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Associazione culturale “Dictatum Discere” - Corso di Matematica - Anno 2017

Le Equazioni
Un'equazione in una variabile (incognita) x è una "tesi" del tipo

membro sinistro = membro destro, (1)


dove membro sinistro e membro destro sono espressioni nella variabile x. Qui x sta a indicare un elemento -
a priori arbitrario - di un insieme G (insieme di base), che deve essere indicato insieme all'equazione.
Quando l'insieme di base non è indicato esplicitamente, si assume che esso sia l'insieme R dei numeri reali.
Una soluzione dell'equazione (1) è un elemento x  G per il quale la "tesi" membro sinistro = membro
destro è un enunciato vero. L'insieme di tutte le soluzioni potrebbe essere indicato con L. Potrà contenere
uno o più (addirittura anche un numero infinito di) elementi oppure potrà essere l'insieme vuoto.
Per la variabile (incognita) si usa spesso la lettera x, ma si possono usare anche altre lettere.
Esempio: x + 2 = 5 sull'insieme G = R dei numeri reali.
Significato: Questa "tesi" diventa un enunciato vero soltanto quando x è un numero reale che sommato a 2
dà 5. C'è un unico numero x con questa proprietà, e cioè 3. E' la (unica) soluzione, quindi L = {3}.
Esempio: n + 1 = n sull'insieme G = N dei numeri naturali.
Significato: Questa "tesi" diventa un enunciato vero soltanto quando n è un numero naturale che sommato a
1 risulta uguale a se stesso. Ciò non si verifica per nessun numero naturale: la "tesi" non è mai vera. Quindi
l'equazione non ha soluzione e L = { } (insieme vuoto)
Esempio: r2 = 4 sull'insieme G = R.
Significato: Questa "tesi" diventa un enunciato vero soltanto quando r è un numero naturale il cui quadrato è
4. Ciò si verifica per il numero 2, ma anche per il numero -2. L'equazione ha due soluzioni, r = -2 e r = 2.
Quindi L = {-2, 2}.
Esempio: 2 (x + 1 ) = 2 x + 2 sull'insieme G = R.
Significato: Se togliamo le parentesi vediamo che questa "tesi" è sempre un enunciato vero, cioè si verifica
per qualsiasi x  G. L'insieme delle soluzioni coincide dunque con l'insieme di base L = G (in questo caso si
parla di identità, così come visto nelle espressioni). Quindi un'identità è un'equazione che è verificata quali
che siano i valori numerici attribuiti alle variabili .

Trasformazioni equivalenti
Alcune equazioni si risolvono facilmente. La tecnica risolutiva principale consiste nel trasformare
un'equazione in modo tale da mantenere immutata la "tesi" che essa rappresenta. Tale procedimento si
chiama trasformazione equivalente.
Una trasformazione equivalente consiste nel trasformare alla stessa maniera il membro sinistro e il
membro destro. Questa trasformazione inoltre deve essere reversibile: deve essere possibile ritornare
all'equazione originale con un'ulteriore trasformazione. In tal caso l'equazione originale e quella trasformata
contengono la medesima informazione (sono quindi "equivalenti") e l'insieme di soluzioni è il medesimo.
In pratica le trasformazioni equivalenti vengono adoperate per semplificare un'equazione senza modificare
l'insieme delle soluzioni. Nel caso di un'equazione lineare è sempre possibile ottenere dopo poche
trasformazioni un'equazione che fornisce esplicitamente la soluzione.
Le trasformazioni equivalenti principali sono:
 Sommare la stessa espressione a entrambi i membri di un'equazione. (Caso particolare: sommare o
sottrarre lo stesso numero a entrambi i membri)
 Moltiplicare entrambi i membri con la stessa espressione (che dovrà essere sempre diversa da zero)
(Caso particolare: moltiplicare o dividere entrambi i membri per un numero diverso da zero).
Tutte queste trasformazioni sono reversibili e non modificano l'informazione contenuta nell'equazione.
N.B.: Elevare al quadrato entrambi i membri di un'equazione non è una trasformazione equivalente!
Esempio: x = 2 è una equazione con soluzione L = {2}. Elevando al quadrato entrambi i membri si ottiene x2
= 4 per la quale, come si è visto prima, l'insieme delle soluzioni è L = {-2, 2}. Quindi x = 2 e x2 = 4 non sono
equazioni equivalenti.

