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Diritto urbanistico

Lezione 11
Prof. Fabrizio Lorenzotti
Martedì 5 giugno 2018

I BENI PUBBLICI
Le pubbliche amministrazioni, per il raggiungimento delle loro finalità istituzionali,
devono necessariamente avvalersi di mezzi e risorse, cioè di beni.
Esse si avvalgono di beni propri e di beni di proprietà altrui, questi ultimi utilizzati in
base a titoli diversi: un diritto reale su cose altrui (usufrutto, superficie, servitù, ecc.), un
diritto da obbligazione (un contratto, un atto d’obbligo unilaterale, ecc.).

In materia di individuazione dei beni pubblici si può impiegare:


a) un criterio soggettivo, basato sull'appartenenza del bene ad un soggetto pubblico.
E’ pubblico il bene che appartiene ad un soggetto pubblico. Ad esempio, se la piscina
appartiene al Comune, la piscina è pubblica; se, invece, appartiene ad un privato è privata.
Ugualmente, se la strada appartiene alla Provincia (strada provinciale) è pubblica; se la strada
appartiene ad un privato è privata;
b) un criterio oggettivo, fondato sulla natura di interesse pubblico generale dei beni
stessi a prescindere dall’appartenenza pubblica o privata. Ad esempio, nel caso di raccolte e
collezioni di interesse storico o artistico di proprietà privata, viene ad essere realizzato lo
stesso interesse culturale della collettività al quale sono preordinate le analoghe collezioni di
proprietà pubblica. In questi casi le collezioni private sono, dal punto di vista oggettivo,
assoggettate ad una disciplina pubblicistica.
I beni privati di interesse pubblico possono essere assoggettati ad una serie di vincoli e
limitazioni che trovano la loro giustificazione nell'art. 42 Cost., e precisamente nella funzione
sociale della proprietà;
c) un criterio misto, che tiene conto sia dell'elemento soggettivo che di quello
oggettivo.

I beni pubblici sono suddivisi in tre categorie:


beni demaniali;
beni patrimoniali indisponibili;
beni patrimoniali disponibili.

Le prime due categorie: i beni demaniali e quelli patrimoniali indisponibili servono


alla soddisfazione immediata di bisogni collettivi ed alla esplicazione delle funzioni proprie
degli enti pubblici.
La distinzione tra le due categorie dipende da ragioni di opportunità politiche, storiche
o di pratica convenienza e va, pertanto, impostata sotto un profilo meramente formale, cioè
in base alle elencazioni contenute nel codice civile.
Sono, rispettivamente, beni demaniali e beni patrimoniali indisponibili quelli che
ricevono tali qualificazioni dal codice civile.
Più specificamente: sono beni demaniali i beni di proprietà degli enti pubblici
territoriali indicati negli artt. 822 e 824 cod.civ.
E’ necessario sottolineare che, quasi sempre, la legge attribuisce il carattere della
demanialità soltanto a determinati beni di proprietà, non di qualsiasi ente pubblico, ma degli
enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni).
1
Qualche eccezione a questa regola può aversi per gli immobili riconosciuti d'interesse
storico, archeologico e artistico e per le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi,
delle biblioteche: infatti, sono beni demaniali che possono appartenere a soggetti più ampi di
quelli individuati dalla categoria degli enti pubblici territoriali.

Sono beni patrimoniali indisponibili i beni di proprietà degli enti pubblici indicati
nell’art. 826 cod.civ.

I BENI DEMANIALI
L’art. 822 cod. civ. indica i beni demaniali dello Stato; l’art. 824 cod. civ. indica i
beni demaniali dei Comuni e delle Province.

Il demanio statale
In base all’art. 822 cod. civ.:
“1. Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la
spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle
leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
2. Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade,
le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti
d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei
musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla
legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”.

I beni demaniali sono stati per secolare tradizione esclusivamente beni immobili,
ma il codice vigente (art. 822) ha incluso anche alcune universalità di beni mobili, ed
esattamente le raccolte dei musei, pinacoteche, archivi e biblioteche.

Il demanio di Province e Comuni


In base all’art. 824 cod. civ.:
“1. I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se
appartengono alle Province o ai Comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico.
2. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali”.

