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Dal Museo alla citt

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IL TEMPIO ROMANO

I reperti esposti nella sala provengono dallarea della chiesa cattedrale intitolata
a Santa Maria Assunta. Ledificio ingloba e riutilizza un tempio la cui costruzione
si fa tradizionalmente risalire alla fine del IV secolo a.C., in concomitanza della deduzione coloniale del 303 a.C., ma che invece dovrebbe risalire ad un periodo
compreso fra la met del III ed la prima met del II secolo a. C. sulla base dei confronti strutturali e delle associazioni degli arredi sacri rinvenuti nelle due campagne di scavo condotte alla fine degli anni 70, dopo il rinvenimento fortuito di
parte del podio nei locali adibiti a caldaia sottostanti la sacrestia; del resto, gi in
passato la tradizione locale e le fonti letterarie attestavano la presenza di una struttura templare preesistente sotto la chiesa, costruita secondo lepigrafe medievale scolpita sul portale ex idolis falsis82, e che attesta la trasformazione del tempio
in chiesa cristiana, avvenuta forse nel V secolo, quando la citt divenne sede vescovile83.
Il complesso sacro forse era dedicato alla triade capitolina per la possibilit di una
tripartizione dello spazio interno e per la forma e le dimensioni dellarea absidale;
ma i rinvenimenti di materiali mobili attestano esclusivamente il culto di Diana,
Ercole, Minerva e Marte84. La struttura, orientata secundum coelum, cio secondo
lasse est-ovest allepoca della costruzione, fu eretta su un lato dellantico forum pecuarium della citt, nei pressi dellincrocio del kardo maximus con il decumanus maximus, sul rialzo naturale del colle e su unimponente sistema di terrazzamenti in
opera quadrata alti circa 3 m, visibili nei sotterranei del contiguo Seminario, in
un pozzetto di scolo dellacqua presso il campanile e nella sala delle conferenze
San Tommaso dAquino85.
probabile che vi lavorarono le stesse abili maestranze che eressero i templi di Aesernia, di Villa San Silvestro presso Cascia e di altre strutture dellarea sub appenninica, mutuando e trasformando la tipologia templare etrusco-italica. La prima
campagna di scavo ha posto in luce le pareti del tempio realizzate con blocchi in
opera quadrata di IV maniera in travertino locale e con pietrame di piccola pezzatura inserito in un riempimento successivo; lalzato romano oggi visibile allinterno nel presbiterio, nellufficio parrocchiale e allesterno nel lato settentrionale,
lungo via Ravo. Durante la prima campagna di scavo fu posto alla luce il podio,
alto m 2,35 e lungo m 20, dalla particolare sagoma a doppio cuscino direttamente
confrontabile con le modanature degli stilobati del tempio di Aesernia e di Villa

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San Silvestro presso Cascia, eretti in un medesimo ambito cronologico, culturale


e politico86.
Il perimetro della chiesa e del tempio coincidono in gran parte (m 24x37), mentre
sotto il pavimento attuale si conserva quello romano costituito da lastre rettangolari di calcare compatto di montagna in cui sono stati individuati cinque imscapi, cio gli incavi destinati ad accogliere le colonne. Sulla base delle dimensioni
degli imscapi (m 1,70 di diametro) e delle proporzioni prescritte da Vitruvio (secondo cui il diametro delle colonne doveva essere pari alla met del diametro dellimscapo, la loro altezza corrispondere ad 1/3 della larghezza del tempio), il
tempio poggiava su colonne di 85 cm di diametro e di 8 m di altezza che, a giudicare dai rocchi sparsi o riutilizzati nel complesso sacro, erano di ordine tuscanico, cio dal fusto liscio, dal capitello a cuscino bombato e su base circolare87.
Gli imscapi sono oggi visibili allaltezza del primo pilastro di destra e di sinistra,
gli altri furono individuati accanto al terzo pilastro della navata destra e sinistra
ed al quinto pilastro della navata sinistra, ma coperti dalla nuova pavimentazione88.. Il tempio doveva avere forse una struttura tripartita con pronao tetrastilo in antis (ingresso con quattro colonne frontali), a cui si entrava o per una
scala con una prima rampa posta trasversalmente, simile a quella moderna, e
quindi con una seconda frontale, come suggeriscono lallineamento e la posizione delle imposte degli archi di sostruzione visibili nei sotterranei del Seminario, di recente restaurati.
Un bassorilievo su lastra marmorea di rivestimento, risalente al II secolo a.C.,
raffigurante un Ercole in movimento, con asta e mantello ferino, forse la testimonianza che il tempio fu dedicato al semidio, almeno in una delle fasi costruttive, ed da porre in relazione con i vicini e coevi rinvenimenti delliscrizione
edita in CIL X, 5708 e dedicata ad Ercole e del frammento di clava, entrambi esposti nel Museo.
Qualche rocchio sistemato nei pressi della chiesa testimonia che le colonne, lisce
e pi larghe alla base, sono di ordine tuscanico. Durante i recenti lavori di sistemazione del sepolcreto vescovile sono state rinvenuti altri rocchi di colonne89.
La seconda campagna di scavo, nel 1979, individu nellarea posteriore alla chiesa,
ad un dislivello di m 4 e ad una quota di circa 3,50 m dal piano di calpestio, la presenza di unaltra struttura, sicuramente templare, distrutta da una frana e in cui

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in et medievale e post-medievale furono scavate alcune tombe90. Il muro, costruito con la stessa tecnica e lo stesso materiale utilizzati nellaltro edificio sacro,
fu seguito per una lunghezza di 15 m e per unaltezza di 1,50 m e per quattro filari di blocchi; anche questo ambiente poggiava su un podio a doppio cuscino.
Nello scavo furono rinvenuti tre blocchi modanati pertinenti ad un altare, non assemblabili in un unico pezzo, e le lastre di rivestimento esposte nel Museo.
Alcuni basoli in loco ma anche reimpiegati nel lastricato della vicina via Terenzi
sono di chiara appartenenza alla strada che metteva in comunicazione i due edifici, secondaria e parallela rispetto al decumanus maximus.

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ERCOLE

Ara votiva con iscrizione sacra ad Ercole


(inv. 2026)

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Provenienza ed epoca di rinvenimento:


Sora, localit Rava rossa o presso la chiesa cattedrale, secolo XIX
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco in calcare locale con cimasa aggettante; gli spazi scandiscono i piedi saturni
Misure :
altezza cm 63
larghezza cm 50
spessore cm 40
cimasa cm 12
altezza delle lettere cm 2,3
segni distinguenti sia di forma tondeggiante che triangolare
Datazione: II secolo a. C.

M(arcus) <et> P(ublius) Vertuleieis C(aii) f(ilii)


quod re sua d[if]eidens asper<e>
afleicta parens timens
heic vovit voto hoc
solut[o] decuma facta
poloucta leibereis lube(n)
tes
donu danunt
Hercolei maxsume
mereto semol te
orant se voti crebro
condemnes

I fratelli Marcus e Publius Vertuleieis, figli di Caius, esaudito il voto fatto dal padre
per salvare il patrimonio in grave difficolt, offrono volentieri un banchetto sacro
con la decima dei propri averi; ad Ercole assai meritevole donano [lara votiva e
forse una statua] ed insieme ti pregano che li condanni spesso al voto

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Liscrizione documenta che i fratelli Vertuleieis dedicarono laltare votivo ad Ercole per grazia ricevuta, testimoniando con una certa ostentazione pubblica la
propria riconoscenza e organizzando un pollouctum, cio un banchetto, senza badare a spese, ma impiegando la decuma, la decima parte del patrimonio o dellattivit precedentemente compromessa e poi salvata grazie allintervento divino91.
La cena herculanea era solitamente imbandita presso laltare del semidio, in genere
posto nel forum pecuarium, nei pressi del tempio. In tale ottica il luogo del rinvenimento non va cercato nellimpervia localit Rava rossa - come riferito nel XIX secolo -, ma nellattuale piazza Indipendenza, che anche recentemente ospitava il
tradizionale mercato del bestiame, in un luogo posto allimbocco dellantica via
della transumanza per lAbruzzo e lAdriatico e accanto al tempio che probabilmente, almeno in una delle fasi costruttive, era dedicato al semidio. Il rinvenimento di unepigrafe che elenca i magistri Herculanii di un collegio funeratizio92,
di numerosi bronzetti votivi raffiguranti Ercole, in massima parte dispersi93, di
una base di sostegno di una statua, esposta nel museo, e di una lastra marmorea
di rivestimento con rilievo di Ercole vestito di pelle ferina e astato, conservata
nella sacrestia della chiesa cattedrale94, testimoniano lassimilazione dal panthen
italico e la diffusione in et romana del culto di una divinit preposta alla tutela
del bestiame e dei pastori. Il nome Vertuleius attestato anche in unaltra epigrafe,
riutilizzata nella costruzione di un palazzo del centro storico95.
Secondo gli epigrafisti del XIX secolo e del primo Novecento, liscrizione in versi
saturni, il primo schema metrico latino, usato nel III secolo a. C. dai poeti Nevio
e Livio Andronico; liscrizione in metro saturnio pi antica conservata nei Musei
Vaticani ed quella incisa sul sepolcro di Lucius Cornelius Scipio Barbatus, console
nel 298 a. C.96

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Base di sostegno di statua di Ercole


(inv. 2046)

Provenienza, anno e modalit di rinvenimento:


Sora, localit Rava rossa o nellarea della chiesa cattedrale di Santa Maria assunta,
XIX secolo
Materiale e tecnica di esecuzione:
marmo; presenza di fori laterali per incasso dei perni di fissaggio della statua
Misure:
altezza cm 103
diametro massimo cm 40
Datazione: II secolo a. C.

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La clava fungeva da sostegno di una statua di Ercole, in proporzione alta almeno


3 m e perci collocabile solo nel grandioso tempio poi trasformato in chiesa cattedrale e forse dedicato alla divinit almeno in una delle fasi costruttive, quando
i Romani donarono ad alcune citt colonizzate del Lazio meridionale, tra cui Sora,
una statua di Ercole97.
Il suo culto era particolarmente diffuso nel territorio e onorato dai commercianti
di bestiame e dai pastori. E raffigurato da numerosi bronzetti votivi (statuette in
bronzo risalenti al IV-III secolo a. C.) e da un rilievo marmoreo di rivestimento
del tempio; inoltre testimoniato dalliscrizione votiva edita in CIL X, 5708 e da
unepigrafe trovata a San Domenico, ora perduta, che elenca i magistri Herculanii,
responsabili di unassociazione funeratizia simile alle odierne confraternite98.

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LA CERAMICA CAMPANA
E GLI EX VOTO

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Provenienza:
localit SantAmasio (Arpino) e Fosso del Medico (Arce)
Materiale e tecnica di esecuzione:
Argilla; realizzazione in serie con la tecnica della matrice a stampo
Datazione: III-II secolo a. C.

Nella bacheca sono esposti solo alcuni dei numerosi frammenti di ex voto raccolti
alla fine degli anni 70 e attualmente conservati nel deposito del museo; essi erano
le offerte sacre a divinit salutifere per la sanatio, il rito con cui simplorava la guarigione della parte riprodotta o si ringraziava del voto esaudito. Dopo un periodo
desposizione nel tempio, per lasciare posto ad altri manufatti simili, erano riposti nei depositi votivi, cio le favissae (fosse). I reperti provengono da alcuni dei
numerosi santuari della valle del Liri, costruiti nei luoghi posti in corrispondenza
di vie della transumanza e presso fonti dalle propriet salutari, in cui pi anticamente si celebravano i riti propiziatori del ver sacrum, cio la primavera sacra,
un rito annuale con cui le genti italiche chiedevano agli dei prosperit e salute.
Le offerte alle divinit anticamente consistevano in animali e frutti ma poi, anche
per motivi economici, si pass al dono simbolico di terrecotte figurate: animali
domestici, testine, parti anatomiche quali mani, piedi, uteri, falli, fegati, occhi, o
animali domestici insieme a ceramica grezza, dipinta, a vernice nera di tipo campano A e B. Luso di plasmare con la terracotta statue, busti e teste a grandezza naturale, statuette di devoti o di offerenti ed ex voto raffiguranti parti anatomiche,
animali e frutti una delle manifestazioni artistiche pi significative delle civilt
etrusca, laziale, sannitica e campana tra il V ed il II secolo a. C. da parte di artigiani etruschi che rielaborarono modelli importati dalle colonie della Magna Grecia, nel momento in cui i luoghi di culto attraggono maggiormente i ceti popolari
e ne sono espressione religiosa, in un momento di ripresa economica99.
Presso i santuari, molte botteghe artigianali producevano gli ex voto a basso costo
per fedeli di censo non elevato e in serie, utilizzando la tecnica dello stampo che
prevedeva luso di una matrice in cui era versata largilla che veniva poi sottoposta ad essiccazione al sole o a cottura e quindi dipinta con colori vivaci.
Gli esempi esposti provengono dalla stipe di SantAmasio (Arpino), dove sorgeva
nel III secolo a. C. una struttura templare, poi sostituita da una chiesa100; essi con-

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sistono in una testa femminile velata, integra, dal viso ovale, secondo la consueta
tipologia risalente al III secolo a. C., ed un frammento di volto; entrambi i pezzi
sono realizzati con la tecnica di lavorazione a maschera101. Le teste isolate, o le
mani o i piedi, erano offerte agli dei al posto della figura intera perch meno costose delle statue e costituiscono lex-voto pi diffuso nei santuari italici.
Dalla localit Fosso del Medico (Arce) provengono una testa miniaturistica velata
del tipo attestato in gran quantit nella vicina localit Pescarola (Casalvieri) e in
parte depositato nel Museo (n 31 testine), un utero, un fegato102.
Altri votivi raccolti, insieme a numerosi frammenti di piatti, coppe e vasi miniaturistici, in ceramica ricoperta da vernice nera databili tra il IV e il II secolo a. C.,
provengono dai santuari di Monte del Fico (Boville Ernica) e di Antera (Veroli)103.

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Ceramica a vernice nera Campana B


Provenienza e modalit di rinvenimento:
localit SantAmasio (Arpino) e San Pietro (Pescosolido), durante lavori agricoli
Materiale e tecnica di esecuzione:
argilla ricoperta da vernice nera, di produzione locale o regionale
Datazione: fra la seconda met del III ed il II secolo a. C.

Nella bacheca sono esposti una coppa miniaturistica carenata, con il bordo rientrante (tipo Morel 2744 c1), un piattello dallorlo svasato e dal basso piede (tipo
Morel 1623 a1), di contesto sacro; invece una coppa emisferica su basso piede ad
anello (tipo Morel 2765 a1) e una coppa miniaturistica su piede scanalato, con decorazione ad incisioni sullorlo svasato e bombato (tipo Morel 1571 c1), sono appartenenti al corredo di una tomba, delimitata da pietre a secco e coperta da
tegoloni, rinvenuta in localit San Pietro, nel territorio di Pescosolido104.
Si tratta di esempi ben conservati di vasellame, piuttosto comune nella zona e diffuso
in Etruria, Lazio e Campania, che trae il nome dalla particolare tecnica di cottura in
ambiente riducente con cui si otteneva il rivestimento di color nero brillante105.
Il nome di Campana B stato attribuito dagli studiosi a questa produzione vascolare in base alle caratteristiche dellimpasto, della pellicola di copertura e dei
modelli classificati da Jean Paul Morel nel 1981106. Una prima classificazione di
genere fu offerta da Nino Lamboglia che distinse la produzione vascolare sulla
base delle caratteristiche dellimpasto e della vernice nelle tre tipologie afferenti
ai diversi luoghi di produzione: la Campana A, prodotta dal III secolo a. C. in
Campania, Campana B, fabbricata dal II secolo a. C. in Etruria, Campana C,
realizzata dal II secolo a. C. in Sicilia107.
In localit SantAmasio, nei pressi del fiume Melfa, doveva sorgere gi nel III secolo a. C. un santuario fornito di favissa; al tempio si sovrappose dal V secolo d.
C. una chiesa, per la cui costruzione si riutilizz materiale di spoglio romano. Si
ricorda che nella medesima localit fu rinvenuto un thesaurus assai simile a quello
conservato nel Museo, contenente un monetiere cospicuo. Laltro materiale votivo e ceramico proveniente dalla zona consiste in numerosi frammenti di ceramica campana B a vernice nera, due testine muliebri, un frammento di tegolone
con bollo anepigrafe, unimpugnatura di pastorale di et medievale108.

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Dal Museo alla citt

I LUOGHI DI CULTO SUBURBANI

I santuari rupestri di colle San Casto (Sora), Carpello (Campoli Appennino),


Pozzo Favito sul monte Tartaro (Veroli)

I santuari rupestri, generalmente dedicati alle divinit della pastorizia, dellagricoltura e della caccia, erano aree sacre ricavate nella roccia nei pressi delle principali direttrici della transumanza.
Sulle pendici del colle di San Casto, in localit Rava rossa, scavata nella roccia
unarea sacra dedicata al dio Silvano da un collegio di lignarii (commercianti di legname) e frequentata fra il II secolo a. C. ed il II secolo d. C.
Al di sotto e allinterno di tre edicole destinate ad accogliere bronzetti votivi (cio
statuette in bronzo raffiguranti divinit, forgiate a partire dal VI secolo a. C.), si
leggono le epigrafi edite rispettivamente in CIL X, 5709 e 5710:
Cultores
Silvani
cur(ante)
M(arco) Albo [P]iero

Gli associati della confraternita consacrata a Silvano realizzarono la nicchia sotto


la guida di Marcus Albus Pierus109.

L(ucius) Sabidius M(arci) f(ilius) [me]mor


d(ono) d(edit)

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Lucius Sabidius memore dette in dono. Il personaggio citato fece scolpire per
grazia ricevuta ledicola e liscrizione.

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Unaltra edicola consacrata al dio Silvano si trova in localit Carpello (Campoli


Appennino), in cui la divinit raffigurata con falce e cane110.

In localit Pozzo Favito, sul monte Tartaro, a m. 1200 di altezza, scavato nella roccia un santuario; difatti sulla parete si legge liscrizione edita in CIL X, 5779, che
attesta la compresenza del culto di Juppiter Aera (o Atratus, cio tenebroso, infernale) con gli dei locali, in unarea boschiva attraversata dai pastori111 .
C(aio) Calvisio
L(ucio) Passieno co[n]s(ulibus)
M(arcus) M(enius) M(arci) f(ilius) Rufus sac(erdos) VI
L(ucius) Vibidius L(ucii) f(ilius) sac(erdos) II
Iovi ae[r]is et dis indigetibu[s]
cum aedicl[a] et base
et [ae]di et porticu d(e) s(ua) p(ecunia) (posuerunt)

Lepigrafe testimonia che sotto il consolato di Caius Calvisius e Lucius Passienus (4


a. C.), Marcus Menius Rufus, figlio di Marcus, eletto sacerdote per la sesta volta, e
Lucius Vibidius, figlio di Lucius, nominato sacerdote per la seconda volta, sistemarono a proprie spese unedicola con base e porticato, dedicandola a Giove che
governa i cieli e alle divinit locali dei boschi. Si tratta di un esempio di evergetismo di cui la formula de sua pecunia fecerunt assicura che lopera fu realizzata non
con i fondi erariali, ma con una personale donazione.
Le iscrizioni votive scritte su un piano preparato direttamente sulla roccia non
sono frequenti e, in genere, sono situate nelle vicinanze di templi.

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TOGATO

Stele togata
(inv. 2028)

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Provenienza:
ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
marmo; stele acefala, lavorata solo frontalmente, frammentata alla base e mutila;
foro nella superficie posteriore, in alto a sinistra, per lincastro di un perno di fissaggio alla parete di un monumento funerario
Misure:
altezza cm 202
larghezza alla base cm 60
spessore cm 27
Datazione: fine I secolo a. C. - inizi I secolo d. C.

La stele era in origine incassata nella facciata o collocata in una nicchia, oppure in
unedicola funeraria con parete di fondo chiusa, come lasciano ritenere la postura
rigidamente frontale della figura e la resa appiattita delle forme sul lato posteriore; essa raffigura un personaggio maschile che in vita aveva ricoperto qualche
incarico pubblico: stringe difatti il rotolo di papiro e veste la toga ampia degli uomini liberi e di rango, obbligatoria per i magistrati e facoltativa per i clientes, liberti
o ingenui, protetti e tutelati in cambio di servigi e voti dal patronus, un personaggio in vista e potente; egli infatti poteva affrancare i servi, patrocinare e beneficare
i suoi clientes, tanto pi numerosi quanto egli era importante.
La toga virilis, un mantello in lana bianca e di forma semicircolare, rappresentava
labito ufficiale del cittadino romano adulto e poteva essere fusa (ampia) o exigua
(aderente), ma in genere misurava tre volte la circonferenza della vita della persona e due volte la sua altezza. La sua vestizione richiedeva laiuto del vestiplicus
(da vestem plicare, piegare, avvolgere il vestito), uno schiavo specializzato nel comporre le pieghe. Veniva appoggiata sulla spalla sinistra, nel senso della lunghezza,
mentre il lembo posteriore era portato in avanti, passando al di sotto o al di sopra
del braccio destro, per poi ricadere dietro la spalla sinistra. Rest in uso molto a
lungo, dallepoca monarchica fino al VI secolo d. C., e fu soggetta sia al controllo

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della legge, in quanto abito ufficiale, che alle trasformazioni della moda. Durante
il I secolo a.C., a seguito della forte ellenizzazione della societ romana, si diffuse
luso di drappeggiare la toga alla maniera del mantello greco, cio con il braccio
destro completamente coperto. Il tipo di veste crebbe in ampiezza con il tempo:
in et tardo-repubblicana giungeva a met circa del polpaccio, nellultimo quarto
del I secolo a.C. arrivava alle caviglie, fino a raggiungere la massima ampiezza
nel II secolo d.C. Con la toga si indossavano i calcei, un tipo di calzatura alta e
chiusa, una sorta di stivaletto in pelle, che poteva essere dotata di stringhe, annodate al di sopra del malleolo o a met polpaccio. I ritratti togati, i pi diffusi nel
periodo tardo-repubblicano fino al II secolo d. C., erano i preferiti dal cittadino romano, almeno da coloro che avessero meritato limmortalit per qualche illustre cagione112. La scultura, particolarmente accurata nella resa del panneggio e del
movimento, denota labilit dellartista e la ricchezza del committente. La lunghezza della toga, che doveva giungere almeno sino alle caviglie, e la resa grafica
del panneggio, permettono di attribuire la statua allepoca augustea (ultimi decenni del I secolo a.C.), anche per paralleli con altri togati di fine I secolo a.C. inizi I secolo d.C.
La stele manca della testa; il fenomeno della permutatio capitis, soprattutto nel
basso Impero, non certo infrequente perch la testa era lavorata a parte e adattata a richiesta113; nella precedente collocazione infatti era completata da una testa
virile marmorea pi tarda114. La stele confrontabile con un busto togato da nicchia, dello stesso periodo, conservato nellAbbazia di San Domenico115.

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SORA COLONIA

Iscrizione commemorativa ed elogiativa


(inv. 2039)

Provenienza:
ignota; fino al 1999 era murata nella parete esterna della sacrestia della chiesa di
Santa Restituta, sul Lungoliri Mazzini, insieme ad altro materiale di epoche differenti ma proveniente dalla stessa area.
Misure: altezza cm 67, larghezza cm 52, spessore cm 42
Presenza di 2 fori di incasso nella superficie superiore, di 1 foro nella superficie laterale di sinistra, di 2 fori nel lato destro. Altezza lettere: 1 linea cm 6,2; 2 linea
cm 4,5; 3 linea cm 5; 4 linea cm 3,2; la t in 4 linea pi alta; presenza di segni distinguenti triangolari.
Datazione: seconda met del I secolo a.C.

L(ucio) Firmio L(ucii) f(ilio)


prim(o) pil(o) tr(ibuno) mil(itum)
IIII vir(o) i(ure) d(icundo)
colonia deducta
prim(o) pontifici
legio IIII Sorana
honoris et virtutis
caussa

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A Lucius Firmius, figlio di Lucius, primus pilus e tribuno dei soldati, quattuorvir
con poteri giurisdizionali, primo pontefice della nuova colonia, la quarta legione
in congedo a Sora a titolo donore e valore.