Equazioni lineari
Un'equazione lineare (nella variabile x) è un'equazione del tipo

A x + B = C x + D, (2)

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A cura dell’Ing. Andrea Demontis - e-mail: andrea@dictatumdiscere.it - cell. 347.1371773
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dove A, B, C e D sono numeri dati (noti). Le equazioni lineari si chiamano anche equazioni di primo grado.
Per una questione di pratica, consideriamo sempre che l'insieme di base sia l'insieme R dei numeri reali.
Esempi di equazioni lineari:
3 x + 2 = x - 1 (A = 3, B = 2, C = 1 e D = -1)
x+3=x (A = 1, B = 3, C = 1 e D = 0)
x-1=0 (A = 1, B = -1, C = 0 e D = 0)

Situazioni tipiche
A volte possiamo trasformare equazioni apparentemente complicate in equazioni lineari.
Esempio: Equazione data: ( x + 1 )2 = x2 + 5
eseguendo le trasformazioni indicate a fianco:
x2 + 2 x + 1 = x2 + 5 (ho elevato a primo membro)
2 x + 1 = 5 (ho sottratto x2 ad entrambi i membri)
2 x = 4 (ho sottratto -1 ad entrambi i membri)
x = 2 (ho diviso entrambi i membri per2)
che ci da la soluzione.
I monomi x2 sono stati eliminati e l'equazione si è rivelata lineare.
L'equazione x = x + 1 dimostra che l'insieme delle soluzioni di un'equazione lineare può essere l'insieme
vuoto.
L'equazione 2 x + 1 = 2 x + 1 (che è verificata per qualsiasi numero) dimostra che un'equazione lineare può
avere un numero infinito di soluzioni .

Forma generale e normale di un'equazione lineare


Ciascuna equazione lineare può essere messa - tramite trasformazioni equivalenti - in forma
ax+b=0 (3)
dove a e b sono numeri fissi (noti).
Sull'insieme di base G = R abbiamo lo schema seguente:
Se a = 0 e b = 0, allora L = R (qualsiasi numero reale è una soluzione).
Se a = 0 e b 0, allora L = { } (non ammette soluzione).
Se a  0, allora L = {- b/a} (ammette l'unica soluzione x = - b/a).
Un'equazione lineare sull'insieme G = R può dunque
non ammettere soluzione, oppure
ammettere un'unica soluzione, oppure
essere risolta da qualsiasi numero reale.
Non esistono altre possibilità!
Da ciò si deduce che la soluzione di un'equazione lineare del tipo (3) dove a e b sono numeri interi (e a  0),
è sempre un numero razionale. Esempio: 6 x + 4 = 0 ha la soluzione x = - 4/6 = - 2/3.
Un'equazione di secondo grado (anche detta equazione quadratica) è un'equazione del tipo

a x2 + b x + c = 0 (4)
oppure un'equazione che può essere ridotta a questa forma. Qui a, b e c sono numeri fissi (noti)
(coefficienti dell'equazione), e inoltre a 0. (altrimenti con a = 0 avremmo un'equazione lineare).
Se vogliamo, poiché a 0, possiamo dividere entrambi i membri dell'equazione per a, da cui si vede che
un'equazione di secondo grado può sempre essere scritta in forma
x2 + b/a x + c/a = 0 (5)
che viene chiamata forma normale di un'equazione di secondo grado. I numeri b/a, e c/a sono i
coefficienti, a volte anche detti parametri. In un certo senso possiamo pensare che essi "enumerino" tutte
le equazioni di secondo grado, poiché per ogni scelta di valori concreti per questi parametri in (5) si ottiene
un'equazione di secondo grado. Come insieme di base G scegliamo l'insieme R dei numeri reali.

