Sei sulla pagina 1di 33

CAPITOLO II

LE COSE, IL POSSESSO E I DIRITTI REALI.

SEZIONE I
LE COSE.

1. LE COSE.

“I beni sono le cose che possono formare oggetto di diritto” (art. 810).

- Cose e beni sono due modi differenti di guardare la medesima entità: le due
espressioni infatti indicano tutto ciò che non è persona e serve all'uso
dell'uomo.

Gli animali nel Codice Civile.


Se ciò che non è persona è per il diritto civile cosa (o bene) allora anche gli animali vivi
vanno considerati « cose ». Per questo alcune legislazioni straniere (come il § 90a BGB
o l'art. 641a cod. civ. elvetico) prevedono che gli animali «non sono cose».

- Per essere rilevanti per il diritto, le cose (o appunto beni) devono essere «idonee
ad appartenere» (e non necessariamente «appartenere») a una persona in via
esclusiva.

- Si possono classificare in:


1. Corporali e incorporali
- Cose corporali, si caratterizzano per avere una loro esistenza autonoma
nella realtà e, in quanto tali, possono essere apprezzate con i sensi.

- Cose incorporali o immateriali, invece, sono entità capaci di arrecare un


beneficio solamente nella realtà giuridica, e perciò metafisica.
Esempi: i diritti soggettivi, le opere dell'ingegno.

2. Cose fungibili e infungibili.


- Le cose si definiscono fungibili se, sul piano giuridico, possono
considerarsi in sostanza identiche e per questa ragione sono suscettibili di
essere sostituite indifferentemente le une con le altre.
Esempio: il denaro.

- Sono, invece, infungibili quei beni che non possono essere


indifferentemente sostituiti con altri.
Esempio: quadro d’autore.

3. Cose consumabili e inconsumabili.


- Sono consumabili le cose mobili che non possono essere usate senza
consumarsi in senso fisico.
1
Esempio: il combustibile, i prodotti alimentari, il denaro.

- Le sono inconsumabili quando possono essere riutilizzate pur potendosi


deteriorare.
Esempio: un vestito, un fondo.

2. (Segue). GLI IMMOBILI, I MOBILI E I MOBILI ISCRITTI IN


PUBBLICI REGISTRI.

- Sono immobili quei beni che rivestono maggiore importanza e che sono
caratterizzati dal fatto di non poter essere occultati alla vista dei terzi (i beni
immobili sono elencati nell’art. 812, 1° e 2° comma)

- Ogni altro bene, non rientrante nell’elenco ex art. 812, 1° e 2° comma, deve
essere considerato mobile (art. 812, 3° comma).

- All'interno della categoria dei beni mobili va, tuttavia, ritagliato un


sottoinsieme: quello dei beni mobili iscritti in pubblici registri che comprende le
navi, gli aeromobili e gli autoveicoli (art. 815 c.c.).

3. (Segue) LE RELAZIONI TRA DIRITTI SULLE COSE:


UNIVERSALITA’, PERTINENZE E FRUTTI.

A. Universalià di mobili
- Si parla di universalità di mobili per indicare una pluralità di diritti su cose
mobili le quali:
a) hanno un unico titolare;
b) hanno una destinazione unitaria;
c) e mantengono la loro autonomia (art. 816, 1°comma).

- Le universalità di mobili, intese nella loro unitarietà, possono formare oggetto di


atti e rapporti giuridici. Tuttavia le singole cose che compongono l’universalità
di mobili mantengono la loro attitudine a formare oggetto di separati atti e di
separati rapporti giuridici (art 816, 2° comma).

- Esempi : il gregge, la pariglia di cavalli, la biblioteca (non, invece, l'eredità (art.


588) e l'azienda (art. 2555) poiché non contengono necessariamente soltanto beni
mobili).

B. Pertinenze.
- Sono pertinenze le cose destinate, in modo durevole, a servizio od ornamento
di un’altra (c.d. principale) in base alla destinazione imposta dal proprietario
della cosa principale o dal titolare di altro diritto reale sulla medesima (art. 817).

- Esempi: sono pertinenze dell’aeromobile «il paracadute, gli attrezzi e gli


2
strumenti, gli arredi e in genere tutte le cose destinate in modo durevole a servizio
od ornamento dell’aeromobile» si precisa, tuttavia, che «il motore è considerato
parte separabile» in quanto parte integrante e necessaria di quella principale (art.
862 cod. nav.). Quest’ultimo si definisce accessorio (e non pertinenza) rispetto
alla cosa principale.

- Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto (il diritto sulla) cosa
principale comprendono le pertinenze, salvo diversa previsione legale o
negoziale. Tuttavia, come per le universalità, le pertinenze possono comunque
formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici (art. 818, 1° e 2° comma).

I diritti dei terzi sulle pertinenze.


La destinazione di una cosa a servizio o ornamento di un’altra non pregiudica i diritti preesistenti su
di essa a favore di terzi salvi i limiti probatori previsti dal 2° periodo dell’art. 819.
Esempio: Sempronio utilizza sulla sua auto un’autoradio di proprietà di Caio. Il primo vende la sua
auto a Tizio. Quest’ultimo, per l’art. 818, 1° comma, acquista la proprietà di entrambe. Caio ha
facoltà di esercitare l’azione di rivendicazione (ex art. 948) per ottenere la restituzione dell’autoradio,
tuttavia, tale azione sarà fondata soltanto entro i limiti previsto dall’art. 819, 2°comma.

C. Frutti.
- I frutti si distinguono in due categorie:
1. I frutti naturali sono quei beni derivanti direttamente da un altro
bene, a prescindere dall’eventuale opera dell'uomo.
Esempio: frutti naturali, i prodotti agricoli, la legna, etc. (art. 820, 1°
comma)

2. I frutti civili rappresentano i corrispettivi che si traggono dalla


concessione del godimento del bene.
Esempio: canoni enfiteutici, le rendite, i canoni di locazione e gli
interessi corrispettivi (art. 820, 3° comma)

- I modi di acquisto dei frutti:


1. I frutti naturali si acquistano con la separazione dal bene che li
produce (art. 820, 2°comma)

2. L'acquisto dei frutti civili si acquistano «giorno per giorno».

4. I BENI PUBBLICI PATRIMONIALI, I BENI DEMANIALI.

A. Beni pubblici patrimoniali.


- Sono beni pubblici patrimoniali indisponibili (v. elenco, non tassativo, nell’art.
826, 2° e 3° comma) le cose mobili, universalità di mobili e immobili di cui
dispongono (anche senza avervi un diritto reale) gli enti pubblici territoriali
(Stato, regioni, province, comuni e, sia pure astrattamente, città metropolitane)
(art. 114 cost.)

3
Essi sono sottoposti a un regime speciale poiché non possono essere sottratti dalla
loro destinazione, a meno che, non si seguano i procedimenti appositi dettati dalle
leggi che li riguardano (art. 828).

- Si dicono invece beni pubblici patrimoniali disponibili le cose appartenenti ad


enti pubblici territoriali o non, le quali non siano destinate a un pubblico
servizio.
Esempio: immobili vacanti.

sono soggetti al regime comune, salvo previsione contraria.

B. Beni demaniali.
- I beni demaniali si caratterizzano per essere sempre immobili o universalità di
mobili e per essere destinati a servire direttamente i bisogni della collettività.

- Si distinguono:
1. i beni demaniali necessari possono appartenere soltanto ad un ente
pubblico.
Esempio: spiagge, porti, etc. (v. art. 822, 2° comma)
2. i beni demaniali accidentali diventano demaniali quando iniziano ad
appartenere a una ente pubblico.
Esempio: strade, ferrovie, etc. (v. art. 825)

- I beni demaniali sono inalienabili, tuttavia possono essere concessi in gestione


a titolo oneroso, e a tempo determinato, a privati.

SEZIONE II
IL POSSESSO

5. IL POSSESSO E LA DETENZIONE.

Il possesso è il potere che una persona può avere su una cosa mobile o immobile,
che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di
altro diritto reale.

L'esercizio del potere può avvenire «direttamente» oppure «attraverso un'altra
persona» (detta «detentore», art. 1140)
Esempio: ho il possesso di un terreno, posso dimostrarlo provando che vi accedo,
che l'ho recintato, che lo coltivo, che vi costruisco, ma anche perché lo affitto a
un terzo (detentore).

Detenzione o possesso?
Chi ha il potere sulla cosa, e lo manifesta attraverso comportamenti concreti, si considera
possessore, salvo la prova contraria (art. 1141, 1° comma).
Esempio: la prova contraria potrebbe consistere nell’esibire un contratto di locazione,

4
affitto, comodato, ossia un atto negoziale da cui risulta l’attribuzione della detenzione.

6. L'INIZIO E LA CESSAZIONE DEL POSSESSO. GLI ATTI DI


TOLLERANZA.

A. Inizio del possesso.


Il possesso si acquista tramite:
1. L’impossessamento (o apprensione):
consiste in un atto unilaterale con il quale un soggetto, attraverso la
propria condotta esteriore, dimostra il proprio potere su una cosa mobile o
immobile.

