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Esempi:
- The Venetia Resort Hotel Casino, Las Vegas. USA
Altri esempi:
- Castellammare di Stabia, scoglio di Rovigliano.
Altri esempi:
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Trattamento delle superfici, ma al tempo stesso attenzione all’aspetto che avrà l’edificio
restaurato.
Utilizzare un edificio storico è il primo modo per conservarlo, scegliendo una destinazione d’uso,
compatibile con quella originaria, affinché non danneggi l’edificio, tenendo conto delle normative
attuali.
Come comportarsi nel caso di un centro storico completamente distrutto? Fare un falso storico?
Esempi:
- Gibellina, Cretto di Burri = ricreare le fratture della distruzione del paese, che pertanto è
stata ricostruita da tutt’altra parte, divenendo una città sperimentale che ha visto gran
parte degli architetti degli anni ’70.
- Einsteinturm (rivestimento in cemento armato)
- Mostra D’oltre Mare; Arena Flegrea ricostruzione del 1998, sulla base di quella del 1940.
- Teatro La Fenice di Venezia, distrutto nel 96 da un incendio. L’esito del restauro è stato una
ricostruzione identica a quello del ‘700.
La metodologia del restauro è sempre la stessa per i diversi materiali, cambiano le tecniche.
La fase principale del restauro è la conoscenza.
Un edificio, bene culturale, non deve essere distrutto, in quanto bene dell’umanità.
Lezione 1
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Tutto ciò che avviene oggi è l’esito di un percorso lineare che negli anni si è sempre più
specializzato fino ad oggi. Intendiamo come oggi è considerato fare il restauro.
Il restauro è una disciplina giovane, che nasce tra la fine del ‘700 e l’inizio del ‘800, prima
di quel momento parliamo di atteggiamento verso le preesistenze. Il restauro nasce quindi
dopo la rivoluzione francese, con una consapevolezza diversa.
Brandi (capostipite del restauro critico) ci spiega il significato di restauro su un oggetto che
ha un’istanza storica ed estatica rispetto al ripristino che viene fatto su oggetti senza
nessuna valenza culturale.
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culturale per garantire la sua conservazione. Quest’ultima posso garantirla assegnando
una destinazione d’uso.
La storia del restauro fino ad oggi ha avuto le sue influenze, nel 800 c’è stato chi
intendeva il restauro come un rifacimento completo dell’edificio in stile, dall’altra parte
c’era chi diceva invece che un edificio distrutto doveva rimanere tale, ovvero non
bisognava ricostruirne una copia.
Le posizioni contrastanti 800esche hanno influenzato oggi il restauro.
Quando parliamo di evoluzione del restauro ci riferiamo sempre all’Italia, in quanto patria
del restauro. Tale disciplina è nata tra la Francia e l’Inghilterra, pertanto i più grandi
maestri si sono mossi principalmente nell’ambito italiano.
Gli attuali orientamenti del restauro si riferiscono esclusivamente all’Italia, in Italia ha sede
l’ICR, ossia l’istituzione più importante.
Questi tre orientamenti fanno capo a scuole italiane diverse, tali criteri partono da
università. La pura conservazione è nata al Politecnico di Milano per volere di Marco Dezzi
Bardeschi.
La manutenzione e ripristino nasce nell’Università di Roma Tre e fa capo a Paolo Marconi.
Il Restauro critico, ossia quello attuale, ha come suoi centri propulsori, Roma La Sapienza
(Giovanna Carbonara), e Università Federico II di Napoli (Stella Casiello).
RESTAURO CRITICO
Casa per lo studente sul Canal Grande in memoria dello studente Masieri della facoltà
di architettura di Venezia, morto in guerra.
Tuttavia, il progetto di Wright fece scandalo, in quanto troppo contemporaneo, e non fu
realizzato. Ed a oggi vi è una casetta anonima realizzata in stile.
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Quel lotto vuoto in restauro è definito “lacuna”, ovvero mancanza.
Il restauro critico interviene con un’aggiunta, ricostruendo l’unità potenziale del quadro
originario. Guardano l’immagine da lontano è possibile riconoscere l’immagine nella
totalità, ma dal vicino è possibile riconoscere la DISTINGUIBILITÁ dell’aggiunta
contemporanea.
Esempio:
- Vergine col Bambino a Tuscania, reintegrazione delle lacune con rigatino (tecnica
di restauro)
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- Piazza Armerina, villa del Casale. Nel agli 70 l’architetto Franco Minissi, sfruttando
le proprietà intrinseche del plexiglass e dell’acciaio, realizza una copertura che
riproduce l’idea originaria della villa. Si è trattato di un atto creativo per risolvere un
problema di lettura su un edificio storico.
I percorsi interni alla villa, non poggiano per terra, bensì pendono dall’alto a partire
dalla struttura nuova. Il progetto tuttavia ha avuto problemi di microclima, divenendo
una vera e propria serra. Per questo motivo fu rimosso il tutto e realizzata una
nuova struttura.
Oggi nessun tipo di struttura nuova può poggiare sulla struttura archeologica.
La pecca fu che si stava operando negli anni ’70. La struttura nuova pende dall’altro dove
viene poggiata una passerella. Questa struttura ha creato dei problemi perché essendo in
plexiglass era diventato un’enorme serra.
Sgarbi decise di rimuovere il tutto sostituendolo con una struttura piena (pannelli) che non
rispetta la rovina. L’intervento oggi di Minissi non è più visibile.
- Casa di Filippo Neri, Bologna. Arch. Pierluigi Cervellati, l’edificio fu distrutto durante la
guerra, venne perciò restauro in parte. Il problema era come completare la
copertura. Pierluigi Cervellati risolve il problema realizzando una copertura a volta
che continua il preesistente riproducendo il suo aspetto attraverso un disegno.
L’atto di oggi del restauro è fatto con un linguaggio contemporaneo, non c’è la
volontà di completare il restauro in stile.
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Planetario di Roma, definito “Aula ottagonale”, era in origine una stanza delle terme
di Diocleziano, fu poi trasformato in un planetario. intervento di restauro e di
progettazione museale. G.Bulian Il complesso viene utilizzato per diversi usi, in
particolare quest’aula diventa il planetario di Roma. L’intervento viene fatto negli anni ‘30.
Si applica la volta celeste e li si andava ad insegnare. Ad un certo punto si decide di
destinare anche quest’aula al complesso di Diocleziano. La domanda che sorgeva era:
vogliamo perdere la memoria del planetario? Vengono smontate le strutture che lo
costituivano lasciando la rete del planetario. La struttura moderna del planetario con
colonne di ghisa bucate viene riutilizzata per far passare gli impianti. C’è un riciclo naturale
all’interno delle stesse colonne. Oggi se entriamo in quest’aula vediamo l’edificio romano e
l’aspetto del planetario è stato sfruttato per adattarlo alle esigenze contemporanee.
Viene ridisegnato il pavimento sotto il quale c’è un sotterraneo e attraverso un oculo
centrale si fa in modo che fruisca la luce.
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- Berlino, Neues Museum, David Chipperfield, si rapporta all’italiana per questo
restauro, in cui riprende la scansione e il ritmo delle finestre, così come l’altezza,
tuttavia le finestre stesse sono diverse in quanto declinate con un linguaggio
contemporaneo, che si accosta a quello storico, mediante il cosiddetto
“sottosquadro”, cioè le due superfici non si toccano in maniera complanare, la
superficie nuova è leggermente arretrata rispetto a quella storica.
Dove il vecchio e il nuovo si incontrano con un così detto “sottosquadro” l’architettura nuova
la distingue con granulosità come se avesse il rigatino brandiano e la mette sottosquadro, il
nuovo è leggermente arretrato rispetto al vecchio. Recupera e pulisce delle stanze che sono
un valore da sottolineare.
- Santa Maria di Gesù a Modica, sempre di Fidone usa un criterio molto simile al precedente.
All’esterno rifà le coperture perché la chiesa era scoperta.
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Lezione 2
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2. Pura conservazione
3. Manutenzione e ripristino
PURA CONSERVAZIONE
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Furono trovati resti di un templio greco.
Lo stato attuale sfruttando le mancanze che avevano riportato alla luce il tempio
classico, si è riusciti a restituire l’aula della chiesa attraverso pannelli vetrati che chiudono
lo spazio ma che lasciano a vista le colonne del tempio classico, conservando inoltre tutte
le strutture della chiesa secentesca.
Conservazione dell’apparato classico e dall’apparato esistente.
MANUTENZIONE E RIPRISTINO
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Stiamo parlando comunque di restauro contemporaneo, la cui metodologia è sempre la
stessa, ciò significa che nei tre tipi di restauro le fasi, come quella di conoscenza ed
indagine, sono comuni a tutti e tre.
Si utilizzano materiali distinguibili e compatibili.
Questi tre orientamenti si compenetrano e si influenzano. Non tutti oggi fanno i restauri
seguendo le regole di correttezza.
Esempio: Roma, Via del Corso sull’edificio storico c’è l’intonacatura a calce o
cemento contemporanea.
Chi ci controlla?
Il ministero dei beni culturali.
Lezione 4
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Chi è che ci assicura che un restauro possa essere fatto bene o male?
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delle associazioni come Italia Nostra, il FAI che tutelano oggetti che non sono
riconosciuti dalla legge.
Quali sono gli edifici sui quali possiamo operare legalmente con gli strumenti del restauro?
Sono i beni culturali.
Quali sono i criteri secondo i quali vengono considerati beni culturali o meno?
Valori storici
Valori artistici
Nel 1948 venne emanata La Costituzione, l’Italia è il primo paese al mondo che nei
principi generali con l’art 9 dice che: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e
la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della
Nazione.” ciò significa che la tutela del patrimonio storico ed artistico del paesaggio
italiano spetta allo stato. Per cui ciò limita la proprietà privata.
2004 D. Lgs 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) tutte le
leggi precedenti confluiscono in questo codice.
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- Il vincolo diretto e il vincolo indiretto
- La notifica del provvedimento di tutela
- L’imposizione delle opere conservative
La differenza tra cosa e bene è il valore economico. Una cosa diventa bene nel momento
in cui assume un proprio valore economico.
Per la prima volta si parla di beni culturali nel 1954 in ambito internazionale con la
convenzione dell’Aia che decreta la protezione dei beni culturali in caso di conflitto
armato.
Ad oggi si parla molto di beni immateriali, quindi ha importante valore la parola “materiale”
che testimonia la tipologia di bene.
Nel 1964 non si riesce ad arrivare ad una legge, si convocò un’ulteriore commissione, la
Commissione Papaldo, fu fatta una nuova definizione di bene culturale. (non la chiede)
Nel 1975 in relazione ad una Carta europea del patrimonio architettonico ad Amsterdam
viene ribadito che il patrimonio non è costituito solo da oggetti ma anche da aggregati
delle nostre città. Fu inoltre sancita la Conservazione integrata: risultato dell’uso
congiunto della tecnica del restauro e della ricerca di funzioni appropriate. (se restauriamo
un edificio e non gli diamo una funzione appropriata esso regredirà nuovamente.
Dobbiamo mirare alla conservazione integrata, e quindi ad usi idonei al suo sfruttamento.
Nel ’68 fallita la Commissione Papaldo, qualsiasi materiale diventa bene e si comincia a
pensare che bisogna dedicare ai beni culturali un ministero a parte.
Nel 1975 Spadolini istituì il Ministero dei beni e delle attività culturali (prima anche del
turismo).
Negli ultimi anni abbiamo avuto tante riforme del ministero. Attualmente la soprintendenza
e unica, prima ve ne erano diverse per i diversi campi.
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Dal 2014 esiste la Soprintendenza per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio,
mettendo insieme i 3 uffici provinciali che si occupavano di ambiti diversi, in un unico
ufficio.
La soprintendenza di Napoli si trova a Palazzo Reale.
Codice dei beni culturali e del paesaggio (in vigore dal 1° Maggio 2004) ci dice
tutto, cos’è un bene culturale, come un edificio diventa bene culturale, mi dice come devo
fare se sono proprietario di un bene culturali, mi dice tutto ciò che riguarda la gestione di
un bene culturale.
È divisivo in 5 sezioni:
1. Disposizioni generali
2. Beni culturali
3. Beni paesaggistici
4. Sanzioni (è facile cadere in sanzioni penali)
5. Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore
Cosa fondamentale del codice dei beni culturali, venne introdotta in Italia per la prima
volta, PATRIMONIO CULTURALE: è l’insieme dei beni culturali e dei beni paesaggistici.
Art 1
1. In attuazione dell’articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il
patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’articolo 117 della
Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice.
2. La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la
memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo
della cultura.
Il codice dei beni culturali fa una distinzione molto semplice, secondo la quale tutte le
cose immobili e mobili che appartengono allo Stato, aventi interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico, sono già beni culturali (es. archivio, museo,
collezione dei musei, anche edifici confiscati dallo Stato)
Al Comma 3 ci dice:
sono beni culturali quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: oltre ai
beni dello stato ci sono altri beni, ossia quelli appartenenti al privato, questi sono beni
culturali se interviene la dichiarazione prevista dall’articolo 13.
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All’ultimo comma l’art 10 dice che:
non sono beni culturali le opere di autore vivente la cui esecuzione non risalga ad oltre
50 anni se mobili o ad oltre 70 anni se immobili. Se l’artista è vivo il suo edificio
non può essere definito bene culturale. Non possono essere bene culturale le t
Il ministero dei beni culturali ha a disposizione la verifica dei beni culturali attraverso le
soprintendenze. Se la verifica si conclude positivamente l’oggetto rimane bene
culturale e si procede con la schedatura e la catalogazione. Se il procedimento di
verifica si conclude negativamente il bene si sdemanializza, cioè non è più di proprietà
dello stato, per cui si può distruggere, si può trasformare come se fosse un edificio
qualunque.
Il codice dei beni culturali prevede anche che il trovatore legale possa mantenere il
bene culturale trovato.
La legge prevede che se si trovano delle cose nel sottosuolo bisogna dichiararlo
subito.
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Nel momento in cui l’architetto interviene su un edificio vincolato, promosso dalla
sovrintendenza, presenta il progetto alla sovrintendenza competente e richiede la sua
autorizzazione.
Lo stesso discorso vale per i beni paesaggistici, che sono delle bellezze d’insieme,
ovvero che hanno un valore culturale nel loro insieme.
Sono beni paesaggistici:
- Le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale
- Le ville, i giardini, i parchi
- I complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente
- Punti di vista
Nel caso di beni paesaggistici l’autorizzazione è più complessa, perché non passa solo
per la soprintendenza, ma anche per il Comune.
Gli interventi sui beni paesaggistici riguardano la bellezza esterna, non deve essere
modificato lo stato quo esterno.
Lezione 5
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Riferimento di questa parte è il libro di Stella Casiello, Verso una storia del restauro.
Il restauro non è una materia semplice dove ci sono regole ben definite, supportato da uno
studio e una capacità per avvicinarsi ad opere già costruite.
I principi del restauro sono frutto di un’evoluzione di secoli di storia e rapporti con le
preesistenze.
Oggi iniziamo un excursus della storia dell’architettura dall’epoca classica fino all’800 dove
inizieremo a parlare di restauro, prima di questo periodo si parlerà di atteggiamento verso
le preesistenze.
I nostri sono concetti su come i contemporanei si sono apportati ad edifici che già avevano
in gestione, ci interessa immedesimarci con l’occhio dell’architetto.
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Ad esempio, il Santuario di Ise in Giappone, che è uno dei più importanti santuari
buddisti, dal momento che nella concezione orientale, la concezione storica è ciclica,
questo tempio, costruito completamente in legno, ogni 19 anni viene ricostruito identico a
sè stesso. In questo caso quello che viene trasmesso è la sapienza costruttiva della
forma, delle tecniche e del significato. Questa stessa concezione era quella appartenente
al periodo greco-romano, in cui si preferiva ricostruire l’edificio identico anziché
conservarlo.
Un altro esempio molto efficace è Il tempio greco che è un adattamento in pietra del
tempio costruito in legno. Anche in questo caso nella concezione del tempio greco si ha la
concezione del fatto che non si è avuto nessun problema nel sostituire gli elementi lignei
con elementi in pietra.
Nel mondo romano invece, le statue romane sono copie di statue greche in bronzo,
tuttavia per i romani sono completamente statue autentiche, che incarnano la bellezza
classica. In questo caso l’autenticità non è data dall’oggetto in sé, bensì dal suo
significato. Sulla base di questa concezione seguirà l’architettura romana, che di fatto altro
non è che
Ad esempio, il Tempio di Apollo Sosiano che è considerato uno dei primi templi in
marmo esistenti nella Roma classica, la decorazione del frontone altro non è che un
adattamento delle decorazioni del tempio di Apollo del tempio greco originario. Tuttavia, è
evidente il fatto che la decorazione riutilizzata non sia adatta al frontone del tempio che
presenta dimensioni molto più grandi.
Altro esempio, è l’Arco di Costantino a Roma, in cui sono presenti i medaglioni dell’arco
di Traiano, che era stato ulteriormente modificato da Adriano in epoca differente, per
questo motivo tutte le facce che rappresentavano Adriano furono trasformate e adattate
con la faccia di Costantino, a distanza di 100 anni. Non si ha rispetto per la forma
precedente, ma si sottolinea l’auctoritas.
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Altro esempio è la Statua di Domiziano-Nerva, che aveva il corpo di Domiziano, la cui
testa fu sostituita con quella di Nerva.
Nel mondo del restauro eventi come terremoti, eruzioni e altro, rappresentano occasione
per capire come sono fatti gli edifici. Ad esempio, prima dell’eruzione del 79 d.C ci fu un
terremoto nel 63 d.C, per cui si incomincio a riparare i danni del terremoto. Inseguito
all’eruzione i cantieri dei “restauri” furono immortalati e quindi oggi visibili, in cui è possibile
costatare una modernità enorme (ad esempio la cosiddetta catenella di mattoni per il
consolidamento, la tecnica del cuci e ricuci, o ancora interventi nei cantonali che venivano
fatti con mattoni più compatti, o interventi con gli archi di scarico che deviano le forze).
Queste sono le tecniche conosciute dai romani e che sono arrivate fino ad oggi.
Nell’anno zero, con la nascita di Cristo, si diffonde a Roma il Cristianesimo a partire dal
713 quando Costantino la proclama religione di stato. Evento fondamentale perche tutta
una serie di architetture pagane furono eliminate o trasformate da architetture pagane in
architetture cristiane.
Tutti gli imperatori che vissero dopo Costantino sono noti perché iniziarono a fare i primi
edifici a favore della distruzione o no dei templi romani (questi furono i primi tentativi di
leggi di tutela a favore dell’esistente e della conservazione.)
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L’architettura del medioevo nasce come riuso di elementi romani, ciò vuol dire che l ‘uomo
del medioevo si sentiva ancora appartenente all’epoca classica, non avendo la coscienza
che vi era una distinzione netta tra un’epoca e l’altra, questo sempre per il fatto che si ha
una concezione lineare della storia, per cui si considera un’epoca l’evoluzione dell’altra.
Per questo motivo tutti i templi romani sono esiti di restauri ovvero esisti di trasformazioni
moderne nelle quali sono stati portati via i segni della trasformazione in chiese.
Siracusa, Cattedrale di santa lucia ad Ortigia, il fianco della chiesa è il tempio di atena
siracusa con la chiusura dello spazio dell’intercolumio tra le varie colonne. All’interno è
evidente la struttura del tempio greco. Dove c’era la cella furono aperti i varchi per
raggiungere la parte esterna della chiesa.
Ad esempio la Piazza di Lucca, di forma ovale, non è altro che il contorno dell’anfiteatro.
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Ma c’è anche un riuso che rievoca l’autoritas romana, ovvero riutilizzare gli elementi per
impreziosire l’edificio, per fare eco al tempo passato. Sono presenti quindi due criteri:
riutilizzo puramente economico e riutilizzo di elementi che vogliono riprendere l’importanza
di elementi appartenenti al passato.
Riuso di strutture esistenti anche non ecclesiastiche, come ad esempio nella Chiesa di
San Giovanni Maggiore a Napoli, in cui è evidente la sovrapposizione di strutture
diverse.
Altro esempio la Chiesa di San Paolo Maggiore, in cui è evidente che le due colonne sul
fronte appartenevano al tempio dei dioscuri che sorgeva nel foro di Napoli.
Riassumendo Abbiamo quindi una concezione della storia che rimane lineare tra l’epoca
romana e medievale. Abbiamo una concezione di rifacimento in epoca romana che si
potrebbe dire di riparazione, riuso degli edifici esistenti senza alcuna attenzione al
precedente se non alla simbologia dell’edificio. questo tipo di attenzione viene mantenuta
nel medioevo dove però si perdono le conoscenze delle tecniche, che porta quindi al
riutilizzo di elementi esistenti per ragioni economiche,
In questo tipo di concezione rientrano le trasformazioni di templi in chiesa, o il riutilizzo di
fondazioni di templi romani per tracciati di strade.
Si inizierà poi a capire che l’epoca romana è un’epoca che si chiude e ricominceranno altri
stili.
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Ci saranno voci di fatto che incominciano a capire che ci sono cose da salvaguardare,
come ad esempio
Petrarca scrisse “guardate Roma che fine sta facendo, ci sono tutti i resti di una civiltà
grandissima buttati e irriconoscibili all’interno della città”. Ci sono uomini con una sensibilità
artistica che capiscono che ci sono cose da conservare.