Il demanio delle Regioni


All’epoca del codice civile non erano prevedibili le Regioni, ma attualmente esiste
anche un demanio delle Regioni.
Fanno parte del demanio regionale i beni della specie di quelli indicati nel secondo
comma dell´art. 822 cod. civ., se appartengono a Regioni.
Il precedente testo dell’art. 119 della Costituzione, al comma 4, disponeva
espressamente: “La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità
stabilite con legge della Repubblica”
Il nuovo testo dell’art. 119 Cost (quello vigente dopo l’entrata in vigore della legge
costituzionale 3/2001) stabilisce, al comma 7: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e
le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati
dalla legge dello Stato”.
Comunemente si ritiene che nel termine “proprio patrimonio” sia implicitamente
incluso anche il demanio delle Regioni.

2
Comunque si riferiscono al demanio delle Regioni gli Statuti delle Regioni a statuto
speciale (Trentino-Alto Adige, Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta e Friuli - Venezia Giulia).
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, menziona in relazione a tutte le
Regioni, siano esse a statuto ordinario o a statuto speciale, la proprietà demaniale.

Demanio necessario e demanio accidentale.


Secondo la disciplina dell'art.822 c.c., i beni demaniali si distinguono in beni del
demanio necessario (quelli del comma 1) e beni del demanio accidentale (quelli del comma
2).
I beni del demanio necessario devono “necessariamente” appartenere ad enti pubblici
territoriali; di preferenza (fino ad oggi) i beni del demanio necessario debbono appartenere
allo Stato. Fanno eccezione al criterio dell’appartenenza statale i porti lacuali che
appartengono al demanio delle Regioni.
La legge 16 maggio 1970, n. 281, all’art. 11, stabilisce: sono trasferiti alle Regioni e
fanno parte del demanio regionale i porti lacuali.

I beni del comma 2 dell’art. 822 possono anche appartenere a privati. Se appartengono
ad enti pubblici territoriali, sono beni demaniali. E’ questa la ragione per cui vengono definiti
beni di demanio accidentale o eventuale.

CARATTERI DELLA DEMANIALITA’


La demanialità di un bene comporta anche la demanialità di tutte le sue pertinenze,
ai sensi dell'art. 818 cod.civ. (“Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa
principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto”).
La demanialità di un bene comporta, inoltre, anche la demanialità di tutte le servitù a
favore del bene demaniale, come disposto dall'art. 825 cod.civ. (“Sono parimenti soggetti al
regime del demanio pubblico i diritti reali che spettano allo Stato, alle province e ai comuni su
beni appartenenti ad altri soggetti, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno
dei beni indicati dagli articoli precedenti o per il conseguimento di fini di pubblico interesse
corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi”).

Al contrario, non sono di regola considerati demaniali gli eventuali frutti dei beni
demaniali.

CONDIZIONE GIURIDICA DEI BENI DEMANIALI: inalienabilità,


inusucapibilità, imprescrittibilità, inespropriabilità.
E’ disciplinata dall’art. 823 del codice civile: “I beni che fanno parte del demanio
pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei
modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio
pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi
ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice”.
Più specificamente, i beni demaniali sono inalienabili, non possono essere
acquistati per usucapione e il diritto di proprietà di questi beni non è soggetto a
prescrizione.
In base all’art. 4 del testo unico dell’espropriazione (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) i
beni demaniali non possono essere espropriati fino a quando non ne viene pronunciata la
sdemanializzazione.
3
I BENI PATRIMONIALI INDISPONIBILI.
Fanno parte del patrimonio indisponibile i beni indicati dai commi 2 e 3 dell'art.
826 cod. civ..
Essi possono costituire patrimonio indisponibile dello Stato, delle Regioni, delle
Province e dei Comuni.
Il comma 2 di detto articolo dispone: "Fanno parte del patrimonio indisponibile dello
Stato le foreste, le miniere, le cave e torbiere, quando la disponibilità ne é sottratta al
proprietario del fondo, le cose di interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico
e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la
dotazione della Corona (adesso Presidenza della Repubblica), le caserme, gli armamenti, gli
aeromobili militari e le navi da guerra".
Il comma 3 dell'art. 826 dispone a sua volta: "Fanno parte del patrimonio indisponibile
dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni, secondo la loro appartenenza, gli
edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un
pubblico servizio".

