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CAPITOLO VIII

LA PERSONA FISICA

SEZIONE I
LA SOGGETTIVITÀ E LO STATO CIVILE

1. LA SOGGETTIVITÀ E LA CAPACITÀ GIURIDICA.

A. Ogni persona vivente è soggetto di diritto: la «soggettività» è un valore intangibile e


immutabile, preesistente a ogni altra regola giuridica.

B. La capacità giuridica è conseguenza della soggettività e descrive semplicemente


l'attitudine della persona vivente ad assumere la titolarità di diritti e obblighi giuridici
(più in generale la titolarità di situazioni soggettive).

- Si acquista con la nascita (è il fatto giuridico del distacco del feto dal grembo materno
con l'inizio della respirazione polmonare) e si perde con la morte (consiste invece nella
cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo).

- E’ governata dai principi costituzionali previsti negli artt. 2, 3 e 22 della Costituzione.

- L’ordinamento riconosce alcuni diritti a favore del:


1. Concepito → può quindi succedere a causa di morte (art. 462) e può ricevere per
donazione (art. 784). L’effetto traslativo si perfezionerà con la nascita.

2. Nascituro non concepito → può ricevere per testamento o per donazione, purché
sia figlio di persona vivente al momento della morte del de cuius nel primo caso
(art. 462, 3° comma) o al momento della donazione nel secondo (art. 784, 1°
comma).

2. LO STATO CIVILE DELLA PERSONA.

- Lo status indica la posizione della persona in una collettività di individui.

- La funzione di dare pubblicità ai fatti o agli atti che determinano l'inizio e la fine di un
certo status, è oggi avocata definitivamente dallo Stato.

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Gli atti di stato civile assolvono a una duplice funzione:
1. forniscono nel processo la prova precostituita degli atti o dei fatti da cui lo status
dipende fino a querela di falso.

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Essi hanno una funzione diversa dall’anagrafe della popolazione residente.
1
2. Fuori dal processo, invece, assolvono a una funzione pubblicitaria di tipo
dichiarativo, cioè rendono conoscibili i fatti documentati ai terzi, consentendo
loro di ispezionarli.

3. LA PARENTELA E L'AFFINITÀ.

- La «parentela» è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite.


L'«affinità» indica invece il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro (ad esempio il
vincolo tra la moglie e i suoceri o i cognati) (art. 78).

La parentela e l'affinità si distinguono per la linea:
a) «diretta», quando un soggetto discende direttamente dall'altro (come accade tra
il padre e il figlio o tra il nonno e il nipote) oppure, trattandosi di affinità,
quando la relazione riguarda il genitore e colui (o colei) che ne ha sposato il
figlio (o la figlia) (suocero e nuora, suocera e genero);

b) «collaterale», nell'ipotesi inversa, quando cioè il vincolo riguarda due soggetti


che abbiano in comune soltanto uno stipite (ad esempio il fratello e la sorella,
che hanno in comune i genitori, o i cugini, che hanno in comune il nonno),
ovvero, trattandosi di affinità, il legame che unisce i cognati.

- Il grado misura l'intensità del vincolo parentale o d'affinità e si computa:


a) sommando le singole generazioni quando la parentela o l'affinità siano dirette;
b) risalendo allo stipite comune e contando le generazioni in senso ascendente
prima e discendente poi (senza contare lo stipite stesso), ove siano collaterali.

4. LA DIMORA, LA RESIDENZA E IL DOMICILIO.

- La «dimora» è il luogo ove la persona si trova a soggiornare in un certo momento


purché non si tratti di una sosta fuggevole o brevissima.
Dato il suo naturale carattere transitorio non esistono strumenti pubblicitari dai quali si
può individuare.

- Quando la dimora assuma il carattere della abitualità si parla di «residenza» (art. 43,
2° comma). Essa invece risulta dall'anagrafe della popolazione residente.

- Il «domicilio» indica la località ove la persona ha effettivamente la sede principale dei


suoi interessi personali, familiari, sociali o patrimoniali (art. 43, 1° comma).

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- Il minore ha il domicilio laddove la sua famiglia o il suo tutore hanno la residenza. Se
i genitori non hanno la stessa residenza egli ha il domicilio del genitore con il quale
convive (art. 44, 2° comma). L'interdetto ha il domicilio dove risiede il tutore (art. 44,
3° comma).

In questi casi si parla di «domicilio legale», poiché esso non si determina in relazione al
luogo dove i soggetti hanno i loro interessi ma trovasi fissato una volta per tutte dalla
legge.

- Il «domicilio speciale o elettivo» è quello che una persona ha designato in forma


scritta per determinati atti o affari con un atto negoziale unilaterale.

