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Teresa Radice
S = {x : P}
B = {x ∈ S : β} = {x ∈ S : x > 8} = ∅.
α ⇒ β, β⇒α
f : X → Y,
∀y ∈ Y ∃x ∈ X : y = f (x).
∀y ∈ Y ∃!x ∈ X : y = f (x).
Teresa Radice Corso di Analisi Matematica I
Allora ad ogni y ∈ Y viene associato un unico x ∈ X e quindi
possiamo considerare
f −1 : Y → X .
Tale funzione f −1 viene denominata funzione inversa.
Ovviamente anche f −1 è biettiva e
f −1(f (x)) = x, ∀x ∈ X f
(f −1(y )) = y , ∀y ∈ Y .
f −1 (B) = {x ∈ X : f (x) ∈ B}
(1, 1), (1, 4), (3, 1), (3, 4), (−3, 1), (−3, 4).
Gf = {(x, f (x)) ∈ X × Y : x ∈ X }
dunque si presenta come l’insieme costituito dai punti (x, y ) tali
che la seconda coordinata è uguale al valore assunto da f in
corrispondenza della prima coordinata.
A = {x ∈ R : x 6 −1} B = {x ∈ R : x > 0}
A0 = {x ∈ R : x < 0} B = {x ∈ R : x > 0}
Due insieme che hanno un unico elemento di separazione si dicono
contigui.
= −a + (a + c) = (−a + a) + c = 0 + c = c
= (a · c) · a−1 = c · a · a−1 = c · 1 = c
⇒
Supponiamo che a · b = 0 se a = 0 abbiamo dimostrato che
0 · b = 0.
Se a 6= 0, vogliamo dimostrare che b = 0. Dato che a 6= 0 esiste
l’inverso a−1 e si ha
b = b · 1 = b · (a · a−1 ) = a−1 · (a · b) = a−1 · 0 = 0
Osservazione: la precedente proposizione fa capire perché non
esiste l’inverso di 0. Difatti se p.a. (per assurdo) esistesse
0 · 0−1 = 1 ma 0 · 0−1 = 0.
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4) L’opposto di un numero reale è unico.
Per ogni numero reale a esiste l’opposto −a : a + (−a) = 0. Se
supponiamo che anche a + b = 0 allora per la legge di
semplificazione dell’addizione −a = b, quindi l’opposto è unico.
5) L’inverso di un numero reale a 6= 0 è unico.
Per ogni numero reale a 6= 0 esiste a−1 : a · a−1 = 1. Se
supponiamo che anche a · b = 1 allora per la legge di
semplificazione del prodotto a−1 = b, quindi l’inverso è unico.
(−a) · b + a · b = [(−a) + a] · b = 0 · b = 0
= −[−(a · b)]
9) a 6 b ⇔ b − a > 0. Se a 6 b ⇒ a − a 6 b − a ⇒ 0 6 b − a.
Viceversa se
b − a > 0 ⇒ a = a + 0 6 (b − a) + a = b + (−a + a) = b + 0 = b.
10) Proprietà transitiva
1∈R⇒1+1=2∈R⇒1+1+1=3∈R
Dunque l’insieme
N = {1, 2, 3, ..., n, ...}
è un sottoinsieme di R, che chiameremo insieme dei numeri
naturali.
Nell’insieme dei numeri naturali le operazioni di addizione e
moltiplicazione hanno sempre significato.
In N non vi è l’elemento neutro della addizione.
Consideriamo N0 = N ∪ {0}. In N0 non sono soddisfatti tutti gli
assiomi, ad esempio l’esistenza dell’opposto. Introduciamo
Np = {n ∈ N : ∃k ∈ N : n = 2k}
Nd = {n ∈ N : ∃k ∈ N : n = 2k − 1}
Np ∩ Nd = ∅, Np ∪ Nd = N
Consideriamo
A = {a ∈ Q : a 6 0} ∪ {a ∈ Q : a > 0, a2 < 2}
B = {b ∈ Q : b > 0, b 2 > 2}
vogliamo dimostrare che a 6 b, ∀a ∈ A e ∀b ∈ B.
Se p.a. esistessero a ∈ A e b ∈ B : a > b tale elemento a sarebbe
positivo (in quanto b > 0) e
2
a2 > a · b > b > 2
ma allora a ∈/ A.
Di qui l’assurdo dato che a è un elemento di A.
Dunque A e B sono separati A ∪ B = Q, A ∩ B = ∅.
Supponiamo p.a. che esista c ∈ Q: a 6 c 6 b, ∀a ∈ A ∀b ∈ B.
1 2
1 2c 2c + 1
c+ = c2 + 2 + 6 c2 + < c 2 − c 2 + 2 < 2.
n n n n
Si scrive M = max A.
(
m 6 a, ∀a ∈ A
m minimo di A ⇐⇒
m∈A
Si scrive m = min A.
Esempio. A = {x ∈ R : x > 0} non esistono né il massimo, né il
minimo (perchè 0 non appartiene ad A).
M1 > a, M2 > a, ∀a ∈ A
ma
M1 ∈ A ⇒ M2 > M1
M2 ∈ A ⇒ M1 > M2
di conseguenza
M1 = M2 .
A limitato ⇐⇒ ∃l, L ∈ R : l 6 a 6 L, ∀a ∈ A
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a 6 M 6 b, ∀a ∈ A, ∀b ∈ B,
Si scrive M = sup A.
Analogamente, si verifica che se A è un insieme non vuoto ed è
limitato inferiormente, allora l’insieme dei minoranti di A ha un
massimo.
Si dice che m è l’estremo inferiore di A se m è il massimo dei
minoranti di A. Ciò equivale a:
(
m 6 a, ∀a ∈ A
m estremo inferiore di A ⇐⇒
∀ε > 0, ∃a ∈ A : m + ε > a.
