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FONDAMENTI DI RESTAURO

Prof. Luigi Veronese


Lezione Introduttiva
26/09

La chiave del restauro è la conoscenza della preesistenza.


Conservare l’istanza storica e culturale dell’edificio
 istanza storica
 istanza estetica
 funzione storica svolta nell’edificio
 istanza psicologica (campanile di San Marco, Venezia ricostruito nel 1902, in seguito ad un
crollo, esattamente come e dove era.)

Esempi:
- The Venetia Resort Hotel Casino, Las Vegas. USA

Qual è l’oggetto della nostra tutela?


I Monumenti?
Nel ‘700 alla parola latina monumenta, si faceva riferimento ai libri.
Oggi non possiamo dire quanti sono i monumenti d’Italia. Nel 1860 i monumenti erano 30.
Oggi la parola monumento nel campo del restauro non esiste più, poichè in seguito ad
un’evoluzione storica, il concetto di tutela si è sempre più allargato, fino ad includere città, centri
storici, borghi ecc. pensiamo a Civita di Bagnoregio (Viterbo) nucleo storico, testimonianza di
un pittoresco che oggi non viene creato più.

Altri esempi:
- Castellammare di Stabia, scoglio di Rovigliano.

Il restauro si è allargato anche al concetto di paesaggio, poiché si è capito che il paesaggio è un


tutt’uno che in qualche modo può essere rapportato ad un edificio e ai suoi valori.

Altri esempi:

- Costiera sorrentino-amalfitana, Conca dei Marini, convento di Santa Rosa 


terrazzamenti= valore storico.
- Crapolla (Massa Lubrense) costruzioni incassate nella pietra, con volte costruite con il
cosiddetto “battuto di lapillo”, che creano un particolare rivestimento impermeabile ed
ecosostenibile (fa passare il calore) elementi e valori che non bisogna ignorare.
- Masseria Fra’ Vecchina, Pozzuoli, ritrovata nel 2004  la masseria ha un’istanza storica,
ma anche estetica.
- Rione Terra, Pozzuoli esempio di palinsesto (architettura fortemente edificata).

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Trattamento delle superfici, ma al tempo stesso attenzione all’aspetto che avrà l’edificio
restaurato.
Utilizzare un edificio storico è il primo modo per conservarlo, scegliendo una destinazione d’uso,
compatibile con quella originaria, affinché non danneggi l’edificio, tenendo conto delle normative
attuali.

Come comportarsi nel caso di un centro storico completamente distrutto? Fare un falso storico?
Esempi:
- Gibellina, Cretto di Burri = ricreare le fratture della distruzione del paese, che pertanto è
stata ricostruita da tutt’altra parte, divenendo una città sperimentale che ha visto gran
parte degli architetti degli anni ’70.
- Einsteinturm (rivestimento in cemento armato)
- Mostra D’oltre Mare; Arena Flegrea ricostruzione del 1998, sulla base di quella del 1940.
- Teatro La Fenice di Venezia, distrutto nel 96 da un incendio. L’esito del restauro è stato una
ricostruzione identica a quello del ‘700.

La metodologia del restauro è sempre la stessa per i diversi materiali, cambiano le tecniche.
La fase principale del restauro è la conoscenza.
Un edificio, bene culturale, non deve essere distrutto, in quanto bene dell’umanità.

Lezione 1
27\09

Gli attuali orientamenti del Restauro


Come si fa il restauro oggi?

Tutto ciò che avviene oggi è l’esito di un percorso lineare che negli anni si è sempre più
specializzato fino ad oggi. Intendiamo come oggi è considerato fare il restauro.
Il restauro è una disciplina giovane, che nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio del ‘800, prima
di quel momento parliamo di atteggiamento verso le preesistenze. Il restauro nasce quindi
dopo la rivoluzione francese, con una consapevolezza diversa.

Quando parliamo di restauro, parliamo di intervento su una preesistenza che è


considerata bene culturale, una preesistenza che non ha un bene culturale viene
ristrutturato.

Brandi (capostipite del restauro critico) ci spiega il significato di restauro su un oggetto che
ha un’istanza storica ed estatica rispetto al ripristino che viene fatto su oggetti senza
nessuna valenza culturale.

Il recupero, la conservazione (è il fine del restauro), il riuso (scelta di un’assegnazione di


una nuova destinazione d’uso), consistono in alcune fasi del processo di restauro di un
edificio considerato un bene culturale. All’interno del progetto di restauro che inizia con la
conoscenza, l’analisi e il consolidamento, il riuso è il momento successivo di scelta della
destinazione d’uso. La conservazione è l’obbiettivo finale del restauro. Restauro un bene

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culturale per garantire la sua conservazione. Quest’ultima posso garantirla assegnando
una destinazione d’uso.

Il restauro parte dalla conoscenza, segue poi l’analisi e il consolidamento.


Il termine “restiling” all’interno della disciplina del restauro non è assolutamente utilizzata.

La storia del restauro fino ad oggi ha avuto le sue influenze, nel 800 c’è stato chi
intendeva il restauro come un rifacimento completo dell’edificio in stile, dall’altra parte
c’era chi diceva invece che un edificio distrutto doveva rimanere tale, ovvero non
bisognava ricostruirne una copia.
Le posizioni contrastanti 800esche hanno influenzato oggi il restauro.
Quando parliamo di evoluzione del restauro ci riferiamo sempre all’Italia, in quanto patria
del restauro. Tale disciplina è nata tra la Francia e l’Inghilterra, pertanto i più grandi
maestri si sono mossi principalmente nell’ambito italiano.
Gli attuali orientamenti del restauro si riferiscono esclusivamente all’Italia, in Italia ha sede
l’ICR, ossia l’istituzione più importante.

I tre modi di approcciarsi al restauro sono:


- Restauro critico
- Pura conservazione
- Manutenzione e ripristino

Questi tre orientamenti fanno capo a scuole italiane diverse, tali criteri partono da
università. La pura conservazione è nata al Politecnico di Milano per volere di Marco Dezzi
Bardeschi.
La manutenzione e ripristino nasce nell’Università di Roma Tre e fa capo a Paolo Marconi.
Il Restauro critico, ossia quello attuale, ha come suoi centri propulsori, Roma La Sapienza
(Giovanna Carbonara), e Università Federico II di Napoli (Stella Casiello).

In che consistono queste differenze?

RESTAURO CRITICO

F.L. Wright, progetto per il Memorial Masieri a Venezia

 Casa per lo studente sul Canal Grande in memoria dello studente Masieri della facoltà
di architettura di Venezia, morto in guerra.
Tuttavia, il progetto di Wright fece scandalo, in quanto troppo contemporaneo, e non fu
realizzato. Ed a oggi vi è una casetta anonima realizzata in stile.

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Quel lotto vuoto in restauro è definito “lacuna”, ovvero mancanza.

Come si trattano le lacune nel restauro?

I tre tipi di restauro intervengono in maniera differente.

 Il restauro critico interviene con un’aggiunta, ricostruendo l’unità potenziale del quadro
originario. Guardano l’immagine da lontano è possibile riconoscere l’immagine nella
totalità, ma dal vicino è possibile riconoscere la DISTINGUIBILITÁ dell’aggiunta
contemporanea.
Esempio:
- Vergine col Bambino a Tuscania, reintegrazione delle lacune con rigatino (tecnica
di restauro)

- San Pietro ad Alba Fucens, ipotesi di evoluzione della fabbrica. La chiesa fu


completamente distrutta, furono trovati a terra alcuni pezzi, che furono utilizzati per
la ricostruzione della chiesa, in cui fu realizzata una struttura su cui poggiare tutti gli
elementi decorativi della chiesa, andando a ristabilire l’unità potenziale della chiesa,
evidenziando la distinguibilità dell’aggiunta contemporanea.

Oggi si parla anche di autenticità strutturale.


Il restauro critico parte dalla filosofia di Cesare Brandi, che era uno storico d’arte, di fatto
la sua teoria abbraccia tutti i tipi di oggetti d’arte.
- Museo del castello di Baia, statua equestre di Domiziano-Nerva, ricostruzione delle
parti mancanti in legno, lasciando a vista in maniera evidente le parti originali in
metallo.  restauro critico

Nel restauro critico, la creatività dell’architetto contemporaneo ha una valenza in più


rispetto agli altri due orientamenti.

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- Piazza Armerina, villa del Casale. Nel agli 70 l’architetto Franco Minissi, sfruttando
le proprietà intrinseche del plexiglass e dell’acciaio, realizza una copertura che
riproduce l’idea originaria della villa. Si è trattato di un atto creativo per risolvere un
problema di lettura su un edificio storico.
I percorsi interni alla villa, non poggiano per terra, bensì pendono dall’alto a partire
dalla struttura nuova. Il progetto tuttavia ha avuto problemi di microclima, divenendo
una vera e propria serra. Per questo motivo fu rimosso il tutto e realizzata una
nuova struttura.

Oggi nessun tipo di struttura nuova può poggiare sulla struttura archeologica.
La pecca fu che si stava operando negli anni ’70. La struttura nuova pende dall’altro dove
viene poggiata una passerella. Questa struttura ha creato dei problemi perché essendo in
plexiglass era diventato un’enorme serra.
Sgarbi decise di rimuovere il tutto sostituendolo con una struttura piena (pannelli) che non
rispetta la rovina. L’intervento oggi di Minissi non è più visibile.

- Casa di Filippo Neri, Bologna. Arch. Pierluigi Cervellati, l’edificio fu distrutto durante la
guerra, venne perciò restauro in parte. Il problema era come completare la
copertura. Pierluigi Cervellati risolve il problema realizzando una copertura a volta
che continua il preesistente riproducendo il suo aspetto attraverso un disegno.
L’atto di oggi del restauro è fatto con un linguaggio contemporaneo, non c’è la
volontà di completare il restauro in stile.

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Planetario di Roma, definito “Aula ottagonale”, era in origine una stanza delle terme
di Diocleziano, fu poi trasformato in un planetario.  intervento di restauro e di
progettazione museale. G.Bulian  Il complesso viene utilizzato per diversi usi, in
particolare quest’aula diventa il planetario di Roma. L’intervento viene fatto negli anni ‘30.
Si applica la volta celeste e li si andava ad insegnare. Ad un certo punto si decide di
destinare anche quest’aula al complesso di Diocleziano. La domanda che sorgeva era:
vogliamo perdere la memoria del planetario? Vengono smontate le strutture che lo
costituivano lasciando la rete del planetario. La struttura moderna del planetario con
colonne di ghisa bucate viene riutilizzata per far passare gli impianti. C’è un riciclo naturale
all’interno delle stesse colonne. Oggi se entriamo in quest’aula vediamo l’edificio romano e
l’aspetto del planetario è stato sfruttato per adattarlo alle esigenze contemporanee.
Viene ridisegnato il pavimento sotto il quale c’è un sotterraneo e attraverso un oculo
centrale si fa in modo che fruisca la luce.

- Basilica paleocristiana di san Pietro ad Ortigia_Siracusa, Arch. Emanuele Fidone,


ricostruzione della volta a botte. La volta non poggia sulle superfici storiche ma si
stacca con una finezza dell’edificio esistenze.

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- Berlino, Neues Museum, David Chipperfield, si rapporta all’italiana per questo
restauro, in cui riprende la scansione e il ritmo delle finestre, così come l’altezza,
tuttavia le finestre stesse sono diverse in quanto declinate con un linguaggio
contemporaneo, che si accosta a quello storico, mediante il cosiddetto
“sottosquadro”, cioè le due superfici non si toccano in maniera complanare, la
superficie nuova è leggermente arretrata rispetto a quella storica.
Dove il vecchio e il nuovo si incontrano con un così detto “sottosquadro” l’architettura nuova
la distingue con granulosità come se avesse il rigatino brandiano e la mette sottosquadro, il
nuovo è leggermente arretrato rispetto al vecchio. Recupera e pulisce delle stanze che sono
un valore da sottolineare.

- Santa Maria di Gesù a Modica, sempre di Fidone usa un criterio molto simile al precedente.
All’esterno rifà le coperture perché la chiesa era scoperta.

3/10
Lezione 2

Le attuali correnti del restauro che si operano in Italia sono 3:

1. Restauro critico il restauro critico prevede un atto creativo ed interpretativo


da parte del restauratore. Ci permette di valutare le aggiunte su un’architettura,
sempre nel rispetto di tutte le trasformazioni. Il restauratore critico necessita di
conoscenze storiche-culturali. (il restauro critico nasce dalle teorie di brando e
pane, ed è stato il primo)

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2. Pura conservazione

3. Manutenzione e ripristino

PURA CONSERVAZIONE

La pura conservazione è un orientamento che nasce presso il politecnico di Milano, i due


teorici sono Marco Dezzi Bardeschi
L’edificio simbolo del restauro della pura conservazione è il Palazzo della Ragione a
Milano.
La pura conservazione parte dalla considerazione che l’edificio è un documento di storia e
di arte.
Chi siamo noi per idre che un elemento non ha valore storico artistico?  questo dice la
pura conservazione.
Ad esempio, un bagno fuori al balcone in quanto prodotto dell’uomo in un determinato
momento storico è una testimonianza storica.  Tutto è un documento da conservare

Il PALAZZO DELLA RAGIONE (M. Dezzi Bardeshi) nasce nel 1300


a Milano, era il parlamento cittadino.
Presentava delle grandi mancanze dell’intonacatura settecentesca delle finestre circolari
del secondo livello.
Inseguito al restauro, l’edificio appariva con le lacune precedenti.
Furono di fatto restaurati gli intonaci storici, per cui è stata restaurata la lacuna, sono stati
cementati i bordi affinché l’intonaco settecentesco rimanesse incollato.
Se si fosse tolto l’intonaco si sarebbe creata una nuova immagine dell’edificio storico.
Come lo rendo fruibile all’uomo del 2018? Come faccio il progetto di adeguamento alla
funzione contemporanea? Lo faccio con un linguaggio del tutto contemporaneo.
Per cui ad esempio nel caso del pavimento, fu fatto un pavimento dal tratto assolutamente
contemporaneo da un’artista siciliana.
Nel caso della scala antincendio, che fu fatta a norma, essa rappresenta un evidente tratto
contemporaneo nell’ambito del progetto.

Altro intervento: Piacenza, Palazzo Gotico (M. Dezzi Bardeshi)


è evidente l’intervento contemporaneo nell’ambito di un edificio storico.

Duomo di Pozzuoli, Rione Terra (M. Dezzi Bardeshi)


Bisognava ripristinare la funzione sacra.  il progetto si chiama= “Elogio del palinsesto”

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Furono trovati resti di un templio greco.
Lo stato attuale sfruttando le mancanze che avevano riportato alla luce il tempio
classico, si è riusciti a restituire l’aula della chiesa attraverso pannelli vetrati che chiudono
lo spazio ma che lasciano a vista le colonne del tempio classico, conservando inoltre tutte
le strutture della chiesa secentesca.
Conservazione dell’apparato classico e dall’apparato esistente.

Perché le prime due correnti si differenziano?


La pura conservazione guarda all’istanza storica dell’edificio.
Il restauro critico guarda sia all’istanza storica, sia a quella estetica, cioè se vi sono degli
elementi che possono essere sacrificati in nome di unità potenziali.

MANUTENZIONE E RIPRISTINO

La manutenzione e il ripristino parte dal presupposto che l’architettura può avere


un’esecuzione differita, cioè si fanno differenziare la fase del progetto dalla fase di
esecuzione. Ad esempio, se si fa un progetto, ma lo si realizza dopo diversi anni, la
manutenzione e rispristino dice che è la stessa cosa, secondo il restauro critico invece non
lo è.
Secondo la manutenzione e ripristino l’architettura ha un’esecuzione differita, le cui
condizioni sono limitate alle parti che servono a proteggere l’edificio. Ad esempio,
l’intonaco che protegge il mattone sottostante, secondo questo orientamento, può essere
lo stesso di quello originale. Per questo motivo i restauratori di questo orientamento
vengono talvolta definiti “ripristinatori”.

Questo tipo di orientamento fa capo a Paolo Marconi.


L’edificio simbolo è il Castello di Alcamo.

Alcamo (TP) Castello dei Conti di Modica (XIV sec.)


Il castello prima dell’ultimo restauro, si presentava con edifici addossati.
Fu poi completamente isolato, furono rintegrati tutti i merli, sulla base di quelli esistenti,
utilizzando le stesse pietre. Furono rifatte le cortine, le finestre a croce secondo la maniera
rinascimentale.
Oggi il castello si presenta nella sua immagine originaria, è stato completamente rifatto
alla maniera antica.

Cos’è che distingue questo orientamento rispetto agli altri?


È il criterio con cui si fa il progetto dal nuovo, ovvero è tutto un unico atto.

Cos’è che viene a mancare?

Il criterio fondamentale della distinguibilità. (criterio fondamentale nel restauro)

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Stiamo parlando comunque di restauro contemporaneo, la cui metodologia è sempre la
stessa, ciò significa che nei tre tipi di restauro le fasi, come quella di conoscenza ed
indagine, sono comuni a tutti e tre.
Si utilizzano materiali distinguibili e compatibili.

Questi tre orientamenti si compenetrano e si influenzano. Non tutti oggi fanno i restauri
seguendo le regole di correttezza.
Esempio:  Roma, Via del Corso  sull’edificio storico c’è l’intonacatura a calce o
cemento contemporanea.

Chi ci controlla?
Il ministero dei beni culturali.

Su cosa dobbiamo puntare oggi per fare un restauro coretto?

Dobbiamo rapportarci e seguire 5 criteri:

1. Criterio della Compatibilità

2. Criterio della Distiguibilità

3. Criterio del minimo intervento: in quanto le tecniche per consolidare un edificio


sono tante, e necessario scegliere la tecnica meno invasiva per l’edificio, quella che
possa recare il minor danno.

4. Criterio della reversibilità è importante che gli interventi di restauro possa


essere removibile in qualsiasi momento. Ciò è possibile utilizzando materiali
removibili, anche se comunque i segni rimarranno sempre.

5. Allargamento della tutela  l’atteggiamento del restauratore è rispettoso nei


confronti di qualsiasi testimonianza materiale avente valore di civiltà (= concetto di
bene culturale) ovvero testimonia la presenza, l’attività e l’intervento dell’uomo.

Lezione 4
4/10

Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

Chi è che ci assicura che un restauro possa essere fatto bene o male?

Restaurare un edificio è una responsabilità nei confronti della collettività.


Per cui chi controlla ci deve far prima capire che cos’è un bene culturale, e dunque quali
sono gli edifici che devono essere controllati e restaurati.
Abbiamo parlato di bene culturale, patrimonio culturale, di monumento.
Se su un edificio riavvisiamo dei valori storico artistici si aprono due strade:
- L’edificio è riconosciuto dalla legge come bene culturale. In questo caso abbiamo
un obbligo legale.
- Se l’edificio non è riconosciuto un bene culturale, ma personalmente lo si ritiene
tale, allora la responsabilità è legata alla propria coscienza. Esistono a tal proposito

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delle associazioni come Italia Nostra, il FAI che tutelano oggetti che non sono
riconosciuti dalla legge.

Quali sono gli edifici sui quali possiamo operare legalmente con gli strumenti del restauro?
Sono i beni culturali.

Quali sono i beni culturali?

Quali sono i criteri secondo i quali vengono considerati beni culturali o meno?
 Valori storici
 Valori artistici

- Chiesa del Giubielo, Meyer, Roma, 2000


- San Michele a Lucca
- Masseria vecchia sul lago di Lupino
- Rinascente a Roma di Franco Albini

Cos’è un bene culturale?


Chi mi dice che è un bene culturale?

Si parla di normativa di tutela.


In Italia la normativa di tutela sui beni culturali nasce nel 1909 quando fu fatta la prima
legge sulla tutela degli oggetti d’arte. (L. n. 364).
Prima ogni singolo stato dell’italia aveva delle leggi che poi si sono unite. Alcune leggi
erano avanti rispetto alle altre. Non tutti erano pronti ad accettare che i beni culturali non
sono solo di proprietà privata, ad esempio i savoia non lo erano.
La cosa importante è che in epoca fascista vennero prodotte le due più importanti leggi di
tutela sulla protezione:
- 1939 L.n 1089 (cose di interesse storico e artistico)
- L.n 1497 (bellezze naturali e panoramiche)
Queste due sono rimaste in vigore 60 anni prima di essere rinnovate e cambiate.

Nel 1948 venne emanata La Costituzione, l’Italia è il primo paese al mondo che nei
principi generali con l’art 9 dice che: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e
la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della
Nazione.”  ciò significa che la tutela del patrimonio storico ed artistico del paesaggio
italiano spetta allo stato. Per cui ciò limita la proprietà privata.

1985 Ln. 431 (Legge Galasso)

1999 Ln. Testo unico sui beni culturali

2004 D. Lgs 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) tutte le
leggi precedenti confluiscono in questo codice.

Legge n 1089 del ’39


Art 1
“sono soggette alla presente legge le cose immobili e mobili che presentano interesse
artistico, storico, archeologico o etnografico”.
Introdusse:
- Il regime di tutela per i beni di proprietà di enti e di proprietà privata

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- Il vincolo diretto e il vincolo indiretto
- La notifica del provvedimento di tutela
- L’imposizione delle opere conservative

La differenza tra cosa e bene è il valore economico. Una cosa diventa bene nel momento
in cui assume un proprio valore economico.

 Per la prima volta si parla di beni culturali nel 1954 in ambito internazionale con la
convenzione dell’Aia che decreta la protezione dei beni culturali in caso di conflitto
armato.

In ambito italiano la parola bene culturale fu introdotta nella Commissione Franceschini


nel 1964.
A quasi 30 anni dalle leggi del 39 si capisce che ci sono delle cose che andrebbero
rinnovate. La commissione viene fatta dagli esperti capeggiati da Franceschini che fu
fondamentale perché per la prima volta definì il termine di “bene culturale”.
 Bene culturale  “è tutto ciò che costituisce testimonianza materiale avente valore di
civiltà”.

Ad oggi si parla molto di beni immateriali, quindi ha importante valore la parola “materiale”
che testimonia la tipologia di bene.

Nel 1964 non si riesce ad arrivare ad una legge, si convocò un’ulteriore commissione, la
Commissione Papaldo, fu fatta una nuova definizione di bene culturale. (non la chiede)

Nel 1975 in relazione ad una Carta europea del patrimonio architettonico ad Amsterdam
viene ribadito che il patrimonio non è costituito solo da oggetti ma anche da aggregati
delle nostre città. Fu inoltre sancita la Conservazione integrata: risultato dell’uso
congiunto della tecnica del restauro e della ricerca di funzioni appropriate. (se restauriamo
un edificio e non gli diamo una funzione appropriata esso regredirà nuovamente.
Dobbiamo mirare alla conservazione integrata, e quindi ad usi idonei al suo sfruttamento.

Nel ’68 fallita la Commissione Papaldo, qualsiasi materiale diventa bene e si comincia a
pensare che bisogna dedicare ai beni culturali un ministero a parte.

Nel 1975 Spadolini istituì il Ministero dei beni e delle attività culturali (prima anche del
turismo).

Siamo arrivati all’organo statale che governa e gestisce i beni culturali.


Il ministero dei beni culturali è composta da:
- Ministro
- Organo consultivi= i comitati tecnici
- Direzioni generali per ogni campo dei beni culturali (architettura, archeologia,
paesaggio ecc)
- Istituti centrali= istituto centrale per il restauro
- Organi periferici= soprintendenze attraverso le quali agiscono.  soprintendenza e
ministero sono dunque la stessa cosa.

Negli ultimi anni abbiamo avuto tante riforme del ministero. Attualmente la soprintendenza
e unica, prima ve ne erano diverse per i diversi campi.

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Dal 2014 esiste la Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio,
mettendo insieme i 3 uffici provinciali che si occupavano di ambiti diversi, in un unico
ufficio.
La soprintendenza di Napoli si trova a Palazzo Reale.

Quali sono le pratiche?

Codice dei beni culturali e del paesaggio (in vigore dal 1° Maggio 2004) ci dice
tutto, cos’è un bene culturale, come un edificio diventa bene culturale, mi dice come devo
fare se sono proprietario di un bene culturali, mi dice tutto ciò che riguarda la gestione di
un bene culturale.

È divisivo in 5 sezioni:

1. Disposizioni generali
2. Beni culturali
3. Beni paesaggistici
4. Sanzioni (è facile cadere in sanzioni penali)
5. Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore

Cosa fondamentale del codice dei beni culturali, venne introdotta in Italia per la prima
volta, PATRIMONIO CULTURALE: è l’insieme dei beni culturali e dei beni paesaggistici.

 Art 1
1. In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il
patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della
Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.
2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la
memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo
della cultura.

Fondamentale divisione è quella tra la TUTELA (è l’insieme di leggi finalizzate a


proteggere i beni culturali, essa spetta allo Stato, in quanto insieme di leggi, è normato
dall’articolo 3 della Costituzione) e la VALORIZZAZIONE (consiste in tutte le attività dirette
a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale, spetta a tutte le istituzioni dallo
Stato in giù, e quindi dalle regioni fino al privato cittadino.

Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici.

 Nell’Articolo 10 vengono definiti i beni culturali:

Il codice dei beni culturali fa una distinzione molto semplice, secondo la quale tutte le
cose immobili e mobili che appartengono allo Stato, aventi interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico, sono già beni culturali (es. archivio, museo,
collezione dei musei, anche edifici confiscati dallo Stato)

 Al Comma 3 ci dice:
sono beni culturali quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: oltre ai
beni dello stato ci sono altri beni, ossia quelli appartenenti al privato, questi sono beni
culturali se interviene la dichiarazione prevista dall’articolo 13.

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 All’ultimo comma l’art 10 dice che:
non sono beni culturali le opere di autore vivente la cui esecuzione non risalga ad oltre
50 anni se mobili o ad oltre 70 anni se immobili.  Se l’artista è vivo il suo edificio
non può essere definito bene culturale. Non possono essere bene culturale le t

 Art. 12  Verifica dell’interesse culturale

Il ministero dei beni culturali ha a disposizione la verifica dei beni culturali attraverso le
soprintendenze. Se la verifica si conclude positivamente l’oggetto rimane bene
culturale e si procede con la schedatura e la catalogazione. Se il procedimento di
verifica si conclude negativamente il bene si sdemanializza, cioè non è più di proprietà
dello stato, per cui si può distruggere, si può trasformare come se fosse un edificio
qualunque.

 Art. 14 Dichiarazione dell’interesse culturale


La soprintendenza fa partire il procedimento di dichiarazione di interesse culturale,
comunica al comune dove è sito l’immobile, lo comunica al proprietario, il quale ha 30
giorni per dire le sue osservazioni. Se le osservazioni sono accolte si fa ricorso e si
riforma l’atto, se invece le osservazioni del proprietario sono rispinte si procede con la
dichiarazione e l’edificio diventa bene culturale, si procede poi con la schedatura
dell’edificio che comprendono tutte le informazioni dell’edificio vincolato. Tale scheda
viene poi mandata all’ufficio catalogo e li rimane alla memoria che l’edificio è vincolato.
Quando ci si approccia ad un edificio è necessario andare in soprintendenza e vedere
la carta dell’edificio per vedere se l’edificio è vincolato o meno.
Già dal momento della comunicazione il proprietario non risponde più del bene. Nel
momento in cui l’oggetto diviene bene culturale, vi sono delle formule: il proprietario
può fare le modifiche a proprie spese (o lo stato anticipa i soldi per fare le modifiche e
poi se le prende dalle tasse), lo stato può partecipare in tutto o in parte all’esecuzioni,
in questo caso però il proprietario è costretto ad aprire l’edificio al pubblico in alcune
giornate.

La segnalazione può essere fatta anche da un privato riguardo un edificio


potenzialmente bene culturale.

Il codice dei beni culturali prevede anche che il trovatore legale possa mantenere il
bene culturale trovato.

La legge prevede che se si trovano delle cose nel sottosuolo bisogna dichiararlo
subito.

 Art. 29 del codice dei beni culturali definisce la parola restauro:

Per restauro si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di


operazioni finalizzate all’integrità materiale e al recupero del bene medesimo, alla
protezione e alla trasmissione dei suoi valori culturali.

 Art. 22 procedimenti di autorizzazione per interventi in edilizia


La sentenza di Stato del 2015 impone che gli architetti sono le uniche figure
autorizzate a firmare un progetto di restauro su un edificio vincolato.

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Nel momento in cui l’architetto interviene su un edificio vincolato, promosso dalla
sovrintendenza, presenta il progetto alla sovrintendenza competente e richiede la sua
autorizzazione.

Lo stesso discorso vale per i beni paesaggistici, che sono delle bellezze d’insieme,
ovvero che hanno un valore culturale nel loro insieme.
Sono beni paesaggistici:
- Le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale
- Le ville, i giardini, i parchi
- I complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente
- Punti di vista

Ci sono delle aree geografiche tutelate per legge:


- Il tratto di costa largo 300 m dal mare
- I ghiacciai
- I parchi e le riserve nazionali

Nel caso di beni paesaggistici l’autorizzazione è più complessa, perché non passa solo
per la soprintendenza, ma anche per il Comune.
Gli interventi sui beni paesaggistici riguardano la bellezza esterna, non deve essere
modificato lo stato quo esterno.

Lezione 5
10/10
Riferimento di questa parte è il libro di Stella Casiello, Verso una storia del restauro.

Il “restauro” tra Antichità e Medioevo

Il restauro non è una materia semplice dove ci sono regole ben definite, supportato da uno
studio e una capacità per avvicinarsi ad opere già costruite.
I principi del restauro sono frutto di un’evoluzione di secoli di storia e rapporti con le
preesistenze.

Oggi iniziamo un excursus della storia dell’architettura dall’epoca classica fino all’800 dove
inizieremo a parlare di restauro, prima di questo periodo si parlerà di atteggiamento verso
le preesistenze.

I nostri sono concetti su come i contemporanei si sono apportati ad edifici che già avevano
in gestione, ci interessa immedesimarci con l’occhio dell’architetto.

Il concetto di storia che abbiamo oggi, è un concetto occidentale, ma al tempo stesso


molto influenzato dalla cultura cattolico-cristiana che l’ 800 ha fatto propria. Ed è una
concezione di storia che segue una linea retta, ovvero immaginiamo una serie di momenti
storici, legandoci ai concetti di passato, presente e futuro. Questi concetti ci fanno
interpretare un edificio del passato diverso dal presente.
Le culture orientali non hanno una concezione di storia secondo una linea retta, bensì
secondo una spirale, ovvero i fatti si ripetono ciclicamente.
La nostra cultura occidentale ci fa inquadrare il Partenone di Atene come un oggetto
appartenente al passato, come un’opera finita non riproducibile.

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Ad esempio, il Santuario di Ise in Giappone, che è uno dei più importanti santuari
buddisti, dal momento che nella concezione orientale, la concezione storica è ciclica,
questo tempio, costruito completamente in legno, ogni 19 anni viene ricostruito identico a
sè stesso. In questo caso quello che viene trasmesso è la sapienza costruttiva della
forma, delle tecniche e del significato. Questa stessa concezione era quella appartenente
al periodo greco-romano, in cui si preferiva ricostruire l’edificio identico anziché
conservarlo.
Un altro esempio molto efficace è Il tempio greco che è un adattamento in pietra del
tempio costruito in legno. Anche in questo caso nella concezione del tempio greco si ha la
concezione del fatto che non si è avuto nessun problema nel sostituire gli elementi lignei
con elementi in pietra.