5. LA SCOMPARSA E L'ASSENZA.

- Quando una persona non sia più comparsa nel suo ultimo domicilio o nella sua
ultima residenza, e non se ne abbiano più notizie, chiunque vi abbia interesse, il
pubblico ministero o i presunti successori legittimi possono chiedere al tribunale
indicato all'art. 48:
a) di nominare un «curatore speciale» che rappresenti lo scomparso2
b) e di dare i provvedimenti opportuni per conservarne il patrimonio.

- Se siano passati almeno due anni dal giorno in cui risale l'ultima notizia, i presunti
successori legittimi e chiunque creda ragionevolmente di avere sui beni dello scomparso
diritti dipendenti dalla morte di lui, possono domandare al tribunale di dichiararne
l'«assenza» (art. 49 e 722 ss. c.p.c.).

 Nel momento in cui la sentenza diventa eseguibile (artt. 729 e 730 c.p.c.):
a) Coloro che sarebbero eredi testamentari o legittimi, se l'assente fosse
morto nel giorno a cui risale l'ultima notizia di lui, possono domandare di
essere temporaneamente immessi nel possesso dei beni;
b) i legatari, donatari e tutti coloro ai quali spetterebbero diritti dipendenti
dalla morte di lui possono chiedere di poterli esercitare, sempre
temporaneamente:
c) quanti sarebbero liberati da obbligazioni per effetto della morte
dell'assente possono ottenere di essere provvisoriamente esonerati
dall'adempierle, salvo che si tratti di obbligazioni alimentari.

 Se lo scomparso ritorna o comunque se ne prova l'esistenza in vita, gli effetti


dell'assenza cessano automaticamente e i possessori temporanei devono
restituire i beni.

 Se durante il possesso temporaneo si prova invece la morte dell'assente, la


successione si apre a vantaggio di coloro che al momento della morte erano suoi

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Il curatore speciale non è necessario ove sia presente un rappresentante legale.
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eredi o legatari: i possessori temporanei devono quindi consegnare i beni a
costoro (art. 57).

6. LA MORTE PRESUNTA E LA COMMORIENZA.

Il pubblico ministero e coloro che si trovano indicati all'art. 50 possono chiedere al


tribunale di dichiarare la «morte presunta» della persona scomparsa della quale non
si abbiano notizie da almeno dieci anni o quando siano trascorsi i periodi di tempo
stabiliti all'art. 60 (non è necessario che si sia proceduto a dichiarare l'assenza dello
scomparso).

 Nel momento in cui la sentenza diventa eseguibile si apre la successione a causa
di morte.

 Quando se ne provi l'esistenza in vita o quando faccia ritorno nella sua


residenza o nel suo domicilio, lo scomparso dichiarato presuntivamente morto:
a) recupera i beni nello stato in cui si trovano;
b) gli spetta il prezzo dei beni che siano stati alienati;
c) e può esigere l'adempimento delle obbligazioni considerate estinte, se
non si siano prescritte.
Inoltre, il matrimonio contratto dal coniuge dello scomparso è ovviamente nullo
ma ne sono salvi gli effetti civili.

Quando un effetto giuridico dipenda dalla sopravvivenza di una persona all’altra — e


non sia possibile dimostrare chi tra esse sia deceduta prima (in quanto ad esempio siano
vittime di un sinistro che le ha colpite contestualmente) — esse si considerano morte
contemporaneamente e si parla perciò di «commorienza» (art. 4).Si tratta di una
presunzione legale relativa di non sopravvivenza di una persona all’altra, in guisa che
chi vuole contestarla deve provare che una persona è sopravvissuta all’altra sia pure per
un breve periodo di tempo.

SEZIONE II
LA CAPACITÀ DI AGIRE, LA RESPONSABILITÀ GENITORIALE E LA TUTELA

7. LA MINORE ETÀ E L'INTERDIZIONE PER INFERMITÀ DI MENTE.

A. La minore età.

- La capacità di agire è l’attitudine della persona a compiere atti giuridici validi. Essa
viene riconosciuta in maniera automatica a tutti coloro che abbiano compiuto il
diciottesimo anno di età (art. 2).

- Casi in cui viene riconosciuta la capacità di agire prima della maggiore età:

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1. al compimento del quindicesimo anno di età per quanto riguarda la conclusione
del contratto di lavoro, purché siano adeguatamente tutelate la salute e
l'istruzione del minore. (art. 3 l. 17 ottobre 1967, n. 977);
2. a sedici anni il minore autore può compiere gli atti relativi alle opere
dell'ingegno da lui create ed esercitare le relative azioni (v. art. 108 l. aut.).

- Gli atti giuridici negoziali compiuti dal minore sono annullabili (art. 1425) a meno
che non abbia occultato con raggiri la sua vera età (come in caso di falsificazione della
carta d'identità).
Tuttavia, la semplice dichiarazione di avere compiuto i diciotto anni non preclude
l'impugnazione del negozio (art. 1426).

