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LE CONSUETUDINI
Consuetudini o usi → sono norme che non hanno bisogno di essere tramandate per
iscritto.
Pur se le norme consuetudinarie non possano desumersi da enunciati scritti si avverte
l’esigenza di facilitare l’interprete registrando per iscritto certi comportamenti ripetuti e
diffusi per renderli più facilmente conoscibili.
La ricerca e l’applicazione della norma compete al giudice per la regola iura novit
curia, mentre dipende dalla parte stessa convincere il giudice stesso quanto alla
circostanza sub, ossia che i fatti o atti o negozi allegati si sono concretamente verificati.
La controparte, cioè <<il convenuto>>, potrà, nel difendersi, tentare di indirizzare la
ricerca e l’applicazione della norma in senso differente da quanto viene prospettato
dall’attore e contestare che i fatti o gli atti o i negozi si siano verificati nella realtà
fenomenica.
Potrà lo stesso convenuto affermare poi, attraverso un’”eccezione sostanziale o di
merito”, che i fatti allegati dall’attore si sono sì verificati ma risultano attualmente
inefficaci, a causa di un altro fatto contestuale a quello allegato (fatto impeditivo)
oppure di un fatto sopravvenuto a quello allegato dall’attore che lo ha modificato
(fatto modificativo) o estinto (fatto estintivo).
Esempio → Tizio afferma <<ho concluso un contratto con Caio, che si è obbligato a
pagarmi il 1° gennaio 2010 € 10.000 (Caio ha l’obbligo di pagarmi € 10.000 o se si vuole
ho il diritto soggettivo di ricevere € 10.000) quale prezzo per un’autovettura che gli ho
venduto>>. Il fatto costitutivo è appunto il contratto, che appartiene all’insieme dei fatti
negoziali. Caio potrà sostenere che quel contratto non è mai stato concluso (quindi
contestare il fatto costitutivo) oppure potrà allegare diversi fatti nuovi <<abbiamo
pattuito che il pagamento fosse dovuto il 1° gennaio 2020>> (il fatto <<impedisce>> a
Tizio di far valere attualmente la sua pretesa); <<ho già pagato € 10.000 (il fatto ha
<<estinto>> l’obbligo di Caio) oppure <<con un contratto successivo abbiamo
modificato il termine di pagamento prorogandolo al 1° gennaio 2020>> (il fatto
allegato in via d’eccezione ha <<modificato>> le modalità di esecuzione dell’obbligo
di Caio).
La valutazione giuridica dei singoli fatti, che compete al giudice, sarà la seguente: il
contratto ha forza di legge tra le parti, obbliga le parti a quanto è in esso espresso ed
è fonte di obbligazioni: chi l’ha concluso ha quindi l’obbligo di darvi esecuzione (il
contratto è “fatto costitutivo” dell’”obbligo” di Caio e quindi della situazione giuridica
correlata “diritto soggettivo”). L’adempimento esatto della prestazione libera il
debitore quindi, se Caio ha pagato, Tizio non può esigere più niente da lui (fatto
“estintivo”); oppure, se è stato pattuito un termine, <<il creditore non può esigere la
prestazione prima della scadenza>>. Da ciò viene che Tizio dovrà attendere il 2020 per
ottenere la somma richiesta (fatto “impeditivo”).
A differenza di quanto accadeva nel diritto romano di epoca classica, in tali casi al
giudice è vietata la decisione di non liquet: egli non può cioè rifiutarsi di decidere
ammettendo di non avere raggiunto un pieno convincimento quanto all’effettivo
verificarsi dei fatti allegati dalle parti.
Egli è invece obbligato ad assumere una decisione valendosi della regola che
implicitamente si trova codificata all’art. 2697 c.c.: un fatto non provato deve
considerarsi un fatto non accaduto. A Caio che afferma, senza riuscire a convincere il
giudice, di aver pagato la somma pretesa da Tizio si risponderà quindi che in realtà la
sua affermazione è falsa, condannandolo a pagare nuovamente.
L’art. 2697 c.c. si limita ad enunziare la distinzione tra i fatti giuridici allegati dalle parti,
lasciando all’interprete di stabilire quando essi siano costitutivi oppure all’inverso
impeditivi, modificativi o estintivi e quindi se il rischio del fatto incerto vada a danno
dell’attore o del convenuto.
LA TESTIMONIANZA E LA CONFESSIONE
Testimonianza → dichiarazione che una persona fa di fronte al giudice, dopo aver
prestato giuramento, sulla verità di un fatto di cui ha avuto conoscenza diretta oppure
perché è stata informata da altri.
Confessione → dichiarazione di scienza che una parte fa in giudizio (confessione
giudiziale), oppure fuori dal processo (confessione extra giudiziale).
IL GIURAMENTO E LE PRESUNZIONI
Giuramento → confessione pronunciata in giudizio: è fatta da una delle parti su invito
dell’altra parte o del giudice. La parte può prestare giuramento e vincere la causa.
Presunzioni → sono prove indirette che consistono nei ragionamenti prodotti a partire
da fatti noti e provati per prevenire al convincimento della realtà di un fatto ignoto.
Presunzioni legali → è la legge stessa che stabilisce che dalla prova di un certo fatto
consegue quella di un altro fatto.
LE PRESCRIZIONI E LE DECADENZE
LA PRESCRIZIONE ESTINTIVA E IL NON USO
La prescrizione è un mezzo con cui l’ordinamento giuridico opera l’estinzione dei diritti
quando il titolare non li esercita entro il termine previsto dalla legge (art. 2934 c.c.).
L’ordinamento non consente che i terzi rimangano in una situazione permanente di
incertezza sulla volontà del titolare di esercitare o meno il proprio diritto; e pertanto,
trascorso un certo termine senza che il titolare abbia esercitato il proprio diritto, ricollega
a questo comportamento la perdita del diritto per una presunzione assoluta di rinuncia
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al diritto stesso. Gli elementi della prescrizione sono: la disponibilità del diritto, il termine
di decorrenza, il tempo. Non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili quali i diritti
della personalità. Del pari è imprescrittibile il diritto di proprietà, che non si perde per
inattività del titolare, ma solo per acquisto del diritto da parte del terzo, a seguito
dell’attività corrispondente al diritto stesso (Usucapione). Estinto il diritto e, con esso,
l’azione che lo tutela, rimane tuttavia il dovere morale e sociale da adempiere. Questo
dovere è tutelato indirettamente in via giuridica attraverso:
a) la rinuncia alla prescrizione dopo il suo verificarsi, consentita al beneficiario che
possa disporre del diritto acquisito (art. 2937 c.c.);
b) la non rilevabilità d’ufficio della prescrizione, stante sempre la facoltà
dell’interessato di rinunciare ad avvalersene;
c) la non ripetibilità di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento
del debito prescritto (art. 2940 c.c.).
La prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto (art. 2935 c.c.). Il
termine ordinario di prescrizione è di dieci anni. Per talune fattispecie sono tuttavia
previste delle prescrizioni brevi. Il termine di prescrizione può essere soggetto a
sospensione o a interruzione. Si ha sospensione del termine per cause che non
consentono temporaneamente l’esercizio del diritto, quali l’età minore o la interdizione
per infermità di mente per chi sia privo di rappresentante legale e per i sei mesi
successivi alla fine della causa di incapacità o alla nomina del rappresentante; ovvero
per il periodo in cui il diritto debba esercitarsi nei confronti di persone con le quali
intercorrano particolari rapporti, che ne rendano difficile o non conveniente l’esercizio.
Si ha interruzione della prescrizione a seguito della domanda giudiziale e di qualunque
atto valido per la costituzione in mora, nonché per il riconoscimento del diritto da parte
del debitore. Per effetto dell’interruzione si inizia un nuovo periodo di prescrizione.
Quando intervenga sentenza di condanna passata in giudicato incomincia a
decorrere un termine decennale di prescrizione, anche se per i diritti per i quali si è agito
giudizialmente la legge dispone un termine inferiore ai dieci anni. Le prescrizioni sono
presuntive quando la legge presume iuris tantum che dopo il decorso del termine il
debito sia stato pagato, e pertanto attribuisce al creditore l’onere di provare che il
debito non sia stato pagato, anche deferendo il giuramento (art. 2960 c.c.). La
prescrizione presuntiva però non può essere fatta valere quando colui che la
eccepisce ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.
In tal caso, infatti, viene meno il fondamento stesso della prescrizione, che, come già
detto, si basa sulla presunzione che il debito sia stato pagato.
Prescrizione estintiva → produce l’estinzione del diritto soggettivo in esito alla condotta
inerte del titolare di esso che non ne pratica l’esercizio per il tempo determinato dalla
legge.
Il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.
Non uso → è un modo che estingue il diritto, ad esempio l’enfiteusi o come tutti i diritti
reali (quindi i diritti sulle cose, tranne la proprietà) si estinguono per non uso ventennale,
cioè se non li usi per vent’anni.
LA PRESCRIZIONE PRESUNTIVA
Prescrizione presuntiva → è un istituto del diritto civile italiano per il quale, trascorso un
certo periodo di tempo, un diritto si presume estinto.
LA PUBBLICITA’
LA PUBBLICITA’ DEI FATTI GIURIDICI IN GENERALE
Pubblicità → serve a rendere conoscibile un determinato fatto o atto giuridici da
chiunque ne abbia interesse attraverso un procedimento regolato dalla legge:
- notizia → si limita a dare notizia di determinati fatti, senza che la sua omissione
impedisca ai medesimi di produrre i loro effetti giuridici o ne determini l'invalidità.
Essa, dunque, non costituisce un dovere ma, semmai, un onere, con l'eventuale
applicazione di una sanzione in caso d'inosservanza dell'obbligo.
Sono esempi di pubblicità-notizia nell'ordinamento italiano:
o l'iscrizione degli imprenditori nella sezione speciale del registro delle imprese;
o la pubblicazione di matrimonio;
o l'annotazione a margine dell'atto di nascita della sentenza di interdizione;
o la trascrizione dell'atto di vendita di autoveicoli presso il Pubblico Registro
Automobilistico;
o la trascrizione nei registri immobiliari delle accettazioni di eredità e degli
acquisti di legato;
- dichiarativa → è volta a rendere opponibili a determinati soggetti i fatti per cui è
prevista (ad esempio, a rendere opponibile un negozio giuridico ai terzi): la sua
omissione, pur non determinando l'invalidità, impedisce che il fatto produca effetti
giuridici nei confronti di tali soggetti. L'ordinamento può configurare la pubblicità
come condizione sufficiente ma non necessaria per l'opponibilità, allorché consenta
di provare, in alternativa, che il soggetto era comunque a conoscenza del fatto,
nonostante la mancata pubblicità; oppure può configurarla come condizione
necessaria, oltre che sufficiente, sicché la mancata pubblicità preclude in ogni caso
l'opponibilità, quand'anche il soggetto fosse venuto altrimenti a conoscenza del
fatto. Nell'uno come nell'altro caso, la pubblicità dichiarativa costituisce, dunque,
un onere affinché il fatto possa produrre i suoi effetti giuridici nei confronti di
chiunque ed essere, quindi, pienamente efficace.
Sono esempi di pubblicità dichiarativa nell'ordinamento italiano:
o l'iscrizione degli imprenditori, diversi dalle società di capitali e dalle società
cooperative, nella sezione ordinaria del registro delle imprese;
o la trascrizione nei registri immobiliari dei contratti che trasferiscono la
proprietà di beni immobili;
- costitutiva → è requisito necessario affinché la fattispecie si perfezioni, sicché in sua
mancanza l'atto è privo di validità e non produce effetti nei confronti di chiunque
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(quindi né tra le parti del negozio giuridico, né verso i terzi). Essa è, dunque, un onere
al fine dell'efficacia e della validità dell'atto.
Sono esempi di pubblicità costitutiva nell'ordinamento italiano:
o l'iscrizione delle società di capitali nella sezione ordinaria del registro delle
imprese;
o l'iscrizione delle ipoteche nei registri immobiliari;
o l'iscrizione delle ipoteche nei Pubblici Registri Automobilistici;
o l'iscrizione dell'atto costitutivo, nonché delle operazioni di trasformazione,
scissione e fusione di società per azioni e a responsabilità limitata;
o la pubblicazione dei bandi di gara, da parte delle stazioni appaltanti
relativamente a lavori pubblici, fornitura di beni, fornitura di servizi,
concessioni;
o la pubblicazione di concorsi pubblici per l'assunzione di personale nella
pubblica amministrazione;
- sanante → ha la funzione di eliminare, dopo un certo periodo, alcuni vizi dell’atto.
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IL POSSESSO
IL POSSESSO E LA DETENZIONE
Possesso (art. 1140 c.c.) → non è un diritto reale. È il potere che una persona può avere
su una cosa mobile o immobile.
Le caratteristiche del possesso sono:
• corpus possessionis → il potere sulla cosa conforme al diritto di proprietà o di un
altro diritto reale;
• animus possidendi → è la volontà del possessore di comportarsi come se fosse il
proprietario del bene.
Il possesso può essere esercitato direttamente oppure tramite un’altra persona (detta
detentore).
Detentore → ha di fatto la disponibilità della cosa; ha il corpus. Riconosce che il possesso
della cosa è di un altro soggetto.
Gli elementi della detenzione sono:
1. animus detinendi → volontà di tenere la cosa come propria o come titolare di
un altro diritto reale;
2. disposizione materiale della cosa → cioè svolgere quella attività corrispondete
al possesso;
3. laudatio possessionis → il riconoscimento del possesso altrui sulla cosa.
Detenzione:
• qualificata → quando il detentore ha un suo interesse a tenere un suo bene nella
sua disponibilità;
• non qualificata → il detentore non ha un reale interesse ad utilizzare quel bene
ma nell’interesse del vero possessore.
I DIRITTI REALI
I DIRITTI REALI IN GENERE
Diritti reali → diritto soggettivo assoluto – viene chiamato reale perché è un diritto sulla
cosa.
Si caratterizzano per tre elementi fondamentali:
➢ assolutezza → il titolare di un diritto reale ha la possibilità di far valere il suo diritto
erga omnes nei confronti di tutti (diritto di proprietà);
➢ efficacia → il titolare può farli valere contro qualsiasi terzo che abbia violato
l’obbligo di non ingerirsi riguardo alla cosa oggetto del diritto stesso;
➢ tipicità → il loro numero e il loro contenuto è determinato dalla legge;
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Per trasferire un diritto reale a titolo particolare occorre un atto giuridico. Questo atto
deve essere valido ed efficace.
Il disponente non deve essere titolare del diritto reale: l’ipotesi non può essere quindi
applicata al caso in cui ne fosse titolare ma l’atto di disposizione fosse stato realizzato
da chi affermava falsamente di essere suo rappresentante.
L’acquirente del nuovo diritto deve avere ricevuto il possesso tramite la consegna
effettiva della cosa.
LA PROPRIETA’
IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DEL DIRITTO
Diritto di proprietà (artt. 832 e ss. c.c.) → rappresenta il principale di tutti i diritti reali.
Attribuisce al suo titolare (proprietario) il diritto di godere e di disporre delle cose in
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modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti
dall’ordinamento giuridico.
Il proprietario di una cosa può godere della stessa.
Potere di godimento → ho il potere di godere della cosa: non ha limiti.
Potere di disposizione → ho il potere di fare della cosa ciò che voglio, posso anche
cedere la cosa ad altri.
Le caratteristiche della proprietà sono:
- pienezza → è un diritto che consente al suo titolare ogni utilizzazione lecita del
bene che si esplica principalmente nel potere di godimento e di disposizione ("ha
diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo" art. 832); questa
caratteristica distingue, tra le altre, il diritto di proprietà dagli altri diritti reali di
godimento. Questi ultimi, infatti, non danno al titolare del diritto reale di godimento
tutte le facoltà del proprietario, perché tali diritti sono limitati proprio dall'esistenza
del diritto di proprietà; anche nell'usufrutto, ad esempio, dove la compressione
delle facoltà del proprietario è massima, l'usufruttuario non potrà vendere il bene,
né cambiarne la destinazione;
- esclusività → il rapporto che si instaura tra proprietario e bene è esclusivo, nel senso
che non sono ammesse interferenze di altri soggetti nel rapporto con il bene;
- elasticità → le facoltà del proprietario possono essere limitate dall’esistenza di altri
diritti, come l'usufrutto, sullo stesso bene. In questi casi, però, il diritto rimane
comunque integro riacquistando automaticamente tutta la sua pienezza alla
cessazione del diritto che lo comprime;
- autonomia e indipendenza → a differenza degli altri diritti reali, il diritto di proprietà
può esistere da solo, senza dipendere da altri diritti di maggiore ampiezza;
- perpetuità → si ritiene che non possano essere imposti limiti temporali alla proprietà,
non è ammessa una proprietà " a tempo", ma un'eccezione a questo principio può
essere costituita dall'art. 953 c.c. in relazione alla scadenza del termine del diritto
di superficie;
- imprescrittibilità → il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione.
Quando il diritto di proprietà non è limitato si estende in senso verticale e in senso
orizzontale:
- in senso verticale → la proprietà si estende fino al sottosuolo e fino allo spazio aereo
sovrastante;
- in senso orizzontale → la proprietà si estende fino ai suoi confini.
La legge può decidere di limitare il diritto di proprietà.
La proprietà deve anche soddisfare il resto dei consociati, deve essere utile alla società.
pretendere che gli sia corrisposto il valore dei materiali; ma non può optare per
la separazione se questa arrechi grave pregiudizio all'opera o faccia perire la
piantagione;
❖ opere eseguite dal terzo con materiali altrui (art. 937 c.c.) → il proprietario dei
materiali può rivendicarli, ma se ciò reca grave pregiudizio alle opere o al fondo,
il proprietario di questo e il terzo sono tenuti in solido a corrispondere il valore dei
materiali.
LE IMMISSIONI
Per immissioni si intendono le propagazioni di fumo, calore, esalazioni, rumori,
scuotimenti e simili, provenienti da un fondo, che raggiungono il fondo vicino (art. 844
c.c.). Il proprietario di quest’ultimo non può impedirle fino a quando non superino il
limite della normale tollerabilità, che deve essere determinata avendo riguardo alla
condizione dei luoghi, alle esigenze della produzione ed all’eventuale priorità di un
determinato uso. Qualora il limite della normale tollerabilità appaia superato, l’autorità
giudiziaria può disporre, a seconda dei casi, la cessazione delle immissioni od anche la
loro ammissibilità, a fronte del pagamento di un equo indennizzo, in relazione alle
esigenze della produzione.
LA SUPERFICIE
Superficie → è il diritto di edificare e di mantenere sul suolo o sottosuolo altrui una
propria costruzione. Il proprietario del suolo, tramite contratto o testamento, può
consentire al superficiario di entrare nel suo terreno e di costruirci una sua costruzione.
Il diritto di superficie si può costituire:
- per contratto con forma scritta;
- per testamento;
- per usucapione, ma in questo caso si discute se sia possibile usucapire il diritto ad
edificare, mentre è pacifico che possa essere usucapita la proprietà superficiaria.
L’oggetto del diritto di superficie:
- costruzioni al di sopra o al di sotto del suolo (art. 955 c.c.);
- non possono essere concesso il diritto di superficie per le piantagioni (art. 956 c.c.).
L’estinzione del diritto di superficie (art. 954 c.c.):
- scadenza del termine;
- prescrizione; in questo caso bisogna distinguere tra il diritto ad edificare e quello
relativo alla proprietà superficiaria.
o Diritto ad edificare si estingue per prescrizione ventennale per non uso
o Proprietà superficiaria è imprescrittibile
L’ENFITEUSI
Enfiteusi → è il diritto reale di godimento su cosa altrui che permette ad un’altra persona
(enfiteuta) di godere degli stessi diritti di cui dispone il proprietario sulla cosa.
Divieto di subenfiteusi → l’enfiteuta può inoltre trasferire il proprio diritto a terzi tramite
testamento o contratto e può costituire sul fondo servitù e altri diritti reali di godimento,
tranne l’enfiteusi.
L’enfiteusi si può costituire per:
- contratto;
- testamento;
- usucapione sia del diritto del concedente che di quello dell'enfiteuta.
L'enfiteuta può disporre del suo diritto sia per atto tra vivi che per testamento (artt. 965
e 967 c.c.).
La forma scritta è richiesta a pena di nullità. Può affrancare il fondo in qualsiasi
momento pagando al proprietario una somma pari a 15 volte il canone annuo. L'atto
di affrancazione costituisce un diritto potestativo contro il quale il proprietario non può
opporsi. Non è ammessa la subenfiteusi (art. 968 c.c.). Ha l'obbligo di migliorare il fondo.
Ha l'obbligo di pagare un canone periodico che può consistere anche in una quantità
fissa di prodotti naturali (art. 960 c.c.).
Il proprietario può chiedere la liberazione del fondo enfiteutico se l'enfiteuta deteriora
il fondo o non adempie all'obbligo di migliorarlo o, infine, è in mora nel pagamento di
due annualità di canone. Quando cessa l'enfiteusi deve rimborsare l'enfiteuta dei
miglioramenti e delle addizioni effettuate. Può chiedere la ricognizione del proprio
diritto un anno prima del compimento del ventennio a chi si trova nel possesso del
fondo.
La ricognizione è un atto di accertamento del diritto delle parti (art. 969 c.c.).
Il diritto non può avere durata inferiore a vent’anni, salvo il diritto di affrancazione. Si
può costituire in maniera perpetua. Si prescrive per non uso ventennale.
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L’enfiteusi si estingue:
- decorso del termine eventualmente stabilito;
- prescrizione ventennale;
- affrancazione;
- devoluzione;
- perimento totale del fondo (art. 963 c.c.).
L’USUFRUTTO
Usufrutto → diritto reale di godimento in virtù del quale si attribuisce ad un soggetto
(usufruttuario) il diritto di godere di una cosa di un altro traendone tutte le utilità che
possano derivare dalla cosa nel rispetto della sua destinazione economica. Il
proprietario vero della cosa viene definito nudo proprietario. Deve essere
necessariamente temporaneo, deve avere una durata limitata nel tempo. Se
l’usufrutto è costituito a favore di una persona fisica dura fino alla morte dell’usufruttario
e non può andare oltre la sua morte. Se invece l’usufrutto è costituito a favore di una
persona giuridica (ente) non può andare oltre 30 anni. Non è ammesso l’usufrutto
successivo, solo per successione. È ammesso l’usufrutto congiuntivo, cioè viene
costituito in favore di più persone.
Oggetto dell’usufrutto:
- cose fruttifere → producono frutti;
- inconsumabili → l’oggetto dell’usufrutto non può estinguersi con l’oggetto dello
stesso;
- consumabile → si parla di quasi usufrutto: l’usufruttario al termine dell’usufrutto non
dovrà restituire la cosa, ma ne dovrà restituire altre di uguale qualità e quantità.
Modi di acquisto dell’usufrutto:
➢ legale → stabilito dalla legge;
➢ volontario → si costituisce per volontà delle parti: per contratto, per testamento.
Azioni possessorie → l’usufruttario può agire quando viene spogliato nel possesso del
bene oppure nell’esercizio di godimento del diritto.
Azione di rivendica → un’altra persona si è preso il bene dell’usufruttario perché
riteneva che l’usufruttario non fosse titolare di quel diritto. Se il giudice gli dà ragione
l’usufruttario avrà diritto alla restituzione del bene.
Azione negatoria → viene esercitata quando abbiamo nelle terze persone che
rivendicano sulla cosa dei diritti reali che in realtà poi non hanno e quest’azione va
accertata in giudizio.
Azione di accertamento → accerta il diritto di usufrutto.
L’USO E L’ABITAZIONE
Uso → è il diritto reale di godimento che attribuisce alla persona fisica di usare una cosa,
mantenendone la destinazione economica, appropriandosi dei frutti solo per ciò che
occorre ai suoi bisogni e a quelli della sua famiglia.
Abitazione → è una sottospecie di uso che attribuisce al titolare del diritto (habitator) di
abitare una casa, con le sue pertinenze e limitatamente ai suoi bisogni e della sua
famiglia.
LA SERVITU’
Servitù (servitù prediali nel caso di terreni) → sono i più importanti diritti reali di
godimento. Abbiamo due fondi: un fondo è di proprietario di Tizio (fondo dominante) e
l’altro fondo è di proprietà di Caio (fondo servente); Tizio esercita un’attività tramite il
fondo servente. Il fondo servente è gravato su un peso che è volto a garantire un’utilità
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LE SERVITU’ VOLONTARIE
Servitù volontarie → sono le servitù concesse dal titolare del fondo servente al titolare
del fondo dominante con il testamento o con il contratto che dovrà essere tuttavia
stipulato in forma scritta e sarà soggetto a trascrizione.
Nel caso in cui le servitù vengano costituite a favore del fondo gravato da diritti reali di
godimento, l’enfiteuta, il superficiario e l’usufruttario possono, con contratto o con
testamento, costituire una nuova servitù a favore del fondo oggetto del loro diritto,
anche senza il consenso del concedente.
Invece, nel caso in cui le servitù vengano imposte sul fondo gravato da diritti reali di
godimento, l’enfiteuta e il superficiario possono aggravare il fondo oggetto del loro
diritto di una nuova servitù: questa cessa, tuttavia, quando il loro diritto si estingua per
decorso del termine, per prescrizione e, limitatamente, all’enfiteusi, per devoluzione.
LE SERVITU’ COATTIVE
Servitù coattiva (art. 1032 c.c.) → la stessa legge prevede in capo al soggetto il diritto
potestativo di creare una servitù su di un fondo servente. Nei casi previsti dalla legge la
servitù coattiva si costituisce tramite un provvedimento della pubblica amministrazione:
- servitù di acquedotto coattivo → consente al fondo dominante di far passare sul
fondo servente le acque necessarie ai bisogni della vita, per usi agricoli o industriali;
- servitù di scarico coattivo → consente al titolare del fondo dominante di scaricare
acque sovrabbondanti sul fondo servente vicino;
- somministrazione coattiva di acqua ad un edificio → quando una casa ha bisogno
dell’acqua necessaria per l’alimentazione degli uomini o degli animali o per altri
usi domestici e non riesce a procurarsela se non attraverso procedimento
dispendioso, allora il titolare del fondo vicino deve consentire che gli abitanti di
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essa possano prendere dal suo fondo l’acqua di sopravanzo per soddisfare i loro
bisogni;
- somministrazione coattiva di acqua ad un fondo → necessità di irrigare i campi
prelevando acqua dal fondo vicino;
- servitù di passaggio coattivo → può essere costituita su fondo altrui ma non su case,
giardini, cortili…, ma soltanto se un fondo sia intercluso in maniera assoluta, oppure
possa ricavarsi a via d’uscita ma solo attraverso un grande spreco o ancora
laddove un’uscita ci sia già ma sia insufficiente per il transito dei veicoli
appartenenti al titolare del fondo vicino;
- servitù di elettrodotto e passaggio coattivo di linee telefoniche → impongono al
proprietario dei fondi di consentire il passaggio di condutture elettriche o di linee
telefoniche.
