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2 PRIME NOZIONI DI ALGEBRA
che a ∈ A e b ∈ B:
A × B = {(a, b) : a ∈ A, b ∈ B}.
Nel caso in cui i due insiemi A e B posseggano un numero finito di elementi, la
cardinalitá (o potenza) dell’insieme A × B é data dal prodotto delle cardinalitá dei
due insiemi che intervengono nel prodotto cartesiano.
Definizione 4. Una relazione é una terna (A, B, R) in cui A e B siano due insiemi
non vuoti e R sia un sottoinsieme del prodotto cartesiano A × B. Usualmente per
indicare una relazione tra gli insiemi A e B si preferisce utilizzare il semplice simbolo
R (sottointendendo la terna (A, B, R)). Per indicare che due elementi a ∈ A e b ∈ B
sono in relazione tra loro, si scrive aRb oppure (a, b) ∈ R.
Esempio 9. Siano A = {2, 3, 7}, B = {1, 5, 7, 9}. Si definisca R nel seguente
modo:
(a, b) ∈ R ⇐⇒ a > b.
Le coppie ordinate di elementi che soddisfano la relazione sono le seguenti:
R = {(2, 1), (3, 1), (7, 1), (7, 5)}.
Esempio 10. Siano A = B = lR. Si definisca R nel seguente modo:
(a, b) ∈ R ⇐⇒ a + b − 1 = 0.
Le coppie ordinate che soddisfano la relazione sono chiaramente tutte le coppie di
coordinate del piano (x, y) che appartengano alla retta di equazione x + y − 1 = 0.
Ad esempio (2, −1) ∈ R, (−3, 4) ∈ R etc. etc.
Poniamoci nel caso in cui A = B e cosideriamo una qualsiasi relazione (A, A, R):
1. la relazione R si dice riflessiva se, per ogni elemento a ∈ A, la coppia (a, a) ∈
R; si noti ad esempio che nessuna delle due relazioni introdotte negli Esempi
9 e 10 soddisfano alla proprietá di riflessivitá.
2. R é detta simmetrica quando accade che, per ogni a, b ∈ A tali che (a, b) ∈ R
anche (b, a) ∈ R; la relazione definita nell’esempio 9 non é simmetrica, mentre
quella introdotta nell’esempio 10 lo é.
3. R é detta transitiva se, per ogni a, b, c ∈ A tali che (a, b) ∈ R ed anche
(b, c) ∈ R allora ne segue che (a, c) ∈ R; la relazione all’esempio 9 é transitiva,
mentre la relazione all’esempio 10 non lo é.
Definizione 5. Una relazione R su un insieme non vuoto A é detta equivalenza (o
relazione d’equivalenza) se essa soddisfa alle proprietá di riflessivitá, simmetricitá
e transitivitá.
Nessuna delle relazioni introdotte negli esempi 9 e 10 é una relazione d’equivalenza.
Ecco un classico esempio di relazione d’equivalenza:
Esempio 11. Sia A l’insieme di tutte le rette del piano. Diciamo che due rette r, s
sono in relazione tra loro se esse sono parallele. É evidente che ciascuna retta r é
parallela a se stessa (R é riflessiva). Inoltre se (r, s) ∈ R allora anche (s, r) ∈ R,
poiché nel parallelismo tra rette non é vincolante l’ordine in cui esse si considerino.
Infine se (r, s) ∈ R ed anche (s, t) ∈ R allora le rette r e t sono ancora parallele,
cioé (r, t) ∈ R. Si puó allora pensare di ripartire l’insieme A in sottoinsiemi, cias-
cuno dei quali contenga esclusivamente elementi (rette) tra loro in relazione. Tali
4 PRIME NOZIONI DI ALGEBRA
sottoinsiemi sono dette classi di equivalenza. Ciascuna classe puó essere rappresen-
tata da un qualsiasi elemento ad essa appartenente, inoltre due distinte classi non
hanno alcun elemento in comune. Infine l’unione di tutte le classi di equivalenza é
esattamente l’intero insieme A.
Quanto detto per il precedente esempio puó essere esteso ad ogni insieme in cui
venga introdotta una relazione di equivalenza. L’utilitá della partizione risiede nel
fatto che lo studio di un rappresentante di una qualsiasi classe, permette di ottenere
informazioni algebriche su tutti gli elementi di tale classe.
• [3] = [0].
A
In questo caso scriviamo R = {[0], [1], [2]} e per quanto detto: 26 = (8×3+2) ∈ [2],
−8 = (−3 × 3 + 1) ∈ [1].
I VETTORI GEOMETRICI.
Si noti che da ora in avanti, fissato un punto O, ciascun vettore geometrico puó
essere applicato in O, mantenendo la sua direzione ed il suo verso.
2. Somma e prodotto per uno scalare. Siano OP e OP1 due vettori aventi la
stessa direzione e stesso verso. Definiamo somma dei vettori OP + OP1 , il vettore
avente per direzione e verso quelli dei vettori addendi, e per modulo |OP + OP1 | la
somma dei moduli |OP | + |OP1 |.
Siano ora OP e OP1 due vettori aventi stessa direzione ma verso opposto. Defini-
amo somma dei vettori OP + OP1 il vettore avente direzione dei vettori addendi,
verso coincidente con quello del vettore addendo di modulo maggiore, e modulo
pari al valore assoluto della differenza dei moduli dei vettori addendi.
Siano infine OP e OP1 due vettori con direzioni differenti. Si costruisca il par-
allelogramma di lati OP e OP1 e si indichi con Q il quarto vertice del parallelo-
gramma. Definiamo somma OP + OP1 il vettore avente per direzione quella della
retta su cui giace la diagonale OQ, per verso quello di percorrenza da O a Q e per
modulo la lunghezza della diagonale OQ del parallelogramma (disegno 1).
Notiamo anche che dalla definizione di somma OP + OP1 = OQ si ricava al
contrario anche quella di differenza tra due vettori OQ − OP = OP1 , come lato del
parallelogramma avente per diagonale OQ e per secondo lato OP (disegno 1).
Indichiamo piú semplicemente v, v1 , v2 , v3 vettori del piano (o dello spazio). La
somma tra vettori gode delle seguenti proprietá:
1) Commutativa: v1 + v2 = v2 + v1 ;
2) Associativa : (v1 + v2 ) + v3 = v1 + (v2 + v3 );
1
2 I VETTORI GEOMETRICI.
Si noti che tale prodotto ha come risultato uno scalare (un numero reale), inoltre
esso é commutativo, cioé v × w = w × v ed infine esso é nullo solo quando uno dei
due vettori é nullo oppure se i due vettori sono tra loro ortogonali.
Nel caso i due vettori siano considerati in uno spazio dotato di riferimento carte-
siano, allora v = (vx , vy , vz ) e w = (wx , wy , wz ), ed il prodotto scalare si presenta
nella seguente forma:
v × w = (vx i + vy j + vz k) × (wx i + wy j + wz k) = vx wx + vy wy + vz wz .
Da quest’ultima ricaviamo anche che:
vx wx + vy wy + vz wz
cos(ϕ) = q q .
vx2 + vy2 + vz2 wx2 + wy2 + wz2
Siano ora v = OQ e r una retta passante per O di versore u, tale che la di-
rezione del vettore e quella della retta formino un angolo ϕ (disegno 4). Diciamo
componente di v rispetto alla retta r, la lunghezza del segmento OQ0 , dove Q0 é
la proiezione ortogonale di Q su r. Applicando ora le regole trigonometriche sulla
risoluzione dei triangoli, si osserva facilmente che
|OQ0 | = |OQ| · cos(ϕ) = v × u.
Diremo invece vettore proiezione v 0 di v su r, quello avente per modulo |OQ0 | e per
direzione e verso quelli di u, cioé:
v 0 = |OQ0 | · u = (v × u) · u.
Si noti che pur non conoscendo il versore della retta r, esso si puó ricavare se é noto
w
un vettore w parallelo a r. In tal caso u = |w| ed otteniamo
w w w
v 0 = (v × )· = (v × w) · .
|w| |w| |w|2
a tale base. Scegliamo ad esempio il vettore v come base (disegno 6). L’altezza
relativa a v forma con v e w un triangolo rettangolo, per cui h = |w|sen(ϕ), quindi
A = |v||w|sen(ϕ) = |v ∧ w|
concludendo che l’area del parallelogramma avente per lati v, w é pari al modulo
del prodotto vettoriale v ∧ w.
Poniamoci ora nel caso in cui i due vettori appartengano allo spazio cartesiano,
per cui v = (vx , vy , vz ) e w = (wx , wy , wz ). Calcoliamo ora il loro prodotto vettori-
ale:
v ∧ w = (vx i + vy j + vz k) ∧ (wx i + wy j + wz k) =
i(vy wz − vz wy ) + j(vz wx − vx wz ) + k(vx wy − vy wx ) =
i j k
vx vy vz .
wx wy wz
Osserviamo che lo sviluppo della formula precedente dipende dall’applicazione della
proprietá distributiva del prodotto vettoriale rispetto alla somma tra vettori ed
anche dalle seguenti identitá che derivano direttamente dalla definizione di prodotto
vettoriale:
i ∧ j = −j ∧ i = k, j ∧ k = −k ∧ j = i, i ∧ k = −k ∧ i = −j
i ∧ i = 0, j ∧ j = 0, k ∧ k = 0.
Dal controesempio che segue si deduce inoltre che per il prodotto vettoriale non
vale la proprietá associativa:
i ∧ (i ∧ k) = i ∧ (−j) = k
ma
(i ∧ i) ∧ k = 0.
u1 ∧ u2
w = (v × u) · u = [v × (u1 ∧ u2 )] · .
|u1 ∧ u2 |2
Svolg.
√ √ √
1. |u| = 1 + 4 + 9 = 14, |v| = 9 = 3.
2. u × v= (-2)(-3)=6;q
6 2
3. cos(ϕ) = √
3· 14
= 7;
4. u × i = √1 , u
14
×j = √−2
14
, u×k = √3 ,
14
v × i = 0, v × j = −1, v × k = 0.
Svolg.
1 π u×v
= cos( ) = ± =
2 3 |u| · |v|
a + 1 + 2a − 1 3a
±√ √ = ±√ √
2 2
6 a + 1 + 2a + a + 1 2
6 2a + 2a + 2
da cui
√ p
6 2a2 + 2a + 2 = ±6a.
√ √
Quando 6 2a2 + 2a + 2 = +6a, e poiché 2a2 + 2a + 2 > 0 per ogni a ∈ lR, avremo
allora a > 0. Risolvendo allora
12a2 + 12a + 12 = 36a2 (a > 0)
6 I VETTORI GEOMETRICI.
Svolg. √
2 π u×v
= cos( ) = ± =
2 4 |u| · |v|
4
±√ .
5a2 + 25
Poiché 5a2 +25 > 0 per ogni a ∈ lR, ne deriva che l’unica uguaglianza da considerare
é √
2 4
= +√
2 2
5a + 25
√ q
da cui 10a2 + 50 = 8 e quindi 10a2 + 50 = 64. Infine otteniamo a = ± 75 .
Quindi
2 −i + 2j − k
w = (v × u)u = √ u =
6 3
ed infine
−i + 2j − k 4 4 4
v 0 = v − w = (i + 2j + k) − ( )= i+ j+ k
3 3 3 3
Svolg. Il volume é dato dal valore assoluto del determinante della matrice
1 1 0
0 0 1 .
−1 0 1
Tale determinante é pari a −1, quindi il volume é 1.
8 I VETTORI GEOMETRICI.
7. Esercizi.
Esercizio 1. Siano u = i − 2j + 3k, v = −3j vettori dello spazio euclideo. Deter-
minare i loro moduli, il loro prodotto scalare, il coseno dell’angolo da essi formato,
i loro coseni direttori.
Esercizio 2. Ripetere l’esercizio precedente coi seguenti vettori: u = (1, 1, 0), v =
(2, 1, 1).
Esercizio 3. Determinare la proiezione del vettore v = i − j + k su una retta
parallela al vettore w = i + 2j − k.
Esercizio 4. Determinare la componente e il vettore proiezione di v = (3, 0, 1)
sulla retta contenente il vettore (1, 2, −2).
Esercizio 5. Determinare la proiezione del vettore (1, 2, 1) sulla retta contenente
il vettore (1, 1, 1).
Esercizio 6. Determinare la proiezione del vettore (1, 1, 1) sul piano contenente i
vettori (2, 1, 0) e (1, 0, 1).
Esercizio 7. Determinare la proiezione del vettore 2i − j + 3k sul piano XY .
Esercizio 8. Utilizzare i vettori (1, −2, 0), (0, 3, 4), (1, −1, 1) per dimostrare che il
prodotto vettoriale non é associativo.
Esercizio 9. Determinare il volume del parallelepipedo avente come spigoli i vettori
(1, 1, 0), (0, 0, 1) e (−1, 0, 1).
Esercizio 10. I seguenti vettori (2, −1, 3) e (1, 1, 0), sono reciprocamente paralleli,
perpendicolari o nessuna delle due?
Esercizio 11. Determinare se i vettori v = 2i − 3j + k e w = 53 i − 52 j + 56 k sono
paralleli, perpendicolari o nessuna delle due.
Esercizio 12. Determinare h1 e h2 tali che i vettori v = 2i + j − 3k e w =
i + h1 j + h2 k risultino paralleli.
Esercizio 13. Determinare il valore del parametro h in modo tale che il vettore
(2, h, 1 − h) sia complanare con i vettori (1, 2, 1) e (3, 1, 5).
Esercizio 14. Esprimere il vettore v = (2, −1, 1) come somma di un vettore v1
parallelo al vettore w1 = (0, 1, 1) e di un vettore v2 complanare coi vettori w2 =
(1, 2, 0) e w3 = (2, 0, 1).
Esercizio 15. Siano v1 = 2i + j e v2 = i + 3j vettori del piano euclideo. Deter-
minare le componenti del versore di v1 e del versore di v2 e l’angolo compreso tra
di essi.
Esercizio 16. Siano v1 = i + j e v2 = i − 2j vettori del piano. Determinare la
componente ortogonale di v1 secondo una retta parallela e concorde col versore di
v2 ed anche le componenti del vettore proiezione ortogonale di v1 su tale retta.
Esercizio 17. Dati i vettori v = i − j + k e w = −2i + k, determinare il loro
prodotto scalare e le componenti del loro prodotto vettoriale.
Esercizio 18. Siano v1 = (1, 0, 1), v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 1, 2) vettori dello spazio.
Determinare le componenti del vettore proiezione ortogonale di v1 sul piano conte-
nente v2 e v3 .
MATRICI.
1
2 MATRICI.
In sostanza l’elemento crs é la somma di tutti i prodotti degli elementi della riga r
della prima matrice, ciascuno con il corrispondente elemento della colonna s della
seconda matrice.
Per esempio:
1 −1 0
1 2 3 3 −2 5
· 1 1 1 = .
1 0 1 1 −2 1
0 −1 1
Tale prodotto non é definito se A ∈ Mmn e B = Mtq con n 6= t.
Il prodotto righe per colonne gode delle seguenti proprietá:
siano A ∈ Mmn (lR), B ∈ Mnn (lR), C ∈ Mnt (lR) e α ∈ lR.
1) A(BC) = (AB)C, associativa;
2) A(B + C) = AB + AC, (A + B)C = AC + BC, distributiva rispetto alla
somma;
3) α(AB) = A(αB).
Inoltre sia Mn (lR) l’insieme di tutte le matrici quadrate di ordine n. Esiste una
matrice I ∈ Mn (lR) che si comporta come elemento neutro per il prodotto righe
per colonne, cioé per ogni A ∈ Mn (lR) si ha AI = IA = A. Tale matrice é quella
che ha 1 su tutta la diagonale principale e zero altrove:
1 0 ... ... 0
0 1 ... ... 0
I= 0 0 1 ... ... .
... ... ... ... ...
0 0 ... ... 1
Si noti infine che non vale la proprietá commutativa per il prodotto righe per
colonne, cioé non é regola generale che AB = BA.
a11 a12
n=2: , e det(A) = a11 ·a22 −a12 ·a21 cioé dapprima moltiplichiamo
a21 a22
tra loro gli elementi della diagonale principale. Quindi moltiplichiamo tra loro
gli elementi della diagonale secondaria cambiando il segno di questo ultimo
prodotto. Infine sommiamo i due prodotti ottenuti.
a11 a12 a13
n=3: a21 a22 a23 . Per calcolare il determinante usiamo il seguente
a31 a32 a33
metodo, detto ’di Sarrus’. Ricopiamo le prime due colonne a destra della
terza:
a11 a12 a13 a11 a12
a21 a22 a23 a21 a22
a31 a32 a33 a31 a32
Individuiamo cosı́ tre diagonali ”principali” e tre ”secondarie”. Eseguiamo i
prodotti degli elementi di ciascuna diagonale, cambiando il segno al prodotto
degli elementi di ogni diagonale ”secondaria”. Infine sommiamo i prodotti
ottenuti:
det(A) = a11 a22 a33 + a12 a23 a31 + a13 a21 a32 +
−a13 a22 a31 − a11 a23 a32 − a12 a21 a33 .
n ≥ 4: In questo caso abbiamo bisogno di introdurre alcune definizioni:
Sia A ∈ Mmn (lR), diciamo sottomatrice di A una qualsiasi matrice ottenuta
utilizzando gli elementi che appartengano contemporaneamente ad un numero
p di righe di A ed ad un numero q di colonne di A. Tale sottomatrice avrá
ordine (p, q).
Diremo minore di ordine p di A, una qualsiasi sottomatrice quadrata di A
ottenuta intersecando p righe e colonne di A.
Diremo minore (complementare) di A, un qualsiasi minore di ordine n − 1,
ottenuto quindi cancellando una riga ed una collonna in A.
Sia Mij il minore di ordine n − 1 di A ottenuto cancellando gli elementi della
riga i e della colonna j in A. Diremo complemento algebrico dell’elemento
aij ∈ A ∈ Mn (lR), il seguente scalare: (−1)i+j · det(Mij ).
1 0 1 0
Esempio 1. Sia A = 2 1 2 0 .
3 1 1 1
Esempio 2.
1 2 3
A= 0 1 0 .
2 2 1
−2 + 10 − 4 + 0 = 4.
Come immediata conseguenza del teorema di Laplace, otteniamo che una matrice
quadrata che abbia una riga o una colonna composta da elementi tutti nulli, avrá
determinante nullo.
Una matrice con determinante nullo é detta matrice singolare (al contrario é
detta non singolare).
Si noti che il teorema di Laplace vale per tutte le matrici quadrate di qualsiasi
ordine, ovviamente per quelle di ordine 2 e 3 si preferisce usare i metodi preceden-
temente esposti, poiché piú veloci.
MATRICI. 5
1 2 0
3 1 0
Esempio 4. Sia A = 2 −1
con righe u1 = (1, 2, 0), u2 = (3, 1, 0), u3 =
0
0 0 1
(2, −1, 0), u4 = (0, 0, 1).
5. Rango di una matrice. Sia A una matrice con m righe e n colonne. Diciamo
rango di A l’ordine massimo di un minore avente determinante non nullo. In altre
parole, diciamo che la matrice A ha rango p, e scriviamo rank(A) = p, se esiste
almeno un minore di ordine p di A che abbia determinante non nullo, ed inoltre
ogni mnore di ordine p + 1 abbia determinante nullo.
Ovviamente rank(A) ≤ min{m, n}.
Esempio 5.
2 1 0
3 1 1 ha rango 3
−1 0 1
2 1 0
3 1 1 ha rango 2
1 0 1
2 1 1 0
ha rango 2
3 2 1 0
2 1 1 0
ha rango 1.
4 2 2 0
di una riga i con la stessa riga moltiplicata per lo scalare α, con il simbolo
Ri → αRi .
Nel caso di matrici quadrate, ció comporta che il determinante della matrice
finale é pari a quello della matrice iniziale, moltiplicato per α.
3. Sostituzione di un vettore riga con se stesso, sommato ad un altro vettore riga
che sia moltiplicato per uno scalare
non nullo;
1 2 13 10
per esempio la matrice 3 2 si trasforma nella 3 2 dopo aver
0 1 0 1
scambiato la prima riga con la somma di essa stessa e della seconda riga
moltiplicata per 4. Denoteremo lo scambio della riga j con la somma della riga
j e della riga i moltiplicata per uno scalare α, con il simbolo Rj → Rj + αRi .
Nel caso di matrici quadrate, i determinanti della matrice finale e di quella
iniziale sono esattamente identici.
Indichiamo con R1 , . . . , Rn i vettori riga di una matrice A quadrata. In simboli
potremmo indicare A = (R1 , . . . , Rn ). Quanto detto in relazione al calcolo dei
determinanti dopo aver effettuato operazioni elementari su A puó essere riassunto
come segue:
1. det(R1 , . . . , Ri , . . . , Rj , . . . , Rn ) = −det(R1 , . . . , Rj , . . . , Ri , . . . , Rn );
2. dalla precedente abbiamo anche
det(R1 , . . . , Ri , . . . , Ri , . . . , Rn ) = −det(R1 , . . . , Ri , . . . , Ri , . . . , Rn )
Svolg. Infatti: a11 = 1 é l’elemento speciale della prima riga, a23 = 2 é l’elemento
speciale della seconda riga. Il rango della matrice é tre.
8 MATRICI.
1 1 2 0 −1
Esempio 7. La matrice 0 2 1 2 2 non é ridotta per righe.
1 3 3 2 1
1 1 2 0 −1
Esempio 9. A = 0 2 1 2 2 ,
1 3 3 2 1
1 0 1
1 2 3
T
A = 2 1 3 .
0 2 2
−1 2 1
1 2 1
Esempio 10. Sia A = 3 1 0 .
0 1 1
1 3 0 1 −1 −1
Svolg. Allora AT = 2 1 1 e Agg(A) = −3 1 3 .
1 0 1 3 −1 −5
6.1. Calcolo dell’inversa. Sia A una matrice quadrata non singolare di ordine
n. Per ottenere l’inversa di A si costruisca dapprima la matrice aggiunta di A.
Quindi si divida ciascun elemento dell’aggiunta per il determinante di A. La ma-
trice ottenuta é esattamente A−1 . Per dimostrarlo, costruiamo la matrice Agg(A)
det(A) e
−1
verifichiamo che essa coincide con A . Indichiamo con Aij il complemento alge-
brico dell’elemento aij in A. Allora l’aggiunta di A é:
A11 A21 . . . . . . An1
A12 A22 . . . . . . An2
... ... ... ... ...