B. L’interdizione per infermità mentale

- Sottostanno ad un regime analogo a quello previsto per il minore gli atti negoziali e gli
illeciti compiuti dal maggiorenne che sia stato interdetto, perdendo così la capacità di
agire.

- L'«interdizione» è pronunciata con sentenza del tribunale su istanza dei soggetti


indicati nell’ art. 417.

- Il giudice accoglie la domanda di interdizione quando accerti, con opportuni mezzi di


prova:
a) che si trova in condizioni di abituale infermità di mente;
b) che ciò la rende incapace di provvedere ai suoi interessi;
c) che l'interdizione è necessaria per assicurarle adeguata protezione.

- Dopo l’esame dell’interdicendo il giudice nomina, con decreto, un tutore provvisorio


che lo rappresenti sino alla nomina del tutore definito, con la sentenza di interdizione.

- La sentenza d'interdizione deve essere comunicata all'ufficiale dello stato civile


per l'annotazione a margine dell'atto di nascita, in guisa da poter essere conosciuta da
chiunque vi abbia interesse (art. 423).

- All’interdetto viene nominato un «tutore» quale legale rappresentante dello stesso



 Il tutore sostituisce l’interdetto nel compimento di ogni atto negoziale e
risponde, in solido, per gli illeciti da lui compiuti (art. 2048) sempre che
l'interdetto medesimo fosse al momento del fatto capace d'intendere e di volere.

 La sentenza di interdizione può prevedere che taluni atti di ordinaria


amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento
oppure con la semplice assistenza del tutore.

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- L'interdizione è «revocata» dal tribunale quando ne siano venuti meno i presupposti,

8. L'EMANCIPAZIONE E L'INABILITAZIONE.

A. Emancipazione

- È «emancipato» il minore che, avendo compiuto i sedici anni di età, sia stato
autorizzato dal tribunale per i minorenni a contrarre matrimonio (art. 84, 2° comma).

- All’emancipato viene nominato un curatore.

- L’emancipato gode di una capacità di agire parziale:


 può compiere validamente gli atti che non eccedano l'ordinaria amministrazione;

 per la riscossione di capitali e per stare in giudizio deve essere autorizzato dal
curatore;

 per gli atti di straordinaria amministrazione — cioè quelli che siano tali da
arrecare un apprezzabile pregiudizio per il suo patrimonio (come l'alienazione
di un diritto reale o l'assunzione dell'obbligo di trasferirlo, la concessione di un
bene in pegno o in ipoteca etc.) — devono essere autorizzati dal curatore e dal
giudice tutelare o, nei casi indicati all'art. 375, dal tribunale in composizione
collegiale su parere del giudice tutelare, quando curatore non sia uno dei genitori
dell'emancipato (art. 394).

 può infine essere autorizzato dal tribunale, su parere del giudice tutelare e sentito
il curatore, ad esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore:
in tale caso può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria
amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell'impresa (art. 397).

Gli atti compiuti senza le prescritte autorizzazioni sono annullabili su istanza dei
soggetti indicato dall’art. 396.

B. Inabilitazione.

- Può essere inabilitato il maggiorenne (o il minore non emancipato durante l'anno che
precede il raggiungimento della maggiore età) .

- Può essere inabilitato il maggiorenne che sia alternativamente:


a) infermo di mente ma la sua condizione non sia tanto grave da dover far
luogo all'interdizione;
b) che esponga sé o la sua famiglia a gravi pregiudizi economici a causa
della sua prodigalità (cioè alla propensione patologica allo sperpero di
denaro: si pensi al giocatore d'azzardo incallito);

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c) esponga sé o la sua famiglia a gravi pregiudizi economici per abuso
abituale di sostanze alcooliche o di stupefacenti;
d) nonché il sordo o il cieco della nascita i quali non abbiano ricevuto una
sufficiente educazione.

- Il procedimento è del tutto analogo a quello di cui si è brevemente discorso parlando


dell'interdizione.

- L’inabilitato:
 può compiere validamente gli atti che non eccedano l'ordinaria amministrazione;

 deve avere l'assistenza (cioè l'autorizzazione) del curatore per la riscossione di


capitali e per stare in giudizio. Per compiere gli atti di straordinaria
amministrazione;

 oltre al consenso del curatore, abbisogna poi dell'autorizzazione del giudice


tutelare (cioè del tribunale in composizione monocratica) o, nei casi indicati
all'art. 375, del tribunale in composizione collegiale;

 nella sentenza che pronunzia l'inabilitazione, o in successivi provvedimenti, il


tribunale può stabilire che taluni atti eccedenti l'ordinaria amministrazione
possano essere compiuti dall'inabilitato senza l'assistenza del curatore (art. 417).

