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Fedone di Platone – Socrate discute con Simmia sull'universo e sul luogo in cui
vivono gli uomini; Socrate chiarisce la dimensione dell'ecumene e afferma che gli
uomini vivono in una piccola parte del mondo, "come formiche o rane intorno a uno
stagno", con allusione al mar mediterraneo: immagine usata per descrivere il tipo di
insediamento del mondo greco e lo spazio geografico greco.
Parliamo di storia greca e non di storia dei Greci perché le vicende di storia greca
vanno oltre la storia del popolo. L'immagine platonica dello stagno descrive
l'espansione greca, spesso intesa dal punto di vista meramente insediativo e impiegata
per descrivere il fenomeno della colonizzazione; ma si tratta un'immagine riduttiva e
tarda (Platone IV sec posteriore al fenomeno coloniale), nonché statica, in quanto
cristalizza in un fotogramma un processo svoltosi durante un lungo arco temporale.
La scelta della meta per le colonie dipendeva dal grado di informazione dei coloni:
paradossalmente le colonie più antiche sono anche le più lontane.
Il modello della colonia greca come colonia agricola è un modello errato; ad esempio
le colonie focee nascevano in territori poveri come quelli della madrepatria (dal
profilo agricolo). I Corinzi fondavano colonie in territori strategici come
Còrcira/Corfù, località che consentiva di fare rifornimenti prima di giungere in
Occidente (la navigazione antica tende a percorrere rotte vicine alle coste, date le
limitate capacità delle imbarcazioni). L'esplosione della ceramica corinzia col
colonialismo lascia supporre il carattere commerciale di determinate correnti
coloniali.
In realtà le colonie di VIII-VII sec ac vengono fondate per diversi scopi e sulla spinta
di diversi stimoli, non riconducibili solo alla carenza di terreno o ragioni
commerciali. Talvolta i coloni erano esuli dalla madrepatria. Il periodo trattato è una
fase di definizione per la politica greca (vd. Giangiulio Alla ricerca della polis). Il
tipo classico di polis veicolato nei manuali è uno standard di V-IV sec che durante
l'arcaismo non si è ancora costituito, la comunità che aveva accesso alle istituzioni
cittadine varia nel corso dei secoli (il nonno di Alceo conosceva già le istituzioni del
Consiglio e dell'Assemblea, ma lo stesso Alceo testimonia la possibile esclusione
dalla comunità). I criteri di partecipazione alla comunità vengono fissati con
chiarezza a partire dal V sec ac.
Dunque il modello coloniale greco viene identificato dagli altri come apecistico: una
madrepatria che produce una apoikia, esiste una polis o un'entità di tipo etnica
organizza una nuova fondazione, sceglie cioè l'ecista e determina la composizione
della comunità coloniale. A differenza delle colonie romane e latine (o quelle
moderne) le colonie greche erano politicamente indipendenti dalla madrepatria, anche
se alcuni mettono in discussione questa tesi. L'indiscusso legame tra madrepatria e
apoikia è di tipo culturale, che tuttavia può affievolirsi nel tempo qualora la colonia
accolga nuovi flussi coloniali allogeni.
Già in Omero passano alcune memorie coloniali, ma il grosso della memoria storica
su tali fondazioni viene trasmesso da altri autori, in particolare Antioco, Eforo ed
Erodoto. Le fonti dicono che a capo della spedizione c'era un ecista, solitamente un
outsider, un nobile emarginato dal nucleo di provenienza (solitamente per ragioni
politiche); l'ecista godeva di uno status privilegiato all'interno della colonia e veniva
fatto oggetto di un culto eroico post mortem, dunque un riscatto personale.
In tutte le tradizioni sulla colonizzazione è presente la tappa obbligata all'oracolo di
Delfi prima di partire con la spedizione. I partecipanti erano solo maschi, almeno così
emerge dalle fonti. Come si fa a trovare un sito idoneo da colonizzare? Ne parla
Omero: un luogo vicino al mare, facilmente difendibile e fornito di una fonte d'acqua
potabile. L'ecista si occupa della suddivisione degli spazi della nuova polis.
Fino ad alcuni anni fa si pensava che la chora coloniale venisse divisa in maniera
egualitaria, fattore questo che sarebbe stato estremamente motivante per i coloni. Il
fatto che Diodoro Siculo/Eforo sottolinei la spartizione egualitaria dei lotti di terreno
nella colonia di ...?.... non fa che evidenziare l'eccezionalità dell'evento.
Queste tradizioni sono complesse, soprattutto perché stratificate: in una prima fase va
ipotizzata la composizione orale della tradizione, poi c'è la registrazione di circa VI
sec ac in forma scritta, poi vanno valutate le successive rifunzionalizzazioni dei
racconti. Lavoreremo molto con i testi del geografo Strabone, la cui opera consiste in
una storia per luoghi e una ricostruzione elaborata sulla base di diverse fonti di
diverse epoche. C' è una serie di problematiche legate alla decodificazione della
provenienza delle fonti nell'approcciarci alle fonti (sostenere di leggere Antioco
tramite Strabone è un'idea falsa).
Strabone, La fondazione di Taranto – riporta entrambe le tradizioni sulla
fondazione, quella di Antioco e di Eforo, e include un po' tutte le caratteristiche
tipiche del modello apecistico. Antioco di Siracusa (fine Vsec ac., fonte privilegiata
di Tucidide, specie per le fondazioni in Sicilia) dice che gli Iloti sono Spartani che
non parteciparono alla guerra con i Messeni; i loro figli (Parteni) avrebbero cospirato
contro Sparta in quanto emarginati; non appena Faranto (pharantòs è il calvo – gli
Spartani avevano i capelli lunghi) avesse indossato il cappello di cuoio (kynè -tipico
degli schiavi) i congiurati avrebbero dato il via alla rivolta, se non fossero stati
scoperti e fermati; Faranto fu inviato a consultare l'oracolo per andare a fondare
altrove una colonia; i terreni pugliesi erano fertilissimi (tanto grano) ma i Greci se ne
tenevano lontani perché le popolazioni balcane che vi abitavano erano allora
politicamente e militarmente più avanzate, tuttavia l'oracolo invia questi coloni a
Taranto ("per essere flagello degli Iapigi", che già presagisce i conflitti a cui andranno
incontro i coloni). Dopo la versione di Antioco viene riportata quella di Eforo (IV ac),
intrinsecamente contraddittoria: le donne spartane temono di restare senza uomini in
patria e di non potersi riprodurre (la paura dell'oligandrìa è un fatto di Vsec ac a
Sparta); si spiega che i Parteni sono figli di giovani che non hanno prestato
giuramento e di donne non sposate (Antioco invece non chiarisce), su ordine di ...?...;
successivamente si crea un'alleanza tra Iloti e Parteni che vengono emarginati dagli
Spartiati (per Antioco i Parteni sono figli di Iloti, invece per Eforo sono figli di
Spartani e gli Iloti semplici alleati; Eforo migliora lo status originario dei fondatori di
Taranto rispetto ad Antioco); gli Spartiati arretrano, i Parteni non scappano nella
versione di Eforo e alla fine la ribellione viene risolta con una conciliazione operata
tra i padri degli esponenti dei due schieramenti (padri della stessa
provenienza/estrazione) e quindi la soluzione apecistica: l'autore regolarizza così
l'evento della fondazione di Taranto, che nel IV sec ac è il baluardo dei Greci in Italia
(rilettura delle tradizioni precedenti).
7/3/2018
Il periodo in esame è quello delle Dark Ages, oscuro appunto per l'assenza di fonti
letterarie, pertanto utilizzeremo dati archeologici.
La fondazione di Taranto nella tradizione storiografica – gli elementi cardine del
modello apecistico costituito negli ultimi decenni: esistenza di una madrepatria, ecista
capo della spedizione (aristocratico) che reperisce informazioni all'oracolo prima
della partenza, cittadini maschi che partecipano (le donne in alcuni casi arrivavano
dopo, la fondazione poteva incontrare difficoltà nella prima fase insediativa: es. In
Puglia gli indigeni rappresentarono un forte ostacolo).
Antioco, tra gli storici che trattano la fondazione di Taranto, è l'unico occidentale
(Erodoto tuttavia vive per un periodo nella colonia di Turi/Sibari).