CONDIZIONE GIURIDICA DEI BENI DEL PATRIMONIO INDISPONIBILE:


divieto del mutamento di destinazione.
In base all’art. 828, comma 2, del codice civile: “I beni che fanno parte del patrimonio
indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle
leggi che li riguardano”.
Diversamente dai beni demaniali, i beni che rientrano nel patrimonio
indisponibile non posseggono il carattere della inalienabilità come regola assoluta.
L'unica regola comune a tutti i beni pubblici indisponibili contenuta nell'art.828,
comma 2, cod. civ. non é quella dell'inalienabilità, ma quella che tali beni “non possono
essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano”.
Tale regola comporta la nullità di tutti gli atti destinati ad incidere sulla destinazione
del bene, che non siano quelli di volta in volta previsti dalle leggi.
In base all’art. 4 del testo unico dell’espropriazione (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) i
beni appartenenti al patrimonio indisponibile possono essere espropriati soltanto per
conseguire un interesse pubblico di rilievo superiore a quello soddisfatto con la precedente
destinazione.

PASSAGGIO DEI BENI DA UNA CATEGORIA ALL’ALTRA DEI BENI


PUBBLICI
I beni demaniali possono essere “sdemanializzati” e passare al patrimonio
indisponibile o al patrimonio disponibile.
I beni patrimoniali indisponibili, nei casi previsti dalle leggi, possono passare al
patrimonio disponibile.
Il passaggio dei beni a diversa categoria richiede uno specifico provvedimento della
P.A. ed è disciplinato dall’art. 829 cod. civ.:
“Il passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato deve essere
dichiarato dall'autorità amministrativa. Dell'atto deve essere dato annunzio nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica.

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Per quanto riguarda i beni delle province e dei comuni, il provvedimento che dichiara
il passaggio al patrimonio deve essere pubblicato nei modi stabiliti per i regolamenti comunali
e provinciali”.

La giurisprudenza, sia pure con molti contrasti e ripensamenti, ammette anche una
sdemanializzazione tacita che deve risultare da comportamenti univoci e concludenti da cui
emerga con certezza la rinuncia alla funzione pubblica del bene (Cons. Stato Sez. V, 12 aprile
2007, n. 1701).

I BENI PATRIMONIALI DISPONIBILI


I beni patrimoniali disponibili degli enti pubblici, a differenza dei beni delle prime
due categorie (demaniali e patrimoniali indisponibili) sono soggetti alla disciplina di diritto
comune: si tratta infatti dei beni che la pubblica amministrazione (enti territoriali e ogni altro
ente pubblico) possiede a titolo di proprietà civilistica.
Vi rientrano i fondi rustici, gli immobili urbani, le aziende industriali non destinate a
servizi pubblici, le quote di partecipazione in imprese private, il denaro esistente in cassa e
quello di cui l'Amministrazione sia creditrice.

A differenza dei beni patrimoniali disponibili che possono essere affidati a terzi con
contratti di diritto comune (locazione), i beni demaniali e patrimoniali indisponibili,
considerata la loro comune destinazione pubblica, possono essere attribuiti in godimento a
privati soltanto nella forma della concessione amministrativa (Cassazione a Sezioni Unite n.
12065 del 2007; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6265 del 2007 e n. 3820 del 2007), la quale, di
regola, si configura nella combinazione di un atto autoritativo unilaterale (provvedimento
amministrativo) e di una convenzione accessoria con il concessionario, di attuazione dell'atto
(T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, Sez. I, 6 agosto 2013, n. 269