... ... ... ... ...
A1n A2n . . . . . . Ann
e sfruttando entrambi i teoremi di Laplace abbiamo che
A11 A21 . . . . . . An1 a11 a12 . . . . . . a1n
A12 A22 . . . . . . An2 a21 a22 . . . . . . a2n
· ... ... ... ... ...
... ... ... ... ... =
... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
A1n A2n . . . . . . Ann an1 an2 . . . . . . ann
det(A) 0 0 ... 0
0 det(A) 0 ... 0
0 0 det(A) . . . 0 = det(A) · I
... ... ... ... ...
0 0 0 . . . det(A)
Agg(A)
da cui A · det(A) = I.
1 1 0
Esempio 11. Sia A = 2 0 1 .
1 1 1
sostituendo la prima riga con se stessa con la somma di se stessa e della terza riga
moltiplicata per 4 (R1 → R1 + 4R3 ).
Grazie alle proprietá delle operazioni elementari si puó facilmente notare che se
A é una matrice quadrata e E é una matrice elementare dello stesso ordine, allora
det(EA) = det(E)det(A).
Inoltre se E1 , E2 , ..., Ek sono matrici elementari, allora (E1 · E2 · .... · Ek )A é una
matrice che si ottiene dopo aver effettuato sulla A ordinatamente tutte le trasfor-
mazioni individuate dalle matrici Ek , Ek−1 ,...,E1 :
A → Ek A −→ Ek−1 Ek A −→ ..... −→ E1 E2 ....Ek A.
a0011
0 0 ... ... 0
0 a0022 0 ... ... 0
a0033
0 0 0 ... 0
.
... ... ... ... ... ...
... a00n−1n−1
0 0 ... 0
0 0 0 ... ... a00nn
Poiché A é non singolare, segue che ogni aii é non nullo. Infine sostituendo ogni
riga i con se stessa moltiplicata per a−1 ii , otteniamo la matrice identitá come la
trasformata della matrice invertibile iniziale, in seguito ad un opportuno numero
di operazioni elementari sulle righe. In altre parole, esistono opportune matrici
elementari E1 , E2 , ..., Ek tali che (E1 · E2 · .... · Ek )A = I. Quindi A = (E1 · E2 · .... ·
Ek )−1 = Ek−1 · Ek−1
−1
· .... · E1−1 cioé ogni matrice non singolare é invertibile e si puó
esprimere come prodotto di opportune matrici elementari.
Osservazione 3. Una matrice quadrata A é invertibile se e solo se det(A) 6= 0.
Terminiamo il paragrafo con il seguente risultato (noto come Teorema di Binet):
Teorema 4. Siano A, B matrici quadrate di ordine n. Allora det(A · B) = det(A) ·
det(B).
9. Esercizi.
Esercizio 1. Determinare i ranghi delle seguenti matrici:
2 1 0 2 1 0
3 1 1 ; 3 1 1 ; 2 1 1 0 ; 2 1 1 0
.
3 2 1 0 4 2 2 0
−1 0 1 1 0 1
Esercizio 2. Ridurre le seguenti matrici nella loro forma a gradini:
1 1 2 0 −1 2 1 3
0 2 1 2 2 ; 0 1 2 ;
1 3 3 2 1 0 3 −1
1 1 2 1 1 2 0 −1 3 1 4 2
2 2 4 ; 0 9 2 −5 5 ; 6 0 7 5 .
−1 −1 −2 0 4 0 8 7 8 0 9 0
Esercizio 3. Determinare se le seguenti matrici sono ortogonali:
1 0 0
0 −1 1 ; cos(α) sen(α)
;
−sen(α) cos(α)
0 0 1
Esercizio 4. Calcolare l’inversa della seguente matrice:
1 1 0
2 0 1 ;
1 1 1
Esercizio 5. Determinare una matrice triangolare superiore equivalente per righe
alla matrice
1 1 1
1 0 −1 .
0 1 1
Esercizio 6. Determinare una matrice triangolare superiore equivalente per righe
alla matrice
1 1 2 2
2 1 1 0
−1 −1 1 1 .
2 2 3 1
Esercizio 7. Calcolare il determinante della matrice
1 −1 2 3
1 0 1 2
3 −1 −1 −2 .
0 1 1 2
Esercizio 8. Determinare i ranghi delle seguenti matrici:
1 −3 −1 1 0
1 1 1 2 3 0 1
1 2 −1 0 1 2 1 1
; 2 −1 0 ; 1 2 −1 0 ; 2 −6 1 0 0
.
0 1 3
3 0 1 −2 0 0 −1
−1 3 1 2 0
16 MATRICI.
Una soluzione di un tale sistema é una n-upla di valori reali (c1 , .., cn ) da attribuire
alle incognite x1 , .., xn , tali che essi verifichino ciascuna delle m equazioni, cioé:
a11 c1 + a12 c2 + ... + a1n cn = b1
a21 c1 + a22 c2 + ... + a2n cn = b2
.
...........
am1 c1 + am2 c2 + ... + amn cn = bm
1
2 I SISTEMI LINEARI.
Ma non tutti i sistemi lineari hanno necessariamente una soluzione, per esempio
basti pensare al seguente:
x1 + x2 = 2
.
2x1 + 2x2 = 1
Diremo compatibili i sistemi lineari che ammettono soluzione ed incompatibili quelli
che non ne ammettono alcuna. Parallelamente, non é detto che se un sistema lineare
ha una soluzione, esso abbia solo quella, eccone un esempio:
x1 + x2 + x3 = 2
2x1 + 2x2 + 2x3 = 4
x1 − x2 = 0
che ammette come soluzioni le infinite terne (α, α, 2 − 2α), per ogni α ∈ lR.
Diremo indeterminati i sistemi lineari che ammettono infinite soluzioni.
I SISTEMI LINEARI. 3
1
−ar−1r+1 xr+1 − .... − ar−1n xn = Fr−1 (xr+1 , ...., xn ).
ar−1r−1
In generale avremo che: per ogni indice di riga i ≤ r
1
xi = (bi − aii+1 xi+1 − aii+2 xi+2 − .... − ain xn ) = Fi (xr+1 , ...., xn )
aii
dove ogni Fi é una funzione dei parametri xr+1 , ...., xn . Concludiamo allora che si
puó ottenere una soluzione (F1 , F2 , .., Fr , xr+1 , .., xn ) del sistema lineare ogni volta
che si attribuiscono valori arbitrari ai parametri xr+1 , .., xn , da cui la seconda parte
del teorema.
Esempio 2. Sia dato il sistema
x1 + x2 + x3 = 1
2x1 − 2x2 + 2x3 = 0 .
x1 − x3 = 1
1 1 1
Svolg. La matrice incompleta é A = 2 −2 2 che ha rango 3. Ovviamente
1 0 −1
anche la matrice completa avrá rango 3. Il sistema é compatibile ed ammette una
sola soluzione.
Esempio 3. Sia dato il sistema
x1 + x2 − x3 + x4 = 0
3x1 + x2 − x3 = 1 .
2x1 − x4 = 1
1 1 −1 1
Svolg. La matrice incompleta é A = 3 1 −1 0 che ha rango 2. La
2 0 0 −1
1 1 −1 1 0
matrice completa é C = 3 1 −1 0 1 che ha ancora rango 2. Il sistema
2 0 0 −1 1
é compatibile ed ammette ∞4−2 = ∞2 soluzioni. Il rango 2 ci é dato dalle prime
due righe, le terza é combinazione lineare di esse. Allora un
sistema equivalente
a
1 1 −1 1 0
quello dato é quello associato alla seguente matrice: C 0 = 3 1 −1 0 1 e
0 0 0 0 0
si scrive
x1 + x2 = x3 − x4
.
3x1 + x2 = 1 + x3
Dalla prima otteniamo x1 = −x2 + x3 − x4 e sostituendo nella seconda:
−3x2 + 3x3 − 3x4 + x2 = 1 + x3 cioé − 2x2 = 1 − 2x3 + 3x4
1 − 2x3 + 3x4
x2 = −
2
ed ancora sostituendo il valore di x2 nella espressione di x1 :
1 − 2x3 + 3x4
x1 = + x3 − x4 .
2
I SISTEMI LINEARI. 5
1 1 −1
Svolg. La matrice incompleta é A = 1 2 −1 che ha rango 2. La matrice
2 3 −2
1 1 −1 2
completa é C = 1 2 −1 0 che ha rango 3. Il sistema é incompatibile.
2 3 −2 1
1 1 2
Svolg. La matrice associata é A = 2 2 3 che ha rango 3. Allora vi é la
3 1 2
sola soluzione banale.
Esempio 6. Sia dato il sistema
x1 + x2 + 2x3 + x4 = 0
2x1 + 2x2 + 3x3 + 2x4 = 0 .
x1 + x2 + x3 + x4 = 0
1 1 2 1
Svolg. La matrice associata é A = 2 2 3 2 che ha rango 2. Allora vi
1 1 1 1
sono ∞2 soluzioni. Il rango é 2 poiché l’ultima riga é combinazione lineare delle
6 I SISTEMI LINEARI.
2 3 −1 1
1 −1 1 0
Svolg. La matrice associata é A = 3 0 −2 1 che ha rango 3. In parti-
0 2 2 0
colare il rango é dato dalle prime tre righe della matrice, quindi le ∞1 soluzioni del
sistema sono proporzionali ai complementi algebrici degli elementi a41 = 0, a42 =
2, a43 = 2, a44 = 0, cioé
3 −1 1 2 −1 1 2 3 1 2 3 −1
α −1 1 0 , − 1 1 0 , 1 −1 0 , − 1 −1 1
0 −2 1 3 −2 1 3 0 1 3 0 −2
al variare di α parametro reale, cioé α(4, 2, −2, −16), ovvero β(2, 1, −1, −8) al vari-
are di β ∈ lR.
1 ∆n
xn = (A1n b1 + A2n b2 + ... + Ann bn ) · =
det(A) det(A)
dove Aij é il complemento algebrico dell’elemento aij ∈ A.
In sostanza, il termine al numeratore ∆1 = (A11 b1 + A21 b2 + ... + An1 bn ) é il
determinante della matrice
b1 a12 ... a1n
b2 a22 ... a2n
... ... ... ...
bn an2 ... ann
ottenuta scambiando la prima colonna di A con la colonna dei termini noti.
In generale, il termine ∆i = (A1i b1 + A2i b2 + ... + Ani bn ) é il determinante della
matrice
a11 a12 ... b1 ... a1n
a12 a22 ... b2 ... a2n
... ... ... bj ... ...
a1n an2 ... bn ... ann
ottenuta scambiando la colonna i di A con la colonna dei termini noti.
Supponiamo ora che la matrice A incompleta non sia quadrata e che il sistema sia
compatibile, diciamo r il rango del sistema. Consideriamo A0 la matrice di ordine
r che fornisce il rango al sistema, essa é ovviamente quadrata e non singolare.
Il sistema relativo alla matrice A0
a11 x1 + a12 x2 + ... + a1r xr = b1 − a1(r+1) xr+1 − ... − a1n xn
a21 x1 + a22 x2 + ... + a2r xr = b2 − a2(r+1) xr+1 − ... − a2n xn
..........
ar1 x1 + ar2 x2 + ... + arr xr = bm − ar(r+1) xr+1 − ... − arn xn
1 1 2 1
Svolg. La matrice associata é A = 2 2 3 2 che ha rango 2. Allora vi
1 1 1 1
sono ∞2 soluzioni. Il rango é 2 poiché l’ultima riga é combinazione lineare delle
precedenti due. Quindi un sistema equivalente
al precedente
é quello che ha come
1 1 2 1
matrice associata la seguente: A0 = 2 2 3 2 . Tale sistema si scrive:
0 0 0 0
x1 + 2x3 = −x2 − x4
.
2x1 + 3x3 = −2x2 − 2x4
I SISTEMI LINEARI. 9
Applichiamo
ora
il metodo di Cramer. La matrice incompleta del nuovo sistema é
1 2
A00 = , con det(A00 ) = −1. Le variabili x2 , x4 diventano parametri reali,
2 3
ai quali possiamo attribuire un qualsiasi valore in lR. Calcoliamo
−x2 − x4 2
∆1 = = x2 + x4
−2x2 − 2x4 3
1 −x2 − x4
∆3 = =0
2 −2x2 − 2x4
e quindi
∆1 ∆3
x1 = = −x2 − x4 x3 = =0
−1 −1
con x2 e x4 parametri reali liberi.
1 2 −1 1 8
0
0 1 −3 − 3 1
R4 → R4 − 4R1 C =
0 −1 1 1
2 .
2 2 − 12
0 2 −5 −3 1
Passiamo ora a determinare un elemento speciale sulla seconda riga, e come in
precedenza, scegliamo l’elemento sulla diagonale principale (quello di posto (2, 2)):
1 2 −1 1 8
0 1 −3 − 3 1
R3 → R3 + R2 , R4 → R4 − 2R2 , C 0 = 0 0 − 5 −1
2
1 .
2 2
0 0 1 0 −1
Infine passiamo alla terza riga:
1 2 −1 1 8
2 0
0 1 −3 − 32 1
R4 → R 4 + R3 C = 1 .
5 0 0 − 52 −1 2
0 0 0 − 25 − 45
La matrice é ora ridotta. Si noti che tanto il rango della incompleta che della
completa é 4, quindi il sistema é compatibile ed ammette una sola soluzione. Inoltre
il sistema é ora riscrivibile come segue:
x1 +2x2 −x3 +x4 =8
−3x3 − 32 x4
3x2 =1
5 1 .
− 2 x3 −x 4 = 2
− 25 x4 = − 45
2 −1 7 1
Svolg. La matrice completa associata é C = 3 −3 10 0 . Cominciamo
4 −5 13 7
con la prima riga:
2 −1 7 1
3
R2 → R2 − R1 C 0 = 0 − 32 − 12 − 32
2
4 −5 13 7
2 −1 7 1
R3 → R3 − 2R1 C 0 = 0 − 32 − 12 − 32
0 −3 −1 5
2 −1 7 1
R3 → R3 − 2R2 C 0 = 0 − 32 − 12 − 32 .
0 0 0 2
I SISTEMI LINEARI. 11
La matrice é ora ridotta. Si noti che il rango della incompleta é 2, mentre quello
della matrice completa é 3. Pertanto il sistema é incompatibile.
Esempio 11. Sia dato il sistema
x1 − 2x2 + 3x3 − 4x4 = 4
x1 − x2 + 2x3 − 3x4 = 1 .
−x1 − x2 + x3 + 3x4 = −1
1 −2 3 −4 4
Svolg. La matrice completa associata é C = 1 −1 2 −3 1 .
−1 −1 1 3 −1
1 −2 3 −4 4
R2 → R2 − R 1 C 0 = 0 1 −1 1 −3
−1 −1 1 3 −1
1 −2 3 −4 4
R3 → R3 + R1 C 0 = 0 1 −1 1 −3
0 −3 4 −1 3
1 −2 3 −4 4
R3 → R3 + 3R2 C 0 = 0 1 −1 1 −3 .
0 0 1 2 −6
La matrice é ora ridotta. Si noti che tanto il rango della incompleta che della
completa é 3, quindi il sistema é compatibile ed ammette ∞1 soluzioni. Inoltre il
sistema é ora riscrivibile come segue:
x1 −2x2 +3x3 −4x4 = 4
x2 −x3 +x4 = −3 .
x3 +2x4 = −6
Dall’ultima equazione si ha
x3 = −2x4 − 6.
Sostituendo nella seconda otteniamo
x2 = x3 − x4 − 3 = −2x4 − 6 − x4 − 3 = −3x4 − 9
ed infine dalla prima equazione:
x1 = 4 + 2x2 − 3x3 + 4x4 = 4 + 4x4 .
Quindi le soluzioni sono date dalle quaterne
(4 + 4α, −9 − 3α, −6 − 2α, α)
al variare del parametro α in lR.
Esercizio 1.
2x + y − z = 1
x+z =0
x + 2y − z = 2
12 I SISTEMI LINEARI.
Esercizio 2.
2x + y − z = 1
x+z =0
3x + y = 1
Esercizio 3.
2x + y − z = 1
3x + y = 1
5x + 2y − z = 5
Esercizio 4.
x1 + x2 − 2x3 + x4 = 1
2x1 + x2 + x3 + x4 = 2
x1 + 2x2 − x4 = 7
Esercizio 5.
x+y+z+t=0
4y + 3t = 5
2x + 5t = 4
−3z − 2t = 1
Esercizio 6.
2x1 + 3x2 − x3 + 4x4 = 12
3x1 + x2 + 2x3 − 6x4 = −6
x1 − 4x2 − x3 − 4x4 = −12
Esercizio 7.
2x − 3y − 4z = 0
x + 4y − 2z = 0
Esercizio 8.
3x + y − z = 0
x + 3y + z = 0
x+y =0
Esercizio 9.
x + 2y − z + w = 8
x + 3y − 5z − w = 9
2x + 4y − 4z + w = 16
4x + 10y − 9z + w = 33
Esercizio 10.
2x − y + 7z = 1
3x − 3y + 10z = 0
4x − 5y + 13z = 7
Esercizio 11.
x − 2y + 3z − 4w = 4
x − y + 2z − 3w = 1
−x − y + z + 3w = −1
I SISTEMI LINEARI. 13
Esercizio 12.
x + 2y + 3z = 1
4x + 5y + 6z = 2
7x + 8y + 9z = 3
Esercizio 13.
x − y + 3z = 0
−3x − y − 7z = 4
5x + 2y + 9z = −10
2x + y + 2z = −6
Esercizio 14.
x + 2y − z + 5w = 7
2x − 4y − z − 2w = −1
5x − 6y − 3z + w = 0
Esercizio 15.
x + 2y + 3z = k + 1
4x + 5y + 6z = k
7x + 8y + 9z = k + 1
Esercizio 16.
5x − 3y = 1
2x + y = 7
8x + 3y = k 2
Esercizio 17.
x + 2y − z = −1
kx + 2z = 1
−x + 3z = 1
Esercizio 18.
kx + 3y + z = k + 4
4kx + y + 2z = 2k + 2
kx + kz = k − 1
Esercizio 19.
2kx + 3y − z = 4 − k
4kx + y + 2z = 2k
(k − 1)y = 2
Esercizio 20.
x−z =3
(k + 2)y + z = −1
x + (k − 1)z = 5
(k + 4)z = k
Determinare i valori reali del parametro k per i quali i seguenti sistemi lineari
omogenei ammettono soluzioni non banali:
14 I SISTEMI LINEARI.
Esercizio 21.
2x + ky − z = 0
x + y − 3z = 0
kx − 2y + 2z = 0
Esercizio 22.
kx − y + 3z = 0
x + y − kz = 0
2x + 2y + kz = 0
GLI SPAZI VETTORIALI.
Esempio 1. L’insieme delle matrici Mmn (lR) é uno spazio vettoriale su lR, rispetto
alle operazioni di somma tra matrici e prodotto per uno scalare.
Esempio 2. L’insieme dei vettori geometrici in lR3 (o in lR2 ) é uno spazio vetto-
riale su lR, rispetto alle operazioni di somma tra vettori e prodotto per uno scalare.
Esempio 3. lR é uno spazio vettoriale su se stesso.
Esempio 4. L’insieme dei polinomi di grado minore o uguale ad un fissato n,
lR[X] = {a0 + a1 x + a2 x2 + a3 x3 + ... + an xn a0 , ..., an ∈ lR}
a coefficienti reali, é uno spazio vettoriale su lR, rispetto alle operazioni di somma
tra polinomi e di prodotto di un polinomio per uno scalare.
Esempio 5. Sia
lRn = {(x1 , x2 , .., xn ) /x1 , x2 , x3 , .., xn ∈ lR}.
Definiamo le seguenti operazioni
(x1 , .., xn ) + (y1 , .., yn ) = (x1 + y1 , .., xn + yn )
α(x1 , .., xn ) = (αx1 , .., αxn ).
n
Allora lR é uno spazio vettoriale sul campo dei reali. Ogni vettore é una n-upla
del tipo (x1 , .., xn ).
1
2 GLI SPAZI VETTORIALI.
w1 + w2 ∈ W
aw ∈ W
per ogni a ∈ lR, w, w1 , w2 ∈ W , e queste si possono compattare nell’unica condizione
aw1 + bw2 ∈ W
per ogni a, b ∈ lR, w1 , w2 ∈ W .
x y
Esempio 6. W = { x, y ∈ lR} é un sottospazio dello spazio vettoriale
0 0
delle matrici quadrate di ordine 2 su lR, M2 (lR).
Esempio 7. W = {(x, 0, z) x, z ∈ lR} é un sottospazio vettoriale di lR3 .
Esempio 8. lR é un sottospazio banale di se stesso.
Esempio 9. W = {a0 + a1 x1 + a2 x2 + ... + am xm , a0 , .., am ∈ lR}, insieme dei
polinomi di grado minore o uguale a m, con m ≤ n, é sottospazio vettoriale di
V = {a0 + a1 x1 + a2 x2 + ... + an xn , a0 , .., an ∈ lR}.
Svolg. Allora
U ∩ W = {(α, 0, 0), α ∈ lR}
quindi la somma non é diretta. Scegliamo un vettore che appartenga alla somma:
in particolare sia w = (6, 1, 1) ∈ U + W . Si noti che il vettore w si puó esprimere
in diversi modi come somma di due vettori scelti rispettivamente in U e W :
(6, 1, 1) = (3, 1, 0) + (3, 0, 1) con (3, 1, 0) ∈ U, (3, 0, 1) ∈ W
ed anche
(6, 1, 1) = (2, 1, 0) + (4, 0, 1) con (2, 1, 0) ∈ U, (4, 0, 1) ∈ W.
Questo accade per ogni vettore appartenente allo spazio somma, nel caso in cui
questa non sia diretta. Alla luce di ció, vale la seguente:
Proposizione 1. Siano U e W sottospazi vettoriali dello spazio V . La loro somma
é diretta se e solo se ogni vettore di essa si puó esprimere in modo unico come
somma di un vettore di U e di uno di W .
Ricordiamo che una combinazione lineare di vettori {v1 , .., vn } di V é una scrit-
tura del tipo
a1 v1 + a2 v2 + ... + an vn
per qualsiasi a1 , .., an scalari in lR.
Sia S ⊆ V , un sottoinsieme dello spazio V . Definiamo Span(S) =< S >, e
lo chiamiamo sottospazio generato da S, il sottospazio di V composto da tutte le
possibili combinazioni lineari di vettori di S e scalari in lR.