12/3/2018
Musti affronta le Dark Ages solo dal punto di vista letterale, ma è limitativo perché in
tale periodo la cultura è veicolata principalmente per via orale, a noi serve valutare il
dato archeologico.
Ricostruire brevemente la storia della definizione del periodo delle Dark Ages (il
"medioevo ellenico").
La memoria storica orale viene successivamente trasmessa alla scrittura; studi del
'900 dimostrano che la memoria storica orale non copre solitamente più di tre
generazioni, tradizioni più alte sono frutto di modifiche successive: in tal senso il
dato archeologico offre elementi di ricostruzione storica più certi relativamente a
periodi caratterizzati da una cultura orale.
Lefkandì – sito archeologico fondamentale per gettare luce sulla storia delle Dark
Ages. Ogni nazione ha le sue concessioni di scavo nei vari siti archeologici, è utile
ricordarlo qualora si ricerchino le fonti (pubblicazioni di scavi) per un periodo
storico. Lefkandì inizia a venire scavato agli inizi degli anni '60 dalla British school e
dalla soprintendenza locale; non sappiamo il sito antico come si chiamasse (il nome
che usiamo è moderno); nel 1996 viene pubblicato lo scavo di Tomba (Lefkandi 2);
2006 terza pubblicazione (Lefkandi 3). Quando Musti scrive il manuale manca la
pubblicazione di Toumba, si limitava quindi a ricordare il sito senza poterne
sottolineare l'importanza.
Xeropolis è un centro che descrive peculiarmente la transizione dall'età del bronzo a
quella del ferro (XIII-XII ac), il crollo dei palazzi micenei; vi si trova un sito molto
antico, proto-medio elladiche, che ha le sue origini in pieno II millennio (1600ac); è
alle dipendenze di un palazzo di Tebe (i palazzi micenei controllavano vaste aree, a
differenza dei minoici), come si evince dalle tavolette; il sito ha un momento di
fioritura nel tardo elladico IIIb e IIIc (1200.1100 ca;cronologie relative basate su
tipologie di materiali) e si ha l'impressione che tale fioritura sia connesso con la
caduta del palazzo di Tebe, da dove probabilmente è giunto un flusso di esuli.
Fino a pochi anni fa si pensava che questa esperienza (Xeropolis) avesse subito
un'interruzione insediativa, quindi un collasso sincronico rispetto ai centri principali
[la voce Lefkandi Treccani del '96 riporta ancora questa ipotesi di interruzione]; ciò
non è vero, cambiarono le forme insediative.
Le necropoli di Lefkandi sono 5, la più antica è Skoubris ma il più significativo è
Toumba. Una necropoli che mostra continuità d'uso tra XI e fine IX ac, che sono
esattamente i periodi più oscuri del "medioevo".
Toumba si presenta come una collina (tumulo) ai cui piedi sorge una fitta necropoli;
inizialmente viene scavata la necropoli, successivamente si scava la collina che
restituisce l'heroon di Toumba: 10mt x 47mt, termina con un abside, ha una base in
pietra che poggia sulla roccia livellata, un ingresso e un lungo corridoio (vd. La
descrizione su qualche testo). Vengono rinvenute due fosse: in una ci sono 4 cavalli
sepolti con ancora il morso; in una fossa ci sono resti di una donna sepolta distesa con
un coltello vicino alla gola, ricchi ornamenti, un vaso di bronzo cipriota contenenti
resti di stoffa combusta e altri oggetti, in particolare la spada che caratterizza un
individuo maschile guerriero, si tratta dunque di una coppia. L'edificio viene distrutto
sulla sepoltura di questi individui, un edificio di dimensioni anomale per quel periodo
e altrettanto anomala è la distruzione di un edificio costato tanto sacrificio. Si ipotizza
che sia stato distrutto alla morte del re in quanto sua dimora, o ritrovo del suo circolo
aristocratico; c'è chi pensa a un edificio sorto con specifica funzione funeraria, data
anche la collocazione negli immediati paraggi di una necropoli, per Lemos tutto ciò
che troviamo a Toumba è ostentazione di ricchezza secondo una concezione arcaica e
aristocratica (spreco di beni): oggetti di lusso smodato, provenienza esotica di alcuni
di essi, cavalli simbolo di una aristocrazia equestre. Il coltello vicino alla gola della
donna e la stessa sepoltura adiacente fa pensare ad un suicidio rituale (come il sati
indiano) o all'omicidio contestualmente alla morte del signore.
Il sito di Xeropolis continua a essere usato in questo periodo, si è ipotizzato che il
signore fosse di Xeropolis e avesse edificato la sua residenza fuori dal centro, a
Toumba verso Lefkandi, e che dopo la sua morte l'edificio fosse stato distrutto e nei
paraggi costituita la successiva necropoli.
Il corredo funerario maschile: vaso cipriota di XIII-XII sec ac, ha già 200 anni al
momento della sepoltura (Kalligas ingiustificatamente pensa che il guerriero stesso lo
avesse preso a Cipro), dipinto con scene di caccia.
Corredo femminile: placche auree sul petto; orecchini; una collana con pendente
babilonese del 2000 ac di 1000 anni più antica rispetto alla sepoltura che è di 1050
ac; oltre al materiale e alla lavorazione, fa specie la provenienza orientale di molti
oggetti del corredo.
Si tratta probabilmente dei capostipiti di una aristocrazia. La cosa straordinaria di
questa sepoltura è che testimonia, in un periodo considerato finora di regresso
culturale e interruzione dei contatti internazionali, una continuità di scambi col
mondo orientale e una consistente ricchezza materiale. Tali usi funerari vengono
riprodotti anche nelle altre tombe dei parenti dei due soggetti principali in cui si
trovano elementi riconducibili alla sfera della guerra e del commercio (es una tomba
di IX sec ac).
Boardman ha ipotizzato che questa aristocrazia euboica fosse frutto di una
immigrazione cipriota in Eubea (ben oltre l'ipotesi di Kalligas del viaggio a Cipro del
signore) – ipotesi estrema.
Si parla di heroon e eroicizzazione del defunto perché la necropoli sorge ai piedi della
sepoltura del signore.
Anche a livello archeologico si denota una avanzata abilità tecnologica relativa
all'impiego del ferro in Eubea.
Degno di nota è il rinvenimento nelle sepolture 1 e 3, una coppia, di un centauro di
terracotta spezzato in due e sepolto metà in una fossa metà nell'altra; il centauro ha
una tacca sulla zampa incisa e decorata a indicare una ferita.
Prima si pensava che la figura del centauro fosse un prodotto di VIII ac, mentre
questo rinvenimento alzerebbe la cronologia della creazione di questa figura. E' un
centauro o Tifone? La ferita alla zampa fa pensare addirittura a Chirone, il centauro
che educa Achille, ciò sarebbe testimonianza della presenza delle saghe mitiche già
nell'Eubea di fine II millennio.
Koinè euboica – la rete di relazioni che gli Eubei costitiuiscono a partire dal XI sec ac
e durante il X e IX nell'Egeo, Sciro Temno Nasso, mantengono contatti tra Eubea e
continente, specie la Focide. Questa teoria si basa su rinvenimenti vascolari: abbiamo
cercamica euboica o d'imitazione in tutti questi luoghi. Tale teoria è stata contestata
dall'archeologo Papalopoulos: non si può parlare di koinè solo sulla base dei
ritrovamenti vascolari, non testimoniano contatti veri e propri – la replica viene da un
archeologo che sta scavando nel nord della grecia .?. secondo cui non abbiamo
spiegazioni per la presenza di tali vasi in quelle località, dal punto di vista
architettonico è possibile rilevare un'imitazione dello stile architettonico euboico
proprio nei luoghi dove sono stati ritrovati i vasi e alcune conferme verrebbero anche
da fonti letterarie (questione paretimologica Calcide-Calcidica).
Oggi si torna comunque a parlare di koinè euboica per quanto riguarda l'Egeo
settentrionale (in Egeo meridionale si riscontra maggiore influenza ateniese).