LA PRIVATIZZAZIONE DEI BENI PUBBLICI


Per quanto riguarda il recente passato, la legge 23 novembre 2001, n. 410, ha stabilito
che l'Agenzia del demanio operi una ricognizione dei beni del patrimonio immobiliare dello
Stato nonché dei beni degli enti pubblici non territoriali e di altri beni pubblici.
La ricognizione avviene distinguendo i beni demaniali, i beni patrimoniali
indisponibili e i beni patrimoniali disponibili.
I beni immobili così individuati possono poi, con decreti, essere trasferiti a titolo
oneroso alle SCIP. Infatti, sempre la legge 410/2001 ha autorizzato il Ministro dell'economia
e delle finanze a costituire le "Società cartolarizzazione immobili pubblici" (SCIP).
Queste società operano con la tecnica della cartolarizzazione (traduzione del termine
inglese securitization): uno degli strumenti di finanza innovativa.
Con la tecnica della securitization i beni immobili vengono convertiti in prodotti
finanziari rappresentati da titoli negoziabili collocabili sui mercati, attraverso la loro cessione
ad un soggetto specializzato (società veicolo o fondo immobiliare).

IL FALLIMENTO DELL’ESPERIENZA DELLE SCIP


SCIP 1 - Verso la fine del 2001, il Ministro dell’Economia Tremonti trasferisce una
prima tranche di 27.500 immobili appartenenti agli enti previdenziali (INPS, INPDAP,
INAIL, INPDAI) in una Società la SCIP s.r.l., costituita in Lussemburgo con un capitale di
10.000 (diecimila !) euro, con uno scozzese, Gordon Burrows, quale amministratore unico e
della quale risultano azioniste due Fondazioni olandesi.
5
Viene offerto al mercato per 3,8 miliardi un patrimonio immobiliare valutato 5,1
miliardi. Il 30 giugno del 2008, al netto delle spese sostenute, l’attivo è di 1,3 miliardi.

SCIP 2 - Alla fine del 2002, il Ministro dell’Economia Tremonti lancia "la più grande
cartolarizzazione mai fatta da uno Stato europeo". L’operazione inizia con 62.800 immobili in
vendita appartenenti allo Stato e agli enti previdenziali, per un valore di mercato pari a 10
miliardi e un prezzo di 7,8 miliardi. Le vendite non vanno bene e l’operazione si chiude con
un saldo negativo di 1,7 miliardi.

FINISCE L’ESPERIENZA DELLE SCIP


Con l'articolo 43-bis del decreto-legge 207/2008 (cd. "milleproroghe"), convertito con
modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, terminano SCIP 1 e SCIP 2.
Detto articolo stabilisce (in sintesi): in considerazione dell'eccezionale crisi economica
internazionale e delle condizioni del mercato immobiliare e dei mercati finanziari, i patrimoni
separati relativi alle operazioni di cartolarizzazione SCIP 1 e SCIP 2 sono posti in
liquidazione.
I beni immobili di proprietà SCIP sono ritrasferiti in proprietà ai soggetti
originariamente proprietari degli stessi.

INVIMIT SGR S.p.a. e la privatizzazione dei beni pubblici


La legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modifiche e integrazioni contiene
“Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare”.
L’art. 33 stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, venga
costituita una società di gestione del risparmio (SGR), una società per azioni che gestirà il
patrimonio immobiliare dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti
pubblici, compresi gli enti previdenziali.
La società per azioni è denominata “Investimenti Immobiliari Italiani Società di
Gestione del Risparmio” e, in forma abbreviata, “INVIMIT SGR S.p.a.”, è posseduta al cento
per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze (Il capitale sociale è stabilito in Euro
due milioni, integralmente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze,
rappresentato da due milioni di azioni nominative, del valore nominale di Euro uno
ciascuna), ha sede in Roma e la sua durata è stabilita fino al 31 dicembre 2100, salvo
anticipato scioglimento od eventuale proroga deliberata dall'Assemblea dei soci.
INVIMIT SGR S.p.a. può attrarre capitali privati italiani ed esteri al fine di valorizzare
il patrimonio immobiliare pubblico
La società opererà su due principali linee:
un fondo che gestirà direttamente gli immobili pubblici, con un valore che dovrebbe
raggiungere i 6-8 miliardi entro il 2017;
un fondo di fondi immobiliari gestiti da terzi.
La Società può svolgere, nei limiti delle normative vigenti, ogni operazione
commerciale, finanziaria, mobiliare e immobiliare necessaria ed opportuna ai fini del
perseguimento dell'oggetto sociale.

INTERVENTI EDILIZI E TITOLI ABILITATIVI EDILIZI.