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Le equazioni di secondo grado più semplici sono:


x2 = 1 (ammette due soluzioni reali: 1)
x2 = 0 (ammette una soluzione reale: 0)
x2 = -1 (non ammette soluzioni reali)
Questi tre esempi caratterizzano ciò che può avvenire anche in casi più generali.

Formula risolutiva dell’equazione di secondo grado (completa)


2
Data la a x + b x + c = 0
Per le soluzioni di un'equazione di secondo grado messa in tale forma si usa la formula:
b  b 2  4ac
x1,2  (6)
2a
Formula da ricordare a memoria!
N.B.: la quantità sotto radice (b2-4ac), viene chiamata anche discriminante dell’equazione e si suole
indicare con la lettera  (delta), cioè si pone = b2-4ac
A seconda che = b2-4ac (il numero sotto radice) sia negativo, 0, oppure positivo, l'equazione non ammette
soluzioni reali, ne ammette una oppure due.
Se il discriminante (b2-4ac) 0, allora si ha un numero negativo sotto radice. Poiché (nell'ambito dei numeri
reali) non si può estrarre la radice da un numero negativo, l'equazione non ammette soluzioni reali, quindi
L = { }. (non si hanno soluzioni nel campo reale)
Se il discriminante (b2-4ac) = 0, allora si ha 0 sotto radice, e poiché 0  0 l'equazione ammette un'unica
soluzione (o, come si è soliti dire, ha due radici coincidenti) x1= x2= -b/2a. Quindi L = {-b/2a }. La
formula fornisce due numeri identici: x1 = x2 = -b/2a.
Se il discriminante (b2-4ac) 0, allora si ha un numero positivo sotto radice. In questo caso l'equazione
ammette due soluzioni reali x1 e x2, che sono quelle indicate dalla formula. Quindi L = {x1, x2} con
b  b 2  4ac
x1  (7)
2a

b  b 2  4ac
x2  (8)
2a
Un'equazione di secondo grado perciò può avere due, una oppure nessuna soluzione.
C’è anche una spiegazione geometrica di questo fatto:
Una funzione di secondo ordine viene rappresentata nel piano cartesiano tramite una parabola ed essa può
avere due, uno oppure nessuno zero, poiché una parabola - a seconda della sua posizione - può intersecare
l'asse delle x in due, uno oppure in nessun punto. Questo è il fondamento geometrico del fatto che
un'equazione di secondo grado può avere due, una oppure nessuna soluzione!
N.B.: la radice di un numero reale (non negativo ) per definizione è sempre 0. (ad esempio 4 ha solo un
valore, e cioè 2, mentre 4 sta a indicare  2, cioè i due valori - 2 e 2).

Formula ridotta dell’equazione di secondo grado (completa)


Qualche volta la formula risolutiva dell’equazione di secondo grado (completa) può ridursi ad una
espressione più semplice. Ciò accade quando il coefficiente del termine di primo grado risulta essere
un numero pari: sia cioè b=2essendo  la metà di b; l’equazione da risolvere sia cioè del tipo
a x2 + 2 x + c = 0
Applicando la formula risolutiva generale (6) e semplificando (saltiamo i passaggi) otteniamo

    2  ac
x1,2  (9)
a
e ricordando che abbiamo posto b=2 e quindi che =b/2, se preferiamo, possiamo mettere nella forma
2
b b
     ac
2 2
x1,2  (10)
a
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Esempio di equazione di secondo grado risolvibile con la formula ridotta:


Equazione data: 3x2 - 8 x + 5 = 0 (cioè a=3,b = - 8 e c = 5)
Nella quale il coefficiente di x è pari, possiamo perciò applicare la formula ridotta ottenendo:

4  16  15 4  1
x1,2  
3 3
Da cui x1=5/3, x2=1
Se invece avessimo applicato direttamente la formula generale (che ribadiamo vale sempre, a differenza
della formula ridotta) avremo ottenuto
8  64  60 8  2 4  1
x1,2    (come volevasi dimostrare)
6 6 3
Esempi vari
2
Equazione data: x - 5 x + 6 = 0 (cioè a=1,b = - 5 e c = 6)
La formula generale ci dà:
5  25  24 5  1
x1,2  
2 2
Poiché sotto radice abbiamo un numero positivo (1), l'equazione ammette due soluzioni reali x1 =3 e x2 =2
Esempio 2:
Equazione data: x2 - 2 = 0 (cioè a=1, b = 0 e c = - 2)
Possiamo scriverla come x2 = 2 e ricavare immediatamente le due soluzioni x1,2= 2 .
Come vediamo, qui non serve la formula generale, comunque se essa venisse applicata ci darebbe

0  0  8  23 2 2
x1,2     2 (coincidente con le precedenti)
2 2 2
Quindi L = {- 2 , 2 }.

