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DEFINIZIONE DIRITTO INTERNAZIONALE

Diritto internazionale: diritto o ordinamento della comunità degli Stati, complesso di norme che si forma al di sopra dello Stato e
scaturisce dalla cooperazione con altri Stati. Il DI regola i rapporti tra Stati (il DI odierno regola anche i rapporti interni).
Oggi la vita moderna è dominata dall’internazionalismo → sul piano giuridico ciò implica la tendenza a trasferire dall’ordinamento
statale a quello internazionale la disciplina dei rapporti economici, commerciali e sociali → materie oggi regolate da convenzioni
internazionali → non è più un diritto per diplomatici, ma è applicato dagli operatori giuridici interni (giudici nazionali).

ORDINAMENTO GIURIDICO = ORDINE NORMATIVO = DIRITTO OGGETTIVO


complesso di norme e istituzioni attr cui viene regolato lo svolgimento della vita sociale e dei rapporti tra i singoli.
Ordinamento giuridico statale: complesso di norme e di istituzioni/organi, cioè soggetti che producono e amministrano e
controllano la corretta applicazione delle norme di quell’ordinamento.

Diritto naturale: insieme di principi insiti nella natura umana che producono effetti giuridici a prescindere dalla loro
positivizzazione e normazione
Diritto positivo: insieme delle norme giuridiche vigenti in un certo momento storico dello Stato, a prescindere da qualsiasi giudizio
di valore (giusto o ingiusto)
Diritto: complesso di regole che formano un ordine normativo.
HANS KELSEN: differenza tra diritto e giustizia: giustizia = giudizio soggettivo di valore su cui si basano le tecniche legislative e gli
obiettivi di tutti gli ordinamenti giuridici

Elementi costitutivi dell’ordinamento giuridico


1. preordinazione di regole di condotta: devono essere rispettate dai singoli e avere i caratteri di generalità e astrattezza (es
“non rubare”)
2. predisposizione di precise regole di organizzazione, struttura e competenza: per attuare correttamente le regole di
condotta. Negli stati democratici, l’ordinamento giuridico si basa su una legge fondamentale: Costituzione → patto o
accordo tra governati e governanti.
3. principio di effettività del sistema organizzativo nel suo insieme: fattore più importante che garantisce ciò è la spontanea
osservanza delle regole che deriva dal consenso del corpo sociale (cioè i destinatari di tali regole)
Caratteri dell’ordinamento giuridico:
● relatività nel tempo: le regole di un ordinamento giuridico possono mutare nel tempo perché ogni ordinamento giuridico è
legato al proprio periodo storico
● relatività nello spazio: coesistenza di più ordinamenti giuridici in luoghi diversi ma nello stesso periodo di tempo: es.
ordinamento italiano, francese, arabo, quello internazionale e comunitario
● pluralità degli ordinamenti giuridici: esistenza contemporanea (relatività nello spazio) o successiva (relatività nel tempo)
di organizzazioni giuridiche originarie differenti
● originalità: l’organizzazione di un ordinamento non è soggetta al controllo di un’altra organizzazione

NORMA GIURIDICA
Norma: indicazione di un modello di comportamento. Una norma è giuridica quando la sua fonte è l’ordinamento giuridico.
● Elementi costitutivi della norma giuridica
1. precetto: impone di osservare un certo comportamento, può essere positivo (obblighi di fare) o negativo (obblighi
di non fare) e può avere carattere sostanziale (es chiede di fare o non fare qualcosa) o procedurale (la norma opera
un rinvio a una specifica fonte, es il caso dell’ordine di esecuzione di un accordo internazionale)
2. testo: in cui è inserito il precetto
3. sanzione: reazione dell’ordinamento all’inosservanza del precetto da parte del destinatario.
● Caratteri della norma giuridica
○ generalità: indirizzata a tutti i consociati indistintamente
○ astrattezza: finalizzata alla disciplina di ipotesi astratte e non a quella di casi concreti.
Principio di uguaglianza formale e sostanziale: le norme giuridiche devono trattare i casi simili in modo analogo e quelli diversi in
maniera differente.

Efficacia nel tempo delle norme


Legge: corpo completo di norme su di una certa materia - le leggi sono composte da più norme giuridiche.
● Entrata in vigore di una legge: 1 approvazione da parte del Parlamento 2 promulgazione da parte del Presidente della
Repubblica 3 pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale 4 termine della vacatio legis di 15 giorni. L’entrata in vigore di una
legge determina la sua obbligatorietà indipendentemente dalla sua conoscenza effettiva da parte dei suoi destinatari →
principio sancito anche dall’art. 5 del codice penale: l’ignoranza della legge non scusa → ignorantia legis non excusat.
● Abrogazione della legge = cessazione della sua efficacia. L'abrogazione può essere espressa (da legge successiva o da
referendum abrogativo) o tacita (per incompatibilità della legge successiva con quella precedente).
Abrogazione per dichiarazione di incostituzionalità della norma giuridica: avviene se il contenuto di una legge contrasta con
il precetto costituzionale → la Corte Costituzionale (organo di controllo della legittimità delle leggi) interviene per verificare
la compatibilità delle leggi del Parlamento con i princìpi fondamentali della Costituzione.
La norma abrogata deve essere disapplicata e la norma giudicata incostituzionale deve essere considerata nulla con efficacia
retroattiva al momento della sua entrata in vigore.
● Deroga della norma giuridica o della legge → permette di applicare una norma diversa rispetto alla regola generale, in
quanto norma speciale e perciò prevalente. Al contrario dell’abrogazione non fa cessare l’efficacia della norma generale, ma
è un’eccezione alla regola, rende la regola generale inapplicabile ad un caso concreto.
● Irretroattività delle norme giuridiche → art. 25 comma 2 Cost → sancisce il principio generale della irretroattività della
legge soltanto in relazione a quella penale, in conformità al principio di legalità (impone di non condannare nessuno per un
fatto commesso quando tale fatto non era considerato un reato nulla poena sine lege)
● Diritto inter-temporale → diritto applicabile in caso di successione di leggi nel tempo, stabilisce quale legge (se la nuova o
la vecchia) è applicabile a un caso sorto quando era in vigore la vecchia ma non è stato ancora risolto quando è entrata in
vigore la nuova che sostituisce la vecchia legge. Tale problema viene risolto da una previsione contenuta nella nuova legge
che pone delle disposizioni transitorie, applicabili cioè ai casi pendenti (processi penali ancora in corso).

Efficacia nello spazio delle norme


Le leggi hanno un’efficacia spaziale definita: si applicano a tutti coloro che si trovano in un territorio → principio della territorialità
della legge: la legge it ha efficacia in Italia anche nei confronti degli stranieri entro i limiti permessi dal DI in materia di trattamento
degli stranieri e dei loro beni. In alcuni Paesi (es USA) le leggi hanno anche un’efficacia extra-territoriale: al di là della sfera
territoriale di loro competenza. Ciò determina controversie giuridiche tra gli Stati coinvolti, che negano la possibilità per uno Stato
di imporre le proprie leggi ad altri Stati.
Il principio dell’efficacia territoriale della legge è collegato con le norme di DI privato: può accadere che in uno Stato non è
possibile applicare la legge di quello Stato, perché il rapporto oggetto della disciplina presenta elementi di estraneità (es bisogna
stabilire quale legge regola ad es il divorzio, nel caso in cui ad es quella italiana (come prima del 1970) lo vieti, mentre la svedese lo
consenta).
DI privato: appartiene all’ambito dell’ordinamento statale ed è formato da norme statali, permette l’individuazione del diritto
applicabile, comprende anche tutte le norme interne statali che delimitano verso l’esterno i rami pubblicistici dell’ordinamento statale.
Non sono 2 rami dello stesso ordinamento, ma DI pubblico → ordinamento della CI / DI privato → ordinamento statale.

SOGGETTI GIURIDICI : destinatari delle norme giuridiche, titolari dei diritti e dei doveri sui quali è basato il rapporto oggetto
di tutela giuridica. PERSONE FISICHE → tutti gli individui.
PERSONE GIURIDICHE → un’organizzazione di persone (associazione) o di mezzi (fondazione), che esistono autonomamente
dalle persone che le costituirono, hanno una propria soggettività ed una propria volontà. Possono essere pubbliche o private e hanno
bisogno del riconoscimento da parte dell’ordinamento, perché per loro non vale il principio dell’universalità della personalità
giuridica e il loro riconoscimento è subordinato all’adempimento di alcuni requisiti, come lo scopo lecito.

FATTI GIURIDICI → tutti gli accadimenti di cui l’ordinamento fa derivare delle conseguenze giuridiche:
↪ fatti giuridici naturali: non derivano dall’azione dell’uomo, es: tempo → fatto naturale giuridicamente rilevante nel diritto
↪ fatti giuridici umani: derivano dalla volontà dell’uomo
Fattispecie: concetto che chiarisce i rapporti tra il verificarsi di un fatto giuridico e la sua previsione da parte di una norma:
- fattispecie astratta: fatto previsto dalla norma, previsione definita in modo astratto e generale
- fattispecie concreta: fatto realmente verificatosi che corrisponde a quanto enunciato nella norma.

ATTI GIURIDICI → fatti determinati dall’azione dell’uomo. Possono essere leciti o illeciti. Tipi di illecito:
1. penale: violazione norma del 2. amministrativo: diritto 3. civile: diritto civile
diritto penale amministrativo
Elementi costitutivi:
● elemento soggettivo: si deve poter individuare la persona che ha commesso l’illecito
○ nel diritto penale: la responsabilità è sempre personale, il soggetto che ha il dovere giuridico di comportarsi in un
certo modo coincide con il soggetto passibile di sanzione
○ nel diritto civile e amministrativo: sono possibili casi di non coincidenza tra soggetto responsabile e soggetto che
con il suo comportamento ha causato il danno (es. per i danni causati da un bambino è responsabile il genitore)
● elemento oggettivo: la concreta violazione di una norma
○ nel diritto penale: esistono le circostanze di esclusione del reato = si è verificata la violazione di una norma ma è
giustificata dalla legge (es. legittima difesa)
○ nel diritto civile e amministrativo: ci sono casi di esclusione della responsabilità
● elemento psicologico
● elemento materiale: il danno materiale a seguito della violazione di una determinata norma = se la violazione da parte del
soggetto non ha causato nessun danno, non sarà possibile considerarlo responsabile
○ nel diritto penale: si punisce anche il tentativo, non occorre sempre l’elemento del danno materiale.

La responsabilità - Kelsen
l’istituto della responsabilità permette di imputare alla condotta di un individuo una sanzione se tale condotta ha avuto effetti su altri
individui. Una persona giuridicamente responsabile di un dato comportamento è passibile di una sanzione nel caso di comportamento
contrario → in questo caso il soggetto responsabile e il soggetto del dovere giuridico coincidono.
Soggetto titolare del dovere giuridico e quello responsabile di un comportamento contrario possono anche non coincidere =
divaricazione tra il soggetto del dovere giuridico ed il soggetto responsabile, es: se un organo di una società causa un danno a terzi, la
responsabilità del comportamento dell’organo sarà della società.
Nella teoria tradizionale ci sono 2 tipi di responsabilità a seconda che il responsabile abbia agito o meno intenzionalmente:
1. responsabilità oggettiva: è irrilevante se il responsabile abbia previsto o voluto l'effetto della sua condotta
2. responsabilità basata sulla colpa: appartiene alla tecnica giuridica raffinata che richiede una distinzione tra il caso in cui il
responsabile dell’illecito abbia previsto e voluto l’effetto dannoso della sua condotta o meno, Kelsen introduce l’elemento
psicologico dell’illecito che porta ad escludere l’illecito e la responsabilità quando non si può dimostrare che una certa
condotta in violazione di una norma, un certo illecito, sia stata voluta o prevista dal responsabile. 2 situazioni psicologiche:
dolo o colpa (quando il responsabile ha previsto l’effetto dannoso) e negligenza (non ha previsto il danno)
SOGGETTI DEL DI
Stati: primari, a piena capacità, enti territoriali organizzazioni internazionali: secondari, a capacità limitata, enti funzionali

STATO
● entità astratta che si dota di un ordinamento giuridico per gestire una collettività di individui, che sceglie di obbedire ad
un determinato sistema di norme, stanziata su un territorio.
● realtà verticale, società strutturata verticalmente: governanti (organi) e governati (assoggettati alle norme)
● istituzione politica (diretta a fini generali) e giuridica (fondata sul diritto).
Caratteri dello Stato:
➢ originalità: crea il proprio ordinamento e non lo riceve da altri
➢ sovranità: controlla le persone ed il territorio ad esso soggetti
➢ indipendenza: capace di intrattenere rapporti con gli altri soggetti ad esso simili

Requisiti oggi più frequenti affinché lo Stato acquisti personalità internazionale: non deve costituire una minaccia per la pace e
la sicurezza internazionale, deve godere del consenso del popolo espresso attr libere elezioni e non deve violare i diritti umani.
Ma in realtà questi requisiti non sono realmente presi in considerazione, infatti nella CI ci sono molti Stati che minacciano la pace o
sono autoritari o violano i diritti umani.

2 accezioni del concetto di Stato:


1. Stato - comunità: concetto che identifica lo Stato con il suo popolo (nazione), comunità umana stanziata su un territorio e
sottoposta a leggi che la tengono unita
2. Stato - organizzazione (o apparato o governo): è il concetto che identifica lo Stato con l’insieme degli organi.
Organo statale = chiunque esercita l’attività di governo. La qualifica di soggetto di DI spetta allo Stato-organizzazione.
La condizione necessaria per il riconoscimento della soggettività internazionale dello Stato-organizzazione sono le caratteristiche di
effettività e indipendenza → l’organizzazione di governo che eserciti effettivamente e indipendentemente il proprio potere su una
comunità territoriale è automaticamente un soggetto internazionale e non c’è bisogno che venga riconosciuto da altri Stati.
Il DI distingue gli:
1. elementi dello Stato come soggetto dell’ordinamento internazionale: lo Stato è considerato sogg dell’ord ⊠ solo nella sua
accezione di Stato – organizzazione quindi i suoi requisiti per affermarne la personalità internazionale sono:
a. effettività del potere di governo su un certo territorio
b. indipendenza del suo ordinamento giuridico: non è considerato Stato l’entità che dipende da un altro ordinamento
giuridico (esempio gli stati federati rispetto allo Stato federale)
2. elementi dello Stato come sovrano secondo il diritto pubblico nazionale: la società statale secondo il diritto pubblico
nazionale è composta da:
a. territorio delimitato da confini
b. popolo: italiani + stranieri (turisti, lavoratori, chi viene per curarsi, studenti..) + apolidi (non hanno la cittadinanza)
c. governo: tutti gli organi statali che detengono il potere di governare su di un determinato territorio ed esercitano le
funzioni di governo in senso ampio (giudici, presidente Repubblica, polizia, ministri, sindaci..) = insieme delle
attività per gestire lo stato: legislativa, esecutiva (governo in senso stretto), giudiziaria

EFFETTIVITÀ → effettivo esercizio del potere di governo. Infatti sono gli organi statali che:
● partecipano alla formazione delle norme internazionali
● decidono il contenuto delle norme materiali internazionali che limitano l'esercizio del potere di governo
● possono impegnare la responsabilità internazionale dello Stato
Effettività del potere di governo = fenomeno di fatto e non di diritto → la nascita di uno Stato è un processo di fatto che avviene
quando si riesce ad ottenere il controllo politico di un certo territorio e su un insieme di soggetti che lo abitano.

La stabilità di uno Stato può subire mutamenti a causa di situazioni politicamente instabili (causate da sconfitta bellica, insurrezione
della popolazione, nascita di movimenti di liberazione nazionale) che possono avere riflessi sulla soggettività dello Stato.
Uno Stato infatti può non essere più in grado di esercitare effettivamente la sua autorità: failed states Stati falliti (≠ fallimento
economico) hanno una soggettività molto dubbia, perché mancano di un Governo effettivo.

Enti che non hanno la soggettività internazionale:


● Governi in esilio: enti che si trasferiscono sul territorio di uno Stato alleato a seguito di invasione bellica o di conflitti interni
sul territorio che intendono governare, la loro soggettività è messa in discussione dalla dottrina per la mancanza di un
territorio effettivo.
● Comitati nazionali all’estero: enti che assumono la gestione degli interessi di una comunità nazionale (= rappresentativi di
una nazionalità) e che aspirano a governare in futuro attr la formazione di uno Stato “nazionale” nuovo. Secondo la dottrina
non hanno una soggettività a causa dell’assenza del requisito dell’effettività del potere di governo, in quanto tali comitati
non hanno un territorio da governare perché risiedono all’estero.
● movimenti di liberazione con sede all’estero: enti organizzati rappresentativi di un popolo in lotta per l’indipendenza e
l’autodeterminazione (infatti la dottrina riconosce legittimo l’appoggio che Stati terzi offrono ai movimenti di liberazione
nazionale). Possono assumere varie forme: governi in esilio o comitati di liberazione nazionale con sede all’estero. La loro
soggettività internazionale è ogg di discussione: perché anche se il principio di effettività del controllo territoriale non trova
app, si applica quello di autodeterminazione e perché controllano effettivamente una parte del territorio a titolo di governo
insurrezionale. Es:
- Organizzazione per la Liberazione della Palestina, con sede a Tunisi = Comitato di liberazione nazionale all’estero. La sua
soggettività internazionale viene messa in discussione da parte della dottrina che ritiene fondamentale il requisito dell’effettività del
controllo di un territorio, perché Israele mantiene il controllo militare sul terrirorio palestinese e sui territori occupati. MA l’OLP ha la
capacità di concludere accordi internazionali e partecipa a delle OI (es gode dello status di Stato osservatore presso l’ONU).
La Corte di Cassazione italiana riconosce all'OLP e agli altri movimenti di liberazione nazionale una soggettività limitata per
discutere sul tema dell’autodeterminazione dei popoli.
La soggettività della Palestina è ancora in dubbio e ci sono stati vari accordi tra OLP e Israele per il passaggio dei territori
palestinesi occupati da Isr sotto il controllo dell’Autorità palestinese, ma è in dubbio se questi accordi sono accordi internazionali, in
quanto somigliano piuttosto a accordi conclusi tra potenze coloniali con i rappresentanti delle poplazioni locali per
l’indipendenza dei territori dominati.
L’Assemblea generale dell’ONU ha deciso di accordare alla Palestina lo status di “Stato non membro” e alcuni Parlamenti europei e il
Parlamento dell’UE hanno riconosciuto la Palestina come Stato → questi riconoscimenti hanno un valore simbolico, sono un invito a
riprendere i negoziati per la creazione di un vero e proprio Stato palestinese.
- Fronte di Liberazione Popolare, sede in Algeria: lotta per l'autodeterminazione del popolo saharawi e la fine dell'occupazione
militare del Sahara Occidentale da parte del Marocco.

INDIPENDENZA o sovranità esterna: seconda condizione per il riconoscimento della soggettività internazionale, l’organizzazione
di governo non deve dipendere da un altro Stato.
Uno Stato indipendente e sovrano ha un ordinamento originario che trae forza giuridica da una propria Costituzione, e non
dall’ordinamento giuridico di un altro Stato. Non hanno tale requisito:
● SM di Stati federali: non sono da considerare come soggetti di DI, dipendono dall’ordinamento dello Stato federale. A volte
sono autorizzati dalla Costituzione federale a stipulare accordi con Stati terzi, ma agiscono come organi dello Stato federale
nel suo complesso (anche le Regioni italiane possono stipulare accordi internazionali)
● Confederazione: unione internazionale tra Stati indipendenti e sovrani, creata per scopi di comune difesa e caratterizzata da
un organo assembleare che rappresenta tutti i membri e con poteri ampi in materia di politica estera.
Tale fenomeno appartiene più al passato (es Confederazione degli Stati Uniti d’America), le Confederazioni sono state spesso
una fase di passaggio per la formazione di uno Stato federale
● Governi fantoccio: riguardano l’ingerenza da parte di un altro Stato nell’esercizio del potere di governo, il Governo
indigeno quindi è definito Governo fantoccio → privi di soggettività internazionale
es: Repubblica sociale italiana, durante la 2gm
● Kosovo: nonostante la Dichiarazione di indipendenza e il riconoscimento come Stato da gran parte della CI, molte attività di
governo sono esercitate con il coinvolgimento diretto di NATO, ONU e UE.

Riconoscimento degli Stati → atto unilaterale mediante il quale uno Stato manifesta l’intenzione di considerare un certo ente come
soggetto del DI con cui intrattenere rapporti.
atto meramente lecito, non produce conseguenze giuridiche, ma appartiene alla sfera politica perché rivela l’intenzione di avviare una
collaborazione diplomatica attr la conclusione di accordi. ↓
se si afferma il carattere giuridico del riconoscimento, l’istituto avrebbe natura costitutiva della personalità internazionale di uno
Stato, costituirebbe il terzo requisito, dopo l’effettività e l’indipendenza, necessario perché un ente possa qualificarsi come Stato
dotato di soggettività internazionale → opinione smentita dalla prassi, una volta verificata l’esistenza dei requisiti dell’effettività e
dell’indipendenza, l’acquisto della personalità internazionale da parte di un ente è automatico.

altri requisiti, quali la pacificità, la democraticità, le dimensioni minime, affinché un ente acquisti la soggettività, sono “requisiti
irrilevanti”.
Oggi si tende a ritenere che non siano da riconoscere come soggetti i Governi che si sono affermati con la forza, gli Stati non
democratici e che violano i diritti umani, MA ciò non si è mai tradotto in norme internazionali, perché gli Stati pur essendo d’accordo
sul valore da porre a base del riconoscimento poi possono prendere decisioni diverse per ragioni politiche, nella comunità
internazionale non mancano certo Stati minacciano la pace o violano i diritti umani.
Dichiarazioni di Bruxelles sul riconoscimento di nuovi Stati nell’Europa centrale 1991 → i 12 Paesi della CEE si dichiararono
disposti a riconoscere gli Stati che si erano formati attr un processo democratico e che avevano determinati prerequisiti:
- rispetto per la Carta delle Nazioni Unite e per l’Atto finale della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, in
particolare per le norme sul principio di legalità e sui diritti umani
- tutela delle minoranze e inviolabilità delle frontiere
Dopo le 2 Dichiarazioni l’Unione sovietica si estinse e le Repubbliche jugoslave divennero indipendenti. Ma solo Croazia, Slovenia e
Bosnia Erzegovina vennero riconosciute, mentre la Macedonia non venne subito riconosciuta a causa dell’opposizione della Grecia
che temeva che l’uso del nome Macedonia potesse implicare mire sull’omonima regione della Grecia settentrionale. Le Nazioni unite
ammisero la Macedonia come membro di pieno diritto con il nome provvisorio di ex Repubblica iugoslava di Macedonia e anche la
Grecia quindi accettò di riconoscere lo Stato, ma il linguaggio usato per evitare l’uso del nome Macedonia non era adatto dal pdv
della serietà dei rapporti internazionali, e la questione è stata risolta con un accordo internazionale tra il governo greco e quello
macedone per l’uso della denominazione “Repubblica della Macedonia del Nord”.

INSORTI: movimenti insurrezionali che vuole il rovesciamento del governo di uno Stato o la secessione di una parte del territorio,
purché abbiano acquisito un controllo abbastanza stabile su una parte del territorio nazionale.
Un’organizzazione di governo diventa automaticamente soggetto internazionale quando esercita in modo effettivo e indipendente il
proprio potere su una comunità territoriale → se in uno Stato sorge un movimento insurrezionale che crea un’organizzazione di
governo che controlla effettivamente una parte del territorio statale bisogna riconoscergli una soggettività internazionale
provvisoria, finché non si chiarisce l’esito dell’insurrezione.

2008: insurrezioni in Abkhazia e Ossezia del Sud, territori appartenenti alla Georgia ma con parte della popolazione russa.
Le 2 province sono state riconosciute unilateralmente dalla Russia, ma il Consiglio europeo ha condannato tale decisione unilaterale,
riaffermando il principio del rispetto dell’integrità territoriale della Georgia ma non ha deciso sanzioni contro la Russia,
proponendo l’UE come mediatore per una soluzione pacifica del conflitto. La soggettività internazionale delle 2 province perché il
movimento insurrezionale è un ente temporaneo suscettibile di evoluzione.
Gli insorti sono in origine dei sudditi ribelli contro i quali il governo legittimo può adottare provvedimenti, nel rispetto però del
diritto umanitario. Quando però lo Stato non riesce a sedare l’insurrezione e perde una parte del territorio che viene occupata dagli
insorti allora per il principio di effettività occorre riconoscere a questi ultimi la soggettività internazionale finché non si estingua il
governo insurrezionale.
Per il DI gli insorti lottano per l’autodeterminazione interna (rovesciare un governo legittimo e non un governo straniero), quindi i
terzi Stati non possono aiutare tali movimenti.
Quindi la soggettività internazionale da parte di Abkhazia e Ossezia del Sud è controversa in quanto la loro indipendenza non si basa
sul principio di effettività, ma sull’intervento armato a loro favore della Russia che ha invaso il territorio georgiano, giustificando
l’intervento con il fatto di proteggere i cittadini russi residenti nelle due Province dalla repressione dell’esercito georgiano. L’appoggio
russo in favore dell’autodeterminazione interna di Abkhazia e Ossezia del sud non trova giustificazioni sul piano del DI e il
riconoscimento unilaterale russo dell’indipendenza di queste due province georgiane ha solo un valore politico → in questo senso le 2
province sono uno Stato fantoccio.

Kosovo → Provincia autonoma della Serbia che si è proclamata indipendente dopo un lungo periodo di amministrazione territoriale
da parte delle Nazioni Unite. La sua indipendenza è stata riconosciuta da alcuni Stati europei che poi si sono opposti fermamente
all’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del sud → sono 2 situazioni diverse perché secondo gli Stati europei il Kosovo non è mai
stato oggetto di occupazione straniera, ma sotto amministrazione internazionale, mentre le 2 province sono occupate militarmente
dalla Russia. In realtà anche la situazione del Kosovo nasce da un intervento armato illegittimo effettuato da alcuni Stati contro
l’integrità territoriale serba.

Ucraina → perdita della regione russofona della Crimea nel 2014, con un referendum popolare con il quale la maggioranza dei
crimeani si sono pronunciati per la secessione e poi la Russia che ha annesso la Crimea (ed è stata condannata dalla CI)

Individui
Problema della personalità internazionale degli individui (persone fisiche e giuridiche):
● tesi a favore della soggettività limitata dell’individuo → sostenuti dalla dottrina contemporanea, perché il DI odierno
tende ad occuparsi di materie interne alle singole comunità statali e a proteggere l’individuo nei confronti del proprio Stato
attr norme convenzionali che riconoscono diritti sostanziali (tutela dei diritti umani fondamentali), diritti processuali (che
abilitano gli individui a presentare ricorsi di fronte a tribunali internazionali), obblighi sostanziali (divieto di commettere
crimini internazionali) e obblighi processuali (punizione di individui per crimini internazionali da parte di tribunali ⛝)
● tesi contro la soggettività internazionale dell’individuo → la dottrina meno recente (1) mette in discussione le norme
convenzionali internazionali producano veri e propri diritti e obblighi internazionali, perché ritiene tali norme situazioni
giuridiche riconducibili ad ordinamenti particolari distinti dall’ordinamento della CI e (2) i veri beneficiari delle norme
internazionali sono gli Stati, non gli individui (che ne sono solo beneficiari)
● tesi che considerano irrilevante il problema della soggettività dell’individuo → il problema della soggettività dell’individuo
in realtà è un falso problema perché nel DI le funzioni di produzione giuridica, accertamento ed attuazione coercitiva
spettano agli Stati e l’individuo non potrà mai direttamente partecipare alla gestione della vita di relazione internazionale,
anche se ha un ruolo importante nella formazione di norme internazionali che tutelano interessi propri dell’umanità e
contribuisce a democratizzare il processo di formazione delle norme internazionali, attr la cooperazione degli Stati e
delle OI con le organizzazioni non governative e la società civile.

ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE: ONG, non State actors, non nascono da accordi internazionali, non ne fanno parte gli
Stati ma privati di Stati diversi e sono sottoposte al diritto interno dello Stato in cui hanno la sede, es. Greenpeace, Amnesty
international, WWF. Sono prive di personalità internazionale, ma esprimono l’opinione pubblica e con le loro azioni spingono gli
Stati a perseguire il bene comune e non i loro interessi particolari → fanno parte della società civile.

Draetta:
Finanziate da privati e la % di contributi pubblici è sottoposta a un tetto per salvaguardare l’indipendenza dell’organizzazione.
Il Preambolo della Convenzione europea sul riconoscimento della personalità giuridica delle OING dice che le ONG esercitano
un’attività utile alla CI, soprattutto nell’ambito culturale, scientifico, della salute, dell’educazione, caritatevole, per la realizzazione
degli scopi della Carta delle NU e dello Statuto del Consiglio d’Europa.
Le OING hanno a volte uno status consultivo presso le NU. Il CES ha disciplinato i rapporti con le OING attr diverse risoluzioni, le
ha suddivise in diverse categorie e ha precisato i requisiti per i quali le organizzazioni possono godere dello status consultivo:
● interesse per le materie di competenza del CES ● carattere rappresentativo
● compatibilità dei loro fini con quelli dello statuto ● statuto democratico e esistenza di un Segretariato
delle NU permanente
Lo status consultivo implica la possibilità di partecipare alle riunioni degli organi delle NU (ma senza diritto di voto e non alle
riunioni del CdS). Tre classi di status consultivo:
1. generale: riservato alle OING la cui attività si realizza nella maggior parte dei settori di competenza del CES
2. speciale: per le OING con competenze specifiche solo in alcuni settori del CES
3. Roster: lista di OING che possono dare un contributo solo occasionale ai lavori del CES
È auspicabile una maggiore apertura delle NU nei confronti delle OING, per individuare nuovi modi di interazione tra le OING per
consentire la piena partecipazione della società civile ai processi deliberativi delle NU. Gli individui infatti assumono un crescente
ruolo internazionale e le OING rispondono all’esigenza di internazionalizzazione della vita dei singoli
SANTA SEDE: ente indipendente dagli Stati e attivo nella CI → dotata di territorio con lo Stato della Città del Vaticano, non può
essere contestata, ha una personalità internazionale e può concludere accordi internazionali

ORDINE DI MALTA: una parte della dottrina italiana riconosce il Sovrano Ordine Militare Gerosolimitano di Malta (ordine
religioso dipendente dalla Santa Sede) come soggetto internazionale. Il suo unico collegamento con la CI è il fatto di aver governato
un tempo su Rodi e su Malta. Intrattiene rapporti diplomatici internazionali con molti Paesi in via di sviluppo, con i Paesi
dell’Europa oreintale e con Austria, Italia, Portogallo e Spagna. Ha ottenuto la qualifica di osservatore delle Nazioni Unite e la sua
attività principale ha carattere assistenziale (gestisce in Italia enti assistenziali come ospedali e ambulatori medici).
L’attribuzione della personalità giuridica ha permesso all’Ordine il riconoscimento delle immunità che spettano agli Stati stranieri e di
sottrarsi al Fisco in relazione ai beni posseduti in Italia e alla giurisdizione civile italiana per le controversie sui rapporti con i propri
dipendenti, con la conseguente compressione di diritti individuali costituzionalmente garantiti.

COMITATO INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA: ente umanitario che promuove i principi fondamentali ed uniformi
dell’istituzione della Croce Rossa, ONG, indipendenza politica, confessionale ed economica

IMPRESE MULTINAZIONALI: diverse società di diversa nazionalità, ognuna dotata di personalità giuridica in base
all’ordinamento interno che le ha costituite, seguono il diritto dello Stato in cui si trova la sede. La loro potenza economica può
essere superiore a quella degli Stati e quindi possono influire a livello politico.
Parte della dottrina è favorevole al riconoscimento di una limitata soggettività delle imprese multinazionali perché devono essere
considerate direttamente responsabili a livello internazionale di comportamenti illeciti. In caso di violazione di diritti umani da parte
di multinazionali, il DI può sanzionarle, ma solo attr strumenti non vincolanti perché le m. non sono sogg di DI.

AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI → libertà di ogni popolazione di darsi un proprio governo.


Principio in base al quale i popoli hanno diritto di scegliere liberamente il proprio sistema di governo (autodeterminazione interna)
e di essere liberi da ogni dominazione esterna, in particolare dal dominio coloniale (autodeterminazione esterna).
Fa parte dei diritti dei popoli, tendono a tutelare il popolo rispetto agli organi statali.
Il principio all’autodeterminazione dei popoli è una regola di DI positivo, un regola jus cogens (fa parte delle norme internazionali
inderogabili) ed è contenuto in testi convenzionali e ha un carattere consuetudinario grazie a una prassi sviluppata dalle Nazioni
unite che si basa sulla Carta dell’ONU e sulle Dichiarazioni di principi dell’Assemblea generale dell’Organizzazione.
Il principio di autodeterminazione è caratterizzato da irretroattività: non è applicabile retroattivamente rispetto al periodo in cui si è
affermato, è applicabile solo se la dominazione straniera non risale oltre l'epoca in cui il principio stesso si è affermato come principio
giuridico (non deve essere anteriore all'epoca successiva alla 2gm).

AUTODETERMINAZIONE ESTERNA: obbligo del Governo straniero che ha occupato con la forza un territorio e un popolo
altrui (Palestina occupata da Israele) o che li ha assoggettati a dominazione coloniale, di liberare il popolo dal dominio
consentendone l’autodeterminazione. L'autodeterminazione infatti comporta il diritto dei popoli sottoposti a dominio straniero di
diventare indipendenti, integrarsi con un altro Stato indipendente e di scegliere liberamente il proprio regime politico.
Se il popolo organizzato in movimento di liberazione nazionale riesce a governare una parte di territorio, gli viene riconosciuta
soggettività internazionale a titolo di governo insurrezionale.
Il DI generale impone allo Stato che governa un territorio non suo di consentire l’autodeterminazione e se tale principio viene violato,
gli altri Stati possono adottare delle misure di carattere sanzionatorio (es. disconoscimento di ogni effetto extraterritoriale agli atti del
governo straniero illegittimo) e l’appoggio ai movimenti di liberazione nazionale → se riescono a controllare effettivamente una
parte del territorio, gli viene riconosciuta una soggettività a titolo di Governo insurrezionale.

L’app del principio di autodeterminazione presenta delle difficoltà nei territori in cui il Governo straniero è presente con le sue forze
armate e si poggia al Governo locale da cui ha ricevuto una richiesta di aiuto. In questo caso il principio di a. si applica per imporre a
entrambi i Governi la cessazione dell’occupazione straniera.

Autodeterminazione dei territori coloniali → se la popolazione locale non è in maggioranza indigena, ma viene dalla madrepatria,
il principio di a. dei territori coloniali deve coordinarsi al principio dell’integrità territoriale → bisogna tenere conto dei legami
storico-geografici del territorio da decolonizzare con uno Stato contiguo che si è formato sempre per decolonizzazione.

AUTODETERMINAZIONE INTERNA → diritto del popolo di perseguire il proprio sviluppo politico, economico, sociale e
culturale in uno Stato esistente o diritto del popolo di essere rappresentato da una maggioranza eletta democraticamente e
liberamente, infatti il DI richiede che i Governi godano del consenso della maggioranza della popolazione → la maggior parte degli
Stati tende a considerare l’autodeterminazione come sinonimo di democrazia (legittimazione democratica dei Governi) MA Conforti
sottolinea che in realtà una parte significativa della CI è composta da Paesi non democratici che godono pienamente della
soggettività internazionale e la loro esistenza non è considerata contraria al DI, perché non esistono norme internazionali che
impongano agli Stati di governare in base ad una legittimazione democratica.
La protezione dell’autodeterminazione interna si è sviluppata in due direzioni:
1. illegittimità dei regimi che si sono formati dopo la destituzione violenta di un governo eletto democraticamente
2. emerge una norma che vieta agli Stati di usare la forza per reprimere le manifestazioni pacifiche della popolazione per
ottenere un cambiamento democratico delle istituzioni.
L’autodeterminazione non può avallare le aspirazioni secessioniste di regioni etnicamente distinte dal resto del Paese. La secessione
come rimedio o remedial secession in caso di disciminazione di una minoranza non ha giuridicamente fondamento.
FONTI DIRITTO IN ITALIA - FUNZIONI DI PRODUZIONE, ACCERTAMENTO E ATTUAZIONE COATTIVA DEL DI
due grandi gruppi di norme:
- interne: adottate dal Parlamento o dal Governo secondo le norme della Costituzione
- internazionali: sono il risultato della volontà di più Stati e non solo dello Stato italiano e dei suoi organi.