Liscrizione unimportante testimonianza della deduzione coloniale nella seconda met del I secolo a. C., quando avvenne lo stanziamento di una colonia di
militari della IV legione in congedo, assegnatari delle fertili terre della valle del
Liri, documentato dalla notizia della distribuzione agraria nel Liber coloniarum,
dalle tracce su terreno della centuriazione (suddivisione agraria), dalla castrametatio (pianificazione urbana), dalliscrizione CIL X, 5711, che attesta una colonia

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Iulia Praetoria, ma soprattutto dai tanti fregi con rilievi darmi e dalle statue loricate116.
Nellepigrafe sono ricordate in senso crescente le precedenti cariche del suo cursus honorum: prima di ricoprire la carica di primus pontifex, cio di fondatore della
colonia secondo i sacri riti, Lucius Firmius era stato primiplus (uno dei 60 centurioni
al comando di una centuria dellesercito romano), tribunus militum (comandante)
della quarta legione (corpo scelto di unarmata che contava dai 3000 ai 6000 soldati) e quattuorvir iure dicundo (uno dei quattro capi con compiti giurisdizionali,
eletti annualmente) nella fase municipale di Sora, successiva alla guerra sociale.
Liscrizione commemorativa ed onoraria di Lucius Firmius fu dedicata da parte di
una IV legione, definita Sorana e non Sorae (di Sora) perch ormai in congedo;
essa era destinata a qualche monumento eretto per onorare tale personaggio. Da
notare la forma arcaica caussa (al posto del classico causa)117.
Secondo una diversa lettura dellepigrafe, Lucius Firmius avrebbe ricoperto non
solo la carica di pontifex, ma anche di primus quattuorvir iure dicundo anche dopo
la deduzione coloniale118. Senzaltro liscrizione testimonia che la citt mantenne
il quattuorvirato anche nel passaggio da municipium a colonia119.

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STATUE LORICATE

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Provenienza, modalit ed epoca di rinvenimento:


Sora, viale San Domenico(a 500 passi prima di Sora verso Isola), XIX secolo, insieme ai cippi terminali con iscrizioni edite in CIL X, 5721 e in CIL X, 5778. Questultima epigrafe prescrive lestensione laterale dellarea sepolcrale, pari a 40
piedi, quindi a circa 12 m.
Materiale e tecnica di esecuzione: marmo; la statua pi alta lavorata anche nella
superficie posteriore
Misure:
(inv. 2026)
altezza cm 129
larghezza cm 54
spessore cm 35
stele acefala, mutila e lavorata nella superficie posteriore
(inv. 2029)
altezza cm 90
larghezza alla base cm 50
spessore cm 33
lavorazione abbozzata nella superficie posteriore
Datazione: I secolo d. C.

Le due statue provengono dalla necropoli estesa nei pressi dellodierno viale San
Domenico e sicuramente erano collocate in un imponente monumento funerario
appartenuto ad un tribunus militum, il comandante di una legione, o ad un altissimo ufficiale dellesercito romano della colonia di soldati dedotta alla fine del I
secolo a. C.
Il tipo di lorica (da lorum = striscia di cuoio) rappresentato la corazza militare
anatomica di tradizione ellenistica, diffusa dallet augustea fino al III secolo
d.C.120: era priva di rilievi sul busto, ad eccezione delle fibbie a cerniera (humeralia), decorate da fulmini stilizzati, e del gorgonion (testa di Medusa, il mostro mitico dalla chioma di serpenti) sulla scollatura; i rilievi di gorgonia sono ripetuti
sullestremit arrotondate dei pendagli che si sovrappongono ad una fila di strisce rettangolari e sfrangiate e ad una corta tunica. Al lato, gettato sulla spalla e trattenuto dal braccio sinistro, il mantello militare (paludamentum), un tipico capo

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dabbigliamento dei generali in missione di guerra e in uso nel rango equestre.


Il motivo decorativo del gorgonion ricorre anche in un capitello figurato di lesena
scanalata conservato nella chiesa di Santa Restituta e forse pertinente ad un monumento funerario121.
La raffigurazione in habitu militari era un onore particolare concesso solo ai personaggi pi importanti: Plinio affermava infatti che uso greco non coprire il corpo;
i Romani, invece, da soldati quali sono, aggiungono la corazza122.

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LE MURA IN OPERA POLIGONALE


NEL MUSEO

L A

Datazione: III-II secolo a. C.

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Dopo la porta-finestra possibile vedere un muro lungo 2,87 m e alto 2,17 m in


opera poligonale di III maniera, costituito da 4 fila di blocchi sbozzati e bugnati,
sovrapposti con una certa regolarit. Si tratta delle sostruzioni di una villa del IIIII secolo a. C. inglobate nel XIV secolo dal palazzo del Museo.
La villa era inserita nel reticolo delle insulae formato dallincrocio delle vie principali con le secondarie; essa era a pianta rettangolare e fornita di cisterna.
Altri rinvenimenti in questarea di strutture murarie, pavimentazioni e lastricati
stradali documentano la presenza dabitazioni costruite fra il III secolo a. C. ed il
I secolo d. C., servite da una strada pedemontana (oggi via Pianello, via Gelsi e via
Terenzi) parallela allasse principale, il decumanus maximus, lodierno Corso Volsci.
Queste ville furono costruite in et repubblicana e poi abbandonate dalla seconda
met del I secolo d. C. quando le condizioni economiche divennero difficili; il latifondo soppiant le culture intensive della valle, la propriet terriera pass nelle
mani dei liberti, sempre pi numerosi a giudicare dalla frequenza di nomi e cognomi dorigine libertina nelle epigrafi sorane di I-II secolo d. C.
Unaltra villa rustica terrazzata da mura in opera poligonale stata rinvenuta nel
2001 durante uno scavo demergenza in via Ravo a Sora123.

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STRADA

VILLA

STRADA

VILLE

CAPITELLO

Capitello corinzieggiante figurato

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Provenienza, anno e modalit di rinvenimento :


Sora, 1840, durante i lavori di costruzione dellargine, alla profondit di m 2,50 rispetto al livello del fiume, nei pressi dellargine sinistro del fiume Liri, insieme a
materiale architettonico e di arredo. Nel medesimo punto, nel 1880, furono rinvenuti due frammenti di un capitello simile, oggi sistemato nel Vescovado. E altamente probabile che il sito di provenienza non coincida con quello di
rinvenimento, invece individuabile nellarea di San Giuliano (Ospedale vecchio),
dove sorgeva un complesso funerario.
Materiale e tecnica di realizzazione:
marmo, lavorazione con trapano a corda e punteruolo; semirifinito
Dimensioni:
altezza cm 74
larghezza massima cm 85
Datazione: II III secolo d. C.

Il capitello, appartenente ad un edificio di imponente mole, appare decorato da


unarticolata figurazione: agli angoli e in altorilievo si staccano dal fondo quattro
eroti (cupidi alati) aggettanti, unaquila campeggia al centro di ogni lato e poggia
gli artigli su ghirlande di fiori e frutta; in basso, una prima ed una seconda corona di foglie dacanto. Il pezzo confrontabile con il capitello corinzieggiante e
figurato da altorilievo di Vittorie, in marmo proconnesio, risalente ai primi due decenni del III secolo d. C., conservato a Roma nellAnfiteatro Flavio124.
Probabilmente il capitello era stato messo in opera senza essere terminato oppure
non era destinato ad una visione ravvicinata, come dimostra la persistenza dei
fori di preparazione dei motivi decorativi. Nella superficie superiore furono realizzate le cavit destinate allinnesto di perni di vincolo al blocco di architrave e
le canalette di scolo del piombo fuso. Laltezza ed il diametro inferiore del pezzo
lasciano intuire che esso era montato su un fusto alto pi di 4 m.
La notizia del rinvenimento del capitello in esame fu indirettamente fornita al Fiorelli da Giustiniano Nicolucci allora ispettore di zona che, nel relazionare nel
1880 sul rinvenimento occasionale effettuato durante i lavori di costruzione del-

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largine presso il nuovo ponte di Napoli sulla sinistra sponda del fiume Liri, accanto ad
un fondo del sig. Evangelista Tronconi, alla profondit di met. 2,50 dal livello attuale del
fiume (antico livello della citt in epoca imperiale), afferma che a pochi metri di distanza da tale punto quaranta anni prima (e dunque nel 1840) erano stati scoperti
un capitello corintio di marmo, un gran pezzo di cornicione in pietra calcare ed una statua grossolana parimente in pietra calcare, materiali in qualche modo omogenei a
quelli rinvenuti nel 1880, consistenti in cinque grossi blocchi di marmo bianco, confusamente addossati gli uni sugli altri, [] una grande tazza anche di marmo bianco, spezzata in due, ed un rocchio di colonna parimenti marmorea, del diametro di met. 0,54 e
della lunghezza di met. 1,40. La tazza marmorea di forma quadrata, avendo ciascun lato
la lunghezza di cm 76, laltezza di cm 48. La conca mediana ha il diametro di cm 60, e la
profondit centrale di cm 40. La tazza era sostenuta da un piede, che n distaccato, di
forma circolare, del diametro di cm 60 e dellaltezza di cent. 20. Dalla parte superiore degli
angoli del vaso, e dal mezzo di ciascun lato, sporge per cent. 10 un Genio alato. Le ali dei
Gen angolari si distendono ampiamente sulle parti delle due facce prossime agli angoli,
quelle dei Gen mediani sono invece abbassate fino allimo del vaso.
Fra un Genio e laltro si distende un ornato, che potrebbe dirsi a merletto, essendo formato di un panneggiamento a piccoli trafori; e al di sotto ricorre un ornato a foglie, che
sintrecciano vagamente fra loro. La base della tazza anchessa abbellita da un festone di
foglie, che tutta intorno la ricingono.
La datazione e la provenienza del capitello esposto possono dunque essere ricostruite a posteriori sia sulla base del rinvenimento del 1880 sia in relazione e confronto con due frammenti di diversa grandezza, attualmente sistemati nellatrio
del Vescovado; se ricongiunti, essi appaiono pertinenti ad un solo capitello che,
per apparato figurativo e tecnica di esecuzione, imita quello esposto nel Museo;
se il capitello corintio di marmo rinvenuto nel 1840 con ogni probabilit quello
esposto nel Museo, nei frammenti del Vescovado riconoscibile la tazza marmorea
rinvenuta nel 1880: infatti il frammento maggiore presenta una rottura che lo divide a met, il rilievo e le dimensioni di entrambi i pezzi appaiono simili a quelli
indicati nella relazione del Nicolucci, lo stato di conservazione, la presenza di sedimi e di molluschi calcificati sulla superficie indicano che essi sono stati molto
tempo immersi nellacqua o in terreno umido e quindi in condizioni di ritrovamento compatibili con la zona del ponte di Napoli, in passato soggetta ad eson-

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dazioni; del resto, ancora oggi sul greto del fiume possibile individuare blocchi
modanati in marmo bianco. I punti di contatto fra il capitello del Vescovado con
quello esposto nel Museo sono il materiale, la tecnica di realizzazione ed il tipo di
composizione figurativa, anche se pi stilizzata e di maniera; potrebbe quindi essere coevo o, pi sicuramente, una sua tarda imitazione.
Le misure dei frammenti del Vescovado sono le seguenti: altezza del frammento
maggiore cm 47, lato cm 89-92, diagonale della faccia superiore cm 110, diametro
dellincavo centrale cm 60, profondit dellincavo cm 35. Due incavi pi piccoli
sono ricavati alle estremit di un lato ed erano utilizzati per linserimento di perni
di fissaggio. Il frammento minore (quello che il Nicolucci identifica nel piede della
tazza) alto circa cm 27 ed il diametro della faccia superiore misura cm 63. I frammenti, per la cavit ricavata nella superficie superiore, erano stati riutilizzati in
epoca imprecisabile in funzione di acquasantiera forse nella cappella che sorgeva
in piazza Cerere (oggi piazza Garibaldi), nei pressi del palazzo Tronconi.
Nella relazione del 1880 si manifesta qualche perplessit sulla coincidenza tra localizzazione e sito di provenienza per i rinvenimenti del 1840 e 1880; anzi si
avanza la possibilit che il materiale fosse stato trasportato qui dallarea, un tempo
periferica, di San Giuliano, tradizionalmente indicata da fonti locali come il sito
del tempio di Serapide, pi sicuramente di un grandioso monumento funerario di et imperiale, soggetto nel XVII secolo ad unincessante opera di spoliazione125.
Appare pi problematica la definizione delle figure ed il loro significato nei frammenti del Vescovado: possibile che le figure umane rappresentate simboleggino
due differenti condizioni sociali; il togato emblema di preminenza civile, laltro
di appartenenza alla classe popolare, ma entrambi partecipi e spettatori di un
evento commemorato dal monumento e di cui il capitello era elemento portante
e narrante.

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Schema di decorazione del capitello del Vescovado - frammento maggiore:


Lato A
Serie di fiori

Lato B
Serie di fiori

Lato C
Serie di fiori

Figura maschile togata.

Aquila centrale.

Cupidi alati e nudi agli


angoli.

Cupidi angolari.

Figura maschile centrale, Figura centrale evanida.


con corta tunica indossata
su pantaloni e con
mantello.

Foglie dacanto
(corona superiore).

Foglie dacanto
(corona superiore).

Lato D
?

Cupido angolare (evanido). Cupidi laterali.

Foglie dacanto
(corona superiore).

Foglie dacanto
(corona superiore).

Schema di decorazione del capitello del Vescovado - frammento minore:


Corona inferiore di foglie dacanto

BAEBIUS

Base per statua con iscrizione commemorativa


(inv. 2041)

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Provenienza ignota (ma nel XIX secolo fu vista in foro ad Sanctae Restitutae, nel
centro di Sora)
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco in calcare locale; specchio epigrafico ribassato e scorniciato.
Sul lato sinistro, un urceus (brocca), sul destro una patera (coppa bassa e larga),
simboli della libagione; sulla superficie superiore, tracce di incastro del perno di
sostegno e del piede sinistro di una statua eretta in onore di Marcus Baebius Secundus.
Misure:
altezza cm 112
larghezza cm 73
spessore cm 63
altezza lettere: 1 linea cm 8, 2 linea cm 5, le altre dai 4 ai 3 cm
Datazione: seconda met del I secolo d. C.
M(arco) Baebio M(arci) f(ilio)
Rom(ilia tribu) Secundo
aed(ili) praef(ecto) i(ure) d(icundo) II (duo) vir(o)
q(uin)q(uinquennali) viocuro ex s(enatus) c(onsulto) II (iterum) d(ecreto) d(ecurionum)
M(arcus) Baebius M(arci) f(ilius) Rom(ilia tribu) Sabinus
M(arcus) Valerius M(arci) f(ilius) Rom(ilia tribu) Septiminus
M(arcus) Valerius M(arci) f(ilius) Rom(ilia tribu) Secundinus
hered(es) eius ex testament(o) i[psiu]s
l(ocus) d(atus) d(ecreto) d(ecurionum) cuius dedic(atione) crustum
et mulsum populo divisum
est

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A Marcus Baebius Secundus, figlio di Marcus, della trib Romilia, eletto aedilis, praefectus, duovir quinquennalis, viocurus su decisione del Senato e per disposizione dei
decurioni per la seconda volta, [costruirono questo monumento] Marcus Baebius
Sabinus, figlio di Marcus, della trib Romilia, e Marcus Valerius Septiminus, figlio di
Marcus, della trib Romilia, e Marcus Valerius Secundinus, figlio di Marcus, della
trib Romilia, suoi eredi per testamento. Il luogo [per il monumento] fu concesso
per decreto dei decurioni e, nelloccasione, al popolo furono distribuiti ciambelle
dolci e vino melato126.
Il blocco il piedistallo di una statua eretta in un luogo pubblico in cui liscrizione
concepita come un elogium127; liscrizione documenta che il consiglio municipale
dei decurioni (ordo decurionum) concesse per decreto deliberando con voto consiliare, in esecuzione delle volont testamentarie del defunto, unarea pubblica affinch gli eredi vi collocassero la base e la statua. Era infatti consuetudine
assegnare gratuitamente unarea pubblica, particolarmente frequentata, per la sepoltura dei cittadini benemeriti 128.
Non specificato il motivo della dedica e dellonore riservato a Marcus Baebius
Secundus, ma certo egli era stato il massimo magistrato di Sora e aveva ricoperto
in ordine crescente le cariche del cursus honorum: era stato aedilis (amministratore
e finanziatore delle opere edili di pubblica utilit), praefectus iure dicundo (magistrato straordinario con ampi poteri giurisdizionali)129 , duovir quinquennalis (uno
dei due capi della colonia nel quinto anno del mandato amministrativo, incaricato di effettuare il censimento e redigere la nuova lista dei consiglieri) e viocurus
(dirigente e responsabile della viabilit pubblica del territorio, una carica importante vista la considerazione della manutenzione stradale in quei tempi). Le cariche gli erano state conferite e reiterate dal senato locale130.
Unaltra base di sostegno per statua, provvista come il blocco in esame di scanalature e fori per lincassatura di perni di sostegno, fu rinvenuta nel 1907 durante lavori occasionali nei pressi del monastero di Santa Chiara (sito accanto alla
villa comunale e distrutto nel terremoto del 1915)131.

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RITRATTO

Ritratto funerario

Provenienza ed epoca di rinvenimento:


Sora, in localit Madonna della Quercia, prima met secolo XIX
Materiale:
marmo bianco
Misure:
altezza cm 34
larghezza massima cm 24
Datazione: II secolo d. C.

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La testa, in base alle misure, alla descrizione e alla riproduzione fornite in Notizie
Scavi, dovrebbe essere quella vista nel 1910 dallAurigemma e rinvenuta intorno
al 1830 nella casa del contadino Carmine Zaino, a un 250 metri circa da Sora, presso la
strada Sora-Atina, in localit Madonna della Quercia; la testa proviene quindi dal sepolcreto costruito in et imperiale ai margini dellantica strada che da Sora conduceva ad Atina132.
Il giovane raffigurato apparteneva allaristocrazia perch era prerogativa di tale
classe sociale godere del diritto di immagine, con cui sopravviveva luso antico
delle maschere funerarie e commemorative degli antenati; la sua famiglia era
anche ricca perch poteva permettersi di commissionare una scultura in marmo,
materiale pi pregevole del comune calcare locale e scarsamente utilizzato in zona.
La datazione allet imperiale dipende dalla lavorazione stilizzata della capigliatura a ciocche ondulate e dal realismo nella rappresentazione dei lineamenti e
degli occhi133.

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FREGIO ISIACO

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Provenienza:
Sora, San Pietro di Bagnolo in localit Valpara, a km 4 dal centro urbano
Materiale:
calco delloriginale marmoreo di lastra di rivestimento (o di stele) di nas con figurina di Iside, inserito nella facciata della chiesa di Santa Restituta a Sora
Datazione: I II secolo d. C.

Il bassorilievo raffigura la dea Iside sormontata dal disco lunare e da un betilo


(una pietra di forma piramidale sacra alla dea) ed incorniciata dalla caratteristica
porta di accesso al tempio a lei dedicato134. La lastra testimonia la diffusione nel
Lazio, incominciata a met del II secolo a. C. e rafforzata dalla seconda met del
I secolo d. C., dei culti egizi, importati da mercanti italici o da veterani delle guerre
civili, combattute anche in Asia, in una Sora cosmopolita e ricca, o da un nuovo
ceto di liberti spesso di provenienza asiatica135. In passato sono state rinvenute e
purtroppo perdute due statue raffiguranti la dea136. Per motivi di ordine pubblico
e per disposizioni legislative come leditto del senato de sacris Aegyptiis Iudaicisque pellendis emanato sotto Tiberio e lesilio, nel 19 d. C., di 4000 liberti colpevoli
di professare culti egizi o giudaici -137, il culto della dea egiziana fu inizialmente
osteggiato e svolto preferibilmente extra pomoerium, cio fuori del confine sacro
delle citt; in seguito conobbe una pi ampia diffusione anche in associazione con
altre divinit del pantheon alessandrino, come il dio Serapide, documentato a
Sora da unantica tradizione letteraria che ne colloca il tempio nellarea dove oggi
sorge la chiesetta dedicata a San Giuliano martire.
Il successo di tale culto misterico (e perci segreto) era dovuto al fascino dellesotico, ai riti di iniziazione e purificazione cui si sottoponevano gli adepti, alla promessa di felicit terrena, di salvezza eterna e di rinascita; a differenza della
religione ufficiale, depositaria dei valori della collettivit romana, il culto isiaco
ben rispondeva ai bisogni individuali in un momento di crisi dellImpero.
Diffusi pi in citt che nelle campagne e in zona attestati anche a Casamari e Atina,
i culti orientali scomparvero tra la fine del IV e la met del V secolo d. C., quando
furono assimilati dalla religione cristiana.

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Dal Museo alla citt

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LARTE FUNERARIA
E LE SEPOLTURE DI ETA
REPUBBLICANA ED IMPERIALE

La presenza militare, la creazione di un ceto dirigente legato a Roma e lascesa


successiva del ceto libertino si espresse in una vasta monumentalit e nella costruzione di necropoli centuriali, in area suburbana, e in diversi sistemi di sepoltura fuori dellabitato, lungo le due strade principali che conducevano alla citt da
sud e da est. Le tombe erano costruite e abbellite secondo limportanza e le risorse
finanziarie: da tombe semplici a cappuccina (cio formate da una cassa in terracotta a sezione triangolare), stele funerarie, cippi a pigna e cippi terminali che
delimitavano e segnalavano lampiezza dei recinti sepolcrali, urne cinerarie, fino
ai lussuosi mausolei cilindrici, ad altare o a dado decorati dai fregi dorici e continui con rilievi darmi, per celebrare e ricordare il grado dei militari di stanza a
Sora in seguito alla deduzione della colonia triumvirale.
Le testimonianze funerarie pi numerose risalgono ad un periodo compreso fra
la seconda met del I secolo a.C. ed il I secolo d. C., e non senza ragione: a partire da questo momento infatti che diventano sempre pi frequenti le attestazioni
di tombe erette per celebrare lo status sociale del defunto e, in un certo qual modo,
leroizzazione in quanto vir triumphalis. I monumenti, differenziati per tipologia
ed importanza, riflettono lideologia generata dai nuovi assetti istituzionali, politici, economici e sociali ed un inedito - almeno per la mentalit romana - culto
della personalit che preluder allindividualismo e allo spiritualismo dellet imperiale. Se nella prima et repubblicana le tombe erano generalmente prive di visibilit esterna e rispecchiavano una pratica riconducibile alla sfera privata o di
appartenenza alla collettivit, dal II secolo a. C. si afferm il gusto per lautocelebrazione attraverso la massima evidenza data ai sepolcri e lo sviluppo di monumentali architetture funerarie dotate di complessi apparati decorativi, epigrafici
e simbolici. I monumenti maggiori, come del resto i piccoli segnacoli, tuttavia,
non avevano una reale funzionalit, ma soltanto una valenza simbolica e celebrativa poich la tomba del defunto era posta sotto le fondazioni e le sue ceneri
in un cinerario, simile allesemplare conservato nel Museo, in genere provvisto di
una copertura dotata di un condotto libatorio.
Altri esempi attestati sono le are funerarie su cui periodicamente si svolgevano i
riti funebri, consistenti in una consumazione, in onore del defunto, di bevande e
cibi posti in vasi che spesso venivano poi frantumati e abbandonati a terra intorno
alla sepoltura. Le aree sepolcrali potevano avere dimensioni variabili, come do-

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cumentano i numerosi cippi terminali che assolvevano alla funzione di delimitare lo spazio legalmente consentito alla costruzione della tomba; allinterno del
recinto erano accolte, oltre ai monumenti funerari principali dei proprietari, le sepolture di interi nuclei famigliari, dei discendenti, dei liberti e anche degli schiavi.
Unarea funeraria in zona era esclusiva pertinenza di unassociazione ed era destinata alle sepolture dei propri membri, come testimonia unepigrafe del I secolo
d. C. rinvenuta nellarea di San Domenico, dedicata ai magistri Herculanii.
Altissima la frequenza di sepolture di liberti a partire dalla fine del I secolo d. C.,
attestata dal cospicuo numero di iscrizioni sepolcrali con nomi grecanici ed orientali e lindicazione del patronus, a volte egli stesso un liberto: la sovrabbondanza
di tituli sepolcrali (circa la met delle iscrizioni rinvenute nel territorio comunale)
dedicati a schiavi liberati o comunque con nomi e cariche tipici di tale condizione
si spiega con lascesa sociale ed economica di tale classe grazie allacquisto o comunque al lavoro di vasti appezzamenti agricoli o allo sfruttamento di attivit
produttive e al desiderio di supplire allesclusione dalla vita politica della citt
con lautocelebrazione funeraria. Linsistente e frequente menzione nelle iscrizioni
del sevirato, lunica carica accessibile ai liberti, serviva a tramandare la memoria
della loro partecipazione, se pur marginale, alla vita politica della comunit138.
Un mutamento radicale nellaspetto delle necropoli anche a Sora risale ad
unepoca successiva al III secolo d. C., quando si diffusero nuovi rituali di seppellimento, caratterizzati dal prevalere delle inumazioni sulle cremazioni, e si elaborarono nuove tipologie di monumenti funerari che divennero caratteristiche
delle necropoli tardo-antiche. Da questo periodo divenne sempre pi diffuso luso
di casse e sarcofagi per le deposizioni dei defunti e si svilupparono tipologie funerarie che rispondevano ad un nuovo rito funebre, rivolto principalmente alla
sfera famigliare e non pi teso alla celebrazione del defunto. I frammenti di un sarcofago marmoreo conservato nel Museo, la notizia di altri ritrovamenti di casse e
sarcofagi soprattutto nellarea di San Domenico, testimoniano levoluzione dei rituali sepolcrali per effetto delle religioni orientali e cristiana.