Si scrive m = inf A.
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Quindi, se un insieme è limitato superiormente esiste l’estremo
superiore ed è un numero reale. Se un insieme è limitato
inferiormente esiste l’estremo inferiore ed è reale. Se A è limitato
allora esistono sup A e inf A e sono numeri reali.
Introduciamo i simboli +∞ e −∞ per descrivere gli insiemi non
limitati
sup A = +∞ ⇐⇒ ∀L, ∃a ∈ A : a > L,
inf A = −∞ ⇐⇒ ∀l, ∃a ∈ A : a < l.
Facendo uso dei simboli −∞ e ∞ si può affermare che ogni
insieme non vuoto ammette sia estremo superiore che inferiore.
[a, b] = {x ∈ R : a 6 x 6 b}
[a, b) = {x ∈ R : a 6 x < b}
(a, b] = {x ∈ R : a < x 6 b}
a6b ∀a ∈ A, ∀b ∈ B
sup A 6 inf B
f : n ∈ N → 2n ∈ Np
f : n ∈ N → 2n − 1 ∈ Nd
n(n+1)+2(n+1) (n+1)(n+2)
= 2 = 2
(1 + x)n > 1 + nx
1 − x n+1
1 + x + x 2 + ... + x n = , ∀x 6= 1.
1−x
Per n = 1, abbiamo
1 − x2 (1 − x)(1 + x)
= = 1 + x,
1−x 1−x
quindi è vera. Supponiamola vera per n dimostriamola per n + 1
1−x n+1
1 + x + x 2 + ... + x n + x n+1 = 1−x + x
n+1
1−x n+1 +x n+1 −x n+2 1−x n+2
= 1−x = 1−x
−f è decrescente (crescente).
Sia f : X → Y una funzione invertibile. Se f è strettamente
crescente (strettamente decrescente) allora anche la funzione
inversa f −1 è strettamente crescente (strettamente decrescente).
Vogliamo dimostrarlo nel caso della funzione f strettamente
crescente che se y1 < y2 si ha f −1 (y1 ) < f −1 (y2 ).
Se p.a. ∃y1 , y2 ∈ R : y1 < y2 e f −1 (y1 ) > f −1 (y2 ) (l’uguaglianza è
da escludere per la invertibilità della funzione) si avrebbe
f −1 (y1 ) > f −1 (y2 ) ma allora per la stretta crescenza della funzione
f si ha : f (f −1 (y1 )) > f (f −1 (y2 )) e di conseguenza y1 > y2 in
contraddizione con l’avere preso che y1 < y2 .
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Funzione lineare, funzione valore assoluto
y = mx + q
f : x ∈ R → mx + q ∈ R
f (x) = 0 (1)
con f : A ⊆ R → B ⊆ R.
Una soluzione dell’equazione (1) è un numero reale x : f (x) = 0.
Risolvere un’equazione vuole dire trovare tutte le soluzioni. L’asse
delle x ha equazione y = 0, dunque risolvere la (1) equivale a
determinare le ascisse dei punti del grafico
Gf = {(x, f (x)) : x ∈ A} che hanno ordinata nulla, individuare cioè
del tipo (x, 0). L’equazione mx + q con m 6= 0 ha soluzione
q
x = −m .
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1 |x| > 0, ∀x ∈ R
2 |x| = 0 ⇐⇒ x = 0
3 | − x| = |x| ∀x ∈ R
4 |x1 · x2 | = |x1 | · |x2 | ∀x1 , x2 ∈ R,
x1 |x1 |
5
x2 = |x2 | ∀x1 , x2 ∈ R, x2 6= 0.
Proposizione 1. Per ogni numero reale r > 0 valgono le
equivalenze:
|x| 6 r ⇐⇒ −r 6 x 6 r
|x| < r ⇐⇒ −r < x < r
x + 3 < −2
e
x + 3 > 2.
Otteniamo x < −5 e x > −1.
f (x) = f (x + kτ )
f (x) = x 0
f (x) = x n
f −1 : y ∈ R → x ∈ R : x n = y .
Di conseguenza: √
n
√
·:y ∈R→ n
y =x
In particolare,
√
f (f −1 (y )) = ( n y )n = y
√
f −1 (f (x)) = x n = x.
n
a → x : x n = a.
√
Otteniamo come soluzione x = n a.
Dalla stretta crescenza della funzione x n (e di conseguenza stretta
crescenza per la funzione inversa) quando n ∈ Nd :
√ √ √
x n < a ⇐⇒ x n < n a ⇐⇒ x < n a
n
√ √ √
x n > a ⇐⇒ x n > n a ⇐⇒ x > n a
n
√
Considerando, invece, la seguente equazione n x = a con a ∈ R.
Otteniamo come soluzione x = an ,
√
Data la stretta crescenza della funzione n x quando n ∈ Nd
√ √
n
x < a ⇐⇒ ( n x)n < an ⇐⇒ x < an
√ √
n
x > a ⇐⇒ ( n x)n > an ⇐⇒ x > an
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Figura: f (x) = x 3
√
Nel caso generale di n x = a il punto A intersezione della retta
√
y = a con y = n x ha coordinate: (an , a).