Gerarchia delle fonti interne:


1. Costituzione e leggi costituzionali: fonte fondamentale, detta le regole per la formazione delle leggi interne e le norme per
l’introduzione delle fonti internazionali nell’ordinamento interno. Tra queste norme la prevalenza appartiene alle norme
internazionali consuetudinarie recepite dall’art. 10 della Cost., rispetto alle norme costituzionali interne
2. leggi ordinarie: leggi del potere centrale (leggi ordinarie del Parl, decreti e regolamenti del Gov) + leggi degli enti territoriali
3. usi e consuetudini.

Caratteristiche dell'ordinamento della CI: funzione normativa, di accertamento del diritto e di attuazione coattiva delle norme.

Le fonti internazionali e funzione normativa


Per quanto riguarda la funzione normativa, bisogna distinguere:
● DI generale: norme consuetudinarie, valgono per tutti gli Stati
● diritto particolare: norme che vincolano una ristretta cerchia di soggetti (trattati)
L’Italia è essa stessa un ordinamento giuridico, ma fa anche parte dell'ordinamento internazionale, che ha proprie regole giuridiche
che servono a regolare i rapporti degli Stati tra loro e con le OI. Differenze tra ordinamento internazionale e nazionale:
- nazionale: struttura istituzionale organizzata che influenza l’ordinamento giuridico che ha una struttura gerarchica
- internazionale: ordinamento non organizzato, non c’è un’istituzione principale → il DI può essere quindi definito primitivo
perché manca di un’organizzazione gerarchica non ci sono governati e governanti, ma ci sono gli Stati che hanno uguale
rilievo grazie al principio dell’uguaglianza sovrana degli Stati

ribaltamento delle fonti:


1. consuetudine
si formano nella CI attr l’uso e se ne può affermare l’esistenza solo se si dimostra che corrispondono a una prassi costantemente
seguita dagli Stati. Norme giuridiche sorte spontaneamente dal comportamento di molti Stati e che diventano regole di diritto
quando gli stessi Stati arrivano a considerarle obbligatorie, hanno un’efficacia erga omnes: si applicano a tutti gli Stati.
Sono la fonte primaria nell’ambito dell’ordinamento internazionale. Anche se si trovano al primo posto non valgono più di altre
fonti, sono caratterizzate da una certa flessibilità perché la consuetudine può essere derogata dagli accordi (alcuni SM possono fare
degli accordi per non seguire la regola della consuetudine e quindi gli accordi si sostituiscono alla consuetudine)

2. accordo
Tipiche norme di DI particolare: accordi o patti o trattati o convenzioni internazionali, vincolano solo gli Stati contraenti.
Al contrario delle norme consuetudinarie sono numerose e sono la parte più rilevante del DI, regolano molti rapporti della vita sociale.
Le espressioni “accordo”, “trattato” e “convenzione” si equivalgono dal punto di vista giuridico e hanno solo differenze basate sul
contenuto della fonte → distinzione non rigida: “accordo” bilaterale, “convenzione” multilaterale, “trattato” istitutivo di un’OI.
Draetta: La produzione di accordi nella CI è l’equivalente della funzione legislativa negli Stati. Attr gli accordi, gli Stati regolano i
loro rapporti, dirimono le controversie e stabiliscono forme di cooperazione.

3. fonti previste da accordi


Fonti di terzo grado, sono procedimenti che costituiscono fonti di DI particolare, traggono forza dagli accordi internazionali che li
prevedono e sono vincolanti solo per gli Stati aderenti agli accordi stessi.
Nel DI odierno queste fonti sono particolarmente importanti perché comprende molti atti delle OI, infatti le decisioni vincolanti delle
OI sono fonti previste da accordi, cioè dal trattato istitutivo.
Le OI presentano un problema per la sistemazione dei loro atti tra le fonti internazionali, perché non hanno potere vincolante nei
confronti degli SM, infatti il loro strumento principale è la raccomandazione, che ha un carattere di mera esortazione, MA ci sono
casi in cui le OI emanano decisioni vincolanti, come ad esempio i regolamenti dell’UE (che infatti è un’organizzazione sui generis).

Funzione di accertamento giudiziario del DI


Funzione di carattere arbitrale → l’arbitrato si basa sull’accordo tra le parti per sottoporre una controversia a un determinato
giudice. Anche la CIG ha una funzione arbitrale, ma esistono anche istanze giurisdizionali istituzionalizzate: tribunali permanenti
istituiti dai singoli trattati, davanti ai quali gli Stati contraenti possono essere citati da altri Stati contraenti o da individui, ma solo gli
Stati che hanno accettato tale competenza possono essere citati in giudizio → differenza con il diritto statale, dove la sottoposizione
alla funzione giurisdizionale è imposta dalla legge.

Funzione di attuazione coattiva delle norme


Autotutela: mezzo usato per assicurare coattivamente l’osservanza delle norme e per reprimere violazioni, legittima difesa.
↪ è un’eccezione nel diritto interno, ma nel DI diventa la regola

Obbligatorietà del DI = capacità di ricevere concreta attuazione. Il carattere obbligatorio del DI viene messo in discussione a causa
della mancanza di mezzi idonei a costringere i singoli Stati a rispettare le norme internazionali e le sentenze dei giudici internazionali.
Il problema dell’obbligatorietà del DI si risolve attr gli operatori giuridici interni (giudici) con il compito di applicare e far rispettare
il diritto, perché tutti gli ordinamenti statali impongono di osservare il DI al pari del diritto interno (es. art. 10 Cost it).Questa idea
affonda le sue radici nella dottrina positivistica tedesca del 19 sec → considerava il DI come il frutto dell’autolimitazione del
singolo Stato, perché la CI non ha i mezzi giuridici per reagire efficacemente in caso di violazione di norme internazionali.
LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Draetta:
La CI è una comunità anorganica = non ha apposite strutture o apparati per imporre norme di carattere generale, nè per assicurarne il
rispetto in maniera coercitiva. Di questi compiti si occupano i membri della CI, gli Stati, che hanno il potere coercitivo.
L’anorganicità della CI è la conseguenza del carattere indipendente e sovrano degli Stati, ed è una caratteristica che ha portato in
passato a ritenere impossibile l’esistenza del DI. Es la dottrina positivista tradizionale riconosceva nelle norme pattizie le uniche
norme di DI e nell’autotutela individuale l’unica forma di attuazione di tali norme.
Ma anche questa tesi ha portato a negare l’esistenza del DI, in quanto non riusciva a spiegare sulla base di quale norma superiore
generale le norme pattizie fossero vincolanti e la legittima difesa individuale non può costituire la garanzia di un ordinamento, perché
ha la natura di sanzione normativa, quindi presuppone un ordinamento giuridico.
Kelsen ha ricercato la norma base da cui far derivare la giuridicità di tutte le altre norme, tale norma è pacta sunt servanda e
consuetudo est servanda.
L’anorganicità della CI non indica che essa è anche anarchica e incapace di esprimere una sua volontà, infatti la CI è capace di
esprimere norme che si impongono ai singoli Stati e che sono espressione della volontà comune di tutti gli Stati della CI, infatti
nessuno Stato si è mai sentito storicamente legibus solutus (sciolto dalle leggi) (es. ci sono sempre stati tentativi da parte degli Stati di
giustificare di fronte alla CI le mire espansionistiche di alcuni Stati, nascondendole dietro alla necessità di reagire a minacce alla
sicurezza internazionale).

Il carattere disorganizzato e primitivo della CI è dovuto a 3 elementi che hanno portato a dubitare della giuridicità dell’ordinamento
internazionale:
1. le norme giuridiche sono prodotte dagli stessi soggetti cui sono destinate ed hanno carattere spontaneo (consuetudine) o
volontario (accordo)
2. la soluzione delle controversie internazionali è affidata agli stessi soggetti parti di queste ultime: non esiste un giudice
precostituito
3. non esiste un sistema di garanzie che assicuri il rispetto delle norme internazionali in caso di loro violazione, non esistendo
un organo coercitivo (polizia internazionale), nell’ordinamento internazionale non esiste un sistema di sanzioni comparabile
a quello degli Stati, e l’unica sanzione delle norme internazionali generali da parte della CI consiste nella reazione della CI
alla violazione della norma. Tale reazione corrisponde all’intervento, o legittima difesa collettiva. Il DI pattizio e il diritto
delle OI ha introdotto una serie di sanzioni di natura secondaria per garantire l’osservanza delle norme pattizie (es. il
sofisticato sistema di sanzioni previsto dell’ordinamento delle NU e dell’UE).

Origini e composizione della CI


● Durante il feudalesimo, le entità statali erano soggette alla superiore auctoritas dell’imperatore e del papa.
● 1648: pace di Westfalia = fine della guerra dei 30 anni (tra Stati cattolici e Stati protestanti, ma il cui vero scopo della
guerra religiosa era liberarsi dell’autorità dell’imperatore e del papa) → origini della moderna CI, si affermarono le grandi
potenze europee come Stati indipendenti e sovrani, infatti la sovranità statale diventò assoluta (gli Stati non accettavano
più di assoggettarsi all’autorità di altri Stati o di altre autorità)
● secoli 17-19: cambiamenti nella composizione della CI:
○ guerre di indipendenza americane e creazione degli Stati uniti d'America
○ relazioni commerciali tra Stati europei e asiatici dopo la rivoluzione industriale
● inizio 900: Prima guerra mondiale e rivoluzione russa → declino dell’Europa come fulcro delle relazioni internazionali →
affermazione di nuovi centri di potere: USA e URSS. L’URSS si opponeva agli altri stati dal pdv ideologico e politico, era
convinta che il DI, che si era formato soprattutto ad opera degli Stati europei capitalisti, fosse contrario al socialismo e per la
prima volta uno SM della CI promuoveva una linea politica che voleva smantellare la struttura degli altri Stati.
1919: creazione della Società delle Nazioni → scopo: prevenire futuri conflitti armati mondiali e limitare il ricorso alla
guerra, primo esperimento di creazione di un sistema accentrato di sicurezza collettiva.Ma la SdN si estinse o tra la fine
della Prima e l’inizio della Seconda guerra mondiale.
secondo dopoguerra: nascita di molte OI = Nazioni Unite : sostituiva la SdN e formata da altre OI, denominate istituti
specializzati + Consiglio d’Europa e le 3 Comunità europee (CECA, CEE, EURATOM) e l’UE, che ha sostituito la CEE
con la revisione di Lisbona del 2007.
Nuovo tipo di CI: la decolonizzazione e l’assorbimento nell’orbita sovietica di diversi Stati dell’Europa centro-orientale
hanno portato la CI ad essere composta per la maggior parte da paesi del Terzo mondo e Stati socialisti.
● fine Guerra fredda - anni 90: disgregazione dell’URSS, della Jugoslavia e della Cecoslovacchia e unificazione delle due
Germanie.
Oggi le relazioni internazionali sono molto più complesse a causa di equilibri politici in continuo mutamento: c’è una
spaccatura tra gli Stati industrializzati e quelli in via di sviluppo.
Oggi c’è un crescente ruolo dell’individuo quale attore nell’ordinamento giuridico internazionale.
CONSUETUDINI
L’art. 38 Statuto dell CIG elenca quasi tutte le fonti del DI. Ordine delle fonti nell’art. 38:
1 trattati 2 consuetudini 3 principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.
L’art cita anche le “decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più autorevoli delle varie nazioni", ma non sono fonti di produzione
del DI, sono mezzi ausiliari per determinare le norme giuridiche = fonti di cognizione del DI.
Tale ordine non è gerarchico, ma indica alla CIG il percorso logico da seguire nell’identificazione delle regole con cui definire la
controversia.
L’art. 38 indica il sistema delle fonti del DI alla fine della 2gm, quando la CIG è stata istituita. L’attuale configurazione
dell’ordinamento giuridico internazionale tiene in considerazione anche il ruolo della giurisprudenza nella formazione del DI e
comprende altre 2 fonti: principi generali propri dell’ordinamento internazionale e atti vincolanti delle OI.

La consuetudine internazionale è costituita da una comportamento costante e uniforme tenuto dagli Stati: la ripetizione di un
dato comportamento e la convinzione dell’obbligatorietà e della necessità di tale comportamento.
L’art. 38 la definisce come prova di una pratica generale accettata come diritto.
Le consuetudini si formano in modo quasi inconsapevole da un comportamento spontaneo costante, uniforme, diffuso e ripetuto nel
tempo → sono comportamenti unilaterali dei soggetti che, se tenuti in modo costante e per un periodo sufficientemente lungo dalla
maggior parte di essi, a poco a poco si considerano prima socialmente dovuti e poi obbligatori nei reciproci rapporti.
La tesi del carattere spontaneo delle norme consuetudinarie nel diritto internazionale è stata recentemente in parte contestata, perché
l’evoluzione tecnologica ha permesso ai soggetti del DI di comunicare in tempo reale le loro posizioni, che sono quindi veri e propri
atti di volontà, quindi non si potrebbe parlare più di formazione spontanea.
MA possiamo definire spontanee tutte le norme nate da comportamenti unilaterali e uniformi degli Stati → secondo Conforti sono le
leggi e sentenze dell’ordinamento interno.
- hanno efficacia generale, erga omnes: è applicabile nei confronti di tutti gli Stati ed i soggetti del DI, indipendentemente dal
fatto cha abbiano partecipato o meno alla sua formazione con la loro condotta, e quindi sono considerate fonti di primo
grado, ma non in senso gerarchico, non sono superiori perché l’accordo deroga la consuetudine.
Le consuetudini sono formate da 2 elementi:
1. la diuturnitas: la prassi → la pratica costante e uniforme nel tempo: l’interprete deve rilevare che un determinato comportamento
dei soggetti internazionali sia costante (seguito dalla maggior parte dei soggetti della CI), e uniforme → la pratica deve essere
sufficientemente diffusa in più Stati, generale, estesa e ripetuta nel tempo
2. opinio juris sive necessitatis: convinzione della necessità sociale e dell’obbligatorietà del comportamento costante e uniforme → i
soggetti dell’ordinamento internazionale considerano illecita una condotta non conforme con quella oggetto della consuetudine. Gli
Stati devono dunque avere la percezione di conformarsi a qualcosa che equivale ad un obbligo giuridico.
La tesi dualistica però non ha avuto la totalità dei consensi dalla dottrina.
Secondo la tesi monista (dottrina meno recente) la consuetudine è costituita solo dalla prassi, e non si può ammettere la necessità
dell’opinio juris perché la consuetudine nasce da un comportamento spontaneo, non obbligatorio. Quindi l’opinio juris non è uno
degli elementi della consuetudine, ma è l’effetto psicologico dell’esistenza della norma.
La tesi monista si basa su argomenti logici, MA: la CIG si è pronunciata a favore della tesi dualista e il secondo elemento non è solo
opinio juris, ma opinio juris sive necessitatis → risulta sufficiente che all’inizio vi sia soltanto la convinzione della necessità sociale
di un certo comportamento e non della sua integrale obbligatorietà.
Quindi la dottrina sostiene la tesi dualista: che considera necessari tutti e due gli elementi della consuetudine per la formazione di una
norma giuridica internazionale di carattere generale. L’opinio juris s n è un elemento indispensabile perché permette di distinguere le
consuetudini da norme di cortesia non vincolanti, norme convenzionali (contenute in accordi internazionali, che non sono norme
consuetudinarie ma sono frutto della volontà degli Stati) e da comportamenti evolutivi (un comportamento difforme e in violazione
di una consuetudine da parte di uno Stato, prima di essere considerato illecito, può costituire un comportamento che anticipa la
formazione di una nuova norma consuetudinaria, contribuendo all’evoluzione della consuetudine già esistente, ma bisogna
dimostrare l’esistenza dell’opinio juris sive necessitatis, cioè che esiste un diffuso convincimento che il nuovo comportamento, più
che illecito, è necessario).

Il tempo di formazione della consuetudine è molto variabile (alcune consuetudini si sono consolidate nel giro di pochi anni, mentre
altre nel giro di diversi secoli). Il periodo di tempo richiesto per la formazione di una consuetudine è tanto più breve quanto più
diffuso è il comportamento, ma l’elemento temporale è imprescindibile.
È stata proposta la tesi delle consuetudini istantanee che ritiene che il ruolo del tempo nella formazione della pratica costante nel
tempo non è indispensabile, ma Conforti lo ritiene un fattore ineliminabile, in quanto le consuetudini istantanee sono una
contraddizione e non possono generare norme giuridiche per la mancanza del carattere di stabilità insito nel diritto non scritto.

CONFORTI: alla formazione di una consuetudine concorrono sia atti “esterni” (conclusione di accordi, scambi di note diplomatiche,
comportamenti in seno ad organizzazioni internazionali), sia atti “interni” (sentenze dei giudici nazionali leggi dei Parlamenti
nazionali e dei Governi, atti amministrativi.)

La consuetudine ha efficacia erga omnes: si impone anche agli Stati nuovi, che non hanno partecipato alla formazione della norma
consuetudinaria. Questo principio è stato messo in discussione dagli Stati nati dal processo di decolonizzazione tra gli anni 60 e 70 e
dagli Stati nati dalle dissoluzioni della ex Jugoslavia e dell’ex URSS (la maggioranza degli attuali membri della CI) perché il vecchio
DI consuetudinario si è formato in epoca coloniale e quindi risponde a interessi e esigenze molto diversi e non possono vincolare gli
Stati nati con interessi e esigenze opposti, quindi gli Stati nati dal processo di decolonizzazione pretendevano di rispettare solo le
norme che liberamente accettavano. Il problema della contestazione del diritto consuetudinario ormai è superato:
● nel caso di contestazioni che provengono da un solo Stato: fenomeno del persistent objector → non rivendica l'inopponibilità
nei suoi confronti di una consuetudine già formata, ma invoca il fatto di non aver mai contribuito con il suo comportamento
alla formazione di una certa norma, la quale non potrebbe per tale ragione opporglisi come applicabile.
I tribunali internazionali non considerano l’obiettore persistente come responsabile di illecito nella prassi, in quanto nega la
formazione della norma consuetudinaria. La dottrina esclude che la contestazione proveniente da un solo Stato possa esonerarlo
dall’osservanza della consuetudine proprio per la sua efficacia erga omnes, quindi anche nei confronti dei soggetti che non
parteciparono alla sua formazione perché non ancora esistenti. Ma se si nega tale possibilità, si eliminerebbe il tratto fondamentale
generale e spontaneo della consuetudine, facendola diventare un accordo tacito, quindi le consuetudini dovrebbero essere applicabili
solo agli Stati che partecipando alla loro formazione non le contestino, anche se i tentativi degli Stati di contestare le consuetudini
attraverso la tesi del persistent objector in genere non hanno avuto successo.
● se la contestazione proviene da un gruppo di Paesi (es. Paesi industrializzati dell’Occidente, Paesi in via di sviluppo, Paesi
socialisti - disgregati), la regola non è opponibile agli Stati appartenenti al gruppo che la contesta e non deve essere
considerata come una regola consuetudinaria, ma prima l’interprete deve trovare un minimo comune denominatore
nell’atteggiamento degli Stati per la ricostruzione di principi generali.
L’Urss e i Paesi socialisti dopo la 1gm non volevano rispettare il DI consuetudinario perché ritenuto capitalistico.
I nuovi Stati sorti dalla decolonizzazione non accettavano in particolare alcune regole consuetudinarie, la consuetudine che riguardava
gli investimenti stranieri, consuetudine di protezione assoluta, che imponeva l’obbligo allo Stato che li accoglie, di tutelare gli
investimenti e gli investitori stranieri, che venivano considerate il frutto degli interessi imperialistici degli Stati europei.
Gli Stati sorti dalla decolonizzazione ritenevano che le attività di investimento non fossero un vantaggio per loro perché venivano
sfruttati dai paesi ricchi e industrializzati senza alcun vantaggio in termini di crescita economica, dato che tutti i guadagni venivano
re-esportati nel Paese di origine dell’investitore. Dato che tale contestazione derivava da un gruppo di Stati abbastanza consistente, la
protezione assoluta dell’investimento straniero è stata sostituita da una norma più equa: la nazionalizzazione/espropriazione.
Quindi in caso un gruppo di Stati contesti una consuetudine, la loro violazione del DI non viene considerata un illecito perché è
un’azione che contribuisce all’evoluzione della consuetudine in una norma più equa per tutti → fenomeno della desuetudine.

SOFT LAW → diritto morbido, comprende atti normativi eterogenei con valore dichiarativo e esortativo, privi di efficacia
obbligatoria: es. le raccomandazioni delle OI e a liv interstatale gli accordi di fatto, come gli atti finali di conferenze diplomatiche.
Gli atti di soft law possono concorrere alla ricostruzione del DI generale. Anche la CDI ha evidenziato che le risoluzioni delle OI e
gli atti delle conferenze intergovernative possono essere considerate come prova di prassi statale (diuturnitas) accettata come
diritto (opinio juris). 3 forme di interazione del soft law: atti di soft law con
1. efficacia dichiarativa del DI generale: riproduce per iscritto una norma consuetudinaria (simile all’attività di codificazione
del diritto consuetudinario, svolta dalla CDI), es. la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha contribuito alla
ricostruzione della natura consuetudinaria e cogente del divieto di tortura
2. efficacia cristallizzante: completa la formazione di una norma consuetudinaria per permettere a tutta la CI di ammettere
l’esistenza della norma dopo l’adozione dell’atto, es. la Dichiarazione dei principi giuridici che regolano le attività degli
Stati nello spazio extra-atmosferico ha consolidato il regime sulla libertà delle attività spaziali
3. effetto generatore o catalizzatore: gli Stati prendono a modello il contenuto normativo dell’atto, dando luogo a una prassi
conforme accettata come diritto, es. la Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza a paesi e popoli coloniali ha
affermato solennemente il principio di autodeterminazione
Due condizioni per permettere a un atto di soft law di riflettere norme di DI generale:
1. requisito endogeno e letterale: l’atto deve essere stato scritto con un linguaggio propriamente normativo in modo che
possa costituire la base di una regola di condotta
2. elemento esogeno e contestuale: l’atto deve aver registrato una partecipazione ampia e rappresentativa in base al grado
di consenso registrato al momento della sua adozione (unanimità, per consensus, a larga maggioranza)

Consuetudini particolari → consuetudini che vincolano solo una ristretta cerchia di Stati → es consuetudini regionali o locali .
La CIG nel 1960 nel caso sul Diritto di passaggio in territorio indiano (Portogallo c. India) ha ammesso la possibilità che si formino
consuetudini particolari, anche tra due soli Stati, affermandone anche la loro prevalenza sulle consuetudini generali.
carattere particolare: si formano all’interno di una cerchia di Stati più ristretta rispetto all’insieme della CI per modificare o
abrogare norme convenzionali, contenute in trattati istitutivi di OI. Es. di consuetudini particolari:
art. 23 Carta ONU: dice che i 5 membri permanenti del CdS sono “Repubblica di Cina, Francia, URSS, Regno Unito e Irlanda del
Nord e Stati Uniti d’America”. Ci sono degli errori: la Rep di Cina non esiste più ma è stata sostituita dalla Rep. Popolare cinese,
l’URSS si è dissolta e al suo posto è subentrata la Russia e la Francia non è più la potenza coloniale del 1945.
La consuetudine particolare è data dall'acquiescenza degli Stati che con il loro comportamento diffuso e costante nel tempo hanno
riconosciuto e accettato gli “errori” presenti nell’art. 23.
art. 43: il CdS è l’organo che può usare la forza per mantenere o stabilire la pace e la sicurezza internazionale, per fare ciò dovrebbe
disporre di un esercito, ma ciò non è mai accaduto → il CdS può solo autorizzare gli Stati ad intervenire contro uno Stato che
minaccia la pace → è questa una consuetudine particolare.
art. 27: sistema di voto del Consiglio di Sicurezza → “le decisioni del CdS su ogni altra questione sono prese con un voto favorevole
di 9 Membri, nel quale siano compresi i voti dei Membri permanenti” ma il Consiglio è stato accusato di inefficienza e non è mai stato
in grado di intervenire in queste questioni, perché bastava 1 voto contrario dei 5 permanenti → quindi si è formata una consuetudine
particolare per rendere il CdS in grado di intervenire: l’astensione dal voto ha iniziato ad avere valore positivo e non più negativo.

Applicazione analogica del diritto consuetudinario


Analogia: forma di interpretazione estensiva, consiste nell’applicare una norma a un caso che non è previsto nella norma, ma i cui
caratteri essenziali sono analoghi a quelli del caso previsto.
Nell’ambito del diritto consuetudinario, l’analogia è stata applicata in relazione a fattispecie nuove: le norme consuetudinarie
possono essere applicate a rapporti della vita sociale che non esistevano all'epoca di formazione della norma. Es: app delle norme
sulla navigazione marittima alla navigaz aerea e delle norme sulla navigaz aerea alla navigazione cosmica.

Norme jus cogens: incarnano i valori fondamentali dell CI e sono al vertice della gerarchia delle fonti del DI.
PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI
Sono presenti nell’art. 38 dello Statuto della CIG, al terzo posto dopo gli accordi e le consuetudini, quindi devono essere applicati
dalla CIG per giudicare le controversie tra Stati per colmare eventuali lacune dovute all’inesistenza di consuetudini e accordi in
relazione ad un caso concreto: il giudice deve prima verificare l’esistenza di accordi e vedere se gli Stati che fanno parte della
controversia ne sono contraenti, perché l’accordo può revocare una consuetudine. Se non vi sono accordi tra gli Stati in lite, verifica
l’esistenza di norme consuetudinarie relative al caso, e se non sono presenti passa all’app di principi generali di diritto riconosciuti
dalle Nazioni civili.

Il tema del valore dei principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili nel sistema delle fonti internazionali ha suscitato
polemiche in dottrina già dalla costituzione della Corte Permanente di Giustizia Internazionale (Corte della Società delle Nazioni -
il cui Statuto aveva una norma simile all’art. 38 della CIG) → diverse opinioni:
- chi nega che i principi generali abbiano valore di norme giuridiche internazionali
- chi si limita a sottolinearne la funzione integratrice del DI
- chi li pone al primo posto nella gerarchia delle fonti, al di sopra di accordi e consuetudini.

Sono principi riconosciuti dalle Nazioni civili = appartengono agli ordinamenti interni, sono previsti e applicati a: - governati
- governanti: perché i principi generali sono legati allo Stato di diritto (= gli organi statali devono agire nel rispetto delle
norme dell’ordinamento, infatti le Nazioni civili sono gli Stati che democraticamente si governano rispettando le norme del
proprio ordinamento)
- rapporti infra stati: anche se sono principi interni, hanno una vasta diffusione tra i vari ordinamenti statali, quindi devono
essere rispettati anche nei rapporti tra Stati e rientrano di conseguenza nell’ordinamento internazionale.
La terminologia “Nazioni civili” è equivoca, ma Conforti ritiene che “Nazioni civili” si riferisce agli Stati che rispettano i diritti
umani, dato che Stati “incivili” (che commettono gravi violazioni dei diritti umani, es. torturano) esistono ancora oggi
Bisogna definire quali principi generali seguiti dagli ordinamenti sarebbero applicabili come norme generali nell’ordinamento
internazionale → 2 condizioni:
1. devono essere uniformemente applicati nella più gran parte degli Stati → prassi, diuturnitas
2. devono essere sentiti come obbligatori o necessari anche dal pdv del DI: devono perseguire valori e imporre
comportamenti che gli Stati considerano imposti anche a livello internazionali → opinio juris sive necessitatis
Quindi i principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili sono una categoria sui generis di consuetudini.
Quindi principi generali = consuetudini → caratteri comuni: sia le consuetudini che i principi sono norme generali non scritte +
necessitano di una pratica accertata (i principi a livello interno, riguarda il comportamento di uno Stato verso il popolo / le
consuetudini a livello internazionale nei rapporti tra Stati).

Draetta: principi e consuetudini servono a regolare gli aspetti essenziali della convivenza tra stati (diritto della coesistenza), ma non
servono a dirimere i casi di conflitti di interessi tra Stati, nè a disciplinare forme di collaborazione tra Stati in caso di interessi comuni
(diritto di cooperazione), di cui invece si occupano gli accordi.

I principi generali di diritto riconosciuti dalle Nazioni civili sono principi universali di giustizia e di logica giuridica attinenti
soprattutto alla tutela dei diritti fondamentali (divieto di tortura) e al diritto penale e vogliono salvaguardare la dignità umana e
attuare una migliore giustizia sociale. Diventano norme internazionali se si ritiene che quel principio debba essere applicato anche a
livello internazionale, es. divieto di tortura: tutti gli Stati hanno interesse che nessuno Stato torturi i suoi cittadini e gli stranieri
perché è una norma internazionale. Lo Stato ha una serie di obblighi sul trattamento degli stranieri, ma è internazionalmente libero di
trattare i propri sudditi come meglio crede → dominio riservato.
- principio della res judicata: afferma il carattere definitivo di una sentenza passata in giudicato
- principio del ne bis in idem: un giudice non si può esprimere due volte sulla stessa azione, se si è formata la cosa giudicata
- nullum crimen, nulla poena sine lege: nessuno può essere punito per un fatto che non sia previsto come reato dalla legge
(nessun reato senza una pena, nessuna pena senza una legge) → principio di irretroattività della legge penale
- nemo judex in re sua: stabilisce che il giudice deve essere terzo rispetto all’oggetto della lite (nessuno può giudicare in una
causa nella quale ha un interesse personale)
- in claris non fit interpretatio: non è necessaria una attività interpretativa in relazione a norme oppure ad atti di autonomia
privata formulati in modo chiaro ed inequivocabile (nelle cose chiare non è concessa l'interpretazione)
- in dubio pro reo: principio giuridico per cui l'interesse alla tutela dell'innocente prevale sull'interesse alla condanna del reo
- principio della presunzione d’innocenza dell’imputato.

App dei principi da parte del giudice interno → Conforti sottolinea che affinché un principio generale di diritto internazionale sia
applicabile da parte di un giudice interno, basta che sia seguito dalla maggior parte degli ordinamenti, mentre non è necessario che
esista nell’ordinamento statale del giudice chiamato ad applicare quel principio, sempre che l’ordinamento interno imponga
l’osservanza del DI. Es. art. 10 Cost it: i principi generali di diritto comuni agli ordinamenti statali fanno parte dell’ordinamento
italiano → la contrarietà di una legge italiana al DI (o a un principio generale di diritto riconosciuto dalle Nazioni civili) comporta
l’illegittimità costituzionale della legge.

Principi propri dell'ordinamento internazionale → seconda categoria di principi generali, estratti dalla logica normativa
dell’ordinamento internazionale – capacità di integrare autonomamente le proprie lacune, sono ricavati attr un processo di induzione
e generalizzazione e vengono applicati deducendo da essi una specifica regola giuridica per il caso concreto. Hanno 3 funzioni:
stimolo alla produzione di nuove norme e a nuove interpretazioni di norme preesistenti e contributo all'integrazione
dell'ordinamento giuridico. Garantiscono la completezza dell'ordinamento giuridico internazionale e colmano eventuali lacune
normative. Es: principio di sovranità e integrità territoriale, principio di sovrana uguaglianza degli Stati, principio di non
ingerenza negli affari interni di altri Stati, principio pacta sunt servanda e consuetudo servanda est, protezione dell’ambiente.
CODIFICAZIONE DEL DIRITTO CONSUETUDINARIO
Codificazione del DI consuetudinario: rendere scritta una norma non scritta e precisarla mettendola per iscritto in un accordo
internazionale. Gli accordi di codificazione contribuiscono a precisare il contenuto ed i limiti di norme consuetudinarie e allo
sviluppo progressivo di nuove norme generali.
Il fenomeno della codificazione del DI consuetudinario attr convenzioni multilaterali risale al 19 sec.
Fino alla 1gm solo le norme del DI bellico venivano trascritte . La Società delle Nazioni ha fatto dei tentativi di codificazione ma
senza risultati, mentre le NU hanno avviato l’opera di codificazione (ricostruzione delle norme internazionali non scritte) creando
una serie di trattati multilaterali, che hanno per oggetto importanti questioni del DI (punizione dei crimini internazionali,
responsabilità degli Stati per illeciti, diritto dei trattati, diritto del mare, tutela dell’ambiente, tutela dei diritti fondamentali dell’uomo).
Nella CI non esiste un’autorità dotata di poteri legislativi, quindi il trattato è l’unico strumento che permette la trasformazione del
diritto non scritto in diritto scritto.
Art. 13 Carta NU: l’AG deve incoraggiare lo sviluppo progressivo del DI e la sua codificazione → creazione della Commissione del
DI delle NU, organo sussidiario composto da esperti che non rappresentano alcun Governo e che ha il compito di preparare i testi di
codificazione delle norme consuetudinarie, predisponendo progetti di convenzioni multilaterali internazionali che di solito sono
adottati e ratificati da parte degli Stati. Convenzioni di codificazione predisposte dalla CDI: Convenzione di Vienna 61 sulle relazioni
ed immunità diplomatiche, Conv V 69 sul diritto dei trattati, Conv Vienna 86 sul diritto dei trattati conclusi tra Stati e OI e tra OI.
L’attività della CDI non ha prodotto molti strumenti giuridicamente vincolanti (accordi di codificazione) ma ha predisposto atti di soft
law che possono contribuire alla codificazione e allo sviluppo progressivo del DI. Ciò accade perché l’epoca delle grandi
codificazioni è finita e la CDI ora si occupa di temi molto specifici, di ricodificare singole parti delle grandi convenzioni di
codificazione già esistenti e dello studio delle fonti del DI.

La CDI non è l’unico organo che crea progetti di accordi di codificazione, ma l’AG organizza Conferenze internazionali di
codificazione in cui convoca gli Stati a negoziare l’accordo o attr organi sussidiari dell’Assemblea (Comitati ad hoc), le cui
convenzioni non contengono molte norme riproduttive del DI consuetudinario, ma contribuiscono allo sviluppo progressivo del DI
generale, in questo caso però gli individui che fanno parte dei comitati sussidiari rappresentano gli Stati e devono seguirne le
istruzioni (la CDI è formata da singoli individui che non rappresentano nessuno Stato).

PROBLEMA DELLA DOPPIA VALENZA → paradosso degli accordi di codificazione: sono accordi internazionali (vincolano solo
gli Stati contraenti) che codificano norme consuetudinarie (che hanno efficacia erga omnes) → quale è il loro vero valore?
Gli accordi di codificazione non hanno efficacia erga omnes perchè:
1. nell’opera di codificazione della CDI influisce molto la mentalità dell’interprete e degli esperti che fanno parte della CDI
2. nell’approvazione dei progetti della CDI, gli Stati fanno quello che fanno sempre in sede di trattative per la conclusione di
accordi internazionali: vogliono far prevalere le proprie convinzioni e la salvaguardia dei propri interessi
3. nello scrivere una consuetudine, essa potrebbe essere modificata, precisata troppo perché il DI è incerto, quindi lo sviluppo
progressivo di cui parla anche l’art. 13 della Carta ONU viene usato per introdurre norme che erano incerte nel DI generale.
Quindi gli accordi di codificazione vanno considerati come accordi internazionali e valgono solo per gli Stati che l’hanno ratificato.
Gli Stati terzi devono rispettare il contenuto dell’accordo di codificazione, ma a titolo di norma consuetudinaria.