IL CONDOMINIO DI EDIFICI
LE PARTI COMUNI DELL’EDIFICIO E LO SCIOGLIMENTO
Il condominio si caratterizza per la coesistenza, accanto a due o più proprietà esclusive
di alloggi costruiti su diversi piani o diverse porzioni dello stesso piano, della
comproprietà di alcune parti dell’edificio. La contitolarità del diritto di proprietà sulle
cose nasce quando il proprietario esclusivo dell’intero edificio trasferisce ad altri la
proprietà di un alloggio. Se tutti i condomini sono d’accordo le parti comuni possono
essere divise contrattualmente, anche se in tal modo si rende incomodo l’uso di alcuni
condomini. Diversamente, non può invece essere accolta la domanda giudiziale di
divisione, proposta da uno o più condomini se, in seguito allo scioglimento della
comunione, l’uso della cosa a ciascun comproprietario verrebbe reso più incomodo.
L’AMMINISTRATORE E IL REGOLAMENTO
Amministratore → è quella persona fisica o giuridica, nominata per un anno
dall’assemblea con la maggioranza per teste e per valore dell’edificio, stabilita dall’art.
1136 c.c., al quale compete:
a) l’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea stessa;
b) la cura dell’ordinaria amministrazione delle parti comuni;
c) la riscossione e l’erogazione dei contributi occorrenti per l’amministrazione stessa;
d) il compimento degli atti conservativi relativi alle parti comuni e all’esecuzione
degli adempimenti fiscali;
e) la tenuta del registro di anagrafe condominiale, dei verbali delle assemblee,
della nomina e revoca dell’amministratore e di quello di contabilità;
f) la conservazione della documentazione relativa alla gestione;
g) l’attestazione a ciascun condomino che glielo richieda dell’attestazione dello
stato dei pagamenti e delle eventuali liti in corso;
h) la redazione del rendiconto annuale della gestione e la convocazione
dell’assemblea per la relativa approvazione;
i) l’attivazione e la cura del sito internet.
Può convocare l’assemblea quando lo ritenga necessario e deve convocarla
annualmente per la nomina di un nuovo amministratore e rendere il conto della
gestione oppure quando lo richiedano almeno due condomini che rappresentino 1/6
del valore dell’edificio.
A differenza della comunione, nel condominio l’adozione del regolamento è
facoltativa se i condomini sono meno di dieci.
IL SUPERCONDOMINIO E LA MULTIPROPRIETA’
LA NOZIONE
Super condominio → quando i proprietari di alloggi, situati in condomini differenti,
hanno in comune la proprietà di beni immobili.
Multiproprietà → più soggetti sono pieni proprietari di uno stesso immobile.
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LA TRASCRIZIONE
La trascrizione è lo strumento di pubblicità predisposto dall’ordinamento per rendere
certi i fatti che riguardano i beni immobili e i beni mobili registrati.
Si attua attraverso degli appositi registri dove sono riportate le notizie essenziali del bene
che interessa; per le automobili, ad esempio, è stato costituito il P.R.A. (pubblico registro
automobilistico), mentre per gli immobili presso i registri tenuti dalle conservatorie
immobiliari.
La trascrizione dell'atto di acquisto di un bene immobile non ne condiziona la validità
ma solo l'opponibilità ai terzi nel senso già chiarito in precedenza; di conseguenza si
conferma che nel nostro ordinamento vige il principio consensualistico, anche se la
gravità delle conseguenze relative alla mancata o ritardata trascrizione può far
dubitare della semplice efficacia dichiarativa della stessa; le trascrizioni per avere
effetto devono essere "continue", cioè trovarsi di seguito e collegate con i precedenti
atti di acquisto.
L'art. 2643 c.c. stabilisce quali sono gli atti che devono essere trascritti; i contratti che
trasferiscono la proprietà di beni immobili, o diritti reali di godimento sulla proprietà, o,
ancora la comunione costituita per tali diritti, i contratti di locazione di beni immobili
che hanno durata superiore a nove anni.
Secondo l'art. 2645 c.c. devono poi essere trascritti tutti gli atti che producono gli effetti
dei contratti previsti dall'art. 2643 c.c. come, ad esempio, la sentenza che costituisce
una servitù coattiva ex art. 1032 c.c.
L'art. 2644 c.c. sancisce l'opponibilità dell'atto nei confronti di altri che l'hanno trascritto
successivamente.
Non sono solo gli atti dell'art. 2643 a dover essere trascritti, ma il codice civile ne elenca
numerosi altri.
Nella trascrizione di contratti preliminari ex art. 2645 bis è previsto che la trascrizione del
contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione dei contratti
preliminari oppure della sentenza che accoglie la domanda diretta ad ottenere
l'esecuzione in forma specifica dei contratti preliminari suddetti, prevale su analoghi atti
effettuati successivamente da altri.
Ancora devono essere trascritte le divisioni; la trascrizione dell'eredità e del legato se
ha ad oggetto beni immobili; le sentenze e le domande giudiziali e la trascrizione di atti
di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con
disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.
È essenziale, per l'opponibilità ai terzi, che ci sia la continuità della trascrizione.
Secondo l'art. 2650 c.c. se un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive
trascrizioni o iscrizioni a carico dell'acquirente non producono effetto, se non è stato
trascritto l'atto anteriore di acquisto.
Sulla procedura per la trascrizione è necessario, secondo l'art. 2657 c.c. possedere una
sentenza o una scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata
giudizialmente, oppure un atto pubblico.
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LE OBBLIGAZIONI E LA RESPONSABILITA’
L’OBBLIGAZIONE IN GENERALE
LA NOZIONE
Obbligazione (artt. 1173 e ss. – libro quarto) → è una relazione giuridica intersoggettiva
in funzione della quale un soggetto (debitore) è tenuto ad una o più prestazioni
suscettibili di valutazione economica al fine di soddisfare un interesse anche non
economico di un altro soggetto (creditore).
Se la figura del creditore e del debitore coincide, cioè sono la stessa persona,
l’obbligazione si estingue (obbligazione per confusione).
LA PRESTAZIONE
La prestazione indica il <<contenuto>> del rapporto obbligatorio: essa consiste nel
comportamento al quale il debitore è tenuto, indirizzato alla realizzazione di un risultato
vantaggioso per il creditore.
Ci sono diversi tipi di obbligazione:
➢ obbligazioni di mezzi (avvocato) → aveva soltanto la prestazione del debitore;
➢ obbligazioni di risultato (appaltatore) → si fa unicamente riferimento alla
realizzazione di un fine.
I rapporti obbligati sono classificati in base ai tipi di prestazione:
➢ obbligazioni di consegna o rilascio → riguardano quelle in cui l’attività del
debitore consiste nell’attribuire al creditore il possesso o la detenzione di una
cosa mobile (consegna) o immobile (rilascio);
➢ obbligazioni di fare;
➢ obbligazioni di non fare → es. non fare concorrenza;
➢ obbligazioni di concludere un contratto → es. preliminare di vendita.
Ci sono poi altri tipi di obbligazioni:
- positiva/negativa → non coincidono con quelle di fare e non fare, poiché quella
negativa comprende anche il non consegnare, non concludere un contratto;
- istantanea/di durata → in quella di durata la realizzazione dell’interesse del
creditore richiede che il debitore mantenga la propria prestazione per un certo
periodo di tempo, che può essere continuato (prestazione continuata), oppure ad
intervalli (prestazione periodica).
Requisiti:
➢ prestazione patrimoniale → la prestazione del creditore ha un valore espresso in
denaro;
➢ possibilità → la prestazione deve essere possibile (si deve poter realizzare), sia da
un punto di vista materiale, sia dal punto di vista giuridico;
➢ liceità → la prestazione non deve essere contraria a norme imperative (leggi
scritte) di ordine pubblico e di buon costume (morale);
➢ determinatezza → la prestazione deve essere determinata oppure
determinabile.
Sono:
- novazione → è l'estinzione di un rapporto di obbligazione tra due parti (creditrice
e debitrice) con conseguente nascita di uno nuovo, rispetto al precedente mutato
nel titolo o nell'oggetto;
- remissione del debito → è l'atto giuridico con il quale il creditore rinuncia
volontariamente al proprio credito. La remissione comporta l'estinzione
dell'obbligazione ed in quanto atto abdicativo, solo come effetto riflesso, la
liberazione del debitore e tutti coloro che avevano garantito l'adempimento
(fideiussori);
- compensazione → è un modo di estinzione delle obbligazioni diverso
dall'adempimento, disciplinato dal codice civile italiano agli articoli 1241-1252.;
- confusione → è un modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento
che si ha allorché le posizioni passive e attive del rapporto obbligatorio vengono a
coincidere e riunirsi nella medesima persona;
- impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 1256 c.c. e 1218 c.c.) → la
prestazione diventa impossibile successivamente al suo sorgere; il debitore non è
considerato responsabile di questa impossibilità e quindi non deve risarcire il
danno. L’impossibilità sopravvenuta da un lato estingue l’obbligazione, dall’altro
lato libera il debitore dalla responsabilità per inadempimento:
o assolutezza → a prescindere dallo sforzo del debitore l’impedimento non
può essere superato;
o oggettività → l’impossibilità deve essere un’impossibilità oggettiva, ciò
significa che nessun debitore riuscirebbe ad adempiere alla prestazione.
Può essere:
- definitiva → l’impedimento è tale per cui quella prestazione non potrà essere
eseguita e l’obbligazione si estingue automaticamente;
- temporanea → l’impedimento ha una durata limitata nel tempo; in questo caso
l’obbligazione si estingue solo se l’impedimento dura fino a quando il creditore non
ha più interesse alla prestazione stessa oppure quando il debitore non è più
obbligato ad eseguire la prestazione.
Inoltre, può essere:
- totale → l’intera prestazione è divenuta inesigibile, quindi non può essere eseguita;
- parziale → la prestazione può essere eseguita in parte, il creditore è obbligato ad
accettare il cosiddetto adempimento parziale.
LA RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE
LA NOZIONE
Responsabilità patrimoniale → il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni
con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse
se non nei casi stabiliti dalla legge.
IL PEGNO DI CREDITI
Il pegno può avere ad oggetto anche diritti di credito. Viene in tal caso riconosciuto al
creditore lo ius exigendi, cioè alla scadenza gli viene garantito di riscuotere il credito
ricevuto in pegno. Grazie allo ius, il creditore in mancanza di adempimento da parte
del debitore può procedere all’esecuzione forzata. Dopo la riscossione, se il diritto di
credito non è scaduto, e il creditore ha ottenuto dal debitore una cosa infungibile,
questa è costituita in pegno. Se invece il creditore ottiene dal debitore denaro o altri
fungibili, il pegno di credito si trasforma in pegno irregolare, ma il debitore può
richiedere che il ricavato sia depositato in un luogo concordato fino alla scadenza del
diritto di credito. Se invece il diritto di credito è scaduto quando avviene la riscossione,
se ha ad oggetto cose fungibili, il creditore deve ottenerne la vendita o l’assegnazione,
se invece ha ad oggetto denaro o altri fungibili, il creditore può tenersi quanto
necessario e restituire il resto al debitore.
L’IPOTECA
Ipoteca → è un diritto reale di garanzia che riguarda, principalmente, beni immobili
registrati. Esso, tuttavia, non comporta la perdita del possesso da parte del debitore del
bene stesso che è oggetto della garanzia.
L’ipoteca, rispetto al pegno presenta numerosi vantaggi per il debitore, tra i quali il fatto
che non gli venga materialmente sottratta la cosa e che quindi può ancora goderne
e sfruttarla economicamente. Ci sono anche vantaggi per il creditore, come per
esempio il fatto di non dover custodire e mantenere la cosa; tuttavia, il creditore
ipotecario perde contro quello con privilegio speciale immobiliare. Al contrario del
privilegio e del pegno, nel caso dell’ipoteca, la prelazione di un creditore è l’effetto di
uno speciale procedimento pubblicitario, detto iscrizione consente a chiunque di
avere conoscenza legale dell’atto giuridico che ha originato l’ipoteca.
Caratteristiche dell’ipoteca:
• specialità doppia → può avere ad oggetto sia beni che sono quindi determinati,
ma anche un credito garantito;
• accessorietà → l’ipoteca presuppone l’esistenza di un credito o di un bene;
• indivisibilità → il creditore non è costretto a provocare l’espropriazione delle
singole parti in cui la cosa è stata frazionata.
TIPI DI IPOTECA
Si possono avere tre tipi di ipoteca:
➢ volontaria → viene concessa, con la forma dell’atto pubblico o della scrittura
privata, dal debitore o dal terzo datore, con un contratto o un atto unilaterale tra
vivi. Può avere ad oggetto anche beni altrui o futuri o beni indivisi;
➢ giudiziale → si costituisce grazie ad una sentenza di condanna al pagamento di una
somma o all’adempimento di un’altra obbligazione o ad altri provvedimenti;
➢ legale → vincolo ipotecario su beni alienati o assegnati ai condividenti, come
garanzia per il pagamento dei compensi dovuti ai coeredi, soci, ecc.
L’ADEMPIMENTO
L’ADEMPIMENTO IN GENERALE
Adempimento (artt. 1176 c.c. e ss.) → è il mezzo tipico con cui si estingue il rapporto
obbligatorio (obbligazione). Consiste nell’esatta esecuzione della prestazione. Le
obbligazioni si estinguono con l’adempimento.
Requisiti:
- soggettivi (debitore e creditore):
o debitore → legittimazione ad adempiere → anche se il debitore è un
soggetto incapace la prestazione è valida. Anche il suo rappresentante
può adempiere. Oppure un semplice sostituto che è stato nominato dal
debitore;
o creditore → è legittimato a ricevere la prestazione, può essere ricevuto da
un rappresentante oppure dalle persone autorizzate dal giudice. Se il
creditore è incapace non può ricevere la prestazione;
- oggettivi:
o esattezza → ci deve essere una perfetta corrispondenza tra la prestazione
con cui ci si era accordati e la prestazione che è stata effettivamente
eseguita;
o integrale → l’adempimento deve essere integrale, a meno che non sia il
creditore ad accettare l’adempimento parziale;
o il debitore deve adempiere con cose cui può disporre.
Con le obbligazioni normali il semplice adempimento comporta una sanzione per il
debitore (eccezione 2236 c.c.), solo colpa grave e non nei casi di colpa lieve.
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IL LUOGO DELL’ADEMPIMENTO
L'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta
nel luogo in cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta.
IL TEMPO DELL’ADEMPIMENTO
Secondo l'art. 1183 c.c. se è stabilito un termine l'adempimento deve essere eseguito
entro il termine convenuto. In mancanza di termine la prestazione può esigersi
immediatamente.
IL PAGAMENTO AL TERZO
Il pagamento al terzo fa estinguere l’obbligazione solo in determinate circostanze:
a) il terzo è autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento;
b) il creditore autorizza, con atto unilaterale, il terzo a ricevere la prestazione;
c) il terzo deve ricevere e può esigere la prestazione, poiché il debitore non si
libererebbe dell’obbligo se la effettuasse presso il creditore a causa della sua
incapacità;
d) da una dichiarazione espressa o dall’arricchimento del creditore si può trarre
che il pagamento presso il terzo è liberatorio poiché l’interesse del creditore è
comunque soddisfatto;
e) il pagamento può essere liberatorio poiché il debitore ha per sbaglio confuso il
creditore con il terzo; il debitore deve dimostrare però la buona fede;
f) il pagamento può essere liberatorio poiché il debitore ha per sbaglio ritenuto
che il terzo fosse legittimato a riceverlo; deve però dimostrare la sua buona fede;
g) in tutti questi casi, infine, il terzo che ha ricevuto il pagamento deve restituirlo al
creditore.
Agli articoli 1206 e seguenti la legge ha dettato una serie di norme volte a disciplinare
le conseguenze che si verificano quando il creditore rifiuta di cooperare col debitore.
Questo gruppo di norme può essere diviso in due sezioni, le quali disciplinano due istituti
diversi, ma correlati:
a) col primo gruppo di norme si disciplinano gli effetti della mora vera e propria, che
consistono in alcune conseguenze sfavorevoli per il creditore (articoli 1206, 1207,
1208);
b) nell'altro gruppo di norme si disciplinano i modi in cui, a seguito della mora, il
debitore può giungere a liberarsi dal vincolo (articolo 1209 e ss.).
Esempio → immaginiamo che io sia debitore verso Tizio di una partita di merce:
a) in una prima fase io mi presento a consegnare la merce in modo informale, il
giorno e il luogo stabiliti; il creditore non si presenta. In questo momento anche
se Tizio non coopera al ricevimento della prestazione, ancora non è in mora. In
questa fase, tuttavia, il rifiuto del creditore di ricevere la merce non è privo di
conseguenze di rilievo, in quanto impedisce che io (che sono il debitore) venga
considerato inadempiente e venga messo in mora;
b) a questo punto, se voglio mettere in mora il creditore, devo effettuare un'offerta
formale, e tale offerta deve essere o accettata dal creditore, oppure
convalidata dal giudice. Se il creditore non accetta la prestazione nonostante
l'offerta formale, da questo momento è in mora (articolo 1208 e ss.) e si
producono a suo sfavore alcune conseguenze, descritte all'articolo 1207;
c) giunti fin qui, però, potrei non essere ancora soddisfatto; il creditore è in mora,
ma io non ho nessuna intenzione di continuare a tenermi la merce e me ne voglio
liberare; posso procedere al deposito delle cose nei modi stabiliti dagli articoli
1210 e ss. e così mi libero della mia obbligazione.
LA NOVAZIONE OGGETTIVA
Novazione oggettiva → le parti si impegnano con un contratto a sostituire
l’obbligazione con un’altra nuova, differente dalla prima per la causa che la giustifica
(novazione causale), oppure per la prestazione (novazione reale). L’intenzione di
sostituire l’obbligazione deve essere condivisa dalle parti.
LA COMPENSAZIONE
Compensazione → se due persone sono obbligate reciprocamente, i loro debiti si
estinguono per le quantità corrispondenti.
La compensazione legale non opera se una delle parti ha rinunciato preventivamente
ad avvalersene e inoltre i debiti soggetti a compensazione devono avere:
• oggetto una somma di denaro, o beni fungibili dello stesso genere;
• devono essere liquidi;
• devono essere esigibili, cioè non si ha termine di adempimento oppure esso è
scaduto;
• devono derivare da titolo certo non sottoposto a condizione sospensiva.
I debiti si estinguono dal giorno in cui si trovano a coesistere e purché non sia stato
manifestato da nessuna delle parti non volersi avvalere della compensazione.
Compensazione giudiziaria → si ha quando i debiti opposti in compensazione hanno le
caratteristiche 1,3,4, di quella legale, ma sono in più illiquidi. L’estinzione dei due debiti
deriva da una sentenza che liquida il debito.
Compensazione volontaria → è un contratto con cui le parti estinguono due debiti
reciproci attuali oppure stabiliscono l’estinzione di loro debiti futuri reciproci.
L’ESPROMISSIONE
Espromissione → si ha quando un terzo con un contratto, senza essere stato incaricato
dal debitore, si impegna a pagare il creditore di un debito che esso ha con il debitore.
Se non c’è un accordo diverso, il terzo non può opporre al creditore le eccezioni
relative ai suoi rapporti con il debitore. Può però opporre al creditore tutte le eccezioni
che il debitore gli avrebbe potuto opporre, ma con tre limitazioni:
• le eccezioni si devono riferire a fatti successivi all’espromissione;
• si deve trattare di eccezioni personali;
• l’eccezione di espromissione è inopponibile, anche se i crediti fossero coesistiti
prima dell’espromissione.
L’ACCOLLO
Accollo → si ha quando un terzo, con un contratto con il debitore, si assume il debito
che esso ha con il creditore. Il creditore risulta beneficiarsi di ciò, perché dispone ora di
un nuovo debitore oltre a quello originario. L’accollo è un contratto a favore di terzo
che non comporta la liberazione del debitore originario.
Accollo semplice o interno → ipotesi in cui il creditore non ha aderito all’accollo oppure
quelle in cui l’accollato e l’accollante non hanno conferito nessun effetto giuridico al
creditore. Il creditore in tali casi continua ad avere un solo debitore, il terzo, che ha
diritto a ricevere quanto necessario per far fronte all’adempimento dell’obbligazione.
LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
LA NOZIONE
Obbligazioni pecuniare → sono le obbligazioni aventi ad oggetto una somma di
denaro che il debitore deve pagare al creditore. Il denaro è però una cosa mobile
particolare poiché il suo valore dipende esclusivamente dall’ordinamento valutario, il
quale riconosce a certe cose mobili l’attitudine ad essere utilizzate come strumento di
scambio con cose e servizi.
Il valore della moneta può inoltre essere calcolato in base all’attitudine a poter
acquistare non altre monete, ma altre merci: questo è il cosiddetto potere di acquisto.
Le oscillazioni del potere di acquisto sono irrilevanti nel nostro sistema, tuttavia non è
infrequente che le parti che stipulano un contratto, si cautelino contro tali oscillazioni.
Le obbligazioni pecuniarie si dividono in due categorie:
• debiti di valuta → sottoposti al principio nominalistico;
• debiti di valore → sottoposti al principio valoristico; sono illiquidi e in essi vanno
distinti due momenti precisi: quello in cui si valuta il debito e quello in cui lo si
liquida.
• tali interessi superiori non devono oltrepassare la soglia di usura. Tale soglia si
individua prendendo in considerazione il tasso medio annuale, aumentandolo di
¼ e aggiungendoci ancora un 4%.
L’INADEMPIMENTO
L’INADEMPIMENTO (LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE)
Il creditore può sempre ottenere il risarcimento del danno come conseguenza
dell’inadempimento del debitore.
Inadempimento → il debitore o non ha adempiuto alla prestazione oppure ha
adempiuto in maniera inesatta. L’inadempimento fa scattare una responsabilità
contrattuale (bisogna risarcire il danno – art. 1218 c.c.)
Responsabilità contrattuale → è la soggezione a cui è sottoposto il debitore; sorge
quando si adempie a un’obbligazione in generale, non esclusivamente al contratto.
Determina un’obbligazione risarcitoria.
I rimedi contro l’inadempimento sono:
- azione di esatto adempimento → consiste nel fatto che la prestazione è vero che
non è stata eseguita ma può essere eseguita perché non sono scaduti i termini. La
prestazione è eseguibile e esigibile;
- azione di risoluzione del contratto.
Tuttavia, se l’inadempimento è derivato da un evento non imputabile al debitore, esso
non è obbligato a risarcire il danno provocato. L’esecuzione tardiva della prestazione
da parte del debitore, inoltre non può essere considerata come inadempimento, e
quindi non consente al creditore di ottenere il risarcimento del danno.
Mora del debitore → strumento che può essere utilizzato dal creditore, che si trovi di
fronte un debitore che non vuole adempiere; il creditore può in tal caso, tramite una
dichiarazione scritta, intimare o chiedere al debitore di adempiere. L’intimazione scritta
non occorre però quando:
• il debito deriva da fatto illecito;
• il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler adempiere;
• quando sia scaduto il termine per adempiere.
Nesso di causalità:
- causalità materiale → esiste un nesso di causalità tra il comportamento del
debitore e l’inadempimento;
- causalità giuridica → nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno.
Danni indiretti dell’inadempimento (causalità adeguata) → conseguenze che anche se
non sono direttamente collegate all’inadempimento, sono situazioni dannose che si
verificano nella maggior parte dei casi quando vi è quel tipo di inadempimento li.
• non patrimoniale → esprime il pregiudizio recato ai bisogni del creditore, che le cose
non possono soddisfare.
Onere della prova → viene ripartito tra creditore e debitore. Il creditore deve provare il
titolo del credito e deve provare di aver subito un danno e si limita ad affermare che
questo danno è stato provocato dal debitore. Il creditore non deve provare la colpa
del debitore, non deve lui provare l’inadempimento. Il debitore si deve discolparsi, non
è il creditore che deve provare la sua colpa. Come fa il debitore a discolparsi? O lo fa
provando che ha adempiuto l’obbligazione (che l’obbligazione è stata eseguita)
oppure che l’obbligazione si è estinta per una causa diversa dall’adempimento, per
esempio per impossibilità sopravvenuta. Se il debitore non riesce a provare niente dovrà
risarcire il danno.
IL FATTO ILLECITO
IL DANNO
LA NOZIONE
Secondo una regola antichissima, l’obbligazione di risarcire il danno nasce in capo alla
persona che lo ha provocato: ancora oggi si parla a tal proposito di responsabilità
aquiliana, legge romana di data incerta ma sicuramente posteriore alle XII tavole.
Il danno si può dividere in:
- danno patrimoniale → indica la misura del pregiudizio arrecato all’insieme di
posizioni giuridiche attive valutabili economicamente, nella quale si
raggruppano, oltre ai diritti soggettivi, gli interessi legittimi e il possesso; il
risarcimento consiste nel ripristinare ciò che è stato sottratto dal patrimonio della
vittima;
- danno non patrimoniale → il pregiudizio recato a bisogni della persona che le
cose (o beni) non possono soddisfare, come la vita, la libertà, la salute, la serenità
e gli affetti; il pagamento in denaro serve ad assicurare alla vittima ciò che a
causa dell’illecito le è venuto a mancare.
Quando la vittima stessa lo richieda, e sia possibile, il giudice può condannare il
danneggiante alla <<reintegrazione in forma specifica>>, cioè al ripristino della
situazione esistente prima dell’illecito.
L’INGIUSTIZIA
Art. 2043 c.c. (danni ingiusti) → la clausola di ingiustizia del danno costituisce lo
strumento per frenare le richieste risarcitorie che si dirigono verso lesioni subite, che
ripugnerebbero al comune sentimento di giustizia di veder accolte, poiché dipendono
da un comportamento del tutto lecito.
Non sono ingiusti quindi, i danni arrecati per legittima difesa, o per quello provocato
per salvare sé stesso o altri da un pericolo attuale non provocato volontariamente da
lui e che non può essere evitato. In tali casi però la legge riconosce al danneggiato di
ottenere un’indennità, che deve essere però stabilita dal giudice.
lOMoAR cPSD| 8271496
DANNI DA ANIMALI
Danni da animali → ne risponde il proprietario o chi se ne serve, sia che li abbia in
custodia, sia che fossero smarriti o fuggiti. Non vengono distinti animali domestici e
randagi, purché vi sia qualcuno che se ne serve. Anche il proprietario o chi si serve degli
animali può evitare il risarcimento, dimostrando il caso fortuito.
