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Le formelle marmoree di Sorrento*

Roberto Coroneo

Le formelle marmoree di Sorrento sono sculture ben note nella storia degli studi. La vicenda critica inizia con la citazione nelle opere monumentali di mile Bertaux (1903)1, di Adolfo Venturi (1904)2 e di Pietro Toesca (1927)3, e procede attraverso vari contributi sulle lastre frammentarie del Museo Correale di Terranova e della cattedrale (cui se ne aggiungono altre in diverse raccolte museali, a Roma, Berlino e Washington) pubblicati in riviste specialistiche, a firma di Maria Teresa Tozzi (1931)4, Armando Ottaviano Quintavalle (1931-32)5, Wolfgang Fritz Volbach (1942)6, Anna Grelle (1962)7, fino al recente articolo di Carlo Ebanista (2001)8 su alcuni elementi inediti da riferire allo stesso contesto. Assieme agli altrettanto noti plutei con coppie di grifi, pegasi e anatre affrontati allalbero della vita (figg. 1-2), le formelle sorrentine sono puntualmente apparse anche in altre opere di ampio contesto, dedicate al quadro generale o ad aspetti specifici dellarte sia italo-meridionale9 sia campana10. Esse condividono la sorte critica di tanta parte della scultura di arredo liturgico dellItalia meridionale e insulare nei secoli compresi fra il IX e lXI, relegata al rango di semplice decorazione, dunque produzione di registro ornamentale e di tono implicitamente minore rispetto alla scultura figurativa, di registro narrativo, prodotta nellarea fra lXI e il XIII secolo. La presenza delle formelle e dei plutei sorrentini ora in una monografia sugli Arabi in Italia11, ora in unaltra sui Bizantini in Italia12, tradisce le diverse valutazioni e forsanche limbarazzo della critica di fronte a produzioni tecnicamente di qualit altissima, ma stilisticamente difficili da collocare, sino alla scelta, raffinata ma complessa, di comprenderli nella mostra sul Futuro dei Longobardi, tenutasi a Brescia nel 200013, certo a suggerirne il rapporto dialettico con la produzione plastica dellentroterra campano longobardo, per di segno formale del tutto diverso. Le formelle sono oggi erratiche in quattro raccolte museali. Il nucleo pi numeroso (sei) si conserva nel Museo Correale di Terranova, a Sorrento (figg. 3-8). Le dimensioni sono pressoch uniformi quanto allo spessore e alla larghezza delle lastre, con minime variazioni rispetto allaltezza, dovute a successive riduzioni. Altre due formelle si conservano nel Museo Barracco di Roma (figg. 9-

Sorrento, Museo Correale di Terranova Formella con aquila rivolta a destra Formella con aquila rivolta a sinistra Formella con pegaso Formella con grifo Formella con fagiani affrontati Formella con pegasi affrontati Roma, Museo Barracco Formella con pegasi affrontati Formella con anatre contrapposte Berlin, Staatliche Museen Formella con anatre contrapposte Washington, Dumbarton Oaks Formella con fagiani affrontati

cm 51,5 x 44,5 x 7 cm 52,5 x 44,5 x 7 cm 52 x 44,5 x 7 cm 52 x 44,5 x 7 cm 46 x 44,5 x 7 cm 48,5 x 44,5 x 7