2. La consegna (o traditio) simbolica o effettiva:


consiste nell'attribuzione del potere sulla cosa in capo a un soggetto con il
consenso di chi lo aveva in precedenza.

Tuttavia, quando il possesso incomincia in capo a chi aveva già la


detenzione, il detentore, avendo già la disponibilità materiale della cosa,
può cominciare a possedere con il consenso del possessore (mediato)
oppure con la c.d. interversione del possesso.

Infine non va dimenticato il caso in cui un soggetto cessi di possedere in


favore di un altro che inizia un nuovo possesso, mentre la detenzione resta
in capo al dante causa o in capo a un terzo. Esempio: vendo il mio
alloggio ma contestualmente l'acquirente me lo concede in locazione. (Si
parla in queste due ipotesi di «costituto possessorio»).

B. Cessazione del possesso.


Il possesso termina quando:
a) comincia in capo al terzo
b) per il perimento o l’abbandono della cosa
c) per fatti naturali che impediscano di esercitare il potere

C. Atti di tolleranza.
L’inizio del possesso è impedito dal fatto che i comportamenti in cui si concreta
dipendano dalla «tolleranza del possessore» (art. 1144).

7. L'ACCESSIONE E LA SUCCESSIONE NEL POSSESSO.

A. L’accessione del possesso.


Il successore a titolo particolare (sia tra vivi, che a causa di morte) può unire al
proprio possesso quello del suo autore (o dante causa) «per goderne gli effetti»
(art. 1146, 2° comma).

5
B. La successione nel possesso.
La morte del possessore non interrompe il potere di fatto sulla cosa, che continua
in capo al suo erede, anche contro la sua volontà, con i medesimi caratteri (art.
1146, 1° comma)

8. IL POSSESSO DI BUONA FEDE.

Vi sono ipotesi nelle quali il legislatore richiede che il «possessore sia in buona
fede» (art. 1147).

 Possiede in buona fede chi ignora di ledere l'altrui diritto.


 La buona fede non giova tuttavia se l’ignoranza dipende da colpa grave.
 Sino a prova contraria, il possessore si presume in buona fede. Inoltre,
basta che sussista al momento in cui il possesso è cominciato.

La durata del possesso e il modo di darne la prova.


- sino a prova contraria, si presume la continuità del potere di fatto nell'intervallo
compreso tra due istanti in cui si provi di averlo avuto (art. 1142, presunzione di
possesso intermedio).
Esempio: provo di avere il potere oggi e provo di averlo avuto il 7 marzo 1986: se non
si prova il contrario, il giudice deve affermare che ho posseduto continuativamente sino
a oggi.

- la prova del possesso attuale non può far presumere che si sia avuto un possesso
anteriore, salvo che il possessore abbia un « titolo » (un atto giuridico valido ed
efficace) che dimostri il trasferimento del relativo diritto (art. 1143, presunzione di
possesso anteriore).

9. LE AZIONI A DIFESA DEL POSSESSO. L'AZIONE DI


REINTEGRAZIONE E L'AZIONE DI SPOGLIO SEMPLICE.

Le azioni possessorie sono rimedi giudiziari aventi come fine immediato la tutela
del possesso.

- 1. L’azione di reintegrazione o di spoglio (art. 1168).


E’ l’azione con cui il possessore, spogliato «in maniera violenta o clandestina»
del possesso di una cosa mobile o immobile, chiede di essere reintegrato in esso.

A tale azione è legittimato anche il detentore ex art. 1168, 2° comma, tranne il caso in
cui abbia la detenzione della cosa per ragioni di servizio o di ospitalità.

2. L’azione di spoglio semplice o manutenzione recuperatoria (art. 1170,


ultimo comma).
Essa può essere esperita da chi abbia subito uno spoglio in maniera non violenta
né clandestina. Chi la esperisce deve dimostrare:
a) di non aver a sua volta acquistato il possesso in maniera violenta o
6
clandestina
b) e di averlo mantenuto in maniera continua e non interrotta da almeno un
anno (se il possesso è stato, tuttavia, acquistato in modo clandestino o
violento, la clandestinità o la violenza devono essere cessate da almeno un
anno).

- Termini per l’esercizio dell’azione di reintegrazione e di manutenzione


recuperatoria: a pena di decadenza entro un anno dal sofferto spoglio ma in caso
di spoglio clandestino il termine decorre dal giorno della scoperta dello spoglio
(art. 1168, 3° comma).

10. (Segue). L'AZIONE DI MANUTENZIONE E LE AZIONI DI


NUNCIAZIONE.

1. Azione di manutenzione (art. 1170)


- E’concessa a chi sia stato molestato nel possesso (non spetta dunque al
detentore) di un immobile o di un'universalità di mobili, per ottenere che il
giudice ordini la cessazione delle turbative. Chi la esperisce deve provare:
a) di non aver acquistato la cosa in modo violento o clandestino;
b) di averla posseduta almeno da un anno (salvo che, pur avendola acquistata
in modo violento o clandestino, sia cessata da almeno un anno la violenza
o la clandestinità).

- il termine per l’esercizio dell’azione è di un anno dalla turbativa.

2. Denuncia di nuova opera (art. 1171).


- Consente al possessore (come pure al proprietario e ai titolari di altri diritti
reali di godimento che siano privi del possesso) di ottenere dal giudice il divieto
di continuare un’opera o di permetterla, adottando in entrambi i casi le opportune
cautele, quando si abbia ragione di temere che dall’opera stessa, intrapresa da
alcuno sul proprio o sull'altrui fondo, stia per derivare danno alla cosa che forma
oggetto del suo possesso (o del suo diritto).

- L'azione è soggetta al solito termine annuale di decadenza, che decorre


dall'inizio dell'opera, e non è più esperibile quando quest'ultima sia terminata.

3. Denuncia di danno temuto (art. 1172).


- Consente al possessore (come al proprietario e ai titolari di altri diritti reali di
godimento) di ricorrere al giudice per ottenere i provvedimenti più opportuni
secondo le circostanze, quando si abbia ragione di temere che da qualsiasi
edificio, albero o altra cosa sovrasti il pericolo di un danno grave e prossimo alla
cosa (non quindi alla persona) che forma l'oggetto del suo possesso o del suo
diritto.
Il giudice potrà imporre idonea garanzia per gli eventuali danni che l'esecuzione
del provvedimento può comportare.
7
- Non sono previsti termini di decadenza, anche se il venir meno del timore del
danno rende ovviamente la domanda infondata.

SEZIONE III
I DIRITTI REALI

11. I DIRITTI REALI IN GENERE.

- Alcuni vedono nel diritto reale una somma di poteri in ordine alla cosa che la
norma riconoscerebbe al titolare.

Attraverso la descrizione dei poteri o facoltà che il titolare di un diritto reale può
esercitare sulla cosa, si ricava, a contrario, ciò che i terzi non possono fare sulla
medesima.

- I diritti reali presentano le seguenti caratteristiche:


a) Assolutezza: poiché tutti (eccetto il titolare del diritto) sono obbligati
a non ingerirsi riguardo a quella determinata cosa.
b) Efficaci o opponibili erga omnes: il titolare può farli valere contro
qualsiasi terzo che abbia violato l’obbligo di non ingerirsi riguardo
alla cosa oggetto del diritto stesso.
c) Tipicità: il loro numero e il loro contenuto è tassativamente
determinato dalla legge.
d) Diritto di séguito o di sequela: l'osservanza della condotta può
essere pretesa da chiunque si trovi a possedere o detenere la cosa.
e) Immediatezza: il titolare del diritto realizzi l'interesse, che
accompagna e giustifica qualunque obbligo, senza bisogno della
cooperazione altrui.
f) per l'inerenza alla cosa: questa si troverebbe a circolare insieme al
diritto di cui sarebbe oggetto.
g)
Sottosezione I
I fatti costitutivi di diritti reali

12. L'USUCAPIONE (Artt. 1158 ss.)

Premessa:
La proprietà si acquista, alternativamente, a:
1. A titolo originario
In questo caso si dà origine a un nuovo diritto sulle cose.
Sono modi di acquisto della proprietà a titolo originario gli acquisti a non
domino e l’usucapione.
2. A titolo derivativo
La proprietà e gli altri diritti possono essere modificati attraverso atti negoziali
8
con efficacia traslativa, trasferendoli in tutto o in parte a un altro soggetto.

L’usucapione è un modo d’acquisto dei diritti reali a titolo originario:


il possesso di un determinato bene a) continuato e non interrotto, b) non violento
né clandestino, c) per un determinato periodo di tempo stabilito dalla legge,
determina l’acquisto della proprietà.

Usucapione e prescrizione.
L’art. 1165 estende all’usucapione le disposizioni generali dettate in materia di prescrizione, sia per
la disciplina delle cause di sospensione o di interruzione, sia per quanto concerne il computo dei
termini.

13. (Segue). LA DURATA DEL POSSESSO AD USUCAPIONEM.