PRIMA PARTE

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Di seguito ci riferiremo molto spesso al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che è il
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia e che, per
brevità, chiameremo T.U. edilizia.

Le definizioni degli interventi edilizi


Le definizioni degli interventi edilizi, sono contenute nell’art. 3 del T.U. edilizia.
Sono definizioni molto importanti e prevalgono sulle disposizioni degli strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti edilizi comunali.
L’art. 3 distingue:

a) "interventi di manutenzione ordinaria", sono gli interventi edilizi che riguardano


le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle
necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
Per fare degli esempi, rientrano nella manutenzione ordinaria il rifacimento di intonaci
interni ed esterni, la sostituzione di pavimenti, il rifacimento degli impianti termici, idrici ed
elettrici, la sostituzione delle impermeabilizzazioni, la sostituzione e la riparazione degli infissi.

b) "interventi di manutenzione straordinaria", riguardano le opere e le modifiche


necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare
ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria
complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso. Nell'ambito
degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel
frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se
comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico
urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga
l'originaria destinazione d'uso.

c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi


rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme
sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali
dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con
tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico
generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il
ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi
accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi
estranei all'organismo edilizio.
Per i beni culturali resta ferma la definizione di restauro prevista dall’art. 29, comma
4, del decreto legislativo 42/2004: “Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene
attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del
bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni
immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il
restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale”.

d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli


organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il
ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la
modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di
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ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e
ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni
necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di
edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione,
purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento
agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione
edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.

e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica


del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti.
Sono comunque considerati interventi di nuova costruzione:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di
quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi
pertinenziali, quanto previsto alla successiva lettera e.6);
e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi
dal Comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che
comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori
per i servizi di telecomunicazione (la lettera e.4 è da ritenersi abrogata in base a quanto
stabilito dagli artt. 87 e seguenti del decreto legislativo n. 259 del 2003);
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi
genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di
quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in
strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto
il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative
regionali di settore;
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in
relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino
come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume
superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per
attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la
trasformazione permanente del suolo inedificato;

f) "interventi di ristrutturazione urbanistica", sono interventi rivolti a sostituire


l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di
interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete
stradale.

Lo sportello unico per l’edilizia (art. 5 del T.U. edilizia)


I Comuni provvedono, anche mediante esercizio in forma associata delle strutture ai
sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero accorpamento, disarticolazione,
soppressione di uffici o organi già esistenti, a costituire un ufficio denominato Sportello unico
per l’edilizia, che cura tutti i rapporti fra il privato, l’amministrazione e, ove occorra, le altre
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amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all’intervento edilizio oggetto della richiesta
di un titolo abilitativo edilizio.
Lo sportello unico per l’edilizia costituisce l’unico punto di accesso per il privato
interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo
edilizio e l’intervento edilizio.
Lo sportello unico per l’edilizia fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le
pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte. Acquisisce altresì presso le amministrazioni
competenti, anche mediante conferenza di servizi gli atti di assenso, comunque denominati,
delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del
patrimonio storico-artistico, dell’assetto idrogeologico o alla tutela della salute e della
pubblica incolumità.
Le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dallo sportello unico
per l’edilizia; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che
sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori,
nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati, ma
sono tenuti a trasmettere immediatamente allo sportello unico per l’edilizia le denunce, le
domande, le segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati,
dandone comunicazione al richiedente.
Lo sportello unico per l’edilizia acquisisce, mediante le conferenze di servizi, gli atti
di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio.
Tra questi assensi rientrano, in particolare:
il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa
antincendio;
le autorizzazioni e le certificazioni per le costruzioni in zone sismiche;
l’assenso dell’amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia
contigue ad opere di difesa dello Stato o a stabilimenti militari;
l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale in caso di costruzione,
spostamento e modifica di edifici nelle zone di salvaguardia in prossimità della linea doganale
e nel mare territoriale;
l’autorizzazione dell’autorità competente per le costruzioni su terreni confinanti con il
demanio marittimo;
ecc.
Lo sportello unico per l’edilizia accetta le domande, le dichiarazioni, le segnalazioni,
le comunicazioni e i relativi elaborati tecnici o allegati presentati dal richiedente con modalità
telematica e provvede all’inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni
che intervengono nel procedimento, le quali adottano modalità telematiche di ricevimento e di
trasmissione.