IL CONTRATTO
CLASSIFICAZIONI
IL CONTRATTO
Contratto → è l’accordo tra due o più parti per regolare, modificare o estinguere un
rapporto giuridico patrimoniale. Ciascuna parte è tenuta ad eseguire una prestazione
nell’interesse dell’altra parte.
LE CATEGORIE
Il contratto può essere di vari tipi:
• sinallagmatico → ciascuna parte ha diritto ad esigere qualcosa dall’altra, e tale
esigenza legittima gli spostamenti patrimoniali tra le parti;
• unilaterale → contratto che obbliga una sola parte a compiere la prestazione;
• di donazione liberale → contratto basato sull’interesse di una parte di arricchire
l’altra senza ricevere nulla in cambio; è giustificato da una causa liberale. Siccome
nessuno è obbligato a ottenere un arricchimento senza volerlo, l’offerta per questo
si consolida solo quando venga accettata dal beneficiario;
• aleatorio → contratto in cui c’è l’incertezza se la prestazione di una parte verrà
ricambiata con la controprestazione dell’altra (es: assicurazione, gioco,
scommessa).
CONSENSO E REALITA’
I contratti si perfezionano tramite il semplice accordo.
Se il contratto ha ad oggetto cose non determinate, ma determinabili, l’effetto
traslativo si svilupperà solo quando esse diverranno determinate. Per far ciò si ricorre
all’individuazione, che è un contratto accessorio, che completa la vicenda traslativa
incompiuta.
Contratti reali → sono contratti che si perfezionano tramite la consegna della cosa
(mutuo, comodato). Sono tutti casi previsti esplicitamente dalla legge e in essi il dare la
cosa non è un mero atto tramite il quale si esegue la prestazione, ma è il vero e proprio
momento in cui si perfeziona il contratto, poiché esso non verrà perfezionato come al
solito grazie al consenso.
Possiamo distinguere:
- contratti dotati di effetti reali → sono contratti in cui l’accordo determina un
trasferimento di proprietà, costituzione o trasferimento di altro diritto reale minore;
- contratti ad effetti obbligatori → generano meri effetti obbligatori, come ad
esempio, il preliminare di vendita, che vincola le parti a perfezionare un ulteriore
contratto.
ULTERIORI SUDDIVISIONI
Inoltre, i contratti possono essere:
• a forma libera o vincolata → di solito la volontà può essere espressa nel contratto
senza utilizzare particolari forme, tuttavia in alcuni casi è la legge stessa che richiede
forme particolari vincolanti come la forma scritta sotto pena di nullità per contratti
aventi ad oggetto trasferimenti di proprietà oppure per fini probatori;
• istantanei → si esauriscono nel momento in cui vengono in essere gli elementi
contrattuali;
• di durata → comportano il sorgere di obbligazioni che si proiettano nel tempo.
lOMoAR cPSD| 8271496
Si dividono in:
a) contratti ad esecuzione continuative → la prestazione di una parte è
permanente;
b) contratti ad esecuzione periodica → l’adempimento di una parte deve essere
effettuato ad intervalli di tempo stabiliti all’interno del contratto stesso.
IL RAPPORTO DI CORTESIA
L’eventuale trasgressione dell’impegno assunto in forza di un rapporto di mera di
cortesia non legittima il beneficiato ad esperire i rimedi per la mancata attuazione
dell'obbligazione.
Esempio → se Tizio si scorda di aver invitato Caia a cena, trattandosi di impegno
puramente rilevante sul piano dell'etica, egli non potrà essere condannato al
risarcimento dei danni lamentati da Caia a causa del mancato rispetto della promessa,
essendo essa priva di forza giuridicamente vincolante.
I GENTLEMEN’S AGREEMENTS
Gentlemen’s agreements → (dall'inglese, con il significato letterale di "accordo fra
gentiluomini") è un patto informale tra due parti, generalmente orale o meno
frequentemente scritto. Si basa essenzialmente sul presupposto che entrambe le parti
rispetteranno la parola data sul proprio onore in quanto, a differenza di un contratto
formale, esso non può essere difeso giudizialmente.
Non avendo natura coercitiva, è opinione comune che l'incentivo a non venire meno
a un gentlemen's agreement risieda nella reciproca convenienza a rispettarlo (per
esempio, guadagno per entrambe le parti, oppure limitazione di un danno o di un
rischio che senza l'accordo potrebbe essere peggiore per entrambi).
Esempio → era un gentlemen's agreement il patto tra Italia e Regno Unito del 2 gennaio
1937 che precedette gli Accordi di Pasqua.
lacuna è stata colmata dalla legge 10 ottobre 1990 n. 287 promulgata proprio allo
scopo di opporsi agli accordi tra le imprese contrari alla concorrenza e lesivi del libero
mercato.
LE CLAUSOLE VESSATORIE
Clausole vessatorie → sono le clausole presenti nei contratti che producono uno
squilibrio dei diritti a danno del consumatore.
LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
IL RECESSO INGIUSTIFICATO DELLE TRATTATIVE
L’art. 1337 c.c. dice che durante le trattative precontrattuali le parti debbono
comportarsi secondo correttezza e lealtà in maniera da non tradire l’affidamento
mutuamente riposto circa la serietà del proposito di trovare l’accordo.
Chi per malizia o indifferenza imbastisce un negoziato di cui sin dall’inizio sa o dovrebbe
sapere che è destinato al sicuro fallimento è tenuto a risarcire i pregiudizi economici
patiti dall’interlocutore. Sotto il profilo soggettivo conviene segnalare la superfluità
dell’animus nocendi: l’illecito precontrattuale è riconoscibile anche quando la parte,
anziché impegnare deliberatamente l’altra in una trattativa inutile, abbia
semplicemente trascurato di valutare con la necessaria diligenza, magari perché si è
lasciata condurre dall’impeto o dalla volubilità, le proprie possibilità di stipulare il
contratto.
IL DIRITTO DI RIPENSAMENTO
Diritto di ripensamento → è riconosciuto dal nostro ordinamento in casi di vendite fuori
dei locali commerciali, nelle quali può insinuarsi il rischio dell’effetto a sorpresa. Tale
diritto è indisponibile proprio per evitare che all’aderente venga imposta la rinuncia ad
esso. Tuttavia, in base al diritto di recesso riconosciuto alla parte economicamente
debole, che gli permette di analizzare più attentamente l’opportunità dell’affare,
l’esercizio di tale diritto non può mai, in tali situazioni, integrare gli estremi dell’illecito
precontrattuale.
LE TRATTATIVE AFFIDANTI
La rottura ingiustificata delle trattative costituisce violazione del principio di buona fede
quando le trattative hanno generato nella controparte un adeguato grado di
affidabilità. Inoltre, l'illecito precontrattuale è ravvisabile anche di fronte ad un
repentino mutamento di rotta, che si traduca non nell'abbandono della trattativa,
bensì nell'imposizione di un termine entro cui l'altra parte è tenuta ad accettare la
proposta sino a quel momento progressivamente elaborata.
L’ACCORDO
PREMESSA
Art. 1325 c.c. → gli elementi essenziali del contratto sono: l’accordo, la causa, l’oggetto
e la forma quando è richiesta dalla legge sotto pena di nullità.
L’accordo si basa sull’unione tra la proposta e l’accettazione. Essi sono atti unilaterali
recettizi, che acquistano efficacia quando giungono a conoscenza del destinatario.
Nel caso delle dichiarazioni recettizie, vige una presunzione semplice: esse si ritengono
conosciute quando giungono all’indirizzo del destinatario, a patto che quest’ultimo non
provi di essere stato impossibilitato di averne notizia.
LA TRATTATIVA FRAZIONATA
Il contratto è concluso quando le parti hanno raggiunto l’accordo sia sugli elementi
essenziali che su quelli accessori. Le parti inoltre possono vincolarsi a rispettare subito gli
elementi essenziali, continuando però a discutere su quelli accessori. Ciò consente di
far sì che se non si raggiunge un accordo sugli elementi accessori, ciò non pregiudichi
la validità della parte di accordo già perfezionata.
LA LETTERA D’INTENTI
Lettera d’intenti → è un documento con cui il soggetto capace di agire può
manifestare l’interesse al raggiungimento di una determinata intesa, specificando gli
elementi essenziali della proposta.
LA VOLONTÀ IMPLICITA
La volontà di concludere il contratto può essere desunta. L'oblato può, infatti,
rispondere:
a) dichiarando di far propria la proposta;
b) oppure, può dichiarare di adempiere gli obblighi in essa previsti.
IL SILENZIO CIRCOSTANZIATO
Dal silenzio dell’oblato non può trarsi alcun significato giuridico (o negoziale). Tuttavia,
quando le parti siano stabilmente in relazione d'affari, la prassi o il particolare peso
assunto dalla buona fede in executivis, portano ad assegnare un valore legale al
silenzio circostanziato.
L’ESECUZIONE CONCLUDENTE
Termine di accettazione → di regola l’accettazione deve essere tempestiva; per questo
il ritardo della dichiarazione dell’oblato non vincola il proponente, salvo che
quest’ultima non dichiari invece il contrario.
L’OFFERTA AL PUBBLICO
Offerta al pubblico → il suo elemento caratterizzante è costituito dall’incertezza del
destinatario, essendo rivolta alla generalità dei consociati. In tal caso, il contratto è
concluso quando il proponente ha avuto notizia dell’accettazione. L’offerta perde
efficacia quando è revocata, osservando le stesse forme tramite cui fu resa pubblica.
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LA FORMA
TASSATIVITA’
La forma può essere richiesta dalla legge ai fini della validità dell’atto o per scopi
probatori. Se è per scopi probatori, il contratto risulta essere valido anche se non rispetta
la forma richiesta: esso però non può essere provato in giudizio tramite presunzioni o
testimoni, ma solo tramite confessione o giuramento.
IL BIANCOSEGNO
Biancosegno → tramite di esso le parti sottoscrivono un documento senza inserire il
testo del regolamento, che dovrà essere prodotto da un terzo, oppure conferiscono
direttamente al terzo il compito di riempire il documento seguendo le loro istruzioni:
se tali istruzioni non vengono rispettate, la parte pregiudicata può impugnare il
contratto per errore ostativo. Invece se il terzo riempie il documento senza che gli
venga assegnato nessun compito dal dichiarante, quest’ultimo può avanzare
querela di falso. Si ha quindi distinzione tra riempimento contra pacta e sine pacta:
nel sine pacta, si sviluppa l’ipotesi di un falso materiale, neutralizzabile tramite
querela di falso, mentre nel caso del contra pacta si svilupperebbe un’antinomia
tra il dichiarato e il voluto, rimediabile tramite azione di annullamento.
IL CONTRATTO RISOLUTORIO
Contratto risolutorio → è il contratto che risolve un precedente accordo sottoposto alla
forma scritta a pena di nullità, deve anch’esso essere redatto in un atto scritto (principio
di specularità degli oneri formali). La soluzione si individua spostando il punto di vista dal
ius in re allo ius ad rem.
IL CONTRATTO MODIFICATIVO
Il patto modificativo del contratto deve essere redatto nella stessa forma del contratto,
salvo che le modifiche non riguardino elementi non essenziali del contratto.
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IL DOCUMENTO INFORMATICO
Documento informatico:
• documento con firma elettronica → ha natura di atto scritto liberamente valutabile
sul piano probatorio;
• documento con firma digitale → ha efficacia prevista dall’art. 2702.
L’OPZIONE
LA FUNZIONE DELL’ISTITUTO
Art. 1331 c.c. → al contrario della proposta, dove l’irrevocabilità deriva
dall’autodeterminazione dell’offerente, nel caso invece dell’opzione, essa deriva
direttamente dal contratto, grazie al quale all’opzionario è consentito accettare la
proposta a cui è vincolata l’altra parte per un certo periodo di tempo. In tal caso si ha
un collegamento genetico tra opzione e contratto vero e proprio: eventuali cause
invalidanti l’opzione si rimandano anche sul contratto. L’opzione deve inoltre essere
prodotta nella stessa forma a cui è sottoposto eventualmente il contratto. La funzione
pratica del contratto di opzione a quella di attribuire alla parte favorita un diritto
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IL TERMINE
Per quanto riguarda invece il termine di durata del vincolo, se le parti non lo hanno
stabilito, si può sempre ricorrere al giudice per integrarlo. In caso di mancanza di
termine, e non è trascorso il termine della prescrizione decennale, l’autorità non può
considerare già emanato un periodo sufficientemente esteso secondo i parametri della
normale tollerabilità e quindi dichiarare l’oblato decaduto dall’esercizio del diritto.
IL CONTRATTO NORMATIVO
FUNZIONE E NATURA DELL’ISTITUTO
Contratto normativo → è uno schema contrattuale concordato dalle parti per regolare
i loro futuri rapporti.
A differenza del contratto preliminare non obbliga a concludere i successivi contratti,
ma soltanto ad uniformarli alla disciplina prestabilita ove vengano stipulati.
Esempio → i contratti collettivi di lavoro conclusi tra associazioni dei datori di lavoro e
dei lavoratori, volti ad individuare le condizioni da rispettare nella stipula dei contratti
individuali di lavoro (ossia tra singolo lavoratore e datore di lavoro).
La forma è quella richiesta per il successivo contratto programmato.
LE PRELAZIONI
LA PRELAZIONE VOLONTARIA
Prelazione volontaria → il promittente (prelazionante), si obbliga a preferire, a parità di
condizioni, il promissario (prelazionario), per la stipulazione di un contratto. Il
prelazionante prima di stipulare il contratto con un terzo, deve comunicare al
prelazionario le condizioni dell’intesa programmata con il terzo, in modo tale che il
prelazionario possa esercitare il suo diritto potestativo.
LA PRELAZIONE IMPROPRIA
Prelazione impropria → il promittente prima di vendere l’immobile al terzo, è impegnato
ad offrirlo al prezzo già determinato. Lo stipulante preferito potrà decidere di
perfezionare l’intesa disinteressandosi del corrispettivo offerto (o accettato) dal terzo.
LA PRELAZIONE LEGALE
Prelazione legale → sono casi in cui è la legge stessa che riconosce ad un determinato
soggetto il diritto di prelazione, e costui può opporlo ai terzi. Le prelazioni legali hanno
efficacia reale, in modo che il prelazionario, attraverso il diritto di riscatto di cui dispone,
può ottenere il trasferimento della cosa a suo favore.
LA PRELAZIONE EREDITARIA
Prelazione ereditaria → il coerede, che intende alienare la sua quota ad un terzo, deve
comunicarlo agli altri coeredi, indicandone il prezzo, in modo che essi possano
esercitare il loro diritto di prelazione. Tale diritto deve essere esercitato entro due mesi
dall’ultima notificazione.
LA PRELAZIONE AGRARIA
Prelazione agraria → nel caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in
enfiteusi di fondi già precedentemente dati in affitto ad un coltivatore diretto,
l’affittuario coltivatore, a parità di condizione, ha diritto di prelazione. Il proprietario
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LA PRELAZIONE URBANA
Prelazione urbana → nei casi in cui il proprietario di un immobile destinato ad uso
commerciale o artigianale, intende venderlo, deve comunicarlo al conduttore di esso,
che ha diritto di prelazione, attraverso un ufficiale giudiziario. Nella comunicazione
devono essere indicati il prezzo di vendita, gli altri elementi della compravendita e
l’invito ad esercitare il diritto di prelazione.
IL CONTRATTO PRELIMINARE
FUNZIONE
Il contratto preliminare obbliga le parti a perfezionare l’intesa definitiva, entro un
determinato periodo di tempo: l’obbligazione di prestare il consenso può riguardare
entrambe le parti (preliminare bilaterale), oppure solo una di esse (preliminare
unilaterale).
IL TERMINE DI ADEMPIMENTO
Il termine è elemento essenziale del preliminare, per questo motivo non può essere
richiesta da nessuna delle parti l’esecuzione immediata della prestazione dovuta.
Trattandosi però di un termine di adempimento, la sua mancata previsione, non è fonte
di nullità del contratto, poiché tale elemento risulta essere integrabile attraverso il
procedimento giudiziale.
PRELIMINARE COMPLESSO
Preliminare complesso → i contraenti sono liberi di anticipare l’esecuzione di alcune
prestazioni contenute nel contratto definitivo.
L’OGGETTO
LA POSSIBILITA’ GIURIDICA
L’oggetto del contratto è la prestazione che ciascuna parte deve eseguire. L’oggetto
deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.
LA POSSIBILITA’ MATERIALE
La prestazione che all’inizio era possibile, ma poi è divenuta successivamente
impossibile, non incide sulla validità del contratto, ma assume i tratti
dell’inadempimento se l’impossibilità è imputabile al debitore, oppure apre le porte alla
risoluzione del rapporto nei casi in cui l’impossibilità dipenda da fattori estranei al
rapporto contrattuale. L’impossibilità può anche dipendere da una norma proibitiva
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LA LICEITA’
La prestazione illecita rende nullo il contratto.
Art. 1343 c.c. → l’oggetto è illecito quando è contrario a norme imperative, all’ordine
pubblico o al buon costume. L’illiceità deriva dal contrasto tra l’oggetto del rapporto
e una norma dell’ordinamento che tutela un interesse collettivo o indisponibile. La
giurisprudenza di legittimità nega l’illiceità quando il contratto è di opera intellettuale,
escludendo la sanzione di nullità, quando è conferito ad un professionista un incarico
che prevede la preparazione di un progetto edilizio in contrasto con le previsioni
urbanistiche. Nel caso invece di un contratto di locazione ad uso abitativo di un
alloggio abusivo invece, non si ha nullità del contratto, poiché il rapporto di locazione
è del tutto lecito, non collidendo affatto con gli interessi tutelati dalla disciplina
urbanistica. È inoltre nullo il contratto che limita la libertà di iniziativa economica del
soggetto, mentre è lecito il contratto che evade i diritti dei legittimatari, poiché le
regole a tutela della quota di legittimità non sono considerate norme di ordine
pubblico.
CAUSA E MOTIVI
L’ASTRAZIONE DELLA CAUSA
Il nostro ordinamento si fonda sul principio causale: ogni spostamento patrimoniale
deve quindi essere sorretto da una ragione giustificativa a pena di nullità.
Il consenso sorretto da una giusta causa costituisce il titolo dell’attribuzione
patrimoniale, salvo che la legge richieda un atto esecutivo ai fini del completamento
della fattispecie. Dall’altra parte, l’enunciazione (expressio causae) di una causa
inesistente non basta a giustificare lo spostamento patrimoniale; il riconoscimento di ciò
che è inesistente non serve a scansare la nullità dell’atto.
La causa manca ad esempio quando l’acquirente comperi un bene già suo, oppure
allorché il preliminare di vendita abbia ad oggetto la stipula di un preliminare di
secondo grado: non ci si può obbligare a obbligarsi così come non si può vivere una
doppia vita.
Nel nostro ordinamento non mancano aperture al principio di astrazione, ciò emerge:
- sul piano sostanziale, è il caso della delegazione e del contratto autonomo di
garanzia;
- nonché sul piano processuale ai fini dell’inversione dell’onere della prova.
I MOTIVI
La teoria della causa concreta permette di superare il diffuso retaggio dell'irrilevanza
dei motivi ove non siano illeciti e comuni.
IL COLLEGAMENTO NEGOZIALE
Due o più contratti si dicono collegati quando l’uno dipende dall’altro.
Il collegamento può essere:
a) necessario → quando è predeterminato dalla legge. Esempio: il rapporto tra
contratto-base e subcontratto;
b) volontario → quando il collegamento dipende dalla volontà delle parti.
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IL NEGOZIO INDIRETTO
Negozio indiretto → In esso il contratto può essere utilizzato per raggiungere obiettivi
diversi rispetto a quelli tipici, in modo da tenere nascosto ai terzi il fine realmente
perseguito.
IL NEGOZIO MISTO
Negozio misto → Presuppone che le parti hanno prodotto un regolamento di interessi
in cui ci sono più schemi causali appartenenti a diverse fattispecie negoziali. Il contratto
misto è lo strumento prodotto per attuare un fine indiretto.
IL NEGOZIO FIDUCIARIO
La tradizione distingue due ipotesi di fiducia:
a) cum debitore → il debitore trasferisce un bene a garanzia del debito; questo fine
viene raggiunto tramite la vendita evasiva del divieto di patto commissorio;
b) cum amico → si trasferisce al fiduciario la posizione dominicale sul bene affinché lo
alieni al terzo oppure lo utilizzi seguendo le istruzioni date dal fiduciante.
LA CONDIZIONE
TIPOLOGIA
Le parti possono decidere di inserire nel contratto una condizione per subordinare
l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto ad un avvenimento futuro
e incerto:
➔ condizione sospensiva → evento futuro incerto il cui verificarsi determina l’efficacia
del contratto;
➔ condizione risolutiva → evento futuro incerto il cui verificarsi estingue gli effetti del
contratto;
➔ condizione causale → l’evento condizionante non dipende dal dominio delle parti;
➔ condizione potestativa → l’evento condizionante dipende dal dominio delle parti;
➔ condizione meramente potestativa → in essa il verificarsi dell’evento condizionante
dipende da un capriccio o da un semplice arbitrio incompatibile con il carattere
vincolante del rapporto obbligatorio;
➔ condizione mista → è caratterizzata dall’unione di elementi delle due precedenti
varianti;
➔ condizione positiva → ha ad oggetto il verificarsi di un fatto giuridico o materiale;
➔ condizione negativa → ha ad oggetto il verificarsi di un fatto non giuridico o non
materiale;
➔ condizione unilaterale →la condizione può essere pattuita nell’interesse di
entrambe le parti, ma l’evento condizionante può rispondere all’interesse di una
sola parte.
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RETROATTIVITA’
Retroattività della condizione → gli effetti del verificarsi della condizione retroagiscono
fino al momento in cui si è concluso il contratto, salvo che tali effetti non siano da
riportare ad un altro momento. Il verificarsi della condizione ha efficacia reale ed è
quindi opponibile a chiunque quando è soddisfatta la formalità stabilita dall’art. 2659
c.c. Quando la condizione è stata apposta ad un contratto ad esecuzione periodica,
il verificarsi di essa non ha effetto nei confronti delle prestazioni già eseguite.
LA CONDIZIONE UNILATERALE
La condizione può essere pattuita nell’interesse di entrambe le parti. Ma l’evento
condizionante può rispondere all’interesse di una sola parte, come accade là dove
l’alienazione di un fondo venga condizionata al rilascio del permesso di edificare.
In questa situazione il venditore non ha alcun interesse in ordine al verificarsi dell’evento,
posto che l’emanazione del menzionato provvedimento amministrativo protegge
esclusivamente l’interesse del compratore ai fini dell’esercizio del ius aedificandi. Si
ritiene pertanto che la condizione unilaterale rientri nella piena disponibilità dello
stipulante a vantaggio del quale è stata prevista, di modo che egli possa rinunciare
alla facoltà di avvalersene trasformando il contratto da condizionato a semplice.
Tuttavia, la stessa condizione sarebbe bilaterale in caso di permuta di terreno dietro
trasferimento di una porzione d’edificio da costruire sopra il terreno stesso.
LA FINZIONE DI AVVERAMENTO
Finzione giuridica di avveramento → la condizione si considera avverata quando sia
divenuta impossibile per causa imputabile alla parte che avesse interesse contrario alla
sua realizzazione. La parte lesa può ricorrere ai rimedi della risoluzione del contratto e
del risarcimento del danno. La finzione che scatta, quando l’impedimento sia
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imputabile anche a titolo di colpa semplice e a patto che la condizione non sia
potestativa, è posta a tutela della parte lesa.
GLI USI
Usi normativi o consuetudinari → sono una delle fonti di integrazione del contratto. Essi
hanno una struttura formata da due elementi: uno di carattere oggettivo che consiste
nella reiterazione uniforme e costante di un determinato comportamento; l’altro di
carattere soggettivo consistente nel convincersi che tale comportamento sia
obbligatorio. Gli usi sono una fonte sussidiaria utilizzabile nelle materie non regolate
dalla legge, mentre in quelle già regolate dalla legge essi possono essere presenti solo
se vengono richiamati da una fonte superiore.
Usi negoziali → sono pratiche seguite da una determinata cerchia di contraenti oppure
diffuse in un determinato settore merceologico, senza che per essi siano richiesti i
procedimenti di consolidazione degli usi normativi. Secondo il diritto giudiziale, gli usi
negoziali integrano il regolamento contrattuale quando essi sono ignorati dalle parti. In
caso di antinomia, gli usi negoziali prevalgono sulle disposizioni suppletive di legge, al
contrario invece di quelli normativi: questo accade poiché l’efficacia dell’uso
negoziale è simile a quella delle clausole contrattuali, che deroga la norma suppletiva.
L’unico limite all’integrazione tramite usi negoziali è dato dall’onere formale: gli usi
negoziali non possono integrare i contratti sottoposti alla forma scritta a pena di nullità.
Pacta sunt servanda → se le parti dicono di non voler inserire clausole d’uso nel
contratto dopo che esse sono già state inserite, tale affermazione contraria non ha
alcun effetto.
LE CLAUSOLE DI STILE
Clausole di stile → non esprimono una volontà concreta delle parti, poiché sono state
fissate per una specie di atto di fede a prassi consolidate: ne sono un esempio, la
proposizione con cui si stabilisce che ogni violazione del contratto comporta la sua
risoluzione automatica.
L’EQUITA’
Equità → è un criterio d’integrazione suppletiva, di fonte giudiziale.
L'equità consente:
a) di correggere le storture applicative della legislazione;
b) d'integrare le lacune del regolamento contrattuale.
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LA BUONA FEDE
La clausola generale di buona fede riveste un duplice ruolo:
1. innanzitutto legittima il giudice ad accertare la nullità delle singole pattuizioni i cui
contenuti entrino in contrasto con i principi costituzionali;
2. inoltre, la buona fede permette al giudice, tenuto conto dell'assetto d'interessi
originariamente conformato dalle parti in vista dell'attuazione della causa concreta
dello scambio, d'individuare gli obblighi inespressi ma imminenti che appaiono
strumentali al raggiungimento del programma.
Questi rilievi non devono tuttavia essere fraintesi: l'integrazione del contratto secondo
buona fede si deve assolutamente armonizzare con i postulati della libertà negoziale.
LA SIMULAZIONE
LA STRUTTURA DEL MECCANISMO SIMULATORIO
Tramite l'accordo simulatorio le parti confezionano un contratto (c.d. contratto
simulato) ma in realtà non ne vogliono gli effetti oppure vogliono la produzione di effetti
diversi.
La discrasia fra il voluto e il dichiarato deve essere accettata da tutti i partecipanti al
rapporto obbligatorio oggetto di simulazione.
La simulazione può essere:
a) assoluta → quando le parti attraverso l'intesa dissimulata non intendano
perfezionare alcun rapporto giuridico, né modificare lo stato delle cose e la
consistenza delle rispettive sfere giuridico-patrimoniali;
b) relativa → nel caso in cui gli stipulanti vogliono modificare la situazione giuridica
avvalendosi di un contratto dal contenuto diverso da quello apparente.
