conMlitto
ma
non
alla
crisi
internazionale.
Un
colpo
di
stato
depose
Alessandro
nell’agosto
1886,
successivamente
si
formò
una
reggenza
si
sentimenti
antirussi
e,
mentre
prendeva
consensi
il
presidente
della
Camera
Stambolov,
fu
scelto
come
principe
un
ufMiciale
austro-‐ungarico:
Ferdinando
di
Sassonia-‐Coburgo.
! 4.2.2
Gli
albanesi
! Il
movimento
nazionale
albanese
fu
ancora
più
tardivo
di
quello
bulgaro
e
trovò
una
signiMicativa
manifestazione
soltanto
all’indomani
del
congresso
di
Berlino.
Nel
1878,
infatti,
di
fronte
alla
decisione
delle
potenze
di
amputare
l’Impero
turco
di
alcuni
territori
a
vantaggio
di
Montenegro
e
Grecia,
le
tribù
e
i
clan
albanesi
trovarono
la
forza
di
unirsi
nella
Lega
di
Prizren.
Era
la
prima
manifestazione
della
Rilindja
(Rinascita
nazionale)
che
da
qualche
anno
interessava
la
cultura
albanese
grazie
all’opera
di
alcuni
intellettuali
e
religiosi.
! Più
o
meno
prevalse
l’idea
che
si
doveva
impedire
che
un
lembo
di
territorio
albanese
fosse
assegnato
a
uno
Stato
limitrofo:
quindi
i
movimenti
nazionali
balcanici
furono
guardati
con
sospetto.
Ad
esempio
alcuni
patrioti
albanesi
presero
a
temere
che
l’Italia
(matrimonio
Vittorio
Emanuele
III
e
Elena
Petrovic)
potesse
sostenere
le
aspirazioni
di
Nicola
del
Montenegro
ad
ampliare
i
conMini
del
proprio
Stato.
! Le
rivolte
in
terra
albanese
furono
virulente
e
tali
da
impensierire
il
governo
turco;
le
principali
si
ebbero
nel
1909,
con
epicentro
in
Kosovo,
e
nel
1912
quando
fu
occupata
la
città
di
Skopje
senza
che
il
governo
di
Istanbul
riuscisse
a
fare
accettare
un
accordo
basato
sul
riconoscimento
di
un’ampia
autonomia.
! ! ! 4.2.3
Serbi,
bosniaci
e
macedoni
! il
congresso
di
Berlino
aveva
sancito
la
deMinitiva
indipendenza
della
Serbia,
che
nel
1877
era
rientrata
in
guerra
con
a
Turchia.
Durante
il
resto
del
quarto
di
secolo
rimasero
sul
trono
gli
Obrenovic,
nonostante
le
aspirazioni
dei
rivali
Karagjorgievic,
e
l’opposizione
del
mondo
politico
e
di
una
parte
della
società
serba
alla
politica
da
loro
attuata
(interna
ed
esterna).
Da
un
altro
verso
andò
a
rafforzarsi
il
partito
di
coloro
che
volevano
un
rispetto
dei
termini
costituzionali:
radicali
di
Nikola
Pasic.
Dall’altro
si
fece
palese
il
raffreddamento
con
la
Russia,
pure
evidente
durante
la
crisi
d’Oriente,
a
vantaggio
di
un
più
saldo
legame
con
l’Austria-‐Ungheria.
La
sconMitta
del
1885
contro
la
Bulgaria,
rese
ancora
più
evidente
la
debolezza
del
re
Milan,
che
cercò
di
“rialzarsi”
dando
una
nuova
Costituzione
più
liberale
nel
gennaio
1889.
Dopo
due
mesi
però
decise
di
abdicare
in
favore
del
Miglio
Alessandro.
Nemmeno
il
nuovo
sovrano
riuscì
a
guadagnarsi
le
simpatie
politiche
e
della
società;
intanto
i
radicali
ottennero
importanti
successi
elettorali
Minché
nel
1903
non
furono
messi
sotto
controllo
dalla
polizia.
Questo
fu
il
momento
che
indusse
gli
oppositori
a
muoversi:
un
gruppo
di
ufMiciali
penetrò
nel
palazzo
reale
e
uccise
il
re
e
la
regina.
Immediatamente
fu
insediato
Pietro
Karagjorgevic,
dopo
un
esilio
di
45
anni.
! Il
mutamento
dinastico
diede
inizio
ad
un
mutamento
della
politica
estera
della
Serbia.
Ora
i
nuovi
dirigenti
di
Belgrado
intrapresero
la
via
di
una
maggiore
autonomia
nelle
proprie
scelte.
Queste
scelte
portarono
alla
“guerra
dei
porci”
con
l’Impero
austro-‐ungarico
nel
1906.
Intanto
gli
obbiettivi
delle
organizzazioni
irredentiste
serbe
era
la
Bosnia-‐ Erzegovina
che
da
30
anni
aveva
un’amministrazione
austro-‐ungarica
in
procinto
di
scadere.
Nel
1908
l’Austria
però
decise
di
annettere
questa
porzione
di
territorio
al
suo
Impero;
nello
stesso
anno
la
Bulgaria
proclamò
la
propria
indipendenza
e
la
Grecia
formalizzò
l’annessione
dell’isola
di
Creta.
Nello
stesso
anno
la
Turchia
era
scossa
dalla
rivolta
dei
Giovani
Turchi.