Regola generale:
ai fini dell'usucapione, il possesso deve perdurare per venti anni, quando si voglia
acquistare la proprietà o un diritto reale avente a oggetto un immobile (art. 1158),
un'universalità di mobili (art. 1160, 1° comma) o un mobile (purché il possesso
sia in mala fede, v. art. 1161, 2° comma).

Deroghe alla regola generale:


1. Se si tratta della proprietà di fondi rustici con annessi fabbricati situati in
comuni classificati montani dalla legge la durata del possesso è ridotta a
quindici anni (art. 1159-bis).
2. Se si tratta della proprietà o di un diritto reale minore avente a oggetto beni
mobili iscritti in pubblici registri, il possesso deve perdurare soltanto per dieci
anni (art. 1162, 2° e 3° comma).
3. Trattandosi di ogni altro bene mobile il termine è abbreviato a dieci anni se il
possessore è in buona fede.

14. GLI ACQUISTI A NON DOMINO. I BENI MOBILI.

- “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario ne
acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento
della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà” (art.
1153, 1° comma, c.d. principio del “possesso vale titolo”).

La proprietà si acquista libera da «diritti altrui sulla cosa» (come l'usufrutto,


l'uso, il pegno o il vincolo derivante dal sequestro o dal pignoramento) a meno
che quei diritti o quei vincoli non risultino dal titolo o si provi che l’avente causa
ne era a conoscenza (art. 1153, 2° comma, c.d. usucapio libertatis).

9
- Se un soggetto aliena, con successivi atti traslativi, un medesimo bene mobile,
tra gli acquirenti prevale chi per primo ha acquistato in buona fede il possesso,
anche se il titolo sia di data posteriore.
Esempio: Tizio aliena con tre atti successivi la proprietà di un bene mobile X ad
A, B e C. A, a differenza di B riceve il possesso in mala fede, conscio della
provenienza furtiva del bene X.
In questo caso, B ha acquistato a non domino, benché Tizio avesse trasferito la
proprietà su X ad A con un atto di data precedente. Gli art. 1153 e 1155
costituiscono, pertanto, in capo a B (in buona fede) un nuovo diritto rendendo
inefficace l'atto di trasferimento intervenuto tra Tizio ed A.

15. (Segue). LE UNIVERSALITÀ DI MOBILI, I MOBILI ISCRITTI IN


PUBBLICI REGISTRI E GLI IMMOBILI.

La regola « possesso vale titolo » non si applica ai negozi con effetti traslativi
aventi a oggetto universalità di mobili e beni mobili iscritti in pubblici registri.
Lo stesso vale per i diritti reali aventi a oggetto beni immobili.

In questi casi si richiedono, oltre ai requisiti già visti (titolo idoneo, acquisto del
possesso, buona fede) ulteriori fatti, di cui si dovrà dare la prova (v. art. 1160 per
le universalità di mobili, v. art. 1162 per i beni mobili iscritti in pubblici registri e
v. art. 1159 per i beni immobili).

Sottosezione II
I fatti e gli atti modificativi ed estintivi.

16. GLI ACQUISTI A TITOLO DERIVATIVO, LA RINUNZIA, LA


CONFUSIONE E IL NON USO.

- La proprietà si acquista a titolo originario ovvero a titolo derivativo1.

- Tutti i diritti reali minori si estinguono alternativamente:


a) per non uso ventennale
b) per rinunzia del titolare.
c) per consolidazione, ossia in caso di riunione, nella medesima persona,
delle qualità di proprietario e di titolare di un diritto reale minore.
Esempio: Tizio, proprietario del fondo tuscolano, trasferisce a Caio il
diritto di usufrutto sul fondo medesimo. Successivamente, Tizio riacquista
la proprietà del diritto di usufrutto precedentemente trasferito. In questo
caso si verifica l’estinzione del diritto minore (l’usufrutto) per
consolidazione.

1
Si rimanda, in proposito, alla premessa sub. § 12.

10
Sottosezione III
La proprietà

17. IL FONDAMENTO COSTITUZIONALE DEL DIRITTO.

“La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad


enti o privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i
modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione
sociale e di renderla accessibile a tutti” (art. 42, 1° e 2° comma, cost.).

L’art. 42 cost. riconosce e garantisce il diritto di proprietà, demandando, tuttavia,
alle maggioranze parlamentari il compito di individuare modi di acquisto, di
godimento ed i relativi limiti.
La maggioranza parlamentare, nell’attuare l’incarico che la costituzione le
assegna, deve necessariamente ricorrere allo strumento legislativo statale 2
(restano pertanto esclusi leggi regionali, regolamenti e consuetudini)
impegnandosi a dettare una normativa capace di assicurare a) la funzione sociale
b) e l’accessibilità a tutti.

18. (Segue). L'ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ (cenni).

La proprietà privata può essere coattivamente trasferita in tutto o in parte (dal


titolare a favore di un altro soggetto) purché:
a) ciò accada nei casi previsti dalla legge;
b) sussistano motivi d'interesse generale;
c) e il titolare che subisca il trasferimento del diritto riceva un indennizzo
(art. 42, 3° comma cost.).

- L'espropriazione si distingue sia dalla requisizione (art. 835, alla quale si
ricorre per «gravi e urgenti necessità pubbliche»), sia dall’occupazione (che non
trasferisce coattivamente il diritto ma solo il possesso).

- La disciplina dell'espropriazione per pubblica utilità si trova principalmente nel


d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327.

19. I FATTI E GLI ATTI COSTITUTIVI DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ.


L'OCCUPAZIONE E L'INVENZIONE.

La proprietà:
 si origina attraverso l'usucapione, gli acquisti a non domino e gli
ulteriori atti o fatti previsti dall’art. 922 (occupazione, invenzione,

2
In questo senso si riscontra nell’art. 42, 2° comma cost. una riserva di legge.
11
accessione, specificazione, unione, o commistione)
 si trasferisce per contratto e successione a causa di morte.

A. Occupazione (artt. 923-926).


L'occupazione è un atto giuridico non negoziale, con il quale ci si impossessa di
cose mobili che non appartengono a nessuno (res nullius, esempio: i pesci del
mare) o che un precedente titolare ha abbandonato (res derelictae) (art. 923).

B. L’invenzione (artt. 927-933).


L'invenzione, consiste nel ritrovamento di una cosa mobile smarrita. Essa deve
essere restituita al proprietario, oppure se sconosciuto, deve essere consegnata,
senza ritardo, al Sindaco del luogo in cui la si è rinvenuta (art. 927).
Trascorso un anno dall'ultimo giorno della pubblicazione all’albo pretorio
dell’avvenuto ritrovamento, senza che il proprietario si sia presentato, la cosa
spetta al ritrovatore (art. 929).

20. L'ACCESSIONE (art. 934 ss.)

Qualunque piantagione, costruzione o più genericamente un'opera che si trovi


congiunta al suolo medesimo (trovandovisi al di sopra o al di sotto) in maniera
stabile, per fatto naturale o per atto dell'uomo appartiene al proprietario del
fondo (c.d. principio «superficies solo cedit»: il suolo esercita una sorta di potere
di attrazione di quanto vi sia incorporato, art. 934)

Si vedano, tuttavia, le norme eccezionali di cui agli artt. 935 e ss, in particolare i
casi un cui:
a) Le opere siano fatte dal proprietario del suolo utilizzando materiali
altrui (art. 935)
b) Le opere siano state realizzate da un terzo con materiali suoi (art.
936).
c) Le opere siano fatte da un terzo con materiali altrui (art. 937).

Deroghe: L’accessione invertita e l’accessione acquisitiva


Accessione invertita.
Se nel costruire un edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo vicino e il
proprietario di questo non fa opposizione entro tre mesi dal giorno in cui è iniziata la
costruzione, il giudice, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la
proprietà dell'edificio e del suolo occupato.
Il costruttore dovrà, tuttavia, pagare al proprietario del fondo il doppio del valore del
terreno occupato, fermo restando l'eventuale risarcimento del danno arrecato (art. 938)

Accessione acquisitiva.
Nel caso in cui la pubblica amministrazione espropri un'area per realizzare un'opera
pubblica ma il procedimento espropriativo sia viziato da illegittimità, essa può, «valutati
gli interessi in conflitto », disporre che il bene sia acquisito nel proprio patrimonio

12
indisponibile, corrispondendo al proprietario il valore venale del bene, maggiorato di
1/10, quale indennizzo per il danno arrecato ( art. 42-bis del d.p.r. n. 327 del 2001).

21. L'UNIONE, LA COMMISTIONE, LA SPECIFICAZIONE E LE


ACCESSIONI «LATERALI ».

A. Unione e la commistione (art. 939)


Si verificano quando due o più cose mobili, appartenenti a proprietari differenti,
si congiungono formando un tutt’uno.

- L’unione presuppone lo stato solido delle cose (Esempio: la pietra preziosa e
l’anello)
La commistione, invece, può riguardare anche cose allo stato liquido o gassoso
(Esempio: il caffè e il whisky nell'irish coffee).