Lezione 6
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Cosa succede ad un certo punto della storia, per cui inizia un periodo diverso da quello del
Medioevo?
All’inizio dell’400, inseguito alla divisione dell’impero romano d’oriente ed occidente, che
era stato distrutto dalle invasioni barbariche, al contrario tutta la cultura dell’impero romano
d’oriente inseguito all’invasione dei turchi che conquistarono Bisanzio, è costretta a
sposarsi verso quella occidentale e quindi verso la Grecia e l’Italia. Inizia così un reale
interesse verso la ricerca degli antichi testi romani. Durante il medioevo coloro che erano
stati responsabili della cultura romana erano stati gli amanuensi i quali all’interno dei
monasteri avevano scritto i testi romani, quali ad esempio il De Architettura di Vitruvio
conservato presso il monastero di cassino. Si inizia così a maturare una nuova visione
dell’uomo anche attraverso i testi storici, inizia così il cosiddetto “Umanesimo” che porterà
una riscoperta dei testi antichi; non a caso in questo periodo nascono le grandi
biblioteche, in cui sono raccolti testi al di fuori della cultura monastica, che fino a quel
momento era stata l’unica ad aver trasmesso questi valori.
Ad un certo punto questi testi romani incominciano a parlare non solo di eventi dell’antica
Roma, ma anche di luoghi, di architetture e di città. Ciò determinò la connessione tra gli
oggetti e la loro funzione ed identificazione, si incominciò a cercare le opere di cui si
parlava nei testi storici. Nasce così la connessione tra l’architettura che si conosceva
perché tradotta dai testi antichi e quella che si conosceva allo stato di rudere.
Si cominciano a disegnare le prime mappe delle città, e si sviluppa il tentativo di andare a
localizzare i determinati ruderi su delle piante.
In questo periodo, come conseguenza immediate di questo riconoscimento, nascono le
prime guide della città, tra le quali testi fondamentali come la “Description urbis Roma”
di Alberti, “La Roma riscoperta” di Flavio Biondo della fine del 1400. Nasce in questo
periodo la famosa espressione “Roma quanta fuit ipsa ruina docet” ovvero “Roma quanto è stata
grande lo dicono le rovine oggi”.
Oggi dalle rovine comprendiamo la grandezza di Roma.
Perché nel rinascimento ancora non c’erano conoscenze dettagliate sui materiali, nonché
ricchezza per andare ad acquistare o prelevare i materiali.
Di fatti venivano riutilizzati i materiali trovati, in quanto non c’è ancora il rispetto per la
materia fisica, assume però valore il significato e la sua funzione.
Ad esempio, la maggior parte dei portali di palazzi di Roma presentano il marmo del
Colosseo.
Il rispetto per la materia fisica ci sarà solamente da parte di alcuni architetti illuminati.
Per cui in risposta a questo atteggiamento, per opera di alcuni architetti illuminati del
tempo, nascono alcuni scritti. Ad esempio, “Corpus rilievi”: la cosiddetta lettera di Raffaello
a Leone X 1519: Raffaello, fu incaricato di rilevare tutte le rovine romane al fine di
conservale.
Per cui in questa cultura in cui la materia fisica romana era considerata un qualcosa che
poteva essere comunque non considerata, c’era comunque qualcuno che si interessava di
preservarla e conservarla.
La produzione di questo documento costituisce il primo documento di tutela della storia
dell’architettura, poiché di questo resta solo la relazione dell’intero corpus. La lettera è
divisa in 4 parti:
1. nella prima parte fa un’introduzione relativa a Leone X
2. nella seconda parte invece fa una sorta di manuale della storia dell’architettura che
divide in 3 periodi, periodo classico, periodo dei goti ovvero quello medioevale, in
cui riconosce la distanza, e il peridio attuale ovvero quello suo.
3. Nella terza parte invece fa una sorta di spiegazione relativa alle tecniche di rilievo.
4. Nella quarta parte invece dice che i monumenti vanno rappresentati in prospetto,
pianta e sezioni.
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arrotondandoli, a tal punto che gli elementi decorativi sono posti all’incrocio delle volte, ciò
annulla l’effetto angolare della volta. rifiuto dell’architettura medioevale per la
preferenza di quella rinascimentale.
Alberti era più un letterato rispetto a Brunelleschi, il quale era un uomo di cantiere.
La facciata di S. Maria Novella è un’aggiunta ad una preesistenza, è di fatto l’espressione
programmatica di come alberti considerava il lavoro di aggiunta sulle preesistenze: Alberti
coniò il termine di concinnitas, secondo Alberti vi sono 3 strade per completare edifici
esistenti:
- completare come era
-ignorare la preesistenza e realizzare un edificio contemporaneo
-concinnitas, ossia unione.
Nella facciata di S. Maria Novella, che presentava degli elementi già costruiti in facciata,
come ad esempio le colonnine che presentano una proporzione diversa rispetto a quella
romana, o ancora gli archi a sesto acuto delle tombe che dovevano ospitare i sarcofagi, e
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quindi era già presente la parte basamentale, a partire dalla quale Alberti proporziona tutti
gli altri elementi della facciata, rendendola una facciata rinascimentale per le proporzioni,
e che per tanto rispetta la preesistenza.
Anche se vi sono degli errori, come ad esempio il fatto che taglia il rosone per garantire la
proporzione, o ancora i pilastri che chiudono il rosone vanno in falso in quanto si trovano
sopra alle aperture della parte basamentale.
Altro errore per chiudere il pilastro con una colonna e quindi creare un motivo decorativo
copre un architetto che si intravede.
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Michelangelo ha saputo sempre leggere le architetture esistenti, e ciò è evidente nelle sue
architetture e nel loro rapporto con la preesistenza.
Quando è chiamato a progettare il vestibolo e il collegamento tra i due piani. Si inventa un
ampliamento dello spazio, per cui inserisce le colonne all’interno del muro, creando uno
spartito architettonico all’interno della muratura che staticamente funziona senza
appesantire il pavimento. Si tratta di un esempio di come attraverso lo studio
Piazza del Campidoglio è oggetto di vergogna da parte del papa Paolo Farnese, quando
arriva l’imperatore Carlo V, perché al centro della piazza era stata posta la statua a cavallo
di marco Aurelio in bronzo di cui Michelangelo era stato commissionato di progettare il
basamento, in quanto era stata confusa con la figura di Costantino.
Successivamente dato che non era stata ancora progettata la piazza, Michelangelo fu
incaricato di progettarla, in vista dell’arrivo dell’imperatore.
In questo caso la preesistenza che Michelangelo sfrutta è l’angolo di 80° che le due
facciate dei due palazzi, ovvero il campidoglio e il palazzo dei conservatori, per andare a
realizzare una piazza trapezoidale. Realizzando di nuovo la facciata di palazzo
conservatori in cui realizza per la prima volta l’ordine gigante, realizzerà poi la stessa
facciata anche dalla parta opposta per chiudere la piazza, creando un disegno centripeto
che crea un allargamento dello spazio, mentre il disegno della pavimentazione è quasi
convesso, ed induce il percorso da fare.
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Siccome questo complesso era stato costruito da martiri cristiani, prima dell’editto di
Costantino ad opera di schiavi, in occasione del giubileo il Papa volle trasformarla in chiesa da
dedicare ai santi e ai martiri.
Nel 500 quando inizia a lavorarci Michelangelo il complesso era la stalla di alcune proprietà che
si trovavano in quella zona. Il papa chiede a Michelangelo di realizzare due ingressi: uno che
portasse alla strada Pia e l’altro dove vi erano altri possedimenti papali dove oggi c’è la
stazione Termini.
Michelangelo realizza, così com’è all’interno del frigidarium, delle porte e posiziona degli altari.
Apre gli ingressi ma non riesce ad astrarsi dal fatto che fossero le terme cosi inserisce anche un
terzo ingresso per mantenere la percezione della struttura romana. Ci dice che per lui è
importante che leggiamo la struttura e il percorso di fruizione storico delle terme. La chiesa
delle terme di Diocleziano oggi non esiste più. Nel 700 il Papa commissiona il progetto della
chiesa a Vanvitelli che metterà uno spartito architettonico completamente diverso della chiesa
delle terme di Michelangelo di cui rimane un accenno delle volte termali. Michelangelo aveva
rimesso in piedi le grandi colonne in granito di epoca romana, perciò ha un rispetto totale
dell’architettura romana (gli mancava anche una colonna e la va a prendere da un altro
complesso termale).
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Vanvitelli fa un errore, chiude degli ingressi e quando entriamo non siamo portati ad andare
verso l’altare ma verso il transetto. Questo succede perché riconosciamo la parte larga della
navata centrale e la percorriamo ma l’altare sta da un’altra parte. Per creare una continuità tra
transetto e navata Vanvitelli copia delle colonne in mattoni ricoperte da granito (diverse da
quelle originali tutte in granito).
Lezione 7
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Nel 1577 Carlo Borromeo, vescovo di Milano, a capo della diocesi più grande al mondo,
ossia quella di Milano, il quale si prese il compito di andare a verificare lo stato di
conservazione delle chiese esistenti e andando poi a sottolineare il ruolo della
controriforma cristiana e quindi quelle che erano le regole per cui bisognava mettere la
chiesa al centro dell’insediamento urbano non solo metaforicamente ma anche
fisicamente. Per cui nel 1577 produsse uno scritto “Istruzione sulle fabbriche e sulle
suppellettili cristiane”, in cui erano presenti istruzioni su come costruire le chiese nuove e
su come modificare quelle esistenti per renderle chiese della controriforma. La chiesa del
Gesù a Roma segue queste istruzioni.
Queste istruzioni sono le regole su cui gli architetti del 600 si baseranno per costruire o
modificare le chiese.
Quali sono queste regole?
-la chiesa deve avere un’altezza maggiore rispetto agli edifici circostanti.
-la chiesa deve essere isolata rispetto alle altre costruzioni.
-preminenza della pianta a croce latina su quella a croce greca. (la chiesa di san pietro era
stata progettata a pianta centrale da michelangelo, saranno poi aggiunte delle navate per
renderla a croce latina)
-abside rivolto verso est
-abside coperto a volta e decorato (il duomo di napoli ha una volta incappucciata per
rispondere a questa regola)
-differenza di quota dell’abside rispetto al resto
-preminenza dei prospetti sui lati, la facciata è la parte più importante.
-filtro tra interno ed esterno della chiesa
-numero di accessi corrispondente al numero delle navate
-coro alle spalle dell’altare maggiore
-cappelle laterali separate da cancelli e sopraelevate
-consigli sulla conservazione degli elementi architettonici, ma anche consigli tecnici.
Si tratta di regole ben definite che influenzeranno gli architetti nel 600.
Poiché all’interno della città diventano preminenti gli edifici ecclesiastici all’interno delle
città, queste operazioni vengono eseguite sulle più importanti basiliche. A roma nasce il
piano di sisto V, dove Domenico Fontata, architetto papale, realizzerà le più importanti
stradi della roma 600entesca, che aveva il compito di collegare le più importanti chiese
della cristianità. Per evidenziare questi assi, alla connessione di questa rete di strade,
Fontana realizzerà i 13 obelischi della città, nasce così la roma barocca che conosciamo
oggi.
Con quale occhio si guarda alle preesistenze?
Anche nel 600 guarderemo Roma che è il centro della cultura imperante della
trasformazione del secolo e guarderemo i più grandi architetti in base a come si sono
rapportati nei confronti delle preesistenze, e in particolare due geni: Bernini e Borromini.
Rispetto agli architetti rinascimentali, possiamo ritenerli assoluti archistar del tempo.
Si tratta di due personaggi diversissimi, la loro fortuna è stato il rapporto con i papi: Bernini
aveva grandi rapporti con i papi, fu il preferito di Papa Urbano IIX, più di Borromini che
aveva sempre piccoli incarichi.
Quello che vediamo oggi sono alcuni atteggiamenti che hanno avuto questi due architetti
nei confronti di alcune preesistenze:
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Bernini ebbe l’incarico da Papa Benedetto Chigi
Si tratta di una preesistenza rinascimentale del 400 che secondo il papa doveva
essere adeguata al gusto riformistico. Per questo motivo Bernini realizzò una pelliccia
architettonica alla chiesa, in cui pertanto sono visibili gli elementi rinascimentali, nella
scansione delle volte, nella copula centrale. L’obbiettivo è quello di sovrapporre alla
struttura 400 ciò che veniva chiesto al tempo della controriforma, rispettando però la
conformazione originale della chiesa, rapportandosi con rispetto alla preesistenza.
Bernini doveva anche operare sulla porta della chiesa del popolo, il suo intervento fu
quello di barocchizzare l’intervento, arrotondando il sagrato squadrato, inserì un
timpano spezzato al posto delle volute 400, inserendo il simbolo della famiglia Chigi, i
monti con la stella sopra.
2. PANTHEON, ROMA
All’inizio del 600, Bernini è chiamato dal Papa Urbano 8 Barberini, ad operare sul
Pantheon, considerato la chiesa più importante per poter affermare l’essenza della
Chiesa.
All’inizio del 600 il Pantheon si presentava in uno stato di degrado, a tal punto che
all’interno del pronao del Pantheon si faceva il mercato.
Per cui fu chiamato Bernini, che probabilmente sul Pantheon non mette mai mano. Però è
importante una frase di risposta alla volontà del Papa di far diventare il Pantheon la sua
tomba), egli rifiutò l’incarico in quanto affermò di non essere abbastanza bravo per
operare sul Pantheon. Per cui tutta una serie di interventi che si fanno risalire a Bernini,
probabilmente non sono suoi, egli diedi solamente alcuni linee guide.
L’obbiettivo era quello di ricostruire il frontone e di inserire una colonna rimasta isolata.
Il problema era come ripristinare la parte laterale del pantheon che era venuta a mancare.
Si chiese ad uno scultore del tempo (probabilmente Borromini) di realizzare un nuovo
capitello per collegare la colonna d’angolo al frontone. Tale capitello fu realizzato uguale a
tutti gli altri. Questo è il primo esempio di distinguibilità del tempo, perché sulla rosetta
centrale del capitello il papa fece mettere due api Barberini, simbolo della famiglia. Per cui
automaticamente lo inquadriamo tra i rifacimenti Barberini e capiamo che quel capitello
non è romano. Questo esempio sarà citato dai primi restauratori francesi come Viollet le
duc, che appunto riconoscono che sia un restauro.
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Alessandro Settimo chiese di restaurare il Pantheon per farsi fare la propria tomba
personale, verrà fatto un intervento di completamento sul lato sinistro del Pantheon dove
prenderà alle terme di Nerone vicine le due colonne laterali (le uniche non monolitiche ma
a rocchi, spezzate). L’architrave laterale si fece con un atteggiamento di distinguibilità con
la trabeazione identica all’esistente e con la decorazione sotto l’architrave con i simboli
della casata Chigi, e quindi anche questa parte è segno di una distinguibilità.
Alessandro settimo voleva che tutti i lacunari del Pantheon fossero ricoperti dei segni della
casata, ricoprire l’oculo del pantheon e mettere li sotto la sua tomba.
Tutto il sottotetto del Pantheon era coperto di bronzo, il papa lo fece smontare e lo diede a
bernini il quale lo uso per costruire il baldacchino con le colonne tortili di san pietro. Nasce
da qui il detto “quello che non fecero i barberi, lo fecero i barberini”.
l’atteggiamento ancora una volta è di rispetto, ma non della materia, come quello di
oggi.
Morto il papa precedente, con papa Innocenzo X Borromini ha il suo momento di gloria,
poiché gli fu chiesto di restaurare la chiesa di San Giovanni in Laterano secondo il gusto
moderno, che per definizione è la prima chiesa cattolica, perché sorge nel 300 su un
possedimento di Costantino a Roma.
Non si doveva toccare l’abside, perché era la parte più sacra della chiesa, per cui gli fu
chiesto di rifare solo la navata centrale.
La pianta della chiesa paleocristiana precedente presentava 5 navate divise da piccole
colonnine. Non c’erano le volte, bensì aveva setti fino al tetto su cui vi erano le capriate.
L’obbiettivo di Borromini era quello di accorpare a due a due i pilastri esistenti creando un
gioco di pieni e di vuoti, creando degli archi che danno il collegamento con le navate
laterali. Ricrea cosi la facciata della navata interna traducendola con uno stile nuovo. Nella
navata di borromini c’è un grande ingresso della luce.
L’atteggiamento conservativo di Borromini risiede nella sua grande sensibilità, era molto
religioso. Il suo rispetto si traduce nelle grandi edicole dove inserisce i santi, poiché in
queste sono inserite le colonnine della basilica paleocristiana originarie, le considera come
delle reliquie, esponendole in bella vista a reggere le edicole che contengono i santi.
Gli ovuli nei quali nel 700 ci hanno inserito gli affreschi dei santi, Borromini non ci aveva
messo nulla perché contenevano la pietra della basilica paleocristiana (come se fosse
incorniciata dall’ovulo) si evince dunque un atteggiamento che mira a conservare la pietra
esistente, un atteggiamento che in quel periodo veniva dedicato solo alle pareti affrescate.
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Anche la facciata di SAN GIOVANNI IN LATERANO, copre completamente la facciata
della basilica paleocristiana, secondo Borromini doveva presentare un solo ordine, come
la chiesa di s. maria in trastevere.
La particolarità nel senso conservativo risiede nelle bugne conservate come segno
distintivo del palazzo. Anche quelle utilizzate per la sopraelavazione furono andate a
prendere dalla facciata laterale di palazzo San Saverino, per cui sono sempre originali.
Le bugne della chiesa sono incise, perché i segni rappresentavano la giornata
lavorativa dei cava pietre.
I teatini occuparono la chiesa di san paolo maggiore, esistente e cresciuta all’interno della
cella del tempio dei dioscuri, che venne poi nel 600 allargata in senso riformistico, fu
creato un’abside per creare la croce latina.
Nel 1688 il frontone della facciata della chiesa crollo in seguito al terremoto, rimasero solo
due colonne che furono poi messe in ripristino nel 700 nella facciata di Arcangelo
Guglielmini. Tutti i resti del crollo furono utilizzati per le decorazioni interne, nonché per i
rivestimenti.
Ancora una volta abbiamo un esempio dove la materia storica non viene fusa per farne
calcina ma gli viene riconosciuto un valore.
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Il duomo di Napoli è l’evidente esempio del cosiddetto fare isola al centro storico di napoli.
La chiesa è il risultato della fusione di due chiese esistenti di epoca paleocristiana: la
chiesa Stefania e la chiesa di Santa Restituta, una delle chiese più antiche.
Quando Carlo D’angiò, nel 1300 (epoca angioina), decide di costruire una grande chiesa
dedicata a San Gennaro, fu realizzata una grande chiesa e la chiesa di Santa Restituta
divenne una cappella della chiesa più grande.
[A Napoli il discorso dell’abbattimento del circostante non succede perché erano in vigore
delle leggi (prammatiche sanzioni) per cui non si poteva costruire al di fuori delle mura.]
Nel 1600 nasce l’esigenza di fare un restauro alla Chiesa di Santa Restituta in quanto la
più antica, presentava grossi problemi di umidità e un imminente pericolo di crollo.
Infatti con il terremoto del 1688 la chiesa fu fortemente danneggiata e si decise di
trasformarla con un apparato barocco che determinò una strana conmistione di forme.
Furono lasciati i sesti acuti e la teoria di colonne della chiesa paleocristiane.
Fu realizzato un tavolato dipinto perche le volte dovevano essere dipinte.
Per il problema dell’umidità si decise di sopraelavare il pavimento e la base delle colonne,
che erano considerate da non sacrificare, scompariva. Si decise quindi di alzare il
pavimento e di mettere ai lati della colonna dei collarini a destra e sinistra che simulavano
la base della colonna. Oggi è stato tolto un collarino per far vedere l’intervento di restauro
secentesco. (tecnica di consolidamento)
ancora una volta esempio di tutela e di conservazione della materia.
7. DUOMO DI NAPOLI
l’abside del duomo di napoli
il duomo di napoli aveva già nel 500 una modifica di bramante che costituit il succorpo
di san gennaro (1508). Gia roberto pane iniziò a dubitare che fosse fatto da uno
scultore locale, e lo attribuì a bramante. Lo spazio era stato ricavato dal nulla, una cosa
abbastanza ardita.
L’abside del duomo era stato già alterato da questa costruzione che ne aveva alterato
le fondazioni. Fu negato il cupolino esistente angioino.
La volta che oggi vediamo non è una volta strutturale, bensì è una volta di canne di
bambù incallucciate. Tutta l’operazione fu giustificata dalla volontà di realizzare delle
alte monofore.
Per realizzare la copertura della volta fu abbassato l’arco di trionfo tra il presbiterio e
l’abside, per questo motivo l’arco è fortemente ribassato perchè doveva rispettare
l’altezza del cassonatto già esistente
Abbiamo compreso cosa voleva dire andare a rispettare quella che è la materia antica.
Avverrà fino al 700 in cui ci saranno trasformazioni che daranno vita al restauro moderno.
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Lezione 8
18/10/18
Alla fine del 700 la rivoluzione francese lasciò tracce nella cultura del sapere e nel mondo
del restauro.