√
Nel caso generale di n x = a il punto A di intersezione tra la retta
√
y = a e y = n x ha coordinate: (an , a)
√
2
Figura: f (x) = 1−x
1
Figura: f (x) = x 4
3
Figura: f (x) = x 2
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α<0
Formula per
√ il ∆/4 (qualora il coefficiente b sia un multiplo di 2):
−b/2± (b/2)2 −ac
x= a
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1 caso: ∆ > 0. Se il ∆ è positivo, l’equazione ax 2 + bx + c = 0
ammette due radici distinte x1 , x2
√ √
−b − ∆ −b + ∆
x1 = , x2 =
2a 2a
Inoltre:
h i
ax 2 + bx + c = 1
4a (2ax + b)2 − ∆
1
√ √
= 4a [(2ax + b) + ∆][(2ax + b) − ∆]
√ √
−b− b 2 −4ac −b+ b 2 −4ac
= a(x − 2a )(x − 2a )
= a(x − x1 )(x − x2 )
3 ax 2 + bx + c > 0, a > 0, ∆ = 0 ⇐⇒ ∀x ∈ R
4 ax 2 + bx + c > 0, a < 0, ∆ = 0 ⇐⇒ x = x
1
5 ax 2 + bx + c < 0, a > 0, ∆ = 0 ⇐⇒ nessuna soluzione
6 ax 2 + bx + c < 0, a < 0, ∆ = 0 ⇐⇒ ∀x 6= x
1
7 ax 2 + bx + c 6 0, a > 0, ∆ = 0 ⇐⇒ x = x
1
8 ax 2 + bx + c 6 0, a < 0, ∆ = 0 ⇐⇒ ∀x ∈ R
Figura: f (x) = x 2 − 4x + 3
Figura: f (x) = x 2 + 2x + 1
Figura: f (x) = x 2 + x + 1
p
n
1 p(x) < q(x).
Eleviamo alla potenza n-esima e richiediamo che p(x) > 0 e
q(x) > 0. In simboli:
n
p p(x) < [q(x)]
n
p(x) < q(x) ⇐⇒ p(x) > 0
q(x) > 0
2
( (
p
n q(x) < 0 q(x) > 0
p(x) > q(x) ⇐⇒
p(x) > 0 p(x) > [q(x)]n .
3x 2 + 6x − 10 < 0
√
−3 ± 39
x=
3
√ √
39 39
−1 − < x < −1 +
3 3
√
39
Dalla seconda x > 3. Dato che 3 > −1 + 3 non vi sono
soluzioni.
f (x) = ax , definita in R,
e = 2, 718281828459045...
loga y .
x1 = aloga x1 x2 = aloga x2 ,
x b = ab loga x
loga x b = b loga x ∀x ∈ R+ .
In particolare, se b = −1, si ha
1
loga = − loga x.
x
Si ha che:
logb x = logb aloga x = loga x · logb a
che possiamo scrivere anche come:
logb x
loga x =
logb a
f −1 : y ∈ [−1, 1] → x ∈ [0, π]
Vogliamo risolvere:
cos x = a, a ∈ [−1, 1]
senx π
f (x) = , ∀x 6= + kπ
cos x 2
La funzione tgx è periodica di periodo π. Se consideriamo la
funzione tangente ristretta all’intervallo (− π2 , π2 ) la funzione risulta
invertibile.
π π
tgx : x ∈ − , → tgx ∈ (−∞, ∞)
2 2
Tale funzione è strettamente crescente. Inoltre
π π
∀y ∈ R, ∃!x ∈ − 2 , 2 : tgx = y
π π
arctgy ∈ R → x ∈ − , : tgx = y
2 2
tg(arctgy ) = y , ∀y ∈ R
π π
arctg(tgx) = x, ∀x ∈ − ,
2 2
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Figura: f (x) = tgx
π π
inf arctg(x) = − , sup arctgx =
2 2
π
√
3
√
θ = 3, senθ = 2 , cos θ = 21 , tgθ = 3
π
θ = 2, senθ = 1, cos θ = 0, tgθ non definita
3
θ = 2 π, senθ = −1, cos θ = 0, tgθ non definita
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θ = θ0 + 2kπ , k ∈ Z
Vogliamo imporre
(x, y ) · (x 0 , y 0 ) = (1, 0)
I = {(0, y ) ∈ R × R : y ∈ R}
∀(0, y1 ), (0, y2 ) ∈ I
i = (0, 1)
e (
x = ρ cos θ
y = ρsenθ
Di conseguenza z = x + iy = ρ(cosθ + isenθ) = [ρ, θ].
Utilizzeremo la notazione [ρ, θ] per indicare un numero complesso
che ha modulo ρ e argomento θ.
Dato un numero complesso in forma algebrica, per le formule di
passaggio tra p coordinate cartesiane a polari si può calcolare il
modulo: ρ = x 2 + y 2 e poi determinare θ in modo che senθ = yρ
e cos θ = xρ . Tali condizioni permettono di individuare l’angolo a
meno di multipli di 2π. L’argomento principale è dato da :
θ∗ ∈ (−π, π].
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Esercizio Scrivere in forma trigonometrica il seguente numero
complesso: z = 1 + i.
√ √ √ √
ρ = 1 + 1 = 2 e cos θ = √12 = 22 e senθ = √12 = 22 .
Individuiamo gli angoli θ = π4 + 2kπ: In forma trigonometrica :
√ π π
z= 2(cos + isen )
4 4
Chiaramente possiamo anche dovere trasformare dei numeri
complessi dalla forma trigonometrica a quella algebrica, ad esempio
consideriamo il numero complesso z che ha per modulo ρ = 1 e
θ = π2 .
p
ρ = x2 + y2 = 1
(
x = ρ cos θ = 1 · cos π2 = 0
y = ρsenθ = 1 · sen π2 = 1
⇒ z = 0 + 1 · i forma algebrica
[ρ, θ]−n = 1
[ρ,θ]n = 1
ρn (cos nθ+isennθ) =
1
= ρn (cos nθ − isennθ) =
= [ρ−n , −nθ]
= [ρ1 , θ1 ] · [ρ−1
2 , −θ2 ] =
= [ρ1 ρ−1
2 , θ1 − θ2 ] =
= [ ρρ12 , θ1 − θ2 ]
arctg( yx ) + π
se x < 0
√ θ + 2kπ
[ρ0 , θ0 ] =
p
n
[ρ, θ] = [ n ρ, ]
n
al variare di k.