Esempio 16. Sia V = lR3 , S = {(1, 0, 0), (0, 1, 0)}. Allora Span(S) =< S >=
{(x, y, 0), x, y ∈ lR}.
Definizione 1. Siano v1 , .., vn vettori in V . Diremo che v1 , .., vn sono linearmente
dipendenti se esistono a1 , .., an ∈ lR, non tutti nulli tali che a1 v1 +a2 v2 +..+an vn =
0. Al contrario sono detti linearmente indipendenti se a1 v1 + a2 v2 + .. + an vn = 0
implica che a1 = a2 = ... = an = 0.
Esempio 17. v1 = (−1, 2, 3), v2 = (0, −1, 0), v3 = (1, 0, 1) vettori di lR3 sono
linearmente indipendenti.
Esempio 18. v1 = (1, 2, 1, 0), v2 = (1, −1, 0, 1), v3 = (−1, 2, −1, 0), v4 = (−1, 1, 0, −1),
v5 = (1, 1, 0, 1) vettori di lR4 sono linearmente dipendenti.
Esempio 19. v1 = (1, 2, 0), v2 = (0, 1, a), v3 = (1, a, −1) vettori di lR3 , con a
parametro reale, sono indipendenti per a 6= 1 e sono dipendenti per a = 1.
Dim. Siano {c1 , . . . , cr } e {e1 , . . . , en } due distinte basi di uno spazio vettoriale V .
Per il teorema del completamento di una base dovrá contemporaneamente essere
r ≤ n e n ≤ r, da cui r = n
Definiamo dimensione di uno spazio vettoriale V , e la indichiamo con
dim(V ), il numero di elementi di una qualsiasi base di V .
ed anche
k
X
v= βj wj ∈ W.
i=1
Sottraendo le due espressioni otteniamo
h
X k
X
0= αi ui − βj wj ∈ U + W.
i=1 j=1
B = {(d, e, e, e) : d, e ∈ lR}.
Ancora una volta dobbiamo dapprima determinare la generica espressione
del vettore che appartenga ad entrambi gli spazi: per un tale vettore deve
accadere che
(a, a + b, c, a) = (d, e, e, e)
quindi
a = d, a + b = e, c = e, a=e
che si riduce ancora ad un sistema lineare omogeneo nelle incognite a, b, c, d, e:
a−d=0
a+b−e=0
.
c−e=0
a−e=0
e quindi
k
X q
X
αi ci − βj dj = 0.
i=1 j=1
Poiché {c1 , .., ck , d1 , .., dq } sono indipendenti, segue che αi = βj = 0, per ogni
i, j. Allora v = 0, cioé < c1 , .., ck > ∩ < d1 , .., dq >= 0 e
B =< c1 , .., ck > ⊕ < d1 , .., dq >= (A ∩ B)⊕ < d1 , .., dq >
quindi per il punto precedente dim(B) = k + q. Inoltre, se w ∈ A∩ <
d1 , .., dq >, allora w ∈ A, w ∈ B e w ∈< d1 , .., dq >, quindi w ∈ (A ∩ B)∩ <
d1 , .., dq >, per cui w = 0. Alla luce di tutto ció:
A + B = A + ((A ∩ B)⊕ < d1 , .., dq >) = A⊕ < d1 , .., dq >
e passando alle dimensioni:
dim(A + B) = dim(A) + dim(< d1 , .., dq >) = dim(A) + (dim(B) − k) =
dim(A) + dim(B) − dim(A ∩ B).
Proposizione 2. Siano A e B sottospazi vettoriali dello spazio V , e siano CA e
CB rispettivamente una base di A ed una di B. Allora l’unione dei vettori delle due
basi, cioé CA ∪ CB , costituisce un insieme di generatori per il sottospazio A + B.
Inoltre i vettori di CA ∪CB che sono tra loro linearmente indipendenti costituiscono
una base per A + B.
Esempio 27. Siano V = lR4 ,
A = {(x, y, z, t) ∈ lR4 , y = 0, 2z − t = 0}
4
B = {(x, y, z, t) ∈ lR , x − t = 0, y + z = 0}
e calcoliamo dim(A + B).
Poiché gli n vettori di una base sono sempre linearmente indipendenti, il sistema
sopra citato ha rango massimo, cioé n, quindi la matrice A é invertibile, da cui
otteniamo le formule inverse per il cambiamento di base:
X = A−1 · X 0
che costituiscono le formule di passaggio dalle componenti di un vettore in base B 0
a quelle del medesimo vettore in base B.
La matrice A−1 é costruita come segue:
- nella prima colonna vi sono le componenti del vettore e01 rispetto alla base B;
- nella seconnda colonna vi sono le componenti del vettore e02 rispetto alla base
B;
- In generale, nella colonna j vi sono le componenti del vettore e0j della base B 0 ,
calcolate rispetto alla base B.
Esempio 32. Siano V = lR2 e B = {e1 = (1, 1), e2 = (0, 1)}, B 0 = {e01 =
(1, 0), e02 = (2, 1)} due basi di V . Determiniamo le formule di cambiamento di base
in entrambi i versi. Calcoliamo le componenti dei vettori della prima base rispetto
alla seconda.
x1 = x01 + 2x02
x2 = −x01 − x02
14 GLI SPAZI VETTORIALI.
1 2
in cui la matrice di passaggio é A−1 = . Per esempio consideriamo il
−1 −1
vettore v ∈ V che abbia componenti X = (x1 , x2 ) = (2, −3) rispetto alla base B.
Determiniamo le sue componenti X 0 = (x01 , x02 ) rispetto alla base B 0 :
x01 = −2 + 6 = 4
.
x02 = 2 − 3 = −1
Svolg. Calcoliamo le componenti dei vettori della prima base B rispetto alla sec-
onda B 0 :
(1, 1, 0) → (2, 1, −1)B 0
1 1 1
(1, 0, 1) → ( , , )B 0
3 3 3
(2, 0, 1) → (1, 1, 0)B 0
per cui
x01 1
2 3 1 x1
x02 = 1 1
1 · x2
3
0
x3 −1 13 0 x3
0
x1 = 2x1 + 13 x2 + x3
x0 = x1 + 13 x2 + x3 .
20
x3 = −x1 + 13 x2
Per esempio il vettore v di componenti (1, 0, 3) rispetto alla base B avrá componenti
(5, 4, −1) rispetto alla base B 0 .
Esempio 34. Siano V = lR3 e B = {e1 , e2 , e3 }, B 0 = {e01 , e02 , e03 } due basi di V tali
che 0
e1 = e1 + 3e2 + 2e3
e02 = e1 + e3 .
e03 = e2
Svolg. In tale caso le formule di passaggio dalla base B 0 alla base B sono
0
x1 1 1 0 x1
x2 = 3 0 1 · x02
x3 2 1 0 x03
e calcolando l’inversa della matrice che compare nel sistema precedente:
0
x1 −1 0 1 x1
x02 = 2 0 −1 · x2
x03 3 1 −3 x3
GLI SPAZI VETTORIALI. 15
7. Esercizi.
Esercizio 1. Siano U = {(x, y, 0); x, y ∈ lR}, V = {(x, 0, z); x, z ∈ lR} e W =
{(x, x, x); x ∈ lR} sottospazi di lR3 . Determinare i sottospazi U ∩ V , U ∩ W , V ∩ W .
Esercizio 2. Siano U = {(x, y, 0); x, y ∈ lR}, V = {(x, 0, z); x, z ∈ lR} e W =
{(x, x, x); x ∈ lR} sottospazi di lR3 . Determinare i sottospazi U + V , U + W ,
V + W.
Esercizio 3. Siano v1 = (−1, 2, 3), v2 = (0, −1, 0), v3 = (1, 0, 1) vettori di lR3 .
Determinare la dimensione del sottospazio generato da v1 , v2 , v3 .
Esercizio 4. Ripetere l’esercizio precedente in lR4 con i vettori v1 = (1, 2, 1, 0),
v2 = (1, −1, 0, 1), v3 = (−1, 2, −1, 0), v4 = (−1, 1, 0, −1), v5 = (1, 1, 0, 1).
Esercizio 5. Siano v1 = (1, 2, 0, 0), v2 = (3, 1, 0, 1) vettori indipendenti in lR4 .
Determinare due vettori che uniti ai precedenti li completino ad una base di lR4 .
Esercizio 6. Siano B1 = {(1, 0), (0, 1)} e B2 = {(1, −2), (4, 1)} due basi di lR2 e
v un vettore di componenti (0, −1) rispetto a B1 . Determinare le componenti di v
rispetto alla base B2 .
Esercizio 7. Siano U = {(x, y, z, t) ∈ lR4 ; y = 0, 2z − t = 0} e V = {(x, y, z, t) ∈
lR4 ; x − t = 0, y + z = 0}. Determinare una base per U ∩ V ed una per U + V .
Esercizio 8. Siano U = {(h + k, k, h); h, k ∈ lR}, V = {(x, y, z); x − y = 0}
sottospazi di lR3 . Determinare una base per U ∩ V ed una per U + V .
Esercizio 9. Siano B1 = {(1, 1), (0, 1)} e B2 = {(1, 0), (2, 1)} due basi di lR2 e
v un vettore di componenti (1, 1) rispetto a B1 . Determinare le componenti di v
rispetto alla base B2 .
Esercizio 10. Siano
B1 = {(1, 1, 0), (1, 0, 1), (2, 0, 1)} e B2 = {(0, 1, 1), (2, −1, 0), (1, 0, 0)}
due basi di lR3 e v un vettore di componenti (1, 2, 3) rispetto a B1 . Determinare le
componenti di v rispetto alla base B2 .
Esercizio 11. Siano B1 = {e1 , e2 , e3 } e B2 = {e01 , e02 e03 } due basi di lR3 e v un vet-
tore di componenti (1, 2, 3) rispetto a B1 . Determinare le componenti di v rispetto
alla base B2 sapendo che valgono le seguenti relazioni tra i vettori delle due basi:
e01 = e1 + 3e2 + 2e3 , e02 = e1 + e3 , e03 = e2 .
16 GLI SPAZI VETTORIALI.
da cui ricaviamo che a1 = a2 +a3 , per cui w = (a2 +a3 , a2 , a3 ), per ogni a1 , a2 , a3 ∈
lR.
Im(f ) = {(a2 + a3 , a2 , a3 ) : a1 , a2 , a3 ∈ lR} =< (1, 1, 0), (1, 0, 1) >
3
sottospazio di dimensione 2 di lR .
1
2 LE APPLICAZIONI LINEARI.
da cui u = (0, x2 , x2 )
N (f ) = {(0, a, a) : a ∈ lR} =< (0, 1, 1) >
3
sottospazio di dimensione 1 di lR .
Esempio 12. f : lR4 → lR3 sia definita da f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x1 − x2 , 2x1 − x2 +
x4 , −x1 + x2 + x4 ). Sia u ∈ N (f ), allora f (u) = (0, 0, 0, 0) quindi
x1 − x2 = 0
2x1 − x2 + x4 = 0
−x1 + x2 + x4 = 0
da cui x1 = x2 = x4 = 0 e u = (0, 0, x3 , 0)
N (f ) = {(0, 0, a, 0) : a ∈ lR} =< (0, 0, 1, 0) >
4
sottospazio di dimensione 1 di lR .
da cui
Y = x1 (a11 e01 + a21 e02 + ... + am1 e0m ) + x2 (a12 e01 + a22 e02 + ... + am2 e0m )+
+.............................. + xn (a1n e01 + a2n e02 + ... + amn e0m ) =
e01 (a11 x1 + a12 x2 + ... + a1n xn ) + e02 (a21 x1 + a22 x2 + ... + a2n xn )+
+............................... + e0n (am1 x1 + am2 x2 + ... + amn xn ).
Se indichiamo
y1 x1
a11 a12 ... a1n y2 x2
a21 a22 ... a2n
A= , Y = ... , X =
...
... ... ... ...
...
...
am1 am2 ... amn
ym xn
allora f (X) = Y si puó scrivere nel modo seguente:
A·X =Y
e la matrice A é la matrice associata all’applicazione lineare f rispetto alle basi B
e B 0 . Tale matrice é ottenuta nel seguente modo: la sua colonna j é formata dalle
componenti rispetto alla base B 0 dell’immagine f (ej ) del vettore ej della base B.
Concludiamo allora che ad ogni applicazione lineare f é associata una matrice che
dipende dalle basi scelte per il dominio e codominio di f .
Viceversa sia data una qualsiasi matrice A ∈ Mmn (lR) e siano al solito U e
V spazi vettoriali rispettivamente di dimensioni n e m. Costruiamo la seguente
corrispondenza tra i due spazi vettoriali:
f (X) = A · X ∈ V, per ogni X ∈ U.
Essa é ovviamente una applicazione lineare. Quindi ad ogni matrice é associata
una applicazione lineare.
Quanto detto fin’ora si puó riassumere nel modo seguente: esiste una corrispon-
denza che associa ad ogni matrice una applicazione lineare e viceversa.
Svolg.
f (1, 0) = (1, 0, 1)
f (0, 1) = (2, 3, 0)
1 2
A = 0 3 .
1 0
Il rango della matrice é 2, quindi dim(Im(f )) = 2 e Im(f ) =< (1, 0, 1), (2, 3, 0) >.
Perció dim(N (f )) = 0 e N (f ) = {0}. L’applicazione é iniettiva ma non suriettiva.
Esempio 15. Ripetiamo l’esempio precedente ma ora esprimiamo la matrice asso-
ciata a due basi differenti da quelle canoniche:
B2 = {(1, 1), (2, 1)} base nel dominio
B3 = {(1, 1, 0), (1, 0, 0), (1, 2, 1)} base nel codominio.
Svolg. Per costruire tale matrice dobbiamo calcolare le immagini dei vettori della
base B2 . Tali immagini si possono calcolare sfruttando la matrice A associata alla
f rispetto alle basi canoniche:
1 2 3
1
f (1, 1) = 0 3 · = 3
1
1 0 1
1 2 4
2
f (2, 1) = 0 3 · = 3 .
1
1 0 2
Ora conosciamo le immagini,ma esse sono espresse rispetto alla base canonica di
lR3 , dobbiamo quindi convertirle rispetto alla base B3 :
(3, 3, 1) = (1, 1, 1)B3
(4, 3, 2) = (−1, 3, 2)B3
quindi la matrice associata alla f rispetto alle basi B2 e B3 é
1 −1
A0 = 1 3
1 2
LE APPLICAZIONI LINEARI. 7
da cui
1 −1 x1 − x2
x1
f (X) = 1 3 · = x1 + 3x2
x2
1 2 x1 + 2x2
é l’espressione dell’applicazione lineare rispetto a tali basi. Si noti che le dimen-
sioni di Nucleo e Immagine sono invarianti rispetto ad un cambiamento di basi nel
dominio e nel codominio.
Esempio 16. Siano B = {e1 , e2 , e3 } la base canonica di lR3 e f : lR3 → lR4 una
applicazione lineare tale che
f (e1 ) = (1, 1, 1, 0)
f (e2 ) = (1, 0, 1, 0)
f (e3 ) = (0, 0, 0, 1).
1 1 1
Determiniamo la matrice associata a f rispetto alla base
B = {(1, 1, 0), (1, 0, −1), (0, 1, −1)} di lR3
ed alla base canonica in lR4 .
Si devono calcolare le immagini dei vettori di B:
5 4 −9 9
1
4 5 −9 9
· 1 =
f (1, 1, 0) =
−9
−9 9 −18
0
1 1 1 2
ed in modo analogo
f (1, 0, −1) = (14, 13, −18, 0) f (0, 1, −1) = (13, 14, −18, 0).
Allora la matrice associata a f rispetto a tali basi é
9 14 13
9 13 14
A0 =
.
−18 −18 −18
2 0 0
Svolg. Per prima cosa esprimiamo i vettori della base canonica di lR4 per compo-
nenti rispetto alla base B4 :
(1, 0, 0, 0) = (0, 1, 0, 0)B4
(0, 1, 0, 0) = (1, −1, 0, 0)B4
(0, 0, 1, 0) = (0, 0, 0, 1)B4
(0, 0, 0, 1) = (0, −2, 1, 0)B4 .
Quindi calcoliamo le immagini di tali vettori utilizzando la matrice A:
0
1 0 0 1 1 0
f (0, 1, 0, 0) = · =
−1 1 2 −1 0 1
0
LE APPLICAZIONI LINEARI. 9
ed analogamente
f (1, −1, 0, 0) = (1, −2)
f (0, 0, 0, 1) = (1, −1)
f (0, −2, 1, 0) = (0, 0).
Tali immagini sono espresse per componenti rispetto alla base B2 e quindi dobbiamo
ora convertirle per componenti rispetto alla base canonica C2 di lR2 :
(0, 1)B2 = (1, 0)C2
(1, −2)B2 = (−1, 1)C2
(1, −1)B2 = (0, 1)C2
(0, 0)B2 = (0, 0)C2 .
La matrice associata rispetto alle basi canoniche é allora
0 1 −1 0 0
A =
0 1 1 0
e l’espressione dell’applicazione lineare nelle basi canoniche di dominio e codomino
é
x1
1 −1 0 0 x2 x1 − x2
f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = ·
= .
0 1 1 0 x3 x2 + x3
x4
e la matrice associata é
1 0 1 0
1 −1 0 1
A0 = 0 0 0 1 .
0 1 1 1
Infine determiniamo la matrice relativa ad f rispetto alla base canonica sia nel
dominio che nel codominio:
Per prima cosa esprimiamo i vettori della base canonica C per componenti
rispetto alla base B:
(1, 0, 0, 0) = (0, 1, 0, 0)B
(0, 1, 0, 0) = (0, 0, 1, −1)B
(0, 0, 1, 0) = (0, 0, 0, 1)B
(0, 0, 0, 1) = (−1, 1, 0, 0)B
quindi calcoliamo le immagini di tali vettori tramite la matrice A:
2 −1 1 1 0 −1
0 0 0 1 1 0
f (0, 1, 0, 0) = · =
0 1 1 2 0 1
−1 0 −1 0 0 0
ed analogamente
f (0, 0, 1, −1) = (0, −1, −1, −1)
f (0, 0, 0, 1) = (1, 1, 2, 0)
f (−1, 1, 0, 0) = (−3, 0, 1, 1)
ed é chiaro che, avendo usato la matrice A, i risultati sono giá espressi per compo-
nenti rispetto alla base canonica. Quindi la matrice associata a f rispetto alla base
canonica sia nel dominio che nel codominio é
−1 0 1 −3
0 −1 1 0
A00 =
1 −1 2 1
0 −1 0 1
ed esprimiamo f come segue:
−1 0 1 −3 x1 −x1 + x3 − 3x4
0 −1 1 0 x2 −x2 + x3
f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = · =
x1 − x2 + 2x3 + x4 .
1 −1 2 1 x3
0 −1 0 1 x4 −x2 + x4
Svolg. Dapprima si devono esprimere i vettori della base canonica C3 di lR3 per
componenti rispetto alla base B3 :
1 1
(1, 0, 0) = ( , 0, )B3
2 2
1
(0, 1, 0) = (0, , 0)B3
2
1 1
(0, 0, 1) = ( , 0, − )B3 .
2 2
Di tali vettori calcoliamo adesso le immagini:
1 1
f ( , 0, ) = (4, −1)B2
2 2
1
f (0, , 0) = (2, −1)B2
2
1 1
f ( , 0, − ) = (6, −2)B2 .
2 2
Riportiamo tali immagini per componenti rispetto alla base canonica C2 di lR2 :
(4, −1)B2 = (2, 1)C2
(2, −1)B2 = (0, −1)C2
(6, −2)B2 = (2, 0)C2
per cui la matrice associata a f rispetto alle basi canoniche C3 e C2 é:
0 2 0 2
A = .
1 −1 0
12 LE APPLICAZIONI LINEARI.
Esempio 23. Siano V = lR2 [x], W = lR3 [x] rispettivamente gli spazi vettoriali
dei polinomi di secondo e terzo grado nella variabile x. Definiamo la seguente
applicazione lineare f : V → W , rispetto alle basi
BV = {1, x, x2 } nel dominio
BW = {1, x, x2 , x3 } nel codominio
f (p(x)) = x · p0|x+1
2
componenti X = (x1 , .., xn ) rispetto alla base B e X 0 = (x01 , .., x0n ) rispetto a B 0 .
Analogamente diciamo che il vettore w avrá componenti Y = (y1 , .., yn ) rispetto
a B e Y 0 = (y10 , .., yn0 ) rispetto a B 0 . Per quanto detto nel capitolo dedicato agli
spazi vettoriali, esiste una matrice C di cambiamento di base che ci permette di
esprimere le componenti di un vettore in base B 0 in funzione di quelle in base B.
In particolare abbiamo che
X0 = C · X e Y 0 = C · Y.
14 LE APPLICAZIONI LINEARI.
base B
1 0 0
A = −1 2 0 .
−1 1 1
Rispetto a tale base l’endomorfismo si esprime:
1 0 0 x1 x1
f (X) = −1 2 0 · x2 = −x1 + 2x2 .
−1 1 1 x3 −x1 + x2 + x3
Determiniamo la matrice associata a f rispetto alla base B 0 .
a11 x1 + a12 x2 + ... + a1n xn = hx1
a21 x1 + a22 x2 + ... + a2n xn = hx2
..........
an1 x1 + an2 x2 + ... + ann xn = hxn
o meglio ancora, come sistema lineare omogeneo (A − hI)X = 0:
(a11 − h)x1 + a12 x2 + ... + a1n xn = 0
a21 x1 + (a22 − h)x2 + ... + a2n xn = 0
.
..........
an1 x1 + an2 x2 + ... + (ann − h)xn = 0
Tale sistema ammette soluzioni non banali solo quando p(h) = det(A − hI) = 0. Il
polinomio p(h) = det(A − hI) é detto polinomio caratteristico di f (o di A) ed ha
grado n. Analogamente l’equazione p(h) = 0 é detta equazione caratteristica di f
(o di A) ed ha n soluzioni (in K o non in K, distinte o coincidenti).
Si osservi che da ora in poi ci riferiremo al polinomio caratteristico di un endo-
morfismo o di una matrice ad esso associata senza alcuna distinzione.