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FREGI DORICI
SPARSA AC DISIECTA MEMBRA
N

Blocchi di architrave - fregi dorici figurati con motivi darmi

misure del blocco con bucranio, due elementi floreali e gladio


(inv. 2039)
lunghezza cm 150
altezza cm 70
spessore cm 51

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misure del blocco con schinieri, elmo e scudo


(inv. 2031)
altezza cm 51
lunghezza cm 169
spessore cm 50

In questa sala sono esposti due blocchi in calcare locale di architrave decorati da
fregi dorici, scoperti nel 1927 in uno scavo occasionale a 3 m di profondit in Corso
Volsci n6 (anche oggi corrispondente al medesimo palazzo)139, insieme a vario
materiale funerario, nel medesimo luogo in cui precedentemente era stata rinvenuta lepigrafe funeraria edita in CIL X, 5749, oggi conservata nel Museo140. I blocchi, appartenenti allo stesso monumento funerario, sono decorati da una serie di
metope separate da triglifi laterali, in cui appaiono rilievi di vario tipo: un bucefalio (testa taurina) con infula (benda sacra), pronto al sacrificio, un rosone, una
margherita a 12 petali che alludono alle offerte floreali nei riti annuali dei Rosalia141,
un gladius (spada a lama corta) con impugnatura a pomello, chiuso nel fodero decorato e provvisto di cingulum (lacci e cintura per appendere la spada)142, uno
scudo semicilindrico con spina centrale, un elmo a calotta emisferica (del tipo
montefortino, ornato dal rilievo di una testa di ariete stilizzata e fornito di paraguance e due piccole corna in alto), e due tibiales (schinieri o parastinchi). Per tipologia ed apparato figurativo, i reperti risalgono alla fine I secolo a. C., ad un
periodo circoscritto fra il 40 ed il 20 a. C.
Larchitrave coronava, stuccato e dipinto, un monumento funerario a forma dal-

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tare con pulvini (e, tra laltro, un pulvino conservato nel Museo) o a dado; di
questultimo tipo a Sora resta un lato presso la chiesa di San Domenico.
Il repertorio ornamentale dei vari fregi dorici di cui il territorio fornisce numerosi
esempi consiste in fiori e soprattutto armi, in ricordo della consuetudine di
esporre le armi provenienti dal bottino di guerra allingresso della casa o sulla
tomba dei personaggi che si erano distinti militarmente. In particolare, i due blocchi rappresentano con realismo ed enfasi elementi figurativi che alludono alla condizione e al grado militare del defunto e ne permettono la datazione attraverso
una classificazione tipologica e tenendo conto del realismo che informa larte romana: se il bucefalio (la testa del toro prima di essere immolato) ed i fiori sono simboli della pietas e richiamano latto del sacrificio e gli onori funebri, le armi in
particolare i tibiales che proteggevano la gamba dalla caviglia al ginocchio - attengono alla sfera della virtus e rivelano che egli fu un ufficiale, forse di quella quarta
legione citata nelliscrizione CIL X, 5713; probabilmente aveva militato nei territori celtici al seguito di Cesare intorno alla met del I secolo a. C., dato il tipo di
elmo rappresentato, e poi era stato richiamato in servizio durante le guerre civili.
I monumenti coronati da fregi dorici sono una classe di sepolcri abbastanza diffusa nei territori romanizzati: in genere essi presentano una base a dado, una
sopraelevazione a naskos oppure una terminazione ad altare con pulvini. Per la capacit di coniugare linearit e modularit, i fregi dorici erano la decorazione pi
adatta a tali monumenti. Ad eccezione di pochi esempi, fino alla media et repubblicana lordine dorico fu ignorato e solo dal II secolo a.C. fu adottato dallarchitettura italica, adeguando i canoni ellenici alle nuove esigenze espressive e
operando la mediazione fra larte ellenistica ed il realismo romano, spesso con
commistione di altri stili. Dalle guerre di conquista della Grecia in poi, fra la fine
della guerra sociale e let triumvirale, esso si estese alluso civile e soprattutto
funerario: il severus mos doricorum ben corrispondeva, infatti, alla linea di rigore
morale e celebrativo voluto dalla propaganda augustea e perci si impose nellarchitettura funeraria, per rendere il funus simillimum triumpho e divenendo il
veicolo ideale per temi e messaggi inerenti la vita del defunto e lideologia funeraria. Il fregio dorico si diffuse in area campano-laziale, soprattutto in associazione della rappresentazione di armi, tra la fine del I secolo a. C. e i primi anni del
I secolo d. C., con lo scopo di celebrare, con il rigore formale di unarte sobria e ra-

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zionale, la fusione delle virt romane con le italiche, il rispetto della tradizione
ed il senso delle origini comuni, nellottica della pacificazione dopo la fine delle
guerre civili; per questi motivi, fu espressione del consenso al difficile compromesso sociale del principato di Augusto nelle regioni maggiormente interessate
dal cambiamento politico e simbolo della restaurazione necessaria alla costruzione dellImpero di cui Augusto era princeps per designazione divina e per adozione143.
Le tombe con fregi darmi appartenevano, infatti, ai soldati in congedo ricompensati con la distribuzione agraria, effettuata tra il 42 a. C. ed il 31 a. C.; del resto,
della centuriazione condotta con la limitatio Augustea restano tracce su terreno e
la notizia nel Liber Coloniarum144; anche liscrizione di Firmius (CIL X, 5713, esposta nella sala I) e le statue loricate sono ulteriore indizio di una massiccia presenza
di militari.
Altri trionfi darmi sono scolpiti in alcuni fregi continui, senza riquadri, poi reimpiegati nella costruzione dellabbazia di San Domenico.
Numerosi materiali di spoglio della vicina necropoli furono riutilizzati per la costruzione del monastero di San Domenico nellXI secolo e, dopo il terremoto del
1654, persino della chiesa di Santa Restituta.
La pratica del reimpiego di rovine det classica, consueta gi nellantichit, era divenuta abituale nel Medioevo, soprattutto durante la costruzione delle grandi fabbriche abbaziali dellOrdine benedettino, tra cui lAbbazia di Montecassino e di
San Domenico a Sora.
Edifici funerari furono smantellati e fornirono materiale prezioso per la costruzione della chiesa: blocchi lisci e modanati, fregi dorici e continui, epigrafi, capitelli, lacunari, cornici decorate da astragali e scene agresti145, elementi di
trabeazione, sarcofagi. Altri blocchi allinizio del XX secolo furono utilizzati per la
costruzione della vicina centrale idroelettrica146.
I viaggiatori del Grand Tour nei secoli XVIII e XIX subirono il fascino delle rovine
con cui lAbbazia era stata edificata su quellinsula Fibreni che aveva dato i natali
a Marco Tullio Cicerone e che loratore e politico romano aveva descritto nel De
Legibus e nelle lettere al fratello Quinto147.
Per tali viaggiatori, questo lembo di terra costituiva un perfetto equilibrio tra storia e natura poich vi era traccia dellutopia rappresentata dalla Saturnia tellus e

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dallet delloro; in questimmagine si coniugava il sublime dellantichit e il pittoresco del paesaggio, qui ampiamente rappresentati.
A ricordo della visita e delle suggestioni letterarie ed archeologiche evocate dal
luogo, uno dei tanti viaggiatori del passato, linglese Charles Kelsall, descrisse le
rovine e fece scolpire nel 1818 una lapide, prima interrata nellorto della clausura
abbaziale, al confine virtuale dei territori di Sora ed Arpinum, oggi murata nella
chiesa di San Domenico sopra la porta dingresso alla cripta della chiesa, nellala
di sinistra; le lettere sono quasi del tutto scomparse e scarsamente intelligibili148.
Il testo il seguente:

Siste viator si tibi placuerunt profueruntque


Arpinates chartae venerare incunabula
Marci Tullii Ciceronis et insulam Fibreni
ubi ipse officiis senatoriis negotiisque
forensibus solutus philosophia sublimi
amicorum coetu ruris amoenitate
animum ingentem reficere consuevit
Carolus Kelsall Anglus
de sua pecunia
MDCCCXVIII

Fermati, o viandante, se ti piacque e ti giov venerare le opere, le origini arpinati


di Marco Tullio Cicerone e lisola del Fibreno dove egli stesso, libero dai doveri politici e dagli impegni forensi, fu solito ritemprare il suo grande animo con la sublime filosofia, lincontro degli amici e la bellezza della campagna. Linglese
Charles Kelsall [fece scolpire] a proprie spese nellanno 1818.

Anche altri viaggiatori, lHoare o il Gregorovius, non mancarono di descrivere la


presenza di rovine antiche, attribuite alla villa di Cicerone, e accesero una diatriba
perdurata fino ad oggi149.

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Dal Museo alla citt

Il fenomeno artistico dei fregi dorici e continui, con rilievi darmi o fiori, a Sora e
in paesi limitrofi piuttosto diffuso; si riporta di seguito un elenco completo di altri
fregi dorici e continui presenti nel territorio sorano150.
- Fregio dorico rinvenuto a m 6 di profondit, durante la costruzione dellargine interno del fiume, a 250 m dal ponte San Lorenzo e oggi murato nella facciata della
chiesa di Santa Restituta, in marmo151.
- Fregio dorico riutilizzato nella costruzione del monastero annesso alla chiesa di
San Domenico abate, incassato nel lato destro del cortile, raffigurante due elementi
floreali. Calcare locale. Misure: lunghezza 69 cm, altezza cm 44, spessore non rilevabile152.
- Fregio dorico riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate, incassato nel lato esterno destro del cortile, raffigurante un rosone. Calcare locale.
Misure: lunghezza 70 cm, altezza 53 cm, spessore non rilevabile153.
- Fregio dorico riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate, incassato nel lato esterno destro della chiesa, raffigurante una patera ed un elemento
floreale. Calcare locale. Misure: lunghezza 79 cm, altezza 69 cm, spessore non rilevabile154.
- Fregio dorico riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate, incassato in posizione capovolta nel lato esterno sinistro in alto, raffigurante un fiore
dacanto ed un bucranio. Calcare locale. Misure non rilevabili per laltezza di posizionamento155.
- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate,
individuabile nella parete destra, raffigurante un elmo crestato ed unarma di incerta identificazione (uno spallaccio?). Misure: altezza cm 56, larghezza cm 81,

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spessore non rilevabile156.


- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate,
individuabile nella parete destra, raffigurante le falerae. Misure: lunghezza 56 cm,altezza 72 cm, spessore non rilevabile157.
- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate,
individuabile nella parete destra, raffigurante due insegne militari. Misure: lunghezza 123 cm, altezza 58 cm, spessore non rilevabile158.
- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate,
individuabile nella parete destra, raffigurante le falerae e linsegna di aquilifer, di
cui resta solo la traccia. Misure: lunghezza 58 cm, altezza 146 cm, spessore non rilevabile159.
- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione della chiesa di San Domenico abate,
individuabile nella parete destra, raffigurante elementi dellequipaggiamento militare (hasta, pilum, scutum, lorica, gladius, manica). Misure: lunghezza 52 cm, altezza
155 cm, spessore non rilevabile160.
- Fregio continuo incassato nella cripta della chiesa di San Domenico abate, raffigurante elementi dellequipaggiamento militare (due schinieri, galea, lorica, parma).
Misure: lunghezza 170 cm, altezza 60 cm, spessore non rilevabile161.
- Fregio continuo riutilizzato nella costruzione dellala destra del monastero annesso alla chiesa di San Domenico abate, raffigurante vari elementi floreali su alta
modanatura inferiore costituita da una tenia piatta, un listello e due gole. Misure:
lunghezza cm 87, altezza cm 57, spessore non rilevabile162.
- Fregio continuo individuato in via DAnnunzio, 2 (adiacenze via Napoli). Il blocco
in calcare locale, capovolto in loco e molto corroso, delimitato in basso ed in alto
da una tenia alta cm 6. Da sinistra, nellordine, raffigura a forte rilievo un tondeggiante clipeus, quindi una parma con umbone centrale, sovrapposta leggermente alla
precedente arma, poi un elemento ovoidale non ben identificabile in un preciso oggetto e, in ultimo, una galea provvista di visiera, paranuca e largo paraguancia. Sulla
superficie posteriore, si nota un incavo destinato allalloggiamento di una grappa
metallica. Misure: lunghezza cm 141, altezza cm 55, spessore cm 46163.
- Fregio dorico riutilizzato, capovolto, nella costruzione del basamento del campanile della chiesa cattedrale di Santa Maria assunta, raffigurante tre elementi floreali. Calcare locale. Misure: lunghezza 98 cm, altezza 35 cm, spessore cm 50164.

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Dal Museo alla citt

LE TIPOLOGIE DI MONUMENTI
ATTESTATI NEL TERRITORIO

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1. Monumento a dado o ad altare

I fregi dorici esposti sono lelemento decorativo che tipicamente coronava i monumenti funerari a dado o ad altare, costruiti con lintenzione di celebrare e venerare il defunto ad imitazione delle strutture templari. Di derivazione orientale,
tale tipologia ebbe grande diffusione nelle citt italiche ma anche nelle province
romanizzate tra il I secolo a. C. ed il I secolo d. C. e conobbe un progressivo adattamento ed evoluzione da forme pi semplici a dimensioni imponenti. In effetti,
un lato di un grandioso monumento a dado addossato alla chiesa di San Domenico, che fu appunto costruita con materiale di spoglio del sepolcreto ed in particolare anche con i blocchi perfettamente lavorati del monumento in esame. La
struttura composta da un nucleo in opera cementizia ricoperto da un paramento
di blocchi rettangolari in travertino posti di testa e di taglio e poggia su un podio
alto 3 m, visibile dal lato interno del parcheggio e dal prato laterale alla chiesa, che
si innalza da una quota inferiore rispetto al piano di calpestio odierno; al suo interno, una camera con volta a botte raggiungibile da unapertura e da uno stretto
corridoio. Sul podio in origine si impostava un parallelepipedo che ospitava la
camera superiore a pianta quadrata, di cui resta il lato di fondo e lattacco delle pareti laterali per una larghezza complessiva di m 7,23. Il monumento doveva essere
coronato da pulvini o acroteri angolari a palmetta, fregi ed elementi architettonici
che conferivano un aspetto assai simile a quello templare165. Nei casi conosciuti in
zona e affini per tipologia, la struttura architettonica era caratterizzata da alcuni
elementi ricorrenti: la scansione della superficie del monumento da lisce paraste
di ordine tuscanico, fra cui era inserito lo spazio per la tabula funeraria, o da
figurazioni celebrative che esprimevano il livello sociale del defunto scolpite sullarchitrave. Altri esempi in zona di elementi architettonici di decorazione e di integrazione della struttura oltre ai blocchi di architrave con fregi dorici descritti
in seguito - sono il blocco angolare di un monumento funerario, decorato da lesena sormontata da capitello a sof con foglia dacqua centrale, o il blocco con fregio dorico raffigurante nella metopa di destra due scudi ovali e, in quella di
sinistra, un bucranio, riutilizzati nella costruzione della chiesetta di Santo Stefano
a Vicalvi166, oppure la lastra, pertinente ad una struttura tombale, con scena di
combattimento gladiatorio, murata in unabitazione di Castelliri, o ancora il fre-

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gio sistemato nellatrio della chiesa di Santa Maria del Campo ad Alvito167. Altro
elemento decorativo di simili monumenti, anche nella versione meno imponente
e monumentale, il busto conservato nella clausura di San Domenico, originariamente inserito in una nicchia.
2. Monumento a corpo cilindrico

Una diversa tipologia di monumento funerario trova inedita possibilit di ricostruzione con i materiali rinvenuti durante i lavori di restauro degli anni 90 effettuati nellAbbazia di San Domenico, accatastati nel prato antistante il lato
sinistro della chiesa, e con i blocchi curvilinei e modanati riutilizzati e perfettamente adattati alle dimensioni delle absidi della chiesa, pertinenti ad almeno sei
monumenti funerari a corpo cilindrico di diversa ampiezza168.
Infatti la prima abside, da sinistra, poggia su di una zoccolatura composta da cinque blocchi modanati, labside centrale su nove blocchi, di cui il secondo da sinistra scolpito da kyma ionico databile alla fine del I secolo d.C.169, la terza abside
su sei cornici.
Nel prato, nei pressi della parete sinistra della chiesa, sistemato un frammento
del corpo cilindrico di un monumento funerario e sei frammenti della zoccolatura di un altro.
In dettaglio e a titolo esemplificativo, attraverso il rilievo della curvatura dei singoli frammenti su cui poggiano le absidi e dei blocchi sistemati nel prato, possibile ricostruire in via ipotetica la dimensione di almeno sette tombe a pianta
circolare che qui sorgevano e che poi hanno fornito ottimo materiale di costruzione dellAbbazia. Le tombe cilindriche, differenti per dimensioni e volumetria,
risalgono al periodo augusteo e, a giudicare dal kyma ionico e dagli elementi decorativi datanti, anche al I-II secolo d. C. inoltrato, quando evidentemente il sepolcreto conobbe una fase di ampliamento e ristrutturazione.

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1 monumento: la terza cornice della prima abside da sinistra apparteneva ad un


monumento circolare del diametro di m 3,67;
2 monumento: la seconda cornice dellabside centrale (quello decorato da kyma
ionico) era parte di un monumento circolare del diametro di m 4,74;
3 monumento: la settima dellabside centrale apparteneva ad una tomba del diametro di m 8,30;
4 monumento: la quarta cornice della terza abside di destra era parte di una
tomba circolare del diametro di m 3,18;
5 monumento: i blocchi C,D,E,F,G, alti circa cm 34, sistemati nel prato accanto alla
chiesa sono pertinenti ad un monumento del diametro di 10,20 m; (v. p. 116)
6 monumento: il frammento A, alto cm 55 e spesso cm 25, costituisce invece parte
del tamburo di un monumento del diametro di circa m 2,45; (v. p. 116)
7 monumento: il frammento B, alto circa cm 33, apparteneva ad una tomba dal
diametro di m 8. (v. p. 116)
La tipologia di edificio funerario circolare, ampiamente diffusa tra la seconda met
del I secolo a.C. ed il I secolo d. C. per influsso del modello costituito dal colossale
mausoleo che Augusto fece costruire a Roma ed importato dallOriente ellenistico170, era costituita da uno zoccolo generalmente cubico, da un corpo intermedio a tamburo dal diametro di dimensioni comprese fra 6 e 18 m, nel quale erano
inseriti liscrizione ed eventuali decorazioni, e da una bassa copertura conica. Allinterno era ricavata la camera sepolcrale, con pareti movimentate da nicchie per
le urne cinerarie e finestre e da altri elementi, anche questi riutilizzati nella costruzione della chiesa abbaziale, come un blocco rettangolare con lato di base curvilineo.
Il costo elevato del terreno e della costruzione, della decorazione e del mantenimento di siffatti monumenti inducono a credere che tra la fine del I secolo a. C. e
i due secoli successivi la citt conobbe un elevato impulso urbanistico ed economico grazie alla presenza di un ordine politico e di una nuova classe egemone,
forse quella creatasi dopo la terza deduzione coloniale del 126 d. C., se tale notizia non priva di fede.

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SARCOFAGO

Provenienza:
ignota; fino al 2000 sistemato nella chiesa di Santa Restituta. Come per altri materiali ivi conservati o murati, possibile la provenienza dallarea di San Domenico171.
Materiale e stato di conservazione:
marmo italico; frammento della lastra frontale e del fondo.
Dimensioni:
altezza cm 45
larghezza massima cm 43
larghezza del fondo cm 34,5
Datazione: III IV secolo d. C.

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Frammenti della lastra frontale e del fondo della cassa rettangolare di un sarcofago
con strigilature (scanalature a doppia S, come la forma dello strigile, un attrezzo
usato per la pulizia della pelle) convergenti verso il centro; allestremit superstite rappresentato un pilastrino le cui scanalature sono rese da una doppia serie
di baccellature, sormontata da un capitello a foglie lisce. Al centro doveva trovarsi
una tabula per liscrizione funeraria o un clipeo (un tondo) con immagine del defunto172.
Il sarcofago una tipologia di sepoltura assai diffusa in tarda et imperiale,
quando linumazione sostitu lincinerazione, proibita dalle religioni orientali e
dal Cristianesimo; tale tipologia di sarcofagi, realizzati allinterno di officine di
marmorarii - non attestati in zona -, soddisfaceva una committenza di censo elevato. Nel territorio altri esempi, di diversa fattura e decorazione, sono stati documentati in passato173.

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ISCRIZIONI FUNERARIE
Iscrizione
(inv. 2032)

Provenienza: ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco in calcare locale; specchio epigrafico lavorato in piano e riquadrato da un
listello e da una gola rovescia; la restante superficie lavorata a bocciarda.
Misure:
altezza cm 62
larghezza cm 49
spessore cm 42
lettere cm 3-5
Datazione: II secolo d. C.
D(is) M(anibus)
L(ucio) Virio Fortunato
Viria Fortunata et
Natalis parentes
filio pientissimo

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Agli dei Mani, per il devotissimo figlio Lucius Virius Fortunatus [fecero] i genitori Viria Fortunata e Natalis.

Liscrizione ricorda che la tomba res religiosa e perci resa inviolabile dalla tutela degli dei Mani (le anime dei morti divinizzate). I genitori dello sfortunato Lucius Virius Fortunatus erano di differente condizione sociale ed economica: infatti
la madre doveva essere di nobili origini perch ha il gentilizio Viria174, perch precede nella dedica il padre e perch il figlio assunse il nomen dalla madre; del resto
il padre identificato con un solo nome e perci probabile che fosse un servo.
Nella seconda linea la F aplografa, cio aggiunta successivamente e pi alta delle
altre lettere175.

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Iscrizione
(inv. 2027)

Provenienza, modalit di rinvenimento e anno:


Sora, tra i materiali di spoglio impiegati nella ricostruzione secentesca della chiesa
di Santa Restituta e sistemati negli ambienti della torre campanaria durante lavori di restauro effettuati nel 1999; come altro materiale qui depositato probabile
la sua provenienza dallarea funeraria romana di San Domenico176.
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco in calcare locale a base espansa, zoccolatura e cimasa scontornata e modanata, coronato da timpano con piccola patera ombelicata centrale; sulle superfici
laterali, rilievi di un urceus e di una patera ombelicata.
Misure:
altezza cm 72
larghezza cm 30
spessore cm 35
lettere alte cm 4
Datazione:
seconda met del I secolo d. C.

D(is) M(anibus)
Q(uinto) Curtidi[o]
Chresimo
Q(uintus) Curtidi[us]
Primus
[-]atri

Agli dei Mani, Quintus Curtidius Primus [fece] per il padre [o per il fratello] Quintus Curtidius Chresimus
Lara era posta sulla tomba di Quintus Curtidius Chresimus e rappresentava in
scala un monumento funerario del tipo a forma di tempio.
Ai lati del blocco sono raffigurati un urceus e una patera, la brocca ad unansa e la

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scodella usate per la libagione di miele, vino, latte ed acqua durante i riti funebri
dei Parentalia (dal 13 al 21 febbraio), dei Rosalia (maggio e giugno) e dei Lemuria
(dal 9 al 13 maggio), celebrati nella seconda met di febbraio, assai simili alle
odierne festivit dei Defunti. La dedica agli dei Mani serviva ad invocare gli spiriti dei morti divinizzati a protezione della tomba, divenuta res religiosa, e a garanzia della sua inviolabilit da eventuali manomissioni e profanazioni177.
Lepigrafe informa che lerede Quintus Curtidius Primus fece costruire lara per
Quintus Curtidius Chresimus, il cui cognomen grecanico Chresimus attestato anche
in unepigrafe di Via Roma ad Isola del Liri, edita in CIL X, 5696 e in altre iscrizioni
di Sora - era in genere diffuso fra schiavi o liberti (ex schiavi) ed i loro discendenti178. Nelliscrizione di Isola il Chresimus citato un sevir Augustalis, una magistratura in voga in et augustea ma gi in declino alla fine del I secolo d.C., quando
pi difficilmente si trovarono plebei arricchiti desiderosi di fregiarsi di titoli che
portavano un po di lustro e grandi spese. Infatti gi nella prima met del II secolo
d. C. i monumenti di seviri sono quasi scomparsi, Per tutti questi motivi, insieme
alla dedica agli dei Mani in genere indicata proprio nel I-II secolo d.C. e al fatto
che il nome del dedicante sia in nominativo, liscrizione risale ad un periodo compreso fra la fine del I sec. e la prima met del II secolo d.C.