 Può, infine, essere autorizzato dal tribunale, su parere del giudice tutelare, a
«continuare» (non quindi a cominciare ex novo) un'impresa commerciale senza
l'assistenza del curatore ma l'autorizzazione può essere subordinata alla nomina
di un institore (artt. 425 e 2203).

Ogni atto negoziale eccedente l'ordinaria amministrazione, compiuto dall'inabilitato
senza le formalità prescritte, è soggetto ad annullamento su domanda dei soggetti
indicati nell’art. 427.

9. L'INTERDIZIONE LEGALE.

- Del tutto differente dagli istituti visti sin qui è invece l'«interdizione legale» alla quale
si trovano sottoposti, secondo l'art. 32 c.p. i soggetti condannati all'ergastolo o alla
reclusione per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni e sempre che la
condanna dipenda da un delitto non colposo.

Si tratta di una conseguenza automatica della sentenza penale di condanna alla quale
viene associato un ulteriore effetto afflittivo (appunto una pena accessoria) di ordine
civilistico.

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- Solamente negli atti a contenuto patrimoniale egli è rappresentato da un tutore al
quale si applicano le norme sulla tutela degli interdetti giudiziali (art. 32, 3° comma,
c.p.)
Gli atti invece che incidono su situazioni non patrimoniali (come il testamento, il
matrimonio o il riconoscimento del figlio etc.) sono, invece, perfettamente validi.

10. LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI3.

- La responsabilità genitoriale indica quella situazione giuridica in cui la doverosità


dell'agire è indirizzata alla realizzazione di un interesse che un destinatario condivide
necessariamente con la collettività.

- Per provvedere all'obbligo costituzionale di mantenere, istruire ed educare i figli


(art. 30 Cost.; artt. 315 bis ss.), i genitori vengono muniti del potere:
a) di assumere le determinazioni inerenti la cura e la vigilanza dei figli minori e la
gestione dal loro patrimonio (c.d. «profilo interno della responsabilità
genitoriale»);
b) e di compiere, quali rappresentanti legali del minore, i necessari atti giuridici,
che producono quindi tutti i loro effetti in capo a quest'ultimo (art. 320) (c.d.
«profilo esterno della responsabilità genitoriale»).

- La responsabilità genitoriale viene riconosciuta sino al raggiungimento della


maggiore età del figlio (art. 316, 1° comma).

- Con il procedimento indicato all'art. 336 (v. pure artt. 737 ss. c.p.c.), il genitore che
violi o trascuri i doveri inerenti la responsabilità genitoriale o abusi dei relativi poteri,
con grave pregiudizio per il figlio, può essere dichiarato decaduto dalla responsabilità
genitoriale con decisione del tribunale per minorenni, che può ordinare pure
l'allontanamento del figlio dalla residenza familiare o l'allontanamento del genitore o
convivente che maltratta o abusa del minore (art. 330).
Egli, che resta comunque tenuto all'obbligo di mantenimento del figlio, può essere
reintegrato nella responsabilità genitoriale quando siano cessate le ragioni per le quali
era stata pronunziata la decadenza (art. 332).

- Qualora si verifichi una condotta pregiudizievole del genitore, non così grave da
far luogo a decadenza, il tribunale per minorenni può adottare i provvedimenti più
convenienti per il minore sia in caso di violazione alla cura del minore, che in caso di
violazioni al patrimonio del minore.

- In linea generale, le decisioni riguardanti il minore devono essere concordate da


entrambi i genitori (art. 316, 2° comma). In caso di contrasto, se si tratta di questioni di
particolare importanza (ad esempio per stabilire il nome da imporre al neonato),

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Il D.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha apportate alcune modifiche in materia di filiazione. In
particolare, l’espressione «potestà dei genitori» è stata sostituita con l’espressione
«responsabilità genitoriale».
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ciascuno di essi può ricorrere al tribunale per i minorenni indicando i provvedimenti che
ritiene più opportuni.

L'esercizio congiunto della responsabilità genitoriale non comporta l'invalidità degli atti
compiuti disgiuntamente da uno dei genitori. Tuttavia, l'altro può rivolgersi al giudice ai
sensi dell'art. 316 o eventualmente anche chiedere la riduzione o la decadenza della
responsabilità genitoriale, ai sensi degli artt. 330 e 333.

- La responsabilità genitoriale comprende, come si è accennato, la «rappresentanza


legale» del figlio minore (art. 1387):
Gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da
ciascun genitore.
Diversamente, è richiesto l'esercizio congiunto del potere rappresentativo e
l'autorizzazione del giudice tutelare, che la concede soltanto se l'atto risulti di necessità
o utilità evidente per il minore. In mancanza, l'atto è annullabile su istanza dei genitori
esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio o degli eredi o aventi causa di lui (art.
322).