Il taglio della rivoluzione francese, avviene in un momento in cui nel mondo
dell’architettura già sono successe delle cose che hanno influenzato il modo di vedere le
antichità e di percepire le preesistenze. Già nel processo che ci porta alla tutela delle
preesistenze si è per la prima volta incominciato ad avere un rispetto non solo per il
significato dell’opera ma anche per la materia stessa.
Un grande merito per l’esaltazione del valore della materia è dovuto a Giovanni Battista
Piranesei. Perchè Piranesi influenzerà molto il mondo dell’architettura e del restauro?
Perché Piranesi alla metà del 700 incomincia a rilevare gli edifici esistenti e i ruderi così
come erano e non li completa idealmente come avveniva nel Rinascimento. Per la prima
volta si ha attenzione all’aspetto del rudere e per la prima volta si realizza il rilievo del
degrado che si riporta nei disegni. I disegni di Piranesi sono vere e proprie fotografie dello
stato esistente, e quindi di tutto quello che è reale. Oggi non viene richiesto il rilievo
geometrico fine a sè stesso bensì il rilievo materico che evidenzia lo stato dell’edificio, le
mancanze e il degrado evidente sullo stato dell’edificio.
Per questo motivo Piranesi ha un successo rilevante nonché una grandissima diffusione
poiché ci permette oggi di capire lo stato dei monumenti prima del loro restauro. Ad
esempio, il disegno del Colosseo in cui vediamo esattamente lo stato del Colosseo prima
degli interventi ottocenteschi, stessa cosa per l’arco di Tito, o per i Templi di Pestum.
Piranesi pone un punto fisso sull’attenzione verso la materia e verso il degrado che gli
edifici antichi stavano subendo.
Altro evento rivoluzionario della metà del 700, in particolare nel 1738 il principe del Beuf
(principe della corte borbonica che aveva una villa a portici) si imbatte di scavare un pozzo
in alcuni resti antichi, si scopre così Ercolano, mentre 10 anni dopo verrà scoperta
Pompei.
A metà dl 700 c’era Winchelman che dopo Raffaello dividerà la storia dell’arch in epoche.
Ercolano e Pompei non furono scavate dall’inizio secondo lo stato stratificato come ce lo
immaginiamo adesso, bensì venivano scavati secondo la tecnica dei cuniculi all’interno del
terreno, per trovare antichità, quali statue e decorazioni. Questi cuniculi andavano anche a
distruggere muri antichi, creando i cosiddetti cumuli borbonici ossia colline artificiali che
derivano dallo scavo dei cuniculi.
Ad un certo punto questa ricerca dell’antichità dà vita ad una nuova cultura figurativa che
riprende decorazioni e sculture romane. Carlo di Borbone realizzerà il museo di portici che
era il contenitore di tutte le antichità ritrovate.
Si inizia ad immaginare quelle che erano probabilmente le ricostruzioni di ciò che veniva
trovato negli edifici.
Ad esempio la rappresentazione del teatro di Ercolano (che oggi è ancora sotto terra sotto
la città moderna) è del tutto immaginaria, inseguito a rilievi. Per questo motivo vi sono
disegni diversi fatti da autori diversi che di fatto hanno dato interpretazioni diverse del
teatro.
Stessa cosa accade per Pompei nel 1948, tuttavia mentre Ercolano è stata scavata tutta
solo alla fine del 800, Pomepi ha avuto invece una scoperta più lineare e fu resa subito
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visibile con rovine che potevano essere viste in tutta la loro interezza. Quello che si
vedeva a Pompei erano le emergenze monumentali e l’area dei sepolcri che costituiva la
vera scoperta urbano di Pompei.
Tutte queste scoperte portarono i Borbone ad avere un’importanza enorme nell’ambito
delle corti europee, poiché Erocolano e Pompei divennero tappa fondamentale del
cosiddetto Grand Tour.
Il vero taglio in questa storia che in qualche modo fino ad ora è stata lineare, fu la
rivoluzione francese nel 1789, che mise tutto in discussione.
Nel mondo dell’architettura e del restauro qualsiasi tipo di distruzione corrisponde ad un
momento nel quale alle distruzioni corrispondo a pari modo una riscoperta di ciò che si sta
perdendo.
Per cui la rivoluzione francese che cosa creò?
A parte la presa della Bastiglia, che fu il momento topico, la rivoluzione francese
rappresentò la denuncia da parte del popolo che non riconosceva più una visione
assolutistica dello stato, per cui tutte le cariche assolutistiche dalla religione al re, erano
considerati esempi di potere assolutistico e quindi dovevano essere eliminati.
È in questi anni che la cattedrale di Notre Dame, che rappresentava la chiesa per
eccellenza, la chiesa-duomo di Parigi, che aveva nella facciata la galleria dei re di Francia
(che in realtà erano personaggi appartenenti al vecchio testamento) fu distrutta, in quanto
era considerata un simbolo della chiesa e del potere dello stato.
Altri esempi di distruzione fu la profanazione delle tombe reale nell’abbazia di Saint-Denis
(denì) a Parigi.
Contemporaneamente furono eliminati inoltre anche tutti quanti i segni del potere
temporale.
Si tratta dunque di un momento di rottura e di distruzione, che ebbe però allo stesso
tempo il moto personale di quanti avevano la sensibilità e quindi di tutti coloro che
tentarono di opporsi alla furia dei rivoluzionari per salvare il patrimonio collettivo e quindi
salvare il salvabile, e tentare di recuperare quel patrimonio che i rivoluzionari stavano
distruggendo.
Uno dei personaggi chiavi nella storia del restauro e della tutela dei beni culturali fu
August Lenoir, il quale si impossessò di un edificio che era stato sgombrato, in quanto
convento degli agostiniani, e quindi dato che con la rivoluzione francese tutti gli ordini
religiosi furono eliminati, rimasero tutta una serie di edifici che prima erano della chiesa e
dello stato, che in qualche modo furono acquisite dalla nuova nazione rivoluzionari.
Lenoir si imposessò dunque del cosiddetto Petite Augustèn, raccogliendo in esso tutti gli
oggetti che stavano per essere distrutti dalla rivoluzione. Nascerà così il museo. perchè?
L’obbiettivo era quello di esporre tutti questi oggetti in ordine cronologico, e renderli visibili
a tutti coloro che fossero interessati, creando un percorso didattico per far leggere tutti
questi resti a chi non li conosceva, poiché questi resti erano stati portati fuori dai loro
contesti. Il suo tentativo fu quello di ricostruire questi contesti secondo una logica
temporanea, ricreando architettura appartenenti all’epoche dei contesti in cui erano nati.
Tuttavia, quest’uomo non aveva una grande cultura, poiché non c’era ancora la cultura del
Gotico. Questo perché alla fine dell’700 la cultura verso gli edifici medievali, che erano
edifici che fino a quel momento erano stati completamente ignorati, questo perché il
mondo anglosassone che era quello che aveva le grandi cattedrali gotiche, veniva in italia
a studiare le architetture antiche dei romani. Non siamo ancora nel romanticismo
ottocentesco, che incominciò a valutare e a conoscere il mondo gotico, e quindi il mondo
del medioevo, come un mondo di oggetti che possono essere tutelati in quanto hanno un
valore. Tuttavia quando August Lenoir (lenuàr) incominciò a raccogliere tutti questi oggetti
non c’era ancora questa cultura del gotico, per cui prese degli abbagli paurosi, ad
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esempio, espose tutta una serie di statue di re in piedi sopra ai cani in una galleria,
tuttavia queste statue erano poste sopra alle tombe dei re, per cui fece un errore di
contestualizzazione. Altro esempio realizza la tomba di Abelardo ed Eloisa al Père-
Lachaise, sebbene questa non sia mai esistita.
Per cui è evidente un atteggiamento del tutto sbagliato nei riguardi degli aspetti di
contestualizzazione.
Insieme alla Petite Augustein incomincia a crearsi la volontà di mettere insieme oggetti
conservati.
Nel guardare queste distruzioni e nell’iniziare ad apprezzare quelli che erano i segni gotici,
incomincia un periodo che sarà il cosiddetto revival gotico, in cui si ricomincia ad
apprezzare la cultura gotica. Uno dei caposaldi di questo periodo sarà Francois-Renè de
Chateaubriand, “il genio del cristianesimo” del 1802 un’opera importantissima sulla
conoscenza del gotico francesco.
Poi nel 1832 il noto scrittore Victor Hugo, pubblicò il libro “Notre Dame de Paris”, in cui si
evince lo spirito di denuncia dell’abbandono della cultura gotica che si aveva avuto fino
alla fine del 700, e di descrizione delle meraviglie delle architettura gotiche.
Scriverà poi nel 1841 un panfrè “guerra ai demolitori” in cui denuncerà tutte le perdite del
patrimonio gotico francese dovuto alle distruzioni dei rivoluzionari.
Siamo arrivati ad una fase di tutela in cui si è capito che anche il patrimonio gotico-
medievale doveva essere tutelato.
In questo contesto opererà colui che può essere considerato il primo e vero restauratore,
Quatremère de Quincy (catremer de quinsì), figlie della rivoluzione francese sono le sue
teorie sul restauro e sulla ricostruzione dei monumenti.
Egli fu un personaggio politicamente attivo nella fase della post-rivoluzione, di fatto è
sepolto dove c’è anche la tomba di Napoleone.
È nell’epoca illuministica che nascono le prime enciclopedie, di fatto egli fu il primo a dare
una definizione di restauro, che va pertanto contestualizzata con gli inizi dell’800 “rifare
di una cosa le parti che mancano per distruzione”, fa una distinzione fondamentale tra il
restauro architettonico e quello scultoreo. Mentre il secondo è un atto creativo, ovvero per
aggiungere ad una statua una parte che manca è necessario un’artista. in un edificio
architettonico invece la parte mancante doveva essere fatto così come era la parte già
esistente. A questa definizione si fa risalire la nascita del restauro perché la prima volta si
dà una definizione al restauro architettonico. Egli fu inoltre il primo a far chiudere i Petite
Augustein, poiché non condivideva l’atteggiamento di portare i resti in contesti diversi da
quelli in cui erano nati. Il suo pensiero è molto simile a quella che è la tutela attuale dei
monumenti.
Quatremère de Quincy fu testimonio del furto di Lord Elgin il quale rubò le statue greche in
marmo del Partenone, conservate oggi a Londra al British Museum.
C’era quindi l’esigenza di restaurare queste statue.
In queste tempere culturale, all’inizio dell’800 Napoleone conquistò l’Italia, per cui tra il
1809 e il 1814 ci sarà un governo francese. Questo sarà fondamentale per la storia della
tutela italiana, poiché i francesi riuscirono a portare tutta una serie di istanze di tutela che
favorirono tutta una serie di trasformazioni che oggi possiamo definire restauri.
I francesi a roma già facevano i cosiddetti pensioner, ossia viaggi studi volti allo studio
delle rovine classiche.
Con la nascita del governo francese in italia si favorirono gli studi dei monumenti classici a
pensioner, si incominciarono così a scavare i monumenti e quindi a riscoprire le fondazioni
dei monumenti, iniziando così un’operazione di scavo di tutti i templi romani.
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Contemporaneamente i francesi, con la cultura romantica che in Francia si stava
sviluppando, incominciano a considerare Roma come un grande parco archeologico,
rendendo navigabili le rive del Tevere, liberando dal terreno i maggiori monumenti della
città di Roma, definendo i viali romani alberati.
Nelle aree di Roma dove i ruderi romani non c’erano, tipo a villa borghese, crearono finti
tempietti.
Tappa fondamentale per il restauro, poiché per la prima volta parliamo di un intervento di
restauro e non di riparazione di un danno, è il restauro al Colosseo e all’arco di
Costantino.
L’autore è Giuseppe Valadier,
il Colosseo rappresentava il monumento più importante della Roma classica.
Alla fine del 700, nei disegni di Piranei, il Colosseo appariva come un rudere, in quanto
era diventato un deposito di letame, con il quale si faceva il cosiddetto sarrito, ossia una
sorta di malta corrosiva che di fatto stava distruggendo le pareti del Colosseo, che
presentava un altro problema, poiché tutto l’anello esterno di un lato mancava e quindi
creava problemi di stabilità negli anelli restanti.
Per questo motivo fu fatta una commissione di esperti con raffaele stern e giuseppe
compolesi che era un’ingegnerie pontificio che si inventarono un metodo di
consolidamento del colosseo, ossia un grande sperone che aveva lo scopo di contrastare
l’azione spingente degli archi che stavano cadendo.
L’intervento non è in linea con la definizione di Quatremère de Quincy che prevedeva la
costruzione della parte mancante così come era prima, bensì è più un intervento di
consolidamento. Un'altra cosa: tompagna gli archi senza aggiustare la loro forma, facendo
una sorta di fotografia dello stato esistente del colosseo al momento dell’intervento
evidenziando la caduta dell’edificio e le lesioni. È assolutamente un atteggiamento
romantico, figlio della visione del rudere francese.
Nei musei vaticati è stato trovato un affresco in cui rappresenta lo sperone e le
tamponature realizzate da Stern, che oggi sono in mattoni a vista, risultano nell’affresco
intonacate.
Venti anni dopo si ripropose lo stesso problema dalla parte occidentale del Colosseo,
l’intervento fu commissionato a Valadier nel 1826, il suo intervento fu simile a quello di
Stern, ma concettualmente con delle cose diverse: Valdier rispetto alla parte che stava
cadendo crea degli archi decrescenti verso l’arco continuando quelli del colosseo e
ciascuno dei nuovi archi viene chiuso con uno sperone. La critica dice che questo
intervento è paradossalmente più antico di quello di Stern, poiche Valadier crea degli archi
intonacati con polvere di travertino in continuità con quelli esistenti.
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All’epoca la differenza tra l’aggiunta e la preesistenza non era così evidente. Oggi invece
lo è, perché sono in mattoni e non in marmo com’è fatto tutto il Colosseo.
Tra questi due interventi del Colosseo, avvenne il restauro dell’arco di tito, che segnò il
susseguirsi di questi due personaggi, perché fu iniziato da Stern e terminato da Valadier.
Quest’intervento è considerato ancora oggi un modo corretto di operare su un edificio
antico.
L’arco in origine era un arco romano fatto da Tito risalente al primo secolo dopo cristino.
L’arco era chiuso in un muro in quanto porta d’ingresso urbica dei possedimenti della
famiglia.
Dell’arco romano era rimasto soltanto le colonne che chiudevano l’arco, l’intradosso
dell’arco e le decorazioni.
Il problema: come lo completiamo? Come lo restauriamo? Era un arco a due fornici come quello di
Costantino? O era un arco con un solo fornice ed una grossa struttura di piedritti laterali?
Il primo studio che Stern fece fu quello per analogia, ovvero andò a vedersi tuti gli altri
archi dello stesso periodo storico e si ipotizzò una ricostruzione che prevedeva un fornice
soltanto.
L’arco era stato realizzato con il cosiddetto marmo penterico, lo stesso usato nel
Partenone, Stern decise di completare l’arco usando il travertino e non lo stesso marmo di
quello originario.
Quindi la parte mancante fu ricostruita con un altro materiale, e questo oggi ci rende
visibile la distinguibilità tra la parte originaria e quella restaurata.
L’arco fu ricostruito in maniera quasi certa rispetto all’orginario. Di fatto quando furono
ritrovate le fondazioni si vide che l’arco nuovo poggiava perfettamente sulle fondazioni
romane originarie.
La particolarità è che la parte ricostruita oltre ad essere fatta con un materiale diverso, fu
fatta per line di inviluppo, ad esempio la colonna ricostruita non e scanalata come quella
romana, riprende solo la sua geometria, stessa cosa per l’architrave che presenta la
geometria degli ovuli e delle metope.
Per questo motivo questo intervento al di là delle motivazioni che portarono a farlo, è un
intervento corretto, in quanto non è un falso storico.
Lezione 9
24/10
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Eugène Emmanuel Viollet le Duc
e il restauro stilistico
Da oggi iniziamo una serie di lezioni che saranno incentrate su personaggi che hanno
operato nel restauro a livelli altissimi ma non solo hanno anche dettato delle teorie
creando così correnti del restauro che hanno influenzato gli attuali orientamenti del
restauro, in cui sono presenti grandi corrispondenze con ciascuno di questi grandi autori
del passato.
Il primo a cui ci riferiamo è Viollet le Duc, il quale è stato uno dei primi ad occuparsi del
restauro, ma anche il primo a teorizzare la costruzione di edifici usando materiali alternativi
a quelli lapidei, e in particolare l’acciaio e la ghisa. È stato uno dei primi progettisti a
sperimentare nell’800 quella che è stata l’architettura industriale, ossia un’architettura fatta
con materiali alternativi a quelli lapidei.
Egli operò per tutto l’800.
Prima di parlare di Viollet le Duc
Ripercorriamo l’evoluzione a partire dalla rivoluzione francese fino a quando Viollet le Duc
e altri hanno incominciato ad operare:
-1793,a pochi anni dalla rivoluzione frencese, il governo francese post-rivoluzionario la
convenzione dichiara che non intende distruggere i monumenti d’arte e della storia, dopo
la rivoluzione c’è questo movimento quasi parallelo che alla distruzioni dei rivoluzionari fa
nascere la tutela e il rispetto per la protezione dei monumenti.
-1793 viene decretata la pena di due anni a chi si renderà colpevole di vandalismo
Tra 1790-1795, la Francia post-rivoluzionaria, è la prima nazione che istituisce delle
commissioni e degli organi governativi espressamente dedicati alla tutela dei monumenti.
la convenzione istituisce la commission des monuments in seguito comission temporaraire
des artes: lo scopo è di formare una rete di conoscitori su tutto il territorio nazionale che
procedano all’inventario e alla conservazione.
-1802
-1830
Nel 1830 con la cosiddetta monarchia di Luglio, nata sulla scia dei moti rivoluzionari
d’inizio 800 che fanno seguito a quelli provenienti dalla rivoluzione francese, il ministro
interno Guizot darà vita alla creazione della figura di “ispettore generale dei monumenti
storici” ossia quelli del medioevo francese, carica che sarà ricoperta per la prima volta da
Ludovic Vitet.
1. Ludovic Vitet che fu il primo ispettore generale dei monumenti storici, la sua opera
fu fondamentale per quella di Viollet le Duc, poiché egli attraverso i suoi esercizi
stabilì il carattere autoctono del gotico francese e dell’architettura ogivale,
sottraendolo alle influenze orientali (arabi), esaltandone il carattere laico, specchio
del sentimento nazionale. Mise in luce la bellezza della Cattedrale di R
2. eims, vero Partenone Francese, in quanto dichiarò che l’arco gotico fosse stato
inventato in Francia.
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nel suo ruolo di ispettore dei monumenti storici combatte contro ogni vandalismo e
istituì nell’accademia francese, L’Ecole des Beaux Arts lo studio dell’architettura
gotica insieme a quella classica, riuscendo a catalogare quasi 4000 monumenti
della coltura gotica francese che fino a quel momento non erano considerati tali.
Durante il suo mandato fu istituita la commissione dei monumenti storici.
3. Al suo posto, quando Vitet fu chiamato ad una carica più alta, subentrò un altro
personaggio, ossia Mèrimèe, cognato tra l’altro di Viollet le Duc.
Mèrimèe porterà avanti l’opera del predecessore facendo rientrare le problematiche
della conservazione e della preservazione tra i compiti fondamentali dello stato. Si
stabilirà con lui il criterio secondo il quale i monumenti classificati non possono più
essere sottoposti a lavori senza una preventiva autorizzazione.
Con lui il restauro diventerà un’opera di pubblica utilità e come tale verrà affidato
dallo stato a personalità pubbliche.
I restauri più significativi che fece Viollet le Duc e che influenzarono la critica e gli
procurarono l’accusa di falsificatore sono:
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quando si parla della produzione professionale di Viollet le Duc di solito si dice che
è stata una parabola, poiche egli inizia con un comportamento che poi si evolve.
2. Mentre stava facendo il restauro della chiesa, uscì il concorso per il restauro
della Cattedrale di NOTRE DAME a parigi, al quale partecipò insieme ad un
altro architetto Lassus. E preparò in un tempo brevissimo una serie di disegni
per il restuaro della chiesa. Il suo progetto vinse il concorso.
Si trattava di andare ad operare sul gotico per eccellenza nonché sulla cattedrale
più importante del paese.
Lo stato della facciata si presentava molto danneggiata e modificata, in quanto
erano stati eliminati tutti i segni del potere sacro e del potere del re, in seguito alla
rivoluzione francese.
Di fatto la guglia centrale e la galleria dei re furono abbattuti.
Per cui quando si trova ad operare Viollet le Duc, egli si andrà a rilevare tutte le
chiese gotiche e produsse alcuni disegni di come doveva essere restaurata la
cattedrale. In alcuni di questi sono riportate 2 guglie laterali, come nelle vere
cattedrali gotiche.
La guglia centrale della cattedrale era stata distrutta durante la rivoluzione francese,
quelle laterali non si sapeva se fossero mai esistiti, mentre quella del transetto si.
Inizia cosi un dibattito enorme se rifarle o meno quelle della facciata della chiesa.
Viollet le Duc le voleva rifare, Lassus no.
Furono fatti grandi interventi, furono create volte chiuse e cappelle esterne (senti
nota).
Furono affrontate inoltre anche altre problematiche, tra queste il ritrovamento di
alcuni rosoni romanici, presenti ancora oggi nel transetto di una campata.