Le radici del polinomio caratteristico che appartengano al campo K, sono dette
autovalori di f . In corrispondenza di ciascun autovalore h0 , il sistema lineare omo-
geneo (A − h0 I)X = 0 ammette sempre soluzioni non banali. I vettori X che rico-
prono l’insieme V0 di tali soluzioni sono detti autovettori di f relativi all’autovalore
h0
V0 = {0 6= X ∈ V, (A − h0 I)X = 0}.
Il sottospazio vettoriale V0 ∪ {0} ricoperto da tali autovettori é detto autospazio di
f relativo all’autovalore h0 .
Osservazione 3. Sia A una matrice quadrata di ordine n. Se λ é un autovalore
di A, allora λn lo é per la matrice An .
Esempio 27. Siano V = lR3 e f : lR3 → lR3 con matrice associata rispetto alla
base canonica di lR3 :
1 2 2
A = 1 3 1 .
2 2 1
Per h3 = 1,
0 2 2
A − h3 I = 1 2 1
2 2 0
ed il sistema lineare omogeneo associato é:
2x2 + 2x3 = 0
x1 + 2x2 + x3 = 0 .
2x1 + 2x2 = 0
B(C −1 Xi ) = hi (C −1 Xi )
cioé h1 , .., hm sono anche autovalori di B, con autovettori corrispondenti Yi =
C −1 Xi .
Teorema 6. Sia f : V −→ V un endomorfismo su uno spazio vettoriale V di
dimensione n sul campo K, con matrice associata A, e sia h0 un autovalore di f
con molteplicitá algebrica r. Indichiamo con t la dimensione dell’autospazio V0 di
f relativo all’autovalore h0 . Allora t ≤ r.
(2) ⇒ (3): Supponiamo ora che per ogni autovalore hi , la sua molteplicitá alge-
brica ai coincida con la sua molteplicitá geometrica gi = dim(Vi ) (la dimen-
sione dell’autospazio relativo a hi ). Allora si ha che
cioé
V1 ⊕ V2 ⊕ ..... ⊕ Vm = V = lRn
ed inoltre l’unione delle basi di tutti gli autospazi costituisce una base di
V = lRn .
(3) ⇒ (1): Infine supponiamo che esista una base di lRn formata da autovettori
di A. Esistono allora X1 , .., Xn autovettori in lRn che siano tra loro linear-
mente indipendenti. Ricordiamo che gli autovalori sono in numero di n, anche
se non tutti necessariamente distinti. Indichiamo adesso λ1 , . . . , λn tali auto-
valori, m dei quali siano distinti (m ≤ n). Allora:
............
Esempio 29. Siano V = lR3 e f : lR3 → lR3 tale che f (x1 , x2 , x3 ) = (x1 + x3 , x2 +
x3 , x3 ).
Esempio 30. Siano V = lR3 e f : lR3 → lR3 tale che f (x1 , x2 , x3 ) = (2x1 +
x3 , 2x2 − x3 , x1 − x2 + x3 ).
Esempio 31. Siano V = lR3 e f : lR3 → lR3 tale che f (x1 , x2 , x3 ) = (3x1 +
x2 , 3x2 , 3x1 ).
Esempio 32. Siano V = lR3 e f : lR3 → lR3 tale che f (x1 , x2 , x3 ) = (x1 + x2 +
x3 , x1 , x1 ).
7. Esercizi.
Esercizio 1. Sia f : lR3 −→ lR4 una applicazione lineare cosı́ definita: f (x1 , x2 , x3 ) =
(x1 , 0, x3 , 0). Determinare nucleo, immagine ed una loro base.
Esercizio 2. Sia f : lR4 −→ lR3 definita da f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x1 + x2 , x2 −
x3 , x1 + x3 ). Determinare nucleo, immagine ed una loro base.
Esercizio 3. Sia f : lR3 −→ lR4 definita da f (x1 , x2 , x3 ) = (x1 , x1 + x2 − x3 , 2x1 +
x2 − x3 , x2 − x3 ). Determinare nucleo, immagine ed una loro base.
Esercizio 4. Sia f : lR4 −→ lR3 definita da f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = (x1 − x2 , 2x1 − x2 +
x4 , −x1 + x2 + x4 ). Determinare nucleo, immagine ed una loro base.
Esercizio 5. Sia f : lR2 −→ lR3 definita da: f (x1 , x2 ) = (x1 + 2x2 , 3x2 , x1 ).
Determinare la matrice associata alla f rispetto alle seguenti basi:
B1 = {(1, 1), (2, 1)} di lR2
B2 = {(1, 1, 0), (1, 0, 0), (1, 2, 1)} di lR3 .
Esercizio 6. Sia f : lR3 −→ lR4 definita da: f (x1 , x2 , x3 ) = (x1 + x2 , x2 , x1 +
x2 , x3 ). Determinare la matrice associata alla f rispetto alle basi canoniche in lR3
e lR4 .
Esercizio 7. Sia f : lR5 −→ lR3 definita da: f (x1 , x2 , x3 , x4 , x5 ) = (x1 − x4 , x2 −
x4 , x3 ). Determinare la matrice associata alla f rispetto alle basi canoniche in lR3
e lR5 .
Esercizio 8. Sia f : lR3 −→ lR4 definita da: f (x1 , x2 , x3 ) = (5x1 + 4x2 − 9x3 , 4x1 +
5x2 − 9x3 , −9x1 − 9x2 + 9x3 , x1 + x2 + x3 ). Determinare la matrice associata alla
f rispetto alla base canonica in lR4 e B = {(1, 1, 0), (1, 0, −1), (0, 1, −1)} in lR3 .
Esercizio 9. Sia f : lR4 −→ lR2 una applicazione lineare avente matrice associata
1 0 0 1
−1 1 2 −1
rispetto alle basi
B1 = {(1, 1), (1, 0)} di lR2
B2 = {(1, 1, 1, 0), (1, 0, 0, 0), (2, 0, 0, 1), (0, 0, 1, 0)} di lR4 .
Determinare la matrice associata a f rispetto alle basi canoniche sia nel dominio
che nel codominio.
Esercizio 10. Sia f : lR4 −→ lR4 l’endomorfismo avente matrice associata
1 0 1 0
0 −1 0 1
0 0 0 1
0 1 1 1
rispetto alla base
B = {(1, 0, 0, −1), (1, 0, 0, 0), (0, 1, 1, 0), (0, 0, 1, 0)} di lR4
sia nel dominio che nel codominio. Determinare la matrice associata a f rispetto
alle basi canoniche sia nel dominio che nel codominio.
30 LE APPLICAZIONI LINEARI.
1
2 LA FORMA CANONICA DI JORDAN.
Esempio 1.
3 1 0 0 0
0 3 1 0 0
= J3 (3) 0
A1 = 0 0 3 0 0
0 J2 (2)
0 0 0 2 1
0 0 0 0 2
Esempio 2.
2 1 0 0 0 0
0 2 1 0 0 0
J3 (2) 0 0
0 0 2 0 0 0
= 0
A2 = J2 (4) 0
0 0 0 4 1 0
0 0 J 1 (3)
0 0 0 0 4 0
0 0 0 0 0 3
Esempio 3.
3 0 0 0 J1 (3) 0 0 0
0 2 0 0
= 0 J1 (2) 0 0
A3 =
.
0 0 4 0 0 0 J1 (4) 0
0 0 0 5 0 0 0 J1 (5)
Notiamo allora che le matrici diagonali sono delle particolari matrici di Jordan,
con un numero di blocchi pari all’ordine della matrice stessa ed ogni blocco ha
ordine 1.
Teorema 1. Sia A ∈ Mn (lR) una matrice il cui polinomio caratteristico abbia tutte
radici reali. Allora esiste una matrice non singolare C ∈ Mn (lR) tale che la matrice
C −1 AC sia in forma canonica di Jordan. In altre parole, per ogni endomorfismo f
di lRn avente tutti gli autovalori nel campo reale, esiste una base di lRn , rispetto alla
quale, la matrice associata a tale endomorfismo sia in forma canonica di Jordan.
Osservazione 1. Sia A la matrice, ed indichiamo
P (X) = (X − λ1 )r1 · (X − λ2 )r2 · · · ·(X − λh )rh
il suo polinomio caratteristico, in cui λ1 , λ2 , λ3 , ..., λh sono tutti gli autovalori di A,
tra loro distinti e tali che l’autovalore λi abbia
P molteplicitá algebrica, come radice
del polinomio caratteristico, pari a ri , con i ri = n. Sia A0 la forma canonica di
Jordan simile alla A. Gli scalari rispetto ai quali i blocchi di Jordan della A0 vengono
costruiti sono proprio gli autovalori della matrice A, cioé per ogni autovalore di A
esiste almeno un blocco di Jordan in A0 .
A questo punto, per poter effettivamente costruire la matrice nella sua forma
canonica di Jordan, é necessario rispondere alle due seguenti domande:
1. Quanti sono i blocchi di Jordan relativi a ciascun autovalore?
2. Quale deve essere l’ordine di ciascun blocco?
Svolg. Se i due autovalori sono distinti, allora sappiamo che la dimensione geo-
metrica di entrambi é 1, per cui esiste un blocco di Jordan per ognuno dei due
autovalori e ciascun blocco ha ordine 1, cioé la matrice
é diagonalizzabile,
la forma
λ1 0
di Jordan coincide con quella diagonale ed essa é .
0 λ2
Se i due autovalori coincidono (λ1 = λ2 = λ) e la dimensione dell’autospazio asso-
ciato é 2, allora esitono due blocchi di Jordan relativi all’autovalore, ciascuno con
ordine 1. Anche in questo caso la matrice é diagonalizzabile
e la forma canonica di
λ 0
Jordan si riduce alla semplice forma diagonale .
0 λ
Se i due autovalori coincidono (λ1 = λ2 = λ) ma la dimensione dell’autospazio
associato é 1, allora esiste un solo blocco di Jordan relativo all’autovalore, ed esso
deve avere
necessariamente ordine 2. La forma canonica di Jordan é in tale caso
λ 1
.
0 λ
λ 1 0
canonica sará 0 λ 0 . Se la molteplicitá geometrica dell’autovalore é 1, esiste
0 0 λ
λ 1 0
un solo blocco di Jordan relativo ad esso e la forma canonica é 0 λ 1 .
0 0 λ
Esempio 6. Sia A ∈ M6 (lR),
0 1 −1 −1 1 −1
0 0 1 2 0 1
0 0 1 1 0 0
A= .
0 0 0 1 0 1
0 0 0 0 2 −1
0 0 0 0 1 0
Il polinomio caratteristico é det(A − λI) = λ2 (λ − 1)4 , cioé λ1 = 0 é autovalore
con molteplicitá algebrica 2, mentre l’autospazio ad esso associato ha dimensione
1. Esiste allora un solo blocco di Jordan ad esso relativo.
Infine l’autospazio relativo all’autovalore λ2 = 1 ha dimensione 1, quindi vi é un
solo blocco di Jordan relativo a λ2 , necessariamente di ordine 4.
La forma canonica sará:
1 1 0 0 0 0
0 1 1 0 0 0
0 0 1 1 0 0
A0 = = J4 (1) 0
.
0 0 0 1 0 0 0 J2 (0)
0 0 0 0 0 1
0 0 0 0 0 0
n − 2r1 + r2 .
Per k ≥ 2 vale la seguente tabella, in cui sono riportati a sinistra gli ordini di tutti i
blocchi che eventualmente si possono presentare, e a destra il numero di tali blocchi:
1 4 5 0 0 0 0 0
0 1 3 0 0 0 0 0
0 0 1 0 0 0 0 0
0 0 0 2 3 0 0 0
A= .
0 0 0 0 2 0 0 0
0 0 0 0 0 2 2 1
0 0 0 0 0 0 1 3
0 0 0 0 0 0 0 1
0 0 12 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
2
0 0 0 1 6 0 0 0
(A − h1 I) =
0 0 0 0 1 0 0 0
0 0 0 0 0 1 2 7
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
che ha rango 4, quindi r2 = 4.
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 1 9 0 0 0
(A − h1 I)3 =
0 0 0 0 1 0 0 0
0 0 0 0 0 1 2 7
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
che ha rango 3, quindi r3 = 3.
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
4
0 0 0 1 12 0 0 0
(A − h1 I) =
0 0 0 0 1 0 0 0
0 0 0 0 0 1 2 7
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
che ha rango 3, quindi r4 = 3. Quindi
1 −8 2 0 0 0 0 0
0 1 −6 0 0 0 0 0
0 0 1 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0
(A − h2 I)2 =
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 −2 5
0 0 0 0 0 0 1 −6
0 0 0 0 0 0 0 1
che ha rango 5, quindi r2 = 5.
−1 12 −21 0 0 0 0 0
0 −1 9 0 0 0 0 0
0 0 −1 0 0 0 0 0
3
0 0 0 0 0 0 0 0
(A − h2 I) =
0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 2 −11
0 0 0 0 0 0 −1 10
0 0 0 0 0 0 0 −1
che ha rango 5, quindi r3 = 5. Quindi
Teorema 2. Ogni matrice quadrata A di un certo ordine n é una radice del suo
polinomio caratteristico p(λ) = det(A − λI), in altre parole se
p(λ) = a0 + a1 λ + a2 λ2 + ... + an λn
allora
p(A) = a0 I + a1 A + a2 A2 + ... + an An = 0.
Alla luce di ció, vi sono chiaramente infiniti polinomi f (x) di grado superiore
ad n tali da avere la matrice A come radice, sono esattamente tutti i polinomi
che ammettano il polinomio p(x) come divisore, cioé quelli del tipo f (x) = p(x) ·
h(x), per ogni polinomio h(x). Ci chiediamo allora se esistono polinomi di grado
inferiore a n che ammettano la matrice A come radice. Essi possono esistere, ma
non necessariamente.
Definizione 1. Il polinomio minimo di A é il polinomio monico (con coefficiente
1 per il monomio di grado massimo) di grado minimo che ammetta A come radice.
Se ne deduce che il polinomio minimo di A deve essere cercato tra tutti i poli-
nomi divisori del polinomio caratteristico di A. Se nessuno di tali polinomi dovesse
ammettere A come radice, concluderemmo che il polinomio minimo e quello carat-
teristico coincidono. Vale inoltre il seguente:
Teorema 3. Il polinomio minimo m(λ) di A deve contenere tutti gli zeri del poli-
nomio caratteristico p(λ).
Dim. Il risultato é ovvio se p(λ) = m(λ). Supponiamo allora che il µ = grado(m) <
grado(p) e per assurdo ammettiamo che esista un autovalore λi tale che il monomio
(λ − λi ) non sia un divisore di m(λ). Avremmo che
m(λ) = (λ − λi )q(λ) + r
dore q(λ) é un polinomio di grado µ − 1 e r é il resto della divisione tra m(λ) e
(λ − λi ). Poiché m(A) = 0 allora
0 = (A − λi I)q(A) + rI
(A − λi I)q(A) = −rI.
Passando ai determinanti delle precedenti matrici otteniamo
det(A − λi I) · det(q(A)) = (−r)n .
Quindi, visto che det(A − λi I) = 0, deduciamo che (−r)n = 0, cioé r = 0 e
m(λ) = (λ − λi )q(λ), da cui la conclusione che ogni radice di p(λ) lo é anche per
m(λ).
Quindi un metodo per determinare il polinomio minimo m(λ) é quello di scom-
porre in fattori p(λ)
p(λ) = (λ − λ1 )h1 (λ − λ2 )h2 ......(λ − λr )hr
con h1 +h2 +...+hr = n, e considerare dapprima il polinomio composto dal prodotto
dei fattori lineari di p:
m1 = (λ − λ1 )(λ − λ2 )......(λ − λr ).
10 LA FORMA CANONICA DI JORDAN.
Dim. Per la dimostrazione della prima parte del teorema é sufficiente provare che
vr−i ∈ ker(f r−i ) − ker(f r−i−1 ) per un fissato i ∈ {1, ..., r − 1}. Per semplicitá
prendiamo i = 1, dobbiamo allora dimostrare che vr−1 ∈ ker(f r−1 ) − ker(f r−2 ).
Poiché vr−1 = f (vr ), allora f r−1 (vr−1 ) = f r−1 f (vr ) = f r (vr ) = 0, per cui
12 LA FORMA CANONICA DI JORDAN.
7. Esercizi.
Esercizio 1. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
1
3 4 .
−1 1
Esercizio 2. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
1 0 0
0 1 0 .
1 0 2
Esercizio 3. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
2 3 0
0 2 0 .
4 0 2
Esercizio 4. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
1 2 5
0 14 39 .
0 −5 −14
Esercizio 5. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
0 1 1 0 0 0
0 1 0 0 1 −1
−1 1 2 0 0 0
0 0 0 1 0 0 .
1 0 −1 1 1 1
0 0 0 1 0 1
Esercizio 6. Determinare la forma canonica di Jordan della seguente matrice:
0 1 −1 −1 1 −1
0 0 1 1 0 0
0 0 1 1 0 0
.
0 0 0 1 0 1
0 0 0 0 2 −1
0 0 0 0 1 0
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
Svolg. Per dimostrarlo é sufficiente verificare che per ogni a, b ∈ lR, (x1 , x2 ), (x01 , x02 ) ∈
lR2 , (y1 , y2 , y3 ), (y10 , y20 , y30 ) ∈ lR3 , si abbia
f (a(x1 , x2 )+b(x01 , x02 ), (y1 , y2 , y3 )) = af ((x1 , x2 ), (y1 , y2 , y3 ))+bf ((x01 , x02 ), (y1 , y2 , y3 ))
e
f ((x1 , x2 ), a(y1 , y2 , y3 )+b(y10 , y20 , y30 )) = af ((x1 , x2 ), (y1 , y2 , y3 ))+bf ((x1 , x2 ), (y10 , y20 , y30 )).
1
2 LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
v1 w1
v2
w2
v3
w3
v=
... ,w =
...
...
...
... ...
vn wm
allora possiamo osservare che f (v, w) = v T Aw. Quindi ad ogni forma bilineare é
associata una matrice relativa ad una scelta di basi.
Viceversa per ogni matrice A ∈ Mnm (K) esiste una forma bilineare f : V ×W −→
K, definita da f (X, Y ) = X T AY , per ogni vettore X ∈ V espresso per componenti
in una certa base B di V e per ogni vettore Y ∈ W espresso per componenti in una
certa base C di W .
In definitiva, la scelta delle basi é determinante al fine di definire una qualsiasi
forma bilineare associata ad una matrice.
Svolg.
f (b1 , c1 ) = 1, f (b1 , c2 ) = 1, f (b1 , c3 ) = 0
f (b2 , c1 ) = 1, f (b2 , c2 ) = 0, f (b2 , c3 ) = −1
allora la f si puó rappresentare, rispetto alle basi canoniche, nel modo seguente:
y1
1 1 0
f (X, Y ) = x1 x2 y2 .
1 0 −1
y3
Consideriamo ora due basi diverse da quelle canoniche: D = {d1 , d2 } = {(1, 1), (2, 1)}
di lR2 e E = {e1 , e2 , e3 } = {(1, 1, 0), (0, 0, 1), (2, 0, 1)}. Calcoliamo gli elementi della
matrice associata in tali basi:
f ((x1 , x2 ), (y1 , y2 , y3 )) = x1 (y1 + y2 ) + x2 (y1 − y3 ),
3 2
Esempio 3. Sia f: lR × lR −→ lR una forma bilineare, alla quale sia associata
1 1
la matrice 1 0 rispetto alle basi B = {b1 , b2 , b3 } = {(1, 1, 0), (0, 0, 1), (0, 1, 1)}
2 1
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 3
di lR3 e C = {c1 , c2 } = {(1, 1), (0, 1)} di lR2 . Determiniamo la matrice associata
a f rispetto alle basi D = {d1 , d2 , d3 } = {(0, 1, 0), (0, 1, 1), (2, 0, 1)} di lR3 e E =
{e1 , e2 } = {(1, 1), (2, 1)} di lR2 .
Esempio 4. Sia f : lR3 × lR3 −→ lR una forma bilineare, alla quale sia associata
1 1 0
la matrice 1 0 2 rispetto alla base canonica di lR3 .
0 2 1
4 LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
1 1 0 y1
f (X, Y ) = x1 x2 x3 1 0 2 y2 = x1 y1 +x2 y1 +x1 y2 +2x3 y2 +2x2 y3 +x3 y3 .
0 2 1 y3
Essa é simmetrica, poiché associata ad una matrice simmetrica. Si noti che per
determinare la simmetricitá della f é sufficiente constatare che le coppie dei termini
misti xi yj e xj yi abbiano lo stesso coefficiente, per ogni scelta di i e j.
Per quanto visto fin’ora, potremo da ora in poi confondere le proprietá relative
ad una forma bilineare simmetrica con quelle della forma quadratica ad essa as-
sociata. Infatti tali proprietá sono semplicemente caratteristiche della matrice che
rappresenta entrambe le f e q.
Dim. Dimostriamo prima che se A é simmetrica allora esiste una base di au-
tovettori ortonormali rispetto alla quale essa é diagonalizzabile. Lo facciamo per
induzione sulla dimensione di lRn (cioé sull’ordine di A). Per n = 1 abbiamo
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 7
A = [a], la quale é banalmente diagonale ed ottenibile come [1] · [a] · [1], dove [1] é
una matrice ovviamente ortogonale.
Supponiamo che il teorema sia vero per ogni matrice simmetrica di ordine q ≤ n−1.
Sia λ un autovalore di A, sia V l’autospazio relativo a λ e sia V =< X1 , . . . , Xr >.
Se r = n allora λ é l’unico autovalore di A con molteplicitá algebrica e geometrica
coincidenti. Quindi A é diagonalizzabile. Inoltre l’autospazio V coincide con lRn ,
per cui esistono certamente n autovettori relativi a λ che siano tra loro ortogonali
e costituiscano una base di lRn . Sia allora r ≤ n − 1. Quindi per ipotesi induttiva
esiste una base di r autovettori ortogonali per V . Esiste allora almeno un autoval-
ore reale differente da λ. Siano µ1 , . . . , µt tutti gli autovalori di A tra loro diversi e
differenti da λ. La somma delle molteplicitá algebriche di λ, µ1 , . . . , µt é pari a n.
In particolare la somma delle molteplicitá algebriche di µ1 , . . . , µt é pari a n − r.
Indichiano con V1 , . . . , Vt gli autospazi relativi a µ1 , . . . , µt .