Dopo il crollo dei palazzi va evidenziato dunque il ruolo dell'aristocrazia euboica nel
ripristino dei contatti esteri: dapprima si spostano nei paraggi, nell'Egeo;
successivamente arrivano a Cipro, ad Almina, a Tiro, come testimonia il dato
archeologico. Questo ci porta a concludere che il mondo euboico è il primo a venire
fuori dalla crisi dei palazzi, a riprendere la navigazione dell'Egeo e del Mediterraneo,
sono i primi a lavorare il ferro, i primi a entrare in contatto con i Fenici da cui
apprendono la scrittura: testimonianza anche nelle fonti successive, Erodoto V 57-58
, assassinio di Ipparco ucciso dalla famiglia degli Gefirei che sostenevano di
discendere da Eretria, ma dalle ricerche di Erodoto emergeva una loro provenienza
fenicia (trad. Familiare Eretria – trad. Storica Fenici giunti con Cadmo passati prima
per la Beozia e poi ad Atene). I Greci affermavano che l'invenzione della scrittura
fosse autoctona ma Erodoto non è l'unica voce fuori dal coro a sostenerne la
derivazione fenicia. In Erodoto comunque confluiscono entrambe le tradizioni
riguardo Eubea e Fenicia.
Le iscrizioni più antiche che abbiamo sono euboiche.
La koinè euboica ha una crisi, archeologicamente databile al VIII sec ac, quando si fa
risalire la guerra lelantina. Tucidide I 15,3 – a proposito dello sviluppo navale della
Grecia, spiega come si arriva allo scontro tra Atene e Sparta; la maggior parte dei
conflitti antichi terrestri erano tra vicini, ricorda una guerra molto antica in cui per la
prima volta si contrappongono Calcide ed Eretria in un conflitto che per la prima
volta coinvolge più comunità che si alleano con una o l'altra città.
Strabone... - la guerra sarebbe scoppiata per il possesso della piana di Lelanto; ci
sarebbe stato un accordo su come affrontarse il combattimento, un'epigrafe vietava
l'uso di armi da lancio (combattimento di stampo o omerico o prima guerra oplitica?);
Strabone prosegue in maniera poco chiara il racconto, gli Eubei sarebbero stati abili
nel conflitto corpo a corpo e nello scagliare lance: probabilmente l'autore non
inquadra il cambiamento della pratica del combattimento di VIII ac.
13/3/2018
Tito Livio parla di Pitecusa in riferimento alle vicende che interessano Neapolis
prima della seconda guerra sannitica, fa una breve ricostruzione delle vicende della
zona costiera. La Palepolis sorgeva vicino alla futura Neapolis. Ricorda che Cuma è
fondazione solo calcidese. L'occupazione sarebbe partite prima da Enaria/Procida per
poi passare alla terraferma (tipo di storia regressiva); in Livio c'è priorità di Pitecusa
rispetto a Cuma. Anche in Flegonte si ricorda una precedenza ischitana rispetto a
Cuma, Pitecusani che occupano Cuma.
Le fonti letterarie dicono che Ischia è una colonia (Strabone), che ha la precedenza
rispetto agli altri insediamenti campani e deve la sua ricchezza alle risorse del
territorio.
Le fonti archeologiche – Punta Chiarito, l'insediamento è una fattoria che testimonia
una importante produzione agricola; gli scavi segnalano una monocoltura vinicola e
la centralità della coltura dell'uva a Ischia è confermata dalla centralità di materiali
dedicati a tale produzione. Nel continente greco la caratteristica dei centri di
produzione era la policoltura tesa all'autoconsumo, mentre la monocoltura è
finalizzata alla commercializzazione (per poter acquisire materie prime utili al
sostentamento). Il culto di Aristeo, divinità legata a Dioniso, è diffuso ad Ischia.
Il quadro della produzione ischitana è completato dagli scavi nella zona portuale,
dove è emerso un quartiere destinato alla produzione ceramica. La produzione di
terracotta è confermata dai rinvenimenti vascolari di origine locale nelle necropoli.
Abbiamo rinvenuto sull'acropoli del centro una zona di lavorazione di metalli
(bronzo, ferro , argento, oro). Nel complesso l'isola è occupata in maniera diffusa dai
Greci (in particolare Lacco Ameno). Se consideriamo l'isola come come una chora
greca, la produzione non soddisfa il sostentamento di una popolazione (VIII sec ac).
Una popolazione abbondante che non si dedica ad una agricoltura di sussistenza,
coltivatori e artigiani si specializzano in determinati settori per poter produrre surplus
da commerciare: non è così che funzionava l'autarchia di una comune polis greca.
I commercianti pitecusani importano minerale grezzo dalla costa campana, lo
lavorano e lo usano come merce di scambio.
Gli artigiani di Pitecusa anche nei rinvenimenti della necropoli celebrano
insolitamente con orgoglio il loro ruolo, quando invece l'artigiano in Grecia era
considerato uno status degradante. Il primo vaso autografato che abbiamo è di
Pitecusa; abbiamo tombe dove gli artigiani si fanno seppellire con i propri attrezzi.
Questa borghesia (non aristocrazia) è molto peculiare, è colta e ha una propria
ideologia, una testimonianza è rappresentata dalla coppa di Nestore (Iscrizioni
greche, un'antologia.... molte sono digitalizzate e scaricabili sul sito Università Cà
Foscari). Il testo della coppa di Nestore per alcuni è in prosa, per alti in versi; una
delle prime iscrizioni in lingua greca, dimostra un livello di alfabetismo elevato;
segnala un gruppo sociale (artigiani e fruitori) acculturato; per alcuni c'è una
contrapposizione tra il Nestore omerico che prepara la bevanda per andare a
combattere e il Nestore pitecusano che prepara una sorta di pozione amorosa; c'è chi
ipotizza che non si tratti del Nestore mitico, ma il contesto è omerico e M. West
sostiene che i poemi omerici siano stati consolidati proprio dall'aristocrazia euboica
(contestato da altri); da ogni punto di vista la coppa è fondamentale dal punto di vista
della ricostruzione storica.
Necropoli di San Montano – insieme alle sepolture dei Greci troviamo quelle di
Etruschi, Fenici e altra provenienza. C'è un vaso di proprietà di una certa Ame, nome
etrusco, sepolta nella necropoli.
Archeologicamente le questioni sono: cronologia dell'insediamento e status (cos'era
questo insediamento). C'è una frequentazione precedente ma l'insediamento è di metà
VIII sec ac; a favore di una cronologia alta c'è la provenienza eretriese e calcidese dei
colonizzatori Ischia, esuli dopo la guerra lelantina, ma se poniamo la guerra al VII sec
non ci spieghiamo la fondazione di Ischia nel VIII sec. Calcide inizia la
colonizzazione con Eretria e poi perde gli Eretriesi nelle colonie successive, quindi o
si anticipa la guerra lelantina o si posticipa la fondazione di Ischia (DA CHIARIRE).
Dal punto di vista archeologico abbiamo il problema che Cuma e Pitecusa sembrano
contemporanee, ma la tradizione parla di una precedenza di Pitecusa.
Altro problema è lo status di Pitecusa, colonia, emporion, polis? In passato l'ipotesi
era quella dell'emporion poi divenuto apoikia con l'estensione verso
Cuma(concezione evoluzionistica), ma questo modello non è più accettabile. Dietro
all'emporion c'è un centro che consente i traffici, come ad Almina, cosa che non si
verifica a Pitecusa, luogo di produzione piuttosto che di scambio. Dunque Pitecusa
non nasce come emporion. Ci sono ceramiche che si immagina provenire da Almina e
giungere a Pitecusa, dove arrivano si oggetti dall'estero ma c'è anche una produzione
locale che manca ad Almina, inoltre, mentre ad Almina non è possibile stabilire quale
fosse la presenza etnica prevalente, è indiscussa la prevalenza etnica greca a Pitecusa.
