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SEZIONE I
LE COSE.
1. LE COSE.
“I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritto” (art. 810).
- Cose e beni sono due modi differenti di guardare la medesima entità: le due
espressioni infatti indicano tutto ciò che non è persona e serve all'uso
dell'uomo.
- Per essere rilevanti per il diritto, le cose (o appunto beni) devono essere «idonee
ad appartenere» (e non necessariamente «appartenere») a una persona in via
esclusiva.
- Sono immobili quei beni che rivestono maggiore importanza e che sono
caratterizzati dal fatto di non poter essere occultati alla vista dei terzi (i beni
immobili sono elencati nell’art. 812, 1° e 2° comma)
- Ogni altro bene, non rientrante nell’elenco ex art. 812, 1° e 2° comma, deve
essere considerato mobile (art. 812, 3° comma).
A. Universalià di mobili
- Si parla di universalità di mobili per indicare una pluralità di diritti su cose
mobili le quali:
a) hanno un unico titolare;
b) hanno una destinazione unitaria;
c) e mantengono la loro autonomia (art. 816, 1°comma).
B. Pertinenze.
- Sono pertinenze le cose destinate, in modo durevole, a servizio od ornamento
di un’altra (c.d. principale) in base alla destinazione imposta dal proprietario
della cosa principale o dal titolare di altro diritto reale sulla medesima (art. 817).
- Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto (il diritto sulla) cosa
principale comprendono le pertinenze, salvo diversa previsione legale o
negoziale. Tuttavia, come per le universalità, le pertinenze possono comunque
formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici (art. 818, 1° e 2° comma).
C. Frutti.
- I frutti si distinguono in due categorie:
1. I frutti naturali sono quei beni derivanti direttamente da un altro
bene, a prescindere dall’eventuale opera dell'uomo.
Esempio: frutti naturali, i prodotti agricoli, la legna, etc. (art. 820, 1°
comma)
B. Beni demaniali.
- I beni demaniali si caratterizzano per essere sempre immobili o universalità di
mobili e per essere destinati a servire direttamente i bisogni della collettività.
- Si distinguono:
1. i beni demaniali necessari possono appartenere soltanto ad un ente
pubblico.
Esempio: spiagge, porti, etc. (v. art. 822, 2° comma)
2. i beni demaniali accidentali diventano demaniali quando iniziano ad
appartenere a una ente pubblico.
Esempio: strade, ferrovie, etc. (v. art. 825)
SEZIONE II
IL POSSESSO
5. IL POSSESSO E LA DETENZIONE.
Il possesso è il potere che una persona può avere su una cosa mobile o immobile,
che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di
altro diritto reale.
↓
L'esercizio del potere può avvenire «direttamente» oppure «attraverso un'altra
persona» (detta «detentore», art. 1140)
Esempio: ho il possesso di un terreno, posso dimostrarlo provando che vi accedo,
che l'ho recintato, che lo coltivo, che vi costruisco, ma anche perché lo affitto a
un terzo (detentore).
Detenzione o possesso?
Chi ha il potere sulla cosa, e lo manifesta attraverso comportamenti concreti, si considera
possessore, salvo la prova contraria (art. 1141, 1° comma).
Esempio: la prova contraria potrebbe consistere nell’esibire un contratto di locazione,
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affitto, comodato, ossia un atto negoziale da cui risulta l’attribuzione della detenzione.
C. Atti di tolleranza.
L’inizio del possesso è impedito dal fatto che i comportamenti in cui si concreta
dipendano dalla «tolleranza del possessore» (art. 1144).
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B. La successione nel possesso.
La morte del possessore non interrompe il potere di fatto sulla cosa, che continua
in capo al suo erede, anche contro la sua volontà, con i medesimi caratteri (art.
1146, 1° comma)
Vi sono ipotesi nelle quali il legislatore richiede che il «possessore sia in buona
fede» (art. 1147).
- la prova del possesso attuale non può far presumere che si sia avuto un possesso
anteriore, salvo che il possessore abbia un « titolo » (un atto giuridico valido ed
efficace) che dimostri il trasferimento del relativo diritto (art. 1143, presunzione di
possesso anteriore).
Le azioni possessorie sono rimedi giudiziari aventi come fine immediato la tutela
del possesso.
A tale azione è legittimato anche il detentore ex art. 1168, 2° comma, tranne il caso in
cui abbia la detenzione della cosa per ragioni di servizio o di ospitalità.
