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2001, non hanno potuto esercitare alcuna potest legislativa che non fosse limitata ai musei
e alle biblioteche di enti locali e si sono viste inibire quasi ogni attivit amministrativa.
Nella precedente versione, infatti, l'articolo 117 assegnava alle regioni la competenza
legislativa soltanto in alcune materie espressamente elencate; quella generale, o residuale,
veniva riconosciuta allo Stato.
La riforma del titolo V della Costituzione ha invertito il criterio di riparto della potest
legislativa tra Stato e regioni, sicch la competenza esclusiva dello Stato oggi limitata alle
materie espressamente indicate all'articolo 117, dove vengono poi indicate altre materie che
sono di competenza concorrente, quindi lo Stato fissa il quadro generale nel cui ambito
legiferano poi le regioni; infine lart. 117 presuppone laffidamento alle regioni di una
competenza legislativa residuale per tutti quegli ambiti o materie non contemplati nei due
elenchi di materie esclusive dello Stato e concorrenti. Questo in linea generale, per ogni
materia regolata dalla legge.
In particolare, per i beni culturali risulta peculiare la suddivisione in due sottomaterie: da un
lato la tutela (secondo comma dell'articolo 117) affidata alla funzione legislativa esclusiva
dello Stato; dall'altro la valorizzazione inserita tra le materie di competenza concorrente
(terzo comma dell'articolo 117). La potest regolamentare spetta invece alle regioni per la
valorizzazione e allo Stato per le materie di legislazione esclusiva, salvo che lo Stato decida
di delegare anche quella potest alle regioni (ex articolo 117, sesto comma).
Quanto alle competenze amministrative, si superato il principio del parallelismo di
funzioni (per il quale chi aveva funzioni legislative esercitava anche quelle amministrative):
il nuovo titolo V attribuisce tutte le funzioni amministrative ai comuni, salvo che, per
assicurarne l'esercizio unitario, esse siano conferite ad enti superiori, sulla base di principi di
sussidiariet, differenziazione ed adeguatezza (articolo 118, primo comma).
Il terzo comma dell'articolo 118 si occupa inoltre di prevedere forme di raccordo tra diversi
livelli di governo; per i beni culturali si attribuisce alla legge statale la definizione di forme
d'intesa e coordinamento tra Stato e Regioni.
Occorre ricordare la previsione dell'articolo 116, terzo comma, sul cosiddetto regionalismo
differenziato, che ha affermato la possibilit di attribuire ulteriori forme e condizioni
particolari di autonomia.
I beni culturali dunque conservano una loro specialit: costituiscono l'unico ambito in cui
l'articolo 117 opera una distinzione non per materie, ma per funzioni.
La ripartizione delle competenze tra i diversi livelli di governo deve essere subordinata al
rispetto del principio sancito a livello costituzionale di leale collaborazione tra gli enti
territoriali, al fine di garantire la conservazione del patrimonio culturale e favorirne la
pubblica fruizione e valorizzazione.
TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI
Lart. 3 del codice contiene una disposizione di carattere generale recante la definizione
dellattivit di tutela dei beni culturali, rispetto alla quale si pone in una posizione
complementare la funzione della valorizzazione (art. 6).
Va osservato che n la legge n. 1089 del 1939 n il d.lgs. n. 490 del 1999 recavano la
nozione di tutela: da entrambi i corpi normativi emergeva esclusivamente una concezione
della tutela come attivit conservativa di tipo statico finalizzata allindividuazione del bene
culturale ed alla sua salvaguardia.