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h√ i
Se k1 e k2 sono due valori di k avremo le due radici: n ρ, θ+2k
n
1π
h√ i
e n ρ, θ+2kn
2π
.
Tali radici coincidono se e solo se:
θ + 2k1 π θ + 2k2 π
= + 2hπ
n n
con h ∈ Z ⇐⇒ k1 − k2 = hn.
Se a k attribuiamo n valori consecutivi, si ottengono n radici a due
a due distinte. Attribuendo a k un qualunque altro valore si
riottiene una delle precedenti radici, quindi facciamo variare
k = 0, 1, 2, ..., n − 1. Dato che le n radici hanno tutte lo stesso
modulo, le loro immagini giacciono sulla circonferenza di centro
√
l’origine e raggio n ρ e la dividono in n parti uguali.
Ogni numero complesso z = [ρ, θ] ammette n-radici n-esime, che si
ottengono attribuendo all’intero k n valori consecutivi.
i = [1, π2 ], di conseguenza
√
√ π
6 6 2 + 2kπ
z= 1,
6
con k = 0, 1, 2, 3, 4, 5.
2 Calcolare le radici quarte di 1 + i
√ √
ρ= 1+1= 2
√ √
2 2 π
cos θ = 2 e senθ = 2 , cioè θ = 4
√
√ π
4 8 4 + 2kπ
1+i = 2,
4 k=0,1,2,3
√
3 Calcolare le soluzioni di w3
+ 2 = 0, w3
= −2, w = 3 −2.
Posto z = −2, |z| = 2 e θ = π. Le soluzioni sono date da:
√
3 π + 2kπ π + 2kπ
wk = 2 cos + isen
3 3 k=0,1,2
e iθ = cos θ + isenθ.
e iθ + e −iθ
cos θ = ,
2
e iθ − e −iθ
senθ = .
2i
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a1 , a2 , a3 , ..., an , ...
lim an = a (an → a)
n→+∞
6 |a − an | + |an − b| =
si è giunti ad un assurdo.
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Per le successioni (3) e (4) si ha che:
(−1)n
lim = 0.
n→+∞ n
Invece il limite
lim (−1)n
n→+∞
se, qualunque sia M > 0, esiste un numero ν tale che an > M, per
ogni n > ν. Analogamente
−M 6 an 6 M, ∀n ∈ N.
|an | 6 M ∀n ∈ N.
n2 + 5n − 4 1 + n5 − n42 1
lim = lim = .
n→+∞ 3n2 + 1 n→+∞ 3 + 12 3
n
Valgono le seguenti operazioni con i limiti infiniti
an → a, bn → ±∞ ⇒ an + bn → ±∞
an → ±∞, bn → ±∞ ⇒ an + bn → ±∞
an → a 6= 0, bn → ±∞ ⇒ |an bn | → +∞
an → ±∞, bn → ±∞ ⇒ |an bn | → +∞
an
an → a, bn → ±∞ ⇒ →0
bn
bn
an → a, bn → ±∞ ⇒ → +∞
an
an
an → a 6= 0, bn → 0 ⇒ → +∞
bn
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Risultano escluse le seguente forme indeterminate
∞ 0
∞ − ∞, 0 · ∞, ,
∞ 0
Dire che un limite è una forma indeterminata non significa che il
limite non esiste, ma significa che occorre preliminarmente eseguire
trasformazioni, o semplificazioni, per togliere, se possible,
l’indeterminazione.
Esempi:
1 (n + 1)2 − (n − 1)2 (forma del tipo ∞ − ∞) si ottiene 4n e
quindi tende a +∞
1 1 1
2
n2
(n+ 1) (forma del tipo 0 · ∞) si ottiene n + n2
e quindi
tende a 0
n−1 ∞ 1
3
n (forma del tipo ∞) si ottiene 1 − n e quindi tende a 1
1
4 n2
1 (forma del tipo 00 ) si ottiene 1
n e quindi tende a 0.
n
an 6 bn ∀n ∈ N, an → +∞ ⇒ bn → +∞
an 6 bn ∀n ∈ N, bn → −∞ ⇒ an → −∞
Dimostrazione della prima. Per ipotesi an → +∞ che, per
definizione di limite significa:
√ 1
Facile da ricordare in quanto n a = a n → a0 = 1.
Se b ∈ R, risulta √
n
lim nb = 1
n→+∞
sen(−x) senx
cos x = cos(−x) < = <1
−x x
dunque la relazione da dimostrare vale anche qualora si abbia x
negativo.
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Dato che an → 0 per la definizione di limite esiste un indice ν tale
che |an | < π2 per ogni n > ν. Ma allora,
senan
cosan < < 1, ∀n > ν.
an
Per n → +∞, cos an → 1. La tesi discende dal teorema dei
carabinieri.
l − ε < aν .
l − ε < aν 6 an 6 l < l + ε,
da cui lim an = l.
n→+∞
an > aν > M
log n; nb ; an ; n!; nn .
n! = 1 · 2 · 3 · ... · (n − 1) · n.
log n nb an n!
lim b
= lim n
= lim = lim n = 0
n→+∞ n n→+∞ a n→+∞ n! n→+∞ n
|ak − ah | < ε.
Posto
A = min{a1 , a2 , ..., aν , ah0 − 1},
e
B = max{a1 , a2 , ..., aν , ah0 + 1}.