SEZIONE III
I DIRITTI REALI
- Alcuni vedono nel diritto reale una somma di poteri in ordine alla cosa che la
norma riconoscerebbe al titolare.
↓
Attraverso la descrizione dei poteri o facoltà che il titolare di un diritto reale può
esercitare sulla cosa, si ricava, a contrario, ciò che i terzi non possono fare sulla
medesima.
Premessa:
La proprietà si acquista, alternativamente, a:
1. A titolo originario
In questo caso si dà origine a un nuovo diritto sulle cose.
Sono modi di acquisto della proprietà a titolo originario gli acquisti a non
domino e l’usucapione.
2. A titolo derivativo
La proprietà e gli altri diritti possono essere modificati attraverso atti negoziali
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con efficacia traslativa, trasferendoli in tutto o in parte a un altro soggetto.
Usucapione e prescrizione.
L’art. 1165 estende all’usucapione le disposizioni generali dettate in materia di prescrizione, sia per
la disciplina delle cause di sospensione o di interruzione, sia per quanto concerne il computo dei
termini.
Regola generale:
ai fini dell'usucapione, il possesso deve perdurare per venti anni, quando si voglia
acquistare la proprietà o un diritto reale avente a oggetto un immobile (art. 1158),
un'universalità di mobili (art. 1160, 1° comma) o un mobile (purché il possesso
sia in mala fede, v. art. 1161, 2° comma).
- “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario ne
acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento
della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà” (art.
1153, 1° comma, c.d. principio del “possesso vale titolo”).
↓
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- Se un soggetto aliena, con successivi atti traslativi, un medesimo bene mobile,
tra gli acquirenti prevale chi per primo ha acquistato in buona fede il possesso,
anche se il titolo sia di data posteriore.
Esempio: Tizio aliena con tre atti successivi la proprietà di un bene mobile X ad
A, B e C. A, a differenza di B riceve il possesso in mala fede, conscio della
provenienza furtiva del bene X.
In questo caso, B ha acquistato a non domino, benché Tizio avesse trasferito la
proprietà su X ad A con un atto di data precedente. Gli art. 1153 e 1155
costituiscono, pertanto, in capo a B (in buona fede) un nuovo diritto rendendo
inefficace l'atto di trasferimento intervenuto tra Tizio ed A.
La regola « possesso vale titolo » non si applica ai negozi con effetti traslativi
aventi a oggetto universalità di mobili e beni mobili iscritti in pubblici registri.
Lo stesso vale per i diritti reali aventi a oggetto beni immobili.
↓
In questi casi si richiedono, oltre ai requisiti già visti (titolo idoneo, acquisto del
possesso, buona fede) ulteriori fatti, di cui si dovrà dare la prova (v. art. 1160 per
le universalità di mobili, v. art. 1162 per i beni mobili iscritti in pubblici registri e
v. art. 1159 per i beni immobili).
Sottosezione II
I fatti e gli atti modificativi ed estintivi.
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Si rimanda, in proposito, alla premessa sub. § 12.
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Sottosezione III
La proprietà
La proprietà:
si origina attraverso l'usucapione, gli acquisti a non domino e gli
ulteriori atti o fatti previsti dall’art. 922 (occupazione, invenzione,
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In questo senso si riscontra nell’art. 42, 2° comma cost. una riserva di legge.
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accessione, specificazione, unione, o commistione)
si trasferisce per contratto e successione a causa di morte.
↓
Si vedano, tuttavia, le norme eccezionali di cui agli artt. 935 e ss, in particolare i
casi un cui:
a) Le opere siano fatte dal proprietario del suolo utilizzando materiali
altrui (art. 935)
b) Le opere siano state realizzate da un terzo con materiali suoi (art.
936).
c) Le opere siano fatte da un terzo con materiali altrui (art. 937).
Accessione acquisitiva.
Nel caso in cui la pubblica amministrazione espropri un'area per realizzare un'opera
pubblica ma il procedimento espropriativo sia viziato da illegittimità, essa può, «valutati
gli interessi in conflitto », disporre che il bene sia acquisito nel proprio patrimonio
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indisponibile, corrispondendo al proprietario il valore venale del bene, maggiorato di
1/10, quale indennizzo per il danno arrecato ( art. 42-bis del d.p.r. n. 327 del 2001).
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deciderne le modalità di utilizzazione, trasformazioni o la distruzione.
- disporre significa fruire del valore di scambio del bene oggetto di proprietà.
- il diritto di godere e disporre è pieno, ossia illimitato e potenzialmente (ma non
necessariamente) perpetuo.
