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Avv.

Chiara Tatone

Corso per O.S.S.

ELEMENTI DI DIRITTO COSTITUZIONALE

1. L’ORDINAMENTO GIURIDICO E LA NORMA GIURIDICA


Per ordinamento giuridico si intende una organizzazione stabile di individui che deve garantire il
rispetto di un insieme di regole di condotta e che risulta finalizzato al perseguimento di finalità
comuni.
Elementi costitutivi dell’ordinamento sono pertanto:
- Pluralità di soggetti;
- Organizzazione in strutture e attività per il perseguimento delle finalità comuni;
- Complesso di norme che definisce l’organizzazione dell’ordinamento e i rapporti tra i soggetti
(la norma giuridica).

Quali sono le caratteristiche della norma giuridica?


La norma giuridica presenta le seguenti caratteristiche:
 Generalità: perché rivolta a tutti i cittadini;
 Astrattezza: perché si applica a comportamenti replicabili nello spazio e nel tempo
 Coercibilità: perché può essere imposta anche contro il volere di chi dovrebbe osservarla;
 Novità: perché introduce sempre elementi nuovi
 Intersoggettività: perché riguarda i rapporti tra i cittadini e tra questi e lo Stato;
 Positività: perché posta dallo Stato o dagli organi delegati.

N.B: il complesso delle norme giuridiche forma il diritto oggettivo.

Cosa si intende per efficacia della norma giuridica?


La norma giuridica si dice efficace quando modifica l’ordinamento giuridico. L’efficacia della norma
(entrata in vigore) decorre dal 15° giorno successivo alla sua pubblicazione (norma viene portata a
conoscenza del cittadino, normalmente con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale). Il tempo che va
dalla pubblicazione della norma alla sua entrata in vigore è detto vacatio legis.
Salvo diversa previsione, la norma giuridica non è retroattiva (“la legge non dispone che per il
futuro”).

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Quando cessa di esistere la norma giuridica?


La norma giuridica esiste e dispiega i suoi effetti finché non vi è:
 Un abrogazione implicita, se c’è un nuovo atto normativo che disciplina diversamente ed
integralmente i rapporti in essa regolati;
 Un abrogazione espressa, quando una nuova norma preveda al suo interno espressamente
l’abrogazione di unna norma precedente.
 Un referendum abrogativo (art. 75 Cost.).
 Una dichiarazione di incostituzionalità, quando la Corte Costituzionale dichiara con un
proprio provvedimento che la legge è contraria ad una norma di rango Costituzionale.
L’abrogazione è immediatamente efficace dal giorno successivo alla pubblicazione della
sentenza.

Cosa si intende per soggetto di diritto?


Per soggetto di diritto si intende il portatore di interessi giuridicamente tutelati.
La categoria, assai ampia, comprende innanzitutto le persone, fisiche e giuridiche, ma anche altri
soggetti, quali il concepito (art. 1 l. n. 40/2004) o gli enti privi di personalità giuridica (per es., le
associazioni non riconosciute).
Ai soggetti di diritto possono imputarsi due diverse situazioni giuridiche:

A. Situazioni giuridiche attive. Sono tali:


 I poteri (si esercitano i poteri, si ottiene un effetto giuridico. Es. esercito il mio potere di
voto).
 I diritti soggettivi (situazione giuridica di vantaggio che fa riferimento ad un bene
particolare. Es. diritto di proprietà, diritto alla privacy, ecc.).
 Gli interessi legittimi (diritto attivo, attuale e concreto del cittadino che la PA operi nel
rispetto dei criteri previsti. Es. interesse legittimo al corretto svolgimento di un concorso
pubblico).
B. Situazioni soggettive passive. Sono tali:
 Gli obblighi (comportamento da tenere per il rispetto di un diritto altrui. Es. obbligo del
debitore di pagare un debito contratto).
 I doveri (comportamento da tenere indipendentemente da diritto altrui, ed diritto-dovere di
votare).
 Le soggezioni (sottoposizione ad un potere altrui. Es. sottoposizione del figlio minore alla
potestà genitoriale).
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2. LE FONTI DEL DIRITTO.