cm 50 x 40 circa cm 50 x 40 circa

cm 51 x 43 circa

cm 50 x 40 circa

10). Unaltra fa parte delle raccolte dei Musei Statali di Berlino e unaltra ancora nella Dumbarton Oaks Collection di Washington D.C. Non si hanno notizie precise circa il luogo di provenienza e dunque sulloriginaria ubicazione delle formelle. Una, oggi nel Museo Correale quella con fagiani affrontati (fig. 7) , reca tracce evidenti di degrado causato da agenti marini: erosione per moto ondoso e forellini a opera di organismi epibionti. Analoghi segni si osservano in unaltra lastra della stessa raccolta (fig. 11), molto erosa, con partito geometrico a maglia di losanghe che includono uccelli e quadrupedi14. Si tratta evidentemente di marmi recuperati in mare, in tempi e circostanze che non sono al momento conosciuti. Nei cataloghi del museo berlinese la formella viene schedata con specifica dellacquisizione nel 1912 e dellipotetica provenienza da Salerno15, mentre genericamente campana la provenienza di quella oggi a Washington16. Stante lidentit del partito compositivo, le formelle di Roma, Berlino e Washington sono palesemente da riferire allo stesso gruppo di quelle del Museo Correale. In tutte il campo rettangolare riquadrato allidentico modo, in primo luogo da una sottile cornice a listello che corre lungo il perimetro. Questa segna il livello del piano emergente su quello di fondo. Tutti gli elementi figurativi hanno la stessa profondit di rilievo. Al centro si dispone un clipeo contornato da una cornice tripartita. Fra due sottili listelli corre una serie di fuseruole ovoidali alternate ad anellini binati. Gli spazi derivanti dallinserimento del clipeo entro il campo rettangolare sono occupati da elementi fitomorfi a trifoglio con lobi riccamente sfrangiati e gemma (fiore o frutto) centrale portata da un lungo picciolo. Entro il clipeo si dispongono figure animali singole (aquila, pegaso, grifo) oppure appaiate (fagiani, pegasi, anatre). Le figure singole sono rivolte a sinistra e in un unico caso (una delle due aquile) a destra. Le figure appaiate si affrontano (fagiani, pegasi) o si contrappongono (anatre), sempre in schema araldico. Lintero gruppo condivide con altre lastre del Museo Correale analogie tecnico-formali talmente strette, da poter esser riferito allo stesso arredo liturgico, probabilmente dellantica cattedrale sorrentina dei Santi Filippo e Giacomo, giunta a noi nel rifacimento successivo al XV secolo17. Vi si conservano altre lastre, rinvenute nel corso di lavori di restauro moderno18. In particolare, le formelle sembrano la versione, in scala dimensionalmente minore ma di qualit tecnicamente pi accurata e formalmente pi raffinata, delle grandi lastre di formato sia rettangolare (figg. 1-2, 12) sia quadrato (fig. 13), utilizzate probabilmente come plutei, anche in considerazione dellesistenza, nel Museo Correale, di due pilastrini considerevoli quanto a dimensioni19. immediato rilevare lidentit di dettagli iconografici, anche macroscopici, fra plutei e formelle: a titolo esemplificativo, la figura del grifo (figg. 1, 7), i pegasi che si abbeverano alla medesima fonte in forma di vasca parallelepipeda (figg. 2, 9-10), le lunghe penne dei fagiani (figg. 7, 12), la coda delle anatre desinente in una grande foglia palmata (figg. 10, 13). Quanto alla datazione, non possibile entrare qui nello specifico, che implicherebbe una discussione dellintera cronologia della produzione scultorea campana fra IX e XI secolo, sorretta da
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1. Sorrento, Museo Correale, pluteo con grifi (da Gli Arabi in Italia 1979)

2. Sorrento, Museo Correale, pluteo con pegasi (da Gli Arabi in Italia 1979)

3. Sorrento, Museo Correale, formella con aquila verso destra (da I Bizantini in Italia 1982)

4. Sorrento, Museo Correale, formella con aquila verso sinistra (da Gli Arabi in Italia 1979)

file troppo piccolo rimandare a 300 dpi altezza almeno cm 8

5. Sorrento, Museo Correale, formella con pegaso (da Gli Arabi in Italia 1979)

6. Sorrento, Museo Correale, formella con grifo 7. Sorrento, Museo Correale, formella con fagiani (da I Bizantini in Italia 1982)

8. Sorrento, Museo Correale, formella con pegasi (da Gli Arabi in Italia 1979)

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9. Roma, Museo Barracco, formella con pegasi (da La Seta e la sua via 1985)

