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Capitolo 2: Le fonti del diritto

L’ordinamento e i suoi elementi costitutivi

L'ordinamento stesso deve determinare, anzitutto tramite norme che disciplinano la produzione di
altre norme, i criteri di appartenenza e validità delle disposizioni nuove rispetto all'ordinamento
medesimo individuando dunque quali siano le fonti che sono abilitate a porre, modificare o
abrogare validamente diritto nel singolo ordinamento. L'ordinamento ottiene ponendo in sé
regole di formazione e trasformazione, vale anzitutto a dire ‘’una normazione sulla normazione’’,
nonché norme qualificative dei singoli comportamenti. Tutto questo infatti determinerà i criteri
per i giudizi di fatto e di valore che gli operatori giuridici devono assumere a base delle proprie
decisioni. Di qui l'importanza della definizione del concetto di fonte del diritto, che con metafora
suggestiva intende risolvere sia il problema della definizione degli strumenti di esercizio della
potestà normativa di soggetti che, tramite questa, esercitano una quota più o meno ampia di
sovranità, sia quello di basilare importanza, di appartenenza del singolo atto al singolo
ordinamento cui intende accedere.

Nozione di fonte del diritto

Le fonti del diritto sono gli atti che producono le norme o regole di condotta e le regole costitutive
dai quali si ricava il diritto oggettivo. Si possono analizzare sia sotto il punto di vista teoretico che
dogmatico. È fonte del diritto ogni atto o fatto produttivo di norme giuridiche, enunciati con
carattere della generalità, astrattezza e ripetibilità. Il teorico non si accontenta di sapere se la
norma è stata emanata da un’autorità legislativa ma indagherà sul contenuto normativo che è una
nozione sostanzialistica che si rifà al contenuto dell'atto o fatto considerato. Formale poiché si
attiene alla formazione di un atto e lo emana: gli aspetti formali sono predominanti nell’indagine
dogmatica. Ogni atto approvato dalle due camere del Parlamento vale come legge. La concezione
dogmatica delle fonti è inoltre definibile ‘’prescrittiva’’, le fonti infatti sono produttrici di norme
qualificate da una norma dello stesso ordinamento come idonea alla produzione di altre norme.
Eccezionalmente il diritto oggettivo può sorgere anche al di fuori di forme legali dette extra
ordinem.

L’identificazione delle fonti normative

Nell'ordinamento italiano in mancanza delle fonti in Costituzione è opportuno ricorrere alle


disposizioni preliminari al codice civile che nei primi quattro libri enumerano, specificano,
graduano tra loro: le leggi, i regolamenti, le ‘’norme corporative’’, gli usi (art. 1 Preleggi*), cui
vanno aggiunti gli atti del governo aventi forza di legge e le leggi di carattere costituzionale (art. 2
Preleggi*). Le disposizioni sono state poi superate dall’intervento della costituzione repubblicana,
quest'ultima disciplina una serie di fonti nuove rispetto a quelle elencate nelle disposizioni
preliminari e altre che probabilmente già c'erano. Una delle cause dell’esistenza di una pluralità
di norme è l'accavallamento tra ordinamento prerepubblicano e quello attuale. Le fonti del
diritto sono soggette a una disciplina diversa da quelle di altri fatti e atti giuridici, per cui
conoscere la natura o meno di una fonte di un certo atto o fatto è determinante per stabilirne la
disciplina, gli effetti, etc...
In particolare:
a) le fonti del diritto trovano come prima componente del loro regime le regole di
interpretazione: le fonti del diritto vengono interpretate secondo criteri appositamente
dettati (art. 12 Preleggi*) e diversi rispetto a quelli prescritti per altri atti giuridici e in
particolare per gli atti giuridici espressivi dell'autonomia privata, e cioè i contratti.
b) È proprio delle fonti del diritto l'essere esenti da onere della prova, in quanto le si presume
conosciute dal giudice: in virtù del principio jura novit curia alle parti spetta dare la prova
dei fatti su cui fondano le proprie pretese ma non la prova né dell’esistenza, né della
consistenza, né della vigenza, né della validità delle norme giuridiche che invocano o che
sono necessarie alla decisione del caso, tutto ciò essendo compito del solo giudice.
c) Soltanto le norme di diritto costituiscono parametro del giudizio: nelle singole controversie
non solo il giudice ‘’conosce’’ il diritto ma ‘’giudica solo secondo il diritto’’.
d) Soltanto le norme giuridiche sono capaci di determinare l'insorgere di due particolari
qualificazione dei fatti, quali l'antigiuridicità e l'illegittimità (la prima ricorre quando il fatto
realizza i presupposti cui l'ordinamento ricollega una sanzione, la seconda ricorre quando
un fatto si manifesta in modi o forme diversi da quelli che sono per esso prescritti da una
norma).
e) Un'altra componente del regime proprio delle fonti del diritto è quella per cui soltanto la
violazione di norme del diritto oggettivo ad opera di un giudice nell'esercizio della sua
funzione può costituire ragione per ricorrere attraverso sentenze e provvedimenti
giurisdizionali alla Corte di Cassazione (art. 111 Cost.*)

