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CAPITOLO 4 LE FONTI DEL DIRITTO: CONSIDERAZIONI GENERALI

Da dove vengono/hanno origine le norme giuridiche? Dalle fonti del diritto


Ogni ordinamento sceglie atti e fatti che in quell’ordinamento sono fonti del diritto.
Atti e fatti → non ce ne sono di naturali – sono diversi sia per ordinamenti che nel tempo
PRELEGGI disposizioni sulle leggi in generale
→ premesse del C.C dal legislatore
→ anteposte alla disciplina civilistica
→ elenco le fonti del diritto e le abilita ad essere tali
FONTI art. 1 leggi / art. 2 regolamenti / art. 3 norme corporative (abrogate) / art. 4 usi
Abrogazione → cancellazione di qlcs dall’ordinamento
Ogni ordinamento si sceglie le proprie fonti del diritto (mutano nel tempo e nello spazio). La
fonte può corrispondere a un atto scritto (atto) o a un comportamento (fatto)
Ordinamento italiano composto maggiormente da atti in cui si esprime la volontà delle Camere
del Parlamento (scelta del legislatore)
Atti concezione volontaristica delle fonti del diritto – ampio spazio agli atti normativi – volontà
deve manifestarsi nell’atto normativo con un procedimento regolato dal diritto (previamente
previsto) che stabilisce la giusta formazione di un atto
Fatti comportamenti che danno origine a una norma (non corrispondono a concezione
volontaristica). Maggiormente utilizzati da Common law (derivazione anglosassone) ≠ Civil law
(derivazione romanistica). Il primo riconosce maggiore spazio ai fatti normativi (consuetudini),
il secondo da spazio agli atti.
Consuetudini – fatti per essere riconosciuti devono essere presenti l’elemento materiale e
quello psicologico → sorge a seguito della ripetizione costante di un comportamento a cui si
lega un elemento psicologico per cui si crede/ci sia la convinzione che tale comportametno sia
“giusto”
Es. art 94 Cost. il governo deve avere la fiducia delle Camere (stabilisce la forma di governo
parlamentare) – atto scritto
Inghilterra – il Capo del governo aveva perso la fiducia della camera dei comuni e si era sentito
obbligato a dimettersi → i governi a seguire: convinzione di essere obbligati a dimettersi nel
momento in cui non si aveva la fiducia della Camera – fatto

1. LE FONTI NORMATIVE

Fonti del diritto (o fonti normative) sono meccanismi che producono le norme – atti o fatti abilitati
dall’ordinamento a produrre diritto
Fonti di produzione giuridica pongono in essere nuove regole di comportamento o regole di
organizzazione che tutti devono osservare
Fonti sulla produzione giuridica sono i meccanismi (organi e procedure) attraverso i quali si
produzione le fonti di produzione
Fonti di cognizione sono i supporti attraverso i quali si rendono conoscibili le fonti di produzioni
(per dare pubblicità agli atti normativi). Possono essere distinte in ufficiali (Gazzetta Ufficiale,
Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica, i Bollettini a livello regionale) e non ufficiali
(tutte le altre). La pubblicazione sulle fonti di cognizione integra l’efficacia dell’atto normativo.
Fonti di produzione ≠ da fonti sulla produzione e fonti di cognizione
Le fonti di produzione → producono diritto, le fonti sulla produzione sono metafonti (fonti
sulle fonti) cioè non producono norme ma producono fonti che a loro volta producono norme
giuridiche es. Art 76 decreto legislativo e Art 77 decreto legge. Infine le fonti di cognizione
sono fonti che permettono di venire a conoscenza degli atti normativi es. Gazzetta ufficiale
Atti normativi devono essere conosciuti (certezza del diritto) → devo essere in grado in ogni
momento di sapere la normativa vigente
→ gli atti diventano conoscibili pubblicandoli → VACATIO LEGIS 15gg prima che la legge
pubblicata entri in vigore
Ogni ente che produce diritto ha una fonte di cognizione
Fonti atto = atti normativi scritti – gli ordini del potere si hanno attraverso atti scritti – gli
organi che hanno potestà di decidere, prendono decisioni grazie ad atti scritti
Forma scritta è ambigua ≠ colloquio orale ma le regole devono essere chiare
Antinomie = contraddizioni normative

2. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA CLASSIFICAZIONE DELLE FONTI NORMATIVE E SULLA CRISI


DELLO STATO COME “MONOPOLISTA” DEL DIRITTO

Oggi si parla di crisi del ruolo dello Stato come “monopolista” della produzione delle regole
giuridiche che sono prodotte al di fuori dello Stato. I soggetti che producono regole giuridiche si
trovano sia a livelli statali, che internazionali, sovranazionali e infrastatali.

4. I CRITERI PER RISOLVERE LE ANTINOMIE NORMATIVE

Esistono criteri per risolvere le antinomie normative: criterio della gerarchia, della competenza,
cronologico.
In base al criterio della gerarchia, nel conflitto tra le regole poste da due fonti, prevale la regola
posta dalla fonte superiore. (ordinamento a gradi). Per “forza di un atto normativo” si intende la sua
capacità di produrre nuovo diritto, di innovare l’ordinamento giuridico creando nuove regole (forza
attiva) nonché la capacità di resistere all’innovazione portata da un atto diverso (forza passiva).
Dalla violazione del principio di gerarchia deriva l’invalidità dell’atto normativo inferiore e dunque la
sua annullabilità.
L’annullamento è l’istituto giuridico
attraverso il quale un atto invalido viene
eliminato dal sistema normativo. Gli effetti
dell’annullamento sono erga omnes
(riguardano tutti i soggetti dell’ordinamento)
ed ex tunc (da allora). L’atto è eliminato
retroattivamente per cui gli effetti giuridici
eventualmente prodotti vengono meno, ad
eccezione dei rapporti esauriti, cioè quei
rapporti giuridici che sono divenuti definitivi
perché sia stata pronunciata una sentenza
passata in giudicato oppure siano decorsi i
termini di prescrizione o decadenza per
poter promuovere un giudizio.
Criterio della competenza: nel conflitto tra regole poste da due fonti prevale la regola posta dalla
fonte competente. Questo criterio si applica quando una fonte superiore attribuisce a fonti di
produzione che hanno determinate caratteristiche la possibilità di disciplinare certe materie.
La violazione del principio di competenza costituisce sempre una violazione del principio di
gerarchia in quanto la fonte incompetente viola la fonte superiore che attribuisce le competenze.
L’inosservanza del principio di competenza rappresenta una patologia da cui deriva l’invalidità
dell’atto normativo incompetente e la sua annullabilità.
Criterio cronologico: nel conflitto tra le regole poste da due fonti (di eguale grado gerarchico ed
entrambe competenti) prevale la regola più recente. Se due regole pongono tra loro contenuti
totalmente o parzialmente contraddittori andrà applicata quella successiva.
La violazione della gerarchia o della competenza è un fenomeno patologico per il sistema
normativo mentre la violazione della cronologia è fisiologico: è naturale che le regole si succedano
nel tempo, quindi la fonte successiva prenderà il posto di quella precedente senza doverla
necessariamente eliminare in quanto potrà essere applicata a casi avvenuti precedentemente.
Abrogazione è l’effetto che una norma successiva produce nei confronti di quella precedente e
cioè il fenomeno per cui la norma successiva delimita temporalmente la sfera di applicazione di
quella precedente
Esistono 3 modalità in cui può avvenire l’abrogazione:

- Espressa (per cancellazione) → il legislatore elenca le disposizioni abrogate


- Tacita (si introduce una norma incompatibile con la precedente) → l’abrogazione deriva da
una incompatibilità tra le nuove norme e quelle precedenti
- Implicita (la nuova legge regola l’intera materia) → il nuovo atto normativo disciplina
completamente la materia già disciplinata dall’atto normativo precedente
Deroga: istituto attraverso il quale si risolve una antinomia tra norme giuridiche diverse sul piano
della generalità. Il conflitto nasce tra una norma generale (derogata) e una norma speciale
(derogante) = eccezione alla regola
Differenza tra abrogazione e deroga: nella prima la norma cessa di avere efficacia per il futuro,
la norma derogata non perde invece la sua efficacia ma viene limitato il suo campo di applicazione.