Si tratta di una colonia, negando la notizia straboniana che Cuma fosse la prima
colonia greca occidentale? L'apoikia è fondazione autonoma che parte da una polis, è
guidata da un aristocratico che consulta l'oracolo, sceglie il territorio e lo ripartisce
per la comunità: questo modello a Ischia non trova riscontro. Per Pitecusa non c'è
oracolo di fondazione, non c'è aristocrazia, non c'è ecista, non c'è una lottizzazione
del territorio. Gli studiosi si dividono sulla definizione dello status di Ischia:
D'Agostino sostiene che Pitecusa anticipi il modello coloniale, una protocolonia;
Emanuele Greco parlava di una polis tipica del livello cronologico a cui risale, una
strutturazione ancora immatura di una polis. Un modello non necessariamente deve
coincidere con la realtà. Non esiste un oracolo: non tutte le apoikie presentano oracoli
di fondazione; Pitecusa non è un centro autonomo ed è possibile che non avesse
oracoli di fondazione. Non c'è un ecista: non tutte le apoikie sono guidate da un
ecista. Non c'è un'aristocrazia: non abbiamo scavato la totalità dell'isola, conosciamo
il 10% delle sepolture ischitane; se pure non ci fosse una vera e propria aristocrazia, il
ceto artigiano vi si avvicinava. Alfonso Mele considera Pitecusa una realtà già di tipo
poleico, è una comunità che si organizza su un territorio e con forme di mescolanza
etnica caratteristica di realtà coloniali (non bisogna per forza ricercare adesione totale
ad un modello). In VIII sec ac in Grecia non abbiamo ancora una vera e propria polis,
i colonizzatori partono da un ammasso disorganico di proto-istituzioni che cercano di
organizzarsi. Nella colonia non si è costretti a vivere la divisione tra cittadini e non
cittadini che si verifica in Grecia nel VI sec (es Solone). Tuttavia ad Ischia non
abbiamo tracce di alcuna istituzione comunitaria: la questione dunque resta aperta.
14/3/2018
19/3/2018
20/3/2018
21/3/2018
Breve ricapitolazione (lezione con classe di storia romana) rispetto alle tradizioni e
alla data di fondazione di Neapolis. C'è una questione sui due siti su cui si insedia la
città: la tradizione ricorda un centro che precede quello di Neapolis, la critica tendeva
prima a negarlo, l'archeologia invece ne conferma l'esistenza. Il sito antico era detto
Partenope, dal culto eponimo della Sirena Partenope; il nome stesso di Neapolis
indica l'esistenza di una Palepolis, a cui fa appunto riferimento Livio.
Questioni circa lo status di Partenope e Neapolis (?)
Data di fondazione di Neapolis – il problema sulla cronologia vedeva convergere gli
studiosi fino a poco tempo fa sulla data del 470ac, ma scavi più recenti hanno dato
modo di risalire ad un orizzonte cronologico più alto.
Dopo Turi Atene non ha esperienze coloniali in Magna Grecia, quindi l'esperienza di
Neapolis è rilevante. Nel 326ac Neapolis entra nell'orbita romana in seguito ad un
foedus con Roma; inizia poi la storia della Neapolis greco-romana (IV-I ac) e
indagheremo cosa resta del bagaglio culturale della polis greca.
Analizzeremo le istituzioni politiche, le riletture funzionali delle caratteristiche
greche in tempi non più greci, le istituzioni religiose (quanto dei culti risalga
effettivamente ai tempi greci).
Epoikia metà V sec – Napoli è una polis stabile, ha rotto gli ambigui legami con
Cuma. I primi passi di Neapolis vanno verso una proiezione marinaresca, carattere
peculiare perché l'economia delle poleis è solitamente incentrata sull'agricoltura.
Napoli sfrutterà l'alto livello dell'artigianato pitecusano, occuperà le isole di Ischia e
Capri. L'avanzare di Neapolis rispetto a Cuma è molto rapido, la tensione si
interrompe quando i Campani occupano Cuma.
Dionigi di Alicarnasso quando parla di Campani si riferisce agli abitanti di Capua, ma
la composizione etnica di Capua si modifica nel tempo; era il maggiore centro etrusco
in età arcaica ma la situazione si modifica nel V sec ac quando le genti etrusche si
uniscono a popolazioni sannite: a Capua, etrusca, troviamo l'alfabeto osco a metà
Vsec.
Diodoro XVI 76,4 "in quel tempo i Campani combattendo con forza sconfissero i
Cumani e uccisero gran parte dei nemici..presero la città, distrussero il centro, resero
schiavi i prigionieri e le donne furono date in spose agli occupanti", sappiamo che
una parte dei Cumani riuscì a scappare e salvarsi a Neapolis.
I popoli Sabellici si riproducono e si gemmano scendendo verso sud, il loro centro di
irradiazione è la zona delle Marche, sono tutti popoli di lingua osca (stesso alfabeto,
dialetti leggermente diversi). La gemmazione (Festo, Strabone) avviene tramite una
procedura che loro chiamano Primavera Sacra, una forma particolare di sacrificio in
caso di carestia (secondo le fonti) quando i Sabelli consacravano a Mamerte tutti i
prodotti di quell'anno, compresi gli uomini. Pur non essendo una cultura dedita a
sacrifici umani, i ragazzi divenuti maggiorenni dovevano allontanarsi dalla comunità.
Irpini (irpus lupo)-testimoniata la procedura della primavera sacra; Lucani, si è
ipotizzato da lupus ma è da lucus-bosco... ad ogni modo sono popoli dediti alla
pastorizia, sono abituati alla transumanza. Gli Appennini non erano luogo adatto ad
accogliere una popolazione demograficamente in crescita come quella delle tribù
sannitiche, che erano costrette ad allontanamenti periodici.
Anche i Latini sono un popolo italico molto simile ai Sanniti, lotta per il sale per
conservare le carni prodotte.
I Sanniti iniziano a premere sulla Campania, il primo centro invaso è Capua, dove ci
fu un eccidio e la fuga a Neapolis di alcuni fuggitivi: questa circostanza costò a
Neapolis il biasimo da parte di alcune fonti.
Dionigi XV 6,4 quando ricostruisce la vicenda fa riferimento alla fuga dei Cumani
"due generazioni prima i Campani avendo eliminato i Cumani presero...e i
Neapolitani che avevano accolto i Cumani in patria" creando una certa discrepanza
cronologica con Diodoro. Il criterio cronologico delle generazioni non è preciso come
quello annalistico.
La critica pensa al 420ac come data della resa di Cuma. La maggiore apertura di
Napoli ai Campani è stato motivo di risoluzione non cruenta delle tensioni e porta ad
una commistione etnica. I nomi dei politici (demarchi) rilevano proprio questa storia
di commistione, dapprima solo nomi greci, poi ai nomi greci si uniscono quelli
campani/sanniti (conferma anche da ritrovamenti di pzz Nicola Amore). Se i politici
hanno nomi campani vuol dire che c'è integrazione della nuova etnia all'interno del
corpo civico.
Per Neapolis il venire meno di Cuma fu di gran vantaggio, dalla seconda metà del
Vac i Neapolitani coniavano monete per i Campani, assistiamo in questa fase alla
rielaborazione del mito di Ebalo (teleboi ?) e dell'occupazione (non necessariamente
militare) della pianura alle spalle di Neapoli fino al Sebeto, Nola, Abella (viene
considerata fondazione calcidese). Neapolis da inizialmente un orizzonte schiacciato
verso il mare, mentre dopo il declino di Cuma si volge a tutta la pianura campana
diventando una piccola potenza di carattere regionale.
Tuttavia si stavano formando le potenze di Roma e dei Sanniti con cui doveva
confrontarsi il centro napoletano. Nei secoli a venire c'è la cosiddetta
decolonizzazione delle colonie greche dovuta alla presenza di nuove etnie (es Lucani
e Campani); Neapolis si trova al centro tra i Romani a Nord e i Sanniti a sud e a est.
Napoli è assediata e nel confronto si trova nel versante sannitico; il
Garigliano/Volturno è il confine delle competenze e Napoli capita in territorio
sannitico; Napoli cerca alleanze per non essere assorbita, sappiamo che nel 350 era
napoletano un generale navale della flotta siracusana, ma il suo nome Nypsios è
sannitico: Napoli guarda a Siracusa come garante della grecità magnogreca, ruolo che
tuttavia la città non riesce a svolgere; successivamente si rivolge al più importante
centro di Magna Grecia, alla Taranto di Archita, che sebbene riesca a tenere a bada i
Lucani non può arginare il reale pericolo della metà del secolo, la potenza romana.
E' il periodo in cui Taranto intesse legami con i Sanniti, che vengono legati a Taranto
anche con rinfunzionalizzazioni mitiche (Sanniti discendenti degli Spartani).
327ac confronto con Neapolis.
La guerra del 343 è legata a Capua, anche se alcuni negano la storicità del conflitto.
Dalle fonti emerge che Capua si trovò a chiedere aiuto a Roma contro i Sanniti; si
giunse a trovare un accordo definendo la linea di confine del Garigliano. La politica
espansionistica di Roma consiste nel piazzamento di avamposti (colonie latine) e
intreccio di alleanze: Roma stringe alleanze con i centri campani in funzione anti-
sannita, così per Capua o Acerra. Tali centri entrano nel sistema di alleanze romane
col titolo di civitas sine suffragio, subalterne ma col diritto alla protezione romana.