- I beni frutto di unione o commistione divengono di proprietà comune oppure di


proprietà del titolare della cosa principale (che ha l’obbligo di pagare all’altro il
valore della cosa mescolata o unita).

B. Specificazione (art. 940).


Consiste nella realizzazione, mediante il lavoro umano e il materiale altrui, di
una cosa mobile nuova. (Esempio: Caio scolpisce una statua nel blocco di marmo
appartenente a Tizio).

- Se il valore della mano d’opera è superiore al valore del materiale utilizzato,
chi la realizza il bene nuovo ne acquista la proprietà pagando al proprietario la
materia.
- Se il valore del materiale utilizzato è superiore al valore della mano d’opera, la
cosa spetta al proprietario della materia che dovrà pagare il prezzo della mano
d'opera (art. 940).

C. Accessioni laterali (artt. 941 ss.)


Sono infine previste una serie di ipotesi in cui l'incremento del terreno, provocato
da fenomeni naturali, è devoluto a favore del proprietario del terreno stesso (v. gli
artt. 941 e ss., in particolare l’art. 941 sull’«alluvione» e l’art. 944 relativo
all’«avulsione»).

22. LA NOZIONE DI PROPRIETÀ DESCRITTA DAL LEGISLATORE.

“La proprietà è il diritto di godere e disporre di una cosa in modo pieno ed


esclusivo entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dalla legge”
(art. 832)

- il potere di godimento corrisponde alla facoltà di usare o no la cosa, di

13
deciderne le modalità di utilizzazione, trasformazioni o la distruzione.
- disporre significa fruire del valore di scambio del bene oggetto di proprietà.
- il diritto di godere e disporre è pieno, ossia illimitato e potenzialmente (ma non
necessariamente) perpetuo.
- l’esclusività è da intendersi nel senso che il godimento e la disposizione sono
attribuiti unicamente al titolare del diritto.
- Infine la norma prevede l’esercizio del diritto di proprietà nel rispetto dei limiti
ed obblighi stabiliti dall’ordinamento (sebbene sia qualificato come un diritto
«pieno» ed «esclusivo»).

23. L'ESTENSIONE DELLA PROPRIETÀ FONDIARIA.

A. Estensione verticale.
La proprietà del suolo si estende al sottosuolo con tutto ciò che vi comprende.
Il proprietario può fare qualunque escavazione o opera che non rechi danno al
vicino salvo quanto disposto dal 2° comma dell’art. 840 (art. 840).

B. Estensione orizzontale.
Il proprietario ha il potere di chiudere il fondo « in qualunque tempo » (art. 841).

Tuttavia non può impedirne l’accesso o il passaggio:


a) ai cacciatori, purché muniti della prescritta licenza e a condizione che il
fondo non sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia, né vi
siano colture in atto suscettibili di danno (art. 842).
b) al fine di riparare o costruire un muro o altra opera, propria del vicino
oppure comune, anche se il proprietario ha diritto a un'indennità per i
danni eventualmente patiti.
Lo stesso vale per coloro che intendano riprendere le loro cose, che si
trovino accidentalmente sul fondo, o l'animale, che vi si sia riparato
sfuggendo alla custodia. In quest’ultima ipotesi il proprietario può
impedire l'accesso consegnando la cosa o l'animale (art. 843).

24. (Segue). LE IMMISSIONI.

Premessa:
Il legislatore del 1942 ha voluto regolare i rapporti di vicinato sostanziando una serie di
limiti alla proprietà.

Il primo di questi limiti consiste nel divieto di atti emulativi previsto dall’art. 833:
“Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o
recare molestia ad altri” (Esempio: la costruzione di un muro che ha come unico scopo
quello di togliere la visuale al vicino).

Nella stessa prospettiva va inquadrato l’art. 844:


Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o calore, le
esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e propagazioni simili, derivanti da fondi
14
vicini, se rientrino nella normale tollerabilità (art. 844).

La tollerabilità prescinde cioè dal fastidio concreto che ne possa ricevere il
proprietario e va piuttosto inquadrata in ciò che è tollerabile per la società.

Immissioni e attività produttive


In caso di immissioni provocate a causa dell'esercizio di attività produttive, occorre
realizzare un bilanciamento tra le esigenze produttive e la tutela della proprietà:
- se il giudice ritiene prevalenti le ragioni produttive, autorizza le immissioni e
concede al proprietario che le deve subire un indennizzo.
- se il giudice ritiene invece prevalenti le esigenze di tutela della proprietà
impedisce le immissioni.

25. (Segue) LE DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI.

- Le costruzioni realizzate sul fondo, come le relative sopraelevazioni, devono


mantenere la distanza minima di tre metri (o quella superiore stabilita dai
regolamenti locali) dalle costruzioni preesistenti su fondi di terzi (art. 873).

“ratio”: evitare che tra due immobili si creino intercapedini malsane per la
scarsità di aria e di luce.

- Se non insistono costruzioni sui fondi vicini, ciascuno dei proprietari può
costruirvi dove meglio crede: chi costruisce per primo gode cioè del c.d. «diritto
di prevenzione».
In proposito il codice civile, negli artt. 874 ss. detta la relativa disciplina,
differenziando tre diverse ipotesi:
a) Il caso in cui il primo proprietario collochi l'edificio sul confine.
b) L’ipotesi in cui primo proprietario costruisca l'immobile distaccandosi dal
confine per almeno la metà della distanza minima stabilita tra le
costruzioni, cioè, a un metro e mezzo o più.
c) Infine l’ipotesi in cui il proprietario, primo costruttore, collochi l'edificio
distaccandosi dal confine in misura inferiore alla metà della distanza
minima stabilita tra le costruzioni, cioè, a meno di un metro e mezzo dal
confine (la metà di tre metri).

26. IL MURO DI CINTA, IL MURO ISOLATO E IL MURO DIVISORIO.

- Il muro di cinta e ogni altro muro isolato di altezza non superiore a tre
metri non si considera per quanto riguarda il computo delle distanze tra
fabbricati ex art. 873.
Se si trova sul confine, potrà tuttavia essere reso comune anche a scopo
d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore a tre
metri (art. 878).

15
Ciascuno può costringere il vicino a contribuire per metà nella spesa di
costruzione del muro di cinta, se serve a separare case, cortili e giardini posti
negli abitati: l'altezza, salvo differente previsione, deve essere di tre metri (art.
886). Tuttavia, il vicino può esonerarsi dal pagamento delle spese alle
condizioni di cui all’ art. 888.

- Il muro che serve di divisione tra edifici si presume comune sino alla sua
sommità e, se gli edifici medesimi abbiano altezze ineguali, si presume comune
sino al punto in cui uno dei due cominci ad essere più alto dell'altro (art. 880).

Ciascuno dei comproprietari è tenuto, in proporzione al suo diritto, a


partecipare alle riparazioni e alle ricostruzioni del muro comune, sempre che
la spesa non sia stata cagionata dal fatto di uno soltanto di questi. Chi voglia
esimersi da tale obbligo può rinunziare alla comunione, se il muro comune non
sostenga un edificio che gli appartiene (art. 882).

27. LE FINESTRE E LE ALTRE APERTURE SUL FONDO DEL VICINO.


LE OPERE FASTIDIOSE O NOCIVE, I FOSSI E LE PIANTE.

A. Le finestre e le altre aperture sul fondo vicino.


Le finestre e le altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie:
1. Vedute o prospetti.
se permettano di affacciarsi (prospectio) e guardare (inspectio) sul fondo
del vicino.
A loro volta sono:
a) dirette se consentono di affacciarsi (e guardare di fronte).
b) oblique e laterali quando consentono di guardare il fondo del
vicino solamente girando il capo o gli occhi.
c) anche se il codice non le ricorda, esistono anche le vedute a
piombo che consentono cioè di affacciarsi e guardare gli edifici o i
piani di un edificio sottostanti.
2. Luci.
Se non permettono di affacciarsi e guardare sul fondo vicino.

La distinzione tra luci e vedute comporta una diversa regolamentazione in
relazione alla struttura delle aperture e alle distanze da osservare (v. artt. 901 e
ss.).

B. Specifiche distanze sono poi previste per i pozzi, fossi, canali, fabbriche, i
depositi nocivi o pericolosi e le piantagioni (v. artt. 889 ss.)

16
28. L'USO DELLE ACQUE ESISTENTI SUL FONDO E I CONSORZI
IDRICI (cenni).

A. L’uso delle acque esistenti sul fondo.


Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo,
appartengono al demanio dello Stato, anche se gli usi diversi dal consumo
umano sono sempre ammessi purché le risorse idriche siano sufficienti e a
condizione che non ne pregiudichino la qualità (art. 144 d.lgs. 152 del 2006).