Criteri di superamento delle antinomie normative


contrasto tra 2 norme che hanno contenuto tra di loro incompatibile

- Cronologico si applica a situazioni dove le norme sono prodotte dalle stesse fonti (2
leggi) o equivalenti a livello gerarchico (1 legge e 1 d.lgs.) → prevale la norma più recente
perché esprime la volontà di chi ha il potere di decidere (ipostatizzazione di volontà) →
opera attraverso l’istituto dell’abrogazione cioè la norma più antica è abrogata da quella
più recente (art 15 preleggi)
Si applica solo a norme allo stesso livello gerarchico e di competenza

- Gerarchico le norme hanno una loro diversa collocazione → si da precedenza alla


norma gerarchicamente sovraordinata

- Di competenza si basa sulla sovraordinazione gerarchica della Costituzione → può


stabilire che certe materie siano disciplinate da una certa fonte, ad esclusione di altre
art 117 riparte la funzione legislativa tra Stato e regioni → leggi equiparate e l’antinomia
si supera con il criterio di competenza (qual è la norma che deriva dalla fonte di
competenza?)
- Di specialità relazione tra norma generale e speciale → rispetto alla generalità di casi,
c’è un ambito speciale a cui non si applica la norma generale ma quella speciale → la
norma speciale deroga quella generale
Es. impiegati pubblici giurano fedeltà alla Repubblica ad eccezione dei professori
universitari (situazione speciale/particolare)
Quando cambia la norma generale non cambia necessariamente quella speciale
L’abrogazione è fisiologica cioè è nella caratteristica del sistema cambiare. Con l’abrogazione
ogni norma per il tempo in cui è stata prodotta, produceva e produce effetti → mantiene i suoi
effetti per il passato a differenza dell’annullamento.
L’abrogazione limita per gli effetti temporali della norma.
Es. limite 130 km/h → tizio viaggia a 140 km/h; il procedimento di accertamento richiede tempo
e nel frattempo si innalza il limite a 150 km/h ma tizio paga comunque la contravvenzione
perché al momento del fatto il limite era 130
L’annullamento invece retroagisce e fa venir meno l’atto dalla sua origine perché l’atto viola la
legge. Può riguardare sia norme che disposizioni. L’annullamento non può essere accertato da
ogni operatore giuridico → dev’essere accertato da un giudice ed esprime patologia cioè si
produce una norma che non avrebbe potuto esserci in quanto in contrasto con un’altra norma.

5. CRISI DELL’ORDINE GERARCHICO DEL SISTEMA DELLE FONTI

Il principio di competenza recupera un proprio ruolo centrale anche a scapito del principio
gerarchico. I centri di produzione normativa (equiordinati) si moltiplicano e rendono difficile
applicare il criterio della gerarchia. Quest’ultimo è stato messo in crisi (es) dall’UE. Quando nasce
un nuovo ordinamento normativo questo si può trovare in due condizioni: subordinazione o
sovraordinazione rispetto a quello originario (oppure è separato). Quindi il nuovo ordinamento sarà
inseribile nella scala gerarchica esistente oppure sarà esterno, estraneo e non inferente.

6. ATTI E FATTI NORMATIVI

Fonti atto sono fonti di produzione del diritto che sono il risultato di procedimenti finalizzati a
produrre norme giuridiche. Sono gli atti normativi (leggi, trattati, decreti, regolamenti) che
esprimono una manifestazione di volontà, approvati da organi collegiali o monocratici.
Fonti fatto sono fatti normativi in cui le regole non nascono dalla volontà espressa di regolare in
un certo modo i comportamenti bensì da accadimenti esterni rispetto alla volontà.
Es: usi/consuetudini → norma nasce dalla ripetizione costante nel tempo di un determinato
comportamento. A produrre la regola è il costume, l’abitudine, la coazione sociale a ripetere
comportamenti.
Es: convenzione → accordo tacito tra soggetti politici.
La prevalenza di fonti atto e fatto all’interno dei sistemi giuridici fa distinguere tra sistemi di:

- Common law si sviluppa in Inghilterra e in questo sistema il diritto consuetudinario riveste


ampio spazio.
- Civil law si sviluppa a partire dall’Europa continentale e il diritto è prodotto da fonti atto e
ha alla base la codificazione (adottato da Italia)
Atti normativi utilizzano la scrittura per esprimere la volontà di produrre certe regole. Il linguaggio è
infatti il mezzo di comunicazione più diffuso e un atto scritto ha maggiore certezza e oggettività
rispetto ai concetti più difficili da definire.
7. INTERPRETAZIONE: DISPOSIZIONE E NORMA

Disposizione atto in senso proprio, la formulazione linguistica che costituisce la fonte (solo per
norme scritte)
Norme il significato dell’atto, la regola giuridica che poi utilizzeremo per decidere come
comportarci.
L’attività che consente di cogliere il significato (norma) di una formulazione giuridica (disposizione)
si chiama interpretazione giuridica.
Il diritto è un fenomeno che presenta moltissime analogie con il linguaggio. Con interpretare un
atto normativo si intende analizzare un significante per estrarne i significati. L’interpretazione di un
atto normativo deve tener conto del contesto e dell’applicazione che tale disposizione dovrà avere.
L’interpretazione di una disposizione non è mai un’operazione univoca in quanto risente di
numerosi fattori quali fine, tempo, spazio. L’attività interpretativa è quindi un’approssimazione per
tentativi.

Disposizione – proposizione linguistica nell’atto normativo – non necessariamente coincide con


la norma giuridica (che copre un interno ambito)
Materie nuove non hanno leggi ma ci sono comunque delle norme → non esiste una
situazione non normata/non disciplinata da norme
Non ci possono essere lacune nell’ordinamento – divieto non liquet divieto per gli organi
giurisdizionali di non applicare alcuna disciplina / evitare di emettere sentenza
Le norme sono più numerose delle disposizioni
Disposizione → norma (si trae dalla disposizione)
il processo di estrazione della norma dalla disposizione: interpretazione
Interpretazione → procedimento attraverso il quale da disposizioni ricaviamo norme
→ secondo canoni ermeneutici
Art 12 preleggi – “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello
fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (es. art 85 PdR
eletto per 7 anni = mandato dura 7 anni) e dalla intenzione del legislatore (quello che il
legislatore voleva dire nel moment in cui ha scritto quelle parole)”
Se non c’è disposizione per disciplinare una controversia, si utilizzano disposizioni applicate a
casi analoghi. → interpretazione analogica se la situazione 1 è uguale alla situazione 2, e la
seconda situazione non ha un atto normativo, allora da d1 posso estrarre n2 che disciplina la
seconda situazione
Art 12 preleggi – se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione si
ha il riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe. Se il caso rimane
dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
CASO: da una disposizione si traggono più norme tra loro incompatibili
Trovare la norma da applicare, tramite l’interpretazione
Es. art 59 prevalenza senatori elettivi → diventano senatori a vita gli ex PdR e i senatori di
nomina presidenziale. Inizialmente articolo prevedeva 5 senatori a vita eletti da PdR → la
disposizione si poteva leggere come se PdR fosse organo (non ci possono essere più di 5
senatori a vita) o come se PdR fosse titolare dell’organo PdR (si possono nominare più di 5
senatori)
8. NON ESISTE NECESSARIAMENTE UN RAPPORTO BIUNIVOCO TRA DISPOSIZIONE E NORMA

Ogni disposizione ha un grado di indeterminatezza dato che sono possibili diverse attribuzioni di
significato, quindi ad ogni disposizione corrispondono più norme.
Combinato disposto da più disposizioni si trae una norma che è applicabile dall’interpretazione
congiunta di più disposizioni. In questo caso la singola disposizione esprime un frammento della
norma, utile solo se combinato con i significati di altre disposizioni.

CASO: partendo da più disposizioni si ricava una norma

9. UNA NORMA PUO’ VIVERE PIU’ A LUNGO DI UNA DISPOSIZIONE (E VICEVERSA)

Abrogazione: non produce l’eliminazione della fonte abrogata dall’ordinamento normativo, bensì
ne delimita la sfera di applicazione. Le norme abrogate non si applicano ai fatti che si verificano
dopo il tempo dell’abrogazione, ma devono essere applicate ai fatti accaduti prima
dell’abrogazione.
Al momento potremmo dover applicare molte norme estratte da disposizioni che in realtà sono
state abrogate ma è vero anche il fenomeno opposto: esistono disposizioni formalmente in vigore
(non abrogate) che non sono in grado di produrre norme.

10.LE NORME POSSONO ESSERE REGOLE O PRINCIPI

Regole sono norme giuridiche più specifiche


Principi sono norme più generali
Le regole hanno una portata applicativa più ristretta mentre i principi hanno una portata più ampia.
I principi sono norme aperte a diverse modalità applicative mentre le regole sono soggette ad
applicazione categorica.
Conseguenze:

- Soluzione di conflitti tra regole o tra principi: se due regole sono in contraddizione, solo
una sarà applicabile mentre se due principi sono in contraddizione, avendo contenuti
generali e suscettibili di applicazione si deve cercare di “bilanciare” i due principi/applicarli
entrambi nella misura maggiore possibile
- i principi generano le regole: per la loro caratteristica di esprimere valori e finalità
generali, i principi possono essere attuati mediante un processo di specificazione per cui da
un principio (generale) nascono diverse regole (specifiche)
I principi rappresentano i valori di riferimento del sistema normativo, orientano l’attività
interpretativa delle regole e generano le regole concrete sia nel senso di costituire la base logico-
giuridica delle singole disposizioni sia consentendo di risalire a una possibile disciplina laddove ci
sia una lacuna (manchi una regola)

11. LE NORME POSSONO ESSERE GENERALI O SPECIALI

Distinzione tra norme:

- speciali
- generali
In caso di contrasto tra una norma speciale e una generale, l’interprete deve preferire la prima,
anche se è anteriore. Il principio di specialità ha un valore solo inter partes quando è disposto dal
giudice. Se invece fosse il legislatore a far prevalere una norma speciale su quella generale allora
si avrebbe il caso di delimitazione della sfera di applicazione della norma generale.
12. CONCLUSIONE: L’ORDINAMENTO GIURIDICO, LE DISPOSIZIONI E LE NORME