Evidentemente risulta
A 6 ak 6 B, ∀k ∈ N
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X = X ∪ D(X )
x ∈ I ⇒ f (x) ∈ J.
x ∈ I − {x0 } ⇒ f (x) ∈ J
∀x ∈ A : 0 6= |x − x0 | < δ
Cosı̀ pure:
lim senx = 0
x→0
lim cos x = 1
x→0
1
∃ε0 > 0 : ∀n ∈ N, ∃xn ∈ A : 0 6= |xn − x0 | < , |f (xn ) − l| > ε0 .
n
Si ha:
1 1
xn 6= x0 , x0 − < xn < x0 + ∀n ∈ N;
n n
perciò xn ∈ A − {x0 }, ∀n ∈ N e xn → x0 ; però f (xn ) non converge
ad l perchè la disuguaglianza |f (xn ) − l| > ε0 , ∀n ∈ N contrasta
con la definizione di limite di successione.
⇒ f (xn ) → +∞
∀x ∈ A : 0 6= |x − x0 | < δ
∀x ∈ A − {x0 } : |x − x0 | < δ
lim f (x) = +∞ ⇐⇒ ∀M > 0, ∃δ > 0 : f (x) > M
x→x0
∀x ∈ A − {x0 } : |x − x0 | < δ
lim f (x) = −∞ ⇐⇒ ∀M > 0, ∃δ > 0 : f (x) < −M
x→x0
∀x ∈ A − {x0 } : |x − x0 | < δ
∀x ∈ A : x > k
∀x ∈ A : x > k
lim f (x) = −∞ ⇐⇒ ∀M > 0, ∃k > 0 : f (x) < −M,
x→+∞
∀x ∈ A : x > k
∀x ∈ A : x < −k
lim f (x) = +∞ ⇐⇒ ∀M > 0, ∃k > 0 : f (x) > M,
x→−∞
∀x ∈ A : x < −k
lim f (x) = −∞ ⇐⇒ ∀M > 0, ∃k > 0 : f (x) < −M,
x→−∞
∀x ∈ A : x < −k
Si possono definire anche il limite destro (x → x0+ ) e il limite
sinistro (x → x0− ) ad esempio:
lim f (x) = l ⇐⇒ ∀ε > 0, ∃δ > 0 : |f (x) − l| < ε
x→x0+
∀x ∈ A : 0 < x − x0 < δ
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Esempi e proprietà dei limiti di funzioni
Si ha che: (
+∞ se a > 1
lim ax =
x→+∞ 0 se 0 < a < 1.
In particolare se la base è e si ha
1
lim e x = +∞; lim e x = lim
=0
x→+∞ x→−∞ x→+∞ e x
lim log x = +∞; lim+ log x = −∞
x→+∞ x→0
Verifichiamo che invece i limiti
lim senx, lim cos x
x→+∞ x→+∞
non esistono. Limitiamoci al primo. Se esiste il limite = l
dovremmo avere che senxn tende allo stesso valore l qualunque sia
la successione xn → +∞. Mostriamo che esistono due successioni
xn e xn0 divergenti a +∞ con la proprietà che senxn e senxn0
tendono a limiti diversi. Infatti ponendo xn = 2πn, xn0 = 2πn + π2 ,
risulta senxn = 0 → 0 mentre senxn0 = 1 → 1.
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1 x 1 x
lim 1+ = e, lim 1+ =e
x→+∞ x x→−∞ x
Operazioni con i limiti di funzioni Il limite della somma, differenza,
prodotto , quoziente di due funzioni è rispettivamente uguale alla
somma, differenza, prodotto, quoziente (se il denominatore è
diverso da zero) dei due limiti, purchè non sia una delle forme
indeterminate ∞ − ∞, 0 · ∞, ∞ 0
∞, 0.
Calcoliamo
1 − cosx 1 − cos2 x
lim = lim
x→0 x2 x→0 x 2 (1 + cosx)
sen2 x
= lim =
x→0 x 2 (1 + cos x)
senx 2 1 1
= lim · lim =
x→0 x x→0 1 + cos x 2
Abbiamo calcolato
La funzione (
|x| 1 se x > 0
f (x) = =
x −1 se x < 0.
La funzione è continua per x 6= 0, ma non è continua se x = 0.
sen(x)
Figura: f˜(x) = x
lim f (x) = l
x→x0
f (x0 ) f (x0 )
f (x) > f (x0 ) − = >0
2 2
Teorema dell’esistenza degli zeri Sia f (x) una funzione continua in
un intervallo [a, b]. Se f (a) < 0 e f (b) > 0, (oppure f (a) > 0 e
f (b) < 0) allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f (x0 ) = 0 .
dim. posto M = sup{f (x) : x ∈ [a, b]}, verifichiamo che esiste una
successione xn di punti di [a, b] tale che
lim f (xn ) = M.
n→+∞
1
M− < f (xn ) 6 M
n
e perciò f (xn ) → M.
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Per il teorema di Bolzano Weierstrass esiste un’estratta xnk da xn
ed un punto x0 ∈ [a, b] tale che
xnk → x0 .
f (xnk ) → f (x0 )
lim f (x) = l.
x→x0−
loga (1 + x) 1
= loga ((1 + x)) x
x
e per la relazione (3) e per la continuità della funzione
logaritmo si ha
loga (1 + x) 1
lim = loga e =
x→0 x loge a
ax − 1 t
lim = lim = loge a.
x→0 x t→0 loga (1 + t)
Osservando che
ex
lim = +∞ (4)
x→+∞ x
log x 1 log t 1 y
lim p
= lim = lim y = 0
x→+∞ x p t→+∞ t p y →+∞ e
lim f (x) = 0.
x→x0
Allora
[f1 (x) + f2 (x)]/g (x) → 0
per x → x0 .