Lo studio delle fonti del diritto riguarda l’insieme delle regole istituzionali ed organizzative vigenti
in un determinato ordinamento giuridico.
Si definisce fonte del diritto il fatto o l’atto che l’ordinamento giuridico riconosce come idoneo a
fissare una nuova regola.

Le fonti possono distinguersi in:


 Fonti di cognizione: mezzo attraverso il quale è possibile venire a conoscenza delle norme (es.
la Gazzetta Ufficiale)
 Fonti di produzione: norme, precetti e regole che si ricavano da un testo normativo, da un
comportamento o da un accadimento.
Le fonti di produzione si distinguono in:
- Fonti atto: atti scritti posti in essere volontariamente e da cui può desumersi la volontà di
un soggetto al quale l’ordinamento riconosce il potere di produrre norme giuridiche.
- Fonti fatto: sono comportamenti spontanei della collettività. Tra queste vanno annoverate:
a) La consuetudine: ripetizione costante ed uniforme di una certa condotta accompagnata
dalla convinzione che tale condotta sia obbligatoria perché conforme ad una norma
giuridica.
La consuetudine si compone pertanto di due elementi:
DIUTURNITAS (o elemento oggettivo): comportamento uniforme e costante tenuto per
un tempo relativamente lungo dalla generalità dei consociati;
OPINIO IURIS AC NECESSITATIS (o elemento soggettivo): convinzione di ubbidire
ad una regola giuridica.

N.B: la consuetudine non può mai modificare o abrogare norme di rango superiore,
mentre nelle materie regolate da leggi e regolamenti hanno efficacia solo se da esse
richiamati.

b) le convenzioni costituzionali;
c) l’equità;
d) la necessità: situazioni che impediscono concretamente l’attuazione delle norme vigenti
al momento della loro insorgenza, determinando comportamenti extra ordinem (es stato
di guerra, calamità naturali, ecc.)
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Cosa succede quando c’è un contrasto tra norme?


Può accadere che tra norme giuridiche appartenenti a:
o Medesimo ordinamento e,
o Diverso o medesimo livello gerarchico
si crei un contrasto (c.d. antinomie normative). In questo caso la giurisprudenza e la dottrina hanno
predisposto i seguenti criteri per risolvere eventuali antinomie:
1) Criterio cronologico: tra fonti omogenee (fonti dello stesso tipo) prevale la norma successiva.
Tale criterio non si applica nel caso in cui si tratti di norme speciali o eccezionali.
2) Criterio di specialità: tra fonti omogenee prevale la norma speciale che deroga (non abroga)
la norma generale.
3) Criterio gerarchico: tra fonti non omogenee prevale la fonte gerarchicamente superiore;
4) Criterio di competenza: prevede l’applicazione della fonte cui la Costituzione ha assegnato
la competenza per quella determinata materia.

3. IL SISTEMA DELLE FONTI.


Il nostro sistema di fonti del diritto è delineato parzialmente dall’ art. 1 delle disposizioni
preliminari al codice civile:
- Le leggi;
- I regolamenti;
- Gli usi;
A queste vanno aggiunte le c.d. fonti costituzionali, ovvero delineate dalla Carta Costituzionale.

Le fonti del diritto sono ordinate tra loro da un sistema gerarchico, il quale prevede, appunto, un
sistema di fonti superiori ed inferiori (graduate in base a ragioni di ordine e certezza).
In particolare, in base a tale concezione, la suddetta divisione in più piani permette che ciascuna
norma derivi la propria validità dalla conformità ad una norma gerarchicamente superiore, sino alla
norma fondamentale.

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Coerentemente a quanto esposto il nostro sistema di fonti va così suddiviso:

A. FONTI DI LIVELLO COSTITUZIONALE


o Costituzione: che è norma o principio costitutivo, ovvero legge fondamentale del nostro
ordinamento giuridico.
La Costituzione al suo interno contiene:
- I principi fondamentali dell’ordinamento;
- I diritti inderogabili;
- La disciplina dell’organizzazione della forma di Stato (rapporti tra i cittadini e lo Stato);
- La disciplina dell’organizzazione della forma di Governo (rapporti tra i diversi organi dello
Stato).