- l’esclusività è da intendersi nel senso che il godimento e la disposizione sono
attribuiti unicamente al titolare del diritto.
- Infine la norma prevede l’esercizio del diritto di proprietà nel rispetto dei limiti
ed obblighi stabiliti dall’ordinamento (sebbene sia qualificato come un diritto
«pieno» ed «esclusivo»).
A. Estensione verticale.
La proprietà del suolo si estende al sottosuolo con tutto ciò che vi comprende.
Il proprietario può fare qualunque escavazione o opera che non rechi danno al
vicino salvo quanto disposto dal 2° comma dell’art. 840 (art. 840).
B. Estensione orizzontale.
Il proprietario ha il potere di chiudere il fondo « in qualunque tempo » (art. 841).
Premessa:
Il legislatore del 1942 ha voluto regolare i rapporti di vicinato sostanziando una serie di
limiti alla proprietà.
Il primo di questi limiti consiste nel divieto di atti emulativi previsto dall’art. 833:
“Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o
recare molestia ad altri” (Esempio: la costruzione di un muro che ha come unico scopo
quello di togliere la visuale al vicino).
- Se non insistono costruzioni sui fondi vicini, ciascuno dei proprietari può
costruirvi dove meglio crede: chi costruisce per primo gode cioè del c.d. «diritto
di prevenzione».
In proposito il codice civile, negli artt. 874 ss. detta la relativa disciplina,
differenziando tre diverse ipotesi:
a) Il caso in cui il primo proprietario collochi l'edificio sul confine.
b) L’ipotesi in cui primo proprietario costruisca l'immobile distaccandosi dal
confine per almeno la metà della distanza minima stabilita tra le
costruzioni, cioè, a un metro e mezzo o più.
c) Infine l’ipotesi in cui il proprietario, primo costruttore, collochi l'edificio
distaccandosi dal confine in misura inferiore alla metà della distanza
minima stabilita tra le costruzioni, cioè, a meno di un metro e mezzo dal
confine (la metà di tre metri).
- Il muro di cinta e ogni altro muro isolato di altezza non superiore a tre
metri non si considera per quanto riguarda il computo delle distanze tra
fabbricati ex art. 873.
Se si trova sul confine, potrà tuttavia essere reso comune anche a scopo
d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore a tre
metri (art. 878).
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Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà nella spesa di
costruzione del muro di cinta, se serve a separare case, cortili e giardini posti
negli abitati: l'altezza, salvo differente previsione, deve essere di tre metri (art.
886). Tuttavia, il vicino può esonerarsi dal pagamento delle spese alle
condizioni di cui all’ art. 888.
- Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune sino alla sua
sommità e, se gli edifici medesimi abbiano altezze ineguali, si presume comune
sino al punto in cui uno dei due cominci ad essere più alto dell'altro (art. 880).
B. Specifiche distanze sono poi previste per i pozzi, fossi, canali, fabbriche, i
depositi nocivi o pericolosi e le piantagioni (v. artt. 889 ss.)
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28. L'USO DELLE ACQUE ESISTENTI SUL FONDO E I CONSORZI
IDRICI (cenni).
B. I consorzi.
Sono forme di comunione sulle strutture immobiliari (e relative pertinenze) che
consentono di sfruttare la risorsa idrica (come i canali con i relativi sistemi di
chiusa).
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- Gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica ed edilizia
sono subordinati al rilascio del permesso di costruire, da parte della competente
autorità comunale.
In genere, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un
contributo in favore dell’amministrazione.
- Chi agisce deve provare l'atto o il fatto giuridico che ha originato il diritto
vantato, dimostrando non soltanto di aver acquistato il diritto da un precedente
titolare ma anche che il diritto di quest’ultimo trova un valido titolo in un
precedente acquisto, così via fino all’originario proprietario (c.d. probatio
diabolica).
Tuttavia, poiché è necessario risalire ad un acquisto a titolo originario, è
sufficiente che il rivendicante provi l’avvenuto acquisto del diritto per
usucapione, avvalendosi delle regole ex artt. 1142 ss.
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Il detentore può tuttavia ottenere di essere estromesso dal giudizio indicando il possessore per il
quale sta esercitando il potere di fatto (c.d. laudatio auctoris): lo si arguisce dall’art. 1586, 2°
comma, dettato in tema di locazione.
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31. (Segue). LA NEGATORIA, IL REGOLAMENTO DI CONFINI E
L'APPOSIZIONE DI TERMINI.