Tipologia e morfologia delle fonti del diritto

Dalle fonti di produzione vanno distinte le fonti di cognizione consistenti in atti scritti ma privi di
contenuto normativo rivolti a migliorare la conoscibilità del diritto oggettivo vigente; soltanto le
fonti di produzione sono vere e proprie fonti. Le Fonti di produzione sono dunque quelle che
dettano regole e che compongono il diritto oggettivo, che regola la condotta dei consociati, e si
dividono in fonti in senso stretto e in fonti sulla produzione: le prime pongono le regole di
condotta e le norme costitutive, le seconde regolano altre fonti. Un'altra distinzione va fatta tra le
fonti atto e fonti fatto: nelle prime c'è l'intenzione di realizzare un atto normativo, nelle seconde
non è implicita la volontà (es. Consuetudine). Atto è attività disciplinata da norme rivolta ad uno
scopo e può essere inteso anche atto come documento; l'atto può essere anche inficiato da vizi
formali, nel quale viene viziato anche il documento, e vizi sostanziali nel quale il documento non
viene necessariamente viziato. La disposizione invece è un enunciato normativo dotato di senso
autonomo e può essere sia coincidente col testo di un articolo o comma sia coincidente con una
parte di essi. La norma è una disposizione prodotta dall'interpretazione, essa può nascere anche
dalla combinazione di più disposizioni.
Il sistema delle fonti del diritto

Il sistema delle fonti del diritto è proprio degli ordinamenti giuridici di tipo legislativo e ribadisce la
supremazia della legge sulle altre fonti, al vertice si colloca la legge formale parlamentare. Il
criterio gerarchico ordina le fonti secondo la loro efficacia. La costituzione si interessa di creare e
individuare le fonti, ma al tempo stesso le condiziona e le conforma come necessità e successiva
sostituzione del principio gerarchico con quello di competenza. Nel nostro ordinamento la legge
parlamentare non è dunque una categoria unitaria, affiancandosi ‘’alle parificate’’ leggi regionali.
Esistono tre tipi di livelli sui quali si collegano gli atti normativi:
1) Livello costituzionale: comprendono, oltre ai fatti normativi primari, instaurati, istituzionali,
anche gli atti normativi costituzionali;
2) Livello primario: comprendono le leggi ordinarie (statali e regionali) e gli altri atti legislativi
o atti normativi primari;
3) Livello secondario: comprendano gli atti normativi secondari o derivati, sia di provenienza
statale, governativa e non, sia di provenienza autonoma.

Tale distinzione tipologica si pone perciò come essenzialmente relativa non implicando né
l'unitarietà di ciascun livello, né l’impenetrabilità tra i modelli. Il mantenimento della gerarchia
come schema di massima intercorrente tra i ‘’tipi’’ Costituzione, legge, regolamento, gradi o livelli,
sconta infatti una disarticolazione di tali pretesi tipi, gradi o livelli, in una pluralità di figure che
presentano, ciascuna, caratteri tali da non consentire di essere ricondotte al presunto ‘’tipo’’ di
appartenenza o schema generale omogeneo di forma, efficacia attiva, resistenza passiva,
competenza.