10. Roma, Museo Barracco, formella con anatre (da La Seta e la sua via 1985)

11. Sorrento, Museo Correale, pluteo con trama geometrica (da I Bizantini in Italia 1982)

scarsissimi appigli documentari e ancora oggi per molte ragioni controversa. Per larredo marmoreo della cattedrale di Sorrento sono state proposte date oscillanti tra lVIII e il XII secolo20, mentre a mio avviso va collocato in massima parte nei primi decenni dellXI secolo. Le formelle sono parti smembrate di un insieme marmoreo che comprendeva almeno tre coppie di lastre con identica figurazione ad animali affrontati: fagiani, pegasi, anatre. Due formelle recano ununica figura animale, laquila stemmante, rivolta ora verso destra ora verso sinistra. Altre due formelle mostrano la figura del grifo e quella del pegaso, che guardano entrambi verso sinistra. Si potrebbe ipotizzare che, per completare la serie, manchino almeno due formelle, forse un altro grifo e un altro pegaso, affrontati ai primi ma rivolti verso destra. Si restituirebbero cos due coppie di formelle ad unica figura animale, speculare e affrontata. possibile anche unipotesi alternativa, che cio al grifo rivolto a sinistra si affrontasse un pegaso, e al pegaso un grifo, entrambi isolati nel campo figurativo della singola formella. Questa ipotesi trova il conforto di un pluteo originariamente parte dello stesso arredo, ma ora diviso in due frammenti, uno col pegaso (fig. 14), reimpiegato nella navata laterale destra della cattedrale della Santissima Annunziata a Vico Equense21, laltro con grifo nel Museo Correale (fig. 15). In origine i due quadrupedi dovevano affrontarsi allalbero della vita, che sopravvive nel frammento di Vico Equense22. Lipotesi avvalorata anche da un pluteo iconograficamente simile ma di datazione leggermente pi alta (seconda met del X secolo), rinvenuto in mare presso lisola di San Macario (costa sud-occidentale sarda) e oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari23. Nel campo figurativo un grifo e pegaso si affrontano allalbero della vita (fig. 16). Non mi riuscito di elaborare una plausibile restituzione del manufatto liturgico, forse un ambone, cui appartenevano le formelle sorrentine. Le sei del Museo Correale, che ho potuto analizzare pi agevolmente, presentano tutte dei lunghi listelli in aggetto, a sezione quadrata (figg. 17-18). Soltanto una quella con laquila rivolta a sinistra (fig. 4) conserva i listelli dincastro in tutte quattro gli spessori, mentre le altre cinque li hanno persi ora
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in alto, ora in basso, ora su un lato. Sembra evidente che detti listelli servissero a incastrare le formelle in elementi pure marmorei destinati a incorniciarle, raccordandole entro un telaio strutturale e figurativo omogeneo. Nessuna di queste cornici giunta fino a noi o comunque identificabile come tale. Le formelle sono scolpite in un marmo bianco a grana fine, apparentemente lunense, in quanto privo delle venature grigie, tipiche del proconnesio. Leventualit che si trattasse di marmi di et classica precedentemente gi lavorati sembra confermata da una peculiarit della lastra con pegasi affrontati (fig. 8). Si tratta di unincisione curvilinea sul margine sinistro della faccia frontale, assai diversa dalle incisioni superficiali accidentalmente o intenzionalmente prodotte dopo lesecuzione del rilievo col clipeo a fuseruole e la figurazione zoomorfa. Questa profonda incisione preesisteva al rilievo come oggi lo si vede24. Probabilmente loriginario decoro della lastra venne rimosso, abbassandone la superficie e rilavorandola a eccezione del punto dove corre lincisione, peraltro secondario in quanto interessa la cornice. Qui non fu possibile abbassare ulteriormente il piano utile alla lavorazione e pertanto si mantenne lincisione curvilinea, confidando probabilmente su una finitura a stucco policromo, che doveva celarla alla vista. Poco distante dallincisione si nota un profondo foro di trapano, ad andamento obliquo e di diametro molto maggiore rispetto agli altri fori che in diverse formelle definiscono i dettagli della figurazione. Il foro non sembra prodotto da agenti marini come il dattero, mollusco che scava il suo alloggio nella pietra sommersa: a differenza daltre della stessa raccolta museale (figg. 7, 11), la lastra con i pegasi non presenta nessun segno evidente di erosione da parte di agenti marini. Anche questo foro sembra preesistere al rilievo e deriva probabilmente dalla lavorazione scultorea, operata in et classica, del marmo poi reimpiegato per scolpire la formella. In ogni formella il rilievo deriva da una successione di piani paralleli, a spigoli dolcemente arrotondati, il che conferisce alla scultura una particolare morbidezza di contrasti luce/ombra, del tutto assente in rilievi campani e sardi culturalmente e iconograficamente simili ma di datazione pi alta, come ad esempio il pluteo con

12. Sorrento, Museo Correale, pluteo con anatre (da Gli Arabi in Italia 1979) 13. Sorrento, Museo Correale, lastra con anatre

14. Vico Equense, cattedrale, frammento con pegaso 15. Sorrento, Museo Correale, frammento con grifo

16. Cagliari, Museo Archeologico Nazionale, pluteo con grifo e pegaso 17. Sorrento, Museo Correale, formella con pegaso, particolare