Ricambio delle norme codificate → il diritto consuetudinario può subire dei cambiamenti a seguito di cambiamenti della pratica
degli Stati, di conseguenza una norma contenuta in un accordo di codificazione ancora in vigore non corrisponde più al DI
generale (la norma consuetudinaria cade in desuetudine). Per gli accordi di codificazione non vale la regola per cui consuetudini e
accordi sono derogabili tra loro, perché gli accordi di codificazione promossi dalle NU sono stipulati per una durata illimitata. 2 casi:
applicabilità della nuova consuetudine ai Stati terzi: gli Stati non contraenti dell’accordo di codificazione seguono la nuova
consuetudine e non più quella vecchia che era codificata nell’accordo: si applicano i principi di posteriorità o successione delle leggi
nel tempo (una consuetudine successiva prevale su quella anteriore nella stessa materia) e inefficacia degli accordi per i terzi
applicabilità della nuova consuetudine agli Stati contraenti: devono osservare la “vecchia” consuetudine desueta ma codificata,
applicando il principio di specialità: l’accordo prevale sulla consuetudine in ragione della diversa efficacia delle due fonti rispetto ai
destinatari. Ma applicando il principio di posteriorità, gli Stati contraenti possono seguire la nuova norma consuetudinaria non
ancora codificata e disapplicare la norma desueta contenuta nell’accordo, ma devono dimostrare la prassi costante e uniforme della
maggior parte di essi e l’opinio juris (la convinzione dell’obbligatorietà di tale comportamento), che si testa verificando che gli altri
Stati parti dell’accordo di codificazione non protestano che uno degli Stati applica la nuova consuetudine.

DICHIARAZIONI DI PRINCIPI DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU


Dopo il processo di decolonizzazione si sono formati nuovi Stati che rivendicavano un ruolo attivo nella formazione del DI generale,
che era ritenuto il frutto degli interessi coloniali degli Stati europei, e hanno sempre considerato le NU e l’AG (organo in cui sono
rappresentati tutti gli Stati del mondo) come il luogo privilegiato per discutere e approvare le norme internazionali generali.

Dichiarazioni di principi dell’AG ONU: atti giuridici non vincolanti, raccomandazioni con cui l’org emana regole sui rapporti tra
Stati e sui rapporti interni alle varie comunità statali. Principali Dichiarazioni: Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo 1948,
sul genocidio, sull’indipendenza dei popoli coloniali, sull’eliminazione della discriminazione razziale….
Le Dichiarazioni di principi non sono una fonte autonoma di norme internazionali generali, perché sono adottate attr la
raccomandazione (atto tipico delle OI), con mero valore esortativo e non vincolante, perché l’AG non ha poteri legislativi mondiali.
La tesi dell’efficacia vincolante delle Dichiarazioni è stata sostenuta dai Paesi sorti dalla decolonizzazione e del terzo mondo. Ma se
l’AG avesse poteri legislativi, i Paesi del terzo mondo, che sono la maggioranza in seno all’Assemblea, disporrebbero del DI, quindi il
carattere non vincolante delle raccomandazioni è sostenuto in particolare dai Paesi occidentali.
Ruolo delle Dichiarazioni → sviluppo del DI e per la solidarietà e l’interdipendenza: nella formazione delle consuetudini, perché
rappresentano la prassi degli Stati, nella codificazione del DI generale, chiarendo il contenuto di norme internazionali non scritte e
possono valere come accordi internazionali se enunciano un principio in modo espresso e inequivocabile.
DIRITTO DEI TRATTATI
Accordi internazionali: seconda fonte di DI → l’incontro delle volontà di due o più Stati, dirette a regolare una determinata sfera di
rapporti riguardanti questi ultimi. Sono creati a causa del bisogno di cooperare con un altro Stato per un interesse comune. Possono
essere chiamati: accordi, trattati, patti, convenzioni, protocolli, carta, statuto…

- Preambolo: parte iniziale in cui sono spiegati lo scopo, l’oggetto e le ragioni dell’accordo
- Dispositivo: il testo, contiene le norme sostanziali e le clausole finali sul termine dell’accordo, sull’entrata in vigore
- Allegati e protocolli: accordi connessi strettamente con l’accordo principale, non tutti gli Stati contraenti aderiscono ai
Protocolli, gli allegati contengono specifiche tecniche in materie particolari.

I trattati possono creare:


- regole materiali (norme che disciplinano i rapporti tra i destinatari, le parti contraenti)
- regole formali o strumentali (norme che creano fonti per la creazione di ulteriori norme) → tra loro ci sono i trattati
istitutivi di OI. Differenze tra accordo internazionale e trattato istitutivo dal pdv del contenuto:
1. gli Stati possono stipulare accordi in qualsiasi materia / le OI si occupano solo di una materia, hanno scopi limitati e i suoi
organi non possono legiferare in materie non previste dal trattato istitutivo
2. l’OI deve agire indipendentemente dagli Stati che l’hanno creata anche se le OI esprimono sempre la volontà statale
3. i trattati istitutivi comprendono 2 gruppi di norme: norme di comportamento (disciplina delle materie comuni) e norme di
organizzazione (procedure, composizione, produzione atti).

Atti che non possono essere considerati accordi internazionali:


➢ contratti tra Stati e privati: atti vincolanti stipulati da un soggetto a piena capacità (lo Stato) ed un soggetto a capacità
limitata (il privato) → non sono accordi internazionali perché i privati non hanno la funzione di produzione normativa
nell’ordinamento internazionale
➢ atti usati a livello politico e non vincolanti dal pdv giuridico:
○ Gentlemen’s agreements: usati quando gli Stati parti di un vero accordo vincolante chiedono agli altri Stati parti
dell’accordo di non applicare determinate disposizioni dell’accordo quando in determinate circostanze
○ dichiarazioni e comunicati politici: esprimono le posizioni degli Stati su determinate situazioni,
○ Memorandum d’intesa tra Governi, atti finali di conferenze internazionali o intese non giuridiche

Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969


I trattati internazionali sono sottoposti a una serie di norme consuetudinarie che formano il diritto dei trattati, che ne disciplinano il
procedimento di formazione e i requisiti di validità e efficacia.
Queste norme consuetudinarie sono state oggetto di un importante accordo di codificazione: la Convenzione di Vienna sul diritto dei
trattati del 1969 CVT/69, in vigore dal 27 gennaio 1980, ratificata anche dall’Italia.

➔ Sfera di applicazione soggettiva → TRA STATI


art. 1 → la Conv si applica ai trattati tra Stati, non si applica se i contraenti sono OI e non Stati
art. 5 → i trattati istitutivi di OI e quelli adottati da un’OI rientrano nella sfera di app, perché sono sempre accordi conclusi tra Stati

➔ Sfera di applicazione oggettiva → IN FORMA SCRITTA


art. 2 → è applicabile unicamente ai trattati conclusi tra Stati in forma scritta e regolati dal DI.
art. 3: accordi che non rientrano nella CVT/69 → la Conv non può essere invocata per accordi conclusi con OI o non per iscritto

➔ Sfera di applicazione temporale


art. 4 → si applica unicamente ai trattati conclusi tra Stati dopo la sua entrata in vigore = comporta l’irretroattività della
Convenzione = impossibilità di applicarla quando il trattato oggetto di interpretazione o di controversia sia stato concluso
anteriormente all’entrata in vigore della CVT/69 (al suo posto possono essere invocate le norme consuetudinarie con lo stesso
contenuto) = ciò ricalca un principio fondamentale del diritto penale italiano: l’impossibilità di applicare una legge per un
comportamento tenuto prima dell’adozione della legge che dice che quel comportamento è illegale.
art. 84 → la Convenzione è entrata in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito del trentacinquesimo strumento di
ratifica o di adesione = è applicabile ai trattati conclusi dopo il 27 gennaio 1980 solo per gli Stati che l’hanno ratificata prima di
quella data. Per gli Stati che vi hanno aderito successivamente entra in vigore il trentesimo giorno successivo al deposito da parte di
questo Stato del suo strumento di ratifica o di adesione

Procedimenti di stipulazione degli accordi internazionali


Accordi stipulati in forma solenne o in forma semplificata.
Il DI concede agli Stati un’ampia libertà di scelta sulla forma e la procedura di stipulazione degli accordi.

PROCEDIMENTO DI STIPULAZIONE IN FORMA SOLENNE (normale)


Oggi ricalca quello seguito all’epoca delle monarchie assolute: il potere di stipulazione era di competenza esclusiva del Sovrano > la
negoziazione era effettuata dai plenipotenziari > la ratifica avveniva da parte del Sovrano > scambio delle ratifiche → portava la
volontà del Sovrano era portata a conoscenza delle controparti.

Oggi il potere di stipulazione è attribuito al potere esecutivo.


Art. 7 Convenzione di Vienna: una persona è considerata come rappresentante dello Stato se produce dei pieni poteri appropriati,
ma possono rappresentare lo Stato anche i Capi di Stato e di Governo, i Ministri degli Esteri, i Capi delle missioni diplomatiche ...
Negoziazione: si mettono per iscritto le clausole dell’accordo, è più complessa quanto più numerosi sono gli Stati che vi partecipano:
- nel caso di un accordo bilaterale: i 2 Stati devono essere d’accordo su tutte le disposizioni (regola dell’unanimità)
- nel caso di trattati multilaterali di particolare rilievo (es trattati di pace o di codificazione), i trattati sono negoziati in
conferenze diplomatiche, in cui l'approvazione delle disposizioni si basa sulla regola della maggioranza, e non più
all'unanimità. Ciò permette una più larga partecipazione di Stati all’accordo e quelli che non vogliono approvare tutte le
disposizioni possono ricorrere all’istituto delle riserve.

Firma o parafatura (apposizione delle sole iniziali dei rappresentanti degli Stati firmatari): i negoziati si chiudono con la firma dei
plenipotenziari. La firma non basta a vincolare lo Stato al rispetto del trattato, ma permette di autenticare il testo nella sua forma
definitiva, e quindi potrà essere modificato solo attr l’apertura di nuovi negoziati.

Ratifica: (o approvazione, conclusione, adesione, accessione) atto con il quale lo Stato si obbliga al rispetto dell’accordo sul piano
internazionale, nei confronti degli altri Stati contraenti che hanno ratificato l’accordo. La competenza a ratificare è disciplinata da
ogni Stato secondo le proprie norme costituzionali. La ratifica non produce effetti nel diritto interno degli Stati contraenti, che
devono provvedere all’adattamento dell’accordo attr una legge, perché il trattato sia invocabile davanti ai giudici nazionali. In Italia
l’atto di adattamento ai trattati è l’ordine di esecuzione e viene dato di volta in volta per ogni accordo concluso.

Adesione: forma di ratifica da parte di uno Stato che non ha partecipato ai negoziati di trattati multilaterali aperti, che infatti spesso
contengono le clausole di adesione (permettono di allargare la partecipazione all’accordo in momenti successivi)
➔ aperte: permettono l’adesione ad ogni Stato
➔ aperte solo a parti qualificate: limitano l’adesione solo agli Stati che hanno determinate qualità (es: essere Membri ONU)
➔ chiuse: permettono l’adesione di nuovi Stati soltanto a condizione che tutti i contraenti originari siano d’accordo (come nel
caso dei Trattati istitutivi dell’Unione europea - TUE e TFUE).

Scambio o deposito delle ratifiche: mostra la volontà di obbligarsi dello Stato che ha ratificato l’accordo.
● Scambio: per gli accordi bilaterali, permette di perfezionare istantaneamente l’accordo.
● Deposito: accordi multilaterali, il testo del trattato di solito prevede che il trattato non entra in vigore finchè non si raggiunge
un certo numero di ratifiche. Il deposito avviene attr la nomina di uno Stato o del Segretariato di una OI come depositari.

Registrazione presso il Segretario Generale dell’ONU: art. 102 Carta delle NU: ogni trattato stipulato da un Membro delle Nazioni
Unite deve essere registrato possibile presso il Segretariato e pubblicato (→ in una raccolta ufficiale dell’ONU: United Nations
Treaty Series). Registrazione ≠ requisito di validità del trattato.
Unica conseguenza in caso di mancata registrazione: impossibilità di invocare il trattato non registrato davanti a un organo delle
NU. Nella prassi delle NU si è affermata una tendenza anti-formalista che limita la non invocabilità degli accordi non registrati solo
se la mancata registrazione vuole tenere segreto il trattato.

ACCORDI IN FORMA SEMPLIFICATA (informali): sostituzione della negoziazione diretta con la discussione ed approvazione del
testo di accordi multilaterali da parte di organi di OI. Gli accordi in forma semplificata sono conclusi con la sola sottoscrizione del
testo da parte del rappresentante dello Stato, le parti attribuiscono alla firma il valore di manifestazione di volontà. Per realizzare un
accordo in f. s. non è sufficiente che la fase della ratifica sia saltata, ma è necessario che dal testo dell’accordo o dalle circostanze
risulti una sicura volontà di obbligarsi.
Problema della pubblicazione dell’accordo in f.s. → adozione della legge n. 839 dell’11 dicembre 1984 → impone di pubblicare
anche gli accordi in f.s.: la pubblicazione deve avvenire per gli accordi ai quali la Repubblica si obbliga nelle relazioni internazionali,
compresi quelli in f.s.

Accordi sull’applicazione provvisoria di accordi internazionali


Accordi in cui le parti prevedono che il trattato si applica provvisoriamente in attesa della sua entrata in vigore.
Parte della dottrina li considera come intese prive di carattere giuridico, altri li considerano come accordi in f.s. e quindi
vincolanti, in realtà sono una categoria di confine, sono ACCORDI GIURIDICI NON VINCOLANTI: possono essere revocati
unilateralmente (come le intese prive di carattere giuridico), ma possono sospendere l’efficacia di convenzioni precedenti sulla
stessa materia (come gli accordi giuridici).
2021: al CDI ha adottato una Guida all’app provvisoria dei trattati, che conferma l’effetto vincolante di tali intese, la responsabilità
dello Stato in caso di violazione e la possibilità di revocarle unilateralmente.
Anche se uno Stato che vuole violare gli obblighi derivanti dall’app provvisoria di un trattato può evitare di incorrere in responsabilità
internazionale revocando per tempo l’accordo di app provvisoria del trattato.

Competenza a stipulare
La competenza a stipulare ed a ratificare gli accordi internazionali è regolata dagli Stati con proprie norme costituzionali.
Nell’ordinamento italiano: la stipulazione degli accordi internazionali è affidata in linea di principio al potere esecutivo (Governo)
con l’eventuale partecipazione del potere legislativo quando le materie oggetto dell’accordo rivestono particolare importanza
La competenza a ratificare gli accordi è disciplinata dall’art. 87 par. 8 della Costituzione → il Presidente della repubblica Accredita e
riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere = il
Presidente della repubblica ha la competenza di stipulare accordi internazionali previa autorizzazione del Parlamento, quando si tratti
di materie previste dall’art. 80 Cost → Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura
politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di
leggi = in questi casi la stipulazione in f.s. non può essere usata, negli altri casi l’esecutivo è libero di scegliere se dare all’accordo
forma solenne o stipulare direttamente. Art. 89 Cost → l’atto di ratifica del Presidente non è valido se i Ministri non l’approvano.
Trattati conclusi in violazione di norme interne sulle competenze a stipulare
Il problema della competenza a stipulare deriva dall’epoca delle monarchie costituzionali, quando si affermò il principio che le
assemblee legislative dovevano essere coinvolte nella ratifica dei trattati, limitando i poteri del sovrano.
Avviene spesso che il Potere esecutivo si impegna autonomamente sul piano internazionale su materie per le quali la Costituzione
richiede l’intervento del Parlamento (ad es in Italia la stipulazione in forma semplificata viene usata anche per accordi che rientrano
nell’art. 80 della Cost e per i quali serviva l'intervento del Parlamento).

Teorie sulla validità o invalidità degli accordi conclusi in violazione di norme interne sulla competenza a stipulare
La maggior parte della dottrina esclude soluzioni radicali →che tutti i trattati stipulati direttamente dall’Esecutivo siano sempre validi
dal pdv del DI ↪che qualsiasi irregolarità procedurale dal pdv del diritto interno possa inficiare la validità ⛝ dell’accordo
vengono sostenute teorie intermedie: l’accordo è valido se la violazione del diritto interno non è riconoscibile dalle parti contraenti.
art. 27 Convenzione di Vienna: Una Parte non può invocare le disposizioni del suo diritto interno per giustificare la mancata
esecuzione di un trattato. Tale norma non pregiudica in alcun modo le disposizioni dell’articolo 46.
art. 46 → 1. Il fatto che il consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato sia stato espresso in violazione di una sua disposizione del
diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può essere invocato da tale Stato come viziante il suo consenso, a
meno che tale violazione non sia manifesta e non riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale.
2. Una violazione è manifesta se è obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti in materia secondo la pratica abituale e
in buona fede = è una deroga al principio generale dell’art. 27, considera cause di invalidità solo una violazione di una norma del
diritto interno che abbia carattere fondamentale e che abbia ad oggetto specificamente la competenza a stipulare (es.
nell’ordinamento italiano l’art. 80 Cost. → se l’Esecutivo conclude un accordo in materia, ad es, di variazioni del territorio nazionale,
senza la previa autorizzazione delle Camere, l’Italia potrà invocare l’invalidità di tale accordo alla luce dell’art. 46 CVT/69).
L’accordo concluso dall’Esecutivo senza la relativa competenza costituzionale resta un’intesa priva di carattere giuridico, e acquista
il valore di un vero e proprio accordo internazionale in senso giuridico solo nel momento in cui l’organo messo da parte (Parlamento)
manifesti il suo assenso.
Da una parte l’art. 46 CVT/69 corrisponde al DI generale perché codifica il principio che la violazione di norme interne di
importanza fondamentale in tema di competenza a stipulare è causa di invalidità del trattato.
D’altra parte l’art. 46 non corrisponde al diritto consuetudinario nella parte in cui enuncia il principio della riconoscibilità della
violazione da parte delle altre Parti contraenti secondo il principio della buona fede.

Spesso esistono accordi che subordinano la propria entrata in vigore non allo scambio o deposito delle ratifiche, ma alla
comunicazione da parte di ciascun Governo firmatario, che sono state seguite le procedure previste dal diritto interno per applicare
tale accordo. Questi accordi non possono essere considerati come accordi in forma semplificata perché non dichiarano di voler entrare
in vigore attr la sola firma, ma sono figure intermedie tra gli accordi in forma semplificata e quelli in forma solenne.

Accordi conclusi dalle regioni


Alcuni enti pubblici territoriali (es regioni) hanno iniziato a intrattenere rapporti internazionali con altri Stati o con altri enti territoriali
stranieri, pur non avendo la soggettività internazionale → quindi si è posto il problema della loro capacità a stipulare.
1. Inizialmente la Corte costituzionale aveva assunto una posizione antiregionalista → affermando l’incompetenza delle
Regioni in tema di formulazione di accordi con soggetti di altri ordinamenti perché era una prerogativa esclusiva dello Stato
centrale, dato che per il DI solo lo Stato è un soggetto internazionale e quindi può essere responsabile internazionalmente per
eventuali illeciti dovuti alla violazione degli accordi.
2. un decreto del Presidente della repubblica del 77 → riservava allo Stato le competenze nei rapporti internazionali sulle
materie delegate alle Regioni + divieto delle Regioni di svolgere attività promozionali all’estero senza il previo assenso
del Governo centrale
3. la Corte sosteneva che le regioni potessero stipulare intese internazionali e accordi che avrebbero impegnato la
responsabilità dello Stato italiano, previo l’assenso del Governo e nelle materie di loro competenza e non rientranti nelle
categorie previste dall’art. 80 Cost.
4. art. 117 Cost → si occupa della ripartizione di competenze legislative Stato-Regioni e riconosce alle regioni la capacità di
concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da
leggi dello Stato
5. art. 6 legge n. 3/2003 → disciplina i casi e le forme in cui è consentito alle Regioni di concludere accordi internazionali ed
intese: le regioni ricevono pieni poteri a stipulare da parte del Governo, diventando una sorta di organi statali decentrati
in grado di impegnare la responsabilità dello Stato attraverso l’esercizio del potere estero.

Accordi stipulati dalle OI tra loro o con SM o con Stati terzi


Le OI sono dotate di soggettività internazionale e quindi hanno il potere di concludere accordi internazionali. Tali accordi sono
oggetto di un’intera convenzione di codificazione: la Convenzione di Vienna dell’86 sul diritto dei trattati tra OI e Stati e tra OI,
che riproduce la Conv V del 69.
Il trattato istitutivo (le cui norme, come tutte le norme pattizie, sono modificabili per consuetudine) di ogni OI stabilisce quali sono
gli organi competenti a stipulare e in quali materie.
art. 46 Conv V 86 (riproduce l’art. 46 Conv V 69) → considera come causa di invalidità la violazione di una delle norme
dell’organizzazione sulla competenza a stipulare di importanza fondamentale.
art. 2 Conv V 86: specifica il significato dei termini usati nella Convenzione → norme dell’organizzazione = norme statutarie,
decisioni e risoluzioni adottate sulla base delle norme stesse e la prassi consolidata dell’OI
- Ci sono degli accordi conclusi dalle OI che non sono di grande interesse per il giurista: gli accordi di collegamento che le OI
stipulano tra loro (accordi tra ONU e Istituti specializzati), perché sono intese di cui viene anche messa in dubbio la natura
giuridica. Trattati conclusi dalle OI con gli SM e con Stati terzi sono considerabili come normali accordi internazionali, es
accordi di sede delle OI o che attribuiscono immunità e privilegi ai loro funzionari.
L’INEFFICACIA DEI TRATTATI NEI CONFRONTI DEI TERZI STATI
Le norme pattizie valgono solo per gli Stati che elaborano l’accordo. Diritti e obblighi per gli Stati terzi derivano da un trattato solo
attr una forma di partecipazione degli Stati terzi al trattato.
Ciò può avvenire se il trattato è aperto = contiene la clausola di adesione o accessione, che prevede la possibilità che Stati diversi dai
contraenti originari possono partecipare a pieno titolo all’accordo attr una loro dichiarazione di volontà.
La clausola di adesione può non essere presente e quindi uno Stato terzo non può partecipare a un accordo già concluso, ma c’è solo la
possibilità che singoli diritti o obblighi derivino dall’accordo.
Al di là di queste ipotesi si applica solo il principio dell’inefficacia dei trattati nei confronti degli Stati non contraenti.

Trattati che riconoscono vantaggi ai terzi: le parti di un trattato possono impegnarsi a tenere comportamenti vantaggiosi per i terzi,
es: accordi in tema di navigazione (spesso sanciscono la libertà di navigazione anche per le navi degli altri Stati) e trattati sul
commercio internazionale (contengono la clausola della nazione più favorita: se uno degli Stati contraenti concede un beneficio a
un terzo Stato, il beneficio si estenderà anche a tutti gli altri Stati contraenti).

Trattati che imporrebbero obblighi ai terzi


● Trattato Antartico: istituisce il regime giuridico dell'Antartide → territorio sovranità degli Stati, ma sul quale 7 Stati
rivendicano la sovranità nella misura in cui il loro territorio si prolunga fino all'Antartide. Il regime giuridico instaurato dal
Trattato sospende le rivendicazioni di sovranità dei 7 Stati e impone la demilitarizzazione, la denuclearizzazione, la libertà
di ricerca scientifica. Per questo alcuni autori ritengono che gli obblighi previsti dal Trattato si estendano anche agli Stati
terzi, in deroga al principio dell'inefficacia degli accordi per i terzi Stati
● smilitarizzazione delle Isole Aaland
● trattati localizzabili: riguardano uno specifico territorio e il suo regime giuridico (es. trattati relativi a servitù di passaggio,
smilitarizzazione o concessione in affitto di un territorio). La dottrina esclude che in questi casi ci si trovi di fronte ad accordi
che impongono obblighi a terzi Stati e in particolare a quelli che acquistano la sovranità su quel territorio dopo la
conclusione dell'accordo → in questi casi l'obbligo di rispettare l'accordo e il relativo regime territoriale deriva da una norma
consuetudinaria che afferma il principio di continuità (l'obbligo per il nuovo sovrano di rispettare il regime giuridico
stabilito dal trattato localizzabile)

Tesi di Kelsen → l’accordo ha efficacia per i terzi Stati che ne ricevono vantaggi, ma gli Stati contraenti possono in ogni momento
decidere di revocare tali vantaggi. Kelsen compara questa situazione con il diritto statale dove non si può affermare che quelli
attribuiti ai cittadini con legge non siano veri e propri diritti, perché il Parlamento è libero in ogni momento di modificare le leggi che
li contengono.
Obiezione di Conforti → non si possono effettuare paragoni tra diritto internazionale e diritto interno: gli Stati contraenti possono
revocare i vantaggi senza dover necessariamente denunciare ed estinguere l’accordo = possono accordare o negare vantaggi in base ai
casi concreti. Il diritto del terzo di esigere l’app del trattato o di opporsi alla sua abrogazione è stato sempre negato nella prassi.

CVT/ 69 conferma il principio dell’inefficacia dei trattati nei confronti dei terzi e la conseguente regola secondo cui lo Stato terzo può
avere diritti o obblighi solo attr una forma di accordo. Art. da 34 a 37: un trattato crea obblighi e diritti per uno Stato terzo solo attr il
consenso dello Stato terzo e degli Stati contraenti del trattato. Le parti contraenti originarie possono revocare quando vogliono il
diritto accettato dal terzo Stato, mentre l’obbligo può essere revocato o modificato soltanto con il consenso delle parti al trattato e
dello Stato terzo.

Effetti di accordi a favore di terzi: la Corte permanente di giustizia internazionale ha escluso che un accordo potesse riconoscere veri
e propri diritti soggettivi a favore di terzi Stati in assenza di uno specifico accordo con il terzo → non si può presumere che
disposizioni vantaggiose per uno Stato terzo siano state adottate con lo scopo di creare un vero e proprio diritto per lo Stato terzo, è
una questione da decidere caso per caso.

Effetti di accordi che impongono obblighi per i terzi: accordo del 1856 tra Russia e Francia e Gran Bretagna, in cui la Russia si
impegnava a mantenere demilitarizzate le isole d’Aland di cui possedeva all’epoca la sovranità. Tale sovranità passò poi alla
Finlandia (Stato terzo rispetto all’accordo del 1856), e la Svezia, per ragioni di vicinanza, pretendeva che la Finlandia osservasse gli
stessi obblighi che il trattato del 1856 imponeva alla Russia di smilitarizzazione delle isole. Il Consiglio della Società delle Nazioni
escluse che dal trattato potessero discendere obblighi a carico della Finlandia e diritti in favore della Svezia, entrambe estranee al
trattato. La controversia si risolse con la stipulazione di un successivo nuovo accordo, sottoscritto dalla Finlandia che accettava di
assumersi l’obbligo di smilitarizzazione.

L’INCOMPATIBILITA’ TRA NORME CONVENZIONALI


Il problema dell'incompatibilità tra norme convenzionali è collegato al tema della successione nel tempo dei trattati (modificazione
ed estinzione dei trattati) e al tema dell’inefficacia degli accordi nei confronti dei terzi (gli accordi valgono solo per i contraenti).
1. successione nel tempo di trattati conclusi tra le stesse parti
L’accordo internazionale può essere modificato o estinto da un trattato successivo → può risultare che le disposizioni del trattato
successivo sono incompatibili con quelle del trattato precedente e quindi non possono essere applicate contemporaneamente.
Le stesse parti possono aver stipulato 2 trattati che contengono singole clausole incompatibili tra loro → par. 3 art. 30 CVT/69: il
trattato anteriore si applica solo se le sue disposizioni sono compatibili con quelle del tr successivo, prevale il trattato successivo.
2. successione nel tempo di accordi conclusi da parti che coincidono solo parzialmente (le parti di un trattato anteriore non
sono tutte parti del trattato successivo), può accadere che :
- uno Stato si impegna con un accordo a tenere un certo comportamento e poi con un accordo con Stati diversi si impegna a
tenere un comportamento contrario
- solo alcuni Stati vincolati da un trattato multilaterale ne modificano le disposizioni con un accordo successivo
Secondo la dottrina, se il primo accordo riveste una particolare importanza, si deve riconoscere l’invalidità del secondo trattato →
tesi confutata perché la Convenzione di Vienna del 1969 non include tra le le cause d’invalidità dei trattati l’incompatibilità tra norme
convenzionali. La soluzione è espressa nell’art. 30 par. 4 CVT: prevede la combinazione dei principi di successione dei trattati o
posteriorità e di inefficacia dei trattati per i terzi. Per gli Stati contraenti di entrambi i trattati prevale il trattato successivo, per gli Stati
che sono parte di uno solo dei due trattati, restano integri tutti gli obblighi che derivano da ogni trattato.
art. 30 par. 5: lo Stato contraente di entrambi i trattati deve scegliere a quale trattato tenere fede e sarà internazionalmente
responsabile di aver commesso un illecito (perché se adempie gli obblighi del primo trattato viola quelli del secondo e viceversa).
Sul piano interno: una volta che gli accordi sono stati eseguiti (in Italia con ordine di esecuzione) prevale il secondo accordo, per il
principio di posteriorità.
Sul piano internazionale: uno stesso Stato non può materialmente assolvere obblighi incompatibili derivanti da due diversi accordi.
L’art. 30 par. 5 va coordinato con:
● art. 60 → riguarda le norme relative alle cause di estinzione e sospensione dei trattati
↪ in caso di violazione di uno dei contraenti, l’altro non è tenuto ad adempiere a sua volta agli obblighi dell’accordo
● art. 41 → un accordo multilaterale può essere modificato da un accordo successivo concluso tra Stati che sono parte anche
dell’accordo anteriore ↓
accordi modificativi “inter se” (accordi contenenti modifiche che riguardano solo i rapporti tra loro, senza pregiudicare i
rapporti che hanno con le altre parti del trattato)
La modifica dell’accordo anteriore attr la conclusione dell’accordo successivo tra alcune parti contraenti soltanto di quello
anteriore è ammessa solo se prevista espressamente e non proibita dal trattato anteriore, non pregiudica i diritti e gli obblighi
derivanti dal trattato anteriore degli altri Stati contraenti e non è incompatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato anteriore.

Clausole di compatibilità o di subordinazione


disposizioni inserite nel testo di un trattato, che lo rendono compatibile con altri accordi, subordinandolo ad essi oppure prevedendo
la necessità di coordinamento tra i diversi accordi.
Derivano dalla volontà di evitare l’assunzione di obblighi convenzionali incompatibili, sono clausole inserite nei trattati con sempre
maggiore frequenza per salvaguardare i rapporti giuridici derivanti da altri accordi.
par. 2 art 30 Convenzione di Vienna → quando un trattato precisa che è subordinato o non deve essere considerato incompatibile
con un altro trattato, le sue disposizioni prevalgono.

Es di clausola di compatibilità: art. 351 TFUE (ex art. 307 TCE) → clausola di subordinazione attraverso la quale l’ordinamento
dell’Unione garantisce protezione agli obblighi internazionali degli Stati membri assunti prima della loro adesione all’UE.
Spesso si sono posti problemi di compatibilità tra TFUE e accordi preesistenti, appartenenti al sistema GATT/OMC (GATT:
Accordo generale sulle Tariffe doganali e il Commercio) ↓
costituiscono le tappe del processo di liberalizzazione del commercio mondiale avviato nel secondo dopoguerra, tendono alla
globalizzazione → il TFUE si basa su un’unione doganale a carattere regionale (abbattimento delle barriere doganali nell’area
dell’UE, istituzione di una tariffa doganale comune verso l’esterno).
Per quanto riguarda l’incompatibilità con l’accordo GATT del 1947, quindi anteriore all’ex TCE, si applica la regola contenuta
nell’art. 351 TFUE che riconosce che i diritti e gli obblighi derivanti dai trattati anteriori conclusi dagli Stati membri non saranno
pregiudicati. Ma la prassi giudiziale comunitaria vuole far prevalere il diritto UE sul sistema GATT/OMC, infatti la CGUE ha
sostenuto che le regole del GATT sono programmatiche, flessibili e non invocabili dai cittadini, e l'art. 351 impegna gli SM a
liberarsi dagli impegni contratti in precedenza con ogni mezzo.
Oggi ci sono problemi di compatibilità tra gli accordi conclusi dall’OMC (norme sulla liberalizzazione del commercio internazionale)
e le convenzioni per la protezione dell’ambiente → anche in questo caso la prassi registra l’inserimento di clausole di compatibilità o
subordinazione: es. art. 22 Convenzione di Nairobi sulla biodiversità del 92 → le disposizioni della convenzione non influiscono
sui diritti e gli obblighi derivanti da accordi internazionali esistenti, ad eccezione del caso in cui l’esercizio di tali diritti e obblighi
causano danni per l’ambiente, infatti gli accordi OMC vengono spesso rinegoziati per la necessità di integrare le misure di
liberalizzazione del commercio internazionale con quelle per la preservazione dell’ambiente.

Art. 103 Carta delle Nazioni Unite → sancisce la prevalenza degli obblighi derivanti dalla Carta rispetto a quelli derivanti da
qualsiasi altro trattato internazionale, in questo caso non vale il principio della successione nel tempo dei trattati conclusi tra le stesse
parti e nella stessa materia. L’art. 103 è considerato da tutta la CI come una norma consuetudinaria cogente (inderogabile e
superiore agli accordi successivi, i quali non possono porsi in contrasto con i principi fondamentali contenuti nella Carta ONU, come
il divieto della minaccia o dell’uso della forza armata tra Stato o il principio di autodeterminazione dei popoli).
Anche l’art. 30 della Convenzione di Vienna in materia di incompatibilità tra norme convenzionali, fa espressamente salvo l’articolo
103 della Carta ONU, perché lo considera come un’eccezione al principio di successione dei trattati nel tempo.
Quindi l’art. 103 non ha una natura convenzionale, nè un valore di clausola di compatibilità, ma una natura di consuetudine cogente
che ha permesso la creazione di una prassi che consiste nell’inserire negli accordi internazionali successivi alla Carta, delle clausole
di compatibilità o subordinazione.

Es clausola di subordinazione: art. 7 Trattato NATO (Trattato del Nord Atlantico) → il presente trattato non pregiudica i diritti e
gli obblighi derivanti dalla Carte delle NU per gli Stati che ne sono membri = dispone il principio della prevalenza per gli Stati
contraenti degli obblighi derivanti dalla Carta ONU. L’incompatibilità tra i due accordi riguarda il ricorso alla minaccia o all’uso
della forza → vietato dalla Carta delle NU, ma previsto dal Trattato NATO (i suoi SM possono intervenire militarmente in caso di
attacco armato contro uno degli SM). In origine il Trattato NATO era un accordo di alleanza difensiva e l’art. 7 era considerato
compatibile con la Carta ONU che al suo art. 51 riconosce il diritto degli SM alla legittima difesa in caso di attacco armato in corso
contro uno di essi. Oggi il Trattato NATO ha subito un’evoluzione ed è considerato come un sistema regionale di sicurezza
collettiva.
LE RISERVE NEI TRATTATI
art. 2 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati: riserva = dichiarazione unilaterale fatta da uno Stato quando approva o aderisce
a un trattato multilaterale, attr cui vuole escludere o modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato. L’accordo tra lo
Stato autore della riserva e gli altri Stati contraenti si forma solo per la parte non investita dalla riserva, mentre tra gli altri Stati, il
trattato resta integralmente applicabile.
Le riserve vengono usate principalmente nei trattati multilaterali, infatti il loro scopo è di favorire la massima adesione possibile ai
grandi accordi multilaterali su temi delicati che interessano tutta l’umanità, come tutela dei diritti umani, ambiente, disarmo. Nei
trattati bilaterali, se uno Stato non vuole assumere certi impegni deve semplicemente proporre alla controparte di escluderli dal testo.

La CDI ha predisposto delle linee guida, intitolate “Guida alla prassi” per definire i termini e la procedura di formazione delle riserve.
La versione definitiva delle linee guida, denominata "Guida alla prassi delle riserve" è stata approvata dalla Commissione del DI nel
2011, sulla base di una serie di rapporti del relatore speciale Pellet, che secondo Conforti, ha formulato le Linee-guida.