Lo sportello unico per le attività produttive


Lo sportello unico per l’edilizia non è veramente unico perché resta ferma la
competenza dello sportello unico per le attività produttive (SUAP) di cui al D.P.R. 7
settembre 2010, n. 160, secondo cui il SUAP è l’unico soggetto pubblico di riferimento
territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive e di
prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione,
trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché
cessazione o riattivazione delle suddette attività.
Il DPR 160/2010 intende il concetto di attività produttive in senso molto ampio: vi
rientrano le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e
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artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari
finanziari e i servizi di telecomunicazioni.
In sintesi possiamo dire che, per gli interventi edilizi a carattere abitativo
(residenziale) bisogna rivolgersi allo Sportello unico per l’edilizia, invece, per tutti gli altri
interventi edilizi, è necessario rivolgersi allo Sportello unico per le attività produttive.

Interventi edilizi che non richiedono un titolo abilitativo edilizio


Tra poco diremo che cosa si intende precisamente per titolo abilitativo edilizio, intanto
ci occupiamo degli interventi edilizi che non richiedono alcun titolo abilitativo edilizio e che
sono suddivisi dal T.U. edilizia in due categorie:
gli interventi di edilizia libera;
gli interventi edilizi delle pubbliche amministrazioni.

L’attività edilizia libera (Art. 6 del T.U. edilizia)


Non richiedono alcun titolo abilitativo edilizio gli interventi di edilizia libera, che
sono:
gli interventi di manutenzione ordinaria;
gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile
nominale inferiore a 12 Kw;
gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la
realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;
le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere
geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree
esterne al centro edificato;
i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le
pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari;
le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo
svolgimento dell’attività agricola;
le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che
siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico
comunale, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non
accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati. Sui locali tombati, nel sito
dell’ordine degli architetti di Roma, si trova questa definizione dell’arch. Rolando De
Stefanis: “E’ certo, che si possa trattare di locali chiusi sotterranei, inaccessibili, che possono
essere, a mio parere, vuoti o pieni. Quello che resta oscuro, è la necessità di avere una
procedura semplificata per realizzare locali inaccessibili. Forse, l’intenzione del legislatore,
che non è specificata, era quella di facilitare i lavori relativi al tombamento di locali
preesistenti, ormai inutilizzati e pericolosi;
i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori delle
zone A) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444;
le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli
edifici.
Rientra nelle attività edilizie libere anche l'installazione dei depositi di gas di petrolio
liquefatti di capacità complessiva non superiore a 13 mc.

L’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni (Art. 7 T.U. edilizia)


Non sono richiesti titoli abilitativi per gli interventi edilizi delle pubbliche
amministrazioni e, più specificamente, per:
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a) opere e interventi pubblici che richiedano per la loro realizzazione l’azione integrata
e coordinata di una pluralità di amministrazioni pubbliche, allorché l’accordo delle stesse,
raggiunto con l’assenso del Comune interessato, sia pubblicato, quale accordo di programma,
in base all’art. 34, comma 4, del testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo 18
agosto 2000, n. 267;
b) opere pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su
aree del demanio statale e opere pubbliche d’interesse statale, da realizzarsi dagli enti
istituzionalmente competenti, ovvero da concessionari di servizi pubblici, previo
accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del D.P.R. 18
aprile 1994, n. 383;
c) opere pubbliche dei Comuni deliberate dal Consiglio comunale, ovvero dalla Giunta
comunale, in base alle rispettive competenze, assistite dalla validazione del progetto, ai sensi
dell’art. 47 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (attualmente la disciplina della validazione
del progetto è contenuta nell’art. 26 del decreto legislativo 18 ottobre 2016, n. 50, e
successive modificazioni).