Sottosezione IV
I diritti reali di godimento
- Si costituisce alternativamente:
per contratto o per testamento
per usucapione, oppure, attraverso gli acquisti a non domino.
- Si costituisce alternativamente:
tramite usucapione o acquisti a non domino
per contratto o testamento
automaticamente (quando sussistano le condizioni previste all'art. 324)
attraverso una sentenza (nell'ipotesi prevista all'art. 194, 2° comma)
mediante riserva: si verifica quando il proprietario trasferisce ad altri la
nuda proprietà della cosa, mantenendo per sé ciò che corrisponde al
contenuto del diritto di usufrutto.
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La durata minima sancita dall’art. 958, 2° comma si considera implicitamente abrogata.
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a) La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario se si
tratta di persona fisica, oppure, i trent’anni in caso di persona giuridica.
b) l'usufrutto può avere a oggetto qualunque cosa.
c) come già ricordato, l’usufruttario è tenuto a mantenere la destinazione
economica del bene oggetto del diritto (pur potendo apportare
miglioramenti e addizioni nel rispetto di tale limite5)
d) è ammesso il sub-usufrutto (ossia l’usufruttuario può costituire un nuovo
usufrutto sul suo diritto).
Quasi usufrutto.
Se usufrutto ha ad oggetto cose consumabili, l’usufruttuario ha diritto di servirsene e
l’obbligo di pagarne il valore al termine dell’usufrutto, secondo la stima convenuta (art.
995).
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In questi casi, al termine del rapporto, l’usufruttuario ha il diritto a un’indennità per i miglioramenti
apportati (art. 985), e quello di asportare le eventuali addizioni se ciò non altera il bene (salvo che il
proprietario preferisce ritenerle pagando un’indennità all’usufruttuario ex art. 986, 2° comma).
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consolidazione
perimento della cosa (per ulteriori approfondimenti v. artt. 1016 ss.)
quando, con sentenza costitutiva, si accerti che l'usufruttuario «abbia
abusato» del suo diritto, alienando i beni, deteriorandoli o lasciandoli
perire per non aver eseguito le riparazioni ordinarie che gli competono
(per ulteriori approfondimenti v. art. 1015).
A. Uso.
L’uso attribuisce alla persona fisica che ne sia titolare il diritto di usare una
cosa, mantenendone la destinazione economica. L'appropriazione dei frutti è
tuttavia limitata a ciò che occorre ai suoi bisogni e a quelli della sua famiglia.
(art. 1022).
B. Abitazione.
L'abitazione è una sottospecie di uso che attribuisce al titolare il diritto di
abitare una casa, con le sue pertinenze, limitatamente ai bisogni suoi e delle
sua famiglia (art. 1022).
↓
Con riferimento ad entrambi:
- per l’estensione della nozione di famiglia si veda l’art. 1023.
- si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative all’usufrutto
(art. 1026).
Sottosezione V
La servitù
38. LA NOZIONE.
Caratteristiche:
Vicinanza fondi, da intendersi in senso relativo: non è necessario che i
fondi siano effettivamente vicini, a condizione che uno possa recare
vantaggio all’altro.
Appartenenza dei fondi a diversi proprietari.
Servitus in faciendo consistere nequit, tantum modo in patiendo, aut in non
faciendo: salvo eccezioni, non si ammette che il titolare del fondo servente possa
essere tenuto a adempiere un obbligo di facere per la regola “la servitù non può
consistere in un facere ma piuttosto nel sopportare (pati) o nel non facere”.
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Tuttavia, la legge o il titolo possono comunque imporre al titolare del fondo
servente di eseguire le opere necessarie per rendere possibile l’esercizio della
servitù (c.d. prestazioni accessorie, v. art. 1030).
Esempio: nel contratto costitutivo della servitù di non piantare sul fondo
servente alberi d'alto fusto che impediscano l'irraggiamento solare del fondo
dominante, potrebbe essere imposta la potatura dei rami delle altre piante.
L’utilità:
L'utilità che il fondo dominante deriva dal fondo servente può essere di qualunque
tipo, in particolare:
può essere anche di tipo non economico (art. 1028, 1° periodo) .
Esempio: la maggiore godibilità estetica del fondo dominante attraverso una
servitù di non asfaltare un cortile (fondo dominante).
l'art. 1028 (2° periodo) precisa che l'utilità può anche essere inerente alla
destinazione industriale del fondo.
Infine, il vantaggio può anche essere futuro.