3 tipi di riserve:
1. riserva eccettuativa: dichiarazione unilaterale con cui lo Stato si vincola a un trattato, escludendo l’app di una o più
disposizioni
2. riserva modificativa: dichiarazione unilaterale con cui lo Stato si vincola ad un trattato con la modifica di una o più clausole
3. riserva interpretativa (dichiarazione interpretativa): dichiarazione unilaterale con cui lo Stato si vincola ad un trattato,
specificando che una o più disposizioni saranno accettate come vincolanti soltanto se intese secondo un determinato
significato.
La dichiarazione interpretativa chiarisce il senso delle disposizioni da parte di uno Stato o una OI, può essere:
- condizionata: se lo Stato dichiara che vuole vincolarsi al trattato solo se interpretato in un certo modo, equivale a una riserva
- incondizionata: se non c’è tale intento, è una proposta che vuole salvaguardare una posizione giuridica.
Le dichiarazioni e le dichiarazioni interpretative esprimono il punto di vista di uno Stato su determinate disposizioni di un trattato,
MA non vogliono escludere o modificare il loro effetto giuridico rispetto allo Stato.
3 tipi di dichiarazioni:

1. dichiarazioni non assimilabili a riserve né a dichiarazioni interpretative: dichiarazioni unilaterali con cui lo stato può
assumere obblighi ulteriori, aggiungere elementi al trattato, indicare il modo di adattamento dell’accordo, scegliere quali
disposizioni applicare, dichiarazioni di non riconoscimento (lo Stato precisa che la sua partecipazione al trattato non
implica il riconoscimento di un’entità che esso non riconosce - es le dichiarazioni di molti Stati arabi rispetto ad Israele),
dichiarazioni di politica generale (per manifestare un’opinione sull’oggetto dell’accordo senza effetti giuridici)..

2. dichiarazioni assimilabili a riserve: atti unilaterali (riserve o dichiarazioni interpretative) che vanno sempre considerati
come vere e proprie riserve:
a. riserve a portata territoriale: d.u. che vogliono escludere l’app di un accordo o alcune disposizioni a un territorio
b. dichiarazioni che vogliono limitare gli obblighi del loro autore
c. dich con cui lo Stato si propone di adempiere ad un certo obbligo previsto dall’accordo in un modo diverso

3. dichiarazioni interpretative: distinzione tra riserve e dichiarazioni interpretative, perché alcuni accordi escludono la
possibilità di apporre riserve, ma permettono di presentare dichiarazioni interpretative, a condizione che le dichiarazioni
non vogliano escludere o modificare gli effetti giuridici delle disposizioni della Convenzione nella loro applicazione a tale
Stato → in questo modo gli Stati spesso cercano di aggirare il divieto di riserve con la formulazione di dichiarazioni
“interpretative” che però per il loro contenuto sono assimilabili alle riserve.
La distinzione tra riserve e dichiarazioni interpretative si basa sugli effetti giuridici che si vogliono produrre e per determinare se una
dichiarazione unilaterale formulata da uno Stato o una OI in relazione ad un trattato è una riserva o una dichiarazione interpretativa
bisogna interpretarla seguendo 2 metodi:
● metodo oggettivo di interpretazione: seguendo il senso ordinario da attribuire ai suoi termini = volontà dichiarata
● metodo soggettivo di interpretazione: verificando l’intenzione dello Stato = volontà effettiva

Diritto internazionale classico → si rifaceva al principio dell’integrità del trattato: le eventuali riserve dovevano essere inserite nel
testo durante i negoziati e poi approvate da tutti i contraenti perché potessero essere ammesse
La possibilità di apporre riserve doveva figurare nel testo del trattato, altrimenti lo Stato poteva solo scegliere di ratificare o meno il
trattato. Unici 2 modi di apporre riserve:
1. i singoli Stati nel momento della negoziazione dichiaravano di non voler accettare determinate disposizioni e quindi il testo
del trattato menzionava tale riserva
2. il testo prevedeva genericamente la possibilità di apporre clausole e quali clausole potessero essere oggetto di riserva
La formulazione di riserve non previste dall’accordo equivaleva alla proposta di un nuovo accordo.

Evoluzione
Sono ancora presenti i 2 modi classici e una tappa fondamentale è stata segnata dal parere del 28/5/1951 della CIG sulla
Convenzione sulla repressione del genocidio (non prevedeva la possibilità di apporre riserve, quindi l’AG ONU chiedeva alla Corte
se gli Stati avessero ugualmente la possibilità di formulare riserve durante la ratifica.)
Nel parere la Corte afferma un principio rivoluzionario, oggi consolidato come principio consuetudinario: nella prassi si può rilevare
un tacito consenso all’apposizione di riserve (non previste dal trattato), purché sia compatibile con l’oggetto e lo scopo del
trattato = non deve riguardare clausole fondamentali e caratterizzanti dell’intero trattato.
La Corte sostiene la teoria della universalità o flessibilità: l’esigenza di favorire la massima partecipazione ad un accordo
multilaterale concluso in seno alle NU (tra cui la Convenzione sul genocidio) comporta la necessità di una maggiore flessibilità
rispetto alla rigida applicazione del principio dell’integrità degli accordi, infatti la Convenzione sul genocidio, pur essendo stata alla
fine approvata all’unanimità, è il risultato di una serie di votazioni basate sul sistema maggioritario, quindi era necessaria per alcuni
stati la formulazione di riserve.
Ma la Corte applica dei limiti temporali e sostanziali:
- limite temporale: uno Stato può formulare riserve solo fino al momento della ratifica o dell’adesione
- limite sostanziale: indica quali riserve sono ammesse = quelle non incompatibili l’oggetto e lo scopo del trattato.
La Corte ha anche stabilito gli effetti delle riserve rispetto a:
➔ gli Stati che le hanno accettate: l’accordo sarà in vigore nei rapporti tra Stato riservante e Stati accettanti
➔ gli Stati che le hanno obiettate: l’accordo non produce effetti tra gli Stati, non è in vigore tra essi.

La disciplina delle riserve è contenuta principalmente nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, agli articoli 19-23.
● art. 19: codifica il principio che una riserva può essere sempre formulata se non è espressamente esclusa o non è inclusa dal
testo del trattato o se non è incompatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato (se non clausole fondamentali e caratterizzanti
l’intero trattato).
● art. 20: stabilisce la non necessità di atti di accettazione di riserve ma che una riserva sia accettata all’unanimità in base alla
natura del trattato + la riserva può essere contestata da un’altro contraente entro 12 mesi dalla notifica della riserva alle altre
parti contraenti, se ciò non avviene la riserva si ritiene accettata (par. 5).
● art. 21:
- principio di reciprocità: la riserva modifica gli effetti del trattato rispetto agli altri contraenti che l’abbiano accettata e
viceversa = la disposizione oggetto di riserva non si applicherà né da parte dell’autore della riserva nei confronti
dell’accettante, né da parte dell’accettante nei confronti dell’autore della riserva → MA dubbi: l’effetto di reciprocità della
riserva è inammissibile in casi di accordi multilaterali come quelli relativi ai diritti umani, la protezione dell’ambiente o di
riserve che vogliono escludere l’app del trattato in una parte di territorio dello Stato che la formula
- par. 3: l'obiezione non qualificata (non accompagnata da precisazioni sui suoi effetti sull’entrata in vigore dell’accordo)
equivale ad accettazione della riserva → l’accordo si applicherà ai rapporti tra Stato riservante e obiettante ad eccezione
delle clausole oggetto di riserva
● art 20 par 4 lett b e art. 21 par 3 → principio dell’obiezione qualificata: l’obiezione ad una riserva non impedisce gli
effetti della riserva sullo Stato riservante e sullo Stato obiettante, se lo Stato obiettante non ha manifestato l’intenzione di
impedire che il trattato entri in vigore nei rapporti tra i due Stati, le disposizioni a cui la riserva si riferisce non si
applicano fra i due Stati.
In caso di trattati che stabiliscono vincoli solidali nei confronti di tutte le parti contraenti (es quelli in materia di diritti
dell’uomo), l’obiezione è priva di significato pratico, perché se uno Stato non applica il trattato nei confronti dello Stato
riservante, viola il trattato nei confronti di tutti gli altri Stati.
art. 22: revoca delle riserve art. 23: forma in cui le riserve e le revoche vanno redatte

Competenza a decidere sugli effetti di riserve e relative obiezioni:


➢ parere CIG 1951: competenza degli stessi Stati autori della riserva e delle obiezioni = in caso di disaccordo tra lo Stato
riservante e lo Stato obiettante sull’ammissibilità della riserva, l’accordo non può entrare in vigore
➢ Convenzione di Vienna: l’accordo non produce effetti tra Stato riservante ed obiettante solo in caso di obiezione qualificata.

Dopo la Conv V la disciplina delle riserve ha continuato ad evolversi:


● riserve tardive = possibilità che uno Stato formuli riserve dopo la ratifica del trattato
● disciplina delle dichiarazioni interpretative incondizionate
● rapporti tra il criterio oggettivo dell’invalidità della riserva per l’incompatibilità all’oggetto e allo scopo del trattato e il
criterio soggettivo dell’obiezione di un’altra parte contraente → il giudice può decidere autonomamente sulla validità o
meno della riserva e sugli effetti dell’obiezione, ma il giudice interno deve tener conto delle riserve e delle obiezioni fatte
dal proprio Stato
● teoria della divisibilità: la tendenza più innovatrice è ricavata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
e dalla prassi del Comitato istituito dal Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite e riguarda le conseguenze
dell’accertata invalidità della riserva = se lo Stato formula una riserva invalida perché esclusa dal testo del trattato o è
incompatibile all’oggetto e allo scopo del trattato, l’invalidità non comporta l’estraneità dello Stato al trattato ma solo che la
riserva non viene apposta (utile per inutile non vitiatur - principio che si sta affermando solo per i trattati in materia di diritti
umani) → teoria della “severability” = divisibilità delle riserve dal resto delle disposizioni del trattato: solo la riserva
inammissibile è inefficace, mentre il trattato entra in vigore integralmente per lo Stato autore della riserva
➢ PRASSI CEDU
○ caso Belilos → la Corte europea doveva verificare se una dichiarazione della Svizzera fosse in realtà una riserva
(non ammessa dalla CEDU). La Corte ha constatato che la dichiarazione interpretativa svizzera era una riserva non
ammessa, quindi la Svizzera avrebbe dovuto essere estromessa dall’accordo, MA la Corte europea, analizzando
l’intenzione della Svizzera, che a suo parere non aveva ritenuto essenziale il rispetto della “dichiarazione
interpretativa” ai fini della sua partecipazione alla CEDU, applica la teoria della divisibilità e considera solo la
riserva invalida e tale invalidità non avrebbe avuto l’effetto di precludere l’entrata in vigore della CEDU per la
Svizzera
○ caso Loizidou → l’art. 46 CEDU consentiva agli organi di controllo della CEDU di esercitare la loro giurisdizione
in caso di ricorsi per violazioni della CEDU, ma solo a condizione che gli Stati contraenti avessero accettato tale
giurisdizione con una formale dichiarazione. La Turchia aveva posto una condizione di carattere territoriale alla
sua dichiarazione di accettazione della giurisdizione e la Corte europea doveva stabilire se tale condizione fosse una
riserva e se fosse ammissibile. La Turchia voleva escludere la repubblica turca di Cipro Nord dalla sfera di
applicazione della Convenzione, sostenendo che Cipro Nord non fosse un territorio rientrante nella sua giurisdizione
(anche se la Turchia vi esercita il potere di governo avendola occupata con le proprie forze militari) e quindi
assoggettabile al controllo da parte della Corte. La condizione posta dalla Turchia è stata considerata dalla Corte
come una riserva inammissibile ai sensi dell’art. 64 → la Corte avrebbe dovuto dichiarare l’invalidità dell’intera
dichiarazione di accettazione turca, ma ha applicato la teoria della divisibilità: ha ritenuto la sola condizione
territoriale all’accettazione come non apposta, mentre la dichiarazione di accettazione turca restava in vigore in
modo che la Corte potesse controllare gli atti di violazione della Convenzione eventualmente imputabili alla
Turchia, anche rispetto al territorio di Cipro Nord.
➢ PRASSI ONU
○ General Comment 1994 del Comitato dei diritti dell’uomo (uno dei dieci organismi ONU riguardanti i diritti
umani, ognuno responsabile della supervisione dell'implementazione di un particolare trattato, in questo caso del
Patto sui diritti civili e politici) → conferma la tendenza degli organi di controllo di sistemi di tutela dei diritti
umani a ricorrere alla teoria della divisibilità (a considerare gli Stati che hanno apposto riserve invalide come parti
contraenti) → conseguenza di una riserva inammissibile: sarà separabile = il Patto resta operativo per lo Stato
riservante senza l’app della riserva.
○ caso Kennedy c. Trinidad e Tobago → Trinidad e Tobago aveva apposto una riserva all’art. 1 Protocollo
facoltativo allegato al Patto sui diritti civili e politici: ogni Stato parte del Patto che è parte anche del Protocollo,
che riconosce la competenza del Comitato a esaminare comunicazioni da individui che ritengono di essere vittime di
una violazione da parte dello Stato di un diritto enunciato nel Patto. Trinidad e Tobago voleva escludere la
competenza del Comitato a ricevere ricorsi presentati da detenuti condannati a morte, come nel caso di Kennedy.
Il Comitato aveva stabilito che la riserva apposta da Trinidad e Tobago non era valida (incompatibile con l’oggetto e
lo scopo del Protocollo facoltativo).
Critiche alla teoria della divisibilità: imponendo allo Stato riservante l’integrale applicazione del trattato, comprese le
clausole che esso espressamente aveva rifiutato, significa andare contro il principio consensualistico che costituisce il
fondamento di un accordo → in questo modo non viene facilitata la partecipazione agli accordi multilaterali ma vengono
ridotti gli effetti tipici delle riserve. Ma tale prassi è limitata agli accordi che tutelano i diritti fondamentali..

Competenza a formulare riserve


Nella formazione della volontà dello Stato diretta a partecipare al trattato concorrono il Potere esecutivo e il Potere legislativo, ma
può succedere che il Governo non tiene conto di una riserva decisa dal Parlamento o formula una riserva che il Parl non ha voluto.
Ciò accade spesso nella prassi italiana (in particolare quando la Costituzione attribuisce la competenza a stipulare accordi
internazionali a più di un organo, es. art.80 che richiede l’autorizzazione del Parlamento perché il Governo possa stipulare accordi
nelle materie ivi elencate 1) e in relazione a trattati di grande rilievo:
● Convenzione europea dei diritti umani: il Governo ha aggiunto una riserva sul divieto di impedire ai cittadini di rientrare nel
territorio del proprio stato e ne escludeva l'applicabilità agli ex re, le loro consorti e discendenti maschi della casa Savoia
● Patto sui diritti civili e politici promosso dalle NU: la legge di autorizzazione alla ratifica conteneva due riserve di carattere
interpretativo e il Gov ne aggiunse altre 4
La delimitazione dei poteri tra l’Esecutivo e il Legislativo nella formulazione delle riserve dipende dal sistema costituzionale di ogni
Stato. Nel sistema italiano ci sono vari giudizi dottrinali:
● chi pensa che il Governo possa formulare riserve non previste dalla legge di autorizzazione alla ratifica: perché il Governo è
il gestore dei rapporti internazionali → nonostante l’autorizzazione parlamentare a ratificare l’intero trattato e attr le riserve il
Gov può restringere la portata degli obblighi che lo Stato assume
● chi pensa che il Gov non possa formulare riserve: per la necessità di collaborazione tra Parl e Gov, voluta dall’art. 80 Cost.
Se il Gov formula una riserva mentre il Parl aveva autorizzato la ratifica dell’intero trattato o se il Gov non tiene conto di una riserva
formulata dal Parl e stipula l’intero trattato, sul piano interno il Gov sarà responsabile di fronte al Parlamento e sul piano
internazionale in nessun caso non si formerà la volontà dello Stato per intero perché uno dei due organi competenti a esprimere la
volontà dello Stato non lo ha fatto. Ma una riserva è valida sia se formulata autonomamente dal Gov, sia se formulata autonomamente
dal Parl → perché per stipulare un trattato, devono concorrere le volontà di entrambi gli organi.
1. se Governo formula autonomamente una riserva per restringere la volontà più ampia espressa dal Parlamento a concludere
l’intero trattato, il resto del trattato (le disposizioni non oggetto di riserva) concorrono le volontà dei due organi, l’accordo è
internazionalmente valido
2. se il Parlamento esprime una riserva ma il Governo non ne tiene conto e ratifica integralmente il trattato → il trattato sarà
internazionalmente valido per la parte oggetto di riserva, in conformità all’art. 46 della Convenzione di Vienna, secondo cui
una causa di invalidità è la violazione grave e manifesta di una norma interna di importanza fondamentale sulla competenza a
stipulare (in Italia l’art. 80).

1
trattati di natura politica, che importano oneri straordinari alle finanze, che modificano leggi, che riguardano variazioni del territorio nazionale, o
relativi ad arbitrati e regolamenti giudiziari
L’INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI
attività volta a chiarire il senso e la portata di una norma giuridica, determinazione del significato da attribuire alle espressioni
utilizzate dalle parti nel testo di un trattato. Attività fatta da: Stati contraenti, SM di OI, organi di OI, giudici⊠ e arbitri, giudici interni

La dottrina più recente considera le regole dell’interpretazione dei trattati come principi generali di diritto internazionale.
La Convenzione di Vienna sul dir dei trattati considera le regole dell’interpretazione dei trattati come norme del DI consuetudinario.
L’interpretazione è un’operazione complessa, costituita da connessioni logiche basate su diversi principi e criteri logico-giuridici.

Metodi di interpretazione: l’interpretazione dei trattati internazionali si svolge coniugando 4 metodi ermeneutici :
1. metodo soggettivo: prende in considerazione l’intenzione dei contraenti → viene ricercata la volontà effettiva
2. metodo oggettivo: prende in considerazione la volontà espressa dal testo dell’accordo: la volontà dichiarata dalle parti nel
testo, bisogna attribuire al trattato il senso che risulta dai rapporti di connessione logica tra le varie parti del testo
3. metodo sistematico: prende in considerazione il contesto in cui le disposizioni da interpretare sono inserite = le altre parti
del trattato e i documenti giuridici connessi (riserve, dichiarazioni, protocolli, annessi, allegati tecnici).
4. metodo finalistico o teleologico: prende in considerazione l’oggetto e lo scopo dell’accordo → questo metodo permette che
in un trattato vengano usate diverse modalità d’interpretazione, cioè che alcune disposizioni siano interpretate
estensivamente ed altre in modo restrittivo, il metodo finalistico è usato ad es:
a. interpretazione delle norme del GATT (Accordo Generale sulle Tariffe e sul Commercio, liberalizzazione di
scambi di merci): la teoria unitaria della similarità → art. 3 GATT vieta discriminazioni di trattamento fiscale tra
prodotto nazionale e prodotto importato similare, uno Stato ha l’obbligo di far entrare nel territorio e far
commercializzare tutti quei prodotti stranieri simili al suo → il concetto di similarità dei prodotti viene interpretato
in modo diverso a seconda che riguardi principi generali dell’accordo ( modo estensivo: i prodotti con le stesse
caratteristiche qualitative possono sostituirsi sul mercato, hanno un carattere succedaneo) o eccezioni a tali principi
(interpretato in modo restrittivo: gli Stati contraenti possono limitare la circolazione dei prodotti importati attr
misure restrittive del commercio internazionale per legittimi motivi, es. tutela salute, dell’ambiente)
b. interpretazione dei trattati istitutivi di OI per attribuire poteri agli organi delle OI non espressamente previsti dal
Trattato istitutivo, attr l’uso di una particolare forma di interpretazione estensiva: la teoria dei poteri impliciti
c. in materia di tutela dei diritti umani per far prevalere l’interesse dei beneficiari di tali diritti, cioè i singoli
individui, piuttosto che quello degli Stati contraenti.

Modi di interpretazione: concreta att interpretativa: restrittiva, estensiva, evolutiva, autentica, giudiziale, unilateralistica, uniforme.
Interpretazione restrittiva: si basa sulla lettera del testo e tende ad escludere la possibilità di estendere il significato di certi termini
(es. un permesso di circolazione di cittadini stranieri viene interpretato escludendo dal termine cittadini gli apolidi). In passato era il
modo di interpretazione più usato per limitare la sovranità di uno Stato, mentre oggi la tendenza dei giudici internazionali e interni, va
verso le interpretazioni estensive, in particolare per i trattati istitutivi di OI

Interpretazione estensiva: permette di attribuire ai termini delle disposizioni di un accordo significati che vanno al di là del dato
testuale ma che essere ricavati dall’analisi sistematica del testo (prendendo in considerazione l’oggetto, lo scopo e il contesto
dell’accordo). Varianti dell’interpretazione estensiva:
Analogia: forma di interpretazione estensiva delle norme consuetudinarie che consiste nell’applicare una norma a un caso che non
prevede ma i cui caratteri essenziali sono analoghi a quelli del caso previsto, infatti è usata per disciplinare fattispecie nuove (es.
l’estensione per analogia delle norme consuetudinarie in materia di navigazione marittima a quella aerea e a quella cosmica)
Teoria dei poteri impliciti: usata per l'interpretazione dei trattati istitutivi di OI. La dottrina dei poteri impliciti è stata sviluppata
dalla Corte Suprema USA per estendere le competenze dello Stato federale a scapito degli SM. Secondo tale teoria, gli organi delle
OI possono esercitare i poteri espressamente attribuiti loro dal trattato istitutivo, ma anche i poteri non previsti dal trattato ma
necessari per l’esercizio dei poteri espressi. È un’eccezione del principio di attribuzione (gli organi di una OI non possono
esercitare poteri non previsti dal Tr istitutivo). La teoria dei poteri impliciti è stata applicata a:
● Carta ONU dalla CIG attr il metodo finalistico d’interpretazione: analizzando gli scopi delle NU, che infatti sono
caratterizzati da una forte indeterminatezza (art. 1: mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppare tra le nazioni
relazioni amichevoli, la cooperazione internazionale, il coordinamento dell’attività delle nazioni)
● Trattato CE: l’art. 308 (ora art. 352 TFUE) riconosce la possibilità per le istituzioni dell’organizzazione di ricorrere a poteri
impliciti (il Consiglio - organo comunitario in cui sono rappresentati gli Stati - può agire anche se un’azione è necessaria per
raggiungere uno scopo, senza che il trattato abbia previsto i poteri d’azione richiesti).
In seguito la CGUE ha usato la dottrina dei poteri impliciti per ampliare ulteriormente le competenze della CE a scapito di
quelle (concorrenti) degli SM in materia di conclusione di accordi internazionali, attr la teoria del parallelismo delle
competenze esterne ed interne: per il Trattato CE le istituzioni avevano solo competenze normative interne (potevano
adottare atti giuridici vincolanti per gli SM) mentre le competenze normative esterne (concludere accordi internazionali)
erano previste solo per alcune materie. La teoria del parallelismo prevede la competenza normativa esterna di concludere
accordi internazionali da parte delle istituzioni comunitarie, anche nei casi in cui hanno competenze normative interne, per
meglio perseguire gli scopi del trattati. Oggi l’UE ha il potere di concludere accordi internazionali anche nei casi in cui la
competenza normativa interna non è ancora stata esercitata.
La teoria dei poteri impliciti quindi si pone all’estremo opposto della vecchia tendenza all’interpretazione restrittiva dei trattati
internazionali. Opinione di Conforti: la teoria dei poteri impliciti è eccessiva, bisogna essere cauti nel trasferire sul piano del DI
dottrine particolari del diritto costituzionale interno, perché non c’è una vera e propria analogia tra organi statali e organi delle OI →
la teoria dei poteri impliciti può essere usata solo se resta nei limiti di un'interpretazione estensiva o analogica per garantire a un
organo il pieno esercizio delle funzioni che il trattato istitutivo dell’OI gli assegna, se tali limiti non vengono rispettati, ciò non
sarebbe giustificabile dal pdv giuridico e controproducente dal pdv politico.
Interpretazione evolutiva: il significato dei termini di un trattato va ricostruito alla luce della sensibilità e delle convenzioni sociali
attuali e non di quelle esistenti al momento della stipulazione, bisogna aggiornare i termini del trattato in base all’evoluzione storica
e sociale che si realizza dalla sua entrata in vigore. Ciò può condurre anche a esiti interpretativi piuttosto distanti dalle intenzioni
originarie dei suoi redattori ed è indicato per interpretare disposizioni pattizie formulate in modo ampio e destinate a disciplinare una
materia per un tempo indeterminato → come nel caso dei trattati sui diritti umani: es la Corte europea dei diritti dell’uomo considera
la Convenzione europea dei diritti dell’uomo come uno strumento vivente che deve essere interpretato alla luce delle condizioni di
vita attuali. La Corte ad es ha interpretato il concetto di vita familiare in modo evolutivo, tenendo conto delle mutate esigenze sociali,
in modo da includervi anche le coppie di fatto e quelle dello stesso sesso.

Interpretazione autentica: frutto di un accordo delle parti contraenti, in base al principio eius est interpretare cui est condere = chi
ha il potere di modificare una norma o abrogarla ha anche il potere di interpretarla

Interpretazione giudiziale: resa da un giudice o un arbitro internazionali

Interpretazione unilateralistica: resa dai singoli Stati contraenti al momento dei negoziati o della ratifica del trattato attr l’uso di
dichiarazioni interpretative, o dai giudici nazionali degli Stati contraenti che devono applicare l’accordo nei rispettivi ordinamenti. I
giudici nazionali hanno la tendenza di interpretare i termini tecnico-giuridici in chiave unilateralistica, attr le nozioni proprie
dell’ordinamento interno → effetto = uno stesso termine è oggetto di diverse interpretazioni da parte di più giudici nazionali. Quindi
c’è la necessità di evitare interpretazioni unilateralistiche e ricercare il significato autonomo delle clausole di un trattato.

Interpretazione uniforme: è resa da un giudice riguardi alle disposizioni di un trattato con effetti vincolanti all’interno degli
ordinamenti degli Stati contraenti, modo semplice per evitare rischi di interpretazioni unilateralistiche, perché si affida a un giudice
unico il compito di sciogliere i dubbi interpretativi con efficacia vincolante negli Stati contraenti. Una tecnica è il rinvio
pregiudiziale (usato in particolare nel diritto UE), che ogni giudice di ogni Stato parte di un certo accordo può effettuare ad un
giudice internazionale che emetterà una pronuncia interpretativa vincolante per tutti gli ordinamenti interni degli Stati contraenti.

Regole di interpretazione: regole giuridiche per l’individuazione della specifica norma da applicare al caso concreto:
➔ principio gerarchico: riguarda i rapporti tra norme di rango diverso (la norma di rango superiore prevale sulla norma di
rango inferiore). Non è applicabile ai rapporti tra accordi né a quelli tra consuetudine e accordo, perchè reciprocamente
derogabili, ma è applicabile ai rapporti tra: norme consuetudinarie e pattizie e norme cogenti (superiori perché inderogabili)
e norme di un trattato istitutivo di un’OI e gli atti derivati
➔ principio di posteriorità: principio generale di diritto, disciplina la successione nel tempo di norme di pari rango e nella
stessa materia (la norma successiva prevale su quella anteriore). Non è applicabile ai rapporti tra consuetudine ed accordo
➔ principio di specialità: principio generale di diritto, disciplina l’interpretazione dei rapporti tra consuetudine ed accordo,
per capire quale delle 2 applicare al caso concreto, se una fattispecie è regolata da entrambe: le consuetudini hanno efficacia
erga omnes, mentre gli accordi hanno efficacia limitata agli Stati contraenti → il principio di specialità si applica ratione
personarum (in base alla diversa efficacia delle norme consuetudinarie e dei trattati rispetto ai destinatari) → conseguenza:
l’accordo prevale sulla consuetudine che è una norma ad efficacia generale.

L’interpretazione dei trattati è regolata dagli artt. 31-33 della Convenzione di Vienna del 69: confermano la tendenza di riconoscere
un ruolo marginale al metodo soggettivo nell’interpretazione dei trattati, che prende in considerazione la volontà effettiva,
l’intenzione delle parti. Si sostiene infatti il metodo oggettivo: tiene in considerazione la volontà dichiarata, bisogna attribuire al
trattato il significato il significato che risulta dal suo testo, dai rapporti di connessione logica che intercorrono tra le varie parti del
testo e che corrisponde all’oggetto e alla funzione dell’atto che sono desumibili dal testo.
art. 31 Regola generale per l’interpretazione → par. 1: un trattato deve essere interpretato secondo il significato ordinario dei
termini del trattato nel loro contesto in base all’oggetto e allo scopo del trattato → l’interprete deve partire dal significato letterale
dei termini usati nel trattato . par. 2 → definisce il contesto in cui i termini del trattato si trovano: le altre disposizioni, preambolo,
allegati, protocolli aggiuntivi, altri accordi conclusi in rapporto col trattato e strumenti usati in occasione della conclusione del trattato
+ tra le varie interpretazioni possibili, bisogna prediligere quella che permette di realizzare meglio gli obiettivi del trattato
par. 3 → sancisce la rilevanza di
- accordi ulteriori: accordi successivi tra le parti per meglio chiarire le disposizioni del trattato
- prassi applicativa successiva di carattere interpretativo: gli Stati contraenti possono adottare comportamento in relazione
all’app di un trattato attr un tacito accordo o una consuetudine per attribuire una determinata interpretazione alle disposizioni
- qualsiasi norma pertinente di DI applicabile tra le parti: le norme di DI generale, quelle derivanti da altri trattati in vigore
tra le parti e quelle derivanti dagli atti vincolanti delle OI di cui gli Stati parte sono membri
L’art. 31 par. 3 lettera c) svolge anche il ruolo di coordinare disposizioni diverse del DI, come in caso di incompatibilità fra norme
convenzionali, es: l’Italia è parte del GATT (libera circolazione merci) e della Convenzione CITES (restringe la circolazione di certe
merci perché prodotto di certi animali in via di estinzione). I due accordi sono incompatibili e ciò si risolve con una norma
consuetudinaria o clausola di incompatibilità o violazione del CITES, salvo deroghe del GATT.
par. 4 → clausola di eccezione rispetto al par. 1: si può attribuire un significato particolare a un termine del trattato se questa era
l’intenzione delle parti, nel caso in cui le parti hanno effettuato un’interpretazione autentica del trattato (metodo soggettivo).
Il metodo soggettivo sta ottenendo una certa rivalutazione grazie ai lavori della CDI relativi alle riserve nei trattati e agli effetti
della guerra sui trattati. La CDI suggerisce di prendere in considerazione l’intenzione effettiva delle Parti per verificare se con la
formulazione di una riserva avevano l’intenzione di fuoriuscire o meno dall’accordo; oppure se lo scoppio di un conflitto armato tra
Parti contraenti di uno stesso accordo determini la sua estinzione o solo la sua sospensione tra gli Stati in conflitto.
art. 32 Mezzi complementari di interpretazione → i lavori preparatori e le circostanze in cui il trattato è stato concluso.
art. 33 Interpretazione dei trattati autenticati in più lingue → trattati multilaterali redatti in più lingue: se la comparazione dei testi
rivela una differenza di significato, va adottato il significato che si conforma meglio all’oggetto e allo scopo del trattato.
LA SUCCESSIONE DEGLI STATI NEI TRATTATI
La dottrina si chiede se quando uno Stato si sostituisce a un altro nel governo di una comunità territoriale (un territorio) è vincolato
dai trattati stipulati dal suo predecessore = se gli obblighi e i diritti pattizi che facevano dello Stato predecessore passano anche a
quello subentrante.
La sostituzione può avvenire per diverse cause e in diversi modi:
● distacco di parti di territorio ● incorporazione e fusione tra Stati
● smembramento di uno Stato ● mutamento radicale di governo
eventi che possono dar luogo all’estinzione dello Stato o alla sua sopravvivenza con territorio diminuito o aumentato ed all’eventuale
nascita di nuovi soggetti.
Tutto ciò corrisponde all'affermarsi, ritirarsi e espandersi della sovranità nazionale (effettivo esercizio del potere di governo
nell’ambito di un territorio).

La successione degli Stati nei trattati è oggetto di due distinti accordi di codificazione: la Convenzione di Vienna del 78 sulla
successione degli Stati nei trattati e la Convenzione di Vienna del 1983 sulla successione degli Stati in materia di beni, archivi e debiti
di Stato. La Convenzione di Vienna del 78 (entrata in vigore nel 96) è dedicata alla successione degli Stati rispetto ai trattati ed è
complementare a quella del 69 sul diritto dei trattati.
Oggi è stata ratificata solo da 23 Stati (tra cui non c’è l’Italia) e non corrisponde quindi al diritto consuetudinario.
Nella Conv: “successione” = sostituzione (senso atecnico) e “Stato successore” = Stato che subentra a un altro nel governo di un
territorio. Secondo Conforti, tale terminologia è criticabile e equivoca, perché non indica se lo Stato successore succeda anche in
senso giuridico (eredita gli obblighi e i diritti del predecessore), quindi sarebbe meglio parlare di Stato subentrante.

Sfera di applicazione → art. 7: la Conv si applica alle successioni tra Stati avvenute dopo l’entrata in vigore della Convenzione (se
uno Stato successore aderisce alla Conv, la sua adesione retroagisce fino al momento della successione se la Conv era già in vigore).
Uno Stato successore può dichiarare di voler applicare la Convenzione ad una successione avvenuta prima dell’entrata in vigore, ma
le parti devono accettare tale dichiarazione.

Trattati localizzabili
art. 12 Conv V 78 → principio res transit cum suo onere = lo Stato che in qualsiasi modo si sostituisce ad un altro nel governo di
una comunità territoriale è vincolato dai trattati localizzabili (che riguardano l’uso di determinate parti di territorio) conclusi dal
predecessore. ↪ trattati che istituiscono:
- servitù attive o passive verso i territori di Stati vicini - la libertà di navigazione sulle vie d’acqua
- la concessione in affitto di certe parti di territorio - smilitarizzazione di certe aree
- frontiere tra Stati vicini (accordi di delimitazione) → dubbi sulla loro appartenenza alla materia della successione, perché
una volta che la frontiera è stata determinata, poi non bisogna rispettare l’accordo di delimitazione ma il diritto di sovranità
territoriale di ogni Stato.
Gli accordi di natura politica (strettamente legati al regime precedente al cambiamento di sovranità) NON sono trasmissibili. Ciò è
dovuto all’app del principio generale rebus sic stantibus: un trattato si estingue se mutano le circostanze esistenti al momento della
sua conclusione. In caso di mutamento rivoluzionario di governo o di mutamento territoriale e di sovranità gli accordi di natura
politica si estingueranno, es. non c’è successione negli accordi che concedono parti di territorio per l’installazione di basi militari
straniere.
Anche i trattati sui diritti umani sono considerati come appartenenti alla categoria dei trattati localizzabili perché i diritti che
riconoscono appartengono alle persone che vivono sul territorio degli Stati parte.
I trattati localizzabili non sono parte del problema della successione degli Stati nei trattati, perché si applicano non in virtù di un
obbligo di successione ma del principio di sovranità territoriale: l’ente che subentra nella sovranità e nel governo di un territorio
deve accettarlo nello stato giuridico e con le limitazioni esistenti al momento dell’acquisto e previste da trattati territoriali.

Trattati non localizzabili


Le questioni di successione nei trattati non localizzabili in occasione di mutamenti territoriali dipendono dalla previa risoluzione delle
questioni di soggettività (determinazione della sopravvivenza di un soggetto e nascita di nuovi Stati), cioè dipendono da come viene
classificato il mutamento territoriale.