! Le
vicende
della
Bosnia-‐Erzegovina
però
devono
essere
notate
con
un
occhio
di
riguardo;
la
provincia
era
stata
occupata
dalle
truppe
austro-‐ungariche
nel
1878
nonostante
l’accanita
resistenza
dei
musulmani
presenti.
Paradossalmente,
la
dominazione
cristiana,
andò
a
costituire
un’identità
“bosniaca”
comprendente
più
religioni.
Tale
gruppo
etno-‐religioso
trovò
il
modo
di
dar
vita
ad
una
propria
rappresentanza
politica.
Minori
furono
le
novità
sul
versante
sociale;
i
contadini
erano
ancora
alla
dipendenza
dei
notabili
e
dei
grandi
proprietari
sebbene
giuridicamente
fosse
garantita
la
libertà
personale.
Ai
primi
del
‘900,
sulla
scorta
di
quanto
avveniva
in
Serbia,
sentimenti
anti-‐ austriaci
cominciarono
a
presentarsi
anche
in
Bosnia.
! Il
Montenegro,
mai
sottomesso
veramente
al
sultano,
era
uscito
ingrandito
dal
riordino
territoriale
del
congresso
di
Berlino.
Il
governo
di
Cettinje
mantenne
rapporti
amichevoli
con
Belgrado,
in
maniera
quasi
stabile.
Le
relazioni
con
la
Russia
erano
tradizionalmente
simili
a
un
vero
patronato
da
parte
dello
zar,
mentre
quelle
con
l’Italia
furono
sostanziate
alla
Mine
dell’800
e
nei
primi
anni
del
nuovo
secolo,
sul
piano
economico.
! 4.3
Polonia,
Romania
e
Grecia
! Anche
la
nazione
polacca
continuò
il
suo
percorso
di
rinascita
dopo
le
esperienze
fallimentari
degli
anni
’30
e
’60.
Anche
quando
l’accordo
tra
i
tre
grandi
poteri
entrò
in
crisi,
tutte
erano
però
concordi
su
un
punto:
impedire
la
ricostruzione
di
uno
Stato
polacco.
La
linea
politica
del
nobile
polacco
Agenor
Goluchowski
consentì
alla
nazionalità
polacca
di
mandare
alla
Dieta
imperiale
di
Vienna
un
numero
di
deputati
organizzati
e
disciplinati,
inMluendo
la
politica
dell’Impero.
! La
classe
dirigente
polacca
riuscì
a
rimanere
padrona
della
provincia
per
circa
mezzo
secolo;
si
crearono
le
premesse
per
uno
sviluppo
economico
e
civile:
apparvero
le
prime
industrie
e
fu
vivace
la
cultura
grazie
alla
istituzioni
universitarie
e
accademiche.
I
ceti
borghesi
si
afMiancarono
ai
magnati,
cioè
i
grandi
proprietari
terrieri,
e
andò
crescendo
pure
un
proletariato
urbano.
Nella
Posnania,
prima
nello
Stato
prussiano
e
poi
nell’Impero
germanico,
i
polacchi
furono
sottoposti
ad
un
progressivo
processo
di
snazionalizzazione.
Si
registrarono
infatti
due
fenomeni
contradditori:
da
una
parte
le
proprietà
fondiarie
passarono
frequentemente
di
mano
dai
possidenti
polacchi
ai
proprietari
tedeschi;
dall’altra
i
polacchi
aumentarono
dall’80
all’85%
della
popolazione,
mentre
i
tedeschi
scesero
in
popolazione.
! Anche
nei
territori
polacchi
sotto
il
regime
zarista,
la
situazione
non
era
migliore.
Durante
il
regno
di
Alessandro
III
i
tentativi
di
snazionalizzazione
e
russiMicazione
si
fecero
continui
e
massicci,
ma
anche
in
questo
caso
non
ebbero
successo.
L’uso
del
russo
non
portò
i
polacchi
a
piegarsi
e
riMiutare
le
loro
forti
radici
culturali
e
linguistiche;
in
particolare
fu
messa
in
atto,
nei
territori
polacchi
sotto
il
regime
russo,
il
cosiddetto
“lavoro
organico”,
cioè
un
impegno
costante
a
rinforzare
sul
piano
culturale
ed
economico
la
nazione,
dietro
il
velo
di
un
lealismo
politico
e
della
rinuncia
a
nuovi
tentativi
insurrezionali.
! Sullo
scorcio
dell’800
ottenne
molta
importanza
la
Democrazia
nazionale,
partito
espressione
della
borghesia
polacca,
che
ebbe
in
Roman
Dmowski
il
suo
massimo
esponente.
Egli
fu
il
grande
concorrente
di
Pilsudski
(partito
socialista):
se
questi
era
deciso
a
ricostruire
lo
Stato
polacco
dalle
ceneri
della
Russia
imperiale,
egli
sperava
invece
in
una
collaborazione
con
l’altra
grande
nazione
slava
a
scapito
dei
due
imperi
tedeschi.
Le
divergenze
si
ebbero
anche
nel
caso
della
rivoluzione
del
1905
e
della
guerra
russo-‐nipponica,
due
occasioni
per
distruggere
l’Impero
oppressone,
per
l’uno,
e
di
trovare
un
accordo,
per
l’altro.