- Gli artt. 909 ss. regolano l’esercizio dei diritti sulle acque:
 stabilendo che il proprietario del fondo che si sia servito dell'acqua non la
può riversare sui fondi vicini (art. 909, 2° comma),
 dettando una specifica disciplina relativa allo scolo delle acque (art. 913)
e all’apertura di sorgenti o al compimento di ogni altra opera, connessa
all'estrazione delle acque dal sottosuolo e al loro scorrimento (art. 911),
 prevedendo in capo al proprietario obblighi di intervento laddove sussista
un’esigenza di riparare sponde e argini, nonché di rimuovere eventuali
ingombri (artt. 915-916)

- Le controversie che insorgano tra i proprietari sull'uso dell'acqua andranno


risolte valutando l'interesse dei singoli proprietari nei loro rapporti e rispetto ai
vantaggi che possono derivare all'agricoltura o all'industria dall'uso a cui l'acqua è
destinata o si vuol destinare. Il giudice può assegnare un'indennità ai proprietari
che sopportino diminuzione del loro diritto (art. 912).

B. I consorzi.
Sono forme di comunione sulle strutture immobiliari (e relative pertinenze) che
consentono di sfruttare la risorsa idrica (come i canali con i relativi sistemi di
chiusa).

29. L'USO EDIFICATORIO DEI SUOLI.

- La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori e delle norme


sull'attività costruttiva edilizia (art 4. della l. 17 agosto 1942, n. 1150, c.d.
Legge urbanistica).

 Il «piano regolatore generale» riguarda la totalità del territorio


comunale. Stabilisce una suddivisione del territorio comunale in zone
destinate alla realizzazione di opere specifiche (Esempio: edilizia
residenziale, verde pubblico, etc.) e fissa gli indici di edificabilità (da cui
dipende il volume delle costruzioni realizzabile in una data area)
 Il «regolamento edilizio» contiene invece la disciplina delle modalità
costruttive.

17
- Gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica ed edilizia
sono subordinati al rilascio del permesso di costruire, da parte della competente
autorità comunale.
In genere, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un
contributo in favore dell’amministrazione.

- In caso di mancato rispetto delle norme di legge e regolamento, delle


prescrizioni previste negli strumenti urbanistici e delle modalità esecutive fissate
nel permesso a costruire è prevista l’applicabilità di sanzioni amministrative.
Inoltre, il singolo vicino-proprietario in caso di mancata rispondenza alle suddette
previsioni può sempre domandare il risarcimento dei danni ex art. 2043, ove ne
sussistano i presupposti.

30. LE AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ. LA RIVENDICAZIONE


(art. 948)

- L'azione di rivendicazione può essere esperita dal proprietario per ottenere la


condanna del convenuto a restituire la cosa mobile o immobile di cui abbia il
possesso o la detenzione (art. 948)3.

- Se dopo l'esperimento della domanda, il detentore o il possessore abbiano


cessato per fatto proprio di possedere o detenere la cosa, o se la cosa sia stata
distrutta, il convenuto è obbligato a recuperarla a sue spese o, in mancanza, a
corrispondergliene il valore.
Tuttavia, se il proprietario consegue la cosa direttamente dal nuovo possessore o
dal nuovo detentore deve restituire la somma ricevuta dal precedente
possessore o dal precedente detentore (che aveva convenuto in giudizio)

- L'azione è imprescrittibile ed è soggetta a trascrizione, se ha ad oggetto beni


immobili (art. 2653, n. 1) o mobili iscritti in pubblici registri (art. 2691).

- Chi agisce deve provare l'atto o il fatto giuridico che ha originato il diritto
vantato, dimostrando non soltanto di aver acquistato il diritto da un precedente
titolare ma anche che il diritto di quest’ultimo trova un valido titolo in un
precedente acquisto, così via fino all’originario proprietario (c.d. probatio
diabolica).
Tuttavia, poiché è necessario risalire ad un acquisto a titolo originario, è
sufficiente che il rivendicante provi l’avvenuto acquisto del diritto per
usucapione, avvalendosi delle regole ex artt. 1142 ss.

3
Il detentore può tuttavia ottenere di essere estromesso dal giudizio indicando il possessore per il
quale sta esercitando il potere di fatto (c.d. laudatio auctoris): lo si arguisce dall’art. 1586, 2°
comma, dettato in tema di locazione.

18
31. (Segue). LA NEGATORIA, IL REGOLAMENTO DI CONFINI E
L'APPOSIZIONE DI TERMINI.

A. Azione negatoria (art. 949).


- E’ quell’azione con cui il proprietario (possessore o meno della cosa) mira a
far accertare dal giudice l'inesistenza di diritti reali che un terzo vanti sulla cosa,
quando ha motivo di temere un pregiudizio, ovvero a far cessare le turbative o
molestie che altri arrecano al suo diritto

- Passivamente legittimati sono tutti coloro che vantano l'esistenza di diritti


reali sul fondo (non il semplice possessore o detentore e neppure coloro che si
limitano a porre in essere turbative o molestie, senza vantare la titolarità di un
diritto reale che obbliga il proprietario a tollerarle).

- La prova del titolo di acquisto della proprietà in capo all’attore serve


solamente a legittimarlo all'esperimento della domanda (e questa può desumersi
anche dalla prova di atti modificativi, come il contratto).
Sarà piuttosto il convenuto a trovarsi gravato dell'onere di provare l'esistenza del
diritto reale sul fondo oggetto di controversia.

- Anche la negatoria, poiché diretta a tutelare il diritto di proprietà è


imprescrittibile e deve essere trascritta (nonostante il silenzio serbato sul punto
dalla legge).

B. L’azione di regolamento di confini (art. 950).


Quando il confine tra due fondi è incerto, ogni proprietario può domandare al
giudice l’accertamento sull'estensione della proprietà immobiliare.
E’ammesso ogni mezzo di prova e, in mancanza di altri elementi, il giudice dovrà
decidere in base al confine delineato dalla mappe catastali.

C. L’azione di apposizione di termini (art. 951).


Ciascuno dei proprietari limitrofi può chiedere che siano apposti o ripristinati, a
spese comuni, i segni di confine (pertanto, rispetto all’azione di regolamento di
confini, il presupposto è dunque la certezza del confine trai due fondi).

Sottosezione IV
I diritti reali di godimento

32. LA SUPERFICIE (artt. 952 ss.)

- Il proprietario di un suolo può concedere ad un altro soggetto il diritto di


19
costruire un edificio sopra al suo suolo attribuendogli la proprietà separata
dell'edificio.
Il proprietario può, inoltre, alienare la costruzione già esistente mantenendo la
proprietà del suolo (art. 952).

- Il diritto di superficie si costituisce alternativamente:


 per contratto (a titolo oneroso o gratuito)o per testamento
 per usucapione, oppure, attraverso gli acquisti a non domino (ex art.
1159).

- Il diritto di superficie può essere a tempo determinato o indeterminato.

33. L'ENFITEUSI (artt. 957 ss.)

- E’ un diritto reale di godimento con cui si attribuisce all’enfiteuta il medesimo


potere di godimento del fondo che spetta al proprietario, a condizione che
l’enfiteuta paghi un canone e si impegni a migliorare il fondo.

- Si costituisce alternativamente:
 per contratto o per testamento
 per usucapione, oppure, attraverso gli acquisti a non domino.

- Può essere a tempo determinato o indeterminato 4(art. 958).

- L’enfiteuta può modificare la destinazione del fondo; non è, invece, ammessa


la sub-enfiteusi.

34. L'USUFRUTTO (artt. 978 ss.)

- E’ il diritto di godere e disporre di un bene altrui e dei suoi frutti


mantenendo la destinazione economica e restituendolo alla scadenza.

- Si costituisce alternativamente:
 tramite usucapione o acquisti a non domino
 per contratto o testamento
 automaticamente (quando sussistano le condizioni previste all'art. 324)
 attraverso una sentenza (nell'ipotesi prevista all'art. 194, 2° comma)
 mediante riserva: si verifica quando il proprietario trasferisce ad altri la
nuda proprietà della cosa, mantenendo per sé ciò che corrisponde al
contenuto del diritto di usufrutto.

- Differenze rispetto all’enfiteusi:

4
La durata minima sancita dall’art. 958, 2° comma si considera implicitamente abrogata.
20
a) La durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario se si
tratta di persona fisica, oppure, i trent’anni in caso di persona giuridica.
b) l'usufrutto può avere a oggetto qualunque cosa.
c) come già ricordato, l’usufruttario è tenuto a mantenere la destinazione
economica del bene oggetto del diritto (pur potendo apportare
miglioramenti e addizioni nel rispetto di tale limite5)
d) è ammesso il sub-usufrutto (ossia l’usufruttuario può costituire un nuovo
usufrutto sul suo diritto).

Quasi usufrutto.
Se usufrutto ha ad oggetto cose consumabili, l’usufruttuario ha diritto di servirsene e
l’obbligo di pagarne il valore al termine dell’usufrutto, secondo la stima convenuta (art.
995).

35. (Segue) LA CESSIONE E LA DIFESA DEL DIRITTO.

- Se l'atto che glielo attribuisce non lo vieta (il contratto o il testamento),


l'usufrutto può essere ceduto ad altri per un certo tempo o per tutta la sua
durata.