DISTACCO DI UNA PARTE DEL TERRITORIO → può avvenire per cessione o secessione.
Cessione: il territorio che si è distaccato dallo Stato entra a far parte del territorio di un altro Stato preesistente (es. annessione di
territori): gli accordi vigenti nello Stato che subisce il distacco non hanno più vigore rispetto al territorio che si è distaccato, mentre gli
accordi vigenti nello Stato che acquista il territorio si estendono automaticamente al territorio → mobilità delle frontiere dei trattati
+ vale la regola della continuità dei trattati (per contribuire allo sviluppo progressivo del DI).
Secessione: sul territorio distaccato si formano uno o più Stati nuovi (es. decolonizzazione: nascita dei nuovi Stati indipendenti che
erano colonie di grandi imperi): gli accordi vigenti nello Stato che subisce il distacco non hanno più vigore rispetto al territorio che ha
acquistato l’indipendenza e gli Stati nuovi hanno ottenuto l’app del principio della tabula rasa, codificato nell’art. 17 Convenzione
del 78: lo Stato che subentra non è regolato dagli accordi conclusi dal predecessore, lo Stato ex colonia che acquista l’indipendenza
dalla madrepatria nasce libero dai vincoli pattizi contratti dal predecessore.
L’applicazione del principio della tabula rasa cambia: il principio della tabula rasa subisce un temperamento nel caso dei trattati
multilaterali aperti → il nuovo Stato può procedere alla notificazione di successione = atto unilaterale che assicura la continuità degli
accordi conclusi dalla madrepatria per il nuovo Stato e attr cui il nuovo Stato dichiara di voler subentrare negli obblighi convenzionali
del predecessore con effetto retroattivo, dal momento dell’acquisto dell’indipendenza.
Accordi di devoluzione: tra la ex madrepatria e lo Stato di nuova indipendenza e permettono al nuovo Stato di subentrare nei trattati
già conclusi dalla madrepatria con Stati terzi, ma è sempre necessario il consenso dei terzi Stati contraenti.
SMEMBRAMENTO DI UNO STATO → affine all’ipotesi di secessione, perché in entrambi i casi si verifica una divisione del
territorio e della popolazione, ma differenze: la secessione non implica l’estinzione dello Stato che la subisce → c’è continuità
dell’organizzazione di gov preesistente MENTRE lo smembramento → lo Stato si estingue e si formano altri Stati nuovi → NO
continuità con il regime dello Stato preesistente. Quindi la dottrina mostra confusione:
1. lo smembramento è da assimilare al distacco per la successione nei trattati: bisogna applicare ai nuovi Stati nati per
smembramento il principio della tabula rasa temperato dalla regola che per i trattati multilaterali aperti c’è la possibilità di
procedere alla notificazione di successione
2. la Conv V del 78 invece sostiene il principio della continuità automatica dei trattati. La tesi favorevole alla continuità (tesi
negativista) deve risolvere il problema dell’identificazione degli enti che esercitano la sovranità su un territorio soggetto a
mutamenti e stabilire se la continuità giuridica degli obblighi pattizi è totale (se il sogg è sopravvissuto e deve quindi
rispettare gli obblighi del predecessore) o parziale (formazione di un nuovo sogg libero da ogni vincolo pattizio).
Esempi di smembramento: (Impero austro-ungarico dopo la 1gm e Repubblica federale tedesca e Repubblica democratica tedesca dal
Terzo reich dopo la 2gm, ma secondo una parte della dottrina la Rep federale era una continuazione del vecchio reich)
Iugoslavia: avvenuto attr dichiarazioni unilaterali e eventi bellici → si è discusso se si trattasse di smembramento o secessione → la
situazione della della ex Iugoslavia è stata qualificata come smembramento dagli Stati federati distaccatisi (Slovenia, Croazia,
Bosnia-Herzegovina, Macedonia) e come distacco dalla RFI (Serbia e Montenegro), che era considerata una continuazione dello
Stato della Iugoslavia e quindi reclamava la continuità in tutti i rapporti convenzionali del predecessore.
Ma quasi tutta la CI escludeva che la RFI fosse sopravvissuta allo smembramento era considerata uno Stato nuovo quindi non poteva
automaticamente ereditare i rapporti convenzionali del predecessore (es. nelle NU la RFI non ha occupato automaticamente il seggio
appartenuto alla ex Repubblica socialista e quindi ha dovuto presentare domanda di ammissione all’ONU come nuovo Stato)
Unione sovietica: smembramento avvenuto con degli accordi, effettuato concordemente con quello della Cecoslovacchia. Le ex
Repubbliche dell’URSS garantivano il rispetto degli obblighi internazionali derivanti dai trattati conclusi dall’ex URSS e la Russia ha
rivendicato la continuità in tutti i rapporti contrattuali del predecessore URSS, compreso il seggio nell’ONU e quello permanente
presso il CdS e la CI ha accettato tale rivendicazione. In realtà la Russia doveva essere considerata come uno Stato nuovo e doveva
quindi chiedere l’ammissione all’ONU (come per l’ex Iugoslavia) e poteva diventare membro permanente del CdS solo dopo
revisione della Carta. Il diverso trattamento riservato dall’ONU e dagli Stati alla RFI e alla Russia → frutto di valutazioni politiche:
per non lasciare vuoto il seggio permanente del CdS, l’ONU ha preferito accettare la successione automatica della Russia, mentre la
continuità della RFI nel seggio della ex Repubblica socialista di Iugoslavia veniva esclusa.
L’impostazione tradizionale mostra confusione perché si basa sulla previa determinazione della soggettività di uno Stato.
Si è cercato di risolvere il problema attr l’istituto del riconoscimento: atto esclusivamente politico e non giuridico, che si basa sulla
valutazione discrezionale sull’esistenza o meno di un sogg da parte di altri Stati, che però non determina realmente la reale esistenza o
meno di uno Stato (perché i requisiti per determinare la personalità giuridica internazionale sono effettività e indipendenza)

INCORPORAZIONE E FUSIONE TRA STATI → opposte a distacco e smembramento.


● incorporazione: uno Stato si estingue e passa a far parte di un altro Stato (es. formazione del Regno d’Italia e riunificazione
delle due Germanie) → l’incorporazione presenta continuità tra l’organizzazione di governo di uno degli Stati preesistenti
e l’organizzazione di governo che risulta dall’incorporazione. All’incorporazione quindi si applica la regola della mobilità
delle frontiere dei trattati: i trattati dello Stato che si estingue non sono più in vigore, mentre i trattati dello Stato
incorporante si estendono al territorio incorporato, es. i trattati del Regno di Sardegna si estesero al resto d’Italia, mentre
quelli degli altri Stati italiani si estinsero → per i trattati dello Stato incorporato vale il principio della tabula rasa
● fusione: 2 o più Stati si estinguono e danno vita a un nuovo Stato → alla fusione si applica il principio della tabula rasa: lo
Stato sorto dalla fusione (Stato nuovo che non presenta continuità con l’organizzazione di governo di uno degli Stati
preesistenti) è libero da impegni pattizi
Eccezione al principio della tabula rasa: se le comunità statali incorporate o fuse si estinguono come soggetti internazionali, ma
conservano una certa autonomia nell’ambito dello Stato incorporante o nuovo si instaura un vincolo federale. In questo caso la prassi
mostra l’affermarsi della continuità degli accordi, ma con efficacia limitata alla regione incorporata o fusa, es. gli accordi conclusi
dai Cantoni svizzeri continuarono ad essere validi nei rispettivi limiti regionali anche dopo la creazione della Confederazione elvetica.

MUTAMENTO RADICALE O RIVOLUZIONARIO DI GOVERNO → non è un mutamento territoriale, ma può comunque


determinare effetti sui trattati, avviene per vie extralegali e si instaura un regime radicalmente diverso senza che i confini vengano
toccati, es. avvento del regime sovietico in Russia nel 1917.
In questo caso muta la personalità di DI perché lo Stato come soggetto di DI si identifica con l’apparato di governo. C’è una
successione del nuovo governo nei diritti e negli obblighi contratti dal predecessore = tale mutamento non ha effetti sui trattati
conclusi dal precedente governo ad eccezione di quelli di natura politica o strettamente legati al regime preesistente, quindi
incompatibili col nuovo regime, si applica quindi il principio rebus sic stantibus: i trattati si estinguono se mutano le circostanze
esistenti al momento della loro conclusione = più il mutamento incide sulla struttura dello Stato, più numerose saranno le norme non
compatibili con il nuovo regime, che saranno quindi estinte.

Successione dei debiti contratti attr accordo internazionale


Successione nel debito pubblico: riguarda la successione internazionalmente imposta in situazioni giuridiche di diritto interno.
Se lo Stato predecessore ha contratto un debito nell’ambito di un accordo internazionale con un altro Stato o OI, si applica il
principio delle tabula rasa. Anche se la prassi più recente prevede un’equa ripartizione del debito concordata tra gli Stati sorti dallo
smembramento e tra questi e i soggetti creditori. L’equa ripartizione è dovuta alla necessità di continuare a godere del credito
internazionale e non alla convinzione di applicare regole di DI generale, anche se ciò può portare alla formazione di una norma non
scritta che impone l’accollo dei debiti del predecessore.
I debiti contratti dallo Stato con altri soggetti di DI è regolata da una Convenzione di codificazione: la Convenzione di vienna del
1983 sulla successione di Stati in materia di beni, archivi e debiti di Stato: per gli Stati sorti dalla decolonizzazione adotta il
principio della tabula rasa, per i mutamenti territoriali applica il principio della successione nei debiti del predecessore.
CAUSE DI INVALIDITÁ, ESTINZIONE E SOSPENSIONE DELL’APPLICAZIONE DEI TRATTATI
Analoghe a quelle dei contratti e disciplinate da norme consuetudinarie e da principi generali di diritto comuni agli ordinamenti
interni. Descritti nella Parte 5 della CVT/69. artt 42- 45:
- una causa di invalidità o di estinzione/sospensione può essere invocata solo in app della Convenzione, ma ogni Stato resta
vincolato dalle consuetudini sugli obblighi
- ogni Stato è comunque vincolato dalle norme consuetudinarie che hanno per oggetto obblighi previsti da un trattato
considerato nullo, sospeso o estinto
- principio della divisibilità del trattato: il recesso o la denuncia di un trattato cui i contraenti abbiano diritto a ricorrere per
sciogliersi dai loro obblighi coinvolge l’intero trattato a meno che le parti abbiano convenuto diversamente
- principio dell’estoppel: uno Stato contraente non può invocare una causa di estinzione, sospensione o invalidità di un trattato
se ha accettato di continuare a considerare in vigore l’accordo anche dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza di una
delle predette cause.

Cause di invalidità dei trattati


● violazione delle regole di diritto interno sulla competenza a stipulare: è una causa di invalidità solo se è una violazione
manifesta e riguarda una regola di importanza fondamentale
● errore: causa di invalidità perché può essere considerato un vizio dello Stato a vincolarsi al trattato se l’errore riguarda un
fatto che lo Stato supponeva esistente al momento della conclusione del trattato. Condizioni per invocarlo come causa di
invalidità: deve essere di fatto (una falsa rappresentazione della realtà), essenziale (una situa che lo Stato erroneamente
supponeva esistente al momento del consenso) e scusabile (lo Stato che invoca l’errore non deve averlo provocato)
● dolo: condotta fraudolenta della negoziazione, può essere invocato come causa di invalidità se il consenso dello Stato a
vincolarsi al trattato è stato viziato da un comportamento doloso di un altro Stato durante la negoziazione. Condizioni per
invocare il dolo come causa di invalidità: devono esistere tutte le caratteristiche dell’errore (ess, scusab, incolpevole)
corruzione dell’organo stipulante: sottospecie del dolo, viene applicata come causa d’invalidità solo per gli accordi in
forma semplificata, perché il procedimento di stipulazione in forma solenne prevede la partecipazione di più organi
● violenza sull’organo stipulante: il rappresentante dello Stato, plenipotenziario, viene in rilievo come individuo, non come
organo
● violenza sullo Stato nel suo complesso: se la conclusione di un trattato è stata ottenuta con la minaccia o l’impiego della
forza armata, il trattato è nullo. Condizioni per invocare l’uso della forza e la minaccia come cause di invalidità: l’uso della
forza deve riguardare:
○ la forza armata (altri tipi di pressioni, es. pressioni politiche o economiche, non sono comprese)
○ i rapporti internazionali, la violenza di tipo bellico , non l’uso della forza interna (= l’esercizio del potere di
governo, le misure di carattere coercitivo sugli individui)
validità dei trattati di pace: gli Stati vinci devono accettare la conclusione dei trattati di pace per porre fine al conflitto.
Secondo la dottrina il problema dei trattati ineguali (trattati rispetto cui una parte non ha disposto di un ampio margine di
potere contrattuale) non si risolve sul piano della validità, ma sul piano interpretativo, attr una interpretazione restrittiva
degli obblighi gravanti sulla parte più debole
● violazione di una norma cogente: norma consuetudinaria imperativa e inderogabile

Secondo la dottrina, la distinzione tra nullità e annullabilità di un atto, presente nel diritto interno, non si può applicare
all’ordinamento internazionale, ed è preferibile parlare di invalidità assoluta e relativa:
Invalidità relativa: un trattato può essere considerato invalido per una causa di invalidità relativa se:
- è invocata soltanto dalla parte contraente vittima del vizio → criterio della legittimazione attiva
- opera solo nei confronti di una disposizione del trattato, mentre il resto del trattato rimane valido → criterio della divisibilità
- l’esecuzione del trattato avviene nonostante la conoscenza del vizio → criterio della sanabilità
- se la parte contraente perde il diritto di invocare la causa di invalidità per effetto dell’esecuzione nonostante la conoscenza
della causa di invalidità
Invalidità assoluta: se la causa d’invalidità violenza sul plenipotenziario, sullo Stato e violazione di una norma cogente
- può essere invocata da qualsiasi parte del trattato
- se riguarda tutto il trattato, non solo alcune disposizioni
- non si può dare esecuzione al trattato (non si può sanare la causa di invalidità attr acquiescenza)

Cause esclusivamente di estinzione: denuncia, recesso, condizione risolutiva, termine finale, abrogazione espressa, abrogazione per
incompatibilità tra norme convenzionali, abrogazione per sopravvenienza di una nuova norma cogente
● denuncia o recesso: cause di estinzione, la denuncia per i trattati bilaterali, il recesso per i trattati multilaterali. Sono atti
formali con cui uno Stato dichiara alle parti contraenti la volontà di sciogliersi dal trattato.
La possibilità di denunciare o recedere deve essere prevista dal trattato espressamente (deve essere presente nelle
disposizioni) o implicitamente (deve essere possibile desumere tale possibilità dall’intenzione delle parti o dalla natura del
trattato).
Differenza tra denuncia e recesso: la denuncia estingue il trattato nel suo complesso, il recesso determina il venir meno della
partecipazione al trattato del solo Stato recedente, senza produrre effetti estintivi per le altre Parti contraenti.
Negli ultimi anni la prassi in materia di denuncia e di recesso si è intensificata, per alcuni studiosi ciò è espressione di una
crisi della cooperazione internazionale e del multilateralismo: es. Brexit (recesso Regno Unito, sulla base della clausola di
recesso art. 50 TUE).
● scadenza del termine finale: il trattato può contenere disposizioni sulla sua durata, es. estinzione nel 2002 del Trattato
istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), che prevedeva la sua durata di 50 anni.
● condizione risolutiva: il trattato si estingue nel momento in cui si verifica una certa condizione, la condizione risolutiva può
essere espressa (es. clausola rebus sic stantibus - mutamento fondamentale delle circostanze che indussero i contraenti a
concludere l’accordo), o implicita (risulta dalla volontà delle parti contraenti).
● abrogazione espressa: un accordo successivo tra le stesse parti e nella stessa materia abroga il trattato precedente.
● abrogazione per incompatibilità tra norme convenzionali: un accordo successivo sulla stessa materia e tra gli stessi
contraenti prevale su quello anteriore, abrogandolo, per il principio generale della successione delle leggi nel tempo, a
meno che non contenga clausole di compatibilità col trattato precedente facendone salva l’efficacia.
● abrogazione per sopravvenienza di una nuova norma cogente: in caso di sopravvenienza di una nuova norma imperativa
di DI generale, qualsiasi trattato esistente in conflitto con tale norma si estingue.

Cause sia sospensive che estintive: sospensione prevista espressamente dal trattato o per unanime consenso delle parti, sopravvenuta
impossibilità dell’esecuzione, inadempimento della controparte, la clausola rebus sic stantibus e guerra.
● inadempimento della controparte: la violazione sostanziale di un trattato (= violazione di una norma essenziale del
trattato) da parte di un contraente autorizza gli altri a sospendere o estinguere l’accordo. La CVT/60 contiene una deroga alla
possibilità di disapplicare gli accordi con carattere umanitario, in particolare per le disposizioni che proibiscono
rappresaglie nei confronti delle persone protette dai trattati umanitari.
● impossibilità sopravvenuta dell’esecuzione: se ha carattere definitivo (e quindi viene meno l’oggetto indispensabile
all’esecuzione del trattato) comporta l’estinzione dell’accordo, se ha carattere temporaneo è una causa di sospensione.
● principio rebus sic stantibus: codificazione di una norma consuetudinaria: art. 62 → un mutamento di circostanze rispetto
quelle che esistevano al momento della conclusione di un trattato (es in caso di guerra o mutamento radicale di governo) non
può essere invocato come causa di recesso o estinzione (un mutamento di circostanze non può causare l’estinzione
dell’accordo). Può essere considerato come l’antitesi del principio fondamentale di diritto dei trattati pacta sunt servanda.
Ma la disposizione dice anche che il mutamento di circostanze esistenti al momento della stipulazione dell’accordo può
essere una causa di estinzione o sospensione, se tale mutamento:
○ ha carattere essenziale (è una base essenziale del consenso delle parti a vincolarsi al trattato)
○ determina un grave sbilanciamento degli obblighi ancora da eseguire.
Effetti della guerra sui trattati: la CDI ha presentato un progetto di articoli che esclude che la sospensione o l'estinzione dei trattati
durante il conflitto armato operino automaticamente, ma che si debba procedere caso per caso:
1. accordi di DI bellico e umanitario: si applicano proprio in occasione di conflitti, sono stipulati proprio in vista della guerra
(es. convenzioni sulla condotta della guerra, sul diritto umanitario di guerra…)
2. tutti gli altri accordi tra gli Stati belligeranti vengono sospesi per tutta la durata delle ostilità → dopo la guerra bisogna
decidere se devono ritenersi estinti (come riteneva il DI classico) o possono rientrare in vigore perché sospeso solo per gli
Stati in guerra (come ritiene il DI di oggi).
Secondo Conforti, la prassi giurisprudenziale interna dimostra la tendenza a considerare estinti solo i trattati incompatibili con lo
stato di guerra → ciò porta a mettere in dubbio la guerra come causa di sospensione/estinzione e ad assimilarla ad un’ipotesi tipica del
principio rebus sic stantibus, in quanto bisogna verificare caso per caso se la guerra ha determinato un mutamento radicale delle
circostanze esistenti al momento della conclusione del trattato.
Secondo la Corte di Cassazione it la guerra estingue solo i trattati la cui osservanza è diventata incompatibile e impossibile, gli altri
trattati vengono solo sospesi dalla guerra. Anche per la CDI bisogna osservare la compatibilità del trattato con lo stato di guerra.
Trattati che continuano ad avere vigore durante il conflitto: trattati multilaterali di natura non politica e trattati bilaterali compatibili
con lo stato di guerra, es che creano regimi territoriali permanenti.

Operatività delle cause di estinzione, sospensione ed invalidità


Alcune cause di estinzione o sospensione possono operare automaticamente, e per altre la parte che la invoca deve notificare la sua
intenzione agli altri contraenti. La dottrina distingue i piani su cui una di queste cause può valere:
● piano interno: si verifica l’automaticità dell’operatività delle cause: i giudici nazionali tendono a risolvere le questioni
sulle cause di invalidità e estinzione dei trattati ai fini della soluzione del caso concreto. Cause che operano
automaticamente: la condizione risolutiva, il termine finale, la guerra, l’abrogazione espressa e per incompatibilità con un
accordo successivo. Gli effetti della decisione del giudice interno valgono però solo nel caso concreto, l’accordo resta vigente
sul piano internazionale.
● piano internazionale: se uno dei contraenti di un trattato vuole sciogliersi per una causa di invalidità o estinzione, deve
notificare la sua intenzione attr un atto unilaterale di denuncia o recesso, perché la maggior parte delle cause di invalidità o
estinzione dipendono da circostanze non oggettivamente rilevabili (difficili da provare o interpretare), ma valutabili
discrezionalmente dagli Stati, che quindi possono arbitrariamente sottrarsi ai loro obblighi convenzionali. Quindi l’atto di
denuncia è essenziale perché ha la funzione di rendere noto agli altri contraenti di voler considerare invalido o estinto il
trattato e sciogliersi da esso una volta per tutte.
La competenza a denunciare dipende dalle norme costituzionali di ogni Stato. In It si discute se per la denuncia degli accordi previsti
nell’art. 80 serve anche una legge del Parl, dato che tale art prevede l’autorizzaz del Parl al Gov nella ratifica di accordi internazionali.
Tesi preponderante: l’intervento del Parl non è necessario, anche se la situazione si sta evolvendo verso una maggiore collaborazione
tra Parl e Gov e viene sempre più richiesta una forma di assenso da parte del Parl sulla decisione presa dal Gov sulla denuncia.

Procedura della Convenzione di Vienna per far valere le cause d’invalidità, estinzione e sospensione
art. 65-68 → disposizioni NON codificatorie del diritto consuetudinario, ma applicabili al posto del normale atto di denuncia nei
rapporti tra le parti contraenti della Conv. Secondo la procedura, lo Stato che invoca un vizio del consenso deve notificare per iscritto
la sua pretesa alle altre parti del trattato. Se non vengono manifestate obiezioni, lo Stato può dichiarare che il trattato è invalido o
estinto. Se ci sono obiezioni, lo Stato che vuole sciogliersi e le altre parti contraenti devono cercare una soluzione alla controversia
entro 12 mesi, se entro tale termine ciò non avviene, si avvia una procedura conciliativa che sfocia in un semplice rapporto con
valore esortativo e se gli Stati non lo accettano, la pretesa dello Stato che invoca una causa resta paralizzata anche per sempre.
FONTI PREVISTE DA ACCORDI O DI TERZO GRADO
Fonti di terzo grado (collocate al terzo posto nella classificazione delle fonti - dopo i trattati e il diritto consuetudinario) o fonti
previste da accordi: atti giuridici di natura vincolante che si creano quando un accordo internazionale contiene norme non materiali o
sostanziali (non disciplinano direttamente una certa materia), ma norme formali o strumentali, che istituiscono procedure di
produzione normativa. Le fonti previste da accordi sono atti previsti nei trattati istitutivi di OI. Sono:
● alcune norme convenzionali contenute nella Carta delle Nazioni Unite
○ art. 17 par. 2: prevede che l’AG ONU emani deliberazioni con natura vincolante (quindi sono fonti di terzo grado)
per fissaer la ripartizione delle spese dell’ONU
○ art. 109: disciplina la procedura di revisione della Carta NU che prevede l’approvazione da parte dei 2 terzi e poi
la ratifica. Per i due terzi che approvano la revisione avrà valore di fonte di secondo grado (perché ratificano un
accordo) per il restante 1/3 avrà valore di fonte di terrzo grado.
○ art. 108: disciplina la procedura di emendamento della Carta (modifiche che non mutano l’assetto istituzionale
delle NU) ed è una norma sulla produzione giuridica che va considerata una fonte di terzo grado nei confronti degli
Stati membri ONU che in base a tale procedura non votarono a suo favore (gli emendamenti entrano in vigore per
tutti gli SM delle NU se sono adottati e ratificati dai 2/3 dei membri dell’AG compresi tutti i membri permanenti
del CdS)
● sentenza dispositiva: secondo Morelli è una sentenza diversa dalla sentenza di accertamento perché il giudice internazionale
risolve la controversia applicando criteri non giuridici (es. i principi di equità). La norma creata nella sentenza ha carattere di
norma sulla produzione giuridica, perché è l’accordo che conferisce al tribunale il potere di risolvere la controversia
● decisioni degli organismi tecnici creati da accordi: le convenzioni internazionali sulla tutela dell’ambiente
dall’inquinamento e sulla conservazione delle risorse prevedono che gli Stati contraenti si riuniscano in organismi per
adottare protocolli di attuazione della convenzione. Non sono vere e proprie OI perché non vengono creati organi
permanenti, ma le decisioni degli organismi creati sono dei veri e propri accordi, e in alcuni casi si possono adottare decisioni
a maggioranza qualificata che vincolano poi tutti i contraenti. Secondo Conforti, dato che queste decisioni derivano la loro
forza vincolante dall’accordo originario, sono fonti di terzo grado.
● atti delle OI: fenomeno più importante, per qualità e quantità, di fonti di terzo grado, le OI possono produrre atti vincolanti
se previsto da trattato istitutivo. La produzione di atti giuridici vincolanti è una delle attività delle OI (insieme a vincolanti,
favorire la cooperazione tra Stati promuovendo progetti di convenzioni internazionali e emanare raccomandazioni - atti
giuridici non vincolanti e con valore di esortazioni).

La dottrina definisce la natura giuridica delle fonti di terzo grado tenendo in considerazione il carattere cogente o meno delle
norme contenute nel trattato e la presenza o meno di un organo giurisdizionale che controlli la corretta app delle norme del trattato
(se tale organo esiste, come nell’UE la CGUE, gli atti avranno natura giuridica di fonti subordinate all’accordo che li ha prodotti).

Atti di soft law: atti privi di conseguenze giuridiche, una sorta di diritto affievolito, morbido. Sono una serie di accordi che si
sviluppano lungo le frontiere del diritto e che spesso preparano la formazione di vere norme giuridiche, perché esprimono tendenze
moderne della CI e permettono di raggiungere una certa convergenza su temi su cui gli Stati difficilmente sono in grado di
raggiungere un accordo che preveda obblighi ⊠ vincolanti. Sono:
● raccomandazioni delle OI: non hanno natura vincolante, esprimono solo un’esortazione agli SM a tenere un certo
comportamento
● dichiarazioni di principi dell’AG dell’ONU: non hanno carattere vincolante ma possono svolgere una funzione nella
ricostruzione e cristallizzazione del DI consuetudinario.
● codici di condotta, standards internazionali, linee-guida, Dichiarazioni: gli Stati sono riluttanti a assumere impegni
convenzionali obbligatori in materie di particolare interesse per tutta l’umanità (tutela dei diritti dell’uomo) e materie che
implicano grandi interessi economici (tutela dell’ambiente e relazioni commerciali).
Sono norme non vincolanti con valore di suggerimento agli Stati, che se vogliono possono conferire carattere vincolante ad
esempio adottandole come leggi interne.
Top law: diritto presidenziale o di vertice → dichiarazioni emanate da conferenze o riunioni periodiche di alto livello (es. G7, G8, G
20, G24, G27

Atti vincolanti
Draetta: devono essere considerati più come un’eccezione e non come una regola, tranne nel caso dell’UE, ma in genere le OI
preferiscono atti che pregiudichino il meno possibile le prerogative sovrane degli SM. Gli atti vincolanti possono avere un effetto:
● reale: non c’è bisogno di nessun provvedimento dello Stato perché l’atto possa dispiegare i suoi effetti → sono atti
direttamente vincolanti per gli individui e lo Stato non deve emanare un atto di esecuzione, ma (Draetta) bisogna ricordare
che ciò si verifica perché gli Stati vi hanno consentito, dando esecuzione a trattati di cui hanno previsto l’applicabilità diretta
e un meccanismo di adattamento automatico del diritto interno agli atti dell’OI → sono atti con un contenuto dettagliato
tale da non necessitare di norme di attuazione interne → atti self-executing. Nel sistema UE tali atti sono:
○ regolamenti: provvedimenti a portata generale, obbligatori in tutti i loro elementi e direttam applicabili negli SM
○ decisioni: atti obbligatori ma diretti a singoli Stati o individui
● obbligatorio: gli SM devono adottare procedimenti di esecuzione e attuazione (se non adempiono quest’obbligo sono
responsabili a livello internazionale), hanno un contenuto programmatico e quindi lo stato deve emanare opportune misure
di attuazione, che lasciano un maggior margine di discrezionalità agli SM e un minore sacrificio della loro sovranità. UE:
○ direttive: considerate come atti parzialmente vincolanti perché vincolano solo per il fine e non i mezzi per
raggiungerlo, ma in realtà il contenuto della direttiva è interamente vincolante, anche se programmatico e non
comprende norme di dettaglio (esistono anche le direttive dettagliate, che si distinguono con difficoltà dai
regolamenti)
- Nell’ambito delle NU sono vincolanti le decisioni dell’AG ad es in materia di ammissione e espulsione di membri,
ripartizione delle spese e le risoluzioni operative (atti che non hanno carattere normativo, perché non impongono una
condotta da seguire, ma sono finalizzati ad es all’esecuzione di programmi tecnici di aiuto allo sviluppo) anche il CdS adotta
risoluzioni operative in materia di mantenimento della pace, in base all’art. 42 Carta (misure implicanti l’uso della forza per
ristabilire la pace, nella prassi non ha mai avuto attuazione) e all’art. 41 (secondo cui il CdS può decidere misure non
implicanti l’uso della forza)
- risoluzioni organizzative: relative all’istituzione di organi e membri, sono i trattati istitutivi e Protocolli annessi
- atti interorganici: adottati dagli organi di un’OI e ne sono destinatari altri organi, hanno una rilevanza meramente interna
e possono essere proposte, pareri, autorizzazioni, approvazioni, direttive o raccomandazioni.
- accordi interistituzionali: fenomeno che si è sviluppato particolarmente in seno al sistema UE, sono accordi conclusi tra
organi dell’organizzazione per agevolare l’app delle norme del TUE.

Atti non vincolanti: sono meno intrusivi nella sovranità statale e quindi sono i più frequenti:
● pareri: possono anche essere rivolti non a un organo della stessa OI ma anche a un’altra OI (es. pareri della CIG)
● raccomandazioni: atto più usato dalle OI. Non hanno un valore vincolante ma esortativo, quindi non fanno propriamente
parte delle fonti previste da accordi.
Per quanto riguarda la loro rilevanza giuridica, Conforti e Draetta sottolineano 2 aspetti:
○ l’obbligo dei destinatari di una raccomandazione di tollerare l’ingerenza dell’org nei loro affari interni: l’ingerenza
da parte di un soggetto della CI negli affari di un altro soggetto costituisce un illecito sul piano del DI → la
rilevanza giuridica della raccomandazione corrisponde al fatto che da essa deriva l’obbligo per i destinatari di
tollerare tale ingerenza
○ effetto di liceità delle raccomandazioni → lo Stato che in osservanza di una raccomandazione viene meno agli
obblighi assunti nei confronti di altri SM dell’OI, non commette illecito, purché la raccomandazione sia legittima
(non fuoriesca dalle competenze proprie degli organi). Tale tesi era ricavabile dalla prassi delle NU, le
raccomandazioni non erano numerose come oggi.
Altra tesi inaccettabile: inosservanza reiterata della raccomandazione → se uno Stato si rifiuta di osservare una serie di
raccomandazioni, il comportamento è illecito dato l’obbligo di cooperazione dei trattati istitutivi di OI. Ma in questo senso le
raccomandazioni diventerebbero obbligatorie e il principio di cooperazione tra gli SM non può sovvertire la caratteristica
fondamentale dell’atto: non vincolare il destinatario.

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
unioni di Stati che si realizzano con accordo internazionale, detto Trattato istitutivo o Carta o Convenzione per il raggiungimento di
scopi comuni → per l’attuazione di tali interessi comuni l’organizzazione si dota di organi con funzioni legislative, esecutive e
giurisdizionali, a seconda del grado di cooperazione che gli Stati membri vogliono raggiungere.

Draetta: strumento di cooperazione tra Stati più sofisticato, un apposito apparato ottiene dagli Stati la titolarità e la gestione degli
interessi comuni degli Stati.

Gli accordi stipulati dalle OI producono diritti e obblighi propri dell'organizzazione e non hanno effetti giuridici negli SM, possono
anche comportare il trasferimento di poteri sovrani dei singoli Stati in favore dell’organizzazione: creando un’organizzazione
internazionale, lo Stato cede una parte della sua sovranità in una data materia all’organizzazione → le org internazionali hanno quindi
una soggettività a carattere derivato
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Draetta: gli Stati accettano che per perseguire l’interesse comune venga sacrificato il suo interesse specifico.
Fasi dell’instaurazione di una cooperazione che porta alla creazione di un’OI:
1. prima di cooperare tra loro, gli Stati hanno bisogno di stabilire contatti reciproci, attr ambascerie (organi dello Stato di
appartenenza, possono essere avere carattere di bilateralità, se instaurano una relaziona tra 2 Stati, o di generalità, se si
occupano di tutti i rapporti tra 2 Stati) o conferenze internazionali (istituiscono riunioni di organi - ogni delegato
rappresenta il proprio Stato di appartenenza, la prima conferenza int è il Congresso di Westfalia 1648 a cui si fa risalire la
struttura attuale della CI e i contatti stabiliti attr le conferenze possono essere multilaterali o specifici, quando l’oggetto delle
conferenze è ben determinato)
2. gli Stati possono usare i contatti reciproci creati attr ambascerie e conferenze per diversi fini e ciò può portare alla creazione
di attività concertate (es. Concerto europeo del 19 sec tra le grandi potenze europee o l’attività concertata delle potenze
industrializzate G-20, G-24..).
Ma gli Stati desiderano instaurare tra loro forme permanenti di cooperazione più sofisticate, adottando una condotta comune
nelle materie in cui hanno un bisogno comune. La condotta comune può assumere varie forme di collaborazione:
a. rappresentanza: avviene spesso in campo diplomatico: uno Stato che non ha un’ambasciata in uno Stato terzo si fa
rappresentare da uno Stato amico (es. è ciò che prevedono le norme sulla cittadinanza europea)
b. organo comune: gli Stati con interessi comuni creano un apposito organo attr cui svolgono una condotta comune,
es gli organi di una confederazione finché gli Stati confederati restano sovrani. Organo comune ≠ organo di un’OI
→ non è comune agli SM dell’OI perché la sua attività si imputa all’OI stessa non agli SM
3. Queste forme di cooperazione non contemplano ancora la possibilità che ci sia tra gli Stati un interesse unitario che possa
imporsi all’interesse particolare di ogni Stato. La gestione dell’interesse unitario non può essere affidata agli Stati, ma gli
Stati dovrebbero realizzare un’istituzionalizzazione della cooperazione attr la creazione di organi che devono gestire
l’interesse comune → ciò determina la creazione di un’organizzazione internazionale, che secondo Draetta fanno quindi un
servizio pubblico internazionale.
Con il tempo gli interessi unitari che meritavano tutela da parte di OI sono aumentati di livello, fino a comprendere interessi
vitali, come il mantenimento della pace (NU) e l’istituzione di un mercato interno e di una moneta unica (UE).
Nella gestione dell’interesse comunitario degli SM, l’OI si sostituisce agli SM perché hanno consentito tale sostituzione che comporta
il sacrificio dei loro interessi particolari in conflitto con l’interesse unitario. Per questo Draetta paragona le OI ai consorzi: sia i
consorzi che le OI perseguono finalità che non potrebbero essere altrettanto efficacemente raggiunte con l’azione individuale dei loro
membri, non svolgono attività solo nei confronti dei loro membri ma anche nei rapporti giuridici con terzi per perseguire l’interesse
comune, quindi assumono una personalità autonoma rispetto a quella dei membri.
Nei casi in cui la collaborazione non è solo tecnica, ma assume una connotazione politica, il fenomeno di integrazione assume un
carattere evolutivo e può essere l’inizio della creazione di un nuovo Stato, ciò determina quindi l’estizione dell’OI, ma Draetta la
definisce una conseguenza estrema in quanto la gestione dell’interesse unitario da parte delle OI si basa su un contemperamento con
gli interessi particolari degli Stati e la prevalenza dell’interesse comune è possibile solo perché gli Stati hanno sacrificato i loro
interessi particolari.