Nel mondo romano invece, le statue romane sono copie di statue greche in bronzo,
tuttavia per i romani sono completamente statue autentiche, che incarnano la bellezza
classica. In questo caso l’autenticità non è data dall’oggetto in sé, bensì dal suo
significato. Sulla base di questa concezione seguirà l’architettura romana, che di fatto altro
non è che

Ad esempio, il Tempio di Apollo Sosiano che è considerato uno dei primi templi in
marmo esistenti nella Roma classica, la decorazione del frontone altro non è che un
adattamento delle decorazioni del tempio di Apollo del tempio greco originario. Tuttavia, è
evidente il fatto che la decorazione riutilizzata non sia adatta al frontone del tempio che
presenta dimensioni molto più grandi.

Altro esempio, è l’Arco di Costantino a Roma, in cui sono presenti i medaglioni dell’arco
di Traiano, che era stato ulteriormente modificato da Adriano in epoca differente, per
questo motivo tutte le facce che rappresentavano Adriano furono trasformate e adattate
con la faccia di Costantino, a distanza di 100 anni. Non si ha rispetto per la forma
precedente, ma si sottolinea l’auctoritas.

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Altro esempio è la Statua di Domiziano-Nerva, che aveva il corpo di Domiziano, la cui
testa fu sostituita con quella di Nerva.

Il Pantheon, Roma, era del generale Agrippa, pertanto attualmente il Pantheon lo si fa


risalire ad Adriano, in quanto si dice che Adriano abbia ricostruito il Pantheon e che per
rispetto del suo precessore abbia scritto sul frontone il nome di Agrippa ma restaurato.
Attualmente non si sa se l’edificio sia stato completamente rifatto o solo riparato.

Nel mondo del restauro eventi come terremoti, eruzioni e altro, rappresentano occasione
per capire come sono fatti gli edifici. Ad esempio, prima dell’eruzione del 79 d.C ci fu un
terremoto nel 63 d.C, per cui si incomincio a riparare i danni del terremoto. Inseguito
all’eruzione i cantieri dei “restauri” furono immortalati e quindi oggi visibili, in cui è possibile
costatare una modernità enorme (ad esempio la cosiddetta catenella di mattoni per il
consolidamento, la tecnica del cuci e ricuci, o ancora interventi nei cantonali che venivano
fatti con mattoni più compatti, o interventi con gli archi di scarico che deviano le forze).
Queste sono le tecniche conosciute dai romani e che sono arrivate fino ad oggi.

Nell’anno zero, con la nascita di Cristo, si diffonde a Roma il Cristianesimo a partire dal
713 quando Costantino la proclama religione di stato. Evento fondamentale perche tutta
una serie di architetture pagane furono eliminate o trasformate da architetture pagane in
architetture cristiane.
Tutti gli imperatori che vissero dopo Costantino sono noti perché iniziarono a fare i primi
edifici a favore della distruzione o no dei templi romani (questi furono i primi tentativi di
leggi di tutela a favore dell’esistente e della conservazione.)

Contemporaneamente esisteva anche un fenomeno quasi naturale perché mentre il


cristianesimo inizia a diventare legale, i cristiani incominciarono a cercare delle architetture
che potessero diventare i loro nuovi luoghi di aggregazione.
Furono scelte le basiliche romane che non erano altro che tribunali dell’antica Roma.
Questa nuova ricerca determinò un cambio della destinazione d’uso della basilica romana,
ma anche fisico, di fatto fu cambiata la direzione di fruizione, eliminando una delle absidi,
ponendo il centro della vita sacra in uno dei tribunalia che diventarono così absidi,
accentuando così la longitudinalità dell’edificio. si allarga l’edificio inserendo il transetto e
si crea il quadriportico come filtro per coloro che dovevano ancora essere battezzati.
Tutte le basiliche furono riutilizzate come chiese e venne utilizzata questa tipologia per
costruire nuove chiese.

Roma, Santa Maria in Trastevere


La caratteristica distintiva delle basiliche paleocristiane è quella di avere colonne, che
pertanto presentano caratteri diversi (ad es. capitelli diversi), in quanto si tratta di colonne
di spoglio, dal momento che ad un certo punto si iniziano ad utilizzare elementi della roma
classica, dapprima in edifici religiosi.

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L’architettura del medioevo nasce come riuso di elementi romani, ciò vuol dire che l ‘uomo
del medioevo si sentiva ancora appartenente all’epoca classica, non avendo la coscienza
che vi era una distinzione netta tra un’epoca e l’altra, questo sempre per il fatto che si ha
una concezione lineare della storia, per cui si considera un’epoca l’evoluzione dell’altra.
Per questo motivo tutti i templi romani sono esiti di restauri ovvero esisti di trasformazioni
moderne nelle quali sono stati portati via i segni della trasformazione in chiese.

Ad esempio la pianta del Partenone fu trasformata in chiesa cattolica. Trasformazione di


un tempio classico in chiesa cattolica esempi:
Chiesa di San Lorenzo in minerva a Roma ;

Siracusa, Cattedrale di santa lucia ad Ortigia, il fianco della chiesa è il tempio di atena
siracusa con la chiusura dello spazio dell’intercolumio tra le varie colonne. All’interno è
evidente la struttura del tempio greco. Dove c’era la cella furono aperti i varchi per
raggiungere la parte esterna della chiesa.

Altre trasformazioni sono invece dettate solo da un fatto economico.


In epoca medievale si erano perse le conoscenze e le tecniche romane inseguito alla fine
dell’impero a causa delle invasioni barbariche. Si incomincia così a riutilizzare gli stessi
materiali, nonché le stesse fondazioni del periodo romano. Questo testimonia ancora di
più la continuità temporale tra medioevo ed epoca romana

Ad esempio la Piazza di Lucca, di forma ovale, non è altro che il contorno dell’anfiteatro.

Napoli a via Anticaglia


Nello schema Ippodameo ad un certo punto c’è una curvatura del teatro romano.

Altre forme di riuso:


-campanile della pietra santa, sul decumano maggiore, è l’unico superstite di una chiesa
che un tempo sorgeva su quello spazio.
Si tratta di un edificio in mattoni, che in determinati punti presenta delle colonne, dei
capitelli, degli architravi riutilizzati. Ci sono alcuni segni che ci fanno capire che non è una
ricostruzione su qualcosa di classico. Ad esempio hanno rimesso i pezzi negli elementi più
sollecitati della struttura, quali il basamento e i cantonali. C’è quindi un riuso puramente
economico (trovo elementi in marmo che non riesco più a cavare e così li rimetto lì),

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Ma c’è anche un riuso che rievoca l’autoritas romana, ovvero riutilizzare gli elementi per
impreziosire l’edificio, per fare eco al tempo passato. Sono presenti quindi due criteri:
riutilizzo puramente economico e riutilizzo di elementi che vogliono riprendere l’importanza
di elementi appartenenti al passato.

Riuso di strutture esistenti anche non ecclesiastiche, come ad esempio nella Chiesa di
San Giovanni Maggiore a Napoli, in cui è evidente la sovrapposizione di strutture
diverse.
Altro esempio la Chiesa di San Paolo Maggiore, in cui è evidente che le due colonne sul
fronte appartenevano al tempio dei dioscuri che sorgeva nel foro di Napoli.

San Guglielmo al Goleto, esempio di una cittadella monastica in Campania, costruita su


un luogo che probabilmente era il suolo di una città romana, poiché furono trovati alcuni
elementi significativi che caratterizzano le pietre del convento. Si tratta di alcune
decorazioni presenti, come stipiti di porte, mattoni ecc, che appartenevano ad altre
tipologie di edifici e che sono stati riassemblati per ragioni economiche, senza nessuna
volontà di evidenziare l’importanza di questi oggetti.

Riassumendo  Abbiamo quindi una concezione della storia che rimane lineare tra l’epoca
romana e medievale. Abbiamo una concezione di rifacimento in epoca romana che si
potrebbe dire di riparazione, riuso degli edifici esistenti senza alcuna attenzione al
precedente se non alla simbologia dell’edificio. questo tipo di attenzione viene mantenuta
nel medioevo dove però si perdono le conoscenze delle tecniche, che porta quindi al
riutilizzo di elementi esistenti per ragioni economiche,
In questo tipo di concezione rientrano le trasformazioni di templi in chiesa, o il riutilizzo di
fondazioni di templi romani per tracciati di strade.
Si inizierà poi a capire che l’epoca romana è un’epoca che si chiude e ricominceranno altri
stili.

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Ci saranno voci di fatto che incominciano a capire che ci sono cose da salvaguardare,
come ad esempio
Petrarca scrisse “guardate Roma che fine sta facendo, ci sono tutti i resti di una civiltà
grandissima buttati e irriconoscibili all’interno della città”. Ci sono uomini con una sensibilità
artistica che capiscono che ci sono cose da conservare.

Lezione 6
11/10

Gli architetti del Rinascimento e le preesistenze

Incominciamo a parlare non più soltanto di orientamenti e teorie, bensì parliamo di


architetti storici che hanno realizzato monumenti universalmente noti come tali.
Andiamo a vedere la risoluzione di un problema architettonico, e quindi come si sono posti
architetti di fronte ad una determinata architettura.

Cosa succede ad un certo punto della storia, per cui inizia un periodo diverso da quello del
Medioevo?

All’inizio dell’400, inseguito alla divisione dell’impero romano d’oriente ed occidente, che
era stato distrutto dalle invasioni barbariche, al contrario tutta la cultura dell’impero romano
d’oriente inseguito all’invasione dei turchi che conquistarono Bisanzio, è costretta a
sposarsi verso quella occidentale e quindi verso la Grecia e l’Italia. Inizia così un reale
interesse verso la ricerca degli antichi testi romani. Durante il medioevo coloro che erano
stati responsabili della cultura romana erano stati gli amanuensi i quali all’interno dei
monasteri avevano scritto i testi romani, quali ad esempio il De Architettura di Vitruvio
conservato presso il monastero di cassino. Si inizia così a maturare una nuova visione
dell’uomo anche attraverso i testi storici, inizia così il cosiddetto “Umanesimo” che porterà
una riscoperta dei testi antichi; non a caso in questo periodo nascono le grandi
biblioteche, in cui sono raccolti testi al di fuori della cultura monastica, che fino a quel
momento era stata l’unica ad aver trasmesso questi valori.
Ad un certo punto questi testi romani incominciano a parlare non solo di eventi dell’antica
Roma, ma anche di luoghi, di architetture e di città. Ciò determinò la connessione tra gli
oggetti e la loro funzione ed identificazione, si incominciò a cercare le opere di cui si
parlava nei testi storici. Nasce così la connessione tra l’architettura che si conosceva
perché tradotta dai testi antichi e quella che si conosceva allo stato di rudere.
Si cominciano a disegnare le prime mappe delle città, e si sviluppa il tentativo di andare a
localizzare i determinati ruderi su delle piante.
In questo periodo, come conseguenza immediate di questo riconoscimento, nascono le
prime guide della città, tra le quali testi fondamentali come la “Description urbis Roma”
di Alberti, “La Roma riscoperta” di Flavio Biondo della fine del 1400. Nasce in questo
periodo la famosa espressione “Roma quanta fuit ipsa ruina docet” ovvero “Roma quanto è stata
grande lo dicono le rovine oggi”.
Oggi dalle rovine comprendiamo la grandezza di Roma.

Che cos’è successo?


Nel nostro iter storico l’uomo del rinascimento capisce che l’antichità di Roma è finita, non è come
l’uomo del medioevo che si credeva continuatore di quelle architetture.
L’uomo del rinascimento ha capito che c’è un distacco dall’epoca classica, ovvero che
l’antichità di Roma è ormai finita.
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La tutela degli edifici antichi nascerà dopo circa 200 anni dal rinascimento.
Pertanto, nasce l’attenzione verso le forme e le funzioni del linguaggio romano. Roma
divenne così il centro del mondo, in quanto capitale delle rovine dell’impero romano.
Arrivano così a Roma a studiare l’architettura antica, tutta una serie di intellettuali,
architetti, scultori.
Fino a quel momento l’operaio, ossia colui che aveva la tecnica, era colui che costruiva le
cattedrali e gli edifici. Con il rinascimento, siccome il modello culturale era Roma, nasce la
figura dell’architetto in senso moderno, ossia colui che riesce ad interpretare un linguaggio
architettonico e lo riporta ad un linguaggio attuale.

Capiamo ora come si sono rapportati i singoli architetti:

Perchè non nasce in questo periodo il restauro?

Perché nel rinascimento ancora non c’erano conoscenze dettagliate sui materiali, nonché
ricchezza per andare ad acquistare o prelevare i materiali.
Di fatti venivano riutilizzati i materiali trovati, in quanto non c’è ancora il rispetto per la
materia fisica, assume però valore il significato e la sua funzione.
Ad esempio, la maggior parte dei portali di palazzi di Roma presentano il marmo del
Colosseo.
Il rispetto per la materia fisica ci sarà solamente da parte di alcuni architetti illuminati.

Per cui in risposta a questo atteggiamento, per opera di alcuni architetti illuminati del
tempo, nascono alcuni scritti. Ad esempio, “Corpus rilievi”: la cosiddetta lettera di Raffaello
a Leone X 1519: Raffaello, fu incaricato di rilevare tutte le rovine romane al fine di
conservale.
Per cui in questa cultura in cui la materia fisica romana era considerata un qualcosa che
poteva essere comunque non considerata, c’era comunque qualcuno che si interessava di
preservarla e conservarla.
La produzione di questo documento costituisce il primo documento di tutela della storia
dell’architettura, poiché di questo resta solo la relazione dell’intero corpus. La lettera è
divisa in 4 parti:
1. nella prima parte fa un’introduzione relativa a Leone X
2. nella seconda parte invece fa una sorta di manuale della storia dell’architettura che
divide in 3 periodi, periodo classico, periodo dei goti ovvero quello medioevale, in
cui riconosce la distanza, e il peridio attuale ovvero quello suo.
3. Nella terza parte invece fa una sorta di spiegazione relativa alle tecniche di rilievo.
4. Nella quarta parte invece dice che i monumenti vanno rappresentati in prospetto,
pianta e sezioni.

Secondo Raffaello durante il medioevo si è fatta un’architettura sbagliata, in quanto


l’architettura contemporanea deve essere un’architettura fatta di rapporti e proporzioni.
Per cui insieme alla lettura degli scritti antichi, avviene anche una trasformazione degli
edifici contemporanei alla maniera moderna.
Per cui ad esempio nel momento in cui Bramante ha il compito di realizzare la Chiesa di
Santa Maria presso San satiro a Milano in un lotto irregolare, attraverso il ricorso della
prospettiva realizza comunque una pianta a croce latina, simulando un’abside di
Poiché l’esigenza era quella di rispettare la visione canonica di una chiesa rinascimentale.
A Napoli, il Vasari è chiamato a ristrutturale alla maniera moderna il refettorio della
Chiesa di Sant’ Anna dei Lombardi (chiesa gotica), nega completamente l’architettura
gotica della volta, annullando gli spigoli vivi delle volte a crociera del refettorio

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arrotondandoli, a tal punto che gli elementi decorativi sono posti all’incrocio delle volte, ciò
annulla l’effetto angolare della volta.  rifiuto dell’architettura medioevale per la
preferenza di quella rinascimentale.

BRUNELLESCHI, Santa Maria del Fiore, Firenze 1436

La chiesa presentava una preesistenza, ovvero la chiesa di Santa Reparata.


La cupola di santa Maria del fiore è considerata la prima cupola del rinascimento della
storia.

Ma cosa c’è di rinascimento?


La Cupola di Santa Maria del Fiore è considerata rinascimentale perché è il primo caso
nella storia in cui per la prima volta un architetto si ingegna a cercare una soluzione
costruttiva nuova. Per la prima volta non si fa una cupola come tutte le altre, ma si ricerca
una nuova tecnica: si tratta di una cupola autoportante costituita da 8 costoloni che
individuano le 8 vele della costruzione. Le due tecniche utilizzate furono quelle dei mattoni
a spina pesce che creavano una sorta di nervatura che aveva il piano di appoggio diverso
rispetto agli altri mattoni, l’altra tecnica è quella della corda blanda, ovvero le vele della
cupola in sezione non sono perfettamente orizzontali, ma sono leggermente arcati, in
questo modo si costruiva con un mattone ad angolo retto.
Altri elementi di lettura della forma rinascimentale della cupola sono la lanterna, le tribune
laterali.

Brunelleschi, inseguito ad un viaggio a Roma, vinse il concorso.

LEON BATTISTA ALBERTI, Facciata di S. Maria Novella, 1458

Alberti era più un letterato rispetto a Brunelleschi, il quale era un uomo di cantiere.
La facciata di S. Maria Novella è un’aggiunta ad una preesistenza, è di fatto l’espressione
programmatica di come alberti considerava il lavoro di aggiunta sulle preesistenze: Alberti
coniò il termine di concinnitas, secondo Alberti vi sono 3 strade per completare edifici
esistenti:
- completare come era
-ignorare la preesistenza e realizzare un edificio contemporaneo
-concinnitas, ossia unione.

Nella facciata di S. Maria Novella, che presentava degli elementi già costruiti in facciata,
come ad esempio le colonnine che presentano una proporzione diversa rispetto a quella
romana, o ancora gli archi a sesto acuto delle tombe che dovevano ospitare i sarcofagi, e

22
quindi era già presente la parte basamentale, a partire dalla quale Alberti proporziona tutti
gli altri elementi della facciata, rendendola una facciata rinascimentale per le proporzioni,
e che per tanto rispetta la preesistenza.
Anche se vi sono degli errori, come ad esempio il fatto che taglia il rosone per garantire la
proporzione, o ancora i pilastri che chiudono il rosone vanno in falso in quanto si trovano
sopra alle aperture della parte basamentale.
Altro errore per chiudere il pilastro con una colonna e quindi creare un motivo decorativo
copre un architetto che si intravede.

LEON BATTISTA ALBERTI, Tempio Malatestiano a Rimini 1462

Alberti fu incaricato di rifare la facciata alla maniera moderna.


Decide di costruire un involucro moderno della chiesa e di chiudere la chiesa antica
all’interno di una facciata, ignorando così l’architettura preesistente.
Pertanto, il progetto rimase incompleto.
Alberti prese la proporzione di pieni e vuoti degli acquedotti romani e lo pose sulle facciate
di fianco in cui si distanzia rispetto alla chiesa antica, ignorando però cmq l’architettura
esistente, a tal punto che le sue aperture non coincidono con quelle gotiche della chiesa
preesistente.
Mentre in facciata, l’involucro si addossa alla facciata della chiesa preesistente, qui si rifà
alle tombe.

MICHELANGELO, Biblioteca Laurenziana a Firenze, 1523

23
Michelangelo ha saputo sempre leggere le architetture esistenti, e ciò è evidente nelle sue
architetture e nel loro rapporto con la preesistenza.
Quando è chiamato a progettare il vestibolo e il collegamento tra i due piani. Si inventa un
ampliamento dello spazio, per cui inserisce le colonne all’interno del muro, creando uno
spartito architettonico all’interno della muratura che staticamente funziona senza
appesantire il pavimento. Si tratta di un esempio di come attraverso lo studio

*LIBRO Saper leggere l’architettura di Bruno Zevi

MICHELANGELO, Piazza del Campidoglio, Roma 1537

Piazza del Campidoglio è oggetto di vergogna da parte del papa Paolo Farnese, quando
arriva l’imperatore Carlo V, perché al centro della piazza era stata posta la statua a cavallo
di marco Aurelio in bronzo di cui Michelangelo era stato commissionato di progettare il
basamento, in quanto era stata confusa con la figura di Costantino.
Successivamente dato che non era stata ancora progettata la piazza, Michelangelo fu
incaricato di progettarla, in vista dell’arrivo dell’imperatore.
In questo caso la preesistenza che Michelangelo sfrutta è l’angolo di 80° che le due
facciate dei due palazzi, ovvero il campidoglio e il palazzo dei conservatori, per andare a
realizzare una piazza trapezoidale. Realizzando di nuovo la facciata di palazzo
conservatori in cui realizza per la prima volta l’ordine gigante, realizzerà poi la stessa
facciata anche dalla parta opposta per chiudere la piazza, creando un disegno centripeto
che crea un allargamento dello spazio, mentre il disegno della pavimentazione è quasi
convesso, ed induce il percorso da fare.

Restauro delle terme di Diocleziano a Roma


Si evince più di tutto il rispetto dell’architetto per le rovine.
Complesso enorme termale costruito nel 400. Oggi suddiviso in diverse parti. I complessi
termali avevano una rigida e precisa divisione degli spazi con le diverse piscine. La divisione è
riportata fedelmente con il calidarium, frigidarium e la matazio (piscina di acqua dolce).

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Siccome questo complesso era stato costruito da martiri cristiani, prima dell’editto di
Costantino ad opera di schiavi, in occasione del giubileo il Papa volle trasformarla in chiesa da
dedicare ai santi e ai martiri.
Nel 500 quando inizia a lavorarci Michelangelo il complesso era la stalla di alcune proprietà che
si trovavano in quella zona. Il papa chiede a Michelangelo di realizzare due ingressi: uno che
portasse alla strada Pia e l’altro dove vi erano altri possedimenti papali dove oggi c’è la
stazione Termini.
Michelangelo realizza, così com’è all’interno del frigidarium, delle porte e posiziona degli altari.
Apre gli ingressi ma non riesce ad astrarsi dal fatto che fossero le terme cosi inserisce anche un
terzo ingresso per mantenere la percezione della struttura romana. Ci dice che per lui è
importante che leggiamo la struttura e il percorso di fruizione storico delle terme. La chiesa
delle terme di Diocleziano oggi non esiste più. Nel 700 il Papa commissiona il progetto della
chiesa a Vanvitelli che metterà uno spartito architettonico completamente diverso della chiesa
delle terme di Michelangelo di cui rimane un accenno delle volte termali. Michelangelo aveva
rimesso in piedi le grandi colonne in granito di epoca romana, perciò ha un rispetto totale
dell’architettura romana (gli mancava anche una colonna e la va a prendere da un altro
complesso termale).

MICHELANGELO, Santa Maria degli Angeli a Roma, 1564

Restauro del complesso termale di Docleziano


È evidente il rispetto da parte dell’architetto nei confronti della preesistenza, che era stata
realizzata dai martiri, per questo motivo era stato deciso dal papa di trasformare il
complesso delle terme in una chiesa dedicata ai martiri, che doveva presentare due
ingressi, di cui uno che portava alla strada Pia.
Michelangelo apre i due ingressi ai lati voluti dal papa, e ponendo degli altari ai lati della
struttura esistente, ma apre una porta centrale nel rispetto della struttura termale
esistente.
Attualmente la chiesa non esiste più, poiché nel 700 il papa commissionò il progetto a
Vanvitellil, il quale inserì uno spartito architettonico completamente alterato, lasciando a
vista solamente un accenno delle terme originali e le volte, chiude le porte dei due lati, […]
senti nota 1:20

Atteggiamento totale di rispetto nei confronti della preesistenza.

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Vanvitelli fa un errore, chiude degli ingressi e quando entriamo non siamo portati ad andare
verso l’altare ma verso il transetto. Questo succede perché riconosciamo la parte larga della
navata centrale e la percorriamo ma l’altare sta da un’altra parte. Per creare una continuità tra
transetto e navata Vanvitelli copia delle colonne in mattoni ricoperte da granito (diverse da
quelle originali tutte in granito).

Lezione 7
17/10

Architettura nelle preesistenze tra Controriforma e Barocco


Abbiamo visto il periodo romano-medievale in cui la tutela consisteva nel ripristino di
un’opera già esistente.
Nel rinascimento abbiamo visto
Adesso vediamo che con il barocco, andando verso il 600 c’è un’attenzione verso un altro
tipo di manufatti.
Ancora una volta la cultura architettonica è influenzata da eventi storici,in questo caso
l’evento storico che influenzerà tutto il 600 e il 700 è un evento religioso, ovvero la riforma
luterana della chiesa cattolica, e in particolare la Controriforma da parte della Chiesa
Cattolica nei confronti del protestantesimo.
Intorno al ‘500 Martin Lutero appliccherà le leggi che daranno vita al protestantesio perche
la chiesa aveva dimostrato di avere un forte potere personale. C’è la riforma protestante
dove si dicede di riportare la propria religiosità ad un’origine e a ripulire il cristianesimo
cattolico dagli aspetti legati alla mondanità.
La chiesa di risposta allo scisma di occidente emana una controriforma.
Si ebbe il concilio di Trento e la controriforma che aveva l’obbiettivo di riportare il
cattolicesimo alle origini, e quindi ad una chiesa povera, che non era potente.
Questo portò a guardare alla chiesa alle prime forme e quindi ai martiri, alle prime
basiliche, alle prime chiese, e quindi a tutti i primi segni che sono alla base del
cattolicesimo.
Per cui alla fine del 600 e per tutto il 700 la chiesa avrà l’obbiettivo di esaltare le proprie
origini, che corrispondono all’inizio del medioevo, quando la chiesa, finito l’impero romano,
incominciava a costruire le prime basiliche paleocristiane, i primi edifici religiosi in cui si
impostava il culto della preghiera.
Nel 600 inizia dunque una nuova fase dell’attenzione dell’umanità (mentre nel 500 si
guardavano acquedotti ecc e quindi all’epoca romana) e quindi un nuovo tipo di manufatto
architettonico, che assume così una centralità.

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Nel 1577 Carlo Borromeo, vescovo di Milano, a capo della diocesi più grande al mondo,
ossia quella di Milano, il quale si prese il compito di andare a verificare lo stato di
conservazione delle chiese esistenti e andando poi a sottolineare il ruolo della
controriforma cristiana e quindi quelle che erano le regole per cui bisognava mettere la
chiesa al centro dell’insediamento urbano non solo metaforicamente ma anche
fisicamente. Per cui nel 1577 produsse uno scritto “Istruzione sulle fabbriche e sulle
suppellettili cristiane”, in cui erano presenti istruzioni su come costruire le chiese nuove e
su come modificare quelle esistenti per renderle chiese della controriforma. La chiesa del
Gesù a Roma segue queste istruzioni.
Queste istruzioni sono le regole su cui gli architetti del 600 si baseranno per costruire o
modificare le chiese.
Quali sono queste regole?
-la chiesa deve avere un’altezza maggiore rispetto agli edifici circostanti.
-la chiesa deve essere isolata rispetto alle altre costruzioni.
-preminenza della pianta a croce latina su quella a croce greca. (la chiesa di san pietro era
stata progettata a pianta centrale da michelangelo, saranno poi aggiunte delle navate per
renderla a croce latina)
-abside rivolto verso est
-abside coperto a volta e decorato (il duomo di napoli ha una volta incappucciata per
rispondere a questa regola)
-differenza di quota dell’abside rispetto al resto
-preminenza dei prospetti sui lati, la facciata è la parte più importante.
-filtro tra interno ed esterno della chiesa
-numero di accessi corrispondente al numero delle navate
-coro alle spalle dell’altare maggiore
-cappelle laterali separate da cancelli e sopraelevate
-consigli sulla conservazione degli elementi architettonici, ma anche consigli tecnici.

Si tratta di regole ben definite che influenzeranno gli architetti nel 600.

Poiché all’interno della città diventano preminenti gli edifici ecclesiastici all’interno delle
città, queste operazioni vengono eseguite sulle più importanti basiliche. A roma nasce il
piano di sisto V, dove Domenico Fontata, architetto papale, realizzerà le più importanti
stradi della roma 600entesca, che aveva il compito di collegare le più importanti chiese
della cristianità. Per evidenziare questi assi, alla connessione di questa rete di strade,
Fontana realizzerà i 13 obelischi della città, nasce così la roma barocca che conosciamo
oggi.
Con quale occhio si guarda alle preesistenze?
Anche nel 600 guarderemo Roma che è il centro della cultura imperante della
trasformazione del secolo e guarderemo i più grandi architetti in base a come si sono
rapportati nei confronti delle preesistenze, e in particolare due geni: Bernini e Borromini.
Rispetto agli architetti rinascimentali, possiamo ritenerli assoluti archistar del tempo.
Si tratta di due personaggi diversissimi, la loro fortuna è stato il rapporto con i papi: Bernini
aveva grandi rapporti con i papi, fu il preferito di Papa Urbano IIX, più di Borromini che
aveva sempre piccoli incarichi.
Quello che vediamo oggi sono alcuni atteggiamenti che hanno avuto questi due architetti
nei confronti di alcune preesistenze:

1. CHIESA DI SANTA MARIA DEL POPOLO (PIAZZA DEL POPOLO, ROMA) –


BERNINI.

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Bernini ebbe l’incarico da Papa Benedetto Chigi
Si tratta di una preesistenza rinascimentale del 400 che secondo il papa doveva
essere adeguata al gusto riformistico. Per questo motivo Bernini realizzò una pelliccia
architettonica alla chiesa, in cui pertanto sono visibili gli elementi rinascimentali, nella
scansione delle volte, nella copula centrale. L’obbiettivo è quello di sovrapporre alla
struttura 400 ciò che veniva chiesto al tempo della controriforma, rispettando però la
conformazione originale della chiesa, rapportandosi con rispetto alla preesistenza.
Bernini doveva anche operare sulla porta della chiesa del popolo, il suo intervento fu
quello di barocchizzare l’intervento, arrotondando il sagrato squadrato, inserì un
timpano spezzato al posto delle volute 400, inserendo il simbolo della famiglia Chigi, i
monti con la stella sopra.

2. PANTHEON, ROMA
All’inizio del 600, Bernini è chiamato dal Papa Urbano 8 Barberini, ad operare sul
Pantheon, considerato la chiesa più importante per poter affermare l’essenza della
Chiesa.
All’inizio del 600 il Pantheon si presentava in uno stato di degrado, a tal punto che
all’interno del pronao del Pantheon si faceva il mercato.
Per cui fu chiamato Bernini, che probabilmente sul Pantheon non mette mai mano. Però è
importante una frase di risposta alla volontà del Papa di far diventare il Pantheon la sua
tomba), egli rifiutò l’incarico in quanto affermò di non essere abbastanza bravo per
operare sul Pantheon. Per cui tutta una serie di interventi che si fanno risalire a Bernini,
probabilmente non sono suoi, egli diedi solamente alcuni linee guide.
L’obbiettivo era quello di ricostruire il frontone e di inserire una colonna rimasta isolata.
Il problema era come ripristinare la parte laterale del pantheon che era venuta a mancare.
Si chiese ad uno scultore del tempo (probabilmente Borromini) di realizzare un nuovo
capitello per collegare la colonna d’angolo al frontone. Tale capitello fu realizzato uguale a
tutti gli altri. Questo è il primo esempio di distinguibilità del tempo, perché sulla rosetta
centrale del capitello il papa fece mettere due api Barberini, simbolo della famiglia. Per cui
automaticamente lo inquadriamo tra i rifacimenti Barberini e capiamo che quel capitello
non è romano. Questo esempio sarà citato dai primi restauratori francesi come Viollet le
duc, che appunto riconoscono che sia un restauro.

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Alessandro Settimo chiese di restaurare il Pantheon per farsi fare la propria tomba
personale, verrà fatto un intervento di completamento sul lato sinistro del Pantheon dove
prenderà alle terme di Nerone vicine le due colonne laterali (le uniche non monolitiche ma
a rocchi, spezzate). L’architrave laterale si fece con un atteggiamento di distinguibilità con
la trabeazione identica all’esistente e con la decorazione sotto l’architrave con i simboli
della casata Chigi, e quindi anche questa parte è segno di una distinguibilità.

Alessandro settimo voleva che tutti i lacunari del Pantheon fossero ricoperti dei segni della
casata, ricoprire l’oculo del pantheon e mettere li sotto la sua tomba.

Tutto il sottotetto del Pantheon era coperto di bronzo, il papa lo fece smontare e lo diede a
bernini il quale lo uso per costruire il baldacchino con le colonne tortili di san pietro. Nasce
da qui il detto “quello che non fecero i barberi, lo fecero i barberini”.
 l’atteggiamento ancora una volta è di rispetto, ma non della materia, come quello di
oggi.