Morto Lassus, Viollet le Duc realizzerà soltanto la guglia centrale atteggiamento
di svolta, se avesse costruito le guglie della facciata sarebbe stato un qualcosa di
troppo grande, per cui ricostruisce la guglia centrale tale e quale a quella
precedente.
39
Tra le statue della facciata sono presenti quelli di Viollet le Duc e quella di Lassus.
Fece inoltre ricostruire tutte le statue dei re.
Per cui anche l’apparato decoratorio è stato rifatto.
4. CASTELLO DI PIERREFONDS
Castello medievale che costituiva il circolo di protezione di fortezze della capitale.
Qui Viollet le Duc, che godeva del favore della moglie di Napoleone III, fa un
intervento innanzitutto conoscitivo, per poi ricostruire tutto.
All’inizio della costruizione era evidente la parte ricostruita rispetto a quella
esistente, ora non più perché la pietra diversa è invecchiata.
Qui Viollet le Duc rifece le decorazioni, l’impianto ornamentale e perfino gli arredi e
gli elementi decorativi.
Viollet le Duc è figlio del suo tempo. E a metà dell’800 fa la prima teoria di restauro.
Tutti gli interventi che abbiamo visto sono il modo di fare restauro dell’800.
LEZIONE 10
25/10
Oggi affrontiamo John Ruskin, altro non è che un filosofo, il quale al pari dei tanti
filosofi a lui coevi, ha espresso una teoria sull’estetica che si è sviluppata
nell’ambito della storia dell’arte. Le sue teorie sono figlie del suo tempo e quindi
delle conseguenze della rivoluzione industriale in Inghilterra.
Solitamente quando si parla di Ruskin lo si contrappone a Viollet le Duc, il quale
proponeva una teoria basata sulla completa ricostruzione in stile (Francia ‘800),
dall’altra lato Ruskin e il suo allievo Morris è stato inquadrato nel filone culturale del
movimento contro il restauro.
Quello che oggi studiamo è un contesto storico diverso: la Francia aveva avuto la
rivoluzione francese e quindi le distruzioni del suo patrimonio storico. L’Inghilterra,
invece, essendo un’isola si mantenne fuori a questa tempere culturale europea, a
tal punto che non conoscerà mai davvero cosa significa perdere degli edifici per
colpa della guerra. Tuttavia, sarà protagonista di quella che è la rivoluzione
industriale, ancora figlia dell’illuminismo e della ragione dell’uomo che tenta di
sovrapportsi alla natura per creare prodotti della vita quotidiana e produrli in serie.
L’Inghilterra 700entesca subisce grandi trasformazioni del territorio e soprattutto,
costruzioni in ferro e in ghisa. Nascono le periferie urbane.
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Nascono in questo periodo alcuni dei problemi coevi delle città: lavoro minorile,
inquinamento delle città. Cambiano così le condizioni proprie delle città.
Dal punto di vista della storia dell’arte e dell’architettura, proprio perché l’inghilterra
si mantenne lontano da alcuni movimenti culturali, l’Inghilterra rimase molto radicata
allo stile gotico, mentre la Francia l’aveva in qualche modo riscoperto con il
cosiddetto gotic revival, in Inghilterra invece era sopravvissuto, sono pochi di fatti gli
esempi del neoclassicismo in Inghilterra.
La valorizzazione del gotico in Inghilterra diventa una maniera di rispondere alla
rivoluzione industriale, in quanto simbolo di una cultura nazionale, ma anche
simbolo di un periodo in cui la produzione artistica era legata ad una produzione
artigianale e non industriale, e infatti era considerato l’ultima riproduzione artistica
vera prima dell’industrializzazione.
In inghilterra si svilluppa e si diffonde il concetto di sublime, in seguito alla
pubblicazione dello scritto di Edmund Burke “ A philosophical enquiry into the origin
of our ideas of the sublime and beautiful 1757”.
Si incomincia a guarda alla natura e all’opera d’arte nei suoi aspetti meno perfetti.
La produzione artistica incomincia a guarda alla natura non più secondo i suoi
concetti di staticità, ma si incomincia a valorizzare paesaggi disordinati, tempeste,
nebbie ecc, e quindi aspetti meno perfetti, rispetto ai paesaggi perfetti di inizio 700.
Pensiamo al “Viandante sul mare di nebbia”.
O ancora alla “Pioggia, vapore e velocità” di Turner.
Sono tutte opere che richiamano volutamente l’imperfetto.
Gli stessi industriali inglesi si costruiscono le ville con giardini non più all’italiana,
bensì all’inglese riproducendo il senso pittoresco da cui nasce il giardino all’inglese.
L’interesse verso l’architettura non è più verso l’architettura finita e perfetta, bensì è
verso il rudere, e quindi verso un’architettura che testimonia il passaggio di tempo.
E quindi il senso di pittoresco, proprio dell’arte e della pittura, si diffonde anche in
architettura.
Quali sono gli esempi artistici che si vanno a guardare?
Si vanno a guardare gli esempi della pittura prima di raffaello, che era considerata
la perfezione rinascimentale. Nascono i cosiddetti pre-raffaelliti , per i quali la
perfezione artistica non è più l’ideale del secolo, essi ricreavano opere che
andavano a ricreare il classico ma non più soggetti perfetti, ma soggetti vivi e
naturali con forme e pose del tutto nuove.
In questo contesto nasce Ruskin con una nuova teoria, con filosofie romantiche
Ruskin era uno storico dell’arte, di famiglia borghese, il che gli permise
nell’inghilterra vittoriana di viaggiare tantissimo, inizialmente sulla scia del grand
tour, venendo a conoscere anche tutta la produzione classica del mondo italiano. A
napoli è attratto dall’aspetto pittoresco della città, e dagli aspetti dell’architettura più
vicini agli aspetti sociali. Egli infatti considerava l’architettura non più espressione di
una classe dominante, bensì espressione della società. ciò vuol dire che l’oggetto
della tutela, ovvero l’architettura che merita di essere tutelata non è più soltanto
l’architettura monumentale, bensì tutta quella che può essere considerata
architettura storica, e quindi anche l’agglomerato urbano comincia ad avere un suo
valore, in quanto espressione della società. Da qui la sua attenzione a napoli, per
scorci della città che non rappresentano il paesaggio naturale, bensì quello urbano.
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Qual è il procedimento di analisi di Ruskin?
Egli sarà il primo a mettere sullo stesso piano tutte le arti, quando lui parla di arte
mette insieme architettura, scultura, pittura.
Il modo di scrivere di ruskin non è analitico, bensì egli procede per analogia,e
l’analogia affronta tutti i campi dell’arte, passa da un argomento all’altro sulla base
di spunti, di stimoli intellettuali, di interessi culturale, di motivazioni affettive.
Stabilisce così un metodo, per cui in maniera sincronica affronta tutti i campi del
sapere secondo un’unica legge. La visione sincronica di ruskin gli permette di
vedere un edificio che ha subito diverse trasformazioni in diversi tempi, lo vede
come un unico edificio proprio del suo tempo. La sua visione si contrappone a
quella diacronica di Winckelman.
Nei suoi scritti da una premessa non segue necessariamente una sola conclusione.
Il ragionamento è il risultato di una scelta, di una possibilità: il percorso intellettuale
è tracciato per affinità.
Questo metodo non è più figlio della cultura illuministica, bensì segue una logica
delle relazioni.
Questo significa che i confini delle discipline vengono tutti aboliti. Viene eliminata la
gerarchia del sapere, l’edificio che ci arriva oggi non è più del 300 che ha subito
delle trasformazioni ma è l’edificio che arriva oggi.
Il punto di riferimento del pensiero di Ruskin, non è più l’oggetto in sé, bensì è
l’uomo si torna cosi alla visione romantica.
Da questo possiamo capire la sua produzione artistica che investi tutti i campi del
sapere.
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La poetica di Ruskin:
il valore dell’oggetto è relativo al fatto che rappresenta ed è un’emanazione
dell’uomo. Per cui se è una rappresentazione dell’uomo, come quest’ultimo è
irripetibile, anche l’oggetto lo è.
È attraverso l’oggetto che si riconosce il valore dell’uomo, in quanto testimonianza
della dignità e del valore dell’uomo che è qualcosa di irripetibile.
In “Moders Painters”, pone i principi dei preraffaelliti e della pittura, dice che
l’opera d’arte è un riflesso del concetto di bellezza.
La bellezza non è più un concetto astratto, come nel mondo classico, bensì è
un qualcosa che quanto più possibile si avvicini alla natura, e quanto più
possibile esprime l’uomo e la natura stessa.
Diventa bello quindi anche l’edificio comune, nonché l’oggetto fatto
artigianalmente, in quanto esempio di un oggetto unico al di fuori della
produzione industriale.
Il concetto di bellezza con Ruskin si allarga. Arte diverso da mimesi.
Ruskin non accetta la distinzione tra arte e produzione artigianale, la cultura
materiale come espressione della potenza spirituale dell’uomo.
Rimane da verificare il valore speculativo dell’assunzione: bellezza =
trascendentale armonia= il modo stesso di operare di Dio
Il bello determina nell’uomo un senso di piacere= pura gioia.
Per arrivare al testo che è più vicino al restauro, ovvero “Le Sette lampade
dell’architettura”, in cui nei vari capitoli, ossia le varie lampade, ci sono alcuni come
quello della memoria che influenzano la conservazione dei monumenti.
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Tra gli aforismi della lampada della memoria, che è la lampada che più interessa il
mondo del restauro, l’aforisma 27 dice che bisogna conferire all’architettura una
dimensione storica e conservagliela
Aforisma 29 la terra l’abbiamo ricevuta in consegna, non è un nostro possesso.
Aforisma 31 il cosiddetto restauro è la peggiore delle distruzioni.
WILLIAM MORRIS
Allievo di Ruskin, fu William Morris, il quale sarà il suo braccio operativo, in quanto
Ruskin non effettuerà nessun restauro, Morris sarà colui che fonderà il movimento
delle “Art and Crafts movement”, con il quale si pongono le basi di quello che sarà il
movimento moderno.
Incominciano ad avere importanza artistica anche la produzione artigianale, e
quindi tessuti, mattonelle ecc.
La cosiddetta casa rossa che Morris progetterà con Philipp Webb e considerata il
primo esempio del movimento moderno.
Il manifesto di questo movimento sarà la cosiddetta S.P.A.B ovvero società della
protezione degli edifici antichi, esistente ancora oggi.
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LEZIONE 11
31/10
Tenendo presenti il non restauro di stampo inglese e il restauro stilistico della tradizione
francese, arriviamo in Italia con una terza corrente.
Questi due grandi estremi del restauro stilistico e del non restauro (che prevedeva la
morte del monumento), sono stati fin troppo estremi per trovare fortuna. La fusione di
questi due grandi movimenti è quella che in Italia ha posto le basi per il restauro italiano,
che da Boito in poi non si è più mosso dall’Italia, a tal punto che il restauro come lo
intendiamo oggi si fa solo in Italia.
Storicamente l’Italia ha sempre avuto la Francia come modello culturale, di fatti il modello
italiano del restauro attinge le sue caratteristiche dal restauro stilistico di Viollet le Duc.
Nel 1860 nasce l’Italia unita, nasce dunque una nuova nazione, per questo motivo c’era la
necessità di creare una cultura architettonica nazionale, che sarà quella che fa riferimento
all’ultimo volta in cui l’Italia era stata una nazione libera, ovvero quella dell’epoca
Medievale. Per cui appare quasi normale prendere come stile di riferimento lo stile
romanico, e quindi lo stile gotico figlio dell’influenze del mondo anglossassono del revival
neo-gotico. L’obbiettivo 800esco è quello di creare uno stile nazionele in italia.
L’800 è un secolo di revival.
In che modo si riflette quest’esigenza? Soprattutto nella creazione e l’edificazione delle
chiese e delle facciate delle grandi cattedrali delle città, che fino a quel punto era rimaste
incompiute. Vengono ora costruite con l’intento di dare un’unità nazionale, guardando allo
stile romanico come stile tale da conferire un’unità che il regno dei Savoia voleva dare.
In questo contesto, nascono tutta una serie di emuli di Viollet le Duc, in quanto modello
che arriva in italia, per cui tutto l ‘800 è caratterizzato da personaggi che hanno un’
importanza locale nelle diverse città, che hanno come obbiettivo quello di effettuare i
restauri dei monumenti alla maniera di Viollet le Duc.
A Napoli operò Federico Travaglini. Figura molto importante nella cultura napoletana, in
quanto vediamo un restauratore, che non è solo un architetto che opera bensì anche un
insegnate.
Nasce con l’accademia di belle arti, studia a Roma, divenendo poi professore
dell’accademia delle belle arti e poi della scuola di ponti e strade, primo embrione della
facoltà di ingegneria. Per questo motivo la sua azione divulgativa sugli studenti di
architettura e ingegneria era fondamentale.
Egli fu inoltre un grande disegnatore, i suoi disegni sono disegni di ricostruzioni, ovvero
esempi di ricostruzione di monumenti classici, così come faceva Vidè con i suoi studenti
che li portava nei ruderi delle cattedrali gotiche per farglieli riportare sui disegni.
I disegni di Travaglini sono definiti da egli stesso “divinazioni” egli faceva delle astrazioni
tali da fargli concepire l’edificio completato.
Il problema era che queste divinazioni furono la sua strada maestra nel momento in cui da
architetto gli fu commissionato uno dei restauri più importanti a Napoli: La Chiesa di San
Domenico Maggiore, oggi quello che vediamo dalla piazza altro non è che l’abside della
chiesa, la cui facciata invece si trova all’interno di un cortile.
La sua idea di restauro è quella di riportare al primitivo splendore la chiesa angioina che
aveva subito grandi trasformazioni, che l’avevano resa una chiesa barocca. Il suo intento
era quello di divinarla rimuovendo le decorazioni barocche e riportarla al suo stato
angioino (niente di più di quello che ci diceva Viollet le Duc)
Viollet le Duc diceva che portare avanti un restauro stilistico implica una conoscenza
enorme delle tecniche costruttive, del mondo e della cultura che si voleva ripristinare ed
imitare. Travaglini non ha questa cultura, non ha conosciuto l’architettura gotica come
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Viollet le Duc, il quale fu un grande conoscitore dell’architettura classica. Per cui dove le
sue conoscenze non arrivano, per creare uno stile che aveva in mente lui dice che
l’edificio deve avere un “immegliamento”, laddove non riesce a ricreare il gotico lui dice
che l’importante è che l’edificio abbi una sua armonia delle parti.
Sulla Chiesa di San Domenico Maggiore, quello che vediamo oggi all’interno non è lo stile
gotico, bensì è l’invenzione di Travaglini per portare la chiesa barocca allo stile gotico.
Ad esempio, sulla facciata che si presentava con grandi decorazioni e stucchi barocchi, si
inventa uno stile gotico, per cui inserisce elementi proprio dello stile gotico, e quindi
pennacchi gotici, colonnine, bifore, pertanto in nessuna parte c’è il ritrovamento di
elementi originali che fanno suppore il fatto che le bifore erano in realtà finestre
rettangolari.
Per questo motivo parliamo di qualcosa ancora diverso dal restauro di Viollet le Duc.
Esempi del fatto che sia un restauro completamente inventato sono gli archi a sesto acuto
delle due cappelle laterali della chiesa, dove in realtà aveva trovato quello originali la cui
imposta era più bassa per cui non riporta alla luce quelle originali bensì ne inventa per
rispettare l’armonia delle parti.
Per capire l’importanza di Travaglini nel contesto prima e dopo l’unità d’italia analizziamo
la torre di sinistra del maschio angioino che crollo a causa di grosse infiltrazioni e danni a
causa delle fabbriche appoggiate. Travaglini oggi ci dà la torre di sinistra.
In questo contesto, abbiamo la nascita del cosiddetto restauro filologico, ossia una terza
corrente del restauro ( 1. Stilistico di le duc, 2. L’anti-restauro di Ruskin).
Dal restuaro filologico discende quella che sarà la teoria di Brandi del dopoguerra, ovvero
il restauro critico.
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Qual è la soluzione? è la conservazione dei monumenti e non al restauro, in quanto
quest’operazione è innaturale.
Che cos’è il restauro filologico?
Al convegno dei restauratori tra ingegneri e architetti, Boito è il relatore e andrà a fare la
sua relazione in un documento in 7 punti che è considerata la prima di carta di restuaro
italiana ( ci sarà la carta di atene, quella di amsterdam ecc) si tratta di documenti
programmatici ai quali il restauratore non deve per forza essere fedele ma ci dicono cosa il
restauratore deve fare per garantire la conservazione del monumento.
Al punto numenro 1 dice: i monumenti architettonici, quando si manifesta l’esigenza di
mettere le mani devono essere piuttosto venire consolidati che riparati. L’ultima ipotesi
deve essere quella del restauro.
Come devono essere fatti i restauri?
i restauri si devono compiere con carattere diverso da quello del monumento in modo che
le nuove forme non toccano troppo e non diano fastidio all’edificio esistente.
1. Per la prima volta viene messo nero su bianco da un teorico il fatto che devono
essere distinte le aggiunte dalle parti esistenti. Distinguibilità
Le aggiunte devono avere inoltre una materia diversa rispetto alle parti esistenti.
Inoltre, dice che le parti esistenti dovranno essere non solo distinte materialmente da
quelle aggiunte che devono inoltre avere stampante su ogni concio la data del restauro, a
testimonianza del fatto che sono stati aggiunti in un secondo momento.
4. Negli altri punti ci dice che Le fasi del restauro devono essere fotografate e raccolte
e documentate in un catalogo.
5. Tutte le parti che pensiamo debbano essere tolte, non devono avere importanza
storica e stilistica, ma cmq devono essere conservate.
Boito fu anche un architetto, oltre che teorico, che riuscì a realizzare delle opere in ambito
milanese e veneziano che ci aspettiamo rispettino la sua teoria. Il primo restauro che gli fu
commissionato è la chiesa dei santi donato e maria a murano. Si trattava di una chiesa
romanica che aveva assunto delle trasformazioni barocche,
quando si trovò ad operare ebbe degli atteggiamenti diversi rispetto alle parti dell’edificio.
la parte dell’abside era con gli arconi dove era evidente l’imprinting romano nella quale
effettuò solo piccoli interventi puntuali.
Lasciò la chiesa in uno stato fedele rispetto all’aspetto orginario (stato di conservazione
che potremmo dire ruskiano)
Dall’altro fianco però un atteggiamento diverso perchè per ragioni urbane di liberazione
della piazza decise di rimuovere degli edifici della chiesa (sagrestia, due cappelle
rinascimentali) e li rimontò da tutt’altra parte, liberando così il fianco della chiesa.
(operazione a metà tra il restauro stilistico e quello della conservazione ruskiana).
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Altro restauro che contrastava il dettame teorico di Boito, fu l’ampliamento del Palazzo
Cavalli Franchetti a Venezia, in cui progettò un corpo per far fronte all’esigenza di fare un
altro scalone.
Lezione 12
7/11
Siamo arrivati al 900, pur avendo saltato diversi esponenti e correnti dell’800.
Arrivati a Giovannoni la corsa che proseguiva in una linea retta che aveva avuto le sue
tappe: rinascimento, rivoluzione francese, un ultimo punto di chiusura sarà la seconda
guerra mondiale.
Giovannoni ha vissuto a pieno la seconda guerra mondiale, a tal punto che annullerà la
valenza di tutte le sue prima teorie post guerra, in seguito alle grandi distruzioni del
patrimonio culturale.
Si tratta di un personaggio molto trasversale, egli nasce alla fine dell’800, diventa
ingegnere e quindi esperto di materie tecniche si appassiona alla storia dell’arte e segue
un corso con Robert Venturi, storico dell’arte, e arriva alla concezione che la figura
dell’architetto debba essere un uomo tecnico ma al tempo stesso storico dell’arte. Queste
considerazioni lo portarono a fondare a Roma nel 1928 la prima facoltà di architettura,
concepita come un luogo in cui si studierà allo stesso modo sia le materie tecniche che
quelle umanistiche.
L’attenzione verso l’ambiente costruito si avrà con Giovannoni.
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A Napoli nel 1885 per combattere il colere e portare aria all’interno dei vicoli della città fu
pensato il grande sventramento del rettifilo del corso di Umberto.
Ogni qual volta ci sono perdite di questo tipo iniziano movimenti e teorie che ci portano
alla loro protezione:
il primo fu il teorico viennese Camillo Sitte, il quale nel 1889 dà alle stampe Stadte-bau
(‘ARTE DI COSTRUIRE LE CITTA’) la sua operazione era quella di andare incontro a tutti
coloro che davano importanza solo ai singoli monumenti, andò a riportare le più importanti
chiese vienniesi ma riportandole in pianta ma non come singoli monumenti ma anche la
porzione di città in cui erano contenuti. …
altro personaggio fu Charles Buls, sindaco di Bruxelles, nel libro l’estetica delle città fece
lo stesso tipo di operazione sui monumenti del belgio.
In questo contesto nasce gustavo giovannoni 1873, siamo proprio negli anni dello
sventramento del corso vittorio emanuele e roma a seguito del piano viviani.
Si appassionò all’ingegneria civile, tanti sono i suoi scritti che sono influenzati da questa
operazione.
Si laurea in ingegneria e si specializza in storia dell’arte. Questo tipo di formazione e
conoscenza lo fecero diventare uno dei massimi esponenti della progettazione,
dell’urbanistica e del restauro.
