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1. LE FONTI NORMATIVE
Fonti del diritto (o fonti normative) sono meccanismi che producono le norme – atti o fatti abilitati
dall’ordinamento a produrre diritto
Fonti di produzione giuridica pongono in essere nuove regole di comportamento o regole di
organizzazione che tutti devono osservare
Fonti sulla produzione giuridica sono i meccanismi (organi e procedure) attraverso i quali si
produzione le fonti di produzione
Fonti di cognizione sono i supporti attraverso i quali si rendono conoscibili le fonti di produzioni
(per dare pubblicità agli atti normativi). Possono essere distinte in ufficiali (Gazzetta Ufficiale,
Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica, i Bollettini a livello regionale) e non ufficiali
(tutte le altre). La pubblicazione sulle fonti di cognizione integra l’efficacia dell’atto normativo.
Fonti di produzione ≠ da fonti sulla produzione e fonti di cognizione
Le fonti di produzione → producono diritto, le fonti sulla produzione sono metafonti (fonti
sulle fonti) cioè non producono norme ma producono fonti che a loro volta producono norme
giuridiche es. Art 76 decreto legislativo e Art 77 decreto legge. Infine le fonti di cognizione
sono fonti che permettono di venire a conoscenza degli atti normativi es. Gazzetta ufficiale
Atti normativi devono essere conosciuti (certezza del diritto) → devo essere in grado in ogni
momento di sapere la normativa vigente
→ gli atti diventano conoscibili pubblicandoli → VACATIO LEGIS 15gg prima che la legge
pubblicata entri in vigore
Ogni ente che produce diritto ha una fonte di cognizione
Fonti atto = atti normativi scritti – gli ordini del potere si hanno attraverso atti scritti – gli
organi che hanno potestà di decidere, prendono decisioni grazie ad atti scritti
Forma scritta è ambigua ≠ colloquio orale ma le regole devono essere chiare
Antinomie = contraddizioni normative
Oggi si parla di crisi del ruolo dello Stato come “monopolista” della produzione delle regole
giuridiche che sono prodotte al di fuori dello Stato. I soggetti che producono regole giuridiche si
trovano sia a livelli statali, che internazionali, sovranazionali e infrastatali.
Esistono criteri per risolvere le antinomie normative: criterio della gerarchia, della competenza,
cronologico.
In base al criterio della gerarchia, nel conflitto tra le regole poste da due fonti, prevale la regola
posta dalla fonte superiore. (ordinamento a gradi). Per “forza di un atto normativo” si intende la sua
capacità di produrre nuovo diritto, di innovare l’ordinamento giuridico creando nuove regole (forza
attiva) nonché la capacità di resistere all’innovazione portata da un atto diverso (forza passiva).
Dalla violazione del principio di gerarchia deriva l’invalidità dell’atto normativo inferiore e dunque la
sua annullabilità.
L’annullamento è l’istituto giuridico
attraverso il quale un atto invalido viene
eliminato dal sistema normativo. Gli effetti
dell’annullamento sono erga omnes
(riguardano tutti i soggetti dell’ordinamento)
ed ex tunc (da allora). L’atto è eliminato
retroattivamente per cui gli effetti giuridici
eventualmente prodotti vengono meno, ad
eccezione dei rapporti esauriti, cioè quei
rapporti giuridici che sono divenuti definitivi
perché sia stata pronunciata una sentenza
passata in giudicato oppure siano decorsi i
termini di prescrizione o decadenza per
poter promuovere un giudizio.
Criterio della competenza: nel conflitto tra regole poste da due fonti prevale la regola posta dalla
fonte competente. Questo criterio si applica quando una fonte superiore attribuisce a fonti di
produzione che hanno determinate caratteristiche la possibilità di disciplinare certe materie.
La violazione del principio di competenza costituisce sempre una violazione del principio di
gerarchia in quanto la fonte incompetente viola la fonte superiore che attribuisce le competenze.
L’inosservanza del principio di competenza rappresenta una patologia da cui deriva l’invalidità
dell’atto normativo incompetente e la sua annullabilità.
Criterio cronologico: nel conflitto tra le regole poste da due fonti (di eguale grado gerarchico ed
entrambe competenti) prevale la regola più recente. Se due regole pongono tra loro contenuti
totalmente o parzialmente contraddittori andrà applicata quella successiva.