I trattati istitutivi di OI hanno un’efficacia inter partes (non valgono nei confronti di terzi - res inter alios acta) e le OI sono enti
strumentali a carattere funzionale di natura ausiliaria rispetto agli SM, i quali conservano nei loro confronti, il potere costituente:
A. gli Stati hanno sempre il potere di modificare i trattati istitutivi delle OI di cui sono membri, attr il procedimento estero o
extra-organico di modifica
B. le clausole del trattato istitutivo permettono agli organi dell’OI di elaborare nuove norme emendate, attr il procedimento
organico di modifica, solo perché gli SM vi hanno preventivamente consentito.
Due eccezioni alla regola per cui i trattati istitutivi di OI possono essere considerati come tutti gli altri trattati internazionali:
1. il trattati istitutivo non può essere oggetto di riserve, perché c’è l’esigenza che tutti gli SM siano vincolati dalle stesse regole
(le cooperazioni rafforzate nell’ambito dell’UE sono un’eccezione)
2. il trattato istitutivo tende a prevalere su tutte le altre norme convenzionali tra gli SM nelle materia di competenza dell OI →
prevalenza espressamente prevista dall’art. 103 della Carta ONU.
I trattati istitutivi contengono due tipi di norme:
1. costituzione esterna: norme relative alla costituzione stessa dell’OI, alla sua membership e ai diritti e doveri degli SM
2. costituzione interna: norme sulla struttura dell’org e sul funzionamento dei suoi organi
Se queste norme attribuiscono diritti e doveri all’OI verso gli SM, la loro obbligatorietà deriva dal preventivo assenso
espresso dagli SM nella costituzione esterna → le norme della costituzione interna sono derivate rispetto a quelle della
costituzione esterna

Estinzione di un’OI → è un puro fatto, non un atto giuridico. Un’OI cessa di esistere quando i suoi organi cessano di svolgere i
compiti loro affidati.

Successione delle OI → non è automatica come quella tra Stati (enti territoriali), ma è una successione dell’esercizio di alcune
funzioni. Es. successione delle NU alla SdN, a causa dell'incapacità di realizzare i suoi scopi o la successione dell’UE alla CECA.

Acquisto della qualità di membro di un’OI → soggetti che stipulando il trattato istitutivo sono definiti membri fondatori o
originali e tale status è collegato a certi diritti, e il possesso dei requisiti per loro per essere membri dell’organizzazione è presunto e
non va accertato come per i nuovi membri. Le OI possono essere aperte o chiuse a seconda che permettano o meno l’entrata di nuovi
membri. Ma tale distinzione è ambigua:
- nessuna OI può essere considerata come chiusa dato che i membri originari possono sempre ammettere un nuovo membro
con decisione unanime, sulla base del loro potere costituente
- un’OI è davvero aperta solo in caso in cui il suo statuto permetta a un soggetto terzo di aderire semplicemente con una
manifestazione di volontà.
Distinzione tra adesione e ammissione:
● adesione: i membri originari esprimono la loro volontà di aggiungere un nuovo membro, inserendo nel trattato istitutivo
un’apposita clausola di adesione e il nuovo membro entra nell’OI solo manifestando la sua volontà di aderire
● ammissione: il nuovo membro richiede di entrare nell’OI e in seguito i membri originari fanno un negoziato sulle condizioni
dell’ingresso.
La prassi non rispetta sempre tale distinzione e alcune OI contemplano entrambe le forme di ingresso di nuovi membri, es. OMS
prevede l’adesione per gli SM delle NU e l’ammissione per gli altri.
Con l’ingresso nell’OI il nuovo membro accetta i diritti e obblighi derivanti dal trattato istitutivo (diritto primario) e quelli derivanti
dagli atti dell’OI (diritto secondario) → acquis dell’organizzazione: il trattato di ammissione fornisce al nuovo membro un periodo
per adattarsi all’acquis.

Perdita della qualità di membro di OI → 2 casi di perdita della qualità di membro di un’OI:
1. contro la volontà del membro:
a. espulsione: perdita permanente della qualità di membro, è collegata alla violazione grave dei principi dello statuto
dell’organizzazione, poco usata nella prassi
b. sospensione: violazioni meno gravi, vengono sospesi i diritti e privilegi di membro dell’org, ma lo Stato sospeso
deve comunque adempiere ai suoi obblighi
2. per volontà del membro → recesso: negli statuti la possibilità di recedere è sottoposta a 2 requisiti:
a. il membro che vuole recedere deve dare all’org un congruo preavviso
b. il membro recedente deve aver osservato gli obblighi che derivano dall’appartenenza all’OI
Disciplina del recesso nell’UE: art. 50 TUE, permette il recesso senza la necessità di presentare particolari motivazioni e senza
bisogno del consenso degli altri SM. Uniche formalità previste dall’art. 50: notifica al Consiglio europeo dell’intenzione di uscire
dall’UE > negoziato tra UE e tale Stato, per raggiungere un accordo sulle modalità del recesso. Procedimento usato per la prima volta
per la Brexit.

Rapporto sociale (o associativo): insieme dei diritti e obblighi connessi con lo status di membro di un’OI, fa parte della costituzione
esterna dell’OI. I vincoli che legano tra loro i membri di un’OI sono solo di natura volontaria, non esistono forme di partecipazione
obbligatoria a un’OI, perché tali forme sarebbero incompatibili con la sovranità degli SM.
● diritti dei membri delle OI: partecipare alla vita sociale, pretendere dagli altri membri il rispetto dei loro obblighi
associativi e usufruire dei servizi offerti dall’organizzazione. Il diritto più importante è il diritto di voto: è uguale per tutti
(segue il principio uno Stato un voto) ma possono esserci delle eccezioni e qualche SM può essere privilegiato (come nel
caso del diritto di veto dei membri permanenti CdS ONU e del voto ponderato)
● obblighi dei membri delle OI: quelli indicati nelle disposizioni del trattato istitutivo e negli atti vincolanti dell’OI, gli SM
sono tenuti al rispetto di tali obblighi dal principio pacta sunt servanda e dall’art. 26 CVT/69 secondo cui ogni trattato
obbliga le parti e deve essere eseguito in buona fede. In caso di violazioni di obblighi sono previste sanzioni, come
affievolimento del diritto di voto e a volte le sanzioni sono normative (rimuovono l’illiceità del comportamento dello Stato
offeso per contrastare la violazione dei suoi obblighi da parte di un altro SM, come nel caso dell’autodifesa individuale).
Prassi NU: in caso di violazione da parte di uno SM dei principi enunciati dalla Carta, è prevista prima la sospensione dei
diritti e privilegi e poi l’espulsione.
Prassi UE:
○ procedura di allarme: il Consiglio può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di
uno SM dei valori dell’art. 2.
○ procedura ordinaria: il Consiglio europeo può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente di uno
SM dei valori dell’art. 2

Per proteggere le funzioni delle OI vengono emanati accordi sulle immunità e privilegi delle OI, infatti le OI godono di
un'autonomia giuridica separata da quella degli SM. Tali accordi riguardano: immunità giurisdizionale (le OI non possono essere
portate in tribunale senza il loro consenso), immunità fiscali e doganali, immunità della sede, privilegi di comunicazione, immunità
delle attività ufficiali, immunità delle risorse finanziarie.

Finanziamento delle OI → c’è una parte di contributi obbligatori (più il livello di integrazione degli SM di un’OI è avanzato, più
gli obblighi di finanziamento degli SM sono consistenti, previsti dal trattato istitutivo), contributi volontari (casi in cui la
dipendenza economica dell’OI dagli SM è massima) e risorse proprie (provenienti da persone fisiche o giuridiche)

Possono avere una o più sedi → accordi di sede per stabilire la sede e protocolli per stabilire le funzioni degli organi
Le org possono fare accordi di collegamento tra loro (o ad es anche tra ONU e le sue organizzazioni interne).
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Personalità internazionale OI ≠ personalità di diritto interno delle OI:


pers ⊠ = le OI sono destinatarie di diritti e obblighi e possono tutelare i loro diritti davanti alle Corti internazionali
(Definizione di Draetta) Ordinamento interno di un’OI: complesso di norme che regola l’assetto giuridico dei rapporti tra i suoi
soggetti (SM, l’org stessa e i destinatari dei suoi atti). L’esistenza di un ordinamento interno delle OI prescinde dalla loro soggettività
internazionale. È un ordinamento derivato dal DI generale, ma nonostante ciò l’ordinamento delle OI è distinto e autonomo rispetto
al DI generale, ha proprie fonti, ambito di efficacia e destinatari (SM, org stessa, i suoi organi e le PF e PG negli SM).

Ormai è superata la concezione classica secondo cui solo gli Stati possono essere soggetti di DI, in quanto possono essere soggetti di
DI anche enti dotati di un certo grado di indipendenza ed operanti sul piano dei rapporti internazionali.
Le OI hanno piena soggettività internazionale. La CIG ha riconosciuto tale soggettività, ma la capacità di tali enti di essere
destinatari di diritti ed obblighi sul piano internazionale risulta limitata rispetto a quella degli Stati, a causa della loro natura non
territoriale (non tutte le norme, soprattutto quelle relative alla sovranità ed all’integrità territoriale, trovano per esse applicazione) e
del carattere derivato dagli Stati.

Draetta fa notare che nel parere della CIG del caso Bernadotte, la CIG riconosce la personalità giuridica internazionale alle NU
dicendo che l’org è una persona internazionale, non perché è uno Stato, ma perché i suoi diritti e doveri dipendono dai suoi scopi e
dalle sue funzioni, è un’entità collettiva distinta dagli SM.

Caso Bernadotte → 1949 parere della CIG: riparazione dei danni subiti al servizio delle Nazioni Unite.
Il conte svedese Bernadotte fu ucciso insieme ad suo collaboratore da un gruppo di estremisti ebraici nel 1948 a Gerusalemme, dove si
trovava in qualità di mediatore per l’ONU nell’ambito della controversia israelo-palestinese. L’ONU considerava responsabile il
Governo israeliano per non aver varato le misure idonee a prevenire i due attentati.
Prima di riconoscere all'OI la capacità di presentare un reclamo internazionale, la CIG doveva valutare se l’OI aveva la
personalità giuridica internazionale, esaminando la Carta ONU, che non riconosce espressamente tale soggettività. Quindi
bisognava considerare quali caratteri e quali fini essa intende attribuire all’OI. Secondo il parere della Corte:
- “l’Organizzazione era destinata ad esercitare funzioni e godere di diritti che non possono spiegarsi se non con il possesso in
ampia misura di personalità internazionale e della capacità di agire sul piano internazionale” → per perseguire gli scopi
previsti dalla Carta, l’OI deve avere una personalità giuridica internazionale
- “non potrebbe rispettare l’intenzione dei suoi fondatori se fosse sprovvista di personalità internazionale” → la CIG
riconosce quindi la volontà degli Stati di dotare implicitamente le NU di personalità giuridica internazionale

3 tipi di approcci per accertarsi della personalità giuridica internazionale di un’OI:


1. TESI SOGGETTIVISTICA: prende in considerazione la volontà degli SM dell’OI = ricerca nel trattato istitutivo di
eventuali disposizioni sulla PGI dell’OI.
Tesi criticata: secondo una parte della dottrina non è sufficiente che ci sia solo una disposizione sulla personalità giuridica
internazionale dell’OI → tale critica si basa sul principio dell’inefficacia dei trattati nei confronti di Stati terzi: i trattati
istitutivi delle OI devono valere solo per gli SM e non possono avere effetti sugli Stati terzi, e il riconoscimento della
personalità giuridica internazionale dell’OI può avere effetti nei confronti degli Stati terzi
2. TESI OGGETTIVISTICA: la personalità ⊠ deve riguardare solo gli elementi oggettivi → autonomia e organi che
esprimono la volontà dell’OI → critica: dato il carattere derivato delle OI, la volontà degli SM deve essere sempre presa in
considerazione
3. TESI FUNZIONALISTA: approccio prevalente oggi, sintesi tra le prime 2: le disposizioni sulla PGI dell’OI non bastano
per accertarsi della sua PGI, ma deve essere accertata dal concreto atteggiarsi dell’org nei confronti degli altri soggetti del DI,
mentre il riconoscimento dell’OI ad opera di Stati terzi è un riconoscimento soltanto dichiarativo e non costitutivo.
Draetta sottolinea che: solo attr il principio di effettività si può determinare se un’OI è un soggetto di DI. Le OI non
derivano la loro personalità dal loro trattato istitutivo, ma dall’effettivo esercizio delle funzioni loro affidate dagli SM.

Requisiti minimi per la creazione di un’OI: apparato istituzionale permanente e consistente, gli atti emanati dalle istituzioni dell’OI
devono essere imputati all’OI e non agli SM, esistenza del trattato istitutivo.

Indicatori PGI delle OI: rafforzano i requisiti minimi, elementi dai quali si può dedurre l’esistenza della PGI di un ente:
- capacità di concludere accordi internazionali
- partecipazione dell’OI alla creazione di norme internazionali
- capacità dell’OI di agire a livello internazionale per far rispettare un determinato obbligo
- possibilità di partecipare a procedure giudiziarie ⊠ e la risoluzione delle controversie di cui l’organizzazione è parte
- partecipare ad altre OI
- godimento di privilegi e immunità per l’OI ed i suoi funzionari

Draetta elenca le conseguenze che derivano dalla soggettività internazionale delle OI:
● responsabilità internazionale: la loro attività esterna è giuridicamente imputabile a esse. Per realizzare la responsabilità
internazionale di un’OI devono concorrere un elemento oggettivo (violazione di una norma di DI) e un elemento soggettivo
(imputabilità dell’atto illecito a un organo dell’org)
● capacità delle OI di concludere accordi internazionali
● le OI in quanto soggetti di DI con capacità di concludere accordi, possono intrattenere relazioni diplomatiche attr legazioni
attive (missioni diplomatiche in altri Stato o OI) o passive (ricevendo missioni diplomatiche di altri soggetti di DI)
● possono attuare procedimenti di risoluzione delle controversie
● emanare atti unilaterali (convocazione di conferenze internazionali, riconoscimento di Stati e governi).
Nazioni Unite
ONU: creata con la Carta di San Francisco nel 1945, al posto della Società delle Nazioni, vi fanno parte quasi tutti gli Stati del mondo
ente multifunzionale a carattere politico e vocazione universale
art. 1: scopi dell’OI → ampi e indeterminati. 3 grandi settori di competenza dell’ONU: mantenimento della pace + sviluppo di
relazioni amichevoli tra gli Stati, fondati sul rispetto del principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli +
collaborazione economica, sociale, culturale e umanitaria

Assemblea Generale → è composta di tutti gli SM dell’ONU. Compiti:


- costituire un forum di discussione dei maggiori problemi internazionali in materie che rientrino nei fini dell’organizzazione
- esaminare i principi generali in tema di mantenimento della pace (es. disarmo e disciplina degli armamenti)
- studi sulla codificazione e lo sviluppo progressivo del DI attr la CDI
- formulare raccomandazioni per la risoluzione pacifica delle controversie
Ha solo poteri non vincolanti perché può adottare solo raccomandazioni o dichiarazioni di principi, ma
- ha una competenza vastissima ratione materiae
- per l’art. 17 l’AG dispone di una competenza a decidere in modo vincolante per gli SM sulle spese dell’organizzazione.

Consiglio di Sicurezza → organo a composizione ristretta: composto di 15 Stati membri di cui


5 membri permanenti (Cina, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Russia): hanno diritto di veto (possono impedire col loro voto
negativo l’adozione di qualsiasi delibera) + 10 sono eletti dall’AG e durano in carica due anni.
È l’organo più importante dell’ONU perché (1) gli SM gli hanno affidato la responsabilità principale del mantenimento della pace e
della sicurezza internazionale (ha una competenza limitata ratione materiae) e (2) ha poteri decisionali vincolanti.

Consiglio economico e sociale → organo composto da 54 SM eletti per tre anni, posizione subordinata rispetto all’AG. Compiti:
- promozione di studi su questioni internazionali di natura sociale, sanitaria, culturale, educativa
- raccomandazioni per promuovere il rispetto dei diritti umani
- coordinare le attività degli Istituti specializzati
- eseguire le raccomandazioni dell’AG, per le materie di sua competenza

Consiglio di amministrazione fiduciaria → ormai non ha più compiti da svolgere, perché ha competenze nel controllo
sull’amministrazione dei territori coloniali.

Segretario generale → a capo del Segretariato, è l’organo esecutivo dell’ONU: viene eletto dall’AG su proposta del Consiglio ed è
il più alto funzionario dell’Org. Depositario degli accordi internazionali conclusi dagli SM.
Corte internazionale di giustizia → principale organo giurisdizionale dell’ONU, maggior tribunale internazionale, è composta di
15 membri eletti dall’AG e dal Consiglio di sicurezza. Tutti gli SM dell’ONU aderiscono allo Statuto della CIG.
Compiti: risolvere le controversie giuridiche esclusivamente tra Stati e emanare pareri consultivi di natura non vincolante su
richiesta dell’AG o del CdS.

Organi sussidiari → creati da AG e CES, coprono tutti i settori in cui le NU operano: tutela dei diritti umani, mantenimento della
pace, codificazione del diritto internazionale, cooperazione economica: UNICEF (Fondo delle NU per l’infanzia), Consiglio dei diritti
umani, Commissione del diritto internazionale, Commissione per il disarmo, Commissione per la ricostruzione della pace

ATTI DELL’ONU: Gli atti degli organi ONU sono generalmente non vincolanti: risoluzioni che contengono dichiarazioni di
principio o raccomandazioni. Ma può anche adottare atti vincolanti per gli Stati membri: decisioni CdS in materia di mantenimento
della pace, risoluzioni AG in materia di spese dell’Organizzazione e sentenze della CIG.
raccomandazioni, risoluzioni organizzative, risoluzioni operative, dichiarazioni di principi, decisioni vincolanti di AG e CdS (vedi
“atti di soft law” e “atti vincolanti”)

Gli Istituti specializzati delle Nazioni Unite


Oi a carattere universale, molte esistono prima dell’ONU e poi sono diventati Istituti specializzati attr accordi di collegamenti con le
NU. Operano in campo sociale e economico e ognuno realizza uno scopo dell’ONU.
Secondo Conforti, gli accordi di collegamento non possono essere configurati come veri e propri accordi internazionali, ma come un
insieme di norme che, per volontà della Carta NU e dei trattati istitutivi degli Istituti, ne formano una parte integrante e si inseriscono
tra le norme che disciplinano le funzioni dei rispettivi governi.
Gli Istituti specializzati hanno funzioni normative: emanano raccomandazioni e predispongono progetti di convenzione e in alcuni
casi emanano a maggioranza decisioni vincolanti per gli SM → le norme prodotte fanno parte delle fonte previste da accordo (dal
trattato istitutivo del relativo Istituto specializzato).
E funzioni operative: eseguono programmi di assistenza tecnica, di aiuti, di prestiti… e in questo ambito i collegamenti con gli organi
dell’ONU avvengono su base paritaria (non si instaurano rapporti di dipendenza).

FAO (Food and Agricultural Organization - Org per alimentaz e agr) assistenza e ricerca nel campo di alimentaz e agricoltura
ILO (International Labour Organization - OI del lavoro) ha contribuito allo sviluppo della tutela dei lavoratori, svolge un’attività
preparatoria di norme convenzionali che poi gli SM possono ratificare.
UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) diffondere la cultura, promozione dello sviluppo dei
mezzi di educazione, accesso all’istruzione senza discriminazioni, conservaz patrimonio artistico e scientifico
ICAO (International Civil Aviation Organization - Organizzazione per l’aviazione civile ⛝) emana standards internazionali o
pratiche raccomandate sul traffico aereo, che diventano vincolanti per tutti gli SM
OMS (Organizzazione mondiale della sanità) WHO (World Health Organization) principale attore nella cooperazione internazionale
in materia di salute pubblica. Scopo istituzionale: portare tutti i popoli al più alto grado possibile di salute (nel Preambolo ciò è
riconosciuto come un diritto umano fondamentale come condizione di pace e sicurezza nel mondo). Ha una potestà normativa: può
concludere sia accordi (= fonti di secondo grado) che emanare regolamenti (= fonti di terzo grado) ad es. in materia di controllo delle
malattie infettive.
L’OI ha adottato due regolamenti: Regolamento sulle nomenclature e Regolamento sanitario internazionale (RSI) →
particolarmente importante durante il Covid perché ha regolato la cooperazione tra OMS e SM nel controllo del contagio. È un
sistema collettivo di sorveglianza e valutazione del rischio per prevenire e contrastare la diffusione di malattie infettive. Gli SM hanno
dei doveri informativi: devono notificare entro 24 ore eventi occorsi sul proprio territorio che potrebbero costituire una minaccia
internazionale (accuse contro la Cina). Ma tale sistema di sorveglianza ha dei limiti: l’OMS non può adottare misure idonee per
costringere gli SM a adempiere agli obblighi
IMO (International Maritime Organization) si occupa dei problemi sulla sicurezza e efficienza dei traffici marittimi
FMI (Fondo monetario internazionale) promuovere la collaborazione monetaria ⛝ , la stabilità dei prezzi
BIRD (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo) concessione di mutui agli SM
IFAD (Fondo ⛝ per svi agricolo) ente finanziario ⛝ che contribuisce allo sviluppo dell’agricoltura nei Paesi poveri
OMC (org mondiale commercio) WTO (World Trade Organization) indipendente dalle NU (il suo Statuto non ha nessun cenno al
rispetto dei principi della Carta ONU) forum per negoziati su relazioni commerciali multilaterali, veglia sull’esecuz del GATT, emana
decisioni vincolanti che permettono a Conferenza e Consiglio di interpretare le norme dello Statuto e dispensare uno SM
dall’osservanza di obblighi

Organismi tecnici internazionali: tutela dell’ambiente e conservazione delle risorse, sono organismi perché non creano un insieme
permanente di organi. Adottano emendamenti al trattato istitutivo quando si tratta di materie tecniche la conferenza può adottare a
maggioranza decisioni vincolanti per tutti gli SM

OI a carattere regionale: UE, CdE, NATO, CEDU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali), OCSE (Organizzaz per la cooperazione e sviluppo economico), Unione Africana
Unione Europea
1951: creazione della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio) con il Trattato di Parigi
1957: creazione di CEE (Comunità Economica Europea) > CE (Comunità Europea) e Euratom (Comunità Europea dell’Energia
Atomica) con i trattati di Roma → per realizzare un’integrazione economica tra gli SM come premessa di un’integrazione politica.
Erano OI sui generis con ampi poteri vincolanti nei confronti degli SM, con un’ampia legislazione comunitaria (fonti di norme
previste da accordi internazionali).
Il Trattato di Lisbona 2009 ha decretato l'estinzione della CE e la formazione dell’UE (l’Euratom sopravvive)
➔ regolata da due trattati: TUE e TFUE
➔ ne fanno parte 27 Paesi di cui 6 ne fanno parte dall’inizio: Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo
➔ dal 31 gennaio 2020 il Regno Unito non ne è più parte perché ha attivato il meccanismo di recesso previsto dall’art. 50 TUE
(Brexit) in seguito al referendum del 2016

Altre organizzazioni si ispirano ai trattati comunitari, es. l’Accordo istitutivo della Comunità andina, formata da alcuni Paesi
dell’America latina, che prevede un’unione doganale tra gli Stati contraenti, ha lo scopo di realizzare un’integrazione economica e ha
organi simili a quelli dell’UE, anche se con poteri meno ampi.
TFUE → ha ➔ libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali → unione doganale (abbattimento barriere doganali
assorbito gli tra gli SM e istituzione di tariffe doganali verso i Paesi terzi)
scopi e le ➔ libertà di concorrenza → nome antitrust
norme del ➔ politica comune agricola, commerciale e dei trasporti
TCE su: ➔ aiuti e incentivi statali alle imprese
➔ ravvicinamento delle legislazioni degli SM
Modifiche apportate dai trattati precedenti a quello di Lisbona per rafforzare l’integrazione:
● rafforzamento delle funzioni del Parlamento europeo
● creazione della cittadinanza europea per tutti i cittadini degli SM, che comporta dei diritti (es. diritto a circolare e
soggiornare liberamente in tutto il territorio comunitario)
● introduzione dell’unione economica e monetaria, con una Banca centrale comune e una moneta unica euro
● cooperazione rafforzata: possibilità di limitare ad alcuni SM un’integrazione più stretta (Europa a più velocità). Un es sono
gli accordi Schengen: soppressione dei controlli sulle frontiere
● introduzione della politica estera e di sicurezza comune PESC
TUE ➔ attribuisce forza vincolante alla Carta di Nizza (contiene una serie di diritti umani)
➔ offre ai cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia
➔ contiene principi ispirati alle democrazie e promesse di azione per rafforzare l’unione tra gli SM
La maggior parte delle norme di TUE e TFUE sono elastiche, generiche e programmatiche:
● infatti, vari SM (Ungheria e Polonia) hanno mostrato di non volersi impegnare fino in fondo nell’integrazione, come
testimonia la massa di Dichiarazioni che accompagnano il Trattato
● la crisi del processo di integrazione anche dalla decisione del UK di recedere dall’UE
● inoltre l’azione degli organi deve rispettare i principi di:
○ attribuzione: l’Unione può agire solo nei limiti delle competenze che le sono attribuite
○ sussidiarietà: l’Unione può intervenire nelle materie che non sono di sua competenza esclusiva solo se gli obiettivi
della sua azione non sono sufficientemente perseguibili dagli SM
○ proporzionalità: l’Unione deve limitarsi a quanto necessario per conseguire gli obiettivi fissati dal trattato.

L’UE presenta elementi di unicità:


- i suoi organi hanno ampi poteri decisionali
- si sostituisce agli SM nella disciplina di molti rapporti puramente interni agli SM
- esistenza della CGUE per controllare la conformità dei comportamenti degli organi e degli SM al diritto comunitario.
L’UE comprende alcuni principi simili a quelli di un vincolo federale (es. principio della prevalenza del diritto comunitario sul diritto
interno). Ma l’Unione deve essere considerata come un’OI altamente sofisticata, non come un embrione di Stato federale, perché:
1. la sovranità degli Stati non può essere considerata come degradata dato che l’art. 50 TUE riconosce agli SM la facoltà di
recedere dall’Unione e recuperare il pieno esercizio della propria sovranità
2. il centro del potere decisionale dell’UE è costituito dagli Esecutivi nazionali (come in tutte le OI).

Struttura istituzionale dell’UE


Consiglio europeo: capi di Stato e di Governo degli SM + Presidente della Commissione
non ha funzioni legislative, ma dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità politiche
generali ed è la sede in cui vengono predisposti gli accordi internazionali
Commissione: organo composto da individui e non da Stati, non ricevono istruzioni da nessun governo. La sua presenza è un altro
elemento che differenzia l’UE da altre OI in cui gli organi che hanno i poteri principali sono composti da Stati, quindi l’UE è un ente
sovranazionale oltre che internazionale. La Commissione ha poteri esecutivi e di iniziativa legislativa nei confronti di Consiglio e
Parlamento.
Consiglio: organi in cui sono rappresentati gli SM ed è presieduto a turno da ciascun membro per 6 mesi, ne fanno parte i ministri
competenti per le questioni all’ordine del giorno. Il Consiglio adotta insieme al Parlamento gli atti più importanti della legislazione
comunitaria.
Parlamento europeo: formato dai rappresentanti dei popoli degli SM eletti a suffragio universale diretto. Funzioni:
● funzione di controllo politico sulle altre istituzioni comunitarie → attr l’esame dei rapporti che gli altri organi devono
sottoporgli, l’eventuale mozione di censura verso la Commissione..
● funzione legislativa:
○ procedura ordinaria: insieme al Consiglio (se non fosse così l’UE avrebbe natura federale), per circa 80 materie
○ procedure speciali: prevedono il Parl come legislatore principale solo in pochi casi di carattere organizzativo
● funzione consultiva vincolante: diritto di veto nei confronti di alcuni atti del Consiglio, in materia di ammissione di nuovi
Stati e di conclusione di accordi internazionali.
Corte dei conti: controllo di tutte le entrate e spese dell’Unione
Corte di Giustizia: controlla il rispetto del diritto UE
Banca centrale europea: insieme alle Banche centrali nazionali costituisce il Sistema europeo di banche centrali che è diretto dagli
organi decisionali della BCE. Obiettivo principale: mantenimento della stabilità dei prezzi e sostiene le politiche economiche UE.

Legislazione dell’UE
La competenza legislativa è esercitata secondo i due tipi di procedura (speciale e ordinaria).
art. 288 TFUE → prevede gli atti vincolanti: regolamenti, decisioni e direttive (raccomandazioni e pareri: atti non vincolanti)
Gli atti delle istituzioni dell’Unione devono conformarsi alle norme dei Trattati istitutivi, dei trattati che vincolano l’UE e alle norme
consuetudinarie internazionali.
Regolamento: atto legislativo più importante attr cui la legislazione dell’Unione si sostituisce alla legislazione interna degli SM, ha
portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi, contiene norme generale e astratte che vanno osservate da Stati e PF e PG.
Decisione: non ha portata generale e astratta, ma concreta, atto vincolante per singoli Stati e persone fisiche e giuridiche.
Direttiva: vincola lo SM a cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma gli Stati restano liberi di scegliere i mezzi
con cui raggiungerlo → la direttiva dovrebbe limitarsi a enunciare i principi e i criteri generali, ma nella prassi la direttiva è spesso
molto dettagliata (direttive dettagliate) e indica con precisione le norme interne che gli Stati devono adottare
Atti tipici: regolamenti interni degli organi, comunicazioni della Commissione, programmi generali del Consiglio.. hanno rilevanza
solo nelle istituzioni.

Accordi internazionali dell’UE


L’UE ha la capacità di concludere accordi internazionali come tutte le OI, come: accordi di associazione con uno Stato terzo o altre
OI, accordi di politica commerciale comune, monetaria, ambientale e la cooperazione per lo sviluppo.
art. 218 TFUE → procedura normale di conclusione degli accordi: i negoziati sono condotti dalla Commissione su autorizzazione del
Consiglio. Il Consiglio autorizza anche l’approvazione dell’accordo.
Si sta affermando la prassi degli accordi amministrativi: accordi in forma semplificata conclusi solo dalla Commissione.

Il mancato rispetto delle competenze e procedure previste dai Trattati nella stipula di accordi internazionali comporta l’invalidità
dell’accordo → se il parere della CGUE è negativo, il trattato deve essere modificato.
Gli accordi sono vincolanti per le istituzioni dell’Unione e per gli SM (eccezione al principio generale delle OI secondo cui gli
accordi stipulati da un’OI restano estranei alla sfera giuridica degli SM).
Gli accordi internazionali nell’ordinamento dell’Unione sono a metà strada tra i trattati istitutivi e gli atti delle istituzioni: non possono
derogare ai trattati e non possono essere derogati dalle istituzioni.

La competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali è esclusiva nei casi contemplati dal Trattato: gli SM non possono
concludere accordi per loro conto nelle stesse materie. Ma si sono affermati due tipi di pratiche:
1. autorizzazioni dal Consiglio ai singoli SM per concludere accordi con Stati terzi in materia di politica commerciale
2. accordi misti: sia gli SM che l’Unione partecipano alla conclusione dell’accordo.

OCSE e CONSIGLIO D’EUROPA


Dopo la 2gm nell’Europa occidentale sono state costituite 2 OI per il rafforzamento dei vincoli tra i Paesi dell’Europa occidentale:
1. OECE Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica > 1960 OCSE Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico (comprende tutto l’occidente industrializzato)
2. Consiglio d’Europa → 46 SM, è stato il 1° esperimento di tutela ⊠ organica e di carattere giurisdizionale dei diritti umani.
scopo: promuovere gli ideali comuni dei suoi SM (principi dello Stato di diritto, tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali) e
favorire il loro progresso economico e sociale. principale organizzazione di difesa dei diritti umani in Europa.
Il CdE conclude accordi intergovernativi vincolanti come la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, allo scopo di salvaguardare
il patrimonio comune e promuovere lo sviluppo economico e sociale. Il sistema di controllo instaurato dalla Convenzione è un
esperimento di grande interesse nel campo della tutela internazionale dei diritti umani, anche se gli Stati sono ancora restii a sottoporsi
ad accertamenti vincolanti di organi internazionali. Vi si è ispirata la Convenzione americana sui diritti dell’uomo.
LA GERARCHIA DELLE FONTI INTERNAZIONALI
Fonti di primo grado: consuetudine e principi generali di diritto → uniche fonti di norme generali, vincolanti tutti gli Stati
secondo: accordi terzo: fonti previste da accordi (in particolare gli atti delle OI)

Rapporti tra consuetudine e accordo → la distinzione tra fonti di primo e secondo grado non sempre comporta la prevalenza della
consuetudine sull’accordo, è un rapporto flessibile perché l’accordo può derogare a una norma di primo grado:
● alla consuetudine in virtù del criterio di specialità ratione personarum, perché la consuetudine ha efficacia erga omnes,
mentre l’accordo vale solo per le parti contraenti, infatti il diritto particolare prevale su quello generale anche se anteriore
● ad un principio generale di diritto riconosciuto dalle Nazioni civili, in quanto fonte di diritto non scritto generale,
assimilabile alla consuetudine.
Ma anche la consuetudine può prevalere sull’accordo nel caso del ricambio delle norme codificate: se una nuova consuetudine
successiva a quella codificata in un accordo si afferma, gli Stati contraenti devono continuare ad applicare la vecchia consuetudine
codificata, in virtù del principio di specialità, MA se sono presenti entrambi gli elementi costitutivi della consuetudine (diuturnitas e
opinio juris), se la prassi degli Stati contraenti dimostra che vogliono seguire la nuova consuetudine e derogare all’accordo e tale
condotta viene ritenuta obbligatoria, allora la nuova consuetudine prevale sull’accordo (sulla consuetudine codificata).

Rapporti tra fonti di terzo grado e accordi → le fonti derivate da accordi possono essere sia subordinate agli accordi che le
istituiscono, sia essere considerate come veri e propri accordi in grado di modificare l’accordo che le istituisce:
● carattere subordinato delle fonti di terzo grado rispetto all’accordo → vale soprattutto per gli atti delle OI, soprattutto nei
casi in cui lo stesso trattato preveda un organo giurisdizionale di controllo (come nel caso dell’UE)
● es di fonti di terzo grado considerate come accordi che derogano al trattato che le istituisce: dichiarazioni di principi
dell’AG dell’ONU (la dottrina gli attribuisce il valore di accordi tra gli Stati che votarono a suo favore).

Jus cogens = diritto imperativo o cogente, inderogabile. Sono norme consuetudinarie ma con un terzo elemento: la convinzione
dell’inderogabilità (non possono essere modificate da altre fonti, ma solo da altre norme inderogabili).
La Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati introduce nel DI il concetto di norma imperativa e definisce lo jus cogens come
causa di nullità e estinzione degli accordi ad esso contrari:
- art. 53: definisce la contrarietà di un accordo con una norma imperativa di DI generale come causa di invalidità e contiene i
criteri identificativi dello jus cogens: generalità (jus cogens = norma consuetudinaria) e accettazione come norma
inderogabile
- art. 64: definisce la sopravvenienza di una nuova norma imperativa come una causa di estinzione di un trattato esistente in
conflitto con la nuova norma cogente.
La Convenzione di Vienna però non indica quali norme internazionali sono imperative → la ricostruzione dello jus cogens è lasciata
all’interprete che come nel caso del diritto consuetudinario normale deve verificare l’esistenza degli elementi costitutivi delle norme
cogenti (diuturnitas, opinio juris sive necessitatis e convinzione della loro inderogabilità perché si ispirano a valori fondamentali e
universali). Sono considerati principi inderogabili quelli fondamentali stabiliti dalla Carta ONU: divieto della minaccia o uso della
forza se non per legittima difesa, principio di autodeterminazione dei popoli ei diritti umani fondamentali (divieto di tortura, di
genocidio...).