L’art. 320, 3°,4° e 5°comma, ne stabilisce le limitazioni pur non avendo carattere
esaustivo ma lasciando libero arbitrio all’interpretazione verificando volta per volta
l’idoneità a non compromettere il patrimonio del minore.

- Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa


responsabilità genitoriale, o tra questi e i genitori o quello di essi che esercita in via
esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare, su istanza di chiunque vi abbia
interesse, nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo
dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la rappresentanza dei figli spetta
esclusivamente all'altro genitore (art. 320, 6° comma).

Un curatore speciale deve essere nominato al figlio minore anche quando i genitori
esercenti la responsabilità non possano o non vogliano compiere uno o più atti di
interesse per il figlio, eccedenti l'ordinaria amministrazione: in tale caso la nomina
compete tuttavia al tribunale ordinario che autorizza il curatore a compiere l'atto in vece
dei genitori.

- I genitori sono coobbligati in solido con i loro figli minori per l'illecito da questi
compiuto (art. 2048).

11. LA TUTELA DEI MINORI E DEGLI INTERDETTI.

- L'art. 343 vuole che, in caso di morte dei genitori o di impossibilità ad esercitare la
responsabilità genitoriale (ad esempio perché siano stati dichiarati decaduti o siano
assenti), si debba aprire la tutela dei figli minori presso il tribunale dove essi abbiano il
domicilio.

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 Il genitore, che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale, può all'uopo
designare, con testamento, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata,
la persona che dovrà assumere il compito di tutore e di protutore.

 In caso di mancata designazione la scelta del tutore (o protutore) avviene tra gli
ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini. Se il minore ha compiuto il
sedicesimo anno di età deve essere sentito (art. 348).

 Se i minori non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o capaci di
esercitare l'ufficio di tutore, la tutela può essere deferita dal giudice a un ente di
assistenza nel comune dove ha domicilio il minore; l'amministrazione dell'ente
delega allo scopo uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela (art.
354). In questo caso non si fa luogo alla nomina del protutore (art. 355, 2°
comma).

 Nella scelta del tutore si devono, tuttavia, osservare i criteri indicati all'art. 408

- Vale la pena di ricordare che le disposizioni sulla tutela dei minori si applicano alla
tutela degli interdetti per infermità di mente (art. 424) e a quelli legali (art. 32, 3°
comma, c.p.).

- Il tutore, dopo aver prestato giuramento avanti il giudice tutelare (art. 349), assume la
cura del minore o dell'interdetto, ne amministra i beni e lo rappresenta legalmente
in tutti gli atti civili (art. 357); il protutore rappresenta invece il minore (o l'interdetto)
quando il tutore si trovi con loro in conflitto di interessi.

- Entro 10 giorni dalla notizia di nomina il tutore deve effettuare l’inventario (artt.362
ss.) del patrimonio e depositarlo in tribunale entro 30 giorni. Il giudice tutelare su
proposta del tutore delibera:
a) sul luogo ove il minore deve crescere;
b) sulla spesa annua per il mantenimento e istruzione del minore;
c) sui modi di impiego del reddito eccedente.
Nel caso in cui sia presente un’azienda commerciale provvede a richiedere al tribunale
dei minori o la continuazione o la liquidazione (art. 371)

- Il tutore, previa autorizzazione del giudice tutelare, deve poi investire i capitali del
minore in affari sicuri (acquistando ad esempio immobili ubicati in Italia o titoli di Stato
o garantiti dallo Stato, v. art. 372).

- L’art. 374 stabilisce invece le attività che possono essere effettuate previa
autorizzazione del giudice tutelare.
Per l’alienazione di beni, la costituzione di pegni e ipoteche, procedere a divisioni
transigere o compromettere in arbitri (art. 375) occorre l’autorizzazione del tribunale
ordinario, previo parere del giudice tutelare.

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- Come i genitori, non può acquistare beni e diritti del minore neppure per interposta
persona (art. 378).

- Gli atti compiuti senza l'osservanza delle prescritte formalità possono essere annullati
su istanza del tutore, del minore o degli eredi o aventi causa di lui (art. 377).

SEZIONE III

L'AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

12. IL DECRETO DI NOMINA DELL'AMMINISTRATORE.

- L'amministrazione di sostegno è stata introdotta, sull'esempio di alcune legislazioni


straniere, dalla l. 9 gennaio 2004, n. 6 per assicurare protezione alle persone che, per
effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovino
nell'impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi (art.
404).

L'istituto soltanto in parte quindi è andato a interferire con l'interdizione e
l'inabilitazione.