La notifica della cessione, realizzata con l'invio al nudo proprietario di un atto
scritto dal quale risulti l’avvenuto trasferimento del diritto di usufrutto, libera il
cedente per i debiti vantati dal proprietario medesimo (art. 980).

- L’usufruttuario è legittimato ad esperire:


a) azione di nunciazione
b) azione di regolamento di confini e di apposizione di termini
c) azione di rivendicazione
d) azione negatoria
Inoltre l’usufruttuario, per ottenere il possesso cosa, può esercitare:
a) azione personale ex art. 982.

36. (Segue). GLI OBBLIGHI DELL'USUFRUTTUARIO E L'ESTINZIONE


DEL DIRITTO.

- L'usufruttuario è tenuto a una serie di obblighi (artt. 1001 ss.) diretti ad


assicurare l'adempimento dell'obbligo fondamentale di godere della cosa con
l’impegno di restituirla a scadenza.

- L’usufrutto si estingue alternativamente:


 per scadenza del termine
 non uso ventennale

5
In questi casi, al termine del rapporto, l’usufruttuario ha il diritto a un’indennità per i miglioramenti
apportati (art. 985), e quello di asportare le eventuali addizioni se ciò non altera il bene (salvo che il
proprietario preferisce ritenerle pagando un’indennità all’usufruttuario ex art. 986, 2° comma).
21
 consolidazione
 perimento della cosa (per ulteriori approfondimenti v. artt. 1016 ss.)
 quando, con sentenza costitutiva, si accerti che l'usufruttuario «abbia
abusato» del suo diritto, alienando i beni, deteriorandoli o lasciandoli
perire per non aver eseguito le riparazioni ordinarie che gli competono
(per ulteriori approfondimenti v. art. 1015).

37. L'USO E L'ABITAZIONE (artt. 1021 ss.)

A. Uso.
L’uso attribuisce alla persona fisica che ne sia titolare il diritto di usare una
cosa, mantenendone la destinazione economica. L'appropriazione dei frutti è
tuttavia limitata a ciò che occorre ai suoi bisogni e a quelli della sua famiglia.
(art. 1022).

B. Abitazione.
L'abitazione è una sottospecie di uso che attribuisce al titolare il diritto di
abitare una casa, con le sue pertinenze, limitatamente ai bisogni suoi e delle
sua famiglia (art. 1022).

Con riferimento ad entrambi:
- per l’estensione della nozione di famiglia si veda l’art. 1023.
- si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative all’usufrutto
(art. 1026).

Sottosezione V
La servitù
38. LA NOZIONE.

La servitù è un peso imposto sopra un fondo (c.d. servente), per l’utilità di un


altro fondo (c.d. dominante), appartenente a un diverso proprietario o titolare di
altro diritto reale di godimento sul quel fondo (art. 1027).

Caratteristiche:
 Vicinanza fondi, da intendersi in senso relativo: non è necessario che i
fondi siano effettivamente vicini, a condizione che uno possa recare
vantaggio all’altro.
 Appartenenza dei fondi a diversi proprietari.
 Servitus in faciendo consistere nequit, tantum modo in patiendo, aut in non
faciendo: salvo eccezioni, non si ammette che il titolare del fondo servente possa
essere tenuto a adempiere un obbligo di facere per la regola “la servitù non può
consistere in un facere ma piuttosto nel sopportare (pati) o nel non facere”.

22
Tuttavia, la legge o il titolo possono comunque imporre al titolare del fondo
servente di eseguire le opere necessarie per rendere possibile l’esercizio della
servitù (c.d. prestazioni accessorie, v. art. 1030).

Esempio: nel contratto costitutivo della servitù di non piantare sul fondo
servente alberi d'alto fusto che impediscano l'irraggiamento solare del fondo
dominante, potrebbe essere imposta la potatura dei rami delle altre piante.

L’utilità:
L'utilità che il fondo dominante deriva dal fondo servente può essere di qualunque
tipo, in particolare:
 può essere anche di tipo non economico (art. 1028, 1° periodo) .
Esempio: la maggiore godibilità estetica del fondo dominante attraverso una
servitù di non asfaltare un cortile (fondo dominante).
 l'art. 1028 (2° periodo) precisa che l'utilità può anche essere inerente alla
destinazione industriale del fondo.
 Infine, il vantaggio può anche essere futuro.
Esempio: derivo acqua dal fondo vicino per somministrarla al fabbricato da
edificare.

39. L'ESERCIZIO DEL DIRITTO.

L'estensione e l'esercizio della servitù dipendono dal titolo (il contratto, il


testamento o la sentenza) (art. 1063). Il titolare deve quindi esercitare il diritto di
servitù in conformità al titolo o al possesso (laddove si sia originato per
usucapione, art. 1065).

Nel dubbio sull'estensione e sulle modalità dell'esercizio si applicano gli artt.
1064 ss.
In particolare la servitù dovrà ritenersi costituita in modo tale da soddisfare il
bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente (art.
1065).
Inoltre, in termini di estensione, l’art. 1064 prevede che il diritto di servitù
comprenda tutto ciò che è necessario per usarne.

40. LE SERVITÙ VOLONTARIE.

Sono dette volontarie le servitù concesse dal titolare del fondo servente al titolare
del fondo dominante, alternativamente:
 con il testamento,
 con contratto, che dovrà essere tuttavia stipulato in forma scritta (art.
1350, n. 4) e sarà soggetto a trascrizione (art. 2643, n. 4).

23
41. LE SERVITÙ COATTIVE.

- Quando il titolare del fondo su cui la servitù dovrebbe esercitarsi, rifiuti di


concederla spontaneamente (cioè col contratto o col testamento), il titolare del
fondo che necessiti di costituire una servitù per assicurarsi la realizzazione della
funzione sociale e l'accessibilità a tutti di cui parla l'art. 42 cost., può esercitare
giudizialmente uno specifico diritto potestativo.
La servitù è quindi costituita mediante sentenza che produce gli stessi effetti
del contratto non concluso tra il titolare del fondo servente e quello del fondo
dominante (art. 2932).

 la domanda giudiziale e la relativa sentenza sono soggette a trascrizione
(art. 2652, n. 2 e art. 2643, n. 14).
 il giudice stabilisce:
a) le modalità di esercizio del diritto imposto al fondo del convenuto
b) l’indennità spettante al convenuto, titolare del fondo servente: sino a
quando non sia stato pagata, il titolare del fondo servente può
impedire legittimamente all'attore di esercitare la servitù (art. 1032).

Ad esempio: il titolare di un fondo è obbligato a consentire alla costituzione di


una servitù di passaggio quando:
 il fondo è circondato da fondi altrui e
 a) non ha uscita sulla via pubblica, né è possibile procurarla senza
eccessivo dispendio o disagio, oppure, b) quando il fondo ha un accesso
alla via pubblica, ma questo è inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo
e non può essere ampliato.
In tale ultimo caso tuttavia occorre che sia rigorosamente accertato che il
passaggio risponde alle esigenze dell'agricoltura e dell'industria6 (art. 1051 ss.).

Ulteriori classificazioni delle servitù.


Negative: consistono in un non facere del titolare del fondo servente (Esempio: la servitù
di non piantare alberi sul fondo)
Positive: comportano un’ingerenza del titolare sul fondo servente. A loro volto si
distinguono in:
a) continue, se non richiedono l’attività dell’uomo.
b) discontinue, per il cui esercizio è richiesto il fatto dell’uomo (Esempio:
servitù di passaggio)
A intervalli o intermittenti: Esempio: la servitù di prelevare l’acqua a turni.

Tali distinzioni sono rilevanti ai fini delle prescrizione: a seconda della tipologia di

6
A tal proposito merita ricordare che la Corte costituzionale, con sentenza additiva del 10 maggio 1999,
n. 167, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale ultima previsione, nella parte in cui non prevede
che il passaggio coattivo di cui al primo comma dell'art. 1052 possa essere concesso dall'autorità
giudiziaria, quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità — di cui alla
legislazione relativa ai portatori di handicap — degli edifici destinati a uso abitativo
24
servitù varia il giorno da cui inizia a decorre la prescrizione (si veda in proposito l’art.
1073).

42. LE SERVITÙ ACQUISTATE PER USUCAPIONE E DESTINAZIONE


DEL PADRE DI FAMIGLIA.

- Una servitù è apparente quando sussistano opere:


a) permanenti, b) situate sul fondo servente o su quello dominante, c) visibili e
d) destinate inequivocabilmente all'esercizio della servitù.

Esempio: la strada asfaltata che serve di accesso al fondo (mentre non è


apparente, ad esempio, il passaggio che risulti da solchi tracciati dalle ruote dei
trattori, i quali sono visibili soltanto saltuariamente) (art. 1061, 2° comma).

- Le servitù apparenti possono essere acquistate, alternativamente:


 per usucapione (art. 1061).
 per «destinazione del padre di famiglia» (art. 1062).