Tesi relative alla ricostruzione del fondamento giuridico, dell’individuazione e degli effetti dello jus cogens.
CASSESE: il fondamento giuridico dello jus cogens è l’art. 53 CVT/69, che si è affermato come norma consuetudinaria, ma tale art.
non non permette di individuare quali siano le norme cogenti e bisogna considerare la opinio juris che gli Stati hanno manifestato in
seno ad organi internazionali.
Prende come punto di riferimento l’art. 19 del progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati, che è stato
eliminato ma permette l’individuazione concreta delle norme cogenti, perché conteneva una lista di divieti che erano crimini
internazionali dello Stato perché violavano la tutela di interessi fondamentali della CI (divieto di aggressione, schiavitù, genocidio,
apartheid, violazione del principio di autodeterminazione..).
Per Cassese lo jus cogens ha gli effetti di rendere inefficaci: accordi in violazione di norme cogenti, la norma consuetudinaria che
riconosce l’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile se questi Stati devono rispondere di violazioni di norme cogenti e atti
giuridici interni contrari.

RONZITTI: anche R dice che il fondamento giuridico delle norme di jus cogens deriva dalla definizione che offre l’art. 53 CVT/69
(norme di DI generale che la CI considera inderogabili). Ma solo la prassi permette la ricostruzione di ogni norma cogente: sono tutte
norme consuetudinarie che poi hanno acquistato il carattere dell’inderogabilità per effetto di una ulteriore opinio juris degli Stati.

CONFORTI: il fondamento giuridico dello jus cogens può essere trovato nel diritto consuetudinario (l’interprete deve verificare se
una norma consuetudinaria ha acquisito il carattere dell’inderogabilità) e nell’art 103 Carta ONU (sancisce l’inderogabilità degli
obblighi creati dalla Carta). Ritiene che le norme cogenti vanno individuate nei principi fondamentali della Carta: divieto di
minaccia e uso della forza, autodeterminazione, rispetto della dignità umana…
Per C gli effetti della violazione dello jus cogens si si riconducono al sistema di sicurezza collettiva instaurato dalla Carta ONU: il
CdS può obbligare gli SM ad adottare contromisure contro Stati che hanno minacciato o violato la pace e la sicurezza internazionale.

FOCARELLI: nega l’esistenza dello jus cogens come categoria autonoma rispetto alle altre norme consuetudinarie, perché non ci
sono casi concreti di applicazione di norme cogenti o casi in cui i giudici hanno fatto prevalere una norma cogente su altre fonti. Gli
conferisce un valore promozionale, lo jus cogens vorrebbe promuovere l’evoluzione delle norme consuetudinarie esistenti inadeguate
per renderle maggiormente conformi ai diritti umani, per far sì che siano sentite dalla maggior parte della comunità internazionale.
Questo valore promozionale però non implica il valore superiore delle norme cogenti.
L’ADATTAMENTO DEL DIRITTO INTERNO AL DIRITTO INTERNAZIONALE
Istituto attr cui il DI può essere applicato all’interno degli Stati, creando la possibilità per i soggetti dell’ordinamento interno di
invocare davanti ai giudici nazionali diritti ed obblighi discendenti da norme internazionali.
L’adattamento avviene attr un atto statale di volontà di recepimento o di adattamento del DI, attr dei procedimenti normativi di
adattamento del diritto interno al DI, che trasformano la norma internazionale in norma nazionale: procedimento ordinario e speciale

● procedimento ordinario di adattamento: avviene attr norme uguali a quelle statali, riformulazione della norma
internazionale, che viene riscritta e trasformata in legge interna, quindi la norma internazionale diventa come le altre leggi
statali, tranne che per il motivo per cui vengono emanate e la loro origine di fonte del DI
● procedimento speciale di adattamento o mediante rinvio: la norma internazionale non viene riformulata, ma gli organi
preposti alle funzioni normative si limitano ad ordinare l’osservanza delle norme internazionali, operano un rinvio alla
norma internazionale che si vuole adattare attr un atto normativo nazionale (strumento di adattamento, chiamato
adattatore automatico). Es: l’ordine di esecuzione di un trattato e l’art. 10 comma 1 Cost (= stabilisce che l’ordinamento
giuridico italiano si conforma alle norme del DI generale = è un procedimento speciale di adattamento a tutte le norme di DI
generale, perché non riformula le norme di DI generale ma fa ad esse un rinvio, ordinandone l’app nello Stato)

Una volta introdotte nell’ordinamento interno, le norme internazionali sono fonti di diritti e obblighi per gli organi statali e per tutti i
soggetti che operano nello Stato, al pari di tutte le altre norme statali.
Il procedimento speciale è preferibile (infatti ampiamente praticato in Italia), perché:
- nel caso del procedimento ordinario: l’interprete deve necessariamente applicare la norma adattata perché è una norma
interna, come tutte le altre norme statali e può tenere conto della norma internazionale di origine solo se ci sono dubbi
sull’interpretazione della norma interna adattata. L’interprete deve applicare la norma interna a prescindere dal fatto che chi
l’ha emanata non ha interpretato in modo esatto la norma internazionale, o se ha fatto riferimento a norme internazionali
improduttive di effetti giuridici o se la norma internazionale si è estinta
- nel procedimento speciale: l’organo si limita ad ordinare l’osservanza di certe norme internazionali, quindi il centro di app
della norma internazionale non è il legislatore ma l’interprete, che deve ricostruire tutto il contenuto della norma
internazionale.
L’adattamento mediante rinvio permette al giudice di non applicare un accordo estinto sul piano internazionale, ma l’adattamento
ordinario obbliga il giudice ad applicare l’accordo perché si trova davanti ad una legge italiana riproduttiva del contenuto dell’accordo
e quindi l’oggetto di applicazione deve essere la legge italiana e non l’accordo internazionale.
Il procedimento ordinario di adattamento però è indispensabile in caso di norme non self-executing = norma internazionali che per
il loro contenuto non sono direttamente applicabili nell’ordinamento statale (non incidono sulla sfera giuridica degli individui),
richiedono un’attività normativa integratrice da parte degli organi statali.

Nel caso di accordi internazionali che contengono disposizioni non self-executing, i 2 procedimenti coesistono. Dato che il carattere
non self-executing di una norma permette al giudice nazionale di escluderne l’applicazione in giudizio (e di conseguenza di violare il
DI). Per limitare ciò, la dottrina ha proposto di limitare la nozione di norme non self-executing a 3 ipotesi circoscritte:

1. norme che attribuiscono solo facoltà agli Stati: norme che permettono allo Stato di adempiere un certo obbligo scegliendo
tra 2 o più comportamenti, il cui esercizio è rimesso alla discrezionalità degli organi del potere legislativo, es:
a. artt. 5 e 7 Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare: lasciano agli Stati contraenti la possibilità di
adottare il sistema delle linee di bassa marea o quello delle linee rette come linee di base per la misurazione del
limite esterno del mare territoriale
b. art. 6 Convenzione europea sull’adozione del 1967: la legislazione nazionale può permettere l’adozione di un
minore da parte di due persone sposate o da un singolo adottante → norma non self-executing. perché lascia agli
Stati la possibilità di scegliere se permettere l’adozione di un minore soltanto da parte di coppie regolarmente unite
in matrimonio (come ha fatto l’Italia) o anche da parte di un singolo adottante.
c. art. 8 Convenzione europea di estradizione: disposizione non self-executing, che lascia agli Stati contraenti la
possibilità di scegliere se estradare o meno un individuo quando in Italia penda un procedimento a suo carico (in
Italia non estradare individui nei confronti dei quali penda un processo)

2. norme che hanno bisogno della predisposizione di organi o di procedure per la loro attuazione, es: direttiva = atto non
self-executing perché lascia liberi gli Stati di decidere quale forma e mezzo utilizzare per adempiere all’obbligo (il
regolamento è self-executing poiché il contenuto è preciso, non ha bisogno di procedura di adattamento ordinario)

3. norme che hanno bisogno per la loro attuazione di particolari adempimenti di carattere costituzionale, es: le norme di
DI che impongono l’obbligo di punire i crimini internazionali individuali, prima di poter essere applicate, dovrebbero
essere specificate da una legge nazionale che sottolinea la necessità di osservare il principio dell’irretroattività della legge
penale (nessuno può essere condannato penalmente per un comportamento che non sia già previsto dalla legge come reato) e
del principio nullum crimen, nulla poena sine lege (nessuno può essere punito dalla legge non specifica la pena da
applicare). In Italia il principio è sancito dall’art. 25 della Costituzione.

CASO BARCOT → la Corte di Cassazione penale ha escluso di poter incriminare due persone per la violazione di una risoluzione
vincolante del CdS dell’ONU, che impone agli Stati di punire il contrabbando di armi (in quel caso dirette alla Jugoslavia), perchè le
risoluzioni del CdS ONU non hanno efficacia diretta, possono essere attuate nell’ordinamento italiano solo attr norme interne di
adattamento.
CASO SCILINGO → un Tribunale spagnolo ha condannato un imputato straniero per crimini contro l’umanità, ma la legge penale
spagnola all’epoca non poteva essere applicata a tali crimini. Il tribunale ha condannato l’imputato applicando direttamente il DI
consuetudinario, ma tale norma era non self-executing, necessitava di adempimenti costituzionali per la sua app (cioè il rispetto del
principio di legalità - non condannare nessuno per un fatto commesso quando non era considerato un reato - e irretroattività della legge penale)

Uso distorto della nozione di norme non self-executing


1. per scopi politici: vari Paesi ricorrono al concetto di norme non self-executing per non applicare norme “indesiderate”
perché contrarie a interessi nazionali, e fanno appello al criterio dell’indeterminatezza (escludono la diretta applicabilità di
una convenzione a causa del suo contenuto “indeterminato”).
2. a volte la giurisprudenza interna considera non self-executing i trattati che contengono le “clausole di esecuzione” con cui si
prevede che gli Stati adotteranno le misure interne per garantire l’applicazione dell’accordo e in particolare delle norme non
self-executing. Tale tendenza è da respingere perchè le clausole di esecuzione non sono una condizione di applicabilità del
trattato.

Sfera di applicazione delle norme internazionali adattate all’interno dello Stato


I limiti entro cui le norme internazionali adattate possono essere invocate nello Stato dipende dal contenuto e dalla concreta
realizzazione della fattispecie astratta della norma.
Ma in alcuni casi è difficile stabilire la sfera soggettiva di applicazione (i destinatari) della norma internazionale nello Stato e
bisogna determinare i limiti entro cui la norma internazionale vuole essere applicata.
● norme internazionali che si applicano solo a stranieri: es. in Italia la consuetudine che vieta di esercitare la vigilanza
doganale al di là dei mari adiacenti alle coste è applicabile solo nei confronti di navi straniere, mentre per le navi italiane vale
il principio per cui lo Stato italiano non ha limiti nell’esercizio della propria giurisdizione in acque internazionali
● norme internazionali che si applicano a tutti i soggetti dell’ordinamento interno: l’art. 3 del GATT dispone il principio
di parità del trattamento fiscale, che vieta agli Stati contraenti di adottare misure discriminatorie sul piano fiscale contro i
prodotti provenienti da altri Stati per favorire i prodotti nazionali similari ed è una norma self-executing
● accordi internazionali adattati in Italia rispetto a Stati terzi: una volta introdotto nell’ordinamento interno, l’accordo
internazionale è applicabile nei confronti di Stati terzi, es: art. 7 par. 4 del Trattato di pace tra l’Italia e le Potenze alleate e
associate: dispone la rinuncia dell’Italia a qualsiasi domanda contro la Germania precedente all’8 maggio 1945. Questa
norme può essere invocata in Italia dalla Germania. Tale effetto indica che la norma internazionale adattata diventa
invocabile davanti ai giudici italiani da parte di tutti i soggetti che nel nostro ordinamento si possono configurare come
destinatari della norma.

Rango delle norme internazionali in Italia


Le norme internazionali acquistano il rango (= il valore giuridico formale) dello strumento legislativo di adattamento.
In Italia le consuetudini vengono adattate attr una norma costituzionale (art. 10) quindi hanno rango costituzionale, e gli accordi attr
atti ad hoc, cioè l’ordine di esecuzione, con forma uguale alle norme interne:
- prende la forma di legge, quindi è emanato dagli organi legislativi, se il trattato da adattare importa per lo Stato l’obbligo di
emanare o abrogare norme giuridiche legislative
- prende la forma di regolamento, quindi viene emanato dal potere esecutivo, se il trattato da adattare crea obblighi che per
essere applicati nell’ordinamento interno hanno bisogno di norme regolamentari.

Nell’ordinamento italiano si fa distinzione tra leggi costituzionali (modificano la Costituzione) e leggi ordinarie (emanate dal
Parlamento). Se bisogna adattare un trattato internazionale che implica modifiche di norme costituzionali, l’ordine di esecuzione deve
essere adottato con legge costituzionale e le norme adattate avranno rango costituzionale.

Il rango serve nei casi di conflitto tra una legge statale e la norma internazionale adattata, perché stabilisce quale prevale sull’altra.
art. 10 comma 1 Cost. → garantisce la supremazia del DI generale non scritto.
art. 117 comma 1 Cost. → dispone che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
È una norma costituzionale che impone al legislatore italiano di esercitare le sue competenze rispettando il DI, in quanto l’accordo
internazionale ha un rango superiore rispetto alle altre leggi ordinarie italiane. Tale prevalenza è determinata da 2 fattori:
1. cooperazione pacifica tra Stati attr il rispetto del DI
2. protezione dei diritti inviolabili della persona umana come diritti universali.

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE CONSUETUDINARIO


L’adattamento al DI generale avviene in Italia a livello costituzionale, attr l’art. 10 1° co. Cost: attua un rinvio speciale
all’ordinamento internazionale, meccanismo di adattamento speciale solo delle norme del DI generali: norme consuetudinarie
“ordinarie” + principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili + norme di jus cogens - norme imperative inderogabili.
L’art. 10 lascia all'interprete la rilevazione e l’interpretazione delle norme internazionali generali e afferma la volontà che
l'adattamento sia automatico. Perassi definisce l’art. 10 trasformatore permanente del DI generale in diritto interno e presenta i
caratteri di automatismo e permanenza.

Rango delle norme internazionali generali adattate con l’art. 10 Cost. → dipende dallo strumento di adattamento scelto da ogni
Stato. In Italia le consuetudini hanno rango costituzionale, perché il recepimento avviene con norma costituzionale.

Rapporti tra norme consuetudinarie adattate e norme interne → in base al rango della norma internazionale adattata e della
norma interna in conflitto bisogna distinguere: rapporti tra norme internazionali e interne di ranghi diversi e di pari rango.
1. rapporti tra norme internazionali e legislazione ordinaria → dato che le norme consuetudinarie in Italia hanno rango
costituzionale, sono superiori alle leggi interne ordinarie. Quindi una legge ordinaria contraria al DI consuetudinario viola
indirettamente l’art. 10 e potrà essere annullata dalla Corte Costituzionale.
Come nel caso A.P., in cui la Corte ha affermato l’incostituzionalità di una normativa italiana che prevedeva l’obbligo di leva
anche nei confronti di cittadini di altri Stati, dato che era in contrasto con l’art. 10 Cost in quanto introduce nell’ordinamento
italiano una norma consuetudinaria internazionale che vieta agli Stati di imporre obblighi militari a cittadini stranieri.
2. rapporti tra norme internazionali generali e norme costituzionali (pari rango): in genere il diritto consuetudinario prevale
su quello interno per effetto dell’applicazione del principio di specialità del DI rispetto al diritto interno.
Ma se una norma consuetudinaria adattata nell’ordinamento italiano è in contrasto con una norma costituzionale che tutela un
valore fondamentale, prevale la norma costituzionale perché si applica la dottrina dei controlimiti o clausola di
salvaguardia dei valori essenziali che ispirano la Costituzione e che sono essenziali, imprescindibili e immodificabili
Quasi tutti i casi in cui si è posto un problema di compatibilità tra le norme consuetudinarie ed altre norme costituzionali, riguardano i
rapporti tra l’art. 10 comma 1 e l’art. 24 Cost: l’art. 10 adatta la norma consuetudinaria che riconosce l’immunità degli Stati
stranieri e degli agenti diplomatici dalla giurisdizione civile (favorisce le relazioni internazionali e al rispetto delle reciproche
sovranità) che è ritenuta incompatibile con il principio fondamentale sancito dall’art. 24 sulla tutela giurisdizionale dei propri diritti
e interessi. Su questi rapporti si sono pronunciate sia la Corte Costituzionale che la Corte di Cassazione.

Casi in cui la Corte ha salvato il regime delle immunità distinguendo tra consuetudini che si sono formate prima e dopo l’entrata in
vigore della Costituzione:
● Caso Russel c. Immobiliare Soblin → la società italiana Immobiliare Soblin rivendicava il mancato pagamento dell’affitto
da parte del Colonnello Russel, che godeva dello status di agente diplomatico straniero in Italia, quindi contestava la
giurisdizione del giudice italiano invocando la norma consuetudinaria internazionale che riconosce l’immunità sia degli Stati
stranieri che dei loro agenti diplomatici dalla giurisdizione civile, mentre la società italiana rivendicava il diritto
fondamentale al ricorso al giudice garantito dall’art. 24. La Corte costituzionale ha stabilito:
○ la prevalenza della norma sull’immunità in base al principio della specialità del DI rispetto al diritto interno, in
quanto le deroghe alla giurisdizione dovute all’immunità diplomatica sono necessarie per l’espletamento della
missione diplomatica, istituto imprescindibile del DI e garantito dalla Costituzione.
○ la prevalenza dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano in contrasto con norme consuetudinarie, ma solo
rispetto alle consuetudini che si sono formate dopo l’entrata in vigore della Cost, quindi non rispetto alle norme
sulle immunità → teoria zoppa dei controlimiti.

● La distinzione tra consuetudini precedenti e successive all’entrata in vigore della Costituzione è stata usata anche nel caso
dell’incidente del Cermis (un caccia USA durante un volo di addestramento ha reciso i cavi di una teleferica causando la
morte di 20 persone. La CGIL ha chiesto imporre agli USA di cessare i voli di addestramento sopra il territorio della
Provincia di Trento perché il diritto dei singoli e la giurisdizione del giudice it dovevano prevalere sul diritto degli USA
basato sul Trattato NATO di insediare basi militari). La Corte di Cassazione però ha usato la distinzione tra consuetudini
precedenti e successive all’entrata in vigore della Costituzione per “salvare” le norme internazionali sull’immunità degli Stati
dalla giurisdizione civile, in quanto tale norma è collegata alla teoria dell’immunità ristretta, secondo cui gli atti compiuti
dallo Stato straniero nell’esercizio dei suoi poteri sovrani (atti jure imperii) sono coperti da immunità, sono sottoposti
all’esenzione dello Stato dalla giurisdizione. I voli di addestramento sono stati considerati dalla Corte come atti sovrani,
cioè jure imperii e coperti da immunità.
La sentenza è stata oggetto di critiche, perché sarebbe stato più opportuno operare un bilanciamento degli interessi degli
Stati al rispetto della loro sovranità e degli interessi dei singoli individui alla tutela dei diritti umani e libertà fondamentali.

La giurisprudenza italiana non è stata omogenea sul riconoscimento o meno dell’immunità in caso di gravi violazioni dei diritti
fondamentali della persona: nella maggior parte dei casi ha riconosciuto l’immunità dello Stato straniero, ma ha cambiato direzione a
partire dal caso Ferrini: primo esempio di mutamento di giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana sul problema dei
rapporti tra la norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile e la tutela di valori fondamentali
dell’ordinamento internazionale, in questo caso le norme di jus cogens sulla tutela della dignità umana e dei diritti inviolabili della
persona, che sono quindi superiori alle consuetudini ordinarie (come quella sull’immunità degli Stati stranieri dalla giurisdizione
civile). Questo contrasto tra norme tutte internazionali e tutte immesse attr l’art. 10 risolve il conflitto tra l’art. 10 e l’art. 24.
Ferrini chiedeva alla Repubblica federale di Germania il risarcimento dei danni da lui subiti a seguito della sua cattura da parte
delle truppe tedesche, per essere stato deportato in Germania per svolgere lavori forzati per l’industria bellica tedesca.
La Corte di appello aveva riconosciuto l’immunità della Repubblica federale tedesca dalla giurisdizione civile immessa con l’art.10,
ma Ferrini ha contestato alla Cassazione la prevalenza che il giudice italiano ha attribuito all’art. 10 rispetto alle norme di DI cogente
(tutela di valori fondamentali: rispetto della dignità umana e dei diritti inviolabili delle persone), che invece dovevano essere
considerate superiori. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la norma sull’immunità degli Stati ostacola la tutela di valori e ha
affermato la prevalenza del DI cogente che tutela la dignità umana e i diritti inviolabili della persona.

Il principio consuetudinario di immunità dalla giurisdizione civile dello Stato straniero e quello della tutela della dignità umana contro
i crimini internazionali sono automaticamente recepiti nell’ordinamento italiano per effetto dell’art. 10 comma 1 Cost, ma nel
momento in cui vengono in conflitto, bisogna dare prevalenza al principio di rango superiore: il rispetto dei diritti inviolabili della
persona, perché i crimini contro l'umanità sono ben più gravi violazioni e segnano il punto di rottura dell'esercizio tollerabile della
sovranità.

Focarelli individua delle incongruenze nel pensiero della Corte: l’esistenza di norme cogenti non è provata dalla prassi → la
giurisprudenza internazionale ed interna segue la norma consuetudinaria che impone di riconoscere l’immunità per atti jure imperii
anche quando siano catalogabili come crimini internazionali. Quindi secondo Focarelli lo jus cogens ha un valore promozionale ed è il
tentativo dei giudici nazionali di rendere il DI più conforme a certi valori che gli Stati sentono come fondamentali, in modo da farli
accogliere anche dai giudici di altri Stati per dare luogo a una nuova norma consuetudinaria. Il caso Ferrini quindi è un contributo
della prassi statale all’evoluzione della consuetudine esistente. Ciò significa che si sta formando la norma consuetudinaria
sull’immunità condizionata: esclude che l’immunità possa riconoscersi a Stati autori di crimini internazionali.

Se interpretato sistematicamente, l’art. 10 Cost contiene una clausola implicita di salvaguardia dei principi fondamentali → una
norma internazionale che non rispetta i principi fondamentali dell’ordinamento italiano non può essere considerata come richiamata
dall’art. 10 e non viene applicata. Anche la Corte costituzionale, nella sentenza 238 del 2014 ha affermato che una norma
consuetudinaria contraria ai principi fondamentali della Cost non può entrare nell’ordinamento italiano, e che deve essere la Corte
costituzionale a stabilire una norma consuetudinaria internazionale è contraria o meno a tali principi.

Il coordinamento tra norme internazionali e norme costituzionali nella prassi recente è influenzato dalla teoria dei controlimiti:
prevede che il giudice interno può rifiutarsi di applicare norme internazionali in contrasto con i principi fondamentali della
Costituzione. La teoria dei controlimiti è un’eccezione del principio di diritto consuetudinario codificato nell’art. 27 CVT/69, secondo
cui uno Stato non può invocare il proprio diritto interno per sottrarsi all’adempimento di un obbligo internazionale.
La sentenza Solange della Corte costituzionale tedesca del 74 parla per la prima volta di controlimiti come strumento interpretativo
per armonizzare il diritto comunitario con i principi fondamentali sulla protezione dei diritti umani.
Per la Corte il contrasto con le norme costituzionali sui diritti umani impediva la prevalenza del diritto comunitario su quello tedesco,
per affermare ciò la Corte ha verificato il sistema di tutela giurisdizionale stabilito dal Trattato di Roma (che istituisce la CEE), ha
dimostrato attenzione alle circostanze del caso concreto e ha instaurato un confronto con la Corte di giustizia comunitaria.
La sentenza voleva anche stimolare gli organi comunitari ad aggiornare il suo quadro normativo, quindi cominciò il graduale processo
di adeguamento dell’ordinamento comunitario ai diritti umani fino alla redazione della Carta di Nizza dei diritti fondamentali.
MA si sta diffondendo la tendenza di ricorrere alla teoria dei controlimiti per impedire l’app del diritto UE e del DI in nome di
generici principi costituzionali fondamentali dello Stato → ciò renderebbe la teoria dei controlimiti un ennesimo tentativo per non
applicare le norme o sentenze internazionali. Secondo Conforti, la teoria dei controlimiti può continuare ad avere un ruolo positivo se
continua ad essere usata come strumento di garanzia dei diritti umani solo se i giudici interni applicano la norma che offre una più
ampia protezione dei diritti umani e la mancata applicazione di una norma internazionale deve essere giustificata dal rispetto da
parte del giudice di 3 criteri interpretativi:
1. attribuire prevalenza alla norma che meglio tutela i diritti umani
2. dimostrare l’eccezionalità della deroga alla norma internazionale per esigenze particolari del caso concreto
3. redigere una motivazione particolarmente densa e argomentata per giustificare la necessità della deroga.
Alcune Corti internazionali hanno iniziato ad elaborare tecniche di coordinamento con le Corti interne: dialogo tra le corti.

Caso Baraldini → segna un atteggiamento diverso della Corte Costituzionale, di maggiore apertura per la teoria dei controlimiti.
Il caso riguardava il trasferimento in Italia di una persona, Silvia Baraldini, condannata negli Stati Uniti alla detenzione, per la
prosecuzione della carcerazione nello Stato di cittadinanza della condannata, in base alla Convenzione di Strasburgo del 1983 sul
trasferimento delle persone condannate, nonostante Baldini fosse seriamente malata e la legge italiana permettesse il rinvio
dell’esecuzione della pena in caso di grave infermità fisica del condannato.
La Corte Costituzionale doveva stabilire se l’ordine di esecuzione della Convenzione di Strasburgo fosse compatibile con l’art. 32
Cost, che tutela il diritto fondamentale alla salute ed all’integrità fisica.
La sentenza ha dichiarato l’infondatezza della questione ma ha anche parlato dei rapporti tra norme consuetudinarie e norme
costituzionali: i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona sono un limite all’ingresso
nell’ordinamento italiano di norme internazionali che non rispettano tali principi.

● SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 238/2014


questione del diritto delle vittime degli efferati crimini nazisti ad ottenere il risarcimento del danno dallo Stato tedesco.
La questione nasceva dalla posizione della Corte di Cassazione italiana, inaugurata con la sentenza Ferrini del 2004, che negava alla
Germania il beneficio dell'immunità giurisdizionale, riconoscendo come prevalente il diritto delle vittime a ottenere il risarcimento
del danno subito a causa dei crimini nazisti. La Germania aveva presentato alla CIG un ricorso per la violazione della norma
consuetudinaria sull'immunità giurisdizionale degli Stati dalla giurisdizione straniera da parte dell'Italia. La sentenza della CIG del
3.2.2012 era favorevole all’immunità e la Corte Costituzionale ha dichiarato l'incompatibilità della norma internazionale
sull'immunità degli Stati con l’art. 24 (diritto al giudice) e l’art. 2 (tutela dei diritti fondamentali) Cost.

Tutela per equivalenti


Clausola di salvaguardia = deriva dalla teoria dei controlimiti → opera sempre automaticamente o bisogna valutare le circostanze dei
singoli casi per verificare se la vittima di una violazione del DI può ricevere una tutela per equivalenti?
Tutela per equivalenti = l’individuo deve poter usufruire di mezzi alternativi con efficacia equivalente a quella che avrebbe avuto se
poteva rivolgersi al proprio giudice naturale, es: nel caso di affermazione di immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile, il
giudice italiano, prima di risolvere l’incompatibilità tra l’art. 10 e l’art. 24 Cost, può verificare se l’individuo possa disporre di altri
mezzi per far valere i suoi diritti (es. rivolgersi ai tribunali dello Stato straniero al quale è imputabile l’illecito, o ad un tribunale
internazionale o alla protezione diplomatica del proprio Stato…).

Nel caso Ferrini, avrebbe potuto presentare domanda di risarcimento, ma la legge tedesca non avrebbe rappresentato per Ferrini una
tutela per equivalente, dato che il suo campo d’applicazione era limitato alle vittime di deportazioni per motivi razziali e religiosi, non
applicabile alle vittime di deportazioni come prigionieri di guerra destinati ai lavori forzati.

La giurisprudenza dei tribunali amministrativi garantisce un controllo effettivo sulla legittimità dei provvedimenti adottati
dall’Organizzazione in tema di rapporti lavorativi. Alcune volte invece le OI dispongono di meccanismi od organismi che non
assicurano una tutela del tutto equivalente, per l’assenza dei caratteri di indipendenza e imparzialità dell’organo giuridico che deve
risolvere le controversie.

L’ADATTAMENTO AGLI ACCORDI E ALLE FONTI PREVISTE DA ACCORDI


L’ordinamento italiano non contiene una disposizione simile all’art. 10 comma 1 Cost per l’adattamento agli accordi. In passato è
stato proposto di usare l’art. 10 per adattare automaticamente anche i trattati, dato che l’art. 10 inserisce nell’ordinamento italiano la
norma consuetudinaria pacta sunt servanda (gli accordi devono essere rispettati).
Ma l’art. 10 fa riferimento solo alle norme di DI generalmente riconosciute e se gli accordi venissero introdotti nell’ordinamento
italiano attr l’art. 10 Cost, assumerebbero rango costituzionale, e il Governo potrebbe aggirare le garanzie costituzionali
semplicemente concludendo accordi.
Nella Cost ci sono diverse norme che si occupano di certe categorie di trattati, ma non sono norme sull’adattamento:
➔ art. 10 (2): riguarda la condizione giuridica dello straniero e dispone che è regolata in conformità con le norme e trattati ⊠
➔ art. 7: rapporti tra Stato e Chiesa, sono regolati attr i Patti Lateranensi (sono un accordo internazionale)
➔ art. 11: consente limitazioni alla sovranità a favore di OI
➔ art. 117 (1): rapporti tra ordinamento interno e DI e comunitario, riguarda la fase successiva all’adattamento: la potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione e degli obblighi derivanti dall’ordinamento
comunitario e internazionale → il Parlamento non può adottare leggi ordinarie che violino la Costituzione; quindi, si
devono rispettare vincoli che derivano dal diritto UE e dalle norme internazionali.
Una norma sull'adattamento a livello costituzionale è l'art. 11 comma 1 Cost: l'Italia rinuncia alla guerra come strumento di
risoluzione delle controversie → attua l'art. 2 par. 4 Carta NU che vieta la minaccia e uso della forza armata nelle relazioni tra Stati.

Procedimento di adattamento del diritto italiano ai trattati: ordine di esecuzione = procedimento speciale di adattamento (rinvio):
● contiene solo l’ordine di eseguire un accordo e opera il rinvio al testo dell’accordo
● è un atto ad hoc: ogni accordo internazionale viene approvato di volta in volta (conclusi in forma semplificata)
● regime di pubblicità: come le altre leggi italiane, l’ordine di esecuzione viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale in base
alla legge n. 839/1984 → tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Italia devono essere pubblicati

Effetti giuridici: permette a tutti i soggetti dell’ordinamento italiano di chiedere l’applicazione dell’accordo internazionale, se
l’accordo contiene norme self-executing → mancanza dell’ordine di esecuzione = impossibilità per i singoli di chiedere
l’applicazione dell’accordo nello Stato davanti a un organo statale, anche se l’accordo sia stato ratificato dall’Italia ed è in vigore sul
piano internazionale. Quindi bisogna distinguere:
- l’istituto della ratifica: che riguarda il procedimento di stipulazione (il piano internazionale) e scopo = obbligare lo Stato al
rispetto dell’accordo nei confronti degli altri Stati contraenti
- l’ordine di esecuzione: scopo di permettere all’accordo internazionale di avere effetti nello Stato contraente.
Un accordo ratificato e in vigore sul piano internazionale, ma non adattato in Italia non può essere applicato dell’ordinamento interno,
ciò determina la responsabilità dell’Italia sul piano internazionale per violazione dell’accordo nei confronti degli altri contraenti.
Il Parlamento autorizza la ratifica e esegue i trattati previsti dall’art. 80 Cost con un atto che va considerato come divisibile in due
atti distinti per funzione.

Rango dei trattati adottati con ordine di esecuzione: corrisponde a quello del tipo di norma prescelta per l’adattamento, di solito
l’ordine di esecuzione è una legge ordinaria. Con la modifica nel 2001 dell’art. 117 comma 1 Cost gli accordi internazionali
acquistano un rango superiore a quello delle leggi ordinarie, a prescindere dal fatto che lo strumento di adattamento, cioè l’ordine di
esecuzione, sia una legge ordinaria, dato che una norma costituzionale (art. 117 comma 1) a imporre al legislatore italiano di
rispettare il DI pattizio.

La Corte Costituzionale nelle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 ha affermato:


1. la superiorità di rango dei trattati e che l’art. 117 (1) ha portata generale
2. che le norme interne ordinarie incompatibili con un accordo internazionale violano l’art. 117 (1) Cost e vanno annullate
3. le norme contenute in accordi internazionali non hanno però rango costituzionale, c’è solo l’obbligo del legislatore ordinario
di rispettarle → l’accordo è una norma interposta = rango subordinato rispetto alla Costituzione ma intermedio tra Cost e
legge ordinaria → la Corte Costituzionale ha precisato che, prima di valutare la compatibilità della norma internazionale con
la legge interna, bisogna verificare la compatibilità dell’accordo internazionale con la Costituzione, perché è subordinato

Rapporti tra accordi e norme interne prima dell’art. 117 (1) Cost → la dottrina distingueva tra il rapporto degli accordi
internazionali con le leggi ordinarie e con le norme costituzionali:
1. accordo e leggi ordinarie: era un rapporto tra norme di pari rango dato che l’ordine di esecuzione è una legge ordinaria, il
trattato adattato assumeva lo stesso rango dello strumento di adattamento. A causa dell’assenza di una norma costituzionale
(art. 117) tali rapporti andavano risolti in via interpretativa attr diversi criteri:
a. criterio della presunzione di conformità della legge interna con l’obbligo internazionale: obbligo di
interpretazione conforme = il giudice può applicare la legge posteriore ambigua interpretandola in conformità con
l’obbligo internazionale
b. criterio di specialità: dà prevalenza all’accordo anteriore rispetto alla legge interna successiva incompatibile
perché è frutto di più volontà statali (salvo se la legge interna ha per oggetto una materia più specifica di quella
dell’accordo). Per Conforti la specialità di un accordo dipende dal suo procedimento di formazione
c. criterio di posteriorità: prevale l’accordo se ordine di esecuzione successivo alla legge interna incompatibile
d. criterio secondo cui la legge interna prevale sull’accordo soltanto in presenza di una chiara indicazione in tal
senso in essa contenuta: prevale l’accordo a meno che la legge non contiene una chiara dichiarazione del
legislatore di contravvenire al trattato, solo se la materia dell’accordo e della legge interna incompatibile coincidono
Il giudice ordinario doveva sempre applicare in via interpretativa il DI pattizio, disapplicando la norma interna incompatibile.
2. accordo e norme costituzionali: si applicava il criterio gerarchico = prevale la Costituzione, che è gerarchicamente
superiore all’accordo adattato con ordine di esecuzione (legge ordinaria). In caso di incompatibilità tra ordine di esecuzione e
norme costituzionali, il giudice nazionale non poteva agire in via interpretativa, ma doveva rinviare alla Corte
Costituzionale che annullava l’ordine di esecuzione.