I titoli abilitativi edilizi


Cercando di non moltiplicare le figure, possiamo affermare che i titoli abilitativi
edilizi principali sono quattro:
CIL, comunicazione di inizio lavori;
CILA, comunicazione inizio lavori asseverata;
SCIA, segnalazione certificata di inizio attività:
permesso di costruire
(la SCIA alternativa al permesso di costruire, può essere considerata come una
variante della SCIA vera e propria, mentre il rilascio del permesso di costruire in seguito al
silenzio assenso può essere visto come un incidente di percorso nell’ambito del procedimento
di rilascio del permesso di costruire).

Una regola generale sulla documentazione amministrativa necessaria per


conseguire i titoli abilitativi edilizi (Art. 9-bis T.U. edilizia)
Ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti
dal testo unico edilizia, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d’ufficio i documenti, le
informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche
amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla
veridicità e sull’autenticità di tali documenti, informazioni e dati.

Le attività edilizie soggette a semplice comunicazione di inizio lavori (CIL) – (Art.


6, comma 1, lettera e-bis, T.U. edilizia).
Le opere di cui alla lettera e-bis) del comma 1 dell’art. 6 del testo unico dell’edilizia,
cioè le “opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere
immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non
superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione
comunale”.
Questo è l’unico caso in cui è richiesta una semplice CIL non asseverata, in base
all’art. 3 del decreto legislativo n. 222 del 2016.

La comunicazione di inizio dei lavori asseverata (CILA). – L’art. 3 del decreto


legislativo n. 222 del 2016 ha introdotto, nel testo unico dell’edilizia, l’art. 6-bis “Interventi
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subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata” (CILA).
La CILA consiste in una comunicazione asseverata da un tecnico abilitato, il quale
attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici
approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché la loro compatibilità con la normativa in
materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell'edilizia e che gli stessi non
coinvolgono le parti strutturali dell'edificio.
La CILA deve contenere anche i dati identificativi dell'impresa alla quale affidare la
realizzazione dei lavori.
Il soggetto interessato può trasmettere, se vuole, per via telematica all'amministrazione
comunale la CILA unitamente all’elaborato progettuale.
Per gli interventi soggetti alla CILA, se la comunicazione di fine lavori è
accompagnata dalla documentazione necessaria per la variazione catastale, quest'ultima è
tempestivamente inoltrata da parte del Comune ai competenti uffici dell'Agenzia delle entrate.
La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione
pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è
effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione.

Il carattere generale residuale della CILA


La CILA ha un carattere generale residuale: con questo titolo abilitativo edilizio
possono essere realizzati tutti gli interventi che non sono definibili di attività edilizia libera ai
sensi dell’art. 6 del T.U. edilizia, oppure che non sono subordinati al permesso di costruire o
alla SCIA, rispettivamente ai sensi degli artt. 10 e 22 del medesimo testo unico.
Però, sono fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi
e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, e comunque nel rispetto delle altre normative di
settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza
energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice
dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Pertanto, le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi, ecc.,
potrebbero ritenere insufficiente la CILA, infrangendo la sua residualità, e richiedere la SCIA
o il permesso di costruire.

Gli interventi edilizi realizzabili con la CILA


Esaminiamo gli interventi edilizi per i quali è richiesta la CILA, suddividendoli nel
seguente modo: dapprima, lettere da a) a c), riportiamo le indicazioni su cui concordiamo e,
poi, nelle lettere successive, quelle che non condividiamo.
a) La CILA per la manutenzione straordinaria leggera.
b) La CILA per il restauro e risanamento conservativo leggero.
c) La CILA per la realizzazione di pertinenze minori. – Sono gli interventi
pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e
al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, non qualifichino come interventi di nuova
costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume inferiore al 20% di quello
dell'edificio principale.
Invece, se le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione
e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualificano detti interventi di nuova
costruzione, ovvero se essi comportano la realizzazione di un volume superiore al 20% di
quello dell'edificio principale, è richiesto il permesso di costruire.
d) Interventi edilizi che normalmente rientrano nell’attività edilizia libera, ma
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che, in presenza di alcune variazioni, necessitano della CILA.
d1) gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che comportino la
realizzazione di ascensori esterni, oppure di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio.
E’ da dubitare che sia sufficiente la CILA per qualsiasi ascensore esterno o per
qualsiasi modifica della sagoma, mentre è più ragionevole richiedere la SCIA;
d2) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo, all’interno dei centri
edificati, che abbiano carattere geognostico, ad esclusione delle attività di ricerca di
idrocarburi.
Anche in questo caso, c’è da dubitare che sia sufficiente la CILA, mentre è più
ragionevole ritenere che queste opere non siano affatto ammissibili nei centri storici o nelle
zone intensamente edificate;
d3) i movimenti di terra non inerenti all’attività agricola.
Di nuovo, non è convincente l’ammissibilità della CILA per movimenti di terra
inerenti, ad esempio, all’attività produttiva o alla costruzione di edifici e manufatti. E’
preferibile valutare, caso per caso, se sia necessaria la SCIA o addirittura debba essere
rilasciato il permesso di costruire.
d4) invece, è da condividere la sufficienza della CILA per la realizzazione delle serre
mobili stagionali con strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola.

La segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). – Per la disciplina della SCIA


in materia edilizia bisogna iniziare dall’art. 19 della legge n. 241 del 1990, inserendo gli
adattamenti imposti dal testo unico dell’edilizia.
La SCIA è corredata sia delle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati,
accompagnate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza
dell’amministrazione, sia delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e degli atti di
notorietà, per quanto riguarda gli stati, le qualità personali e i fatti che possono essere provati
con dette dichiarazioni, ai sensi degli artt. 46 e 47 del testo unico sulla documentazione
amministrativa, di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
Le dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni sostituiscono gli atti, i pareri e
l’esecuzione di verifiche preventive di organi o enti appositi richiesti dalla normativa, salve le
verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.
La SCIA, con i suddetti corredi ed elaborati tecnici, può essere presentata a mezzo
posta con raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è
previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la SCIA si considera
presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione.
L’attività edilizia oggetto della SCIA può essere iniziata dalla data della sua
presentazione.
Ai sensi del comma 6-ter dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, la SCIA non
costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile (è da ritenere che la stessa
situazione valga per la CILA). Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche
spettanti al Comune e, in caso di inerzia, possono esperire esclusivamente l'azione dinanzi al
TAR avverso il silenzio della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 31 del codice del
processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
Le leggi delle Regioni a statuto ordinario possono ampliare o ridurre l'ambito
applicativo delle disposizioni che prevedono l’utilizzazione della SCIA. Però, nonostante tali
ampliamenti o riduzioni, restano ferme le sanzioni penali previste dall’art. 44 del testo unico
dell’edilizia riguardanti le violazioni del permesso di costruire (comma 4 dell’art. 22 del
medesimo testo).
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Infine, il comma 7 dell’art. 22 fa comunque salva la facoltà dell'interessato di chiedere
il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione degli interventi soggetti alla SCIA,
senza l’obbligo del pagamento del contributo di costruzione, ad eccezione dei casi in cui le
leggi regionali assoggettino alcuni interventi (normalmente richiedenti la SCIA) al pagamento
di detto contributo.
Nel caso di richiesta del permesso di costruire per gli interventi soggetti a SCIA, la
violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comporta l'applicazione delle sanzioni
previste dall’art. 44 per il permesso di costruire, ma è soggetta all'applicazione delle sanzioni
stabilite dall’art. 37 per la SCIA.

Gli interventi edilizi subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività


(Art. 22 T.U. edilizia)
Sono realizzabili mediante la SCIA:
a) gli interventi di manutenzione straordinaria che riguardino le parti strutturali
dell'edificio;
b) gli interventi di restauro e di risanamento conservativo che riguardino le parti
strutturali dell'edificio;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia leggera. Sono gli interventi rivolti a
trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi
comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio,
l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al
ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che,
con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione
edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.
Inoltre sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti a
permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non
modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio
qualora sottoposto a vincolo ai sensi del codice dei beni culturali e paesaggistici.
Infine, sono realizzabili mediante segnalazione certificata d'inizio attività e
comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire
che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle
prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di
assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela
del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.

Nell’ultima lezione del corso, quella del 19 giugno 2018, completeremo la


trattazione dei titoli abilitativi edilizi e degli interventi edilizi. In particolare ci
occuperemo del permesso di costruire e degli interventi ad esso assoggettati.

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