Un esempio di rispetto per la materia, ce lo dà Borromini

3. Basilica di San Giovanni in Laterano (Borromini)

Morto il papa precedente, con papa Innocenzo X Borromini ha il suo momento di gloria,
poiché gli fu chiesto di restaurare la chiesa di San Giovanni in Laterano secondo il gusto
moderno, che per definizione è la prima chiesa cattolica, perché sorge nel 300 su un
possedimento di Costantino a Roma.
Non si doveva toccare l’abside, perché era la parte più sacra della chiesa, per cui gli fu
chiesto di rifare solo la navata centrale.
La pianta della chiesa paleocristiana precedente presentava 5 navate divise da piccole
colonnine. Non c’erano le volte, bensì aveva setti fino al tetto su cui vi erano le capriate.
L’obbiettivo di Borromini era quello di accorpare a due a due i pilastri esistenti creando un
gioco di pieni e di vuoti, creando degli archi che danno il collegamento con le navate
laterali. Ricrea cosi la facciata della navata interna traducendola con uno stile nuovo. Nella
navata di borromini c’è un grande ingresso della luce.
L’atteggiamento conservativo di Borromini risiede nella sua grande sensibilità, era molto
religioso. Il suo rispetto si traduce nelle grandi edicole dove inserisce i santi, poiché in
queste sono inserite le colonnine della basilica paleocristiana originarie, le considera come
delle reliquie, esponendole in bella vista a reggere le edicole che contengono i santi.
Gli ovuli nei quali nel 700 ci hanno inserito gli affreschi dei santi, Borromini non ci aveva
messo nulla perché contenevano la pietra della basilica paleocristiana (come se fosse
incorniciata dall’ovulo) si evince dunque un atteggiamento che mira a conservare la pietra
esistente, un atteggiamento che in quel periodo veniva dedicato solo alle pareti affrescate.

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Anche la facciata di SAN GIOVANNI IN LATERANO, copre completamente la facciata
della basilica paleocristiana, secondo Borromini doveva presentare un solo ordine, come
la chiesa di s. maria in trastevere.

4. Napoli, CHIESA DEL GESU’


Anche napoli diventa un centro propulsore di alcune istanze, poiché a Napoli vi era
l’eretico Valdes, per cui napoli sente molto viva l’esigenza di riaffermare la sua
cristianità. La stessa chiesa individua napoli come centro dove far qualcosa di più dove
rispristinare i valori della controriforma.
Per questo motivo nascono gli ordini religiosi più importanti come i Gesuiti e Teatini,
che arrivano a napoli e hanno l’esigenza di fondare il proprio convento e la propria
sede. La chiesa del gesù altro non è che la trasformazione di un palazzo (palazzo san
severino) in chiesa, in quanto individuata come luogo per la sede dei Gesuiti.
Furono gli stessi napoletani ad opporsi ai gesuiti, in quanto il palazzo era considerto
dai napoletani come indentità della propria città.
Per questo si ribellarono e venne riconosciuta l’esigenzza del popolo di identificarsi.
I gesuiti furono costretti a tenere il palazzo modificandolo in chiesa.
Venne costruito da guglielmini un apparato barocco. Ai lati vengono costruite le due
porte corrispondenti alle navate laterali. Venne fatta la sopraelevazione oggi
incompleta perché non ci fu tempo e soldi.

La particolarità nel senso conservativo risiede nelle bugne conservate come segno
distintivo del palazzo. Anche quelle utilizzate per la sopraelavazione furono andate a
prendere dalla facciata laterale di palazzo San Saverino, per cui sono sempre originali.
Le bugne della chiesa sono incise, perché i segni rappresentavano la giornata
lavorativa dei cava pietre.

5. CHIESA DI SAN PAOLO MAGGIORE, NAPOLI.

I teatini occuparono la chiesa di san paolo maggiore, esistente e cresciuta all’interno della
cella del tempio dei dioscuri, che venne poi nel 600 allargata in senso riformistico, fu
creato un’abside per creare la croce latina.
Nel 1688 il frontone della facciata della chiesa crollo in seguito al terremoto, rimasero solo
due colonne che furono poi messe in ripristino nel 700 nella facciata di Arcangelo
Guglielmini. Tutti i resti del crollo furono utilizzati per le decorazioni interne, nonché per i
rivestimenti.
Ancora una volta abbiamo un esempio dove la materia storica non viene fusa per farne
calcina ma gli viene riconosciuto un valore.

6. SANTA RESTITUTA | DUOMO DI NAPOLI

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Il duomo di Napoli è l’evidente esempio del cosiddetto fare isola al centro storico di napoli.
La chiesa è il risultato della fusione di due chiese esistenti di epoca paleocristiana: la
chiesa Stefania e la chiesa di Santa Restituta, una delle chiese più antiche.
Quando Carlo D’angiò, nel 1300 (epoca angioina), decide di costruire una grande chiesa
dedicata a San Gennaro, fu realizzata una grande chiesa e la chiesa di Santa Restituta
divenne una cappella della chiesa più grande.
[A Napoli il discorso dell’abbattimento del circostante non succede perché erano in vigore
delle leggi (prammatiche sanzioni) per cui non si poteva costruire al di fuori delle mura.]

Nel 1600 nasce l’esigenza di fare un restauro alla Chiesa di Santa Restituta in quanto la
più antica, presentava grossi problemi di umidità e un imminente pericolo di crollo.
Infatti con il terremoto del 1688 la chiesa fu fortemente danneggiata e si decise di
trasformarla con un apparato barocco che determinò una strana conmistione di forme.
Furono lasciati i sesti acuti e la teoria di colonne della chiesa paleocristiane.
Fu realizzato un tavolato dipinto perche le volte dovevano essere dipinte.
Per il problema dell’umidità si decise di sopraelavare il pavimento e la base delle colonne,
che erano considerate da non sacrificare, scompariva. Si decise quindi di alzare il
pavimento e di mettere ai lati della colonna dei collarini a destra e sinistra che simulavano
la base della colonna. Oggi è stato tolto un collarino per far vedere l’intervento di restauro
secentesco. (tecnica di consolidamento)
 ancora una volta esempio di tutela e di conservazione della materia.

7. DUOMO DI NAPOLI
l’abside del duomo di napoli
il duomo di napoli aveva già nel 500 una modifica di bramante che costituit il succorpo
di san gennaro (1508). Gia roberto pane iniziò a dubitare che fosse fatto da uno
scultore locale, e lo attribuì a bramante. Lo spazio era stato ricavato dal nulla, una cosa
abbastanza ardita.

L’abside del duomo era stato già alterato da questa costruzione che ne aveva alterato
le fondazioni. Fu negato il cupolino esistente angioino.
La volta che oggi vediamo non è una volta strutturale, bensì è una volta di canne di
bambù incallucciate. Tutta l’operazione fu giustificata dalla volontà di realizzare delle
alte monofore.

Per realizzare la copertura della volta fu abbassato l’arco di trionfo tra il presbiterio e
l’abside, per questo motivo l’arco è fortemente ribassato perchè doveva rispettare
l’altezza del cassonatto già esistente

Abbiamo compreso cosa voleva dire andare a rispettare quella che è la materia antica.
Avverrà fino al 700 in cui ci saranno trasformazioni che daranno vita al restauro moderno.

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Lezione 8
18/10/18

LA CRITICA DELLA TRADIZIONE IN EPOCA ILLUMINISTICA

Alla fine del 700 la rivoluzione francese lasciò tracce nella cultura del sapere e nel mondo
del restauro.
Il taglio della rivoluzione francese, avviene in un momento in cui nel mondo
dell’architettura già sono successe delle cose che hanno influenzato il modo di vedere le
antichità e di percepire le preesistenze. Già nel processo che ci porta alla tutela delle
preesistenze si è per la prima volta incominciato ad avere un rispetto non solo per il
significato dell’opera ma anche per la materia stessa.
Un grande merito per l’esaltazione del valore della materia è dovuto a Giovanni Battista
Piranesei. Perchè Piranesi influenzerà molto il mondo dell’architettura e del restauro?
Perché Piranesi alla metà del 700 incomincia a rilevare gli edifici esistenti e i ruderi così
come erano e non li completa idealmente come avveniva nel Rinascimento. Per la prima
volta si ha attenzione all’aspetto del rudere e per la prima volta si realizza il rilievo del
degrado che si riporta nei disegni. I disegni di Piranesi sono vere e proprie fotografie dello
stato esistente, e quindi di tutto quello che è reale. Oggi non viene richiesto il rilievo
geometrico fine a sè stesso bensì il rilievo materico che evidenzia lo stato dell’edificio, le
mancanze e il degrado evidente sullo stato dell’edificio.
Per questo motivo Piranesi ha un successo rilevante nonché una grandissima diffusione
poiché ci permette oggi di capire lo stato dei monumenti prima del loro restauro. Ad
esempio, il disegno del Colosseo in cui vediamo esattamente lo stato del Colosseo prima
degli interventi ottocenteschi, stessa cosa per l’arco di Tito, o per i Templi di Pestum.
Piranesi pone un punto fisso sull’attenzione verso la materia e verso il degrado che gli
edifici antichi stavano subendo.

Altro evento rivoluzionario della metà del 700, in particolare nel 1738 il principe del Beuf
(principe della corte borbonica che aveva una villa a portici) si imbatte di scavare un pozzo
in alcuni resti antichi, si scopre così Ercolano, mentre 10 anni dopo verrà scoperta
Pompei.
A metà dl 700 c’era Winchelman che dopo Raffaello dividerà la storia dell’arch in epoche.
Ercolano e Pompei non furono scavate dall’inizio secondo lo stato stratificato come ce lo
immaginiamo adesso, bensì venivano scavati secondo la tecnica dei cuniculi all’interno del
terreno, per trovare antichità, quali statue e decorazioni. Questi cuniculi andavano anche a
distruggere muri antichi, creando i cosiddetti cumuli borbonici ossia colline artificiali che
derivano dallo scavo dei cuniculi.
Ad un certo punto questa ricerca dell’antichità dà vita ad una nuova cultura figurativa che
riprende decorazioni e sculture romane. Carlo di Borbone realizzerà il museo di portici che
era il contenitore di tutte le antichità ritrovate.
Si inizia ad immaginare quelle che erano probabilmente le ricostruzioni di ciò che veniva
trovato negli edifici.
Ad esempio la rappresentazione del teatro di Ercolano (che oggi è ancora sotto terra sotto
la città moderna) è del tutto immaginaria, inseguito a rilievi. Per questo motivo vi sono
disegni diversi fatti da autori diversi che di fatto hanno dato interpretazioni diverse del
teatro.

Stessa cosa accade per Pompei nel 1948, tuttavia mentre Ercolano è stata scavata tutta
solo alla fine del 800, Pomepi ha avuto invece una scoperta più lineare e fu resa subito

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visibile con rovine che potevano essere viste in tutta la loro interezza. Quello che si
vedeva a Pompei erano le emergenze monumentali e l’area dei sepolcri che costituiva la
vera scoperta urbano di Pompei.
Tutte queste scoperte portarono i Borbone ad avere un’importanza enorme nell’ambito
delle corti europee, poiché Erocolano e Pompei divennero tappa fondamentale del
cosiddetto Grand Tour.

Il vero taglio in questa storia che in qualche modo fino ad ora è stata lineare, fu la
rivoluzione francese nel 1789, che mise tutto in discussione.
Nel mondo dell’architettura e del restauro qualsiasi tipo di distruzione corrisponde ad un
momento nel quale alle distruzioni corrispondo a pari modo una riscoperta di ciò che si sta
perdendo.
Per cui la rivoluzione francese che cosa creò?
A parte la presa della Bastiglia, che fu il momento topico, la rivoluzione francese
rappresentò la denuncia da parte del popolo che non riconosceva più una visione
assolutistica dello stato, per cui tutte le cariche assolutistiche dalla religione al re, erano
considerati esempi di potere assolutistico e quindi dovevano essere eliminati.
È in questi anni che la cattedrale di Notre Dame, che rappresentava la chiesa per
eccellenza, la chiesa-duomo di Parigi, che aveva nella facciata la galleria dei re di Francia
(che in realtà erano personaggi appartenenti al vecchio testamento) fu distrutta, in quanto
era considerata un simbolo della chiesa e del potere dello stato.
Altri esempi di distruzione fu la profanazione delle tombe reale nell’abbazia di Saint-Denis
(denì) a Parigi.
Contemporaneamente furono eliminati inoltre anche tutti quanti i segni del potere
temporale.
Si tratta dunque di un momento di rottura e di distruzione, che ebbe però allo stesso
tempo il moto personale di quanti avevano la sensibilità e quindi di tutti coloro che
tentarono di opporsi alla furia dei rivoluzionari per salvare il patrimonio collettivo e quindi
salvare il salvabile, e tentare di recuperare quel patrimonio che i rivoluzionari stavano
distruggendo.
Uno dei personaggi chiavi nella storia del restauro e della tutela dei beni culturali fu
August Lenoir, il quale si impossessò di un edificio che era stato sgombrato, in quanto
convento degli agostiniani, e quindi dato che con la rivoluzione francese tutti gli ordini
religiosi furono eliminati, rimasero tutta una serie di edifici che prima erano della chiesa e
dello stato, che in qualche modo furono acquisite dalla nuova nazione rivoluzionari.
Lenoir si imposessò dunque del cosiddetto Petite Augustèn, raccogliendo in esso tutti gli
oggetti che stavano per essere distrutti dalla rivoluzione. Nascerà così il museo. perchè?
L’obbiettivo era quello di esporre tutti questi oggetti in ordine cronologico, e renderli visibili
a tutti coloro che fossero interessati, creando un percorso didattico per far leggere tutti
questi resti a chi non li conosceva, poiché questi resti erano stati portati fuori dai loro
contesti. Il suo tentativo fu quello di ricostruire questi contesti secondo una logica
temporanea, ricreando architettura appartenenti all’epoche dei contesti in cui erano nati.
Tuttavia, quest’uomo non aveva una grande cultura, poiché non c’era ancora la cultura del
Gotico. Questo perché alla fine dell’700 la cultura verso gli edifici medievali, che erano
edifici che fino a quel momento erano stati completamente ignorati, questo perché il
mondo anglosassone che era quello che aveva le grandi cattedrali gotiche, veniva in italia
a studiare le architetture antiche dei romani. Non siamo ancora nel romanticismo
ottocentesco, che incominciò a valutare e a conoscere il mondo gotico, e quindi il mondo
del medioevo, come un mondo di oggetti che possono essere tutelati in quanto hanno un
valore. Tuttavia quando August Lenoir (lenuàr) incominciò a raccogliere tutti questi oggetti
non c’era ancora questa cultura del gotico, per cui prese degli abbagli paurosi, ad

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esempio, espose tutta una serie di statue di re in piedi sopra ai cani in una galleria,
tuttavia queste statue erano poste sopra alle tombe dei re, per cui fece un errore di
contestualizzazione. Altro esempio realizza la tomba di Abelardo ed Eloisa al Père-
Lachaise, sebbene questa non sia mai esistita.
Per cui è evidente un atteggiamento del tutto sbagliato nei riguardi degli aspetti di
contestualizzazione.

Insieme alla Petite Augustein incomincia a crearsi la volontà di mettere insieme oggetti
conservati.
Nel guardare queste distruzioni e nell’iniziare ad apprezzare quelli che erano i segni gotici,
incomincia un periodo che sarà il cosiddetto revival gotico, in cui si ricomincia ad
apprezzare la cultura gotica. Uno dei caposaldi di questo periodo sarà Francois-Renè de
Chateaubriand, “il genio del cristianesimo” del 1802 un’opera importantissima sulla
conoscenza del gotico francesco.

Poi nel 1832 il noto scrittore Victor Hugo, pubblicò il libro “Notre Dame de Paris”, in cui si
evince lo spirito di denuncia dell’abbandono della cultura gotica che si aveva avuto fino
alla fine del 700, e di descrizione delle meraviglie delle architettura gotiche.
Scriverà poi nel 1841 un panfrè “guerra ai demolitori” in cui denuncerà tutte le perdite del
patrimonio gotico francese dovuto alle distruzioni dei rivoluzionari.
Siamo arrivati ad una fase di tutela in cui si è capito che anche il patrimonio gotico-
medievale doveva essere tutelato.
In questo contesto opererà colui che può essere considerato il primo e vero restauratore,
Quatremère de Quincy (catremer de quinsì), figlie della rivoluzione francese sono le sue
teorie sul restauro e sulla ricostruzione dei monumenti.
Egli fu un personaggio politicamente attivo nella fase della post-rivoluzione, di fatto è
sepolto dove c’è anche la tomba di Napoleone.
È nell’epoca illuministica che nascono le prime enciclopedie, di fatto egli fu il primo a dare
una definizione di restauro, che va pertanto contestualizzata con gli inizi dell’800  “rifare
di una cosa le parti che mancano per distruzione”, fa una distinzione fondamentale tra il
restauro architettonico e quello scultoreo. Mentre il secondo è un atto creativo, ovvero per
aggiungere ad una statua una parte che manca è necessario un’artista. in un edificio
architettonico invece la parte mancante doveva essere fatto così come era la parte già
esistente. A questa definizione si fa risalire la nascita del restauro perché la prima volta si
dà una definizione al restauro architettonico. Egli fu inoltre il primo a far chiudere i Petite
Augustein, poiché non condivideva l’atteggiamento di portare i resti in contesti diversi da
quelli in cui erano nati. Il suo pensiero è molto simile a quella che è la tutela attuale dei
monumenti.
Quatremère de Quincy fu testimonio del furto di Lord Elgin il quale rubò le statue greche in
marmo del Partenone, conservate oggi a Londra al British Museum.
C’era quindi l’esigenza di restaurare queste statue.

In queste tempere culturale, all’inizio dell’800 Napoleone conquistò l’Italia, per cui tra il
1809 e il 1814 ci sarà un governo francese. Questo sarà fondamentale per la storia della
tutela italiana, poiché i francesi riuscirono a portare tutta una serie di istanze di tutela che
favorirono tutta una serie di trasformazioni che oggi possiamo definire restauri.
I francesi a roma già facevano i cosiddetti pensioner, ossia viaggi studi volti allo studio
delle rovine classiche.
Con la nascita del governo francese in italia si favorirono gli studi dei monumenti classici a
pensioner, si incominciarono così a scavare i monumenti e quindi a riscoprire le fondazioni
dei monumenti, iniziando così un’operazione di scavo di tutti i templi romani.

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Contemporaneamente i francesi, con la cultura romantica che in Francia si stava
sviluppando, incominciano a considerare Roma come un grande parco archeologico,
rendendo navigabili le rive del Tevere, liberando dal terreno i maggiori monumenti della
città di Roma, definendo i viali romani alberati.
Nelle aree di Roma dove i ruderi romani non c’erano, tipo a villa borghese, crearono finti
tempietti.

RESTAURO DEL COLOSSEO

Tappa fondamentale per il restauro, poiché per la prima volta parliamo di un intervento di
restauro e non di riparazione di un danno, è il restauro al Colosseo e all’arco di
Costantino.
L’autore è Giuseppe Valadier,
il Colosseo rappresentava il monumento più importante della Roma classica.
Alla fine del 700, nei disegni di Piranei, il Colosseo appariva come un rudere, in quanto
era diventato un deposito di letame, con il quale si faceva il cosiddetto sarrito, ossia una
sorta di malta corrosiva che di fatto stava distruggendo le pareti del Colosseo, che
presentava un altro problema, poiché tutto l’anello esterno di un lato mancava e quindi
creava problemi di stabilità negli anelli restanti.
Per questo motivo fu fatta una commissione di esperti con raffaele stern e giuseppe
compolesi che era un’ingegnerie pontificio che si inventarono un metodo di
consolidamento del colosseo, ossia un grande sperone che aveva lo scopo di contrastare
l’azione spingente degli archi che stavano cadendo.
L’intervento non è in linea con la definizione di Quatremère de Quincy che prevedeva la
costruzione della parte mancante così come era prima, bensì è più un intervento di
consolidamento. Un'altra cosa: tompagna gli archi senza aggiustare la loro forma, facendo
una sorta di fotografia dello stato esistente del colosseo al momento dell’intervento
evidenziando la caduta dell’edificio e le lesioni. È assolutamente un atteggiamento
romantico, figlio della visione del rudere francese.
Nei musei vaticati è stato trovato un affresco in cui rappresenta lo sperone e le
tamponature realizzate da Stern, che oggi sono in mattoni a vista, risultano nell’affresco
intonacate.

Venti anni dopo si ripropose lo stesso problema dalla parte occidentale del Colosseo,
l’intervento fu commissionato a Valadier nel 1826, il suo intervento fu simile a quello di
Stern, ma concettualmente con delle cose diverse: Valdier rispetto alla parte che stava
cadendo crea degli archi decrescenti verso l’arco continuando quelli del colosseo e
ciascuno dei nuovi archi viene chiuso con uno sperone. La critica dice che questo
intervento è paradossalmente più antico di quello di Stern, poiche Valadier crea degli archi
intonacati con polvere di travertino in continuità con quelli esistenti.
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All’epoca la differenza tra l’aggiunta e la preesistenza non era così evidente. Oggi invece
lo è, perché sono in mattoni e non in marmo com’è fatto tutto il Colosseo.

RESTAURO DELL’ARCO DI TITO

Tra questi due interventi del Colosseo, avvenne il restauro dell’arco di tito, che segnò il
susseguirsi di questi due personaggi, perché fu iniziato da Stern e terminato da Valadier.
Quest’intervento è considerato ancora oggi un modo corretto di operare su un edificio
antico.
L’arco in origine era un arco romano fatto da Tito risalente al primo secolo dopo cristino.
L’arco era chiuso in un muro in quanto porta d’ingresso urbica dei possedimenti della
famiglia.
Dell’arco romano era rimasto soltanto le colonne che chiudevano l’arco, l’intradosso
dell’arco e le decorazioni.

Il problema: come lo completiamo? Come lo restauriamo? Era un arco a due fornici come quello di
Costantino? O era un arco con un solo fornice ed una grossa struttura di piedritti laterali?

Il primo studio che Stern fece fu quello per analogia, ovvero andò a vedersi tuti gli altri
archi dello stesso periodo storico e si ipotizzò una ricostruzione che prevedeva un fornice
soltanto.
L’arco era stato realizzato con il cosiddetto marmo penterico, lo stesso usato nel
Partenone, Stern decise di completare l’arco usando il travertino e non lo stesso marmo di
quello originario.
Quindi la parte mancante fu ricostruita con un altro materiale, e questo oggi ci rende
visibile la distinguibilità tra la parte originaria e quella restaurata.
L’arco fu ricostruito in maniera quasi certa rispetto all’orginario. Di fatto quando furono
ritrovate le fondazioni si vide che l’arco nuovo poggiava perfettamente sulle fondazioni
romane originarie.
La particolarità è che la parte ricostruita oltre ad essere fatta con un materiale diverso, fu
fatta per line di inviluppo, ad esempio la colonna ricostruita non e scanalata come quella
romana, riprende solo la sua geometria, stessa cosa per l’architrave che presenta la
geometria degli ovuli e delle metope.
Per questo motivo questo intervento al di là delle motivazioni che portarono a farlo, è un
intervento corretto, in quanto non è un falso storico.

Lezione 9
24/10

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Eugène Emmanuel Viollet le Duc
e il restauro stilistico

Ci riferiamo al libro: La Cultura del Restauro. Teorie e fondatori Stella Casiello

Da oggi iniziamo una serie di lezioni che saranno incentrate su personaggi che hanno
operato nel restauro a livelli altissimi ma non solo hanno anche dettato delle teorie
creando così correnti del restauro che hanno influenzato gli attuali orientamenti del
restauro, in cui sono presenti grandi corrispondenze con ciascuno di questi grandi autori
del passato.

Il primo a cui ci riferiamo è Viollet le Duc, il quale è stato uno dei primi ad occuparsi del
restauro, ma anche il primo a teorizzare la costruzione di edifici usando materiali alternativi
a quelli lapidei, e in particolare l’acciaio e la ghisa. È stato uno dei primi progettisti a
sperimentare nell’800 quella che è stata l’architettura industriale, ossia un’architettura fatta
con materiali alternativi a quelli lapidei.
Egli operò per tutto l’800.
Prima di parlare di Viollet le Duc

Ripercorriamo l’evoluzione a partire dalla rivoluzione francese fino a quando Viollet le Duc
e altri hanno incominciato ad operare:
-1793,a pochi anni dalla rivoluzione frencese, il governo francese post-rivoluzionario la
convenzione dichiara che non intende distruggere i monumenti d’arte e della storia, dopo
la rivoluzione c’è questo movimento quasi parallelo che alla distruzioni dei rivoluzionari fa
nascere la tutela e il rispetto per la protezione dei monumenti.
-1793 viene decretata la pena di due anni a chi si renderà colpevole di vandalismo
Tra 1790-1795, la Francia post-rivoluzionaria, è la prima nazione che istituisce delle
commissioni e degli organi governativi espressamente dedicati alla tutela dei monumenti.
la convenzione istituisce la commission des monuments in seguito comission temporaraire
des artes: lo scopo è di formare una rete di conoscitori su tutto il territorio nazionale che
procedano all’inventario e alla conservazione.
-1802
-1830

Nel 1830 con la cosiddetta monarchia di Luglio, nata sulla scia dei moti rivoluzionari
d’inizio 800 che fanno seguito a quelli provenienti dalla rivoluzione francese, il ministro
interno Guizot darà vita alla creazione della figura di “ispettore generale dei monumenti
storici” ossia quelli del medioevo francese, carica che sarà ricoperta per la prima volta da
Ludovic Vitet.

Due personaggi che hanno influenzato l’operato di Viollet le Duc furono:

1. Ludovic Vitet che fu il primo ispettore generale dei monumenti storici, la sua opera
fu fondamentale per quella di Viollet le Duc, poiché egli attraverso i suoi esercizi
stabilì il carattere autoctono del gotico francese e dell’architettura ogivale,
sottraendolo alle influenze orientali (arabi), esaltandone il carattere laico, specchio
del sentimento nazionale. Mise in luce la bellezza della Cattedrale di R
2. eims, vero Partenone Francese, in quanto dichiarò che l’arco gotico fosse stato
inventato in Francia.

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nel suo ruolo di ispettore dei monumenti storici combatte contro ogni vandalismo e
istituì nell’accademia francese, L’Ecole des Beaux Arts lo studio dell’architettura
gotica insieme a quella classica, riuscendo a catalogare quasi 4000 monumenti
della coltura gotica francese che fino a quel momento non erano considerati tali.
Durante il suo mandato fu istituita la commissione dei monumenti storici.

3. Al suo posto, quando Vitet fu chiamato ad una carica più alta, subentrò un altro
personaggio, ossia Mèrimèe, cognato tra l’altro di Viollet le Duc.
Mèrimèe porterà avanti l’opera del predecessore facendo rientrare le problematiche
della conservazione e della preservazione tra i compiti fondamentali dello stato. Si
stabilirà con lui il criterio secondo il quale i monumenti classificati non possono più
essere sottoposti a lavori senza una preventiva autorizzazione.
Con lui il restauro diventerà un’opera di pubblica utilità e come tale verrà affidato
dallo stato a personalità pubbliche.

Per evidenziare la contraddittorietà e insieme descrivere il pensiero di Viollet le Duc


è opportuno estraporre
Viollet le Duc, fu un personaggio fondamentale anche a livello teorico, poiché è
colui che pubblicherà il dizionario ragionato dell’architettura francese dal XI al XVI
secolo, viene messa su carta per la prima volta tutta una serie di tecniche, materiali,
ornamenti che appartenevano al medioevo. Inoltre, nel dizionario era presente la
prima definizione di restauro dell’epoca moderna, in cui dice “la parola e la cosa
sono moderne. Restaurare un edificio non è conservarlo, ripararlo o rifarlo, è
ripristinarlo in uno stato di completezza che potrebbe non essere mai esistito in un
dato tempo”  egli dice fino ad ora non si è mai parlato di restauro, la cosa e la
parola sono moderne. Questa definizione di restauro e le sue operazioni di restauro
soprattutto alla fine della sua vita, hanno fatto inquadrare Viollet le Duc come un
grande falsificatore. Infatti le teorie attuali che si rifanno a manutenzione e ripristino
sono accusate di essere falsificatorie. Poi si è studiato che Viollet le Duc
considerava alla base di qualsiasi restauro la manutenzione e il consolidamento, e
quindi l’operazione vera e propria di restauro come ultimo baluardo alla
conservazione del monumento quando questo era in pericolo di crollo.
Studiando ed analizzando quella che è stata l’opera di Viollet le Duc si capiscono
due cose: la prima è che egli è stato la prima figura di architetto moderno, poiché
nella sua pratica di architettura c’è stata anche quella di cantiere, egli va operare e
ad intervenire quando nel cantiere vi sono elementi non in linea con il progetto.
Il modo ottocentesco di presentare i restauri era quello di far vedere lo stato di fatto
e il progetto finale.
La seconda cosa, Viollet le Duc per restaurare i monumenti francesi ebbe bisogno
di una grande cultura, di fatto è riconosciuto come il più grande conoscitore
dell’architettura gotica, la sua cultura gli permise di istaurare una cosa, ossia che il
restauratore doveva spogliarsi delle sue conoscenze attuali e quindi compenetrarsi
completamente nello spirito dell’architetto che aveva creato l’opera. E quindi il
restauro non doveva avere niente a che fare con l’epoca contemporanea.
Queste sue visioni e questo suo modo di vedere il restauro, che viene considerato
restauro stilistico, implica che la vita dell’edificio dal momento in cui venne costruito
e ricostruito viene completamente annullata, andando a rimuovere tutte le aggiunte.

I restauri più significativi che fece Viollet le Duc e che influenzarono la critica e gli
procurarono l’accusa di falsificatore sono:

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quando si parla della produzione professionale di Viollet le Duc di solito si dice che
è stata una parabola, poiche egli inizia con un comportamento che poi si evolve.

1. CHIESA DELLA MADELEINE IN VEZELAY = cittadina-fortezza nata per


proteggere i contorni di parigi dal fronte sud.
la chiesa era inizialmente romanica sorta nel 200 che quando Viollet le Duc si trova
ad operare al suo restauro, a 24 anni, supportato dall’intervento di Merimmè, si
trova la chiesa in un certo stato di conservazione, che ancora oggi possiamo
vedere grazie ai disegni materici fedeli dell’edificio, fatti da egli stesso prima del
restauro.
La facciata fu iniziata a costruire in stile romanico, ma poi il centro della facciata fu
costruito in stile gotico. Nel disegno della facciata è evidente il fatto che manca la
torre sinistra che era di fatto caduta.
Quando Viollet le Duc si trova ad operare sulla chiesa, la chiesa presenta grossi
problemi statici e di umidità a causa del fatto che i tetti non erano abbastanza
pendenti, e inoltre mancava la torre in facciata.
Laddove cambiava la struttura della chiesa, tra la parte gotica e la parte romanica
c’era un problema di forza che si trasmettevano, per cui egli ripristino gli archi gotici
in forme romaniche, andando ad eliminare 3 campate gotiche che incombevano
sulla parte romanica.
nella facciata invece poiche egli stesso ammette che l’immagine della chiesa era
così conosciuta, non ricrea la torre, bensì va a costruire un tetto a falda, non
andando a riprodurre la torre di sinistra.
Questo intervento è presentato come un intervento in cui egli si mosse cautamente.

