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AL TEMPO LA SUA ARTE, ALL’ARTE LA SUA LIBERTA’. IL DENKMALKULTUS DI RIEGL (di Sandro Scarocchia)
III. Riegl, Dehio, Dvorak, Clemen: il contributo degli storici dell’arte alla moderna cultura di tutela
Il problema della tutela dei monumenti era diventato un motivo di scontro tra due modi di intenderla: il
restauro e la conservazione.
La conservazione era sostenuta da un numero sempre maggiore di specialisti e appassionati, a partire dalla
Lega fondata da Ruskin contro i restauratori; le argomentazioni dei difensori della conservazione tendevano
a sostenere quel punto di vista emergo ad opera di Georg Dehio nella controversia sulle sorti del castello di
Heidelberg “conservare, non restaurare”. Nel caso specifico si trattò di bloccare il progetto di ricostruzione e
di affermare la socializzazione del monumento storico attraverso la sua conservazione in stato di rovina e
inventariazione come documento del patrimonio culturale nazione.
Il primo ad aver posto il problema del significato generale del patrimonio artistico e storico in termini di
socialismo fu Georg Dehio, con questo termine si oppone a chi non permette la fruizione del patrimonio
culturale. Dal punto di vista estetico il bene artistico può stare all’interno di una dimensione di collezione
privata, ma dal punto di vista storico esso ha importanza in quanto entra in rapporto con le vicende collettive
nazionali, quindi la sua fruizione deve inserirsi in una dimensione sociale. Il patrimonio storico artistico
coincide con quello nazionale e pertanto vengono rivendicati i patrimoni che sono stati trafugati. Il
patrimonio è legato al popolo, al territorio e alla comunità, Dehio è contro ogni forma di restauro in quanto
non necessario in quanto atto di ripristino che intacca l’originalità e l’autenticità del bene.
Riegl critica l’idea del valore nazionale dei monumenti ma preferisce riferire i valori delle manifestazioni
artistiche ad una nozione di cultura antropologica, quindi presenta un’idea di oggettiva democratizzazione.
La fruizione democratizzata si riduce a questo: “conservare non restaurare” non significa conservare un bene
nazionale ma conservare un bene culturale dell’umanità in generale, e la tutela è compito della storia e della
critica e non degli artisti.
Riegl e Dehio si trovano però d’accordo per la possibilità di inserimenti di architettura moderna sempre nel
rispetto dell’insieme edilizio di una via o città. Deve coesistere un rapporto antico-nuovo negli interventi di
conservazione, e per quanto riguarda i beni della chiesa Riegl augura un compromesso tra conservazione del
parimonio artistico e autonomia dell’innovazione della sua produzione.
IV. I beni della chiesa
Riegl dedica attenzione particolare ai beni della chiesa perché essa ha cercato un rapporto diretto con la
produzione artistica. Il suo patrimonio storico artistico rappresenta una delle più vaste accumulazioni di
ricerche sul “divino”, il quale non conserva una dimensione statica assoluta ma è sempre in rapporto alla
pratica sociale del credo religioso. Riegls accenna ai processi di valorizzazione artistica che si verificano nella
chiesa soprattutto in rapporto tra arte e culto cristiano, poiché tale rapporto, secondo Riegl, porta a due
problemi: la conservazione del patrimonio artistico antico e l’autonomia dell’innovazione della sua
produzione.
V. Attualità del pensiero di Riegl per una politica dei beni culturali
Il concetto moderno di monumento, patrimonio, bene culturale, è mutato, e si è ampliato a comprendere
non solo realtà geografico-naturalistiche, ma anche aggregati antropologici. La nuova nozione di bene
culturale deriva da una nuova stratificazione di valori-prodotti di diverse competenze: della produzione
giuridica cui spetta la distinzione del valore dei beni culturali dai beni-merce, dall’apparato tecnico
amministrativo, dagli uffici di restauro, dall’urbanistica e dall’architettura. il restauro non sarà più scientifico
ma solo conservatorio; non si darà più nessuna teoria generale del restauro conservativo, ma solo
sperimentazione. L’accresciuta responsabilità nella operazione di conservazione dei beni architettonici e
ambientali comporta che ad esse faccia seguito una riflessione critico storica e di diffusione, in quanto che
valore ha l’intero patrimonio culturale se proprio l’esperienza non ci congiunge ad esso?
IL CULTO MODERNO DEI MONUMENTI, IL SUO CARATERE E I SUOI INIZI (di Alois Riegl)
Il valore dell’antico
Il valore dell’antico di un monumento si mostra a prima vista perché ci appare non moderno, questo aspetto
non si fonda tanto sulla forma stilistica perché lo stile e il giudizio sarebbero riservati quasi esclusivamente
alla cerchia ristretta degli storici dell’arte, al contrario il valore dell’antico influisce sulle grandi masse.