Notiamo dapprima che f (Vi ) ⊆ Vi , cioé l’endomorfismo f si puó restringere ad ogni
autospazio Vi relativo ad ogni autovalore µi . Sia quindi (c1 , . . . , ck ) una base di Vi
formata da autovettori e sia Y ∈ Vi . Quindi esistono opportuni scalari βj tali che
Pk
Y = j=1 βj cj . Da cui
Xk k
X k
X k
X k
X
AY = f (Y ) = f ( βj cj ) = βj f (cj ) = βj Acj = βj (µi cj ) = µi βj cj .
j=1 j=1 j=1 j=1 j=1
v T Au. P P
Siano quindi u = i αi Xi e v = i βi Xi . Allora
X X XX
uT Av = ( αi Xi )T A( βj Xj ) = αi βj XiT AXj =
i j i j
X X
αi βi XiT AXi = αi βi
i i
ed analogamente
X X XX
v T Au = ( βi Xi )T A( αj Xj ) = βi αj XiT AXj =
i j i j
X X X
βi αi XiT AXi = βi αi = αi βi = uT Av.
i i i
Concludiamo allora che se q é una forma quadratica in lRn associata ad una
matrice A, poiché quest’ultima é simmetrica, allora esiste una base di lRn rispetto
alla quale la matrice associata a q é una matrice diagonale.
Ripetiamo tale iter per ogni riga, ogni volta che f (ei , ei ) 6= 0. Alla fine otterremo
la forma diagonale della matrice e quindi della forma bilineare e di quella quadratica
associate.
Svolg. Passo 1.
f (e1 , e1 ) = 0 f (e1 , e2 ) 6= 0
e01
= e1 + e2 , e02 = e2 , e03 = e3
La matrice di cambiamento di base é
1 0 0
C1 = 1 1 0
0 0 1
da cui
x1 = x01 , x2 = x01 + x02 , x3 = x03
e sostituendo la nuova espressione del vettore X otteniamo la forma quadratica
espressa nella nuova base
q(X) = x21 + x1 x2 + 2x1 x3 + x2 x3 =
1
11 2 11 x1
x1 x2 x3 2 0 2 x2 .
1 12 0 x3
10 LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
Passo 2.
f (e1 , e2 ) 1 f (e1 , e3 )
f (e1 , e1 ) 6= 0, c2 = = , c3 = =1
f (e1 , e1 ) 2 f (e1 , e1 )
1
e01 = e1 ,
e02 = e2 − e1 , e03 = e3 − e1
2
La matrice di cambiamento di base é
1 − 12 −1
C2 = 0 1 0
0 0 1
da cui
1
x1 = x01 − x02 − x03 , x2 = x02 , x3 = x03
2
e sostituendo la nuova espressione del vettore X otteniamo la forma quadratica
espressa nella nuova base
1
q(X) = x21 − x22 − x23 =
4
1 01 0 x1
x1 x2 x3 0 − 4 0 x2 .
0 0 −1 x3
La matrice finale del cambiamento di base é
1 − 21 −1
1
C = C1 · C2 = 1 2 −1
0 0 1
ed infatti si ha che
1 1
1 − 12
1 1 0 0 2 2 −1 1 0 0
−1 1
0 · 1 0 1 · 1 1
−1 = 0 − 14 0 .
2 2 2 2 2
1 1
1 −1 1 2 2 0 0 0 1 0 0 −1
Svolg. Passo 1.
f (e1 , e2 ) f (e1 , e3 ) 1
f (e1 , e1 ) 6= 0, c2 = = 0, c3 = =
f (e1 , e1 ) f (e1 , e1 ) 10
1
e01 = e1 , e02 = e2 , e03 = e3 − e1
10
La matrice di cambiamento di base é
1
1 0 − 10
C= 0 1 0
0 0 1
da cui
1 0
x1 = x01 − x , x2 = x02 , x3 = x03
10 3
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 11
Svolg.
La matrice associata alla forma quadratica é
1 −1 21
A = −1 0 0
1
2 0 0
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 13
C1 = 0 1 0
0 0 1
da cui
1
x1 = x01 + x02 − x03 , x2 = x02 , x3 = x03 .
2
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
1
q(x1 , x2 , x3 ) = x21 − x22 − x23 + x2 x3
4
con matrice associata
1 0 0
A0 = 0 −1 1
2 .
0 2 − 14
1
A = − 12 0 0
1 0 0
Poiché q(e1 ) 6= 0 allora possiamo effettuare il seguente cambiamento di base:
− 12 1 1
e01 = e1 , e02 = e2 − e1 = e2 + e1 , e03 = e3 − e1
2 4 2
la cui matrice associata é
1 14 − 12
C1 = 0 1 0
0 0 1
da cui
1 1
x1 = x01 + x02 − x03 , x2 = x02 , x3 = x03 .
4 2
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
1 1 1
q(x1 , x2 , x3 ) = 2x21 − x22 − x23 + x2 x3
8 2 2
con matrice associata
2 0 0
A0 = 0 − 18 1
4 .
1
0 4 − 12
Poiché q(e2 ) 6= 0 allora possiamo effettuare il seguente cambiamento di base:
1
e01 = e1 , e02 = e2 , e03 = e3 − 4
e2 = e3 + 2e2
− 18
la cui matrice associata é
1 0 0
C2 = 0 1 2
0 0 1
da cui
x1 = x01 , x2 = x02 + 2x03 , x3 = x03 .
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
1
q(x1 , x2 , x3 ) = 2x21 − x22
8
con matrice associata
2 0 0
A00 = 0 − 18 0 .
0 0 0
La base ortogonale B rispetto a cui la forma quadratica si esprime in forma diago-
nale é data dalle colonne della matrice C = C1 × C2 :
1 14 0
C= 0 1 2
0 0 1
per cui B = {(1, 0, 0), ( 14 , 1, 0), (0, 2, 1)} e la matrice associata alla forma quadratica
in tale base é A00 =T CAC.
Per ottenere una forma diagonale in cui compaiano come coefficienti non nulli
solamente +1 e −1 dobbiamo esprimere la forma quadratica rispetto ad una base
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 15
(1, 0, 0) ( 14 , 1, 0)
B0 = { √ , q , (0, 2, 1)} =
2 1
8
1 1 √
{( √ , 0, 0), ( √ , 2 2, 0), (0, 2, 1)}.
2 2
Quindi la matrice ortonormale di cambiamento di base
1
√1
√ 0
2 √ 2
C0 = 0 2 2 2
0 0 1
ci permette di ottenere la forma diagonale
1 0 0
A000 =T C 0 AC 0 = 0 −1 0 .
0 0 0
Svolg.
La matrice associata alla forma quadratica é
0 1 1
A= 1 0 0
1 0 −2
Poiché q(e1 ) = 0 allora dobbiamo effettuare il seguente cambiamento di base:
e01 = e1 + e2 , e02 = e2 , e03 = e3
la cui matrice associata é
1 0 0
C1 = 1 1 0
0 0 1
da cui
x1 = x01 , x2 = x01 + x02 , x3 = x03 .
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
q(x1 , x2 , x3 ) = 2x21 + 2x1 x2 + 2x1 x3 − 2x23
con matrice associata
2 1 1
A0 = 1 0 0 .
1 0 −2
16 LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
C2 = 0 1
0
0 0 1
da cui
1 1
x1 = x01 − x02 − x03 , x2 = x02 , x3 = x03 .
2 2
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
1 5
q(x1 , x2 , x3 ) = 2x21 − x22 − x23 − x2 x3
2 2
con matrice associata
2 0 0
A00 = 0 − 12 − 12 .
0 − 12 − 52
Poiché q(e2 ) 6= 0 allora possiamo effettuare il seguente cambiamento di base:
e01 = e1 , e02 = e2 , e03 = e3 − e2
la cui matrice associata é
1 0 0
C3 = 0 1 −1
0 0 1
da cui
x1 = x01 , x2 = x02 − x03 , x3 = x03 .
L’espressione della forma quadratica nelle nuove coordinate é
1
q(x1 , x2 , x3 ) = 2x21 − x22 − 2x23
2
con matrice associata
2 0 0
A000 = 0 − 12 0 .
0 0 −2
La base ortogonale B rispetto a cui la forma quadratica si esprime in forma
diagonale é data dalle colonne della matrice C = C1 × C2 × C3 :
1 − 12
0
1
C= 1 2 −1
0 0 1
per cui B = {(1, 1, 0), (− 12 , 12 , 0), (0, −1, 1)} e la matrice associata alla forma quadrat-
ica in tale base é A000 =T CAC.
Per ottenere una forma diagonale in cui compaiano come coefficienti non nulli
solamente +1 e −1 dobbiamo esprimere la forma quadratica rispetto ad una base
ortonormale B 0 . Questa si ottiene dalla base ortogonale B, dividendo il vettore che
occupa la colonna i nella matrice C, per la radice quadrata del valore assoluto dello
scalare (se é non nullo) presente nella colonna i della matrice A000 :
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 17
Per ottenere una forma diagonale in cui compaiano come coefficienti non nulli
solamente +1 e −1 dobbiamo esprimere la forma quadratica rispetto ad una base
ortonormale B 0 . Questa si ottiene dalla base ortogonale B, dividendo il vettore che
occupa la colonna i nela matrice C, per la radice quadrata del valore assoluto dello
scalare (se é non nullo) presente nella colonna i della matrice A0 :
(0, 1, 0)
B 0 = {(1, 0, 0),
√ , (−1, 0, 1)}.
2
Quindi la matrice ortonormale di cambiamento di base
1 0 −1
1
C 0 = 0 √2 0
0 0 1
ci permette di ottenere la forma diagonale
1 0 0
A00 =T C 0 AC 0 = 0 1 0
0 0 0
che individua una forma quadratica semidefinita positiva di segnatura (2, 0).
1 1 1 1 1
B 0 = {( √ , 0, − √ ), ( , 0, ), (0, √ , 0)}.
2 2 2 2 2
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 19
√
1 2 3
{( √ , 0), (− √ , √ )}.
3 15 5
Quindi la matrice ortonormale di cambiamento di base
" 1
√2
#
√ −
C0 = 3 √ 15
0 √3
5
Risolviamo adesso lo stesso esercizio tramite l’utilizzo degli autovalori della ma-
trice A.
Dopo aver risolto l’equazione caratteristica associata alla matrice A, si ottengono
come autovalori λ1 = 5 e λ2 = 1, entrambi con molteplicitá algebrica 1.
L’autospazio relativo a λ1 é generato dall’autovettore (1, 1), il cui versore é
( √12 , √12 ).
L’autospazio relativo a λ2 é generato dall’autovettore (1, −1), il cui versore é
( √12 , − √12 ).
La base rispetto a cui la forma quadratica é diagonalizzabile, con gli autovalori
sulla diagonale principale della matrice ad essa associata, é formata proprio da tali
autoversori:
1 1 1 1
B = {( √ , √ ), ( √ , − √ )}.
2 2 2 2
La matrice di cambiamento di base é allora
" #
√1 √1
C= 2 2
√1 − √12
2
tale che
T 5 0
CAC = .
0 1
Al solito, per ottenere una forma diagonale in cui compaiano come coefficienti
non nulli solamente +1 e −1 dobbiamo esprimere la forma quadratica rispetto ad
una base ortonormale B 0 che si ottiene dalla base B, dividendo ogni vettore per la
radice quadrata del valore assoluto dell’autovalore (se é non nullo) ad esso relativo:
1 1 1 1
B 0 = {( √ , √ ), ( √ , − √ )}.
10 10 2 2
La matrice di cambiamento di base é allora
" #
√1 √1
C0 = 10
√1
2
10
− √12
tale che
T 0 0 1 0
C AC = .
0 1
LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI. 21
C0 = 0 √1
2
0
0 0 1
22 LE FORME BILINEARI E LE FORME QUADRATICHE REALI.
Dim. Supponiamo che f sia un prodotto scalare, quindi per ogni 0 6= X ∈ lRn si
ha X t AX > 0. In particolare sia X0 = (a1 , .., an ) ∈ lRn − {0} un autovettore. Ne
segue che, per ogni autovalore λ relativo a x0 ,
λ(a21 + a22 + .... + a2n ) = λX0t X0 = X0t λX0 = X0t AX0 = f (X0 , X0 ) > 0
per cui λ > 0.
Viceversa supponiamo che ogni autovalore λi sia positivo. Essendo A simmetrica,
esiste una base di autovettori ortonormali C = {c1 , ..., cn } di lRn . Sia X ∈ lR − {0},
con X = a1 c1 + ... + an cn , cioé siano (a1 , .., an ) le componenti di X rispetto a C.
Segue che
f (X, X) = (a1 c1 + .... + an cn )t A(a1 c1 + ... + an cn ) =
XX XX
ai aj (cti Acj ) = ai aj cti λj cj =
i j i j
XX X
λj ai aj (cti cj ) = λi a2i > 0.
i j i
9. Esercizi.
Esercizio 8. Sia f : lR2 × lR2 −→ lR la forma bilineare definita da
f ((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) = x1 (y1 + y2 ) + x2 (y1 − y2 ).
Determinare la matrice associata rispetto alle basi canoniche.
1 3
Esercizio 9. Sia data la matrice . Determinare la forma bilineare f :
5 2
lR × lR −→ lR associata a tale matrice rispetto alle basi canoniche di lR2 .
2 2
Siano V = lR2 e A lo spazio affine associato a V . Indichiamo con {i, j} una base
di V e con (O, i, j) un riferimento in A. Ogni punto P ∈ A é individuato dalle
coordinate (x, y) rispetto al riferimento dato, tali che OP = xi + yj. Diremo assi
coordinati quelle rette passanti per O, concordi e parallele ai vettori i, j.
1. Equazioni di una retta. Ogni retta del piano puó essere individuata da un
suo punto P0 = (x0 , y0 ) e da un vettore v = (l, m) ad essa parallelo. Se P = (x, y)
é un qualsiasi punto della retta, ne segue che il vettore P0 P sará proporzionale
al vettore v, in quanto paralleli. In altri termini avremo che P0 P = tv, per un
opportuno scalare t, dipendente dalla scelta di P sulla retta. Al variare di t ∈ lR, si
ottiene la proporzionalitá di v con ogni vettore scelto sulla retta, cioé si ottengono
tutti i punti della retta:
x − x0 = tl
y − y0 = tm
note come le equazioni parameriche di una retta e generalmente espresse da:
x = x0 + tl
.
y = y0 + tm
Gli elementi della coppia (l, m) sono detti parametri direttori della retta. In parti-
colare se si conoscono due punti della retta P1 = (x1 , y1 ) e P2 = (x2 , y2 ), il vettore
P1 P2 é parallelo alla retta e quindi (l, m) = (x2 − x1 , y2 − y1 ) e l’equazione si puó
ottenere nel modo seguente:
x = x1 + t(x2 − x1 )
y = y1 + t(y2 − y1 )
da cui
x − x1 y − y1
t= =
x2 − x1 y 2 − y1
x − x1 y − y1
t= =
l m
che é detta equazione a catena di una retta.
Da tali espressioni, eliminando il parametro t, otteniamo
mx − mx0 − ly + ly0 = 0
che possiamo riscrivere
ax + by + c = 0
che é l’equazione lineare (implicita) che rappresenta la retta in coordinate affini.
Diremo che due rette sono parallele se esse hanno i parametri direttori proporzionali
(in particolare identici). Si noti che quando la retta é espressa in forma implicita,
i suoi parametri direttori sono dati dalla coppia (l, m) = (b, −a).
1
2 GEOMETRIA NEL PIANO AFFINE ED EUCLIDEO.
Abbiamo visto come l’equazione della retta passante per i due punti P1 = (x1 , y1 )
e P2 = (x2 , y2 ) si scriva
x − x1 y − y1
=
x2 − x1 y2 − y1
che equivale alla
(x − x1 )(y2 − y1 ) − (y − y1 )(x2 − x1 ) = 0
cioé
x − x1 y − y1
x2 − x1 = 0.
y2 − y1
Quest’ultima si puó riscrivere anche nel modo seguente:
x y 1
x1 y1 1 = 0.
x2 y2 1
Siano P1 = (x1 , y1 ) e P2 = (x2 , y2 ) due punti del piano. La distanza tra i punti
P1 e P2 é il modulo del vettore P1 P2 :
p
δ(P1 , P2 ) = (x2 − x1 )2 + (y2 − y1 )2 .
Quindi:
a b
δ(P0 H) = |(P0 Q1 ) × ( √ i+ √ j)| =
a2 + b2 a2 + b2
a b
|((x1 − x0 )i + (y1 − y0 )j) × ( √ i+ √ j)| =
a2+b 2 a + b2
2
Svolg. Il vettore AB ha componenti (−1, −4), quindi una retta ad esso ortogonale
ha come parametri direttori, la coppia (b, −a) = (−4, 1).
Il punto medio di AB é Q = ( 23 , 1). Quindi l’asse del segmento AB ha equazione:
1 3
y − 1 = − (x − )
4 2
cioé
2x + 8y + 11 = 0.
6 GEOMETRIA NEL PIANO AFFINE ED EUCLIDEO.
6. Coordinate omogenee nel piano. Sia P = (x, y) un punto del piano. Diremo
che (x1 , x2 , x3 ) sono le coordinate omogenee di P se xx13 = x e xx23 = y.
Nel caso x3 6= 0 le precedenti scritture hanno evidentemente un senso, e diremo
che il punto é proprio. Ogni punto proprio (x, y) puó banalmente essere individ-
uato da una terna di coordinate omogenee (x, y, 1). Inoltre due terne tra loro
proporzionali individuano lo stesso punto nel piano.
Nel caso il punto P sia individuato dalla terna (x, y, 0) esso verrá detto improprio.
L’insieme dei punti impropri del piano forma una retta detta ”retta impropria”, la
cui equazione é x3 = 0.
x2 + y 2 + ax + by + c = 0.
In quest’ultima equazione compaiono i coefficienti legati alle coordinate del centro
e alla lunghezza del raggio r:
a b 1p 2
α=− , β=− , r= a + b2 − 4c
2 2 2
Esempio 3. Determinare la circonferenza di centro C = (1, 1) e raggio r = 3.
x2 + y 2 − 2x − 2y − 7 = 0
Esempio 4. Determinare centro e raggio della circonferenza x2 +y 2 −4x−2y +2 =
0.
Per ottenere la circonferenza passante per i tre punti dobbiamo sostituire le co-
ordinate dei punti alla generica equazione di una circonferenza. In tale caso la
circonferenza contenente i tre punti é unica. Infatti il sistema lineare che dobbiamo
risolvere 2
x1 + y12 + ax1 + by1 + c = 0
x2 + y22 + ax2 + by2 + c = 0
22
x3 + y32 + ax3 + by3 + c = 0
nelle incognite (a, b, c) ha rango 3.
Esempio 5. Determinare la circonferenza contenente i punti (1, 2), (1, 8), (5, 0).
8 GEOMETRIA NEL PIANO AFFINE ED EUCLIDEO.
Esiste un altro metodo per determinare l’unica circonferenza passante per i tre
punti e si basa sul fatto che l’asse di un segmento che ha per estremi due punti di
un circonferenza, certamente contiene il centro della circonferenza. Lo esponiamo
riproponendo l’esempio precedente:
Esempio 6. Determinare la circonferenza contenente i punti A = (1, 2), B = (1, 8),
C = (5, 0).
8. Esercizi.
Esercizio 1. Nel piano euclideo determinare il punto simmetrico di P (4, −3) rispetto
al punto Q(1, −1).
Esercizio 2. Nel piano euclideo determinare il punto simmetrico di P (1, 1) rispetto
alla retta r : x − 2y + 4 = 0 lungo la direzione ortogonale a r.
Esercizio 3. Nel piano euclideo determinare il punto simmetrico di P (1, 3) rispetto
alla retta r : x − y + 1 = 0 lungo la direzione (2, 1, 0) (cioé lungo la retta di
parametri direttori (2, 1) e passante per P ).
Esercizio 4. Siano A(2, −1) e B(3, 2) punti del piano euclideo. Determinare l’asse
del segmento AB.
Esercizio 5. Determinare la circonferenza passante per i punti (0, 2), (1, 1), (2, −1).
Esercizio 6. Determinare il centro ed il raggio della circonferenza x2 + y 2 − 3x +
2y − 1 = 0.
Esercizio 7. Siano r : 2x − y + 3 = 0 e s : x = 2t, y = t + 2 due rette
nel piano. Determinare i coseni direttori di entrambe le rette ed inoltre il coseno
dell’angolo tra di esse compreso.
Esercizio 8. Siano r : x = 3t − 1, y = 2t + 5 l’equazione in forma parametrica
di una retta nel piano e P (1, 1) un punto esterno ad essa. Determinare:
1. L’equazione in forma implicita (equazione affine) della retta.
2. La distanza tra il punto P e la retta r. La retta passante per P ed ortogonale
a r.
3. La retta passante per P e parallela a r.
Figura 9
P0
H Q1
dove (a, b) sono le coordinate del nuovo centro del riferimento, ed applicandole nel
nostro caso otteniamo le coordinate di P 0
0
x = −1 − 1 = −2
.
y0 = 3 − 2 = 1
r: 3(x0 + 1) + (y 0 + 2) − 1 = 0
3x0 + y 0 + 4 = 0.
1
2 TRASFORMAZIONI NEL PIANO EUCLIDEO.
2. Rotazioni. Siano (x, y) le coordinate del punto P nel riferimento OXY . Con-
sideriamo ora un secondo riferimento OX 0 Y 0 in cui gli assi X 0 e Y 0 siano ruotati in
senso antiorario di un angolo φ rispetto agli assi X e Y . Per determinare le coordi-
nate (x0 , y 0 ) di P nel secondo riferimento, ricordiamo che esse sono le componenti
del vettore OP . Esprimiamo tali componenti rispetto alle due coppie di versori, i, j
in OXY , i0 , j 0 in OX 0 Y 0 :
OP = x0 i0 + y 0 j 0 OP = xi + yj.
Quindi possiamo richiamare quanto detto in relazione al cambiamento di base in
uno spazio vettoriale:
0
x x
=A·
y y0
dove A é la matrice di cambiamento di base. Nel nostro caso abbiamo che
cos(φ) −sen(φ)
A=
sen(φ) cos(φ)
cioé 0
x cos(φ) −sen(φ) x
= ·
y sen(φ) cos(φ) y0
e le formule inverse sono
0
x cos(φ) sen(φ) x
= ·
y0 −sen(φ) cos(φ) y
da cui
x0 = xcos(φ) + ysen(φ)
.
y 0 = −xsen(φ) + ycos(φ)
Si noti che le due matrici usate per il cambiamento di base sono l’una la trasposta
dell’altra, ma anche l’una l’inversa dell’altra, infatti sono entrambe matrici ortogo-
nali.