(Le
posizioni
politiche
rimasero
grosso
modo
le
stesse
Mino
alla
scoppio
della
1°
WW).
! La
Romana
,
indipendente
dal
1877,
era
un
paese
agricolo,
caratterizzato
dal
latifondo,
e
aveva
applicato
il
modello
politico
occidentale
con
esiti
soddisfacenti.
Due
erano
i
partiti
in
lotta:
il
liberale
e
il
conservatore.
Il
personale
politico
però
non
era
cambiato
di
frequente,
e
si
arrivò
a
parlare
di
“dinastie
politiche”.
In
questo
contesto
cominciò
a
brillare
la
desta
“giovinezza”
che
alcuni
suoi
esponenti
promossero
per
proporre
un
adeguamento
del
sistema
politico
di
importazione
alla
realtà
romena:
si
parla
perciò
di
forma
(modello
ideologico)
e
fondo
(mentalità
e
situazione
nazionale)
che
dovevano
bilanciarsi.
Anche
l’organizzazione
d
una
rappresentanza
sindacale
e
politica
dei
lavoratori
(socialisti)
fu
limitata
e
lenta,
tanto
che
prima
della
1°
WW,
non
sedevano
in
Parlamento
ne
sindacalisti
ne
socialisti.
! La
Grecia
nel
1864
aveva
ottenuto
paciMicamente
dall’Inghilterra
l’unione
dell’Epsanto
(sette
isole),
ma
molta
strada
c’era
ancora
da
fare
per
far
resuscitare
l’Impero
bizantino.
La
grande
isola
di
Creta
chiese
maggiori
concessioni
al
sultano,
più
di
quelle
che
già
possedevano,
e
alcuni
si
spinsero
Mino
a
chiedere
l’unione
con
il
Regno
di
Grecia.
L’appoggio
a
tali
aspirazioni
da
parte
dei
greci
era
scontato,
così
nel
1866-‐67
numerosi
volontari
accorsero
a
Creta.
La
popolazione
cretese
si
dovette
però
accontentare
di
un
Regolamento
autonomistico
che
non
ne
soddisfaceva
le
aspirazioni.
Nel
movimento
nazionale
ellenico
restava
il
desiderio
di
liberare
le
terre
considerate
irredente
e
la
crisi
d’Oriente
del
1875-‐78
offrì
l’occasione
per
le
iniziative
militarie
e
politiche
volte
a
realizzare
tale
scopo.
Mentre
la
guerra
tra
Russia
e
Turchia
era
in
corso,
truppe
irregolari
greche
entrarono
in
territorio
ottomano
(Tessaglia
e
Macedonia)
dove
Leonidas
Vulgaris
ardì
proclamare
un’efMimera
indipendenza.
! L’unione
di
Romania
e
Rumelia
Orintale
nel
1885,
creò
agitazione
anche
in
Grecia,
oltre
che
in
Serbia,
ma
il
governo
di
Deligiannis
si
convinse
a
non
insistere
nella
richiesta
di
compensi
territoriali
dopo
un
blocco
navale
attuato
dalle
potenze.
La
crisi
mise
in
luce
per
la
prima
volta
in
modo
chiaro
che
gli
Stati
balcanici
avevano
interessi
contrastanti
e
aspirazioni
ad
annettere
gli
stessi
territori.
! Gli
anni
del
regno
di
Giorgio
I
non
poterono
far
dimenticare
i
problemi
della
lenta
e
irregolare
modernizzazione
del
paese.
L’economia
era
debole
e
poco
diversiMicata,
ma
con
un
tratto
molto
caratteristico:
l’eccezionale
sviluppo
del
commercio
mercantile.
Dal
1872inoltre,
la
riforma
agraria
aveva
favorito
la
creazione
di
numerose
piccole
proprietà
terriere.
Nel
1893
il
governo
Trikoupis
fu
costretto
a
dichiarare
la
bancarotta
statale:
le
entrate
pubbliche
furono
così
poste
sotto
controllo
internazionale
per
consentire
il
rimborso
del
debito
estero.
Il
ruolo
del
re
venne
in
parte
limitato
dal
principio
della
Miducia
dichiarata,
per
cui
egli
doveva
nominare
capo
del
governo
chi
avesse
la
maggioranza
parlamentare.
Nel
1897
il
capo
del
partito
liberale,
Vanizelos,
recò
qualche
novità
e
nuovi
turbamenti
con
la
proclamazione
dell’unione
dell’isola
di
Creta
alla
Grecia
nel
1908
e
con
una
grave
crisi
l’anno
seguente.
! Erano
ormai
vicine
le
guerre
balcaniche
che
avrebbero
portato
grandi
novità
nella
storia
greca
e
una
notevole
espansione
territoriale
del
Regno.
! 4.4. Le
nazionalità
dell’Impero
austro-‐ungarico
! Entro
le
frontiere
dell’Impero
austro-‐ungarico
tutte
le
nazionalità
erano
percorse
da
fermenti
politici
e
culturali.
Una
nazionalità,
quella
ungherese,
aveva
dal
1867
un
posto
d’onore
accanto
a
quella
austro-‐tedesca,
anche
se
formalmente
il
Compromesso
era
stato
realizzato
tra
due
entità
statali,
cioè
a
prescindere
dalla
loro
composizione
etnica.