La violazione della gerarchia o della competenza è un fenomeno patologico per il sistema
normativo mentre la violazione della cronologia è fisiologico: è naturale che le regole si succedano
nel tempo, quindi la fonte successiva prenderà il posto di quella precedente senza doverla
necessariamente eliminare in quanto potrà essere applicata a casi avvenuti precedentemente.
Abrogazione è l’effetto che una norma successiva produce nei confronti di quella precedente e
cioè il fenomeno per cui la norma successiva delimita temporalmente la sfera di applicazione di
quella precedente
Esistono 3 modalità in cui può avvenire l’abrogazione:
- Cronologico si applica a situazioni dove le norme sono prodotte dalle stesse fonti (2
leggi) o equivalenti a livello gerarchico (1 legge e 1 d.lgs.) → prevale la norma più recente
perché esprime la volontà di chi ha il potere di decidere (ipostatizzazione di volontà) →
opera attraverso l’istituto dell’abrogazione cioè la norma più antica è abrogata da quella
più recente (art 15 preleggi)
Si applica solo a norme allo stesso livello gerarchico e di competenza
Il principio di competenza recupera un proprio ruolo centrale anche a scapito del principio
gerarchico. I centri di produzione normativa (equiordinati) si moltiplicano e rendono difficile
applicare il criterio della gerarchia. Quest’ultimo è stato messo in crisi (es) dall’UE. Quando nasce
un nuovo ordinamento normativo questo si può trovare in due condizioni: subordinazione o
sovraordinazione rispetto a quello originario (oppure è separato). Quindi il nuovo ordinamento sarà
inseribile nella scala gerarchica esistente oppure sarà esterno, estraneo e non inferente.
Fonti atto sono fonti di produzione del diritto che sono il risultato di procedimenti finalizzati a
produrre norme giuridiche. Sono gli atti normativi (leggi, trattati, decreti, regolamenti) che
esprimono una manifestazione di volontà, approvati da organi collegiali o monocratici.
Fonti fatto sono fatti normativi in cui le regole non nascono dalla volontà espressa di regolare in
un certo modo i comportamenti bensì da accadimenti esterni rispetto alla volontà.
Es: usi/consuetudini → norma nasce dalla ripetizione costante nel tempo di un determinato
comportamento. A produrre la regola è il costume, l’abitudine, la coazione sociale a ripetere
comportamenti.
Es: convenzione → accordo tacito tra soggetti politici.
La prevalenza di fonti atto e fatto all’interno dei sistemi giuridici fa distinguere tra sistemi di:
Disposizione atto in senso proprio, la formulazione linguistica che costituisce la fonte (solo per
norme scritte)
Norme il significato dell’atto, la regola giuridica che poi utilizzeremo per decidere come
comportarci.
L’attività che consente di cogliere il significato (norma) di una formulazione giuridica (disposizione)
si chiama interpretazione giuridica.
Il diritto è un fenomeno che presenta moltissime analogie con il linguaggio. Con interpretare un
atto normativo si intende analizzare un significante per estrarne i significati. L’interpretazione di un
atto normativo deve tener conto del contesto e dell’applicazione che tale disposizione dovrà avere.
L’interpretazione di una disposizione non è mai un’operazione univoca in quanto risente di
numerosi fattori quali fine, tempo, spazio. L’attività interpretativa è quindi un’approssimazione per
tentativi.
Ogni disposizione ha un grado di indeterminatezza dato che sono possibili diverse attribuzioni di
significato, quindi ad ogni disposizione corrispondono più norme.
Combinato disposto da più disposizioni si trae una norma che è applicabile dall’interpretazione
congiunta di più disposizioni. In questo caso la singola disposizione esprime un frammento della
norma, utile solo se combinato con i significati di altre disposizioni.
Abrogazione: non produce l’eliminazione della fonte abrogata dall’ordinamento normativo, bensì
ne delimita la sfera di applicazione. Le norme abrogate non si applicano ai fatti che si verificano
dopo il tempo dell’abrogazione, ma devono essere applicate ai fatti accaduti prima
dell’abrogazione.
Al momento potremmo dover applicare molte norme estratte da disposizioni che in realtà sono
state abrogate ma è vero anche il fenomeno opposto: esistono disposizioni formalmente in vigore
(non abrogate) che non sono in grado di produrre norme.