18. Sorrento, Museo Correale, formella con pegasi, particolare

figg. 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 file troppo piccoli

grifo e pegaso del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, che appare lavorato secondo una successione di piani come ritagliati e appoggiati luno sullaltro, con spigoli quasi ad angolo retto. Al contrario, il trattamento scultoreo delle figure animali nelle formelle risulta lo stesso di quello dei grifi, dei pegasi e delle anatre nei plutei, con spigoli dolcemente arrotondati, che si accompagnano a una peculiare corposit del rilievo. Nella formella con grifo una delle zampe posteriori rivela una singolarit: gli unghioni felini si ritagliano non sul piano di fondo del rilievo, bens su una forma che segue genericamente landamento curvilineo dellestremit della zampa. Il dettaglio meglio visibile in un frammento marmoreo (fig. 19) reimpiegato allesterno, in una delle vie del centro storico di Sorrento, che conserva entro una cornice a largo listello piatto il residuo di una zampa, nella quale gli artigli sono scolpiti allinterno di una forma similmente curvilinea. Si tratta a mio avviso del frammento di un parapetto dambone con la pistrice, simile ai due conservati nel Museo Correale, uno integro (fig. 20), laltro frammentario, entrambi della seconda met dellXI se non del pieno XII secolo25. Forse il parapetto non fu finito e la zampa della pistrice rimase, come quella del grifo nella formella, allo stadio semilavorato. Se cos fosse, la forma curvilinea sarebbe dovuta sparire completamente con lultimazione degli unghioni, mediante asportazione del marmo sino a raggiungere il fondo. Se la deduzione corrispondesse al vero, si avrebbe qui unimportante indicazione sul fatto che la sagoma utilizzata per riportare sulla superficie del marmo la figura degli animali (il grifo e la pistrice) fosse in realt una sagoma generica, adattabile alle specifiche esigenze iconografiche caso per caso: un contorno dai dettagli indistinti, destinati ad essere puntualizzati come unghioni soltanto al momento della finitura del rilievo in forma di grifo o di pistrice. Per linquadratura ornamentale di tutte le formelle fu utilizzata del resto ununica sagoma standard, che serv a riportare sul marmo il clipeo circolare a cornice tripartita con due listelli marginali intercalati da fuseruole alternate ad anellini binati, come pure gli elementi fitomorfi a trifoglio, che occupano i cantonali di risulta. Allinterno del clipeo si oper invece la variazione dei motivi ornamentali, secondo differenti modalit di utilizzo delle sagome. Una delle formelle ospita laquila rivolta verso destra (fig. 3), e la stessa sagoma fu riportata in altra formella (fig. 4), dove la figura speculare, in quanto la sagoma venne ribaltata in controparte,
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19. Sorrento, centro storico, frammento con zampa 20. Sorrento, Museo Correale, parapetto con pistrice