Negli ultimi 20/30 anni della sua carriera fu uno degli architetti che operò in stretto contatto
con le gerarchie fasciste.
Giovannoni e Piacentini furono gli architetti impegnati a definire la nuova architettura
fascista. Giovannoni diceva che l’architettura del regime doveva essere il cosiddetto
barocchetto romano, ossia un’architettura contemporanea che riprendesse il carattere
della roma contemporanea fatta di barocco ecc.
Il tipo di arch che egli propone è distinto da quello di piacentini.
Tra le sue opere più importanti: la fabbrica della birra a roma, l’ingresso di montevergine
ad avellino.
Giovannoni che colui che fonda alcune riviste come Palladio, ci ha lasciato una grande
conoscenza dell’architettura rinasciementale e barocca di roma. il quartiere romano del
rinascimento
In campo del restauro a lui si associa un’altra delle correnti del restauro, ovvero quella del
restauro scientifico.
La sua teoria è: il monumento e l’architettura che ci arriva dal passato altro non è che un
documento di arte e di storia. Con lui nasce il parallelismo documento monumento
Se un’architettura e un monumento, ciò significa che tutte le sue parti ci dicono e ci
trasmettono qualcosa, ancora di più se quel qualcosa ci rimanda ad un determinato
evento storico o ad una valenza artistica.
Giovannoni è discepolo delle teorie di Boito, per cui se l’architettura è un monumento ciò
significa che tutti gli interventi che vado a fare devono essere distinti da quelli ritrovati.
Sostiene quindi la distinguibilità.
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Perché dividerli?
Perché Ognuno di questi comporta un intervento sempre più pesate sull’opera.
divisione molto scientifica e razionale.
Come aveva già fatto ruskin, villet le duc ecc, anche giovannoni sosteneva che la prima
fase del restauro è il restauro del consolidamento dell’edificio.
Altra fondamentale distinzione che giovannoni fa: tutti gli edifici si dividono in edifici vivi e
in edifici morti. I primi sono quegli edifici in cui è ancora possibile fare un tipo di restauro
che ridia all’edificio la sua funzione originaria. Negli edifici morti (edifici allo stato di rudere
es. terme romane, partenone, castelli ecc, il colosseo) non è possibile ridare la funzione
originaria.
Nel dopoguerra Pane invece dirà che gli edifici vivi sono quegli edifici in cui è possibile
dare una destinazione d’uso compatibile con l’edificio, sebbene non sia la stessa a quella
originaria.
Giovannoni fu inoltre il primo a dare una teoria di restauro urbano, ovvero di come si
restaura la città, contenuta nel volume vecchie città ed edilizia nuova, in cui spiega che
cos’è la teoria del diradamento urbano.
All’inzio del 900 si fa portavoce di che vuol dire perdere
A roma nel piano viviani era statp realizzato quello che è il corso emanuele ad opera del
piano di Sanjust 1908, che per esigenze legate al traffico, pone all’interno della città degli
sventramenti alla maniera haussamaniana,proponendo un asse che andava a sventrare la
via dei coronari che portava al vaticano.
Giovannoni attraverso la sua associazione che era l’ associazione per i cultori
dell’architettura, propose un modo alternativo allo sventramento per allargare la città e
dare aria alle piazze, creare camminamenti per il traffico più fluenti.
Si concentro poprio su via coronari, fece uno studio su tutti gli edifici della via, mostrati poi
all’esposizione universale di roma del 1911, per sensibilizzare la gente a vedere che tipo
di patrimonio si stava perdendo.
Per risponde alle nuove esigenze, propose di andare a studiare tutte le abitazioni, di
andare a considerare gli edifici che non avevano valenza storica ed artistica e quindi quelli
che potevano essere sacrificati per creare delle nuove viste, dei giardini, delle piazze ecc.
Fece un piano di via dei coronari in cui evidenzia gli edifici di valenza storica, i punti di
vista prospettivi e il perimetro di spazi da demolire per creare aria e spazi di percorrenza.
Gli spazi che Giovannoni ha creato sono spazi architettonicamente belli
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Questo tipo di piano voleva applicarlo nel quartiere del rinascimento con alcune proposte,
tra le quali un passaggio coperto di piazza Navona andando a mantenere la cortina
edilizia della piazza.
Il diradamento prevedeva cmq degli abbattimenti all’interno della città, per cui furono
create le borgate romane, come la garbadella che nascono in risposta a questo fenomeno.
Giovannoni ebbe una grande influenza anche sulla città di napoli. Qui fu chiamato a
redigere un piano urbanistico della città, che pertanto non ebbe mai effettiva realizzazione
per problemi amministrativi, tuttavia rappresenta una fase importante per la città, in cui
tentò di applicare la teoria del diradamento, da cui nascono i quartieri come l’arenella ecc,
nati come le borgate romane.
Nel centro storico, il piano prevedeva lo sventramento dei quartieri spagnoli, in cui si
andava a creare una parallela di via roma, per liberare il traffico di via roma.
Il colonnato di piazza del plebiscito doveva essere liberato con la creazione di un quartieri
alle spalle.
Una proposta alternativa all’abbattimento di corso umberto era una strada che pertanto
prevedeva anch’ essa uno sventramento vero e proprio.
Per questo motivo possiamo dire che non c’era una grossa corrispondenza tra le sue
teorie e la pratica, questo probabilmente anche per l’influenza politica di quegli anni.
Lezione 13
8/11
51
Luca Beltrami è uno dei maggiori promotori del Recupero dell’integrità storica che applica
sul restauro del Castello Sforzesco di Milano: dettagli sulla Torre del Filarete.
In fase di cantieri si cercò di attualizzare i disegni di archivio del Filarete, tuttavia essendo
spesso i disegni manchevoli di dettagli e di finiture, si finisce spesso per affidarsi
all’analogia, il risultato infatti sarà una torre che prende spunto da quella del Bramante del
Castello di Vigevano.
A Napoli, il restauro di Castel Nuovo riguarda lo stesso filone, ovvero il restauro storico.
Gli anni in cui il restauro storico è vissuto a Napoli, sono anni di radicali trasformazioni del
tessuto urbano, inseguito al risanamento, siamo negli anni del fascismo.
Sono anni inoltre di numerosi restauri: furono scelti edifici che costituivano prototipi di
architettura, e quindi ad esempio chiese paleocristiane e cosi via.
Riccardo Filangieri, si presta al restauro del Castel Nuovo, in quanto egli è uno storico, per
cui ha la possibilità di recuperare tutta una serie di documenti relativi al monumento.
“restaurare dove il restauro è indispensabile; ripristinare gli elementi architettonici e
decorativi aragonesi ove può documentarsene con ogni precisione l’antica esistenza.
Demolire tutte le soprastrutture, quando gli elementi sottostanti possano per
documentazione rimettersi nel pristino stato”.
XV sec il castello viene ricostruito per volere di Alfonso I d’Aragona che conserva
dell’antica fabbrica solo la cappella palatina e la sala di re Roberto.
Nel 1923, il comune incaricò una commissione per il restauro del castel nuovo, composta
da Pietro Municchi, Luigi Giusso della Schiava, Michele Platania e Riccardo Filangieri.
Essa stabilì i criteri da seguire durante gli interventi: ripristino storico: forme 400 esche
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Lo stesso Filangieri definisce le strutture di epoche successive di “nessun valore artistico
né militare”.
le facciate sud ed ovest del cortile rifatte in parte nel 500, facciata nord ed est del cortine
ricostruite nel 700
le fonti:
essendo un restauro storico, filangieri ha bisogno di ricostruire l’immagine originaria
dell’edificio, si rifà così alla tavola strozzi dipinta tra il 1472 e il 1473, e si rifa a francisco de
Hollanda.
All’interno della gran sala c’è una regolamentazione di tutte le superfici, c’è un ritorno alle
forme gotiche.
La cappella palatina appare ripulita e spogliata di tutti i cambiamenti.
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una ricerca storica e documentaria + studio della fisicità del monumento, il restauro
assume un carattere rivelativo.
In una lettere a Nidasio dell 1955 mette in dubbio ciò che fino ad allora era considerato il
disegno del restauro. In più il ricorso giudizioso alle tecniche
I suoi interventi principali sono il restauro della chiesa medievale di san galgano in cui
viene chiamato ad intervenire quando la chiesa era in stato di rudere, e la valuta come
edificio vivo, lasciandola cmq cosi com era operando dei piccoli interventi di
consolidamneto e costruendo una piccola chiesa vicino.
Lezione 14
14/11/2018
54
una fase pionieristica della seconda fase del dopoguerra. Quindi non c’era più il problema della
guerra di trincea, la seconda guerra mondiale costruire ve a capire che succede se vengono
lasciate bombe sulle nostre opere. Nel campo dell’architettura vengono più lasciare in campo
etico. Tutti i sovraintendenti si riunirono. Tutte le opere d’arte vengono portate a montecassino.
Opere che riguardano le opere mobili. Per le opere immobili ci si pose il problema di proteggere
queste opere d’arte distrutte e bombardate, quindi assistiamo a tutto ciò. Una delle sedi che si
riteneva intangibile su il monastero benedettino di montecasssimo. Uno dei capolavori monastici .
La cosiddetta Lines gustav, la linea che é confine della resistenza . La maggior parte dei monumenti
venne distrutta e Napoli fu vicina a questo tipo di istruzione perché anche chlometricamente fu
vicino. La storia in generale . Furono gli effetti dei bombardamenti su tutta la città in particolare a
Napoli . Perché sede di industria siderurgica , venne bombardata d8 più . Tutti i quartieri dei centri
storici subirono delle distruzioni. Tali distrussero tante città europee , che si trovano lungo i fronti
principali. L’abazia di montecassino é stata completamente ricostruita. La maggior parte delle
opere subisce gli esiti del restauro trecentesco . Creando queste monofore ad arco ribassato.
Quando Santa Chiara viene ritenuta anche essa un possibile monumento di bombardamento
anche a Santa Chiara visto come monumento da salvaguardare. La protezione di questi
monumenti vengono fatti con dei sacchi di iuta, sacchi di sabbia . Santa Chiara non fu colpita
completamente da una bomba, fu investita . Questi sacchi presero fuoco questa sabbia subì una
trasformazione chimica che a contatto con il marmo queste vengono in parte erose, ed é risultato
di questa protezione. Vero é però che Santa Chiara fu complita anche del 43. Anche tutto ciò nella
basilica di San Galgano. Che succede se questo monumento da un giorno all’altro questa chiesa
così simbolica non subisce un degrado lento , si arriva a un qualcosa mai visto prima. Tutto ciò
anche nel campanile di Venezia. Il giorno prima c’è il giorno dopo no. Questioni del genere si
isolano dal restauro di giovannoni, c’è da capire come comportarsi in relazione al fatto che da un
giorno all’altro un monumento non c’è più. Santa Chiara era stata completamente distrutta. Santa
Chiara distrutta ricostruita in periodo barocco. Una questione è la ricostruiamo gotica o barocca
(prima del bombardamento?). Santa Chiara é al centro del dibattito napoletano , riportando
questa questione è queste problematiche a livello nazionale.
C’è chi aveva proposto come a a san galgano di ricostruire la chiesa affianco e lasciare tutto così.
Una questione importante erano anche le finestre gotiche.
La risposta fu riportare tutto come chiesa gotica perche l’apparato barocco non era più
ricostruibile. Santa Chiara venne ricostruita in un falso stile gotico, perché non sarà mai l’originaria
dove però vennero rimesse le tombe d’angiò. Nel momento in cui la scatola non é adeguatamente
chiusa allora si avranno problemi. Allora c’era la possibilità di ricostruire il cassetto nato ligneo.
Non c’erano più in opera legnami, così ampi così lunghi così numerosi, ovvero le cosiddette
capirete . Materiale che fino a quel momento veniva considerato non adeguato per opere del
passato. Anche per quanto riguarda il tetto questo appoggia su tre file di mattoni che si vedono ad
occhio sotto al tetto . La bomba non crea lo stesso disagio che crea l’incendio sugli elemento
barocchi.
Santa chiara:
la parte più importante ovvero quella dei loro sepolcri fu protetta con sacchi di sabbia che
furono fatti aderire alla superficie marmorea delle tombe.
La chiesa fu colpita da una bomba che cadde nelle vicinanze e quindi colpita dalle parti
colpite, per cui i sacchi di sabbia presero fuoco e portarono allo scioglimento delle parti
delle tombe che tutt’oggi risultano danneggiate ed erose.
Successivamente la chiesa fu colpita direttamente dal bombardamento del ’43.
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Per cui queste erano le condizioni che si incominciarono a porsi nel dopoguerra: come ci
si comporta se una chiesa simbolica viene distrutta? ( come era già successo nel 1902
con il campanile di san marco a venezia).
Problematiche di questo tipo iniziano ad esulare dal restauro di Giovannoni, c’è da capire
come comportarsi nei confronti di edifici che da un giorno all’altro non c’erano più.
La chiesa fu completamente distrutta, rimasero solo le pareti. Si trattava di una chiesa
gotica. Per cui ci si domandò se riportare la chiesa al suo stato di fatto, o farla diventare
una chiesa barocca?
Santa chiara è al centro del dibattito nazionale, perche molti personaggi si interessarono
alla questione che portarono non solo a livello locale, bensì a livello nazionale.
Il risultato fu qualcosa a metà tra il restauro stilistico e il restauro di ricostruzione. Il
bombardamento fu occasione di ritrovare le morofoche gotiche, che furono per questo
ripristinate, all’interno si scelse di fare una ricostruzione che riportò la chiesa allo stato
originario e quindi alla chiesa gotica, tuttavia si tratta di un falso gotico a causa delle
trasformazioni barocche avvenute.
Il problema era quello dell’apertura della scatola muraria, e quindi chiudere le pareti con il
tetto e quindi ricostruire il cassettonato ligneo della chiesa, tuttavia le capriate che oggi
vediamo sono in cemento armato dissimulato in quanto dipinto in finto legno.
Altri casi emblematici: Piazza principale di Varsavia, che fu completamente rasa al suolo
dai tedeschi, restarono in piedi soltanto alcune cortine edilizie dalla città.
Come ricostruire la città?
La città fu ricostruita uguale allo stato originario.
L’istanza psicologica porta il cittadino a ricostruire com’era e dov’era l’edificio. a versavia
l’edificato fu in qualche modo ripristinato, pero la quinta edilizia oggi non è più case ed
abitazioni singole, bensì dietro è stato costruito un unico grande edificio che è diventato il
museo della città.
Come questo vi sono altri esempi e casi.
La distruzione bellica è stata occasione per dare un nuovo significato all’edificio che
testimoniasse comunque l’evento bellico e l’edificio.
A Milano, l’Ospedale Maggiore, edificio nato nel 500 ad opera di Filarete. L’edificio durante
la seconda guerra mondiale fu bombardato. Rispetto al fronte, fu completamente distrutta
l’ala di destra.
Ci si pose il problema di come operare su questo edificio, il risultato sarà una delle opere
più corrette di restauro, grazie a due espedienti: 1) uno è quello del mattone rotto agli
angoli e di colore diverso. Nuove aperture senza ripristinare le bifore esistenti 2) tecniche
del sotto squadro, la parte originaria si trova dietro di qualche centimetro rispetto al
nuovo. Il fronte dell’edificio non ne ha risentito. Quello che vediamo dell’edificio è la sua
unità potenziale, riconosciamo la simmetria dell’edificio delle due ali.
Questo restauro è considerato uno dei restauri paradigmatici per capire quello che da lì a
poco accadrà. Il restauro è stato fatto da Liliana Grassi.
All’interno vi è un comportamento diverso: l’edificio deve continuare ad essere un
ospedale, per cui verrà fatta una ricostruzione diversa in cui si evince il gesto
contemporaneo, e il tentativo di ripristinare il passo simile a quello del restante chiostro ma
si evince il fatto che non si tratta di una parte originale, ma che sia stata ricostruita.
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Tuttavia non fu distrutto il Ponte Vecchio, in quanto si capì che tale ponte era il risultato di
qualcosa che si era creato nel tempo, e quindi frutto di diverse stratificazioni e quindi si
riconobbe la non riproducibilità.
Pertanto distrussero l’altro ponte della città, ovvero quello di santa trinita, ponte d’autore
del 500.
Nell’immediato dopo guerra, la situazione del ponte era questa erano rimasti i piloni ed
era stata costruita una passarella in legno per consentire il passaggio.
La scelta della costruzione fu una scelta a metà: si decise di ricostruire l’impalcato
originario del ponte in cemento armato, e furono ritrovati tutti i pezzi di marmo caduti nel
fiume per ricostruire la decorazione del ponte.
Gli ultimi pezzi ritrovati furono le chiavi di volta decorative del ponte, che oggi appare
identico a quello originario salvo l’anima che è in cemento armato.
Anche Pompei fu completamente bombardata, perché si pensava che alcune guarnigioni
tedesche si erano nascoste all’interno degli scavi di pompei.
L’opera di ricostruzione che era stata la stessa di Magliuri, sovraintendente all’antichità,
mentre chierici era sovraintendente …
Quando si parla di Brandi si parla del creatore del restauro critico, ultima teoria del
restauro che nasce nel dopoguerra, parte da 3 presupposti:
1. Fallimento dei principi del restauro scientifico
2. Sconfinamento per necessità dei principi del minimo intervento
3. Influenza del neoidealismo e della filosofia estetica, che cambiò la percezione delle
opere d’arte essa dipende da come l’essere umano si rapporta all’opera d’arte,
che non è più opera d’arte di per sé, quindi il centro non è più l’opera d’arte, bensì è
la persona che guarda l’opera e la riconosce tale.
In questo ci sono le teorie di Kant e quindi la nascita dell’estetica, secondo cui la
conoscenza è filtrata dalla soggettiva. I giudizi estetici sono soggettivi e non più
oggettivi. (dimensione critica.)
Il soggetto selezione in base alle proprie conoscenze (cultura personale che si
innesta con la cultura del proprio tempo) “l’opera si configura come risposta a un
interrogativo”.
Benedetto Croce
Soggettività: “ogni storia è storia contemporanea”. l’arte dev’essere considerata
come attività autonoma rispetto all’etica e alla logica, se si vuole evitare il
didascalismo e l’allegorismo. Arrivo a percepire un’opera d’arte sulla base delle
emozioni che questa crea sulla mia soggettività.
Secondo la teoria di Brandi, se si rompe un oggetto, ciò significa che il suo utilizzo
non è più attivo. Se l’oggetto invece si danneggia e funziona ancora, l’oggetto non
si considera rotto, in quanto è fatto per essere usato.
Brandi ci dice che il restauro è il ripristino dell’attività umana, ma poi ci dice che si
sono oggetti dell’attività umana che non sono fatti per essere usati, bensì per
57
essere contemplati, e quindi sono considerati opere d’arte. Ciò che distingue un
oggetto da un’opera d’arte è il suo utilizzo, e quindi la sua funzione d’uso.
Per questo motivo il primo assunto di brandi è che solo le opere d’arte sono oggetto
di restauro si restaura solo le opere d’arte.
L’opera d’arte ha un’istanza storica ed un’istanza estetica, poiché l’opera viene
vista nella sua bivalenza di : materia / immagine; documento / prodotto artistico.
L’intento del restauro critico è quello di liberare l’immagine dell’opera ( non quella
originale ) seguendo un processo critico.
Il momento preliminare di tal processo consiste nel RICONOSCIMENTO dell’opera
(soggettivo, ma non arbitrario, perché basato sui dati storici), per proseguire con
l’emissione del Giudizio e finire con l’intervento.
Per arrivare alla definizione di restauro che ci dà Brandi IL RESTAURO E’ IL
MOMENTO METODOLOGICO DEL RICONOSCIMENTO DELL’OPERA D’ARTE,
NELLA SUA CONSISTENZA FISICA E NELLA SUA DUPLICE POLARITA’
ESTETICA E STORICA, IN VISTA DELLA SUA TRASMISSIONE AL FUTURO.
Il restauro non si basa più su regole scientifiche come quelle di Giovannoni, ma si basa
sulle cosiddette valutazioni “caso per caso”, ogni edificio avrà la sua propria istanza
storica ed estetica.
L’architetto restauratore ha il compito di decidere caso per caso, quindi il restauro è un
atto critico del restauratore che difronte all’opera d’arte deve decidere se riconoscerla tale
o meno.
Il restauro quindi non è più un’operazione di mero consolidamento, bensì diventa un atto
creativo, facendo subentrare la fantasia, che da evocatrice diventa produttrice.
A tal scopo, l’architetto/restauratore deve possedere:
-preparazione storica, artistica e architettonica
-competenze tecniche
-umiltà
Per ridare all’edificio la sua unità potenziale.
Per brandi la parte più importante è l’istanza estetica, bisogna conservare dell’edificio il
suo essere opera d’arte.
Quindi si privilegia l’istanza estetica, e quindi l’atto creativo del restauro deve ristabilire
l’unità potenziale dell’opera, ovvero quell’unità figurativa dell’opera che ci ridà la forma, le
dimensioni, e le proporzioni, che fa percepire l’unitarietà dell’opera.
Ad esempio, il restauro degli affreschi di lorenzo da viterbo nella chiesa di (attraverso la
tecnica del rigatino brandiano senza creare un falso storico).