I giudici, gli amministratori pubblici, i soggetti privati sono vincolati dal senso dei testi normativi che
si trovano ad applicare. La comprensione esatta del fenomeno giuridico e delle sue regole,
dipende sia dalla capacità di individuare esattamente la fonte normativa e la disposizione sia dalla
capacità di estrarne correttamente il senso cioè dall’attività interpretativa.
CAPITOLO 5 LE SINGOLE FONTI DEL DIRITTO
1. LA COSTITUZIONE COME FONTE NORMATIVA E LE LEGGI COSTITUZIONALI

È gerarchicamente sovraordinata (→ rigida) per una questione di protezione rispetto alla legge
La Corte costituzionale infatti annulla gli atti contrari alla Costituzione. Il procedimento di revisione
è complesso/aggravato/oneroso (più un procedimento è complesso, più l’atto è importante
Procedimento di revisione costituzionale (e limiti):

- Oneroso per evitare modifiche avventate


- Coinvolge ampie maggioranze
- Procedimento di garanzia
Art 138 Cost → procedimento aggravato vale sia per le leggi costituzionali (es. statuti speciali) che
per le leggi di revisione
Ciascuna Camera delibera due volte, tra le due deliberazioni devono passare almeno 3 mesi,
l’approvazione dev’essere sullo stesso testo ed è necessaria la maggioranza assoluta dei
componenti (non partecipanti) → ciò per assicurare che le scelte siano meditate e che ci sia
consapevolezza sulla votazione
S1 - - - - - -3 mesi- - - - - - S2
C1 - - - - - -3 mesi- - - - - - C2
Art 138 comma 2 aggravamento procedurale eventuale
Eventuale perché il referendum può non essere chiesto ed entrare in vigore dopo 3 mesi dalla
prima pubblicazione in Gazzetta → poi viene ripubblicata
Il referendum è pensato come contropotere rispetto alle maggioranze che propongono la revisione
costituzionale
Art 138 ultimo comma se in 2° votazione si raggiunge una maggioranza superiore a quella
assoluta (se si raggiunge quella dei 2/3), in entrambe le Camere, il referendum non può essere
richiesto
Se la maggioranza nelle Camere è ampia si chiude la fase eventuale e in seconda votazione (C2
e S2) si possono avere tre esiti:

- In una delle due camere non si raggiunge la maggioranza = il progetto cade


- In entrambe le Camere si ha la maggioranza assoluta = entro 3 mesi si può richiedere
referendum
- In entrambe le Camere si raggiunge la maggioranza dei 2/3 = non si può chiedere il
referendum
Per questo referendum non è previsto il quorum strutturale come per quello abrogativo (dove deve
votare la maggioranza degli aventi diritto) ma il referendum produce comunque un esisto (No>Sì,
o Sì>No) → il legislatore pensava che gli elettori di fronte a una proposta importante sarebbero
andati a votare.

1.1 L’APPROVAZIONE DELLA COSTITUZIONE

La Costituzione è stata approvata dall’Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946, stessa data
del referendum istituzionale per la scelta tra repubblica e monarchia. L’Assemblea costituente
lavora nel 1946-1947 fino all’approvazione della Costituzione il 22 dicembre 1947 (in vigore nel
gennaio del 1948) ed era formata da partiti politici antifascisti che si sono accordati su principi
comuni inserendoli nella Costituzione rigida.
Hanno tenuto conto delle principali idee costituzionali che si stavano affermando dopo la Seconda
guerra mondiale. → es. Carta delle Nazioni Unite 4 libertà → libertà religiosa, libertà di
espressione, libertà dal bisogno e libertà dalla paura
La Costituzione italiana si differenzia da altre più recenti che sono un patto tra vincitori e vinti
es. America Latina tra esponenti dei precedenti regimi autoritari e partiti democratici
La Costituzione italiana è infatti frutto di un patto tra le forze antifasciste protagoniste della
Resistenza: quella cattolica (Democrazia Cristiana), quella marxista (Partito socialista e Partito
comunista) e quella liberal-democratica (Partito d’azione, Partito liberale e Partito repubblicano).
L’accordo era stato reso possibile dal “velo di ignoranza” cioè dal fatto che nel momento della
rifondazione dell’ordinamento, nessun partito politico poteva sapere se le soluzioni istituzionali
prescelte lo avrebbero avvantaggiato o danneggiato.

1.2 LEGGI COSTITUZIONALI E DI REVISIONE COSTITUZIONALE

È una Costituzione rigida che si pone al vertice del sistema delle fonti e anche se non esiste una
specifica clausola di supremazia, la rigidità può essere dedotta da varie disposizioni.
Art 1 → la sovranità appartiene al popolo ma dev’essere esercitata nelle forme e nei limiti della
Costituzione = Stato costituzionale / le maggioranze politiche devono rispettare la Costituzione
Art 117 → la legge, statale e regionale deve rispettare la Costituzione
Disposizione XVIII → “la Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge
fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.
Nel titolo IV della parte II inoltre sono contenute le garanzie della rigidità della Costituzione. Il
titolo si articola in due sezioni:

- la Corte costituzionale artt. 134 137


- Revisione della Costituzione artt. 138 139
L’articolo 138 prevede una procedura speciale e “aggravata” attraverso una “legge costituzionale”
che può servire a:

- Modificare il testo della Costituzione


- Soddisfare le riserve di legge costituzionale
- Irrigidire la disciplina di certe materie che viene sottratta alla disponibilità del legislatore
ordinario
In base all’art. 138 occorre una doppia deliberazione da parte di ciascuna Camera e tra le due
deliberazioni deve intercorrere un intervallo di tempo non inferiore a tre mesi. La prima
deliberazione segue le regole del procedimento legislativo ordinario. La seconda deliberazione
invece ha caratteri diversi: non possono essere apportati emendamenti al testo votato nella prima
deliberazione ed è richiesta la maggioranza dei 2/3 dei componenti di ciascuna Camera.
Le leggi costituzionali sono da ritenere approvate anche se, nella seconda deliberazione, non
hanno ottenuto la maggioranza dei 2/3 ma la maggioranza assoluta (dei componenti) di ciascuna
Camera. In questo caso le leggi possono essere sottoposte a referendum popolare se entro tre
mesi dalla loro pubblicazione ne facciano domanda 1/5 dei membri di una Camera o 500.000
elettori o 5 Consigli regionali. (ad eccezione delle leggi costituzionali che modificano gli statuti
speciali delle regioni).
Il referendum prende il nome di Referendum costituzionale che può essere considerato un
“referendum confermativo” in quanto finalizzato a confermare il testo approvato dalle Camere,
anche se la funzione può essere “oppositiva” (per fermare la revisione costituzionale).
4 casi in cui è stato richiesto il referendum costituzionale:

- Esito positivo della consultazione popolare che ha fatto diventare legge costituzionale la n.
3/2001
- Governo Berlusconi III e Renzi entrambe respinte
- Autunno 2020 riduzione dei parlamentari
La Costituzione non è quindi immodificabile ma è necessario un procedimento che implica tempi
lunghi, funzionali a una riflessione e una maggioranza più ampia di quella sufficiente per le
decisioni ordinarie.

Limiti alla revisione costituzionale


Ci sono parti sottratte alla revisione Costituzionale: ci sono elementi che caratterizzano
l’ordinamento tanto che una modifica, cambierebbe l’ordinamento stesso. Non sono quindi
previsti mutamenti giuridici per:
art 139 secondo cui il carattere repubblicano è irrinunciabile in quanto preesiste la Costituzione
→ l’Assemblea costituente non disponeva la forma repubblicana che era già stata scelta il 2
giugno 1946 → la scelta della Repubblica è irreversibile
questo limite assume un significato più ampio quando l’articolo viene letto in combinato disposto
con l’art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica”
la forma democratica non si può abbandonare con la revisione costituzionale → il primo principio
enunciato è quello democratico ed è un limite alla revisione costituzionale implicito mentre nel
139 è espresso
art 2 riconoscimenti dei diritti che sono insuperabili e inviolabili → l’ordinamento li riconosce
proprio perché sono preesistenti alla Costituzione
art 5 carattere unitario e indivisibile della Repubblica

All’interno della Carta costituzionale, composta originariamente di 139 articoli (oggi 5 abrogati) e
18 disposizioni transitorie finali è possibile operare una distinzione tra “principi supremi” e regole
costituzionali “ordinarie”. → esistono infatti principi sottratti alla revisione perché modificandoli si
darebbe vita a un nuovo ordinamento costituzionale: art 139 e art 2.
Questi articoli hanno una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale
in quanto appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione.
In conclusione, al vertice del nostro sistema delle fonti esiste una micro gerarchia per cui i principi
supremi della Costituzione sono sovraordinati rispetto alle altre norme di grado costituzionale,
contenute nella Costituzione o in leggi costituzionali.