Il d.lgs. n. 112/98, sul c.d. federalismo amministrativo aveva invece fornito una dettagliata
definizione di tutela dei beni culturali: secondo lart. 148, comma 1 lettera c) (articolo
abrogato dal codice) essa consiste in ogni attivit diretta a riconoscere, conservare e
proteggere i beni culturali e ambientali. La definizione del codice, dopo aver individuato i
fini generali (individuare, conservare e proteggere il bene culturale) offre una nozione di
tutela normativa tipizzata (cfr. Sciullo): la tutela comprende la disciplina e lesercizio di
attivit non necessariamente ascrivibili allamministrazione e di funzioni espressione del
carattere unilaterale dellattivit provvedimentale dellamministrazione. Le funzioni
possono sostanziarsi in provvedimenti e possono acquisire natura precettiva come, ad
esempio, nellipotesi di misure ritenute idonee ad evitare che il bene subisca danni nel
trasporto.
La tipizzazione dellattivit di tutela non deve tuttavia indurre a ritenere che le attivit non
qualificate espressamente dal legislatore come attivit di tutela fuoriescano dallambito
della tutela, atteso che la conservazione (una delle finalit di tutela di cui allart. 3 primo
comma del codice) deve essere svolta in conformit alla normativa di tutela.
Una volta delineata la funzione di tutela, il codice nellart. 5 individua forme di
coordinamento e cooperazione tra il ministero e gli altri enti pubblici territoriali, al fine di
evitare la disorganicit e la frammentazione delle funzioni amministrative: talune funzioni
di tutela sono attribuite alle regioni relativamente a determinati beni culturali (manoscritti,
autografi, carteggi, incunaboli, raccolte librarie non appartenenti allo stato).
Quanto alle finalit proprie della valorizzazione la definizione offerta dal codice non si
discosta se non per alcune variazioni lessicali da quella fornita dallart. 148 del d.lgs. n.
112/98 (ogni attivit diretta a migliorare le condizioni di conoscenza e conservazione dei
beni culturali e ambientali e ad incrementarne la fruizione): si tratta di quellattivit
finalizzata alla promozione ed al sostegno della conoscenza, fruizione e conservazione del
patrimonio culturale.
Le funzioni di valorizzazione secondo lart. 152 del d.lgs. 112/98 erano suddivise nelle
attivit concernenti: a) il miglioramento della conservazione fisica dei beni e della loro
sicurezza, integrit e valore; b) il miglioramento dellaccesso ai beni e la diffusione della
conoscenza anche mediante riproduzioni, pubblicazioni ed ogni altro mezzo di
comunicazione; c) lorganizzazione di studi, ricerche ed iniziative scientifiche anche in
collaborazione con universit ed istituzioni culturali e di ricerca; d) organizzazione di
attivit didattiche e divulgative anche in collaborazione con istituti distruzione; e)
organizzazione di eventi culturali connessi ad operazioni di recupero, restauro; f)
organizzazione di itinerari culturali in collaborazione con enti ed organi competenti per il
turismo.
La scelta attuata dal codice di soffermarsi in particolare sulle definizioni di tutela e
valorizzazione dei beni culturali si giustifica per lesigenza imperante di adeguarsi al nuovo
contesto costituzionale di riferimento: il d.lgs. n. 42/2004 (il codice dei beni culturali e del
paesaggio) tuttavia ha inteso mitigare la separazione di competenze tra stato e regioni nelle
materie della tutela e della valorizzazione cos come tracciate dalla Costituzione,
mantenendo in capo allo stato le competenze relative agli interventi di valorizzazione e
gestione che avessero ad oggetto i beni ad esso riconducibili, secondo il principio sancito
dalla Corte costituzionale secondo il quale, con riferimento allattivit di valorizzazione, le
relative competenze spettano comunque al soggetto giuridico cui compete la disponibilit
del bene culturale (cfr. Barbati).
La valorizzazione si sostanzia in quellattivit che costituisce il presupposto fondamentale
della tutela: si tratta di attivit ulteriori finalizzate a migliorare le condizioni di fruibilit
collettiva di un bene culturale ma che deve essere attuata in forme compatibili con la tutela
per non pregiudicarne le esigenze (art. 6, secondo comma del codice).
A contribuire al miglioramento della conoscenza dei beni culturali sono i soggetti privati, le
associazioni no profit e tutti i soggetti pubblici (la repubblica, art. 6, terzo comma del
codice), ciascuno per il proprio ambito territoriale che sono chiamati a raggiungere intese ed
accordi con i soggetti privati al fine di realizzare adeguate forme di gestione.