Problema: Si deve trovare un'equazione di secondo grado che abbia come soluzioni i numeri 1 e 2
Soluzione: L'equazione è
( x - 1) ( x - 2 ) = 0 . (11)
Si vede subito che l'equazione è verificata per x = 1 (perché il primo fattore in tal caso è zero) e per x = 2
(perché il secondo fattore in tal caso è zero).
Se togliamo le parentesi e svolgiamo i calcoli otteniamo:
( x - 1 ) ( x - 2 ) = x2 - 3 x + 2. (12)
questa non è un'equazione, ma un' identità. Si tratta quindi di due maniere di esprimere la stessa cosa,
ossia possiamo scrivere la (11) in forma
x2 - 3 x + 2 = 0 (13)
Ripetiamo il ragionamento senza fissare dei valori per le soluzioni, che chiamiamo semplicemente x1 e x2.
L'equazione di secondo grado che possiede x1 e x2 come soluzioni è
( x - x1 ) ( x - x2 ) = 0 . (14)
Togliendo le parentesi a sinistra si ha
( x - x1 ) ( x - x2 ) = x2 - ( x1 + x2 ) x + x1 x2 , (15)
che è un'identità: ossia due modi di esprimere la stessa cosa.
E’ quindi possibile scrivere la (14) in forma
x2 - ( x1 + x2 ) x + x1 x2 = 0 (16)
dove sappiamo che le soluzioni sono x1 e x2. Ma questa equazione non è altro che la forma normale che
abbiamo visto in (5). Infatti è del tipo x2 + b/a x + c/a = 0 con
b/a = - (x1 + x2 ) (17)

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c/a = x1 x2 . (18)
Ma allora possiamo scegliere le soluzioni che vogliamo ottenere e calcolare l'equazione corrispondente
tramite queste formule!
Questo enunciato (chiamato anche trinomio “notevole” o “speciale” o “caratteristico” o “particolare”
facente parte delle formule scoperte da François Viète), in genere viene riportato nella seguente maniera:
x1 + x2 = - b/a (19)

x1 x2 = c/a (20)
2
In altre parole: se l'equazione di secondo grado x + b/a x + c/a = 0 possiede due soluzioni reali x1 e x2,
allora la loro somma è - b/a, e il loro prodotto è c/a. Il teorema vale anche quando si ha un'unica soluzione
e si pone x1 = x2
Se preferiamo, onde memorizzare tale formula più facilmente, nelle precedenti possiamo porre che
x1 + x2 = - b/a = s (somma)
x1 x2 = c/a = p (prodotto)
e così la (16) diventerà x 2 -s x + p = 0
Esempio: consideriamo l'equazione x2 - 5 x + 6 = 0 che (vista sopra) possiede le soluzioni 2 e 3. La somma
delle soluzioni 5 e il loro prodotto è 6, come si voleva dimostrare
Alla base del teorema di Vieta sta il fatto che qualsiasi espressione del tipo x2 + b/a x + c/a che diventi zero
per almeno un numero reale x può essere scritta come prodotto di fattori lineari (cioè di espressioni di
forma a x + b, anche dette polinomi di primo grado, mentre un'espressione generale del tipo ax2 + b x + c
(o se lo preferiamo nella forma normale x2 + b/a x + c/a), si chiama polinomio di secondo grado).
Problema 1° tipo: scrivere l'espressione x2 - 5 x + 6 come prodotto di fattori lineari.
Come abbiamo visto, l'equazione di secondo grado corrispondente possiede le soluzioni 2 e 3. Si ha quindi
l'identità x2 - 5 x + 6 = ( x - 2 ) ( x - 3 ), che può essere verificata togliendo le parentesi.
Lo studio delle equazioni ci fornisce un metodo per scomporre alcune espressioni quadratiche in espressioni
più elementari. I due fattori lineari hanno un ruolo simile a quello dei fattori primi per i numeri naturali.