Riserva di legge e principio di legalità

Forte impatto sull’assetto del sistema delle fonti hanno la riserva di legge e il principio di legalità.
La riserva di legge è un istituto la cui funzione è vincolare il legislatore ad intervenire in date
materie ritenute importanti dalla costituzione: essa ricorre ogni qualvolta in cui l'unica fonte
abilitata a disciplinare una determinata materia è la legge. La riserva di legge può essere assoluta o
relativa: è assoluta quando la Costituzione prevede che sia la legge a dettare la disciplina integrale
della materia, relativa quando la legge deve disciplinare quantomeno gli aspetti principali
tralasciando fonti secondarie (tale distinzione viene in concreto solitamente argomentata sulla
base di un triplice ordine di considerazioni: la materia in cui la riserva incide, il linguaggio usato
dalla costituzione, altre considerazioni di ordine semantico come l'eventuale compresenza della
riserva di giurisdizione -che denota la volontà di escludere gli interventi dell'esecutivo-). Di riserva
rinforzata si parla nel momento in cui si devono indicare anche i fini della disciplina legislativa. Il
principio di legalità è invece un modulo organizzatorio tipico dello stato di diritto e si atteggia
come un limite al potere esecutivo: afferma che tutti gli organi dello Stato sono tenuti ad agire
secondo la legge, e tale principio ammette che il potere venga esercitato in modo discrezionale,
ma non in modo arbitrario, rispettando tutti i regolamenti sull’ordine. Esso esprime la necessità
che ogni atto esecutivo concreto sia fondato previa norma e che stabilisca preventivamente i casi
in cui il provvedimento può essere adottato ed è inteso come principio che presiede ai rapporti tra
potere esecutivo e legislativo e stabilisce che ogni atto sia regolato previa norma di legge. Legalità
intesa in senso sostanziale, vuole che la norma definisca criteri e modalità di esercizio del potere e
pone forti vincoli al potere esecutivo; intesa in senso formale, si accontenta che i poteri
dell'esecutivo siano basati su norma di legge. Il principio di legalità rappresenta un elemento
ineliminabile dello stato di diritto.
Il livello costituzionale