2. Mentre stava facendo il restauro della chiesa, uscì il concorso per il restauro
della Cattedrale di NOTRE DAME a parigi, al quale partecipò insieme ad un
altro architetto Lassus. E preparò in un tempo brevissimo una serie di disegni
per il restuaro della chiesa. Il suo progetto vinse il concorso.
Si trattava di andare ad operare sul gotico per eccellenza nonché sulla cattedrale
più importante del paese.
Lo stato della facciata si presentava molto danneggiata e modificata, in quanto
erano stati eliminati tutti i segni del potere sacro e del potere del re, in seguito alla
rivoluzione francese.
Di fatto la guglia centrale e la galleria dei re furono abbattuti.
Per cui quando si trova ad operare Viollet le Duc, egli si andrà a rilevare tutte le
chiese gotiche e produsse alcuni disegni di come doveva essere restaurata la
cattedrale. In alcuni di questi sono riportate 2 guglie laterali, come nelle vere
cattedrali gotiche.
La guglia centrale della cattedrale era stata distrutta durante la rivoluzione francese,
quelle laterali non si sapeva se fossero mai esistiti, mentre quella del transetto si.
Inizia cosi un dibattito enorme se rifarle o meno quelle della facciata della chiesa.
Viollet le Duc le voleva rifare, Lassus no.
Furono fatti grandi interventi, furono create volte chiuse e cappelle esterne (senti
nota).
Furono affrontate inoltre anche altre problematiche, tra queste il ritrovamento di
alcuni rosoni romanici, presenti ancora oggi nel transetto di una campata.
Morto Lassus, Viollet le Duc realizzerà soltanto la guglia centrale atteggiamento
di svolta, se avesse costruito le guglie della facciata sarebbe stato un qualcosa di
troppo grande, per cui ricostruisce la guglia centrale tale e quale a quella
precedente.

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Tra le statue della facciata sono presenti quelli di Viollet le Duc e quella di Lassus.
Fece inoltre ricostruire tutte le statue dei re.
Per cui anche l’apparato decoratorio è stato rifatto.

3. Citè di Carcassone 1855  Atteggiamento diverso, non più cauto, a causa


della fama.
Si tratta di uno degli interventi a cui si deve l’accusa di grande falsificatore.
Carcassone, presentava due cinta di mura, che prima del restauro erano state
occupate da abitazioni addossate ad esse. Il risultato del suo restauro fu la
rimozione di tutto ciò che era stato aggiunto e tutto il nucleo urbano che si era
sviluppato a ridosso delle mura, e inizia un’opera di costruzione totale degli edifici
interni alla costruzione, producendo un’immagine della città totalmente diversa.
(SENTI NOTA)
Oggi e tutto un falso.

4. CASTELLO DI PIERREFONDS
Castello medievale che costituiva il circolo di protezione di fortezze della capitale.
Qui Viollet le Duc, che godeva del favore della moglie di Napoleone III, fa un
intervento innanzitutto conoscitivo, per poi ricostruire tutto.
All’inizio della costruizione era evidente la parte ricostruita rispetto a quella
esistente, ora non più perché la pietra diversa è invecchiata.
Qui Viollet le Duc rifece le decorazioni, l’impianto ornamentale e perfino gli arredi e
gli elementi decorativi.

Viollet le Duc è figlio del suo tempo. E a metà dell’800 fa la prima teoria di restauro.
Tutti gli interventi che abbiamo visto sono il modo di fare restauro dell’800.

LEZIONE 10
25/10

L’opposizione al restauro: J.Ruskin, W. Morris e l’azione della S.P.A.B

Oggi affrontiamo John Ruskin, altro non è che un filosofo, il quale al pari dei tanti
filosofi a lui coevi, ha espresso una teoria sull’estetica che si è sviluppata
nell’ambito della storia dell’arte. Le sue teorie sono figlie del suo tempo e quindi
delle conseguenze della rivoluzione industriale in Inghilterra.
Solitamente quando si parla di Ruskin lo si contrappone a Viollet le Duc, il quale
proponeva una teoria basata sulla completa ricostruzione in stile (Francia ‘800),
dall’altra lato Ruskin e il suo allievo Morris è stato inquadrato nel filone culturale del
movimento contro il restauro.

Quello che oggi studiamo è un contesto storico diverso: la Francia aveva avuto la
rivoluzione francese e quindi le distruzioni del suo patrimonio storico. L’Inghilterra,
invece, essendo un’isola si mantenne fuori a questa tempere culturale europea, a
tal punto che non conoscerà mai davvero cosa significa perdere degli edifici per
colpa della guerra. Tuttavia, sarà protagonista di quella che è la rivoluzione
industriale, ancora figlia dell’illuminismo e della ragione dell’uomo che tenta di
sovrapportsi alla natura per creare prodotti della vita quotidiana e produrli in serie.
L’Inghilterra 700entesca subisce grandi trasformazioni del territorio e soprattutto,
costruzioni in ferro e in ghisa. Nascono le periferie urbane.

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Nascono in questo periodo alcuni dei problemi coevi delle città: lavoro minorile,
inquinamento delle città. Cambiano così le condizioni proprie delle città.
Dal punto di vista della storia dell’arte e dell’architettura, proprio perché l’inghilterra
si mantenne lontano da alcuni movimenti culturali, l’Inghilterra rimase molto radicata
allo stile gotico, mentre la Francia l’aveva in qualche modo riscoperto con il
cosiddetto gotic revival, in Inghilterra invece era sopravvissuto, sono pochi di fatti gli
esempi del neoclassicismo in Inghilterra.
La valorizzazione del gotico in Inghilterra diventa una maniera di rispondere alla
rivoluzione industriale, in quanto simbolo di una cultura nazionale, ma anche
simbolo di un periodo in cui la produzione artistica era legata ad una produzione
artigianale e non industriale, e infatti era considerato l’ultima riproduzione artistica
vera prima dell’industrializzazione.
In inghilterra si svilluppa e si diffonde il concetto di sublime, in seguito alla
pubblicazione dello scritto di Edmund Burke “ A philosophical enquiry into the origin
of our ideas of the sublime and beautiful 1757”.
Si incomincia a guarda alla natura e all’opera d’arte nei suoi aspetti meno perfetti.
La produzione artistica incomincia a guarda alla natura non più secondo i suoi
concetti di staticità, ma si incomincia a valorizzare paesaggi disordinati, tempeste,
nebbie ecc, e quindi aspetti meno perfetti, rispetto ai paesaggi perfetti di inizio 700.
Pensiamo al “Viandante sul mare di nebbia”.
O ancora alla “Pioggia, vapore e velocità” di Turner.
Sono tutte opere che richiamano volutamente l’imperfetto.
Gli stessi industriali inglesi si costruiscono le ville con giardini non più all’italiana,
bensì all’inglese riproducendo il senso pittoresco da cui nasce il giardino all’inglese.
L’interesse verso l’architettura non è più verso l’architettura finita e perfetta, bensì è
verso il rudere, e quindi verso un’architettura che testimonia il passaggio di tempo.
E quindi il senso di pittoresco, proprio dell’arte e della pittura, si diffonde anche in
architettura.
Quali sono gli esempi artistici che si vanno a guardare?
Si vanno a guardare gli esempi della pittura prima di raffaello, che era considerata
la perfezione rinascimentale. Nascono i cosiddetti pre-raffaelliti , per i quali la
perfezione artistica non è più l’ideale del secolo, essi ricreavano opere che
andavano a ricreare il classico ma non più soggetti perfetti, ma soggetti vivi e
naturali con forme e pose del tutto nuove.
In questo contesto nasce Ruskin con una nuova teoria, con filosofie romantiche

Ruskin era uno storico dell’arte, di famiglia borghese, il che gli permise
nell’inghilterra vittoriana di viaggiare tantissimo, inizialmente sulla scia del grand
tour, venendo a conoscere anche tutta la produzione classica del mondo italiano. A
napoli è attratto dall’aspetto pittoresco della città, e dagli aspetti dell’architettura più
vicini agli aspetti sociali. Egli infatti considerava l’architettura non più espressione di
una classe dominante, bensì espressione della società. ciò vuol dire che l’oggetto
della tutela, ovvero l’architettura che merita di essere tutelata non è più soltanto
l’architettura monumentale, bensì tutta quella che può essere considerata
architettura storica, e quindi anche l’agglomerato urbano comincia ad avere un suo
valore, in quanto espressione della società. Da qui la sua attenzione a napoli, per
scorci della città che non rappresentano il paesaggio naturale, bensì quello urbano.

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Qual è il procedimento di analisi di Ruskin?

Egli sarà il primo a mettere sullo stesso piano tutte le arti, quando lui parla di arte
mette insieme architettura, scultura, pittura.
Il modo di scrivere di ruskin non è analitico, bensì egli procede per analogia,e
l’analogia affronta tutti i campi dell’arte, passa da un argomento all’altro sulla base
di spunti, di stimoli intellettuali, di interessi culturale, di motivazioni affettive.
Stabilisce così un metodo, per cui in maniera sincronica affronta tutti i campi del
sapere secondo un’unica legge. La visione sincronica di ruskin gli permette di
vedere un edificio che ha subito diverse trasformazioni in diversi tempi, lo vede
come un unico edificio proprio del suo tempo. La sua visione si contrappone a
quella diacronica di Winckelman.
Nei suoi scritti da una premessa non segue necessariamente una sola conclusione.
Il ragionamento è il risultato di una scelta, di una possibilità: il percorso intellettuale
è tracciato per affinità.
Questo metodo non è più figlio della cultura illuministica, bensì segue una logica
delle relazioni.
Questo significa che i confini delle discipline vengono tutti aboliti. Viene eliminata la
gerarchia del sapere, l’edificio che ci arriva oggi non è più del 300 che ha subito
delle trasformazioni ma è l’edificio che arriva oggi.
Il punto di riferimento del pensiero di Ruskin, non è più l’oggetto in sé, bensì è
l’uomo si torna cosi alla visione romantica.
Da questo possiamo capire la sua produzione artistica che investi tutti i campi del
sapere.

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La poetica di Ruskin:
il valore dell’oggetto è relativo al fatto che rappresenta ed è un’emanazione
dell’uomo. Per cui se è una rappresentazione dell’uomo, come quest’ultimo è
irripetibile, anche l’oggetto lo è.
È attraverso l’oggetto che si riconosce il valore dell’uomo, in quanto testimonianza
della dignità e del valore dell’uomo che è qualcosa di irripetibile.
In “Moders Painters”, pone i principi dei preraffaelliti e della pittura, dice che
l’opera d’arte è un riflesso del concetto di bellezza.

Che cos’è il concetto di bellezza? È bello l’oggetto industriale prodotto da una


macchina in più copie identiche, o è bello l’oggetto architettonico che è stato
costruito in un solo esemplare e che ha subito un’evoluzione del tempo e
dell’uomo?

La bellezza non è più un concetto astratto, come nel mondo classico, bensì è
un qualcosa che quanto più possibile si avvicini alla natura, e quanto più
possibile esprime l’uomo e la natura stessa.
Diventa bello quindi anche l’edificio comune, nonché l’oggetto fatto
artigianalmente, in quanto esempio di un oggetto unico al di fuori della
produzione industriale.
Il concetto di bellezza con Ruskin si allarga.  Arte diverso da mimesi.
Ruskin non accetta la distinzione tra arte e produzione artigianale, la cultura
materiale come espressione della potenza spirituale dell’uomo.
Rimane da verificare il valore speculativo dell’assunzione: bellezza =
trascendentale  armonia= il modo stesso di operare di Dio
Il bello determina nell’uomo un senso di piacere= pura gioia.

Che cos’è la conservazione?

La conservazione, in relazione al restauro e al dipinto, non può essere manomesso


attraverso un’opera di ripristino.
La conservazione diventa l’attitudine di un popolo a conservare e mantenere quello
che l’uomo è riuscito a produrre nelle varie epoche. La natura sta alla memoria
genetica come l’uomo sta alla conservazione.

Per arrivare al testo che è più vicino al restauro, ovvero “Le Sette lampade
dell’architettura”, in cui nei vari capitoli, ossia le varie lampade, ci sono alcuni come
quello della memoria che influenzano la conservazione dei monumenti.

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Tra gli aforismi della lampada della memoria, che è la lampada che più interessa il
mondo del restauro, l’aforisma 27 dice che bisogna conferire all’architettura una
dimensione storica e conservagliela
Aforisma 29 la terra l’abbiamo ricevuta in consegna, non è un nostro possesso.
Aforisma 31 il cosiddetto restauro è la peggiore delle distruzioni.

Questo vuol dire che Ruskin ammette la fine dei monumenti?


Cioe Ruskin ammette che se un monumento in qualche modo sta morendo e non
può essere salvato, va bene che perdiamo quel monumento? Si egli dice
proteggiamo i monumenti, però nel momento in cui quel monumento è
definitivamente morte non possiamo accanirci su questo. Egli ammette la
distruzione e la morte del monumento, in quanto espressione dell’uomo.

 Su questo piano, la critica contrappone Ruskin a Viollet le Duc, tuttavia anche


per quest’ultimo l’atto del restauro deve essere l’ultima operazione, egli stesso dice
che prima di intervenire su un edificio, dobbiamo ripararlo.
La differenza tra i due è la soluzione finale; Viollet le Duc non accetta la morte
dell’edificio, il suo modo di intervenire è quello di riprodurre lo stato di completezza
dell’edificio che probabilmente non sarebbe mai esistito.
Mentre Ruskin ammette la morte e la perdita dell’edificio.
Secondo Ruskin la poesia di un’architettura è in quel mezzo pollice di polvere che
testimoniano l’invecchiamento dell’edificio, la cosiddetta patina, ossia quello strato
di superficie che va conservato in quanto espressione della sua memoria storica e
del passaggio del tempo, per questo motivo non va coperto con un altro strato.

WILLIAM MORRIS

Allievo di Ruskin, fu William Morris, il quale sarà il suo braccio operativo, in quanto
Ruskin non effettuerà nessun restauro, Morris sarà colui che fonderà il movimento
delle “Art and Crafts movement”, con il quale si pongono le basi di quello che sarà il
movimento moderno.
Incominciano ad avere importanza artistica anche la produzione artigianale, e
quindi tessuti, mattonelle ecc.
La cosiddetta casa rossa che Morris progetterà con Philipp Webb e considerata il
primo esempio del movimento moderno.
Il manifesto di questo movimento sarà la cosiddetta S.P.A.B ovvero società della
protezione degli edifici antichi, esistente ancora oggi.

L’attività della S.P.A.B fu diretta ad orientare i restauri che venivano fatti in


Inghilterra, che sono ancora interventi di restauro stilistico, tra i successi ottenuti
dalla società di Morris, ci fu l’intervento sui restauri della basilica di san marco a
Venezia (fine 800), in cui si stavano asportando tutti i marmi bizantini. L’obbiettivo
riuscì, grazie anche all’azione dell’opinione pubblica, di fatti i marmi rimasero in
opera e non vennero danneggiati.
In quegli anni a Venezia vi erano altri personaggi della cultura del restauro, che
grazie agli interventi di Ruskin e Morris, riuscirono ad avere contatti con la cultura
del restauro britannica.

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LEZIONE 11
31/10

Tenendo presenti il non restauro di stampo inglese e il restauro stilistico della tradizione
francese, arriviamo in Italia con una terza corrente.
Questi due grandi estremi del restauro stilistico e del non restauro (che prevedeva la
morte del monumento), sono stati fin troppo estremi per trovare fortuna. La fusione di
questi due grandi movimenti è quella che in Italia ha posto le basi per il restauro italiano,
che da Boito in poi non si è più mosso dall’Italia, a tal punto che il restauro come lo
intendiamo oggi si fa solo in Italia.

Storicamente l’Italia ha sempre avuto la Francia come modello culturale, di fatti il modello
italiano del restauro attinge le sue caratteristiche dal restauro stilistico di Viollet le Duc.
Nel 1860 nasce l’Italia unita, nasce dunque una nuova nazione, per questo motivo c’era la
necessità di creare una cultura architettonica nazionale, che sarà quella che fa riferimento
all’ultimo volta in cui l’Italia era stata una nazione libera, ovvero quella dell’epoca
Medievale. Per cui appare quasi normale prendere come stile di riferimento lo stile
romanico, e quindi lo stile gotico figlio dell’influenze del mondo anglossassono del revival
neo-gotico. L’obbiettivo 800esco è quello di creare uno stile nazionele in italia.
L’800 è un secolo di revival.
In che modo si riflette quest’esigenza? Soprattutto nella creazione e l’edificazione delle
chiese e delle facciate delle grandi cattedrali delle città, che fino a quel punto era rimaste
incompiute. Vengono ora costruite con l’intento di dare un’unità nazionale, guardando allo
stile romanico come stile tale da conferire un’unità che il regno dei Savoia voleva dare.
In questo contesto, nascono tutta una serie di emuli di Viollet le Duc, in quanto modello
che arriva in italia, per cui tutto l ‘800 è caratterizzato da personaggi che hanno un’
importanza locale nelle diverse città, che hanno come obbiettivo quello di effettuare i
restauri dei monumenti alla maniera di Viollet le Duc.
A Napoli operò Federico Travaglini. Figura molto importante nella cultura napoletana, in
quanto vediamo un restauratore, che non è solo un architetto che opera bensì anche un
insegnate.
Nasce con l’accademia di belle arti, studia a Roma, divenendo poi professore
dell’accademia delle belle arti e poi della scuola di ponti e strade, primo embrione della
facoltà di ingegneria. Per questo motivo la sua azione divulgativa sugli studenti di
architettura e ingegneria era fondamentale.
Egli fu inoltre un grande disegnatore, i suoi disegni sono disegni di ricostruzioni, ovvero
esempi di ricostruzione di monumenti classici, così come faceva Vidè con i suoi studenti
che li portava nei ruderi delle cattedrali gotiche per farglieli riportare sui disegni.
I disegni di Travaglini sono definiti da egli stesso “divinazioni” egli faceva delle astrazioni
tali da fargli concepire l’edificio completato.
Il problema era che queste divinazioni furono la sua strada maestra nel momento in cui da
architetto gli fu commissionato uno dei restauri più importanti a Napoli: La Chiesa di San
Domenico Maggiore, oggi quello che vediamo dalla piazza altro non è che l’abside della
chiesa, la cui facciata invece si trova all’interno di un cortile.
La sua idea di restauro è quella di riportare al primitivo splendore la chiesa angioina che
aveva subito grandi trasformazioni, che l’avevano resa una chiesa barocca. Il suo intento
era quello di divinarla rimuovendo le decorazioni barocche e riportarla al suo stato
angioino (niente di più di quello che ci diceva Viollet le Duc)
Viollet le Duc diceva che portare avanti un restauro stilistico implica una conoscenza
enorme delle tecniche costruttive, del mondo e della cultura che si voleva ripristinare ed
imitare. Travaglini non ha questa cultura, non ha conosciuto l’architettura gotica come

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Viollet le Duc, il quale fu un grande conoscitore dell’architettura classica. Per cui dove le
sue conoscenze non arrivano, per creare uno stile che aveva in mente lui dice che
l’edificio deve avere un “immegliamento”, laddove non riesce a ricreare il gotico lui dice
che l’importante è che l’edificio abbi una sua armonia delle parti.
Sulla Chiesa di San Domenico Maggiore, quello che vediamo oggi all’interno non è lo stile
gotico, bensì è l’invenzione di Travaglini per portare la chiesa barocca allo stile gotico.
Ad esempio, sulla facciata che si presentava con grandi decorazioni e stucchi barocchi, si
inventa uno stile gotico, per cui inserisce elementi proprio dello stile gotico, e quindi
pennacchi gotici, colonnine, bifore, pertanto in nessuna parte c’è il ritrovamento di
elementi originali che fanno suppore il fatto che le bifore erano in realtà finestre
rettangolari.
Per questo motivo parliamo di qualcosa ancora diverso dal restauro di Viollet le Duc.
Esempi del fatto che sia un restauro completamente inventato sono gli archi a sesto acuto
delle due cappelle laterali della chiesa, dove in realtà aveva trovato quello originali la cui
imposta era più bassa per cui non riporta alla luce quelle originali bensì ne inventa per
rispettare l’armonia delle parti.

Castelnuovo, l’Arco di Alfonso d’Aragona

Per capire l’importanza di Travaglini nel contesto prima e dopo l’unità d’italia analizziamo
la torre di sinistra del maschio angioino che crollo a causa di grosse infiltrazioni e danni a
causa delle fabbriche appoggiate. Travaglini oggi ci dà la torre di sinistra.

Contemporaneamente a Travaglini, operò Alfredo d’Andrade.


In occasione del convegno tra ingegneri e architetti a Torino, d’Andrade costruì un vero e
proprio villaggio piemontese andando a prendere tutti gli elementi caratteristici dei centri
storici medievali piementosi.
Fu realizzato il Castello del Valentino, oggi sede della facoltà di architettura della città.
In questo modo si capisce come in italia vennero apprese le teorie di Viollet le Duc.

Camillo Boito (1836-1914) e il Restauro Filologico

In questo contesto, abbiamo la nascita del cosiddetto restauro filologico, ossia una terza
corrente del restauro ( 1. Stilistico di le duc, 2. L’anti-restauro di Ruskin).
Dal restuaro filologico discende quella che sarà la teoria di Brandi del dopoguerra, ovvero
il restauro critico.

Camillo Boito, personaggio che nasce a Roma ma Milanese, e un personaggio di cultura,


si specializza all’accademia delle belle arti, ha grandi maestri come insegnati.
Inizialmente la sua teoria si incomincia a delineare anche all’interno delle conferenze di
architetti e ingegneri come quella che si tenne a Torino presso il castello del valentino.
La sua teoria è una teoria intermedia tra quella di Ruskin e Viollet le Duc, poiche come
ruskin è a favore della conservazione degli elementi ma non accetta la perdita dell’edificio.
Egli diceva infatti” io preferisco i restauri mal fatti ai restauri fatti bene. […]” in quanto
perdevano la loro autenticità.
Per cui egli dice, seguendo Viollet le duc, non c’è sapienza, non c’è ingegno, che valgano
a salvar dagli arbitrii. Definisce la teoria di ruskin “spietatamente logica”, ma critica il suo
fatalismo ironizzando sull’esito che il non restauro può avere sui monumenti.

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Qual è la soluzione?  è la conservazione dei monumenti e non al restauro, in quanto
quest’operazione è innaturale.
Che cos’è il restauro filologico?
Al convegno dei restauratori tra ingegneri e architetti, Boito è il relatore e andrà a fare la
sua relazione in un documento in 7 punti che è considerata la prima di carta di restuaro
italiana ( ci sarà la carta di atene, quella di amsterdam ecc) si tratta di documenti
programmatici ai quali il restauratore non deve per forza essere fedele ma ci dicono cosa il
restauratore deve fare per garantire la conservazione del monumento.
Al punto numenro 1 dice: i monumenti architettonici, quando si manifesta l’esigenza di
mettere le mani devono essere piuttosto venire consolidati che riparati. L’ultima ipotesi
deve essere quella del restauro.
Come devono essere fatti i restauri?
i restauri si devono compiere con carattere diverso da quello del monumento in modo che
le nuove forme non toccano troppo e non diano fastidio all’edificio esistente.
1. Per la prima volta viene messo nero su bianco da un teorico il fatto che devono
essere distinte le aggiunte dalle parti esistenti.  Distinguibilità
Le aggiunte devono avere inoltre una materia diversa rispetto alle parti esistenti.
Inoltre, dice che le parti esistenti dovranno essere non solo distinte materialmente da
quelle aggiunte che devono inoltre avere stampante su ogni concio la data del restauro, a
testimonianza del fatto che sono stati aggiunti in un secondo momento.
4. Negli altri punti ci dice che Le fasi del restauro devono essere fotografate e raccolte
e documentate in un catalogo.
5. Tutte le parti che pensiamo debbano essere tolte, non devono avere importanza
storica e stilistica, ma cmq devono essere conservate.

Boito fu anche un architetto, oltre che teorico, che riuscì a realizzare delle opere in ambito
milanese e veneziano che ci aspettiamo rispettino la sua teoria. Il primo restauro che gli fu
commissionato è la chiesa dei santi donato e maria a murano. Si trattava di una chiesa
romanica che aveva assunto delle trasformazioni barocche,
quando si trovò ad operare ebbe degli atteggiamenti diversi rispetto alle parti dell’edificio.
la parte dell’abside era con gli arconi dove era evidente l’imprinting romano nella quale
effettuò solo piccoli interventi puntuali.
Lasciò la chiesa in uno stato fedele rispetto all’aspetto orginario (stato di conservazione
che potremmo dire ruskiano)
Dall’altro fianco però un atteggiamento diverso perchè per ragioni urbane di liberazione
della piazza decise di rimuovere degli edifici della chiesa (sagrestia, due cappelle
rinascimentali) e li rimontò da tutt’altra parte, liberando così il fianco della chiesa.
(operazione a metà tra il restauro stilistico e quello della conservazione ruskiana).

Il suo restauro più significativo ed importante è la Porta Ticinese a Milano.


Per ragione di viabilità, la Milano dell’800 decide di abbattere le mura ed espandersi al di
fuori di queste, e quindi c’è l’esigenza di abbattere questa porta medievale che
probabilmente sorgeva su una porta romana. Si decide poi di non abbattere la porta ma
solo le mura e l’intervento fu affidato a Boito.
Intorno alla porta erano sorti degli edifici che avevano quasi invaso la porta rendendola
parte dell’abitazione private.
Boito benchè fautore della conservazione, restaurò la porta facendo un vero e proprio
restauro stilistico, liberando la porta dalle costruzioni esistenti, andando a creare due
fornici laterali per consentire il passaggio e quindi la fruizione del traffico. Si inventa la
merlatura della torre, riposiziona il fregio e l’iscrizione centrale.

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Altro restauro che contrastava il dettame teorico di Boito, fu l’ampliamento del Palazzo
Cavalli Franchetti a Venezia, in cui progettò un corpo per far fronte all’esigenza di fare un
altro scalone.

Ultimo intervento è l’altare di Donatello all’interno della chiesa di Sant’Antonio di Padova, a


Padova.
Si tratta di un’invenzione totale di Boito. L’altare era stato scolpito da Donatello, si trovava
completamente smontato erano rimaste solo le formelle che Donatello aveva scolpito.
Filosofia= andare a ritrovare ed interpretare i brani originali dell’architettura evidenziando
le aggiunte e le ricostruzioni.
Boito fu richiamato a ricomporre l’altare ma si fece prendere la mano. Il risultato fu una
ricostruzione in cui solo le formelle di Donatello sono la parte 400esca, ma la parte di
architettura è un revival.

Lezione 12
7/11

GUSTAVO GIOVANNONI E LA CARTA DI ATENE

Siamo arrivati al 900, pur avendo saltato diversi esponenti e correnti dell’800.
Arrivati a Giovannoni la corsa che proseguiva in una linea retta che aveva avuto le sue
tappe: rinascimento, rivoluzione francese, un ultimo punto di chiusura sarà la seconda
guerra mondiale.
Giovannoni ha vissuto a pieno la seconda guerra mondiale, a tal punto che annullerà la
valenza di tutte le sue prima teorie post guerra, in seguito alle grandi distruzioni del
patrimonio culturale.
Si tratta di un personaggio molto trasversale, egli nasce alla fine dell’800, diventa
ingegnere e quindi esperto di materie tecniche si appassiona alla storia dell’arte e segue
un corso con Robert Venturi, storico dell’arte, e arriva alla concezione che la figura
dell’architetto debba essere un uomo tecnico ma al tempo stesso storico dell’arte. Queste
considerazioni lo portarono a fondare a Roma nel 1928 la prima facoltà di architettura,
concepita come un luogo in cui si studierà allo stesso modo sia le materie tecniche che
quelle umanistiche.
L’attenzione verso l’ambiente costruito si avrà con Giovannoni.

La formazione e la conoscenza di Giovannoni parte anche prima della sua nascita, il


periodo storico che egli vive e quello che vede lo sventramento di Parigi ad opera del
piano di Haussmann, che fa capire cosa vuol dire perdere il patrimonio della città costruita.
Il piano prevedeva una progettazione della città calata sulla città esistente.
Quest’operazione avrà tantissima fortuna, in quanto risolverà anche nelle altre città tutta
una serie di problematiche.
Concretamente il piano portò alla distruzione della città, anche di quell’edilizia che era
definita minore e di poca importanza.
Quest’operazione fu funzionale anche a determinati eventi storici che stavano avvenendo
in italia: firenze era diventata la nuova capitale del regno, per cui dalla necessità di creare
la nuova città amministrativa, sull’esempio di parigi, la città fu rasa al suolo e ricostruita
secondo il piano di Poggi.
Tale operazione verrà fatta anche a Roma con il piano regolatore di Alessandro Viviani del
1883 che prevedeva una serie di sventramenti per far capire quanto fosse pesante la
ruspa all’interno della città.

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A Napoli nel 1885 per combattere il colere e portare aria all’interno dei vicoli della città fu
pensato il grande sventramento del rettifilo del corso di Umberto.
Ogni qual volta ci sono perdite di questo tipo iniziano movimenti e teorie che ci portano
alla loro protezione:
il primo fu il teorico viennese Camillo Sitte, il quale nel 1889 dà alle stampe Stadte-bau
(‘ARTE DI COSTRUIRE LE CITTA’) la sua operazione era quella di andare incontro a tutti
coloro che davano importanza solo ai singoli monumenti, andò a riportare le più importanti
chiese vienniesi ma riportandole in pianta ma non come singoli monumenti ma anche la
porzione di città in cui erano contenuti. …

altro personaggio fu Charles Buls, sindaco di Bruxelles, nel libro l’estetica delle città fece
lo stesso tipo di operazione sui monumenti del belgio.

In questo contesto nasce gustavo giovannoni 1873, siamo proprio negli anni dello
sventramento del corso vittorio emanuele e roma a seguito del piano viviani.
Si appassionò all’ingegneria civile, tanti sono i suoi scritti che sono influenzati da questa
operazione.
Si laurea in ingegneria e si specializza in storia dell’arte. Questo tipo di formazione e
conoscenza lo fecero diventare uno dei massimi esponenti della progettazione,
dell’urbanistica e del restauro.
Negli ultimi 20/30 anni della sua carriera fu uno degli architetti che operò in stretto contatto
con le gerarchie fasciste.
Giovannoni e Piacentini furono gli architetti impegnati a definire la nuova architettura
fascista. Giovannoni diceva che l’architettura del regime doveva essere il cosiddetto
barocchetto romano, ossia un’architettura contemporanea che riprendesse il carattere
della roma contemporanea fatta di barocco ecc.
Il tipo di arch che egli propone è distinto da quello di piacentini.
Tra le sue opere più importanti: la fabbrica della birra a roma, l’ingresso di montevergine
ad avellino.
Giovannoni che colui che fonda alcune riviste come Palladio, ci ha lasciato una grande
conoscenza dell’architettura rinasciementale e barocca di roma.  il quartiere romano del
rinascimento
In campo del restauro a lui si associa un’altra delle correnti del restauro, ovvero quella del
restauro scientifico.
La sua teoria è: il monumento e l’architettura che ci arriva dal passato altro non è che un
documento di arte e di storia. Con lui nasce il parallelismo documento monumento
Se un’architettura e un monumento, ciò significa che tutte le sue parti ci dicono e ci
trasmettono qualcosa, ancora di più se quel qualcosa ci rimanda ad un determinato
evento storico o ad una valenza artistica.
Giovannoni è discepolo delle teorie di Boito, per cui se l’architettura è un monumento ciò
significa che tutti gli interventi che vado a fare devono essere distinti da quelli ritrovati.
Sostiene quindi la distinguibilità.

Perche restauro scientifico?


Perche divise in una maniera abbastanza 800entesca, gli interventi in 5 categorie. I tipi di
intervento che possiamo fare su un edificio antico sono di 5 tipi:
1. Restauri di consolidamento
2. Restauri Di ricomposizione
3. Restauri Di liberazione
4. Restauri Di completamento
5. Restauri Di innovazione

49
Perché dividerli?
Perché Ognuno di questi comporta un intervento sempre più pesate sull’opera. 
divisione molto scientifica e razionale.