operandovi minimi adattamenti ad esempio nella testa delluccello, pi corposa e leggermente ritratta allindietro. In altri casi (figg. 7-10) la stessa sagoma, raffigurante ora un fagiano, ora un pegaso, ora unanatra, fu adoperata non in una diversa ma nella stessa formella, ribaltandola per tracciare sul marmo il contorno dellanimale affrontato al primo. La sagoma a contorni generici utilizzata per il pegaso isolato nella singola formella (fig. 5) serv anche per il grifo in identica situazione (fig. 6). Probabilmente le estremit delle zampe, rese a contorno generico nella sagoma, furono poi modellate come zoccoli nel primo caso, come unghioni nel secondo. Allo stesso modo si oper per quanto riguarda la testa, al fine di differenziare i due quadrupedi. Per quanto concerne liconografia, si da sempre affermato che i motivi zoomorfi delle formelle di Sorrento, come pure quelli di tanta parte della figurazione animalistica campana, derivano da modelli attinti dai tessuti serici di produzione orientale, che circolavano ampiamente in ambito mediterraneo, come risulta dalla testimonianza non solo dei lacerti serici ritrovati allinterno di croci o urne-reliquiario, o inseriti a mo di cuscino nelle sepolture, ma anche da quella delle fonti scritte. Stante la necessit di distinguere fra prototipi e modelli, la derivazione dai tessuti difficilmente pu essere negata, per le evidenti consonanze formali sia di partiti compositivi, sia di singoli motivi, fra la scultura campana e sarda del IX-XI secolo e i prototipi tessili tardoantichi, specie di produzione egiziana o sasanide, come pure i modelli costantinopolitani, iranici e iberici, che ne derivarono. Tuttavia la precisazione dei prototipi e dei modelli non operazione facile, se si considerano le notevoli discordanze che investono la lettura dei tessuti rispetto sia ai luoghi di produzione, sia alla cronologia, non sempre circoscrivibili con esattezza26. In funzione del pegaso duna delle formelle sorrentine (fig. 5), da rilevare come la posizione sollevata duna delle zampe anteriori lo allontani dai possibili prototipi in tessuti a rotae di lino e lana di produzione egiziana come i lacerti del Benaki Museum di Atene, ascritto al V-VI secolo, e dellAbegg-Stiftung di Riggisberg, ascritto al VII-VIII secolo e lo accosti invece a tessuti in seta pi recenti, ritenuti di produzione costantinopolitani, come il lacerto a pegasi passanti del Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana, proveniente dal tesoro del Sancta Sanctorum al Laterano, ascritto allVIII secolo-inizi del IX secolo, o quello a rotae del Museu Textil i dIndumentaria di Barcellona, ascritto fra il IX e il XII secolo27.
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Sia per la posizione del muso rivolto verso il basso, con le ali che puntano diritte verso lalto, la coppia di pegasi daltre formelle sorrentine (figg. 8-9) rimanda invece puntualmente a prototipi identificabili nel novero dei tessuti in seta o dei piatti in argento comunemente ritenuti di produzione iranica, nello specifico sasanide, del V-VII secolo, come il piatto in argento gi nella collezione Kleyman di New York28. Il riferimento a prototipi o modelli in oggetti darte suntuaria di produzione orientale, sasanide o iranica, serve anche a meglio identificare il volatile daltra formella (fig. 7), solitamente definito come un gallo: si tratta pi verosimilmente di un fagiano, dotato di lunga coda ricurva e curiosamente di orecchie nella formella sorrentina, orecchie che probabilmente derivano dal fraintendimento dei bargigli caratteristici del volatile, come si vedono in un frammento di caftano su pelliccia dellErmitage di San Pietroburgo, ascritto allVIII secolo-prima met del IX secolo29. I molteplici richiami ai tessuti quale fonte di modelli iconografici obbligano a questo punto a tornare sulla problematica relativa ai plutei di SantAspreno a Napoli30, anchessi fluttuanti quanto a datazione ma collocabili nella seconda met del X secolo. A mio avviso, da un lato si radicano al contesto territoriale e devozionale campano con lintenzionale richiamo al locale prototipo della fine IV-inizi V secolo rappresentato dalle lastre di recinzione del martyrium di San Felice in Pincis a Cimitile31, che presentano identica maglia a losanghe; dallaltro lo attualizzano con linserimento di figure animali, mediate dai tessuti serici orientali, che dovevano esser presenti a Napoli alla met del X secolo. La stoffa di lana e lino col Sacrificio di Isacco, di produzione copta, richiamata dal Volbach e da Mario Rotili in quanto compositivamente la pi simile ai plutei di SantAspreno per il partito a losanghe che inseriscono figure animali sempre variate, gi ritenuta del V-VI secolo, stata da ultimo posticipata al IX-X secolo da Marie-Hlene Rutschowsakaya32: viene cos a cadere la difficolt della lunga durata dei modelli e se ne recupera uno tessile, pertinente e coevo. Inoltre, loratorio di SantAspreno nella zona del porto antico e peraltro anche noto come SantAspreno ai tintori, essendo ubicato dove avevano sede i laboratori per la tintura dei tessuti. Si trattava probabilmente di tessuti in lino, industria per la quale Napoli viene ricordata in una fonte islamica come luogo di una fiorente industria, che produceva manufatti anche per lesportazione. Deve trattarsi degli stessi tessuti preziosi in genere, che mercanti amalfitani recarono in dono alla sublime porta di Cordova, in una