È sempre possibile privilegiare l’istanza estetica? Si tranne nel caso di edifici morti e
quindi del rudere che non può più avere la sua istanza estetica e quindi l’unità potenziale.
Del rudere rimane solo l’istanza storica e quindi in questo caso il restauro deve mirare alla
conservazione della sua istanza storica.
- brandi dice che l’opera d’arte è struttura ed immagine un dipinto è composto dalla
tavola di legno che fa la base e il pigmento che fa l’immagine.
Uno dei suoi assiomi della sua teoria è il fatto che si restaura solo la fisicità materica
dell’opera d’arte.
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- concetto di tempo dell’opera d’arte. Brandi definisce tre tempi dell’opera d’arte: durata,
intervallo ed attimo. Il primo tempo ovvero quello della durata è il momento in cui l’opera
d’arte viene costruita, dall’inizio alla fine del cantiere. Il secondo tempo è il momento tra la
fine del cantiere fino ad oggi. In architettura è quel tempo in cui l’opera subisce
trasformazioni. L’ultimo tempo è il momento attuale nel quale c’è il riconoscimento da
parte della cultura contemporanea dell’opera.
In che momento si deve porre il restauratore?
Brandi ci dice se il restauratore si pone nella durata fa un’operazione di restauro stilistico
(viollet le duc), si trasferisce nella mente del costruttore originario e va a modificare la
costruzione dell’edificio con lo stesso stile del tempo.
Nella seconda fase invece il restauratore fa un’operazione di restauro che elimina le
superfetazioni. L’unico tempo dell’opera d’arte nel quale il restauratore si deve porre è
l’ultimo, ovvero il momento in cui l’opera d’arte si presenta a noi.
Lezione 15
15/11/18
Con oggi finiamo l’excursus storico delle ultime lezioni con un personaggio a noi molto
vicino, essendo il professore di restauro della nostra facoltà, nonché personaggio di primo
piano nella cultura italiana.
La sua figura con quella di Cesare Brandi e di Bonelli è considerata tra i fondatori del
restauro critico. (il modo in cui si applica il restauro oggi in Italia).
Personaggio che in qualche modo indirizza il nostro essere architetti oggi. Se la facoltà
oggi ha una propensione per la fotografia in architettura è grazie a lui. È stato un
innovatore poiché ha portato a Napoli la conoscenza di diversi artisti, quali ad esempio
Gaudì.
Si tratta dunque di un personaggio di primo piano, ma a differenza di Cesare Brandi che
ha fatto una teoria dell’architettura verificata come un teorema matematico, Pane non
scrisse nessun volume in cui parla della sua teoria di restauro, non fa dunque una filosofia
del suo restauro, che pertanto ci è pervenuto grazie a diverse pubblicazioni, grazie alle
quali siamo riusciti a ricostruire le sue battaglie sul restauro.
Egli nasce a Taranto, ma compirà gli studi a Napoli, iniziò come aspirante scultore nello
studio di Vicenzo Gemito e si laureerà a Roma con Giovannoni. Lo stretto legame tra la
scuola napoletana e quella romana è dovuto anche al rapporto che vi era tra Giovannoni e
Pane.
Roberto pane nei primi anni di formazione e di architetto militante progetterà alcuni edifici
importanti a napoli, quali la facoltà di economia sul lungo mare a napoli, uno dei frontoni
della galleria vittoria, e alcune chiese, come quella all’interno della mostra d’oltremare.
Già a partire dalla tesi di laurea, Pane incominciò a intraprendere una strada, che era già
stata percorsa e intrapresa da Giovannoni, si laureò sul tema dell’edilizia rurale.
Nel dopoguerra, incomincia a diventare importante l’architettura spontanea della civiltà
contadina ed artigiana. Questo tema lo accompagnerà per tutto il resto della sua esistenza
fino ad arrivare al concetto di “ambiente”.
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Tutta la cherelle su la ricostruzione di santa chira e altri bombardamenti dalla guerra
rientrano nel dibattito nazionale e entra in questi casi l’azione di Pane.
Quello che sappiamo sono saggi che il riguardano il più delle volte aspetti specifici e
generali sempre legati alla storia dell’architettura.
Pane è tra i fautori della ricostruzione di Santa Chiara in quanto chiesa, seguendo le linee
gotiche. Le sue direttive sono:
-ripetere le linee trecentesche
-va riconosciuto che il 700 napoletano, quell’epoca in cui erano state fatte le
superfetuaizoni all’architettura barocca, non aveva raggiunto in S. chiara una delle sue
espressioni più felici l’architetto fa una scelta critica su ciò che è valevole di
conservazione e su ciò che va salvato= restauro critico.
-l’obbiettivo era quello di attribuire una forma estetica a tutto il vasto insieme unità
potenziale.
- giudicare se certi elementi abbiano o no carattere di arte (giudizio soggettivo sull’arte),
perché in caso negativo, ciò che maschera o addirittura offende immagini di vera bellezza
darà del tutto legittimo abolirlo.
-la scelta di un restauro non è un’operazione meramente tecnica, bensì è un atto creativo.
-verrà sempre il momento in cui sarà necessario gettare un ponte.
Tutti questi punti coincidono con i punti proprio del restauro critico.
In merito al ponte vecchio invece dice che non si sarebbe posto allo stesso modo, in
quanto quest’ultimo è l’irriproducibile risultato di accidentali e pittoresche stratificazioni, e
quindi ancora la spontaneità dell’architettura.
L’architettura minore che era stata sempre vista come secondaria, nella sua teoria diventa
di primaria importanza, a tal punto che necessita di una tutela maggiore dei monumenti
stessi.
Continuando con questa teoria, si interrogherà sul significato di opera d’arte. Pane si
rende conto che bisogna superare il problema del restauro solo sulle opere d’arte. Negli
anni napoletani pane frequenterà il gruppo di intellettuali che gravitava attorno a
Benedetto Croce, che ha influenzato la storia e l’ideologia di quegli anni. Croce è quello
che ci dà la distinzione tra poesia e letteratura. Pane riprende questo parallelismo e dice
che come nella poesia c’è un atto di bellezza suprema, dall’altra parte c’è la letteratura,
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per cui anche in architettura c’è il brano poetico ovvero il momento e poi ci sono una serie
di parole, e di piccoli contesti che tutte insieme compongono comunque un’opera d’arte. In
questo modo, facendo il parallelismo che croce aveva fatto sull’arte e la letteratura, ci
legittima a considerare opera d’arte anche il piccolo borghetto, anche il centro storico di
Napoli, che è fatto di un insieme di costruzioni che si sono composte in un certo modo e
che nel loro contesto vanno a creare un ‘pera d’arte. In questo modo ha allargato il campo
della tutela. non sono i pochi monumenti a creare l’ambiente delle nostre antiche città,
ma le tante opere che contribuiscono a determinare un particolare carattere locale. È con
Roberto Pane che si incomincia a parlare del colore delle città, che diventa parte del
carattere delle città. C’è dunque qualcosa che esula la semplice percezione artistica ma
ancora una volta c’è qualcosa che investe la percezione soggettiva dell’uomo data non
solo dai caratteri architettonici del luogo.
Quello che fu realizzato come sappiamo sarà la gettata di cemento e il sacco edilizio degli
anni 70 a Napoli. Pane si battè contro tutti gli ecomostri napoletani ma come possiamo
vedere palazzo Ottieri fu costruito, così come il vomero e il sacco edilizio fu comunque
costruito e oggi su ogni edificio comme quello che egli definisce la muraglia cinese che
chiude via tasso, pane ha scritto delle pubblicazioni che racchiude in un volume “Città
antiche edilizia nuova” in cui ci dice caso per caso in tutte le città italiane cosa intende lui
per inserimento dell’architettura nuova nei centri storici.
Nel 1956, per il piano regolatore di Napoli, incominciò a mettere in campo le sue idee su
Napoli, in quanto sorse un dubbio riguardo al centro storico della città. Ci si chiedeva
quale fosse.
Per cui iniziò a indirizzare i suoi studi sulla definizione del centro storico, e su come
l’edilizia nuova potesse entrare nel centro storico. La prima questione fu quella relativa alla
definizione dei confini del centro storico.
La seconda invece era quella di stabilire che dentro i confini suddetti non sia consentito di
costruire edifici la cui altezza superi quella media degli edifici circostanti.
La terza invece prevedeva l’espropriazione a titolo di pubblica utilità delle private zone
verdi compresi nel centro storico onde impedire che esse vengano sfruttate come suoli
edificatori. E quindi evitare che continuino a sorgere case nell’interno delle antiche insulae.
Nel ’58 pubblicò il suo documento su napoli nel quale attraverso lo strumento della
fotografia incominciò a dare tutti i dati relativi alle sue considerazioni, fino ad arrivare a
dare il progetto del restauro urbanistico del centro storico di napoli che prevedeva una
catalogazione di tutti gli edifici del centro storico, che comprendeva tutti gli edifici che
dovevano essere restaurati, quelli che dovevano essere soggetti ad un diradamento
verticale, o sostituzione edilizia.
Questo documento di conoscenza del centro storico costituisce la prima analisi in assoluto
del centro storico di Napoli.
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Come costruiamo al centro storico? Ma cos’è il centro storico?
Pane propose una differenza, che è stata approvata, tra quello che è il centro storico di
una città e il centro antico.
Il centro antico di una città è quel centro che si è creato sulla parte fondativa della città,
quindi tutta l’area dei decumani e quindi tutta l’area di fondazione della città.
Il centro storico di una città è invece tutta quella parte di città che si è costruito fino alla
seconda guerra mondiale e dunque Vomero, Posillipo sono centro storico della città.
Su questa direzione, Pane si impegnò attivamente per combattere l’abusivismo della città,
utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione anche il cinema, pensiamo al film le mani
sulla città, fu anche regista e vinse il leone d’oro a venezia come migliore documentario
sui contesti napoletani.
All’interno di questo clima culturale e di queste battaglie, nel 1964 si fece il secondo
congresso internazionale degli architetti e tecnici del restauro ( il primo era stato fatto ad
Atene ), che produsse la carta di Venezia che superava ed emendava tutti i quanti i limiti
della carta di Atene e li adeguava al contesto contemporaneo.
L’estensore della carta di Venezia fu proprio Pane. Per questo motivo il restauro è figlio
del contesto italiano.
Il volume che raccoglie tutti gli studi e le tavole e le fotografie del centro storico di Napoli
fatte da Pane è “Il centro antico di Napoli”.
Riguardo Santa Chiara bisogna focalizzare l’attenzione su un punto centrale della teoria di
Pane, il quale fu uno dei più grandi studiosi italiani di Carl yiung, per cui fu influenzato
dalle sue teorie sulla psicanalisi, a tal punto che queste teorie servirono a Pane per
spiegare l’istanza psicologica di un edificio, che invade l’appartenenza delle persone e
quindi il concetto di memoria dell’uomo. E quindi esiste questa terza istanza insieme a
quelle di cesare brandi.
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Con quest’istanza spiega le ricostruzioni del dopoguerra. La sviluppa proprio su santa
chiara in quanto chiesa identitaria napoletana.
Altro testo fondamentale è Campania, la casa e l’albero, in cui ci spiega tutta una serie di
contesti dell’architettura rurale, valorizzando l’architettura minore e ci parla dell’importanza
delle volte in battuto della costiera amalfitana (poca malta e molta pietra) che veniva
messa sulle volte per isolarle. Gli operai dovevano battere con un martelo chiamato
mazzoccola, questo intonaco sulle volte (era una sorta di ghiaia battuta sugli edifici).
L’operazione veniva fatta a ritmo di musica, si tratta dunque di un’espressione popolare,
nonché dell’architettura tradizionale, e quindi espressione di un’architettura sociale.
Altra valorizzazione che ci porta Pane sono i terrazzamenti, in quanto segno dell’uomo su
un paesaggio al fine di rendere coltivabili delle aree che per la loro pendenza non sono
coltivabili.
Per questo motivo vanno tutelati e conservati.
Non esiste un libro scritto da Pane in cui egli espone la sua teoria, bensì l’unico testo che
spiega la sua teoria è “attualità e dialettica del restauro”, libro scritto da un suo allievo
(Mauro Civita) che comprende tutti i suoi articoli e pubblicazioni.
Lezione 16
21/11/2018
IL PROGETTO DI RESTAURO
In che modo le teorie che abbiamo studiato ce le portiamo nel progetto di restauro?
In che modo la distiguibilità ecc entra nel progetto di restauro?
Oggi facciamo una lezione “sommario” che anticipa i concetti che faremo nelle prossime
lezioni.
Ci stiamo rapportando ad un edificio esistente e che dobbiamo conservare e tramandare
ai prossimi, questa è la differenza tra architettura e restauro, sebbene esso sia comunque
un progetto architettonico.
2. Qualsiasi edificio di cui ci stiamo occupando sarà già soggetto a dei piani
urbanistici. Per cui una seconda fase prevede un’analisi di tutti i strumenti
urbanistici applicati sull’edificio per comprendere i vincoli e quindi gli interventi che
possiamo andare a fare. Perché solo gli interventi previsti dai piani regolatori è
possibile attuare. All’interno dei piani regolatori ci sono i piani tematici, come quello
sul paesaggio.
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3. La cosa più importante è andare in sovraintendenza all’ufficio catalogo per capire
se l’edificio è vincolato o meno, questo inciderà su come possiamo agire
sull’edificio.
Esiste un sito “vincoli in rete” in cui possiamo trovare il decreto di vincolo dell’edificio se
questo è vincolato o no.
Questo passaggio è fondamentale perché se non capiamo se l’edificio è vincolato o no
non abbiamo gli elementi per agire.
Se mancano le fonti indirette del progetto, l’altro strumento è l’indagine diretta, attraverso
particolari strumentazioni.
La fase storica ci dovrebbe far vedere come cresce l’edificio. Lo storico p interessato alla
fase iniziale storia dell’edificio mentre il restauratore è interessato all’evoluzione
dell’edificio, e quindi la sua crescita, e quindi gli ampliamenti e le trasformazioni.
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Ad esempio, se c’è una soprafetuazione, se questa è può essere eliminata allora
procedo con la sua eliminazione, ma se questa non può essere eliminata bisogna agire
non sulla causa ma sul suo effetto, e quindi in questo caso se il suo peso grava
sull’edificio, dobbiamo agire rinforzando l’edificio.
Bisogna scoprire la causa, verificare se posso rimuoverla o no e agire sull’effetto.
È inutile agire su entrambi i casi. Devo agire sul minimo intervento.
Tutta questa operazione la vado a fare riportando sui disegni delle piante e dei
prospetti quali sono le lesioni in atto.
Ad un insieme di lesioni corrisponde una causa.
Non posso operare un restauro solo su un piano, dobbiamo sempre considerare il
complesso.
Possiamo ripristinare la continuità muraria attraverso una catenella di mattoni ma
dobbiamo sempre eliminare la causa originaria della lesione, altrimenti quest’ultima si
ripresenterà
La fase che andiamo a fare per capire come proteggere l’edificio dall’acqua prevede
sempre un’indagine di causa ed effetto.
Quello che si raccomanda e ricoprire l’edificio con la cosiddetta scialbatura una sorta di
intonaco che consente di vedere lo stato originario in trasparenza.
Lezione 17
65
22/11/2018
In continuità con quello che ci siamo detti ieri, in cui abbiamo fatto il sommario di cosa
prevede un progetto di restauro, in cui c’è uno stretto contatto tra la causa e il suo effetto,
per comprendere questo contatto è fondamentale conoscere le parti dell’edificio per capire
come funzionano sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista costruttivo, in quanto
a seconda di come sono fatti questi elementi abbiamo diversi tipi di cedimenti.
Partiamo dalle fondazioni e dai terreni di fondazioni, in quanto non ci dobbiamo occupare
soltanto degli aspetti murari, bensì anche dei terreni, perché talvolta è questo che cede,
piuttosto che le fondazioni stesse. Quindi è nostro compito svolgere tutta una serie di
interventi che riguardano le fondazioni ma anche i terreni.
Fondazione:
-Porzione di terreno al di sotto del piano di calpestio
-piano di spiccato
- base fondale.
Il problema delle fondazioni è un problema storico, che ha investito tutti i tipi di costruzioni,
fin dal rinascimento ci si poneva questo problema in maniera empirica, uno dei primi a
parlarne fu Vitruvio, che nel De Architettura ci dà una definizione dicendo: “ si faranno le
fondamenta delle mura in questa maniera: si caverà il terreno fino al suo massimo
possibile fino a quando non troviamo un terreno abbastanza solido su cui poggiare le
fondazioni.”
I trattati rinascimentali, in particolare quello di Palladio ci dice che le dimensioni delle
fondazioni devono essere il doppio dello spessore del muro. Anche lui si pone il problema
del terreno e di eventualmente incrementare la dimensione qualora il terreno sia cedevole.
Nell’architettura storica ci riferiamo ai vari manuali dell’architetto dove ci sono svariate
soluzioni.
Dobbiamo considerare anche la consistenza dei terreni, più è profondo il terreno più
avremo strati maggiormente resistenti.
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Caratteristiche dei terreni:
capacità portante del terreno
profondità dei terreni più resistenti
deformabilità del terreno (compressibili o incompressibili)
terreni compressibili = terre sciolte e argille capacità portante < 1,2 kg/cm2
terreni incompressibili= rocce, pozzolane stratificate, ghiaie capacità portante > 2
kg/cm2
Classificazione tipologica
Le fondazioni possono essere di tipo continuo o discontinuo. In entrambi i casi può aversi
una:
-fondazione diretta trasmette i carichi dell’edificio al terreno per pressione sul piano di
posa. Arrivano a circa 4/5 metri sotto al piano di campagna.
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-fondazioni indiretta= ad esempio i pali, queste fondazioni possono arrivare fino ai 10/11
metri all’interno del terreno.
Altro tipo di fondazione sono le fondazioni profonde a pilastri, è il più frequente a napoli,
perché essendo il suolo di napoli molto stratificato, con cavità diverse, fondazioni di questo
tipo permettevano di far toccare tutti gli strati di terreno a diverse altezze.
Nel caso in cui gli edifici poggiano su roccia vediamo dove finisce l’edificio e dove inizia la
fondazione. Si tratta di fondazioni superficiali dirette e sono le più sicure.
La tecnica più utilizzata era quella dell’armatura a sbadacchio adatta alla messa in
sicurezza di uno scavo per fondazioni continue.
Nel caso in cui il cavo veniva disarmato, all’interno delle fondazioni si formano dei fori, che
altro non sono che le tracce dell’armatura per lo scavo di fondazione.
Altri modi per costruire fondazioni continue sono:
- allargando lo scavo in profondità e riempendolo con una muratura a getto o a sacco.
-costruendo una muratura a parametri
-
Fondazioni a platea
al di sotto del piano di campagna, oltre alla realizzazione della pilastrata normale,
venivano realizzati degli archi in modo tale da indirizzare verso i pali anche le parti di
murature che sorgevano tra i due pilastri, in quanto l’arco tende a scomporre la forza in
una componente verticale e orizzontale.
Per dare una maggiore omogeneità, si creano delle fondazioni in cui c’è un vuoto tra l’arco
superiore e quello inferiore.
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dell’elemento sul palo. Queste palizzate venivano messe sul terreno e collegato alle loro
teste con dei telai.
Su questi pali veniva steso un solaio di travi in legno sopra al quale veniva costruito
l’edificio.
Possiamo avere un cedimento uniforme, nel momento in cui ho un edificio che cede
uniformemente (come la Torre di Pisa) l’edificio funziona ancora.
I cedimenti differenziati sono i più pericolosi, perché determinano un crollo e lesioni
pericolose su tutto quanto l’edificio.
CAUSE:
1. Insufficienza di portanza del terreno originaria
2. Insufficienza di portanza del terreno sopravvenuta
3. Degrado della fondazione stessa o da una deformazione sopravvenuta a causa di
carichi esterni
I cedimenti spontanei sono quasi sempre di tipo franoso, in cui abbiamo l’evento del
crollo.
Nel caso delle fondazioni continue possiamo avere un cedimento centrale, o un cedimento
concentrato ai lati dell’edificio. questi tipi di cedimenti determinano lesioni inclinate a 45°
nel senso della caduta della fondazione. = cedimento fondale (suolo) o fondazionale
(fondazioni).
Come interveniamo?
Non possiamo intervenire se non abbiamo capito la causa dell’effetto.
Interventi di consolidamento
1. Allargamento delle fondazioni= abbiamo così una reazione più adeguata alle forze
che vengono dall’alto.
2. Inserimento di sottofondazioni profonde (micropali e pali radice)
3. Consolidamento del terreno (iniezioni di malte cementizie o resine)
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Partendo dagli interventi sui terreni possiamo andare ad agire in modo tale da modificare
le caratteristiche meccaniche, idrauliche, fisiche (cambiarne la consistenza) o chimiche del
terreno, oppure possiamo andare a inserire nel terreno elementi in modo tale che il terreno
si compatti.
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terreno. Con una pompa all’interno del palo veniva pompata della malta che attraverso
il palo scendeva nel terreno per andare a riempire i vuoti.
Intervento per il Bronzo di Riace, è stata creato una particolare base di fondazione
per il basamento delle statue: ovvero due blocchi di marmo collegati da 4 sfere, per
contrastare l’azione sismica, questa tecnica si è tradotta in architettura con il cosiddetto
Base isolation, che smorza la forza del terremoto.