Quali sono le caratteristiche della Costituzione?


La Costituzione italiana è lunga (composta da 139 articoli e contiene oltre alle norme
sull’organizzazione statale anche i principi fondamentali dello stato e quelli sui diritti dei
cittadini), scritta, votata (adottata liberamente da popolo attraverso l’Assemblea Costituente)
e rigida (la sua modifica può avvenire solo attraverso un “procedimento aggravato”)

o Leggi di revisione costituzionale: attuabili solo mediante il “procedimento aggravato”


previsto dall’art. 138 Cost.
Una particolarità è contenuta dall’art. 139 Cost., laddove è stabilito che la forma di Stato
repubblicana non è mai modificabile.

o Le “altre” leggi costituzionali: approvate con il medesimo meccanismo previsto dall’art. 138
Cost. ma che, a differenza delle leggi di revisione, integrano o derogano alla Costituzione,
oppure assolvono alle riserve di legge costituzionali.

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Quale è il meccanismo previsto dall’Art. 138 Cost.?


“Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da
ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e
sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda
votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro
pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali.
La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza
dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda
votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”

La procedura aggravata ex art. 138 Cost., prevede pertanto che, per modificare la Costituzione
o emanare una legge Costituzionale, occorre:
1. una doppia votazione in ciascuna Camera (in prima votazione è possibile proporre
emendamenti, in seconda votazione si dà solo voto favorevole o contrario);
2. tra le due votazioni deve trascorrere un tempo non inferiore a n. 3 mesi;
3. nella seconda votazione deve essere raggiunta:
A) la maggioranza qualificata (il voto favorevole dei 2/3 dei componenti di ogni Camera),
in tal caso non può essere richiesto referendum; oppure
B) la maggioranza assoluta (il voto favorevole del 50 % più 1 dei componenti la Camera),
in tal caso possono domandare, entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,
referendum:
1/5 dei membri di una Camera
500.000 elettori
5 Consigli regionali
Decorso questo periodo, il Capo dello Stato, entro sessanta giorni, fissa con un decreto la data
della consultazione. In questo tipo di referendum non è previsto un quorum (numero minimo
di votanti affinché il referendum sia valido). La legge viene promulgata, se i voti favorevoli
superano quelli sfavorevoli.

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Possibili esiti referendari:


- Il risultato del referendum è contrario all’ approvazione: ne è data notizia sulla G.U. e la
legge si considera come non mai emanata
- Il risultato del referendum è favorevole, il Presidente della Repubblica deve provvedere
a promulgare la legge.

All’ interno delle fonti costituzionali un ruolo particolare è rivestito dai cosiddetti principi supremi,
o fondamentali, o inderogabili e dalle norme di riconoscimento dei diritti inviolabili, i quali sono
inderogabili e pertanto non modificabili.

B. FONTI DI LIVELLO PRIMARIO


o Leggi ordinarie dello Stato: la funzione legislativa è esercitata dal Parlamento (art. 70 Cost.)
nei modi e nelle forme previste dalla Costituzione (artt. 71-74 Cost.).

In che cosa consiste il procedimento di formazione delle leggi ordinarie?


1) Fase dell’iniziativa: l’iniziativa legislativa consiste nella presentazione di una proposta
o di un disegno di legge ad una Camera da parte di soggetti specificamente indicati.
I soggetti legittimati sono:
- Governo;
- Ciascun membro del Parlamento;
- Ai Consigli Regonali;
- Al CNEL;
- Al popolo (almeno 50.000 elettori, proposta formulata in articoli).

2) Fase istruttoria e di approvazione: dopo la presentazione della legge, questa deve


essere esaminata, votata e approvata dalle Commissioni e da ciascuna Camera.
In questa fase sono previsti tre differenti procedimenti:

a) Procedimento ordinario (o in sede referente).