INDIVIDUAZIONE DELLE TIPOLOGIE DI BENI CULTURALI
Gli artt. 10 e 11 del codice disaggregano la nozione di bene culturale cos come introdotta
dallart. 2, secondo comma, individuando una pluralit di tipologie di beni culturali.
Dallelencazione contenuta nellart. 10 emergono almeno tre differenti tipi di beni culturali:
i beni che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico
appartenenti a soggetti pubblici, i beni appartenenti a soggetti privati (persone giuridiche
private senza scopo di lucro) e le testimonianze aventi valore di civilt (lettura coordinata
delle disposizioni di cui allart. 2 e 10 del codice).
Il codice individua ulteriori categorie di beni (sono inoltre beni culturali) nel secondo
comma dellart. 10: ad assumere rilievo sono in particolare gli archivi ed i singoli documenti
appartenenti allo Stato e agli altri enti pubblici territoriali che sono stati qualificati come
beni culturali solo con il t.u. del 1999 (d.lgs. n. 490/99).
La categoria dei beni culturali si amplia con riferimento a quei beni per i quali sia
intervenuta la dichiarazione di interesse culturale di cui allart. 13 del codice (attribuendo
pertanto alla dichiarazione di cui allart. 13 una funzione costitutiva della condizione
giuridica tipica del bene culturale) e per i quali il codice, qualora appartengano a soggetti
privati, individua un interesse culturale particolarmente importante o un eccezionale
interesse artistico o storico (art. 10, terzo comma lettere b) e c) ).
Rientrano infine nella nozione di bene culturale determinati beni indipendentemente dal loro
regime giuridico di appartenenza (art. 10, terzo comma lettere d) ed e) ) che assumono la
qualifica di bene culturale per il loro essere costituite in insiemi coordinati complessi cui
la legge riconnette un interesse pubblico giuridicamente qualificato o per il loro
collegamento con eventi storici e culturali rilevanti.
Lart. 11 del codice arricchisce ulteriormente la nozione di bene culturale comprendendovi
beni che non rispondono alla definizione di bene culturale in senso stretto ma che sono
contemplati in particolari disposizioni normative.
VERIFICA DELLINTERESSE CULTURALE
Sistema previgente (legge n. 1089/1939 e d.p.r. 283/2000): gli enti pubblici territoriali
diversi dallo Stato e le associazioni no profit dovevano presentare al ministero lelenco
descrittivo dei beni di loro appartenenza che presumibilmente potevano avere interesse
storico e artistico. Gli elenchi assolvevano ad una funzione meramente dichiarativa: infatti
la mancata inclusione di taluni beni ritenuti culturali non escludeva il loro assoggettamento
alla disciplina della tutela, purch fossero di autore non pi vivente e risalissero ad oltre
cinquantanni.
La rilevazione dellinteresse culturale dei beni di propriet pubblica era sostanzialmente
lasciata al libero apprezzamento degli enti proprietari, determinando numerose incertezze.
La compilazione degli elenchi rilevava in quanto attivit di denuncia in senso proprio,
restando attribuita al ministero, unico soggetto giuridicamente e tecnicamente competente
ad effettuare riscontri ed apprezzamenti, la valutazione definitiva sul valore culturale del
bene inserito in elenco. Senonch la procedura di validazione ministeriale non stata mai
prescritta ed ha contribuito a diffondere la presunzione di culturalit dei beni culturali in
appartenenza pubblica.
Il t.u del 1999 aveva tentato di porre rimedio allinosservanza dellobbligo di
predisposizione degli elenchi da parte degli enti territoriali, attribuendo al ministero il potere
di intervenire nei confronti degli enti inadempienti attribuendo un termine per provvedere e,
in mancanza, prevedendo la compilazione dellelenco a spese dellente medesimo.