1.3 LA COSTITUZIONE COME FONTE

Inizialmente ci furono problemi con l’efficacia della Costituzione e vennero distinte norme
precettive e programmatiche.
Con le norme programmatiche si intendono gli articoli che si limitavano a fissare obiettivi e non
vere e proprie norme, con la conseguenza che fino a quando il Parlamento non avesse dato loro
concreta attuazione, approvando leggi ordinarie che attuassero i principi costituzionali, esse non
erano in grado di innovare l’ordinamento giuridico preesistente. → problema di interpretazione
risolto dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1/1956 che afferma che la distinzione tra norme
precettive e programmatiche può essere determinante per decidere della abrogazione o meno di
una lege, ma non è decisiva nei giudizi di legittimità costituzionale, potendo la illegittimità
costituzionale di una legge derivare anche da sua non conciliabilità con norme che si dicono
programmatiche
→ viene stabilito che la Costituzione è anch’essa composta da norme giuridiche, vincolanti
immediatamente per tutti i cittadini e i pubblici funzionari e che in un sistema a Costituzione rigida
qualsiasi legge o atto avente forza di legge deve rispettare tutte le norme della Costituzione.

2. LE FONTI INTERNAZIONALI EUROPEE

2.1 I PRINCIPI COSTITUZIONALI SULLE FONTI INTERNAZIONI ED EUROPEE

Il sistema delle fonti è aperto rispetto a fonti provenienti da altri ordinamenti che lo integrano in
coerenza con la visione evolutiva della sovranità esterna → Stato costituzionale aperto
Artt. 10, 11, 117 → possono entrare a far parte dell’ordinamento italiano le fonti del diritto
internazionale e del diritto dell’UE.
Art 10 si riferisce alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute stabilendo che
l’ordinamento italiano si conforma ad esse. Sono norme che esprimono le tendenze generali di
fondo del diritto internazionale (consuetudini universali e principi generali del diritto internazionale
come ad esempio immunità degli Stati, tutela dei diritti umani, protezione dello straniero)
Es. obbligo di soccorso in mare è una consuetudine internazionale
Lo scopo dell’articolo 10 è far sì che lo Stato italiano non si estranei rispetto a tali tendenze ma vi
si adegui. Le norme internazionali sono generalmente riconosciute senza bisogno di un atto
interno di recepimento e assumono rango costituzionale.
Sentenza n.238/2014 le norme internazionali consuetudinarie possono essere oggetto del controllo
di costituzionalità, quanto al rispetto dei “principi supremi”
Art 11 regola i rapporti tra l’Italia e gli ordinamenti extra-statuali – l’Italia consente, a condizioni di
parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo. → cede parte della propria sovranità esterna per entrare a far parte di organizzazioni
internazionali → ONU, NATO, Consiglio d’Europa, UE
Art 117 comma 1 stabilisce i principi costituzionali relativi al rapporto tra le fonti interne e le fonti
internazionali ed europee → le fonti comunitarie e internazionali sono vincolanti nell’ordinamento
giuridico.

2.2 IL DIRITTO INTERNAZIONALE PATTIZIO

Dopo la negoziazione di un trattato internazionale, questo va sottoposto a ratifica, cioè deve


venire approvato dall’organo competente che secondo art 87 Cost. spetta al PdR. Per tre categorie
di trattati, art. 80 Cost., è necessaria una previa autorizzazione del Parlamento con apposita legge
di autorizzazione alla ratifica:

- Trattati di natura politica


- Trattati che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari
- Trattati che importano variazioni del territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi
La stipula avviene dopo la ratifica (stipula = scambio di ratifiche) e successivamente il trattato verrà
recepito dal diritto interno.
La questione dell’efficacia da attribuire alle disposizioni di un trattato una volta recepite attraverso
l’ordine di esecuzione è definita dalla Corte costituzionale con le sentenze 348 e 349/2007: in base
a tali sentenze i trattati internazionali, a prescindere dalla forma che assumono nel nostro
ordinamento, sono vincolanti per le fonti primarie successive e in caso di antinomia tra un trattato e
una fonte primaria successiva si applica il criterio della gerarchia: la norma primaria è invalida e
dev’essere annullata. I trattati si collocano tra la legge e la Costituzione operando come norme
interposte, parametri del giudizio per cui le leggi interne in contrasto con il loro contenuto devono
essere dichiarate incostituzionali per violazione indiretta. I trattati devono rispettare la Costituzione
allo stesso tempo.
Trattati stipulati dall’Italia: Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali (CEDU) le cui norme sono state riconosciute dalla Corte costituzionale
come interposte, successivamente precisando che in quanto chiamata ad assicurare una tutela
sistemica dei diritti, la Corte europea dei diritti dell’uomo può discostarsi dalle pronunce CEDU.

2.3 LE FONTI EUROPEE

L’Ue ha la capacità di produrre norme vincolanti non soltanto nei confronti degli Stati membri, ma
anche dei soggetti che vivono al loro interno (self-executing). Le fonti del diritto europeo si
distinguono in:

- Fonti di diritto originario


i trattati istitutivi delle Comunità europee e quelli che li hanno modificati; sono considerati le
basi costituzionali dell’UE e ne disciplinano i principi, le fonti, gli organi e le competenze

- Fonti di diritto derivato


sono i regolamenti, le direttive, le raccomandazioni, i pareri e le decisioni; sono adottati
secondo i procedimenti stabiliti nei trattati
I regolamenti, insieme alle direttive, costituiscono le fonti più rilevanti nell’ordinamento dell’UE e
sono dotati di generalità e astrattezza. La principale caratteristica che li contraddistingue è la
diretta applicabilità nei confronti di tutti i soggetti all’interno degli Stati membri: entrano in vigore
automaticamente e impongono a tutti obblighi di comportamento senza che sia necessaria
l’adozione di un atto interno di recepimento.
Anche le direttive sono fonti di diritto derivato vincolanti, ma non hanno diretta applicabilità. Non
producono automaticamente effetti giuridici nei confronti dei soggetti all’interno degli Stati membri.
Hanno come destinatari esclusivamente gli Stati: stabiliscono regole generali e principi ai quali
sono tenuti ad aderire attraverso atti interni di attuazione, conservando un margine di
discrezionalità quanto alle forme e al contenuto degli stessi.
Es. in Italia può avvenire attraverso leggi del Parlamento, decreti legislativi o leggi regionali o per
mezzo di fonti secondarie.
Le direttive possono contenere norme provviste del carattere dell’effetto diretto quando siano
incondizionate e sufficientemente precise (direttive self-executing)
Le decisioni sono fonti di diritto derivato vincolanti, sono obbligatorie in tutti i loro elementi e non
richiedono alcun atto interno di recepimento da parte degli Stati. Non sono generali e astratte in
quanto si rivolgono a destinatari specifici ma sono obbligatorie solo nei loro confronti (quindi
possono essere anche generali)
Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti. Attraverso le raccomandazioni, gli organi
dell’Ue invitano gli Stati a conformarsi a un determinato comportamento; con i pareri fanno
conoscere il loro pov su una determinata materia, svolgendo una funzione di orientamento.
Le norme dell’Ue non sono sempre immediatamente applicabili perché possono essere necessari
strumenti di attuazione interna e necessitano recepimento interno. Sono previsti quindi due
provvedimenti legislativi per la realizzazione dell’intervento normativo statale:

- Legge di delegazione europea


ha cadenza annuale e contiene le deleghe al governo per approvare decreti legislativi, le
autorizzazioni al governo per il recepimento delle direttive attraverso regolamenti e i principi
fondamentali a cui si devono attenere le regioni nell’esercizio delle loro competenze
legislative nelle materie previste dall’art. 117
è il mezzo con cui il Parlamento interviene in tutti quei casi in cui l’adempimento degli
obblighi europei richieda un ulteriore intervento normativo da parte di un altro soggetto

- Legge europea
con cui il Parlamento realizza direttamente gli interventi normativi necessari
all’adempimento degli obblighi europei
CASO: antinomie tra fonti nazionali e fonti europee self-executing
Le antinomie devono essere risolte attraverso la disapplicazione del diritto interno incompatibile
con il diritto europeo e conseguentemente la diretta applicazione di quest’ultimo.
Le fonti interne non devono essere annullate ma solo non applicate. La scelta della “non
applicazione” si fonda sul principio di competenza: nelle materie di competenze dell’Ue devono
applicarsi le norme europee mentre in quelle di competenza del legislatore nazionale devono
applicarsi le norme interne.
La Corte ha inoltre stabilito che le limitazioni di sovranità (art 11) non sono ammissibili e devono
essere assolutamente escluse ogni volta che il diritto europeo viola i principi fondamentali
dell’ordinamento costituzionale e i diritti inviolabili della persona umana. È quindi necessario che le
fonti europee rispettino i controlimiti rappresentati dai principi fondamentali e dai diritti inviolabili.
CASO: antinomie tra fonti nazioni e fonti europee non self-executing (non direttamente
applicabile)
Le direttive si configurano come norme interposte tra il diritto nazionale e gli artt. 11 e 117, per cui
le fonti primarie interne incompatibili con le direttive devono essere dichiarate incostituzionali.
L’antinomia tra una norma primaria italiana e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE implica un
intervento della corte costituzionale che dichiari incostituzionale erga omnes la norma interna, a
prescindere dal carattere self-executing o meno delle disposizioni della Carta invocate.
Questa giurisprudenza si estende ai casi nei quali venga in rilievo la violazione congiuntamente di
un diritto garantito da norme costituzionali e di norme europee detti di doppia pregiudizialità:
spetta al giudice comune se disapplicare la norma interna oppure sollevare questione di
costituzionalità.
CASO: problemi di interpretazione
L’istituzione competente a risolvere le questioni di interpretazione del diritto europeo è la Corte di
giustizia, l’organo giudiziario di vertice dell’UE. Ha una funzione di interpretazione del diritto dell’UE
attraverso il rinvio pregiudiziale. Le decisioni della Corte sono definitive.