Esercizio 2. Siano P (1, −1) in OXY e X 0 , Y 0 assi passanti per O e ruotati di π4
in senso antiorario rispetto a X, Y . Sia inoltre r : 2x + 3y − 2 = 0 rispetto al
riferimento OXY . Determiniamo le coordinate di P e l’equazione di r rispetto a
OX 0 Y 0 .
x00
cos(φ) sen(φ) x−a
= ·
y 00 −sen(φ) cos(φ) y−b
ed inversamente abbiamo che:
00
x−a cos(φ) −sen(φ) x
= ·
y−b sen(φ) cos(φ) y 00
cioé
00
x cos(φ) −sen(φ) x a
= · + .
y sen(φ) cos(φ) y 00 b
Esercizio 3. Siano P (3, −1) e O0 (1, 2) in OXY e X 0 , Y 0 assi passanti per O0 e
ruotati di π4 in senso antiorario rispetto a X, Y . Sia inoltre r : 2x + y − 3 = 0
rispetto al riferimento OXY . Determiniamo le coordinate di P e l’equazione di r
rispetto a O0 X 0 Y 0 .
da cui
x = x0 cos(φ) − y 0 sen(φ) + a
.
y = x0 sen(φ) + y 0 cos(φ) + b
Nel nostro caso le coordinate di P 0 sono
( √ √ √
x0 =
√ 2
2
(x − a + y − b) = √22 (2 − 3) = − 22√
y 0 = 22 (−x + a + y − b) = 22 (−2 − 3) = −5 22
e l’equazione della retta é
√ √
2 0 0 2 0
r : 2( (x − y ) + 1) + ( (x + y 0 ) + 2) − 3 = 0
2 2
√ √
r : 3 2x0 − 2y 0 + 2 = 0.
4. Esercizi.
Esercizio 4. Siano OXY un sistema di riferimento ortogonale nel piano euclideo,
P un punto di coordinate (−1, 3) rispetto a OXY e r una retta di equazione 2x −
3y+1 = 0 in OXY . Determinare le coordinate di P e l’equazione di r in un secondo
sistema di riferimento O0 X 0 Y 0 nei seguenti casi:
1. O0 ha coordinate (1, 2) rispetto a OXY e gli assi X 0 , Y 0 sono paralleli agli
assi X, Y (traslazione).
2. O0 = O e gli assi X 0 , Y 0 sono ruotati di un angolo α = π3 in senso antiorario
rispetto a X, Y (rotazione).
3. O0 ha coordinate (1, −1) rispetto a OXY e gli assi X 0 , Y 0 sono ruotati di un
angolo α = π6 in senso antiorario rispetto a X, Y (rototraslazione).
Esercizio 5. Siano OXY un sistema di riferimento ortogonale nel piano euclideo e
γ : x2 +y 2 −3x+y −1 = 0 una circonferenza la cui equazione é espressa rispetto a
OXY . Determinare l’equazione di γ in un secondo sistema di riferimento O0 X 0 Y 0
nel caso i cui O0 abbia coordinate (2, 1) rispetto a OXY e gli assi X 0 , Y 0 siano
ruotati di un angolo α = π4 in senso antiorario rispetto a X, Y .
CURVE ALGEBRICHE PIANE E PUNTI MULTIPLI.
Come caso particolare consideriamo quello in cui γ : f (x, y) = 0 sia una curva
di grado n e δ : g(x, y) = 0 sia una curva di grado 1, cioé una retta. Allora
γ e δ hanno n punti in comune eccetto quando δ sia una componente di γ cioé
f (x, y) = g(x, y) · h(x, y), dove h(x, y) é un polinomio di grado n − 1.
3
Per esempio
√ γ : x√ − 3xy 2 = 0 e δ : y − 1 = 0 hanno in comune i seguenti 3 punti
: (0, 1), ( 3, 1), (− 3, 1).
Al contrario γ : x3 + x2 y − xy + x − y 2 + y = 0 e δ : x + y = 0 hanno in comune
infiniti punti, cioé tutti quelli di δ, quindi la retta δ é una componente di γ, infatti
x3 + x2 y − xy + x − y 2 + y = (x + y) · (x2 − y + 1).
Svolg. Il sistema
x3 − y 2 = 0
x−y =0
ha le tre soluzioni (1, 1) con molteplicitá 1, (0, 0) con molteplicitá 2. Quindi nel
punto P0 le due curve hanno molteplicitá di intersezione M = 2 (e nel punto (1, 1)
hanno molteplicitá di intersezione 1).
1
2 CURVE ALGEBRICHE PIANE E PUNTI MULTIPLI.
Consideriamo ora una generica retta ri del fascio di centro P0 . Ciascuna delle
rette ri ha una molteplicitá di intersezione Mi con γ in P0 . Diremo molteplicitá di
P0 per la curva γ, il minimo di tali Mi .
Il punto P0 é detto semplice se min{Mi } = 1, é detto punto multiplo se min{mi } ≥
2, in particolare é detto doppio se min{Mi } = 2, triplo se min{Mi } = 3, quadruplo
se min{Mi } = 4, etc. etc.
3. Calcolo dei punti doppi di una curva. Per terminare questo capitolo, esponi-
amo a brevi linee (e certamente non nella sua forma completa) il metodo general-
mente utilizzato per una prima analisi degli eventuali punti doppi di una curva
algebrica. Esso prevede la conoscenza da parte degli studenti della definizione e del
metodo di calcolo delle derivate parziali di funzioni a due variabili, ed é qui espresso
solo per un senso di completezza.
Sia P0 = (x0 , y0 ) un punto della curva rappresentata dal polinomio f (x, y), per cui
CURVE ALGEBRICHE PIANE E PUNTI MULTIPLI. 3
avremo che f (x0 , y0 ) = 0. Diremo che P0 é un punto doppio della curva se la coppia
di coordinate (x0 , y0 ) é una soluzione del sistema formato dalle equazioni:
f (x, y) = 0
f 0 (x, y) = 0
x0
fy (x, y) = 0
00 00 00
ed almeno una delle derivate seconde fxx (x, y), fyy (x, y), fxy (x, y) non si annulla,
quando é calcolata in (x0 , y0 ).
Esempio 2. Sia γ : 2x4 − 3x2 y + y 2 − 2y 3 + y 4 = 0. Determiniamo gli eventuali
punti doppi.
Esso é soddisfatto dalla coppia (0, 0). Quindi il punto P0 = (0, 0) é il candidato ad
00
essere un punto doppio per la curva. In effetti la derivata seconda fyy = 2 − 12y +
2
12y non si annulla in P0 , ed esso é un punto doppio.
LE CONICHE.
1
2 LE CONICHE.
(λY + µY 0 )t A(λY + µY 0 ) = 0
da cui
µλ(Y 0t AY ) + µ2 (Y 0t AY 0 ) + λ2 (Y t AY ) + λµ(Y t AY 0 ) = 0.
Osserviamo che, poiché Y 0t AY é un numero reale, Y 0t AY = (Y 0t AY )t = Y t AY 0 ,
quindi segue che
λ2 (Y t AY ) + 2µλ(Y t AY 0 ) + µ2 (Y 0t AY 0 ) = 0
che é una equazione di secondo grado nelle incognite (λ, µ). Le due soluzioni for-
niscono le coppie di valori (λ1 , µ1 ), (λ2 , µ2 ) che, sostituiti alternativamente nell’equazione
della retta, individuano i due punti di intersezione P1 = λ1 Y + µ1 Y 0 , P2 =
λ2 Y + µ2 Y 0 . Il discriminante dell’equazione di secondo grado é
(Y t AY 0 )2 − (Y t AY )(Y 0t AY 0 ) = ∆.
sistema
XT · A · X = 0 a11 x21 + 2a12 x1 x2 + a22 x22 = 0
→ .
x3 = 0 x3 = 0
Il discriminante del sistema é ∆ = a212 − a11 a22 , da cui
∆ > 0 → Iperbole
∆ = 0 → Parabola .
∆<0 → Ellisse
Il caso generale é quello in cui A, B, C, D sono tutti tra loro distinti, si parla
quindi di fascio generale.
Nel caso in cui si abbia A = B e C, D distinti, allora le coniche del fascio hanno
una tangente comune (si parla di fascio di coniche tangenti), ed é la retta tangente
nel punto A = B.
LE CONICHE. 5
Nel caso si abbia A = B e C = D allora le coniche del fascio hanno due rette
tangenti in comune (si parla di fascio di coniche bitangenti), e sono le tangenti nel
punto A = B ed in C = D.
Nel caso si abbia A = B = C allora le coniche del fascio hanno una retta
tangente in comune (si parla di fascio di coniche osculatrici), ed é la tangente nel
punto A = B = C.
Nel caso si abbia A = B = C = D allora le coniche del fascio hanno una retta
tangente in comune (si parla di fascio di coniche iperosculatrici), ed é la tangente
nel punto A = B = C = D.
Iperbole ed ellisse sono dette coniche a centro (proprio). Tutti i diametri sono
tra loro a due a due coniugati.
In particolare i diametri tra loro coniugati ed ortogonali sono detti assi della
conica (2 assi per iperbole ed ellisse, 1 asse per la parabola). I diametri che siano
autoconiugati (cioé tangenti alla conica) sono detti asintoti della conica (2 reali per
l’iperbole, 2 immaginari per l’ellisse, 1 improprio per la parabola).
Per determinare assi e asintoti é sufficiente operare come segue: sappiamo bene
che il generico diametro della conica é dato da:
a11 a12 a13 x1
h k 0 · a12 a22 a23 · x2 = 0 (∗).
a13 a23 a33 x3
In definitiva il nostro compito é quello di determinare le coppie di valori (h, k) da
utilizzare nella (*), sia per individuare gli asintoti che gli assi.
Affinché (h, k, 0) sia esattamente il polo di un asintoto, dovrá accadere che esso
sia un punto autoconiugato (l’asintoto sará tangente in esso alla conica), quindi
imporremo che
a11 a12 a13 h
h k 0 · a12 a22 a23 · k = 0.
a13 a23 a33 0
Svolgendo si ottiene a11 h2 + a22 k 2 + 2a12 hk = 0. Le soluzioni di tale equazione
biquadraica forniscono le due coppie di valori (h, k) e (h0 , k 0 ) che, sostituite nella
(*) serviranno per il calcolo effettivo dei due asintoti (stiamo ovviamente parlando
di una conica che sia una iperbole).
Al contrario affinché (h, k, 0) sia esattamente il polo di un asse, dovrá accadere che
sia un punto coniugato con la direzione ad esso ortogonale, quindi imporremo che
a11 a12 a13 k
h k 0 · a12 a22 a23 · −h = 0.
a13 a23 a33 0
In questo caso si ottiene a12 (k 2 − h2 ) − (a11 − a22 )hk = 0. Le soluzioni di tale
equazione biquadraica forniscono le due coppie di valori (h, k) e (h0 , k 0 ) che, sosti-
tuite nella (*) serviranno per il calcolo dei due assi.
Nel caso della parabola la ricerca dell’asse é facilitata. Infatti il polo dell’asse
della parabola é dato dalla direzione ortogonale a quella individuata dal punto
improprio della parabola stessa.
Osserviamo infine che le direzioni dei due asintoti di un’iperbole si possono ot-
tenere ricordando che esse non sono altro che i punti impropri dell’iperbole stessa.
−2λ2 d + 2a023 = 0.
I valori di c e d che risolvono le precedenti equazioni sono i valori che determinano
la traslazione. É sufficiente sostituirli nell’equazione (B) per ottenere la conica in
forma ridotta:
λ1 x002 + λ2 y 002 + λ3 = 0
con λ3 = λ1 c2 + λ2 d2 + 2a013 c + 2a023 d + a033 .
Cominciamo con il caso (C). Determiniamo una traslazione che riporti il vertice
della parabola nel centro degli assi coordinati:
0
x = x00 − c
y 0 = y 00 − d
l’equazione diventa
λ1 (x00 − c)2 + 2a023 (y 00 − d) + a033 = 0 (C0 )
Poiché dopo la rototraslazione scompaiono il termine noto ed il termine in x00 ,
dobbiamo imporre che
2λ1 c = 0
λ1 c2 − 2a023 d + a033 = 0.
I valori di c e d che risolvono le precedenti equazioni sono i valori che determinano
la traslazione. É sufficiente sostituirli nell’equazione (C’) per ottenere la conica in
forma ridotta:
λ1 x002 + 2a023 y 00 = 0.
Riassumendo, abbiamo visto che una rototraslazione degli assi di una conica
(dell’asse e della retta tangente al vertice, nel caso della parabola) ci permette di
ottenere una ulteriore e piú semplice forma della conica stessa, riferita ad un sistema
di riferimento opportuno. Tali forme sono dette ’ridotte’ o ’canoniche’ .
Nel cambiamento del sistema di riferimento ortogonale, vi sono alcune quantitá
(reali) che non mutano, cioé si mantengono invarianti nel passaggio da una forma
della conica all’altra. Tali quantitá vengono dette invarianti ortogonali:
Teorema 4. Sia γ : X T ·A·X = 0 una conica del piano euclideo e sia X 0T ·A0 ·X 0 =
0 la sua equazione in forma ridotta, cioé dopo una cambiamento ortonormale del
sistema di riferimento. Siano aij gli elementi della matrice A e a0ij quelli della
matrice A0 . Allora valgono le seguenti:
1. det(A) = det(A0 ).
2. A33 = A033 .
3. a11 + a22 = a011 + a022 .
Possiamo sfruttare il precedente teorema per ottenere la forma ridotta di una
conica. Sia A la matrice associata alla conica, operiamo nel modo seguente:
e √ √ √
−4 5x + (10 + 2 5)y + (3 + 5) = 0.
Una forma canonica é data da a11 x21 + a22 x22 + a33 x23 = 0, con matrice associata
a11 0 0
0
A = 0 a22 0 .
0 0 a33
I suoi invarianti ortogonali sono allora
−6 = det(A0 ) = a11 a22 a33 , −5 = A033 = a11 a22 , 0 = I = a11 + a22
dai quali otteniamo
√ √ 6
a11 = 5, a22 = − 5, a33 =
5
oppure
√ √ 6
a11 = − 5, a22 = 5, a33 =
5
e le due forme canoniche ottenute sono:
√ 2 √ 2 6
5x − 5y + = 0
5
e
√ √ 6
− 5x2 + 5y 2 + = 0.
5
Infine determiniamo il polo della retta 2x1 − x2 + x3 = 0 rispetto alla conica. Esso
avrá coordinate (a, b, c) tali che
1
1 2 2 x1
a b c · 2 −1 − 12 · x2 = α(2x1 − x2 + x3 ).
1
2 − 12 1 x3
Quindi dobbiamo risolvere il sistema
2a + 4b + c = 4α
4a − 2b − c = −2α
a − b + 2c = 2α
x02 y 02
+ = 1.
24 8
t
u
Esercizio 4. Determinare una forma canonica della parabola x2 − 4xy + 4y 2 + 2x +
y − 5 = 0.
x1 + x1 x2 − x23 = 0
2
che ha come soluzione i punti (1, 0, 1) e (1, 0, −1) entrambi con molteplicitá 2. Siamo
in presenza di un fascio di coniche bitangenti, cioé vi sono due tangenti comuni a
tutte le coniche del fascio. Per determinarle, scegliamo una conica irriducibile del
fascio, per esempio per k = 1, e calcoliamo la tangente a tale conica nei punti
(1, 0, 1) e (1, 0, −1): per il valore k = 1, la conica ottenuta é x2 + y 2 + xy − 1 = 0.
La tangente ad essa in (1, 0, 1) é
1
1 0 x1
1
2 1
1 0 1 · 2 1 0 · x2 = 0 cioé x1 + x2 − x3 = 0.
2
0 0 −1 x3
La tangente in (1, 0, −1) é
1
1 0 x1
1
2 1
1 0 −1 · 2 1 0 · x2 = 0 cioé x1 + x2 + x3 = 0.
2
0 0 −1 x3
Infine calcoliamo le coniche riducibili del fascio: esse si ottengono annullando il
determinante della matrice associata alla generica conica del fascio:
1 1
0
1 2 1
0 = 2 k 0 = −k +
0 0 −1 4
9. Fuochi di una conica. Siano C1 = (1, i, 0) e C2 = (1, −i, 0) i punti ciclici della
retta impropria. Le rette appartenenti ai due fasci di centri C1 e C2 , sono dette
rette isotrope. Quindi una qualsiasi retta isotropa avrá equazione y = ix+q oppure
y = −ix + p, per opportuni q, p elementi del campo dei numeri complessi.
Indichiamo con f1 : y = ix + q il fascio delle rette isotrope di centro C1 e con
f2 : y = −ix + p il fascio di centro C2 . Osserviamo che se una retta r appartiene
al fascio f1 allora la sua coniugata r appartiene al fascio f2 . Inoltre r ∩ r = P é un
punto reale.
Consideriamo quindi una conica non riducibile γ. Dal fascio f1 si possono con-
durre due rette r, t che siano tangenti a γ. Analogamente dal fascio f2 si possono
condurre due rette che siano tangenti a γ: esse sono esattamente le coniugate r e t
delle rette r, t.
Definizione 1. I fuochi di una conica non riducibile γ sono i 4 punti (di cui 2 reali)
che scaturiscono dall’intersezione delle rette r, t con le rette r e t. In particolare i
due fuochi reali sono F1 = r ∩ r e F2 = t ∩ t.
Osservazione 2. Sottolineamo che la parabola ha un solo fuoco reale, poiché da
ciascun punto ciclico si puó condurre una sola retta tangente alla curva.
Anche nel caso della circonferena vi é un solo fuoco, esattamente il centro della
circonferenza: il motivo risiede nel fatto che, poiché i punti ciclici appartengono
alla circonferenza, anche in questo caso da ciascuno di essi si puó condurre una
sola tangente alla curva.
Esempio 2. Determinare il fuoco della parabola γ : 2x2 − y + x + 1 = 0.
2x2 − ix − q + x + 1 = 0
y = ix + q
2x2 + (1 − i)x + (1 − q) = 0
.
y = ix + q
Poiché siamo interessati alla retta del fascio che sia tangente alla parabola, imponi-
amo che il discriminante del sistema sia nullo:
(1 − i)2 − 8(1 − q) = 0
la cui soluzione é q = 41 i + 1. Quindi la retta del fascio f1 che sia tangente alla
parabola ha equazione y = ix + 14 i + 1. Inoltre la retta che appartenga al fascio
f2 di centro C2 = (1, −i, 0) e che sia tangente alla parabola, é la coniugata della
precedente : y = −ix − 41 i + 1. Il fuoco della parabola é l’intersezione di tali due
rette:
r : y = ix + 41 i + 1
r : y = −ix − 14 i + 1
da cui F = r ∩ r = (− 14 , 1).
Esempio 3. Determinare i fuochi dell’iperbole γ : xy + x − y + 1 = 0.
18 LE CONICHE.
10. Esercizi.
Esercizio 8. Nel piano ampliato si determinino i punti base del fascio x2 + (λ −
1)y = 0 con la relativa molteplicitá .
Esercizio 9. Nel piano ampliato si determinino i punti base del fascio y 2 + (λ +
1)x = 0 con la relativa molteplicitá .
Esercizio 10. Nel piano ampliato si determinino le coniche degeneri del fascio
λxy + x2 + y = 0 con la relativa molteplicitá .
Esercizio 11. Nel piano ampliato si determinino le coniche degeneri del fascio
xy + λxy + 3 = 0 con la relativa molteplicitá .
Esercizio 12. Nel piano ampliato si determinino le coordinate del polo della retta
3x − 4y + 1 = 0 rispetto alla conica x2 + 2y 2 − 3xy + 2x − y = 0.
LE CONICHE. 19
Esercizio 13. Nel piano ampliato si determinino le coordinate del polo della retta
x + y = 0 rispetto alla conica 2x2 + y 2 − 1 = 0.
Esercizio 14. Nel piano ampliato si determinino le coordinate del polo della retta
2x − 3y + 2 = 0 rispetto alla conica x2 + 2y 2 − 3xy + 2x − y = 0.
Esercizio 15. Data la conica x2 + 2xy + 4y 2 − 4x − 10y + 4 = 0, determinare una
coppia di diametri coniugati, uno dei quali parallelo all’asse X.
Esercizio 16. Determinare l’equazione della circonferenza che passa per i punti
(4, −2), (2, 3) ed ha centro sulla retta x − y − 1 = 0.
Risposta : (x − 12 )2 + (y + 12 )2 = 29
2
Esercizio 17. Determinare l’equazione del cerchio di centro (6, 7) che sia tangente
alla retta 5x − 12y − 24 = 0.
Risposta : (x − 6)2 + (y − 7)2 = 36
Esercizio 18. Data la circonferenza x2 + y 2 + 2x + y + 1 = 0, determinare la
tangente nel punto (−1, 0).
Risposta : y = 0
Esercizio 19. L’equazione 3x2 − 5xy − 2y 2 + x + 5y − 2 = 0 rappresenta una conica
riducibile. Determinare le equazioni delle rette in cui essa si decompone.
Risposta : x − 2y + 1 = 0 e 3x + y − 2 = 0.
Esercizio 20. Data l’iperbole di equazione x2 −4xy +y 2 −2x−4y −1 = 0, di centro
(− 53 , − 43 ) e di assi 3y − 3x − 1 = 0 e y + x + 3 = 0, determinare le sue equazioni
ridotte. 2 2
2 2
Risposta : x10 − y10 = 1 e − x10 + y10 = 1.
3 9 9 3
Esercizio 27. Scrivere l’equazione del fascio di coniche che ha come punti base
A(−1, −3), B(2, 5) e tangenti in A alla retta x + 1 = 0 ed in B alla retta y − 5 = 0.
Esercizio 28. Data la conica γ : x2 +2xy + y 2 − 4y + 6 = 0, determinarne il centro,
il fuoco, il vertice e l’asse (é una parabola).
Scrivere l’equazione della conica γ in forma ridotta.
Esercizio 29. Data la conica γ : 3x2 − 4xy + 16x − 8y − 60 = 0, determinarne il
centro, il vertice, gli assi e gli asintoti.
Scrivere l’equazione della conica γ in forma ridotta.