Esempio: derivo acqua dal fondo vicino per somministrarla al fabbricato da
edificare.
Sono dette volontarie le servitù concesse dal titolare del fondo servente al titolare
del fondo dominante, alternativamente:
con il testamento,
con contratto, che dovrà essere tuttavia stipulato in forma scritta (art.
1350, n. 4) e sarà soggetto a trascrizione (art. 2643, n. 4).
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41. LE SERVITÙ COATTIVE.
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A tal proposito merita ricordare che la Corte costituzionale, con sentenza additiva del 10 maggio 1999,
n. 167, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale ultima previsione, nella parte in cui non prevede
che il passaggio coattivo di cui al primo comma dell'art. 1052 possa essere concesso dall'autorità
giudiziaria, quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità — di cui alla
legislazione relativa ai portatori di handicap — degli edifici destinati a uso abitativo
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servitù varia il giorno da cui inizia a decorre la prescrizione (si veda in proposito l’art.
1073).
A. Modifica.
La servitù può essere modificata con il contratto o con il testamento o
eventualmente con sentenza ma non può essere ceduta separatamente dal fondo.
E’ necessario precisare che nel caso in cui il titolare del fondo dominante tragga
un'utilità minore rispetto a quella indicata dal titolo, tale esercizio non modifica la
servitù, consentendo di conservarla per intero (Esempio: il contratto di
costituzione prevede una servitù di passaggio con veicoli, che viene, tutavia,
esercitata solamente passando a piedi) (art. 1075).
Il titolare del fondo dominante può chiedere che si accerti con sentenza
l'esistenza e la consistenza della servitù contro chi ne contesti l'esercizio, con
l'eventuale condanna a far cessare le turbative e la rimessione in pristino delle
opere (azione confessoria servitutis) (art. 1079).
In genere, i titolari dei fondi sono liberi di stabilire i contenuti delle servitù.
Tuttavia, a causa dell'enorme rilievo che la risorsa idrica riveste, sono state
dettate una serie di regole che descrivono il contenuto dettagliato di alcune
servitù in materia di acque, anche se le parti possono liberamente derogarvi.
↓
Si tratta in particolare:
a) Servitù di presa (o di derivazione) d’acqua (artt. 1080 ss.)
Il titolare della servitù di presa può prelevare acqua dal fondo
servente, con opere o manufatti, per condurla al suo fondo e utilizzarla
a fini domestici, agricoli o industriali (art. 1080).
b) Servitù attiva degli scoli (artt. 1094 ss.)
Consiste nel diritto di ricevere le acque colaticce (o appunto scoli) dal
fondo superiore che se ne sia servito (che è considerato quindi
servente).
c) Servitù degli avanzi d'acqua.
E’ simile alle servitù attiva degli scoli ma impegna il fondo, che riceve
da un altro una certa quantità d'acqua per un determinato uso, a
restituirla al concedente o a un terzo (i fondi dominanti) nella misura
che avanza (art. 1097).
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SEZIONE IV
LA COMUNIONE, IL CONDOMINIO E LA MULTIPROPRIETÀ
Sottosezione I
La comunione
- È possibile che sulla medesima cosa sussistano una pluralità di diritti reali di
identico contenuto (che a loro volta possono anche trovarsi a coesistere con altri
diritti reali di contenuto differente).
Esempio: la proprietà sulla cosa X viene trasferita a Tizio, Caio e Sempronio per
successione inter vivos (si pensi al caso in cui Tizio, Caio e Sempronio sono
appassionati di vela e acquistano insieme una barca) o a causa di morte (il
testatore lascia un suo terreno alla moglie Mevia e al figlio Filano). Può accadere
che Tizio, Caio e Sempronio concedano a loro volta in usufrutto la barca al signor
A o che Mevia e Filano concedano il fondo loro legato in enfiteusi al signor B.
↓
Ogni partecipante (o compartecipe o comunista) è titolare di una quota.
Le quote a) si presumono uguali b) in proporzione a queste si ripartiscono i
vantaggi e i pesi (ossia i debiti) della comunione (art. 1101).
↓
La regola sub b) è derogabile: si possono così attribuire a un compartecipe tutti i
debiti, lasciando i vantaggi agli altri, o viceversa.
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dalla delibera 7 , impugnarla davanti all'autorità giudiziaria, chiedendone
l'annullamento, ove sussista uno dei vizi indicati nell’art. 1109.
b) Se il bene è indivisibile la comunione non può essere sciolta (art. 1112). Tale
previsione va tuttavia interpretata in modo restrittivo: non rileva, infatti, la
divisibilità oggettiva del bene.