- Di fronte al disagio psichico va privilegiata sempre l’amministrazione di sostegno


rispetto agli altri istituti a meno che non la si ritenga, nella singola ipotesi, inadeguata ad
assicurare un'efficace protezione alla persona.

- L'amministratore di sostegno viene nominato con decreto del giudice tutelare su


ricorso del beneficiario (anche se sia minore, interdetto o inabilitato) o di coloro che
siano legittimati a chiedere l'interdizione o l'inabilitazione (v. art. 417) o ancora dei
servizi sanitari e sociali impegnati direttamente nella cura e assistenza della persona
(art. 408).

Il decreto ha un contenuto assai elastico e consente al giudice tutelare di adeguarlo
alle circostanze. Contiene le generalità della persona beneficiaria e dell'amministratore e
la durata dell'incarico (che in genere non eccede i dieci anni, v. art. 410, 3° comma)ed
indica:
a) l'oggetto dell'incarico e gli atti che l'amministratore di sostegno ha il potere di
compiere in nome e per conto del beneficiario;
b) gli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore di
sostegno;
c) i limiti, anche periodici, delle spese che l'amministratore di sostegno può sostenere
con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità;
d) la periodicità con cui l'amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa
l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.

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Inoltre, il giudice tutelare può disporre che determinati effetti, limitazioni o decadenze,
previsti per l'interdetto o l'inabilitato, si estendano al beneficiario dell'amministrazione
di sostegno (art. 411, 4° comma)

- L'amministratore di sostegno può essere designato (con atto revocabile) dallo stesso
interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto
pubblico o scrittura privata.
In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare
con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso.

- Nella scelta dell’amministratore di sostegno, il giudice tutelare deve preferire, ove


possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente,
il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado
ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o
scrittura privata autenticata.

- All'amministratore si applicano alcune norme già viste per il tutore in quanto


compatibili (art. 411).

13 GLI EFFETTI E LA CESSAZIONE.

- Il beneficiario può comunque compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze


della sua vita quotidiana e mantiene la capacità di agire per gli atti che non richiedano la
rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore (art. 409).

 Quest'ultimo, dopo aver prestato giuramento avanti il giudice tutelare, e se del
caso aver versato la cauzione, viene quindi chiamato a svolgere gratuitamente
(art. 379 richiamato dall'art. 411) i suoi cómpiti tenendo conto dei bisogni e delle
aspirazioni del beneficiario.

 In ogni caso non può prestare, in vece del beneficiario, il «consenso a ricevere
trattamenti sanitari».

 All’amministratore di sostegno, senza autorizzazione dello stesso giudice, sono


inibite particolari azioni sul patrimonio del beneficiario (v. art. 411 che richiama
gli artt. 374 e 375 anche se la competenza è sempre attribuita al giudice tutelare).

- Gli atti compiuti dall'amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di


legge, o in eccesso rispetto all'oggetto dell'incarico o ai poteri conferitigli dal giudice,
come pure gli atti compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle
disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che istituisce l'amministrazione,
possono essere annullati su istanza dell'amministratore stesso, del pubblico ministero,
del beneficiario o dei suoi eredi ed aventi causa, (art. 412, 1° e 2° comma).

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Le azioni relative si prescrivono nel termine di cinque anni, decorrente dal momento in
cui è cessato lo stato di sottoposizione all'amministrazione di sostegno (art. 412, 3º
comma).

La cessazione si verifica:
a) automaticamente con la morte del beneficiario o dell'amministratore o con la
scadenza del termine, se la nomina avvenne a tempo determinato,
b) con decreto motivato di revoca (v. art. 413) emesso dal giudice tutelare, su
istanza dell'amministratore e del beneficiario medesimi, del pubblico ministero o
di taluno dei soggetti di cui all'art. 406.

SEZIONE IV

LA TUTELA CIVILE DELLA PERSONA

14. LA TUTELA CIVILE DELLA PERSONA E I C.D. DIRITTI DELLA PERSONALITÀ.

- Ogni persona gode di certe prerogative e caratteristiche che la rendono unica e


irripetibile: molte di queste sono ritenute meritevoli di essere tutelate dalle aggressioni
che i terzi possano portarvi.

Si sono allora costruiti i c.d. «diritti soggettivi della personalità», affermandone
l'assolutezza, l'immediatezza e l'imprescrittibilità.

- Talvolta si è immaginato un unico diritto della personalità (c.d. «concezione


monistica»), che si manifesterebbe diversamente a seconda delle differenti prerogative
considerate (l'integrità fisica, il nome, il ritratto, l'onore, la reputazione etc.), mentre
altre impostazioni (dette «atomistiche»), tuttora prevalenti, hanno costruito su ciascuna
prerogativa un differente diritto, sempre più o meno atteggiato come la proprietà.