L’INTERPOSIZIONE FITTIZIA
Interposizione fittizia → il contratto, pur essendo voluto, produce i suoi effetti a favore
del soggetto diverso da quello che appare essere il titolare apparente.
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Esempio → Tizio è disposto a vendere il fondo Capenate a Caio, che è a sua volta
interessato all’acquisto, ma manca l’interesse a manifestare il trasferimento: per far ciò
le parti possono ricorrere ad un prestanome, il quale assume le apparenti vesti di
compratore. La causa simulatoria in questione ha bisogno della partecipazione
all’intesa segreta di tutti i soggetti (veri e apparenti), coinvolti nella vicenda che diviene
un contratto plurilaterale: venditore, interposto, e interponente.
Infine, se l’interposizione fittizia ha ad oggetto cose immobili, l’accordo simulatorio deve
essere redatto in forma scritta a pena di nullità.
L’AZIONE DI SIMULAZIONE
Azione di simulazione → azione diretta a far valere la simulazione. Essa ha natura di
mero accertamento e quindi è assoluta e imprescrittibile, fermi restando gli effetti del
possesso rilevante ai fini dell’acquisto a titolo originario.
LE NULLITA’
LE SPECIE DI NULLITA’: NULLITA’ TESTUALI E VIRTUALI
Art. 1418 c.c. → ci sono due classi di nullità:
• testuali → di più immediata percezione, è la stessa norma che sancisce sanzione
l’atto immeritevole di protezione;
• virtuali → si hanno quando l’atto va contro norme imperative.
La nullità deve poi essere distinta dall’inesistenza, che si ha quando manca la volontà
oppure c’è solo un aspetto di volontà non affidante.
LA NULLITA’ PARZIALE
La nullità parziale del contratto non contraddice l’intero contratto a meno che il
frammento invalido non sia stato essenziale per la formazione del consenso delle parti.
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OPPONIBILITA’
Opponibilità → la nullità ha effetto retroattivo e coinvolge anche i diritti dei terzi sub-
acquirenti in buona fede; tuttavia, se il terzo in buona fede ha trascritto il suo titolo, il
suo acquisto è salvo quando la domanda di nullità è stata trascritta dopo cinque anni
dalla trascrizione dell’atto nullo. Quindi la nullità è in opponibile ai terzi quando ricorrono
i presupposti temporale (decorso del quinquennio), e soggettivo (stato di buona fede
del terzo).
CONVALIDA E RINNOVAZIONE
Art. 1423 c.c. → il contratto nullo non può essere convalidato. Le parti possono sempre
rinnovare efficacemente la volontà ma eliminando dal contratto l’elemento
contraddicente. In più se non vengono coinvolti interessi di terzi, i poteri di autonomia
privata possono attribuire al contratto rinnovato efficacia retroattiva, fino al momento
in cui era stato perfezionato il contratto invalido, in modo tale da salvaguardare le
attività svolte dalle parti nel frattempo.
LA CONVERSIONE
Conversione → l’interesse alla conservazione del rapporto obbligatorio è alla base della
conversione. È esclusa la conversione quando viene dimostrato che le parti erano
consapevoli della nullità, siccome viene a mancare il presupposto della volontà
ipotetica orientata verso gli effetti del contratto diverso. È esclusa la conversione del
contratto in un atto unilaterale, poiché tale articolo circoscrive l’applicazione
dell’istituto degli atti omogenei.
L’INCAPACITA’ NATURALE
ATTI UNILATERALI
Art. 428 c.c. → colui il quale, pur disponendo della piena capacità legale, ha posto in
essere un atto giuridico in stato di incapacità naturale di intendere e di volere, può
esercitare l’azione di annullamento per vizio del consenso, quando è dimostrato il grave
pregiudizio dell’autore.
CONTRATTI
Quando l’atto è contrattuale, l’art. 428 c.c. condiziona l’annullamento alla sussistenza
della mala fede dell’altro contraente. Il fondamento di questo requisito soggettivo
deve essere ricercato nell’esigenza di tutelare le ragioni di sicurezza del traffico
giuridico, le quali sono destinate a cedere soltanto quando non affiori l’esigenza di
proteggere l’affidamento suscitato dalla forza vincolante della parola data.
L’ERRORE
PREMESSA
Errore → provocato da una falsa rappresentazione della realtà materiale o giuridica,
dichiara falsa la volontà perché non permette al dichiarante di maturare una
determinazione corretta.
Art. 1428 c.c. → l’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed
è riconoscibile dalla controparte.
L’ERRORE DI DIRITTO
Errore di diritto → esso si esprime nell’ignoranza o nella cattiva interpretazione di una
norma giuridica ad astrarre dalla sua natura imperativa o suppletiva.
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L’ERRORE DI CALCOLO
Errore di calcolo → l’errore che si compie nelle operazioni aritmetiche può essere risolto
grazie ad una semplice rettifica, salvo che non sia un errore sui fattori del calcolo,
poiché in tal caso, se viene dimostrato che tale errore è essenziale e riconoscibile, allora
esso può portare all’annullamento.
LA RICONOSCIBILITA’
Riconoscibilità dell’errore → il giudizio di riconoscibilità prende come modello di
riferimento la persona di media diligenza.
ERRORE COMUNE
Errore comune → si ha quando le volontà di entrambe le parti sono viziate dallo stesso
sbaglio; in tale situazione non si ha esigenza di protezione dell’affidamento del
destinatario della dichiarazione errata poiché ciascuna delle parti esprime la propria
determinazione non a causa dell’errore altrui, ma per effetto del proprio errore.
ERRORE OSTATIVO
Errore ostativo → si ha quando la volontà, che si è formata correttamente, è stata poi
dichiarata o trasmessa in maniera inesatta da una persona o dall’ufficio che era stato
incaricato della sua trasmissione.
DISSENSO OCCULTO
Dissenso occulto → si ha quando l’oblato attribuisce alla volontà dell’offerente un
significato diverso rispetto a quello che in realtà ha, e per effetto di questo malinteso,
l’oblato presta il suo consenso.
IL DOLO
DOLO DETERMINANTE E INCIDENTE
Dolo determinante → il dolo causato da una delle parti è causa di annullamento del
contratto quando ha modificato la volontà dell’altra parte per indurla a concludere un
contratto che senza il dolo non avrebbe stipulato.
Dolo incidente → se gli inganni non hanno inciso sul consenso, il contratto è valido,
anche se senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; in tal caso però la
parte in mala fede deve rispondere dei danni che ha causato.
DOLO COMMISSIVO
Dolo commissivo → l’inganno viene realizzato attivamente, ingannando la controparte
mediante fatti, notizie o parole false.
reale volontà di distorcere il vero o simulare il falso per trarre in errore o arrecare danno
alla vittima.
LA MENZOGNA
Menzogna → secondo la dottrina tradizionale non è sufficiente affermare il falso per
compiere un dolo-vizio. Anche la giurisprudenza forense segue tale indirizzo. Invece
l’altra parte della letteratura giuridica tende a distinguere tra:
• menzogne irrilevanti → incidono sulla sfera propria o di terzi;
• menzogne rilevanti → si riflettono sulla controparte.
LA RETICENZA
Reticenza → Cicerone dixit: “l’uomo onesto non avrebbe potuto mantenere il silenzio
su fatti, di cui avesse esclusiva conoscenza, atti a condizionare i suoi interlocutori”. A
partire da tale affermazione, si può affermare che nel diritto privato, si ha un raggiro
anche quando una parte intenzionalmente mantiene o rafforza l’inesatta
rappresentazione della realtà in cui si trova l’errante. Tuttavia, non esistono gli estremi
della frode civile quando la parte in mala fede si limita ad approfittare di un
preesistente errore, non facendo il minimo indispensabile per correggere il vizio della
volontà dell’altra parte. Ampi settori della dottrina italiana affermano infatti che il dolo,
deve essere causa dell’errore per acquistare rilevanza giuridica. Commette invece
dolo colui il quale ha agevolazioni per acquistare informazioni utili alla corretta
formazione del consenso dell’altra parte, ma non mette a disposizione
dell’interlocutore queste conoscenze. Il dolo omissivo in questione è quindi causa di
annullamento del contratto o di risarcimento del danno, anche nel caso di mera colpa.
L’AZIONE DI ANNULLAMENTO
TASSATIVITA’
Annullamento → è un rimedio invocabile solo in determinate ipotesi stabilite dalla
legge.
Le differenze tra annullamento e nullità sono:
• il contratto nullo non produce iure effetti se non di fatto, mentre quello annullabile è
efficace finché non viene invalidato;
• la sentenza di annullamento ha effetto costitutivo, mentre il verdetto di nullità ha
solo una pura valenza dichiarativa;
• la nullità opera di diritto ed è invocabile da qualsiasi interessato, mentre
l’annullabilità è di massima relativa e può essere fatta valere solo dalla parte nel cui
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CONVALIDA
Art. 1444 c.c. → il contratto annullabile può essere convalidato dalla parte a cui spetta
l’azione di annullamento, attraverso un atto che contiene la menzione del contratto e
il motivo di annullabilità e l’intenzione che si intende convalidare tale annullamento. La
convalida è invece tacita quando il contraente a cui spettava l’azione di
annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo
dell’annullabilità.
LA VIOLENZA E LA RESCISSIONE
LA VIOLENZA PSICHICA E FISICA
Art. 1434 c.c. → è annullabile il contratto stipulato a seguito di una violenza, anche se
fatta da terzi.
Art. 1436 c.c. → nel caso in cui il male minacciato è rivolto contro terzi, tale articolo,
legittima l’azione di annullamento quando tale male riguarda la persona o i beni del
coniuge del contraente o di un suo discendente o ascendente. Quando invece
riguarda altre persone, l’annullamento del contratto è rimesso all’apprezzamento del
giudice.
METUS AB INTRINSECO
Metus ab intrinseco → è il perturbamento emotivo determinato dalla paura che trae
origine da una vicenda in grado di scatenarla. Esso non è rilevante, a patto che non
sia diretto ad estorcere il consenso di colui che lo subisce. Per l’annullamento occorre
da una parte che il timore abbia una radice esterna, e dall’altra parte che la minaccia
del male ingiusto o notevole sia tale da incidere sul processo di formazione della
volontà di colui che potrebbe subire il male.
Art. 1437 c.c. → il timore reverenziale non è causa di invalidità del contratto.
LA SENTENZA DI RISOLUZIONE
La risoluzione trae fondamento dalla sentenza costitutiva (si parla in tal caso di
risoluzione giudiziale). Tuttavia, per ottenere la risoluzione non sempre occorre il ricorso
al giudice: alle parti è infatti riconosciuta la facoltà di pattuire clausole contrattuali
generanti l'immediata risoluzione del contratto (risoluzione di diritto o ipso iure). Un
effetto analogo può scaturire dalla diffida a adempiere.
EFFICACIA E OPPONIBILITA’
Fra le parti la risoluzione opera con efficacia retroattiva:
• esse sono liberate ex tunc dai propri obblighi,
• e le eventuali prestazioni già eseguite devono essere reciprocamente restituite,
salvo per i contratti di durata.
Verso i terzi la risoluzione produce effetti inter partes: la risoluzione è loro inopponibile a
prescindere dallo stato di buona fede o dalla natura dell'acquisto, fatti però salvi gli
effetti della trascrizione relativa alla domanda di risoluzione.
Chi agisce per la risoluzione non è tenuto a provare la colpa dell’obbligato.
LE SOPRAVVENIENZE
L’ECCESSIVA ONEROSITA’ SOPRAVVENUTA: PREMESSA
Nei rapporti contrattuali di durata o istantanei ma ad esecuzione differita può
succedere che lo stato di fatto iniziale, subisca delle modifiche per eventi, estranei alle
parti, tali da modificare l’equilibrio patrimoniale alla base del rapporto obbligatorio. In
tali situazioni le parti o la legge possono prevedere dei meccanismi giuridici utili a
riequilibrare lo scambio. Quando ciò non accade, entra in scena la fattispecie della
eccessiva onerosità sopravvenuta, che consente alla parte pregiudicata di chiedere
la risoluzione del contratto.
L’EVENTO SOPRAVVENUTO
Art. 1467 c.c. → la sopravvenienza è rilevante quando fuoriesce dal rischio tipico del
contratto e quando è estranea alla situazione socioeconomica che caratterizza il
mercato al momento dell’accordo.
DISCIPLINA
Il recesso è un negozio unilaterale recettizio, deve avere la stessa forma richiesta per il
contratto.
Art. 1373 c.c. → nei contratti istantanei il recesso può essere esercitato dalla parte che
è legittimata finché non è stato eseguito il rapporto. Tale regola è però derogabile. La
ratio di ciò sta nel fatto che chi accetta la prestazione, dimostra un interesse opposto
allo scioglimento unilaterale del rapporto. Tuttavia, in mancanza di un accordo di
deroga, il recesso è paralizzato soltanto dall’esecuzione della prestazione per opera o
del titolare del diritto di recesso oppure della controparte. Quando invece il contratto
è di durata, il recesso può essere esercitato durante la pendenza del vincolo, però
l’esercizio del recesso non pregiudica le prestazioni già eseguite o in corso di
esecuzione.
Per evitare che il recesso possa sorprendere l’altra parte, è possibile condizionarne
l’efficacia ad un preavviso (principio di buona fede).
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LA CAPARRA CONFIRMATORIA
Caparra confirmatoria → è un contratto reale, tra persone già legate ad un rapporto a
prestazioni corrispettive, con oggetto il pagamento di una somma di denaro o una
quantità di altre cose fungibili. Ha il ruolo di confermare l’accordo principale e in
sostanza è un inizio di esecuzione del contratto. Ha inoltre una funzione di liquidazione
convenzionale del danno: nel caso in cui la parte che ha pagato la caparra non
adempia, al creditore è riconosciuta la potestà di recedere ritenendo la caparra; se
invece, la violazione del contratto è stata fatta da chi ha ricevuto la caparra, l’altra
parte può recedere chiedendo il doppio della somma della caparra oppure il soggetto
legittimato è libero di agire per l’adempimento o la risoluzione, oltre ai danni e alla
restituzione della caparra.
LA CLAUSOLA PENALE
Clausola penale → stabilisce che, in caso di inadempimento o di ritardo, uno dei
contraenti è tenuto a una determinata prestazione; essa ha l’effetto di limitare il
risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del
danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del pregiudizio.
Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa
non è stata stipulata per il semplice ritardo. Da ciò si comprende che la clausola penale
ha la finalità di anticipata liquidazione del danno contrattuale.
Art. 1384 c.c. → quando l’ammontare della penale risulta eccessivo, il giudice può
ridurlo ad equità.
La penale può inoltre servire ad una opposta finalità, che si ha quando essa ha natura
meramente simbolica: in tale situazione essa funge infatti da incentivo
all’inadempimento perché assicura un risparmio di spese, poiché il debitore infedele
deve pagare una sanzione che è inferiore alla prestazione promessa.
LA RAPPRESENTANZA VOLONTARIA
LA PROCURA
Il potere di rappresentanza può derivare dalla legge (rappresentanza legale), o
dall'interessato (rappresentanza volontaria). Si ha invece rappresentanza organica
quando il potere ad essa sotteso sia correlato all'ufficio ricoperto da una determinata
persona.
IL FALSUS PROCURATOR
Falsus procurator → è colui che ha negoziato come rappresentante senza però averne
i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitogli. Egli è responsabile del danno che
il terzo contraente ha patito per aver confidato senza colpa nella validità del contratto.
In tale situazione il contratto non è nullo, ma inefficace: tale contratto può essere
ratificato dall’interessato, rispettando le forme prescritte per la sua conclusione.
Art. 1399 c.c. → la ratifica è un negozio unilaterale recettizio con effetto retroattivo, ma
sono salvi i diritti dei terzi. Non è ammessa la ratifica parziale perché ciò comporterebbe
la modifica da parte di un solo contraente del contratto oggetto di ratifica. La ratifica
deve essere redatta nella stessa forma richiesta per la validità della procura.
In ogni caso il terzo e il falsus procurator, possono sciogliere il contratto prima della
ratifica: il terzo può invitare l’interessato ad esprimere il suo giudizio sulla ratifica entro
un determinato termine. Se l’interessato non risponde entro tale limite, la ratifica si
considera negata. In più la facoltà di ratificare si trasmette agli eredi.
LA RAPPRESENTANZA APPARENTE
Rappresentanza apparente → è la situazione in cui, il soggetto falsamente
rappresentato, mediante il suo comportamento di tolleranza verso l’attività del falso
procuratore, ha generato nel terzo la convinzione dell’esistenza di una vera e propria
procura. In tal caso trova applicazione il principio dell’apparenza giuridica, con
l’effetto che l’apparente rappresentato deve farsi carico degli obblighi assunti in suo
nome. Il contratto è quindi efficace e vincolante, poiché l’ordinamento ritiene
prevalente l’interesse alla protezione dell’affidamento anche imputabile all’interessato.
Art. 1396 c.c. → per evitare il sorgere di situazioni di apparenza, il rappresentato ha
l’onere di far conoscere erga omnes le eventuali modifiche o revoche della procura.
In mancanza tali vicende sono in opponibili se non si prova che coloro i quali hanno
negoziato con il rappresentante le conoscevano al momento dell’accordo.
Art. 1397 c.c. → il rappresentante è tenuto a restituire il documento fonte del potere,
quando i suoi poteri sono venuti meno.
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L’INTERPRETAZIONE
LA COMUNE INTENZIONE
Nell’interpretare un contratto bisogna prendere in seria considerazione qual è stata la
vera e comune intenzione delle parti e non limitarsi a capire il senso letterale delle
parole. Per stabilire l’intenzione comune delle parti bisogna osservare anche il loro
comportamento dopo la conclusione del contratto.
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I SINGOLI CONTRATTI
PARTE PRIMA: I CONTRATTI DI SCAMBIO DI BENI E SERVIZI
LA COMPRAVENDITA
NOZIONE
La vendita è il contratto che trasferisce la proprietà di una cosa o di un diritto dietro il
pagamento di un prezzo. L’effetto traslativo di essa è sottoposto al principio
consensualistico: per tali motivi la compravendita è considerata un contratto ad
esecuzione istantanea (art. 1470 c.c.).
Da tale contratto nascono obbligazioni corrispettive:
• il venditore deve consegnare la cosa al compratore, e garantirgli la pienezza del
dominio e l’assenza di vizi o difetti occulti;
• il compratore deve pagare il prezzo stabilito entro il termine e nel luogo
prestabiliti; se questi due elementi non sono stati determinati, il pagamento si
esegue al momento della consegna della cosa.
Il sistema inoltre pone dei limiti alla libera negoziabilità delle cose tramite
compravendita:
• oggettivi → incommerciabilità di determinati oggetti per ragioni di ordine
pubblico;
• soggettivi → divieti speciali di comprare per determinate persone che, a causa
del loro ufficio, potrebbero essere portatori di interessi conflittuali.
IL PATTO MARCIANO
Patto marciano → è il patto attraverso il quale si evita il pericolo dell’abuso a pregiudizio
del venditore, poiché grazie a tale patto, la stima della cosa, compiuta dal terzo, è
spostata al momento dell’inadempimento.
IL PREZZO
Prezzo → le parti possono affidare ad un terzo il compito di determinare il prezzo. Se il
terzo non vuole o non può accettare l’incarico, o le parti non giungono ad una nomina
comune, allora su richiesta di una parte, la nomina viene effettuata dal presidente del
tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto (art. 1473 c.c.). Se si tratta di cose
che hanno un prezzo di borsa, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo
della consegna. Le spese del contratto di vendita e le spese accessorie ad esso sono
a capo del compratore; il compratore inoltre deve pagare il prezzo nel luogo e nel
termine stabiliti. Se invece il prezzo non si deve pagare al momento della consegna,
allora lo si fa al domicilio del venditore.
In fatto di danno l'art. 1518 c.c. introduce una regola speciale rispetto alla disciplina di
diritto comune ex art. 1223:
a) se la vendita ha per oggetto una cosa che ha un prezzo corrente a norma
dell’art. 1515 c.c. e il contratto si risolve per l’inadempimento di una delle parti, il
risarcimento è costituito dalla differenza tra il prezzo pattuito e quello corrente
nel luogo e nel giorno in cui si doveva fare la consegna, salva la prova di un
maggior danno;
b) nella vendita a esecuzione periodica la liquidazione del danno si determina
tenuto conto dei prezzi correnti nel luogo e nel giorno fissati per le singole
consegne.
LA VENDITA SU DOCUMENTI
Vendita su documenti → essa si è radicata nel traffico mercantile per semplificare la
circolazione di cose mobili detenute dal terzo nell’interesse del proprietario alienante.
Ad esempio, se il proprietario vuole negoziare una cosa in viaggio, grazie a tale vendita,
egli si libera dell’obbligo di dover consegnare la cosa, rimettendo all’acquirente il titolo
rappresentativo. Bisogna però considerare che la vendita in questione ha ad oggetto
la merce e non il titolo, che serve da mero documento rappresentativo: tale titolo è
solo uno strumento di investitura del diritto trasferito. I titoli che permettono tale
circolazione documentale della ricchezza patrimoniale mobiliare sono:
- trasporto di terra → duplicato della lettera di vettura o ricevuta di carico;
- trasporto di mare → polizza di carico, ordine di consegna;
- trasporto di aria → lettera di trasporto.
accertamento varia in base alla circostanza che sia stata pattuita una vendita a
misura, oppure a corpo:
a) la vendita si dice a misura quando il prezzo è calcolato per unità di misura (ad
es. un tot per metro quadrato);
b) riguardo alla vendita a corpo il prezzo non è calcolato per unità di misura (ad
esempio: un tot per metro quadro), ma viene determinato tenuto conto
dell'oggetto considerato nella sua totalità e non della misura, sebbene indicata.
In questa situazione non si fa luogo a diminuzione o supplemento del prezzo,
salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella
indicata nel contratto.
I diritti al supplemento o alla diminuzione del prezzo o al recesso si prescrivono in un
anno dalla consegna dell'immobile.
LA VENDITA DI EREDITA’
Vendita di eredità → ha per oggetto il trasferimento a titolo oneroso dei diritti della
delazione. Tale vendita presuppone che sia stata aperta la successione
dell’ereditando. L’erede universale o pro quota può vendere i suoi diritti successori nella
loro totalità, oppure può limitarsi a trasferire specifici beni che rientrano nella
successione a titolo universale.
LE VENDITE AL CONSUMO
Vendite al consumo → la vendita di beni mobili tra professionista e consumatore è
disciplinata negli artt. 128 ss. c. cons. L'art. 130 c. cons. addossa al venditore la
responsabilità di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna
nelle mani del consumatore.
Rimedi spettanti al consumatore:
- al vertice si colloca la pretesa all'esatto adempimento;
- subordinatamente, il consumatore può esercitare le tradizionali azioni edilizie.
Il consumatore è tenuto a denunciare il vizio entro il termine di decadenza di due mesi
dalla scoperta e ad esercitare l’azione entro ventisei mesi dalla consegna del bene.
Fermo restando che la responsabilità del venditore si estingue se il difetto non si sia reso
percettibile entro due anni dalla consegna.
I VIZI GIURIDICI
Vizi giuridici → la cosa compravenduta può essere colpita da vizi giuridici, che
ostacolano l’acquisto della proprietà in capo al compratore. In tal caso, il compratore
è legittimato ad avvalersi della tutela riconosciutagli dagli artt. 1481-1489 c.c.
(responsabilità per evizione).
In particolare, l’evizione può essere:
1. totale → è tale quando il compratore perde totalmente la proprietà del bene
acquistato per effetto dei diritti che un terzo fa valere sulla cosa. In questa ipotesi
il venditore è tenuto al risarcimento danni ex art. 1479 c.c.
In proposito è irrilevante, ai fini della garanzia, lo stato soggettivo del compratore
all’epoca della stipulazione.
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La condanna alla restituzione del bene, a carico del compratore e in favore del
terzo, può, tuttavia, essere eccezionalmente surrogata dal legittimo
riconoscimento del diritto del terzo da parte dell'acquirente;
2. parziale → quando il compratore, a seguito dell’evizione, perde soltanto
parzialmente la proprietà del bene acquistato. Trova applicazione l’art. 1480 c.c.
in materia di vendita di cosa parzialmente altrui.
L’APPALTO
LA DISTINZIONE TRA APPALTO E LOCATIO OPERIS
L'art. 1655 c.c. definisce l'appalto come il contratto «col quale una parte assume, con
organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di
un'opera o di un servizio verso un corrispettivo». L'oggetto del contratto è dunque
rappresentato dall'esecuzione di un'attività materiale che si concreta nella
realizzazione a titolo oneroso di un'opera o nell'esecuzione di un servizio. Il contratto di
appalto ha in comune con la locatio operis l'oggetto della prestazione principale
consistente in un facere. Il punto di discrimine è rappresentato dall'organizzazione dei
fattori produttivi: qualora l'attività produttiva si emancipi dal lavoro dell'imprenditore,
facendo così ricoprire ai fattori della produzione un ruolo non più strumentale bensì
primario, i rapporti negoziali con la clientela saranno regolati dallo statuto sull'appalto
anziché da quello in tema di locatio operis. La distinzione assume un particolare rilievo
dati i differenti termini di decadenza e prescrizione.
L'appaltatore, che solitamente è un imprenditore, è tenuto a organizzare i mezzi e a
svolgere ogni attività necessaria alla realizzazione dell'opera dedotta in contratto,
secondo le modalità pattuite e la regola dell'arte. Quella dell'appaltatore è quindi
un'obbligazione di risultato, in quanto il pieno adempimento coincide solo con la
completa realizzazione dell'opera.
Un contratto di appalto può essere stipulato da un soggetto pubblico con un soggetto
privato, o con un altro soggetto pubblico, in seguito ad una procedura di affidamento
prevista dalla legge (gara ad evidenza pubblica, affidamento diretto, affidamento in-
house) e in tal caso si parla di appalto pubblico, oppure può essere stipulato tra
soggetti privati.
La commessa è il procedimento tecnico-contabile (o progetto) di esecuzione dello
specifico contratto (sostanzializzato attraverso un ordine di appalto o una lettera di
incarico) per una determinata opera o servizio.
LE OBBLIGAZIONI DELL'APPALTATORE
La garanzia per vizi e difformità
Un aspetto peculiare dell'obbligazione dell'appaltatore è costituito dalla garanzia per i
vizi e le difformità dell'opera (art. 1667 c.c.).
Qualora l'opera realizzata presenti vizi, ovvero difformità rispetto al progetto, il
committente può richiedere, a sua scelta:
- l'eliminazione dei vizi a cura e spese dell'appaltatore;
- la riduzione del prezzo pattuito.