Come aveva già fatto ruskin, villet le duc ecc, anche giovannoni sosteneva che la prima
fase del restauro è il restauro del consolidamento dell’edificio.

2. Prevedono la ricostruzione di una parte dell’edificio solo quando abbiamo gli


elementi metrici ancora esistenti, per cui è possibile fare una sorta di puzle, senza
fare delle falsificazioni.  Anastilosi = ricostruzioni con gli elementi esistenti
3. I restauri di liberazioni nel periodo fascista si faceva la liberazione degli edifici,
ossia togliere gli edifici addossati ad edifici storici esistenti. Questo tipo di
operazione si può fare ma solo a patto che l’edificio che si va ad eliminare dal
monumento non presenti nessun elemento di valore né storico né artistico.
4. Gli ultimi due interventi sono interventi nei quali bisogna costruire e rifare parti di
edifici. Nel primo vanno rifatti parti di edifici non strutturali, nel secondo invece si
rifanno parti di notevole importanza o strutturali. Questi due tipi di restauri sono per
giovannoni negativi bisogna evitare di farli.

Altra fondamentale distinzione che giovannoni fa: tutti gli edifici si dividono in edifici vivi e
in edifici morti. I primi sono quegli edifici in cui è ancora possibile fare un tipo di restauro
che ridia all’edificio la sua funzione originaria. Negli edifici morti (edifici allo stato di rudere
es. terme romane, partenone, castelli ecc, il colosseo) non è possibile ridare la funzione
originaria.

Nel dopoguerra Pane invece dirà che gli edifici vivi sono quegli edifici in cui è possibile
dare una destinazione d’uso compatibile con l’edificio, sebbene non sia la stessa a quella
originaria.

Giovannoni fu inoltre il primo a dare una teoria di restauro urbano, ovvero di come si
restaura la città, contenuta nel volume vecchie città ed edilizia nuova, in cui spiega che
cos’è la teoria del diradamento urbano.
All’inzio del 900 si fa portavoce di che vuol dire perdere
A roma nel piano viviani era statp realizzato quello che è il corso emanuele ad opera del
piano di Sanjust 1908, che per esigenze legate al traffico, pone all’interno della città degli
sventramenti alla maniera haussamaniana,proponendo un asse che andava a sventrare la
via dei coronari che portava al vaticano.
Giovannoni attraverso la sua associazione che era l’ associazione per i cultori
dell’architettura, propose un modo alternativo allo sventramento per allargare la città e
dare aria alle piazze, creare camminamenti per il traffico più fluenti.
Si concentro poprio su via coronari, fece uno studio su tutti gli edifici della via, mostrati poi
all’esposizione universale di roma del 1911, per sensibilizzare la gente a vedere che tipo
di patrimonio si stava perdendo.
Per risponde alle nuove esigenze, propose di andare a studiare tutte le abitazioni, di
andare a considerare gli edifici che non avevano valenza storica ed artistica e quindi quelli
che potevano essere sacrificati per creare delle nuove viste, dei giardini, delle piazze ecc.
Fece un piano di via dei coronari in cui evidenzia gli edifici di valenza storica, i punti di
vista prospettivi e il perimetro di spazi da demolire per creare aria e spazi di percorrenza.
Gli spazi che Giovannoni ha creato sono spazi architettonicamente belli

50
Questo tipo di piano voleva applicarlo nel quartiere del rinascimento con alcune proposte,
tra le quali un passaggio coperto di piazza Navona andando a mantenere la cortina
edilizia della piazza.
Il diradamento prevedeva cmq degli abbattimenti all’interno della città, per cui furono
create le borgate romane, come la garbadella che nascono in risposta a questo fenomeno.

Giovannoni ebbe una grande influenza anche sulla città di napoli. Qui fu chiamato a
redigere un piano urbanistico della città, che pertanto non ebbe mai effettiva realizzazione
per problemi amministrativi, tuttavia rappresenta una fase importante per la città, in cui
tentò di applicare la teoria del diradamento, da cui nascono i quartieri come l’arenella ecc,
nati come le borgate romane.
Nel centro storico, il piano prevedeva lo sventramento dei quartieri spagnoli, in cui si
andava a creare una parallela di via roma, per liberare il traffico di via roma.
Il colonnato di piazza del plebiscito doveva essere liberato con la creazione di un quartieri
alle spalle.
Una proposta alternativa all’abbattimento di corso umberto era una strada che pertanto
prevedeva anch’ essa uno sventramento vero e proprio.
Per questo motivo possiamo dire che non c’era una grossa corrispondenza tra le sue
teorie e la pratica, questo probabilmente anche per l’influenza politica di quegli anni.

Il restauro è normato dalla presenza di carte: la prima è quella di Boito.


Nel 1931 fu stipulata la carta di atene, per testimoniare ciò che stava avvenendo nel
restuaro del partenone. Questa carta in 10 punti ci dà informazione sulle direttive e le
conoscenze del restauro prima della guerra. Alcuni punti sono ancora attuali.
Punto 2 Nel 1931 si decretava la fine del restauro stilistico di Viollet le Duc.
Punto 4 quando si tratta di rovine è opera felice di rimettere in posto gli elementi originari
ritrovati (anastilosi).
Punto 5 approvano l’uso del cemento armato
Punto 7 rispettare il carattere e la fisionomia della città
Punto 8
Queste teorie dopo la fine della seconda guerra mondiale non saranno più valide.

Giovannoni fu delegato capogruppo.

Lezione 13
8/11

Gaetano Filangieri e Adolfo Avena:


Il Restauro di Castel Nuovo + il Restauro a Napoli tra le due guerre: L’opera di Gino
Chierici

Sulla scia delle teorie giovannoniane, si muove il restauro storico.


A Milano operava Camillo Boito che promuoveva il restauro filologico, tra i suoi allievi vi
era Luca Beltrami, architetto, storico dell’arte e politico italiano.
Egli sarà il principale esponente del restauro storico, che prende le distanze da quello
stilistico basandosi sulla storia. Nel restauro storico si abbandona il concetto di unità
stilistica e si adotta quello del restauro “documentato”.
Non si procede più per via analogica (come nel restauro stilistico), ma per la via della
ricerca storica.  Recupero dell’integrità storica.

51
Luca Beltrami è uno dei maggiori promotori del Recupero dell’integrità storica che applica
sul restauro del Castello Sforzesco di Milano: dettagli sulla Torre del Filarete.
In fase di cantieri si cercò di attualizzare i disegni di archivio del Filarete, tuttavia essendo
spesso i disegni manchevoli di dettagli e di finiture, si finisce spesso per affidarsi
all’analogia, il risultato infatti sarà una torre che prende spunto da quella del Bramante del
Castello di Vigevano.

A Napoli, il restauro di Castel Nuovo riguarda lo stesso filone, ovvero il restauro storico.
Gli anni in cui il restauro storico è vissuto a Napoli, sono anni di radicali trasformazioni del
tessuto urbano, inseguito al risanamento, siamo negli anni del fascismo.
Sono anni inoltre di numerosi restauri: furono scelti edifici che costituivano prototipi di
architettura, e quindi ad esempio chiese paleocristiane e cosi via.
Riccardo Filangieri, si presta al restauro del Castel Nuovo, in quanto egli è uno storico, per
cui ha la possibilità di recuperare tutta una serie di documenti relativi al monumento.
“restaurare dove il restauro è indispensabile; ripristinare gli elementi architettonici e
decorativi aragonesi ove può documentarsene con ogni precisione l’antica esistenza.
Demolire tutte le soprastrutture, quando gli elementi sottostanti possano per
documentazione rimettersi nel pristino stato”.

Le fasi che hanno costituito il castello sono:

1279-1284 il castello fu eretto da Carlo I d’Angiò

XV sec il castello viene ricostruito per volere di Alfonso I d’Aragona che conserva
dell’antica fabbrica solo la cappella palatina e la sala di re Roberto.

La stampa di francisco de Hollanda mostra lo stato di fatto originario del castello.

XVI sec il castello assume una funzione militarmente secondaria


XVIII Vengono realizzate fabbriche intorno al castello
1861 Il consiglio comunale propone l’isolamento del castello, iniziando dall’abbattimento
delle fabbriche addossate al castello e della cinta bastionata 1871.
Prima dell’effettivo intervento sul castello passano circa 5 anni. Nel 1876 crollò la torre di
mezzo. Per questo motivo viene istituita una commissione per la ricostruzione della torre
composta da:
3 architetti: Ruggiero, Travaglini e Rega
3 archeologi: Minervini, Capasso e Salzaro

Nonostante la commissione, Adolfo Avena fu incaricato di ripristinare l’arco, egli vuole


agire togliendo d’opera, per poi rimetterle e rinsaldarle, soltanto quelle parti, le quali per
precedenti malintesi restauri erano state disordinate e turbavano l’armonia dell’insieme.
Fa un’operazione di lavoro di scuci e cuci dei conci marmorei dell’arco.
Inoltre, libera le colonne del primo ordine,
apre inoltre l’arcata del secondo ordine,
l’intervento sarà considerato dallo stesso Giovannoni come un corretto esempio di
restauro di ricomposizione.

Nel 1923, il comune incaricò una commissione per il restauro del castel nuovo, composta
da Pietro Municchi, Luigi Giusso della Schiava, Michele Platania e Riccardo Filangieri.
Essa stabilì i criteri da seguire durante gli interventi: ripristino storico: forme 400 esche

52
Lo stesso Filangieri definisce le strutture di epoche successive di “nessun valore artistico
né militare”.

Criteri generali di intervento:

“mettere in luce tutti gli elementi architettonici del castello aragonese;


ripristinare quelli scomparsi sempre che ne sia sopravvissuta tanta parte da permetterne il
ripristino della materia, nella ubicazione e nella forma identica all’originale;
conservare gli elementi posteriori aventi proprio pregio artistico quando non fosse
possibile la restituzione degli elementi originari;
rispettare e riportare in luce qualsiasi elemento, anche se semplicemente murario, del
primitivo castello angioino, come isolata reliquia, e in guisa da non turbare l’unità
architettonica quattrocentesca.”

Per elementi da conservare:

quanto riguarda l’ala orientale gli elementi da conservare sono:

le facciate sud ed ovest del cortile rifatte in parte nel 500, facciata nord ed est del cortine
ricostruite nel 700

le fonti:
essendo un restauro storico, filangieri ha bisogno di ricostruire l’immagine originaria
dell’edificio, si rifà così alla tavola strozzi dipinta tra il 1472 e il 1473, e si rifa a francisco de
Hollanda.

Come avviene il ripristino degli elementi mancanti:


la parte di coronamento era dissensata e presentava lacune i merli vengono inglobati nella
muratura.

Fu ripristinato il ponte di legno, ricostruito in ferro con il battiponte del 400.


Il basamento delle torri fu realizzato in piperno come l’originale.

All’interno della gran sala c’è una regolamentazione di tutte le superfici, c’è un ritorno alle
forme gotiche.
La cappella palatina appare ripulita e spogliata di tutti i cambiamenti.

2 fase della lezione


GINO CHIERICI
Negli stessi anni a Napoli opererà Gino Chierici.
Il suo più grande e celebre restauro fu quello della chiesa di S. Maria Donnaregina.
“noi abbiamo inteso compiere opera onesta e sincera di rivalutazione storica e artistica,
lontana dalla così fredda concezione dei conservatori ad oltranza, i quali non ammettono
neppure il ripristino di qualche tratto di cornice distrutto …

Una delle principali caratteristiche che gli si riconosce è l’onestà intellettuale.


Operando agli inizi del 900 effettua una piena adesione alle teorie giovannoniane e
positivistica fiducia nella ricerca filologica.
Rispetto ai suoi contemporanei egli va oltre il restauro storico e le teorie di giovannoni, egli
introduce una fase che egli chiama Personale colloquio con il monumento, che consiste in

53
una ricerca storica e documentaria + studio della fisicità del monumento, il restauro
assume un carattere rivelativo.

In una lettere a Nidasio dell 1955 mette in dubbio ciò che fino ad allora era considerato il
disegno del restauro. In più il ricorso giudizioso alle tecniche

I suoi interventi principali sono il restauro della chiesa medievale di san galgano in cui
viene chiamato ad intervenire quando la chiesa era in stato di rudere, e la valuta come
edificio vivo, lasciandola cmq cosi com era operando dei piccoli interventi di
consolidamneto e costruendo una piccola chiesa vicino.

Nel 1925 senti nota (’49)


Chiesa dell’incoronata via medina
Restauro della chiesa di san lorenzo a napoli
Consolidamento della tomba di virgilio
Restauro della chiesa di S. Maria Donnaregina

GINO CHIERICI (1877-1961)


Lui porterà ciò che sono stati i suoi interventi su Napoli e si rivelerà come uno dei pionieri come
restauratore per e nuove tecniche. Rispetto agli stoici del restauro personaggio importante . Lui
dice noi abbiamo inteso compiere opera onesta e sincera rivalutazione storica e asttistica lontana
dai conservatori a inoltranza i quali non ammettono neanche il ripristino di elementi distrutti in
parte o di un parametro corroso, come dai pericolosi tentativi degli estetizzanti cioè andare a
ricostruire un opera tramite analogia compiendo rimpeiemnti ecc... é molto onesto tra
conservatore a inoltranza . Fiducia nella ricerca filologica , lui va oltre il estauro storico e introduce
una fase dell’intervento di restauro che lui chiama “personale colloquio” importante davvero,
diversa storica e documentata più uno studio della fisicità del monumento in modo che il restauro
assume una aspetto rilevatorio. Lui dice “ stavo lavorando al solito intervento non ne potevo più
di segnare quote e dimostrare che cosa esprimevano , mi pareva di perdere il filo del discorso e la
testa mi si confondeva ma poi piano piano il grande muto su é commosso e ha cominciato a
confidarsi”...i suoi interventi principali la chiesa di sangalgano e qui lui valuta contrariamente alla
tesi giovannoniani lui l’avrebbe catalogato come edifico morto invece chierici la conserva così
come é e costruisce una chiesa affianco. 1925 alt commissinariato chierici lavora per un odiando
elle belle italiane, molto velocemente esige un piano , lui vuole mettere dei limiti alle zone super
affollate. Chiesa de coronato di Napoli, quando va a intervenire sulla preesistenza non si riconosce
perché le campate sono state tompagnate e sopra alla chiesa un palazzo . L’accesso della chiesa é
anche mutato. Sezioni prima e dopo , apparati del seicento rimossi. Alza le colonne le trafora
inserisce barra di ferro e inserisce altro materiale. Chiesa di San Lorenzo a Napoli descrivi il
restauro fatto. Restauro della chiesa di donnerigina, dall’entrata a sinistra la chiesa trecentesca.
Prima di chierici la chiesa non si riconosceva labside prima di andare a realizzare la nuova chiesa .
Quando nel 61 il comune si perde la percezione dell’aula unica , ecco in sezione . Chierici vuole
ricomporre tutta questa situazione soprattutto FONDAMENTALE IL MURO e lo spostamento

Lezione 14
14/11/2018

PROBLEMATICHE DEL RESTAURO NEL DOPOGUERRA CESARE BRANDI

54
una fase pionieristica della seconda fase del dopoguerra. Quindi non c’era più il problema della
guerra di trincea, la seconda guerra mondiale costruire ve a capire che succede se vengono
lasciate bombe sulle nostre opere. Nel campo dell’architettura vengono più lasciare in campo
etico. Tutti i sovraintendenti si riunirono. Tutte le opere d’arte vengono portate a montecassino.
Opere che riguardano le opere mobili. Per le opere immobili ci si pose il problema di proteggere
queste opere d’arte distrutte e bombardate, quindi assistiamo a tutto ciò. Una delle sedi che si
riteneva intangibile su il monastero benedettino di montecasssimo. Uno dei capolavori monastici .
La cosiddetta Lines gustav, la linea che é confine della resistenza . La maggior parte dei monumenti
venne distrutta e Napoli fu vicina a questo tipo di istruzione perché anche chlometricamente fu
vicino. La storia in generale . Furono gli effetti dei bombardamenti su tutta la città in particolare a
Napoli . Perché sede di industria siderurgica , venne bombardata d8 più . Tutti i quartieri dei centri
storici subirono delle distruzioni. Tali distrussero tante città europee , che si trovano lungo i fronti
principali. L’abazia di montecassino é stata completamente ricostruita. La maggior parte delle
opere subisce gli esiti del restauro trecentesco . Creando queste monofore ad arco ribassato.
Quando Santa Chiara viene ritenuta anche essa un possibile monumento di bombardamento
anche a Santa Chiara visto come monumento da salvaguardare. La protezione di questi
monumenti vengono fatti con dei sacchi di iuta, sacchi di sabbia . Santa Chiara non fu colpita
completamente da una bomba, fu investita . Questi sacchi presero fuoco questa sabbia subì una
trasformazione chimica che a contatto con il marmo queste vengono in parte erose, ed é risultato
di questa protezione. Vero é però che Santa Chiara fu complita anche del 43. Anche tutto ciò nella
basilica di San Galgano. Che succede se questo monumento da un giorno all’altro questa chiesa
così simbolica non subisce un degrado lento , si arriva a un qualcosa mai visto prima. Tutto ciò
anche nel campanile di Venezia. Il giorno prima c’è il giorno dopo no. Questioni del genere si
isolano dal restauro di giovannoni, c’è da capire come comportarsi in relazione al fatto che da un
giorno all’altro un monumento non c’è più. Santa Chiara era stata completamente distrutta. Santa
Chiara distrutta ricostruita in periodo barocco. Una questione è la ricostruiamo gotica o barocca
(prima del bombardamento?). Santa Chiara é al centro del dibattito napoletano , riportando
questa questione è queste problematiche a livello nazionale.
C’è chi aveva proposto come a a san galgano di ricostruire la chiesa affianco e lasciare tutto così.
Una questione importante erano anche le finestre gotiche.
La risposta fu riportare tutto come chiesa gotica perche l’apparato barocco non era più
ricostruibile. Santa Chiara venne ricostruita in un falso stile gotico, perché non sarà mai l’originaria
dove però vennero rimesse le tombe d’angiò. Nel momento in cui la scatola non é adeguatamente
chiusa allora si avranno problemi. Allora c’era la possibilità di ricostruire il cassetto nato ligneo.
Non c’erano più in opera legnami, così ampi così lunghi così numerosi, ovvero le cosiddette
capirete . Materiale che fino a quel momento veniva considerato non adeguato per opere del
passato. Anche per quanto riguarda il tetto questo appoggia su tre file di mattoni che si vedono ad
occhio sotto al tetto . La bomba non crea lo stesso disagio che crea l’incendio sugli elemento
barocchi.

Santa chiara:
la parte più importante ovvero quella dei loro sepolcri fu protetta con sacchi di sabbia che
furono fatti aderire alla superficie marmorea delle tombe.
La chiesa fu colpita da una bomba che cadde nelle vicinanze e quindi colpita dalle parti
colpite, per cui i sacchi di sabbia presero fuoco e portarono allo scioglimento delle parti
delle tombe che tutt’oggi risultano danneggiate ed erose.
Successivamente la chiesa fu colpita direttamente dal bombardamento del ’43.

55
Per cui queste erano le condizioni che si incominciarono a porsi nel dopoguerra: come ci
si comporta se una chiesa simbolica viene distrutta? ( come era già successo nel 1902
con il campanile di san marco a venezia).
Problematiche di questo tipo iniziano ad esulare dal restauro di Giovannoni, c’è da capire
come comportarsi nei confronti di edifici che da un giorno all’altro non c’erano più.
La chiesa fu completamente distrutta, rimasero solo le pareti. Si trattava di una chiesa
gotica. Per cui ci si domandò se riportare la chiesa al suo stato di fatto, o farla diventare
una chiesa barocca?
Santa chiara è al centro del dibattito nazionale, perche molti personaggi si interessarono
alla questione che portarono non solo a livello locale, bensì a livello nazionale.
Il risultato fu qualcosa a metà tra il restauro stilistico e il restauro di ricostruzione. Il
bombardamento fu occasione di ritrovare le morofoche gotiche, che furono per questo
ripristinate, all’interno si scelse di fare una ricostruzione che riportò la chiesa allo stato
originario e quindi alla chiesa gotica, tuttavia si tratta di un falso gotico a causa delle
trasformazioni barocche avvenute.
Il problema era quello dell’apertura della scatola muraria, e quindi chiudere le pareti con il
tetto e quindi ricostruire il cassettonato ligneo della chiesa, tuttavia le capriate che oggi
vediamo sono in cemento armato dissimulato in quanto dipinto in finto legno.

Altri casi emblematici: Piazza principale di Varsavia, che fu completamente rasa al suolo
dai tedeschi, restarono in piedi soltanto alcune cortine edilizie dalla città.
Come ricostruire la città?
La città fu ricostruita uguale allo stato originario.
L’istanza psicologica porta il cittadino a ricostruire com’era e dov’era l’edificio. a versavia
l’edificato fu in qualche modo ripristinato, pero la quinta edilizia oggi non è più case ed
abitazioni singole, bensì dietro è stato costruito un unico grande edificio che è diventato il
museo della città.
Come questo vi sono altri esempi e casi.
La distruzione bellica è stata occasione per dare un nuovo significato all’edificio che
testimoniasse comunque l’evento bellico e l’edificio.
A Milano, l’Ospedale Maggiore, edificio nato nel 500 ad opera di Filarete. L’edificio durante
la seconda guerra mondiale fu bombardato. Rispetto al fronte, fu completamente distrutta
l’ala di destra.
Ci si pose il problema di come operare su questo edificio, il risultato sarà una delle opere
più corrette di restauro, grazie a due espedienti: 1) uno è quello del mattone rotto agli
angoli e di colore diverso. Nuove aperture senza ripristinare le bifore esistenti 2) tecniche
del sotto squadro, la parte originaria si trova dietro di qualche centimetro rispetto al
nuovo. Il fronte dell’edificio non ne ha risentito. Quello che vediamo dell’edificio è la sua
unità potenziale, riconosciamo la simmetria dell’edificio delle due ali.
Questo restauro è considerato uno dei restauri paradigmatici per capire quello che da lì a
poco accadrà. Il restauro è stato fatto da Liliana Grassi.
All’interno vi è un comportamento diverso: l’edificio deve continuare ad essere un
ospedale, per cui verrà fatta una ricostruzione diversa in cui si evince il gesto
contemporaneo, e il tentativo di ripristinare il passo simile a quello del restante chiostro ma
si evince il fatto che non si tratta di una parte originale, ma che sia stata ricostruita.

Altro caso, PONTE DI SANTA TRINITA A FIRENZE


I tedeschi in ritirata, per fermare l’esercito nemico distruggono tutti i ponti fluviali che
incontrano. Firenze ne sarà soggetta, in quanto città che nasce sul fiume Arno.

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Tuttavia non fu distrutto il Ponte Vecchio, in quanto si capì che tale ponte era il risultato di
qualcosa che si era creato nel tempo, e quindi frutto di diverse stratificazioni e quindi si
riconobbe la non riproducibilità.
Pertanto distrussero l’altro ponte della città, ovvero quello di santa trinita, ponte d’autore
del 500.
Nell’immediato dopo guerra, la situazione del ponte era questa erano rimasti i piloni ed
era stata costruita una passarella in legno per consentire il passaggio.
La scelta della costruzione fu una scelta a metà: si decise di ricostruire l’impalcato
originario del ponte in cemento armato, e furono ritrovati tutti i pezzi di marmo caduti nel
fiume per ricostruire la decorazione del ponte.
Gli ultimi pezzi ritrovati furono le chiavi di volta decorative del ponte, che oggi appare
identico a quello originario salvo l’anima che è in cemento armato.
Anche Pompei fu completamente bombardata, perché si pensava che alcune guarnigioni
tedesche si erano nascoste all’interno degli scavi di pompei.
L’opera di ricostruzione che era stata la stessa di Magliuri, sovraintendente all’antichità,
mentre chierici era sovraintendente …

In questo contesto di ricostruzione e di distruzione, in cui molti si avvicinarono alla


problematica del restauro che divenne un problema non solo delle accademie bensì anche
politico, nasce la teoria del restauro che delineò i principi attuali del restauro. Nacque così
il restauro critico grazie a Cesare Brandi, il più grande storico dell’arte del dopoguerra
italiano.
Nel 1963 pubblicò un libro, “teoria del restauro”, in cui provò a fare una teoria sotto forma
di enunciato storico che abbracciava tutte le tipologie di arti.

Quando si parla di Brandi si parla del creatore del restauro critico, ultima teoria del
restauro che nasce nel dopoguerra, parte da 3 presupposti:
1. Fallimento dei principi del restauro scientifico
2. Sconfinamento per necessità dei principi del minimo intervento
3. Influenza del neoidealismo e della filosofia estetica, che cambiò la percezione delle
opere d’arte essa dipende da come l’essere umano si rapporta all’opera d’arte,
che non è più opera d’arte di per sé, quindi il centro non è più l’opera d’arte, bensì è
la persona che guarda l’opera e la riconosce tale.
In questo ci sono le teorie di Kant e quindi la nascita dell’estetica, secondo cui la
conoscenza è filtrata dalla soggettiva. I giudizi estetici sono soggettivi e non più
oggettivi. (dimensione critica.)
Il soggetto selezione in base alle proprie conoscenze (cultura personale che si
innesta con la cultura del proprio tempo) “l’opera si configura come risposta a un
interrogativo”.
Benedetto Croce
Soggettività: “ogni storia è storia contemporanea”. l’arte dev’essere considerata
come attività autonoma rispetto all’etica e alla logica, se si vuole evitare il
didascalismo e l’allegorismo. Arrivo a percepire un’opera d’arte sulla base delle
emozioni che questa crea sulla mia soggettività.

Secondo la teoria di Brandi, se si rompe un oggetto, ciò significa che il suo utilizzo
non è più attivo. Se l’oggetto invece si danneggia e funziona ancora, l’oggetto non
si considera rotto, in quanto è fatto per essere usato.
Brandi ci dice che il restauro è il ripristino dell’attività umana, ma poi ci dice che si
sono oggetti dell’attività umana che non sono fatti per essere usati, bensì per

57
essere contemplati, e quindi sono considerati opere d’arte. Ciò che distingue un
oggetto da un’opera d’arte è il suo utilizzo, e quindi la sua funzione d’uso.
Per questo motivo il primo assunto di brandi è che solo le opere d’arte sono oggetto
di restauro si restaura solo le opere d’arte.
L’opera d’arte ha un’istanza storica ed un’istanza estetica, poiché l’opera viene
vista nella sua bivalenza di : materia / immagine; documento / prodotto artistico.
L’intento del restauro critico è quello di liberare l’immagine dell’opera ( non quella
originale ) seguendo un processo critico.
Il momento preliminare di tal processo consiste nel RICONOSCIMENTO dell’opera
(soggettivo, ma non arbitrario, perché basato sui dati storici), per proseguire con
l’emissione del Giudizio e finire con l’intervento.
Per arrivare alla definizione di restauro che ci dà Brandi IL RESTAURO E’ IL
MOMENTO METODOLOGICO DEL RICONOSCIMENTO DELL’OPERA D’ARTE,
NELLA SUA CONSISTENZA FISICA E NELLA SUA DUPLICE POLARITA’
ESTETICA E STORICA, IN VISTA DELLA SUA TRASMISSIONE AL FUTURO.

Nell’opera d’arte va privilegiata l’istanza estetica (perché è la sua artisticità a renderla


opera d’arte).

Il restauro non si basa più su regole scientifiche come quelle di Giovannoni, ma si basa
sulle cosiddette valutazioni “caso per caso”, ogni edificio avrà la sua propria istanza
storica ed estetica.
L’architetto restauratore ha il compito di decidere caso per caso, quindi il restauro è un
atto critico del restauratore che difronte all’opera d’arte deve decidere se riconoscerla tale
o meno.
Il restauro quindi non è più un’operazione di mero consolidamento, bensì diventa un atto
creativo, facendo subentrare la fantasia, che da evocatrice diventa produttrice.
A tal scopo, l’architetto/restauratore deve possedere:
-preparazione storica, artistica e architettonica
-competenze tecniche
-umiltà
Per ridare all’edificio la sua unità potenziale.
Per brandi la parte più importante è l’istanza estetica, bisogna conservare dell’edificio il
suo essere opera d’arte.
Quindi si privilegia l’istanza estetica, e quindi l’atto creativo del restauro deve ristabilire
l’unità potenziale dell’opera, ovvero quell’unità figurativa dell’opera che ci ridà la forma, le
dimensioni, e le proporzioni, che fa percepire l’unitarietà dell’opera.
Ad esempio, il restauro degli affreschi di lorenzo da viterbo nella chiesa di (attraverso la
tecnica del rigatino brandiano senza creare un falso storico).
È sempre possibile privilegiare l’istanza estetica? Si tranne nel caso di edifici morti e
quindi del rudere che non può più avere la sua istanza estetica e quindi l’unità potenziale.
Del rudere rimane solo l’istanza storica e quindi in questo caso il restauro deve mirare alla
conservazione della sua istanza storica.

Fondamentali della teoria brandiana sono:

- brandi dice che l’opera d’arte è struttura ed immagine un dipinto è composto dalla
tavola di legno che fa la base e il pigmento che fa l’immagine.
Uno dei suoi assiomi della sua teoria è il fatto che si restaura solo la fisicità materica
dell’opera d’arte.

58
- concetto di tempo dell’opera d’arte. Brandi definisce tre tempi dell’opera d’arte: durata,
intervallo ed attimo. Il primo tempo ovvero quello della durata è il momento in cui l’opera
d’arte viene costruita, dall’inizio alla fine del cantiere. Il secondo tempo è il momento tra la
fine del cantiere fino ad oggi. In architettura è quel tempo in cui l’opera subisce
trasformazioni. L’ultimo tempo è il momento attuale nel quale c’è il riconoscimento da
parte della cultura contemporanea dell’opera.
In che momento si deve porre il restauratore?
Brandi ci dice se il restauratore si pone nella durata fa un’operazione di restauro stilistico
(viollet le duc), si trasferisce nella mente del costruttore originario e va a modificare la
costruzione dell’edificio con lo stesso stile del tempo.
Nella seconda fase invece il restauratore fa un’operazione di restauro che elimina le
superfetazioni. L’unico tempo dell’opera d’arte nel quale il restauratore si deve porre è
l’ultimo, ovvero il momento in cui l’opera d’arte si presenta a noi.

Lezione 15
15/11/18

ROBERTO PANE: DAL RESTAURO CRITICO ALLA DIFESA DEI VALORI


AMBIENTALI

MERCOLEDI’ 28 PIAZZA DUOMO ORE 12:15/30

Con oggi finiamo l’excursus storico delle ultime lezioni con un personaggio a noi molto
vicino, essendo il professore di restauro della nostra facoltà, nonché personaggio di primo
piano nella cultura italiana.
La sua figura con quella di Cesare Brandi e di Bonelli è considerata tra i fondatori del
restauro critico. (il modo in cui si applica il restauro oggi in Italia).
Personaggio che in qualche modo indirizza il nostro essere architetti oggi. Se la facoltà
oggi ha una propensione per la fotografia in architettura è grazie a lui. È stato un
innovatore poiché ha portato a Napoli la conoscenza di diversi artisti, quali ad esempio
Gaudì.
Si tratta dunque di un personaggio di primo piano, ma a differenza di Cesare Brandi che
ha fatto una teoria dell’architettura verificata come un teorema matematico, Pane non
scrisse nessun volume in cui parla della sua teoria di restauro, non fa dunque una filosofia
del suo restauro, che pertanto ci è pervenuto grazie a diverse pubblicazioni, grazie alle
quali siamo riusciti a ricostruire le sue battaglie sul restauro.