15. LA VITA E LA SALUTE.

- Benché la nostra Carta costituzionale (art. 2) non abbia ritenuto di menzionarla


espressamente la «vita della persona» non può che essere tutelata in maniera assoluta
contro qualunque aggressioni di terzi.

A parte la protezione penale e risarcitoria, si deve quindi ritenere esclusa la validità di
qualsiasi contratto o atto unilaterale diretto a rinunziarvi (c.d. «eutanasia»).
Al nascituro viene, invece, negata la titolarità piena del diritto alla vita (essendo
consentita l'interruzione volontaria della gravidanza), anche se gli vengono comunque
riconosciute speciali prerogative soprattutto nella legge sulla procreazione
medicalmente assistita.

- La «salute» è tutelata dall'art. 32 cost. anche come diritto fondamentale dell'individuo


(oltre che come interesse della collettività); l'art. 5 c.c., dal canto suo, vieta gli atti di

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disposizione di parti del proprio corpo, se possano provocare una diminuzione
permanente dell'integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine
pubblico o al buon costume.

 E’ illecita la c.d. «sterilizzazione di comodo», quando abbia carattere
irreversibile (è viceversa sempre lecita la «sterilizzazione terapeutica»).

 I «trapianti da vivente a vivente» sono sicuramente leciti per quanto riguarda il


rene, la cornea e il fegato, nei limiti in cui sono consentiti dalle leggi che li
regolano. Lo stesso dicasi per le emotrasfusioni e per il trapianto da cadavere a
vivente di organi e tessuti.

- Per quanto riguarda in particolare i trattamenti medici, l'art. 5 della Convenzione di


Oviedo prevede che un intervento nel campo della salute non possa essere effettuato se
non dopo che la persona interessata abbia dato il suo «consenso libero e informato»
sullo scopo e sulla natura dell'intervento medesimo e sulle sue conseguenze e i suoi
rischi. La persona interessata può, in qualunque momento, revocare liberamente il
proprio consenso.

16. L'INTEGRITÀ MORALE (L'ONORE, LA REPUTAZIONE E IL DECORO).

- L'onore e la reputazione indicano rispettivamente la considerazione di sé che ogni


persona ha e quella di cui gode nel consorzio sociale; il decoro è invece una
manifestazione esteriore della dignità che si apprezza nell'aspetto o nei comportamenti.

- L'art. 10 c.c. vieta l’abuso dell’immagine altrui, e vieta l'esposizione e la


pubblicazione dell'immagine di una persona quando, tra l'altro, rechino pregiudizio al
decoro o alla reputazione della persona stessa o dei genitori, del coniuge o dei figli di
questa.

- l'art. 20 l. aut. consente poi all'autore dell'opera di opporsi a qualsiasi deformazione,


mutilazione o altra modificazione, e a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possa
essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.

- L'onore e la reputazione della persona possono essere spesso compromesse dalla


libera manifestazione del pensiero e dalla libertà di stampa e dalla libera
professione delle arti.

Premesso che l'interessato può ottenere la rettifica delle informazioni inesatte trasmesse
dalla stampa e dalla televisione, per essere specificamente reintegrato del danno subito,
per quanto concerne la libertà di espressione, si ritiene che il giornalista possa
trasmettere informazioni, che pure possano attentare all'onore, al decoro o alla
reputazione della persona, quando siano:
a) socialmente utili;
b) oggettivamente vere o almeno ritenute tali in base a una ricerca seria e diligente;
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c) esposte con leale chiarezza.

17. L'IDENTITÀ PERSONALE: IL NOME.

- Il «nome» contraddistingue la persona tra i consociati.

- Esso si compone di un prenome (o nome proprio), che identifica specificamente il


soggetto nel gruppo familiare, e di un cognome che indica l'appartenenza al gruppo
medesimo (art. 6, 2° comma, c.c.).

- Il prenome viene imposto al neonato da chi effettua la dichiarazione di nascita (art.


30 ord. st. civ.), resa ai fini della formazione del relativo atto all'ufficiale dello stato
civile.

- Il bambino non può:


a) avere lo stesso prenome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi,
b) un cognome come prenome o non corrispondente al sesso (artt. 34 e 35 ord. st.
civ.);
c) prenomi ridicoli o vergognosi;
d) un prenome composto da un numero di elementi onomastici superiore a tre
(Giuseppe, Federico, Luigi.);
e) prenomi non espressi nell'alfabeto italiano (esteso alle lettere J, K, X, Y, W).

- Il cambiamento o l'aggiunta al proprio di un altro nome o di un altro cognome


avviene con decreto di concessione del prefetto (in seguito a richiesta motivata,
proposta ai sensi dell’art. 89, 2° comma, ord. st. civ.).