2 o(g (x)) · o(g (x)) = o(g 2 (x)). Difatti
f1 (x)f2 (x)
lim =0
x→x0 g 2 (x)
Si dice che f (x) e g (x) sono infinitesimi dello stesso ordine se
f (x)
lim =l
x→x0 g (x)
essendo l un numero diverso da 0. Se l = 1 si dice che f (x) e g (x)
sono due infinitesimi equivalenti.
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Si dice che f (x) è un infinitesimo di ordine inferiore a g (x) se
g (x)
lim =0
x→x0 f (x)
dim.
g1 (x)
f1 (x) + g1 (x) f1 (x) 1+ f1 (x)
= · g2 (x)
f2 (x) + g2 (x) f2 (x) 1+ f2 (x)
g (x)
lim =0
x→x0 f (x)
f (x)
lim =l
x→x0 g (x)
f (x)
lim =0
x→x0 g (x)
dim.
g1 (x)
f1 (x) + g1 (x) f1 (x) 1+ f1 (x)
= · g2 (x)
f2 (x) + g2 (x) f2 (x) 1+ f2 (x)
x 6 + x 4 (2 + senx) + log x
lim
x→+∞ 1 + 3x 3 + 6x 6
log x
(ricordiamo che lim = 0, (b > 0)). f1 (x) è un infinito di
x→+∞ x b
ordine superiore rispetto a g1 (x) = x 4 (2 + senx) + log x e
f2 (x) = 6x 6 è un infinito di ordine superiore rispetto a
g2 (x) = 1 + 3x 3 . In base al principio di sostituzione degli infiniti il
limite vale 16 .
Teresa Radice
f (x + h) − f (x) q−q 0
= = =0
h h h
e quindi anche il limite del rapporto incrementale vale 0.
f (x) = mx + q, con m e q costanti. Si ha
(x + h)2 − x 2 2xh + h2
lim = lim = 2x.
h→0 h h→0 h
|h| |h|
lim+ = 1, lim = −1.
h→0 h h→0− h
Confrontiamo la nozione di derivabilità e continuità. L’esempio
precedente mostra che una funzione continua può non essere
derivabile. Invece, ogni funzione derivabile in x è continua in x.
lim f (x + h) = f (x).
h→0
dim.
[f (x + h) − f (x)]
lim f (x + h) = f (x) + lim ·h =
h→0 h→0 h
f (x + h) − f (x)
= f (x) + lim · lim h =
h→0 h h→0
(f ± g )0 = f 0 ± g 0
(fg )0 = f 0 g + g 0 f
0
f f 0 g − fg 0
= , g 6= 0
g g2
1 1
Df −1 (y ) = = .
f 0 (x) f 0 (f −1 (y ))
√ 1 1 1
D y= 2
= = √ .
D(x ) 2x 2 y
Dx n+1 = D(x n · x) = Dx n · x + x n Dx =
= nx n−1 x + x n = (n + 1)x n
1
D loga x = x loga e, ∀x > 0. Difatti
loga (x + h) − loga x 1 x +h
lim = lim loga =
h→0 h h→0 h h
1
1
= loga e x = x loga e.
In particolare D log x = x1 , ∀x > 0.
cos h − 1 senh
= senx · lim + cos x lim
h→0 h h→0 h
= cos x.
cos h − 1 senh
= cos x · lim − senx lim
h→0 h h→0 h
= −senx.
−1 −1
=p =√
2
1 − cos (arccosx) 1 − x2
1 1
= = =
(sen2 y + cos2 y )/ cos2 y 1 + tg2 y
1 1
= = .
1 + tg2 (arctgx) 1 + x2
f (b) − f (a)
f 0 (x0 ) = .
b−a
Dim. Ci riconduciamo al teorema di Rolle con l’aiuto della funzione
g (x):
f (b) + f (a)
g (x) = f (x) − f (a) − (x − a) .
b−a
La g (x) è ottenuta sottraendo da f (x) l’espressione della retta
congiungente gli estremi del grafico. Se x = a,
g (a) = f (a) − f (a) = 0 e g (b) = f (b) − [f (a) + f (b) − f (a)] = 0.
Inoltre g (x) è continua in [a, b] in quanto somma di funzioni
continue ed è derivabile in (a, b) in quanto somma di funzioni
derivabili e la derivata vale:
f (b) − f (a)
g 0 (x) = f 0 (x) − , ∀x ∈ (a, b)
b−a
dato che f 0 (x0 ) > 0 (è la nostra ipotesi) e dato che x2 > x1 , risulta
f (x2 ) > f (x1 ) ma allora abbiamo dimostrato che la funzione è
crescente.
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Viceversa, se la funzione è crescente in [a, b], per ogni x ∈ (a, b) e
h > 0 tale che x + h ∈ (a, b) risulta f (x + h) > f (x) e quindi
f (x + h) − f (x)
>0
h
e inoltre se h < 0 si avrà che x + h < x e quindi f (x + h) 6 f (x)
ma allora il numeratore è una quantità non positiva, ma al
denominatore h è negativo e quindi il rapporto è comunque non
negativo. Quindi in entrambi i casi
f (x + h) − f (x)
>0
h
Passando al limite per h → 0 otteniamo che f 0 (x) > 0.
cioè
[f 0 (x2 ) − f 0 (x1 )](x2 − x1 ) > 0.
Essendo x2 > x1 si ottiene che f 0 (x2 ) > f 0 (x1 ).