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Cippo terminale
(inv. 2042)

Provenienza, modalit ed anno di rinvenimento:


Sora, viale San Domenico (in localit Pozzo Pantano, a m 2 di profondit), intorno
al 1980.
Tecnica di esecuzione e materiale:
cippo centinato in calcare locale con zoccolatura grezza per interro
Misure:
altezza cm 120
larghezza cm 43
spessore cm 42
lettere alte cm 9
Datazione: I secolo d. C.

In fr(onte) p(edes) XIII (tredecim)

[Il lato dellarea sepolcrale] sul fronte stradale [misura] 13 piedi179

Il cippo serviva a dichiarare lestensione del recinto funerario di propriet del defunto ed eventualmente della sua trasmissibilit ai suoi eredi; esso era interrato
fino a coprire la zoccolatura grezza e sistemato in corrispondenza del ricettacolo
delle ceneri oppure ai quattro angoli di un edificio tombale. Lepigrafe in esame
prescrive una larghezza sul fronte stradale di 13 piedi romani, pari a m 3,84;
spesso in questo tipo di cippi indicata anche la misura del lato interno dellarea
sepolcrale occupata con la formula in agr(o) p(edes) (in campagna).
Il cippo proviene dalla necropoli sorta ai lati dellasse centuriale di prolungamento del decumanus maximus (oggi via Napoli, viale San Domenico e S.S. n 82
della valle del Liri) e costituita da tombe di diversa epoca, fattura, dimensione e
importanza: a cappuccina (un tipo di sepolcro formato da una cassa e da una copertura in terracotta), recinti sepolcrali, segnacoli a pigna ed imponenti monumenti funerari a pianta quadrangolare o rotonda abbelliti da fregi180.

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Una lastra riutilizzata nel medioevo


Materiale e stato di conservazione:
calco di originale in marmo collocato attualmente nella facciata della chiesa di
Santa Restituta181. Lastra marmorea opistografa, cio recante sul recto (il lato con
liscrizione pi recente) lepigrafe del privilegio di Carlo II dAngi del 13 novembre
1292 e sul verso (la faccia con epigrafe pi antica) di uno dei quattro frammenti unepigrafe funeraria del I secolo d.C., sormontata da una modanatura alta cm 10, formata da un listello e una gola, con cui si documenta il restauro di un monumento
funerario di Magia, figlia di Lucio182.
Misura complessiva della lastra:
larghezza cm 207, altezza cm 34; misura dellepigrafe romana:larghezza cm 105,
spessore: cm 7,5, altezza cm 34.Lepigrafe medievale ha lettere alte cm 1,03, in maiuscolo lapidario romano con modifiche onciali
[]ria L(ucii) F(ilia) Magia S[]
cuius refectio

Unaltra lastra era murata, fino al 1999 anno dei restauri alla chiesa di Santa Restituta -, ed ora conservata nel deposito del museo. Sulla lastra liscrizione
A D MCCXXVI (Anno Domini millesimo ducentesimo vigesimo sexto)

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Liscrizione medievale riporta un privilegio con cui il re Carlo II dAngi nel 1292
concedeva un provvedimento particolare e un trattamento pi favorevole a Sora,
proclamando la sua diretta annessione al Regno, sottraendola cos al controllo e
allingordigia del vassallo Jacques de Burson ed esaudendo le vive preghiere dei
sudditi, stanchi dei suoi soprusi.
La collocazione attuale dellepigrafe rispecchia e conserva nel tempo la centralit
e limportanza istituzionale e religiosa di piazza Santa Restituta183.

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IL MUSEO NEL MUSEO


Cippo funerario
(inv. 2035)

Provenienza, modalit ed anno di rinvenimento:


Sora, viale San Domenico, secolo XIX; trasportato nella Sottoprefettura (oggi
Museo) alla fine del XIX secolo, fu utilizzato nella ricostruzione del palazzo, dopo
il terremoto del 1915, come lastra pavimentale e riscoperto durante il recente restauro
Materiale e tecnica di esecuzione:
calcare locale, cippo centinato con zoccolatura grezza per interro
Misure:
altezza cm 114
larghezza massima cm 51
spessore cm 26
lettere alte cm 5 (1 linea), cm 4 (2 e 3 linea)
Datazione: I secolo d. C.

C(aii) Helvi C(aii) l(iberti)


Philonici
Helvia C(aii) l(iberta) Artimyd<e>
colliberta
de [su]o feci<t>

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[Tomba] di Caius Helvius Philonicus, liberto di Caius.


La colliberta Helvia Artimyde, liberta di Caius, fece a proprie spese184.

Il cippo, originariamente piantato a terra nel sepolcreto esteso nei pressi dellattuale viale San Domenico, segnalava la tomba del liberto Caius Helvius Philonicus
e fu scolpito a spese della liberta Helvia, forse sua moglie. Il termine colliberta indica che entrambi erano stati al servizio dello stesso padrone, Caius Helvius, che
li aveva emancipati (affrancati).
I liberti assumevano il praenomen ed il nomen del patronus, aggiungendo eventualmente il cognomen, spesso di origine greca o orientale; le liberte, invece, veni-

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vano chiamate con il nomen del patronus al femminile e con il cognomen.


I liberti, dopo lemancipazione, diventavano liberi e dotati di molti dei diritti di
un cittadino romano ingenuo, cio nato libero, pur rimanendo legati allantico
padrone da motivi di opportunit economica e sociale.
Le altre epigrafi e il materiale architettonico del lapidarium

In questa appendice sono raccolte e documentate quelle epigrafi rinvenute a Sora


soprattutto tra la fine del secolo XVIII e la prima met del secolo seguente, trascritte per visione diretta nel 1876 o grazie a precedenti contatti epistolari con altri
studiosi (lHelbig e il Brunn) e con eruditi locali da Teodoro Mommsen nel X libro
del CIL (dal n 5708 al n 5778); altre epigrafi furono notate e descritte dagli ispettori di zona Salvatore Aurigemma, Antonio De Nino, Giuseppe Fiorelli e Giustiniano Nicolucci in Notizie Scavi dAntichit (NSc 1879, 17-18; 1879, 117-119; 1880,
391; 1910, 294-312).
Delle circa 95 iscrizioni (di cui due rupestri) di cui ebbero notizia gli studiosi, oggi
solo 22 sono conservate nel Museo. Non tutte finora hanno trovato spazio nellallestimento e per questo nellesposizione si preferito adottare un criterio di
esemplarit. Il materiale sistemato nei corridoi e nel deposito in massima parte
funerario e consiste in un pulvino, un cippo a pigna e 13 iscrizioni che provengono
dalle aree sepolcrali che si estendevano ai margini delle principali strade daccesso alla citt, nei pressi delle via Sora Cereatae e Sora-Fregellae (corrispondente
allattuale S.S. n 82 della valle del Liri, denominata viale San Domenico e via Napoli nellambito del territorio comunale), Sora-Atina (oggi via Roma e via Sferracavallo in sede urbana e S.S. delle Vandre in area extra-comunale), Sora-Antinum
(corrispondente allattuale S.S. n 82 della valle del Liri, denominata via Marsicana
in ambito comunale). Le iscrizioni furono raccolte nel corso della seconda met del
XIX secolo, allorch si tent di istituire un Antiquarium. Uniscrizione funeraria,
rinvenuta in localit Madonna della Quercia in un fondo di propriet Mobilj Carrara, fotografata alla fine degli anni 70 allinterno del palazzo municipale, oggi
non risulta reperibile: presumibilmente, anche per le ridotte dimensioni, stata
trafugata185.

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Nel complesso, le epigrafi conservate nel Museo sono catalogabili in:


1) cippi terminali
2) cippi con indicazione confinaria e/o nome del defunto e talvolta del dedicante
3) cinerario
4) ara o blocco
5) sacre
6) commemorative/ onorarie
7) su un segnacolo di tomba.

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In buona parte le epigrafi funerarie provengono dunque da necropoli costruite


successivamente alla seconda colonizzazione (seconda met del I secolo a. C.) per
evidenti necessit di un nuovo ceto dirigenziale che desiderava celebrare la propria dignit con una monumentalit ricercata e corrispondente alla moda architettonica invalsa nel periodo. Pi tardi - fra la fine del I sec. d. C. e tutto il secolo
successivo i sepolcreti furono utilizzati anche da liberti, le cui tombe sono riconoscibili dalle epigrafi con cognomina greci ed orientali; probabilmente discendenti degli schiavi condotti a Sora nellambito della colonizzazione della fine
dellet repubblicana, riuscirono ad innalzare il proprio status economico e sociale grazie alla creazione di imprese agricole e artigianali (tra le epigrafi conservate una dedicata ad un patronus vestiarius, produttore di stoffe, unaltra ad un
veterinario) di grande impulso alleconomia locale e allintroduzione di culti
orientali.
Laltissima ricorrenza di personaggi di condizione libertina nel repertorio epigrafico non quindi casuale, ma spiegabile con lascesa economica di tale ceto o il tentativo di affermare un ruolo sociale e politico marginale.
In appendice, riportata uniscrizione scolpita sulle finestre del palazzo Mobli
Carrara, ben pi tarda, presente in allestimento.

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Cippi, iscrizioni, blocchi, are

1) I cippi terminali
In origine essi erano infissi nel suolo fino alla zoccolatura grezza e posti ai quattro
angoli del recinto o degli spigoli esterni delledificio funerario. I tre cippi conservati nel Museo recano il titulus pedaturae, cio lindicazione dellestensione del terreno di propriet destinato alla sepoltura, talvolta acquistato in vita, del defunto e
dei suoi eredi; le dimensioni sono espresse secondo due parametri consueti, relativamente al fronte della strada (in fronte) su cui di norma si allineavano le tombe,
e verso la campagna (in agro), formulate in piedi romani.
2) I cippi funerari
Il titulus pedaturae pu trovarsi anche insieme ad un titulus maior, cio uniscrizione
non limitata ad unindicazione numerica, ma provvista di informazioni onomastiche sul dedicante e il dedicatario e posta a segnalare un ricettacolo per le ceneri
posto sotto terra. I cippi di tale tipologia conservati nel Museo sono cinque.
3) Uniscrizione su blocco cinerario
Il blocco era destinato ad accogliere le ceneri del defunto nominato nelliscrizione.
4) Blocchi e are funerarie
Otto iscrizioni sono su are funerarie, utilizzate per svolgere periodicamente i riti funebri della libagione e per segnalare la sepoltura sottostante delle ceneri del defunto;
altre sono su blocchi originariamente inseriti in monumenti di pi vaste proporzioni.
5) Le iscrizioni sacre
Le tre epigrafi sacre (Martei, CIL X, 5708 e Minervae) sono ben pi antiche, poich
risalgono ad un periodo compreso fra il II ed il I secolo a.C., quando avvenne a pi
riprese la sistemazione dellarea sacra del tempio romano, dallaltomedioevo trasformato in chiesa cattedrale ed in seguito intitolato a Santa Maria assunta.
6) Le iscrizioni commemorative e onorarie
Le due iscrizioni edite in CIL X, 5713 e 5714 assolvevano al compito di commemorare ma anche elogiare limpegno politico e sociale di due personaggi politici
di spicco, vissuti a distanza di circa un secolo. Una era la base di una statua in publico posita.
7) Iscrizione su operculus urnae
Un segnacolo di tomba (comunemente definito cippo a pigna).

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1. Cippo funerario
(inv. 2028)

Provenienza, modalit ed anno di rinvenimento:


Sora, presso via Marsicana, durante i lavori di sistemazione nel 1980 degli argini
del torrente Lacerno
Materiale e tecnica di esecuzione:
cippo centinato in calcare locale.
Dimensioni:
altezza cm 105
larghezza cm 53
spessore cm 34
lettere alte cm 5-7
Datazione:
I secolo d. C.
V(ivus fecit)
M(arcus) Marcius
M(arci) l(ibertus) Agrippa

sora

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dellamediavalledelliri

Il cippo funerario segnala la tomba di un certo Marcus Marcius Agrippa, liberto di


un Marcus Agrippa186. Lespressione vivus (o vivus fecit) significa che larea sepolcrale fu acquistata e il monumento commissionato da Marcus Marcius Agrippa
quando egli era ancora in vita, forse per sfiducia nei confronti degli eredi o nella
perizia del costruttore.

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2. Cippo funerario
(inv. 2055)

Provenienza:
Sora, localit Madonna della Quercia (rinvenuto in un fondo del signor Mobili Carrara), nei pressi dellantica via delle tombe tra Sora ed Atina.
Materiale:
calcare locale
Misure:
altezza cm 38
larghezza cm 46
spessore cm 32
lettere alte cm 7 (1 linea) e 6,5 (2 e 3 linea)
Datazione:
I secolo d. C.
Rupiliae
T(iti) l(ibertae) Amaryl(lidi)
in fr(onte) p(edes) XVI

[Monumento funerario] di Rupilia Amaryllis, liberta di Titus [Rupilius]. Sul lato


della strada [esso misura] 16 piedi187.

Il cippo delimita larea sepolcrale, larga sul fronte stradale circa 5 m. Il cognomen
Amaryllis tipicamente servile e tradisce lorigine greca.

100

3. Cippo funerario
(inv. 2029)

Provenienza:
ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
cippo centinato in calcare locale
Misure:
altezza cm 93
larghezza cm 44
spessore cm 32
lettere alte cm 3-0,7
Datazione: prima met del I secolo d. C.
[-] ai C(aii) l(iberti)
[-] Rom(ilia tribu)
i[n fronte] ped(es) XII

[Monumento funerario] di Caius, liberto di Caius, della trib Romilia; [esso misura] sul lato stradale 12 piedi188.

sora

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Il cippo prescrive lestensione del recinto sepolcrale sul fronte stradale, pari a circa
3,5 m.

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4. Cippo funerario
(inv. 2044)

Provenienza:
ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
cippo centinato in calcare locale
Misure:
altezza cm 116
larghezza cm 44
spessore cm 45
lettere alte cm 5-6
Datazione: I secolo d. C.

v(ivus fecit)
M(arcus) Septumiu[s]
M(arci) l(ibertus) Felix
patrono
sibi et suis

[Costru] da vivo Marcus Septumius Felix, liberto di Marcus, per il patronus, per s
ed i suoi189.

Il liberto Marcus Septumius Felix costru la tomba da vivo non solo per s ed i suoi
parenti, ma anche per il patronus, forse quel Marcus da cui era stato affrancato. La
formula v(ivus fecit) significa che larea sepolcrale fu acquistata e il monumento
commissionato da Marcus Septumius Felix quando egli era ancora in vita, forse
per scarsa fiducia nei confronti degli eredi o nella perizia del costruttore.

102

5. Iscrizione funeraria
(inv. 2030)

Provenienza:
ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco centinato in calcare locale
Misure:
altezza cm 80
larghezza cm 50
spessore cm 32
lettere alte cm 4-5
Datazione: I secolo d. C.
L(ucii) Renni
[L(ucii)] l(ibertus) Chresimi
VIvir(i)
[U?]mbeiae (mulieris) l(ibertae)
Primigeniae

sora

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[Monumento funerario] del seviro Lucius Rennius Chresimus, liberto di Lucius, e


di Umbeia Primigenia, liberta di Umbeia.

Liscrizione funeraria attesta la propriet di un recinto sepolcrale da parte del seviro Lucius Rennius Chresimus, liberto di Lucius Rennius, e di Umbeia Primigenia, liberta di Umbeia, forse moglie di Lucius Rennius. La carica di seviro era lunica
concessa a chi non fosse di libera nascita. Il liberto, dopo la manomissione, assumeva il praenomen ed il nomen (gentilizio) del patronus, le donne di nascita servile
acquisivano il nomen della patrona. I cognomina Chresimus e Primigenia, oltre ad essere tipici nomi di schiavo, sono frequenti in et augustea e tradiscono lorigine
greca190.

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6. Ara funeraria
(inv. 2031)

Provenienza: ignota
Materiale e tecnica di esecuzione:
calcare locale; scontornato da modanatura superiore formata da listello e doppia
gola rovescia e dalla modanatura inferiore a gola rovescia
Misure:
altezza cm 95
larghezza cm 50
spessore cm 51
altezza lettere cm 3,5-0,7
Datazione: II secolo d. C.
D(is) M(anibus)
Pacciae Mu+[-]
Donatae
M(arcus) Tossius Gal[(eria tribu?)]

Agli dei Inferi. Per Paccia Munda Donata [fece lerede] Marcus Tossius della trib
Galeria191.
Lara fu eretta da Marcus Tossius, forse marito o comunque erede di Paccia Donata,
il cui cognomen tradisce lorigine servile.

104

7. Iscrizione funeraria
(inv. 2059)

Provenienza: dal territorio sorano


Materiale: calcare locale
Misure:
altezza cm 63
larghezza cm 41
spessore cm 30
lettere: 1 linea: cm 6,5; 2 linea: cm 6
Datazione: I secolo a. C. inizi I secolo d. C.
L(ucii) Voltili P(ublii) l(iberti)
Philoclis

[Tomba] di Lucius Voltilius Philoclis, liberto di Publius192.

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Liscrizione abbastanza antica poich il liberto non ha lo stesso prenome del padrone che lo affranc193.

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8. Iscrizione funeraria
(inv. 2038)

Provenienza: rinvenuta presso la via Vecchia (Sora, viale San Domenico)


Materiale e tecnica di esecuzione: cippo centinato in calcare locale
Misure:
altezza cm 58
larghezza cm 53
spessore cm 28
altezza lettere cm 5- 4,5
Datazione: I secolo d. C.
[C(aio)] Naevio C(aii) l(iberto) Antioch[o]
patrono vestiario
[C(aio) Na]evio C(aii) l(iberto) Antiocho l(iberto)
[Is]timiniae P(ubliae) l(ibertae) Secundae
[C(aio) N]aevio C(aii) l(iberto) Diogeni conlibe[rtus]
Naeviae C(aii) l(ibertae) Dorchae
Diogenis libertae

A Caius Naevius Antiochus, liberto di Caius (Naevius), produttore di stoffe, a Caius


Naevius Anthiocus, liberto di Caius (Naevius), a Istiminia Secunda, liberta di Publia,
al conliberto Caius Naevius Diogenes, liberto di Caius (Naevius), a Naevia Dorcha, liberta di Caius (Naevius), liberta di Diogenes.

Liscrizione ricorda la sepoltura collettiva di liberti nella necropoli sorta nei pressi
di viale San Domenico e documenta la presenza in zona di unindustria produttrice di stoffe, di cui Caius Naevius Antiochus era il proprietario o il gestore, magari
per conto dellex padrone Caius Naevius . Un altro personaggio citato il colliberto
Caius Naevius Diogenes, che insieme a Caius Naevius Antiochus era stato al servizio
dello stesso padrone che poi li aveva emancipati (affrancati). Caius Naevius Diogenes era diventato tanto ricco da potersi permettere una schiava, Naevia Dorcha,
che in precedenza era stata al servizio del suo antico padrone194.

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9. Iscrizione funeraria
(inv. 2033)

Provenienza: rinvenuta a 500 passi prima di Sora verso Isola, insieme alle statue
loricate e alliscrizione edita in CIL X, 5778195.
Materiale e tecnica di esecuzione:
calcare locale, cippo centinato con zoccolatura grezza per interro
Misure:
altezza cm 80
larghezza cm 42
spessore cm 34
lettere alte cm 7 (1 linea), cm 6 (2 linea)
Datazione: I secolo d. C.
C(aii) Arri C(aii) l(iberti)
Atti

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[Tomba] di Caius Arrius, liberto di Caius Attius196.

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10. Iscrizione funeraria


(inv. 2024)

Provenienza:
Sora, Corso Volsci 6
Materiale e tecnica di esecuzione: calcare locale; blocco scontornato da listello
aggettante
Misure:
altezza cm 43
larghezza cm 91,5
spessore cm 45
lettere: 1 linea cm 7,5; 2 linea cm 7
Datazione: fine I secolo a. C.
M(arci) Pomponi M(arci) f(ilii)
Menae

[Tomba] di Marcus Pomponius Mena, figlio di Marcus197.

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11. Iscrizione funeraria


(inv. 2034)

Provenienza:ignota
Misure:
altezza cm 58
larghezza cm 72
spessore cm 39
lettere alte cm 11
Datazione: fine I secolo a. C.
Valeri M(arci) f(ilii)
[Ro]m(ilia tribu)

[Tomba] di Valerius, figlio di Marcus, della trib Romilia198.

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Liscrizione era il titulus di un monumento funerario di vaste proporzioni.


Lindicazione della trib si diffuse dopo la concessione della cittadinanza romana
(89 a. C.) e comunque prima del censimento del 70-69 a. C.

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12. Iscrizione funeraria


(inv. 2036)

Provenienza: extra portam S. Laurentii in aedicula S. Petri Caelestini (Sora, largo San
Lorenzo)
Misure:
altezza cm 48
larghezza cm 89,5
spessore cm 63
lettere alte nella 1 linea cm 7,5, nella 2 cm 6, nella 3 cm 5,8
Datazione: inizi I secolo d. C.
Plotulena[e]
C(aii) [l(ibertae)] Rufae
C(aius) Pontius Surus d(e) s(uo fecit)

[Tomba] di Plotulena Rufa, liberta di Caius. Caius Pontius Surus costru a sue
spese199.

110

13. Urna cineraria con iscrizione funeraria


(inv. 2043)

Provenienza, modalit ed anno di rinvenimento:


Sora, chiesa di San Domenico abate, recuperata nel 1814 dal materiale di crollo
della torre costruita sul monumento funerario a sinistra della chiesa, insieme alliscrizione edita in CIL X, 5734; entrambi le iscrizioni furono portate nella chiesa
di Santa Restituta200.
Materiale e tecnica di esecuzione:
blocco in calcare locale con incavo a sezione troncoconica nello specchio superiore
Misure:
diametro dellincavo cm 32
altezza dellincavo cm 15
altezza del blocco cm 46
larghezza cm 57
spessore cm 54
lettere alte cm 7 nella 1 linea; cm 6 nella 2 linea
Datazione: inizi del I secolo d.C.
L(ucii) Valeri(i) Q(uinti) f(ilii)
Rom(ilia tribu) Nigri

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[Tomba] di Lucius Valerius Niger, figlio di Quintus, della trib Romilia201.

Lurna cineraria era una sepoltura diffusa tra il I secolo a. C. ed il II secolo d. C.,
quando si prefer la pratica della cremazione allinumazione: le ceneri del defunto
nominato nellepigrafe erano raccolte in un vaso di terracotta o vetro inserito nella
cavit a sezione conica del blocco e sigillato da un coperchio, che poteva essere una
semplice lastra con condotto libatorio indispensabile per i riti funerari della libagione (introduzione di una mescolanza di acqua, vino, latte, miele, olio e sangue
delle vittime sacrificali o di cibo). Questo semplice dispositivo era in genere utilizzato nel caso di sepolture individuali; nel caso invece di monumenti con se-

111

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polture plurime era frequente luso di disporre intorno alledificio funerario diversi condotti per libagioni; in questo modo il liquido non raggiungeva pi i singoli resti, ma la terra in cui erano contenute le sepolture. Un altro tipo di copertura
di simili cinerari il blocco a sezione triangolare (con cavit corrispondente a
quella della base a cui era fissato da grappe di piombo)202 , oppure uno di quei
cippi a pigna (un segnacolo delle tombe spesso con liscrizione OSSA, databile
tra la fine del I secolo a. C. ed il I secolo d. C., piuttosto diffuso nel Lazio)203. Alcuni elementi che concorrono a datare liscrizione ad un periodo compreso tra la
fine dellet repubblicana e linizio di quella imperiale sono lindicazione dei tre
nomi (prenome, nome e soprannome o cognome) insieme al patronimico (figlio di
Quintus) e allannotazione di appartenenza ad una trib, la Romilia a cui era
iscritto il territorio sorano in seguito alla concessione della piena cittadinanza romana dopo il 90 a. C. divenuta obbligatoria per le operazioni di censimento prescritte dalla lex Iulia municipalis del 46 a. C.
Esempi di copertura di un blocco con cavit sono riconoscibili nel frammento di
coperchio di cinerario con foro centrale per condotto libatorio e nel frammento di
lastra di marmo con condotto libatorio in piombo ancora conservato, provenienti
dalla necropoli di San Giovanni in Compito e conservati nel Museo archeologico
del Compito Don Giorgio Franchini a Savignano sul Rubicone (FC)204.