Questo procedimento si svolge in due fasi:
- Una fase istruttoria, che avviene in Commissione dove la proposta o il progetto
di legge viene esaminato, discusso ed eventualmente anche emendato dalla
commissione. Al termine di questo procedimento viene preparato un testo da
sottoporre all’attenzione della Camera e questo viene accompagnato da una

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relazione (di maggioranza ed eventualmente anche di minoranza) e dalla nomina


dei relatori (di maggioranza ed eventualmente anche di minoranza).
- Una fase deliberativa che si svolge in Assemblea nell’ordine con discussione
generale, discussione e votazione dei singoli articoli, votazione finale del testo.

b) Procedimento deliberante (o in sede legislativa).


In questo caso, tutte le fasi del procedimento ordinario si svolgono in seno alla
Commissione competente per materia.
La Commissione, pertanto, si occuperà dell’esame preliminare del progetto, della sua
discussione, della sua votazione articolo per articolo e votazione finale.
Per evitare abusi è previsto è previsto l’obbligo di effettuare a ciascun membro della
Camera un resoconto sommario delle sedute ed è data la possibilità:
al Governo;
ad 1/10 dei componenti della Camera;
ad 1/5 dei componenti la Commissione
il potere di richiedere, se non sia già avvenuta l’approvazione definitiva, che il progetto
sia discusso in Aula.

c) Procedimento misto (o in sede redigente).


- Alla Camera, l’Assemblea può decidere di deferire alla Commissione il compito di
procedere alla formulazione degli articoli di un progetto di legge, riservandosi
l’approvazione:
dei singoli articoli, senza dichiarazioni di voto e senza emendamenti, e
del testo finale con dichiarazioni di voto.
- Al Senato, il Presidente può assegnare alla Commissione i disegni di legge e riservare
all’Assemblea solamente la votazione articolo per articolo e la votazione finale ma
senza dichiarazioni di voto.

3) Fase di promulgazione e pubblicazione: la legge approvata deve essere sottoposta al


Presidente della Repubblica il quale può:
- Rinviare la legge alle Camere con messaggio motivato per motivi di illegittimità o
merito costituzionale.
- Promulgare la legge, ovvero attestare la conclusione della fase di approvazione, e
successivamente disporne la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

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o Atti legislativi dell’esecutivo: sono atti legislativi adottati dal Governo ed hanno forza e valore
di legge, sono tali i decreti legislativi (art. 76 Cost.) ed i decreti legge (art. 77 Cost.).

a) I decreti legislativi sono decreti delegati adottati dal Governo sulla base di una legge di
delegazione approvata dal Parlamento.
La legge di delega deve:
- Stabilire principi e criteri direttivi cui deve conformarsi il potere di legiferazione del
Governo;
- Definire l’oggetto della disciplina da emanare.

b) I decreti-legge sono decreti emanati dal Governo in casi di straordinaria necessità ed


urgenza e che devono essere convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla loro
adozione, pena la decadenza.
L’iter formativo e di conversione del decreto-legge è il seguente:
- Deliberazione del Decreto da parte del Consiglio dei Ministri;
- Emanazione da parte del Presidente della Repubblica;
- Pubblicazione del Decreto;
- Presentazione nel medesimo giorno alle Camere per la conversione entro 60 giorni;
- Riunione delle Camere entro 5 giorni dalla presentazione.
Se il decreto non viene convertito:
- Gli effetti del Decreto decadono dalla sua approvazione;
- La disciplina dei rapporti disposta con il decreto ed i relativi effetti vengono meno.

Ancorché meno utilizzati rientrano in tale categoria anche gli atti adottati dal Governo in caso
di guerra ed i decreti legislativi di attuazione degli statuti regionali speciali.

o Il referendum popolare: modifica l’ordinamento attraverso l’abrogazione di norme totale o


parziale di una legge o di un atto avente forza di legge (art. 75 Cost).
 Richiesta: 500.000 elettori o 5 Consigli regionali;
 Escluse: leggi di bilancio, di amnistia o indulto, di ratifica dei trattati, tributarie;
 Quorum di validità: almeno metà degli aventi diritto al voto;
 Quorum di approvazione: almeno la metà dei votanti.