Esercizio 30. Determinare la tangente comune a tutte le coniche del fascio xy −
λ(x2 − y 2 − 2y) = 0
Esercizio 31. Determinare la tangente comune a tutte le coniche dela fascio xy −
λ(x − y 2 ) = 0
Esercizio 32. Determinare il polo della retta 7x−10y+5 = 0 nella polaritá rispetto
alla conica x2 + 2y 2 − 3xy + 2x − y = 0.
Esercizio 33. Nel piano ampliato determinare le coniche degeneri del fascio λxy +
y2 − λ = 0
Esercizio 34. Nel piano ampliato determinare le coordiante del polo della retta
7x − 9y + 1 = 0 nella polaritá rispetto alla conica x2 + 2y 2 − 3xy + 2x − y = 0.
Esercizio 35. Nel piano ampliato determinare le coniche degeneri del fascio λxy +
xy − 1 = 0
Esercizio 36. Nel piano ampliato determinare il polo della retta 4x − 5y = 0 nella
polaritá rispetto alla conica x2 + 2y 2 − 3xy + 2x − y = 0.
Esercizio 37. Nel piano ampliato quali sono le coniche degeneri del fascio xy +
λx2 − λy = 0
Esercizio 38. Determinare le forme ridotte dell’iperbole 2x2 − 3xy − 2y 2 + 5x = 0
Esercizio 39. Determinare le forme ridotte della parabola x2 − 2xy + y 2 + 2x = 0.
Esercizio 40. Studiare la seguente conica 2x2 − y + x + 1 = 0.
Esercizio 41. Studiare la conica 2x2 − y 2 + 4x − 1 = 0.
Esercizio 42. Determinare l’equazione ridotta dell’iperbole equilatera x2 − y 2 = 4
riferita ai suoi asintoti.
Esercizio 43. Determinare le equazioni ridotte dell’ellisse x2 −xy+y 2 −5x+7y+1 =
0 di centro (1, −3) ed assi x − y − 4 = 0, x + y + 2 = 0.
RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
y = y0 + tm1 + t0 m2
z = z0 + tn1 + t0 n2
y − y0 = tm1 + t0 m2
z − z0 = tn1 + t0 n2
Supponiamo ora di avere tre punti non allineati nello spazio P0 = (x0 , y0 , z0 ),
P1 = (x1 , y1 , z1 ), P2 = (x2 , y2 , z2 ). Essi individuano un piano, in particolare i
vettori P0 P1 e P0 P2 sono tra loro indipendenti ed hanno componenti
P0 P1 = (x1 − x0 , y1 − y0 , z1 − z0 )
P0 P2 = (x2 − x0 , y2 − y0 , z2 − z0 ).
Per ogni altro punto P = (x, y, z) del piano, il vettore P0 P = (x − x0 , y − y0 , z − z0 )
é dipendente dai precedenti due vettori, cioé
x − x0 y − y0 z − z0
x1 − x0 y1 − y0 z1 − z0 = 0
x2 − x0 y2 − y0 z2 − z0
che é equivalente alla
x y z 1
x0 y0 z0 1
=0
x1 y1 z1 1
x2 y2 z2 1
1
2 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
5. Equazioni di una retta. Definiamo retta nello spazio, l’insieme di tutti i punti
comuni a due piani non paralleli, quindi la rappresentiamo con le equazioni:
ax + by + cz + d = 0
.
a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0
Ogni retta dello spazio puó essere individuata da un suo punto P0 = (x0 , y0 , z0 ) e
da un vettore v = (l, m, n) ad essa parallelo. Quindi ogni punto P = (x, y, z) della
retta é tale che il vettore P0 P sia proporzionale al vettore v cioé P0 P = tv, per
un opportuno parametro t dipendente dalla scelta di P sulla retta. Al variare del
parametro t si ottengono tutti i punti della retta:
x = x0 + tl
y = y0 + tm
z = z0 + tn
4 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
che sono dette equazioni parametriche della retta. La terna (l, m, n) rappresenta i
parametri direttori della retta. In particolare se si conoscono due punti della retta
P1 = (x1 , y1 , z1 ) e P2 = (x2 , y2 , z2 ), il vettore P1 P2 é parallelo alla retta e quindi
(l, m, n) = (x2 −x1 , y2 −y1 , z2 −z1 ) e l’equazione si puó ottenere nel modo seguente:
x = x1 + t(x2 − x1 )
y = y1 + t(y2 − y1 )
z = z1 + t(z2 − z1 )
da cui
x − x1 y − y1 z − z1
t= = =
x2 − x1 y 2 − y1 z2 − z1
che é detta equazione a catena di una retta.
Due rette sono parallele se e solo se esse hanno i tre parametri direttori pro-
porzionali (in particolare identici).
Svolg. Sia (x, y, z) il generico punto del piano. L’equazione in forma cartesiana si
ottiene allora da:
x y z 1
1 1 0 1
1 0 1 1 =0
3 −1 0 1
cioé x + y + z − 2 = 0.
6 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
y = 2t + 2t0 + 1
z = 3t − t0 + 2
ed in forma cartesiana
x−1 y−1 z−2
−1 2 3 =0
1 2 −1
cioé 4x − y + 2z − 7 = 0.
Esercizio 3. Sia dato il fascio di piani (3x + y − 2z) + a(x − 4y + 2z − 1) = 0.
Verificare se il piano π : 2x + 5y − 4z + 2 = 0 appartiene o no al fascio.
1 2 −1 1 2 −1 0
La matrice A00 ha rango 3, quindi il piano σ non appartiene alla stella impropria.
Esercizio 7. Determinare la retta passante per i punti (1, 0, 1) e (2, 3, 1).
8 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
Svolg. I parametri direttori della retta sono dati dalle differenze delle coordi-
nate omologhe dei due punti: (l, m, n) = (1, 3, 0), quindi una forma parametrica
dell’equazione della retta é:
x=t+1
y = 3t .
z=1
In forma cartesiana, eliminando il parametro t dalle precedenti, otteniamo:
3x − y − 3 = 0
.
z=1
Svolg. I parametri direttori della retta s sono (−1, 3, 1), e quindi essi possono
essere considerati anche come i parametri direttori della retta da determinare.
Quindi una forma parametrica dell’equazione della retta é:
x = −t + 2
y = 3t + 1 .
z =t+1
Svolg. Per verificare se sono complanari consideriamo la matrice formata dai co-
efficienti dei quattro piani che le compongono:
1 −1 0 0
0 0 1 −1
A= 1 −1 2 3 .
2 −2 3 −4
RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO. 9
Poiché det(A) = 0, le due rette sono complanari. Calcoliamo allora il piano π che
la contiene entrambe: determiniamo dapprima il fascio di piani che abbia come
sostegno la retta s:
F : (x − y + 2z − 3) + a(2x − 2y + 3z − 4) = 0.
Il piano π appartiene a tale fascio. Inoltre π deve contenere ogni punto di r.
Scegliamo P = (0, 0, 1) ∈ r (la scelta di tale punto deve essere tale da essere certi
che P non sia il punto comune alle due rette). Imponiamo ora che il generico piano
del fascio contenga P :
2 − 3 + a(3 − 4) = 0 → a = −1
quindi
π: x − y + z − 1 = 0.
t
u
Esercizio 11. Si verifichi che il piano π : 2x − y − 4z + 2 = 0 e la retta
r: x = t, y = 1 − 2t, z=t
sono paralleli.
Svolg. I parametri direttori della retta sono (l, m, n) = (1, −2, 1) ed i coefficienti
del piano sono (a, b, c) = (2, −1, −4), per cui é verificata la condizione al+bm+cn =
0.
Esercizio 12. Determinare il punto comune alla retta
r: 2x − y + 1 = x + y − z = 0
ed al piano π : 3x − y + 2z = 0.
y = 57 .
z = 47
Quindi ogni retta contiene un solo punto improprio (l, m, n, 0), dove (l, m, n) sono
esattamente i parametri direttori di r. Per cui rette tra loro parallele hanno lo
stesso punto improprio.
Se una retta ed un piano sono paralleli, allora il punto improprio della retta
appartiene alla giacitura del piano.
10. Angoli nello spazio euclideo. Fissiamo nello spazio euclideo un riferimento
cartesiano ortogonale OXY Z di centro O e versori i, j, k, rispettivamente per gli
assi X, Y, Z.
Chiameremo coseni direttori di una retta r, i coseni degli angoli che la retta forma
con gli assi coordinati. Se la retta é individuata dai parametri direttori (l, m, n), i
suoi coseni direttori saranno:
l l
α = cos(r, X) ∈ {+ √ , −√ }
2
l +m +n2 2 l + m2 + n2
2
m m
β = cos(r, Y ) ∈ {+ √ , −√ }
2
l +m +n 2 2 l + m2 + n2
2
RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO. 11
n n
γ = cos(r, Z) ∈ {+ √ , −√ }
l2 2
+m +n 2 l + m2 + n2
2
b b
β = cos(r, Y ) ∈ {+ √ , −√ }
a2 + b2 + c2 a2 + b2 + c2
c c
γ = cos(r, Z) ∈ {+ √ , −√ }.
a2 + b2 + c2 a2 + b2 + c2
π
Sia ϕ = (r, n) l’angolo formato dalla retta r e dal versore n. Definiamo 2 −ϕ
l’angolo formato dalla retta r e dal piano π. Quindi segue che:
al + bm + cn
sen(r, π) = cos(r, n) = ± √ √
a2 + + c2 · l2 + m2 + n2
b2
da cui otteniamo che la retta ed il piano sono paralleli se al + bm + cn = 0.
12 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
Quindi:
a b c
δ(P0 H) = |(P0 Q1 ) × ( √ i+ √ j+√ k)| =
a2 + b2 + c2 a2 + b2 + c2 a2 + b2 + c2
a b c
|((x1 −x0 )i+(y1 −y0 )j+(z1 −z0 )k)×( √ i+ √ j+ √ k)| =
a2 2
+b +c2 2 2
a +b +c2 a + b2 + c2
2
Svolg. I parametri direttori della retta r sono (0, 0, 1), per cui il piano richiesto
contiene i tre punti in coordinate omogenee (1, 0, 1, 1), (−1, 1, 1, 1), (0, 0, 1, 0):
x1 x2 x3 x4
1 0 1 1
π : =0
−1 1 1 1
0 0 1 0
π: x1 + 2x2 − x4 = 0
x + 2y − 1 = 0.
Esercizio 16. Determinare la distanza tra il punto P = (0, 2, 1) ed il piano π di
equazione 3x + 2y − z + 2 = 0.
Svolg.
|3 · 0 + 2 · 2 + (−1) · 1 + 2| 5
δ(P, π) = √ =√ .
9+4+1 14
Esercizio 17. Determinare la distanza tra i due piani π : 2x + y + 2z − 1 = 0 e
π 0 : 4x + 2y + 4z + 7 = 0.
Svolg. Riscriviamo π 0 : 2x + y + 2z + 7
2 = 0.
| 7 − (−1)| 9
3
δ(π, π 0 ) = √2 = √2 = .
4+1+4 9 2
Esercizio 18. Determinare la distanza tra le rette 2x + 3y − 2 = x − 1 = 0 e
y = x − z + 1 = 0.
quindi le rette sono complanari. Inoltre le terne di parametri direttori delle rette
sono
(0, 0, 1) (−1, 0, −1)
per cui le rette sono incidenti e non parallele e la loro distanza é nulla.
Esercizio 19. Determinare la distanza tra le rette r : 2x + 3y − 1 = x − 1 = 0 e
s : y = x − z + 1 = 0.
Pr = (5, 9, 3) Qs = (7, 7, 5)
Svolg. I parametri direttori della retta r sono (0, 0, 1) e quelli della retta contenente
il segmento P Q sono (2, −1, 0). Il piano richiesto é quello contenente i vettori
(0, 0, 1), (2, −1, 0) e passante per il punto P (oppure Q):
x−1 y z−1
0 0 1 = 0
2 −1 0
oppure analogamente é il piano contenente i tre punti, in coordinate omogenee,
(0, 0, 1, 0), (2, −1, 0, 0), (1, 0, 1, 1):
x1 x2 x3 x4
0 0 1 0
=0
2 −1 0 0
1 0 1 1
Il piano richiesto é quello contenente i vettori (3, 1, 0), (2, 3, 1) e passante per il
punto P :
x y−1 z−1
3 1 0 = 0
2 3 1
18 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
Svolg. I parametri direttori della retta sono identici a quelli della retta r, quindi
la sua equazione in forma parametrica é data da:
x = −t
y=0
z = 2t + 3
12. Elementi complessi nello spazio. Ogni punto dello spazio é individuato da
una quaterna di coordinate omogenee (x1 , x2 , x3 , x4 ) non tutte nulle. Due qualsiasi
quaterne tra loro proporzionali rappresentano lo stesso punto nello spazio.
Un punto é detto reale se tra le infinite quaterne proporzionali che lo rappresen-
tano, ce ne é almeno una composta da soli numeri reali.
Analogamente sia π : ax1 + bx2 + cx3 + dx4 = 0 l’equazione di un piano in
coordinate omogenee. Il piano é detto reale se esiste una sua rappresentazione
π : α(ax1 + bx2 + cx3 + dx4 ) = 0, α ∈ lR
in modo tale che αa, αb, αc, αd ∈ lR.
Consideriamo ora la retta
ax1 + bx2 + cx3 + dx4 = 0
r:
a0 x1 + b0 x2 + c0 x3 + d0 x4 = 0
Essa é reale se tra gli infiniti piani del fascio
α(ax1 + bx2 + cx3 + dx4 ) + β(a0 x1 + b0 x2 + c0 x3 + d0 x4 ) = 0
ne esiste almeno uno che sia reale.
Se P é un punto non reale, esiste una sola retta reale che lo contiene: é la retta
congiungente P con il punto ad esso coniugato.
Se π é un piano non reale, esso contiene una sola retta reale: tale retta scaturisce
dall’intersezione di π con il piano ad esso coniugato.
Se r é una retta non reale, essa contiene al piú un punto reale: tale punto é
l’intersezione di r con la retta ad essa coniugata. Si noti che non é detto che una
retta immaginaria contenga un punto reale. Infatti essa potrebbe essere sghemba
con la propria coniugata e non avere con questa alcun punto di intersezione.
Esercizio 27. Quanti punti reali possiede la retta r : ix − y − i + 2 = x + 2y −
iz − 2 − i = 0?
I parametri direttori di r sono (0, 0, 1) ed un suo punto é P = (0, −1, 0). Allora
una sua rappresentazione reale é data da
x=0
y = −1
z=t
ed in forma cartesiana:
x=0
.
y = −1
Svolg. Poiché i due punti sono l’uno il coniugato dell’altro, la retta richiesta é cer-
tamente tutta reale. Sia (x1 , x2 , x3 , x4 ) un generico punto della retta. La condizione
di allineamento di tale punto con i punti P e Q é che la matrice
x1 x2 x3 x4
1 1−i 0 i
1 1 + i 0 −i
abbia rango 2, cioé
x1 x2 x3
1
1 − i 0 = 0 x3 = 0
1 1+i 0
x1 x2 x4
1 1−i i =0 − 2ix1 + 2ix2 + 2ix4 = 0.
1 1 + i −i
L’equazione cartesiana della retta é:
x3 = 0 z=0
→ .
x1 − x2 − x4 = 0 x−y−1=0
22 RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO.
13. Esercizi.
Esercizio 32. Si determinino i valori del parametro k in modo che i tre piani di
equazioni x = 0, x + ky + z + 1 = 0, x + y + kz − 1 = 0 appartengano alla stessa
stella.
Esercizio 33. Dati i piani α : x + y − z = 0 e β : 2x + y + z = 0 ed il punto
P (0, 2, 1), scrivere l’equazione del piano passante per P ed ortogonale ad α e β.
Esercizio 34. Scrivere l’equazione del piano passante per P (0, 0, 6) che taglia il
piano z = 0 secondo la retta 2x − 3y − 6 = z = 0.
Esercizio 35. Siano dati il punto P (1, 2, −1) e la retta x−y+2z−1 = 2x+y+z = 0.
Calcolare la distanza tra P ed r.
Esercizio 36. Determinare l’equazione della retta r passante per P (1, −1, 2) e
parallela ai piani 3x + 2y + z + 1 = 0 e 6x + 4y − z + 3 = 0.
Esercizio 37. Si considerino le rette r : x = 1, y = 2t, z = t−1 e s : x−y+2 =
x + y + z − 3 = 0. Verificare che r e s sono sghembe. Scrivere l’equazione del piano
contenente r e parallelo a s e quella del piano perpendicolare a r e passante per il
punto (0, 2, 1).
Esercizio 38. Si considerino le rette r : x − 3y + 2 = x + y + z + 1 = 0 e s :
x = 2 − t, y = 3 + 5t, z = −t. Dimostrare che non sono complanari. Determinare
le equazioni della retta passante per P (2, 0, −2) e complanare (separatamente ma
contemporaneamente) con r e s.
Esercizio 39. Si determini il piano del fascio (x + y − z) + k(x − 4y + z − 1) = 0
che sia perpendicolare al piano x = 1.
Esercizio 40. Determinare i parametri direttori di una qualsiasi retta perpendico-
lare al piano x − 2y + z − 1 = 0 e, tra tali rette, le equazioni cartesiane di quella
passante per il punto (1,2,1).
Esercizio 41. La retta r : x − i = x − iy + z − 2 = 0 é reale?
Esercizio 42. Si scriva l’equazione del piano passante per i punti (0, 3, 5, 0), (0, 1, 1, 0),
(1, 0, 0, 1).
Esercizio 43. Si scriva l’equazione del piano passante per i punti (0, 2, 2, 0), (0, 0, 4, 0),
(2, 0, 0, 1).
Esercizio 44. Si considerino le rette r : x − z + 1 = y − 2 = 0 e s : y − z − 1 =
x − y = 0. Si determinino le equazioni cartesiane e quelle parametriche della retta
appartenente al piano y = z che sia incidente con r ed ortogonale a s.
Esercizio 45. Sia π il piano ortogonale alla retta r : x + y − 4 = 2x − z − 4 = 0 e
passante per q(0, 1, 1). Si determinino le equazioni cartesiane e parametriche della
retta parallela a π, passante per P (1, 0, 1) ed incidente la retta t : x−y = z−2 = 0.
Esercizio 46. Date le rette r : 2x−y+z = 2x+z−1 = 0 e s : x−2z+1 = y+z−
1 = 0 determinare: (i) le equazioni della retta passante per P (1, −2, 1) ed incidente
entrambe le rette r e s; (ii) le equazioni della retta t incidente ortogonalmente
entrambe le rette r e s; (iii) la minima distanza tra r e s.
RETTE E PIANI NELLO SPAZIO AFFINE ED EUCLIDEO. 23
1. Definizione. Una quadrica é una superficie nello spazio, luogo dei punti P =
(x, y, z) le cui coordinate soddisfano ad un’equazione del tipo
a11 x2 + a22 y 2 + a33 z 2 + a44 + 2a12 xy + 2a13 xz + 2a23 yz+
+2a14 x + 2a24 y + 2a34 z = 0.
In coordinate omogenee l’equazione di una quadrica é data da
a11 x21 + a22 x22 + a33 x23 + a44 x24 + 2a12 x1 x2 + 2a13 x1 x3 + 2a23 x2 x3 +
+2a14 x1 x4 + 2a24 x2 x4 + 2a34 x3 x4 = 0.
Osserviamo immediatamente che se π : ax+by+cz+d = 0 e π 0 : a0 x+b0 y+c0 z+d0 = 0
sono due piani, allora
π ∪ π0 : (ax + by + cz + d) · (a0 x + b0 y + c0 z + d0 ) = 0
é l’equazione di una quadrica, che é detta ”ridotta” nell’unione dei due piani.
Indichiamo con
x1
x2
X= x3
x4
il generico vettore delle coordinate omogenee e sia
a11 a12 a13 a14
a12 a22 a23 a24
A= a13 a23 a33 a34
a14 a24 a34 a44
la matrice simmetrica formata dai coefficienti che compaiono nell’equazione della
quadrica. Allora l’equazione puó essere riscritta in forma compatta come segue:
X T · A · X = 0.
Si noti che ogni retta dello spazio incontra una quadrica in due punti, eccetto
il caso in cui la retta appartenga completamente alla quadrica (nel qual caso i
punti di incontro tra la retta e la quadrica sono infiniti, tutti quelli della retta).
Analogamente a quanto detto per i punti di una curva algebrica nel piano affine o
euclideo, un punto di una quadrica é detto doppio se una qualsiasi retta passante
per esso ha una intersezione doppia con la quadrica nel punto stesso.
Determiniamo una prima classificazione delle quadriche in base alla presenza di
punti doppi:
Teorema 1. Sia Q : X T · A · X = 0 una quadrica. Essa contiene almeno un punto
doppio se e solo se det(A) = 0.
1
2 LE SUPERFICI QUADRICHE.
Il punto P é detto polo del piano π rispetto alla quadrica Q, il piano π é detto
piano polare di P rispetto alla quadrica Q.
In particolare, se P ∈ Q é un punto della quadrica, il suo piano polare, rispetto
a Q, coincide col piano tangente in P alla quadrica.
2.1. Iperboloide. É una quadrica generale che interseca il piano improprio in una
conica irriducibile e reale (si dice che il piano improprio e l’iperboloide sono secanti
l’un l’altro).
Se i punti dell’iperboloide sono tutti iperbolici, esso é detto iperboloide iperbol-
ico, se i punti sono tutti ellittici esso é detto iperboloide ellittico.
Teorema 3. Un iperboloide é iperbolico se e solo se det(A) > 0, é ellittico se e
solo se det(A) < 0.
L’iperboloide possiede tutte le sezioni piane, cioé si possono generare sia iperboli
che parabole che ellissi, intersecando un iperboloide con i piani dello spazio.
2.2. Paraboloide. É una quadrica generale che interseca il piano improprio in una
conica riducibile (si dice che il piano improprio é tangente al paraboloide).
Teorema 4. Una quadrica generale é tangente al piano improprio (quindi é un
paraboloide) se e solo se il complemento algebrico A44 , dell’elemento a44 della ma-
trice A, é nullo.
Se i punti del paraboloide sono tutti iperbolici, esso é detto paraboloide iperbol-
ico, se i punti sono tutti ellittici esso é detto paraboloide ellittico.
Teorema 5. Un paraboloide é iperbolico se e solo se det(A) > 0, é ellittico se e
solo se det(A) < 0.
Teorema 6. Un paraboloide iperbolico possiede iperboli o parabole come sezioni
piane, cioé si possono generare sia iperboli che parabole, intersecando un paraboloide
iperbolico con i piani dello spazio.