Egli nasce a Taranto, ma compirà gli studi a Napoli, iniziò come aspirante scultore nello
studio di Vicenzo Gemito e si laureerà a Roma con Giovannoni. Lo stretto legame tra la
scuola napoletana e quella romana è dovuto anche al rapporto che vi era tra Giovannoni e
Pane.

Roberto pane nei primi anni di formazione e di architetto militante progetterà alcuni edifici
importanti a napoli, quali la facoltà di economia sul lungo mare a napoli, uno dei frontoni
della galleria vittoria, e alcune chiese, come quella all’interno della mostra d’oltremare.
Già a partire dalla tesi di laurea, Pane incominciò a intraprendere una strada, che era già
stata percorsa e intrapresa da Giovannoni, si laureò sul tema dell’edilizia rurale.
Nel dopoguerra, incomincia a diventare importante l’architettura spontanea della civiltà
contadina ed artigiana. Questo tema lo accompagnerà per tutto il resto della sua esistenza
fino ad arrivare al concetto di “ambiente”.

59
Tutta la cherelle su la ricostruzione di santa chira e altri bombardamenti dalla guerra
rientrano nel dibattito nazionale e entra in questi casi l’azione di Pane.
Quello che sappiamo sono saggi che il riguardano il più delle volte aspetti specifici e
generali sempre legati alla storia dell’architettura.
Pane è tra i fautori della ricostruzione di Santa Chiara in quanto chiesa, seguendo le linee
gotiche. Le sue direttive sono:
-ripetere le linee trecentesche
-va riconosciuto che il 700 napoletano, quell’epoca in cui erano state fatte le
superfetuaizoni all’architettura barocca, non aveva raggiunto in S. chiara una delle sue
espressioni più felici  l’architetto fa una scelta critica su ciò che è valevole di
conservazione e su ciò che va salvato= restauro critico.
-l’obbiettivo era quello di attribuire una forma estetica a tutto il vasto insieme  unità
potenziale.
- giudicare se certi elementi abbiano o no carattere di arte (giudizio soggettivo sull’arte),
perché in caso negativo, ciò che maschera o addirittura offende immagini di vera bellezza
darà del tutto legittimo abolirlo.
-la scelta di un restauro non è un’operazione meramente tecnica, bensì è un atto creativo.
-verrà sempre il momento in cui sarà necessario gettare un ponte.

Tutti questi punti coincidono con i punti proprio del restauro critico.

TEMPIO MALATESTIANO, RIMINI


Era stato fortemente danneggiato dalla guerra, Pane fa una battaglia per recuperare i
pezzi danneggiati, ricomporli e rimetterli in sesto.

Contemporaneamente a questa opera militante, opererà quel processo di valorizzazione e


tutela dell’architettura minore (che non è ne monumentale … ) Libro “Napoli imprevista”
1949 in cui fotografa scorci di Napoli mai fotografati prima.  SCOPERTA
DELL’ARCHITETTURA SPONTANEA (come nella sua tesi di laurea) ci fa vedere cosa
significa la creazione spontanea e non monumentale della città.

Anche il PONTE DI SANTA TRINITA A FIRENZE, è l’esito dell’operazione di Roberto


Pane, che si batte di fatto per la sua ricostruzione veritiera e corrispondente allo stato
originale.
L’obiezione più grande, che ancora oggi si riporta alla teoria di brandi di dividere la
struttura dalla forma, già si fanno presenti al tempo di Pane, che non si preoccupa della
sincerità strutturale.

In merito al ponte vecchio invece dice che non si sarebbe posto allo stesso modo, in
quanto quest’ultimo è l’irriproducibile risultato di accidentali e pittoresche stratificazioni, e
quindi ancora la spontaneità dell’architettura.

L’architettura minore che era stata sempre vista come secondaria, nella sua teoria diventa
di primaria importanza, a tal punto che necessita di una tutela maggiore dei monumenti
stessi.
Continuando con questa teoria, si interrogherà sul significato di opera d’arte. Pane si
rende conto che bisogna superare il problema del restauro solo sulle opere d’arte. Negli
anni napoletani pane frequenterà il gruppo di intellettuali che gravitava attorno a
Benedetto Croce, che ha influenzato la storia e l’ideologia di quegli anni. Croce è quello
che ci dà la distinzione tra poesia e letteratura. Pane riprende questo parallelismo e dice
che come nella poesia c’è un atto di bellezza suprema, dall’altra parte c’è la letteratura,

60
per cui anche in architettura c’è il brano poetico ovvero il momento e poi ci sono una serie
di parole, e di piccoli contesti che tutte insieme compongono comunque un’opera d’arte. In
questo modo, facendo il parallelismo che croce aveva fatto sull’arte e la letteratura, ci
legittima a considerare opera d’arte anche il piccolo borghetto, anche il centro storico di
Napoli, che è fatto di un insieme di costruzioni che si sono composte in un certo modo e
che nel loro contesto vanno a creare un ‘pera d’arte. In questo modo ha allargato il campo
della tutela.  non sono i pochi monumenti a creare l’ambiente delle nostre antiche città,
ma le tante opere che contribuiscono a determinare un particolare carattere locale. È con
Roberto Pane che si incomincia a parlare del colore delle città, che diventa parte del
carattere delle città. C’è dunque qualcosa che esula la semplice percezione artistica ma
ancora una volta c’è qualcosa che investe la percezione soggettiva dell’uomo data non
solo dai caratteri architettonici del luogo.

Pane è favorevole all’inserimento di architetture contemporanee all’interno dei centri


storici?
È favorevole all’inserimento di architetture contemporanee nei centri storici perché sono
un segno del nostro tempo, a patto che però sia un’architettura che rispetti il carattere del
centro storico e della città.
Quindi un’opera come il Masieri Memorial di Wright a Venezia fa si che Pane si batte per
l’inserimento di questo sul canal grande di venezia. Lo seguiranno Bruno Zevi, Rogers ma
il progetto come sappiamo non fu realizzato.

Quello che fu realizzato come sappiamo sarà la gettata di cemento e il sacco edilizio degli
anni 70 a Napoli. Pane si battè contro tutti gli ecomostri napoletani ma come possiamo
vedere palazzo Ottieri fu costruito, così come il vomero e il sacco edilizio fu comunque
costruito e oggi su ogni edificio comme quello che egli definisce la muraglia cinese che
chiude via tasso, pane ha scritto delle pubblicazioni che racchiude in un volume “Città
antiche edilizia nuova” in cui ci dice caso per caso in tutte le città italiane cosa intende lui
per inserimento dell’architettura nuova nei centri storici.

Nel 1956, per il piano regolatore di Napoli, incominciò a mettere in campo le sue idee su
Napoli, in quanto sorse un dubbio riguardo al centro storico della città. Ci si chiedeva
quale fosse.
Per cui iniziò a indirizzare i suoi studi sulla definizione del centro storico, e su come
l’edilizia nuova potesse entrare nel centro storico. La prima questione fu quella relativa alla
definizione dei confini del centro storico.
La seconda invece era quella di stabilire che dentro i confini suddetti non sia consentito di
costruire edifici la cui altezza superi quella media degli edifici circostanti.
La terza invece prevedeva l’espropriazione a titolo di pubblica utilità delle private zone
verdi compresi nel centro storico onde impedire che esse vengano sfruttate come suoli
edificatori. E quindi evitare che continuino a sorgere case nell’interno delle antiche insulae.

Nel ’58 pubblicò il suo documento su napoli nel quale attraverso lo strumento della
fotografia incominciò a dare tutti i dati relativi alle sue considerazioni, fino ad arrivare a
dare il progetto del restauro urbanistico del centro storico di napoli che prevedeva una
catalogazione di tutti gli edifici del centro storico, che comprendeva tutti gli edifici che
dovevano essere restaurati, quelli che dovevano essere soggetti ad un diradamento
verticale, o sostituzione edilizia.
Questo documento di conoscenza del centro storico costituisce la prima analisi in assoluto
del centro storico di Napoli.

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Come costruiamo al centro storico? Ma cos’è il centro storico?

Pane propose una differenza, che è stata approvata, tra quello che è il centro storico di
una città e il centro antico.
Il centro antico di una città è quel centro che si è creato sulla parte fondativa della città,
quindi tutta l’area dei decumani e quindi tutta l’area di fondazione della città.
Il centro storico di una città è invece tutta quella parte di città che si è costruito fino alla
seconda guerra mondiale e dunque Vomero, Posillipo sono centro storico della città.

Su questa direzione, Pane si impegnò attivamente per combattere l’abusivismo della città,
utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione anche il cinema, pensiamo al film le mani
sulla città, fu anche regista e vinse il leone d’oro a venezia come migliore documentario
sui contesti napoletani.

All’interno di questo clima culturale e di queste battaglie, nel 1964 si fece il secondo
congresso internazionale degli architetti e tecnici del restauro ( il primo era stato fatto ad
Atene ), che produsse la carta di Venezia che superava ed emendava tutti i quanti i limiti
della carta di Atene e li adeguava al contesto contemporaneo.
L’estensore della carta di Venezia fu proprio Pane. Per questo motivo il restauro è figlio
del contesto italiano.

Cosa cambia nelle due carte?

La carta di venezia ci dice:


1. la nozione di monumento storico comprende tanto la creazione architettonica
isolata quanto l’ambiente urbano.
2. La conservazione ed il restauro dei monumenti costituiscono una disciplina che si
vale di tutte le scienze e di tutte le tecniche che possono contribuire allo studio ed
alla salvaguardia del patrimonio monumentale.
3. La conservazione
10. quando le tecniche tradizionali si rivelano inadeguate il consolidamento di un
monumento può essere assicurato mediante l’ausilio di tutti i più moderni …

La carta di Venezia comprende 16 punti.

Il volume che raccoglie tutti gli studi e le tavole e le fotografie del centro storico di Napoli
fatte da Pane è “Il centro antico di Napoli”.

Nel 1963 fu incaricato della sistemazione urbanistica dell’insula di Santa Chiara,


circondata da alti edifici ottocenteschi e già oggetto di demolizioni in conformità con un
piano di ricostruzione del ’55 ed un progetto della soprintendenza. La proposta di Pane
conserva il basamento dei fabbricati da demolire, scongiurando l’isolamento della chiesa e
prevede la realizzazione di botteghe lungo il perimetro originario della cittadella monastica.

Riguardo Santa Chiara bisogna focalizzare l’attenzione su un punto centrale della teoria di
Pane, il quale fu uno dei più grandi studiosi italiani di Carl yiung, per cui fu influenzato
dalle sue teorie sulla psicanalisi, a tal punto che queste teorie servirono a Pane per
spiegare l’istanza psicologica di un edificio, che invade l’appartenenza delle persone e
quindi il concetto di memoria dell’uomo. E quindi esiste questa terza istanza insieme a
quelle di cesare brandi.

62
Con quest’istanza spiega le ricostruzioni del dopoguerra. La sviluppa proprio su santa
chiara in quanto chiesa identitaria napoletana.

Altro testo fondamentale è Campania, la casa e l’albero, in cui ci spiega tutta una serie di
contesti dell’architettura rurale, valorizzando l’architettura minore e ci parla dell’importanza
delle volte in battuto della costiera amalfitana (poca malta e molta pietra) che veniva
messa sulle volte per isolarle. Gli operai dovevano battere con un martelo chiamato
mazzoccola, questo intonaco sulle volte (era una sorta di ghiaia battuta sugli edifici).
L’operazione veniva fatta a ritmo di musica, si tratta dunque di un’espressione popolare,
nonché dell’architettura tradizionale, e quindi espressione di un’architettura sociale.
Altra valorizzazione che ci porta Pane sono i terrazzamenti, in quanto segno dell’uomo su
un paesaggio al fine di rendere coltivabili delle aree che per la loro pendenza non sono
coltivabili.
Per questo motivo vanno tutelati e conservati.

Non esiste un libro scritto da Pane in cui egli espone la sua teoria, bensì l’unico testo che
spiega la sua teoria è “attualità e dialettica del restauro”, libro scritto da un suo allievo
(Mauro Civita) che comprende tutti i suoi articoli e pubblicazioni.

Lezione 16
21/11/2018

IL PROGETTO DI RESTAURO

In che modo le teorie che abbiamo studiato ce le portiamo nel progetto di restauro?
In che modo la distiguibilità ecc entra nel progetto di restauro?

Oggi facciamo una lezione “sommario” che anticipa i concetti che faremo nelle prossime
lezioni.
Ci stiamo rapportando ad un edificio esistente e che dobbiamo conservare e tramandare
ai prossimi, questa è la differenza tra architettura e restauro, sebbene esso sia comunque
un progetto architettonico.

1. Il progetto di restauro come tutti gli altri progetti parte da un inquadramento


territoriale, che prevede una serie di elaborati a scale diverse che ci fanno capire
quali sono i confini geografici, territoriali ed architettonici dell’edificio.
L’inquadramento territoriale parte delle aerofotogrammetrie del IGM (istituto
geografico- militare) aerofotogrammetrie al 10.000 o al 5.000, planimetria catastale
dell’area in cui ricade l’edificio, foto dall’alto di inquadramento.

2. Qualsiasi edificio di cui ci stiamo occupando sarà già soggetto a dei piani
urbanistici. Per cui una seconda fase prevede un’analisi di tutti i strumenti
urbanistici applicati sull’edificio per comprendere i vincoli e quindi gli interventi che
possiamo andare a fare. Perché solo gli interventi previsti dai piani regolatori è
possibile attuare. All’interno dei piani regolatori ci sono i piani tematici, come quello
sul paesaggio.

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3. La cosa più importante è andare in sovraintendenza all’ufficio catalogo per capire
se l’edificio è vincolato o meno, questo inciderà su come possiamo agire
sull’edificio.
Esiste un sito “vincoli in rete” in cui possiamo trovare il decreto di vincolo dell’edificio se
questo è vincolato o no.
Questo passaggio è fondamentale perché se non capiamo se l’edificio è vincolato o no
non abbiamo gli elementi per agire.

4. Questa fase consiste in un sopraluogo e quindi un rilievo fotografico datato, è


fondamentale datare l’indagine fotografica in quanto rappresenta una
documentazione dello stato di conservazione del manufatto a quella data.

5. Fase storica Quello che caratterizza un progetto di restauro rispetto quello al


nuovo è l’indagine conoscitiva del manufatto, che prevede un’ipotesi di evoluzione
storica e morfologica del manufatto oggetto di studio.
Il documento primo su cui andare a fare l’indagine storica è il documento d’archivio.

Lamont Young, Napoli, Villa Curcio castello Grifeo.

Se mancano i documenti? Perché gli archivi sono andati perduti ecc.

Se mancano le fonti indirette del progetto, l’altro strumento è l’indagine diretta, attraverso
particolari strumentazioni.
La fase storica ci dovrebbe far vedere come cresce l’edificio. Lo storico p interessato alla
fase iniziale storia dell’edificio mentre il restauratore è interessato all’evoluzione
dell’edificio, e quindi la sua crescita, e quindi gli ampliamenti e le trasformazioni.

6. RILIEVO, attraverso cui mettiamo mano all’edificio.


il rilievo del restauro prevede:
- la trilaterazione che parte da fuori all’edificio e si deve legare a qualcosa che qualora
l’edificio crollasse mi consentirebbe di ricostruire l’edificio allo stato di fatto. Per questo
motivo le misure dirette non vengono più considerate.
Il rilievo geometrico di un prospetto nel restauro serve a poco, perché il più delle volte ci
rapportiamo ad edifici degradati, ci interessa quindi il rilievo materico dell’edificio per
capire il tipo di lesioni, il degrado, ma anche la vegetazione infestante.
Un modo per rappresentare il degrado può essere il fotoraddrizzamento su cui deve
essere applicato il disegno a fil di ferro delle partizioni architettoniche. Deve essere un
disegno dove andiamo ad evidenziare le parti degradate che comprende anche
un’indagine a livello costruttivo perche bisogna riportare tutto in una leggende.

7. QUADRO FESSURATIVO insieme delle lesioni presenti sull’edificio.


Le lesioni ci dicono che tipo di dissesto in atto sull’edificio, che si rompe in relazione
alle forze che agiscono. Quando un edificio è soggetto a spinte orizzontali la tipica
frattura che ha un edificio è una frattura ad X. Le lesioni da schiacciamento (peso
eccessivo che grava sull’edificio) invece sono lesioni verticali. (il cedimento di un
architrave può determinare lo schiacciamento).

L’analisi del quadro fessurativo ci dà il progetto di restauro e di consolidamento.

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Ad esempio, se c’è una soprafetuazione, se questa è può essere eliminata allora
procedo con la sua eliminazione, ma se questa non può essere eliminata bisogna agire
non sulla causa ma sul suo effetto, e quindi in questo caso se il suo peso grava
sull’edificio, dobbiamo agire rinforzando l’edificio.
Bisogna scoprire la causa, verificare se posso rimuoverla o no e agire sull’effetto.
È inutile agire su entrambi i casi. Devo agire sul minimo intervento.
Tutta questa operazione la vado a fare riportando sui disegni delle piante e dei
prospetti quali sono le lesioni in atto.
Ad un insieme di lesioni corrisponde una causa.
Non posso operare un restauro solo su un piano, dobbiamo sempre considerare il
complesso.
Possiamo ripristinare la continuità muraria attraverso una catenella di mattoni ma
dobbiamo sempre eliminare la causa originaria della lesione, altrimenti quest’ultima si
ripresenterà

Dissesti e degrado sono due cose diverse:


si parla di dissesti ogni qualvolta c’è un problema strutturale dell’edificio che si
manifesta con una lesione. Si parla di degrado quando c’è un’alterazione materica e
chimica dell’edificio causata il più delle volte dall’acqua.
La perdita del colore originario di un edificio è un degrado.
La presenza dell’acqua una delle cause principali di degrado all’interno dell’edificio.
L’acqua è sia quella che proviene dall’esterno, sia quella che proviene dalla falda
acquifera.
La presenza dell’acqua può determinare un’umidità di risalita o il fenomeno dell’acqua
che entra all’interno determina la nascita della vegetazione.

La fase che andiamo a fare per capire come proteggere l’edificio dall’acqua prevede
sempre un’indagine di causa ed effetto.

L’acqua nell’edificio non la si può mandare via.


Se c’è un piano interrato è difficile vedere un’umidità di risalita.
Un altro effetto dell’umidità è l’umidità da ribalzo a causa della caduta di gocce
dell’acqua dalla gronda.

8. ADEGUAMENTO FUNZIONALE  scelta della destinazione d’uso compatibile con


la conservazione del manufatto oggetto di studio.
La destinazione d’uso o ce la dice il comune, o il committente, ma il più delle volte è
bene he un edificio storico-bene culturale diventi un edificio pubblico.
La destinazione d’uso deve essere consona all’edificio e alle sue caratteristiche.
L’edificio storico deve essere però adeguato alla normativa attuale.
La progettazione deve mirare a fare in modo che le nuove strutture si accordano con
l’esistente.

9. PROGETTO DI CONSERVAZIONE DELLE SUPERFICI rappresentazione di un


prospetto significativo in scala 1:50.

Quello che si raccomanda e ricoprire l’edificio con la cosiddetta scialbatura una sorta di
intonaco che consente di vedere lo stato originario in trasparenza.

Lezione 17

65
22/11/2018

CONSOLIDAMENTO DEI TERRENI E DELLE STRUTTURE DI FONDAZIONE

In continuità con quello che ci siamo detti ieri, in cui abbiamo fatto il sommario di cosa
prevede un progetto di restauro, in cui c’è uno stretto contatto tra la causa e il suo effetto,
per comprendere questo contatto è fondamentale conoscere le parti dell’edificio per capire
come funzionano sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista costruttivo, in quanto
a seconda di come sono fatti questi elementi abbiamo diversi tipi di cedimenti.

Partiamo dalle fondazioni e dai terreni di fondazioni, in quanto non ci dobbiamo occupare
soltanto degli aspetti murari, bensì anche dei terreni, perché talvolta è questo che cede,
piuttosto che le fondazioni stesse. Quindi è nostro compito svolgere tutta una serie di
interventi che riguardano le fondazioni ma anche i terreni.

La struttura di fondazione è quel sistema atto a ricettare il carico, ripartito r trasferito al


terreno su una sezione (base fondale) sufficientemente ampia in modo da ridurre ad un
valore adeguato alla resistenza del terreno le tensioni provenienti dalla struttura.  sigma
t= P/A

La struttura di fondazione deve resistere alle sollecitazioni della struttura in elevazione.


Funge da collegamento statico tra l’edificio ed il suo suolo.

Fondazione:
-Porzione di terreno al di sotto del piano di calpestio
-piano di spiccato
- base fondale.

Il problema delle fondazioni è un problema storico, che ha investito tutti i tipi di costruzioni,
fin dal rinascimento ci si poneva questo problema in maniera empirica, uno dei primi a
parlarne fu Vitruvio, che nel De Architettura ci dà una definizione dicendo: “ si faranno le
fondamenta delle mura in questa maniera: si caverà il terreno fino al suo massimo
possibile fino a quando non troviamo un terreno abbastanza solido su cui poggiare le
fondazioni.”
I trattati rinascimentali, in particolare quello di Palladio ci dice che le dimensioni delle
fondazioni devono essere il doppio dello spessore del muro. Anche lui si pone il problema
del terreno e di eventualmente incrementare la dimensione qualora il terreno sia cedevole.
Nell’architettura storica ci riferiamo ai vari manuali dell’architetto dove ci sono svariate
soluzioni.

Morfologia delle fondazioni

Modalità di trasferimento dei carichi:

-carichi concentrati (con i plinti)


-carichi distribuiti (fondazioni a platea in casi di terreno particolarmente sciolto)

Dobbiamo considerare anche la consistenza dei terreni, più è profondo il terreno più
avremo strati maggiormente resistenti.

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Caratteristiche dei terreni:
capacità portante del terreno
profondità dei terreni più resistenti
deformabilità del terreno (compressibili o incompressibili)

terreni compressibili = terre sciolte e argille  capacità portante < 1,2 kg/cm2
terreni incompressibili= rocce, pozzolane stratificate, ghiaie  capacità portante > 2
kg/cm2

Sulla base della loro capacità resistente individuiamo terreni:


-buoni
-mediocri
-cattivi

Classificazione delle fondazioni

Le fondazioni e la loro classificazione dipendono da che terreno ci sta, e da che tipo di


terreno stiamo analizzando.

Questa classificazione ci permette di fare un’ulteriore distinzione sulle fondazioni

 A seconda dei terreni e della profondità del piano d’appoggio abbiamo:


- fondazioni superficiale= tela o platee
-fondazioni profonda= pilastri ed archi rovesci

 A seconda della distribuzione dei carichi abbiamo:


-fondazioni dirette
-fondazioni indirette

 In base alla articolazione planimetrica abbiamo:


-lineare semplici
-lineare con raccordi
-a telaio.

Se mi trovo su un suolo in cui la parte solida è troppo in profondità come agisco?


Si trova un sistema per cui non è una reazione proveniente dal suolo in maniera parallela
alla forza dell’edificio a reggere quest’ultimo ma posso avere delle fondazioni indirette su
pali per cui la reazione del terreno non è data da una retta uguale e contraria ma è data da
una forza d’attrito che ha lungo la superficie laterale. È data dalla sommatoria di tutte le
forze che agiscono sul palo (forze di attrito della fondazione) che mi contrastano il peso
dell’edificio.

Classificazione tipologica

Le fondazioni possono essere di tipo continuo o discontinuo. In entrambi i casi può aversi
una:
-fondazione diretta  trasmette i carichi dell’edificio al terreno per pressione sul piano di
posa. Arrivano a circa 4/5 metri sotto al piano di campagna.

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-fondazioni indiretta= ad esempio i pali, queste fondazioni possono arrivare fino ai 10/11
metri all’interno del terreno.

L’edilizia storica ha usufruito di questo tipo di fondazioni, i templi ad esempio avevano il


più delle volte una fondazione continua a volte intelaiata. Già in epoca greca e in tutti gli
interventi successivi la necessità di andare a toccare parti più profonde del terreno e di
aumentare lo spessore, si può notare già nelle fondazioni del Partenone.
Le fondazioni venivano costruite con le stesse tecniche per costruire le murature in
elevato.
Nel caso di alcuni templi è possibile trovare il caso di fondazioni a blocchi squadrata, o
casi in cui vediamo muratura gettata.

Altro tipo di fondazione sono le fondazioni profonde a pilastri, è il più frequente a napoli,
perché essendo il suolo di napoli molto stratificato, con cavità diverse, fondazioni di questo
tipo permettevano di far toccare tutti gli strati di terreno a diverse altezze.

Nel caso in cui gli edifici poggiano su roccia vediamo dove finisce l’edificio e dove inizia la
fondazione. Si tratta di fondazioni superficiali dirette e sono le più sicure.

Come si fanno le fondazioni continue?

La tecnica più utilizzata era quella dell’armatura a sbadacchio adatta alla messa in
sicurezza di uno scavo per fondazioni continue.
Nel caso in cui il cavo veniva disarmato, all’interno delle fondazioni si formano dei fori, che
altro non sono che le tracce dell’armatura per lo scavo di fondazione.
Altri modi per costruire fondazioni continue sono:
- allargando lo scavo in profondità e riempendolo con una muratura a getto o a sacco.
-costruendo una muratura a parametri
-

Fondazioni a platea

Fondazioni profonda ad archi e pilastri:

al di sotto del piano di campagna, oltre alla realizzazione della pilastrata normale,
venivano realizzati degli archi in modo tale da indirizzare verso i pali anche le parti di
murature che sorgevano tra i due pilastri, in quanto l’arco tende a scomporre la forza in
una componente verticale e orizzontale.

Fondazioni profonda ad archi rovesci e pilastri

Per dare una maggiore omogeneità, si creano delle fondazioni in cui c’è un vuoto tra l’arco
superiore e quello inferiore.

Fondazioni profonda su pali di legno

Molto frequente nelle aree del nord della pianura padana.


Vengono realizzate delle palizzate di legno che venivano fissate al terreno con il
cosiddetto magno, ovvero un peso che spingeva nel terreno per azione dell’attrito laterale

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dell’elemento sul palo. Queste palizzate venivano messe sul terreno e collegato alle loro
teste con dei telai.
Su questi pali veniva steso un solaio di travi in legno sopra al quale veniva costruito
l’edificio.

Siccome il palo è un elemento puntuale, l’edificio ha dei cedimenti differenziati.

Quali sono i cedimenti delle fondazioni?

Possiamo avere un cedimento uniforme, nel momento in cui ho un edificio che cede
uniformemente (come la Torre di Pisa) l’edificio funziona ancora.
I cedimenti differenziati sono i più pericolosi, perché determinano un crollo e lesioni
pericolose su tutto quanto l’edificio.

Quali sono le cause?


Dissesti: cedimento fondazionale
La prima causa che dobbiamo vedere se abbiamo capito che l’edificio ha un cedimento
fondazionale, dobbiamo chiederci se il terreno sta cedendo.

CAUSE:
1. Insufficienza di portanza del terreno originaria
2. Insufficienza di portanza del terreno sopravvenuta
3. Degrado della fondazione stessa o da una deformazione sopravvenuta a causa di
carichi esterni

I cedimenti spontanei sono quasi sempre di tipo franoso, in cui abbiamo l’evento del
crollo.

Come possono essere i cedimenti fondazionali?

Nel caso delle fondazioni continue possiamo avere un cedimento centrale, o un cedimento
concentrato ai lati dell’edificio. questi tipi di cedimenti determinano lesioni inclinate a 45°
nel senso della caduta della fondazione. = cedimento fondale (suolo) o fondazionale
(fondazioni).

Anche quando parliamo di terremoto parliamo di cedimenti fondazionali.

Come interveniamo?
Non possiamo intervenire se non abbiamo capito la causa dell’effetto.

Interventi di consolidamento

Le tipologie di intervento si possono ricondurre a tre macro-famiglie:

1. Allargamento delle fondazioni= abbiamo così una reazione più adeguata alle forze
che vengono dall’alto.
2. Inserimento di sottofondazioni profonde (micropali e pali radice)
3. Consolidamento del terreno (iniezioni di malte cementizie o resine)

Quali sono questi interventi?

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Partendo dagli interventi sui terreni possiamo andare ad agire in modo tale da modificare
le caratteristiche meccaniche, idrauliche, fisiche (cambiarne la consistenza) o chimiche del
terreno, oppure possiamo andare a inserire nel terreno elementi in modo tale che il terreno
si compatti.

1. Ampliamento delle fondazioni: come si fa questo tipo di intervento?

Si fa un cavo a sinistra e destra della fondazione, al di sotto della fondazione di fa un


cavedio, e al di sotto della fondazione id fa una sottofondazione in muratura, in mattoni
o attraverso una soletta in c.a, in questo modo sto aumentando l’aria della
fondazione sigma di t= P/A  a parità di sigma t, aumentando i carichi aumentano
l’aria.

Come si opera sulle fondazioni e sulle sottofondazioni?

Ampliamento fondazionale con cantieri alternati:


Si opera con una tecnica che si chiama cantieri alternati.
Devo intervenire per allargare la fondazione, qui sono sotto al piano di campagna,
puntello (primo passo in ogni caso) l’edificio dopodichè vado a suddividere l’edificio in
tanti sottocantieri e li vado a numerare partendo dai lotti più deboli su cui la fondazione
ha un peso minore (quelle sotto sono le aperture). Il cantiere numero due sarà lontano
ma sempre sotto le aperture. Inizio a fare il mio intervento in piccole porzioni e opera
su una piccola porzione di muratura che non mi crea danni. Mentre la sottofondazione
si consolida vado ad operare su un cantiere lontano. Quando opererò su un cantiere
vicino a quello precedente quest’ultima sarà già funzionando come deve e non darà
problemi.

Ampliamento fondazionale senza togliere il piano al di sotto:


Altra tecnica che ci permette di non andare ad agire al di sotto della fondazione è
quella che si realizza con una trave in cemento o in muratura, nel restauro in
fondazione è concesso operare con il cemento armato. A destra e a sinistra, si
uniscono con dei ferri e in questo modo abbiamo avuto un allargamento della
fondazione. Vengono utilizzati dei martinetti per costipare la parte del terreno in
sottostante.

Ampliamento fondazionale in cemento armato

Consolidamento: allungamento fondazionale in archi e pilastri (non si usa più


oggi) è un intervento che è stato fatto a palazzo gravina, in cui alla fondazione
esistente sono stati aggiunti 4, 30 metri di sottofondazione.

Interventi più moderni che sostituiscono la realizzazione di pilastri, sono comunque


interventi che perseguono lo stesso scopo, come i PALI GETTATI IN OPERA: a
destra e a sinistra delle fondazioni esistente vengono infissi nel terreno i pali con dei
martinetti che spingono fino al massimo i pali nel terreno e viene poi realizzata la
sottofondazione.
Un particolare intervento è quello con i pali radice, che venivano infissi nel terreno e al
loro interno vi sono dei cali che hanno delle corrispondenze lungo la lunghezza del

70
terreno. Con una pompa all’interno del palo veniva pompata della malta che attraverso
il palo scendeva nel terreno per andare a riempire i vuoti.

Una tecnica ancora più moderna è l’allungamento fondazionale con MICROPALI,


senza fare scavi e creare cavedi pericolisi e senza andare a creare sottofondazioni,
vengono inseriti nel pilastro di fondazioni dei pali molto piccoli di spessore, che con lo
stesso criterio dei pali radice, ovvero dello strato di malta che viene inserito all’interno
dei pali, che vengono messi in questo caso incrociati all’interno della fondazione.
Hanno lo scopo duplice di aumentare l’area sulla quale poggia l’edificio e anche la
profondità. ( venezia, camapanile di burano).