La storia dell’’arte insegna che lo sviluppo umano del Kunstwollen è un collegamento della singola opera
d’arte con il suo ambiente. Noi in ogni opera moderna cerchiamo un carattere di organicità, individuiamo
all’interno dell’opera una composizione dell’insieme in regolari linee di contorno che è indispensabile in ogni
creazione artistica. In questo sistema organico è presente un fattore estetico, che è un valore base dell’arte,
indicato come valore di novità. Pertanto la mancanza di organicità nelle opere moderne ci disgusterebbe.
Quando l’attività distruttiva della natura intacca un monumento capiamo che esso non è sorto in tempi
recentissimi ma in un tempo passato, quindi è qui che capiamo il valore dell’antico. Questo capire e percepire
il valore dell’antico avviene per effetto ottico. Nelle opere recenti disturbano i segni del degrado e del
trascorrere del tempo, così come nelle opere antiche disturbano i segni di un nuovo divenire (restauri).
Dunque dal punto di vista del valore dell’antico l’efficacia estetica è data dai segni del trascorrere impressi
nel monumento, pertanto il monumento non deve essere sottratto all’effetto del degrado delle forze
naturali, dato che questo effetto dà quel determinato valore al monumento; deve quindi essere evitato un
intervento dell’uomo.
Il valore dell’antico ha un vantaggio su tutti gli altri valori: ritiene di poter rivolgersi a tutti e di essere valido
per tutti perché si presenta come valore che appartiene a tutti senza diversità tra i diversi livelli culturali, per
questo si assicura sempre più “seguaci” e dunque una moderna tutela dei monumenti dovrebbe tener conto
di questo valore.
Il valore storico
Il valore storico di un monumento consiste nel fatto che questo valore ci rappresenta un grado specifico e
preciso dello sviluppo di un campo creativo dell’umanità. Quindi in questo caso non ci interessano le tracce
degli effetti naturali del degrado che sono manifestate dal tempo trascorso, ma ci interessa il suo stato iniziale
in quanto prodotto di un’opera umana. Il valore storico è tanto più alto quanto più trasparente si presenza il
grado dello stato originale concluso del monumento avuto al tempo della sua realizzazione, infatti per il
valore storico il degrado è un disturbo sgradito.
I sintomi del degrado che per il valore dell’antico sono la cosa principale, per il valore storico devono essere
eliminati con tutti i mezzi, ovviamente non sul monumento originale ma sulla sua copia o solo con riflessioni
e descrizioni. Per il valore storico non si tratta di conservare le tracce dell’antico e le trasformazioni causate
dal tempo, ma ha il compito di conservare un documento quanto più inalterato possibile per poi utilizzarlo
per integrarlo in una ricerca strico artistica; il documento deve rimanere intatto perché le generazioni future
possano controllare i nostri tentativi di ricostruzione e sostituirli con altri migliori. Se per il valore dell’antico
il degrado è importante ma deve essere lasciato libero nel suo percorso, per il valore storico il degrado non
è solo un disturbo ma ogni ulteriore degrado rende più difficile la ricostruzione scientifica di quell’opera nel
suo stato originario. In virtù di ciò il valore storico mira alla maggiore conservazione possibile di monumento
nel loro stato attuale e impedisce il percorso naturale del degrado delle forze della natura. Quindi per quanto
siano entrambi valori di memoria, sia il valore dell’antico e sia il valore storico, si contrappongono per il
fattore “tutela dei monumenti”.
Ci chiediamo allora come è possibile risolvere questo conflitto, e nel caso in cui non possa essere risolto quale
di questi valori bisogna sacrificare. Innanzitutto ricordiamo che il culto del valore dell’antico è il prodotto del
culto antico del valore storico, quindi si dovrebbe dischiarare il valore storico come qualcosa di superato,
mentre in secondo luogo per quanto riguarda il trattamento della tutela dei monumenti, il valore storico
dovrebbe passare in secondo livello poiché più vecchio. Entrambi i valori sono inversamente proporzionali
tra loro: più è grande il valore storico più è scarso il valore dell’antico. Poiché il valore storico si impone con
forza, il valore dell’antico viene soffocato; e viceversa in ogni caso in cui il valore storico del monumento è
un valore insignificante, il suo valore dell’antico si manifesterà di più.
Di fronte ad un degrado prematuro da parte delle forze della natura di un monumento il valore dell’antico
non potrà sottrarsi all’intervento della mano dell’uomo, quindi anche il valore dell’antico in certi casi richiede
la conservazione del monumento, e perciò gli interessi di entrambi i valori vanno a pari passo. Nel caso in cui
però dovesse accadere un conflitto tra i due valori, questi si affrontano come un principio conservatore per
il valore storico (perché esige una conservazione di tutto) e un principio radicale per il valore dell’antico.
Tuttavia la conservazione non può essere eterna epochè le forze della natura sono più forti dell’intelligenza
umana, ma, grazie alla produzione e crescente di mezzi di riproduzione tecnico artistici è possibile trovare il
surrogato (per esempio fotografie) così da risolvere in conflitto con il valore dell’antico.