In ogni caso, l'appaltante può chiedere anche il risarcimento del danno, qualora
l'emersione dei vizi o delle difformità sia conseguenza di una condotta colposa
dell'appaltatore.
Il committente può infine richiedere la risoluzione del contratto se la res oggetto del
contratto risulta del tutto inadatta all'uso a causa dei vizi.
Se, al momento della consegna, l'opera è stata accettata dalla committenza, la
garanzia è limitata ai soli vizi “occulti” (cioè non immediatamente riconoscibili) o
dolosamente taciuti dall'appaltatore.
La garanzia opera, infine, solo se il vizio o la difformità sono denunciati all'appaltatore
entro il termine di 60 giorni dalla loro scoperta. Si prescinde da tale termine solo se i vizi
sono stati occultati dall'appaltatore, ovvero se sono stati da lui riconosciuti.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dalla consegna. Se il committente
è convenuto in giudizio per il pagamento del prezzo, egli può comunque far valere la
garanzia, purché abbia denunciato i vizi entro 60 giorni dalla scoperta e entro un
biennio dalla consegna dell'opera.
COLLAUDO E VERIFICHE
Il committente ha diritto, prima di ricevere l'opera in consegna, di sottoporre la stessa a
opportune verifiche per constatare se è stata bene eseguita (articoli 1665 e 1666 c.c.).
Se la verifica ha esito positivo, l'opera si considera accettata e l'appaltatore ha diritto
a ricevere il corrispettivo.
Il committente può inoltre verificare lo stato dei lavori anche in corso d'opera. Se dalla
verifica emergono inadempienze, il committente può fissare un adeguato termine
entro cui l'appaltatore deve conformarsi alle indicazioni del progetto, trascorso
inutilmente il quale il contratto si considera risolto.
Non è necessario motivare la decisione per il mero recesso, e fra i motivi rientra la
lesione del rapporto fiduciario per inadempimenti dell'appaltatore. La motivazione
diviene condizione necessaria, e valutabile da un giudice se una delle parti chiede il
risarcimento del danno: diversamente da altre norme che regolano i contratti fra
persone fisiche (come il licenziamento nel rapporto di lavoro), non è obbligatoria la
forma scritta della motivazione.
Se il contratto si risolve per impossibilità sopravvenuta, il committente deve pagare la
parte di opera realizzata, se è per lui di qualche utilità.
Il committente può inoltre recedere dal contratto in caso di morte dell'appaltatore, se
la persona del contraente era stata ragione determinante del contratto o se gli eredi
non danno affidamento sulla buona esecuzione dell'opera.
SUBAPPALTO
Quando il vincitore dell'appalto a sua volta appalta il lavoro a un altro soggetto si parla
di subappalto. Il subappalto non è consentito, salvo autorizzazione, per iscritto, del
committente (art.1656 c.c.).
L'appalto è infatti un contratto fondato sull'intuitus personae (ovvero, sulla scelta
esplicita della controparte contrattuale), per cui non è consentita una sostituzione non
autorizzata del soggetto obbligato.
L'appaltatore è responsabile verso il committente del lavoro effettuato dai
subappaltatori. A norma dell'art. 1670 c.c., all'appaltatore è riconosciuto il diritto di
agire in regresso nei confronti dei subappaltatori, salvo che comunichi la denunzia per
vizi e difformità dell'opera da parte del committente entro sessanta giorni dal suo
ricevimento. Tale termine è di decadenza.
Il subappalto nei lavori pubblici è disciplinato dall'art. 105 del Decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50 "Codice dei contratti pubblici". Con l'introduzione del comma 3 lettera
c-bis) le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi
di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della
procedura finalizzata all’aggiudicazione dell'appalto non vengono considerate
subappalto e quindi sfuggono completamente a qualunque controllo da parte del
Responsabile Unico del Procedimento e della Stazione Appaltante. È infatti prevista la
sola verifica che i relativi contratti siano depositati alla stazione appaltante prima o
contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto, ma non è necessario che
tali documenti abbiano data certa.
LA SOMMINISTRAZIONE
PROFILI TIPOLOGICI
L'art. 1559 c.c. definisce la somministrazione come il contratto «con il quale una parte
si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni
periodiche o continuative di cose».
IL PREZZO
Il somministrato è obbligato a pagare il corrispettivo delle prestazioni di cose fornite
dall'altra parte. Sotto questo profilo i poteri di autonomia privata trovano ampio spazio,
dato che le parti sono libere di fissare i criteri volti a regolare l'obbligazione in parola.
Tuttavia, non si può escludere che le parti nulla abbiano pattuito sul punto.
IL FRANCHISING
Franchising → contratto mediante il quale un'azienda concede il diritto di
commercializzare i suoi prodotti o servizi usando il suo nome o marchio ad un'altra
azienda, dietro pagamento di un canone.
IL FACTORING
Factoring → è il contratto con il quale l'imprenditore cede al factor i crediti derivanti
dall'attività produttiva affinché questi provveda, dietro corrispettivo, a curarne l'incasso
e, eventualmente, a svolgere servizi accessori di consulenza commerciale e
amministrativa.
Il factoring si distingue in due sottospecie:
1) nel trasferimento pro soluto il factor non può pretendere la restituzione delle
somme anticipate al cedente nell'evenienza in cui, scaduto il termine di
pagamento, il debitore ceduto lasci inadempiuta la propria obbligazione
pecuniaria;
2) nella cessione pro solvendo l'operazione di trasferimento del credito avviene
“salvo buon fine”, di modo che l'importo anticipato dovrà essere restituito dal
cedente là dove, scaduto il termine di pagamento, si verifichi l'inadempimento
del debitore.
IL TRASPORTO DI COSE
L'art. 1693 c.c. stabilisce che il vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle
cose consegnategli ai fini del trasporto, dall'istante in cui le riceve e sino al momento
della riconsegna al destinatario, fatta salva la prova che la perdita o l'avaria è derivata
da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal
fatto del mittente o da quello del destinatario. Il comma 2° chiarisce che nel caso in cui
il vettore accetti le cose da trasportare senza riserve «si presume che le cose stesse non
presentino vizi apparenti d'imballaggio».
Con il ricevimento senza riserve della merce e il pagamento del porto il destinatario
riconosce l'esatto adempimento del vettore. Verificatesi tali condizioni si estinguono le
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pretese nascenti dal contratto, a meno che il vettore abbia agito con dolo o colpa
grave.
La tradizionale rigidità della responsabilità ex art. 1693 è stata in parte mitigata dal
legislatore del 1942 ricorrendo a presunzioni semplici di fortuito, che sollevano il vettore
dall'obbligazione risarcitoria.
IL CONTRATTO DI SPEDIZIONE
Contratto di spedizione → è un contratto in cui lo spedizioniere si assume l'impegno di
stipulare il contratto di trasporto in nome proprio e per conto del mandante ed a
compiere le operazioni accessorie. Il vettore, invece, è colui il quale si obbliga ad
eseguire il trasporto. È tuttavia ammessa l'entrata dello spedizioniere nel contratto.
IL COMPENSO
Ai sensi dell'art. 2233 c.c., 1° comma, il compenso, se non è convenuto dalle parti e non
può essere determinato sulla base delle tariffe professionali o degli usi, è stabilito dal
giudice, sentito il parere dell'associazione professionale competente. In ogni caso la
misura del compenso non è strettamente correlata all'utilità della prestazione dovendo
essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.
Pertanto, la relazione sociale deve essere ricondotta nell'alveo del contratto anziché
del torto extracontrattuale (art. 2043 c.c.).
L'ente che fornisce e organizza il servizio sanitario allaccia con il paziente un contratto
atipico d'assistenza (o di spedalità).
IL CORRISPETTIVO
L'onerosità non è un elemento qualificante la fattispecie contrattuale qui discussa.
Tuttavia, se non è diversamente stabilito, esso si presume oneroso.
LE AZIONI CONTRATTUALI
Nel mandato senza rappresentanza tra mandante e terzi non viene a imbastirsi alcun
rapporto contrattuale. Tuttavia, l'art. 1705 legittima il mandante ad agire, in nome
proprio, contro i terzi in vista della tutela dei diritti di credito derivanti dall’esecuzione
dell'obbligazione gestoria.
L'ATIPICITÀ
Le parti possono stipulare contratti di mediazione atipici, discostandosi dalla disciplina
positivamente sancita. Esempio: contratto di mandato in cui l'incaricante si obbliga a
pagare (in tutto o in parte) la provvigione solo se l'affare andrà a buon fine.
Soltanto i mediatori che abbiano ottenuto le iscrizioni nel registro delle imprese, se sono
mediatori occasionali, o nel repertorio delle notizie economiche, se sono mediatori
occasionali.
IL CONTRATTO DI AGENZIA
Tramite il contratto di agenzia l'interposto assume stabilmente l'incarico di promuovere,
nell'interesse del preponente, la conclusione di contratti in una zona determinata e
dietro il pagamento della provvigione.
Nella prima ipotesi ciascuna delle parti può recedere dando preavviso. Il preavviso non
è dovuto quando il recesso sia fondato su giusta causa.
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IL CONTRATTO DI COMMISSIONE
Contratto di commissione → è un mandato che ha per oggetto l'acquisto o la vendita
di beni per conto del committente e in nome del commissionario. Il commissionario
assume la qualifica d'imprenditore piccolo o medio-grande secondo le dimensioni
dell'impresa gestita.
Il committente può revocare l'incarico fino a che il commissionario non abbia concluso
l'affare. In tal caso spetta al commissionario stesso una parte del corrispettivo pattuito,
che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell'opera prestata.
Il corrispettivo riconosciuto al commissionario è fissato sulla base di percentuali sul
prezzo delle cose comprate o vendute. La misura della provvigione, quando non è
stabilita nel contratto, si trae dagli usi o, in difetto, è decretata dal giudice secondo
equità.
OGGETTO
La locazione può avere a oggetto beni mobili o immobili. L’obbligazione vincolante il
locatario di restituire il bene concesso in godimento presuppone che il bene stesso non
sia consumabile: lo sfruttamento potrà generare il naturale degrado ma non già
l’estinzione dell’oggetto.
IL LEASING
NOZIONE
Contratto atipico di leasing → ha per oggetto la concessione in godimento di una cosa
mobile o immobile non consumabile dietro il pagamento di un canone, con l'opzione
— esercitabile dal conduttore dopo il pagamento dell'ultima rata — di acquistare la
proprietà della cosa stessa pagando la somma prefissata.
La prassi conosce due sottospecie di leasing:
1) leasing operativo → il produttore concede direttamente in locazione il bene;
2) leasing finanziario → il bene è acquistato dalla società locatrice allo scopo di
concederlo in godimento al conduttore.
Sale and lease back → è una transazione finanziaria in cui si vende un bene e lo si affitta
a lungo termine; pertanto, si continua a essere in grado di utilizzare il bene ma non lo
possiede più. La transazione viene generalmente effettuata per beni immobili, in
particolare immobili, nonché per beni durevoli e capitali come aeroplani e treni.
IL DEPOSITO IRREGOLARE
Il deposito irregolare è il contratto di deposito avente ad oggetto denaro o altre cose
fungibili con facoltà per il depositario di servirsene. L'elemento di specialità rispetto alla
disciplina ordinaria consiste nel fatto che il depositario acquista la proprietà delle cose
depositate e si assume l'obbligo di restituire. Manca, pertanto, la causa di custodia
qualificante il deposito ordinario.
IL DEPOSITO IN ALBERGO
Di solito chi fruisce dell'alloggio messo a disposizione dall'albergatore lascia al suo
interno svariati oggetti (si pensi agli effetti personali) confidando sull’implicita
prestazione di custodia dell'albergatore. Si sostanzia in tal modo un contratto di
deposito, soggetto a una disciplina particolare, che ha natura accessoria rispetto al
connesso contratto atipico di albergo, con il quale ultimo una parte si obbliga verso
l'altra a fornire dietro corrispettivo l'alloggio e gli usuali servizi (la qualità e complessità
dei quali varia secondo la classificazione dell'albergo) in locali attrezzati a questo
scopo. Il codice civile individua due distinti criteri di responsabilità dell'albergatore:
1. se le cose sono semplicemente portate in albergo le responsabilità del depositario
è limitata: non deve, infatti, oltrepassare cento volte il prezzo di locazione
dell’alloggio per giornata;
2. se le cose sono consegnate all’albergatore stesso la responsabilità del depositario
è illimitata.
In ogni caso l'albergatore non risponde qualora dimostri che la perdita o il
danneggiamento sia imputabile al cliente, a forza maggiore o alla natura della cosa.
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IL MUTUO
LA REALITÀ DEL CONTRATTO
Mutuo → è un contratto con cui una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario)
una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e questa si obbliga a
restituirle cose della stessa specie.
IL MUTUO DI SCOPO
Tramite il mutuo di scopo il mutuatario si obbliga a destinare la somma concessa dal
mutuante per il conseguimento dell'obiettivo liberamente pattuito o imposto dalla
legge.
In caso di mancato rispetto del vincolo (obbligatorio) di destinazione:
1. se l’elusione dello scopo è l'effetto di un accordo tra istituto di credito e mutuatario:
il contratto è ritenuto nullo;
2. se il mutamento di destinazione è frutto della violazione dell’obbligazione assunta
dal mutuatario: si applica il rimedio della risoluzione per inadempimento.
Il vincolo convenzionale di destinazione può essere rappresentato dall'acquisto di un
bene di consumo: in tale ipotesi la somma è spesso corrisposta dal mutuante
direttamente nelle mani del terzo venditore, il quale beneficia alla fine del
finanziamento ottenuto dal compratore.
IL MUTUO ONEROSO
Il contratto di mutuo è naturalmente oneroso, nel senso che sono dovuti di norma gli
interessi al saggio legale. Tuttavia, il corrispettivo può essere anche espresso in natura
(si pensi, ad esempio, alla prestazione di fare). Il contratto con interessi usurari (pur
integrando il delitto di usura) non è nullo, ma diventa semplicemente gratuito.
IL TERMINE FINALE
Il contratto di mutuo consiste in una prestazione di durata avente ad oggetto la
disponibilità per un determinato periodo della somma di denaro o di altre cose fungibili
da parte del mutuatario. L'art. 1817 c.c. stabilisce che se non è stato concordato il
termine finale per la restituzione, esso è determinato dal giudice avuto riguardo alle
circostanze.
IL COMODATO
TIPOLOGIA
Contratto di comodato → si perfeziona per mezzo della consegna del bene. Il
comodatario, cui spetta il diritto di godere della cosa mobile o immobile oggetto del
contratto reale, è obbligato a restituire la cosa stessa ricevuta dal comodante.
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GRATUITÀ
Il contratto è essenzialmente gratuito, dato che la pattuizione di una controprestazione
a carico del comodatario trasformerebbe il rapporto in locazione.
IL TERMINE
Il comodatario è dunque obbligato a riconsegnare all'altra parte la cosa soltanto alla
scadenza del termine finale o, in mancanza di termine, quando sia esaurita la
programmata funzione di godimento. In caso di morte del comodatario, il comodante
può esigere l'immediata restituzione della cosa in considerazione della natura
strettamente personale del rapporto, nel quale assumono una rilevanza essenziale le
qualità individuali del titolare del diritto personale di godimento; viceversa, la morte del
comodante non è causa di estinzione del vincolo. La natura gratuita del contratto
legittima, in via d'eccezione, la pretesa del comodante alla restituzione ante tempus
qualora sopravvenga un suo «urgente e imprevisto bisogno».
IL PRECARIO
Là dove la durata del contratto non sia stata determinata, né espressamente né
indirettamente o per relationem, il comodatario è allora tenuto a restituire la cosa «non
appena il comodante la richiede».
IL CONTRATTO ESTIMATORIO
LA FINALITÀ GIURIDICO-ECONOMICA
Contratto estimatorio → soddisfa un duplice bisogno: da un lato permette al rivenditore
(grossista o dettagliante), specie nei settori di mercato connotati dalla mobilità elevata
della domanda, d'affrancarsi dal rischio economico dell'invenduto riservandosi la
facoltà di pagare il prezzo delle cose mobili (non deperibili) ricevute una volta
smerciate, oppure di restituirle alla scadenza pattuita nel caso opposto; dall'altro
permette al consegnante di utilizzare distributori autonomi in modo da ridurre le spese
altrimenti necessarie per organizzare una rete commerciale sottoposta al proprio
controllo diretto.
LA RENDITA VITALIZIA
L’ALEATORIETA’ DEL RAPPORTO
La rendita vitalizia, a differenza di quella perpetua, è fonte di un vincolo obbligatorio
che si estingue alla scadenza di un termine che però è incerto quando sarà, siccome
è unito alla morte di una determinata persona.
LE FONTI
La rendita vitalizia si può costituire a titolo oneroso, tramite alienazione di un bene,
oppure attraverso il pagamento di una somma di denaro o la cessione di un diritto di
credito. Può inoltre essere costituita tramite donazione diretta, o in forza di legato
testamentario.
Sia nella rendita vitalizia che in quella perpetua, la struttura del contratto si fonda
sull’incrocio di due prestazioni: una istantanea (es: trasferimento del diritto su un bene),
l’altra destinata a durare nel tempo.
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IL MANDATO DI CREDITO
Mandato di credito → svolge una funzione preparatoria al perfezionamento di un
contratto di finanziamento. L’art. 1958 c.c. stabilisce che il soggetto che ha conferito
ad un altro l’incarico di fare credito al terzo, in nome proprio o per conto proprio,
risponde ex lege verso l’incaricato come fideiussore di un debito futuro. L’incaricato
non può rinunciare all’impegno preso, ma l’incaricante può sempre revocare l’ordine:
in tal caso il revocante deve pagare i danni subiti dall’altra parte. Inoltre, l’incaricante
può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento. Il terzo non acquista
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LA LETTERA DI PATRONAGE
Lettera di patronage → è una dichiarazione rilasciata ad una banca da un soggetto (di
solito una società capogruppo o una società controllante) in sostituzione di una
fideiussione vera e propria al fine di ottenere, rinnovare o mantenere un finanziamento
ad una sua partecipata o controllata. Tramite di essa la società controllante, trasmette
ad una banca dichiarazioni variamente modulate, il cui contenuto minimo è
rappresentato dalla specificazione delle relazioni che intercorrono con la controllata al
fine di agevolare la concessione di finanziamenti. In tal modo la controllata riesce a
superare l’obbligo di registrare a bilancio l’obbligazione accessoria.
L’ANTICRESI
Anticresi → è un contratto di garanzia particolarmente adatto ad una struttura
preindustriale, nella quale il dominio economico della proprietà terriera giustificava il
ricorso a figure negoziali che si piegavano ad un duplice bisogno, sia di realizzare
l’adempimento dell’obbligazione sottostante, sia di rafforzare il credito.
LA PERSONA FISICA
LA SOGGETTIVITA’ E LO STATO CIVILE
LA SOGGETTIVITA’ E LA CAPACITA’ GIURIDICA
Ogni persona vivente è soggetto di diritto: la «soggettività» è un valore intangibile e
immutabile, preesistente a ogni altra regola giuridica, poiché ogni regola giuridica
trova la sua funzione ultima ed esclusiva nella persona.
La nascita è il fatto giuridico del distacco del feto del grembo materno con l’inizio della
respirazione polmonare.
L’aborto è consentito <<entro i primi 90 giorni>> della gravidanza, quando il parto o la
maternità comportino <<un serio pericolo>> per la salute fisica o psichica della donna,
<<in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o
familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie
o malformazioni del concepito>> oppure <<oltre i 90 giorni>>, se la gravidanza o il parto
comportino un grave pericolo per la vita della donna o siano accertati <<rilevanti
anomalie o malformazioni del nascituro>>, che possano arrecare grave pericolo alla
salute fisica o psichica della donna stessa.
La morte consiste invece nella cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo.
L’ordinamento riconosce alcuni diritti a favore del:
1) concepito → può quindi succedere a causa di morte e può ricevere per
donazione. L’effetto traslativo si perfezionerà con la nascita;
2) nascituro non concepito → può ricevere per testamento o per donazione,
purché sia figlio di persona vivente al momento della morte del de cuius nel
primo caso o al momento della donazione nel secondo.
LA PARENTELA E L'AFFINITÀ
La «parentela» è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite. L'«affinità»
indica invece il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro (ad esempio il vincolo tra la
moglie e i suoceri o i cognati). La parentela e l'affinità si distinguono per la linea:
a) «diretta» → quando un soggetto discende direttamente dall'altro (come accade
tra il padre e il figlio o tra il nonno e il nipote) oppure, trattandosi di affinità,
quando la relazione riguarda il genitore e colui (o colei) che ne ha sposato il figlio
(o la figlia) (suocero e nuora, suocera e genero);
b) «collaterale» → quando cioè il vincolo riguarda due soggetti che abbiano in
comune soltanto uno stipite (ad esempio il fratello e la sorella, che hanno in
comune i genitori, o i cugini, che hanno in comune il nonno), ovvero, trattandosi di
affinità, il legame che unisce i cognati.
Il grado misura l'intensità del vincolo parentale o d'affinità e si determina:
a) sommando le singole generazioni quando la parentela o l'affinità siano dirette;
b) risalendo allo stipite comune e contando le generazioni in senso ascendente
prima e discendente poi (senza contare lo stipite stesso), ove siano collaterali.
LA SCOMPARSA E L'ASSENZA
Quando una persona non sia più comparsa nel suo ultimo domicilio o nella sua ultima
residenza, e non se ne abbiano più notizie, chiunque vi abbia interesse, il pubblico
ministero o i presunti successori legittimi possono chiedere al tribunale:
a) di nominare un «curatore speciale» che rappresenti lo scomparso;
b) di dare i provvedimenti opportuni per conservarne il patrimonio.
Se siano passati almeno due anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia, i presunti
successori legittimi e chiunque creda ragionevolmente di avere sui beni dello
scomparso diritti dipendenti dalla morte di lui, possono domandare al tribunale di
dichiararne l'«assenza».
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- a sedici anni il minore autore può compiere gli atti relativi alle opere dell'ingegno
da lui create ed esercitare le relative azioni.
Gli atti giuridici negoziali compiuti dal minore sono annullabili a meno che non abbia
occultato con raggiri la sua vera età (come in caso di falsificazione della carta
d'identità). Tuttavia, la semplice dichiarazione di avere compiuto i diciotto anni non
preclude l'impugnazione del negozio.
L’EMANCIPAZIONE E L’INABILITAZIONE
Emancipazione → è emancipato il minore che, dopo aver compiuto sedici anni, è
autorizzato dal tribunale a potersi sposare. Per l’emancipato viene nominato un
curatore (uno dei genitori, se il coniuge dell’emancipato non è maggiorenne) che
autorizza l’emancipato a compiere atti validi. L’emancipato gode di una capacità di
agire parziale, che gli permette di compiere atti validi solo di ordinaria amministrazione.
Invece per atti di riscossione del capitale, per stare in giudizio, e per gli atti di
straordinaria amministrazione, l’emancipato ha bisogno dell’autorizzazione del
curatore e per gli atti di straordinaria amministrazione, anche del giudice tutelare.
Inabilitazione → può essere inabilitato, per proteggerlo, il maggiorenne, che
alternativamente:
• è infermo di mente ma non a tal punto da essere interdetto;
• espone sé stesso o la sua famiglia a gravi pregiudizi economici (gioco d’azzardo);
• espone sé stesso o la sua famiglia a gravi pregiudizi economici (alcolismo);
• è sordo, cieco dalla nascita e non ha ricevuto un’educazione sufficiente.
L’INTERDIZIONE LEGALE
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Interdizione legale → vi sono sottoposti coloro che sono condannati all’ergastolo o alla
reclusione non inferiore a 5 anni per una condanna di un delitto non colposo.
Annullabilità assoluta → tutti gli atti unilaterali e i contratti, compiuti dall’interdetto
legale, sono annullabili da chiunque ne ha interesse.
Soltanto per quanto riguarda gli atti a contenuto patrimoniale, egli è rappresentato da
un tutore a cui si applicano le norme sulla tutela degli interdetti giudiziali.
L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
IL DECRETO DI NOMINA DELL’AMMINISTRATORE
L’amministrazione di sostegno è stata introdotta per la protezione di persone che, per
infermità o menomazione fisica, non possono provvedere da sole a soddisfare i propri
interessi.
L’amministratore di sostegno viene nominato con decreto del giudice tutelare. Il
decreto di nomina contiene al suo interno:
- generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore;
- durata dell’amministrazione di sostegno;
- oggetto dell’incarico;
- atti che l’amministratore può compiere in nome e per conto del beneficiario;
- atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di
sostegno;
- i limiti delle spese che l’amministratore può sostenere in base alle disponibilità del
soggetto;
- la periodicità con cui l’amministratore deve riferire al giudice l’attività svolta e le
condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
L’amministratore di sostegno può essere nominato anche dallo stesso beneficiario, in
previsione di una sua futura incapacità, tramite atto pubblico, scrittura privata
autenticata. Nella scelta il giudice deve preferire sempre tutti quei soggetti già indicati
per la tutela.
LA VITA E LA SALUTE
Vita → deve essere tutelata in maniera assoluta contro qualunque aggressione dei terzi.
Non è valido alcun contratto tramite il quale si rinunzia ad essa.
Salute → è tutelata dall’art. 32 Cost. Il codice civile invece (art. 5) vieta qualsiasi atto di
disposizione del proprio corpo che può provocare una diminuzione permanente
dell’integrità fisica, oppure quando esso sia contrario alla legge, all’ordine pubblico o
al buon costume. È lecito cambiare il proprio sesso, poiché ciò corrisponde ad
assecondare la struttura corporea e mentale della persona, adeguandola al suo sentire
intimo. È invece vietata la sterilizzazione di comodo, nei casi in cui ha carattere
irreversibile. Sono leciti invece i trapianti da vivente a vivente per quanto riguarda il
rene, la cornea, il fegato. Sono anche leciti le emotrasfusioni, e i trapianti da cadavere
a vivente di organi o tessuti. Cosa importante è che nel campo della salute, un
trattamento non può essere effettuato fino a che il soggetto, che deve essere
sottoposto, non abbia dato il suo consenso.
L’IMMAGINE
L’immagine di una persona può essere riprodotta, pubblicata o messa in commercio,
senza il consenso dell’interessato, solo in determinati casi previsti dalla legge, a patto
che ciò non comporti un pregiudizio all’onore o al decoro di essa. Si ritiene che la tutela
dell’immagine comprenda in sé anche quella della voce. La protezione della persona
in più si estende anche alle sue idee, cioè alla sua immagine spirituale.