missione del 942, tesa a ottenere privilegi commerciali nel Mediterraneo occidentale. La fonte la Cronaca di Ibn Hayyn33, nativo di Cordova, stilata intorno alla met dellXI secolo, come nuova edizione delle cronache ispano-arabe di et anteriore. Con riferimento agli anni del regno di Abd ar-Rahmn III, essa riporta la richiesta di concessione di un trattato di pace, di cui si fece latore un messaggero del signore dellisola di Sardegna, recatosi a Cordova assieme a mercanti amalfitani, forse gli stessi che in precedenza avevano chiesto e ottenuto un salvacondotto per scambi commerciali con lAndalusia: Nel marzo 942 alcuni mercanti amalfitani arrivarono a Cordova. Essi vennero per mare in al-Andalus, volendo farvi commercio con le merci che essi portavano. Non si ha conoscenza alcuna prima dellepoca di al-Nasir [] che essi siano mai penetrati nel nostro paese, n siano arrivati ai nostri porti, n per terra n per mare. Essi sollecitarono il salvacondotto del sultano. Questi mercanti portavano prodotti meravigliosi del loro paese: fini broccati, porpore eccellenti e altre merci preziose, la maggior parte delle quali acquist al-Nasir a prezzo modico e il resto i suoi cortigiani e i commercianti della capitale. Tutti fecero buoni affari e furono soddisfatti delle transazioni. Pi tardi i loro successori continuarono a venire in al-Andalus e ci fu di grande vantaggio [] Il marted 24 agosto 942, un messaggero del signore dellisola di Sardegna si present alla Porta di al-Nasir [] chiedendo la concessione di un trattato di pace e di amicizia. Con lui vennero dei mercanti, gente di Malfat, conosciuti in al-Andalus come amalfitani, con tutto lassortimento delle loro preziose merci: lingotti dargento puro, broccati, ecc. [] transazioni da cui si trasse guadagno e grandi vantaggi. La stessa fonte islamica riferisce che i mercanti amalfitani ot-

tennero a loro volta in dono tessuti e altri oggetti preziosi, da riportare in patria. il caso di sottolineare che i motivi di lunga durata e di ascendenza orientale poterono giungere in occidente tanto dalla direzione est (costantinopolitana o islamica) quanto da quella ovest, cio dalla penisola iberica in cui la presenza araba determinava lirradiazione di modelli anche questi di ascendenza sasanide, mediati dal canale di trasmissione omayade, che la storiografia dellultimo decennio ha riconosciuto valido anche per la massima parte della produzione scultorea ispanica fra lVIII e il X secolo34. Lo schema compositivo delle formelle sorrentine pone per problemi che coinvolgono anche un altro, diverso orizzonte culturale. Il clipeo tripartito a fuseruole e i trifogli angolari hanno stretto riscontro in una serie di formelle eburnee provenienti da un piatto di legatura oggi smembrato fra il Museo Nazionale di Ravenna, il Victoria and Albert Museum di Londra e una collezione privata fiorentina. Sulla base del ricorrere dello stesso partito e delle generali consonanze con avori della cosiddetta scuola di Ada, prodotti in laboratori legati alla corte di Carlomagno, nonch con la miniatura di un codice della Bibliothque nationale di Cambrai, il piatto di legatura stato datato da Clementina Rizzardi alla fine dellVIII secolo e riferito alla produzione aulica carolingia, anche nel catalogo della recente mostra di Paderborn.35 A volerlo mantenere in questambito, notandone comunque le iscrizioni IC e XC in greco nella formella col Cristo, bisognerebbe ipotizzare o un canale di trasmissione di modelli dallItalia settentrionale carolingia alla costa campana, o la disponibilit di prototipi tardoantichi, comuni ai due ambiti geografico-culturali.