Come si è detto è possibile distinguere tre livelli fondamentali nei quali collocare i vari tipi di atti
normativi (il livello costituzionale, livello primario, il livello secondario). Ciascun livello, però, si
articola nella realtà in una pluralità di livelli con diverse manifestazioni di forma e di forza.
Prendendo in esame la costituzione, essa è norma o principio costitutivo, insieme di regole e
regolarità, e espressione della volontà consapevole del popolo e di solito si manifesta in una carta
costituzionale (la costituzione scritta presenta maggiore stabilità e resistenza al mutamento). La
costituzione è fonte primaria dell'ordinamento e l'art. 138 Cost.* ne attribuisce il carattere rigido
vietando la modifica per leggi ordinarie. Si parla di Repubblica democratica quando la natura della
carica di Capo di Stato è rappresentativa o elettiva e temporanea e c'è partecipazione del popolo.
La Costituzione è atto normativo costituzionale costituente e costitutivo dell'ordinamento ma non
è l'unico atto normativo previsto dall'art. 138 Cost.: si tratta delle leggi di revisione costituzionale e
delle altre leggi costituzionali. Le leggi di revisione costituzionale sono necessarie per modificare il
testo costituzionale, vengono adottate da ciascuna camera e sono approvate per maggioranza
assoluta dai componenti di ciascuna camera. In seconda deliberazione se la maggioranza è dei due
terzi la legge viene promulgata, pubblicata, ed entra in vigore; se invece la deliberazione avviene
per maggioranza assoluta si apre un'altra fase nella quale si può chiedere un referendum su tale
progetto indetto dal presidente della Repubblica. Nelle riserve di legge costituzionale, quest'ultima
può solamente integrare una disciplina di un istituto e non liberamente modificarne le parti. Nel
livello di fonti costituzionali fanno parte i principi supremi o fondamentali o inderogabili e i diritti
inviolabili, il testo della costituzione e le leggi costituzionali. Il ‘’livello costituzionale delle fonti’’ si
articola però non soltanto nel testo costituzionale e nelle leggi di revisione e altre leggi
costituzionali, poiché i rapporti che si colgono a livello di fonti ‘’costituzionali’’ e le articolazioni di
forma e di forza di queste fonti sono assai più complessi; infatti in questo livello si inseriscono:
a) I principi ‘’supremi’’ o fondamentali o inderogabili, e le norme di riconoscimento dei diritti
inviolabili, che sono assolutamente inderogabili nel loro contenuto essenziale, che quindi
rappresentano anche limiti alla revisione costituzionale;
b) Il testo della costituzione nella parte in cui non esprime un principio supremo, testo che è
rivedibile, e le leggi di revisione, le quali, se vi sono, di quel testo entrano a far
integrante;
c) le altre leggi costituzionali, se intese come tipo idoneo a realizzare soltanto integrazioni,
deroghe, rotture, limitazioni sospensioni della costituzione;
d) all'interno del genus altre leggi costituzionali vanno poi distinte, in particolare le leggi
costituzionali specificamente previste dalla costituzione o a cui quella costituzione fa
espresso rinvio, che possono essere considerate come atti con una competenza delimitata;
e) infine, la prassi legislativa ci ha messo di fronte a un'ulteriore figura, quella delle leggi
costituzionali provvedimento (esemplata sinora almeno dalla legge cost. 3 aprile 1989, n. 2,
per l'indizione di un referendum consultivo sul conferimento di un mandato costituente al
Parlamento europeo).

Il livello primario. Le leggi formali ordinarie dello Stato

Atti e fatti normativi sono subordinati alle sole norme costituzionali, anche se molteplici sono gli
atti nel livello primario: le leggi ordinarie dello Stato in primis. La potestà legislativa primaria è
attribuita alle camere del Parlamento (art. 70 Cost.*): il procedimento legislativo si articola in tre
fasi, quali fase dell’iniziativa, fase istruttoria, fase integrativa dell'efficacia. L'iniziativa legislativa
compete al Governo, a ciascun parlamentare, al popolo e al Cnel, idonei all'attivazione del
procedimento legislativo. L'atto di iniziativa consiste in un testo scritto che ne illustra oggetto e
finalità e decadono alla fine della legislatura, esse devono essere deliberate dalle due Camere
nello stesso tempo dopo che siano esaminate da una Commissione (art. 72 Cost.*), l'approvazione
definitiva è data da un'assemblea ‘’Deliberante’’. La legge approvata nello stesso tempo dalle due
Camere è perfetta ma non efficace, l'efficacia dalla promulgazione e dalla pubblicazione dell'atto
entro un mese dall'approvazione attraverso un decreto del Presidente della Repubblica ed entrano
in vigore dopo 15 giorni. L'art. 70 Cost. attribuisce alle due camere collettivamente l'esercizio della
funzione legislativa ed esistono due modi di interpretazione della funzione legislativa: nella prima
intesa come nozione sostanzialistica della legislazione, ovvero il potere di porre in essere il
contenuto proprio delle leggi; la seconda è formalistica, e corrisponde al potere di porre in essere
atti aventi forma e quindi forza della legge. Quella formalistica sarà l’interpretazione affermatasi.
Alle Camere è riconosciuto, quindi, il potere di rivestire della forma di legge qualsiasi contenuto,
purché conforme alla Costituzione. Si cadrà nella cosiddetta “crisi di legge” nel momento in cui ci
sarà un eccedenza della produzione legislativa, quindi uno scadimento della qualità della
legislazione e un impoverimento del ruolo della legge. Ed è dalla Costituzione che si deduce
almeno la struttura della legislazione, attraverso i momenti dei soggetti ai quali è attribuito il
potere legislativo. La funzione legislativa consiste propriamente nel mantenimento e nello
sviluppo della Costituzione, ossia dei valori fondamentali di cui è sostanziato l’ordinamento. Fra le
leggi formali un discorso a parte meritano le fonti rinforzate e le fonti atipiche: le prime
rappresentano quelle leggi che hanno bisogno di una maggioranza molto forte per essere
approvate (amnistia e indulto), le seconde necessitano di un iter legislativo diverso da quello
ordinario.