La
mancata
costituzione
di
un
esercito
magiaro
e
la
presenza
di
una
banca
comune
alla
due
parti
(che
per
gli
ungheresi
colpiva
i
loro
interessi),
non
dettavano
un’impossibilità
di
trovare
motivi
per
essere
insoddisfatti
dell’accordo
stipulato
nel
1867.
A
sud
invece
c’era
una
questione
di
non
poco
conto:
i
serbi
avevano
dimostrato
anche
di
poter
impugnare
le
armi
in
difesa
dei
propri
interessi
e
tra
loro
non
mancava
chi
guardava
al
vicino
Regno
di
Serbia,
dopo
che
il
cambio
al
trono
del
Regno
aveva
dato
più
forza
alle
frazioni
irredentiste.
Nel
1912,
nonostante
la
vittoria
alle
elezioni
di
una
coalizione
serbo-‐croata,
fu
insediato
un
governatore
conservatore
e
Milo-‐ungherese
che
di
quella
coalizione
non
era
espressione:
da
ciò
si
ebbero
violente
manifestazioni
e
scontri
con
le
forze
dell’ordine.
! In
Transilvania,
la
popolazione
romena
costituiva
la
maggioranza
rispetto
a
ungheresi
e
tedeschi;
il
governo
agì
nel
tentativo
di
magiarizzarla,
ma
questo
fu
respinto
grazie
anche
alla
distinzione
di
fede
religiosa.
Va
precisato
che
la
nazionalità
romena
non
era
distribuita
in
maniera
omogenea
sul
territorio,
e
quindi
una
sua
divisione
territoriale
era
non
facile;
dunque
il
fattore
sociale
ed
economico
si
andava
a
sommare
a
quello
nazionale
poiché
i
contadini
romeni
dipendevano,
da
un
proprietario
magiaro
e
anche
in
questo
caso
si
ripeteva
lo
scontro
classico
tra
città
e
campagna.
! Anche
gli
slovacchi
abitavano
prevalentemente
le
campagne
ed
erano
socialmente
ed
economicamente
sottoposti
agli
ungheresi
(anche
grazie
al
fatto
della
stessa
fede
religiosa).
Nonostante
tutto,
anche
tra
gli
slovacchi
cominciarono
ad
alzarsi
voci
politiche,
soprattutto
tra
i
protestanti
che
volevano
anche
una
collaborazione
con
la
nazionalità
ceca.
Nella
parte
austriaca
della
Duplice
monarchia,
i
cechi
erano
senza
dubbio
la
nazionalità
maggiormente
agitata
da
fermenti
e
aspirazioni
politiche
e
culturali.
Il
loro
alto
sviluppo
economico,
sociale
e
culturale
era
la
ragione
più
profonda
di
tale
agitazione.
I
movimenti
e
i
partiti
cechi
cercarono
assiduamente
di
far
ascendere
la
propria
nazionalità
accanto
alle
due
dominanti
nelle
terre
soggette
agli
Asburgo.
Il
fatto
che
sostanzialmente
la
nazionalità
ceca
avesse
un
ruolo
di
rilievo
nell’Impero
concorre
a
spiegare
perché
sino
all’ultimo
le
voci
che
auspicavano
l’indipendenza
restarono
minoritarie.
! 5.
Verso
la
guerra
europea
! 5.1
La
Russia
dello
zar
Nicola
II
e
la
guerra
russo-‐giapponese
! Il
regno
di
Alessandro
III
era
caratterizzato
da
un’attività
politica
e
legislativa
tesa
a
frenare
i
cambiamenti
favoriti
dalla
politica
del
precedente
zar.
La
lenta
modernizzazione
in
atto,
tuttavia,
era
incoercibile
e
profondamente
connessa
con
la
società
russa
quale
andava
rimodellandosi.
Da
decenni
l’intero
continente
europeo
stava
vivendo
un
periodo
industriale,
di
strutturazione
sociale,
di
modiMica
del
sistema
politico…
! In
questo
senso
era
contraddittorio
combattere
le
ideologie
frutto
dell’industrialismo,
come
la
democrazia
liberale
e
il
socialismo,
e
limitare
al
minimo
le
concessioni
alla
classe
operaia
e
ai
sindacati
che
cominciavano
a
rappresentarla:
non
si
poteva
sperare
di
usufruire
dei
vantaggi
del
progresso
e
insieme
non
prendere
atto
delle
condizioni
che
esso
comportava
e
imponeva.
Se
resta
vero
che
il
processo
di
alfabetizzazione
rimaneva
lento,
la
classe
contadina
mantenne
un’effervescenza
che
poteva
sembrare
immotivata
dopo
la
diffusione
della
piccola
proprietà:
la
richiesta
di
nuove
terre
fu
un
dato
costante
nei
decenni
a
cavallo
tra
‘800
e
‘900,
afMiancata
dal
desiderio
di
rendere
anche
economicamente
indipendente
l’intera
attività
delle
campagne.
! ! Allo
stesso
tempo
la
classe
operaia
diveniva
insofferente
alle
pesanti
condizioni
di
lavoro
e
di
vita.
Il
numero
delle
ore
di
sciopero
sempre
maggiori,
portò
anche
a
creare
anche
una
timida
politica
del
lavoro.
Questa
politica
verso
l’insofferenza
non
fu
molto
più
di
un
segnale,
ma
prova
che
il
processo
di
trasformazione
socio-‐ economico
in
atto
non
era
discutibile
neanche
per
gli
uomini
al
servizio
dell’autocrazia.