Teorema 7. Un paraboloide ellittico possiede ellissi o parabole come sezioni piane,
cioé si possono generare sia ellissi che parabole, intersecando un paraboloide ellittico
con i piani dello spazio.
2.3. Ellissoide. É una quadrica generale che interseca il piano improprio in una
conica irriducibile immaginaria (si dice che il piano improprio é esterno all’ ellis-
soide).
I punti di un ellissoide sono tutti ellittici.
Teorema 8. Un ellissoide possiede punti tutti reali se e solo se det(A) < 0, ed é
detto ellissodie reale, in caso contrario é detto ellissoide immaginario.
Teorema 9. Un ellissoide possiede solamente ellissi come sezioni piane, cioé si pos-
sono generare solamente ellissi, intersecando un ellissoide con i piani dello spazio.
Esercizio 1. Classificare la quadrica di equazione x2 + y 2 − z 2 + xy + x − 3 = 0.
0 − 21
2 0
0 1 0 −1
A= .
0 0 1 0
− 21 −1 0 1
Teorema 10. Se Q é una quadrica specializzata, allora tutti i punti della superficie
Q sono parabolici.
Un cono possiede tutte le sezioni piane, cioé si possono generare sia iperboli che
parabole che ellissi, intersecando un cono con i piani dello spazio.
Inoltre tutti i piani tangenti alla superficie di un cono devono contenerne il
vertice.
Ogni cilindro possiede un solo tipo di sezione piana indipendentemente dal piano
col quale si effettua l’intersezione. Cioé, fissato il cilindro Q, si possono generare
solo iperboli o parabole o ellissi, intersecando il cilindro con i piani dello spazio.
In particolare, poiché il piano improprio é tangente al cilindro, la conica impropria
ridotta dovrá rispettare il seguente prospetto:
x4 = 0
cioé sono due rette reali e coincidenti, quindi la conica generatrice del cilindro é
una parabola.
Consideriamo π 00 : a00 x + b00 y + c00 z + d00 = 0 un qualsiasi altro piano dello spazio.
L’intersezione della quadrica riducibile con π 00 determina una conica ridotta nelle
due rette:
a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0
ax + by + cz + d = 0
r1 : r2 :
a00 x + b00 y + c00 z + d00 = 0 a00 x + b00 y + c00 z + d00 = 0
Ellissoide:
2 2
z2
1. xa2 + yb2 + c2 = 1 ellissoide reale;
2 2
x y z2
2. a2 + b2 + c2 = −1 ellissoide immaginario.
10 LE SUPERFICI QUADRICHE.
Iperboloide:
2
x2 y z2
1. a2 + b2 − c2 = 1 iperboloide iperbolico;
2 2
x y z2
2. a2 − b2 + c2 = 1 iperboloide iperbolico;
2 2 2
3. - xa2 + yb2 + zc2 = 1 iperboloide iperbolico;
x2 y2 z2
4. a2 − b2 − c2 = 1 iperboloide ellittico;
2 2 2
5. - xa2 + yb2 − zc2 = 1 iperboloide ellittico;
2 2 2
6. - xa2 − yb2 + zc2 = 1 iperboloide ellittico.
t
Diciamo X BX = 0 l’equazione della quadrica nella sua forma ridotta. Come
accadeva per le coniche, si puó dimostrare (non lo facciamo!) che esistono alcune
quantitá che non cambiano dopo aver effettuato un cambiamento di base tramite
vettori ortonormali: vengono detti invarianti ortogonali e sono
det(A) = det(B)
det(A44 ) = det(B44 )
la somma degli autovalori di A44 é pari alla somma degli autovalori di B44 .
In altre parole, se indichiamo con αx2 +βy 2 +γz 2 = δ l’equazione di una quadrica a
centro, é sufficiente calcolare gli autovalori di A44 per ottenere i coefficienti α, β, γ,
inoltre gli autoversori relativi ad α, β, γ compongono la matrice di rotazione. Quindi
si puó effettuare una traslazione rispetto alle coordinate del centro o equivalente-
mente applicare l’invarianza del det(A) = det(B) per ottenere il valore del coeffi-
ciente δ.
Esempio 2. Consideriamo l’iperboloide ellittico di equazione 2x2 − 2y 2 − 2yz −
2z 2 − 3 = 0 di matrice associata:
2 0 0 0
0 −2 −1 0
A= 0 −1 −2 0 .
0 0 0 3
Determiniamone una forma canonica e le formule di rototraslazione che ci perme-
ttono di ottenerla.
0 0 0 −d
di determinante −6d. Inoltre é facile calcolare che det(A) = −18 e grazie all’invarianza
ortogonale sappiamo che 6d = 18, quindi d = 3. Infine l’equazione in forma ridotta
sará 2x2 − 3y 2 − z 2 − 3 = 0.
Vediamo ora quale é stata la trasformazione effettuata per ottenere tale forma
canonica.
L’autospazio relativo all’autovalore 2 rispetto alla matrice A44 é generato dal ver-
sore (1, 0, 0).
LE SUPERFICI QUADRICHE. 11
L’autospazio relativo all’autovalore −3 rispetto alla matrice A44 é generato dal vet-
tore (0, 1, 1) e quindi anche dal versore (0, √12 , √12 ).
Infine l’autospazio relativo all’autovalore −1 rispetto alla matrice A44 é generato
dal vettore (0, 1, −1) e quindi anche dal versore (0, √12 , − √12 ).
Inoltre il centro della quadrica é (A41 , A42 , A43 , A44 ) = (0, 0, 0, 6), cioé in coordinate
non omogenee (0, 0, 0).
Quindi la rototraslazione che ci permette di concludere é la seguente:
1 0 0 x01
x1 0
x2 = 0 √1 √1 · x02 + 0 .
2 2
x3 0 √1
2
− √12 x03 0
x2 y2
1. a2 + b2 = 2dz paraboloide ellittico;
x2 y2
2. −
a2 = 2dz paraboloide iperbolico.
b2
t
Diciamo X BX = 0 l’equazione della quadrica nella sua forma ridotta. Come in
precedenza i seguenti sono invarianti ortogonali:
det(A) = det(B)
det(A44 ) = det(B44 )
la somma degli autovalori di A44 é pari alla somma degli autovalori di B44 .
Esempio 3. Consideriamo il paraboloide iperbolico di equazione 6xz +8yz −5x = 0
di matrice associata:
0 0 3 − 52
0 0 4 0
A= 3 4 0 0 .
− 52 0 0 0
Determiniamone una forma canonica e le formule di rototraslazione che ci perme-
ttono di ottenerla.
Svolg. Una forma canonica con asse di simmetria coincidente con l’asse Z é ax2 +
by 2 + 2cz = 0, dove a, b sono gli autovalori non nulli della sottomatrice A44 (ri-
cordiamo che per un paraboloide l’autovalore nullo esiste sempre ma non fornisce
indicazioni, poiché l’autovettore ad esso relativo é il polo del piano improprio).
Eseguendo i calcoli, gli autovalori non nulli sono 5, −5, quindi l’equazione sará
5x2 − 5y 2 + 2cz = 0 con matrice associata
5 0 0 0
0 −5 0 0
B= 0 0 0 c
0 0 c 0
12 LE SUPERFICI QUADRICHE.
di determinante 25c2 . Inoltre é facile calcolare che det(A) = 100 e grazie all’invarianza
ortogonale sappiamo che 25c2 = 100, quindi c ∈ {−2, 2}. Infine le equazioni in
forma ridotta saranno
5x2 − 5y 2 − 4z = 0
oppure
5x2 − 5y 2 + 4z = 0.
Vediamo ora quale é stata la trasformazione effettuata per ottenere tali forme canon-
iche.
L’autospazio relativo all’autovalore 0 rispetto alla matrice A44 é generato dal ver-
sore ( 54 , − 35 , 0).
L’autospazio relativo all’autovalore 5 rispetto alla matrice A44 é generato dal ver-
3 4
sore ( 5√ , √
2 5 2
, √12 ).
Infine l’autospazio relativo all’autovalore −5 rispetto alla matrice A44 é generato
3 4
dal versore (− 5√ 2
, − 5√ 2
, √12 ).
3
Inoltre il punto di sella della quadrica é (0, 0, 10 ).
Quindi la rototraslazione che ci permette di concludere é la seguente:
√ 3 3 4
− 5√ x01
x1 5 2 2 5 0
4 4 3
x2 = √
5 2
− 5√2 − 5 · x02 + 0 .
x3 √1 √1 0 x03 3
10
2 2
Osserviamo che nella rotazione, possiamo scegliere quale asse coordinato di-
venterá l’asse di simmetria, sará sufficiente nella matrice di rotazione posizionare
l’autoversore relativo all’autovalore nullo esattamente nella colonna 1, se si sceglie
l’asse X, nella colonna 2 se si sceglie l’asse Y , nella colonna 3 (come nel nostro
esempio) se si sceglie l’asse Z.
Si verifichi infatti che, se si scegli come rototraslazione la seguente:
4 3 3
√ − 5√ x01
x1 5 5 2 2 0
x2 = − 35
4
√ − 5√4
· x02 + 0
5 2 2
x3 0 1
√ √1 x03 3
10
2 2
in cui l’autoversore relativo all’autovalore nullo é posto nella prima colonna, la
forma canonica finale sará 5y 2 − 5z 2 − 4x = 0, cioé un paraboloide iperbolico con
asse di simmetria coincidente con l’asse X.
0 0 0 0
Determiniamone una forma canonica e le formule di rototraslazione che ci perme-
ttono di ottenerla.
Svolg. Il vertice del cono ha coordinate (0, 0, 0). Gli autovalori della sottomatrice
A44 sono λ1 = 2, con molteplicitá algebrica 2, e λ2 = 4. Una forma canonica é
2x2 + 2y 2 + 4z 2 = 0.
Vediamo ora quale é stata la trasformazione effettuata per ottenere tali forme canon-
iche.
L’autospazio relativo all’autovalore 2 rispetto alla matrice A44 é generato dai ver-
sori ( √12 , 0, − √12 ), (0, 1, 0).
L’autospazio relativo all’autovalore 4 rispetto alla matrice A44 é generato dal ver-
sore ( √12 , 0, √12 ).
0 0 0 −5
Determiniamone una forma canonica e le formule di rototraslazione che ci perme-
ttono di ottenerla.
Svolg. Il vertice del cilindro ha coordinate (4, −3, 0, 0), infatti l’autospazio relativo
all’autovalore 0 rispetto alla matrice A44 é generato dal versore ( 45 , − 35 , 0).
Gli altri due autovalori di A44 sono 5, −5.
L’autospazio relativo all’autovalore 5 rispetto alla matrice A44 é generato dal versore
3 4
( 5√ , √
2 5 2
, √12 ).
Infine l’autospazio relativo all’autovalore −5 rispetto alla matrice A44 é generato
3 4
dal versore (− 5√ 2
, − 5√ 2
, √12 ).
Quindi la rotazione é la seguente:
3 3 4
√ − 5√ x01
x1 5 2 2 5
4 4
x2 =
√
5 2
− 5√ 2
− 53
0
· x2 .
x3 √1 √1 0 x03
2 2
10. Forma canonica di cilindri a base parabolica. Discorso a parte per i cilin-
dri a base parabolica: essi presentano un autovalore nullo per la matrice A44 , con
molteplicitá algebrica 2. L’autospazio associato é un piano parallelo alle generatrici
del cilindro, quindi contiene il vertice. La scelta dei tre vettori per la rotazione deve
in tale caso essere piú oculata che non nei precedenti.
Il primo versore é quello relativo alla direzione individuata dal vertice.
Il secondo, anche esso appartenente all’autospazio V0 relativo all’autovalore nullo,
é il versore della retta che si ottiene dall’intersezione del piano V0 e di un qualsiasi
piano ortogonale alla direzione del vertice.
L’ultimo versore é il generatore dell’autospazio relativo all’autovalore non nullo
della matrice A44 , che é quindi ortogonale ai precedenti due.
Una volta effettuata la rotazione si osserva l’equazione ottenuta: se non sono pre-
senti termini di grado zero (termini noti), allora non vi é alcun bisogno di traslazioni.
LE SUPERFICI QUADRICHE. 15
In caso contrario, si eleminano i termini noti procedendo con una traslazione im-
posta, come per i cilindri a base iperbolica o ellittica. Alla fine si ottiene la seguente:
a2 x2 + by = 0
in cui i ruoli delle variabili x, y, z sono intercambiabili.
Esempio 6. Consideriamo il cilindro a base parabolica di equazione x2 − 2xy +
y 2 − 4x − 4y − 4z + 4 = 0 di matrice associata:
1 −1 0 −2
−1 1 0 −2
A= .
0 0 0 −2
−2 −2 −2 4
Determiniamone una forma canonica e le formule di rototraslazione che ci perme-
ttono di ottenerla.
Svolg. Gli autovalori della sottomatrice A44 sono λ1 = 0, con molteplicitá alge-
brica 2, e λ2 = 2. Il vertice del cilindro ha coordinate (1, 1, −2, 0), quindi il primo
versore per la rotazione é ( √16 , √16 , − √26 ).
Inoltre l’autospazio relativo all’autovalore 0 rispetto alla matrice A44 é dato dal
piano di equazione x − y = 0.
Scegliamo ora un qualsiasi piano perpendicolare alla direzione individuata dal ver-
tice, ad esempio quello passante per l’origine: x + y − 2z = 0.
Il secondo vettore per la rotazione é quindi individuato dall’intersezione
x−y =0
x + y − 2z = 0
per cui ha componenti (1, 1, 1), con versore ( √13 , √13 , √13 )
L’ultimo vettore é l’autovettore relativo all’autovalore λ2 = 0, cioé (1, −1, 0), con
versore ( √12 , − √12 , 0). Quindi la rotazione é la seguente:
√1 √1 √1
x01
x1 6 3 2
1 √1
x2 = √6 3
− √12
· x02 .
x3 − 6
√2 √1
0 x03
3
√
La forma che si ottiene dopo la sostituzione delle variabili é 2z 2 − 4 3y + 4 = 0.
La presenza del termine di grado zero, richiede una ulteriore traslazione: poniamo
x = x0 , y = y 0 + b, z = z 0 tali che:
√
2z 02 − 4 3(y 0 + b) + 4 = 0
√ √
2z 02 − 4 3y 0 + (−4 3b + 4) = 0.
√
Imponendo (−4 3b + 4) = 0 otteniamo b = √13 . La trasformazione finale sará
√1 √1 √1
x01
x1 6 3 2 0
1 1 1 1
x2 = √
6
√
3
− √2 · x02 + √3
x3 2
− √6 √3 1
0 x03 0
√
che porta alla forma ridotta 2z 2 − 4 3y = 0.
16 LE SUPERFICI QUADRICHE.
11. Esercizi.
Esercizio 6. Classificare la seguente quadrica x2 −y 2 +2z 2 +6yz −4xz −2x−3 = 0
e determinare la conica intersezione con il piano z = 1.
Esercizio 7. Classificare la quadrica x2 +y 2 −z 2 +2xy−2x−2y = 0 e determinarne
gli eventuali punti doppi.
Esercizio 8. Classificare la quadrica x2 + 2y 2 − z 2 + 2xy − 2x − 2y + 1 = 0 e
determinarne gli eventuali punti doppi.
Esercizio 9. Classificare la quadrica x2 − y 2 + z 2 + 2xz − 2x − 4y − 2z − 3 = 0,
determinarne gli eventuali punti doppi e la conica all’infinito.
Esercizio 10. Classificare la quadrica x2 + 2y 2 + z 2 + 2xy − 2x − 3 = 0 ed i suoi
punti.
Esercizio 11. Classificare la quadrica xy + yz + xz − 2x + 1 = 0 ed i suoi punti.
Esercizio 12. Classificare la quadrica y 2 − z 2 + 4xy − 4xz − 6x + 4y + 2z + 8 = 0
ed i suoi punti.
Esercizio 13. Determinare la conica intersezione tra la quadrica x2 + y 2 + z 2 +
2xy − 2x = 0 ed il piano x + y − z = 0; ripetere l’esercizio nel caso in cui il piano
sia x = 0.
2 2 2
Esercizio 14. Determinare la conica intersezione tra la quadrica √ 2x −3y −6z = 0
ed il piano x = 0; ripetere l’esercizio nel caso il piano sia x = 3z + 1.
Esercizio 15. Classificare la quadrica 2x2 + 2xy + z = 0 e determinare la conica
intersezione con il piano 4x + 2y + z − 2 = 0.
Esercizio 16. Classificare la quadrica x2 − 2y 2 − z 2 = 1 e determinare le coniche
intersezione con i piani α : x = z − 1 e β : x = 1.
Esercizio 17. Classificare la quadrica x2 − z 2 − 1 = 0 e determinare la conica
intersezione col piano z = 1.
Esercizio 18. Classificare la quadrica −4x2 + y 2 + z 2 − 2 = 0 e determinare la
conica intersezione col piano y + z − 2 = 0.
Esercizio 19. Classificare la quadrica x2 + y 2 − 2xz + z 2 − 1 = 0 e determinare la
conica intersezione col piano x − z = 0.
Esercizio 20. Classificare la quadrica x2 + y 2 + 2xy = 0 e determinare le coniche
intersezione coi piani x = 1 e z = 0.
Esercizio 21. Classificare la quadrica 2x2 +y 2 +3z 2 +4x−2y+2 = 0 e determinare
le coniche intersezione coi piani x = 0 e y = 0.
Esercizio 22. Classificare la quadrica x2 − z 2 + 2y = 0 e determinare la conica
intersezione col piano x − 2z = 0.
Esercizio 23. Classificare la quadrica x2 − y 2 + z 2 = 1 e determinare le coniche
intersezione coi piani x − y = 1 e z = 1.
LA SFERA.
1
2 LA SFERA.
cioé
π : (a − a0 )x + (b − b0 )y + (c − c0 )z + (d − d0 ) = 0.
Da cui otteniamo l’equazione della circonferenza che le due sfere hanno in comune:
x2 + y 2 + z 2 + ax + by + cz + d = 0
γ:
(a − a0 )x + (b − b0 )y + (c − c0 )z + (d − d0 ) = 0.
Definiamo fascio di sfere secanti in γ e di piano radicale π, tutte le sfere che si
ottengono, al variare del parametro reale λ, dall’equazione
(x2 + y 2 + z 2 + ax + by + cz + d) + λ(x2 + y 2 + z 2 + a0 x + b0 y + c0 z + d0 ) = 0
o equivalentemente dall’equazione
(x2 + y 2 + z 2 + ax + by + cz + d) + λ((a − a0 )x + (b − b0 )y + (c − c0 )z + (d − d0 )) = 0.
Se P1 é un punto non appartenente a π allora esiste una ed una sola sfera apparte-
nente al fascio e passante per P1 .
Svolg. Il piano tangente puó essere visto come il piano polare del punto P rispetto
alla quadrica (in questo caso la sfera) data:
1 0 0 −1 x1
0 1 0 1 x2
1 1 1 1 · 0 0 1 −1 · x3 = 0
−1 1 −1 −1 x4
che si riduce a 2x2 − 2x4 = 0, cioé y − 1 = 0.
Svolg. Per prima cosa verifichiamo che √ la circonferenza γ é reale; infatti il centro
di S é C = (1, 0, −1), il suo raggio é 2, e la distanza δ(C, π) = √12 é minore del
raggio di S.
Costruiamo il fascio di sfere contenenti la circonferenza γ:
Fγ : x2 + y 2 + z 2 − 2x + 2z + h(y + z) = 0
ed imponiamo il passaggio di tali sfere per il punto P : otteniamo h = − 32 . Quindi
la sfera richiesta é ottenuta dal fascio per tale valore di h:
2x2 + 2y 2 + 2z 2 − 4x + z − 3y = 0.
t
u
Esempio 4. Determinare la sfera tangente al piano π : x + y − z − 1 = 0 nel
punto P = (1, 1, 1) e passante per il punto Q = (2, 1, 0).
Su tale retta si trovano i centri di ogni sfera che sia tangente a π in P . Per esempio
scegliamo t = 1, il centro della sfera S1 ottenuta é C = (2, 2, 0) ed il suo raggio é
4 LA SFERA.
√
la distanza δ(P, C) = 3. La sfera ha equazione (x − 2)2 + (y − 2)2 + z 2 = 3 cioé
x2 + y 2 + z 2 − 4x − 4y + 5 = 0. Costruiamo il fascio di sfere tangenti a π in P :
F : x2 + y 2 + z 2 − 4x − 4y + 5 + h(x + y − z − 1) = 0.
Imponiamo il passaggio per il punto Q, sostituendo le sue coordinate nell’equazione
del fascio F : h = 1. Quindi la sfera richiesta ha equazione
x2 + y 2 + z 2 − 3x − 3y − z + 4 = 0.
t
u
LA SFERA. 5
4. Esercizi.
Esercizio 1. Determinare centro e raggio della sfera 3x2 + 3y 2 + 3z 2 − 2x = 0,
x2 + y 2 + z 2 − 3y + z + 2 = 0.
Esercizio 2. Determinare centro e raggio della circonferenza x2 + y 2 + z 2 = 3x −
4y − 5 = 0.
Esercizio 3. Determinare il piano tangente alla sfera (x − 2)2 + y 2 + z 2 = 4 nel
suo punto (0, 0, 0).
Esercizio 4. Determinare la retta tangente alla circonferenza (x−2)2 +y 2 +z 2 −4 =
x + y − z = 0 nel suo punto (0, 0, 0).
Esercizio 5. Determinare i piani tangenti alla sfera x2 +y 2 +z 2 −2x−2y−6z+8 = 0
e contenenti la retta x + x − 1 = z = 0.
Esercizio 6. Determinare il piano comune alle due sfere (x − 1)2 + y 2 + z 2 = 4,
(x − 3)2 + y 2 + z 2 = 1.
Esercizio 7. Determinare la sfera passante per il punto (0, 0, 0) e per la circon-
ferenza x2 + y 2 + z 2 − 2x − 3 = 4x − 11 = 0.
Esercizio 8. Determinare la sfera tangente al piano x−y +z = 0 nel punto (0, 0, 0)
e passante per il punto (1, 2, 0).
Esercizio 9. Determinare la circonferenza per i punti (−1, 0, 0), (0, 2, 0), (0, 0, 1).
Esercizio 10. Determinare centro e raggio della circonferenza passante per i punti
A(1, 2, 1), B(3, −1, 2) e tangente in B alla retta x + z − 5 = y − 2z + 5 = 0.