Neapolis è all'incrocio degli interessi di Sanniti e Romani. Dionigi di Alicarnasso
(excerpta antichità romane) e Livio sono fonti complementari, Livio si concentra
sugli scontri militari mentre Dionigi sulle trattative precedenti lo scontro, entrambe
convergono: un dibattito che emerge a Neapolis che si risolve prima a favore dei
Sanniti e poi dei Romani. Dionigi parla dei Neapolitani che colpivano i Campani
(quelli filo romani) in vario modo; il Senato Romano a causa delle lamentele dei
Campani decide di mandare una ambasceria ai Neapolitani per tutelare i Campani
("dare e ricevere giustizia, risolvere non con le armi ma con accordi"). Sia Livio che
Dionigi leggono fonti annalistiche latine, ne emerge dunque l'immagine della Roma
corretta che cerca la via diplomatica, pacifica e del bellum iustum. Gli ambasciatori
romani propongono di mantenere una pace tra tutte le popolazioni che affacciano sul
tirreno, in ottica di una situazione favorevole agli scambi commerciali, e a non
commettere "atti indegni dei Greci": con questa espressione si fa leva in maniera
elogiativa sulla caratterizzazione greca di Neapolis, non tenendo conto
dell'ibridazione sannita avvenuta; Neapolis è divisa e i Romani volevano staccare i
più potenti della cittadina dalla componente sannita, ciò emerge chiaramente dalla
narrazione tramandata da Dionigi sull'episodio dell'ambasceria. Anche da Taranto
arrivavano a Neapolis delle ambascerie di illustri politici che da lungo tempo avevano
rapporti di prossenia con i neapolitani a distogliere dall'alleanza con gli infidi
Romani. La grecità è tema centrale in questi racconti, per i Romani i Neapolitani
avrebbero infangato la loro grecità combattendo contro i Campani, per i Tarantini
invece sarebbe stato indegno di grecità l'alleanza con Roma e che bisognava
combattere (tuttavia Taranto militarmente era alquanto inutile). Il Consiglio
neapolitano era spaccato, i più importanti erano dalla parte di Roma. I più importanti
dei Sanniti convincono i più importanti dei Neapolitani a delegare al demos la scelta.
I Sanniti cercano il consenso popolare, muovono accuse di infedeltà contro i Romani.
I Romani si rivolgono a chi ha interessi commerciali, i più ricchi della città; i Sanniti
invece offrono a restituzione di Cuma e terra coltivabile, puntando quindi alla
maggior parte della popolazione: la spaccatura non è di tipo etnico ma sociale.
Il Consiglio neapolitano non giunge a nessuna decisione univoca, dunque Roma
dichiara guerra.
Nel racconto dionigiano c'è la volontà di discolpare i Neapolitani dal conflitto (i
Sanniti li hanno costretti).
Livio ugualmente prova a discolpare i Neapolitani, nonostante gli accenti più critici
indirizzati alla componente greca della cittadina (Dionigi era greco, Livio era in
generale critico verso la grecità).
Livio VIII ..?.. attribuisce le responsabilità del conflitto ai Palepolitani
(sostanzialmente Sanniti) per discolpare i Neapolitani, cerca di spiegarsi come Roma
abbia fatto un accordo tanto vantaggioso con la città di Neapolis; profondamente
ostile ai Sanniti, ne esalta la forza in funzione di una esaltazione dei trionfi romani (i
Sanniti restano ostili a Roma con costanza fino allo sterminio sillano). Quella che in
Dionigi era divisione sociale, in Livio assume i connotati di divisione etnica.
27/03/2018
28/3/2018
9/4/2018
Oggi parleremo della topografia della Neapolis greco romana, in particolare sulla
struttura urbanistica. Cosa rimane della Neapolis greca oggi: sostanzialmente dal
punto di vista materiale abbiamo alcune mura e l'impianto urbanistico, due aspetti
pertinenti certamente alla fase greca e non romana.
Le mura vengono costruite poco dopo la fondazione della polis nel VI-V (la
discussione relativa alla cronologia parte dall'analisi della struttura architettonica
delle mura, come ad es vico Soprammuro). Rilevante è il muro di vico san Domenico
dove c'è uno strato sottostante risalente a V sec ac.
Mario Napoli nel '59 pubblica un articolo, individua due fasi di costruzione di mura,
la seconda fase asseconda un'espansione della polis; le sue affermazioni si basano su
alcuni ritrovamenti in via del Sole (porta al Policlinico); l'ipotesi è che ci fosse stata
una prima cortina di mura (vd immagine allegata in cui si distinguono le due cortine);
altro problema che evidenziava sono le mura di Mezzocannone, dove ci sono due
tratti murari a breve distanza tra loro, uno che corre attorno alla sede centrale di
Mezzocannone 16 e uno davanti al cinema Astra: alcuni tratti murari sono in tufo
granuloso e altri in tufo compatto, differenza di materiali che indicherebbe due
diverse fasi di costruzione.
Via Longo (sotto la scarpata che porta agli Incurabili, vd in foto)- conservato un
pezzo del tratto delle mura settentrionali, muro anche di contenimento perchè poggia
sulla collina, comprendiamo com'era la tipologia muraria costituita da due cortine con
inserzioni perpendicolari. Era una città che si appoggiava a un declivio, non c'erano
accessi nella parte più alta; l'accesso doveva diventare possibile da porta San Gennaro
con l'addolcirsi del pendio. Tutto il resto del tratto settentrionale dobbiamo
immaginarlo, ipoteticamente , osservando anche l'urbanistica attuale, scendeva per
via Settembrini fino a Castel Capuano.
Foto scavi '95 via Soprammuro (doppia cortina con bande laterali).
Forcella- doveva esserci un altro accesso, testimoniato dal "cippo a Forcella" nei
pressi della pizzeria Michele, sinonimo di qualcosa di molto antico.
La parte meridionale della città è totalmente persa, è una zona interessata da enormi
lavori in epoche in cui non c'era attenzione ai reperti archeologici, è la zona del
risanamento: a fine '800 la città era cresciuta in maniera disorganica e in pessime
condizioni igienico sanitarie, le autorità quindi stabilirono un'operazione di
sbancamento e di bonifica urbanista e sociale.
Foto del muro conservato nella centrale della nostra università (secondo cortile Corso
Umberto / Mezzocannone), il muro saliva da corso Umbero a mezzocannone.
Foto del muro di cinema Astra. Le mura poi salivano a piazza San Domenico per poi
allargarsi al tratto meglio visibile di piazza Bellini.
Foto di alcuni tratti di muro a Capo Napoli.
Problema della doppia cinta muraria – Mario Napoli ipotizza l'allargamento (il
secondo tratto è quello che passa per Bellini). Il primo punto di M. Nap. È debole
perché poggia su dati fotografici di scavi del novecento molto carenti per
testimoniare che all'altezza del policlinico c'era un muro e non un edificio. Il secondo
punto poggia sulle differenze di materiali: osservando il muro di Bellini si notano il
materiale più antico a destra e il più recente a sinistra (in foto) e diverse tecniche
costruttive, la prima a pietra ortostata (verticale) la seconda a pietra "spianata" (in
orizzontale), i massi più recenti hanno i segni della cava (foto). Possiamo dedurre che
il secondo tratto è di rinforzo al primo che era costruito frettolosamente
appoggiandolo alla parete rocciosa; la stessa cosa sarà accaduta a san Domenico.
L'ipotesi dell'allargamento di Mario Napoli va scartata a favore dell'ipotesi di
rinforzo.
Le mura di Mezzocannone- un'ipotesi è che per un tratto di Mezzocannone si
camminasse tra due cinta murarie appoggiate a delle colline (mezzocannone
avvallamento naturale dovuto ad un antico fiume), altra ipotesi è che lungo
Mezzocannone ci fosse un muro e più distante una fortificazione staccata. C'era un
ingresso verso san Domenico.
Struttura urbana- '300 umanisti: "la cronaca di Partenope" testo umanistico sulla
fondazione di Napoli dalle origini al '300(?); un'altra cronaca del '500 di Mario
Giordano ..?