Il valore d’uso
Un edificio antico che ancora oggi viene utilizzato deve essere conservato in una condizione tale che possa
far vivere le persone senza metterle in pericolo di vita, ogni danneggiamento effettuato dalle forze della
natura (umidità e infiltrazioni) deve essere risanata. Quindi il valore d’uso è inutile se un monumento non è
in fin di vita e non può fare nessuna concessione al valore dell’antico in quanto il degrado deve essere
eliminato. I monumenti ecclesiastici e laici di oggi per esempio, sono ancora idonei per l’uso pratico, se viene
tolto l’uso essi vengono sostituiti, andando contro il valore dell’antico perché si decide di non far procedere
il monumento al suo destino naturale.
Supponiamo che per tutti i monumenti utilizzabili possa essere creato un sostituto moderno, così che gli
originali antichi senza intervento di restauro possano concludere la loro esistenza naturale, in questo modo
non si risolve il conflitto tra valore d’uso e valore dell’antico, perché se si viene cessato l’utilizzo di quei
monumenti allora andrebbe perduta anche la percezione del valore dell’antico. Ad esempio siamo abituati a
vedere San Pietro sempre piena di visitatori, se un giorno non dovessimo più trovare questa fruizione
nascerebbe in noi l’impressione di una distruzione violenta; invece in monumenti che per noi non hanno più
significato pratico essi sviluppano il fascino del valore dell’antico. Quindi distinguiamo tra opere più antiche
e più recenti e tra opere utilizzabili e inutilizzabili, e di conseguenza abbiamo nel primo caso un interesse per
il valore storico e nel secondo caso sia per il valore d’uso e sia per il valore dell’antico. Dunque l’uso pratico
e continuo del monumento è importante anche per il valore dell’antico.
Il valore di novità
Ogni monumento, secondo la sua età e circostanze, ha un suo grado di degrado, minore o maggiore, ma
questo in base all’influenza della natura, pertanto il carattere concluso di forma e colore richiesto dal valore
di novità e irraggiungibile, per questo le opere d’arte vistosamente invecchiare sono poco soddisfacenti per
il moderno Kunstwollen che muta continuamente. Se un monumento che ha tracce di degradazione deve
piacere al volere moderno, allora deve essere liberato dalla traccia dell’antico e deve riguadagnare il
carattere di novità tipico delle nuove creazioni attraverso un intervento della forma e colore, ma ciò va in
conflitto con il valore dell’antico. infatti il valore di novità da sempre è stato il valore artistico delle masse
meno colore, mentre il valore artistico relativo poteva essere apprezzato solo dalle persone con una
formazione estetica. Alla massa piace ciò che visibilmente si presenza come nuovo, quindi il nuovo e l’intero
è bello, l’antico e il frammentato è brutto.
Tutta la tutela dei monumenti dell’800 si fondava su questa concezione tradizionale, ogni traccia evidente di
degrado dovuto dalle forze della natura doveva essere eliminata, l’incompleto doveva essere completato.
Nell’800 la reintegrazione del documento nel suo stato originario è stata la meta di tutta la tutela razionale
dei monumenti, solo il sorgere del valore dell’antico verso la fine dell’800 ha causato conflitti che esistono
da alcuni anni a questa parte, in tutti i luoghi dove ci siano monumenti da tutelare.
Il valore di novità è quello che primeggia, anche oggi se un palazzo presenza dei degradi il proprietario ne
richiede la completa eliminazione, perché i degradi alla vista degli occhi della massa porterebbero una brutta
reputazione del proprietario. Le controversie tra questi due valori si collegano ad una conclusione tratta
nell’800 dal valore di novità in favore di quello storico. Questo compromesso riguarda i monumenti che non
son ostati conservati completamente nel loro stato originale e con il trascorrere del tempo hanno subito
modiche del loro stile. Siccome il valore storico si basa sul riconoscimento chiaro e senza rintocchi dello stato
originale, si ritenne normale rimuovere tutte le modificazioni posteriori per ristabilire le forme originali,
anche se si sarebbe trattato di un intervento moderno.
Con questa esigenza del valore storico si ricollega il culto del valore di novità, in quanto l’originale che si
voleva ripristinare avrebbe dovuto mostrare un aspetto concluso in quanto ogni aggiunta non appartenente
allo stile originale si percepiva come rottura con l’unità. Da qui nasce il concetto di unità stilistica che portò
a non eliminare solo quelle parti che in origine non vi erano e che solo in un periodo successivo erano state
aggiunte, ma anche a rinnovare quelle parti in una forma adatta allo stile originale del monumento. Quindi il
trattamento dei monumenti nell’800 si basò sul concetto di originalità dello stile e dell’unità stilistica. Questo
sistema entra in crisi con il nascere del valore dell’antico a cui non importa dell’originalità o dell’unità.