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o I regolamenti parlamentari: in materia di organizzazione e funzionamento delle Camere,


ovvero un insieme di regole che disciplina delle modalità di esercizio delle funzioni dei due
rami del Parlamento, la definizione degli organi e delle procedure, nonché
l'organizzazione interna, nel rispetto dei principi posti dalla stessa Costituzione (art. 64
Cost.).
I destinatari dei regolamenti parlamentari sono i componenti della rispettiva Camera. Essendo
emanati sulla base del principio di autoregolamentazione, non sono superabili o derogabili da
alcuna legge (se non costituzionale): vige infatti una specifica riserva di competenza
regolamentare, di cui all'art. 64 Cost..

o I regolamenti della Corte Costituzionale: in materia di organizzazione e funzionamento


della Corte. Anche questi sono espressione dell’autonomia normativa dell’organo
costituzionale e non trovano fondamento nella Costituzione, bensì nella legge ordinaria di
attuazione dell’art. 137 Cost..

o Gli Statuti delle Regioni ordinarie (art. 123 Cost.).


La Costituzione prevede che ogni Regione debba essere organizzata sulla base di uno statuto.
Lo statuto è l’atto con il quale la regione disciplina la propria organizzazione ed il proprio
funzionamento per gli aspetti non regolati direttamente dalla Costituzione.
Gli statuti delle Regioni ordinarie sono approvati dal Consiglio regionale con legge
regionale e disciplinano:
- Forma di governo regionale (rapporti tra organi di governo) e principi fondamentali di
organizzazione e funzionamento;
- L’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti
amministrativi regionali;
- La pubblicazione di leggi e regolamenti regionali;

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o Le leggi Regionali: trattasi di fonte a competenza specializzata, delimitata


territorialmente ed in relazione alle materie. Le leggi regionali sono adottate dal Consiglio
Regionale.
In particolare, la legge costituzionale n. 3/2001 (c.d. Riforma del Titolo V) ha modificato
l’art.117 della Costituzione, ridefinendo la suddivisione della potestà legislativa tra Stato e
Regioni e prevedendo una distinzione tra:
a) Potestà legislativa esclusiva dello Stato: nelle materie indicate dall’art. 117, co. 2,
Cost., lo Stato ha potestà legislativa esclusiva ed ha anche potere di disciplina
regolamentare, il cui esercizio può essere delegato alle Regioni.
b) Potestà legislativa concorrente: nelle materie indicate dall’art. 117, co. 3, Cost., lo
Stato determina i “principi fondamentali” attraverso una legge-quadro (o legge-
cornice), mentre la regione emana la legislazione specifica.
In questo caso la funzione amministrativa è esercitata dalla Regione, a meno che non
sia necessario un esercizio unitario.
c) Potestà legislativa residuale: sulla base dell’art. 117, co. 4, Cost., in ogni materia che
non spetta allo Stato, la competenza legislativa è della Regione.
Anche in questo caso la competenza regolamentare spetta alla Regione.

N.B: Proprio per la maggiore garanzia assicurata dalle fonti di rango primario, la Costituzione ha
previsto la cosiddetta riserva di legge, ovvero un limite per il quale una determinata materia non
possa essere regolamentata attraverso provvedimenti normativi secondari.
La riserva può essere:
 Assoluta: tutta la disciplina avviene per mezzo della legge;
 Relativa: i principi fondamentali sono espressi dalla legge mentre la disciplina secondaria
anche da un atto secondario.

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C. LE FONTI SECONDARIE
Necessitano di una attribuzione legislativa di potere normativo e si caratterizzano per una
subordinazione del regolamento alla legge che ne è anche parametro di legittimità.
I regolamenti sono atti formalmente amministrativi, perché provengono da organi
dell’apparato amministrativo dello Stato, ma sostanzialmente legislativi, perché idonei, nei limiti
stabiliti dalla fonte primaria, ad immettere nuove norme nell’ordinamento giuridico.
Il fondamento del potere regolamentare va rinvenuto nella legge, che ne delimita l’oggetto e ne
stabilisce la modalità di esercizio, compresa la procedura di approvazione (c.d. principio di legalità
in senso formale).

Quali sono i limiti al potere regolamentare?