- Soluzione di conflitti tra regole o tra principi: se due regole sono in contraddizione, solo
una sarà applicabile mentre se due principi sono in contraddizione, avendo contenuti
generali e suscettibili di applicazione si deve cercare di “bilanciare” i due principi/applicarli
entrambi nella misura maggiore possibile
- i principi generano le regole: per la loro caratteristica di esprimere valori e finalità
generali, i principi possono essere attuati mediante un processo di specificazione per cui da
un principio (generale) nascono diverse regole (specifiche)
I principi rappresentano i valori di riferimento del sistema normativo, orientano l’attività
interpretativa delle regole e generano le regole concrete sia nel senso di costituire la base logico-
giuridica delle singole disposizioni sia consentendo di risalire a una possibile disciplina laddove ci
sia una lacuna (manchi una regola)
- speciali
- generali
In caso di contrasto tra una norma speciale e una generale, l’interprete deve preferire la prima,
anche se è anteriore. Il principio di specialità ha un valore solo inter partes quando è disposto dal
giudice. Se invece fosse il legislatore a far prevalere una norma speciale su quella generale allora
si avrebbe il caso di delimitazione della sfera di applicazione della norma generale.
12. CONCLUSIONE: L’ORDINAMENTO GIURIDICO, LE DISPOSIZIONI E LE NORME
I giudici, gli amministratori pubblici, i soggetti privati sono vincolati dal senso dei testi normativi che
si trovano ad applicare. La comprensione esatta del fenomeno giuridico e delle sue regole,
dipende sia dalla capacità di individuare esattamente la fonte normativa e la disposizione sia dalla
capacità di estrarne correttamente il senso cioè dall’attività interpretativa.
CAPITOLO 5 LE SINGOLE FONTI DEL DIRITTO
1. LA COSTITUZIONE COME FONTE NORMATIVA E LE LEGGI COSTITUZIONALI
È gerarchicamente sovraordinata (→ rigida) per una questione di protezione rispetto alla legge
La Corte costituzionale infatti annulla gli atti contrari alla Costituzione. Il procedimento di revisione
è complesso/aggravato/oneroso (più un procedimento è complesso, più l’atto è importante
Procedimento di revisione costituzionale (e limiti):
La Costituzione è stata approvata dall’Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946, stessa data
del referendum istituzionale per la scelta tra repubblica e monarchia. L’Assemblea costituente
lavora nel 1946-1947 fino all’approvazione della Costituzione il 22 dicembre 1947 (in vigore nel
gennaio del 1948) ed era formata da partiti politici antifascisti che si sono accordati su principi
comuni inserendoli nella Costituzione rigida.
Hanno tenuto conto delle principali idee costituzionali che si stavano affermando dopo la Seconda
guerra mondiale. → es. Carta delle Nazioni Unite 4 libertà → libertà religiosa, libertà di
espressione, libertà dal bisogno e libertà dalla paura
La Costituzione italiana si differenzia da altre più recenti che sono un patto tra vincitori e vinti
es. America Latina tra esponenti dei precedenti regimi autoritari e partiti democratici
La Costituzione italiana è infatti frutto di un patto tra le forze antifasciste protagoniste della
Resistenza: quella cattolica (Democrazia Cristiana), quella marxista (Partito socialista e Partito
comunista) e quella liberal-democratica (Partito d’azione, Partito liberale e Partito repubblicano).
L’accordo era stato reso possibile dal “velo di ignoranza” cioè dal fatto che nel momento della
rifondazione dell’ordinamento, nessun partito politico poteva sapere se le soluzioni istituzionali
prescelte lo avrebbero avvantaggiato o danneggiato.
È una Costituzione rigida che si pone al vertice del sistema delle fonti e anche se non esiste una
specifica clausola di supremazia, la rigidità può essere dedotta da varie disposizioni.
Art 1 → la sovranità appartiene al popolo ma dev’essere esercitata nelle forme e nei limiti della
Costituzione = Stato costituzionale / le maggioranze politiche devono rispettare la Costituzione
Art 117 → la legge, statale e regionale deve rispettare la Costituzione
Disposizione XVIII → “la Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge
fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.
Nel titolo IV della parte II inoltre sono contenute le garanzie della rigidità della Costituzione. Il
titolo si articola in due sezioni:
- Esito positivo della consultazione popolare che ha fatto diventare legge costituzionale la n.