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* Ricerca nellambito del P.R.I.N. 2002-04, coordinato da Maria Andaloro e finalizzato alla creazione di una banca dati su dipinti e sculture in Italia e a Bisanzio fra il IV e il XV secolo. 1 . Bertaux, Lart dans lItalie mridionale, I, Paris 1903, p. 80. Cfr. anche V. Kienerk, in Lart dans lItalie mridionale. Aggiornamento dellopera di mile Bertaux sotto la direzione di Adriano Prandi, Roma,1978, pp. 255-256. 2 A. Venturi, Storia dellarte italiana, III, Larte romanica, Milano 1904, pp. 528529. Cfr. anche R. Filangieri di Candida, Sorrento e la sua penisola, Bergamo 1917, pp. 88-95. 3 P. Toesca, Storia dellarte italiana. Il Medioevo, Torino 1927, p. 442, nota 21, pp. 849, 908, nota 78. 4 M.T. Tozzi, Sculture medioevali nellantico duomo di Sorrento, Roma 1931. 5 A.O. Quintavalle, Plutei e frammenti dambone nel Museo Correale a Sorrento, Rivista del R. Istituto dArcheologia e Storia dellArte, III 1931-32, pp. 160183. 6 W.F. Volbach, Oriental Influences in the Animal Sculpture of Campania, The Art Bulletin, XXIV 1942, pp. 174-178. 7 A. Grelle, Frammenti medioevali nella cattedrale di Sorrento, Napoli 1962. 8 C. Ebanista, Inediti elementi di arredo scultoreo altomedievale da Sorrento, Rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti, n.s., LXX 2001, pp. 269-306. 9 F. Aceto, Pittura e scultura dal Tardo-antico al Trecento, in Storia del Mezzogiorno, XI, 4, Napoli 1993, pp. 322-323; F. Abbate, Storia dellarte nellItalia meridionale. Dai longobardi agli svevi, Roma 1997, pp. 84-86. 10 M. Rotili, Larte a Napoli dal VI al XIII secolo, Napoli 1978, pp. 51-52; F. Gandolfo, La scultura normanno-sveva in Campania. Botteghe e modelli, Roma-Bari 1999, pp. 9-11; R. Coroneo, Scultura mediobizantina in Sardegna, Nuoro 2000, pp. 162-166. 11 F. Gabrieli-U. Scerrato, Gli Arabi in Italia, Milano 1979, pp. 361-362, figg. 393-394, 398-401, p. 459, fig. 512. 12 R. Farioli Campanati, La cultura artistica nelle regioni bizantine dItalia dal VI allXI secolo, in I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp. 256-257, schede 144-148, 151. 13 V. Pace, Scultura dellAlto Medioevo a Sorrento, in Il futuro dei Longobardi. LItalia e la costruzione dellEuropa di Carlo Magno Catalogo della mostra, a cura di G. Bertelli, G.P. Brogiolo, Milano 2000, pp. 449-450, schede 429, 431-432. 14 R. Farioli Campanati, La cultura artistica cit., p. 256, scheda 144. 15 Staatliche Museen zu Berlin, Bildwerke des Kaiser Friedrich-Museums, Mittelalterliche Bildwerke aus Italien und Byzanz, a cura di W.F. Volbach, Berlin-Leipzig 1930 (II ed.), p. 58, n. 6683. 16 G. Vykan, Catalogue of the Sculpture in the Dumbarton Oaks Collection from the Ptolemaic Period to the Renaissance, Washington D.C. 1995, pp. 91-95. 17 C. Ebanista, Inediti elementi cit., pp. 287-288. 18 A. Grelle, Frammenti medioevali cit., p. 7. 19 V. Pace, Scultura cit., p. 450, scheda 433. 20 Cfr. laccurata rassegna storiografica in C. Ebanista, Inediti elementi cit., pp. 296-299. 21 R. Pane, Sorrento e la costa, Napoli 1955, fig. 77. 22 Il riconoscimento della provenienza dei due frammenti (Vico Equense e Correale) da ununica lastra si deve al prof. Mario Russo, che ha in preparazione una monografia sui marmi di Sorrento. 23 R. Coroneo, Scultura cit., p. 220, scheda 4.8. 24 Devo anche questa osservazione allamico Mario Russo, che ringrazio per la collaborazione. 25 R. Farioli Campanati, La cultura artistica cit., pp. 10-11, fig. 20 26 A. Muthesius, Studies in Silk in Byzantium, London 2004.