I regolamenti non possono:
- Derogare alla Costituzione e ad i principi in essa contenuti;
- Derogare o contrastare con le leggi ordinarie e con le fonti del diritto europeo;
- Regolare materie riservate a leggi costituzionali o a leggi ordinarie;
- Prevedere fattispecie o sanzioni penali;
- Derogare al principio di irretroattività.

Quali sono le varie tipologie di regolamenti?


I regolamenti possono suddividersi in diverse tipologie indicate dall’art. 17 della l. n. 400/1988.
a) Regolamenti di esecuzione: servono a dare esecuzione a disciplina contenuta in leggi, decreti
legislativi e regolamenti dell’Unione Europea.
b) Regolamenti di attuazione ed integrazione: servono ad integrare la disciplina fissata da leggi
e decreti legislativi con disposizioni anche a carattere innovativo;
c) Regolamenti indipendenti: disciplinano materie ancora non oggetto di intervento legislativo
e per le quali non sia prevista una riserva di legge, assoluta o relativa.
d) Regolamenti di organizzazione: disciplinano l’organizzazione ed il funzionamento delle
pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni dettate dalla legge.
e) Regolamenti di riordino: attraverso cui si riordinano periodicamente le disposizioni
regolamentari vigenti, ivi comprese quelle oggetto di abrogazione implicita o espressa.
f) Regolamenti di delegificazione: il Governo, nelle materie non soggette a riserva assoluta può
essere autorizzato dal legislatore a emanare disposizioni sostitutive della legge.

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g) Regolamenti di attuazione delle direttive europee: il Governo, se autorizzato dalla legge di


delegazione europea, può recepire le direttive europee mediante regolamento che apparterrà
alla categoria dei regolamenti di delegificazione.

Quali sono nello specifico le fonti secondarie?


o Regolamenti del Governo: sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato (obbligatorio ma
non vincolante).
In alcuni casi è previsto anche il parere della Commissione parlamentare competente per materia.

o Regolamenti ministeriali: adottati dai singoli ministri, previa autorizzazione di una legge e solo
nella materia di competenza del ministro.
Tali regolamenti non sono deliberati dal Consiglio dei Ministri ma solo comunicati al Presidente
del Consiglio e vengono adottati con decreti ministeriali o interministeriali.

o Regolamenti delle altre autorità.

o Regolamenti locali (regionali, provinciali e locali).


Le Regioni possono emanare regolamenti non solo nelle materie di loro competenza esclusiva
ma anche in quelle oggetto di potestà legislativa concorrente e addirittura in alcune materie di
esclusiva competenza statale, previa ovviamente la delega dello Stato ad operare in tal senso.
I comuni, le province e le città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla
disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto dello
Statuto e della legge.

o Statuti provinciali e comunali: stabiliscono le norme fondamentali per l’organizzazione


dell’ente ed è adottato dal Consiglio.

La collocazione di questi atti all’interno del sistema della gerarchia fonti non è il medesimo, infatti:
 I regolamenti statali governativi sono subordinati alle fonti primarie.
 I regolamenti statali non governativi sono subordinati alle fonti primarie ed ai regolamenti
governativi.
 Gli Statuti di Province e Comuni devono essere emanati sulla base dei principi della legge.
 I regolamenti degli enti locali sono tenuti al rispetto della legge e dello statuto.
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D. LE FONTI SUB-PRIMARIE
Discorso a sé deve essere fatto per le norme di Diritto Internazionale generalmente riconosciute
ed il Diritto Comunitario in generale, che hanno assunto il ruolo di Fonte Super-primaria.

a) Le norme di Diritto Internazionale: possono essere consuetudinarie o pattizie e possono


essere trasposte nel nostro ordinamento con modalità differenti:
 Rinvio: l’adattamento avviene mediante il semplice rinvio alle consuetudini
internazionali e le norme così prodotte assumono rango costituzionale.
 Procedimento speciale: l’adattamento avviene attraverso l’ordine di esecuzione, ovvero
un atto legislativo con il quale lo Stato recepisce nell’ordinamento interno le norme
contenute in un trattato internazionale.
Le norme internazionali pattizie assumono il medesimo rango dell’atto contenente
l’ordine di esecuzione.
 Procedimento ordinario: le norme che non sono “self executing” ovvero
immediatamente esecutive, devono essere riformulate da norme interne che ne
traspongono il contenuto.