Problema 2° tipo: trovare due numeri conoscendone la somma s e il prodotto p.


Sfruttando le relazioni precedenti ci basterà risolvere l’equazione di secondo grado
x 2 -s x + p = 0
Infatti le due soluzioni di questa equazione sono proprio due numeri che sommati tra loro danno s e
moltiplicati danno p e perciò sono proprio i numeri richiesti.

Altre equazioni
Ci sono molte altre equazioni oltre a quelle lineari o di secondo grado:
Equazioni di terzo grado come:
4 x3 - 2 x2 + 5 x - 7 = 0 (23)
Equazioni fratte come:
x  3 x 1
 (24)
x6 x
Equazioni irrazionali come:

x 1  x2  5 (25)

…e molte altre ancora.


Tutte queste equazioni in linea di massima possono essere trattate con metodi simili a quelli visti sinora (non
sempre con successo, perché spesso le soluzioni - pur esistendo - non possono essere determinate con
strumenti elementari).
A volte però ci si trova di fronte a un problema ancora da affrontare:.

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Insieme di definizione (o campo di esistenza)


Può accadere che un'equazione non abbia senso per tutti gli elementi dell'insieme di base G. Ad esempio
se nell'equazione fratta (24) prendiamo R come insieme di base, abbiamo un problema quando x = - 6
oppure quando x = 0. In entrambi i casi si tratterebbe di dividere per 0, un'operazione che non è definita!
Per questi due valori di x non possiamo quindi nemmeno chiedere se la "tesi" rappresentata dall'equazione è
vera o falsa, perché questa tesi non ha senso.
In questi casi perciò si escludono i valori problematici di G ottenendo un insieme (più piccolo) D che si
chiama insieme di definizione (o esistenza). Solo gli elementi di questo insieme possono essere presi in
considerazione come soluzioni (l'idea alla base dell'insieme di definizione è di eliminare i valori di x che in
realtà non dovrebbero nemmeno essere contenuti nell'insieme di base G. A volte però è difficile determinarli.
Questo è il motivo della distinzione tra G e D. Il nome insieme di definizione deriva dal fatto che esso
contiene solo quegli elementi dell'insieme di base per i quali entrambi i membri dell'equazione sono definiti.
Ribadiamo ancora che la divisione per zero non è definita!
Come avevamo visto precedentemente:
A differenza della sottrazione, si deve fare una restrizione importante per la divisione: non è permesso
dividere per zero. Infatti la domanda fondamentale su cui si basa la divisione è: 0 × quanto = 2? Ma
moltiplicare un numero per 0 da sempre 0, e quindi mai 2! Interpretando quindi la divisione come "l'inverso"
della moltiplicazione verifichiamo che la divisione per 0 non è definita.
Nel caso dell'equazione fratta (24) con G = R si ha D = R \ {- 6, 0},(ossia l’insieme di Definizione è pari alla
differenza tra R e i valori “-6” e “0”) ovvero, D = {x  R  x  - 6 e x  0} },(ossia l’insieme di Definizione è
costituito da tutti gli elementi x appartenenti ad R tali che (per i quali vale che) siano esclusi i valori “-6” e
“0”). In generale per un'equazione fratta, i valori da escludere sono quelli per cui almeno un denominatore
diventa zero (ciò naturalmente ci conduce a considerare una o più nuove equazioni del tipo denominatore =
0).
Un problema simile si pone per l'equazione irrazionale (25). Le due espressioni sotto radice devono essere 
0 perché l'equazione abbia un senso. Se prendiamo G = R l'insieme di definizione è D = {x R  x + 1  0 e
x2 - 5 0}.
N.B. x + 1  0 e x2 - 5 0 devono essere verificate contemporaneamente, e quindi per trovare
l’insieme di definizione D dovremo risolvere il sistema che le contiene entrambe ossia dovremo
verificare che i valori di x soddisfino il sistema seguente:
 x  1  0
 2
 x  5  0