112

14. Cippo a pigna

Provenienza, modalit e anno di rinvenimento:


Broccostella, lavori di ampliamento della strada statale delle Vandre nel 1980
Materiale e tecnica di esecuzione:
calcare locale, rilievo decorativo vegetale
altezza cm 70
circonferenza alla base cm 140, circonferenza al centro cm 165 (a 25 cm di altezza)
Datazione: fine del I secolo a. C. - I secolo d. C.

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Segnacolo delle tombe ad incinerazione con rilievo di festone vegetale ed iscrizione O(ssa), del tipo piuttosto diffuso nel Lazio e rinvenuto anche ad Atina, Isola
del Liri, Casalvieri, Vicalvi, Alvito e San Giovanni Incarico205.

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15. Pulvino dara


(inv. 2049)

Provenienza ignota
Misure:
altezza cm 53
larghezza cm 55
spessore cm 38
Datazione: fine I secolo a. C.- inizi I secolo d. C.

Elemento architettonico di coronamento laterale di un monumento funerario ad


ara, ornato da rilievi di foglie lanceolate206.

114

16. Uniscrizione tardo-cinquecentesca

Sulle cornici delle finestre superstiti del palazzo Mobli Carrara, distrutto dal terremoto del 1915, e ripristinate nel Museo secondo la soluzione originaria, scolpita liscrizione in lettere capitali di una orazione che si recita dopo la celebrazione
del Vespro e nella Compieta, lultimo momento di preghiera della giornata prima
del riposo notturno207. Lorazione fu introdotta, sulla base della preghiera Te lucis
ante terminum attribuita a SantAmbrogio e risalente al IV secolo d. C., nel Breviario romano riformato e scritto dopo il Concilio di Trento (1545-1563) e diffuso
dal 1568 da papa Pio V208 . Lepigrafe quindi risale ad un periodo successivo e testimonia il fervore religioso della famiglia che fece costruire il palazzo; le cornici
in secoli diversi subirono rimaneggiamenti ed integrazioni delle parti perdute o
rovinate con materiali diversi (sia in arenaria sia in pietra) e, a giudicare dai fori
praticati nella superficie, erano stuccate.
Accettato come terminus post quem il 1568, esse furono realizzate quindi in un periodo presumibilmente compreso fra lultimo trentennio del secolo XVI ed i primi
anni del secolo XVII e sono espressione, insieme alla costruzione di nuovi edifici
sacri, allintroduzione del Collegio dei Gesuiti e del Seminario vescovile, del clima
di rigore controriformista del tempo invalso anche a Sora.

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<ha>bitationem istam
visita Domine
et omnes i<n>sidias ini<mi>ci e (?)
ab ea longe repel[le]
et angeli tui sancti
habitent <in> ea q(ui) n(os) in t(ua) p(ace custodiant)

Visita, o Signore, codesta abitazione e scacciane tutte le insidie del nemico. I tuoi
santi angeli vi abitino per custodirci nella tua pace.

La preghiera, nel testo liturgico, continuava cos: et benedictio tua sit super nos
semper; per Dominum nostrum Iesum Christum. Amen (e la tua benedizione sia sempre su di noi. Per Cristo nostro signore. Amen).

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I FRAMMENTI DI SAN DOMENICO

NOTE

Sul carteggio in esame, BERANGER 1983, 5 11; sui rinvenimenti ed il materiale raccolto durante le ricognizioni, RIZZELLO 1983c, 12 44.

2 CANCELLIERI 1976-1977, 71, 72 (foto); TANZILLI 1982, 116-121. Sulla citt in generale, COARELLI 1982, 229-232, 235-237; BERANGER-FERRACUTI-GULIA 1990.

Delibera n629 del 22/X/1979, con cui si stabiliva di affidare al Centro di Studi Sorani Vincenzo Patriarca la direzione scientifica, il compito di inventariare e catalogare il materiale superstite nonch di redigere un progetto scientifico; un gruppo di studiosi redasse una proposta
di progetto scientifico ed effettu una vasta campagna di ricognizione che assicur al Museo un
fondo di reperti fittili provenienti da varie localit del frusinate, poi inventariati e quindi conservati in casse sistemate nel magazzino del museo. Lincarico dellallestimento fu affidato a Gianfranco Cautilli. Il progetto stato elaborato in pi fasi da Gianfranco Cautilli, Mario Morganti e
Renato Morganti, autori anche del progetto di riuso del complesso monumentale. Sulle fasi del
restauro e sulle destinazioni duso del palazzo, MAGNANI, 165-178; SERAFINI 2005, 67-68; VARAGNOLI 2001.

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4 Il progetto scientifico stato redatto dalla scrivente. Nella sala furono esposti laltare con dedica
arcaica a Marte (inv. 2047-2048), il thesaurus (inv. 2051-2052-2053), il calco del bassorilievo di Ercole - di cui loriginale attualmente conservato nella chiesa cattedrale -, lepigrafe CIL X, 5708
(inv. 2026), la base dappoggio per statua (inv. 2050), i frammenti di antepagmenta, il rivestimento
bronzeo del thesaurus, i frammenti di altare modanato, la coppa a vernice nera (inv. 2057), la coppa
miniaturistica a vernice nera (inv. 2058), la tegola con bollo (inv. 1482), un frammento di ex voto
(inv. 5), un frammento di brocca (inv. 1174), una testina votiva (inv. 2), ex voto (inv. 4, 1171, 1474,
1473), due coppette (inv. 1471, 1472), le stele loricate (inv. 2028, 2029), la stele togata (inv. 2030), le
epigrafi CIL X, 5713 (inv. 2038) e CIL X, 5714 (inv. 2041).

5 Il progetto, redatto da Alessandra Tanzilli (ambito storico e archeologico dalla preistoria al secolo XVII), da Gianfranco Cautilli, progettista incaricato, e Mario Morganti (ambito storico-architettonico dal secolo XVIII al secolo XX), presentato nel giugno 2006, stato approvato e
finanziato dalla Regione Lazio nellambito del DOCUP, Agenda 2000, e dal Comune di Sora, per
un importo complessivo di circa 650.000.
6 Sullaspetto geografico e geomorfologico della valle sorana, TANZILLI 1982, 11; BONI, PAROTTO 1969, 177-599; Note illustrative della Carta Geologica dItalia, Ercolano 1968, in allegato al foglio 152 della Carta 1:100.000 dellIGM.

Interventi di bonifica agraria nellItalia romana, in Atlante tematico di topografia antica, 4, 1995. CONVENTI 2004.

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Sulle origini dellindustrializzazione a Carnello, RIZZELLO 1990d, 131-138. Sul Liri nelle fonti archivistiche, RUGGERI-DE SORBO 2006; sul fiume nelle fonti letterarie, DI FAZIO 1998, 145-154.

TANZILLI 1982, 9; RIZZELLO 1998a, 7- 36.

Sul fenomeno linguistico, ravvisabile anche nel caso dellantico nome della Terracina volsca
Anxur, formato da anc + sur, RIZZELLO 1994, 5 111.

10

11

PAGANO 1985, 230.

Il dipinto, opera del pittore senese Francesco Vanni (1563-1610), conservato nella chiesa annessa al Convento dei Passionisti a Sora. La litografia del Pacichelli, il cabreo e la riproduzione
dellaltorilievo a stucco, conservato nel castello Boncompagni di Isola del Liri, sono in PACICHELLI 1703, 21; CARBONE 1970, 34, 59;TANZILLI 1982, 12; NICOSIA 1999 e TANZILLI 2004.

12

NICOLUCCI 1863; NICOLUCCI 1867; NICOLUCCI 1869; NICOLUCCI 1870; NICOLUCCI


1871; NICOLUCCI 1872a; NICOLUCCI 1872b; NICOLUCCI 1877.

13

14 CHIAPPELLA 1962; ALONZI 1965; BIDDITTU, CASSOLI, MALPIERI 1967, 321-348. BIDDITTU
1967-68, 5-17.

Per una sintesi storica e dei rinvenimenti, TANZILLI 1982, 16-31; RIZZELLO 1998a, 7-36; BIDDITTU-SEGRE, 41.

15

16

BIDDITTU SEGRE, 55-89.

Liv., X, 1, 2: Sora agri Volsci fuerat: difatti Sora era lestremo avamposto dei Volsci al confine
dei territori controllati dai Marsi e dai Sanniti.

17

NICOLUCCI 1887, 1; RIZZELLO 1991. Per confronti, GABRICI, 1915, c. 153; CARETTONI 19581959, 177; CARETTONI 1965, 131-132; BIDDITTU 1969, 288; RIZZELLO 1991, 68-69, 74-75, fig. 19;
FORTINI 1988, 21, 24-25.
18

Sul sepolcreto, NICOLUCCI 1873; NICOLUCCI 1887; CARBONE 1971, 97-98; RIZZELLO 1991,
33-139.

19

20 Ad Alvito, in contrada Noceto, fu rinvenuta una situla al cui interno erano frammenti di armature militari, mentre dalla localit Santa Maria del Campo, sempre ad Alvito, proviene un gancio per cinturone decorato da palmette ed elementi floreali (RIZZELLO 1996, 10-13).
21
22

Liv., VII, 27, 7.


Liv., VII, 28, 6.

Liv., IX, 23, 2: Sora ad Samnites defecerat interfectis colonis Romanorum; Diod., XIX, 72, 3. La citazione delluccisione di coloni romani in tale anno ha indotto a ritenere che gi allora, ben prima
quindi della deduzione coloniale del 303, Sora fosse stata colonizzata.
23

118

24
25
26

Liv., IX, 43, 1; Diod., XX, 80, 1.


Liv., IX, 44, 16.

Liv., X, 1, 1; Vell. Pat., I, 14, 5.

27 Lindicazione della trib si diffuse in modo graduale soprattutto dopo il 91 a. C., data dinizio
della Guerra Sociale e della lotta per la concessione della cittadinanza, e comunque prima del
censimento generale, condotto nel 70-69 a. C.
28
29
30

Liv., XXVII, 9, 7 e XXIX, 15, 5.


Liv., IX, 24.
Liv., IX, 24.

Il colle in passato era caratterizzato da un aspetto pi alpestre, almeno a giudicare dagli eventi franosi di cui c ampia traccia sul lato occidentale del rilievo e soprattutto se si considerano le vaste
fluitazioni delle emergenze archeologiche (mura, depositi votivi, resti abitativi) in molti altri lati.
Anche i numerosi eventi tellurici (i pi rovinosi avvennero negli anni 1349, 1654, 1688, 1915) hanno
contribuito, se pure parzialmente, a mutare il suo aspetto nel corso dei secoli. Sulle mura e sui lacerti murari superstiti, BERANGER 1981, 39-47, TANZILLI 1982, 51-64. Erroneamente quanto inspiegabilmente, soprattutto se si ripensa alla dettagliata e inoppugnabile descrizione liviana,
MEZZAZAPPA (115) fa risalire la costruzione della cinta muraria alla deduzione del 303 a. C.
31

32
33
34
35

CRISTOFANI 1992, 20 - 22; AVILIA BRUTO 1998, 59-72.


CONTA HALLER 1978; ORLANDI 2000, 24-30.

La descrizione e lesame dei reperti in RIZZELLO 1998a, 12 15.


FERRACUTI 1989.

Del rinvenimento dei materiali in oggetto al momento non esiste pubblicazione; chi scrive ebbe
modo di poterli visionare per gentile concessione di Federico Bistolfi, un archeologo della ditta
autorizzata ad effettuare lo scavo nellarea circoscritta tra il cinema Capitol e ledificio del Museo.
36

37

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38

Liv., Epit., 73; App., Samn., I, 14, 182.

App., Samn., I, 46, 20; Serv., Ad Aen., 9, 587.

Cic., Pro Plancio, 22. La creazione del municipium sorano , in particolare, attestata dalliscrizione sul rivestimento bronzeo del thesaurus, in cui menzione del quattuorvirato.

39

Lib. Col., I, 237, 18-19; Plin., Naturalis Historia, III, 5, 63. Sulliscrizione, pp. 51-60; anche nelle
iscrizioni CIL X, 5711, 5670 e 5771 citata la presenza di una colonia a Sora.

40

41

Si ricorda che la centuriazione era il sistema adottato dai Romani per la divisione delle terre. Un

119

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agrimensore, il tecnico esperto di misurazione dei campi, tracciava con la groma il percorso di
due assi principali, il Kardo Maximus e il Decumanus Maximus, rispettivamente orientati secundum
coelum, cio N S ed E W, e altri cardini e decumani secondari numerati progressivamente da
quelli centrali; in questo modo il territorio era ripartito in quadrati, detti centurie (quadrati con
lato di 20 actus e contenenti 100 heredia, da cui il nome di centuria) perch divisi tra cento assegnatari, a ciascuno dei quali andavano due iugeri, cio un heredium. Questo schema a reticolo ortogonale era utilizzato non solo per la divisione in lotti omogenei delle campagne, ma anche per
la fondazione di citt, di colonie e per la costruzione daccampamenti militari.
La centuriazione ha lasciato in molti territori unimpronta che non si pi cancellata. Specialmente nelle regioni pianeggianti, limpianto stradale e i canali dirrigazione ancora oggi ricalcano le linee dei cardini e dei decumani tracciati tanti secoli fa.
42 Lib. Col., I, 244: in forma Sorana Starium Virum militem datum a Metellio Nepotem p(raefecto) u(rbis)
v(iro) c(larissimo) IIII k(alendis) Aug(ustiis) Marco Antonio triumviros et Ambibalo co(n)s(ulibus). Sui
conferimenti onorifici del titolo di colonia in et imperiale, GRELLE 1972; LAFFI 2007, 35.

HOARE 1819, 219-220; AURIGEMMA 1911; TANZILLI 1982, 31 - 39; GELSOMINO 1984, 4175;RIZZELLO 1985, 23 - 100; NICOSIA 1991;RIZZELLO 1992, 49-71. Resti di una strada glareata
sono stati rinvenuti nellarea di piazza Annunziata, nei pressi della chiesetta di San Giuliano
(FRASCA 2006, 66).

43

44 Unanalisi delle fonti archivistiche e una ricerca materiale attenta e approfondita del tracciato
della via Vecchia e del canale in CONTE 2007, 31-39. Sul rinvenimento dei resti di un doppio lastricato di grandi pietre massiccie (sic!) lungo via Napoli, LOFFREDO 1911, 576. Riguardo il rinvenimento di cospicuo materiale epigrafico nellarea della strada fuori della porta di Mezzogiorno,
durante la costruzione della Regia strada borbonica in sua sostituzione, PISTILLI 1798, 213; DE
NINO 1879b, 117-118. Sui rinvenimenti nellarea di San Domenico, la trasformazione della via
Vecchia e la costruzione di viale San Domenico,TANZILLI 1982, 64-101 (con bibliografia precedente).
45

Sui rinvenimenti nelle vie citate, TANZILLI 1982, 31-39; RIZZELLO 1985, 23-100.

46 La strada segnalata dal ritrovamento di un ripostiglio di 114 monete a Morrea (AQ), databili
fra il 274 ed il 296 d. C.

47 La strada documentata da numerosi rinvenimenti funerari; allinizio del IV secolo d. C. risale


il cippo miliario dellepoca di Massenzio (306-312 d. C.) in granito riutilizzato nella cripta della
chiesa di San Domenico abate, segno che la via a quei tempi conservava una certa importanza.
Sulliscrizione del cippo miliare, AURIGEMMA 1910, 299-301; TANZILLI 1982, 90-94; RIZZELLO
1985, 33. Il testo dellepigrafe il seguente:
Imp(eratori) D(omino) N(ostro) Maxen
tio sem per Aug(usto)
m(ilia passuum) XIIIIII
Per il nostro signore ed imperatore Massenzio, sempre Augusto, 16 mila passi. La misura indicata corrisponde a circa km 24, pari alla distanza fra Sora e Verulae. Presso Fregellae, uniscrizione
risalente al II secolo d. C., testimonia che in tale periodo la strada era ancora attiva e funzionante;
NSc 1885, 321; COARELLI 1979.

120

48 Lantica via testimoniata dai numerosi rinvenimenti funerari e, in particolare, dal corredo monetale dellimp. Massimiano (250-310 d. C.) scoperto allinterno di una tomba a cappuccina e dalliscrizione edita in CIL X, 5688. Recentemente, nei pressi del ponte Marmone, durante scavi
autorizzati dalla Soprintendenza nellambito delle opere di sistemazione del parco fluviale, sono
stati rinvenuti basoli della strada romana.

La strada romana attestata dai rinvenimenti di unara funeraria del II secolo d. C. (CIL X, 5729)
e di una moneta coniata durante limpero di Alessandro Severo (208-235 d. C.).

49

50 Il passaggio di una via documentato da unara funeraria, oggi murata allinterno della chiesa
di Santa Restituta in localit Carnello di Sora, edita in CIL X, 5687, databile al 161 d. C., e dal racconto del martirio di Santa Restituta, avvenuto nel II secolo d. C., ripreso pi tardi dalla Passio,
una composizione attribuibile al primo cinquantennio del IX secolo, con cui si documenta la praticabilit di questa strada anche in epoca altomedievale. Cfr. VERRANDO 1985, 84.

Il rinvenimento nei pressi della confluenza del torrente Lacerno nel Liri delliscrizione CIL X,
5735, oggi nel Museo, e di una tomba in localit San Marciano durante la costruzione del nuovo
Ospedale SS. Trinit sono un indizio del passaggio in loco della strada romana (TANZILLI
1982, 150-151).

51

Sul rinvenimento nel 1812 di tale epigrafe, AURIGEMMA 1911, 526-527. Su unepigrafe funeraria del sevir Aurunculeius e di sua moglie Aurunculeia, ora conservata nella clausura dellAbbazia, MOLLE 2006.

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53 ASC, fondo Intendenza Borbonica - Bonifiche - Arginatura al fiume, Busta 44 fascicolo 183:
Danni avvenuti allabitato del Comune di Sora per lo sversamento del fiume Liri anno 1857: il
ponte sulla strada provinciale verso Napoli stato grandemente danneggiato, perch superato dalle acque,
per moltissima estensione. Delle adiacenti campagne divenuto un lago di melma e di fango, come pure
linterno di questo abitato, e di tutti i terranei.
Lettera del 29 luglio 1858: Ne giorni 27 e 29 dicembre 1856, il fiume Liri traboccava da suoi ripari, e
fra gli altri danni che produsse vi fu quello del scrollamento di una parte del parapetto del ponte di Napoli, a
restaurare il quale parapetto con uffizio 22 agosto 1857, lIntendente di Terra di Lavoro mi facea tenere vistato
dalla Deputazione delle Opere pubbliche provinciali il progetto de lavori a farvisi della spesa di ducati 4100.

54 P. FILIPPO 1974, 11-112, indica nel luogo oggi occupato dalla chiesetta di San Giuliano la cava
de Gesuiti, da cui furono estratti, smantellando monumenti romani, i materiali con cui furono costruiti il Collegio dei Gesuiti con annessa chiesa e la porta di Corte. Una veduta del ponte, realizzata nel 1831 da Virginio Vespignani, un artista al seguito di un altro viaggiatore del Grand
Tour, in BERANGER 1998b; esso fu raffigurato anche in un dipinto, trafugato durante il secondo conflitto mondiale ma riprodotto in un fascicolo edito nel 1965 dal Comune di Sora. Sul
ponte, HOARE 1819, nota 57, 220; GELL 1846, tav. 41; AURIGEMMA 1911, 516-517; BERANGER
1981, 60; TANZILLI 1982, 111; RIZZELLO 1985, 41.

ASC, fondo Intendenza Borbonica - Bonifiche - Arginatura al fiume, Busta 44 fascicolo 183:
Lettera datata 6 giugno 1860 indirizzata allIntendente:Nella costruzione della nuova luce al ponte
sul Liri coi fondi della Provincia, si chiuso il varco di un condotto che serviva ad incanalare le acque del
fiume bisognevoli allirrigazione di fondi sottostanti, coltivati a granone nella stagione estiva. I proprietari ed i coloni non potendo pi usufruire di tal beneficio, e vedendo deperire il ricolto di tal genere, muovevano di breve le pi vive doglianze, che potrebbero esser causa di spiacevoli avvenimenti. Lettera del

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27 giugno 1860: Si rende noto allIntendente del Corpo degli Ingegneri delle acque e strade la riapertura di un corpo di irrigazione nel muro nuovo a sinistra, praticandovi un portellone da usarsi solo nel
tempo dellirrigazione, e ci per impedire le (esondazioni?) che si potrebbero produrre al nuovo indicato
muro.

La distruzione del ponte romano-medievale in blocchi di opera quadrata in travertino locale nel
1883 avvenne per la sua inadeguatezza strutturale (DOVIDIO 1899, 214; AURIGEMMA 1911,
504; TANZILLI 1982, 36, 140-142). Il ponte era stato descritto da HOARE 1819, 220. Sulla ricostruzione e sulla riutilizzazione dei blocchi superstiti, TANZILLI 1989, 62-68.
56

BERANGER 1991b; CAUTILLI-MORGANTI 1999; ASF: Catasto Gregoriano, Mappa del centro
urbano (1876).

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CANCELLIERI 1977, 57, 70; HOARE 1819, 220.

Sulle raffigurazioni della citt nella cartografia antica, TANZILLI 1982, 12; NICOSIA 1991, 51;
TANZILLI 2004, 20 e 22. Bisogna notare che per la via Vecchia, poi sostituita da viale San Domenico, dopo San Giuliano raggiungeva il sito oggi occupato da Via Dante Alighieri; la strada,
visibilmente ad una quota inferiore rispetto al piano di calpestio della vicina piazza Garibaldi e
non in asse con lantico corso (decumanus maximus), probabilmente ripercorre quel diverticolo di
congiunzione tra la via Vecchia e la strada che conduceva ad Atina. Nella mappa catastale del 1876
(ASF), Via Dante Alighieri denominata Via antica Napoli e appare in linea con la disposizione dellantico ponte di Napoli, prima della sua distruzione nel 1878 e la sua ricostruzione a pochi metri
pi ad ovest rispetto al sito originario.
59

60 Alcuni loci della Passio Sanctae Restitutae forniscono preziose indicazioni topografiche sullindividuazione e la posizione del foro della citt romana nello spazio che oggi forma piazza Indipendenza, presso la quale sorge il tempio romano. Infatti i compagni di martirio di Santa Restituta
furono condotti in locum qui forus dicitur ad antiquissimum phanum (VERRANDO 1985, 25). Del
resto, anche liscrizione medievale scolpita sul portale della chiesa ricorda che la sua sacra soglia
fu funestata dalla morte di una fanciulla ([l]iminibus sacris olim fu[n]ere fedatis v(irg)inis); FERRACUTI 1986b, 68-69; sulliscrizione, PARLATO-ROMANO 1992, 455; TANZILLI 1998, 24-25 e CERRONE-FERRO 2007, 345351.
61
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63

Sulla regolarizzazione dellansa del Liri, RIZZELLO 1983c, 484-488.


Lib. Col., I, 237, 18-19.

PALMA 1982, 871-877.

Sulla centuriazione della campagna sorana, TANZILLI 1982, 158-160; per lindagine condotta
sulle fotografie aeree scattate dalla RAF, SCARDOZZI 2004, 63-71. Per confronti, BRIGHI 1998.

64

Structures agraires 1987, 136-137, fig. 29. Secondo i ricercatori di Besanon la pianura sorana era
suddivisa in maglie quadrate di 15 actus per lato (532,20 m) orientate 35 40 verso NO; tale sistema non avrebbe previsto per lorientamento sulla base del tracciato del kardo maximus, mentre altre maglie quadrate sono rintracciabili seguendo il sistema delle centurie con 20 actus di lato.

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Le grappe erano in piombo poich tale metallo raggiunge la fusione ad una temperatura infe-

122

riore rispetto ad altri (340); il piombo veniva colato direttamente in opera nella cavit predisposta; cfr. CAGNANA 2000, 202.