! Per
la
borghesia
imprenditoriale,
se
in
alcuni
casi
l’interesse
economico
poteva
indurla
a
porsi
in
contrasto
con
le
rivendicazioni
operaie,
per
altro
verso
trovava
motivo
nel
supportarle
per
spalleggiare
verso
un
riformismo
di
stampo
occidentale
le
pulsioni
al
cambiamento
che
venivano
dai
ceti
poveri.
! Insomma,
vi
erano
le
premesse
per
qualche
novità
signiMicativa,
ma
non
per
uno
scossone
rivoluzionario
che
abbattesse
l’autocrazia.
Anche
i
socialisti
di
matrice
marxista
non
disdegnavano
il
ricorso
alle
rapine
per
Minanziare
il
movimento
rivoluzionario
(come
i
sindacalisti
rivoluzionari).
Esso
contava
i
suoi
esponenti
di
spicco
negli
esuli.
Successivamente
fu
netta
la
divergenza
fra
Lenin
e
Martov
per
il
controllo
del
giornale
di
partito
“Iskrà”;
ma
non
si
trattò
solo
di
una
contesa
per
un
organo
di
stampa.
I
martoviani
intendevano
il
partito
come
un
organismo
aperto
ai
più
vari
contributi
di
uomini
e
di
idee,
mentre
non
credevano
maturi
i
tempi
per
la
rivoluzione
socialista
nel
Paese,
dato
che
questo
non
aveva
ancora
conosciuto
la
rivoluzione
liberale-‐capitalista.
Lenin,
invece,
in
rotta
con
il
revisionismo
marxista
di
stampo
tedesco,
credeva
che
il
socialismo
non
fosse
lontano,
esistendo
le
premesse
sociali
ed
economiche
per
realizzarlo
attraverso
la
presa
di
potere
del
proletariato.
Andato
in
minoranza
come
bolscevichi
nella
direzione
del
giornale,
Lenin
decise
di
fondarne
uno
nuovo:
la
“Pravda”.
! In
materia
di
politica
estera
la
Russia,
negli
ultimi
10
anni
dell’800,
riposava
sull’alleanza
con
la
Francia
in
chiave
antitedesca,
benché
tra
Pietroburgo,
Berlino
e
Vienna
ci
fossero
comunque
sentimenti
di
collaborazione.
Inoltre
la
Russia
era
intervenuta
con
successo
in
Cina
per
rallentare
l’espansionismo
giapponese,
ed
inoltre
aveva
rivestito
un
ruolo
di
primo
piano
nella
Cina
per
reprimere
il
movimento
xenofobo
dei
boxers.
Il
Giappone
però
sarebbe
stato
un
avversario
più
difMicile
da
piegare.
Per
questioni
inerenti
la
Manciuria
e
la
Corea,
Pietroburgo
e
Tokyo
arrivarono
presto
ai
ferri
corti
e
nel
1904
scoppiò
un
conMlitto
di
grande
portata.
! La
Russia
fu
sconMitta
dal
Giappone;
Il
conMlitto
era
giunto
era
però
giunto
ad
un
punto
morto
anche
perché
le
forze
nipponiche
e,
se
in
Russia
vi
era
stato
un
sostegno
allo
sforzo
bellico
maggiore,
quella
che
per
alcuni
consiglieri
dello
zar
doveva
essere
una
guerricciola
destinata
a
dare
soddisfazione
all’opinione
interna,
Minì
invece
per
segnare
la
conMitta
della
potenza
russa
con
inevitabili
ripercussioni
sul
suolo
internazionale
e
sulla
politica
interna.
! 5.2
Dalla
rivoluzione
russa
del
1905
al
conElitto
mondiale.
! L’anno
rivoluzionario
del
1905
ebbe
inizio
con
la
cosiddetta
“domenica
di
sangue”
(9
gennaio)
in
cui
i
cosacchi
a
cavallo
davanti
al
Palazzo
d’Inverno
fecero
strage
dei
manifestanti
che
vi
erano
giunti
per
chiedere
allo
zar
di
porre
Mine
alle
loro
sofferenze.
Il
tragico
evento
colpì
l’ordine
pubblico
e
il
mito
del
“piccolo
padre”.
Seguirono
altre
manifestazioni
Minchè
Nicola
II
decise
di
dare
agio
al
popolo
di
esporre
le
proprie
doglianze:
anticipò
la
futura
glasnost’.
! Per
alcuni
mesi
l’atteggiamento
del
monarca
fu
alquanto
contraddittorio:
un
manifesto
che
ribadiva
il
principio
di
autocrazia
si
accompagnò
a
un
rescritto
in
cui
veniva
detto
alle
organizzazioni
di
poter
presentare
proposte
di
riforme
politiche
al
governo.
Quando
una
di
queste
delegazioni
capeggiate
dal
principe
Sergej
Trubeckoj
chiese
le
libertà
fondamentali,
Nicola
II
parve
voler
concedere
la
convocazione
di
un’assemblea
costitutiva.
Il
ministro
degli
Interni
Bulygin
propose
invece
una
Duma
popolare
dai
poteri
alquanto
limitati,
proposta
non
gradita
agli
ambienti
liberali
e
tuttavia
però
trasformata
in
legge.