3. LE FONTI NAZIONALI

3.1 LA CRISI DELLA LEGGE

Oggi le fonti del diritto di provenienza nazionale non posseggono più quella esclusività che le
caratterizzava fino alla metà del secolo scorso; lo spazio normativo è di estrazione non nazionale.
Nel passaggio dallo Stato liberale allo Stato contemporaneo cambia la funzione della legge: non è
più solo un atto normativo generale e astratto ma diventa lo strumento privilegiato per la
realizzazione dell’indirizzo politico governativo e un mezzo per eliminare gli ostacoli che
impediscono il pieno sviluppo della persona e la sua partecipazione alla vita dello Stato in
connessione al carattere “sociale” della forma di Stato.

3.2 LA LEGGE ORDINARIA: NATURA, CONTENUTO E PROCEDIMENTO

La legge → fonte primaria (la prima tra le fonti)


Il procedimento legislativo = catena di montaggio → da proposta a legge
Procedimento: in uno stato di diritto le decisioni devono essere assunte in conformità con il diritto e
le fonti del diritto si formano a seguito di un procedimento
Definizione: il procedimento è una successione necessaria di fasi, regolata dal diritto, al termine
delle quali si produce un atto valido e perfetto tipico della funzione esercitata.
Es. procedimento giudiziario → atto = sentenza & procedimento legislativo → atto = legge
Il procedimento legislativo è regolato dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari (istituiscono
la fase preparatoria e costitutiva)
Nella Costituzione lo troviamo nella parte 2, titolo I, sezione II: la formazione delle leggi
L’art 70 attribuisce alle due camere la funzione legislativa e gli articoli seguenti danno conto della
successione di fasi:

- Fase instaurativa art 71


- Fase preparatoria e costitutiva art 72 + regolamenti di Senato e Camera dei deputati
- Fase integrativa dell’efficacia art 73 e 74

Per legge si intende l’atto normativo, deliberato dalle due Camere del Parlamento in un identico
testo, promulgato dal PdR e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che trova le sue norme sulla
produzione negli artt. 70 e seguenti della Costituzione. = legge formale ordinaria
Il potere è attribuito alle Camere e l’art. 70 impedisce di istituire altri tipi di fonti aventi forza di
legge, ad eccezione degli atti aventi forza di legge del Governo e del referendum abrogativo.
Principi che identificano la natura della legge come fonte primaria:

- Principio del numero chiuso delle fonti primarie che sono solo stabilite dalla Costituzione
→ per creare nuove fonti che abbiano forza attiva e/o passiva primaria è necessaria una
fonte costituzionale
- Gli unici limiti che valgono per il legislatore sono quelli stabiliti direttamente dalla
Costituzione o da fonti pari ordinate

3.2.1 il contenuto della legge

Istituto della riserva di legge → si ha quando una norma della Costituzione (o di una legge
costituzionale) riserva alla legge la disciplina di una determinata materia escludendo, o
ammettendo solo in parte, che essa possa essere oggetto di altre fonti normative.
La riserva è interpretata come riserva di fonti primarie per cui possono intervenire anche atti aventi
forza di legge con la sola eccezione delle riserve i cui all’art. 72 Cost. → riserva di legge
d’assemblea (riferite a leggi formali approvate dall’intera assemblea di ciascuna camera)
Vi sono maggiori vincoli nei casi di riserva rinforzata di legge, nei quali il legislatore deve limitare
la sua discrezionalità in attuazione di istituti e limiti specifici già fissati dalle disposizioni
costituzionali.

- Limitazioni sotto il profilo del procedimento


- Limitazioni sotto il profilo del contenuto della legge
Un’altra distinzione è fatta tra:

- Riserva relativa → quando la legge deve intervenire solo a definire gli aspetti generali e
qualificanti della disciplina
- Riserva assoluta → dove l’intera materia deve essere disciplinata da fonti primarie
Leggi provvedimento → la legge contiene solo provvedimenti individuali (e non norme generali e
astratte)
Anche in questi casi il legislatore deve rispettare il canone della ragionevolezza: le scelte
legislative devono essere coerenti e non porsi in contrasto con il principio di uguaglianza sia
formale che sostanziale. → non può violare l’art. 3 Cost.
Oggetto della legge affrontato dalla Costituzione per imporre un certo procedimento di
approvazione o per escluderla dalla possibilità di essere sottoposta a referendum abrogativo.
La Costituzione si occupa del contenuto della legge all’art. 117, nel testo modificato con la
revisione costituzionale del 2001, individuando un elenco di materie di competenza del legislatore
statale e uno di competenza concorrete tra legislatore regionale e statale.
Leggi a contenuto “tipizzato”, create da altre leggi
Leggi a cadenza “annuale” con contenuto specializzato, istituite da altri interventi legislativi.
Ogni anno vengono approvate:

- La legge di bilancio espressamente prevista dall’art. 81 Cost che impone alle Camere di
approvare i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo
- La legge di delegazione europea
- La legge europea
- Legge annuale di semplificazione con lo scopo di realizzare misure di semplificazione
normativa e amministrativa a livello nazionale
- La legge annuale per il mercato e la concorrenza con lo scopo di rimuovere gli ostacoli
regolatori all’apertura dei mercati, di promuovere lo sviluppo della concorrenza e di
garantire la tutela dei consumatori
- La legge per le micro, piccole e medie imprese per definire gli interventi da adottare
nell’anno successivo per la tutela e lo sviluppo delle medesime

3.2.2 il procedimento legislativo

Art 70 cost. funzione legislativa esercitata collettivamente dalle 2 Camere


Si distinguono 3 fasi:

- Iniziativa → spetta al Governo, a ciascun parlamentare e agli altri organi ed enti a cui è
conferita dalla Costituzione (CNEL art 99, Consigli regionali art 121, comuni - limitatamente
alla modifica delle circoscrizioni provinciali); ha potere di iniziativa anche il popolo (50.000
elettori)
I disegni di legge governativi sono finalizzati a dare attuazione al programma politico della
maggioranza.
N.B. alcuni tipi di legge possono esser presentate solo dal Governo es. disegni di legge
aventi per oggetto il bilancio e il rendiconto consuntivo, la legge di delegazione europea, la
legge europea, i disegni di legge di conversione dei decreti-legge

Art 71 → iniziativa delle leggi


I soggetti presentano dei progetti di legge alle Camere
I progetti con più probabilità di diventare leggi sono quelli proposti dal Governo che viene
sostenuto dalla maggioranza parlamentare che quindi approva le leggi
Il testo dei progetti di legge deve essere redatto in articoli, scritto come si scrive una legge, e
accompagnato da una relazione in cui si sostengono le ragioni a favore della disciplina.
Inizialmente il “testo redatto in articoli” si riferiva alle iniziative che venivano dai 50.000 elettori
ma i regolamenti delle Camere hanno esteso la struttura in articoli anche alle iniziative che
vengono da altri soggetti.
Progetto di legge governativa – procedimento particolare (subprocedimento)
Art 87 il PdR autorizza la presentazione del progetto alle Camere; il PdR partecipa esercitando
una forma di controllo del Governo in quanto se il disegno di legge costituisse un atto illegittimo,
il PdR può negargli l’autorizzazione.
Iniziativa parlamentare – vengono presentati progetti per valorizzare il ruolo dei parlamentari
rispetto all’elettorato → progetti che intercettano l’interesse dell’elettorato
Progetti presentati dal CNEL (spesso non approvati) e progetti presentati dai Consigli
regionali (hanno la possibilità di condizionare la legislatura statale in questa fase)
Alla fine della legislatura i progetti decadono (tranne quelli popolari) e devono essere ripresentati
alla legislatura successiva.
Es. progetto di legge di origine parlamentare – toelettatura degli animali da affezione – la
professione va disciplinata per legge – presentata alla Camera dalla deputata Moretto (le
iniziative possono essere presentate solo alla Camera di appartenenza.
Con la presentazione del progetto si chiude la fase iniziativa e si apre la fase preparatoria e
costitutiva → la presidenza dell’assemblea trasmette il testo alla commissione monocamerale
competente per materia (in questo caso: commissione per attività produttive della Camera)

- Costitutiva → (istruttoria e approvazione) – art 72 Cost. si attiene all’esame, alla


discussione e alla votazione. Questa fase si svolge nelle commissioni permanenti. Ogni
disegno di legge è affidato dal Presidente della camera che deve esaminarlo alla
commissione competente per materia. Si distinguono tre procedure di approvazione delle
leggi ordinarie:

o Procedura normale in cui la commissione opera in sede referente


la commissione dopo aver esaminato e modificato il progetto presenta
all’Assemblea una relazione in cui propone di accoglierlo o respingerlo. Durante la
fase di esame nelle commissioni, queste possono chiedere info al Governo e
svolgere un’attività istruttoria e conoscitiva
Funzione conoscitiva con la quale una commissione rilascia un parere sui profili che
rientrano nelle materie di sua competenza. Dopo l’esame in commissione, il
procedimento prosegue in Assemblea con la discussione e il voto articolo per
articolo.
Questo procedimento dev’essere necessariamente seguito per i disegni di legge in
materia costituzionale ed elettorale e quelli di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e

consuntivi.