Successivamente, con il regolamento per lalienazione dei beni culturali in appartenenza
pubblica (d.p.r. 283/2000), c.d. regolamento Melandri si era sancita linalienabilit degli
immobili di interesse culturale non previamente denunciati al ministero tramite la
predisposizione degli elenchi.
Il codice, anche per ovviare a siffatto stato di incertezza giuridica, ha previsto la procedura
per la verifica dellattualit dellinteresse culturale.
Listituto giuridico della verifica dellinteresse culturale era stato gi previsto dal decreto
legge n. 269/2003 convertito nella legge n. 326/2004 recante disposizioni urgenti per
favorire lo sviluppo e per la correzione dellandamento dei conti pubblici.
Oggetto della verifica: beni culturali di cui allart. 10, primo comma (beni culturali in
propriet pubblica, anche appartenenti a soggetti pubblici successivamente privatizzati
secondo lart. 10, nono comma e ad associazioni no profit che, sempre secondo il nono
comma dellart. 10 potrebbero trasformarsi in associazioni con fini di lucro) che siano opera
di autore non pi vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquantanni. Ci implica che
la raccolte pubbliche di musei, archivi e biblioteche di cui allart. 10, secondo comma
posseggano gi un interesse culturale giuridicamente rilevante ope legis.
Il codice prevede un programma di ricognizione amministrativa della propriet culturale,
determinando una sorta di presunzione generale di culturalit per quei beni in propriet
pubblica che risalga ad oltre cinquantanni, i quali, tuttavia, allesito del procedimento di
verifica potrebbe anche fuoriuscire dalla categoria dei beni culturali: su ciascun bene dovr
effettuarsi una valutazione tecnica specifica per individuarne leffettivo valore culturale.
Con decreto ministeriale del 6 febbraio 2004 il ministero per i beni e le attivit culturali di
concerto con lagenzia del demanio ha stabilito le modalit per la verifica dellinteresse
culturale del patrimonio immobiliare pubblico. Ogni amministrazione pubblica interessata a
sottoporre propri beni alla verifica dellinteresse culturale dovr compilare la modulistica
rinvenibile sul sito web del ministero che prevede: i dati identificativi del bene, la
documentazione fotografica e le planimetrie.
Procedimento per la verifica: decorsi trenta giorni dalla pubblicazione sulla gazzetta
ufficiale del d.m. 6 febbraio 2004 le filiali dellagenzia del demanio devono trasmettere alle
direzioni regionali (soprintendenze regionali) un primo elenco (costituito da schede
descrittive per ciascun bene) di immobili in propriet statale da sottoporre alla verifica.
Il procedimento previsto dal codice pu essere ad iniziativa di parte o anche dufficio
(dufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono, art. 12, secondo
comma) e si articola su indirizzi di carattere generale stabiliti dal ministero
A venire in rilievo il meccanismo del silenzio significativo (si tratta di tutte quelle ipotesi
di inerzia dellamministrazione alle quali il legislatore attribuisce espressamente un
particolare significato giuridico: silenzio-assenso, silenzio-rigetto, silenzio-inadempimento).
Qualora il ministero non dia comunicazione dellesito della verifica entro 120 giorni dalla
richiesta prodotta dallente proprietario, al silenzio del ministero viene attribuito valore di
accertamento negativo dellinteresse culturale.
Tale conclusione del legislatore stata fortemente criticata, atteso che nel procedimento di
verifica gli organi competenti del ministero dovranno esprimere un giudizio di natura
tecnica da compiersi alla stregua di rigorose metodiche analitiche e diagnostiche e
lindicazione di un automatismo tempistico non appare in linea con le finalit della norma.
Del resto, listituto del silenzio significativo, mutuato dal d.l. 269/2003 trovava la sua
giustificazione nelle esigenze di natura finanziaria che richiedevano una rapida chiusura del
programma ministeriale di ricognizione dello stato della propriet culturale pubblica.