La prima campagna di scavi fu avviata dalla Soprintendenza archeologica del Lazio in seguito
al fortuito rinvenimento, nel 1974, durante i lavori di sistemazione della caldaia sottostante la sacrestia, di un tratto del podio modanato; i risultati furono presentati e pubblicati da ZEVI GALLINA 1978 e da MARTA 1982. Successivamente, la seconda campagna di scavi della
Soprintendenza archeologica del Lazio, nel 1978-79, pose in luce larea occidentale, scoprendo
una seconda struttura templare; i risultati della seconda campagna furono presentati e pubblicati
da LOLLI GHETTI-PAGLIARDI 1980.
Sul rinvenimento dellaltare, ZEVI GALLINA 1978, 65; AE 1985, 266; CATALLI, SCHEID 1994, 5565. Il culto di Marte attestato anche sul colle San Casto, dove fu rinvenuta una testina con elmo
a calotta attribuita a Marte in un deposito votivo con materiali databili dal VI secolo a. C.; RIZZELLO 1980, 87 e figg. 309-310; RIZZELLO 1994, 86-89. Il culto, con lappellativo di Numiternus,
attestato anche ad Atina; (GIUDICI 2006, 47-62).
67

68 SHOE MERITT 1965, vol. I, 107-108; vol. II, tav. XXVIII, 3. Per laltare di Verminus, dedicato dal
duovir Aulus Postumius Albinus in occasione di unepidemia di peste a Roma nel 175 a. C., CIL I,
(sec. ed.), 804; CIL VI, 3732=31057= ILS 4019= ILLRP 281.
69

MONTI 1991, 29.

Un simile altare stato scoperto a Fregellae (oggi Ceprano), ma anche a Pieve di Socana (Arezzo)
e, di recente scoperta, ad Orvieto nellarea di Campo della Fiera, lantico Fanum Volumnae, grazie
agli scavi di Simonetta Stopponi dellUniversit di Macerata, risalente alla fase pi antica del
tempio, quella del V secolo a. C. Per gli altari di Lavinium, GIULIANI 1981, 169-177. possibile
che laltare sia il rimaneggiamento successivo di un pezzo pi antico, come lascia pensare la frattura centrale nella fascia dove fu scolpita liscrizione e la ricomposizione con la grappa metallica.
Sulle grappe a doppia coda di rondine, ADAM 1984, 56-57.

70

71

SHOE MERITT 1965, vol. I, 90-92; vol. II, tavv. XXV, 2 e LXXVI, 1.

Fino agli anni 90 le monete erano allinterno dei magazzini della Soprintendenza archeologica
del Lazio nei pressi del tempio di Ercole a Tivoli, dove sono state viste e studiate. Chi scrive ha
tentato di rintracciarle, purtroppo senza fortuna, recandosi nei magazzini. Per lanalisi dei singoli
pezzi, CATALLI - SCHEID, 55 65.

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73 Una raccolta di 50 monete potrebbe apparire irrilevante per un santuario tanto importante,
anche in considerazione dellarco cronologico da esse rappresentato (lemissione pi antica del
211 a. C., lultima del 39 - 41 d. C.); plausibile invece ritenere che le monete rinvenute allinterno del thesaurus fossero quelle circolanti nel I secolo d. C. - quando forse diminu la frequenza
nel tempio -, che fossero offerte rituali, e quindi puramente simboliche, e che solo periodicamente le valvae venissero aperte e svuotate. Sul problema della funzione dei thesauri, CATALLISCHIED, 64 65 e BODEI GIGLIONI 1977, 33-76.
74 Il thesaurus fu rinvenuto a 1,22 m di distanza dal campanile, vicino alla scala e ad una profondit di 1,23 m dal piano di calpestio del cortile (ZEVI GALLINA 1978, 65; MARTA 1982, 174-175).
Insieme ad altri materiali era stato utilizzato per colmare il piancito su cui furono creati nel 1893
alcuni ambienti di comunicazione diretta fra il Seminario e la chiesa, distrutti nel 1944 ma di cui

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resta traccia nel fornice tamponato nella parete meridionale esterna. Cfr. SQUILLA 1957, 32.
Il salvadanaio era dunque collocato nellarea pi vicina al tempio e allaltare, senza essere inglobato al suo interno, onde permettere di versare prima di entrare nel tempio le offerte sacrificali e
probabilmente di praticare labluzione nel pozzo lustrale, forse riconoscibile nella profonda cavit visibile nei pressi del campanile; nella medesima collocazione stato rinvenuto quello del
tempio di Esculapio a Fregellae. Le modalit di rinvenimento - ad una quota non troppo bassa rispetto allattuale piano di calpestio, anche in considerazione che linterro di circa m 3 suggeriscono che il thesaurus fosse quasi interamente visibile; giova ricordare che le relazioni di scavo
sono piuttosto lacunose: ad esempio, nulla si sa sui tempi e le modalit di rinvenimento del materiale mobile o di rivestimento del tempio, tanto che risulta difficile operare a distanza di trenta
anni una ricostruzione stratigrafica degli scavi, tanto pi utile perch permetterebbe di comprendere le fasi di costruzione e ristrutturazione del tempio.

In Italia sono state individuate in tutto circa venti cassette per le offerte, ma gli esemplari pi direttamente e tipologicamente confrontabili con quello di Sora sono stati scoperti ad Arpino in localit SantAmasio, nel fondo Morrone Pelato, allinterno del quale furono rinvenute circa 100
monete di bronzo, ma di cui pare restino solo venti (SOGLIANO 1896, 370-371; BODEI GIGLIONI
1977, 47 e KAMINSKI 1991, 169); a Fregellae, oggi Ceprano, nel tempio di Esculapio (COARELLI
1981; COARELLI 1986, 36); a San Vittore del Lazio (GIANNETTI 1973a); a Pausulae, in localit Santa
Lucia di Morrovalle nel tempio del dio Apollo (ILLRP 49, CORDELLA, CRINITI 1988, 190; KAMINSKY 1991, 63-181); a Benevento (DEGRASSI 1967, 25-31). Pi recentemente esempi direttamente
confrontabili sono stati rinvenuti ad Ardea in localit Le Salzare - Fosso dellIncastro (DI MARIO
2007, 71-73) e ad Anagni. I due thesauri anagnini sono di diversa epoca e realizzazione: il pi antico
risale alla piena et repubblicana ed stato riconosciuto in un frammento di colonna in pietra locale
rinvenuto nel 1923 durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di SantAngelo (MAZZOLANI
1969; NONNIS 1995, 153-165), laltro, costituito da due pezzi accostati fra loro con al centro un incavo, presumibilmente chiuso in origine da un coperchio litico o forse da unogiva e assai simile a
quello rinvenuto a Fregellae, stato recentemente rinvenuto nelle vicinanze della cattedrale durante
i lavori di pavimentazione di Piazza Innocenzo III fra lottobre del 2003 ed il febbraio del 2004 (GATTI
2006). La vicinanza alla cattedrale, sotto cui sono stati individuati resti di mura e di opera quadrata
di un tempio, contribuiscono allidentificazione in una cassetta delle offerte.
75

CATALLI - SHEID, 55-65. Sulle offerte, CATALLI 2000, 20-22. Un P(ublius) Caesius Rom(ilia
tribu) aedilis Sorae, publicanus Romae menzionato nelliscrizione edita in CIL V, 976 (LOFFREDO
1911, 574). Un Caesius citato anche nelliscrizione edita da AURIGEMMA 1910, 295.
76

Le lastre in oggetto dovrebbero essere le antepagmenta di 70 x 65 cm individuate nella seconda


campagna di scavi e descritte da LOLLI GHETTI-PAGLIARDI 1980, 177. Per tale tipologia di antepagmenta, ANDRN 1940, 440, 478, 448.
77

78
79
80

CAGNANA 2000, 89.

ANDRN 1940, 429, 449, 508; MUZZIOLI 1981, 197-199.

Il funzionamento e la tipologia sono raffigurati in RESCIGNO 1998, 31-32.

81 KOCH 1912, 65-67; RESCIGNO 1998, 139, fig. 192, relativo ad un esemplare conservato nel
Museo Campano (inv. P652). Della medesima tipologia sono le antefisse conservate nel Museo
della citt di Aquino; GIANNETTI 1973, 48, fig. 11; GIANNETTI 1986, 21-24. Le antefisse raffi-

124

guranti Arthemis Persica, secondo la consueta iconografia che rappresenta la dea di prospetto e su
base piatta, con lungo chitone e apotygma stretto sotto il seno, mentre con le braccia distese ed allargate regge le zampe di due leoni rampanti ai suoi fianchi, sono consuete nel Lazio; per confronti, Roma medio repubblicana 1973, 127 n143; per il tipo, ANDRN 1940, 230. Per quanto
riguarda la documentazione del culto della dea in zona, si ricorda il rinvenimento di una statuetta raffigurante Diana nella stipe votiva di San Casto (RIZZELLO 1980, 84 e 87).

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82 Difatti LOFFREDO 1911, 582 affermava che qualcuno ha creduto vedere nei sotterranei di quella
fabbrica gli avanzi di un anfiteatro e qualche altro il luogo donde i sacerdoti del dio Sole, cui si vuole fosse
dedicato un tempio ivi esistente, poi convertito in chiesa cristiana, mandavano i loro responsi. Ma certamente i molti ruderi di antiche mura e grandi pietre quadrilatere senza cemento connesse fan chiaro indizio di grandi sostruzioni ivi un tempo esistenti. E forse, oltre il tempio del Sole, di cui parla la scritta n.
44 (?), l dappresso ritrovata, io porto opinione che anche la basilica Cesarea, nominata nella scritta n. 4
(CIL X, 5670) , potesse quivi rattrovarsi. E la piazza or detta nuova tra cui quelledificio si eleva, doveva
essere il foro della citt, trovandosi cos nominata in qualche antica scrittura, ed essendo quasi media fra
lattuale e quella parte della citt volta a tramontana, dopo le varie distruzioni abbandonata per estendersi
pi verso occidente.
In seguito allincendio del 1916, che distrusse buona parte della chiesa e dei suoi arredi, venne alla
luce il magnifico portale a racemi con iscrizione sui listelli inferiore e superiore, in cui tra laltro si legge che larco fu innalzato per ordine di Roffrido sulle soglie sacre profanate dalluccisione di una vergine, che si suole identificare con Santa Restituta, patrona di Sora; sulla
questione, VERRANDO 1985, 77-98. Del resto, nel 1961, durante lavori di pavimentazione della
chiesa cattedrale, era stato portato alla luce il lastricato del tempio (SQUILLA 1971, 51), oggi parzialmente individuabile solo allesterno, e cio in quei blocchi posti sopra il podio nel lato meridionale o in quelli inglobati nella tessitura muraria della cortina settentrionale.

83 La chiesa cattedrale, inizialmente dedicata a Santa Maria e a San Pietro, era in origine pi piccola, aveva la facciata a capanna interrotta da tre portali ad arco, di cui il centrale pi ampio, mentre linterno era illuminato da tre monofore aperte sui lati lunghi e da una su quello frontale. La
chiesa fu incendiata nel 1103 durante loccupazione normanna, ma fu restaurata ed ampliata di
ben 8 metri, come avverte liscrizione latina del portale. Il papa Adriano IV riconsacr la chiesa,
che nei documenti del tempo appare dedicata solo a Santa Maria Assunta in cielo, il 9 ottobre
1155.
Dopo le distruzioni del 1156 e del 1229, ledificio fu nuovamente restaurato: restano della fase romanica un leone stiloforo, un capitello ed una cornice con tralci dedera. Alla fine del XIII secolo
fu costruito il campanile, pi basso di un piano dellattuale: la campana pi antica risale al 1321,
mentre sono del secolo XV il trittico del Salvatore, oggi nella cappella del Purgatorio, e laffresco
di Madonna in gloria, nella lunetta ricavata sopra la porta interna del lato meridionale della
chiesa.
Nel secolo XVI ledificio conobbe un periodo di decadenza: la parete settentrionale fu inglobata
nella linea difensiva dopo lampliamento della cinta muraria e la costruzione del torrione a guardia della porta degli Abruzzi, ma dal 600 in poi pregevoli arredi sacri, restauri ed ampliamenti
ne modificarono loriginario aspetto: si aggiunsero al primitivo edificio la sacrestia, il battistero,
il Coro dInverno, la cappella del Purgatorio, il portale del lato meridionale. Ledificio assunse i
caratteri tardo-barocchi che mantenne fino al 1916, quando un incendio lo distrusse parzialmente;
il restauro diretto dalling. arch. Paolo Cassinis ripristin lantico rigore architettonico ispirato
allo stile gotico-cistercense mutuato dalle vicine chiese di San Domenico e dellAbbazia di Fossanova. Il restauro condotto alla fine degli anni 70 dalling. Roberto Marta, in concomitanza con

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la prima campagna di scavo, ha messo in evidenza tutte le fasi architettoniche della chiesa annotando le monofore murate per lallungamento del pronao, evidenziando le peculiari caratteristiche costruttive dei diversi periodi come il podio e, in particolare, la tessitura muraria visibile
dietro laltare e nel lato settentrionale esterno, le monofore del primo impianto medievale, al fine
di conservare una memoria eloquente e sintetica di epoche e stili che, pur lontani nel tempo,
hanno la stessa dignit di memoria.
Le dimensioni del presbiterio hanno conservato il rapporto tra cella maggiore e larghezza totale (4/10) prescritto dallarchitettura romana e peculiare dei capitolia; cfr. De Arch., I, 7, 1.

84

85 Le opere di sostruzione erano state viste nel palazzo di via XI Febbraio (MANCINI 1865, 205;
RIZZELLO 1991b).

86 Il tempio della colonia latina di Aesernia , come lomologa struttura di Sora, ancora in situ e la
sua struttura per planimetria coerente con la costruzione della chiesa cattedrale; il podio ha la
stessa sagoma dei templi di Sora, di Ardea in contrada Casalinaccio, di Villa San Silvestro presso
Cascia, costruito nel 290 a. C., e degli altari di Lavinium, ben pi antichi; per la tipologia del tempio di Isernia, ZEVI GALLINA 1981, 101-104; TERZANI 1989; MARASCO, DE ROSE, PAONE,
CATALANO, MORRA 2000, 17 42. In particolare, sulle modanature dei templi di Isernia e Villa
San Silvestro, SHOE MERITT 1965, vol. I, 90, 91 (figg. 18 e 19), 92; nel vol. II, tavole XXV, 5 e
LXXVI, 1; EDLUND-BERRY 2008, 443, fig. 7.
87

De Arch., IV, 6.

88 Sullidentificazione della tipologia del tempio, sulla base della posizione delle colonne e dellipotesi del fronte, RIZZELLO 1986, 47-63.

89
Nella sacrestia e in uno dei magazzini del complesso sacro sono conservati inoltre alcuni frammenti di ceramica invetriata di et post-medievale, un frammento di pluteo decorato da nastri
viminei, frammenti di ceramica campana B a vernice nera; nel medesimo luogo sono conservati i materiali provenienti dal saggio di scavo demergenza di via Ravo, e cio unanfora frammentata e ricomposta, frammenti di ceramica sigillata, buccheroide e campana, frammenti di
intonaco decorato da modanature e guttae, per la cui descrizione si rimanda a TANZILLI 2006,
15-21.

90 Sulla descrizione delle fasi dello scavo e dei rinvenimenti, LOLLI GHETTI-PAGLIARDI 1980,
177-179.

91 CIL X, 5708; HENZEN 1845, 71-80; PANCIERA 1967, 57; SOLIN 1981, 57-58. LOMMATZCH
1918, 630, n. 1531, afferma che lepigrafe sacra fu rinvenuta a Km fuori la citt, ai piedi del monte
S. Casto alla Rava rossa; i Sorani raccontarono al Mommsen che era stata conservata a cura del canonico
Tommaso Lanna. Si trova nel giardino della chiesa di S. Restituta, e davanti a questa situata una grande
clava, trovata molto prima dellepigrafe, ma forse del medesimo sacrario. Sui dubbi circa la provenienza
dellara votiva, TANZILLI 2006, 15, nota 1; difficilmente reperti come lara votiva e soprattutto una
statua alta almeno tre metri, a giudicare dalle dimensioni del frammento di sostegno (la clava),
avrebbero potuto trovare una consona collocazione in un sito cos impervio e poco frequentato
come la Rava rossa. Come in altri simili casi, la cena herculanea - il pollouctum offerto al popolo
menzionato nellepigrafe - era imbandita presso un altare del semidio, posto generalmente nel

126

forum pecuarium. Anche dalla vicina Alba Fucens anchessa colonia nel 303 a. C. - proviene la
base di donario con iscrizione dedicatoria ad Ercole (CIL IX, 3907), oggi conservata nellAntiquarium di Avezzano (CATALLI 1998, 17). Prima del recente restauro, il blocco - spezzato in due
in due frammenti era stato ricomposto con mastice; lintervento per non aveva intaccato lo
specchio epigrafico, tanto da risultare perfettamente e quasi integralmente leggibile. Invece lintervento condotto nel biennio 1999-2000 ha irreparabilmente e sciaguratamente abraso buona
parte della met inferiore delliscrizione, come risulta dalla comparazione con la lettura offerta dal
Mommsen e con la documentazione fotografica in TANZILLI 1982, 145.

Sullepigrafe dei magistri Herculanii, AURIGEMMA 1910, 294-298. Erroneamente MEZZAZAPPA 2003, 106, afferma che tale iscrizione sarebbe quella edita in CIL X, 5708, confondendo le
due iscrizioni ed i luoghi di rinvenimento.
92

93 La tradizione dei bronzetti figurati in ambiente preromano aveva diffusione cultuale e votiva,mentre in et romana, oltre che funzione cultuale (spesso le statuette erano conservate nei larari per il culto domestico), anche decorativa. Dal territorio di Alvito provengono dieci bronzetti
(di cui cinque scoperti in localit Santa Maria del Campo), poi conservati nella collezione Graziani;
per tale repertorio, RIZZELLO 1996, 10-13; a Sora documentata unimportante collezione di Ercoletti di bronzo, vista da Achille Lauri nel palazzo di Carlo Tuzi e poi trafugata (LAURI 1957, 21).
Un bronzetto di Ercole in assalto proviene dal vallone del Lacerno (RIZZELLO 1989, 138-139). La
diffusione del culto del semidio testimoniata da Dionigi dAlicarnasso (I, 40, 6), secondo cui
ogni citt aveva luoghi di culto dedicati al semidio; del resto, Livio (IX, 44) ricorda che a molte colonie latine e romane furono donati simulacri di Ercole.

La lastra stata rinvenuta durante lavori occasionali nella sacrestia (RIZZELLO 1990, 25) ed
pertinente ad una fase di ristrutturazione pi tarda, quando ai rivestimenti ed ai materiali architettonici fittili si sostituirono quelli in marmo o in pietra.

94

95 Liscrizione funeraria, su un blocco in calcare locale, si trova nei pressi della chiesa di San Giovanni Battista, in via Cittadella n42 ed inserita in una parasta di Palazzo Branca. Nellepigrafe,
databile al I secolo d. C., si legge P(ublius?) Vertuleius Filodam(us) Q(uintus) Proculeius Q(uinti)
l(ibertus) Hilarus S(ibi) et suis [fecit]. (SOLIN 1981, 54-55;TANZILLI 1982, fig. 110, 113). Anche in
uniscrizione funeraria su lastra in marmo lunense, formata da quattro frammenti ricomposti,
conservata nella clausura del Monastero della chiesa e risalente al I secolo d. C., attestato un Hilarus; il testo il seguente: [-] A ++ [-][-]s C(aii) (et) L(ucii) l(ibertus) Hilarus + [-], cio Hilarus, liberto di Caius e Lucius, [fece] (SOLIN 1981, 53). Il nomen Vertuleius pi volte
documentato nelle epigrafi sorane (CIL X, 5708; AURIGEMMA 1910, 294-298 e 302).
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97

Sullelogio di Scipione Barbato, ZEVI 1970, 63-73.


Liv., IX, 44.

Sui rinvenimenti di bronzetti a Sora, LAURI 1957, 21; AURIGEMMA 1910, 296; RIZZELLO 1980,
84, 87 (nota 8); su un bronzetto votivo rinvenuto in una vicina localit, RIZZELLO 1990a, 138-139.

98

99 Sui repertori ceramici di tipo votivo provenienti da alcuni depositi dei santuari del Lazio meridionale, cfr. RIZZELLO 1980, 58-70, 13-54 e RIZZELLO 1998b, 41-78; ONORATI 1993, 113-118;
FERREA PINNA 1986, 89-144; BAGGIERI-RINALDI 1999, 110. Sul fenomeno degli ex voto e la

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loro diffusione nella valle di Comino, ORLANDI, MORELLO 2000. Sulle stipi votive in area romana confrontabili con quelle del Lazio meridionale, Roma medio repubblicana 1973, 138.
100

Sui rinvenimenti, frutto di campagne di ricognizioni e di donazioni, RIZZELLO 1983a, 16-17.

101 Testa muliebre velata con tunica e tenia (inv.1473), frammentata in basso a destra e sul retro, naso
scheggiato; altezza cm 20,5; in argilla color salmone bruno chiaro, scagliette di mica nera, pirosseni e granuli di carbonato nellimpasto; interno vuoto. Cfr.RIZZELLO 1983b, 16. Riguardo
esempi simili per tipologia di realizzazione e dimensioni, Roma medio repubblicana 1973, 166-167
e fig. 226 della tav. XLI; 318, n 469, tav. LXXI; STUART JONES 1922, 306, n. 8, tav. 119.

102 A Fosso del Medico documentata lesistenza in antico di una struttura templare per la presenza in situ di rocchi di colonne, capitelli e blocchi (RIZZELLO 1980, 73-83; RIZZELLO 1983a,
19-20). A Pescarola, presso sorgenti dacqua sulfurea, furono costruiti in epoche diverse un santuario dedicato alla dea Mefite, assimilata pi tardi a Venere, terme e una necropoli, attivi fra il
VII ed il I secolo a. C. Il materiale ceramico e bronzeo qui rinvenuto durante occasionali ricognizioni e conservato nel Museo di Sora, confrontabile con gli ex voto della valle dAnsanto e di
Canneto, consiste essenzialmente in materiale votivo (testine muliebri, votivi anatomici), monete
e unarma minaturistica (inv. 640), per cui cfr. RIZZELLO 1980, 93 e RIZZELLO 1983a, 17-19. Dimensioni dei reperti: utero (inv. 11) altezza cm 8, frammentario sul lato, in argilla color salmonerossiccio con intrusione di pirosseni, interno vuoto e concavo, per cui RIZZELLO 1980, 153, n15;
fegato o rene (inv. 1171) in argilla rossiccia con intrusioni silicee, largo cm 6,3, frammentario e ricomposto, retro piatto, per cui RIZZELLO 1980, 152; RIZZELLO 1983, 20; RIZZELLO 1998, 54. Testina muliebre velata (inv. 1): altezza cm 4,6, argilla depurata, interno pieno (RIZZELLO 1980,
153, n 1); testa muliebre (inv. 1474): altezza cm 9,4, lavorazione a maschera, argilla color salmone, con pochi granuli di carbonato, scaglie di mica nera, pirosseni (RIZZELLO 1983, 16).
103

Sui rinvenimenti in tali localit, RIZZELLO 1983a, 21-24 e RIZZELLO 1983a, 12-15.

Sui rinvenimenti di Pescosolido, effettuati occasionalmente da Stefano Guadagni e Domenico


Cicchinelli in loc. San Pietro, posta al di sopra della fonte Chiarenzo, RIZZELLO 1985, 93; sulle
ceramiche di SantAmasio, RIZZELLO 1980, 73-75; RIZZELLO 1983, 16.

104

105 Per la ceramica qui esposta, si possono instaurare diretti confronti con gli esempi scoperti a
Fregellae e ad Aquinum; cfr. NICOSIA 1976, 5-64; NICOSIA 1979, 23-41; MALANDRINO 1990, 1632. In particolare, per la coppetta rinvenuta a SantAmasio (inv. 1471, del diametro di cm 9,8) si
individua il tipo Morel 2744 c1 (MOREL 1981a, 216, pl. 69) risalente alla seconda met del III secolo a. C.- II secolo a. C.; la coppetta (inv. 1472, diametro di cm 9,8) rinvenuta a SantAmasio,
di tipo Morel 1623 a1, databile al II secolo a. C.; la coppa di San Pietro (inv. 2057, del diametro di
cm 13,4 ed unaltezza di cm 5,5) di tipo Morel 2765 a1, risalente alla met del III secolo a. C., e
confrontabile con lesempio analizzato da NICOSIA 1976, tav. IV, n63, 44; nella coppa miniaturistica di San Pietro (inv. 2058, diametro cm 9,4, altezza cm 4) si individua il tipo Morel 1571 c1,
con confronti locali con lesempio vascolare offerto da NICOSIA 1976, tav. VI, n 126, 62.
106
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MOREL 1981a, 244. MOREL 1981b, 81-96.


LAMBOGLIA 1952, 182.

RIZZELLO 1980, 73-85; RIZZELLO 1983a, 16-17.