o Procedura abbreviata per l’approvazione d’urgenza di alcuni disegni di legge


i tempi di discussione e votazione si riducono.
es. approvazione delle leggi per conversione dei decreti-legge che richiedono
approvazione entro i 60 gg dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

o Procedura decentrata nella quale la commissione assume il nome di “deliberante”


o “legislativa”
detto anche deliberante si caratterizza per un diverso ruolo delle commissioni che
non riferiscono più all’Assemblea ma si sostituisce ad essa nella discussione e
approvazione della legge. Il progetto di legge inizia e conclude il suo iter in
commissione salvo che il Governo (1/10 componenti) o commissione (1/5
componenti) non chieda l’esame con il procedimento normale

Art 72 comma 3 l’esame e l’approvazione sono deferite a commissioni permanenti


(commissione in sede legislativa o deliberante)
La Commissione si sostituisce integralmente all’aula. Sono previste delle garanzie:
garanzia procedurale: fino all’approvazione del testo definitivo si può passare dalla sede
legislativa a quella referente se richiesto da alcuni soggetti: Governo (porre la questione di
fiducia), 1/10 parlamentari (per ottenere qlcs in cambio dato che c’è convergenza di interessi –
inserimento di una parte e leggi più dettagliate)
garanzia materiale: la sede legislativa è preclusa per alcune materie come quella costituzionale
ed elettorale, di ratifica dei trattati internazionali, bilanci a consuntivo e leggi di indirizzo e
controllo.

o Procedimento per commissione in sede redigente


è disciplinato nei regolamenti parlamentari e consiste nell’affidare alla commissione
la redazione del progetto di legge, riservando l’approvazione finale all’Assemblea

Art 72 comma 4 Come nella sede referente l’esame è svolto sia in commissione che in aula &
come nella sede deliberante la prevalenza del lavoro è svolto dalla Commissione e si torna in
aula solo per la votazione finale (non per aggiungere o togliere emendamenti).
In Aula si ha una discussione solo all’inizio riguardante le linee guida del testo.
CASO: legge di bilancio
Al procedimento per la sua approvazione partecipano la commissione bilancio e tutte le altre
commissioni permanenti. È impedito che i caratteri della manovra vengano alterati e che
l’approvazione si protragga per lungo tempo (evitare l’esercizio provvisorio).

Fase costitutiva:
Non tutti i progetti di legge diventano legge completando l’iter infatti nel passaggio dalla fase
instaurativa a quella costitutiva alcuni progetti cadono
la Commissione decide come e se esaminare il progetto di legge (casi di insabbiamento quando si
rinvia senza data il progetto finché non decade)
Es. il progetto è approvato dal Senato, viene trasmesso al Presidente della Camera e si ripete lo
stesso procedimento (dalle Commissioni alle aule) → bicameralismo perfetto. La seconda Camera
può approvare il progetto con una Commissione in una sede differente. Esiti:

- La seconda Camera respinge il progetto → il progetto cade


- La seconda Camera approva lo stesso testo → la legge passa
- La seconda Camera approva un testo diverso → le modifiche vanno presentate alla prima
Camera che può approvarle e la legge passa o apportare nuove modifiche e la legge va
ripresentata alla seconda Camera
Il testo della legge dev’essere approvato da entrambe le Camere ed essere identico

- Promulgazione e pubblicazione (fase che perfeziona e integra l’efficacia dell’atto) → la


promulgazione deve avvenire entro un mese dalla data di approvazione parlamentare ed è
disposta dal PdR che può rifiutarsi di promulgare la legge esercitando il potere di rinvio. La
pubblicazione avviene successivamente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
che serve a rendere conoscibili le leggi e tutti gli atti normativi. Le leggi entrano in vigore
dopo la vacatio legis (15 gg dopo la loro pubblicazione) o per un termine diverso disposto
dalla legge stessa.
Si applica il principio ignorantia legis non excusat per cui si presume che la legge sia
conosciuta da tutti i cittadini e nessuno può giustificarsi affermando di non averla rispettata
per il fatto di non conoscerla. Il ministro della giustizia è il soggetto incaricato di inserire le
leggi nella gazzetta ufficiale. Tutti gli atti normativi pubblicati sono inseriti anche nella
Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana → sistema di doppia
pubblicazione o ripubblicazione. Prevale il testo della Raccolta in caso di divergenza con la
Gazzetta

Il testo è cristallizzato → non può essere toccato ma non è ancora efficace


Gli istituti sono disciplinati da artt. 73 e 74:

- Promulgazione da parte del PdR → il presidente della Camera che ha adottato


definitivamente il testo informa PDR dell’approvazione del testo della legge e il PdR deve
promulgarla entro 1 mese; può rinviare il testo alle Camere nel caso di incostituzionalità
con messaggio sul motivo del rinvio (problemi di illegittimità – raro); la promulgazione è
un atto simbolico e la data della legge corrisponde a quella della promulgazione → la
legge nasce quando viene promulgata e diventa espressione della volontà generale
La mancata promulgazione è superabile se le Camere approvano lo stesso testo in
quanto il PdR può porre il veto sospensivo 1 sola volta, poi è costretto a promulgarla
- pubblicazione; vacatio legis; entrata in vigore → la Pubblicazione si ha nella
Gazzetta ufficiale che rende le leggi conoscibili, poi accompagnata da vacatio legis
(vacanze della legge – vuoto) periodo durante il quale la legge non è vigente e non
produce effetti se non al 15esimo giorno dalla pubblicazione quando si ha l’entrata in
vigore.

3.3 GLI ATTI DEL GOVERNO CON FORZA (E VALORE) DI LEGGE

Eccezione al principio della separazione dei poteri per cui la funzione legislativa viene delegata al
Governo che sotto il controllo del Parlamento può emanare il decreto legislativo e il decreto-legge.
Il Governo ha comunque potere limitato e i provvedimenti sono atti aventi forza di legge, equiparati
alla legge quanto all’efficacia e al controllo giurisdizionale di costituzionalità

Casi in cui l’atto legislativo è emanato dal Governo; atti che possono disporre tutto ciò che la
legge può disporre
Sono un’eccezione al principio di tripartizione del potere → recupero perché in entrambi i casi
c’è un duplice procedimento dove il Governo è legislatore ma c’è sia l’intervento del Governo
che del Parlamento
D.LGS → intervento parlamentare previo con la legge delega e intervento governativo
successivo (emanazione decreto legislativo)
D.L → intervento del Governo previo (decreto legge – decretazione d’urgenza) e intervento
parlamentare con la conversione

3.3.1 il decreto legislativo (art 76 cost)

L’istituto di delegazione legislativa si realizza attraverso la combinazione di due procedimenti


distinti: procedimento legislativo che termina con una legge del Parlamento (legge delega) &
approvazione di un atto normativo redatto sulla base delle indicazioni contenute nella legge delega
che costituisce il decreto legislativo.
La delega consiste nel trasferimento temporaneo della funzione legislativa in capo al Governo → il
Parlamento rimane titolare di revocare la delega.
La legge delega deve determinare:

- Oggetto → materia da disciplinare


- Principi → norme generali di carattere sostanziale e criteri direttivi cioè norme strumentali
di carattere procedurale
- Termine → fissare il periodo di tempo entro il quale essa può essere esercitata
Le leggi di delega prevedono in molti casi che il Governo prima di esercitare la delega debba
ottenere un parere dalle competenti commissioni parlamentari sullo schema di decreto. Quando
l’oggetto della delega tocca materie sulle quali esistono anche competenze regionali deve essere
acquisito anche il parere della Conferenza Stato-regioni
Nelle leggi delega sono inoltre inserite clausole che consentono al Governo, una volta scaduto il
termine, di correggere il decreto legislativo emanato entro un successivo periodo di tempo e nel
rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi iniziali. → deleghe dette integrative-correttive
Per quanto riguarda le materie delegabili, il Governo non può essere delegato a modificare o a
integrare la Costituzione e non può essere abilitato ad adottare determinazioni legislative che
realizzano una funzione di indirizzo o di controllo parlamentare.
L’istituto della delegazione legislativa trova applicazione nel caso dei codici che contengono la
disciplina organica di un settore e dei testi unici → testi che raccolgono una serie di fonti di
produzione in vigore con lo scopo di riunirle, razionalizzandole in un unico documento.
I testi unici possono essere semplici mezzi di conoscenza delle nome in vigore e sono meramente
compilativi perché si limitano a raccogliere le disposizioni vigenti o possono introdurre innovazioni
venendo perciò definiti normativi perché oltre ad agevolare la conoscenza di un complesso di
norme, provvedono anche ad armonizzare la legislazione attraverso l’introduzione di nuove
disposizioni o attraverso la modifica di quelle esistenti.