b) La normativa europea: l’ordinamento giuridico dell’Unione Europea si articola in:


 Diritto originario che comprende:
- i trattati istitutivi delle diverse organizzazioni europee e gli atti successivi che li
hanno modificati ed integrati.
Attualmente i trattati che disciplinano le competenze ed il complesso assetto
istituzionale dell’Ue sono: il Trattato sull’Unione Europea (TUE) ed il Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
- I principi generali individuati dalla Corte di Giustizia Europea.
 Diritto derivato che include tutti gli atti emanati dalle istituzioni europee per il
raggiungimento dei propri obiettivi. Sono tali:
- Il regolamento: ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è
direttamente applicabile in ogni Stato membro.
- La direttiva: ha portata generale e vincola lo Stato membro cui è rivolta circa il
risultato da raggiungere, fatto salvo la competenza dello Stato stesso nella scelta
delle modalità di attuazione.
Discorso a parte va fatto per la direttiva “self-executing”, ovvero una direttiva
sufficientemente dettagliata nei propri contenuti, che, quindi, non necessita di alcun
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provvedimento di attuazione da parte dello Stato membro: ha il potere di incidere


direttamente nella sfera giuridica del singolo cittadino. Tale efficacia diretta si
sviluppa solamente in senso verticale (nei rapporti tra il singolo e lo Stato
inadempiente) e non in senso orizzontale (nei rapporti tra singoli soggetti), e può
comportare la responsabilità dello Stato per il mancato recepimento della direttiva
con conseguente obbligo di risarcimento del danno subito dal singolo per effetto
dell'inadempimento
- La decisione: è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da esse
designati.
Le decisioni hanno lo stesso carattere vincolante del regolamento e della direttiva;
tuttavia si differenziano da essi in quanto si indirizzano ad uno o più soggetti
individuati, siano essi gli Stati, gli enti in genere, le società, le imprese o le persone
fisiche.
Esse non hanno carattere normativo ma soltanto individuale e vengono utilizzate non
per armonizzare o uniformare le legislazioni nazionali, quanto per dare attuazione
concreta caso per caso, alle norme comunitarie soprattutto in tema di concorrenza tra
imprese e di aiuti statali alle stesse. Ma se è diretta agli Stati deve essere attuata ed
ha disciplina analoga a quella delle direttive.
Ad esse, secondo un orientamento della Corte costituzionale italiana, devono
aggiungersi per la loro qualità di essere fonte normativa le sentenze della Corte di
Giustizia, cui spetta interpretare e assicurare l’applicazione de diritto comunitario in
modo uniforme in tutti gli Stati membri ed emettere il giudizio di inadempienza a
carico dei singoli Stati membri.
- La raccomandazione: atto non vincolante (è una sorta di esortazione allo Stato
membro).
- Il parere: indicazioni o considerazioni su questioni determinate. Non è vincolante.

N.B: le fonti di derivazione comunitaria creano un problema di rapporti intercorrenti fra norme
comunitarie direttamente applicabili nell’ordinamento interno e diritto nazionale (cioè regolamenti,
direttive auto esecutive, cui si aggiungono anche le disposizioni dei trattati connotate da
completezza).
Tale problema è stato risolto dalla Corte Costituzionale con il generale principio che riconosce la
prevalenza delle norme di derivazione comunitaria su quelle interne, collocandole nella gerarchia

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delle fonti in una posizione di subordinazione alla sola Costituzione e di sovraordinazione alla legge
ordinaria.

4. I PRINCIPI FONDAMENTALI.
I principi fondamentali della Costituzione italiana esprimono le finalità, i valori e gli ideali dello
Stato disegnato dalla carta costituzionale.

Per quanto interessa la finalità del presente corso, la legge 8 novembre 2000 n. 328: “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, così enuncia:
Art. 1 - l. 328/00
La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali,
promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti
di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio
individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non
autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.