128

Sul sito, DE NINO 1879b, 119; BERANGER 1979, 53; RIZZELLO 1986b, 4-8; BERANGER 1998,
238; sul culto di Silvano, DORCEY 1992, 88-104; sulle iscrizioni, SOLIN 1981, 58; SOLIN-KAJAVA
1992, 357-362. Si ricorda che, secondo quanto trdito, in tale localit furono rinvenute liscrizione
edita in CIL X, 5708 e la base dappoggio (la clava), pi verosimilmente provenienti dallarea della
Cattedrale.
109

110

RIZZELLO 1986 b, 9-12.

111 RIZZELLO 1980, 55- 57; RIZZELLO 1986 b, 14-17; RIZZELLO 1994, 103 109; sulliscrizione,
BERANGER 1979, 53-58; DEGRASSI 1969, p. 59 sgg.; DEGRASSI 1971, 135-139; GIANNETTI
1982, p. 24 sgg.; KAJAVA, ARONEN, SOLIN 1989, 103 109; SOLIN KAJAVA 1992, 365-369,
n17. Liscrizione si trova nei pressi del confine tracciato tra lo Stato Pontificio ed il Regno delle
Due Sicilie, tra le due colonne confinarie n 179 e 180.
112
113

Plin., Nat. Hist., XXXIV, 18.


Plin., Nat. Hist., XXXV, 4.

114 Fino al 1999 la testa era sistemata sulla stele togata, a sua volta poggiata sul capitello corinzieggiante figurato, nel cortile delledificio scolastico di via Napoli, oggi sede decentrata dellUniversit di Cassino. Nel vicino porticato era depositata anche liscrizione CIL X, 5708.

Per esempi affini, le stele togate di Venafro (DIEBNER 1979, 104-105, tavole VF 2-3 di pag. 210211 e tavola IS 2); appare simile anche alla statua in calcare (altezza m 1,53, priva della testa, della
mano sinistra e della parte inferiore delle gambe a partire dalle ginocchia) conservata presso i Civici Musei di Udine, casualmente venuta alla luce nel 1935 nellisola di SantAndrea dove, forse,
era stata reimpiegata nella costruzione del porto romano. Sono inoltre individuabili affinit tipologiche e contestuali con i togati (statue identificate con i numeri 11 109 e 11 110) rinvenuti durante gli scavi al Seminario di Mantova; cfr. TAMASSIA 1976, 126-134; TAMASSIA 1980, 137-155;
BOSI 1983, 97-115. Si possono inoltre instaurare confronti con il togato di Maccaretolo; a tal proposito, NEGRETTO 2005, 161-198. Il busto togato da nicchia di Sora (altezza cm 57, larghezza alla
base cm 50, spessore massimo cm 19) attualmente conservato in un locale interno della Clausura del complesso abbaziale di San Domenico; in un altro locale contiguo sono conservati i seguenti materiali inediti: n 12 tubuli di dimensioni omogenee (cm 50 circa), una semicolonna
scanalata su base modanata (61 cm di altezza, cm 35 il diametro del fusto), una base di colonnetta medievale, un frammento con rilievo floreale di et medievale, assai simile alla lavorazione
nel retro dello stemma con giglio esposto nel museo e con un frammento incassato in una parete
interna della chiesa di San Domenico, con piccoli fori per linserimento di stucco. Un frammento
di stele togata femminile, pi tarda a giudicare dallacconciatura a chioccioline, attualmente
conservata nel cortile del castello Boncompagni di Isola del Liri (RIZZELLO 1985, 94, foto 33).
115

Plin., Nat.Hist., III, 63; Lib. Col., 237, 17-19. Certamente Sora fu una colonia storica, creata cio
dopo laccordo di Bologna del 43 a. C.; infatti, nellelenco fornito da Plinio in genere lappellativo
giuridico precede il nome in quelle citt dove avvenne una deduzione coloniale in et triumvirale o postaziaca. LAFFI 2007, 119-125.

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117 HOARE 1819, 220; ROMANELLI 1819, 366; TUZI 1727, cap. I; LISI 1728; CIL X, 5713 = ILS,
2226=ILLRP, 498 a; DEGRASSI 1962, 90-91; SOLIN 1981, 58-59; TANZILLI 1982, 126; KEPPIE 1983,
136.

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Per questo motivo, laggettivo prim(o) in quinta linea non andrebbe riferito a pontific(i), ma al
sostantivo precedente quattuorvir(o) i(ure) d(icundo) in terza linea; in tal modo lepigrafe andrebbe
cos tradotta: a Lucius Firmius, figlio di Lucius, primpilo, tribuno dei soldati, quattuorvir giurisdicente del municipio e primo quattuorvir anche della colonia dedotta, pontifex, la quarta legione
sorana a titolo di onore e valore; secondo tale lettura, quindi, Firmius mantenne un ruolo di
primo piano sia prima che dopo la fondazione coloniale. Probabilmente Sora mantenne lordinamento quattuorvirale anche nel successivo status coloniale; solo successivamente al quattuorvirato subentr il duovirato, come si evince dalle iscrizioni CIL X, 5670 (per cui SHERK 1970,
n46) e CIL X, 5714. Sulla diversa lettura, LAFFI 2007, 55, 130, 132-134, 145.
118

119

LAFFI 2007, 130, 145.

120 VERMEULE 1959; VERMEULE 1978; VERMEULE 1980. Vedasi il trofeo monumentale proveniente dagli horti Sallustiani (TALAMO 2008), la statua loricata di et traianea in marmo tasio rinvenuta negli scavi del Governatorato nel foro di Traiano e quella in porfido rosso conservata a
Bologna nella sede della Banca di Roma, acquistata ad unasta di Christies a Roma, la statua loricata di Brindisi risalente al I-II secolo d. C. (LAURENZI 2008). Un simile esempio descritto da
FORLATI TAMARO 1965, 191 195.

121 Il luogo attuale di conservazione la sala per le conferenze al primo piano della prepositura
della chiesa di Santa Restituta. Le misure del capitello figurato con gorgoneon su lesena scanalata
sono: altezza cm 62, larghezza massima cm 45, larghezza della lesena cm 42, spessore cm 21. Le
decorazioni con testa di medusa non sono infrequenti in monumenti funerari, come nel caso dei
fregi scolpiti nei pulvini della tomba ad altare di Barbona e nel rilievo di trapezoforo che incornicia il monumento di Caius Menius Bassus sulla via Valeria a Tivoli (HESBERG 1994, 199, 204, fig.
141) ma anche nel rilievo figurato con armi dai Mercati di Traiano (UNGARO 2008).
122
123
124

Plin., Nat.Hist., XXXIV, 18.


TANZILLI 2006, 15-21.

BIANCHI-MATTHIAS-COLETTA 2003, 43, 54 (fig. 30).

NICOLUCCI 1880, 390-391. Il Loffredo (LOFFREDO 1911, 576) riferisce che ai suoi tempi il
pezzo era sistemato nella piazza Santa Restituta e fungeva da piedistallo alla statua togata attribuita a Servilio Barea. LAutore afferma che il pezzo in questione vuolsi appartenesse al gran
tempio di Serapide, che nella leggenda di S. Giuliano Martire, dicesi crollasse il giorno del martirio di
Lui e che con i materiali di spoglio di tale edificio si fabbric il Palazzo Gesuitico, e la porta
detta di Corte, sul ponte di Sud-ovest. Sulla spoliazione delledificio tradizionalmente identificato
in un Serapeo, TUZI 1727, 236; LISI 1728, 118; P. FILIPPO 1974, 111-112; TANZILLI 1982, 101-104;
RIZZELLO 1984, 22-23.
In seguito il capitello fu collocato nellatrio delledificio scolastico di via Napoli, oggi sede del
Polo universitario, a sorreggere la stele di togato con la testa virile, dove rimasto fino al 1999. Il
capitello dellatrio del Vescovado, ancora spezzato, stato fotografato nel 1981 (negativo 3238.VW 81, Fototeca dellIstituto Archeologico Germanico). E altamente probabile che i materiali
appartengano ad un contesto funerario di II III secolo d. C. e che siano pertinenti ad un imponente mausoleo, sorto allincrocio della via principale con la strada per Arpinum che attraversava
larea su cui oggi sorge la cappella di San Giuliano costruita anche con blocchi modanati di pi
125

130

modeste dimensioni - ed un tempo occupata dallopificio Tomassi. I materiali di tale edificio funerario furono poi rilavorati e parzialmente riutilizzati nel 600 e allinizio del 700 per la costruzione del palazzo dei Gesuiti (oggi sede del Municipio) e della settecentesca porta di Corte
commissionati dai Boncompagni. I reperti scoperti nei pressi del ponte di Napoli (NICOLUCCI
1880, 391) sono dunque da porre in relazione con gli undici blocchi, prodigiosamente scoperti e
ora conservati nel magazzino comunale di localit Santa Rosalia, nella cui piazzola antistante
erano altrettanto miracolosamente apparsi nella notte del 26 settembre 2001 e che, con ogni probabilit, erano provenienti dallarea di San Giuliano.
126
127

CIL X, 5714=ILS, 6290; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 117.


MOMMSEN 1846, 42-45.

128 ANTICO GALLINA 1997, 208. Sui decurioni, MANCINI G., s.v. Decuriones, in Diz. Ep., vol. II,
2, 1539-1541. Da ricordare che le lapidi e le statue erette dai privati cittadini per onorare personaggi illustri o lasciare memoria di s erano considerate propriet privata, ma vincolate alluso
pubblico. Queste norme di tutela dei monumenti, sia pubblici che privati, facevano parte delle
leggi urbanistiche estese a tutto il territorio dellImpero. Fornisce unattenta lettura ed una riflessione approfondita dellepigrafe GELSOMINO 1985, 67-70.
129 BUONOCORE 1996, 19-31. Talvolta i praefecti iure dicundo erano nominati dai decurioni ex lege
Petronia; cfr. LAFFI 2007, 73.

130 Le strade erano sottoposte ad una costante opera di revisione; difatti, liscrizione edita in CIL
X, 5688 ricorda che nel II-III secolo d. C. la strada fra Cereatae e Sora fu lastricata per decreto decurionale e con spesa pubblica; allinizio del IV secolo d. C. risale il cippo miliario in granito conservato nella cripta della chiesa di San Domenico abate, segno che la vicina strada allepoca
conservava una certa importanza. Le cariche di viocurus e persino di sommi magistrati giurisdicenti con poteri censori come i duoviri quinquennales potevano essere conferite anche dal senato
locale in piena autonomia; a tal proposito sono illuminanti liscrizione in esame e lepigrafe CIL
X, 5670 del 107 d. C., rinvenuta a Fontana Liri, per cui SHERK 1970, n 46; LAFFI 2007, 75-76.
Inoltre, la menzione del duovirato in iscrizioni imperiali potrebbe dimostrare che nel I e nel II sec.
d. C. era ormai avvenuto il passaggio dallordinamento quattuorvirale ad uno duovirale, proprio delle colonie, e che Sora mantenne anche successivamente alle deduzioni lo status di colonia. Su tale cambiamento istituzionale, LAFFI 2007, 136.
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133

AURIGEMMA 1910, 307.

AURIGEMMA 1910, 311-312.

Sul carattere celebrativo delliconica romana, FABBRINI 1987, 35-48.

134 TANZILLI 1982, 148 150; su un culto di Serapide tramandato dalla tradizione, TANZILLI
1982, 101, nota 213; RIZZELLO 1984, in particolare 17-24, sui rinvenimenti di testimonianze di
culti isiaci a Sora. Sulla localit di provenienza, SQUILLA 1971, 123-132.

BRICAULT 2005. Il pezzo confrontabile anche con la stele arpocratea conservata nel Museo
Archeologico Nazionale di Napoli (inv. 1013), per cui cfr. BERRIOLA 2008, 192 e con il partico-

135

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lare del nas del Naoforo Farnese conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. A
Roma, nei pressi di piazza Campo dei Fiori, furono rinvenute agli inizi del secolo XX due lastre
marmoree raffiguranti sacerdoti della dea offerenti e portatori di nas contenenti immagini isiache; cfr. I marmi colorati della Roma imperiale, Venezia 2002, 344-345. Sulla diffusione nel Lazio, GASPARINI 2008, 100-109 (con bibliografia precedente).
Il ritrovamento di statuette marmoree raffiguranti Iside avvenne in area urbana nel 1890
(LAURI 1956, 379) e nel 1909-1910, nei pressi del ponte di San Lorenzo (AURIGEMMA 1910, 309).
Il materiale fu trafugato e disperso.

136

137 La repressione ordinata da Tiberio ricordata da Giuseppe Flavio (Ant. Jud., XVIII,65-80), Tacito (Ann., II, 85), Suetonio (Tib., XXXVI, 1-2) e Seneca (Ep., CVIII, 22).
138

HESBERG 1994, 273-275.

139 Ringrazio della precisazione larch. Alessandro Bardi, discendente dellantico proprietario del
palazzo.

Schedario ASL, 1927; LAURI 1957, 21; TANZILLI 1982, 122- 125. I due fregi dorici, di indubbio
contesto funerario, provengono da un luogo diverso da quello di rinvenimento, poich anche tra
la fine del I secolo a. C. e la prima met del I secolo d. C. epoca a cui risalgono i fregi in esame il sito era occupato da costruzioni residenziali e non certo funerarie. E possibile quindi che si tratti
di materiale di spoglio in giacitura secondaria, qui trasportato ed utilizzato come ottimo materiale
da costruzione. Insieme ai due fregi dorici furono rinvenuti anche tre rocchi scanalati di colonna
in stile dorico (due sono riconoscibili in quei rocchi, sistemati nel chiostro del Municipio almeno
fino agli anni 80, poi dispersi), un capitello corinzio, un busto acefalo di statuetta, una trabeazione
del peso di 14 quintali, oggi non pi rintracciabili. I fregi dorici, fino al 1999 anno in cui sono stati
trasportati allinterno del Museo e restaurati -, erano sistemati nei pressi della chiesa di Santa Restituta. Sulliscrizione edita in CIL X, 5749, anche DE NINO 1879b, 17. E certo per che molti dei
materiali funerari rinvenuti nel secolo scorso, per incuria ma soprattutto per la venalit di quanti
pur preposti al controllo hanno trafugato e svenduto reperti preziosi per la ricostruzione storica, sono irrimediabilmente scomparsi; grazie alla cortesia della sig.ra Anna Lauri Tuzi, ho potuto
consultare qualche anno fa gli appunti olografi di Achille Lauri, Ispettore onorario ai Monumenti
e alle Antichit di Sora agli inizi del XX secolo, conservati nellarchivio di famiglia in una cartella
dal titolo Articoli fatti o in preparazione. Nel foglio intitolato Tombe e camposanto, la frase Luso
delle tombe in Sora antichissimo: ce lo dice il ritrovamento dei sarcofagi scoperti lungo la via Sferracavallo
e la via Valfrancesca, poi rubati e venduti agli antiquari allude evidentemente ad altri fortuiti rinvenimenti funerari presso le strade di accesso alla citt da nord e da est.
140

Gli elementi floreali descritti sono assai simili a quelli scolpiti nel fregio dorico riutilizzato nella
costruzione del campanile della chiesa cattedrale, assai vicina al luogo di rinvenimento dellarchitrave esposto.

141

Il tipo di gladius raffigurato quello usato anche nei giochi gladiatori; in effetti molte armi raffigurate nei fregi di San Domenico sarebbero quelle usate anche dai gladiatori, per cui POLITO
1998, 158. Del resto, a Castelliri inserita in una casa, ubicata nei pressi della strada statale, una
lastra marmorea che raffigura una scena di duello fra gladiatori. Per tale rilievo, RIZZELLO 1985,
95-96.
142

132

143 Sul fenomeno artistico del fregio dorico in ambito italico, TORELLI 1968, 36. Per una bibliografia sullargomento e per confronti con altre aree italiche, soprattutto nel quadro artistico di
tardo ellenismo medio-italico, GULLINI 1974; FELLETTI MAJ 1977, 204; FERCHIOU 1987, 413;
PAOLETTI 1992, 265-277. Sulla rappresentazione di armi in contesti funerari, FRANZONI 1987;
POLITO 1997. Sulla tipologia di monumenti decorati da fregi dorici, BELTRAN FORTES 1997, 119125; NOELKE 1996, 77-104. Il fenomeno interpretato sul piano storico ed artistico, in particolare per i fregi dorici con armi, da CAPALDI 2005, 72-73 e da CANDELORO 1985, 51-65. Il vasto
ed inedito repertorio di fregi dorici in area laziale pubblicato da RIZZELLO 1979; TANZILLI
1982, 74-78, 122-125, 138 e 140; BELLINI 1988, 261-269;RIZZELLO 1990; BELLINI 1991, 9-22; RIZZELLO 1999, 75-98; DI FAZIO 1999, 261-268.
144
145
146
147

Si rimanda al paragrafo sulla centuriazione.


TANZILLI 1982, 86-90.

TANZILLI 1982, 96-99, nota 207.

Cic., De Legibus, II, 1, 1; II, 1, 3;II, 2; Epistulae ad Quintum fratrem, III, 1, 3.

148 KELSALL 1820, 114-115, con disegni di J. Balzar. Riproduzione dei disegni e annotazione della
bibliografia precedente in TANZILLI 1982, 20, 70, 80.

149 In particolare, una descrizione suggestiva del sito in HOARE 1819, 247, 249 e in GREGOROVIUS 1884, 14-15. Una sintesi sul dibattito relativo allidentificazione della villa natale di Cicerone
in questo luogo, TANZILLI 1982, 20-22.

150 Per confronti con altri esemplari di area italica e sulla tipologia dei fregi di San Domenico, POLITO 1997; POLITO 1998, 158, note 246, 247, 248; 164, nota 286. LAutore ritiene che le armi rappresentate possano essere gladiatorie. Per altri fregi darmi rinvenuti in zona, TANZILLI 1982b,
108-109; TANZILLI 1983, 37.
151
152
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154

AURIGEMMA 1910, 308-311.


TANZILLI 1982, 74-75.
TANZILLI 1982, 74-75.

TANZILLI 1982, 74, 77.

155 Un tipo di bucefalio accostabile a quello rappresentato nel blocco di San Domenico conservato nel Museo archeologico Nazionale di Cassino (inv. 82675), per cui BOSSO 2007, 126.
156

TANZILLI 1982, 76, 79.

157 Le falerae (o dona militaria minora) erano le nove decorazioni in argento, di forma rotonda e con
umbone centrale, che venivano conferite ai graduati per azioni di alto valore militare; ai tribuni,
ai prefetti e ai legati invece erano assegnati i dona maiora. Per tali decorazioni, LIBERATI SILVERIO 1998, 42-64. Per confronti, vedasi il fregio continuo di armi a Castrocielo, nel luogo ove sor-

133

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geva la Villa Euchelia; cfr. CAGIANO DE AZEVEDO 1949, 61-62; RIZZELLO 1995, 54, 60, figg.
13 e 14.
158
159

TANZILLI 1982, 78-79.


TANZILLI 1982, 78-79.

TANZILLI 1982, 78-79. Il tipo di lorica rappresentato confrontabile con la coeva raffigurazione in un capitello corinzieggiante figurato del tempio di Bellona, nellarea del teatro di Marcello a Roma, per cui DE NUCCIO 2008.

160

161
162

TANZILLI 1982, 79-81.


TANZILLI 1982, 80-81.

TANZILLI 1983; RIZZELLO 1983a, 50, 55, foto 1. Il blocco, secondo testimonianze orali, fu dissotterrato circa settanta anni fa durante lavori agricoli, insieme a tombe di pietra e ad altri pezzi
con simili rilievi; attualmente si trova nel cortile attiguo ad una bassa e fatiscente costruzione, un
tempo adibita a forno, di propriet della famiglia Facchini. Nei pressi, si nota un blocco in calcare
privo di decorazione forse attinente al medesimo contesto.

163

TANZILLI 1982, 138 e 140. E possibile che il blocco provenga dal medesimo sito di rinvenimento dei blocchi con fregi esposti nel Museo, data la vicinanza tra la chiesa cattedrale e Corso
Volsci n 6.

164

Per la descrizione dettagliata del monumento, TANZILLI 1982, 69-75. Un confronto pu essere instaurato anche con il monumento a dado di San Guglielmo al Goleto (AV), poi trasformato
in campanile romanico (COARELLI 1967, 46-71). La stessa sorte tocc anche al monumento di
Sora, che in epoca imprecisata divenne una torre, poi crollata nel 1814. Per un esame generale
della tipologia, HESBERG 1994, 197-209; HESBERG 2002, 33-61; GUIDORIZZI 2004, 131-135; VARENE 1970, 91;BELTRAN FORTES 2004, 101-141. Il confronto diretto pu essere instaurato con
laltare di Caius Iulius Felix a Henchir Messaouer (Tunisia) (FERCHIOU 1987, 413), di La Calerilla
(MARTINEZ VALLE 1995, 259-281), di Barcellona (BELTRAN FORTES 1997, 119-125), con laltare
di Publius Capitonius Catulus a Neumagen presso Treviri (MASSOW 1932, 39-41, n. 2 fig. 21), di
Marcus Porcius (TORELLI 1968, 32-54), di Allei (KOCKEL 1983), di Naevoleia Tyche e Calventius
Quietus (HESBERG 1994, 245, fig. 140) nella necropoli di porta Ercolano a Pompei, con le tombe
al 5 miglio della via Appia, decorate da fregi dorici, e dei Maecii a Rimini (HESBERG 1994, 199)
e soprattutto con la tomba di Quintus Haterius sulla via Nomentana a Roma, che costituisce la diretta evoluzione della tomba ad altare, databile allet di Augusto (HESBERG 1994, 200-201).
165

Misure : larghezza cm 102, altezza cm 55, spessore angolare cm 28, fascia decorativa del capitello alta cm 29. La distanza fra le paraste di cm 44,5. Un esempio simile, pertinente al monumento funerario dei Servilii, conservato nei Musei Vaticani (negativo L 14.265) e a Bolsena
(POLITO 1998, 161).

166

CASTRUCCI 1926, 17; MANCINI 1878, col. 35; RIZZELLO 1979, 43; RIZZELLO 1987, 83; RIZZELLO 1996, 12.

167

134

168 Nello spazio pi distante dalla strada statale e dalla chiesa, accanto al Fibreno, insieme a materiali moderni, sistemato anche un rocchio di colonna liscia (altezza cm 49, diametro cm 48) ed
una base angolare modanata provvista di due scanalature di ancoraggio dei perni di vincolo.

Il kymation composto da diverse fasce e moduli decorativi: dallalto, una serie di ventaglietti
a sei nervature, una serie di ovoli avvolti da sgusci e distanziati da saette con punta ed alette,
una serie di dentelli a profilo curvo decorati da palmette, e, tra i dentelli, elementi decorativi stilizzati (fiori, pterae); la saetta, altrimenti freccetta, un elemento datante in quanto documentata a partire dallet flavia; cfr. Arcata, archeologia e catalogazione, 1, elementi architettonici e di
rivestimento, Roma 2007, 74, 76. La cornice trova confronti in zona con il frammento conservato
nella sacrestia della chiesa nuova di Santa Maria Assunta a Piedimonte San Germano, e di cui RIZZELLO 1995, 56.
169

170 Confronti possibili sono i tre esemplari della necropoli della Via Annia ad Aquileia, per cui
MASELLI SCOTTI 1997, 137-148, e le tombe di Carsulae, Civita Castellana, Falerii, Reggio Emilia,
Canosa, Polla, Centuripe, Sepino, Pietrabbondante, Gubbio, Corfinium (HESBERG 1994, 113-134).

171 Sul riutilizzo di materiali funerari provenienti dallarea di San Domenico per la costruzione
della chiesa di Santa Restituta dopo il terremoto del 1654, TOSTI 1877, 2.

172 Su tale tipologia, ARIAS, CRISTIANI, GABBA 1977, 161; un simile sarcofago conservato nel
palazzo Mattei Di Giove a Roma; cfr. AA. VV., Palazzo Mattei Di Giove, Le antichit, Roma 1982, 264
265, n 105, tav. LXXIV, foto ICCD n 26613; BRANDENBURG 2006, 343-374; PANELLA 1973.

A Sora, in passato sono stati scoperti quattro sarcofagi, di cui tre in calcare ed uno in marmo,
sempre nei pressi della via per San Domenico; per la lastra frontale di un sarcofago marmoreo con
scena di combattimento navale, conservato fino agli anni 60 nellAbbazia di San Domenico e trafugato, ma a cui apparterrebbe il frammento di mano che impugna un gladius, DE NINO 1879 a,
18; TANZILLI 1982, 82-83, 85, con riproduzione della foto (Fototeca Americana, F.U. 6792, anno
1961). Su un sarcofago rinvenuto in localit Ara Frocella - largo Bagnolo a Sora, RIZZELLO 1984,
21-22, fig. n 8 in appendice.
173

174 Lonomastico Virius attestato a Sora anche nelle epigrafi edite in CIL X, 5761;Ephemeris Epigraphica, VIII, n892; AURIGEMMA 1910, 295.
175

TANZILLI 1982, 119-120; SOLIN 1981, 51 - 53.