LE PERSONE GIURIDICHE
LA NOZIONE
Persone giuridiche → sono entità che esistono solo sul piano metafisica, in capo alle
quali, per ragioni di comodità, si producono effetti giuridici (associazioni, fondazioni). Il
Savigny vedeva nelle persone giuridiche delle finzioni, e affermava che la capacità
giuridica può essere estesa a tali enti. Altri invece ritengono che le persone giuridiche
siano enti reali, viventi, poiché hanno una loro vita e una loro volontà.
L’ASSOCIAZIONE E IL COMITATO
LA LIBERTA’ CONTRATTUALE DI ASSOCIARSI
L'art. 18 cost. espressamente vieta i contratti associativi che mirano a realizzare «fini
vietati ai singoli dalla legge penale» (le associazioni per delinquere), quelle «segrete» e
quelle che «perseguono, anche indirettamente, scopi politici tramite organizzazioni di
carattere militare».
Pertanto, fuori da queste indicazioni espresse, deve quindi ritenersi sempre consentita
la libertà di concludere contratti associativi. Speciali indicazioni, aventi finalità di
ulteriore promozione del fenomeno associativo, riguardano le organizzazioni sindacali,
le cooperative a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata e i partiti
politici.
IL CONTRATTO COSTITUTIVO
Le associazioni si costituiscono tramite un contratto plurilaterale con comunione di
scopo.
Se non sia stabilito diversamente dal contratto, l'ente stesso sta in giudizio attraverso la
persona alla quale risulta conferita la presidenza o la direzione. Il contratto associativo
è un contratto aperto, nel senso che le parti di esso possono accrescere, attraverso
l'adesione di nuovi associati, oppure ridursi tramite il loro recesso o la loro esclusione.
L’<<adesione>> di altre parti al contratto avviene secondo l'art. 1332, cioè con la
formulazione anche verbale di una proposta, formulata con le forme stabilite
eventualmente nel contratto associativo, all’organo dell’associazione che la può
accettare oppure può rimetterne l’accettazione a un altro organo (ad esempio
all’assemblea) o a un terzo.
Il <<recesso>> è viceversa regolato dall'art. 1373, 2° comma, oltre che dalle eventuali
previsioni stabilite dal contratto associativo, le quali non possono in ogni caso
costringere il singolo a rimanere vincolato dal contratto per un periodo di tempo tale
da potersi considerare limitativo della sua libertà associativa.
L'esclusione è invece l'atto, assimilabile al recesso, col quale è la persona giuridica a
sciogliere unilateralmente il vincolo rispetto a un singolo associato.
IL COMITATO
Si tratta di persone giuridiche delle quali singoli o altre persone giuridiche si avvalgono
per raccogliere fondi da destinare a scopi determinati. In proposito l’art. 39 ne indica
alcuni. Per quanto riguarda la responsabilità per i debiti dell'ente: tutti i suoi componenti
del comitato rispondono infatti in solido con l'ente per le obbligazioni assunte.
Ogni deliberazione dei componenti, diretta a modificare la finalità stabilita nel
programma, è inefficace. Pertanto, l’eventuale trasformazione o incorporazione
dell'ente sarà consentita soltanto se lo scopo originario sia mantenuto.
I terzi beneficiari dell'attività del comitato non possono pretendere direttamente
alcunché da questo o da coloro che lo compongono, a meno che non siano
espressamente indicati nell'atto costitutivo e sia esclusa qualsiasi discrezionalità degli
organizzatori nel designarli.
Il comitato si estingue, oltre che nelle ipotesi viste per le associazioni, anche quando i
fondi siano insufficienti a raggiungere lo scopo prefissato. In tale caso, come quando
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LA FONDAZIONE
LA NOZIONE
È l’unica persona giuridica a struttura istituzionale, che può essere costituita tramite atto
unilaterale tra vivi, in forma di atto pubblico, da una o più persone fisiche o giuridiche,
oppure tramite testamento. L’atto di costituzione è diviso in due:
- atto di fondazione → si dà origine alla persona giuridica;
- atto di dotazione → si attribuisce ad essa un patrimonio per realizzare uno scopo di
pubblica utilità, stabilendo anche i criteri e le modalità di erogazione delle rendite
conseguite dal patrimonio.
Art. 15 → se non si tratta di testamento il negozio di fondazione può essere revocato
fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento o fino a quando il fondato non
abbia iniziato l’attività, manifestando così di rinunciare al potere di revoca.
La fondazione si origina solo dopo essere stata iscritta nel registro delle persone
giuridiche su domanda del fondatore o anche d’ufficio, nel caso di origine tramite
testamento.
L’organizzazione interna è scelta dal fondatore, che stabilisce l’amministrazione, la
rappresentanza, e la designazione degli organi.
L’autorità governativa può però:
- controllare l’amministrazione dell’ente;
- provvedere alla nomina e alla sostituzione degli amministratori e dei rappresentanti,
se le disposizioni dell’atto fondativo non si possono attuare;
- annulla, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme
imperative;
- può revocare l’organo amministrativo;
- nominare un commissario straordinario, se gli amministratori non agiscono in
conformità allo statuto o allo scopo della fondazione;
- se non si tratta di fondazioni a vantaggio di una o più famiglie, può disporre il
coordinamento dell’attività di più fondazioni, o l’unificazione della loro
amministrazione, se lo scopo è divenuto impossibile o il patrimonio sia divenuto
insufficiente;
- può dichiararne l’estinzione, e devolvere ad altri enti il patrimonio che rimane.
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LA FAMIGLIA
L’OBBLIGAZIONE ALIMENTARE
I PRESUPPOSTI OGGETTIVI
I fatti costitutivi dell’obbligazione alimentare consistono:
- nella sussistenza di una relazione di coniugio, di parentela o di affinità tra due
soggetti;
- nello stato di bisogno di uno di questi;
- nel fatto che uno dei due soggetti non sia in grado di provvedere al suo mante-
nimento.
Lo stato di bisogno non corrisponde alla totale indigenza, quanto piuttosto alla man-
canza di mezzi per provvedere alle esigenze esistenziali primarie, spirituali e materiali –
determinate in base all’età, alla salute e alla condizione sociale – e che consistono nel
vitto, nel vestiario, nei medicinali, nelle cure, eventualmente nell’istruzione e nelle esi-
genze minime di spostamento (per esempio, alla necessità di assistere alle funzioni reli-
giose) e di relazione sociale con i terzi.
I SOGGETTI OBBLIGATI
Primo tra i debitori dell’obbligo alimentare è il donatario, anche se non sia legato da
quei vincoli di coniugio, parentela, affinità o adozione: ciò non vale tuttavia se si tratti
di donazione in riguardo di matrimonio o remuneratoria. Il rifiuto indebito degli alimenti
consente al donante di ottenere la revoca della liberalità per ingratitudine. Il donante
potrà pretendere gli alimenti da ciascuno di coloro che abbia beneficiato con una
liberalità, dovendosi tutti ritenere proporzionalmente tenuti alla prestazione.
Il coniuge può pretendere gli alimenti anche se lo sposo sia stato dichiarato assente o
quando gli sia stata addebitata la separazione e se il matrimonio sia stato dichiarato
nullo essendo in buona fede: in quest’ultimo caso, tuttavia, l’altro coniuge è tenuto agli
alimenti soltanto se non vi siano altri obbligati.
Dopo di lui, vengono collocati i figli, anche adottivi, e, se essi manchino, i loro discen-
denti prossimi: l’obbligo dei primi, come di questi ultimi, non sussiste tuttavia nei confronti
dei genitori dichiarati decaduti dalla potestà.
L’obbligo degli affini (suocere, nuore, cognati) cessa quando l’alimentando passi a
nuove nozze. L’obbligo alimentare cessa pure quando il coniuge da cui derivi l’affinità,
e i figli nati dalla sua unione e con l’altro coniuge e i loro discendenti, siano morti.
I fratelli e le sorelle, con precedenza dei germani (cioè di coloro che siano figli della
stessa madre e dello stesso padre) sugli uterini (ossia di quelli che siano figli della stessa
madre ma concepiti da padri differenti) e sui consanguinei (cioè di quelli che abbiano
in comune soltanto il padre che li ha concepiti), sono infine tenuti agli alimenti pur se
solamente nella misura dello stretto necessario.
Tutti i soggetti obbligati nello stesso grado alla prestazione degli alimenti sono tenuti a
concorrervi in proporzione delle proprie condizioni economiche: si tratta allora di rap-
porto obbligatorio soggettivamente complesso ad attuazione parziaria. Soltanto in
caso di urgente necessità, l’attuazione dell’obbligo può essere posta temporanea-
mente per intero in capo a uno degli obbligati, il quale potrà tuttavia agire in regresso
verso gli altri.
È possibile che il concorso si verifichi anche tra soggetti obbligati in grado differente: in
questo caso, la parte di prestazione che non riescano a sopportare le persone chia-
mate in grado anteriore che si è trovata attribuita a quelle chiamate in grado poste-
riore. Ove non si raggiunga un accordo sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di
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IL MATRIMONIO
LA PROMESSA DI MATRIMONIO
LA NOZIONE E LA DISCIPLINA
Il matrimonio è preceduto dal fidanzamento. Il codice del 1865 chiarì che la promessa
di futuro matrimonio non produce alcuna obbligazione legale. Il codice odierno poi,
assicura a colui che è rimasto deluso, il risarcimento del danno per le spese fatte a
causa della promessa, a patto che la parte danneggiante abbia rinunciato a sposarsi
senza un motivo valido. Per ottenere il risarcimento dei danni occorre che la promessa
di matrimonio risulti da atto pubblico, o dalla richiesta di pubblicazione, o da una scrit-
tura privata. La domanda di risarcimento deve essere proposta entro 1 anno dal rifiuto.
Viene inoltre riconosciuto al fidanzato deluso, il diritto di farsi restituire i doni fatti a causa
della promessa: non sono considerati doni: le lettere amorose, le fotografie, i doni scam-
biati in occasione di festività, anniversari, compleanni.
L’incapacità può dipendere da ragioni transitone (ad esempio l’uso di sostanze stupe-
facenti, o alterazioni fisiche come I’epilessia o un trauma cranico) ovvero da ragioni
degenerative permanenti (morbo di Alzheimer).
Nulla prevede la legge per quanto riguarda l’invalidità del matrimonio viziato da vio-
lenza fisica (vis absoluta) né per ciò che riguarda il dolo, cioè l’errore provocato nell’al-
tro coniuge o da un terzo in ordine alle circostanze nelle quali il matrimonio viene con-
tratto: se la prima ipotesi non merita considerazione qui, essendo del tutto inverosimile
a verificarsi in pratica una costrizione materiale alla celebrazione occorsa avanti I’uffi-
ciale dello stato civile, il dolo invece non viene preso espressamente in considerazione
dal legislatore, perché non rileva «come» il coniuge sia caduto in errore (cioè sponta-
neamente oppure perché I’altro coniuge o un terzo. Lo abbia con inganno portato a
formarsi un errato convincimento).
IL MATRIMONIO PUTATIVO
Matrimonio putativo → è un matrimonio che produce gli effetti del matrimonio valido
fino alla pronunzia della sentenza di nullità. Tale istituto nasce come eccezione alla re-
troattività della sentenza di nullità del matrimonio, prendendo coscienza del fatto che
tale retroattività non può investire tutti gli effetti del matrimonio (ad esempio la prole).
dal diritto canonico, gli effetti civili. Visto che il matrimonio era disciplina dal diritto ca-
nonico, allora i tribunali e dipartimenti ecclesiastici ebbero la competenza esclusiva
sulle cause di nullità, e sulla dispensa del matrimonio rato e non consumato. Con i Patti
Lateranensi venne introdotta la regola secondo cui, i matrimoni efficaci per la Chiesa
lo erano anche per lo Stato, ma quelli che avevano perso vigore per la Chiesa, cessa-
vano di produrre anche effetti civili.
Tuttavia, negli anni 70 la situazione cambiò ancora: si stabilì la legittimità del divorzio,
sacrificando il principio di indissolubilità del matrimonio; le decisioni di nullità dei tribu-
nali ecclesiastici vennero dichiarate illegittime per violazione del principio di garanzia
del diritto alla tutela giurisdizionale. Una conciliazione tra le parti si ebbe infine con l’Ac-
cordo di Villa Madama del 1984: si adeguò il sistema concordatario, sia a ciò che era
stato stabilito nel ‘70 ma anche ai profondi stravolgimenti della società italiana di quel
tempo e alle decisioni prese dalla Chiesa nel Concilio Vaticano II.
LA TRASCRIZIONE
Trascrizione → deve essere richiesta all’ufficiale di stato civile, con domanda scritta del
parroco, non oltre i 5 giorni successivi alle nozze. Se l’invio viene rifiutato, i coniugi pos-
sono rivolgersi al tribunale per ottenere che il parroco gli risarcisca i danni, e possono
ottenere anche una sentenza del giudice che viene trascritta dall’ufficiale al posto
dell’atto canonico di matrimonio. Se invece l’ufficiale riceve la richiesta di trascrizione,
nelle 24 ore successive deve trascrivere nei registri l’atto, dandone notizia al parroco.
L’ufficiale non può rifiutare la trascrizione neanche se è venuto a conoscenza di impe-
dimenti o incapacità successive al rilascio del nulla osta. La trascrizione è nulla nelle
stesse ipotesi in cui è nullo il matrimonio civile. È impedita invece quando ci sono quelle
incapacità e quegli impedimenti che la legge civile considera inderogabili e quello
relativo all’età. La trascrizione può avvenire anche se il parroco non l’ha richiesta entro
i 5 giorni successivi: tuttavia in tal caso può essere effettuata solo su istanza dei due
coniugi, presentando all’ufficiale l’atto originale di matrimonio. Tutto ciò però a patto
che la richiesta di trascrizione tardiva sia avvenuta entro 180 giorni dalla pubblicazione
del matrimonio canonico. Anche in tal caso, l’ufficiale non può procedere alla trascri-
zione se riscontra causa di incapacità o impedimenti. La richiesta di trascrizione tardiva
è impossibile se uno degli sposi è morto prima di averla presentata all’ufficiale: la legge
vuole che la richiesta sia presentata da entrambi gli sposi, oppure da uno solo di essi,
ma con il consenso dell’altro.
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I DIRITTI DI CREDITO
Secondo un diffuso orientamento poi, sono esclusi dalla comunione legale i diritti rela-
tivi, poiché l’art. 177, circoscrive l’applicazione del regime patrimoniale ai soli acquisti,
cioè agli atti che implicano un passaggio di diritti su cose materiali e non su diritti di
credito. Tuttavia tale orientamento si scontra con la lettera e con la ratio della legge:
con la lettera poiché il sostantivo acquisti si riferisce al diritto oggetto del negozio giuri-
dico, e quindi non importa per niente se la cosa su cui si esercita il diritto è corporale o
no; con la ratio poiché il legislatore ha voluto conferire una portata onnicomprensiva
alla categoria degli acquisti che ricadono nella comunione legale, in modo che en-
trambi i coniugi possono beneficiare di incrementi patrimoniali che si verificano durante
il matrimonio.
I BENI PERSONALI
Per quanto riguarda invece i beni personali, sono sottratti al regime di comunione le-
gale, i beni acquistati con il prezzo ricavato dall’alienazione di beni personali o tramite
permuta. Nel caso di beni immobili o mobili registrati, inoltre, si deve avere anche la
partecipazione all’atto dell’altro coniuge che deve dichiarare la propria non opposi-
zione all’esclusione dell’acquisto dalla comunione.
L’AMMINISTRAZIONE
Art. 180 → i coniugi possono stipulare da soli atti di ordinaria amministrazione che hanno
ad oggetto il patrimonio comune, mentre per quelli di straordinaria amministrazione
occorre la partecipazione di entrambi. Gli atti di straordinaria amministrazione, che
hanno ad oggetti immobili o mobili registrati, compiuti da un solo coniuge, possono
essere annullati, su iniziativa dell’altro coniuge entro un anno dalla conoscenza e dalla
trascrizione. Se si tratta di mobili non registrati, l’atto straordinario è valido, ma il coniuge
che l’ha stipulato deve provvedere alla reintegrazione in forma specifica o per equiva-
lente. Se uno dei due coniugi però rifiuta di dare il suo consenso per il compimento di
un atto di straordinaria amministrazione, allora l’altro coniuge può ricorrere al giudice
per ottenere l’autorizzazione.
LA RESPONSABILITA’ PATRIMONIALE
Responsabilità patrimoniale (art. 186) → nel caso in cui un atto negoziale, fonte di de-
bito, è stato stipulato da entrambi i coniugi, i creditori possono aggredire sia il patrimo-
nio comune, che quello personale di ognuno dei coobbligati. In tal caso non si può
invocare il beneficio della limitazione della responsabilità previsto dall’art 190: tale arti-
colo deve essere riferito alle obbligazioni stipulate separatamente dai coniugi.
Art. 189 → per gli atti di straordinaria amministrazione compiuti da un coniuge senza il
consenso dell’altro, e l’altro coniuge non si è avvalso del suo diritto di esercitare l’azione
di annullamento, allora risponde in via sussidiaria il patrimonio comune fino alla quota
della metà.
L’IMPRESA FAMILIARE
Il regime primario della famiglia riconosce al singolo coniuge il potere di dare esecu-
zione all’indirizzo concordato della vita familiare. Il coniuge che non è direttamente
parte dell’atto destinato a soddisfare gli interessi primari della famiglia risponde in solido
con l’altro coniuge giacché condebitore legale della prestazione, essendo privo di si-
gnificato il fatto che il consorte estraneo non abbia partecipato al rapporto giuridico
poiché egli prende su di sé il debito non come stipulante ma come coobbligato ex
lege. Quindi la responsabilità illimitata e solidale dei coniugi riguardo alle obbligazioni
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che sono state perfezionate disgiuntamente nell’interesse della famiglia, deriva non dal
regime ordinario di comunione legale, ma da quello primario. I principali caratteri a
contenuto patrimoniale del regime primario della famiglia sono l’obbligo di contribu-
zione e il diritto-dovere di concretare anche in maniera divisa l’indirizzo della vita fami-
liare. Di un’obbligazione assunta disgiuntamente da un coniuge risponde senz’altro in
solido e illimitatamente anche l’altro, nella misura in cui essa è funzionale ad ottenere
un bene della vita destinato a fronteggiare un’esigenza irrinunciabile. Fuori da tale area
descritta, il creditore, per aggredire il patrimonio del coniuge estraneo al rapporto ob-
bligatorio, deve dimostrare che la spesa rientra in quelle effettivamente destinate a
concretare lo stile di vita prescelto dalla coppia.
GLI EFFETTI
Effetti → la separazione rende quiescenti gli obblighi reciproci di convivenza e fedeltà.
Il tribunale riconosce a favore del coniuge l’assegno di mantenimento quando costui
non dispone di redditi adeguati propri, necessari a garantirgli il tenore di vita che
avrebbe avuto se si fosse protratta la convivenza. Il godimento della casa familiare è
attribuito valutando l’interesse dei figli: il diritto di godimento della casa familiare viene
meno nel caso in cui colui a cui è stata assegnata non abita o smetta di abitare stabil-
mente nella casa familiare o si sposi di nuovo. Il provvedimento di assegnazione e quello
di revoca sono trascrivibili e opponibili ai terzi.
Il diritto vivente esclude che il diritto alla casa familiare possa essere riconosciuto al co-
niuge a cui non sono stati affidati i figli. In più il tribunale può vietare alla moglie l’uso
del cognome del marito, se tale uso sia un grave pregiudizio per lui.
Per quanto riguarda i figli, se è possibile, il tribunale stabilisce l’affidamento condiviso,
altrimenti sceglie a quale coniuge spetti l’affidamento esclusivo. In ogni caso, il tribu-
nale stabilisce la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mante-
nimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. L’autorità giudiziale, inoltre,
verso i figli maggiorenni non indipendenti economicamente, può disporre che gli
venga pagato un assegno periodico.
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Art. 157 → i coniugi possono, di comune accordo, far cessare gli effetti della separa-
zione, senza l’intervento del giudice, ma basta semplicemente, una dichiarazione o un
comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
LA SEPARAZIONE CONSENSUALE
Separazione consensuale → la separazione può essere decisa dai coniugi, tramite atto
di autonomia privata. In tal caso il tribunale provvede all’omologazione dell’accordo
tramite un decreto emanato in camera di consiglio. In tale accordo si hanno due con-
tenuti:
• necessario → determinazioni di vivere separati e disposizioni sul mantenimento
del coniuge e dei figli;
• eventuale → disposizioni atipiche semplicemente occasionate dalla separa-
zione.
Se la coppia non ha figli, l’autorità giudiziale, svolge un controllo di pura legittimità, non
potendo contrastare le determinazioni dei coniugi.
IL DIVORZIO
Divorzio → il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio quando ha accertato
che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere portata avanti o
ricostruita. Quindi l’autorità giudiziale può rigettare la domanda di divorzio se anche
solo riesce ad intravedere uno spiraglio utile alla ricostruzione della convivenza. Non è
ammesso il divorzio consensuale, però è previsto il divorzio congiunto. In caso di divorzio
è l’accordo e non la sentenza del tribunale che costituisce la fonte immediata dei diritti
e obblighi in esso previsti riguardo al singolo coniuge nei confronti dell’altro. Il tribunale
attribuisce un assegno periodico al coniuge che non ha redditi proprio adeguati, ne-
cessari a mantenere un livello di vita uguale a quello che aveva durante il matrimonio.
Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessa-
zione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non si è sposato di nuovo, ad una
percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge al momento
della cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, in caso di morte dell’ex coniuge e in
assenza di un coniuge superstite che ha i requisiti per la pensione di reversibilità, il co-
niuge verso cui è stata pronunciata la sentenza di scioglimento ha diritto, se non si è
sposato di nuovo e se è titolare dell’assegno divorzile, alla pensione di reversibilità, a
patto che il rapporto da cui ha origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla
sentenza. L’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli rimane anche se uno dei
coniugi si è sposato di nuovo. Il tribunale che dichiara lo scioglimento del matrimonio,
decide anche a quale genitore sono affidati i figli: a riguardo può essere disposto an-
che l’affidamento congiunto o alternato. Il genitore a cui sono affidati i figli ha l’eserci-
zio esclusivo della potestà su di essi, tuttavia egli deve attenersi alle condizioni stabilite
dal tribunale. Per quanto riguarda il genitore a cui non sono stati affidati i figli, egli ha
diritto e dovere di sorvegliare sulla loro istruzione e educazione e può ricorrere al tribu-
nale quando ritiene che siano state prese decisioni pregiudizievoli per il loro interesse. Il
tribunale in una tale situazione può dichiarare il cambio di affidamento. L’abitazione
nella casa familiare spetta al genitore a cui sono stati affidati i figli. L’assegnazione, in
quanto trascritta, è opponibile ai terzi acquirenti.
Convenzioni di crisi del rapporto → nel tempo che trascorre tra separazione e divorzio,
i coniugi possono stabilire, fin dalla fase preliminare della separazione, l’assetto dei rap-
porti patrimoniali futuri, in modo da risolvere ogni questione al riguardo una volta per
tutte. Però secondo un orientamento dominante nel diritto giudiziale, sono nulli per illi-
ceità i patti che servono a regolare preventivamente il regime economico del divorzio:
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la nullità avrebbe il suo fondamento nel fatto che tali patti sarebbero destinati a con-
dizionare il comportamento processuale delle parti relativamente ad un processo su
diritti indisponibili come sono gli stati personali. Contro tale indirizzo però è stato osser-
vato che gli accordi in discussione non hanno nulla a che vedere con il giudizio sugli
stati poiché il loro oggetto è circoscritto ai soli rapporti patrimoniali in vista del divorzio.
Tali accordi non sono meritevoli di tutela quando generano un profondo squilibrio tra
le condizioni economiche dei singoli coniugi. Sono invece ammessi i patti che modifi-
cano l’accordo di separazione già omologato, per quanto riguarda i rapporti patrimo-
niali tra i coniugi e le relazioni con i figli.
LA FILIAZIONE
LA FILIAZIONE NEL MATRIMONIO
L’ATTRIBUZIONE LEGALE DELLA PATERNITA’
Art. 231 → nel nostro ordinamento, la paternità è attribuita dalla legge tramite un auto-
matismo legale che la determina e che è a stretto contatto con il vincolo nuziale: il
marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio per presunzione legale. Tale
meccanismo scatta quando il figlio nasce dopo la celebrazione del matrimonio, e
cessa di operare quando vengono meno gli effetti del vincolo matrimoniale e cioè:
• dalla data della morte naturale del marito;
• dalla data in cui è passata in giudicato la sentenza di nullità del matrimonio;
• dalla data di scioglimento del matrimonio tramite divorzio;
• dalla data della sentenza di separazione giudiziale o di omologazione di quella
consensuale;
• dalla data in cui i coniugi sono comparsi di fronte al giudice per chiedere la se-
parazione, durante la pendenza di un procedimento di nullità, o di divorzio o di
separazione.
IL SISTEMA PROBATORIO
L’automatismo che porta alla condivisione tra la moglie e il marito della responsabilità
genitoriale, richiede alcune circostanze:
• nascita del neonato;
• giorno del parto;
• identità della donna;
• che la donna sia sposata al momento del parto;
• celebrazione del matrimonio della donna in data precedente al parto.
Atto di nascita → documento formato dall’ufficiale di stato civile dopo la dichiarazione
di nascita del neonato, e all’accertamento della nascita attraverso la presentazione di
un’attestazione rilasciata dalla struttura sanitaria in cui è avvenuto il parto. Da tale atto
si possono desumere: la nascita del figlio, il luogo, la data, l’ora, le generalità della
donna.
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Non indica lo status di figlio nato nel matrimonio l’impossibilità di trovare l’atto di matri-
monio quando gli sposi sono entrambi morti: in tal caso è sufficiente provare la convi-
venza pubblica dei genitori come marito e moglie e un possesso di stato, in capo al
loro figlio, che sia conforme all’atto di nascita. Se infine non sussista né l’atto di nascita,
né il possesso di stato, e il figlio è nato con falso nome da genitori ignoti, la prova della
filiazione si può dare con ogni mezzo compatibile con la natura della controversia di
stato, a patto che vi sia il fumus veritatis.
della paternità o maternità può essere data con qualsiasi mezzo, compatibile con la
natura indisponibile degli interessi in gioco.
L’ADOZIONE DI MAGGIORENNI
I PRESUPPOSTI
L’adozione di maggiorenni è uno strumento che mira essenzialmente, a differenza
dell’adozione di minori di età, a tutelare primariamente l’interesse dell’adottante senza
figli che desideri trasmettere a qualcuno il proprio patrimonio ed il nome della famiglia.
In altri casi può essere un mezzo per fornire un’assistenza duratura ad un soggetto biso-
gnoso, come ad esempio ad una persona handicappata. La persona maggiorenne
con l’adozione acquista la qualifica di figlio adottivo.