3/2001
- Governo Berlusconi III e Renzi entrambe respinte
- Autunno 2020 riduzione dei parlamentari
La Costituzione non è quindi immodificabile ma è necessario un procedimento che implica tempi
lunghi, funzionali a una riflessione e una maggioranza più ampia di quella sufficiente per le
decisioni ordinarie.
All’interno della Carta costituzionale, composta originariamente di 139 articoli (oggi 5 abrogati) e
18 disposizioni transitorie finali è possibile operare una distinzione tra “principi supremi” e regole
costituzionali “ordinarie”. → esistono infatti principi sottratti alla revisione perché modificandoli si
darebbe vita a un nuovo ordinamento costituzionale: art 139 e art 2.
Questi articoli hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale
in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione.
In conclusione, al vertice del nostro sistema delle fonti esiste una micro gerarchia per cui i principi
supremi della Costituzione sono sovraordinati rispetto alle altre norme di grado costituzionale,
contenute nella Costituzione o in leggi costituzionali.
Inizialmente ci furono problemi con l’efficacia della Costituzione e vennero distinte norme
precettive e programmatiche.
Con le norme programmatiche si intendono gli articoli che si limitavano a fissare obiettivi e non
vere e proprie norme, con la conseguenza che fino a quando il Parlamento non avesse dato loro
concreta attuazione, approvando leggi ordinarie che attuassero i principi costituzionali, esse non
erano in grado di innovare l’ordinamento giuridico preesistente. → problema di interpretazione
risolto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1/1956 che afferma che la distinzione tra norme
precettive e programmatiche può essere determinante per decidere della abrogazione o meno di
una lege, ma non è decisiva nei giudizi di legittimità costituzionale, potendo la illegittimità
costituzionale di una legge derivare anche da sua non conciliabilità con norme che si dicono
programmatiche
→ viene stabilito che la Costituzione è anch’essa composta da norme giuridiche, vincolanti
immediatamente per tutti i cittadini e i pubblici funzionari e che in un sistema a Costituzione rigida
qualsiasi legge o atto avente forza di legge deve rispettare tutte le norme della Costituzione.
Il sistema delle fonti è aperto rispetto a fonti provenienti da altri ordinamenti che lo integrano in
coerenza con la visione evolutiva della sovranità esterna → Stato costituzionale aperto
Artt. 10, 11, 117 → possono entrare a far parte dell’ordinamento italiano le fonti del diritto
internazionale e del diritto dell’UE.
Art 10 si riferisce alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute stabilendo che
l’ordinamento italiano si conforma ad esse. Sono norme che esprimono le tendenze generali di
fondo del diritto internazionale (consuetudini universali e principi generali del diritto internazionale
come ad esempio immunità degli Stati, tutela dei diritti umani, protezione dello straniero)
Es. obbligo di soccorso in mare è una consuetudine internazionale
Lo scopo dell’articolo 10 è far sì che lo Stato italiano non si estranei rispetto a tali tendenze ma vi
si adegui. Le norme internazionali sono generalmente riconosciute senza bisogno di un atto
interno di recepimento e assumono rango costituzionale.
Sentenza n.238/2014 le norme internazionali consuetudinarie possono essere oggetto del controllo
di costituzionalità, quanto al rispetto dei “principi supremi”
Art 11 regola i rapporti tra l’Italia e gli ordinamenti extra-statuali – l’Italia consente, a condizioni di
parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo. → cede parte della propria sovranità esterna per entrare a far parte di organizzazioni
internazionali → ONU, NATO, Consiglio d’Europa, UE
Art 117 comma 1 stabilisce i principi costituzionali relativi al rapporto tra le fonti interne e le fonti
internazionali ed europee → le fonti comunitarie e internazionali sono vincolanti nell’ordinamento
giuridico.
L’Ue ha la capacità di produrre norme vincolanti non soltanto nei confronti degli Stati membri, ma
anche dei soggetti che vivono al loro interno (self-executing). Le fonti del diritto europeo si
distinguono in:
- Legge europea
con cui il Parlamento realizza direttamente gli interventi normativi necessari
all’adempimento degli obblighi europei
CASO: antinomie tra fonti nazionali e fonti europee self-executing
Le antinomie devono essere risolte attraverso la disapplicazione del diritto interno incompatibile
con il diritto europeo e conseguentemente la diretta applicazione di quest’ultimo.