Art. 2 Cost.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale.

In questo caso, l’utilizzo del termine riconosce da parte del legislatore costituente presuppone la
preesistenza di tali diritti, trattasi dei cosiddetti DIRITTI FONDAMENTALI che ruotano attorno al
perno del libero sviluppo della personalità.
Tali diritti vengono riconosciuti.
o Al singolo (principio personalistico);
o Al singolo nella formazione sociale (principio pluralistico).
Attraverso l’adempimento dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale.
In breve, con l’articolo 2 Cost. vengono riconosciute libertà individuali; libertà collettive e
diritti sociali (es. diritto alla salute).
Oltre a riconoscere, la Repubblica garantisce tali diritti, e lo fa attraverso sistemi previsti e
predisposti nella stessa Costituzione.

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Art. 3 Cost.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese.

La disposizione sancisce un duplice principio:


1) EGUAGLIANZA FORMALE (art. 3 comma 1 Cost.) che condensa in sé:
o Pari dignità sociale: ovvero assenza di distinzioni in base a titolo, grado o appartenenza ad
una classe sociale;
o Eguaglianza davanti alla legge e nella legge.
L’eguaglianza formale si realizza mediante il rispetto si sei specifici e tassativi divieti
discriminatori per:
o Sesso (nella famiglia: eguaglianza fra coniugi; nel lavoro: parità di trattamento; nell’accesso
ad uffici pubblici e cariche elettive);
o Razza;
o Motivi linguistici (tutela delle minoranze linguistiche ex art. 6 Cost.);
o Religione (principio di laicità dello Stato e libertà religiosa);
o Opinioni politiche;
o Condizioni personali e sociali.

2) EGUAGLIANZA SOSTANZIALE (art. 3, comma 2 Cost.): è lo Stato che deve operarsi


affinchè tali discriminazioni non si realizzino, e nel contempo qualora tale obbligo venga
disatteso c’è la Corte Costituzionale che vigila affinché venga ristabilito quanto previsto
dall’art. 3 Cost.

Art. 32 Cost.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di
legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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Avv. Chiara Tatone

Nel comma 1 dell’art. 32 è sancito il diritto alla salute, che è l’unico che la Costituzione riconosce
esplicitamente come fondamentale e può essere inteso come:
1) DIRITTO INDIVIDUALE, ovvero:
o Diritto all’integrità psicofisica: esercitabile verso tutti. La lesione del diritto permette
l’esercizio dell’azione di risarcimento del danno biologico;
o Diritto alle cure (ai trattamenti sanitari): esercitabile nei confronti di soggetti pubblici o
privati che sono preposti alla erogazione di prestazioni sanitarie e consistente nel diritto al
miglioramento delle proprie condizioni.
2) INTERESSE COLLETTIVO ad un ambiente salubre.

Il comma 2 dell’art. 32 prevede invece il cosiddetto diritto a non essere curato, ad eccezione del caso
in cui tale trattamento venga imposto dalla legge stessa (c.d. TSO).
In particolare, in tema di rifiuto delle terapie va menzionato il testamento biologico la cui validità è
stata riconosciuta dalla legge 219/2017.

A livello comunitario il diritto alla salute è contemplato dagli articoli 3 e 35 della “Carta dei
diritti fondamentali dell’UE”, che disciplina tra gli altri il principio del rispetto del consenso
informato che, salvo i casi previsti dalla legge è presupposto di liceità del trattamento.

Art. 38 Cost.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento
e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di
vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.

La disposizione è espressione dello stato sociale e del principio di sicurezza sociale, che impone di
assicurare ai singoli il rispetto della dignità, ancorché gli stessi versino in una situazione di bisogno.
Ciò avviene attraverso la garanzia da parte dello Stato dei mezzi minimi per vivere, attraverso la tutela
della salute e la rimozione degli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona e la sua

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Avv. Chiara Tatone

partecipazione alla vita pubblica. Ciò avviene attraverso l’assistenza sociale (per tutti i cittadini) e la
previdenza sociale (per i lavoratori).

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