La destinazione del padre di famiglia.


Presuppone che il proprietario di un unico fondo, con un proprio comportamento attivo o
omissivo, destini alcune opere, realizzate su una parte del fondo, a servizio o ornamento
di un'altra parte del medesimo fondo.
Esempio: Tizio, titolare del fondo e dei due edifici su di esso edificati, costruisce un
vialetto che attraversa il terreno occupato da una delle due villette, per dare all'altra un
accesso comodo sulla via pubblica. Poiché il fondo appartiene a un unico titolare, non c'è
servitù ma semplicemente godimento di un diritto reale, tuttavia, quando i due fondi
cessano di appartenere al medesimo proprietario (quindi, o la parte del fondo sul quale
insistono le opere destinate a servizio o ornamento dell'altra viene alienata, oppure, viene
trasferita la parte che ne sia beneficiata) la servitù si intende costituita ipso iure.

43. MODIFICA ED ESTINZIONE DELLE SERVITÙ.

A. Modifica.
La servitù può essere modificata con il contratto o con il testamento o
eventualmente con sentenza ma non può essere ceduta separatamente dal fondo.

E’ necessario precisare che nel caso in cui il titolare del fondo dominante tragga
un'utilità minore rispetto a quella indicata dal titolo, tale esercizio non modifica la
servitù, consentendo di conservarla per intero (Esempio: il contratto di
costituzione prevede una servitù di passaggio con veicoli, che viene, tutavia,
esercitata solamente passando a piedi) (art. 1075).

B. Estinzione delle servitù (artt. 1073 ss.)


In particolare, le servitù si estinguono:
25
 per confusione
 per prescrizione ventennale (si veda l’art. 1073 per la decorrenza del
termine di prescrizione).
 per rinunzia del titolare del fondo dominante
 con sentenza, quando si tratta di servitù coattive, nei casi previsti dall’art.
1049, 4° comma e all’art. 1055.

44. L'AZIONE CONFESSORIA SERVITUTIS.

Il titolare del fondo dominante può chiedere che si accerti con sentenza
l'esistenza e la consistenza della servitù contro chi ne contesti l'esercizio, con
l'eventuale condanna a far cessare le turbative e la rimessione in pristino delle
opere (azione confessoria servitutis) (art. 1079).

45. LE SERVITÙ DI PRESA D'ACQUA E QUELLE DEGLI SCOLI E


DEGLI AVANZI.

In genere, i titolari dei fondi sono liberi di stabilire i contenuti delle servitù.
Tuttavia, a causa dell'enorme rilievo che la risorsa idrica riveste, sono state
dettate una serie di regole che descrivono il contenuto dettagliato di alcune
servitù in materia di acque, anche se le parti possono liberamente derogarvi.

Si tratta in particolare:
a) Servitù di presa (o di derivazione) d’acqua (artt. 1080 ss.)
Il titolare della servitù di presa può prelevare acqua dal fondo
servente, con opere o manufatti, per condurla al suo fondo e utilizzarla
a fini domestici, agricoli o industriali (art. 1080).
b) Servitù attiva degli scoli (artt. 1094 ss.)
Consiste nel diritto di ricevere le acque colaticce (o appunto scoli) dal
fondo superiore che se ne sia servito (che è considerato quindi
servente).
c) Servitù degli avanzi d'acqua.
E’ simile alle servitù attiva degli scoli ma impegna il fondo, che riceve
da un altro una certa quantità d'acqua per un determinato uso, a
restituirla al concedente o a un terzo (i fondi dominanti) nella misura
che avanza (art. 1097).

26
SEZIONE IV
LA COMUNIONE, IL CONDOMINIO E LA MULTIPROPRIETÀ

Sottosezione I
La comunione

46. LA COMUNIONE DI DIRITTI REALI IN GENERE.

- È possibile che sulla medesima cosa sussistano una pluralità di diritti reali di
identico contenuto (che a loro volta possono anche trovarsi a coesistere con altri
diritti reali di contenuto differente).
Esempio: la proprietà sulla cosa X viene trasferita a Tizio, Caio e Sempronio per
successione inter vivos (si pensi al caso in cui Tizio, Caio e Sempronio sono
appassionati di vela e acquistano insieme una barca) o a causa di morte (il
testatore lascia un suo terreno alla moglie Mevia e al figlio Filano). Può accadere
che Tizio, Caio e Sempronio concedano a loro volta in usufrutto la barca al signor
A o che Mevia e Filano concedano il fondo loro legato in enfiteusi al signor B.

Ogni partecipante (o compartecipe o comunista) è titolare di una quota.
Le quote a) si presumono uguali b) in proporzione a queste si ripartiscono i
vantaggi e i pesi (ossia i debiti) della comunione (art. 1101).

La regola sub b) è derogabile: si possono così attribuire a un compartecipe tutti i
debiti, lasciando i vantaggi agli altri, o viceversa.

- La comunione può essere:

a) Volontaria, quando dipende da un contratto concluso tra i partecipanti.


Incidentale quando nasce da un evento casuale, ad esempio, in
conseguenza di successione a causa di morte oppure per unione o
commistione (nel caso previsto all'art. 939, 1° comma)
b) Forzosa o coattiva quando la cosa comune non può essere divisa perché
cesserebbe di servire all'uso a cui è destinata (art. 1112) o comunque l'uso
medesimo ne sarebbe reso più incomodo per il contitolare (art. 1119).
Ordinaria se ogni partecipante può chiedere la divisione.

47. L'USO DELLA COSA COMUNE E LA DISPOSIZIONE DELLA


QUOTA.

- Ciascuno dei compartecipanti può far uso della cosa comune.


Esempio: ciascun comproprietario del libro può quindi leggerlo, ciascun
comproprietario dell'alloggio può quindi abitarlo interamente etc.

Sono tuttavia previsti due importanti limiti (art. 1102):


a) Il compartecipe che si serve della cosa comune non può impedire agli
27
altri compartecipi di fare parimenti uso della cosa.
b) Chi si serve della cosa comune non può alterare la destinazione
economica.
Esempio: se il cortile è utilizzato come parcheggio, non posso trasformarlo
in campo giochi.

- Il partecipante, se non gli è precluso dal contratto o dal testamento, può


disporre del suo diritto o cederne il godimento ad altri, entro i limiti della sua
quota, a prescindere dal consenso dei compartecipi (art. 1103).

48. GLI OBBLIGHI DEI PARTECIPANTI E L'AMMINISTRAZIONE


DELLA COSA COMUNE.

A. Gli obblighi dei partecipanti (art. 1104).


I partecipanti sono obbligati, in ragione della quota di ognuno, a concorrere:
a) alle spese necessarie per la conservazione e il godimento della cosa comune e
b) alle spese deliberate dalla maggioranza con le forme indicate all'art. 1105, 3°
comma.

B. L'amministrazione della cosa comune.


- Le decisioni relative all’amministrazione della cosa non competono al singolo
partecipante ma alla maggioranza dei partecipanti:
a) È sufficiente la maggioranza semplice (calcolata non per teste, ma in
proporzione al valore della quota di ognuno) per le deliberazioni
riguardanti gli atti di ordinaria amministrazione, cioè quelli destinati al
godimento e alla conservazione della cosa. Esempio: tinteggiare l'alloggio
comune (art. 1105, 2° comma)

b) Si richiede invece la maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno


i 2/3 del valore complessivo della cosa comune per compiere gli atti di
straordinaria amministrazione (come l'acquisto di beni o la riscossione di
capitali) o le innovazioni sulla cosa dirette a migliorarla o a renderne più
comodo o più redditizio il godimento (art. 1108, 2° comma).

c) L'unanimità dei consensi è infine richiesta per alienare la cosa, locarla


oltre il novennio o costituirvi diritti reali di godimento (art. 1108, 3°
comma).

- Le deliberazioni vincolano i compartecipi purché siano stati preventivamente


informati sull’oggetto della deliberazione (non si richiede, pertanto, la
convocazione di un’assemblea, né la stesura di un verbale; art. 1105, 3° comma).

- Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può, entro trenta giorni

28
dalla delibera 7 , impugnarla davanti all'autorità giudiziaria, chiedendone
l'annullamento, ove sussista uno dei vizi indicati nell’art. 1109.

Inoltre, ogni compartecipe può, in qualunque momento, far dichiarare la nullità


delle delibere:
a) con oggetto illecito o impossibile e b) quelle assunte senza le maggioranze
prescritte.

49. LO SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE.

a) Se si tratta di cose divisibili, ogni partecipante può chiedere lo scioglimento


della comunione 8 (c.d. divisione, art. 1111).

Se i partecipanti prestano il loro consenso allo scioglimento della comunione la
divisione si dice convenzionale, diversamente se i compartecipi non acconsento
allo scioglimento si ricorre ad un apposito procedimento, dinnanzi all’autorità
giudiziaria, diretto ad ottenere la divisione c.d. giudiziale (artt. 784 ss. c.p.c.)

b) Se il bene è indivisibile la comunione non può essere sciolta (art. 1112). Tale
previsione va tuttavia interpretata in modo restrittivo: non rileva, infatti, la
divisibilità oggettiva del bene.
Esempio: l’automobile è indivisibile ma è possibile comunque procedere a
divisione, ad esempio, vendendo l’auto a un terzo e suddividendo il ricavato.