71
Lezione 18
29/11/2018
Continuiamo il percorso fatto con le fondazioni, saliamo lungo l’edificio per andare a
conoscere quelle che sono le parti costituenti esso.
Parliamo oggi della manifestazione formale dell’edificio, ovvero di quello che guardiamo e
conosciamo anche soltanto a prima vista.
Che vuol dire muratura? Che vuol dire tipi di muratura?
Ci troviamo dinnanzi a paramenti in mattoni più o meno simili, ma con fasi diverse di
costruzione: muratura antica romana, prima muratura di restauro risalente agli anni ’30,
muratura moderna messa in sottosguadro per far distinguere quella nuova da quella antica.
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1. Murature ciclopiche= pezzi di pietra squadrati messi uno sopra all’altro a secco.
2. Murature isodome e pseudoisodome tipiche dell’antichità greca e romana
3. Murature miste e imbottite ascrivibili al magistero dell’antichità romana= quando la
muratura è diventata la sovrapposizione di conci di pietra artificiale con la malta, che
cementa insieme i pezzi di pietra e ci dà la possibilità di creare le più varie tessiture
murarie.
4. Fino ad un certo punto della storia si è costruito con la muratura piena, ad un certo punto i
romani grazie anche all’uso della malta, scoprono la muratura a sacco, era possibile gettare
pezzi di muratura con i cosiddetti diatoni ovvero pietre messe di traverso per collegare la
muratura a sacco.
5. Opus reticulatum, prima muratura antisismica, perché ha i corsi di malta inclinati a 45° per
cui le forze sono plasticizzate dalla malta e quindi la pietra si rompe più lentamente.
A seconda di come la muratura si rompe possiamo dare una causa ed un effetto del dissenso in
atto.
L’osservazione della muratura ci suggerisce quali tipi di forze e di dissensi sono in atto nell’edificio.
Nel momento in cui abbiamo una rottura, non abbiamo una rottura indipendente dall’orditura del
mattone, bensì ci sarà una rottura delle parti dell’edificio più deboli.
Non sempre troviamo edifici con muratura a faccia vista, quindi è necessario capire che tipo di
muratura c’è dietro ad una facciata intonacata.
Mediante i modelli tridimensionali che riportano tutti i carichi che agiscono sugli edifici, si produce
un disegno 3D che in base ad una scala di valori ci dice dove l’edificio è soggetto ai carichi
maggiori.
Per osservare bene tutti i tipi di murature ci sono una serie di strumenti diagnostici attraverso cui
facciamo indagini invasive e non.
Muratura a secco
Come si realizzavano?
Si capì che squadrando i blocchi tutti uguali e producendoli artificialmente, la costruzione della
muratura risultava più facile, attraverso l’assestamento con leva di un blocco lapideo.
Tra i vari conci a confine vi erano dei buchi, all’interno dei quali si inserivano zanche e grappe (di
piombo fuso) di ancoraggio, incastrati a coda di rondine e a doppia coda di rondine.
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NAPOLI: troviamo edifici realizzati in tufo con elementi più sollecitati in piperno, oppure
architetture completamente miste.
Calvi Risolta
Con il tempo, in particolare a Napoli, dopo il terremoto del ’88, si capì che costruire con murature
più complesse e sagomate, con meno malta, fosse una cosa positiva per combattere i terremoti.
Sempre nel ‘700 a seguito degli eventi sismici si è incominciato a costruire in Campania con la
muratura mista.
in India, pezzi di pietra messi uno affianco all’altro con letti di malta. tradizione locale
costruttiva.
La malta ha bisogno di 28 giorni di assestamento, affinché faccia presa, questo perché la malta
perde acqua, e quindi perde di volume.
2. Un’altra famiglia di dissesti sempre dovuti alla tecnica di costruzione delle murature, che
sono dissesti dovuti alla cattiva ammorsatura tra murature (dissesto fisico) , dovuto a
cantieri realizzati in tempi diversi, riprese murarie o diverso comportamento della
muratura. Le cause sono la disomogeneità dei materiali di costruzione, la disomogeneità
delle tessiture murarie, la vetustà dei materiali, l’aumento dei carichi distribuiti.
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3. Le lesioni verticali sono dovute a schiacciamenti.
Altro tipo di dissesto della muratura è quello dello Schiacciamento delle murature, dovuto a
presenza dei carichi localizzati, peso proprio della muratura. Le cause sono insufficiente sezione
trasversale della muratura per difetto progettuale o per successive sottrazioni di materiali, vetustà
dei materiali, aumento dei carichi distribuiti e/o localizzati, cedimenti fondali, apertura dei vani,
difetti di omogeneità delle sezioni reagenti.
3.1 Meccanismo dello schiacciamento: 1. forza gravante sul muro che si manifesta sulla malta
attraverso delle lesioni orizzontali lungo i ricorsi di malta, dopodichè se la forza continua ad
esistere e il muro continua a non riuscirla ad assorbirla più, insieme alle lesioni della malta,
iniziano ad rompersi i conci in corrispondenza dei conci, fino a quando questa rottura dei conci
diventa totale, fino a che il 2.muro si parzializza e non ha più la forza di reagire, in quanto
diventano sezioni snelle e si hanno 3.lesioni verticali , e il muro si rompe.
In presenza di carichi concentrati le lesioni verticali si formano proprio sotto i carichi.
Se il muro è intonacato che succede? Quand’è che vediamo la lesione di schiacciamento?
La prima fase e quella della polverizzazione delle malte tra i giunti orizzontali tra i conci, queste
lesioni sono molto sottile, e di pochissimo incidono sull’abbassamento del muro, ma spesso non
sono visibili.
In caso di intonaco, inseguito allo schiacciamento, l’intonaco si gonfia, pur non essendoci presenza
d’acqua. Quindi se il muro si gonfia, e non c’è acqua, significa che è soggetto alla prima fase di
schiacciamento del muro.
1. Tecnica dello scuci e cuci: è una tecnica che rimuove l’effetto e quindi la lesione,
attraverso ad esempio una catenella di mattoni o cantieri alternati.
2. Qual è può essere una causa ricorrente che possiamo trovare all’interno di un edificio?
È quella della venustà delle murature, questa cosa si è risolta mediante l’iniezione di materiali
consolidanti. Prima del terremoto come materiale di consolidamento si usava il cemento armato.
Oggi per iniezioni consolidanti si intende l’iniezioni di materiali, naturali a base di calce, ma cmq
additivati, ma non si usa più il cemento armato.
Le miscele sono:
acqua+cemento
acqua+cemento+sabbia
acqua+cemento+sabbia+ghiaia
oggi si utilizzano per lo più le resine (poliuretaniche, polisteri)
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ci sono due metodi:
1. Per colo: all’interno della muratura vengono fatti dei fori con i giunti di malta, fori che
devono essere messi con un raggio di azione che è in corrispondenza del raggio centrale, in
cui appunto si fa colare queste miscele. Si fa quindi una maglia di buchi sulla muratura, se
la muratura è molto precaria non si può procedere per colo, ne nelle murature in mattoni,
si fa nelle murature a sacco dove c’è un grande vuoto centrale composto da murature e
materiali coerenti con malta, in cui aggiungere materiali garantisce maggiore resistenza.
2. A pressione, attraverso macchine che con un beccuccio spingono a pressione le miscele
all’interno della muratura fino rifiuto.
6. Intervento di consolidamento sulle colonne e sui pilastri, nel momento in cui sono soggetti
a pressoflessione e quindi ad una forza eccessiva, sono frequenti gli interventi di fasciature
metalliche, attraverso capochiave.
1. Serra Sant Quirico, il campanile della chiesa di santa lucia, per il consolidamento del
campanile si realizzò una struttura reticolare realizzata con nastri di fibra di carbonio
bidirezionale applicate sopra le murature, che reagiscono benissimo a trazione quindi
permette di chiudere l’allargamento verticale dell’edificio, ed evita i cedimenti
differenziati.
Intonacate poi con una sciabatura molto leggera che di fatto denuncia l’intervento fatto.
2. Sistema reticolatus per il rinforzo di murature: la tecnica consiste nella realizzazione di una
ristilatura armata dei giunti di malta, ottenuta attraverso funi in acciaio inox organizzate in
modo sistematico a formare una maglia irregolare continua, capace quindi di adattarsi alle
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murature di pietrame. Le funi (trefori) sono collegate tramite dei perni all’altra parte della
muratura e nei giunti che si formano si inserisce la nuova malta.
Lezione 19
5/12/2018
ELEMENTI LIGNEI
Avendo fatto fino ad ora fondazioni dell’edificio e i muri in elevazione, analizziamo ora gli
orizzontamenti, ovvero i solai e le coperture che sono fondamentali dal punto di vista
strutturale in quanto chiudono la scatola muraria evitando gli spanciamenti.
Quando parliamo di orizzontamenti il più delle volte parliamo di orizzontamenti lignei, in
quanto la maggior parte dei solai nell’architettura storica sono in legno. Il tipico solaio
napoletano è quello realizzato con travi di legno su cui poi veniva gettato il magrone.
Studiamo quindi adesso il legno, che ha delle sue specifiche forme di dissesto e degrado,
così come delle sue specifiche forme di assestamento.
La cosa piu importante dei elementi lignei, sono le loro connessioni, ovvero di come si
connette alla parete e di come si connette a formare diversi elementi del solaio che
reagiscono a forze diverse.
La forma piu diffusa di copertura in legno è la capriata, utilizzata gia dal medioevo. Consiste
in un elemento ligneo semplificato in quanto divenuto essenziale, in quanto ad ogni
elemento è deputato il compito di sopportare gli sforzi.
Tipi di capriate:
-capriata zoppa con controcatena per luci di m 4
-capriata di tipo palladiano conveniente per luci di m 8-15 (elemento orizzontale= catena a
cui è deputata la risposta alle azioni di trazione dovute all’allargamento della scatola
muraria; il problema della palladiana è quello di dover reggere le falde del tetto, per
questo motivo ci sono i due puntoni, ovvero i due elementi inclinati che poggiano sulla
catena, i due puntoni sono legati dal cosiddetto monaco che ha lo scopo di assorbire gli
sforzi dei puntoni, in caso di lunghezze eccessive ai due puntoni si legano i cosiddetti
contraffissi che congiungono il monaco con i puntoni. Il nodo tra il monaco e la catena è
fondamentale, è fatto con una staffa di ferro ad U, che tiene allineato il monaco con la
catena per evitare sforzi di flessione della capriata. Se il monaco poggia sulla catena, e
quindi il nodo dei due contraforti passa per la catena siamo in presenza di una trave
reticolare, nella capriata il monaco non tocca la catena se non con una staffa che serve per
non far slittare avanti e dietro la capriata.
-capriata semplice per luci di m 5-7
-Capriata composta per luci di m 12-15 = capriate semplici con più catene che reagiscono a
trazione.
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I nodi e le giunture degli elementi in legno sono all’interno del punto di incrocio tra
muratura e catena, ovvero all’interno dello spessore murario, in mezzeria del muro.
Al di sotto della catena e dei puntoni dove la capriata tocca la muratura c’è un elmento che
viene detto cuscinetto che fa da filtro tra la muratura e l’elemento ligneo per evitare
lesioni verticali da schiacciamento.
Con il tempo, l’elemento capriata è stato migliorato, sono stati introdotti elementi metallici
all’interno dell elemento ligneo per poter tenere insieme i diversi elementi. Alla fine
dell’800 con l’ introduzione del ferro nelle costruzioni, nelle capriate gli elmenti che
reagiscono a trazioni sono stati sostituiti con il ferro, e quindi la catena e le saette della
catena sono in ferro, questo però fa si che la capriata funzioni più come trave reticolare
che come capriata. (capriata polonsò)
- Palazzo Chigi all’Ariccia, Roma, nei giunti delle parti che si toccano vi sono connessioni
ben studiate che non vanno rimosse, bensì è necessario salvaguardale e proteggerle.
Una parte importante delle strutture lignee sono le connessioni, pero spesso avviene che
queste connessioni sono necessarie, non nei nodi, bensì all’interno degli elementi stessi,
qualora ad esempio di necessita di un puntone più lungo degli elementi che si trovano in
natura, o per motivi legati al consolidamento, per ripristinare la lunghezza originaria
dell’elemento. (come giunto a trazione a dente obliquo, giunto con biette, giunto a dente
semplice, giunto a doppio dente)
Questi giunti sono presenti anche all’interno nel manuale de rerum aedificatoria di alberti,
qesto per capire quanto sono antichi.
Casi molto particolari, sono quelli in cui la trave stessa del solaio è un elemento decorativo
in quanto essa stessa decorata e lavorata tanto da diventare un elemento di pregio.
78
Nel legno è importantissimo andare a fare una giusta diagnosi di che tipo di dissesto è in
atto.
La più opportuna azione è quello di battere sul legno, per vedere se la trave è vuota o
meno, se è vuota questo è dovuto all’azione degli insetti xilofagi che mangiano all’interno il
legno.
Ci sono delle cause che sono dovute al fatto che il legno non è idrorepellente, il legno
assorbe l’acqua, uno dei suoi piu grandi nemici, la presenza dell’acqua all’interno del legno
crea il fenomeno della carie, per cui il legno marcisce e quindi tutta la sua carica viene a
mancare, perdendo la sua forza.
Ci sono poi degli elementi che sono fisologici del legno ovvero le cosiddette cipollature o le
fessurazioni ramificate o radiali. Il legno presenta delle tipiche venature che ci fanno dire
che il legno è un elemento anisotropo per cui reagisce verso determinate direzioni, non
come il c.a. il legno presenta reazioni longiutudinali rispetto al lato lungo che dunque
reagisce a trazione, quindi alla lunghezza corrispondente del tronco. Se il legno non è stato
sottoposto a dei processi di stagionatura, il legno presenta delle fessurazioni naturali
dell’elemento che pertanto non permettono il suo utilizzo in ambito edilizio.
Le cosiddette cipolle sono degli elementi puntiformi che crescono all’interno del troco ma
che non sono ammalgamati a questo e quindi potrebbero creare dei vuoti che abbassano la
resistenza, qualora dovessero questi venire a mancare
Il legno è inoltre un elemento infiammabile.
Come si interviene ?
Il primo passo per operare in qualsiasi intervento di consolidamento è il rilievo, un rilievo
fedele allo stato di fatto, in cui evidenzio tutti gli elementi e i loro degradi.
Questo tipo di rilievo prevede prospetto e sezioni degli elementi compreso il rilievo del
degrado di questi.
Questo vale anche per gli elementi non strutturali.
Va fatta poi una campagna di indagini, dapprima attraverso i 5 sensi, quindi attraverso il
sopralluogo diretto e poi con una strumentazione adeguata, ad esempio attraverso
l’estrazione di carotine mediante la trivella incrementata.
Ci sono tutta una serie di strumentazioni non invasive, che non prevedono l’esportazione di
materiale, come strumenti di misurazione geometrica, ad esempio la misurazione del
diametro di una cipolla, o strumenti per la valutazione della durezza dinamica: il Pilodyn.
Sono elementi lignei anche i solai. Un tipico solaio ligneo, è formato tra una trave
principale, sopra l’orditura principale ci sono le cosiddette pianelle ( in napoletano sono
dette le chianchiarelle) che sostituiscono l orditura secondaria, sopra queste viene messe o
una terza orditura o viene gettato il magrone, poi c’è un getto di malta piu sottile e poi
viene posto il pavimento sopra.
Il degrado dove avviene?
Dobbiamo capire se avviene sulla trave principale, o su quella secondaria e su gli elementi
laterali su cui poggia.
Consolidamento delle travi principali di un solaio ligneo:
Per poter aumentare la resistenza del solaio si introducono le cosiddette travi di
irrigidimento( a destra e sinistra della trave principale a cui sono connessi attraverso un
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chiodi), o le travi lamellari, (legno prodotto in laboratorio) con cui si fa lo stesso tipo di
intervento per cui lo si fa collaborare all’elemento esistente.
Se si vuole evitare di sporcare la trave per ragioni di venustà, si può intervenire all’interno
della trave stessa, in cui si mette una lamiera di acciaio, che assorbe le forze a cui è
deputato l’elemento ligneo per cui lavora. Questo intervento pero necessita di aprire il
pavimento, oppure necessita di rimuovere la trave stessa e poi rimetterla dopo l’aggiunto
della lamiera, al suo posto.
Su questa scia, sono stati creati i connettori a secco( a forma di V rovescia) , per cui si opera
all’estradosso, si rimuove il pavimento e si mettono questi elementi che vengono attaccati
da sopra alla trave e vengono resi solidali con una rete elettrosaldata sul solaio.
Questo permette di non agire sull’intradosso del solaio.
Ci sono poi tutta una serie di tecniche di intervento che rispondono ad un altro tipo di
degrado, che sono la marsiscensa delle testate delle travi.
Per conservare la trave esistente si sostituisce la testata della trave, ovvero si sostituisce
solo la parte marcita che entra dentro il muro, è importante che la testata ricostruita sia
bene ancorata a quella esistente, mediante tutti quei tipi di nodi che abbiamo visto prima.
Tra trave e muro è necessario lasciare un cavedio per far circolare l’aria che fa in modo che
l’acqua evapori e non entri in contatto con il legno.
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Le forme di degrado piu diffuse sono: (senti nota)
Lezione 20
6/12/2018
RESTAURO ED ARCHEOLOGIA
TECNICHE COSTRUTTIVE, DISSESTI DEGRADI E RESTAURI A POMPEI
Pompei viene riscoperta alla fine dell’700. Si è sempre saputo che Pompei era una citta
sepolta, lo sappiamo già a partire da Plinio il vecchio.
Alla fine dell’700 si inizia questa campagna di scavo, inziano ad uscire fuori i primi
suppellettili che hanno lo scopo di arricchire il museo archeologico di napoli, voluto per
volontà dei borbone.
Come funzionava il cantiere storico a pompei?
La riscoperta di pompei ha favorito anche le connessioni urbane della città con napoli, in
particolare a metà 800 si inizia a non fare piu un’opera esclusivamente di spoglio, si inizia a
capire che pompei non è una singola casa, bensì è una città, si iniziano così a dare un certo
tipo di regolamento per scavare. Si inizia a vedere pompei come una città.
L’organizzazione del cantiere era molto rigida e che rispecchia quella attuale: sul cantiere
c’è il capo cantiere che gestisce la squadra degli operai che seguono i dettami del
capocantiere. A pomepi oltre a questi c’era il mastro aiutante fabbricatore, il restauratore
di affreschi.
Si iniziano a fare in questo periodo le prime opere di restauro Travignini compì le prime
opere di restauration riconfigurando lo stato iniziale della casa. Si riunisce una commisione
voluta dai borboni che studi ala casa ideale pompeiana, che si attribuisce alla casa del
poeta tragico, quindi la casa con l atrium, il triclinum ecc. tutti gli ambienti tipici della casa
romana.
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Questa commissione fece un restauro ed esami sulla percussione dei muri, che risultarono
molto solidi.
Si iniziarono così a fare i primi plastici, quello della casa del poeta tragico e quello degli
scavi di pomepi furono fatti in in sughero.
La casa del poeta tragico viene ripresa in molteplici rappresentazioni modellistiche dove
viene ripresa anche al decorazione e il colore, tutto in scala.
Parliamo ora dei problemi conservativi con cui ci troviamo a scontrarci tutti i giorni:
Amedeo Maiuri
Molti di questi interventi sono anche post-guerra, con materiali plastici, e nuovi materiali
sperimentali.
Solaio in laterocemento
Altri problemi: intervento di consolidamento dell’intonaco con le grappe in piombo
romane lasciate in opera. segno di un intervento storico e storicizzato che quindi
lasciamo.
Prima dell eruzione dell 79 a pompei nel 62 ci fu un terremoto per questo molte case
ritrovate erano in uno stato non finito, a causa dei numerosi danni.
Per cui gia furono fatti interventi di consolidamento da parte dei romani stessi.
Altri interventi di consolidamento sono fatti con le cosiddette biffe in ferro a forma di
farfalla, per il consolidamento dell’intonaco. Queste biffe con il tempo si sono ossidate, per
cui gli interventi di restauro successivi sono stati fatti sullo stato di ossidazione.
L inserimento delle biffe romano provocò delle linee di tensione che causarono lesioni.
In questo caso, essendo lesioni storiche, che cosa si fa? Si deve fermare il degrado, per cui
come si interviene? Vado a stuccare le lesioni, per bloccare il degrado, lasciando cmq
evidente il segno del consolidamento storico.
La linea di sutura e superficie di sacrificio : intervento del dopo guerra da amedeo maiuri
C’è bisogno di fare un’integrazione, perché il muro ha bisogno della superficie di sacrificio,
che serve a preservare quella romana.
In base alla carta di atena del 31 che diceva che gli interventi dovevano essere distinguibili,
nel 45 maiuri si pone il problema della distinguibilità.
Amedeo maiuri risolve il problema con la linea di sutura una linea netta di demarcazione
tra la parte antica e quella contemporanea.
È più facile capire se erano intonacati gli interni che gli esterni, perche in quest’ultimo caso
facevano una sorta di intervento di impermeabilizzazione. Prendevano dei cocci di laterizio
e li incastravano nella malta, successivamente li intonacavano. Questo intervento veniva
fatto alla base dell’edificio, come se fosse un pannello impermeabile.