Le fonti interne non devono essere annullate ma solo non applicate. La scelta della “non
applicazione” si fonda sul principio di competenza: nelle materie di competenze dell’Ue devono
applicarsi le norme europee mentre in quelle di competenza del legislatore nazionale devono
applicarsi le norme interne.
La Corte ha inoltre stabilito che le limitazioni di sovranità (art 11) non sono ammissibili e devono
essere assolutamente escluse ogni volta che il diritto europeo viola i principi fondamentali
dell’ordinamento costituzionale e i diritti inviolabili della persona umana. È quindi necessario che le
fonti europee rispettino i controlimiti rappresentati dai principi fondamentali e dai diritti inviolabili.
CASO: antinomie tra fonti nazioni e fonti europee non self-executing (non direttamente
applicabile)
Le direttive si configurano come norme interposte tra il diritto nazionale e gli artt. 11 e 117, per cui
le fonti primarie interne incompatibili con le direttive devono essere dichiarate incostituzionali.
L’antinomia tra una norma primaria italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE implica un
intervento della corte costituzionale che dichiari incostituzionale erga omnes la norma interna, a
prescindere dal carattere self-executing o meno delle disposizioni della Carta invocate.
Questa giurisprudenza si estende ai casi nei quali venga in rilievo la violazione congiuntamente di
un diritto garantito da norme costituzionali e di norme europee detti di doppia pregiudizialità:
spetta al giudice comune se disapplicare la norma interna oppure sollevare questione di
costituzionalità.
CASO: problemi di interpretazione
L’istituzione competente a risolvere le questioni di interpretazione del diritto europeo è la Corte di
giustizia, l’organo giudiziario di vertice dell’UE. Ha una funzione di interpretazione del diritto dell’UE
attraverso il rinvio pregiudiziale. Le decisioni della Corte sono definitive.
3. LE FONTI NAZIONALI
Oggi le fonti del diritto di provenienza nazionale non posseggono più quella esclusività che le
caratterizzava fino alla metà del secolo scorso; lo spazio normativo è di estrazione non nazionale.
Nel passaggio dallo Stato liberale allo Stato contemporaneo cambia la funzione della legge: non è
più solo un atto normativo generale e astratto ma diventa lo strumento privilegiato per la
realizzazione dell’indirizzo politico governativo e un mezzo per eliminare gli ostacoli che
impediscono il pieno sviluppo della persona e la sua partecipazione alla vita dello Stato in
connessione al carattere “sociale” della forma di Stato.
Per legge si intende l’atto normativo, deliberato dalle due Camere del Parlamento in un identico
testo, promulgato dal PdR e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che trova le sue norme sulla
produzione negli artt. 70 e seguenti della Costituzione. = legge formale ordinaria
Il potere è attribuito alle Camere e l’art. 70 impedisce di istituire altri tipi di fonti aventi forza di
legge, ad eccezione degli atti aventi forza di legge del Governo e del referendum abrogativo.
Principi che identificano la natura della legge come fonte primaria:
- Principio del numero chiuso delle fonti primarie che sono solo stabilite dalla Costituzione
→ per creare nuove fonti che abbiano forza attiva e/o passiva primaria è necessaria una
fonte costituzionale
- Gli unici limiti che valgono per il legislatore sono quelli stabiliti direttamente dalla
Costituzione o da fonti pari ordinate
Istituto della riserva di legge → si ha quando una norma della Costituzione (o di una legge
costituzionale) riserva alla legge la disciplina di una determinata materia escludendo, o
ammettendo solo in parte, che essa possa essere oggetto di altre fonti normative.
La riserva è interpretata come riserva di fonti primarie per cui possono intervenire anche atti aventi
forza di legge con la sola eccezione delle riserve i cui all’art. 72 Cost. → riserva di legge
d’assemblea (riferite a leggi formali approvate dall’intera assemblea di ciascuna camera)
Vi sono maggiori vincoli nei casi di riserva rinforzata di legge, nei quali il legislatore deve limitare
la sua discrezionalità in attuazione di istituti e limiti specifici già fissati dalle disposizioni
costituzionali.