Sottosezione II
Il condominio di edifici

50. LE PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO E LO SCIOGLIMENTO.

- Il condominio si caratterizza per la coesistenza, accanto a due o più proprietà


esclusive di alloggi costruiti su diversi piani o diverse porzioni dello stesso piano,
della comproprietà di alcune parti dell'edificio, indicate all'art. 1117 (Esempio:
il suolo su cui sorge l’edificio, le scale, i tetti etc.).

La comproprietà delle parti indicate nell’art. 1117 sussiste soltanto se il titolo
non dispone diversamente, ciò significa che i proprietari dei singoli alloggi
possono introdurre delle deroghe o con un contratto stipulato in forma scritta, in
caso di cose immobili (art. 1350), oppure, con un testamento.

7
Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata l’avvenuta
deliberazione (art. 1109, 2° comma).
8
La divisione ha luogo in natura se la cosa può essere comodamente divisa in parti
corrispondenti alle quote dei partecipanti (art. 1114).
29
- La contitolarità del diritto di proprietà sulle cose nasce quando il proprietario
esclusivo dell’intero edificio trasferisce ad altri la proprietà di un alloggio.

- Se tutti i condòmini sono d'accordo le parti comuni possono essere divise


contrattualmente, anche se in tal modo si rende più incomodo l’uso ad alcuni
condòmini.
Diversamente, non può invece essere accolta la domanda giudiziale di
divisione, proposta da uno o più condòmini se, in séguito allo scioglimento della
comunione, l'uso della cosa a ciascun comproprietario verrebbe reso più
incomodo (art. 1119).

51. L'USO INDIVIDUALE DELLE PARTI CONDOMINIALI E I LIMITI


ALLA PROPRIETÀ ESCLUSIVA DEI SINGOLI APPARTAMENTI.

Alla comproprietà delle cose comuni si applicano le norme sulla comunione,


salvo che non sia diversamente disposto (art. 1139).

A differenza della comunione:
La quota di partecipazione alla comproprietà è proporzionata al valore del
piano o porzione di piano che gli appartiene (tale valore è determinato in base
a c.d. tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio), salvo
diversamente disposto dal titolo (art. 1118, 1° comma).

Inoltre, ogni condòmino non può disporre della quota sulla parti condominiali
separatamente dalla proprietà del suo appartamento, salvo il consenso degli altri.

52. GLI OBBLIGHI DEI SINGOLI CONDOMINI.

I condòmini sono obbligati a partecipare alle spese necessarie per:


a) la conservazione e il godimento delle parti comuni dell'edificio
b) per la prestazione dei servizi nell'interesse comune (art. 1123).

Il contributo di ognuno alle spese dipende dalla destinazione del servizio:
- se le parti comuni servono in modo identico a tutti, ciascun condòmino
partecipa alle spese in ragione della sua quota di partecipazione.
- se, invece, si tratta di cose destinate a servire i condòmini stessi in misura
diversa (Esempio: le spese di riscaldamento), le spese vengono ripartite in
proporzione all'uso che ciascuno può farne.
- in caso di opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero
fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del
gruppo di condòmini che ne trae utilità (art. 1123).

Sono, tuttavia, previste alcune regole particolari, derogabili dal titolo negli artt.
1124-1126.

30
53. LA GESTIONE DELLA COSA COMUNE E LE DELIBERAZIONI
DELL'ASSEMBLEA.

- Gli organi che si occupano della gestione delle cose condominiali sono
l’assemblea dei condòmini e l'amministratore9.

- Nel condominio, a differenza della comunione, affinché le deliberazioni della


maggioranza vincolino gli assenti e i dissenzianti, si richiede l'osservanza di un
apposito procedimento (detto «metodo assembleare»), al quale le parti non
possono rinunziare, né tanto meno derogare attraverso il contratto (v. artt. 1136
ss.).

- Ciascun condòmino assente, dissenziente o astenuto può, entro trenta giorni


dalla data della delibera ovvero, se assenti, da quando questa è stata loro
comunicata, impugnare la delibera stessa davanti all'autorità giudiziaria,
chiedendone l'annullamento, quando essa contrasti a) con la legge o b) con il
regolamento condominiale (art. 1137).

- Come per la comunione, ogni condòmino può, in ogni momento, far accertare la
nullità delle delibere con
a) oggetto illecito o impossibile e b) quelle assunte senza le maggioranze
prescritte.

54. L'AMMINISTRATORE E IL REGOLAMENTO.

A. L’amministratore.
- L'amministratore è quella persona fisica o giuridica, nominata per un anno
dall'assemblea con la maggioranza per teste e per valore dell'edificio, stabilita
all'art. 1136, 4° comma.

- E’ organo esecutivo le cui competenze sono elencate nell’art. 1130.

- E’ un mandatario dei singoli condòmini, dei quali ha la rappresentanza nei


limiti delle sue attribuzioni.

Inoltre, sempre nei limiti delle sue attribuzioni, può:


a) agire in giudizio, al posto dei condòmini, contro i terzi o contro alcuno di
essi.
b) essere convenuto in giudizio, sempre al posto dei singoli condòmini, per
le azioni concernenti le parti comuni dell'edificio (art. 1131).

B. Il regolamento.
- A differenza di quanto accade nella comunione ordinaria, nel condominio di

9
La nomina del quale è obbligatoria nei condomini con più di quattro partecipanti (art. 1129).
31
edifici l'adozione del regolamento da parte dell'assemblea (con la maggioranza
stabilita all'art. 1136, 2° comma) è facoltativa soltanto se i condòmini sono meno
di dieci (c.d. regolamento assembleare).
Diversamente ciascun condomino può agire giudizialmente al fine di ottenere una
sentenza che lo predisponga (c.d. regolamento giudiziale) (art. 1138, 2° comma).
Spesso il regolamento viene invece predisposto dal costruttore del fabbricato
(inizialmente proprietario unico) e accettato dai singoli acquirenti degli alloggi
nei singoli contratti con i quali viene loro trasferita la proprietà (c.d. regolamento
esterno).

- Esso contiene le norme sull'uso delle cose comuni, sulla ripartizione delle
spese, quelle relative all'amministrazione e alla tutela del decoro dell'edificio.

- Può essere impugnato entro trenta giorni con ricorso al giudice e diversamente
ha effetto anche per gli eredi e gli aventi causa dai singoli condòmini (art. 1107,
richiamato dall'art. 1138, 3° comma).

Sottosezione III
Il supercondominio e la multiproprietà

55. LA NOZIONE.

A. Supercondominio.
- Si ha un «supercondominio» quando i proprietari di alloggi ubicati in differenti
edifici (non quindi in piani diversi dello stesso edificio) hanno in comune alcune
tra le parti comuni indicate all’art. 1117.
Esempio: le case a schiera.

- In simili casi, per la gestione delle parti comuni trovano applicazione le


disposizioni dettate per il condominio quando siano compatibili.

B. Multiproprietà.
- La «multiproprietà» consente a più persone di pernottare a rotazione nel
pernottamento in uno o più alloggi, di regola ubicati in località di villeggiatura o
in città d'arte (art. 69 lett. a c. cons.).

- Si caratterizza per l’esistenza di una comunione (perché i diritti hanno ad


oggetto lo stesso bene) e per il godimento della cosa comune, esercitabile per
ogni compartecipe in periodi predeterminati dell’anno.

32
SEZIONE V
LE OBBLIGAZIONI PROPTER REM E GLI ONERI REALI

56. LA NOZIONE.

Non possono considerarsi diritti reali né le obbligazioni propter rem (o propter


ius) né gli oneri reali (o obbligazioni ob rem o ob ius).

- In entrambi i casi, il titolare della proprietà o di altro diritto reale su un
fondo è obbligato ad eseguire una prestazione.

- Due tesi in dottrina:

1aTesi
Secondo alcuni, l'obbligazione propter ius si distingue dall'onere reale, poiché
solamente nel primo caso la titolarità del credito sarebbe a sua volta collegata
intrinsecamente col diritto reale.
Chi sostiene questa tesi, riscontra una obbligazione propter rem, ad esempio,
nell'obbligo di riparazione del muro comune (art. 882), o ancora nell’obbligo dei
partecipanti alla comunione di contribuire alle spese necessarie per la
conservazione della cosa (art. 1104), etc.

2aTesi
Altri, invece, individuano quale elemento di distinzione tra onere reale e
obbligazione propter ius, il fatto che la prestazione dovuta, nel primo caso, abbia
per oggetto denaro o altre cose di genere e l'immobile del debitore si trovi
vincolato al soddisfacimento del credito.
Chi opta per questa interpretazione prone quale esempio l’art. 860.

33

Potrebbero piacerti anche