Metodi risolutivi
La (23), essendo un’equazione di terzo grado, come vedremo più avanti si può risolvere graficamente
oppure se riusciamo a trovare almeno una soluzione (in questo caso per esempio si ha che una delle radici
è x =1) abbassandola di grado tramite la regola di Ruffini e quindi riconducendola ad un’equazione di
secondo grado; oppure ancora, con metodi matematici abbastanza complessi che però esulano dal nostro
corso.
Nel caso di un' equazione fratta come la (24)
x  3 x 1

x6 x
possiamo eseguire delle trasformazioni equivalenti. Possiamo moltiplicare entrambi i membri con x ( x + 6 ),
cioè con il prodotto di tutti i denominatori, perché supponiamo che x appartenga all'insieme di definizione, e
in questo caso sappiamo che x  0 e x + 6  0 (infatti questo è proprio lo scopo dell'insieme di definizione).
Ricordiamo che D = {x  R  x - 6 e x 0}. Otterremo quindi l'equazione x (x + 3 ) = ( x + 6 ) ( x - 1), che
togliendo le parentesi diventa x2 + 3 x = x 2 + 5 x - 6.
La possiamo risolvere eseguendo ulteriori trasformazioni equivalenti:
x2 + 3 x = x 2 + 5 x – 6 (da cui sottraendo ad entrambi i membri x2)
3x=5x-6 (da cui sottraendo ad entrambi i membri 5 x)
-2 x = - 6 (ed infine dividendo entrambi i termini per -2)
Si ottiene x = 3
Visto che 3  D, abbiamo trovato la (unica) soluzione L = {3}.

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Nel caso di un' equazione irrazionale come la (25):

x 1  x2  5
non ci resta altro da fare che eseguire una trasformazione che non è una trasformazione equivalente. Il
rischio è di ottenere soluzioni apparenti che in realtà non sono soluzioni. Se eleviamo al quadrato
entrambi i membri della (25) (e ciò non è una trasformazione equivalente, come avevamo visto in
precedenza) l'equazione si trasforma in x + 1 = x2 - 5.
Quest'ultima è un'equazione di secondo grado che possiamo scrivere in forma x2 - x - 6 = 0 e dalla quale
ricaviamo grazie alla formula risolutiva le soluzioni x1,2 = 1/2  5/2, quindi x1 = - 2 e x2 = 3.
Ma: questi due numeri non sono necessariamente soluzioni dell'equazione originaria, perché abbiamo
eseguito un'operazione "illecita" e così facendo possiamo aver perso informazione. Infatti un piccolo calcolo
ci mostra subito che il numero -2 non appartiene nemmeno all'insieme di definizione, perché né x + 1  0 né
x2 - 5  0 sono verificate per x = -2, e quindi se poniamo x = -2 nell'equazione data otteniamo un enunciato
privo di senso in cui compaiono radici di numeri negativi.
Invece il numero 3 appartiene a D ( per x = 3 vale infatti sia x + 1  0 sia x2 - 5  0) e inserito nell'equazione
(25) ci fornisce l'enunciato 4  4 , ovvero 2 = 2. Il numero 3 è quindi l'unica soluzione dell'equazione.
Abbiamo dunque L = {3} nonostante il fatto che durante i nostri i calcoli fossero apparse due "soluzioni".
Quindi non appena eseguiamo operazioni che, pur trattando alla stessa maniera entrambi i membri di
un'equazione, non sono reversibili (e perciò non sono trasformazioni equivalenti), dobbiamo considerare le
"soluzioni" che troviamo solo come possibili candidati e quindi a questo punto si procede o per esclusione,
inserendo i vari candidati nell'equazione e controllando se gli enunciati così ottenuti hanno un senso e, in
caso positivo, se sono veri o falsi, oppure da un attento studio dell’Insieme di definizione escludiamo
direttamente a priori le “soluzioni” che non fanno parte di tale insieme.

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