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Il problema è che il lapillo è un materiale sciolto. Qando cade anche solo un pezzettino di
lapillo si puo avere un collasso, spesso avviene quando dietro c’è qualche struttura.
L erosione della pietra, che è un degrado della pietra in se, genera un dissesto dell’intero
paramento murario.
Problema delle colonne: molte colonne devono essere messe in “messa sicurezza”, ovvero
si evita che le cose cadano, ma non si va a restaurare l’elemento.
Come si fa la malta?
La malta si fa in diversi modi. Uno di questi è la malta fibrorinforzata con le fibre di vetro,
ma che si sfioccano, per cui all’interno viene utilizzato questo metodo, sulla parte esterna e
visibile viene utilizzata una malta tradizionale. (istanza estetica).
La lamina di piombo viene messa ad una certa altezza per evitare l’umidità di risalita.
Lezione 21
12/12/2018
Continuiamo l’analisi degli elementi costruttivi di un edificio storico, per capire come sono
costruiti, come si dissestano e come si interviene.
Oggi parliamo di archi e volte. Perché ne parliamo così espressamente, pur essendo degli
orizzontamenti? Ne parliamo perché l’altra volta abbiamo parlato di orizzontamenti lignei,
che hanno altre funzioni e altre tecniche di consolidamento.
Che cos’è un arco? La definizione più bella e antica è quella di Leonardo da Vinci che ci
parla di arco come due parti indipendenti ciascuna delle quali da sola tenderebbe a cadere,
nel momento in cui si incontrano l’una e l’altra si convertono in una unica fortezza.
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L’arco è inoltre qualcosa che esiste in natura per la forza di gravità perché ogni qual volta
una conformazione rocciosa perde il suo sostegno, la sua fondazione, la rottura che si viene
a creare all’interno della pietra e della struttura è una struttura a forma di arco perciò
esiste da sempre. Ciò che è stato notato da chi si occupa di costruzioni è che questa cosa
avviene ogni volte che c’è un cedimento murario, la rottura che si forma sul muro è a
forma di arco, infatti se ad esempio l’architrave cede, il muro che sta sopra tende a cadere
e a rompersi generando un arco definito “ arco naturale”, ciò nonostante l’edificio non
cade, questo perché le forze che sottendono un vuoto tendono ad andare verso le parti
solide dell’edificio e quindi la parte al di sopra dell’architrave è scarica. Questo è alla base
di tutta la produzione di una certa architettura prima della scoperta dell’arco, che è una
scoperta forse etrusca, sicuramente romana, infatti i greci costruivano con il sistema
trilitico e avevano già intuito questo fenomeno. Nell’arte micenea tutta quella produzione
che sottintendeva l’architrave era lasciato vuoto o scarico o veniva decorato, non
contribuiva alla statica dell’edificio. si era capito che se si voleva chiudere gli ambienti, è
possibile ruotare questo sistema nello spazio e ottenendo così degli ambienti pseudo
voltati.
Quello che però molti avevano già intuito è che se i conci di un architrave venivano
sagomati e chiusi con un concio, l’architrave si reggeva comunque.
La piattabanda è un arco perché staticamente lavora come quest’ultimo.
Quando poi si è giunti alla scoperta dell’arco, i romani lo hanno coniugato nelle forme più
disparate.
Elementi:
l’arco è formato da una serie di conci tenuti insieme da un concio centrale detto concio di
chiave. I conci poggiano su due piedritti. La distanza tra i due piedritti è detta luce, la
distanza tra il piano di imposta e l’intradosso è detta freccia. L’elemento inclinato di 30°
rispetto al. Piano di imposta si definisce sezione alle reni.
In baso al rapporto tra freccia e luce abbiamo tutti gli archi della storia dell’architettura:
- F= ½ l arco a tutto sesto
- F/1/2 l < 1 arco a sesto ribbassato
-F/1/2 l > 1 arco a sesto acuto
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Siccome abbiamo detto che l’arco è un elemento che entra in azione quando tutti gli
elementi sono in compressione, durante la costruzione le forze non sono ancora in atto per
questo motivo è necessario avere un sostegno su cui si costruisce. Si tratta della cosiddetta
centina, un’impalcatura in legno sulla quale poggiano tutti i vari conci sul suo estradosso e
messo il concio di chiave si disarma. Il disarmo non è molto semplice, alcune volte questa
struttura veniva poggiata su sacchetti di sabbia che venivano piano piano svuotati per cui la
centina scendeva e se l’arco entrava in funzione, la centina si staccava dall’intradosso
dell’arco.
I piedritti e le imposte:
l’imposta geometrica è il punto in cui finisce il rettilineo dei piedritti e inizia la curva
dell’arco che fino a 30° non si comporta come un arco, bensì risponde al comportamento
strutturale dei piedritti.
A noi quello che ci interessa è la cosiddetta imposta reale e/o sezione alle reni (ovvero
quella posta a 30° dall’imposta geometrica), a partire da questa, quindi da 30° in poi
valgono le condizioni di compressione.
Quando l’arco cade ciò significa che le condizioni dell’arco non sono tali, e rimane in opere
la parte che reagisce a sforzo normale e ciò vale per tutte le tipologie di arco, naturali o
costruite dall’uomo. Se ci sono delle deroghe a questo, significa che il comportamento non
era effettivamente ad arco.
Altro elemento fondamentale, legato alle condizioni di vincolo, è il dimensionamento dei
piedritti, e quindi capire quanto il piedritto è in grado di assorbire gli sforzi inclinati
provenienti dall’alto. Leonardo da Vinci dice che l’arco non si romperà e la corda dell’arco i
fuori non toccherà l’arco di dentro. Ha anticipato il concetto di poligonale delle forze.
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Quando analizziamo un arco la prima cosa da vedere è dov’è la lesione, se la troviamo
in chiave ciò significa che il peso sta sopra. Se è ai reni il peso non è sopra, bensì ai lati.
Abbiamo detto che l’arco vive perché ha tutte le sezioni in cui vi sono forze di compressione, nel
momento in cui ci sono forze di trazione all’interno della sezione l’arco si rompe.
Come nascono queste forze di trazione?
L’arco deve rispondere a 4 condizioni di stabilità:
- verifica al ribaltamento
-verifica allo slittamento
- verifica allo schiacciamento
-la curva delle pressioni deve essere contenuta all’interno del terzo medio.
Verifica al ribaltamento= Se in tutti i conci dell’arco, che hanno una sezione rettangolare, se la
forza che un concio trasmette ad un altro, si trova all’interno del nocciolo d’inerzia, ovvero al
baricentro, significa che l’elemento è soggetto tutto a compressione, se invece la sezione si trova
sul bordo del nocciolo d’inerzia, parte la sezione è sottoposta a compressione ma c’è un punto
nullo. Se invece la sezione è all’esterno del nocciolo, una parte sarà tesa e un’altra compressa, e
quindi la parte tesa si rompe.
Verifica allo slittamento= se due conci contigui hanno il loro punto di attacco in direzione delle
forze che provengono dall’alto, significa che essi se non sono adeguatamente contrastati,
tenderanno a scivolare. La risultante delle forze non deve essere parallela ai giunti dei conci
motivo per cui esse sono radiali e non tutti paralleli.
Curva delle pressioni= dimostrata nel 800 da mery che ha osservato che il comportamento
dell’arco parte dai 30° fino ai 90° perché dall’altra parte ci ha riportato la risultante delle forze che
si compenetrano nella porzione di arco che si va a ricostruire con una poligonale, e se questa che è
la risultante di tutte le forze provenienti da sinistra a da sopra, è contenuta nel terzo medio ( che
sarebbe l’arco diviso 3) l’arco sarà soggetto a forza di compressione e reggerà. La risultante delle
forze andrà a scaricare poi sul piedritto.
In tutti i casi in cui abbiamo abbassamento delle volte o innalzamento delle reni significa che ci
sono delle forze abbondanti o meno abbondanti che spostano la poligonale al di fuori del terzo
medio.
Volte in muratura
Non sono altro che archi composti, abbiamo infatti volte semplici e volte composte. La volta a
botte una volta in cui l’arco trasla seconda una direzione.
Anche per volte vale la stessa modalità costruttiva e quindi l’uso di centine.
Quello che cambia è la presenza del cosiddetto rinfianco, ovvero elementi che gravano sulle reni,
per cui se questo è troppo pesante può verificarsi il fenomeno dell’abbassamento delle reni e
innalzamento della volta.
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- schiacciamento
-scorrimento del piano di posa
-..
Come si procede?
1. Analisi
2. Rilievo accurato della struttura ad arco
3. Rilievo del quadro fessurativo in sezione e in pianta
4. Individuazione della tipologia di dissesto, quindi della causa e dell’effetto.
L’elemento classico per consolidare archi e volte sono presidi di tipo attivo o passivo, iprimi sono
quelli che servono a tenere la volta su, sono di tipo passivo quelli che entrano in atto quando il
cedimento va avanti. La maggior parte degli edifici storici, il consolidamento più classico per lo
schiacciamento delle volte è la catena. L’elemento catena(presidio attivo e/o passivo, a seconda di
come chiudiamo il capochiave, che può essere avvitato all’edificio, o non avvitato all’edificio, per
cui se l’edificio cade, la catena diventa presidio attivo) (la catena va messo sull’imposta reale) ( le
catena vanno messe quando c’è un abbassamento della chiave ed un innalzamento delle reni) è
un elemento in ferro, che agisce bene a trazione a differenze dall’arco, oppure un altro elemento
molto più invasivo è il contrafforte cioè va inserita una porzione di un muro che controbilancia
l’elemento orizzontale generato dall’arco e ci consente di tenere fermo l’arco e non farlo cadere.
Altro è lo sperone,( come nel Colosseo) che è un consolidamento passivo.
L’obiettivo è quello di fare in modo che attraverso la gestione delle forze la curva delle pressioni
rientri nel terzo medio.
Un altro sistema di consolidamento è quello di collegare bene i conci con le cosiddette grappe di
collegamento, questo intervento si fa in caso in cui i conci non reggono più, perché se non fosse
così l’arco si lesiona nell’elemento concio.
Il corrispondente della catena, all’interno delle cupole è la cosiddetta cerchiatura, che si adopera
nel caso di lesioni da compressione, si tratta di un elemento in ferro che circonda tutta la base
della cupola affinchè vengano contenute tutte le forze che spingono verso l’esterno.
Un intervento più moderno è quello con i trefoli, ovvero corde in acciaio.
La particolarità della volta è avere il rinfianco, in passato per consolidare le volte soggette a peso,
si svuotava il pavimento si liberavano i rinfianchi e si mettevano i frenelli che reggevano il
pavimento sopra.
Un altro intervento è quello fatto con l’inserimento di iniezioni armate.
Altro intervento è quello della cappa armata, che prevede la sostituzione della volta con una volta
in cemento armato che risponde a leggi diverse dall’arco e a quelle dell’edificio. (NON è MOLTO
EFFICIENTE, OGGI NON SI USA Più)
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Allo stesso modo oggi si utilizzano le reti di tessuto o in materiali polimero per sostituire le cappe
di cemento armato.
Questo perché il consolidamento di archi e volte deve mirare ad evitare gli sforzi di trazione.
Un altro sistema è quello di ripristinare la poligonale delle forze con elementi inchiodati agli archi e
mediante la calibrazione di essi riesce a riportare l’arco
Lezione 22
13/12/2018
Diverse tipologie di umidità; tecniche per intervenire per evitare che l’acqua ristagni nell’edificio:
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vento come in presenza di edifici vicino al mare. (pensiamo alla chiesa dell’assunta a mare,
a Pozzuoli). Spesso troviamo evidenti problemi di umidità derivanti non da una precisa
causa di risalita ma è appunto una causa ambientale perché l’acqua è che si trova
all’interno dell’edificio.
In presenza di un terrazzo è possibile che si crei un punto al di sotto di questo in cui l’acqua
ristagna, anche in questo caso, seppure l’acqua risale di 1 m, lo consideriamo sempre una
causa ambientale, in quanto non è un problema di acqua nel terreno.
METODOLOGIA DI INDAGINE
1. Analisi visiva dell’oggetto
2. Individuazione degli effetti
3. Individuazione delle cause
4. Indagini strumentali
5. Verifica
6. Intervento
Le cause dell’umidità:
-umidità accidentale
-umidità dovuta alla pioggia
-umidità di risalita
DIAGNOSI STRUMENTALE
È la termografia, si tratta di una macchina a raggi uv che si proietta sulla parete che deve essere
irraggiata o dal solo o dal un raggio di luce artificiale. La termografia ci dà una risposta che si legge
su uno spettro di colori e in base alla temperatura che abbiamo impostato e che è quella
ambiente, riusciremo a riconoscere nelle parti più fredde quelle bagnate. Ovviamente è
un’indagine non invasiva, non toccando neanche il muro.
Attraverso questa tecnica capiamo sempre la differenza di materiale, infatti ognuno di questi avrà
una risposta diversa di calore. (e quindi un colore diverso)
È un’indagine assolutamente valida e qualitativa.
Altri strumenti, più quantitativi, che ci danno la misura e la quantità precisa dell’acqua all’interno
della parete, sono:
- misuratore elettronico di umidità: che produce un diagramma
-identificazione dei Sali nei punti in cui l’acqua tende ad uscire si producono delle fluorescenze,
che sono dei Sali che si studiano per capire il PH.
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L’intervento più antico per risolvere l’umidità di risalita è quello dell’areazione della muratura
attraverso i Sifoni. Qual è l’obbiettivo? È quello di fare dei fori all’interno della parete a circa 20, 30
c dalla base in cui vengono inseriti questi sifoni che devono convogliare l’acqua e mandarla vero
l’esterno. Sono degli elementi ceramici, di laterizio che si inseriscono nelle carote fatte lungo la
fondazione dell’edificio, si inseriscono con la malta e siccome il laterizio è poroso, l’acqua entra nei
sifoni e ciò permette il passaggio dell’aria e quindi l’acqua evapora.
Altre tecniche più moderne si basano sui principi elettrosmotici dell’acqua, essendo formata da
idrogene e ossigeno, ed il principio è creare un campo elettromagnetico, in particolare due catodi
caricato uno + e uno – in modo tale che l’acqua si disgrega, venendo annullata. È un intervento
che prevede l’utilizzo della corrente. La particella dell’acqua si disgrega e il muro diventa di nuovo
asciutto.
Un altro intervento con lo stesso principio prevede il caricamento di un solo catodo che non
disgrega la particella d’acqua ma la attira soltanto portandola verso l’esterno.
La tecnica più banale che ripete quello dei sifoni è quella di segare il muro con un’elettrosega e
inserire all’interno del muro o una barriera chimica cioè un inserto di materiale impermeabile
chimico che blocca l’acqua e non la fa arrivare alle parti alte del muro o con un materiale naturale
che è il piombo.
La controindicazione di questo tipo di intervento è il fatto che si tratta di un intervento invasivo
perchè andiamo a separare la fondazione dalla muratura.
Dove va l’acqua?
La stiamo allontanando dal perimetro dell’edificio, ma l’acqua potrebbe essere presente anche
sotto i pavimenti e non solo nelle murature.
Per questo motivo vi sono altre tecniche che lavorano sui solai. La tecnica più diffusa è quella di
ripulire il massetto e di inserire dei muretti all’interno del pacchetto del pavimento, creando così
dei passaggi d’aria all’interno di esso.
Questa cosa ha portato alla creazione industriale del cosiddetto igloo, che svolge l’azione di
poggiare sul suolo, allontanando la posa del pavimento dell’edificio dal suolo, creando una
reazione al di sotto del pavimento che ha poi esce all’esterno attraverso delle bocchette.
Nei casi in cui è possibile farlo (in particolare nei casi di terreni molto bagnati) e nei casi in cui
l’umidità è troppa, si ricorre a quella che è l’intercapedine areata, per cui si agisce sul terreno e
sulla fondazione, si crea uno scannafosso, che si chiude poi in superfice con una griglia. Così
facendo facciamo in modo che l’acqua risale comunque di 1 m, ma lo fa all’interno delle
fondazioni, così che quando deve evaporare lo fa ma alla base dell’edificio.
Si realizza un vero e proprio cavo, si raggiunge la fondazione, e nel cavedio si inseriscono gli
impianti e i sistemi di areazione.
L’ultima soluzione ritrovata in materia di soluzione per l’umidità, è il cosiddetto Domodry, si tratta
di un dispositivo di diverse grandezze a seconda del raggio che deve coprire, che funziona con lo
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stesso principio dell’elettrosmosi, ma che riesce a creare una sorta di campo elettromagnetico, per
cui il sistema dell’elettrosmosi funziona come una sorta di sfera all’interno dell’edificio, che riesce
ad impedire la risalita dell’acqua, oltre che agisce anche sull’umidità ambientale e di condensa
all’interno della casa.
Lezione 23
19/12/2018
Lezione 24
20/12/2018
Facciamo un breve excursus su aspetti che rientrano in quel che riguarda il restauro, si tratta di
aspetti applicativi che è importante conoscere.
Affrontiamo principi fondamentali di adeguamento e messa a norma degli edifici storici. Abbiamo
detto che il nostro obiettivo è quello di conservare gli edifici storici, ma per garantire la loro
conservazione dobbiamo utilizzarli adattandoli alle normative attuali.
In generale le normative attuali per l’utilizzo degli edifici sono 3:
1. Normativa sismica
2. Normativa antincendio
3. Normativa superamento barriere architettoniche negli edifici di interesse storico artistico.
La normativa a rischio sismico attualmente in vigore in Italia, risponde per gli edifici storici a due
disposizioni:
- linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale
- le norme tecniche per le costruzioni (è una legge).
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2. Progetto di danno: esame del quadro fessurativo, esame delle forme di vulnerabilità
specifiche, individuazione dei possibili meccanismi di collasso ..
La maggior parte degli edifici storici che studiamo sono soggetti al pericolo d’incendio, perché
presentano la maggior parte solai lignei.
La legge che contiene le norme antincendio è il D.P.R. 1 AGOSTO 2011, n. 151- Allegato 1, che
presenta un elenco delle attività soggette alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi.
Con il numero 72 rientrano gli edifici soggetti a tutela. Mentre per i beni vincolati aperti al
pubblico rimanda alla normativa, che è D.M 30 Novembre 1983, D.M BENI CULTURALI E
AMBIENTALI N.569 DEL 92 ( per i musei e i luoghi di esposizione), e il DPR 30/6/1995 N 418 per
biblioteche e archivi.
Ad esempio: porte antincendio REI 120, significa che la porta resiste al fuoco, tiene il fuoco, e isola
il fuoco per 120 minuti.
All’interno di un edificio dobbiamo individuare dei comportamenti, cioè degli ambienti, che in
qualche modo hanno un comportamento al fuoco omogeneo, ad esempio all’interno di un edificio
storico localizzo un albergo, che avrà al piano terra il comparto hall accoglienza, in cui vi sono
elementi e funzioni che reagisco al fuori tutti allo stesso modo, nel retro dell’albergo avrò il
ristorante, che reagisce al fuoco in maniera diversa dalla hall.
Questi ambienti che hanno un comportamento omogeneo al fuoco vengono definiti comparti,
diversi compartimenti per legge devono essere divisi tra di loro da porte REI 120, è inutile mettere
le porte antincendio in comparti uguali perché il rischio sismico è lo stesso.
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VIE DI FUGA
Esempio: Pantheon di Roma, aula di 43 m di diametro, numero minimo di persone 1000, porta
d’ingresso 1.5, che facciamo? Si limita l’ingresso delle persone. Quindi è l’edificio che “comanda”.
dispositivi antincendio
Un’altra cosa da prevedere è dove andare a posizionare i dispositivi antincendio, quindi gli
estintori, di cui esistono diversi tipi, per cui ad esempio all’interno dei musei possono essere
utilizzati solo gli estintori a polvere.
SCALE- TIPOLOGIE
Le scale funzionano come camino, e sono fondamentali perché la normativa richiede anche per
gli edifici storici che ci siano almeno 2 scale distanti. Per cui il più delle volte si decide di
costruire una scala esterna, che diventa così uno spazio sicuro dinamico.
Ad esempio, la scala antincendio più corretta è quella del Castello di Rivoli a Torino.
Altro esempio è la scala del Palazzo della Ragione a Milano.
Documento fondamentale sono sempre le linee guida per il superamento delle barriere
architettoniche, ovvero aprire l’edificio a qualsiasi tipo di disabilità: un non vedente, una donna
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incinta che può essere considerata una disabilità temporanea. Il concetto di disabilità è stato
ormai ampliato ed è entrato nel mondo del restauro, perché progettare un sistema per il
superamento delle barriere architettoniche che riguarda tutte le disabilità significa intervenire
sull’edificio.
Qual è la problematica?
La sfida nostra deve essere inserire dei dispositivi all’interno dell’edificio che non siano locali, ma
che siano dispositivi per tutti.
La filosofia culturale deve essere quella di prevedere dei dispositivi e delle soluzioni
architettoniche che siano uguali per tutti.
(pensiamo al Reina Sofia di Madrid, o alla scala elicoidale con l’ascensore del Louvre di Parigi)
Libri
1. Carbonare pdf materiale didattico
2. I due libri
3. Progetto di restauro = Aveta
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4. Tecnologie=Fiorati
5. Carte del restauro
Date di esame:
martedì 15 gennaio ore 10.00
martedì 19 febbraio ore 10.00
raccomandazione:
-responsabilità nell’operare
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