176 Sul reimpiego di materiale di San Domenico nella costruzione della facciata di Santa Restituta,
cfr.TOSTI 1877, 2.

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177

KAJAVA 2006, 40-41.

Cfr. liscrizione del sevir Lucius Rennius (SOLIN 1981, 45-48). Anche in uniscrizione di Isola del
Liri menzionato un Chresimus sevir (SOLIN 1981, 62-63); su tale carica, ricoperta sia da ingenui
che da liberti, GREGORI 1999, 155- 160, note 277 e 300.
178

179 SOLIN 1981, 55-56. Per le modalit di rinvenimento, RIZZELLO 1983a, 50-51 e 55; RIZZELLO
1985, 44-45.

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180

RIZZELLO 1983a, 51.

181 La lastra nel 1728 era inserita nella facciata della chiesa (LISI 1728, 46), nel 1913 era invece conservata nellAntiquarium comunale (LAURI 1913, 62), ma nel 1927 fu nuovamente murata nella
facciata della chiesa di Santa Restituta, a destra dellingresso centrale, dallispettore onorario ai
monumenti, Achille Lauri. Il testo completo del privilegio pubblicato da CARBONE 1970, 127137.

Liscrizione descritta da AURIGEMMA 1910, 304-305; i nomi Magius e Magia sono attestati
anche in CIL X, 5738 e 5739.

182

183 Unaltra rara iscrizione su marmo bianco, collocata nella parete destra della cappella degli Angeli in via Marsicana, presenta una modanatura ed una tipologia simili a quelle descritte; infatti
la lastra modanata in basso da un listello, una scozia e un tondino; misura cm 37 x 40. Lepigrafe,
databile al secolo I II d. C., la seguente [/-] Claud[i-][-] posu[it] (SOLIN 1981, 5657; TANZILLI 1982, 147-148). Una terza epigrafe marmorea a San Domenico ed pertinente ad
un monumento funerario di una certa importanza (SOLIN 1981, 53).
184 CIL X, 5735; il Mommsen ebbe notizia indiretta del testo dellepigrafe (LOFFREDO 1853, 8) e
pertanto accolse la lettura in terza linea C.L. ARACHNE similiterve. Un pi attento esame mi ha
permesso di individuare un diverso cognomen, anchesso grecanico.

Liscrizione stata pubblicata da AURIGEMMA 1910, 306, n5; TANZILLI 1982, 152-153. Altre
quattro iscrizioni, che nel XIX erano conservate nellatrio della Sottoprefettura (identificabile nel
palazzo che ospita il museo) e descritte da AURIGEMMA 1910, risultano disperse. Anche un rocchio di colonna scanalato, forse quello proveniente dallo scavo occasionale di Corso Volsci n 6, e
di cui TANZILLI 1982, 120-121, oggi non pi nella disponibilit dellEnte comunale e del Museo.
185

SOLIN 1984, 179, fig. 1, 180, n. 2; ivi, la lastra rinvenuta in via Sferracavallo e ora conservata
in casa Ferri, delle dimensioni di m 0,25 x 0,20 x 0,13 e di m 0,04-0,045 per le lettere. Il testo delliscrizione : [-] qui vix(it) [-]/(anni) [-]XXIII [-] [-]tilio [-]; la lettura consente la
frammentaria traduzione che visse 23 anni, per Voltilius (o Sextilius)
186

187
188

AURIGEMMA 1910, 305, n2; TANZILLI 1982, 117 e 152; KAJAVA 2006, 41.
SOLIN 1981, 53; TANZILLI 1982, 119.

SOLIN 1981, 51. TANZILLI 1982, 117 e 119; un Septumius citato nelliscrizione CIL X, 5743,
rinvenuta ai margini di una delle principali strade di accesso al centro urbano.

189

SOLIN 1981, 45 48. TANZILLI 1982, 119-120; un Chresimus anche nelliscrizione di Isola del
Liri di via Roma, per cui Ephemeris Epigraphica, VIII, 610; SOLIN 1981, 62-63.

190

SOLIN 1981, 48-51 non legge Gal(eria tribu), ma Gal(lus), forse indotto anche dal fatto che Tossius un gentilizio diffuso anche nella Gallia Cisalpina. Altri problemi sono relativi alla presenza
di due gentilizi per la donna citata: invece quel Mun(dae) potrebbe essere letto come un Mu(lieris
liberta). TANZILLI 1982, 120-121.
191

136

192
193
194

CIL X, 5762; SOLIN 1981, 60.

SOLIN 1981, 60; TANZILLI 1982, 116-117.

CIL X, 5718; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 98-101.

Lepigrafe CIL X, 5778 era su un cippo terminale che prescriveva lestensione del recinto funerario di 40 piedi in agro.

195

CIL X, 5721; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 98-101. Due Arrii sono menzionati in CIL X, 5722
e un Attius nel titulus pedaturae edito in CIL X, 5724, rinvenuti sempre nei pressi di viale San Domenico.

196

197

CIL X, 5749; DE NINO 1879a, 17; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 117.

CIL X, 5755; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 117. Nella seconda met dellOttocento liscrizione era nellatrio della Sottoprefettura; cfr. DE NINO 1879a, 17.

198

199

CIL X, 5748; SOLIN 1981, 59;TANZILLI 1982, 117.

Secondo TOSTI 1877, 2, per ricostruire la facciata di Santa Restituta alla fine del XVII secolo si
ricorse a materiale di reimpiego proveniente da le rovine del campanile della chiesa di San Domenico, risalente allXI secolo (LOFFREDO 1911, 572). Anche uniscrizione funeraria, rinvenuta nel
1892 durante le opere di scavo delle fondamenta dellabside della chiesa di Santa Restituta, nellOrto de Santi, fu poi impiegata nella costruzione della chiesa (AURIGEMMA 1910, 307).

200

201

CIL X, 5756;TANZILLI 1982, 96-98.

Un cinerario lapideo di forma cubica con coperchio piramidale la tomba 1426 rinvenuta a
Capua; cfr. JOHANNOWSKY 1974, 3-20. Una base per cinerario attestata ad Atina (CIL X, 5137)
e a Santa Maria del Campo ad Alvito (CIL X, 5157, 8239; SOLIN 1981, 67).

202

Per il significato funerario e per la tipologia delloperculus urnae, ROMANELLI 1967, 26. Tale
coperchio cinerario era piuttosto diffuso nel Lazio meridionale; cfr. DIEBNER 1983, 65, fig. 25 e
DIEBNER 1991, 232. In zona, sono stati segnalati altri cippi a pigna: ad Atina (CIL X, 5051; BERANGER 1980, 77; SOLIN 1981, 85-86) con iscrizione Ossa ed incisione decorativa a foglie dedera;
due a Vicalvi (CIL X, 5157) e a Pescarola (RIZZELLO 1987, 90). A Sora, oltre a quello ora nel Museo
e proveniente da Broccostella (RIZZELLO 1985, 79), ne sono conservati uno in viale San Domenico e un altro in vicolo Renzi, nella propriet Cavalsassi-Tuzi (RIZZELLO 1995, 50). Lesemplare
che fino a tre anni fa circa era conservato allinterno di un esercizio commerciale di via Napoli a
Sora e proveniente dalla vicina localit San Giuliano Sura - stato prelevato per disposizione
della Soprintendenza archeologica del Lazio e portato nei magazzini di detta istituzione. Sul reperto in questione e su quello sistemato in viale San Domenico, GENTILINI 1995. Anche tale
cippo, come quello di Atina, in calcare, reca una O incisa (per Ossa), e misura cm 51 di altezza,
cm 115 di circonferenza massima e cm 107 di circonferenza di base; il cippo di viale San Domenico, sistemato in un casolare sul lato sinistro del viale, a km 1,4 dal ponte di Napoli, in calcare,
misura cm 53 di altezza, cm 149 di circonferenza massima e cm 138 di circonferenza alla base; sotto
a detta del proprietario aveva un grosso foro circolare. Sul corpo, tracce di un rilievo a foglie

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dedera (o vite). Entrambi i cippi sono da porre in relazione con la viabilit ed i ritrovamenti funerari della zona, uno dei due pi importanti assi centuriali (RIZZELLO 1985, 28, dis. 1, 45 46;
79, n 19); un altro cippo stato individuato ad Isola del Liri (RIZZELLO 1985, 95, n 2), a Broccostella (RIZZELLO 1985, 79, fig. 31), a Pontecorvo, che per di forma quasi sferica, forse per
un successivo riadattamento (RIZZELLO 1995, 53, 59, fig. n 10), e a Piedimonte San Germano,
nella chiesa di Santa Maria assunta, con epigrafe (GIANNETTI 1971, 424, fig. 1, e RIZZELLO
1995, 56-57, 59 e fig. 11). Un cippo a pigna conservato a San Giovanni Incarico, nellatrio
esterno di un ex Convento in via Chiusa dei ricci n10, abitato fino a quindici anni or sono dalle
Suore ed oggi trasformato nel Centro di spiritualit intitolato a Teresina Zanfrilli. Un tempo propriet dei Cayro (la famiglia dello storico Pasquale Cayro (1793-1817), autore di Storia sacra e profana dAquino, e sua diocesi, I, Napoli 1808, II, Napoli 1811), dal 1954 il complesso appartiene alla
Diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo. Il cippo alto m 0,51, la circonferenza alla base di cm 174.
Sulla superficie e in zona centrale, lepigrafe OSSA, edita in CIL X, 5645; le lettere sono alte cm.
6,5, la prima, cm 5,5 la seconda, mentre la terza e la quarta lettera sono evanide ma rintracciabili.
Lesemplare associato ad altro materiale di spoglio, presumibilmente funerario: difatti nelle pareti del cortile interno sono incassate otto epigrafi provenienti da Fabrateria Nova e verosimilmente qui portate dal Cayro. Le epigrafi sono pubblicate in CIL X, 5604, 5606, 5574, 5603
(questultima chiaramente sepolcrale, con urceus e patera a rilievo laterale), 5588, 5630, 5591; accanto, visibile un frammento di fusto scanalato di colonna su alto piedistallo modanato, assai
simile a quello conservato a San Domenico a Sora negli ambienti adibiti a magazzino, a pianterreno della clausura.
Lesemplare confrontabile con il cinerario conservato nellatrio della chiesa di Santa Maria del
Campo ad Alvito, per cui v. nota precedente; cfr. anche SOLIN 1981, 67, DIEBNER 1983, 65 e fig.
25.
Le immagini sono pubblicate, con i riferimenti diapositiva 375 e 499, nel sito www.museodelcompito.it .

204

205

RIZZELLO 1985, 79.

206 Inedito. Un pulvino simile sistemato nellatrio del palazzo municipale di Atina; sulla posizione di tale elemento architettonico nei monumenti, cfr. laltare funerario di Marcus Porcius nella
necropoli di porta Ercolano a Pompei (HESBERG 1994, 197).
207

FERRACUTI 1986a, 78-79; TANZILLI 2004, 36.

Breviarium romanum ex decreto sacrosanti Concilii Tridentini restitutum s. Pii V pontificis maximi
iussu editum. Clementis VIII et Urbani VIII auctoritate recognitum. Pars verna, 1691 (ACV, coll.F2/203),
142. Per confronti, MONTI 1992, 93.

208

138

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NICOLUCCI 1867= NICOLUCCI G., Sopra altre armi ed utensili di pietra dura rinvenuti nellItalia meridionale, Rendiconti Reale Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli, fasc. 7, luglio 1867

NICOLUCCI 1869= NICOLUCCI G., Armi ed utensili dellEt della Pietra posseduti da G. Nicolucci, Lettera
al sig. Luigi Turco, Napoli 1869

NICOLUCCI 1870= NICOLUCCI G., Brevi cenni su gli oggetti preistorici dellEt della pietra rinvenuti nella
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NICOLUCCI 1871= NICOLUCCI G., Sopra un cranio preistorico rinvenuto presso Isola del Liri, Archivio per
lAntropologia e lEtnologia, Firenze 1871

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NICOLUCCI 1872a=NICOLUCCI G., Let della pietra nelle Provincie Napoletane, Rendiconto della Reale Accademia delle Scienze fisiche e matematiche, Napoli 1872

NICOLUCCI 1872b=NICOLUCCI G., Un sepolcreto dellEt della Pietra presso Colle San Magno nel circondario di Sora, Rendiconti Reale Accademia Scienze fisiche e matematiche, 1872

NICOLUCCI 1873= NICOLUCCI G., Antropologia del Lazio, Atti della Reale Accademia delle Scienze, Napoli
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NICOLUCCI 1877=NICOLUCCI G., Catalogo della collezione di oggetti preistorici dellEt della pietra posseduti da G. Nicolucci in Isola del Liri, Napoli 1877
NICOLUCCI 1880= NICOLUCCI G., XIV - Sora, in NSc, 1880, 390-391

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ROMANELLI 1819=ROMANELLI D., Antica topografia istorica del Regno di Napoli, III, Napoli 1819

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SOLIN - KAJAVA 1992=SOLIN H., KAJAVA M., Iscrizioni rupestri del Latium adiectum, in L. GASPERINI
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SQUILLA 1957= SQUILLA G., Il Seminario di Sora dalle origini ai nostri giorni (1565-1597), Sora 1957

SQUILLA 1971= SQUILLA G., La diocesi di Sora nel 1110, Casamari 1971

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STUART JONES 1922=STUART JONES H., Catalogue of the ancient Sculptures of the Palazzo dei Conservatori, London 1922

TALAMO 2008= TALAMO E., Trofeo monumentale dagli horti Sallustiani, in Trionfi romani, Catalogo della
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TAMASSIA 1976=TAMASSIA A. M., Il commercio delle pietre nel mantovano in et romana, in Annali Benacensi, vol. 3, 1976

TAMASSIA 1980=TAMASSIA A. M., Sculture romane dal Seminario Diocesano di Mantova, in Archeologia e
Storia a Milano e nella Lombardia Orientale, Como 1980
TANZILLI 1982a= TANZILLI A., Antica topografia di Sora e del suo territorio, Isola del Liri 1982

TANZILLI 1982b= TANZILLI A., Due fregi inediti del territorio sorano, in Quaderni del Museo civico di Pontecorvo, 2, Pontecorvo 1982, 108-109

TANZILLI 1983= TANZILLI A., Due fregi inediti del territorio sorano, in Antiqua, VIII, n. 2, marzo-aprile
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TANZILLI 1989= TANZILLI A., Uninedita carta ottocentesca di Sora, in Terra dei Volsci, Contributi 1988,
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TANZILLI 1998= TANZILLI A., La cattedrale di Sora, Teramo 1998

TANZILLI 2004= TANZILLI A., La chiesa di Santa Restituta in Sora, Sora 2004

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TANZILLI 2006= TANZILLI A., Una villa romana in via Ravo a Sora, in Latium, 23, 2006, 15-21

TERZANI 1989= TERZANI C., Isernia: scavi nel cortile del palazzo vescovile, Tutela. Catalogo della mostra,
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TORELLI 1968= TORELLI M., Monumenti funerari romani con fregio dorico, in Dialoghi di archeologia, 1,
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TOSTI 1877= TOSTI L., Vita di San Domenico abate, con appendice dei restauri e seconda consacrazione della
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TUZI 1727=TUZI F., Memorie istoriche massimamente sacre della citt di Sora, Roma 1727

UNGARO 2008= UNGARO L., Pannello con catasta darmi dal Foro Traiano, in Trionfi romani, Catalogo
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VARAGNOLI 2001= VARAGNOLI C., Vecchi edifici e nuove funzioni, in Recuperare ledilizia, anno V, n
20, marzo 2001, pp. 18-129
VARENE 1970= VARENE P., Blocs funeraires du Nimes, in Gallia, 28, 1970, 91

VERMEULE 1959=VERMEULE C.C., Hellenistic and Roman Cuirassed Statues, in Berytus, XIII, 1959, 117133
VERMEULE 1978= VERMEULE C. C., Cuirassed Statues, in Berytus (Supplement), XXVI, 1978

VERMEULE 1980=VERMEULE C. C., Hellenistic and Roman Cuirassed Statues, Concordance of Greek and
Roman Cuirassed Statues in Marble and Bronze, Boston 1980
VERRANDO 1985= VERRANDO G. N., Agiografia Sorana:Passione di Santa Restituta, Antichit paleocristiane
e altomedievali del Sorano. Atti del Convegno di Studi, Sora, 1-2 dicembre 1984, Sora 1985, 77-98

ZEVI 1970= ZEVI F., Considerazioni sullelogio di Scipione Barbato, in Omaggio a Ranuccio Bianchi Bandinelli,
Studi miscellanei 15, Roma 1970, 63-73
ZEVI GALLINA 1978= ZEVI GALLINA A., Sora scavi della cattedrale, in Quaderni del centro di studio per
larcheologia etrusco-italica, 1 incontro di studio del comitato per larcheologia laziale, Roma 1978, 64-66

ZEVI GALLINA 1981= ZEVI GALLINAA., Isernia, in Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I secolo a. C., Museo
archeologico nazionale, Napoli 1981, 101-104.

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DIDASCALIE delle IMMAGINI


inserite nella guida

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p. 10:
p. 12:

carta geologica dItalia I. G. M., Sora; scala 1:100.000


dipinto ad olio di Francesco Vanni, Santa Maria della Vallicella, sec. XVII chiesa Santa Maria
degli Angeli Sora
p. 12: altorilievo a stucco di anonimo castello Boncompagni Viscogliosi Isola del Liri
(anche in copertina)
p. 14: manufatti litici di Valleradice
p. 16: manufatti vascolari di Isola del Liri nelle tavole del Nicolucci
p. 20: mura in opera poligonale: tratto presso la chiesa di SantAntonio abate; blocco con segni di lavorazione - collina A
p. 21: tratti murari - collina A
p. 22: tratti murari fra la collina A e laltura B
p. 22: foto aerea del colle con sovrapposizione dei tratti murari ancora in situ (rosso) e ricostruiti
(giallo); in evidenza larea racchiusa dalle mura ed occupata dalloppidum
p. 24: tratto murario nei pressi della loc. Valfrancesca
p. 25: tratto murario nei pressi della loc. Valfrancesca
p. 26: tratto murario nei pressi della loc. Valfrancesca
p. 27: tratto murario nei pressi della loc. Valfrancesca
p. 30: iscrizione edita in CIL X, 5688
p. 30: il ponte romano c. d. Marmone loc. Barca San Domenico
p. 30: il cippo miliario - cripta della chiesa di San Domenico
p. 32: blocchi di ponte romano parco Valente
p. 34: tracce della viabilit urbana antica e della centuriazione romana in una foto aerea della RAF
scattata nel 1944 (Aerofototeca nazionale Roma)
p. 35: la castrametatio rintracciabile su una mappa urbana della fine del sec. XVIII
p. 36: sagoma dellaltare Martei
p. 36: ricostruzione grafica dellaltare
p. 37: il thesaurus
p. 37: ricostruzione grafica del thesaurus
p. 38: il rivestimento bronzeo del thesaurus
p. 39: apografo delliscrizione incisa sul rivestimento bronzeo
p. 40: antepagmenta - ricostruzione grafica e ipotesi di collocazione originaria
(anche in copertina)
p. 41: frammento di antefissa con Potnia thern
p. 41: frammenti di antefissa con Potnia thern - ricostruzione ed integrazione
p. 42: il tempio in uno schizzo familiare
p. 42: pianta del tempio
p. 42: il podio
p. 44: la sagoma del podio
p. 44: rilievo marmoreo di Ercole, sacrestia della chiesa cattedrale di Santa Maria Assunta
p. 45: le pareti del tempio
p. 46: iscrizione votiva ad Ercole (CIL X, 5708)
p. 48: ipotesi ricostruttiva del complesso statuario di Ercole
p. 49: il frammento di clava
p. 50: testa votiva Arpino, SantAmasio

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p. 95:
p. 99:
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p. 101:
p. 102:
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coppa miniaturistica carenata Arpino, SantAmasio


coppetta a bordo svasato
disegno delle coppe miniaturistiche di SantAmasio e di loc. San Pietro a Pescosolido
coppa emisferica e coppa miniaturistica di loc. San Pietro a Pescosolido
iscrizione di Juppiter Aera (CIL X, 5779)
le edicole rupestri di loc. Rava rossa (Sora) e Carpello (Campoli Appennino)
stele togata
busto funerario clausura dellAbbazia di San Domenico
apografo delliscrizione di Lucius Firmius (CIL X, 5713)
iscrizione di Lucius Firmius (CIL X, 5713)
le statue loricate
rilievo di gorgonion chiesa Santa Restituta, Sora
sostruzioni in opera poligonale atrio del Museo della media valle del Liri
pianta della citt con individuazione dei rinvenimenti: la villa di via Ravo; la villa di piazza
Mayer Ross; la villa di via Loffredo; i basoli rinvenuti in via Lauri e via Annoni
il capitello corinzieggiante figurato
disegno ricostruttivo del capitello
il capitello del Vescovado
disegni ricostruttivi del capitello del Vescovado
apografo delliscrizione di Marcus Baebius (CIL X, 5714)
iscrizione di Marcus Baebius (CIL X, 5714)
testa marmorea virile
rilievo del frammento isiaco
il frammento isiaco - chiesa Santa Restituta, Sora
ipotesi ricostruttiva di un monumento funerario ad altare con fregio dorico
fregio dorico con rilievi floreali
schizzo di un fregio di San Domenico (inizi sec. XIX)
schizzo di un fregio di San Domenico (inizi sec. XIX)
rilievi su blocchi - parete sinistra della chiesa di San Domenico
rilievi su blocchi - parete sinistra della chiesa di San Domenico
rilievo su blocco - parete sinistra della chiesa di San Domenico
fregio con scena di combattimento gladiatorio Castelliri
monumento funerario a dado chiesa di San Domenico
kyma ionico - abside centrale della chiesa di San Domenico
ipotesi ricostruttiva del monumento funerario a dado alzato e pianta
ipotesi ricostruttiva del sarcofago
frammento di sarcofago
lastra frontale di sarcofago con scena di battaglia navale, trafugato nella seconda met del sec.
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apografo di iscrizione funeraria di Lucius Virius Fortunatus
iscrizione funeraria di Lucius Virius Fortunatus
apografo delliscrizione funeraria di Quintus Curtidius Chresimus
iscrizione funeraria di Quintus Curtidius Chresimus
apografo del cippo terminale
cippo terminale
lastra marmorea con iscrizione chiesa di Santa Restituta, Sora
apografo delliscrizione romana sul retro della lastra
cippo funerario di Caius Helvius Philoniaus (CILX, 5735) (anche in copertina)
cippo funerario di Caius Helvius Philoniaus (CILX, 5735) (anche in copertina)
cippo funerario di Marcius Agrippa
cippo funerario di Rupilia Amaryllis
cippo funerario
cippo funerario di Marcus Septumius
iscrizione funeraria di Lucius Rennus

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p. 109:
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p. 116:

ara funeraria di Paccia Donata


iscrizione funeraria di Lucius Voltilius Philoclis (CIL X, 5762)
iscrizione funeraria di Caius Naevius Antiochus (CIL X, 5718)
iscrizione funeraria di Caius Arrius (CIL X, 5721)
iscrizione funeraria di Marcus Pomponius Mena (CIL X, 5749)
iscrizione funeraria di Valerius (CIL X, 5755)
iscrizione funeraria di Plotulena Rufa (CIL X, 5748)
iscrizione funeraria di Lucius Valerius Niger (CIL X, 5756)
apografo delliscrizione funeraria di Lucius Valerius Niger (CIL X, 5756) con ipotesi di copertura a pigna
coperture di urna cineraria Museo archeologico del Compito Don Giorgio Franchini Savignano sul Rubicone
cippo a pigna
pulvino dara
le finestre di palazzo Mobili Carrara
rilievo dei blocchi B, C D, E, F, G - prato contiguo alla chiesa di San Domenico
i blocchi B, C, D, E, F, G nel prato contiguo alla chiesa di San Domenico
il frammento A prato contiguo alla chiesa di San Domenico
il frammento B - prato contiguo alla chiesa di San Domenico
modanatura del frammento B

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foto | antonio claudio piselli


foto | alessandra tanzilli
alessandra.tanzilli@tiscali.it
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Finito di stampare nel mese di marzo 2009


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