27 La Seta e la sua via, a cura di M.T. Lucidi, Roma 1994, pp. 169, 204 scheda e fig. 39 (Atene), p. 108, fig. 11 (Riggisberg), pp. 170-171, 229, scheda e fig. 45 (Citt del Vaticano), pp. 168, 202, scheda e fig. 34 (Barcellona). 28 P. Fedi, Il Cavallo alato, in La Seta cit., p. 140, fig. 2. 29 A. Santoro, La seta e le sue testimonianze in Asia Centrale, in La Seta cit., p. 45, fig. 2. 30 G.A. Galante, Guida sacra della citt di Napoli, Napoli 1872, pp. 314-316; M. Schipa, La cappella di S. Aspreno, Napoli Nobilissima, I 1982, pp. 113-117; B. Croce, Sommario critico della Storia dellarte nel Napoletano, III, Arte dei bassi tempi ed arte bizantina (secoli VI-X), Napoli Nobilissima, II 1893, pp. 38-39 (fine VIII-inizi IX secolo); V. Spinazzola, La cripta di S. Aspreno dopo le nuove scoperte, Napoli Nobilissima, II 1893, pp. 174-175; U. Monneret de Villard, Le transenne di SantAspreno e le stoffe alessandrine, Aegyptus, IV 1923, pp. 65-71 (IX sec.); P. Toesca, Storia dellarte cit., p. 440 (fine X secolo); M.T. Tozzi, Di alcune sculture medioevali della Campania, Bollettino dArte, XXV/6 dicembre 1931, pp. 276-278 (X secolo); W.F. Volbach, Sculture medioevali della Campania, Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Rendiconti, XII 1936, pp. 82-84 (X secolo); Id., Oriental Influences cit., p. 174 (X secolo); A.O. Quintavalle, Plutei cit., p. 167 (fine X secolo); H. Belting, Die Basilica dei SS. Martiri in Cimitile und ihr frhmittelalterlicher Freskenzyklus, Wiesbaden 1962, pp. 146-149, 185-188 (fine IX secolo-inizi X secolo); A. Venditti, Architettura bizantina nellItalia meridionale, II, Napoli 1967, pp. 501-508 (X secolo); M. Rotili, Larte a Napoli cit., p. 43 (fine IX secolo-inizi X secolo); R. Farioli Campanati, La cultura artistica cit., p. 256, scheda 79 (X secolo); F. Aceto, Sculture in costiera di Amalfi nei secoli VIII-X: prospettive di ricerca, Rassegna Storica Salernitana, I/2 1984, fig. 20 (fine IX secolo); F. Gabrieli-U. Scerrato, Gli Arabi cit., figg. 378-379 (IX-X secolo); G. Cavallo, Le tipologie della cultura nel riflesso delle testimonianze scritte, in Bisanzio, Roma e lItalia nellalto Medioevo Atti della XXXIV settimana di studio del Centro italiano di studi sullalto medioevo, Spoleto 1988, p. 494 (ante VIII secolo, ma sulla base dellepigrafe); F. Aceto, Pittura e scultura cit., p. 322 (fine IX secolo-inizi X secolo); A. Guillou, Recueil des inscriptions grecques mdivales dItalie, Roma 1996, scheda 122 (VIII secolo?); F. Abbate, Storia dellarte cit., pp. 82-83 (IX secolo); F. Gandolfo, La scultura cit., pp. 8-9 (X secolo?); R. Coroneo, Scultura cit., pp. 159-160 (seconda met del X secolo). 31 C. Ebanista, Et manet in mediis quasi gemma intersita tectis. La basilica di S. Felice a Cimatile. Storia degli scavi fasi edilizie reperti, Napoli 2003, pp. 208-209. 32 M.-H. Rutschowscaya, Coptic Fabrics, Paris 1990, pp. 128-129. 33 C. Renzi Rizzo, I rapporti diplomatici fra il re Ugo di Provenza e il califfo Abd ar-Rahmn III: fonti cristiane e fonti arabe a confronto, Reti Medievali, rivista online, www.storia.unifi.it/_RM/rivista/saggi/Renzi.htm 34 Visigodos y Omeyas: un debate entre la antigedad tarda y la alta edad media, Anejos del Archivo Espaol de Arqueologa, XXIII 2000. 35 C. Rizzardi, Gli avori del Museo Nazionale di Ravenna: due formelle di et carolingia, Felix Ravenna, CXXVII-CXXX 1984-85, pp. 405-418; M. Collareta, Per la ricostruzione di un capolavoro della scultura in avorio, Paragone, CCCCXLV marzo 1987, pp. 3-12; P. Williamson, Halbfigur Christi, Symbol des Evangelisten Matthus, Symbol des Evangelisten Johannes, in 799, Kunst und Kultur der Karolingerzeit, Karl der Groe und Papst Leo III. in Paderborn, II Catalogo della mostra, Mainz a.R. 1999, pp. 749-750, scheda X.31-33; P. Novara, Formella eburnea con raffigurazione del busto di Cristo, Formella eburnea con raffigurazione dellangelo, simbolo di san Matteo, Formella eburnea con rappresentazione del bue, simbolo di san Luca, in , pp. 340-341, schede 333-335.

Referenze fotografiche Dove non diversamente indicato, le foto sono dellautore.

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