Rapporti tra accordi e norme interne dopo l'entrata in vigore dell'art. 117 (1) Cost → norma costituzionale che impone ai
legislatori di rispettare il DI. Sentenza 348: il giudice comune non può disapplicare una norma ordinaria in contrasto con una norma
CEDU, dato che la sua compatibilità con la legge interna è una questione di legittimità costituzionale per eventuale violazione
dell’articolo 117 (1) Cost. La dottrina si è chiesa se in caso di contrasto tra norme interne e accordi internazionali il giudice nazionale
ha sempre l’obbligo di sollevare una questione di legittimità costituzionale per violazione dell’articolo 117 comma 1 Cost.
Conforti pensa che la sentenza 349 permette al giudice ordinario di:
- interpretare il diritto interno in conformità con il DI, ma non spiega fino a dove il giudice può fare tale interpretazione senza
usare il rinvio di legittimità costituzionale offerto dall’art. 117
- di disapplicare norme interne incompatibili con accordi internazionali, almeno quelli non CEDU e in materie meno
importanti (tecnici, commerciali, di amicizia, di navigazione o stabilimento) usando il criterio di specialità.
Cannizzaro: le sentenze 348 e 349 considerano eccezionale la disapplicazione da parte del giudice ordinario perché le norme CEDU
hanno effetti diretti nell’ordinamento italiano e dopo l’ordine di esecuzione devono essere applicate direttamente dal giudice
ordinario, usando il criterio dell’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno al DI e il criterio di specialità
Focarelli dice che il ricorso al criterio dell’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno agli obblighi internazionali
permette al giudice comune di non sollevare la questione di costituzionalità. Se tale criterio non è applicabile possono essere applicati
i criteri di posteriorità e specialità come criteri interpretativi, sempre per non sollevare la questione di costituzionalità.
Ma secondo la Corte Costituzionale, tali criteri sono più conformi a essere usati anche per sanare un conflitto reale tra l’accordo e la
legge interna → conseguenza: il giudice non può usare nessuno dei due criteri e dovrà sollevare sempre la questione di legittimità
che potrà essere risolta solo dalla Corte Costituzionale.

L’ADATTAMENTO ALLE FONTI PREVISTE DA ACCORDI


è automatico: gli atti degli organi decisionali delle OI (CdS delle NU, Consiglio dei ministri della CE) sono automaticamente recepiti
dagli ordinamenti degli SM per effetto dell’adattamento al loro interno dei trattati istitutivi.
In Italia esiste anche una disposizione della Costituzione, l'art. 11, che non ha espressamente la funzione di recepire le fonti
internazionali di terzo grado, ma predispone che l’ordinamento interno deve conformarsi a tali atti in deroga alle norme
costituzionali. L’Italia permette limitazioni di sovranità a favore delle OI per assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni.
La prassi degli Stati però dimostra che gli atti delle OI vengono di volta in volta adattati con strumenti di esecuzione specifici.
In Italia l’adattamento agli atti delle OI avviene in genere con il procedimento ordinario di adattamento (riformulazione mediante
l'adozione di atti normativi ad hoc). Per la dottrina tale prassi è necessario solo per recepire norme non self-executing (come le
direttive UE, mentre sono inutili per le norme self-executing (direttamente applicabili).
L’adattamento agli atti delle OI avviene con atti normativi interni, quindi il loro rango nell’ordinamento italiano dovrebbe coincidere
con quello dello strumento di adattamento, ma bisogna capire se l’art. 117 (1) Cost, che fa riferimento agli “obblighi internazionali”
dell’Italia, comprende anche gli atti delle OI. La dottrina vuole estendere l’art. 117 anche agli atti delle OI, perché quando sono
vincolanti creano degli obblighi internazionali → anche le norme contenute negli atti vincolanti delle OI sono norme interposte
(superiori alla legge ordinaria e inferiori alla Costituzione), a prescindere dal rango dell’atto che le ha recepite.

ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO AL DIRITTO DELLE OI


Draetta:
art. 10 Cost: l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del DI generalmente riconosciute = le consuetudini sono
immesse automaticamente nell’ordinamento italiano e, dato che sono immesse attr una norma costituzionale, godono di rango
costituzionale quindi non possono essere sottoposte a nessun controllo di legittimità costituzionale, tranne secondo Conforti in casi di
violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento.
L’art. 10 Cost quindi non si applica ai trattati e agli atti di diritto derivato, che sono recepiti nell’ordinamento it attr atti ad hoc che
spesso sono atti regolamentari.
Dato che l’ordine di esecuzione è spesso una legge ordinaria, i trattati istitutivi di OI che venivano immessi nell’ordinamento italiano,
assumevano il rango di legge ordinaria, che avrebbe potuto essere modificata da una legge ordinaria successiva, portando l’Italia a
violare i propri obblighi internazionali. Tale problema riguardava tutte le OI di cui l’Italia era membro e in particolare le NU, perché
l’ordine di esecuzione non offriva le necessarie garanzie agli altri SM. Per permettere l’entrata dell’Italia nelle NU, bisognava
attribuire rango costituzionale alla Carta delle NU e ai suoi atti, quindi è stato inserito nella Cost. it l’art. 11: l’Italia ripudia la guerra
e consente limitazioni di sovranità per assicurare la pace tra le Nazioni e favorisce le OI che rivolte a tale scopo. L’art. 11 Cost. è
stato usato anche per garantire rango costituzionale ai trattati UE, al GATT e alla NATO.

L'APPLICAZIONE DEL DIRITTO UE NELL'ORDINAMENTO ITALIANO


ADATTAMENTO AI TRATTATI ISTITUTIVI → i 3 trattati istitutivi delle Comunità europee e il TUE hanno carattere politico e
creano norme che prevalgono su quelle nazionali degli SM e possono incidere sui diritti fondamentali garantiti dalle Costituzioni,
quindi alcuni SM hanno ritenuto necessaria una modifica Costituzionale attr una clausola europea per poter ratificare i trattati, Italia e
Germania hanno costituzioni rigide e un sistema di controllo della costituzionalità delle leggi, al contrario di Belgio e Francia.
Inizialmente il problema riguardava il fatto che l’adattamento dell’ordinamento italiano ai trattati UE è avvenuto con ordine di
esecuzione sotto forma di leggi ordinarie, perché questa era la prassi usata nell’ordinamento italiano per adattare i trattati
internazionali, che quindi assumevano rango di legge ordinaria.
La situazione è cambiata con l’art. 117 comma 1 Cost che vincola l’attività del legislatore al rispetto degli obblighi internazionali
Secondo Draetta: la soluzione è stata un’interpretazione estensiva dell’art. 11 Cost. Le limitazioni di sovranità di cui parla
riguardava la nozione classica di sovranità: sovranità di uno Stato nei suoi rapporti internazionali con altri Stati (sovranità esterna).
Ma attr l’uso estensivo del termine è stata estesa la sfera di applicazione dell’art. 11 Cost a un diverso tipo di sovranità: sovranità
interna, che si manifesta ad es nell’esercizio della funzione legislativa. Quindi l’art. 11 ha legittimato la limitazione della sovranità a
favore dell’UE. Secondo Draetta bastava che il legislatore italiano modificasse la Cost introducendo la clausola europea che avrebbe
permesso il riconoscimento a livello costituzionale dell’adesione dell’Italia all’UE e il riconoscimento automatico del rango
costituzionale del diritto UE.

ADATTAMENTO AGLI ATTI UE: regolato dagli artt. 4 par. 3 TUE e 288 TFUE e da alcuni princìpi generali elaborati dalla
giurisprudenza della CGUE. Gli atti di organi normativi delle OI sono automaticamente recepiti dagli ordinamenti degli SM per
effetto dell’adattamento dei trattati istitutivi negli ordinamenti.

art. 4 par. 3 TUE: principio di leale cooperazione → gli SM e l’Unione si assistono nell’adempimento dei compiti stabiliti dai
trattati. Tale principio era già presente nel TCE → gli SM adottano misure per assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai
trattati o dagli atti delle istituzioni UE e non possono adottare misure che pregiudicano la realizzazione degli scopi dei Trattati.

art. 288 TFUE: regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri.


considera obbligatori i regolamenti, le direttive limitatamente all’obbligo di risultato che impongono agli Stati e le decisioni.
obbligatorietà ≠ immediatamente applicabile (= capace di produrre diritti e doveri invocabili dai privati davanti a un giudice)
Differenza tra applicabilità diretta e efficacia diretta e tesi sulla loro distinzione
Diretta applicabilità: norme self-executing, che possono essere Efficacia diretta: capacità della norma comunitaria qualsiasi a
applicate direttamente, diventano automaticamente parte del creare diritti e obblighi direttamente per i singoli (a incidere
diritto nazionale, senza la necessità di una normativa nazionale sulla sfera giuridica dei singoli), la norma può produrre effetti
di attuazione es i regolamenti sono direttamente applicabili. Per giuridici diretti per gli individui
Conforti è la forza formale dei regolamenti, che infatti possono
creare diritti e obblighi negli SM.

1. caratteristica che deve emergere direttamente dal trattato 1. caratteristica che deve essere verificata caso per caso per
tutte le norme comunitarie

2. indica l’obbligatorietà degli atti 2. riguarda il contenuto dell’atto

3. la differenza dipende dalle diverse modalità di applicazione 3. le norme produttive di effetti diretti sono caratterizzate da
negli SM: le norme direttamente applicabili implicano il divieto materiale incompletezza e implicano l’obbligo degli SM di
per gli SM di emanare normative statali di attuazione provvedere alla loro attuazione concreta immediata

4. la distinzione è irrilevante perché la giurisprudenza usa 4. effetto diretto = incidenza di una norma sulla posizione
indifferentemente le due espressioni: d.a. = qualità di una norma giuridica del singolo
La cosa fondamentale è sapere se, quando si devono stabilire gli effetti di una norma comunitaria in uno Stato, è capire se tale norma
può produrli immediatamente o se c’è bisogno dell’attività integratrice degli organi statali, cioè se l’atto sia o meno self-executing.
Norme sprovviste di efficacia diretta nel diritto UE: direttive, decisioni e regolamenti incompleti.

Principi generali elaborati dalla CGUE → la CGUE ha sempre stabilito l’obbligo degli SM di assicurare il rispetto del diritto UE
negli ordinamenti statali, elaborando 2 principi fondamentali del diritto UE, con rango superiore alle norme di diritto UE derivato:
principio dell’efficacia diretta del diritto UE nel diritto SM e principio del primato del diritto UE sul diritto interno degli SM
Principio dell’efficacia diretta del diritto UE nel diritto interno degli SM
● efficacia diretta delle norme dei trattati: nella sentenza Van Gend en Loos la CGUE ha stabilito che le norme con
efficacia diretta sono quelle che hanno valore precettivo ed attribuiscono ai singoli dei diritti che i giudici nazionali devono
tutelare
● efficacia diretta dei regolamenti: l’art. 288 TFUE prevede la diretta applicabilità dei regolamenti. Nella maggior parte
dei casi questa nozione coincide con la loro efficacia diretta, ma se non coincidono si parla di regolamenti incompleti.
● efficacia diretta e regolamenti incompleti: regolamenti che per il loro contenuto non sono self-executing perché lasciano
ampi spazi di discrezionalità all’autorità statale
● efficacia diretta delle decisioni: le decisioni sono obbligatorie in tutti i loro elementi per il destinatario, sono direttamente
applicabili e hanno efficacia diretta sui soggetti destinatari specificati nella decisione, senza necessità di normative di
trasposizione
● efficacia diretta delle direttive: atti non self-executing, vincolano lo SM solo per il risultato da raggiungere e lo lasciano
libero nella scelta delle forme e dei mezzi per ottenerlo. Gli SM destinatari di direttive hanno l’obbligo di trasposizione,
devono adottare tutte le misure interne necessarie per dare attuazione alla direttiva.
Se lo SM viene meno all’obbligo di trasposizione, si pone il problema di quali effetti della direttiva si producono
direttamente e quali si realizzano solo dopo l’emanazione di atti interni di esecuzione.
Perché una direttiva abbia efficacia diretta, devono essere soddisfatti alcuni criteri:
○ Precisione e Incondizionalità: le disposizioni della direttiva devono essere sufficientemente chiare, precise e
incondizionate, infatti le direttive dettagliate che hanno efficacia diretta, perché precisano le norme di attuazione
delle direttive, togliendo discrezionalità agli SM, dalle altre (producono immediatamente solo gli effetti derivanti
conciliabili con l’obbligo di risultato).
○ Scadenza del termine di trasposizione
○ Diritti individuali: in questo caso però la Corte riconosce la possibilità di far valere gli effetti diretti della direttiva
soltanto nei rapporti tra Stato membro inadempiente e privati (effetti diretti verticali) e non nei rapporti tra privati
(effetti diretti orizzontali).
● efficacia diretta degli accordi internazionali conclusi dall’UE: dipende dalla natura e dalla volontà delle parti contraenti
● efficacia delle sentenze CGUE: si ricava dai trattati istitutivi.

Principio del primato del diritto UE sul diritto interno degli SM: permette di regolare i rapporti tra l’ordinamento UE e quelli
degli SM, in un’ottica monista = i diversi ordinamenti sono considerati come appartenenti ad unico ordine giuridico fatto di più
livelli, in cui il diritto UE costituisce l’ordinamento superiore e le sue norme prevalgono sul quelle degli ordinamenti statali. Tale
principio è stato elaborato dalla CGUE nel caso Costa c. Enel → si doveva stabilire se una legge interna italiana successiva di
nazionalizzazione dell’ENEL fosse in contrasto con il diritto UE. La Corte ha affermato il principio fondamentale del primato del
diritto UE sul diritto interno degli SM, dicendo che il trasferimenti di diritti e obblighi delle disposizioni del Trattato implica una
limitazione dei diritti sovrani degli SM. La Corte costituzionale ha affermato che, dato l’ordine di esecuzione del Trattato CEE è
avvenuto attr legge ordinaria, una legge ordinaria successiva, quella sulla nazionalizzione dell’energia elettrica, poteva derogare al
Trattato, secondo il principio della successione temporale delle leggi. Ciò avrebbe significato che lo Stato avrebbe potuto emanare a
suo piacimento leggi in contrasto con i trattati, cosa inaccettabile per la CGUE.

Sentenza Granital → la Corte costituzionale ha riconosciuto la possibilità per il giudice nazionale di non applicare la norma
interna incompatibile con il diritto comunitario, ciò significa che il diritto UE spiega la sua efficacia nell’ambito in cui la sovranità
statale si è autolimitata.

La teoria dei controlimiti pone un freno all’ingresso delle disposizioni europee quando queste risultano essere in contrasto con i
diritti fondamentali posti dalla Costituzione, quindi la Corte costituzionale effettua un controllo di costituzionalità per l’eventuale
contrasto di norme UE con principi fondamentali o inalienabili.
Ma oggi tale teoria tende ad essere abbandonata perché anche a livello europeo esista una forte tutela dei diritti umani fondamentali.

Caso Taricco → rischio di dichiarazione di incostituzionalità sul diritto UE. Il caso mostra la volontà della Corte costituzionale e
della Corte di Giustizia di mantenere aperti dei canali di dialogo.
La CGUE ha stabilito che l’art. 325 TFUE che impegna gli SM a sanzionare le frodi contro l’UE andava interpretato nel senso da
imporre ai giudici italiani di disapplicare la legge italiana che prevede per determinati reati una riduzione dei termini di
prescrizione ogni volta che tale legge poteva impedire di punire frodi contro gli interessi finanziari dell’UE.
Ma tale interpretazione era considerata incompatibile con un principio fondamentale dell’ordinamento italiano: principio di legalità
in materia penale = principio fondamentale di irretroattività della legge penale, sancito dall’art. 25 Cost.
Infatti la sentenza Taricco era stata applicata a fatti avvenuti prima della entrata in vigore della legge contro le frodi contro gli
interessi finanziari UE, quindi la Corte costituzionale poteva applicare la dottrina dei contro-limiti, ma ha deciso di effettuare un
rinvio pregiudiziale alla CGUE per farle chiarire se il principio sancito nella sentenza Taricco era applicabile anche in caso di
contrasto con un principio fondamentale.
La Corte costituzionale quindi ha invitato la CGUE a rivedere la propria posizione, ha rimarcato la possibilità di ricorrere ai
controlimiti e ha sottolineato il carattere irrinunciabile del principio di legalità in materia penale, in quanto rappresenta un aspetto
dell'identità nazionale dello Stato italiano che l’UE è tenuta a rispettare ai sensi dell’art. 4 TUE.
La CGUE infatti ha precisato che l’obbligo di disapplicare la legge italiana in materia di prescrizione non sussiste se la
disapplicazione determina una violazione del principio di legalità dei reati e ha dichiarato inapplicabile la sentenza Taricco perché
incompatibile cnl’art. 25 Cost. La CGUE ha anche aggiunto che gli SM sono liberi di determinare il livello di protezione dei diritti
fondamentali. Queste decisioni sono un es. di dialogo tra corti.
La Corte costituzionale italiana ha fatto un uso equilibrato della dottrina dei contro-limiti usando i 3 criteri:
- ha cercato di garantire una migliore protezione dei diritti umani
- ha considerato il ricorso ai contro-limiti come extrema ratio
- ha motivato in modo dettagliato la necessità di assicurare la prevalenza della norma interna.

Evoluzione legislativa in materia di adattamento al diritto UE


In Italia mancavano norme costituzionali che imponessero l’applicazione ed il rispetto del diritto UE. Negli anni 80 c’è stata una
maggiore attenzione per il problema dell’app e del rispetto del diritto UE nell’ordinamento italiano.
Legge La Pergola n. 86/1989 → chiarisce i rapporti tra diritto UE e diritto italiano e vuole garantire l’adempimento degli obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle CE.
Legge 4 febbraio 2005, n. 11 (ha sostituito la legge La Pergola) → istituzione del CIACE (Comitato interministeriale per gli affari
comunitari europei) → scopo: concordare le linee politiche del Governo nel processo di formazione della posizione italiana nella fase
di predisposizione degli atti comunitari.
Legge n. 234/2012 → disciplina il ruolo delle istituzioni italiane nella fase di formazione, adattamento e applicazione del diritto UE e
introduce due strumenti legislativi: legge europea (con la quale si abrogano o modificano leggi interne incompatibili con il diritto
dell’Unione) e legge di delegazione europea (il Parlamento delega il Governo) per ad adottare tutte le misure necessarie per
l’adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all’UE.
Storie delle OI
Non esistono regole generali di DI sulla struttura delle OI e la prassi mostra una grande varietà di organi.
Le OI svolgono funzioni disomogenee, sono enti funzionali. Evoluzione delle OI: 19 sec: Commissioni fluviali
1 gm: Unioni amministrative, con funzioni tecniche e a vocazione universale (volevano comprendere più Stati possibile) molte sono
sopravvissute fino a oggi e sono le Istituzioni specializzate che cooperano con le NU
↪ org a carattere monofunzionale, definite come organizzazioni di cooperazione
Società delle Nazioni: prima org polifunzionale, il suo Patto è stato approvato nella Conferenza di pace di Parigi del 1919
prima org a carattere politico → voleva promuovere la cooperazione internazionale, la stabilità dei rapporti tra Stati e offrire garanzie
politiche e territoriali.
Vocazione universale: sia perché voleva comprendere il più gran numero di Stati sia riguardo l’estensione delle sue competenze
(l’obiettivo della promozione della cooperazione internazionale poteva includere anche ogni aspetto della vita delle relazioni tra Stati).
Estinta a causa di USA, Urss e diversi stati europei avevano deciso di non farne parte e la regola dell’unanimità nella adozione delle
delibere dei suoi organi pregiudicava la realizzazione dei suoi obiettivi. Sostituita poi dalle Nazioni Unite (*)

Alcune OI si formano per un processo di integrazione economica


● a livello mondiale: l’Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio GATT che è diventato un allegato del trattato
istitutivo dell’OMC: Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) → vuole liberalizzare gli scambi di merci e servizi
tra gli SM per l’economia del libero mercato.
● a livello regionale la cooperazione economica tra Stati vicini ha portato alla creazione di accordi: es UE
○ alcuni hanno istituito aree commerciali preferenziali
○ unione doganale
○ mercato comune in cui si è liberalizzata la circolazione di tutti i fattori produttivi (persone, merci, capitali, servizi)
○ unione economica e monetaria (creazione di una moneta unica)

Competenze delle OI
STATI: enti territoriali sovrani con la funzione di esercitare la potestà di governo su un territorio e sui cittadini, i loro poteri non
derivano dall’ordinamento internazionale, ma sono enti originari (il DI interviene solo perché per imporre limiti ai poteri degli Stati,
se l'esercizio di tali poteri da parte di uno Stato entra in conflitto con l’esercizio di analoghi poteri da parte di un altro Stato)
OI: non sono enti sovrani , non hanno un proprio territorio nè una propria popolazione, sono enti funzionali (assolvono alle funzioni
che gli SM gli affidano) e enti derivati, ogni OI ha funzioni diverse e il loro esercizio è regolato dal DI.

Il trattato istitutivo di un’OI dovrebbe conferirle tutti i poteri adeguati per svolgere le proprie funzioni, ma ciò non avviene sempre
dato che gli Stati sono restii a dotare le OI di poteri ampi, perché a ogni attribuzione di poteri a un’OI corrisponde una limitazione dei
poteri degli Stati. Le OI non possono risolvere tale inadeguatezza dei poteri attribuiti a loro attribuendosi dei poteri, anche se la prassi
mostra che le Oi possono anche svilupparsi in modo autonomo rispetto alle norme dell’atto istitutivo, ma tale evoluzione avviene solo
perché gli SM vi acconsentono tacitamente attr acquiescenza perché conservano sempre il potere costituente e possono arrestare o
far regredire tale evoluzione. Quindi per le OI vale il principio di attribuzione: le OI possono esercitare solo le competenze che le
sono state attribuite dagli SM.

UE → 3 tipi di competenze:
1. esclusive: materie in cui solo l’UE può adottare atti giuridicamente vincolanti → 5 settori: unione doganale, regole di
concorrenza per il mercato unico, politica monetaria per gli SM dell’eurozona, conservazione delle risorse biologiche,
politica commerciale comune
2. concorrenti: sia l’UE che gli SM possono adottare atti giuridicamente vincolanti, ma gli SM non possono più esercitare le
loro competenze dal momento in cui l’UE ha esercitato le sue. Quando gli SM esercitano competenze concorrenti devono
sempre rispettare l’obbligo di leale cooperazione. L’identificazione delle competenze concorrenti dell'UE ha carattere
residuale: sono le competenze attribuite all’UE che non sono esclusive e non riguardano il sostegno, coordinamento o
completamento dell’azione degli SM. Settori: mercato interno, politica sociale, coesione economica, sociale e territoriale,
agricoltura e pesca, ambiente, protezione dei consumatori, trasporti, energia, spazio di libertà e giustizia, sanità pubblica
3. di sostegno coordinamento e completamento dell’azione degli SM: l'UE non può procedere all’armonizzazione delle
disposizioni legislative e regolamentari degli SM. Settori: tutela e miglioramento della salute umana, industria, cultura,
turismo, istruzione, protezione civile, cooperazione amministrativa.

NU: le competenza si possono desumere dalle disposizioni sul funzionamento e i poteri degli organi. Le finalità delle NU (art. 1) sono
così ampie e generiche che non è possibile ipotizzare a priori le sue competenze, ma ad es. l’art. 11 della Carta che dice che l’AG ha
competenze generali in materia di cooperazione per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

I limiti delle competenze delle OI sono ulteriori garanzie per la sovranità degli SM.
● In UE vige il principio di sussidiarietà: l’Unione interviene solo se gli obiettivi non possono essere conseguiti in misura
sufficiente dagli SM ma possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione. Si applica solo nei settori di competenza non
esclusiva dell’UE mentre nel caso delle competenze concorrenti la regola generale è che l’intervento compete agli SM.
● Il princ. di sussidiarietà è collegato con il principio di prossimità: le decisioni sono prese il più vicino possibile ai cittadini.
● Clausole domestic jurisdiction: indicano le materie in cui uno Stato è libero da obblighi internazionali (dominio riservato)
● Clausole di salvaguardia: attr cui gli SM in particolari circostanze possono riappropriarsi di competenze già attribuite
all’OI, è una deroga temporanea perché l’org rientra in possesso delle sue competenze
Struttura delle OI
Inesistenza della separazione dei poteri → differenza fondamentale rispetto ai principi della struttura degli Stati, perché gli Stati
democratici sono strutturati secondo il principio della separazione dei poteri, data la necessità di decentrare i poteri affidandoli a una
serie di organi rappresentativi delle varie istanze sociali. Nelle OI invece c’è un’esigenza opposta: dare autorità all’OI per permetterle
di svolgere le funzioni con sufficiente autonomia rispetto ai singoli SM. Nelle OI quindi spesso più organi partecipano alla stessa
funzione.

Organo assembleare → organo che rappresenta tutti gli SM, espressione del momento associativo tra gli SM (→ Draetta).
Varie denominazioni: Assemblea, Conferenza, Consiglio, Comitato (es. AG delle NU e Consiglio dell’UE).
Compiti: determinare la strategia dell’org orientandone la politica generale, elezione dei membri degli altri organi, gestione delle
questioni finanziarie, decisioni sulla membership, modifiche dello statuto.
Dato che è composto da rappresentanti degli SM presenta analogia formali con le conferenze internazionali, ma differenza
principale è che le conferenze internazionali sono riunioni di organi, quindi l’attività dei delegati è imputabile ai rispettivi Stati di
appartenenza, mentre l’attività dell’organo assembleare è imputabile all’OI perché è un organo collegiale di Stati.
L’organo assembleare è spesso a funzionamento intermittente: si riunisce in sessioni periodiche stabilite a date fisse (sessioni
ordinarie) o in caso di necessità (sessioni straordinarie).

TIPI DI STRUTTURE
● Struttura bipartita: organo assembleare + Segretariato (come in molte Unioni amministrative del sec scorso)
tipica delle OI di natura tecnica con funzioni circoscritte. Il Segretariato si occupa del funzionamento materiale dell'organo secondo
le linee tracciate dall’organo assembleare. Capo del Segretariato: funzionario di rango più elevato in un’OI, organo individuale che
non rappresenta nessuno Stato, ma rappresenta l’interesse unitario degli SM, rappresenta l’org nei suoi rapporti esterni ed è
responsabile politicamente nei confronti dell’organo che lo ha eletto (gli SM o l’organo assembleare). Varie denominazioni: segretario
generale, direttore generale, direttore amministrativo.

● Struttura tripartita: con un terzo organo con i rappresentanti degli SM ma a composizione ristretta a cui spettano le
decisioni meno strategiche e più operative che non possono essere efficacemente adottate dall’organo assembleare. Varie
denominazioni: Consiglio, Comitato. Modello organizzativo tipico di molti Istituti specializzati NU.
L’organo a composizione ristretta è a funzionamento permanente ed è nominato dall’assemblea, può avere composizione
ministeriale-diplomatica o tecnico-burocratica. Gli Stati che ne fanno parte sono scelti in base a diversi criteri (il loro
grado di importanza, l’appartenenza a determinate aree geografiche). Es CdS delle NU.

● Struttura multipartita: in caso le funzioni dell’OI sono molto complesse. Sono org a vocazione universale e si dotano di
una molteplicità di altri organi con diversi compiti, es. NU: i tre organi (CdS, AG, Segretariato generale) + CIG, CES…
Per l’UE in passato si parlava di struttura quadripartita → le istituzioni principali sono: CGUE, Consiglio, Commissione e
Parlamento europeo, ma si sono aggiunti il Consiglio europeo, la BCE, la Corte dei Conti.

Nelle OI c’è una forte necessità di contemperamento tra interessi generali e particolari degli SM, avviene attr vari sistemi.
➔ pdv composizione: una molteplicità di organi rende possibile la coesistenza di interessi particolari degli SM (attr l’organo
assembleare) e di interessi generali → rappresentati da: organi di individui (es. Segretario generale NU e Commissione UE:
non possono ricevere istruzioni da alcun governo perché sono funzionari internazionali responsabili solo di fronte all’org)
➔ pdv dei poteri: in una struttura bipartita il contemperamento avviene separando la fase decisionale e quella esecutiva sulle
strategia dell’org, in altri casi il contemperamento avviene facendo partecipare più organi al processo di emanazione degli atti
dell’org, che diventano quindi atti complessi, es. nell’UE il Consiglio (organo che rappresenta gli interessi particolari degli
SM) non può deliberare senza la proposta delle Commissione (organo che rappresenta gli interessi generali).
➔ pdv del funzionamento: il contemperamento avviene attr il voto a maggioranza, che implica il sacrificio degli interessi
particolari degli Stati che fanno parte della minoranza. La maggioranza può essere:
○ semplice: metà dei votanti + 1
○ assoluta: metà dei componenti dell’organo + 1
○ qualificata: comporta il sacrificio degli interessi particolari di un minor numero di Stati, la qualificazione in genere
è espressa con una percentuale di voti richiesti superiore al 50% + 1.
dagli anni 60 si è sviluppata la pratica del consensus nelle NU: adozione a larga maggioranza di una decisione in assenza di
obiezioni formulate espressamente, senza ricorrere a una votazione formale, è un compromesso tra le varie posizioni degli
SM, ma risultano ambigue e contradditorie nella loro formulazione.
Se la votazione a maggioranza è accompagnata da una ponderazione dei voti, ci sarà una maggiore protezione degli interessi
particolari.
Se non è prevista la votazione a maggioranza, c’è il principio di unanimità, che si raggiunge anche in caso di astensione dal
voto. Il procedimento dell’unanimità protegge la sovranità dei singoli SM e impone meno sacrifici. è usato maggiormente per
materie più importanti, mentre il voto a maggioranza per materie meno importanti.

Organi a composizione parlamentare → permettono un coinvolgimento diretto dei cittadini nei processi decisionali delle OI,
senza il quale si accentuerebbe il deficit democratico delle OI.
CdE: prima OI con un organo a composizione parlamentare
Nell’UE, data l’ampiezza delle competenze e l’applicabilità diretta per i singoli dei suoi atti normativi, il deficit democratico è stato
risolto ampliando i poteri del Parlamento Europeo, che ad es ha diritto di veto, è coinvolto nella procedura legislativa ordinaria e il
bilancio UE deve essere approvato dal Parl.
Organi giurisdizionali e di controllo → devono risolvere controversie tra Stati: la loro giurisdizione non può essere imposta agli
Stati, ma deve essere accettata (come nel caso della CIG e della CGUE). I sistemi di risoluzione delle controversie tra SM di OI più
elaborati sono quelli di WTO e UE.
La possibilità che un individuo possa adire un organo giurisdizionale internazionale sconvolge i canoni del DI tradizionale.
Ci sono anche casi di giurisdizione non contenziosa: CIG e CGUE hanno delle competenze consultive sull’interpretazione degli
statuti delle rispettive org.
Gli organi giurisdizionali svolgono anche un’attività di controllo sull’attività dell’org e sull’adempimento degli obblighi da parte
degli Stati. Ciò avviene solo nelle OI molto evolute (UE), la regola generale è che gli SM risolvono eventuali inadempimenti di
obblighi statutari attr meccanismi di DI generale (sanzioni come sospensione del diritto di voto o espulsione).

Individui che compongono le OI


Gli organi delle OI sono composti da individui. 2 categorie:
1. agenti degli Stati in seno alle organizzazioni: rappresentanti dei singoli Stati compongono uno o più organi dell’org.
L’agente degli Stati agisce in seno all’organo collegiale dell’org in conformità alle istruzioni ricevute dallo Stato delegante.
2. agenti delle organizzazioni: individui che agiscono per conto di un’OI senza rappresentare nessuno SM. Possono avere un
a. rapporto fiduciario con l’OI: agenti di livello più alto e sono soggetti a responsabilità politica
b. rapporto di impiego: funzionari, hanno responsabilità amministrativa, e nel caso in cui sono lesi da uno SM
hanno diritto a protezione da parte dello Stato di appartenenza (protezione diplomatica) o da parte dell’OI
(protezione funzionale)

Fonti dell’ordinamento interno delle OI


rapporto gerarchico: (1) fonti primarie: atto costitutivo e statuto (costituzione esterna e interna dell’org) e principi comuni agli SM
(2) fonti secondarie: atti delle OI

Atto costitutivo e statuto: contengono le norme fondamentali che regolano la vita dell’org, sono l’ogg di un trattato internazionale
firmato dagli SM. Gli SM concedono all’org i poteri per
● l’interpretazione dello statuto (per evitare che lo statuto venga interpretato in modo diverso nei singoli SM - nell’UE è
affidata alla CGUE e nelle NU alla CIG)
● la modifica dello statuto:
○ nelle OI a carattere regionale: procedimento esterno o extra-organico, richiede solo l’assenso attr trattato
modificativo di tutti gli SM dell’org
○ nelle OI a vocazione universale: l’OI ha il potere di iniziativa della proposta di modifica dello statuto e gli SM
provvedono l’approvazione della modifica
○ nelle OI a carattere tecnico: l’approvazione della modifica avviene attr un voto a maggioranza qualificata, quindi
in deroga ai principi generali di DI dei trattati, la modifica di uno statuto può entrare in vigore anche se non tutti gli
SM la approvano, in questi casi lo Stato può recedere dal trattato istitutivo dell’OI.
Nonostante il principio di attribuzione, la prassi dimostra l’introduzione di vere e proprie modifiche statutarie mascherate
come attività interpretative e l’acquiescenza degli SM rende definitive tali modifiche.
Procedure di modifica dei trattati dell’UE: art. 48 TUE → una procedura di revisione ordinaria e due semplificate:
La procedura ordinaria richiede una Convenzione composta di rappresentanti di Parlamenti nazionali, Capi di Stato o di governo,
Parlamento europeo e Commissione (permette un coinvolgimento di diversi soggetti e ci sono forme di rappresentanza democratica
dei cittadini) che esamina il progetto di modifica e emana una raccomanda ziona per una conferenza intergovernativa in cui i
rappresentanti dei governi degli Stati membri discutono le proposte di revisione, che possono provenire dal Consiglio Europeo, dalla
Commissione Europea o da un terzo degli SM . Dopo la conferenza intergov, le proposte di revisione devono essere ratificate da
ciascuno degli Stati membri in conformità con le rispettive procedure costituzionali.
La procedura semplificata: non richiedono né la convocazione della Convenzione né della conferenza, la modifica dei trattati può
essere adottata dal Consiglio europeo su sua iniziativa, previa approvazione del Parlamento europeo e l’approvazione o ratifica degli
SM è sostituita con l'intervento dei Parlamenti nazionali.
1. art. 48 par. 6 TUE: riguarda solo la Parte Terza del TFUE sulle politiche e azioni interne dell’UE, non può essere usata per
estendere le competenze dell’UE. Il progetto di modifica dei trattati è presentato da un gov di uno SM, Parl europeo o
Commissione al Consiglio europeo che delibera all’unanimità.
2. art. 48 par. 7 TUE → prevede due casi distinti: (1) possibilità di sostituire il requisito dell’unanimità con quello della
maggioranza qualificata per le decisioni del Consiglio (2) possibilità di sostituire la procedura legislativa speciale (dove
prevista dal TFUE) con la procedura legislativa ordinaria.
● integrazione dello statuto: dato che non esistono regole generali di DI sulla struttura e sul funzionamento delle OI, gli statuti
non possono contenere tutte le regole di dettaglio necessarie perché diventerebbero troppo complessi e la necessità di certe
regole non è sempre apparente al momento dei negoziati ma emerge dopo un primo periodo di svolgimento dell’attività.
Uno dei meccanismi con cui le OI rimediano all’inadeguatezza dei poteri loro conferiti dagli SM rispetto ai loro scopi è il
ricorso ai poteri impliciti. In teoria le integrazioni allo statuto devono essere effettuate dagli SM, ma gli Stati affidano certi
poteri all’org stessa. Il potere più significativo in materia di integrazione dello statuto è il potere di autoregolamentazione
interna: potere di adottare i regolamenti interni dei propri organi.

Principi generali comuni → appartengono al rango di fonte primaria, sono una serie di principi generali non espressamente formulati
nel trattato ma che sono stati usati dagli organi come criteri di interpretazione dell’ordinamento interno. Tali principi derivano da
una comparazione degli ordinamenti giuridici degli SM, es. vi fanno espresso riferimento sia il TFUE che lo statuto della CIG.
La maggiore app di principi generali è stata effettuata nell’UE: in particolare la CGUE in molte sentenza ha fatto riferimento a
principi generali non ancora formulati nei trattati istitutivi (es. protezione dei diritti fondamentali, principi di eguaglianza e libertà,
diritto a un processo equo, diritto della difesa, libertà di pensiero e di parola..) Fonti di terzo grado (*)

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