Il costipamento meccanico con pali di sabbia permette di consolidare anche il


terreno.
Oppure l’alternativa sono le iniezioni di miscele nel terreno, come quella di spingere
delle resine all’interno del terreno fino al rifiuto, perché una volta che il terreno si è
riempito, l’iniezione di ulteriore resina permette il raddrizzamento dell’edificio.

Tecnica di impermeabilizzazione tramite congelamento, tramite dei motori frigoriferi


che vengono infissi nel terreno lungo tutto il perimetro dell’aria, che creano un
congelamento delle acque lungo il perimetro, creando una sorta di muro di ghiaccio
che evitano che l’acqua entri, cosi facendo è stata svuotata tutta l’area dall’acqua ed è
stato costruita una platea su cui poi si è costruito l’edificio.
Esempio: Roma, Ara Pacis.

Jet- grounting o gettiniezione, ovvero la realizzazione sparando all’interno del suolo,


dei pilastri di cemento che una volta fatto presa creano una palizzata di cemento che
frena il terrapieno.

Intervento per il Bronzo di Riace, è stata creato una particolare base di fondazione
per il basamento delle statue: ovvero due blocchi di marmo collegati da 4 sfere, per
contrastare l’azione sismica, questa tecnica si è tradotta in architettura con il cosiddetto
Base isolation, che smorza la forza del terremoto.

71
Lezione 18
29/11/2018

LE MURATURE: DISSESTI E CONSOLIDAMENTO

Continuiamo il percorso fatto con le fondazioni, saliamo lungo l’edificio per andare a
conoscere quelle che sono le parti costituenti esso.
Parliamo oggi della manifestazione formale dell’edificio, ovvero di quello che guardiamo e
conosciamo anche soltanto a prima vista.
Che vuol dire muratura? Che vuol dire tipi di muratura?
Ci troviamo dinnanzi a paramenti in mattoni più o meno simili, ma con fasi diverse di
costruzione: muratura antica romana, prima muratura di restauro risalente agli anni ’30,
muratura moderna messa in sottosguadro per far distinguere quella nuova da quella antica.

Dalla visione di un paramento murario di un edificio riusciamo a capire le successive fasi di


intervento sull’edificio, non solo di restauro.
I tipi di murature sono infinite, che dipendono dall’evoluzione dell’uomo.

Tipologia muraria dell’antichità:

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1. Murature ciclopiche= pezzi di pietra squadrati messi uno sopra all’altro a secco.
2. Murature isodome e pseudoisodome tipiche dell’antichità greca e romana
3. Murature miste e imbottite ascrivibili al magistero dell’antichità romana= quando la
muratura è diventata la sovrapposizione di conci di pietra artificiale con la malta, che
cementa insieme i pezzi di pietra e ci dà la possibilità di creare le più varie tessiture
murarie.
4. Fino ad un certo punto della storia si è costruito con la muratura piena, ad un certo punto i
romani grazie anche all’uso della malta, scoprono la muratura a sacco, era possibile gettare
pezzi di muratura con i cosiddetti diatoni ovvero pietre messe di traverso per collegare la
muratura a sacco.
5. Opus reticulatum, prima muratura antisismica, perché ha i corsi di malta inclinati a 45° per
cui le forze sono plasticizzate dalla malta e quindi la pietra si rompe più lentamente.

A seconda di come la muratura si rompe possiamo dare una causa ed un effetto del dissenso in
atto.
L’osservazione della muratura ci suggerisce quali tipi di forze e di dissensi sono in atto nell’edificio.
Nel momento in cui abbiamo una rottura, non abbiamo una rottura indipendente dall’orditura del
mattone, bensì ci sarà una rottura delle parti dell’edificio più deboli.
Non sempre troviamo edifici con muratura a faccia vista, quindi è necessario capire che tipo di
muratura c’è dietro ad una facciata intonacata.
Mediante i modelli tridimensionali che riportano tutti i carichi che agiscono sugli edifici, si produce
un disegno 3D che in base ad una scala di valori ci dice dove l’edificio è soggetto ai carichi
maggiori.
Per osservare bene tutti i tipi di murature ci sono una serie di strumenti diagnostici attraverso cui
facciamo indagini invasive e non.

Muratura a secco
Come si realizzavano?
Si capì che squadrando i blocchi tutti uguali e producendoli artificialmente, la costruzione della
muratura risultava più facile, attraverso l’assestamento con leva di un blocco lapideo.
Tra i vari conci a confine vi erano dei buchi, all’interno dei quali si inserivano zanche e grappe (di
piombo fuso) di ancoraggio, incastrati a coda di rondine e a doppia coda di rondine.

Altri tipi di murature tipici delle nostre zone sono:


1. Pompei murature miste: paramento di pietra in piperno consolidato con elementi
lapidei.
2. Tessiture con murature di tufo, i conci di tufo possono essere ad una testa, a due teste e a
tre teste a seconda della dimensione che devono soddisfare.
3. Tessiture di murature di mattoni, che reagiscono alle sollecitazioni in maniera diversa a
seconda di come sono costruite.
4. Tramezzature di mattoni: la cosiddetta Beneventana
5. Murature incannucciate: canne messe lungo un telaio e poi intonacate sopra.

Come si realizzavano queste murature?


Sulla muratura veniva riportata un’unità di misura, equivalente alla lunghezza di un braccio, sulla
base di questa misura veniva dimensionato l’edificio.

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NAPOLI: troviamo edifici realizzati in tufo con elementi più sollecitati in piperno, oppure
architetture completamente miste.

Calvi Risolta

Con il tempo, in particolare a Napoli, dopo il terremoto del ’88, si capì che costruire con murature
più complesse e sagomate, con meno malta, fosse una cosa positiva per combattere i terremoti.

Cupola della chiesa dell’Annunziata.

Sempre nel ‘700 a seguito degli eventi sismici si è incominciato a costruire in Campania con la
muratura mista.

in India, pezzi di pietra messi uno affianco all’altro con letti di malta.  tradizione locale
costruttiva.

Come si rompono queste murature?

Un fenomeno fondamentale della muratura è quello dell’assestamento, le cui cause sono la


compressione del terreno sotto nuovo carico e il calo delle malte.
I fattori che influenzano il calo delle malte sono lo spessore dei giunti, la qualità della malta e
tempi di presa, le variazioni di volume della malta per prosciugamento, quantità dei giunti, altezza
dell’edificio, ammorsatura tra nuove e vecchie murature, successione dei tempi di esecuzione,
carico esercitato dagli orizzontamenti.

La malta ha bisogno di 28 giorni di assestamento, affinché faccia presa, questo perché la malta
perde acqua, e quindi perde di volume.

Dissesti delle murature:

1. calo delle malte  dissesto naturale

Come si evita il calo delle malte, affinchè non si perda spazio?


Si procede per cantieri, ovvero si costruisce prima un pezzo a cui corrisponderà un calo, si procede
poi con il pezzo di sopra, al quale corrisponderà un altro calo, e così via. Si è osservato ce il calo
generale è di gran lunga minore rispetto al quello di un muro costruito tutto insieme, in cui di fatto
c’è più peso.
Questo ci suggerisce all’interno degli edifici storici, i giorni di lavoro, e quindi le fasi di costruzione
dell’edificio.
Tuttavia, si presentano comunque delle lesioni all’interno dell’edificio, che sono lesioni da calo.

2. Un’altra famiglia di dissesti sempre dovuti alla tecnica di costruzione delle murature, che
sono dissesti dovuti alla cattiva ammorsatura tra murature (dissesto fisico) , dovuto a
cantieri realizzati in tempi diversi, riprese murarie o diverso comportamento della
muratura. Le cause sono la disomogeneità dei materiali di costruzione, la disomogeneità
delle tessiture murarie, la vetustà dei materiali, l’aumento dei carichi distribuiti.

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3. Le lesioni verticali sono dovute a schiacciamenti.
Altro tipo di dissesto della muratura è quello dello Schiacciamento delle murature, dovuto a
presenza dei carichi localizzati, peso proprio della muratura. Le cause sono insufficiente sezione
trasversale della muratura per difetto progettuale o per successive sottrazioni di materiali, vetustà
dei materiali, aumento dei carichi distribuiti e/o localizzati, cedimenti fondali, apertura dei vani,
difetti di omogeneità delle sezioni reagenti.

3.1 Meccanismo dello schiacciamento: 1. forza gravante sul muro che si manifesta sulla malta
attraverso delle lesioni orizzontali lungo i ricorsi di malta, dopodichè se la forza continua ad
esistere e il muro continua a non riuscirla ad assorbirla più, insieme alle lesioni della malta,
iniziano ad rompersi i conci in corrispondenza dei conci, fino a quando questa rottura dei conci
diventa totale, fino a che il 2.muro si parzializza e non ha più la forza di reagire, in quanto
diventano sezioni snelle e si hanno 3.lesioni verticali , e il muro si rompe.
In presenza di carichi concentrati le lesioni verticali si formano proprio sotto i carichi.
Se il muro è intonacato che succede? Quand’è che vediamo la lesione di schiacciamento?
La prima fase e quella della polverizzazione delle malte tra i giunti orizzontali tra i conci, queste
lesioni sono molto sottile, e di pochissimo incidono sull’abbassamento del muro, ma spesso non
sono visibili.
In caso di intonaco, inseguito allo schiacciamento, l’intonaco si gonfia, pur non essendoci presenza
d’acqua. Quindi se il muro si gonfia, e non c’è acqua, significa che è soggetto alla prima fase di
schiacciamento del muro.

4. La Pressoflessione si verifica quando l’altezza del solido murario è superiore a circa 15


volte della minima dimensione trasversale. Inoltre, si verifica quando il carico di punta è
superiore al carico di sicurezza ammissibile, quando c’è disomogeneità delle sezioni
trasversali.
il caso della pressoflessione è possibile riconoscerlo dal tipo di lesioni, che tendono ad
essere più larghe verso il centro ed a restringersi verso i due estremi, perché c’è uno
spanciamento della muratura.

Vediamo ora in che modo agiamo:

1. Tecnica dello scuci e cuci: è una tecnica che rimuove l’effetto e quindi la lesione,
attraverso ad esempio una catenella di mattoni o cantieri alternati.

2. Qual è può essere una causa ricorrente che possiamo trovare all’interno di un edificio?
È quella della venustà delle murature, questa cosa si è risolta mediante l’iniezione di materiali
consolidanti. Prima del terremoto come materiale di consolidamento si usava il cemento armato.
Oggi per iniezioni consolidanti si intende l’iniezioni di materiali, naturali a base di calce, ma cmq
additivati, ma non si usa più il cemento armato.

Le miscele sono:
acqua+cemento
acqua+cemento+sabbia
acqua+cemento+sabbia+ghiaia
oggi si utilizzano per lo più le resine (poliuretaniche, polisteri)

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ci sono due metodi:
1. Per colo: all’interno della muratura vengono fatti dei fori con i giunti di malta, fori che
devono essere messi con un raggio di azione che è in corrispondenza del raggio centrale, in
cui appunto si fa colare queste miscele. Si fa quindi una maglia di buchi sulla muratura, se
la muratura è molto precaria non si può procedere per colo, ne nelle murature in mattoni,
si fa nelle murature a sacco dove c’è un grande vuoto centrale composto da murature e
materiali coerenti con malta, in cui aggiungere materiali garantisce maggiore resistenza.
2. A pressione, attraverso macchine che con un beccuccio spingono a pressione le miscele
all’interno della muratura fino rifiuto.

3. Intervento di consolidamento: iniezioni armate.


Se nelle colature vengono aggiunte anche delle barre d’acciaio si ottiene un’iniezione armata, che
altro non è che un rinforzo che si utilizza all’interno delle murature affinchè queste aumentino la
loro resistenza.
È un intervento che non dovrebbe essere realizzato, per non creare disomogeneità, ma in alcuni
casi è necessario, pensiamo all’intervento al tempio duomo di Pozzuoli, in cui sono state fatte
cuciture armate della parete.

4. Intervento di consolidamento: Gunite (non è più raccomandabile ed utilizzabile), che


consiste in una sorta di muro a sacco, mettere 2 lamiere elettrosaldate unite da ganci di
collegamento e sparare all’interno una miscela secca di sabbia e cemento.
5. Intervento di consolidamento: catene, tirantature e particolare del capochiave. Si tratta
delle stesse catene che vengono applicate agli archi, e che in questo caso vengono
applicate in caso di apertura della scatola muraria e per riportarla in sesto vengono
realizzate delle vere e proprie travi ancorate con dei capochiave alle parti esterne della
muratura, questi capochiavi sono detti attivi, ovvero sono stretti in maniera tale che il
muro torni alla sua posizione originale, o passivi se si mette fino ad una certa pressione e
poi si blocca quando incontra il capochiave.
Queste catene non sono un presidio per lo schiacciamento.

6. Intervento di consolidamento sulle colonne e sui pilastri, nel momento in cui sono soggetti
a pressoflessione e quindi ad una forza eccessiva, sono frequenti gli interventi di fasciature
metalliche, attraverso capochiave.

Altri interventi che possiamo definire innovativi sono:

1. Serra Sant Quirico, il campanile della chiesa di santa lucia, per il consolidamento del
campanile si realizzò una struttura reticolare realizzata con nastri di fibra di carbonio
bidirezionale applicate sopra le murature, che reagiscono benissimo a trazione quindi
permette di chiudere l’allargamento verticale dell’edificio, ed evita i cedimenti
differenziati.
Intonacate poi con una sciabatura molto leggera che di fatto denuncia l’intervento fatto.

2. Sistema reticolatus per il rinforzo di murature: la tecnica consiste nella realizzazione di una
ristilatura armata dei giunti di malta, ottenuta attraverso funi in acciaio inox organizzate in
modo sistematico a formare una maglia irregolare continua, capace quindi di adattarsi alle

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murature di pietrame. Le funi (trefori) sono collegate tramite dei perni all’altra parte della
muratura e nei giunti che si formano si inserisce la nuova malta.

Lezione 19
5/12/2018
ELEMENTI LIGNEI

Avendo fatto fino ad ora fondazioni dell’edificio e i muri in elevazione, analizziamo ora gli
orizzontamenti, ovvero i solai e le coperture che sono fondamentali dal punto di vista
strutturale in quanto chiudono la scatola muraria evitando gli spanciamenti.
Quando parliamo di orizzontamenti il più delle volte parliamo di orizzontamenti lignei, in
quanto la maggior parte dei solai nell’architettura storica sono in legno. Il tipico solaio
napoletano è quello realizzato con travi di legno su cui poi veniva gettato il magrone.
Studiamo quindi adesso il legno, che ha delle sue specifiche forme di dissesto e degrado,
così come delle sue specifiche forme di assestamento.

STRUTTURE DI COPERTUTA IN LEGNO


Palazzina Stupinigi, Torino, ha un’importante copertura realizzata completamente in
orditura lignea, si tratta di un’orditura notevolmente complessa, dal punto di vista dei nodi,
si tratta di una sommatoria di elementi di legno che poggiamo su una muratura lapidea.
Stiamo in presenza di veri e proprie incavallature e non di semplici capriate. È evidente una
grande complessità, in cui si va ad intervenire con tecniche ben precise.

La cosa piu importante dei elementi lignei, sono le loro connessioni, ovvero di come si
connette alla parete e di come si connette a formare diversi elementi del solaio che
reagiscono a forze diverse.
La forma piu diffusa di copertura in legno è la capriata, utilizzata gia dal medioevo. Consiste
in un elemento ligneo semplificato in quanto divenuto essenziale, in quanto ad ogni
elemento è deputato il compito di sopportare gli sforzi.
Tipi di capriate:
-capriata zoppa con controcatena per luci di m 4
-capriata di tipo palladiano conveniente per luci di m 8-15 (elemento orizzontale= catena a
cui è deputata la risposta alle azioni di trazione dovute all’allargamento della scatola
muraria; il problema della palladiana è quello di dover reggere le falde del tetto, per
questo motivo ci sono i due puntoni, ovvero i due elementi inclinati che poggiano sulla
catena, i due puntoni sono legati dal cosiddetto monaco che ha lo scopo di assorbire gli
sforzi dei puntoni, in caso di lunghezze eccessive ai due puntoni si legano i cosiddetti
contraffissi che congiungono il monaco con i puntoni. Il nodo tra il monaco e la catena è
fondamentale, è fatto con una staffa di ferro ad U, che tiene allineato il monaco con la
catena per evitare sforzi di flessione della capriata. Se il monaco poggia sulla catena, e
quindi il nodo dei due contraforti passa per la catena siamo in presenza di una trave
reticolare, nella capriata il monaco non tocca la catena se non con una staffa che serve per
non far slittare avanti e dietro la capriata.
-capriata semplice per luci di m 5-7
-Capriata composta per luci di m 12-15 = capriate semplici con più catene che reagiscono a
trazione.

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I nodi e le giunture degli elementi in legno sono all’interno del punto di incrocio tra
muratura e catena, ovvero all’interno dello spessore murario, in mezzeria del muro.
Al di sotto della catena e dei puntoni dove la capriata tocca la muratura c’è un elmento che
viene detto cuscinetto che fa da filtro tra la muratura e l’elemento ligneo per evitare
lesioni verticali da schiacciamento.

Con il tempo, l’elemento capriata è stato migliorato, sono stati introdotti elementi metallici
all’interno dell elemento ligneo per poter tenere insieme i diversi elementi. Alla fine
dell’800 con l’ introduzione del ferro nelle costruzioni, nelle capriate gli elmenti che
reagiscono a trazioni sono stati sostituiti con il ferro, e quindi la catena e le saette della
catena sono in ferro, questo però fa si che la capriata funzioni più come trave reticolare
che come capriata. (capriata polonsò)

Altri casi di elementi di copertura in legno:

- Palazzo Chigi all’Ariccia, Roma, nei giunti delle parti che si toccano vi sono connessioni
ben studiate che non vanno rimosse, bensì è necessario salvaguardale e proteggerle.

Una parte importante delle strutture lignee sono le connessioni, pero spesso avviene che
queste connessioni sono necessarie, non nei nodi, bensì all’interno degli elementi stessi,
qualora ad esempio di necessita di un puntone più lungo degli elementi che si trovano in
natura, o per motivi legati al consolidamento, per ripristinare la lunghezza originaria
dell’elemento. (come giunto a trazione a dente obliquo, giunto con biette, giunto a dente
semplice, giunto a doppio dente)
Questi giunti sono presenti anche all’interno nel manuale de rerum aedificatoria di alberti,
qesto per capire quanto sono antichi.

Casi molto particolari, sono quelli in cui la trave stessa del solaio è un elemento decorativo
in quanto essa stessa decorata e lavorata tanto da diventare un elemento di pregio.

Quali sono le forme di degrado del legno?

1. Aggressione da insetto xilofago


2. Alterazione cromatica( a contatto con l’atmosfera tutti gli elementi costruttivi si
alterano)
3. Carie
4. Cipollatura
5. Corpo fruttifero
6. Deformazione
7. Deposito superficilale
8. Fessurazione da ritiro, dovuta al fatto che il legno si sta ancora evolvendo.
9. Fibratura inclinata o deviata

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Nel legno è importantissimo andare a fare una giusta diagnosi di che tipo di dissesto è in
atto.
La più opportuna azione è quello di battere sul legno, per vedere se la trave è vuota o
meno, se è vuota questo è dovuto all’azione degli insetti xilofagi che mangiano all’interno il
legno.
Ci sono delle cause che sono dovute al fatto che il legno non è idrorepellente, il legno
assorbe l’acqua, uno dei suoi piu grandi nemici, la presenza dell’acqua all’interno del legno
crea il fenomeno della carie, per cui il legno marcisce e quindi tutta la sua carica viene a
mancare, perdendo la sua forza.
Ci sono poi degli elementi che sono fisologici del legno ovvero le cosiddette cipollature o le
fessurazioni ramificate o radiali. Il legno presenta delle tipiche venature che ci fanno dire
che il legno è un elemento anisotropo per cui reagisce verso determinate direzioni, non
come il c.a. il legno presenta reazioni longiutudinali rispetto al lato lungo che dunque
reagisce a trazione, quindi alla lunghezza corrispondente del tronco. Se il legno non è stato
sottoposto a dei processi di stagionatura, il legno presenta delle fessurazioni naturali
dell’elemento che pertanto non permettono il suo utilizzo in ambito edilizio.
Le cosiddette cipolle sono degli elementi puntiformi che crescono all’interno del troco ma
che non sono ammalgamati a questo e quindi potrebbero creare dei vuoti che abbassano la
resistenza, qualora dovessero questi venire a mancare
Il legno è inoltre un elemento infiammabile.

Come si interviene ?
Il primo passo per operare in qualsiasi intervento di consolidamento è il rilievo, un rilievo
fedele allo stato di fatto, in cui evidenzio tutti gli elementi e i loro degradi.
Questo tipo di rilievo prevede prospetto e sezioni degli elementi compreso il rilievo del
degrado di questi.
Questo vale anche per gli elementi non strutturali.
Va fatta poi una campagna di indagini, dapprima attraverso i 5 sensi, quindi attraverso il
sopralluogo diretto e poi con una strumentazione adeguata, ad esempio attraverso
l’estrazione di carotine mediante la trivella incrementata.
Ci sono tutta una serie di strumentazioni non invasive, che non prevedono l’esportazione di
materiale, come strumenti di misurazione geometrica, ad esempio la misurazione del
diametro di una cipolla, o strumenti per la valutazione della durezza dinamica: il Pilodyn.

Come si va ad operare quando si riscontra un dissesto?

Sono elementi lignei anche i solai. Un tipico solaio ligneo, è formato tra una trave
principale, sopra l’orditura principale ci sono le cosiddette pianelle ( in napoletano sono
dette le chianchiarelle) che sostituiscono l orditura secondaria, sopra queste viene messe o
una terza orditura o viene gettato il magrone, poi c’è un getto di malta piu sottile e poi
viene posto il pavimento sopra.
Il degrado dove avviene?
Dobbiamo capire se avviene sulla trave principale, o su quella secondaria e su gli elementi
laterali su cui poggia.
Consolidamento delle travi principali di un solaio ligneo:
Per poter aumentare la resistenza del solaio si introducono le cosiddette travi di
irrigidimento( a destra e sinistra della trave principale a cui sono connessi attraverso un

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chiodi), o le travi lamellari, (legno prodotto in laboratorio) con cui si fa lo stesso tipo di
intervento per cui lo si fa collaborare all’elemento esistente.

Se si vuole evitare di sporcare la trave per ragioni di venustà, si può intervenire all’interno
della trave stessa, in cui si mette una lamiera di acciaio, che assorbe le forze a cui è
deputato l’elemento ligneo per cui lavora. Questo intervento pero necessita di aprire il
pavimento, oppure necessita di rimuovere la trave stessa e poi rimetterla dopo l’aggiunto
della lamiera, al suo posto.

Su questa scia, sono stati creati i connettori a secco( a forma di V rovescia) , per cui si opera
all’estradosso, si rimuove il pavimento e si mettono questi elementi che vengono attaccati
da sopra alla trave e vengono resi solidali con una rete elettrosaldata sul solaio.
Questo permette di non agire sull’intradosso del solaio.

Come andiamo a reagire se si tratta di un pavimento storico?

O si introduce la cosiddetta trave rompi tratta in direzione opposta, su cui l’orditura


principale si poggia.
Oppure si mettono dei cavi d’acciaio collaboranti che vanno a rafforzare la parte
sottostante dell’elemento ligneo, assorbendo le azioni di trazione dell’elemento. Si tratta di
elementi di irrigidimento del solaio.
Lo stesso intervento viene fatto nelle capriate.

Ci sono poi tutta una serie di tecniche di intervento che rispondono ad un altro tipo di
degrado, che sono la marsiscensa delle testate delle travi.
Per conservare la trave esistente si sostituisce la testata della trave, ovvero si sostituisce
solo la parte marcita che entra dentro il muro, è importante che la testata ricostruita sia
bene ancorata a quella esistente, mediante tutti quei tipi di nodi che abbiamo visto prima.
Tra trave e muro è necessario lasciare un cavedio per far circolare l’aria che fa in modo che
l’acqua evapori e non entri in contatto con il legno.

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Le forme di degrado piu diffuse sono: (senti nota)

Lezione 20
6/12/2018

RESTAURO ED ARCHEOLOGIA
TECNICHE COSTRUTTIVE, DISSESTI DEGRADI E RESTAURI A POMPEI

Arch. Mariarosaria Villani

Che cosa vuol dire affrontare un progetto di restauro?


Dobbiamo arrivare al progetto di restauro tramite il rilievo, l’osservazione diretta, e tramite
l’incrocio delle fonti: fonti indirette (ovvero studio d’archivio), fonti dirette (ovvero
l’osservazione diretta del manufatto, osservazione dei materiali, delle giunzioni, delle
surpefetazioni), e la storia dei restauri (è fondamentale per comprendere meglio quelli
attuali).

Pompei viene riscoperta alla fine dell’700. Si è sempre saputo che Pompei era una citta
sepolta, lo sappiamo già a partire da Plinio il vecchio.
Alla fine dell’700 si inizia questa campagna di scavo, inziano ad uscire fuori i primi
suppellettili che hanno lo scopo di arricchire il museo archeologico di napoli, voluto per
volontà dei borbone.
Come funzionava il cantiere storico a pompei?
La riscoperta di pompei ha favorito anche le connessioni urbane della città con napoli, in
particolare a metà 800 si inizia a non fare piu un’opera esclusivamente di spoglio, si inizia a
capire che pompei non è una singola casa, bensì è una città, si iniziano così a dare un certo
tipo di regolamento per scavare. Si inizia a vedere pompei come una città.
L’organizzazione del cantiere era molto rigida e che rispecchia quella attuale: sul cantiere
c’è il capo cantiere che gestisce la squadra degli operai che seguono i dettami del
capocantiere. A pomepi oltre a questi c’era il mastro aiutante fabbricatore, il restauratore
di affreschi.
Si iniziano a fare in questo periodo le prime opere di restauro Travignini compì le prime
opere di restauration riconfigurando lo stato iniziale della casa. Si riunisce una commisione
voluta dai borboni che studi ala casa ideale pompeiana, che si attribuisce alla casa del
poeta tragico, quindi la casa con l atrium, il triclinum ecc. tutti gli ambienti tipici della casa
romana.

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Questa commissione fece un restauro ed esami sulla percussione dei muri, che risultarono
molto solidi.
Si iniziarono così a fare i primi plastici, quello della casa del poeta tragico e quello degli
scavi di pomepi furono fatti in in sughero.
La casa del poeta tragico viene ripresa in molteplici rappresentazioni modellistiche dove
viene ripresa anche al decorazione e il colore, tutto in scala.

Parliamo ora dei problemi conservativi con cui ci troviamo a scontrarci tutti i giorni:
Amedeo Maiuri
Molti di questi interventi sono anche post-guerra, con materiali plastici, e nuovi materiali
sperimentali.
Solaio in laterocemento
Altri problemi: intervento di consolidamento dell’intonaco con le grappe in piombo
romane lasciate in opera.  segno di un intervento storico e storicizzato che quindi
lasciamo.
Prima dell eruzione dell 79 a pompei nel 62 ci fu un terremoto per questo molte case
ritrovate erano in uno stato non finito, a causa dei numerosi danni.
Per cui gia furono fatti interventi di consolidamento da parte dei romani stessi.
Altri interventi di consolidamento sono fatti con le cosiddette biffe in ferro a forma di
farfalla, per il consolidamento dell’intonaco. Queste biffe con il tempo si sono ossidate, per
cui gli interventi di restauro successivi sono stati fatti sullo stato di ossidazione.
L inserimento delle biffe romano provocò delle linee di tensione che causarono lesioni.
In questo caso, essendo lesioni storiche, che cosa si fa? Si deve fermare il degrado, per cui
come si interviene? Vado a stuccare le lesioni, per bloccare il degrado, lasciando cmq
evidente il segno del consolidamento storico.

La linea di sutura e superficie di sacrificio : intervento del dopo guerra da amedeo maiuri
C’è bisogno di fare un’integrazione, perché il muro ha bisogno della superficie di sacrificio,
che serve a preservare quella romana.
In base alla carta di atena del 31 che diceva che gli interventi dovevano essere distinguibili,
nel 45 maiuri si pone il problema della distinguibilità.
Amedeo maiuri risolve il problema con la linea di sutura una linea netta di demarcazione
tra la parte antica e quella contemporanea.
È più facile capire se erano intonacati gli interni che gli esterni, perche in quest’ultimo caso
facevano una sorta di intervento di impermeabilizzazione. Prendevano dei cocci di laterizio
e li incastravano nella malta, successivamente li intonacavano. Questo intervento veniva
fatto alla base dell’edificio, come se fosse un pannello impermeabile.

La stratigrafia vulcanica di pompei:


nell’eruzione la prima cosa che inizia a cadere su pompei sono i lapilli e le pompici, che
cadono per oltre 2 metri.
Dopo le pompici arriva un secondo strato, ovvero lo strato di lavana, detto tuono, si tratta
di uno strato di lava compatta, in cui si sono formate le cavità e sono stati estrapolati i
calchi.
Lo strato del tuono è quello che tappa pompei, motivo per cui sotto tutto si è conservato
per bene.

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Il problema è che il lapillo è un materiale sciolto. Qando cade anche solo un pezzettino di
lapillo si puo avere un collasso, spesso avviene quando dietro c’è qualche struttura.

L erosione della pietra, che è un degrado della pietra in se, genera un dissesto dell’intero
paramento murario.

Problema delle colonne: molte colonne devono essere messe in “messa sicurezza”, ovvero
si evita che le cose cadano, ma non si va a restaurare l’elemento.

Le colonne e i muri romani pompeiani non hanno le fondazioni.

Architrave in legno problema delle piattabande è frequentissimo


Solitamente a meno che non sia in uno stato di degrado cosi avanzato, la trave in cemento
armato la conserviamo perché diventerebbe traumatico per la struttura smontarlo.

Come si sostituisce la piattabanda?


La piattabanda si infila da una parte e dall’altra, e hanno intorno, in particolare quelle
romane, la lamina in piombo per preservare il legno dalla corrosione.
Che cosa si fa?
Si puntella la piattabanda con il sistema di tubi e giunti, dopo aver consolidato la muratura
sopra, si sfila poi la vecchia piattabanda, si infila la nuova e si costruisce la porzione di muro
che manca.

Come si fa la malta?
La malta si fa in diversi modi. Uno di questi è la malta fibrorinforzata con le fibre di vetro,
ma che si sfioccano, per cui all’interno viene utilizzato questo metodo, sulla parte esterna e
visibile viene utilizzata una malta tradizionale. (istanza estetica).

Linee dell’incannucciata (solaio fatte in cannucce)

La lamina di piombo viene messa ad una certa altezza per evitare l’umidità di risalita.

Lezione 21
12/12/2018

CONSOLIDAMENTO ARCHI E VOLTE

Continuiamo l’analisi degli elementi costruttivi di un edificio storico, per capire come sono
costruiti, come si dissestano e come si interviene.
Oggi parliamo di archi e volte. Perché ne parliamo così espressamente, pur essendo degli
orizzontamenti? Ne parliamo perché l’altra volta abbiamo parlato di orizzontamenti lignei,
che hanno altre funzioni e altre tecniche di consolidamento.
Che cos’è un arco? La definizione più bella e antica è quella di Leonardo da Vinci che ci
parla di arco come due parti indipendenti ciascuna delle quali da sola tenderebbe a cadere,
nel momento in cui si incontrano l’una e l’altra si convertono in una unica fortezza.