I presupposti dell’adozione di maggiorenni sono:
• l’adottante deve avere compiuto 35 anni e deve superare di almeno 18 anni
l’età di colui che intenda adottare;
• l’adottante può essere una persona singola o coniugata (se coniugata, l’altro
coniuge non ha l’obbligo di adottare a sua volta);
• è necessario il consenso dell’adottante e dell’adottando, dato da loro personal-
mente;
• è necessario l’assenso dei genitori dell’adottando, del coniuge dell’adottante e
dell’adottando non legalmente separati, ed altresì dei figli (nati nel matrimonio
e fuori del matrimonio) maggiorenni dell’adottante, dato anche non personal-
mente, ma tramite una persona munita di procura speciale, e cioè ufficialmente
autorizzata.
Deroghe relative ai presupposti dell’adozione di maggiorenni:
• età → quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può autorizzare
l’adozione se l’adottante ha raggiunto almeno l’età di 30 anni, ferma restando
la differenza di età dei 18 anni;
• assenso → il tribunale può pronunciare l’adozione anche se considera ingiustifi-
cato o contrario all’interesse dell’adottando il rifiuto dell’assenso da parte dei
suoi genitori, dei discendenti dell’adottante, del coniuge dell’adottante o
dell’adottato se separati di fatto.
IL PROCEDIMENTO
Procedimento:
➢ la domanda di adozione si propone al presidente del tribunale del luogo dove
l’adottante ha la residenza;
➢ devono essere prestati i consensi dell’adottante e dell’adottando e gli assensi
dei soggetti interessati richiesti dalla legge;
➢ il tribunale, assunte le opportune informazioni, verifica:
o se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
o se l’adozione conviene all’adottando;
➢ il tribunale, sentito il pubblico ministero, emette una sentenza con cui decide di
far luogo o non far luogo all’adozione (la sentenza può essere impugnata da-
vanti alla Corte di appello dall’adottante, dal pubblico ministero e dall’adot-
tando entro 30 giorni dalla comunicazione);
➢ il provvedimento di adozione viene trascritto a margine dell’atto di nascita
dell’adottato.
Per i minori di 6 anni non è possibile l’affidamento presso un istituto, ma soltanto presso
una comunità familiare.
L’affidamento temporaneo viene disposto:
• dal servizio sociale locale, quando c’è il consenso dei genitori o del genitore
esercente la responsabilità genitoriale o del tutore e previo loro consenso, sentito
il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore che
sia dotato di sufficiente capacità di buonsenso. Il giudice tutelare (è un magi-
strato che ha il compito di sovrintendere alle tutele) del luogo ove si trova il mi-
nore rende esecutivo con decreto il provvedimento che dispone l’affidamento
temporaneo emesso dal servizio sociale;
• dal tribunale per i minorenni, quando non vi sia il consenso dei genitori esercenti
la responsabilità genitoriale o del tutore.
GLI EFFETTI
L’affidatario ha il dovere di:
• accogliere il minore, mantenerlo, istruirlo, educarlo, tenendo conto delle indica-
zioni dei genitori che non siano decaduti dalla responsabilità genitoriale o del
tutore e delle prescrizioni dell’autorità affidante;
• esercitare i poteri connessi alla responsabilità genitoriale in relazione agli ordinari
rapporti con la scuola, con le autorità sanitarie;
• essere sentito, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di potestà, di
affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato, con facoltà di presentare
memorie scritte nell’interesse del minore;
• rappresentare il minore nel compimento di tutti gli atti civili (l’amministrazione del
patrimonio spetta invece ai genitori che non siano decaduti dalla responsabilità
genitoriale o a un tutore).
L’affidatario ha il diritto:
• alle facilitazioni sul lavoro riconosciute per legge ai genitori;
• alle misure di sostegno e di aiuto economico di cui lo Stato, le Regioni e gli Enti
locali, nei limiti delle loro disponibilità finanziarie, dispongono a favore della fami-
glia di origine.
LE ADOZIONI DI MINORI
L’ADOZIONE DI MINORI NEL CASO DELL’ART. 44 L. DIR. MIN. FAM.
L’ADOZIONE DI MINORI
Al fine di proteggere il minore di età che si trovi in stato di abbandono, ovvero cui man-
chi il sostegno materiale e morale familiare, la legge prevede che il minore possa rico-
stituire un vero e proprio rapporto di filiazione (diventa a tutti gli effetti come figlio nato
nel matrimonio) in una nuova famiglia attraverso l'adozione.
L’adozione di minorenni è lo strumento volto a dare una nuova famiglia al minore cui
manchi in via definitiva il sostegno da parte della famiglia di origine. Si distingue in:
• adozione legittimante → fa venire meno ogni legame tra la famiglia di origine ed
il minore. Il minore diventa a tutti gli effetti come figlio nato nel matrimonio di
genitori adottivi;
o adozione particolare → è prevista solo in determinati casi indicati dalla
legge, nei quali non si può ricorrere all’adozione legittimamente. Non
viene meno il legame tra il minore e la famiglia di origine. Il minore acquista
la posizione di figlio adottivo dell’adottante;
• adozione internazionale → è l’adozione legittimante di minore straniero da parte
di genitori italiani o stranieri residenti in Italia o di minore italiano da parte di italiani
residenti all’estero.
PRESUPPOSTI
I presupposti dell’adozione legittimante sono:
• lo stato di abbandono del minore, ovvero la condizione che il minore sia privo di
assistenza morale e materiale da parte dei genitori o da parte dei parenti entro
il quarto grado;
• la dichiarazione di adottabilità, ovvero, la dichiarazione emessa dal Tribunale per
i minorenni che attesti che il minore si trovi in stato di adottabilità, stante la sussi-
stenza dello stato di abbandono;
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• la presenza dei requisiti richiesti dalla legge per gli adottanti, ovvero, in partico-
lare:
o i coniugi devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e tra loro
non deve sussistere e non deve aver avuto luogo negli ultimi tre anni se-
parazione personale neppure di fatto (tale requisito di stabilità è ricono-
sciuto tale dalla legge anche quando i coniugi siano sposati da meno di
tre anni ma abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del
matrimonio per un periodo di tre anni);
o l’età degli adottanti deve superare di almeno 18 e di non più di 45 anni
l’età dell’adottando (in taluni casi è consentita una deroga);
o i coniugi devono risultare affettivamente idonei e capaci di educare,
istruire e mantenere i minori che intendano adottare.
DEROGHE
Le deroghe alla differenza di età sono ammesse:
• se il tribunale accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non
altrimenti evitabile per il minore;
• se il limite dei 45 anni sia superato da uno solo dei coniugi nella misura non supe-
riore a 10 anni;
• se gli adottanti siano genitori di figli nati fuori dal matrimonio o adottivi dei quali
almeno uno sia minorenne;
• se l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi coniugi
adottato.
ADOZIONE ORDINARIA
IL PROCEDIMENTO DI DICHIARAZIONE DI ADOTTABILITÀ
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie
informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l’adottabilità di quelli tra i
minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza
pubblici o privati o presso una famiglia affidataria che risultano in situazione di abban-
dono, specificandone i motivi.
Il Presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, appena ricevuto
il ricorso, apre un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore e dispone,
se necessario, ulteriori accertamenti tramite i servizi sociali o gli organi di pubblica sicu-
rezza, ed avverte i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano
rapporti significativi con il minore.
Se dagli accertamenti risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti
parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, il tribunale
per i minorenni procede immediatamente a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che
non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere
uno dei genitori, chieda termine per provvedere al riconoscimento (il genitore ricono-
sce come suo figlio il minore). Il procedimento non potrà essere sospeso per più di due
mesi, salvo che il presunto genitore debba ancora compiere i 16 anni, in tal caso la
sospensione potrà essere rinviata fino a due mesi dopo il raggiungimento di tale età.
Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno,
può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l’autorizzazione.
Se nei termini viene effettuato il riconoscimento e non sussiste abbandono morale e
materiale, viene dichiarata chiusa la procedura di adottabilità, altrimenti viene pronun-
ciato lo stato di adottabilità.
Fuori dal caso precedente, a conclusione delle indagini e di tutti gli accertamenti pre-
visti dalla legge, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato con sentenza da parte
del tribunale per i minorenni, previa audizione dei seguenti soggetti:
• il Pubblico ministero;
• il rappresentante dell’istituto di assistenza pubblica o privata o della comunità di
tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona da cui egli è affidato;
• il tutore, ove esista;
• il minore che ha compiuto 12 anni e anche il minore di età, in considerazione
della sua capacità di discernimento.
Lo stato di adottabilità viene dichiarato quando:
a. i genitori ed i parenti convocati non si sono presentati senza giustificato motivo;
b. l’audizione dei genitori o dei parenti ha dimostrato il persistere della mancanza
di assistenza morale e materiale e la loro non disponibilità a modificare la situa-
zione;
c. durante il procedimento non siano adempiute le prescrizioni impartite per re-
sponsabilità dei genitori ovvero è provata l’irrecuperabilità delle capacità geni-
toriali dei genitori in un tempo ragionevole.
Lo stato di adottabilità non viene dichiarato quando il tribunale ritenga che non sussi-
stano i presupposti e, pertanto, dichiara che non vi è luogo a provvedere.
La sentenza che dichiara lo stato di adottabilità va notificata al Pubblico ministero, ai
genitori, ai parenti entro il quarto grado, al tutore e al curatore speciale e può essere
impugnata (ossia richiesta una sorta di rivisitazione della prima pronuncia) davanti alla
Corte di Appello (il secondo grado di giudizio), sezione per i minorenni, da queste stesse
parti entro 30 giorni dalla notificazione.
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GLI EFFETTI
Con la pronuncia dello stato di adottabilità:
• viene sospesa la responsabilità genitoriale dei genitori;
• il giudice nomina un tutore al minore, stante l’intercorsa sospensione della re-
sponsabilità genitoriale dei genitori.
LA REVOCA
Lo stato di adottabilità cessa:
• per adozione;
• per il raggiungimento della maggiore età dell’adottando;
• se viene meno lo stato di abbandono e non si è già provveduto all’affidamento
preadottivo.
AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
Affidamento preadottivo → è quel periodo di prova che viene disposto dal tribunale
durante il procedimento di adozione, una volta che sia stata prescelta una coppia di
affidatari e prima che sia emanata la sentenza definitiva di adozione, al fine di valutare
la compatibilità tra la coppia prescelta dal tribunale ed il minore. L’affidamento prea-
dottivo ha la durata di un anno ed è prorogabile di un ulteriore anno nell’interesse del
minore.
COSA DEVE FARE UNA COPPIA DI CONIUGI CHE INTENDA ADOTTARE UN MINORE
Deve presentare domanda presso il tribunale per i minorenni, formulata su moduli nor-
malmente forniti dalla cancelleria adozioni dei tribunali stessi.
La domanda di adozione si sostanzia in una dichiarazione di disponibilità ad adottare
un bambino abbandonato dai propri genitori e dichiarato adottabile dal tribunale, spe-
cificando anche se vi è la disponibilità ad adottare più fratelli o minori handicappati.
Va presentata in carta semplice, accompagnata da alcuni documenti tra i quali, ad
esempio:
• certificato di nascita dei richiedenti;
• stato di famiglia;
• dichiarazione di assenso all’adozione da parte dei genitori dei coniugi o in caso
di decesso, il certificato di morte;
• certificato del medico di base che attesti la buona salute di entrambi i coniugi;
• modello 101 (certificazione dei redditi di lavoro che rilascia il datore di lavoro al
lavoratore) o dichiarazione dei redditi o busta paga;
• certificato del Casellario giudiziale dei richiedenti;
• dichiarazione che attesti lo stato di non separazione dei coniugi;
• alcuni esami clinici (per attestare la buona salute complessiva dei futuri genitori);
• certificazione di sana costituzione psicofisica accertata da struttura pubblica, da
cui risulti l’esclusione di affezioni TBC, veneree, cardiovascolari ed HIV.
A seconda del tribunale presso il quale si presenta la domanda i documenti che la
corredano possono variare, sarà dunque opportuno che si acquisiscano informazioni
prima di inoltrarla. Una coppia può presentare più domande anche successive a più
tribunali per i minorenni, purché ne dia comunicazione a tutti i tribunali. La domanda
decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.
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PROCEDIMENTO ADOZIONE
Il tribunale per i minorenni, una volta ricevuta la domanda della coppia:
1. dà avvio alle indagini da concludersi entro 120 giorni (prorogabili sino ad altri 120
giorni) con l’aiuto dei servizi socioassistenziali per verificare:
o la sussistenza dei requisiti di età;
o la sussistenza dei requisiti di stabilità del rapporto tra i coniugi;
o la possibilità di dare precedenza all’adozione di minori di età superiore ai
5 anni o con handicap;
o la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica,
la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i loro motivi;
2. sceglie, in base alle indagini effettuate, tra le coppie che hanno presentato do-
manda, la coppia maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del mi-
nore;
3. dispone l’audizione del pubblico ministero, degli ascendenti (i genitori) dei richie-
denti, del minore che ha compiuto i 12 anni e anche del minore di età, in consi-
derazione della sua capacità di discernimento;
4. dispone l’affidamento preadottivo alla coppia prescelta, determinando le mo-
dalità dell’affidamento con ordinanza, acquisendo il consenso del minore di 14
anni per la coppia prescelta;
5. comunica l’ordinanza al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore;
6. vigila sul buon andamento dell’affidamento preadottivo, avvalendosi del giudice
tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali, e adottando i provvedimenti che
si rendano necessari in caso di difficoltà nel rapporto di convivenza tra gli affida-
tari ed il minore;
7. decorso un anno dall’affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che ha
compiuto i 12 anni e anche il minore di età, in considerazione della sua capacità
di discernimento, il pubblico ministero, il tutore, coloro che abbiano svolto attività
di vigilanza e sostegno (assistenti sociali e psicologi) e i figli dei coniugi adottanti,
se maggiori di 12 anni, provvede con sentenza decidendo di fare luogo o non
fare luogo all’adozione. In caso di adozione, il minore che abbia compiuto gli
anni 14 deve dare il suo espresso consenso nei confronti della coppia prescelta;
e tutto ciò anche nel caso in cui, durante un prolungato periodo di affidamento,
il minore sia dichiarato adottabile e sussistano i requisiti previsti per l’adozione e
la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare;
8. la sentenza viene notificata al pubblico ministero, agli adottanti, e al tutore del
minorenne, i quali possono proporre impugnazione dinanzi alla sezione per i mi-
norenni della Corte di Appello (secondo grado di giudizio) entro 30 giorni dalla
notifica. La Corte di Appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento, pro-
nuncia sentenza che viene notificata alle parti le quali possono proporre ricorso
entro 30 giorni alla Corte di Cassazione (terzo ed ultimo grado di giudizio), solo in
un caso specifico previsto dalla legge, ovvero in caso di violazione o falsa appli-
cazione di norme di diritto.
• assume il cognome della famiglia della madre adottiva se l’adozione viene di-
sposta a favore della moglie separata;
• cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia d’origine, salvi i divieti matrimo-
niali;
• qualunque attestazione di stato civile (es. certificato di nascita, certificato di ma-
trimonio) riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del
nuovo cognome e con l’esclusione a qualsiasi riferimento di paternità o mater-
nità del minore;
• l’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o
privato, autorità o pubblico ufficiale, debbono rifiutarsi di fornire notizie, informa-
zioni, certificati, estratti e copie dai quali possa risultare il rapporto di adozione,
salvo autorizzazione espressa dell’autorità giudiziaria;
• le informazioni riguardanti l’identità dei genitori biologici (coloro che hanno
messo al mondo il figlio) possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti
la responsabilità genitoriale dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i mi-
norenni, solo se sussistano gravi e comprovati motivi;
• l’adottato può, raggiunta l’età di 25 anni, accedere ad informazioni che riguar-
dano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici;
• l’adottato può, raggiunta la maggiore età, accedere ad informazioni che riguar-
dano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici, solo se sussistono gravi
e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica, previa istanza presen-
tata al tribunale per i minorenni.
L’USUFRUTTO LEGALE
LA NOZIONE E LA DISCIPLINA
Art. 324 c.c. → i genitori, che esercitano la potestà, hanno in comune l’usufrutto sui beni
del figlio.
Art. 327 c.c. → il genitore, che esercita da solo la potestà, è il solo titolare dell’usufrutto.
L’attribuzione per legge dell’usufrutto ai genitori risponde all’esigenza di assicurare che i
beni del minore vengano usati per soddisfare, non i bisogni egoistici del minore, ma le
esigenze della famiglia. Per questo motivo, la posizione del genitore è diversa da quella
dell’usufruttuario, anche se essi si trovano sottoposti agli stessi obblighi (inventario, cu-
stodia, manutenzione, e amministrazione delle cose). I frutti percepiti devono essere
utilizzati per il mantenimento della famiglia e per l’istruzione e l’educazione dei figli, e
non possono essere espropriati dai creditori dei genitori per soddisfare coattivamente il
debito che il creditore conosceva essere stato contratto per scopi estranei ai bisogni
familiari.
Art. 326 c.c. → l’usufrutto non costituisce un vero e proprio diritto reale di godimento,
per questo motivo non è alienabile, non può essere oggetto di pegno, ipoteca, espro-
priazione.
Sono esclusi dall’usufrutto:
- beni acquistati dal figlio con il guadagno del suo lavoro;
- beni donati al figlio o lasciati in eredità per intraprendere una carriera, arte,
ecc…;
- beni donati al figlio o lasciati in eredità a patto che i genitori non ne avessero
l’usufrutto;
- beni donati al figlio o lasciati in eredità che sono stati accettati nell’interesse del
figlio, contro la volontà dei genitori che esercitano la potestà.
Art. 329 c.c. → cessata la potestà, cessa anche l’usufrutto legale e i genitori che conti-
nuano a godere dei beni devono restituire soltanto i frutti esistenti nel momento in cui
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gli venga richiesto di riconsegnarli. Questo non vale nel caso in cui il figlio abbia confe-
rito ai genitori, un mandato di amministrazione o il figlio abbia fatto opposizione.
LE DONAZIONI
CONTENUTO E FORMA
Donazione → è il contratto con il quale una parte (donante) per spirito di liberalità ar-
ricchisce l'altra (donatario), disponendo a favore di questa di un suo diritto o assu-
mendo verso la stessa un'obbligazione (art. 769).
Il contratto di donazione deve essere redatto a pena di nullità tramite atto pubblico
(art. 782) con la presenza di due testimoni (art. 48 l. not.).
In via eccezionale la donazione di modico valore che ha ad oggetto mobili si perfe-
ziona per effetto della semplice consegna. La modicità deve essere valutata anche in
rapporto alle condizioni economiche del donante (art. 783).
CAPACITÀ
Si distingue:
❖ capacità di donare → per le persone fisiche si richiede la piena capacità di di-
sporre dei propri beni (art. 774).
La natura strettamente personale della donazione non consente il ricorso all'isti-
tuto della rappresentanza legale (art. 777, 1° comma) o volontaria. Sono tuttavia
consentite:
a) con le forme abilitative richieste, le liberalità in occasione di nozze a fa-
vore dei discendenti dell’interdetto o dell’inabilitato;
b) la donazione a favore di un individuo che il terzo sceglierà tra più per-
sone designate dal donante o appartenenti a determinate categorie,
oppure a favore di una persona giuridica tra quelle indicate dal donante
stesso;
c) la donazione avente per oggetto una cosa che il terzo determinerà tra
più res indicate dal donante o entro i limiti di valore dal donante stesso
stabiliti (art. 778).
Le persone giuridiche (lucrative e non lucrative) possono stipulare contratti di do-
nazione nei limiti ammessi dagli atti costitutivi.
❖ capacità a ricevere → non ci sono limiti particolari (la donazione può, peraltro,
essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito, oppure a vantaggio dei
figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione, benché non
ancora concepiti).
La donazione a favore di più donatari s'intende fatta per parti uguali, salvo che dall'atto
risulti una diversa volontà.
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OGGETTO
La donazione può avere ad oggetto il trasferimento di un diritto o l'assunzione di un
obbligo anche di fare.
È vietata la donazione di beni futuri, salvo che si tratti di frutti non ancora separati. La
norma tace riguardo alla donazione di cosa altrui.
Il donante può riservarsi l'usufrutto della cosa donata. In tal caso la donazione ha uni-
camente ad oggetto la nuda proprietà.
Il donante può riservarsi la facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella dona-
zione o di una determinata somma sui beni donati.
Non costituisce donazione la liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o
secondo gli usi. Ad esempio, la somma — di modesta entità (c.d. mancia) — data al
cameriere di un ristorante è sottratta alla disciplina in esame.
LE DONAZIONI RIMUNERATORIE
Rientrano nello schema della donazione anche la c.d. donazione remuneratoria.
L’art. 770, 1° comma, indica tre specie di donazione remuneratorie:
a) la donazione fatta per riconoscenza, ossia per gratitudine verso il beneficiato a
causa di un'azione da questi compiuta prima della donazione stessa, o per la
promessa di un comportamento futuro;
b) la donazione fatta per meriti del donatario (ad esempio, dono a Caio la somma
di dieci mila euro per i suoi successi sportivi, scientifici, etc.);
c) la donazione fatta spontaneamente (nullo iure cogente) a titolo di rimunerazione
di un servizio ricevuto o promesso.
LA DONAZIONE OBNUZIALE
Donazione obnuziale → è fatta con riguardo a un determinato futuro matrimonio, sia
dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi o dei figli nascituri
da questi. La particolarità di tale liberalità consiste in ciò, che si è perfezionata senza
bisogno di accettazione, sebbene non produca effetto (affiorano i tratti della condi-
zione sospensiva) finché non segua il matrimonio (art. 785, 1° comma).
INADEMPIMENTO E GARANZIE
Il donante, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'eseguire la donazione, è respon-
sabile esclusivamente per dolo o per colpa grave (art. 789).
Il donante è inoltre tenuto a garantire il donatario dall'evizione nei casi stabiliti nell'art.
797:
a) se ha espressamente promesso la garanzia;
b) se l'evizione dipende dal dolo oppure dal fatto personale di lui;
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LA REVOCAZIONE
La donazione può essere revocata (artt. 800 ss.):
A. per ingratitudine;
B. le cause d'ingratitudine sono enumerate nell'art. 801. Il termine e la legittimazione
ad agire sono disciplinati nell'art. 802;
C. per sopravvivenza di figli (anche se già concepiti al momento della donazione)
o di discendenti del donante.
LE DONAZIONI INDIRETTE
Lo scopo liberale di arricchire un’altra parte si può raggiungere in via diretta, con il con-
tratto di donazione, oppure, in via indiretta, cioè avvalendosi di contratti che hanno
una causa propria diversa da quella liberale.
Un caso particolare è il negotium mixtum cum donationem, che si realizza in caso di
vendita di un bene a un prezzo decisamente inferiore al valore della cosa. La giurispru-
denza prevalente qualifica tale fattispecie come un negozio indiretto.
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LEGGE APPLICABILE
In particolare, l'istante d'apertura della successione è decisivo al fine di stabilire la
legge applicabile: la successione stessa è disciplinata dalla legge vigente in detto
momento.
a) tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione
(art. 462, 1° comma). Si presume (iuris tantum) concepito al tempo dell'apertura
della successione chi è nato entro trecento giorni dalla morte del de cuius (art.
462, 2° comma).
b) il nascituro non concepito figlio di una determinata persona vivente al tempo
della morte del testatore (art. 463, 3° comma).
L'art. 463 contiene un elenco tassativo di casi la cui concretazione implica l'esclusione
dalla successione per indegnità.
L'indegno rientra nella categoria di soggetti che non possono accettare l'eredità.
Il diritto di accettare spetta ai suoi discendenti, salvo che, in ipotesi di vocazione
testamentaria, sia stata prevista la sostituzione ordinaria (art. 688).
DELAZIONE DELL’EREDITA’
LIBERTÀ TESTAMENTARIA
La persona capace d'agire (art. 591) è libera, tramite testamento, di prestabilire
l'assetto del proprio patrimonio per il tempo in cui avrà cessato di vivere.
La libertà è:
- espressione dell'autonomia negoziale in materia di negozi mortis causa (art. 587);
- assoluta, perché si esprime non solo nella pars costruens, ma anche in funzione
destruens essendo sempre legittimato il testatore a ritornare sui suoi passi
modificando o revocando le disposizioni antecedenti sino al momento della
morte (art. 679).
LA DISEREDAZIONE
Tesi 1
A parere del diritto giudiziale e di parte della letteratura giuridica, il diseredato deve
essere equiparato all'erede il quale non possa accettare, con la consequenziale
entrata in scena della rappresentazione (artt. 467 ss.).
Tesi 2
In senso opposto è stato osservato che la diseredazione non può tollerare la
rappresentazione ex artt. 467 ss. in quanto manca un'antecedente chiamata con
effetti attributivi.
LA SUCCESSIONE LEGITTIMA
Il nostro sistema conferisce priorità alla successione testamentaria. Se manca in tutto o
in parte un testamento valido entra in scena la disciplina sulla successione legale (o
legittima).
Quest'ultima successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado (art. 572, 2°
comma).
Il codice prevede una disciplina dettagliata per quanto riguarda l'ordine gerarchico.
In proposito le categorie di successibili (c.d. legittimati) sono:
1) da non confondere con i c.d. legittimari a cui spetta la quota di riserva garantita
dalla legge
2) ad essi sono equiparati i figli adottivi;
3) la quota che in caso di successione testamentaria o ex lege deve sempre essere
garantita ai c.d. legittimari (coloro che per legge hanno tale diritto);
4) la quota disponibile è quella di cui il testatore può disporre liberamente. La quota
di riserva è quella garantita dalle norme in tema di successione necessaria ai
legittimari.
- Coniuge → può succedere:
a) da solo (art. 583);
b) in concorso con i figli (art. 581);
d) oppure in concorso con ascendenti fratelli o sorelle del de cuis (art. 582);
- figli a condizione che siano vivi o concepiti al momento della successione (art. 567);
- ascendenti legittimi nelle ipotesi previste dagli artt. 568 e 569;
- fratelli o sorelle germani o unilaterali del de cuius → Possono succedere:
a) da soli o in concorso tra loro (art. 570);
b) in concorso con genitori o ascendenti del de cuius (art. 571);
c) in concorso con il coniuge superstite del de cuius (art. 582);
- altri parenti in linea collaterale più remoti (art. 572);
- lo Stato (art. 568).
Si tratta di un limite previsto sia per la successione testamentaria, sia per la successione
legittima.
La c.d. quota di riserva (o legittima) è complementare alla quota disponibile e varia in
base alla tutela offerta dalla legge alle categorie di legittimari (art. 536). I legittimari
sono:
a) coniuge;
b) figli;
c) ascendenti;
d) discendenti dei figli che succedono per rappresentazione ex art. 467.