Esercizio della funzione legislativa può essere delegato al Governo con determinati principi e
criteri direttivi, in un tempo limitato e per oggetti definiti
Si pone divieto generale al primo comma art. 76 che poi viene attuato introducendo modi con
cui si può delegare la funzione legislativa. Il titolare della funzione legislativa rimane il
Parlamento che può revocare la delega:

- Implicitamente – legiferando sull’oggetto delegato al Governo


- Esplicitamente – con una legge di revoca
Tempo limitato: non si può delegare indefinitivamente la funzione legislativa / la durata non
può essere incerta
Oggetto definito richiama ambiti ristretti; è circoscritto rispetto alla materia – limite materiale
Determinazione di principi e criteri direttivi limitazione in positivo (Parlamento da direzione
di azione)
Quelli previsti dall’art 76 non sono gli unici limiti: il Parlamento nella legge delega può stabilire
altri limiti come ad esempio la redazione del testo con il parere di commissioni parlamentari.
Una volta approvata la legge delega il Governo può (non deve) adottare un d.lgs. → il Governo
è libero di esercitare o no la delega e può non esercitarla perché il Governo può cadere nel
frattempo e il successivo ha avere interesse a esercitare questa facoltà.
Il Governo presenta il testo alle Camere che lo approvano e PdR emana il testo. Il decreto viene
mandato alle Camere in prossimità alla scadenza perché entro la fine della delega l’atto deve
essere emanato.
Es. delega legislativa – legge n 247/2012 – art 16 delega al Governo per il riordino della difesa
d’ufficio d.lgs. 6/2015 – limiti ulteriori: “sentito il CNF” (consiglio nazionale forense) - parere

3.3.2 il decreto-legge (art 77 cost)

Il fondamento del potere legislativo esercitato dal Governo deriva non da una legge di delega ma
dal fatto che si è venuta a creare una situazione di straordinaria necessità e urgenza.
Il decreto-legge è un atto del Governo con forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità
e urgenza.
Nasce nell’epoca liberale e fascista per far fronte a casi come disastri naturali, calamità,
emergenze sociali o economiche in cui è necessario provvedere in tempi rapidi, incompatibili con
le procedure parlamentari.
Il governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge, sotto la sua responsabilità. Il
Governo nello stesso giorno in cui il decreto-legge è emanato ha l’obbligo di trasmetterlo alle
Camere, chiedendone la conversione in lege. Le Camere, anche se sciolte, sono convocate e si
riuniscono entro 5 giorni. La conversione in legge deve avvenire entro 60 gg dalla pubblicazione
del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, altrimenti il decreto perde efficacia retroattivamente.
Appena adottato, il decreto-legge diventa oggetto di un disegno di legge di conversione e viene
presentato alle Camere. La legge di conversione ha l’effetto di ripristinare il normale ordine
costituzionale per mezzo di una sostituzione della fonte.
È in ogni caso destinato a scomparire dopo i 60 gg: o perché è convertito in legge e allora la fonte
permane nell’ordinamento o perché non è convertito e allora è come se non fosse mai emanato.
L’apprezzamento dell’esistenza dei presupposti deve essere verificato dal PdR in sede di
emanazione del decreto e in sede di conversione. Anche una volta convertito può essere
sottoposto al giudizio della Corte costituzionale.
Se il decreto-legge non vien convertito perde retroattivamente i suoi effetti (tamquam non esset).
L’art 77 comma 3 prevede che le Camere possano dar vita a una legge sanatoria che ha il compito
di salvare, in tutto o in parte, gli effetti prodotti dal decreto-legge decaduto sollevando il Governo
dalle responsabilità alle quali sarebbe tenuto altrimenti. Se un decreto-legge decade o è
espressamente respinto dal Parlamento e questo non approva una legge sanatoria, il Governo
risponde direttamente di tutti gli effetti prodotti sia nei confronti dei cittadini che delle istituzioni.
CASO: possibilità di introdurre emendamenti durante il percorso parlamentare di conversione
Il Parlamento apporta molti emendamenti al decreto-legge in sede di conversione, spesso
stravolgendo completamente il testo dell’originario decreto. Salvo diversa disposizione, le
modifiche entreranno in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di
conversione.
Oggi il decreto-legge rappresenta un vero e proprio atto di legislazione ordinaria (abuso nella
prassi)
Reiterazione dei decreti legge → al sessantesimo giorno di vigenza di un decreto-legge non
convertito, se ne ripresentava un altro di identico contenuto → la Corte costituzionale si è espressa
con la sentenza n. 360/1996 = inutile come l’intervento del legislatore con l’art 15 della legge
400/1988 che ha vietato al Governo di usare il decreto legge per:

- Conferire deleghe legislative ai sensi dell’art 76 Cost


- Provvedere nelle materie indicato nell’art. 72 quarto comma della Cost
- Rinnovare le disposizioni di decreti legge dei quali sia stata negata la conversione in legge
con il voto di una delle due Camere
- Regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti
- Ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi
non attinenti al procedimento
→ i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere
specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Le disposizioni che non soddisfano i requisiti di specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo
sono da ritenersi costituzionalmente illegittimi anche nel caso in cui siano stati aggiunti in sede di
emendamento parlamentare alla legge di conversione.
Utilizzo di decreti legge “salvo intese” con cui il Consiglio dei ministri indica di aver approvato un
atto che non è ancora del tutto definito nei dettagli tecnici. Questa prassi, che nasconde
divergenze politiche non ancora sanate all’interno della coalizione governativa, ha l’obiettivo di
rassicurare un soggetto esterno sull’impegno del governo sul tema attraverso quello che di fatto
resta un annuncio. → incompatibile con il carattere di urgenza del provvedimento
Istituto che prevede la possibilità del Governo di adottare atto legislativo senza intervento del
Parlamento
Art 77 comma 1 pone divieto e coma 2 presenta eccezione (d.l)
Requisiti costituzionali: casi straordinari di necessità e urgenza – istituto nasce pensando a
emergenze esogene (Es. guerra/pandemia) ma non sono escluse emergenze endogene (caso
dei valori catastali non aggiornati per mancato intervento che portano a sopravvalutazioni e
viceversa).
DL atto avente forza e valore di legge → senza “chiedere” al Parlamento
Il decreto legge entra immediatamente in vigore → si riunisce il consiglio dei ministri, che adotta
e invia il testo al PdR che lo emana e si procede alla pubblicazione in Gazzetta (nono c’è
vacatio legis) – tempi celeri e non c’è opposizione con cui confrontarsi
Per contro, il decreto legge ha carattere provvisorio e vita massima di 60gg entro i quali deve
essere convertito in legge dalle Camere altrimenti perde efficacia fin dall’inizio (da quando è
stato adottato – ex tunc - retroagisce).
È un atto formalmente presidenziale e sostanzialmente governativo → il PdR può rifiutarsi di
emanarlo nel caso in cui l’atto violi la costituzionalità
ES. Caso Englar → il Governo avrebbe voluto rendere nulla la sentenza della Cassazione (ma
la sentenza del giudice non può essere annullata da atto legislativo perciò il PdR ha rifiutato
l’emanazione del Governo
Dall’emanazione diventa atto valido provvisoriamente e si apre il procedimento della
conversione in legge. Il decreto legge deve essere convertito altrimenti decade. Il contenuto del
decreto legge va inserito nella legge di conversione del DL.
Dopo la conversione il DL vige senza limiti di tempo come legge di conversione.
In sede di conversione il DL può essere modificato perché il testo è nella piena disponibilità
delle Camere del Parlamento una volta che viene loro trasmesso. Se le Camere respingono il
DL, questo decade perdendo efficacia (ne basta una). Il decreto legge decade anche in caso di
mancata conversione
Le Camere possono emanare legge di sanatoria per rendere nulli gli effetti del decreto legge
prima della conversione → salvare gli effetti prodotti in quel periodo – rimesso alla volontà
politica delle Camere
I decreti legge nella maggioranza dei casi sono convertiti → in sede di conversione è vietato
l’inserimento di contenuti eterogenei per assicurare un iter veloce a quel provvedimento
Es. decreto legge 14/2022 adottato il 25/02/2022, emanato e pubblicato lo stesso giorno (crisi in
Ucraina)
Es. DL 4/2022 convertito in legge il 28/03/2022 viene pubblicato sia il testo del decreto legge
sia il testo della legge di conversione
Art 78 caso di poteri al Governo – stato di guerra dopo la deliberazione delle Camere che gli
conferiscono i poteri necessari (anche legislativi).