Intanto
scioperi,
manifestazioni
e
anche
incidenti
cruenti
con
le
forze
dell’ordine
si
andarono
intensiMicando
Mino
alla
costituzione
di
consigli
operai,
capaci
in
alcuni
casi
di
impossessarsi
delle
fabbriche.
! Grande
preoccupazione
creò
il
fatto
che
persino
gli
ambienti
militari
dimostrarono
di
non
essere
insensibili
alla
ventata
rivoluzionaria.
Il
timore
di
una
rivolta
armata
generale
non
era
più
infondato.
I
partiti
socialisti,
bolscevico
e
menscevico,
in
riunioni
separate
tenute
all’estero
deliberarono
di
sostenere
l’agitazione
in
atto,
ognuno
seguendo
la
propria
linea
ideologica:
i
menscevichi
erano
pronti
a
dare
il
loro
apporto
per
il
successo
di
una
rivoluzione
liberale,
i
bolscevichi
ipotizzavano
la
possibilità
di
realizzare
direttamente
la
rivoluzione
socialista.
! Nicola
II
progettò
anche
di
abdicare
e
inMine
decise
di
emanare
un
proclama
il
30
ottobre
in
cui
si
impegnava
a
rispettare
le
libertà
essenziali
e
a
concedere
il
suffragio
universale.
Tale
atto
politico
fece
effettivamente
calare
la
tensione
in
termini
di
scioperi
e
manifestazioni;
soprattutto
una
parte
di
coloro
che
chiedevano
riforme
parve
soddisfatta
di
quanto
ottenuto.
Su
posizioni
più
conservatrici
e
reazionaria
si
costituirono
formazioni
come
i
Cento
neri
o
Unione
del
popolo
russo,
la
quale
diede
luogo
a
scontri
con
i
partecipanti
alle
manifestazioni,
innescando
un
clima
da
guerra
civile.
! InMine
il
Soviet
di
Pietroburgo
fu
sciolto
dalla
polizia
e
quello
di
Mosca
inutilmente
diede
avvio
a
una
sollevazione
armata:
in
pochi
giorni
essa
fu
ridotta
al
silenzio.
Sorte
non
diversa
ebbero
altre
sollevazioni
in
città
e
provincia.
Il
regime
zarista
era
riuscito
a
sopravvivere
al
più
impetuoso
assalto
che
avesse
mai
subito
ed
è
difMicile
valutare
se
vi
fosse
stata
l’occasione
di
eliminare
l’istituto
monarchico.
In
realtà
si
era
giunti
a
una
soluzione
di
compromesso
per
la
quale
correnti
politiche
erano
convinte
che
fosse
stata
concessa
e
si
dovesse
redigere
una
Costituzione,
mentre
l’entourage
di
corte
e
altri
ambienti
conservatori
erano
disponibili
solo
a
legiferare
in
maniera
tradizionale.
! La
creazione
di
una
Camera
Alta
e
il
voto
ai
contadini,
sperando
che
andassero
su
posizioni
conservatrici,
portò
ai
seggi
cadetti,
conservatori,
progressisti
di
vario
colore,
mentre
mancavano
i
bolscevichi
che
non
avevano
preso
parte
alle
elezioni.
Dopo
la
caduta
del
governo
e
un
attentato
dei
rivoluzionari
al
ministro
dell’Interno
fu
dichiarata
lo
stato
d’emergenza,
con
l’istaurazione
di
tribunali
straordinari
e
un’intensa
attività
repressiva
delle
forze
dell’ordine.
Nulla
poteva
impedire
un
nuovo
conMlitto
istituzionale
e
un
nuovo
scioglimento
(giungo
1907):
i
deputati
restarono
in
carica
appena
3
mesi.
Finalmente
una
nuova
normativa
elettorale,
fortemente
censitaria,
la
cosiddetta
“Duma
dei
signori”,
rimase
in
carica
regolarmente
per
5
anni
Mino
al
1912.
Con
una
contraddizione
solo
apparente,
il
primo
ministro
che
aveva
attuato
i
2
scioglimenti,
Petr
Stolypin,
dimostrò
di
essere
un
conservatore
illuminato.
Egli
rimase
in
carica
4
anni
e
puntò
decisamente
verso
la
modernizzazione
del
paese,
senza
mettere
in
discussione
il
sistema
politico,
curiosa
sintesi
di
autocrazia
e
parlamentarismo.
Comprese
di
mettere
mano
alla
riforma
agraria
del
1861;
come
premessa
di
tale
profonda
trasformazione
delle
campagne
doveva
esservi
l’eliminazione
o
almeno
una
forte
riduzione
delle
comuni
agricole,
che
avevano
costituito
un
serio
impaccio
allo
sviluppo
del
settore,
all’introduzione
di
uno
spirito
imprenditoriale
e
alla
stessa
mobilità
della
popolazione.
! In
alternativa
si
preMigurava
una
più
massiccia
emigrazione
verso
le
città:
quindi
una
marcata
incentivazione
del
proletariato
operaio
e
della
manodopera
a
buon
mercato
per
le
industrie.
Una
più
rapida
industrializzazione
era
l’altra
meta
che
il
primo
ministro
si
era
proposto,
accompagnandola
a
una
“nazionalizzazione”
del
capitale,
cioè
da
un
aumento
delle
aziende
di
proprietà
russa
e
non
straniera.