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L’arco è inoltre qualcosa che esiste in natura per la forza di gravità perché ogni qual volta
una conformazione rocciosa perde il suo sostegno, la sua fondazione, la rottura che si viene
a creare all’interno della pietra e della struttura è una struttura a forma di arco perciò
esiste da sempre. Ciò che è stato notato da chi si occupa di costruzioni è che questa cosa
avviene ogni volte che c’è un cedimento murario, la rottura che si forma sul muro è a
forma di arco, infatti se ad esempio l’architrave cede, il muro che sta sopra tende a cadere
e a rompersi generando un arco definito “ arco naturale”, ciò nonostante l’edificio non
cade, questo perché le forze che sottendono un vuoto tendono ad andare verso le parti
solide dell’edificio e quindi la parte al di sopra dell’architrave è scarica. Questo è alla base
di tutta la produzione di una certa architettura prima della scoperta dell’arco, che è una
scoperta forse etrusca, sicuramente romana, infatti i greci costruivano con il sistema
trilitico e avevano già intuito questo fenomeno. Nell’arte micenea tutta quella produzione
che sottintendeva l’architrave era lasciato vuoto o scarico o veniva decorato, non
contribuiva alla statica dell’edificio. si era capito che se si voleva chiudere gli ambienti, è
possibile ruotare questo sistema nello spazio e ottenendo così degli ambienti pseudo
voltati.
Quello che però molti avevano già intuito è che se i conci di un architrave venivano
sagomati e chiusi con un concio, l’architrave si reggeva comunque.
La piattabanda è un arco perché staticamente lavora come quest’ultimo.
Quando poi si è giunti alla scoperta dell’arco, i romani lo hanno coniugato nelle forme più
disparate.

Che cos’è un arco?


È un elemento strutturale in grado di incanalare, con la sua traiettoria curvilinea, le
sollecitazioni prodotte dai carichi trasformandole in forze prevalenti di compressione.
Curva di pressione o funicolare reazione verticale  reazione orizzontale
L’arco è quindi un elemento che convogliando le forze dell’edificio riesce a trasformare in
un insieme di forze di compressione che tenendo insieme i vari conci riesce a tenere quello
che c’è sopra. Questo significa anche che la reazione di tutte le forze provenienti dall’alto
dell’edificio si trasmettono ai piedritti in una forza diagonale che può essere scomposta in
una forza verticale e una orizzontale, ed il contrasto alla forza orizzontale fa reggere tutto
l’arco ed è una forza di compressione. Questa forza di compressione è talmente ben
definita che regge qualsiasi tipo di arco, addirittura se i vari conci in pietra si stanno
erodendo possono comunque rimanere dove sono, nell’arco per la perfetta distribuzione di
forza.

Elementi:
l’arco è formato da una serie di conci tenuti insieme da un concio centrale detto concio di
chiave. I conci poggiano su due piedritti. La distanza tra i due piedritti è detta luce, la
distanza tra il piano di imposta e l’intradosso è detta freccia. L’elemento inclinato di 30°
rispetto al. Piano di imposta si definisce sezione alle reni.
In baso al rapporto tra freccia e luce abbiamo tutti gli archi della storia dell’architettura:
- F= ½ l  arco a tutto sesto
- F/1/2 l < 1  arco a sesto ribbassato
-F/1/2 l > 1  arco a sesto acuto

Come si costruisce l’arco?

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Siccome abbiamo detto che l’arco è un elemento che entra in azione quando tutti gli
elementi sono in compressione, durante la costruzione le forze non sono ancora in atto per
questo motivo è necessario avere un sostegno su cui si costruisce. Si tratta della cosiddetta
centina, un’impalcatura in legno sulla quale poggiano tutti i vari conci sul suo estradosso e
messo il concio di chiave si disarma. Il disarmo non è molto semplice, alcune volte questa
struttura veniva poggiata su sacchetti di sabbia che venivano piano piano svuotati per cui la
centina scendeva e se l’arco entrava in funzione, la centina si staccava dall’intradosso
dell’arco.

Da che cosa è dato il comportamento strutturale di un arco?


Il comportamento statico dell’arco deriva in primis dalla sua forma, perché a seconda di
questa gli archi reagiscono in maniera diversa, inoltre deriva dalla modalità esecutiva, dalla
qualità dei materiali, dalla capacità degli esecutori e quindi dalle maestranze e dalle
effettive condizioni di vincolo.

I piedritti e le imposte:
l’imposta geometrica è il punto in cui finisce il rettilineo dei piedritti e inizia la curva
dell’arco che fino a 30° non si comporta come un arco, bensì risponde al comportamento
strutturale dei piedritti.
A noi quello che ci interessa è la cosiddetta imposta reale e/o sezione alle reni (ovvero
quella posta a 30° dall’imposta geometrica), a partire da questa, quindi da 30° in poi
valgono le condizioni di compressione.
Quando l’arco cade ciò significa che le condizioni dell’arco non sono tali, e rimane in opere
la parte che reagisce a sforzo normale e ciò vale per tutte le tipologie di arco, naturali o
costruite dall’uomo. Se ci sono delle deroghe a questo, significa che il comportamento non
era effettivamente ad arco.
Altro elemento fondamentale, legato alle condizioni di vincolo, è il dimensionamento dei
piedritti, e quindi capire quanto il piedritto è in grado di assorbire gli sforzi inclinati
provenienti dall’alto. Leonardo da Vinci dice che l’arco non si romperà e la corda dell’arco i
fuori non toccherà l’arco di dentro. Ha anticipato il concetto di poligonale delle forze.

Come si rompe un arco?

Due sono i meccanismi di dissesto dell’arco.


1. Abbassamento della chiave forza proveniente dall’alto che l’arco non riesce a
contrastare. In questo caso si forma una lesione in chiave che ha la sua origine sulla
chiave all’intradosso, mentre sul suo estradosso la lesione si presenta sulle reni e quindi
si crea un altro fenomeno quello dell’innalzamento delle reni, laddove i piedritti
reggono bene.
2. Depressione delle reni= ovvero c’è una forza eccessiva che agisce su queste, per cui si
crea il fenomeno opposto, si crea la cerniera plastica all’estradosso quindi vediamo le
lesioni alle reni sull’intradosso e la cuspide si crea all’estradosso con depressione delle
reni e innalzamento della chiave.

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Quando analizziamo un arco la prima cosa da vedere è dov’è la lesione, se la troviamo
in chiave ciò significa che il peso sta sopra. Se è ai reni il peso non è sopra, bensì ai lati.

Come si effettua la verifica dell’arco?


Qual è la causa per cui nell’arco si formano delle lesioni?

Abbiamo detto che l’arco vive perché ha tutte le sezioni in cui vi sono forze di compressione, nel
momento in cui ci sono forze di trazione all’interno della sezione l’arco si rompe.
Come nascono queste forze di trazione?
L’arco deve rispondere a 4 condizioni di stabilità:
- verifica al ribaltamento
-verifica allo slittamento
- verifica allo schiacciamento
-la curva delle pressioni deve essere contenuta all’interno del terzo medio.

Verifica al ribaltamento= Se in tutti i conci dell’arco, che hanno una sezione rettangolare, se la
forza che un concio trasmette ad un altro, si trova all’interno del nocciolo d’inerzia, ovvero al
baricentro, significa che l’elemento è soggetto tutto a compressione, se invece la sezione si trova
sul bordo del nocciolo d’inerzia, parte la sezione è sottoposta a compressione ma c’è un punto
nullo. Se invece la sezione è all’esterno del nocciolo, una parte sarà tesa e un’altra compressa, e
quindi la parte tesa si rompe.
Verifica allo slittamento= se due conci contigui hanno il loro punto di attacco in direzione delle
forze che provengono dall’alto, significa che essi se non sono adeguatamente contrastati,
tenderanno a scivolare. La risultante delle forze non deve essere parallela ai giunti dei conci
motivo per cui esse sono radiali e non tutti paralleli.

Curva delle pressioni= dimostrata nel 800 da mery che ha osservato che il comportamento
dell’arco parte dai 30° fino ai 90° perché dall’altra parte ci ha riportato la risultante delle forze che
si compenetrano nella porzione di arco che si va a ricostruire con una poligonale, e se questa che è
la risultante di tutte le forze provenienti da sinistra a da sopra, è contenuta nel terzo medio ( che
sarebbe l’arco diviso 3) l’arco sarà soggetto a forza di compressione e reggerà. La risultante delle
forze andrà a scaricare poi sul piedritto.

In tutti i casi in cui abbiamo abbassamento delle volte o innalzamento delle reni significa che ci
sono delle forze abbondanti o meno abbondanti che spostano la poligonale al di fuori del terzo
medio.

Volte in muratura
Non sono altro che archi composti, abbiamo infatti volte semplici e volte composte. La volta a
botte una volta in cui l’arco trasla seconda una direzione.
Anche per volte vale la stessa modalità costruttiva e quindi l’uso di centine.
Quello che cambia è la presenza del cosiddetto rinfianco, ovvero elementi che gravano sulle reni,
per cui se questo è troppo pesante può verificarsi il fenomeno dell’abbassamento delle reni e
innalzamento della volta.

Come si dissestano archi e volte?


A partire dall’analisi degli effetti (le lesioni) si individuano le cause:

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- schiacciamento
-scorrimento del piano di posa
-..

Le cause sono tutte riportate all’arco.


Le lesioni all’imposta geometrica non hanno nessuna causa, sono lesioni fisiologiche della volta
che non vanno curate perché altrimenti si aprono accanto, infatti servono alla volta per
“respirare” per permettere i suoi normale movimenti di dilatazione.

Come si procede?
1. Analisi
2. Rilievo accurato della struttura ad arco
3. Rilievo del quadro fessurativo in sezione e in pianta
4. Individuazione della tipologia di dissesto, quindi della causa e dell’effetto.

Come si va a operare il consolidamento ?

L’elemento classico per consolidare archi e volte sono presidi di tipo attivo o passivo, iprimi sono
quelli che servono a tenere la volta su, sono di tipo passivo quelli che entrano in atto quando il
cedimento va avanti. La maggior parte degli edifici storici, il consolidamento più classico per lo
schiacciamento delle volte è la catena. L’elemento catena(presidio attivo e/o passivo, a seconda di
come chiudiamo il capochiave, che può essere avvitato all’edificio, o non avvitato all’edificio, per
cui se l’edificio cade, la catena diventa presidio attivo) (la catena va messo sull’imposta reale) ( le
catena vanno messe quando c’è un abbassamento della chiave ed un innalzamento delle reni) è
un elemento in ferro, che agisce bene a trazione a differenze dall’arco, oppure un altro elemento
molto più invasivo è il contrafforte cioè va inserita una porzione di un muro che controbilancia
l’elemento orizzontale generato dall’arco e ci consente di tenere fermo l’arco e non farlo cadere.
Altro è lo sperone,( come nel Colosseo) che è un consolidamento passivo.

L’obiettivo è quello di fare in modo che attraverso la gestione delle forze la curva delle pressioni
rientri nel terzo medio.

Un altro sistema di consolidamento è quello di collegare bene i conci con le cosiddette grappe di
collegamento, questo intervento si fa in caso in cui i conci non reggono più, perché se non fosse
così l’arco si lesiona nell’elemento concio.
Il corrispondente della catena, all’interno delle cupole è la cosiddetta cerchiatura, che si adopera
nel caso di lesioni da compressione, si tratta di un elemento in ferro che circonda tutta la base
della cupola affinchè vengano contenute tutte le forze che spingono verso l’esterno.
Un intervento più moderno è quello con i trefoli, ovvero corde in acciaio.
La particolarità della volta è avere il rinfianco, in passato per consolidare le volte soggette a peso,
si svuotava il pavimento si liberavano i rinfianchi e si mettevano i frenelli che reggevano il
pavimento sopra.
Un altro intervento è quello fatto con l’inserimento di iniezioni armate.
Altro intervento è quello della cappa armata, che prevede la sostituzione della volta con una volta
in cemento armato che risponde a leggi diverse dall’arco e a quelle dell’edificio. (NON è MOLTO
EFFICIENTE, OGGI NON SI USA Più)

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Allo stesso modo oggi si utilizzano le reti di tessuto o in materiali polimero per sostituire le cappe
di cemento armato.
Questo perché il consolidamento di archi e volte deve mirare ad evitare gli sforzi di trazione.

Un altro sistema è quello di ripristinare la poligonale delle forze con elementi inchiodati agli archi e
mediante la calibrazione di essi riesce a riportare l’arco

Lezione 22
13/12/2018

UMIDITÁ NEGLI EDIFICI


Oggi parliamo di umidità negli edifici storici, come abbiamo già detto l’acqua negli edifici è
sicuramente il problema più ampio, gli edifici sono soggetti agli agenti atmosferici, poggiano a
terra e dal momento che l’acqua si muove per capillarità l’edificio assorbe l’acqua, e soprattutto
perché l’acqua non è eliminabile. Gli unici modo che abbiamo sono quelli di convogliarla e
spostarla in luoghi esterni a quello su cui stiamo lavorando. Ci sono inoltre diversi modi in cui
l’acqua arriva all’edificio, abbiamo un modo dettato stesso dal fatto che l’edificio poggia sul
terreno quindi per capillarità l’acqua arriva all’edificio, e nell’edilizia storica parliamo di edifici
realizzati per lo più in pietra, che è porosa a differenza dell’acciaio e del vetro, e che quindi
assorbe l’acqua. Un altro fattore che incide sull’edificio è l’umidità dovuta agli agenti atmosferici.
Esistono due tipi di umidità: l’una derivante dal fatto che l’edificio di solito è utilizzato quindi
riscaldato ed ha una temperatura interna diversa da quella esterna, e sono problemi di fisica
tecnica, all’interno dell’edificio si può creare inoltre la condensa. Basta anche soltanto una pentola
che bolle per bagnare gli oggetti che ci sono intorno

Diverse tipologie di umidità; tecniche per intervenire per evitare che l’acqua ristagni nell’edificio:

1. UMIDITÀ DA RISALITA  presenza d’acqua nel terreno sottostante e/o adiacente le


murature. Si tratta di un’umidità che funziona per capillarità, l’acqua tende ad avere
sempre la stessa quota, per cui se esiste una falda ad una certa altezza, l’acqua che si trova
nel pavimento ad una quota più bassa tende a risalire all’interno delle murature e dei
materiali lapidei. Questo tipo di umidità crea una fascia sul basamento dell’edificio di circa
1m, oltre questo livello non sale mai perché a 1m l’acqua evapora. Dove c’è la linea di
evaporazione dell’acqua si forma un particolare degrado detto fluorescenza che è di colore
bianchiccio. Si riconosce bene inoltre la linea di demarcazione di questo tipo di umidità.
Un tentativo improprio per risolvere questo tipo di problema è ricoprire la fascia che si è
creata sul basamento, ma se l’acqua non riesce a risalire ed evaporare entro la fascia di 1
m, essa continuerà a risalire, quindi non si è risolto il problema dell’umidità da risalita. Per
cui si va a creare una fascia di erosione più alta di 1 m.
2. UMIDITÀ DI RIMBALZO se il fenomeno è localizzato, significa che stiamo parlando di
umidità di rimbalzo, che si crea nel momento in cui abbiamo un gocciolatoio superiore
l’acqua cade e rimbalza in un solo punto sul muro.
3. UMIDITÀ AMBIENTALE  si tratta di acqua che si trova all’interno dell’edificio, derivante
dal contatto di esso con l’acqua che c’è nell’ambiente, sotto forma di pioggia o portata dal

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vento come in presenza di edifici vicino al mare. (pensiamo alla chiesa dell’assunta a mare,
a Pozzuoli). Spesso troviamo evidenti problemi di umidità derivanti non da una precisa
causa di risalita ma è appunto una causa ambientale perché l’acqua è che si trova
all’interno dell’edificio.
In presenza di un terrazzo è possibile che si crei un punto al di sotto di questo in cui l’acqua
ristagna, anche in questo caso, seppure l’acqua risale di 1 m, lo consideriamo sempre una
causa ambientale, in quanto non è un problema di acqua nel terreno.

Esistono inoltre problemi legati alla conformazione stessa dell’architettura, ad esempio


laddove abbiamo un rosone con modanature che non permettono la costruzione di
gocciolatoi per cui si crea un gocciolio d’acqua sulla parete.

METODOLOGIA DI INDAGINE
1. Analisi visiva dell’oggetto
2. Individuazione degli effetti
3. Individuazione delle cause
4. Indagini strumentali
5. Verifica
6. Intervento

Le cause dell’umidità:
-umidità accidentale
-umidità dovuta alla pioggia
-umidità di risalita

DIAGNOSI STRUMENTALE

Quali sono le indagini strumentali più usanti nel caso di umidità?

È la termografia, si tratta di una macchina a raggi uv che si proietta sulla parete che deve essere
irraggiata o dal solo o dal un raggio di luce artificiale. La termografia ci dà una risposta che si legge
su uno spettro di colori e in base alla temperatura che abbiamo impostato e che è quella
ambiente, riusciremo a riconoscere nelle parti più fredde quelle bagnate. Ovviamente è
un’indagine non invasiva, non toccando neanche il muro.
Attraverso questa tecnica capiamo sempre la differenza di materiale, infatti ognuno di questi avrà
una risposta diversa di calore. (e quindi un colore diverso)
È un’indagine assolutamente valida e qualitativa.

Altri strumenti, più quantitativi, che ci danno la misura e la quantità precisa dell’acqua all’interno
della parete, sono:
- misuratore elettronico di umidità: che produce un diagramma
-identificazione dei Sali  nei punti in cui l’acqua tende ad uscire si producono delle fluorescenze,
che sono dei Sali che si studiano per capire il PH.

INTERVENTI VOLTI ALL’ELIMINAZIONE DELL’UMIDITÀ NELLE MURATURE


Come si interviene?

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L’intervento più antico per risolvere l’umidità di risalita è quello dell’areazione della muratura
attraverso i Sifoni. Qual è l’obbiettivo? È quello di fare dei fori all’interno della parete a circa 20, 30
c dalla base in cui vengono inseriti questi sifoni che devono convogliare l’acqua e mandarla vero
l’esterno. Sono degli elementi ceramici, di laterizio che si inseriscono nelle carote fatte lungo la
fondazione dell’edificio, si inseriscono con la malta e siccome il laterizio è poroso, l’acqua entra nei
sifoni e ciò permette il passaggio dell’aria e quindi l’acqua evapora.

Altre tecniche più moderne si basano sui principi elettrosmotici dell’acqua, essendo formata da
idrogene e ossigeno, ed il principio è creare un campo elettromagnetico, in particolare due catodi
caricato uno + e uno – in modo tale che l’acqua si disgrega, venendo annullata. È un intervento
che prevede l’utilizzo della corrente. La particella dell’acqua si disgrega e il muro diventa di nuovo
asciutto.

Un altro intervento con lo stesso principio prevede il caricamento di un solo catodo che non
disgrega la particella d’acqua ma la attira soltanto portandola verso l’esterno.

La tecnica più banale che ripete quello dei sifoni è quella di segare il muro con un’elettrosega e
inserire all’interno del muro o una barriera chimica cioè un inserto di materiale impermeabile
chimico che blocca l’acqua e non la fa arrivare alle parti alte del muro o con un materiale naturale
che è il piombo.
La controindicazione di questo tipo di intervento è il fatto che si tratta di un intervento invasivo
perchè andiamo a separare la fondazione dalla muratura.

L’alternativa oggi è sempre lo sbarramento orizzontale attraverso altre soluzioni, come ad


esempio le iniezioni di resina, che per colo (soprattutto in murature più degradate e fragili) o per
pressione vengono iniettate delle soluzioni a base di resina impermeabile, che per capillarità entra
nei vuoti della muratura e impedisce la risalita dell’acqua.

Dove va l’acqua?
La stiamo allontanando dal perimetro dell’edificio, ma l’acqua potrebbe essere presente anche
sotto i pavimenti e non solo nelle murature.
Per questo motivo vi sono altre tecniche che lavorano sui solai. La tecnica più diffusa è quella di
ripulire il massetto e di inserire dei muretti all’interno del pacchetto del pavimento, creando così
dei passaggi d’aria all’interno di esso.
Questa cosa ha portato alla creazione industriale del cosiddetto igloo, che svolge l’azione di
poggiare sul suolo, allontanando la posa del pavimento dell’edificio dal suolo, creando una
reazione al di sotto del pavimento che ha poi esce all’esterno attraverso delle bocchette.

Nei casi in cui è possibile farlo (in particolare nei casi di terreni molto bagnati) e nei casi in cui
l’umidità è troppa, si ricorre a quella che è l’intercapedine areata, per cui si agisce sul terreno e
sulla fondazione, si crea uno scannafosso, che si chiude poi in superfice con una griglia. Così
facendo facciamo in modo che l’acqua risale comunque di 1 m, ma lo fa all’interno delle
fondazioni, così che quando deve evaporare lo fa ma alla base dell’edificio.
Si realizza un vero e proprio cavo, si raggiunge la fondazione, e nel cavedio si inseriscono gli
impianti e i sistemi di areazione.

L’ultima soluzione ritrovata in materia di soluzione per l’umidità, è il cosiddetto Domodry, si tratta
di un dispositivo di diverse grandezze a seconda del raggio che deve coprire, che funziona con lo

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stesso principio dell’elettrosmosi, ma che riesce a creare una sorta di campo elettromagnetico, per
cui il sistema dell’elettrosmosi funziona come una sorta di sfera all’interno dell’edificio, che riesce
ad impedire la risalita dell’acqua, oltre che agisce anche sull’umidità ambientale e di condensa
all’interno della casa.

Lezione 23
19/12/2018

Lezione 24
20/12/2018

ADEGUAMENTO E MESSA A NORMA DEGLI EDIFICI STORICI

Facciamo un breve excursus su aspetti che rientrano in quel che riguarda il restauro, si tratta di
aspetti applicativi che è importante conoscere.
Affrontiamo principi fondamentali di adeguamento e messa a norma degli edifici storici. Abbiamo
detto che il nostro obiettivo è quello di conservare gli edifici storici, ma per garantire la loro
conservazione dobbiamo utilizzarli adattandoli alle normative attuali.
In generale le normative attuali per l’utilizzo degli edifici sono 3:
1. Normativa sismica
2. Normativa antincendio
3. Normativa superamento barriere architettoniche negli edifici di interesse storico artistico.

La normativa a rischio sismico attualmente in vigore in Italia, risponde per gli edifici storici a due
disposizioni:
- linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale
- le norme tecniche per le costruzioni (è una legge).

Qual è il problema degli edifici storici?


Se dovessimo adeguare gli edifici storici alla normativa tecnica, il risultato sarebbe avere
controventature ecc, ciò significherebbe andare a stravolgere l’aspetto di essi.
Per questo motivo la normativa sismica ha stabilito due livelli di intervento strutturale:
1. Adeguamento: nel caso di edifici non storici e vincolati si parla di adeguamento sismico.
2. Miglioramento: nel caso di edifici vincolati e di pregio storico-artistico si parla di
miglioramento, ovvero andiamo a fare dei piccoli interventi localizzati che localmente
possono andare a migliorare il comportamento strutturale dell’edificio in caso di sisma,
senza modificare sostanzialmente il comportamento globale dell’edificio. si tratta di tutti
quegli interventi che abbiamo visto fino ad esso, ovvero interventi sui solai ecc.

La normativa per il miglioramento sismico di un edificio va ad individuare per ogni singolo


elemento dell’edificio delle forme di vulnerabilità specifica per risolverle poi localmente, come
la scarsa coesione muraria, elementi che riducono la sezione muraria, soluzioni strutturali
inadeguate, particolari distribuzioni delle aperture nelle murature.

Le fasi del progetto di miglioramento sono:


1. Conoscenza dell’oggetto di studio

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2. Progetto di danno: esame del quadro fessurativo, esame delle forme di vulnerabilità
specifiche, individuazione dei possibili meccanismi di collasso ..

SICUREZZA ANTINCENDIO E MESSA A NORMA DEGLI EDIFICI DI PREGIO STORICO ARTISTICO

La maggior parte degli edifici storici che studiamo sono soggetti al pericolo d’incendio, perché
presentano la maggior parte solai lignei.
La legge che contiene le norme antincendio è il D.P.R. 1 AGOSTO 2011, n. 151- Allegato 1, che
presenta un elenco delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi.
Con il numero 72 rientrano gli edifici soggetti a tutela. Mentre per i beni vincolati aperti al
pubblico rimanda alla normativa, che è D.M 30 Novembre 1983, D.M BENI CULTURALI E
AMBIENTALI N.569 DEL 92 ( per i musei e i luoghi di esposizione), e il DPR 30/6/1995 N 418 per
biblioteche e archivi.

Parliamo di termini fondamentali:


1. Concetto di carico d’incendio: ovvero il potenziale termico della totalità dei materiali
combustibili contenuti in uno spazio
2. Compartimento antincendio: parte di edificio delimitata da elementi costruttivi di
resistenza al fuoco
3. Comportamento al fuoco, ovvero l’insieme delle trasformazioni fisiche e chimiche che un
singolo materiale o elemento di costruzione sottoposto all’azione del fuoco.

Fondamentale nella normativa antincendio è il comportamento al fuoco di alcuni elementi, ovvero


la loro capacità di resistere al fuoco, e quindi la resistenza al fuoco è l’attitudine di un elemento a
conservare per un tempo determinato in tutto o in parte la stabilità, la tenuta e l’isolamento. (REI)
Stabilità: attitudine di un elemento a conservare la resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco
Tenuta: attitudine di un elemento a non lasciar passare nè produrre fiamme, vapori o gas sul lato
non esposto
Isolamento: attitudine di un elemento a ridurre la trasmissione del calore

Ad esempio: porte antincendio REI 120, significa che la porta resiste al fuoco, tiene il fuoco, e isola
il fuoco per 120 minuti.

All’interno di un edificio dobbiamo individuare dei comportamenti, cioè degli ambienti, che in
qualche modo hanno un comportamento al fuoco omogeneo, ad esempio all’interno di un edificio
storico localizzo un albergo, che avrà al piano terra il comparto hall accoglienza, in cui vi sono
elementi e funzioni che reagisco al fuori tutti allo stesso modo, nel retro dell’albergo avrò il
ristorante, che reagisce al fuoco in maniera diversa dalla hall.
Questi ambienti che hanno un comportamento omogeneo al fuoco vengono definiti comparti,
diversi compartimenti per legge devono essere divisi tra di loro da porte REI 120, è inutile mettere
le porte antincendio in comparti uguali perché il rischio sismico è lo stesso.

Fondamentale all’interno dell’edificio è il corpo scala, che rappresenta un comparto a sé, in


quanto crea un effetto camino, ovvero ventilazione e quindi è responsabile dell’incendio.

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VIE DI FUGA

E se scoppia un incendio? che devo fare all’interno dell’edificio?


Devo garantire delle vie di fuga. È necessario prevedere il cosiddetto spazio sicuro statico e spazio
sicuro dinamico, ovvero uno spazio in cui posso arrivare e rimanere lì per un determinato lasso di
tempo aspettando la possibilità di lasciare l’edificio.
All’interno della nostra università, quale può essere considerato uno spazio sicuro dinamico? Nel
nostro caso è il cortile, ovvero uno spazio aperto e sicuro, in cui posso aspettare, ma non può
essere considerato statico. Lo spazio sicuro statico è quello al di fuori dell’edificio in cui scoppia
l’incendio, e quindi uno spazio sicuro.
Tra spazio sicuro statico e spazio sicuro dinamico devo garantire le vie di fuga, la normativa
prevede particolari prescrizioni per esse, ci dice infatti, che la lunghezza del percorso di fuga non
deve essere inferiore a 30m, 40 m invece nel caso in cui ci siano estintori.
La larghezza del percorso di fuga deve essere invece minimo di 90 cm in tutti i punti.
Un’altra prescrizione è quella che la via di fuga deve passare per delle porte che devono essere
almeno di 90 cm, inoltre il comparto deve prevedere almeno 2 uscite.
Inoltre, ci dice che, ogni 60 cm possiamo far uscire 60 persone. Quindi è consentito un deflusso
massimo di 60 persone per modulo, quindi se ho 120 persone, ho bisogno di 2 porte, da cui
possono uscire 90 persone.

Esempio: Pantheon di Roma, aula di 43 m di diametro, numero minimo di persone 1000, porta
d’ingresso 1.5, che facciamo? Si limita l’ingresso delle persone. Quindi è l’edificio che “comanda”.

dispositivi antincendio
Un’altra cosa da prevedere è dove andare a posizionare i dispositivi antincendio, quindi gli
estintori, di cui esistono diversi tipi, per cui ad esempio all’interno dei musei possono essere
utilizzati solo gli estintori a polvere.

Qual è la richiesta della normativa per la disposizione degli estintori?

1 per ogni 150 mq posizionati ai punti opposti dell’ambiente.

SCALE- TIPOLOGIE
Le scale funzionano come camino, e sono fondamentali perché la normativa richiede anche per
gli edifici storici che ci siano almeno 2 scale distanti. Per cui il più delle volte si decide di
costruire una scala esterna, che diventa così uno spazio sicuro dinamico.
Ad esempio, la scala antincendio più corretta è quella del Castello di Rivoli a Torino.
Altro esempio è la scala del Palazzo della Ragione a Milano.

NORMATIVA PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

Documento fondamentale sono sempre le linee guida per il superamento delle barriere
architettoniche, ovvero aprire l’edificio a qualsiasi tipo di disabilità: un non vedente, una donna

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incinta che può essere considerata una disabilità temporanea. Il concetto di disabilità è stato
ormai ampliato ed è entrato nel mondo del restauro, perché progettare un sistema per il
superamento delle barriere architettoniche che riguarda tutte le disabilità significa intervenire
sull’edificio.

Qual è la problematica?

L’alterazione dell’aspetto dell’edificio.

La normativa attuale ha introdotto per il superamento delle barriere architettoniche 3 gradi di


accesso all’edificio: nel momento in cui stiamo parlando di un edificio nuovo dobbiamo renderlo
tutto accessibile, nel caso di edifici storici invece dobbiamo prevedere un primo livello definito
accessibilità per cui rendo l’edificio tutto accessibile, un secondo livello è quello della visibilità,
ovvero la possibilità di accedere agli spazi di relazione di ogni unità. Il soddisfacimento del
requisito della visitabilità è consentito nelle sale e luoghi per riunioni, spettacoli e ristorazione,
nelle strutture ricettive.
Un ultimo livello è quello dell’adeguabilità per cui posso fare un certo tipo di lavori per rendere
l’edificio accessibile.

I requisiti necessari che la normativa impone sono:


-ascensori larghi al meno 0,75
-bagni larghi almeno 1,40
-le rampe non devono superare l’8% o il 10% di pendenza e devono avere il pianerottolo, e il
doppio corrimano sopra e sotto.

Per l’adeguamento dell’edificio esistono di alcuni dispositivi come:


-servo scala (che tuttavia riduce la via di fuga dell’edificio)

La sfida nostra deve essere inserire dei dispositivi all’interno dell’edificio che non siano locali, ma
che siano dispositivi per tutti.
La filosofia culturale deve essere quella di prevedere dei dispositivi e delle soluzioni
architettoniche che siano uguali per tutti.
(pensiamo al Reina Sofia di Madrid, o alla scala elicoidale con l’ascensore del Louvre di Parigi)

L’esempio per definizione che ha risolto il problema dell’accessibilità all’interno di un sito


archeologico, è il percorso combinato con rampe, ascensori e piattaforme elevatrici nei mercatini
di Traiano a ROMA.

Come si risolve architettonicamente il problema dell’accessibilità?


Elementi architettonici che risolvono problemi dell’accessibilità e che diventano elementi di
rilevanza.
Esempio duomo di grosseto, scala + rampa accostata a quella originale con il sotto squadro.

Libri
1. Carbonare pdf materiale didattico
2. I due libri
3. Progetto di restauro = Aveta

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4. Tecnologie=Fiorati
5. Carte del restauro

Date di esame:
martedì 15 gennaio ore 10.00
martedì 19 febbraio ore 10.00

raccomandazione:
-responsabilità nell’operare

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