- Salva sempre la tutela risarcitoria per i danni eventualmente patiti, la persona può
tutelare il proprio nome con l'azione di condanna a cessare i seguenti comportamenti di
terzi (o «inibitoria»):
a) la «contestazione» del nome;
b) l'«usurpazione»;
c) l'«utilizzazione abusiva».

Le azioni a difesa del nome possono essere esperite anche da chi, pur non portando il
nome contestato o utilizzato indebitamente, abbia un interesse fondato su ragioni
familiari meritevoli di protezione, come il decoro o il prestigio della famiglia.

- L'art. 9 c.c. ammette altresì la tutela dello pseudonimo, cioè del nome di fantasia
utilizzato nello svolgimento di una certa attività.

La tutela dello pseudonimo non è consentita ai terzi per ragioni familiari, perché si tratta
di un connotato della persona.

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18. (SEGUE). L'IMMAGINE.

L'immagine di una persona può essere esposta, riprodotta, pubblicata o messa in


commercio, senza il suo consenso, soltanto in ipotesi stabilite espressamente dal
legislatore e sempre che ciò non comporti pregiudizio all'onore o al decoro.

La pubblicazione dell’immagine è ammessa senza il consenso dell’interessato se
giustificata:
a) dalla notorietà o dall’incarico pubblico ricoperto;
b) da necessità di giustizia o polizia;
c) da scopi scientifici, didattici o culturali;
d) da collegamenti a fatti, avvenimenti, cerimonie pubbliche o svoltesi in pubblico.

- La persona medesima, i genitori, il coniuge o i figli di lei possono chiedere al giudice


la condanna dei terzi a cessare ogni abuso, salvo sempre l'eventuale risarcimento del
danno (art. 10 c.c., 96 e 97, 2° comma, l. aut.).

19. LA RISERVATEZZA E LA PROTEZIONE DEI DATI.

- Nonostante il silenzio della nostra costituzione la riservatezza della persona merita


protezione in quanto diritto fondamentale della persona (art. 2 cost.), così come
confermato dagli artt. 8 Cedu (rispetto della vita privata e familiare), art. 7 Carta dir. Ue
(rispetto del domicilio) e art. 14 cost.,

- Il d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali,
disciplina la protezione dei «dati personali» ed il « trattamento » di tali informazioni
viene infatti consentito solamente col consenso espresso liberamente e per iscritto
dall'interessato che sia stato preventivamente informato ai sensi dell'art. 13 (art. 23 d.
lgs. cit.).
Non occorre il consenso nelle ipotesi espressamente indicate dall’art. 24 d. lgs. cit.

- Quando si tratti di «dati sensibili» (art. 4 lett. d d.lgs. cit.) oltre al consenso scritto si
richiede l'autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, se il
trattamento sia effettuato da privati o enti pubblici economici (art. 26 d. lgs. cit.).

- Occorre l'autorizzazione del Garante (senza il consenso dell'interessato), quando il


trattamento sia effettuato da partiti e movimenti politici o sia necessario per la
salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica di un terzo o per adempiere a
specifici obblighi o compiti previsti dalla legge per la gestione del rapporto di
lavoro (art. 26, 3° comma, lett. a, b e d d.lgs. cit.).

- In ogni caso i dati personali devono essere:


a) trattati in modo lecito e secondo correttezza;
b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi;

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c) esatti e, se necessario, aggiornati e non eccedenti rispetto alle finalità per le
quali sono raccolti o successivamente trattati (art. 11 d. lgs196 del 2003)

- Ogni persona può ottenere, mediante richiesta al titolare o al responsabile del


trattamento:
a) la conferma dell'esistenza di dati personali che la riguardano;
b) la loro comunicazione in forma intelligibile e l'aggiornamento, la
rettificazione;
c) la cancellazione, la trasformazione in forma anonima o il blocco dei dati
trattati in violazione di legge;

- Ogni individuo può opporsi per motivi legittimi al trattamento dei dati che la
riguardano (v. art. 7 d. lgs. 196 del 2003).

In difetto, può proporre ricorso al Garante che se lo ritiene fondato, ordina al titolare la
cessazione del comportamento illecito (art. 142 d. lgs. cit.).

In alternativa, l'interessato può rivolgersi al tribunale del luogo ove risiede il titolare del
trattamento, il quale, se accoglie la domanda, in tutto o in parte, prescrive le misure
necessarie e dispone eventualmente sul risarcimento del danno: il trattamento di dati
personali è considerato dall'art. 15 del d. lgs. 196 del 2003 attività pericolosa in guisa
che, come si è già detto, chi provoca danno a terzi deve risarcirlo ai sensi dell'art. 2050,
a meno che non provi di aver adottato ogni misura idonea a evitarlo.

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