! 5.3
Questione
macedone
e
guerre
balcaniche
! Dopo
il
1885
per
i
patrioti
bulgari
restava
da
recuperare
la
Macedonia
per
ricostruire
la
Grande
Bulgaria
di
San
Stefano.
La
concorrenza
con
altri
Stati
balcanici
era
evidente
e
insidiosa.
La
Macedonia
era
una
regione
multietnica,
anche
se
l’opinione
estera
in
genere
tendeva
a
considerare
quella
bulgara
come
l’etnia
bulgara.
Crescente
era
anche
l’attenzione
di
Belgrado
per
la
regione
e
il
ruolo
dell’etnia
serba
che
tendeva
a
proporsi
in
alternativa
a
quella
bulgara
nei
distretti
più
compattamente
slavi.
Proprio
tra
gli
slavi
andava
a
costituirsi
un’opinione
che
la
popolazione
della
Macedonia
costituisse
una
nazionalità
a
sé,
macedone
appunto,
con
la
propria
lingua
e
identità.
! Nel
1895
fu
fondata
l’Organizzazione
interna
rivoluzionaria
macedone,
apparentemente
più
vicina
al
progetto
autonomistico,
ma,
di
fatto,
dalle
molteplici
anime.
Va
rilevato
che
una
forte
corrente
mantenne
un
rapporto
con
il
Comitato
supremo
macedone
con
sede
a
SoMia,
che
propugnava
apertamente
l’unione
alla
Bulgaria.
Le
bande
armate
bulgare,
greche
e
serbe
attaccarono
di
preferenza
i
villaggi
popolati
da
un’etnia
nemica
piuttosto
che
le
forze
di
polizia
ottomane.
La
commistione
tra
armati
ed
ecclesiastici
fu
assoluta.
I
governi
di
Atene,
Belgrado
e
SoMia
fecero
la
loro
parte
e
più
volte
sembrarono
pronti
a
scendere
in
guerra.
Tra
le
numerose
rivolte
quella
di
maggiore
ampiezza
scoppiò
nell’agosto
1903
e
si
caratterizzò
in
senso
Milobulgaro.
! Con
un’opinione
pubblica
allarmata,
le
potenze
ripresero
l’iniziativa
per
trovare
una
soluzione
a
una
questione
ormai
foriera
di
pericolose
conseguenze.
Tali
iniziative
internazionali
migliorarono
solo
in
modo
limitato
la
situazione
in
Macedonia,
mentre
alcune
dichiarazioni
pubbliche
delle
diplomazie
lasciarono
intendere
ai
maggiori
esponenti
dei
diversi
movimenti
nazionali
che
conveniva
mettere
sotto
il
proprio
controllo
quanto
più
territorio
possibile
al
Mine
di
ottenere
un
successivo
riconoscimento
internazionale.
Uno
scossone
violento
fu
dato
alla
questione
macedone
e
alla
situazione
balcanica
nel
complesso,
dalla
rivoluzione
dei
Giovani
turchi
del
1908.
Di
essa
approMittarono
SoMia
per
proclamare
formalmente
l’indipendenza;
Atene
per
formalizzare
l’annessione
di
Creta;
Vienna
per
dichiarare
l’annessione
della
Bosnia-‐Erzegovina,
con
grande
irritazione
di
Russia
e
Serbia.
! I
Giovani
turchi
deposero
il
governo
ottomano,
ma
non
il
sultano,
cui
fecero
accettare
la
Costituzione
sospesa
nel
1877.
Essi
credevano
di
poter
raccogliere
tutta
la
popolazione
dell’Impero
ottomano
intorno
a
un’idea
di
identità
comune
ottomana,
ponendo
ufMicialmente
sullo
stesso
piano
le
diverse
nazionalità
e
disinnescando
quindi
la
principale
causa
di
indebolimento
e
di
smembramento
del
vasto
impero
territoriale.
I
movimenti
di
stampo
irredentistico
però
ritornarono
a
farsi
sentire
contro
l’autorità
imperiale
e
in
concorrenza
tra
loro.
Ricominciarono
le
lagnanze
per
le
sofferenze
subite
dalle
popolazioni
cristiane
europee
soggette
al
sultano.
Nell’autunno
del
1912
fecero
scalpore
alcuni
massacri
nella
località
di
Sjenica,
poco
lontano
dalla
frontiera
serbo-‐turca.
In
quel
momento
le
diplomazie
dei
piccoli
Stati
balcanici
avevano
già
preparato
il
terreno
per
un
assalto
generale
e
deMinitivo
all’Impero
ottomano.
! Nell’ottobre
1912
lo
scoppio
della
Prima
guerra
balcanica
colse
di
sorpresa
tutti
i
gabinetti
europei,
compreso
quello
russo,
che
pure
dopo
lo
smacco
del
1908
aveva
lavorato
per
costruire
un’alleanza
balcanica.
Non
bisognava
lasciare
all’esercito
turco
il
tempo
di
riorganizzarsi
e
soprattutto
di
trasferire
dall’Asia
all’Europa
i
propri
contingenti.
Tale
tempestività
fu
in
parte
alla
base
delle
vittorie
della
Quadruplice
balcanica
(Grecia,
Serbia,
Bulgaria
e
Montenegro,
accolte
con
sorpresa
dagli
esperti
militari.
Prima
della
Mine
dell’anno
le
parti
in
lotta
erano
già
a
Londra
intorno
al
tavolo
delle
trattative.