Gli atti normativi ‘’equiparati’’ alle leggi ordinarie. I decreti legislativi delegati, i decreti legge, altri
atti legislativi del governo.

Gli atti equiparati alla legge possono distinguersi con riferimento all’organo titolare della potestà
di adottarli. La regola è che la funzione legislativa sia esercitata collettivamente dalle due Camere
(art 70 Cost.). La prima eccezione è rappresentata dall’art 77 Cost.*, secondo il quale il Governo la
può esercitare soltanto a condizione di riceverne la delega da parte delle Camere o auto-
assumendosi la potestà legislativa in casi straordinari di necessità ed urgenza. Il Governo può
dunque adottare atti aventi valore di legge ordinaria. Secondo caso di atti equiparati alla legge
sono quelli che non provengono dal Governo: tali il referendum abrogativo, i regolamenti
parlamentari e quelli della Corte Costituzionale. Il decreto legislativo delegato e il decreto legge
sono i tipi fondamentali di atti normativi del Governo equiparati alla legge ordinaria in virtù di una
previa delegazione del Parlamento o auto-assunzione provvisoria di potestà legislativa.

• Per i decreti legge delegati il Governo può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria
previa delegazione delle Camere. L’art 76 Cost.* consente alle Camere di trasferire al Governo
l’esercizio della funzione legislativa. La legge di delegazione deve essere approvata da ciascuna
Camera in assemblea plenaria e deve riferirsi ad oggetti definiti per un tempo limitato, in caso
contrario la legge è affetta da invalidità, rilevabile dalla Corte Costituzionale. Una volta che la legge
di delegazione viene approvata dalle Camere, il decreto legislativo è adottato dal Governo e viene
emanato dal Presidente della Repubblica. Ogni delegazione può essere revocata in qualsiasi
momento dalle Camere. I decreti delegati, naturalmente, sono condizionati alla non disformità
dalla legge di delegazione, nel caso in cui il decreto legislativo delegato fuoriesce dai confini
delineati dalla legge di delega si ha un eccesso di delega. Al Governo è concesso il potere di
adottare uno o più decreti integrativi e correttivi del decreto legislativo già adottato, dando così la
possibilità al Governo stesso di correggere , eventualmente, alcuni criteri del primo decreto
legislativo.