- Riserva relativa → quando la legge deve intervenire solo a definire gli aspetti generali e
qualificanti della disciplina
- Riserva assoluta → dove l’intera materia deve essere disciplinata da fonti primarie
Leggi provvedimento → la legge contiene solo provvedimenti individuali (e non norme generali e
astratte)
Anche in questi casi il legislatore deve rispettare il canone della ragionevolezza: le scelte
legislative devono essere coerenti e non porsi in contrasto con il principio di uguaglianza sia
formale che sostanziale. → non può violare l’art. 3 Cost.
Oggetto della legge affrontato dalla Costituzione per imporre un certo procedimento di
approvazione o per escluderla dalla possibilità di essere sottoposta a referendum abrogativo.
La Costituzione si occupa del contenuto della legge all’art. 117, nel testo modificato con la
revisione costituzionale del 2001, individuando un elenco di materie di competenza del legislatore
statale e uno di competenza concorrete tra legislatore regionale e statale.
Leggi a contenuto “tipizzato”, create da altre leggi
Leggi a cadenza “annuale” con contenuto specializzato, istituite da altri interventi legislativi.
Ogni anno vengono approvate:
- La legge di bilancio espressamente prevista dall’art. 81 Cost che impone alle Camere di
approvare i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo
- La legge di delegazione europea
- La legge europea
- Legge annuale di semplificazione con lo scopo di realizzare misure di semplificazione
normativa e amministrativa a livello nazionale
- La legge annuale per il mercato e la concorrenza con lo scopo di rimuovere gli ostacoli
regolatori all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di
garantire la tutela dei consumatori
- La legge per le micro, piccole e medie imprese per definire gli interventi da adottare
nell’anno successivo per la tutela e lo sviluppo delle medesime
- Iniziativa → spetta al Governo, a ciascun parlamentare e agli altri organi ed enti a cui è
conferita dalla Costituzione (CNEL art 99, Consigli regionali art 121, comuni - limitatamente
alla modifica delle circoscrizioni provinciali); ha potere di iniziativa anche il popolo (50.000
elettori)
I disegni di legge governativi sono finalizzati a dare attuazione al programma politico della
maggioranza.
N.B. alcuni tipi di legge possono esser presentate solo dal Governo es. disegni di legge
aventi per oggetto il bilancio e il rendiconto consuntivo, la legge di delegazione europea, la
legge europea, i disegni di legge di conversione dei decreti-legge
consuntivi.
Art 72 comma 4 Come nella sede referente l’esame è svolto sia in commissione che in aula &
come nella sede deliberante la prevalenza del lavoro è svolto dalla Commissione e si torna in
aula solo per la votazione finale (non per aggiungere o togliere emendamenti).
In Aula si ha una discussione solo all’inizio riguardante le linee guida del testo.
CASO: legge di bilancio
Al procedimento per la sua approvazione partecipano la commissione bilancio e tutte le altre
commissioni permanenti. È impedito che i caratteri della manovra vengano alterati e che
l’approvazione si protragga per lungo tempo (evitare l’esercizio provvisorio).
Fase costitutiva:
Non tutti i progetti di legge diventano legge completando l’iter infatti nel passaggio dalla fase
instaurativa a quella costitutiva alcuni progetti cadono
la Commissione decide come e se esaminare il progetto di legge (casi di insabbiamento quando si
rinvia senza data il progetto finché non decade)
Es. il progetto è approvato dal Senato, viene trasmesso al Presidente della Camera e si ripete lo
stesso procedimento (dalle Commissioni alle aule) → bicameralismo perfetto. La seconda Camera
può approvare il progetto con una Commissione in una sede differente. Esiti:
Eccezione al principio della separazione dei poteri per cui la funzione legislativa viene delegata al
Governo che sotto il controllo del Parlamento può emanare il decreto legislativo e il decreto-legge.
Il Governo ha comunque potere limitato e i provvedimenti sono atti aventi forza di legge, equiparati
alla legge quanto all’efficacia e al controllo giurisdizionale di costituzionalità
Casi in cui l’atto legislativo è emanato dal Governo; atti che possono disporre tutto ciò che la
legge può disporre
Sono un’eccezione al principio di tripartizione del potere → recupero perché in entrambi i casi
c’è un duplice procedimento dove il Governo è legislatore ma c’è sia l’intervento del Governo
che del Parlamento
D.LGS → intervento parlamentare previo con la legge delega e intervento governativo
successivo (emanazione decreto legislativo)
D.L → intervento del Governo previo (decreto legge – decretazione d’urgenza) e intervento
parlamentare con la conversione
Esercizio della funzione legislativa può essere delegato al Governo con determinati principi e
criteri direttivi, in un tempo limitato e per oggetti definiti
Si pone divieto generale al primo comma art. 76 che poi viene attuato introducendo modi con
cui si può delegare la funzione legislativa. Il titolare della funzione legislativa rimane il
Parlamento che può revocare la delega:
Il fondamento del potere legislativo esercitato dal Governo deriva non da una legge di delega ma
dal fatto che si è venuta a creare una situazione di straordinaria necessità e urgenza.