Dim. che 2) ⇒ 1) fissati x, x0 ∈ [a, b] con x 6= x0 per il teorema di
Lagrange esiste x1 nell’intervallo di estremi x0 , x per cui
ex − 1
lim
x→0 sen2x
ex − 1 ex 1
lim = lim =
x→0 sen2x x→0 2 cos 2x 2
x2 − 1 2x
lim = lim =2
x→1 log x x→1 1/x
ex ex ex ex
lim = lim = lim = lim = +∞
x→+∞ x 3 x→+∞ 3x 2 x→+∞ 6x x→+∞ 6
1
log(1 + x 5 ) 1+x 5
5x 4 5x 2 x 3 + 2 5
lim = lim 1
= lim · =
x→+∞ log(2 + x 3 ) x→+∞ 3x 2 x→+∞ 1 + x 5 3 3
2+x 3
oppure
=0
log x 1/x 1
lim x log x = lim+ = lim+ = lim+ · (−x 2 ) = 0
x→0+ x→0 1/x x→0 −1/x 2 x→0 x
sen2 x
lim [log sen2 x − log(1 − cos x)] = lim log = log 2
x→0 x→0 1 − cos x
Difatti
sen2 x 2senx cos x
lim = lim =2
x→0 1 − cos x x→0 senx
di conseguenza:
lim (senx)tgx = e 0 = 1
x→ π2
Dunque
f (x)
m = lim , q = lim [f (x) − mx]
x→+∞ x x→+∞
e x − e −x e x + e −x
senhx = , cos hx =
2 2
senhx e x − e −x
tghx = = x
cos hx e + e −x
tali funzioni sono definite ∀x ∈ R. Si vede facilmente che
senh(−x) = −senhx, cos h(−x) = cos hx, tgh(−x) = −tghx
dunque il seno iperbolico e la tangente iperbolica sono funzioni
dispari, il coseno iperbolico è una funzione pari
e x − e −x
senhx = =y
2
nell’incognita x, che equivale a
e 2x − 2ye x − 1 = 0
log g (x)
logf (x) g (x) =
log f (x)
Teresa Radice
x2 x3 xn
ex = 1 + x + + + ... + + o(x n )
2 3! n!
x2 x3 xn
log(1 + x) = x − + + ... + (−1)n+1 + o(x n )
2 3 n
x3 x5 x 2n+1
senx = x − + + ... + (−1)n + o(x 2n+2 )
3! 5! (2n + 1)!
x2 x4 x 2n
cos x = 1 − − + ... + (−1)n + o(x 2n+1 )
2 4! (2n)!
f (n) (x0 )
f (x) = f (x0 ) + (x − x0 )n + Rn (x)
n!
e si ha che
f (x) − f (x0 )
lim =
x→x0 (x − x0 )n
" #
f (n) (x0 ) Rn (x) f (n) (x0 )
= lim + = >0
x→x0 n! (x − x0 )n n!
f (x) − f (x0 )
> 0, ∀x : 0 6= |x − x0 | < δ.
(x − x0 )n
f (n+1) (x1 )
Rn (x) = (x − x0 )n+1
(n + 1)!
Dim. Fissati x, x0 ∈ [a, b] con x 6= x0 definiamo g (t):
n
X f (k) (t) (x − t)n+1
g (t) = (x − t)k + Rn (x)
k! (x − x0 )n+1
k=0
(x − t)n
−(n + 1)Rn (x)
(x − x0 )n+1
f (n+1) (t) (x − t)n
= (x − t)n − (n + 1)Rn (x)
n! (x − x0 )n+1
sostituendo a t il valore t = x1 si ha g 0 (x1 ) = 0 e quindi la tesi.
|x − x0 |n+1
|Rn (x)| 6 Mn+1 · ∀x ∈ [a, b]
(n + 1)!
Ritornando al resto di Peano, gli o-piccolo godono delle seguenti
proprietà:
o(x n ) ± o(x n ) = o(x n )
a · o(x n ) = o(a · x n ) = o(x n ), ∀a ∈ R − {0}
x m · o(x n ) = o(x m+n )
o(x m ) · o(x n ) = o(x n+m )
o(o(x n )) = o(x n )
o(x n + o(x n )) = o(x n )
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Verificare che
x4
sen2 x = x 2 − + o(x 5 )
3
Utilizziamo la formula del senx:
2
x3 x6 x4
2
sen x = x − + o(x ) = x 2 +
4
+ [o(x 4 )]2 − +
6 36 3
x3
+2x · o(x 4 ) − o(x 4 )
3
Per x → 0 sono infinitesimi di ordine superiore a x 5 , cioè o(x 5 ) i
seguenti addendi:
x6 x3
, [o(x 4 )]2 , 2x · o(x 4 ), − · o(x 4 )
36 3
x4
perciò sen2 x = x 2 − 3 + o(x 5 )
x2 x4 1 x2
log(cos x) = − + + o(x 5 ) − (− + ...)2 + o(x 4 ) =
2 24 2 2
x2
1 1
=− + − x 4 + o(x 4 )
2 24 8
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Calcolare:
1 senx x
lim −
x→0 x 2 x senx
4
!