Problema: questa struttura urbanistica può risalire alla fase greca o romana e se
l'impianto descritto da Mario Giordano sia un impianto ippodameo.
Che la struttura ricalchi quella greca è deducibile da alcuni elementi: conserviamo la
disposizione del tempio dei Dioscuri, oggi chiesa di San Paolo Maggiore (fine san
Gregorio Armeno) che conserva ancora colonne corinzie (fino al '500 era intatto il
tempio, poi crollato con terremoto). ...?
Alcuni scavi hanno fatto emergere le antiche strade di Napoli sotto il manto stradale
odierno, dunque l'impianto urbanistico attuale ancora ricalca quello antico e ne
abbiamo conferma dagli scavi. I cardi latini riprendevano la precedente struttura di
tipo greco, la vulgata vuole che questa sia una struttura di tipo ippodameo.
La struttura ippodamea prevede un reticolato, tutti gli assi producono quadrati e non
strisce come ne abbiamo a Napoli; a Napoli i blocchi edilizi sono allungati, impianto
di V sec (proprio quando viene fondata Neapolis) che ritroviamo a Naxos e Imera in
Sicilia (impianto per strigas), al centro agorà e a sud i santuari.
Gli attuali decumani sono ampi circa 6mt mentre i vicoli che tagliano sono 3mt, le
plateiai che si creano sembrano
troppo piccole.
Problema decumano maggiore- attuale strada di 6mt corrisponde al tracciato per il
passaggio dei carri, anticamente era di 13mt e i palazzi successivi hanno occupato il
marciapiedi antico.
Problema agorà che diventerà foro romano- osservando le strutture del foro romano,
il macellum sottostante l'attuale convento di san Domenico Maggiore, si deduce che
insiste su una struttura greca precedente; si può ipotizzare che l'agorà greca, poi foro
romano, sia stata occupata in età medioevale da alcuni edifici; l'impianto romano
rispetta la preesistente struttura greca; poi ci sono i teatri, i teatri romani ricalcavano
quelli greci, la posizione del teatro ci aiuta ad indentificare i luoghi importanti della
polis dove si riunivano le Assemblee (eccetto Atene che aveva un sito dedicato), nelle
poleis greche l'Ecclesìa si riuniva nel teatro. (foto ricostruzione età romana)
L'agorà era davvero molto ampia (1/3 della città), attenzione alla destinazione d'uso
dei luoghi quando si stabilisce l'impianto della polis. Solo 2/3 della polis erano
abitabili- l'idea è che al momento della fondazione si iniziasse a recintare una zona e
poi vi si edificava quanto serviva, quindi c'erano anche aree vuote.
Stipe votiva nel santuario di san Gaudioso (culto molto antico, legato alla Napoli
primitiva) che ora non c'è più e si trovava dove c'è il vecchio Policlinico, il convento
fu distrutto nel ...? si è conservato solo l'ingresso; la stipe fa parte di un ritrovamento
di circa 800 oggetti votivi; si tratta di figure femminili, in argilla locale, stampi molto
simili (Artemide a sinistra, Afrodite a destra). La stipe è importante perché è molto
simile a un modello riscontrato in Sicilia e legato al culto di Demetra e Core, usato da
Dionisio proprio per relazionarsi alle popolazioni indigene (? o italiote); la stipe è
stata resa nota negli anni '50 da Mario Napoli e non ancora pubblicata tutta; ci
consente di collegare il luogo ad un culto che sappiamo attestato .?. (ne parla Stazio,
Ceres stazia), c'erano due Demetre, la Cerere attica (questa di Napoli, legata ai culti
cerealicoli) e la Cerere.?. Qualcuno ha parlato di Acropoli nel luogo dove abbiamo
trovato traccia di questi culti: l'ipotesi è stata contestata da Ioannoski secondo cui
l'acropoli è tipica di poleis di VIII e ha un ruolo militare di difesa... (es l'acropoli di
Cuma affacciava sul mare); l'acropoli di Napoli ricalcava più il modello di Taranto,
destinata ai luoghi di culto, posta in zona liminare e non collocata necessariamente
nel punto più alto dell'abitato, per cui anche il nome di acropoli risulta improprio.
Intorno alla polis- innanzitutto c'è Partenope, riusciamo a localizzarla ma non a
ricostruirne la struttura; abbiamo poi il porto, forse dove c'è piazza Municipio (ipotesi
non scontata, abbiamo perso la linea di costa antica; alcune fonti antiche parlavano
anche di due porti; oggi abbiamo trovato le navi e i pali di legno delle banchine).
Grazie agli scavi della metropolitana ai quattro Palazzi abbiamo ritrovato resti del
tempio di Augusto, l'iscrizione dei Sebastà (giochi per Augusto), e forse dovevano
esserci il ginnasio e lo stadio nei paraggi.
La necropoli- a Castel Capuano lo scavo è molto antico e arriva solo a 20mt (la
metropolitana invece scava fino a 50mt), il piano di calpestio è molto salito; c'è una
tomba di età ellenistica sotto un palazzo (dove?); sempre nella Sanità c'è la tomba dei
Cristallini integra, a camera con i letti sepolcrali, di III ac e si trova in proprietà
privata.
10/4/2018
Alcuni principali culti neapolitani e del golfo di Napoli- non trattiamo di tutti i culti,
dato che ne attestiamo un gran numero ma non per tutti abbiamo sufficiente
documentazione per poterli ricostruire (forse di età imperiale).
Culti connessi alla navigazione, un gruppo di culti legati alla navigazione marina e un
gruppo citato da Stazio, quello degli dei patrii.
Culto legato alla navigazione è quello di Partenope, quello di Afrodite della buona
navigazione, Leucatea e Atena.
Gli dei patrii sono Apollo, Demetra, i Dioscuri, Eumelo (connesso ad Apollo).
La necropoli dei Cristallini, fuori dalle mura cittadine, contiene una tomba a camera
perfettamente conservata e doveva recare un'iscrizione del defunto; il defunto era una
sacerdotessa di Leucatea, suo padre compone l'iscrizione, che tuttavia non ci è
pervenuta ma è stata ricopiata in età moderna. Leucatea ha un teonimo in alfa diverso
da Leucotea(attestata nell'Egeo), è una variante arcaica anche se l'iscrizione non è
tanto arcaica. E' un culto legato ai naviganti attestato nell'Egeo, in particolare in
Tessaglia, Eubea, Beozia (koine euboica di VIII sec ac- conferma dell'antichità del
culto esportato in Campania). Divinità connessa a Ino, legata al katapontismos
ovvero gettarsi in mare e divinizzazione tramite il tuffo in mare, lo stesso
procedimento che avviene con Partenope.
Altro culto legato al mare è quello di Afrodite Euploia, testimoniato in particolare da
un'iscrizione di Iac, tarda età repubblicana, è un culto specifico, cioè della buona
navigazione; è un culto raro, è infrequente trovare la dea connessa alla sfera della
navigazione; culto connesso all'Egeo; la funzione di questa Afrodite è quella di
proteggere i naviganti e salvarli in caso di naufragio.
C'è una leggera differenza tra Leucatea e Afrodite: la dimensione marina di Leucatea
è totale (tramite il katapontismos), mentre Afrodite Euploia fa da ponte tra mare e
terra, lei garantisce l'attraversamento marino per giungere a terra.
Esistono alti culti di Afrodite in ambito etrusco, Minturno e Lavinio in particolare;
l'Afrodite neapolitana e quella etrusca dovevano essere il portato dei naviganti di Ixac
che utilizzano il culto come tramite ai tempi dei loro primi contatti con il mondo
italico (Egeo-Tirreno).
Dobbiamo individuare i culti propriamente greci, quelli portati dai fondatori.
Afrodite Euploia connette Neapolis al mondo etrusco.
Leucatea è attestata a Velia e Massalia in ambiente foceo, dunque connette Neapolis
al contesto foceo.
Altro culto dalla natura marina, non attestato specificamente a Neapolis ma nel
golfo, è Atena. Strabone si sofferma sulla descrizione di Punta Campanella dove
c'erano le Sirenousse, ricorda che c'era stato il culto delle sirene (testimoniato anche
dal vaso..) ma che ai suoi tempi c'era quello di Atena (un atenaion), fondato secondo
lui da Odisseo. Il culto di Atena a Punta Campanella è testimonianto anche da
un'iscrizione su roccia in lingua osca dove si ricordano dei meddices (meddix)
minervae; il meddix di solito ha funzioni politiche, le tribu sannite avevano ciascuna
il suo meddix, il capo e quando scendevano in guerra eleggevano i meddices come
capi guerrieri; in questo caso erano sacerdoti del culto di Atena; l'iscrizione si fa
risalire al IIIac, trovata nel 1984 a Punta Campanella (massa lubrense).