Problemi interpretativi: non del tutto chiaro se debbano essere sottoposti a verifica i beni
dichiarati assolutamente inalienabili ai sensi dellart. 54 del codice ma che comunque
rientrano nei beni culturali di cui al primo comma dellart. 10 del codice e costituenti
lambito oggettivo del procedimento di verifica: in particolare il dubbio riguarda le aree
archeologiche e gli immobili di cui allart. 54 lettera a).
A tal proposito potrebbero fornirsi due interpretazioni: se la verifica esclusivamente
funzionale alla individuazione effettiva della propriet culturale pubblica essa deve riferirsi
a tutti i beni richiamati dallart. 10, primo comma del codice.
Se invece essa finalizzata ad attivare procedure di dismissione del patrimonio culturale
immobiliare per ragioni di finanza pubblica, risulta superflua la sua applicazione a quei beni
dichiarati assolutamente inalienabili ai sensi dellart. 54 del codice.
Ancora pi problematico risulta il coordinamento tra la procedura di verifica e la disciplina
contenuta nellart. 55 del codice. Infatti pu accadere che la mancata sdemanializzazione di
un bene in seguito ad esito positivo della verifica possa comunque verificarsi con
lautorizzazione ministeriale (valutazione amministrativa discrezionale) ad alienare (art. 55)
a meno che non si tratti di bene dichiarato assolutamente inalienabile ai sensi dellart. 54
In caso di esito positivo della verifica: il bene qualificato come culturale viene sottoposto
alla disciplina di tutela. Si possono distinguere due ipotesi: 1- bene qualificato come
culturale e soggetto a vincoli conservativi che deve rimanere in propriet pubblica (art. 12 e
art. 54) 2- bene qualificato come culturale e soggetto a vincoli conservativi che pu anche
non appartenere ad un soggetto pubblico ed essere alienato (art. 12 e art. 55).
In caso di esito negativo: qualora si tratti di un bene demaniale (per beni demaniali si
intendono i beni individuati dallart. 822 del codice civile: Appartengono allo Stato e fanno
parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade i porti (demanio idrico), i
fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia (demanio
fluviale); le opere destinate alla difesa nazionale (demanio militare). Fanno parimenti parte
del demanio pubblico, se appartengono allo Stato (demanio c.d. accidentale), le autostrade e
le strade ferrate, gli aerodromi, gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse
storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia, le raccolte dei musei,
delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono
assoggettati dalla legge al regime proprio del demanio pubblico. Ai sensi dellart. 823 del
codice civile i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono
formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge)
e, una volta accertata linesistenza di ulteriori interessi pubblici afferenti al bene, si
proceder alla sdemanializzazione dello stesso, il quale sar liberamente alienabile.
IL VINCOLO INDIRETTO
Il vincolo indiretto volto a garantire una forma di protezione complementare di un
immobile di interesse storico-artistico attraverso lindividuazione di una specifica fascia di
rispetto idonea a preservare la circostante cornice ambientale, la luce, la prospettiva e le
condizioni di ambiente e decoro del bene culturale protetto in via diretta al fine di assicurare
il miglior godimento per la collettivit.
Esempi: si pu imporre il mantenimento della visibilit di scorcio e dinsieme ovvero dei
punti di visuale al fine di non compromettere la veduta prospettica del monumento).
Gli enti pubblici territoriali devono recepire le prescrizioni di tutela indiretta nei propri
regolamenti edilizi e negli strumenti di pianificazione urbanistica.
Procedimento: pu avviarsi dufficio (previa comunicazione dellavvio del procedimento
allinteressato) ovvero su richiesta della regione o altro ente territoriale.
La comunicazione comporta la temporanea immodificabilit del bene limitatamente agli
aspetti cui si riferiscono le prescrizioni contenute nella comunicazione.
Esso si conclude con la notifica al proprietario, possessore o detentore e con la trascrizione
del provvedimento di imposizione del vincolo nella conservatoria dei registri immobiliari ed
obbliga il proprietario a rispettarlo qualora intenda erigere nuove costruzioni o modificare
quelle esistenti.