Il legittimario leso o pretermesso può impugnare il negozio di ultima volontà tramite
l'azione di riduzione per ottenere quanto gli spetta a titolo di legittima.
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Ciò si spiega alla luce della regola racchiusa nell'art. 561: gli immobili restituiti per effetto
della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario possa
averli gravati, salvo il disposto dell'art. 2652, n. 8.
Se così, il creditore del donatario è disincentivato ad accettare una garanzia reale su
una cosa donata stante il rischio di «purgazione» discendente dall'accoglimento della
domanda di riduzione.
Lo stato delle cose che è stato descritto, è stato rimodulato dalla variazione apportata
agli artt. 561 e 563.
A seguito dell’intervento legislativo del 2005 le norme citate prevedono che:
a) i pesi e le ipoteche conservano la propria efficacia qualora la riduzione sia stata
proposta dopo vent'anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso
l'obbligo del donatario di compensare tramite denaro i legittimari a causa del
minor valore dei beni, purché la suddetta domanda sia stata trascritta entro dieci
anni dall'apertura della successione (art. 561, 1° comma);
b) la sentenza che accoglie la domanda del legittimario non è opponibile ai terzi
che abbiano comprato l'immobile dal donatario ove siano trascorsi vent'anni
dalla trascrizione della liberalità lesiva dei diritti del legittimario medesimo.
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IL PATTO DI FAMIGLIA
Il patto di famiglia consente che l'attività d'impresa individuale o societaria sia
esercitata da quello dei discendenti che ne abbia effettivo interesse contro il rischio di
frazionamenti che possono derivare dallo scioglimento della comunione ereditaria
conseguente al passaggio generazionale di tale attività (artt. 768-bis ss.).
Il contratto richiede la forma pubblica a pena di nullità e alla sua stipula devono
partecipare non soltanto gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni sociali ma
anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse
la successione nel patrimonio dell'imprenditore (art. 768-quater, 1° comma).
Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri
partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento
di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli artt. 536 ss. o in natura
ove convenuto dai contraenti.
Qualora l’asse ereditario sia costituito di passività l'istituito può premunirsi non
accettando oppure accettando con beneficio d'inventario (sì da circoscrivere la
responsabilità per i debiti nei limiti dell’eredità).
Ciò spiega la ragione per cui l'erede risponde dei debiti giacché ha acquistato (per
volontà espressa o tacita) il patrimonio oggetto di vocazione in toto o pro quota.
All'inverso, il legatario non risponde dei debiti ereditari.
LE VOCAZIONI ANOMALE
Le vocazioni anomale (o speciali) sono così definite perché si allontanano dalle regole
di diritto comune sull’attribuzione del patrimonio ereditario in base:
a) al vincolo di parentela (successione suppletiva);
b) all'eventuale atto di autonomia privata di ultima volontà (testamento);
c) oppure alla disciplina in tema di diritti dei legittimari.
Sono altresì nulli ai sensi dell'art. 458 i patti dispositivi e rinunciativi aventi ad oggetto i
diritti relativi a una successione futura ed altrui.
Con i primi si fa riferimento ai negozi inter vivos con cui il disponente trasferisce o si
obbliga a trasferire l’eredità a un terzo.
I secondi hanno ad oggetto la rinunzia a diritti derivanti da una successione non ancora
aperta.
LA FIDUCIA TESTAMENTARIA
Quando il testatore abbia disposto (tramite atto di ultima volontà) di una cosa
determinata a vantaggio della persona beneficiata, prende forma l'istituto della
fiducia testamentaria (art. 627) nel caso in cui tale persona si sia impegnata in virtù di
accordo tra vivi a ritrasferire l'attribuzione patrimoniale mortis causa al terzo favorito
(impropriamente definito come «erede segreto»).
Questi è tuttavia sfornito del diritto a esigere l'esecuzione della promessa fiduciaria, la
quale integra gli estremi dell'obbligazione naturale perché soltanto la spontanea
attuazione dell'incarico per opera dell'«interposto» (erede o legatario) non incapace
assicura il definitivo acquisto del bene al destinatario finale.
L'ACQUISTO DELL'EREDITA’
RATIO LEGIS
L'attribuzione patrimoniale mortis causa a titolo universale presuppone, di massima,
l'adesione del chiamato, che si esprime nell'atto di accettazione (art. 459).
Diversamente, il legato si acquista senza bisogno di accettazione, fatta tuttavia salva
la facoltà di rinunziare.
Al fine di impedire che il patrimonio rimanga per un certo periodo senza titolare,
l'accettazione produce effetti ex tunc, a decorrere dall'apertura della successione.
Quando più eredi sono stati istituiti con uno stesso testamento (c.d. congiunzione
verbale) nell'universalità dei beni, senza determinazione di parti o in parti uguali, anche
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se determinate (c.d. congiunzione reale), e uno di essi non possa o non voglia
accettare la sua parte si accresce agli altri. Inoltre, se più eredi sono stati istituiti in una
stessa quota, l'accrescimento ha luogo a favore degli altri istituiti nella quota
medesima. In tema di successione a titolo particolare basta la congiunzione reale (art.
675). L'intera disciplina sull'accrescimento di cui agli artt. 674 ss. si fonda sul presupposto
della vocazione testamentaria, tuttavia trova applicazione anche in caso di vocazione
intestata.
d) Se non interviene l'accrescimento, la porzione dell'erede mancante si devolve agli
eredi legittimi, e la porzione del legatario mancante va a profitto dell'onerato.
IL DIVIETO DI FEDECOMMESSO
Fuori dell'ipotesi di fedecommesso assistenziale, la sostituzione fedecommissaria è nulla.
Con la sostituzione fedecommissaria succedono l’uno dopo la morte dell’altro due
chiamati in ordine successivo: il primo ha l’obbligo di conservare i beni ricevuti dal
testatore e di consegnarli alla sua morte al sostituito che assume la qualità
dell’usufruttuario. La norma sanziona la sostituzione ma non l'attribuzione al primo
istituito, la quale è implicitamente considerata valida.
IL DIVIETO DI ALIENAZIONE
Il testo originario dell'art. 692, ult. comma, dettava una regola ferrea, a mente della
quale era nulla «ogni disposizione con la quale il testatore proibisce all'erede di disporre
per atto tra vivi o per atto di ultima volontà dei beni ereditari».
Questa disposizione è stata abrogata dalla legge di riforma del diritto di famiglia. Ne
consegue che, anche in materia successoria, vale la regola di diritto patrimoniale
comune.
L'ACCETTAZIONE DELL'EREDITÀ
L'ACCETTAZIONE PURA E SEMPLICE
ACCETTAZIONE PURA E SEMPLICE E CON BENEFICIO
L'eredità può essere accettata:
a) puramente e semplicemente → quando l’accettante subentra in tutti i rapporti
attivi e passivi del de cuius. Ne consegue che egli risponde illimitatamente dei
debiti ereditari, anche con il proprio patrimonio personale.
b) con il beneficio d'inventario (art. 470).
In questa ipotesi l'erede da un lato risponde entro i limiti dell'attivo ereditario, dall'altro
conserva verso l'eredità tutti i diritti e gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli
che si sono estinti per effetto della morte (art. 490).
L'accettazione è un negozio giuridico tra vivi, unilaterale e non recettizio. Esso è
irrevocabile. L'accettazione non è un atto personale, potendo essere altresì
perfezionata tramite il rappresentante legale o volontario.
L'accettazione dell'eredità si può impugnare quando sia effetto di violenza o di dolo
(art. 482), ma non già per errore (art. 483). Ciò perché tramite il beneficio d'inventario il
chiamato può cautelarsi di fronte al rischio d'errore sulla consistenza patrimoniale.
PRESCRIZIONE
Il diritto di accettare l'eredità si prescrive in dieci anni.
Il termine decorre dal giorno dell'apertura della successione e, in caso d'istituzione
condizionale, dal giorno in cui si verifica l'evento futuro e incerto. Il termine non corre
per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e
successivamente il loro acquisto ereditario sia venuto meno.
Allo scopo di evitare lo stato di incertezza in merito alle sorti della delazione la
disposizione adesso esaminata consente a chiunque abbia interesse di chiedere la
fissazione tramite l'actio interrogatoria di un termine per l'esercizio del diritto a pena di
decadenza (art. 481).
L'INVENTARIO
La dichiarazione di accettazione deve essere preceduta o seguita dall'inventario, cioè
dalla predisposizione del verbale di cui all'art. 775 c.p.c., per mano del notaio o del
cancelliere.
Se la dichiarazione di accettazione beneficiata è già stata inserita nel registro delle
successioni: la data di ultimazione dell'inventario deve, entro il mese successivo, essere
annotata nello stesso.
Se l'inventario sia stato compiuto precedentemente alla dichiarazione beneficiata: la
data dovrà essere menzionata nella stessa.
Il codice prevede discipline diverse a seconda che il chiamato si trovi o meno nel
possesso dei beni ereditari.
GLI EFFETTI
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L'accettazione con beneficio d'inventario produce anzitutto una serie di effetti in capo
all'erede. In particolare, egli:
1) conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto,
tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
2) non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni
a lui pervenuti;
3) quando paga i debiti ereditari con denaro proprio è legalmente surrogato nei
diritti del creditore soddisfatto;
4) la prescrizione dei rapporti giuridici obbligatori che intercorrano tra lui e l'eredità
beneficiata è sospesa;
5) può esperire l'azione di riduzione anche contro coloro che non abbiano la
qualità di coeredi.
LA LIQUIDAZIONE INDIVIDUALE
L'erede può inoltre procedere al pagamento dei creditori e dei legatari di somma a
man mano che essi si presentino. Pertanto, chi si presenta per primo può
eventualmente esaurire il patrimonio, lasciando gli altri creditori o legatari insoddisfatti.
Tuttavia, l’erede deve accordare ai creditori e ai legatari stessi un periodo di un mese,
decorrente dalla trascrizione della dichiarazione di accettazione, ovvero dalla
registrazione della data di compimento dell'inventario, a seconda che l'accettazione
sia stata ad esso precedente o successiva, entro il quale è consentito loro di provocare
coattivamente la liquidazione concorsuale del patrimonio (sempre che l'erede non
abbia deciso di ricorrervi spontaneamente), tramite la notifica di un atto unilaterale
recettizio, denominato «opposizione», da compiersi in qualunque forma quindi anche
verbalmente.
LA LIQUIDAZIONE CONCORSUALE
Sia in caso di opposizione dei creditori e legatari ex art. 495, sia nell’ipotesi in cui la
procedura concorsuale sia attivata spontaneamente dall’erede (art. 503), quest’ultimo
deve, a mezzo di un notaio del luogo di apertura della successione, invitare i creditori
e i legatari a presentare, entro un termine stabilito dal notaio stesso, e non inferiore a
trenta giorni, le dichiarazioni di credito.
Da questo momento, i creditori e i legatari non possono promuovere azioni esecutive,
poiché ciò si rivelerebbe non compatibile con una procedura liquidatoria concorsuale
destinata ad assicurare il rispetto del pari trattamento dei creditori, anche se si consente
di procedere in quelle già avviate.
Scaduto il termine per la presentazione delle dichiarazioni di credito l'erede, assistito dal
notaio, può procedere alla liquidazione delle attività ereditarie, facendosi autorizzare
dal tribunale: i creditori saranno collocati in modo che sul ricavato si soddisfino anzitutto
quelli assistiti da cause legittime di prelazione, poi quelli chirografari.
Lo stato di graduazione, così formulato, costituisce titolo esecutivo azionabile sia sui
beni dell'eredità sia su quelli personali dell'erede.
I creditori e i legatari che non hanno presentato tempestivamente la dichiarazione di
credito possono ottenere il soddisfacimento delle loro pretese soltanto concorrendo tra
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loro su ciò che residua una volta soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello stato di
graduazione.
L'azione è soggetta a prescrizione triennale che decorre dal momento in cui lo stato di
graduazione è divenuto definitivo ovvero da quando sia divenuta definitiva la sentenza
che pronunzia sui reclami.
L'erede che ometta di compiere alcune delle operazioni del procedimento di
liquidazione concorsuale dell'eredità incorre nella decadenza dal beneficio
d'inventario.
L’eventuale causa di decadenza intervenuta dopo la scadenza del termine ex art. 495
per presentare le dichiarazioni di credito consente a ciascuno dei creditori o dei
legatari di ottenere dal tribunale del luogo di apertura della successione la nomina di
un curatore che provveda a liquidare il patrimonio ereditario al posto dell'erede.
LA PETIZIONE DI EREDITÀ
LA PETIZIONE D'EREDITÀ
Il chiamato, dopo aver accettato l'eredità, può domandare il riconoscimento della
propria qualifica di erede contro chiunque possieda in tutto o in parte beni ereditari a
titolo di erede o senza titolo, al fine di ottenerne la restituzione (art. 533 ss.).
Legittimati attivi:
❖ erede;
❖ chiamato-delato (che diviene erede dopo aver proposto l’azione);
❖ acquirente l’eredità;
❖ in via surrogatoria gli aventi causa dell’erede.
Legittimati passivi → possessori o detentori di beni ereditari senza titolo o a titolo di
erede.
È un’azione universale e assoluta (diversamente dalla rivendicazione) perché si rivolge
contro chiunque possiede beni ereditari; è personale.
È imprescrittibile salvi gli effetti della usucapione (art. 533, 2° comma).
IL TESTAMENTO
L'UNIPERSONALITÀ
Il testamento è il negozio giuridico unilaterale di ultima volontà, sempre revocabile, con
il quale il testatore dispone in tutto o in parte del proprio patrimonio con effetto dalla
sua morte.
Le disposizioni testamentarie possono essere patrimoniali o a contenuto
extrapatrimoniale (come, ad esempio, il riconoscimento del figlio naturale ex art. 254,
1° comma).
È un atto strettamente personale e riservato.
Ha natura non recettizia in quanto si perfeziona senza la partecipazione del
beneficiario.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui sia stata data esecuzione alle
disposizioni testamentarie.
Gli artt. 596 ss. prevedono cause particolari d'incapacità a ricevere per testamento
imputabili alla particolare posizione in cui si trova il beneficiario, la quale rischia di non
rendere pienamente libera la determinazione del disponente.
LA PUBBLICAZIONE
Chiunque sia in possesso di un testamento deve presentarlo a un notaio per la
pubblicazione, appena ha notizia della morte del testatore.
Il codice disciplina la pubblicazione del testamento segreto e olografo negli artt. 620
ss.
La pubblicazione del testamento pubblico è invece regolata dalla lg. notarile
1326/2014.
La pubblicazione non è richiesta ai fini della validità del testamento. Sennonché, la
mancata pubblicazione non permette di domandare al giudice la condanna alla sua
esecuzione.
L'azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza, del
dolo o dell'errore.
È rilevante anche il motivo:
1. l'errore sul motivo è causa di annullamento della disposizione testamentaria
quando il motivo stesso risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato
l'interessato a disporre (art. 624 2°comma);
2. il motivo illecito rende nulla la disposizione testamentaria quando risulta dal
testamento ed è il solo che ha determinato il testatore a disporre (art. 626).
Il beneficiario della disposizione in discorso è un'entità (l'anima) che, non avendo una
propria individualità, appare quindi priva di capacità giuridica. Tuttavia, l'art. 629
supera tale ostacolo riconoscendo la validità della clausola in esame purché siano
determinati i beni o possa essere determinata la somma da utilizzare a siffatto scopo.
È applicabile la regola espressa nell'art. 648: di conseguenza, per l'adempimento
dell'onere è legittimato ad agire qualsiasi interessato (l'interesse può essere pietistico,
morale o religioso), compreso il ministro di culto cui spetta la celebrazione della funzione
pro-anima.
IL MODO
L'onere (o modus) testamentario (art. 647) è un comando imposto dal disponente a
carico dell'erede (anche legittimo) o del legatario (il quale ultimo, tuttavia, ne
risponderà entro il valore di quanto ricevuto) che si sostanzia in una prestazione di fare,
dare o non fare generante una limitazione del beneficio patrimoniale correlato all'atto
di ultima volontà.
L'onere impossibile o illecito si considera come non apposto; rende tuttavia nulla la
disposizione se ne ha costituito il solo motivo determinante.
Per l'adempimento dell'onere può agire chi ha interesse (art. 648, 1° comma), entro
l'ordinario termine di prescrizione.
L'autorità giudiziaria può pronunciare la risoluzione della disposizione testamentaria se
ciò è stato previsto dal testatore o se l'adempimento dell'onere ha costituito il solo
motivo determinante della disposizione stessa (art. 648, 2° comma). L’onerato
inadempiente è inoltre tenuto al risarcimento del danno.
Per quanto riguarda il termine di adempimento, ove il testatore nulla abbia sul punto
disposto, le corti propendono per l'inapplicabilità del principio quod sine die debetur
statim debetur3.
“Ciò che è dovuto senza data, è dovuto immediatamente”.
I LEGATI
NOZIONE DI LEGATO
Quando oggetto della disposizione testamentaria sia una cosa specifica l'acquisto che
ne consegue è a titolo particolare e non già universale, fermo restando che
l'assegnazione di oggetti specificamente individuati integra gli estremi della vocazione
universale ove la partizione in natura sia illustrativa dell'intento di realizzare il riparto per
quote.
L'obbligo di prestare il legato ricade sugli eredi. Il testatore può tuttavia porre la
prestazione del legato a carico soltanto di alcuni eredi o di uno o più legatari (in tale
ultimo caso si parla di sublegato). Gli onerati rispondono in proporzione della rispettiva
quota, salvo che il testatore abbia disposto altrimenti (art. 662, 1º comma).
postumo, legittimato o adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio nato fuori dal
matrimonio (art. 687, 1° comma).
Detta revocazione ha luogo quantunque il figlio sia stato concepito al tempo del
testamento (2° comma).
La revocazione non ha invece luogo qualora il testatore abbia provveduto al caso che
esistessero o sopravvenissero figli o discendenti da essi (3° comma).
Se i figli o discendenti non vengono alla successione per premorienza del discendente,
rinunzia o indegnità, e non si fa luogo a rappresentazione, la disposizione ha il suo
effetto (4° comma).
La norma trae la propria ragion d'essere da una regola empirica, che dà credito alla
presunzione secondo cui la conoscenza del fatto attualmente sconosciuto o non
programmato — tenuto conto della sua incidenza sui valori costitutivi della persona —
rappresenta un fattore normalmente capace di modificare la volizione del dichiarante.
L'ESECUTORE TESTAMENTARIO
FUNZIONI
Il testatore per assicurare che le sue volontà siano esattamente eseguite può nominare
un esecutore (art. 703).
L'esecutore, ove abbia accettato l'incarico, amministra il patrimonio ereditario
nell'interesse dei chiamati. In particolare:
a. ha il potere di compiere tutti gli atti di gestione necessari alla tutela del
predetto interesse;
b. gli atti di straordinaria amministrazione devono essere autorizzati dal
tribunale, sentiti gli eredi (art. 703, 4° comma);
c. l'esecutore, salva diversa volontà del testatore, deve prendere il possesso
dei beni relitti (art. 703, 2° comma) ed ha la rappresentanza processuale,
durante la gestione, del patrimonio ereditario (art. 704).
DESIGNAZIONE
L'esecutore è nominato tramite atto di ultima volontà. L'art. 701 ammette che l'ufficio di
esecutore possa essere ricoperto dall'erede o legatario. L'accettazione della nomina a
esecutore o la rinunzia deve risultare da dichiarazione fatta nella cancelleria del
tribunale nella cui giurisdizione si è aperta la successione.
ANNULLAMENTO E RESCISSIONE
A. Annullamento → la divisione può essere annullata quando sia effetto di dolo o
violenza salva l’eccezione prevista dall’ art. 768 (art. 761).
B. Rescissione → ciascuno dei condividenti può impugnare la divisione quando provi
di essere stato leso oltre il quarto (art. 763).
Il coerede contro il quale è proposta domanda di rescissione può impedirne
l'accoglimento offrendo il supplemento della porzione ereditaria, in danaro o in
natura, ancorché in questo secondo caso i beni offerti debbano provenire dal
compendio ereditario (art. 767).
La rescindibilità della divisione può essere esclusa pattiziamente e può essere sanata
tramite convalida.
Il vittorioso esperimento dell'azione determina il ripristino della comunione ereditaria, sì
che sarà possibile procedere a una nuova divisione con una nuova stima dei beni.
L'EVIZIONE
I coeredi sono vicendevolmente responsabili per l'evizione derivante da causa
anteriore al perfezionamento della divisione e per le molestie conseguenti alle pretese
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giuridiche avanzate sui beni loro assegnati da terzi, che ne impediscono il pacifico
godimento (art. 758).
Il coerede evitto può così ottenere da ciascuno degli altri condividenti il versamento di
una somma di denaro (non di beni ereditari) sufficiente a reintegrare la perdita patita,
stimata all'epoca dell'evizione.
La garanzia può essere esclusa dalle parti nella divisione oppure con atto successivo,
e non c'è ragione di pretendere che la clausola sia espressa. L'insolvenza di uno dei
condividenti tenuto all'esborso si ripartisce tra tutti gli altri (art. 759, 2° comma).
La disciplina generale sulla cessione del credito prevede espressamente che il cedente
debba garantire al cessionario l'esistenza del credito non l'esecuzione della prestazione
da parte del debitore ceduto, se non esista una contraria pattuizione (art. 1267).
Quando viceversa il credito sia assegnato in sede divisoria a uno dei condividenti, la
garanzia si estende oltre la semplice esistenza del credito, facendo invece gravare sulla
massa dei coeredi anche il rischio per l'inadempimento del ceduto, sempre che
l'insolvenza di questo non sia sopravvenuta al perfezionamento della divisione (art. 760,
1° comma).
LA DIVISIONE TESTAMENTARIA
Efficacia analoga a quella di cui si è appena discorso deve riconoscersi alla divisione
fatta dal testatore, ai sensi dell'art. 734.
Quando la divisione operata dal testatore non comprenda tutti i beni compresi nell'asse
(circostanza che potrà verificarsi molto frequentemente in pratica, specie quando il
testamento risalga a un periodo assai remoto rispetto alla morte) si procede
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LA COLLAZIONE
IL FONDAMENTO E I SOGGETTI CHE VI SONO TENUTI
In base all’art. 737 il coniuge, i figli legittimi, legittimati, naturali e adottivi, e i loro
discendenti legittimi e naturali, quando concorrano alla successione, «devono»
conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione
direttamente o indirettamente, ancorché soltanto obbligatoria, salvo che ne siano stati
dispensati dal defunto (art. 737).
L'OGGETTO
Sono interessate dal fenomeno collatizio tutte le attribuzioni gratuite realizzate per
spirito di liberalità (art. 809), ancorché non inquadrabili nella nozione di donazione
delineata nell'art. 769 c.c., e pure se si tratti di donazioni di modico valore o manuali, o
di donazioni fatte in considerazione dei meriti del donatario o per speciale
remunerazione.
Non rientrano invece nella collazione i legati e le liberalità che si è soliti fare in
occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi: esse, tra l’altro, non
costituiscono donazione per espressa previsione dell'art. 770.
Molto controverso è stabilire se nell'ipotesi di acquisto di un immobile con denaro
proprio del disponente, ed intestazione ad altro soggetto, vada conferito il bene
acquistato o il denaro utilizzato per l'acquisto.
L'art. 741 assoggetta a collazione ciò che il defunto ha speso a favore dei suoi
discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio:
➢ per avviarli all'esercizio di un'attività produttiva o professionale;
➢ per soddisfare premi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a loro favore;
➢ per pagare i loro debiti.
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Per quanto riguarda il coniuge occorre però rammentare che le assegnazioni liberali
sono escluse dal conferimento qualora risultino di modico valore, secondo l'art. 738.
Non è dovuta collazione di ciò che si è conseguito per effetto di società contratta senza
frode tra il defunto e alcuno dei suoi eredi, se le condizioni sono state regolate con atto
di data certa (art. 743).
L'art. 768-quater esclude tuttavia da collazione quanto ricevuto dai contraenti nel caso
in cui si sia concluso un «patto di famiglia».
Resta escluso da collazione anche il bene mobile o immobile perito per causa non
imputabile al donatario (art. 744).
L'ATTUAZIONE E LA PUBBLICITÀ
La collazione può realizzarsi:
1. in natura → rendendo materialmente alla massa ereditaria il bene ricevuto in
donazione;
2. per imputazione → addebitando alla propria quota ereditaria il valore del bene
ricevuto.
La collazione di beni immobili si fa o in natura o per imputazione, a scelta di chi
conferisce.
In caso di mancata scelta tra il conferimento in natura e quello per imputazione, i
coeredi possono chiedere al giudice la fissazione di un termine entro il quale il donatario
deve deliberare.
Se l’immobile è stato ipotecato o alienato, la collazione si fa soltanto per imputazione.
La collazione per imputazione di un bene immobile si fa avuto riguardo al valore
dell’immobile al tempo della successione (art. 747).
La collazione di mobili si fa soltanto per imputazione, sulla base del valore che essi
avevano al tempo di apertura della successione.
Il coerede, se deve conferire danaro, dovrà prelevarne una minore quantità dall'asse:
se la donazione supera il valore del denaro tuttora rinvenibile, potrà versarne altro ai
coeredi, o versare l'equivalente in titoli di Stato alla quotazione del giorno di apertura
della successione; diversamente si vedrà costretto a subire il prelevamento, a opera
dei coeredi, di mobili e immobili ereditari in proporzione alle rispettive quote.
Pertanto, a differenza di ciò che accade per il conferimento dei mobili, la collazione
del denaro donato può avvenire anche in natura, tramite versamento di denaro o titoli
di Stato nella massa ereditaria: ciò, tuttavia, soltanto nell'ipotesi in cui il denaro
rinvenibile nell'asse risulti non sufficiente.
LA TRASCRIZIONE
IL COMPIMENTO DELLA FORMALITÀ E I SUOI EFFETTI
Ci sono ipotesi nelle quali la trascrizione non produce l'effetto tipico di risolvere il conflitto
tra più aventi causa da uno stesso autore (art. 2644), ma è richiesta ad altri fini: tra
queste c’è la trascrizione dell'accettazione di eredità e del testamento ai sensi dell'art.
2648.
La trascrizione disposta dall'art. 2648, 1° comma, chiede anzitutto all'erede o al
legatario di curare la trascrizione degli atti (a causa di morte) che comportino l'acquisto
della proprietà, la costituzione, il trasferimento o la modifica di diritti reali limitati su beni
immobili (o mobili registrati) e non serve agli effetti dell'art. 2644 (inidonea pertanto a
risolvere i conflitti tra erede e legatario ovvero tra erede o legatario ed aventi causa
dal de cuius, mirando soltanto a preservare la continuità delle trascrizioni).
Procedimento di trascrizione:
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