1 sen2 x − x 2 1 x 2 − x3 + o(x 5 ) − x 2
1
lim 2 = lim 2 2 3
=−
x→0 x xsenx x→0 x x + o(x ) 3
Teresa Radice
s(P) 6 S(P) ∀P
Si procede allo stesso modo nel caso più generale che la partizione
R contenga più di un punto rispetto a P. Analogamente si
dimostra che S(R) 6 S(Q). Si ottiene
A = {s(P)}, B = {S(P)}
lim |2x0 h + h2 | = +∞
x0 →+∞
n
ε X
< (xk − xk−1 ) = ε.
b−a
k=1
Teresa Radice
lim x(h) = x.
h→0
F (x + h) − F (x)
lim = lim f (x(h)) = f (x)
h→0 h h→0
1
= sen4 x + c
4
−D(cos x)
Z Z Z
senx
tg xdx = dx = dx
cos x cos x
= − log | cos x| + c
f (x) am x m + ... + a0
= m, n ∈ N
g (x) bn x n + ... + b0
f (x) r (x)
= q(x) +
g (x) g (x)
e quindi Z Z Z
f (x) r (x)
dx = q(x)dx + dx
g (x) g (x)
= xsenx + cos x + c
Z Z Z
1
log xdx = Dx log xdx = x log x − x · dx
x
= x log x − x + c
Z Z
e x senxdx = −e x cos x + e x cos xdx
Z
= −e x cos x + e x senx − e x senxdx
allora Z
2 cos2 xdx = (senx cos x + x) + c
t 4 − t 2 = (t 4 + 2t 2 + 1) − 3t 2 − 1 = (t 2 + 1)2 − 3(t 2 + 1) + 2
si ha
Z r
1−x
Z Z Z
1 1 1
x =4 dt −12 dt +8 dt
1+x 1 + t2 (1 + t 2 )2 (1 + t 2 )3
Z Z
1 t 1 1
dt = + dt
(1 + t 2 )2 2(t 2 + 1) 2 1 + t2
per cui l’integrale diviene:
Z r
1−x
Z
1 3t 2t
x dx = 2
dt − 2 + 2
1+x 1+t t + 1 (t + 1)2
3t 2t
= arctgt − + 2 +c
t2 + 1 (t + 1)2
q
1−x
Risostituire t = 1+x .
Occorre calcolare Z
1
dx
(x 2 + 1)2
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Z Z Z
1 1 x
dx = Dxdx = − xD(1+x 2 )−1 dx
(1 + x 2 ) (1 + x 2 ) (1 + x 2 )
x2
Z
x
= + 2 dx
(1 + x 2 ) (1 + x 2 )2
Z 2
x x +1−1
= 2
+2 dx
(1 + x ) (1 + x 2 )2
Z Z
x dx dx
= 2
+2 2
−2
(1 + x ) (1 + x ) (1 + x 2 )2
dunque
Z Z
dx dx x x
2 = + = arctgx +
(1 + x 2 )2 (1 + x 2 ) (1 + x 2 ) (1 + x 2 )
1 x 3
=− − − arctgx + c
x 2(x 2 + 1) 2
Quella che abbiamo applicato è una formula di riduzione cioè In è
calcolato dalla In−1 .
n n−1
dx
R =n√a t dt. √ √ √
f ( 1 ax + b, n2 ax + b, ... nk ax + b)dx. Si pone n ax + b = t
con n uguale
q al m.c.m di n1q , n2 , ..nk .
n ax+b ax+b
R
f (x, cx+d )dx. Si pone n cx+d = t.
R √ √
f (x, ax 2 + bx + c) = a(t − x).
√ q
ρ2 −x
f (x, −ax 2 + bx + c), a > 0, b 2 + 4ac > 0 si pone a x−ρ
R
1
=t
dove ρ1 < ρ2 sono le radici dell’equazione −ax 2 + bx + c = 0.
Teresa Radice
sn+1 = sn + an+1 ∀n ∈ N
risulta
|sm − sn | < ε
da cui la tesi.
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Serie a termini non negativi Una serie si dice a termini non negativi
se an > 0, ∀n ∈ N. Si dice a termini positivi se an > 0, ∀n ∈ N. La
successione sn è crescente.
Difatti dato che an+1 > 0
l
np an > ∀n > ν
2
ma allora an > 2nl p .
Questa volta detto bn = 2nl p possiamo applicare il criterio del
confronto. Dato che p 6 1 la serie di termine generale bn risulta
essere divergente cosi come la serie di termine generale an .
Esempio:
∞
X 5k + 1
k + k2 + 1
3
k=1
an < a1 x n−1
Allora si ha che:
∞
X
l <1⇒ ak < +∞
k=1
∞
X
l >1⇒ ak = +∞
k=1
Una serie
a1 + a2 + a3 + ... + an + ...
si dice assolutamente convergente se risulta convergente la serie
dei valori assoluti:
Ma allora
n+p
X
| ak | < ε
k=n+1
∀x : |x − x0 | < δ,
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Teorema Sia f (x) una funzione che ammette infinite derivate
nell’intervallo [x0 − δ, x0 + δ], con δ > 0. Supponiamo che
|f (n) (x)| 6 M,
∀x ∈ [x0 − δ, x0 + δ], ∀n ∈ N.
Allora f (x) è sviluppabile in serie di Taylor di centro x0 .
Per ogni x ∈ [x0 − δ, x0 + δ] sia sn (x) la ridotta n esima della serie
e con Rn (x) il resto della formula di Taylor. Dunque
f (x) = sn (x) + Rn (x)
In base alla formula del resto di Lagrange si ha, dato che
|x − x0 | 6 δ:
f n+1 (ξ)(x − x0 )n+1 |x − x0 |n+1 δ n+1
|Rn (x)| = | |6M 6 M.
(n + 1)! (n + 1)! (n + 1)!
L’ultimo membro tende a zero e quindi |Rn (x)| → 0 e
analogamente Rn (x) → 0. Di conseguenza
sn (x) = f (x) − Rn (x) → f (x).
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Il teorema precedente si applica alle funzioni senx e cos x in tutto
R e alla funzione esponenziale f (x) = e x con x ∈ [−δ, δ].
x3 x5 x 2n+1
senx = x − + + ... + (−1)n + ...
3! 5! (2n + 1)!
x2 x4 x 2n
cos x = 1 − + + ... + (−1)n + ...
2! 4! (2n)!
x2 xn
ex = 1 + x + + ... + + ...
2! n!