• Anche per i decreti legge abbiamo una coppia di atti tra loro collegati: dapprima il
provvedimento governativo, da adottare in casi di straordinaria necessità ed urgenza, e la legge di
conversione che deve intervenire nel termine di 60 giorni dalla loro pubblicazione. Ove la
conversione non avvenga il decreto legge perde efficacia sin dall’inizio. La Costituzione li definisce
come provvedimenti provvisori con forza di legge. Il Governo deve presentarli per la conversione il
giorno stesso alle Camere che si riuniscono appositamente (in caso fossero sciolte), entro cinque
giorni. I decreti subiscono un primo controllo, per verificarne i requisiti di necessità ed urgenza,
dalle Camere, se l’assemblea non ritiene il decreto conforme ai requisiti stabiliti dall’art. 77 Cost. il
decreto stesso è considerato respinto. La Corte ha evidenziato particolarmente la disomogeneità
del decreto, la quale non si traduce in vizio di costituzionalità per lo stesso, bensì è mero sintomo
della mancanza di esigenze di necessità e urgenza uniche, costituzionalmente illegittima sarà
dunque quella norma che sia del tutto estranea alla necessità e urgenza che il Governo ha evocato
nel decreto stesso, per cui il decreto deve essere puntuale, ed è sottoposto al vincolo di contenuto
con la matrice ispiratrice del decreto stesso (omogeneità). Il Governo può reiterare un decreto
legge, ovvero rinnovarlo nel caso non venisse convertito nei 60 giorni stabiliti dall’art 77, qualora
sussistano i presupposti di necessità ed urgenza. La Corte stabilisce la legittimità di un’iterazione
qualora il nuovo decreto avesse diversità sostanziali dei contenuti normativi, altrimenti si
andrebbero a riproporre le medesime norme già bocciate nella mancata conversione del decreto
originario. I decreti legge possono concorrere, provvisoriamente, con la legge ordinaria e
sostituirne i disposti. Proprio per la loro provvisorietà non hanno capacità abrogativa ma solo
sospensiva. Il decreto legge deve avere una motivazione, indicare nel preambolo le circostanze
straordinarie di necessità ed urgenza che ne giustificano l’adozione. Tra gli altri atti legislativi del
Governo possono essere inseriti: Gli atti adottati dal Governo in caso di guerra, decreti legislativi di
attuazione degli statuti speciali. I primi vengono adottati in caso di stato di guerra, sempre dopo il
conferimento del potere da parte delle Camere, dal Governo. Lo stato di guerra legittima la
sospensione delle garanzie dei diritti e delle libertà, in particolare della stampa e personale.
Quanto ai decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali, non si ha né decreto legge né
decreto legislativo, ma una competenza specifica del Governo, questa si realizza in un
procedimento particolare nel quale è previsto il parere di commissioni paritetiche statali regionali.
I decreti di attuazione non sono idonei ad abrogare, modificare, derogare leggi e atti a questi
equiparati se non nella materia di propria competenza ad essi esclusivamente riservata. Questi
decreti di attuazione sono sindacabili dalla Corte Costituzionale, essi possono essere modificati da
leggi regionali e statali che presentino una particolare qualificazione formale e sostanziale nel
farlo.

Il referendum abrogativo

Il referendum popolare (abrogativo) è un tipico istituto di democrazia diretta attraverso il quale il


corpo elettorale è chiamato a deliberare sull’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto
avente valore di legge (art 75 Cost.*) Hanno diritto a partecipare al referendum tutti i cittadini
chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati. Per la validità della consultazione è richiesta la
partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto e la maggioranza dei voti validamente
espressi (doppio quorum). L’art 75 Cost. rinvia alla legge ordinaria la determinazione delle
modalità di attuazione del referendum, alla Corte di Cassazione, invece, il compito di controllare la
regolarità e la legittimità delle richieste. Spetta al Presidente della Repubblica dichiarare con
decreto l’avvenuta abrogazione referendaria. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie
e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Il
referendum abrogativo come fonte del diritto abroga solamente: abrogare non significare non
disporre ma semmai disporre diversamente, difatti dopo l’abrogazione referendaria il vuoto
generato verrà colmato dal Parlamento o, in mancanza di un suo intervento, si determinerà una
normativa di risulta, frutto della saldatura tra referendum e la disciplina legislativa residua. L’uso
normale del referendum dovrebbe derivare da una situazione straordinaria, e non ordinaria, è
infatti il Parlamento che dovrebbe provvedere alle situazioni di normalità con la funzione
legislativa ordinaria. La Corte Costituzionale ha riconosciuto al referendum abrogativo l’attitudine
ad esprimere, nei confronti della legge ordinaria, un vincolo consistente nel divieto di attuare un
sostanziale o formale ripristino della disciplina abrogata dal popolo. Il nostro ordinamento, infine,
prevede la possibilità che venga sospesa l’efficacia abrogativa del referendum, infatti il Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro interessato, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, può ritardare l’entrata in vigore dell’abrogazione per un limite massimo non superiore a
60 giorni, sia pure transitoriamente, l’effetto ottenuto è quello di una permanenza in vigore della
normativa abrogata (ultrattività).

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