Dunque il culto testimoniato da Strabone si può far risalire al III ac (il vaso con le
sirene era di Viac- passaggio da un culto all'altro nei secoli).
Possiamo connettere a questo culto il materiale votivo molto antico rinvenuto sul sito,
(?)
Atena può essere connessa alle sirene e al mondo marino; Atena è la protettrice di
Odisseo, lo spinge a navigare e lo aiuta a rientrare. Punta Campanella poteva
costituire un punto di riferimento fondamentale per i naviganti (la navigazione era
costiera e quindi erano importanti dei punti visibili per non naufragare, il promontorio
di P C era anche molto bianco quindi visibile).
Ulisse rappresenta un raccordo fondamentale per i culti marini di Neapolis. Atena è
connessa a Odisseo, le sirene anche.
Sono tutti culti risalenti anche se le attestazioni non sono facilmente utilizzabili per
stabilire una cronologia. Le caratteristiche specifiche di tali culti ce li fanno
connettere alla koine euboica e al Tirreno meridionale.
Afrodite è divinità di matrice cipriota: uno dei primi luoghi fuori dall'Egeo a cui
fanno riferimento i naviganti euboici è appunto un luogo di Cipro. Potrebbe trattarsi
di una Afrodite cipriota portata nel tirreno dagli Euboici.
I culti del golfo sono i primi ad essere portati dai naviganti con sè e la navigazione è
l'aspetto centrale.
Perché la sirena caratterizza tanto la città di Neapolis? Eponimo di Partenope e culto
patrio di Neapolis: significativo, di solito non sono oggetto di culto. A capo Peloro in
Sicilia è attestato un altro culto delle sirene. Siamo certi che la diffusione occidentale
di questo culto sia opera degli Euboici che venivano in contatto con le coste italiche.
Leucosia, richiamo al bianco delle rocce che rendeva visibile il promontorio ed era
utile ai naviganti.
Senza il katapontismos la sirena non può avere culto della navigazione, è la
trasformazione necessaria a rendere la sirena benigna (altrimenti erano votate al
naufragio). L'unico culto reale di una sirena doveva essere quello di Partenope-
Neapolis; quello di Leucosia e ... devono essere imitazione del culto di Partenope e
sovrapposizioni a divinità precedenti. Partenope a differenza delle altre due sirene ha
una genealogia, figlia del fiume Acheloo, genealogia rivendicata dai Neapolitani
(sulle monete del Vsec ac si connette la sirena al fiume). Vi è un poeta epico minore,
Asio di Samo, che parla di una Partenope, che non è la sirena (il fatto che le figure
siano differenti non vuol dire che non ci sia connessione), ed è moglie di Apollo.
Asio è di VII ac, un'idea che è stata avanzata da Giangiulio è che Partenope come
divinità generica esiste a Samo dove si caratterizza come moglie di Apollo (ankaios
fondatore di samo), i naviganti euboici la trasformano in sirena; in Omero le sirene
non hanno il nome, gli Euboici assimilano Partenope alle sirene. Il culto ha una sua
vicenda storica, lo abbiamo delineato tramite Licofrone: un primo culto a Partenope,
culto tipico con sacrifici di buoi; rifondazione a Neapolis, il culto diventa più
strutturato, Partenope non è più eponimo ma le si dedica una corsa con le fiaccole
come ad Atene (Timeo faceva risalire la lampadedromia a Diotimo che compie una
corsa per portare la fiaccola all'altare della divinità).
L'altro gruppo di divinità del pantheon neapolitano è quello richiamato da Papinio
Stazio nelle Silvae; Stazio è poeta di origini napoletane, dato non scontato, è una
scoperta d'età umanistica (prima lo si confondeva con un altro Stazio) grazie anche
alla scoperta delle Silvae; visse per molto tempo a Roma ma fa riferimenti numerosi a
Napoli, una Napoli d'età imperiale; Stazio tuttavia è un poeta doctus, simile ad
Ovidio per certi aspetti, e la sua poesia richiama dati che sono frutto di attenti studi,
ciò fa sì che l'orizzonte cronologico della sua opera non sia vincolante per le
informazioni fornite: la citazione dei culti patrii non è schiacciamento di culti
contemporanei in una vesta antica, c'è dietro tutto uno studio sulla religiosità del
passato. Stazio dice chiaramente che le divinità patrie erano quelle portate dalla flotta
euboica sui lidi ausoni, le collega dunque ai colonizzatori di Neapolis. Fa un elenco
di tali divinità: Apollo (il suo culto non riusciamo a localizzarlo topograficamente),
colui che ha condotto il popolo che viaggiava da lontano, ha un ruolo fondante per la
nuova colonia e nell'immagine di Stazio ha un uccello sulla spalla verso cui rivolge lo
sguardo Eumelo (altra figura del pantheon neapolitano, figura connessa all'orizzonte
tessalo-euboico- es. Ad Alcesti- sappiamo di alcuni seguaci di Eumelo), immagine
che richiama forse una statua che c'era a Parthenope; Apollo è connesso anche alla
Sicilia, dove c'era il culto euboico dell'Apollo Archegete (fondatore).
Il secondo culto testimoniato da Stazio è quello della Actea Ceres, Cerere Attica; poi
fa riferimento al culto ..?..(la fiaccola della dea veniva agitata- quassamus verbo
problematico- dai myste, i devoti). Il riferimento alla Cerere attica si connette alla
rifondazione ateniese; il culto di Demetra deve risalire almeno al Vac; il riferimento
alle fiaccole potrebbe richiamare un culto simile a quello eleusino, ma c'è un
problema: qualcuno ha operato una sovrapposizione con la lampadedromia per
Partenope. Il culto per Partenope e quello per Demetra possono essere sovrapposti e
così le due figure? Per alcuni il tempo presente del quassamus usato da Stazio farebbe
intendere che..?
Cicerone nella pro Balbo, orazione in cui parla spesso di Neapolis, ricorda come i
Neapolitani si fossero opposti alla riduzione a municipium romano perdendo il foedus
romano del 326ac; nel cap 24 e 25 ricorda che i sacerdoti e le sacerdotesse di
Demetra a Roma fossero convocati da Neapolis.
In Velleio Patercolo, quando si parla della fondazione da parte dei Calcidesi(in
riferimento al culto cerealicolo di Napoli), si dice che i fondatori della città giunsero
guidati da un suono; analogia con la storia degli Gefirei che spostandosi dall'Eubea
all'Attica erano guidati dal suono dei timpani, famiglia connessa al culto beotico di..?
La Demetra attica è rinforzata da ulteriori elementi che la collegano ad Atene (stesso
suono che aveva condotto gli Gefirei ad Atene), mondo euboico-attico-partenopeo.
Anche dal punto di vista archeologico il culto è inserito in un contesto di Vsec
(stipe ..); il culto si connette anche alla Sicilia e ciò si sposa con i legami testimoniati
tra Neapolis e la Sicilia. Il culto di Demetra Core in Sicilia serviva a mantenere i
legami con l'entroterra, è un culto molto legato alla terra e serviva ai sovrani per
incontrarsi con le genti indigene: analogamente i Neapolitani potevano usarlo per
rapportarsi all'entroterra campano. La Demetra Attea è in contrasto con la Demetra
tesmoforos (la natura ctonia ed eleusina sembra però confermata dalle fonti letterarie
e archeologiche, dunque una Demetra attica e non beotica come la tesmoforos)
I culti marini sono molto risalenti e legati alle fasi dei primi approcci greci con
l'Italia; successivamente sembra affermarsi una religiosità di carattere ctonio, dei culti
che servono ad agganciarsi con l'entroterra in concomitanza con la mutata situazione
politica di Neapolis in Campania.
L'ultimo culto di cui parla Stazio è quello dei Tindaridi, i Dioscuri; su di loro
sappiamo poco, il tempio venne ricostruito in età tiberiana (poi crollerà) e sorgeva
nell'Agorà, una posizione particolarmente importante; è un culto inserito tra quelli più
antichi, un culto dorico e non euboico, poteva essere stato impiantato in relazione al
concetto dell'ippotrofia (l'aristocrazia cumana era legata all'allevamento dei cavalli)
oppure successivamente nel IV in seguito ai rapporti stretti con la Taranto dorica.