3.4 IL REFERENDUM ABROGATIVO

Il referendum abrogativo, previsto dall’art. 75 Cost. è un istituto attraverso il quale il corpo


elettorale è chiamato a pronunciarsi direttamente circa l’abrogazione, totale o parziale, di una
legge o di un atto avente valore di legge dello Stato.
Se l’esito della votazione è favorevole all’abrogazione, l’ordinamento normativo statale vigente
sarà mutato.
Possono essere oggetto del referendum abrogativo le leggi e atti con forza di legge dello Stato, per
intero o limitatamente a una parte. Attraverso il referendum se ne determina la perdita d’efficacia
ex nunc, per il futuro (non retroattiva). Sono escluse dal referendum le leggi: tributarie e di bilancio,
di amnistia e indulto, di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
Il procedimento referendario si articola in varie fasi:
1) Iniziativa spetta a 5 consigli regionali o 500.000 elettori. Nel secondo caso deve formarsi un
comitato promotore, composto da non meno di 10 cittadini. La richiesta deve essere
depositata presso un apposito ufficio della Corte di cassazione entro il 30 settembre di ogni
anno.
2) L’Ufficio centrale per il referendum effettua entro il 31 ottobre un controllo sulla legittimità
delle richieste → controllo volto a verificare la regolarità formale della richiesta.
Se l’Ufficio rileva irregolarità assegna un termine ai proponenti per sanarle o per
contestarne l’esistenza e decide con ordinanza definitiva entro il 15 dicembre.
3) La Corte costituzionale giudica sull’ammissibilità delle richieste dichiarate legittime con
sentenza da pubblicarsi entro il 10 febbraio
4) Se le richieste sono ammesse il PdR indice il referendum fissando la data della votazione
in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno
5) Sono previsti due quorum: uno di partecipazione/strutturale (effetti solo se ha partecipato la
maggioranza degli aventi diritto) e uno circa l’esito (maggioranza dei voti validi)
6) Nel caso di abrogazione, è dichiarata dal PdR con decreto. Nel caso in cui l’esito del
referendum sia contrario all’abrogazione, per 5 anni la stessa disposizione non potrà
essere sottoposta nuovamente a referendum abrogativo
La Corte costituzionale ha dato un’interpretazione del carattere estensivo dei limiti espliciti dell’art.
75, individuando anche quelli impliciti con la sentenza 16/1978
Due direttrici:

- La collocazione del referendum nel complesso delle fonti → assimilarlo a una legge
ordinaria abrogativa → non sono ammissibili referendum abrogativi che abbiano ad oggetto
la Costituzione, le leggi costituzionali, i regolamenti parlamentari, gli atti legislativi a forza
passiva peculiare, le leggi a contenuto costituzionalmente vincolato e quelle
costituzionalmente necessarie
- Affinchè il cittadino possa esprimere un voto libero, il quesito che gli viene proposto deve
essere omogeneo, chiaro, univoco e non contraddittorio
La prassi del referendum. Può essere suddivisa in tre fasi: inizio poco sviluppato, dal 1978
aumento delle richieste referendarie e anni ’90 uso più circoscritto dovuto alla scarsa
partecipazione al voto e difficoltà al raggiungimento del quorum strutturale.
Dal 1978 è diventato sia uno strumento di indirizzo politico che un motore per le riforme → sono
stati richiesti molteplici referendum idonei a realizzare un intero programma politico alternativo e si
è valorizzata la natura creativa del referendum introducendo direttamente nuove norme per mezzo
dell’abrogazione di parti di leggi esistenti.

3.5 I REGOLAMENTI DELL’ESECUTIVO

I regolamenti governativi sono fonti secondarie con le quali il Governo, nel rispetto delle fonti
primarie, pone regole di carattere sostanziale, organizzativo, procedurale oppure provvede a
disporre quanto necessario per dare attuazione ed esecuzione alle leggi.
Il potere regolamentare del governo non è disciplinato dalla Costituzione che si limita a richiamare
questo tipo di fonte solo nell’art. 87 e nel 117 che ha stabilito il parallelismo tra funzioni legislative e
funzioni regolamentari, limitando la potestà del Governo di emanare regolamenti solo nelle materie
nelle quali lo Stato ha potestà legislativa esclusiva.
Le fonti secondarie sono a numero aperto e quindi modellabili dal potere legislativo e il loro spazio
è fortemente limitato dall’esistenza delle riserve di legge previste in Costituzione.
Oggi tali fonti sono disciplinate dall’art. 17 della legge 400/1988 e dall’art. 35 della legge 234/2012
per i regolamenti di attuazione del diritto europeo.
Vanno distinti inoltre i regolamenti governativi deliberati dal Consiglio dei ministri ed emanati con
decreto del PdR, dai regolamenti ministeriali e interministeriali emanati dal singolo ministro o di
concerto con uno o più ministri. Questi ultimi devono rispettare i regolamenti governativi.
Parallelamente vengono emanati anche regolamenti dal PdC → DPCM che trovano legittimazione
nella legge 400/1988
I regolamenti governativi disciplinano: l’esecuzione delle leggi, dei decreti legislativi e dei
regolamenti dell’Ue (regolamenti di esecuzione); l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme fuori principio, fuori delle materie di competenza regionale
(regolamenti di attuazione); l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche
secondo le disposizioni dettate dalla legge (regolamenti di organizzazione).
Ci sono poi i regolamenti indipendenti emanati in materie non riservate alla legge e non
disciplinate da leggi o atti con forza di legge.
Ad alcuni regolamenti spetta poi il compito della delegificazione → istituto mediante il quale una
legge, da un lato, attribuisce al potere regolamentare del Governo il compito di regolare una certa
materia già oggetto di disciplina da parte di una precedente legge, e dall’altro, dispone
l’abrogazione di tale disciplina precedente a decorrere dall’entrata in vigore dei regolamenti in
delegificazione.
Si affida ai regolamenti governativi il potere di ri-disciplinare interi settori normativi anche se prima
coperti da legge.

4. LE FONTI REGIONALI E LOCALI

Le competenze normative delle regioni a statuto speciale non sono disciplinate dalla Costituzione
ma dai rispettivi statuti, approvati con leggi costituzionali. Alle regioni a statuto ordinario invece, la
Costituzione attribuisce la potestà normativa primaria e secondaria.
Art 123 questi enti devono dotarsi di statuto → fonte primaria del diritto con cui la regione
disciplina rilevanti aspetti della sua organizzazione e struttura interna: forma di governo, principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento, diritto di iniziativa e referendum su leggi e
provvedimenti amministrativi della regione, e pubblicazione di leggi e regolamenti regionali.
Lo statuto, e le sue eventuali modifiche, deve essere approvato per due volte dal Consiglio
regionale, a maggioranza assoluta dei componenti dell’organo e con un intervallo tra la prima e la
seconda approvazione di almeno due mesi. Dopo le due approvazioni la legge viene pubblicata a
fini notiziali sul Bollettino Ufficiale della regione e da quel momento decorrono i tre mesi entro i
quali 1/50 degli elettori della regione o 1/5 dei membri del Consiglio regionale possono richiedere
un referendum sullo statuto. Decorsi i tre mesi, la legge viene promulgata, ripubblicata e decorso il
termine della vacatio legis entra in vigore.
Le regioni hanno poi potestà legislativa in base all’art 117 Cost. che elenca le materie di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, quelle di legislazione concorrente e la competenza
residuale regionale.
a) Competenza esclusiva statale
soggetto legittimato a porre le fonti legislative è lo Stato. Le materie corrispondono a
interessi unitari che non possono essere logicamente o giuridicamente frazionati o
differenziati tra i vari enti regionali (es. immigrazione, politica estera, difesa, forze armate,
anagrafe, stato civile, previdenza sociale, pesi e misure, dogane, cittadinanza, moneta…)

b) Competenza legislativa concorrente


materie in cui i soggetti legittimati a porre le fonti legislative sono due: Stato e regioni. Con
questa ripartizione di compiti spetta alle regioni la potestà legislativa di dettaglio, mentre
allo Stato spetta la determinazione dei principi fondamentali di ciascuna materia. Le regioni
hanno la competenza legislativa primaria, ma all’interno di principi “cornice” che lo Stato
deve indicare al fine di armonizzare i sistemi regionali, consentendo, al tempo stesso, una
differenziazione.

c) Competenza residuale regionale


le materie non ricomprese negli elenchi del secondo e terzo comma art. 117. Le regioni
hanno una potestà legislativa che vede come vincolo solo la Costituzione e gli obblighi
comunitari e internazionali.
La Corte costituzionale ha escluso che si possa automaticamente ricondurre un certo oggetto alla
competenza residuale regionale per il solo fatto che tale oggetto non sia immediatamente riferibile
a una delle materie elencate nei commi 2 e 3 dell’art. 117. Alcune competenze esclusive dello
Stato sono state lette dalla Corte non come materie in senso stretto ma come clausole trasversali
che intersecano anche materie che altrimenti sarebbero di esclusiva competenza regionale → c’è
stata la legittimazione di interventi statali di dettaglio con l’unico limite della proporzionalità e
dell’adeguatezza rispetto all’obiettivo perseguito.
In caso di interferenza tra norme rientranti in materie di potestà esclusiva, la Corte ha ritenuto che
qualora appaia evidente l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una
materia invece che ad altre, si possa far riferimento a un criterio di prevalenza.
La Corte ha, inoltre, introdotto un meccanismo che consente allo Stato di attrarre a sé la
competenza legislativa regionale → chiamata in sussidiarietà che può avvenire a due condizioni:

- Deve sussistere un interesse unitario


- Deve essere rispettato il principio di leale collaborazione → le regioni devono essere
coinvolte nel procedimento
Art 117 comma 6 → riserva allo Stato, che può essere delegata alle regioni, la competenza
regolamentare solo sugli ambiti materiali previsti dall’art. 117 comma 2, mentre negli altri casi
spetta alle regioni, ad eccezione delle materie riguardanti l’organizzazione e lo svolgimento delle
funzioni attribuite agli enti locali.
A comuni, province e città metropolitane viene riconosciuta la potestà normativa statutaria dalla
Costituzione. Gli statuti e i regolamenti locali restano fonti secondarie perché le loro norme sulla
produzione sono contenute in fonti primarie dello Stato.
Sono fonti secondarie a competenza riservata.

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