Queste
non
furono
facili:
i
delegati
degli
Stati
vincitori
chiedevano
ne
più
ne
meno
la
cessione
di
tutti
i
territori
europei
dell’Impero
ottomano.
Sebbene
alcune
piazzeforti
turche
resistettero,
nel
1913
queste
caddero
e
si
poté
Mirmare
il
trattato
di
pace.
! 5.4
Vigilia
di
guerra
! La
Quadruplice
era
la
sommatoria
di
più
accordi
bilaterali
tra
contraenti
che
non
si
amavano
né
nutrivano
Miducia
reciproca.
Non
erano
stati
Missati
con
esattezza
gli
copi
bellici
e
il
premio
da
assegnare
a
ogni
Stato
in
caso
di
vittoria.
L’importantissima
città
di
Salonicco,
il
secondo
porto
dell’Impero,
caratterizzata
da
una
maggioranza
relativa
di
abitanti
ebrei,
fu
occupata
dalla
truppe
greche
quando
quelle
bulgare
si
fermarono
alle
sue
porte.
La
parte
settentrionale
della
Macedonia,
in
un
accordo
tra
serbi
e
bulgari,
era
stata
divisa
in
3
zone,
una
da
assegnare
alla
Serbia,
una
alla
Bulgaria
e
un
all’arbitrato
dello
zar.
Il
governo
di
Belgrado
voleva
espandersi
verso
ovest,
ma
non
aveva
fatto
i
conti
con
Vienna
e
Roma
che
non
desideravano
che
un
nuovo
Stato
si
affacciasse
sul
mar
Adriatico.
Tutto
questo
innescò
dei
dissapori
tra
i
vincitori,
che
dopo
lunghi
dialoghi,
giunsero
alla
Seconda
guerra
balcanica
(luglio
1913)
che
vide
la
Bulgaria
opposta
ai
suoi
ex
alleati
nonché
alla
Turchia,
tornata
in
campo,
e
alla
Romania.
Quest’ultima,
vedendo
l’equilibrio
della
regione
spostarsi
verso
gli
stati
balcanici,
ritenne
di
approMittare
dell’occasione
per
risolvere
una
diatriba
con
la
Bulgaria,
chiedendo
l’ampliamento
della
frontiera.
In
pochissimi
giorni
l’esercito
bulgaro
fu
in
ginocchio
e
due
nuovi
trattati
(
Bucarest
agosto
1913;
Costantinopoli
settembre
1913)
delinearono
la
situazione
nell’are
almeno
per
il
momento.
La
Bulgaria
ottenne
una
parte
molto
limitata
della
Macedonia
e
della
Tracia
occidentale,
vedendo
così
mal
compensato
il
grande
sforzo
bellico
ed
economico
messo
in
atto.
Naturalmente
nell’opinione
pubblica
bulgara
forte
fu
il
senso
di
rivincita.
! La
conferenza
degli
ambasciatori
di
Londra
del
1913
sancì
l’indipendenza
dell’Albania,
ponendola
sotto
il
controllo
internazionale
per
un
decennio
e
assegnandole
un
sovrano
europeo
nella
persona
di
Guglielmo
di
Wied.
Nel
settembre
del
1914,
quel
movimento
a
tratti
nazionali
e
di
matrice
musulmana,
nonché
legato
ai
Giovani
turchi,
con
la
sua
pressione
militare
convinse
il
principe
a
rinunciare
al
trono
ricevuto
dalle
potenze
lasciando
il
paese
in
uno
stato
anarchico
proprio
quando
era
appena
iniziato
il
conMlitto
mondiale.
Uno
dei
principali
capi
clan,
Essad
Toptanibey,
già
ministro
con
Wied
e
poi
da
questi
esiliato,
tornò
in
patria
e,
fattosi
eleggere
presidente
del
consiglio,
instaurò
un
potere
personale
su
diverse
provincie.
! I
piani
risorgimentali
della
nazionalità
balcaniche
non
erano
stati
realizzati
nella
loro
pienezza
e
quindi
l’equilibrio
nel
Sud-‐Est
europeo
non
era
garantito.
La
Bulgaria
non
riuscì
ad
ottenere
i
prestiti
che
Mino
a
poco
tempo
prima
provenivano
dalla
Francia,
prestiti
assolutamente
necessari
per
rilanciare
l’economia
del
paese
molto
provato
dallo
sforzo
bellico.
Dietro
quel
riMiuto
vi
erano
motivazioni
politiche
e
fu
inevitabile
che
il
governo
bulgaro
inclinasse
sempre
più
verso
gli
Imperi
centrali
e
persino
verso
la
tradizionale
avversaria,
la
Turchia.
La
Serbia
era
sicuramente
lo
Stato
in
cui
le
correnti
nazionaliste
avevano
obiettivi
importanti
da
raggiungere:
i
signiMicativi
ampliamenti
territoriali
non
potevano
fare
dimenticare
che
in
Bosnia-‐Erzegovina
popolazioni
considerate
serbe
erano
sotto
dominazione
straniera.
L’Albania,
con
la
sua
incerta
situazione
interna,
contribuiva
a
rendere
pericolosa
quella
della
penisola
balcanica.
A
questa
continuavano
a
essere
interessate
Russia
e
Austria,
nonché
l’Italia
e
la
Germania.