Il decreto-legge è un atto del Governo con forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità
e urgenza.
Nasce nell’epoca liberale e fascista per far fronte a casi come disastri naturali, calamità,
emergenze sociali o economiche in cui è necessario provvedere in tempi rapidi, incompatibili con
le procedure parlamentari.
Il governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge, sotto la sua responsabilità. Il
Governo nello stesso giorno in cui il decreto-legge è emanato ha l’obbligo di trasmetterlo alle
Camere, chiedendone la conversione in lege. Le Camere, anche se sciolte, sono convocate e si
riuniscono entro 5 giorni. La conversione in legge deve avvenire entro 60 gg dalla pubblicazione
del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, altrimenti il decreto perde efficacia retroattivamente.
Appena adottato, il decreto-legge diventa oggetto di un disegno di legge di conversione e viene
presentato alle Camere. La legge di conversione ha l’effetto di ripristinare il normale ordine
costituzionale per mezzo di una sostituzione della fonte.
È in ogni caso destinato a scomparire dopo i 60 gg: o perché è convertito in legge e allora la fonte
permane nell’ordinamento o perché non è convertito e allora è come se non fosse mai emanato.
L’apprezzamento dell’esistenza dei presupposti deve essere verificato dal PdR in sede di
emanazione del decreto e in sede di conversione. Anche una volta convertito può essere
sottoposto al giudizio della Corte costituzionale.
Se il decreto-legge non vien convertito perde retroattivamente i suoi effetti (tamquam non esset).
L’art 77 comma 3 prevede che le Camere possano dar vita a una legge sanatoria che ha il compito
di salvare, in tutto o in parte, gli effetti prodotti dal decreto-legge decaduto sollevando il Governo
dalle responsabilità alle quali sarebbe tenuto altrimenti. Se un decreto-legge decade o è
espressamente respinto dal Parlamento e questo non approva una legge sanatoria, il Governo
risponde direttamente di tutti gli effetti prodotti sia nei confronti dei cittadini che delle istituzioni.
CASO: possibilità di introdurre emendamenti durante il percorso parlamentare di conversione
Il Parlamento apporta molti emendamenti al decreto-legge in sede di conversione, spesso
stravolgendo completamente il testo dell’originario decreto. Salvo diversa disposizione, le
modifiche entreranno in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di
conversione.
Oggi il decreto-legge rappresenta un vero e proprio atto di legislazione ordinaria (abuso nella
prassi)
Reiterazione dei decreti legge → al sessantesimo giorno di vigenza di un decreto-legge non
convertito, se ne ripresentava un altro di identico contenuto → la Corte costituzionale si è espressa
con la sentenza n. 360/1996 = inutile come l’intervento del legislatore con l’art 15 della legge
400/1988 che ha vietato al Governo di usare il decreto legge per:
- La collocazione del referendum nel complesso delle fonti → assimilarlo a una legge
ordinaria abrogativa → non sono ammissibili referendum abrogativi che abbiano ad oggetto
la Costituzione, le leggi costituzionali, i regolamenti parlamentari, gli atti legislativi a forza
passiva peculiare, le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e quelle
costituzionalmente necessarie
- Affinchè il cittadino possa esprimere un voto libero, il quesito che gli viene proposto deve
essere omogeneo, chiaro, univoco e non contraddittorio
La prassi del referendum. Può essere suddivisa in tre fasi: inizio poco sviluppato, dal 1978
aumento delle richieste referendarie e anni ’90 uso più circoscritto dovuto alla scarsa
partecipazione al voto e difficoltà al raggiungimento del quorum strutturale.
Dal 1978 è diventato sia uno strumento di indirizzo politico che un motore per le riforme → sono
stati richiesti molteplici referendum idonei a realizzare un intero programma politico alternativo e si
è valorizzata la natura creativa del referendum introducendo direttamente nuove norme per mezzo
dell’abrogazione di parti di leggi esistenti.