Esempio: l’automobile è indivisibile ma è possibile comunque procedere a
divisione, ad esempio, vendendo l’auto a un terzo e suddividendo il ricavato.
Sottosezione II
Il condominio di edifici
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Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata l’avvenuta
deliberazione (art. 1109, 2° comma).
8
La divisione ha luogo in natura se la cosa può essere comodamente divisa in parti
corrispondenti alle quote dei partecipanti (art. 1114).
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- La contitolarità del diritto di proprietà sulle cose nasce quando il proprietario
esclusivo dell’intero edificio trasferisce ad altri la proprietà di un alloggio.
Inoltre, ogni condòmino non può disporre della quota sulla parti condominiali
separatamente dalla proprietà del suo appartamento, salvo il consenso degli altri.
Sono, tuttavia, previste alcune regole particolari, derogabili dal titolo negli artt.
1124-1126.
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53. LA GESTIONE DELLA COSA COMUNE E LE DELIBERAZIONI
DELL'ASSEMBLEA.
- Gli organi che si occupano della gestione delle cose condominiali sono
l’assemblea dei condòmini e l'amministratore9.
- Come per la comunione, ogni condòmino può, in ogni momento, far accertare la
nullità delle delibere con
a) oggetto illecito o impossibile e b) quelle assunte senza le maggioranze
prescritte.
A. L’amministratore.
- L'amministratore è quella persona fisica o giuridica, nominata per un anno
dall'assemblea con la maggioranza per teste e per valore dell'edificio, stabilita
all'art. 1136, 4° comma.
B. Il regolamento.
- A differenza di quanto accade nella comunione ordinaria, nel condominio di
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La nomina del quale è obbligatoria nei condomini con più di quattro partecipanti (art. 1129).
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edifici l'adozione del regolamento da parte dell'assemblea (con la maggioranza
stabilita all'art. 1136, 2° comma) è facoltativa soltanto se i condòmini sono meno
di dieci (c.d. regolamento assembleare).
Diversamente ciascun condomino può agire giudizialmente al fine di ottenere una
sentenza che lo predisponga (c.d. regolamento giudiziale) (art. 1138, 2° comma).
Spesso il regolamento viene invece predisposto dal costruttore del fabbricato
(inizialmente proprietario unico) e accettato dai singoli acquirenti degli alloggi
nei singoli contratti con i quali viene loro trasferita la proprietà (c.d. regolamento
esterno).
- Esso contiene le norme sull'uso delle cose comuni, sulla ripartizione delle
spese, quelle relative all'amministrazione e alla tutela del decoro dell'edificio.
- Può essere impugnato entro trenta giorni con ricorso al giudice e diversamente
ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli condòmini (art. 1107,
richiamato dall'art. 1138, 3° comma).
Sottosezione III
Il supercondominio e la multiproprietà
55. LA NOZIONE.
A. Supercondominio.
- Si ha un «supercondominio» quando i proprietari di alloggi ubicati in differenti
edifici (non quindi in piani diversi dello stesso edificio) hanno in comune alcune
tra le parti comuni indicate all’art. 1117.
Esempio: le case a schiera.
B. Multiproprietà.
- La «multiproprietà» consente a più persone di pernottare a rotazione nel
pernottamento in uno o più alloggi, di regola ubicati in località di villeggiatura o
in città d'arte (art. 69 lett. a c. cons.).
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SEZIONE V
LE OBBLIGAZIONI PROPTER REM E GLI ONERI REALI
56. LA NOZIONE.
1aTesi
Secondo alcuni, l'obbligazione propter ius si distingue dall'onere reale, poiché
solamente nel primo caso la titolarità del credito sarebbe a sua volta collegata
intrinsecamente col diritto reale.
Chi sostiene questa tesi, riscontra una obbligazione propter rem, ad esempio,
nell'obbligo di riparazione del muro comune (art. 882), o ancora nell’obbligo dei
partecipanti alla comunione di contribuire alle spese necessarie per la
conservazione della cosa (art. 1104), etc.
2aTesi
Altri, invece, individuano quale elemento di distinzione tra onere reale e
obbligazione propter ius, il fatto che la prestazione dovuta, nel primo caso, abbia
per oggetto denaro o altre cose di genere e l'immobile del debitore si trovi
vincolato al soddisfacimento del credito.
Chi opta per questa interpretazione prone quale esempio l’art. 860.
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