Vi sono culti assorbiti successivamente, ad esempio quello di Mitra sicuramente
tardo, o il culto di Dioniso (chiamato Ebon in una iscrizione).
I culti testimoniano una fase partenopea marina e una fase neapolitana ctonia.
11/4/2018
Riepilogo
Concezione di mobilità arcaica – Purcell- fine Dark Ages e arcaismo, quali sono i
soggetti che si spostano: mercanti, mercenari, pirati, coloni d'occidente che si
inseriscono nelle rotte – ci siamo concentrati sulla figura del colonizzatore e abbiamo
provato una descrizione del modello apecistico (situazioni politiche di partenza,
figura dell'ecista, ruolo di Delfi, organizzazione del territorio, rapporto con gli
indigeni- tesi di Osbourne)
Miti precoloniali in occidente; il problema di come si sia formata nel tempo una
prima osservazione del mito, come si evolve la concezione di mito, dibattito sui miti
precoloniali Jean Berard, Giangiulio, Mele, Federico: idea di miti che non sono
memoria di presenza precoloniale ma forma di interpretazione di realtà sconosciute
con cui si veniva a contatto, lettura fondata sul proprio bagaglio culturale- diverso il
caso dei miti legittimanti con cui i Greci si autorizzano a occupare un territorio, come
il mito odissiaco in Campania legato alla prima frequentazione delle coste e il mito
della Gigantomachia in area flegrea e il mito di Ercole che caccia i Giganti (Cumani
che scacciano gli Opici)
Cos'è l'Eubea prima e dopo la fase coloniale – scavi di Xeropolis e Lefkandi- L'Eubea
si lega a Tebe, ma ha anche una sua autonomia; dinamismo dell'Eubea durante le dark
ages- contatti con l'esterno, l'emporio di Al Mina, artigianato euboico, la koinè
euboica e il dominio culturale e commerciale dalla Calcidica alle isole dell'Egeo
centrale, relazioni con l'Oriente e in particolare il mondo fenicio (Al Mina emporio
misto greco fenicio) – i Fenici sono i primi a spostarsi verso occidente e ad aprire le
rotte verso il Mediterraneo; si spinsero fino in Spagna; 814 primo stanziamento
stabile coloniale di una realtà mediterranea ad opera dei Fenici, apre rotte
mediterranee su cui si inseriranno gli Euboici che trovavano più facile aggirare la
Sicilia passando per il nord Africa- Colonizzazione di Pithecusa
Testimonianza letteraria su Pithecusa, priorità rispetto a Cuma, testimonianza
archeologica – grazie agli scavi della necropoli emerge che Pitecusa rispetto agli
empori precedenti pare caratterizzata da un'occupazione del suolo sistematica, vero e
proprio stanziamento (artigianato e colture vinicole); il dato critico per Pitecusa è la
presenza di una aristocrazia: emporio o colonia? Centro peculiare che nasce quando
nel continente ancora non esiste il modello di polis, ma la necessità di fondare una
comunità fa sì che il centro si collochi in una posizione d'articolazione politica anche
più avanzata rispetto alla madrepatria.
Rapporti con Cuma- Pitecusa precede di qualche anno Cuma in Opicia, fondata negli
anni successivi ma con modalità diverse, Cuma è frutto di una vera e propria
conquista e letta col mito della gigantomachia
Fondazione di Cuma e esistenza di tradizioni favorevoli o ostili: problemi sulla
composizione del gruppo coloniale, perchè il nome Cuma se è fondazione calcidese?
Rapporti dei Calcidesi con l'Oriente e la Cuma eolica, presenza minoritaria dei
cumani eolici nella fondazione di cuma opicia testimoniata dalla tradizione letteraria.
Questione di Partenope, esistenza o meno del sito: discussa fino ad anni recenti
quando le indicazioni di alcuni storici, Lutazio Dafnide in particolare, vengono
confermate da ritrovamenti archeologici (in part Pizzo Falcone); tradizione liviana
che chiama Palepolis il centro è scartata perché presuppone esistenza già di Neapolis;
approdo nel golfo di Napoli legato a Cuma
La fondazione di Neapolis, rialzata rispetto a quanto si pensava prima, non il 470 ac
ma data anteriore di alcuni decenni (fine VI ac) grazie agli scavi della Gianpaola;
tirannide di Aristodemo e spaccatura sociale di Cuma, fuga di cittadini forse alla base
della fondazione di Partenope; il culto eponimo di Partenope diventa culto poliade di
Neapolis, la cui vicenda storica è legata fortemente ai rincalzi coloniali giunti da
Atene, lo testimonia l'Alessandra di Licofrone e gli scoli- giunge Diotimo da Atene,
istituisce la pratica della lampadedromia- in questa fase si hanno le caratteristiche
peculiari della cittadina Neapolitana, con la Palepolis nella zona di Pizzo Falcone,
con elementi ateniesi su sostrato fortemente cumano; centro orientato ai traffici
commerciali, testimoniato a livello cultuale dai culti marini; Napoli ha la possibilità
di espandersi nella chora con la crisi di Cuma (Opici), Cuma viene distrutta dai
Campani mentre Napoli preferisce mantenere buoni rapporti con loro, forse per
legami con Capua risalenti alla sua fondazione; nelle cariche politiche, demarchi,
ravvisiamo presenza italica nel contesto greco
Come si è costituito il corpo civico a Neapolis, spaccatura tra aristocrazia e demo,
componente greca vs romana; 326 trattato che consente lo sviluppo di Napoli e avvia
l'assorbimento da parte di Roma che si conclude con il conferimento di municipium
romano dopo le guerre sociali
Partendo dalle istituzioni questo suo rientrare nell'orbita romana non comporta la
perdita della grecità della città: lo si nota dalle istituzioni (tuttavia il passato greco si
conserva nella forma più che nella sostanza)- le iscrizioni d'età imperiale mettono in
luce come i Neapolitani e Augusto stesso volessero mettere in risalto la grecità della
città, così come la ripresa delle fratrie (ripresa formale che dietro la nomenclatura
greca celava la sostanza di un collegium romano)
I culti neapolitani si possono dividere in due gruppi: 1)navigazione, legati alla prima
fase di colonizzazione Afrodite, Atena, Partenope... legati alla koinè euboica e
possono essere fatti risalire all'età arcaica e ai primi contatti dei Greci con le coste
campane; il santuario delle sirene è in posizione utile per i naviganti; 2) culti patrii,
fatti risalire da Stazio alla fondazione della città e legati alla coltivazione della terra,
in particolare Demetra, legati tuttavia alla fase ateniese
Topografia- cosa è rimasto della città greca, fondamentalmente tratti della cinta
muraria; questione allargamento ipotesi da scartare; impianto urbanistico non di tipo
ippodameo ma per strigas; 1/3 della città dedicato all'Agorà, oggi chiesa san Paolo e
vecchio tempio Dioscuri; Capo Napoli stipe di san Gaudioso, ci dovevano essere altre
zone religiose; fuori dalla città doveva trovarsi il porto di Napoli: Partenope nucleo a
sè stante ma parte integrante della città, due urbes unica civitas; zona orientale
necropoli; la topografia è parte della memoria storica della città; continuità e
reimpiego di materiali antichi; la memoria della Napoli antica è fondamentalmente
quella della città romana imperiale, quella memoria a cui si richiama Federico II
quando sceglie la città come sede dell'università; ripresa del prestigio dopo gli scavi
di Pompei e Ercolano.
Programma d'esame:
Magna Grecia di Raviola e Braccesi
Articoli forniti dal prof che non esauriscono tutta la materia del corso
Giangiulio sulla mobilità
Stefania... colonizzazione euboica
2 articoli su fondazione di Neapolis (anche cuma) e uno sulla storia di Neapolis di
Mele
giangiulio sui culti
Emanuele Greco sulla topografia
De Nardis sulle istituzioni
memoria storica di N. Antica scegliere tra due lavori: Delle Donne su Neapolis sveva,
Abbamonte sulla ripresa della Neapolis greca
Fonti da definire dal prof
Giangiulio sulla polis è un extra consigliato non obbligatorio