I regolamenti governativi sono fonti secondarie con le quali il Governo, nel rispetto delle fonti
primarie, pone regole di carattere sostanziale, organizzativo, procedurale oppure provvede a
disporre quanto necessario per dare attuazione ed esecuzione alle leggi.
Il potere regolamentare del governo non è disciplinato dalla Costituzione che si limita a richiamare
questo tipo di fonte solo nell’art. 87 e nel 117 che ha stabilito il parallelismo tra funzioni legislative e
funzioni regolamentari, limitando la potestà del Governo di emanare regolamenti solo nelle materie
nelle quali lo Stato ha potestà legislativa esclusiva.
Le fonti secondarie sono a numero aperto e quindi modellabili dal potere legislativo e il loro spazio
è fortemente limitato dall’esistenza delle riserve di legge previste in Costituzione.
Oggi tali fonti sono disciplinate dall’art. 17 della legge 400/1988 e dall’art. 35 della legge 234/2012
per i regolamenti di attuazione del diritto europeo.
Vanno distinti inoltre i regolamenti governativi deliberati dal Consiglio dei ministri ed emanati con
decreto del PdR, dai regolamenti ministeriali e interministeriali emanati dal singolo ministro o di
concerto con uno o più ministri. Questi ultimi devono rispettare i regolamenti governativi.
Parallelamente vengono emanati anche regolamenti dal PdC → DPCM che trovano legittimazione
nella legge 400/1988
I regolamenti governativi disciplinano: l’esecuzione delle leggi, dei decreti legislativi e dei
regolamenti dell’Ue (regolamenti di esecuzione); l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme fuori principio, fuori delle materie di competenza regionale
(regolamenti di attuazione); l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche
secondo le disposizioni dettate dalla legge (regolamenti di organizzazione).
Ci sono poi i regolamenti indipendenti emanati in materie non riservate alla legge e non
disciplinate da leggi o atti con forza di legge.
Ad alcuni regolamenti spetta poi il compito della delegificazione → istituto mediante il quale una
legge, da un lato, attribuisce al potere regolamentare del Governo il compito di regolare una certa
materia già oggetto di disciplina da parte di una precedente legge, e dall’altro, dispone
l’abrogazione di tale disciplina precedente a decorrere dall’entrata in vigore dei regolamenti in
delegificazione.
Si affida ai regolamenti governativi il potere di ri-disciplinare interi settori normativi anche se prima
coperti da legge.
Le competenze normative delle regioni a statuto speciale non sono disciplinate dalla Costituzione
ma dai rispettivi statuti, approvati con leggi costituzionali. Alle regioni a statuto ordinario invece, la
Costituzione attribuisce la potestà normativa primaria e secondaria.
Art 123 questi enti devono dotarsi di statuto → fonte primaria del diritto con cui la regione
disciplina rilevanti aspetti della sua organizzazione e struttura interna: forma di governo, principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento, diritto di iniziativa e referendum su leggi e
provvedimenti amministrativi della regione, e pubblicazione di leggi e regolamenti regionali.
Lo statuto, e le sue eventuali modifiche, deve essere approvato per due volte dal Consiglio
regionale, a maggioranza assoluta dei componenti dell’organo e con un intervallo tra la prima e la
seconda approvazione di almeno due mesi. Dopo le due approvazioni la legge viene pubblicata a
fini notiziali sul Bollettino Ufficiale della regione e da quel momento decorrono i tre mesi entro i
quali 1/50 degli elettori della regione o 1/5 dei membri del Consiglio regionale possono richiedere
un referendum sullo statuto. Decorsi i tre mesi, la legge viene promulgata, ripubblicata e decorso il
termine della vacatio legis entra in vigore.
Le regioni hanno poi potestà legislativa in base all’art 117 Cost. che elenca le materie di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, quelle di legislazione concorrente e la competenza
residuale regionale.
a) Competenza esclusiva statale
soggetto legittimato a porre le fonti legislative è lo Stato. Le materie corrispondono a
interessi unitari che non possono essere logicamente o giuridicamente frazionati o
differenziati tra i vari enti regionali (es. immigrazione, politica estera, difesa, forze armate,
anagrafe, stato civile, previdenza sociale, pesi e misure, dogane, cittadinanza, moneta…)