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Il rilievo del frontespizio della chiesa tratto dalla monografia L’Abbazia di Sant’Antimo

dell’arch. Antonio Canestrelli, in “Siena monumentale” (Siena, Lazzeri, 1910)


Il problema della scultura
preromanica dell’abbazia di
Sant’Antimo in relazione
a una nuova considerazione
sulla “cripta carolingia” 1

di Roberta Musano

Da quando, nel 1982, una piccola comu- datazione, a partire dal contributo del Cane-
nità di canonici premonstratensi si è stabi- strelli fino a quello di chi scrive, non è mai
lita nell’abbazia di Sant’Antimo, splendido stata messa in discussione. A questi pezzi
edificio romanico situato a Castelnuovo scultorei - tre capitelli a pulvino, due situati
dell’Abate, ai piedi di Montalcino, un nuo- nelle prime due bifore del matroneo setten-
vo interesse verso la storia della badia è nato trionale e uno nella cappella sinistra del de-
tra gli studiosi. Questo ha portato alla pub- ambulatorio dell’abside, tre colonnette della
blicazione, nel 2008, del secondo studio trifora della sala capitolare, e gli stipiti della
monografico, “Nuove ricerche su Sant’An- porta che conduce alla sacrestia dalla nava-
timo”2, in grado di sostituire, non senza es- ta destra - è stata attribuita dalla storiografia
serne debitore, il primo, scritto da Antonio artistica una fin troppo alta datazione, ossia
Canestrelli nel 19123. Il volume, alla luce tra l’VIII e il IX secolo, inserendoli così nel
di più approfondite conoscenze storiche, corpus della scultura altomedievale, anziché
nonché grazie a indagini strutturali eseguite in quello della scultura preromanica di X-XI
con metodologie aggiornate, propone nuo- secolo se non, addirittura, romanica.
ve e interessanti riflessioni essenzialmente I capitelli4 e le colonnette5 (figg. 1-4) si
sugli aspetti architettonici tralasciando però possono considerare, alla luce di una più
l’analisi di alcuni elementi scultorei la cui attenta analisi, interventi ad-hoc all’interno

1
Il seguente contributo è tratto da “La cripta caro- annodati ad un cerchio, tutti composti da un nastro
lingia dell’abbazia di Sant’Antimo (Siena): nuove con- a tre vimini. La faccia visibile del terzo (C) è decorata
siderazioni”, tesi di laurea in Storia e Critica dell’Arte, da un alberello pressoché identico al secondo anche
rel. P. Piva, correll. S. B. Tosatti, Università degli Studi se presenta una variazione del motivo nella parte cen-
di Milano, 2012. trale, le facce minori sono visibili solo in parte e pre-
2
Nuove ricerche su Sant’Antimo, a cura di A. Peroni sentano il motivo dei sue occhielli ad ogiva intrecciati.
5
e G. Tucci, Firenze 2008. La prima (D) è una colonnina con capitello mo-
3
A. Canestrelli, L’abbazia di Sant’Antimo: mono- noblocco che presenta al sommo blocco una treccia
grafia storico-artistica con documenti e illustrazioni, “Siena formata da due nastri bisolcati, delimitata da tondini
Monumentale”, V (1912). a spigoli vivi. La parte inferiore del capitello, a campa-
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Il primo capitello (A) presenta nelle facce lun- na, è composta da un ordine di foglie che agli angoli
ghe una decorazione di tipo geometrico, un intreccio sono più grandi, incurvate ed appuntite, con due o tre
formato da un nastro bisolcato, che descrive cerchi bordature concentriche. Le foglie mediane sono più
irregolari, mentre nelle facce brevi è rappresentato un piccole e presentano delle minuziose decorazioni, per
grifo. Tutte le facce sono bordate da un listello piano. esempio una ha al suo interno delle piccole sfere che
Anche nel secondo (B) tutte le quattro facce sono bor- ricordano gli acini di un grappolo d’uva e un’altra ha
date da un listello piano, quelle lunghe e trasversali al suo interno un fiore a sei petali. La parte superiore
alla navata sono decorate da una sorta di alberello sti- del capitello è cubica e coronata da un triplice abaco.
lizzato che occupa l’intero spazio disponibile, a forma La seconda (E), anch’essa una colonnina con capitello
tronco-piramidale rovesciata, con lati convessi. Le fac- monoblocco, è composta da un fusto diviso dal capi-
ce brevi sono decorate da quattro occhielli diagonali tello cilindrico lievemente svasato mediante collarino 7
Fig. 1 Capitello a pulvino (A).

8 Fig. 2 Capitello a pulvino (B).


Fig. 3 Capitello a pulvino (C).

9
del grande cantiere romanico di XII secolo, timo. In quello di destra invece si nota che
si pensi per esempio ai primi che combacia- la composizione del fregio ha un respiro più
no quasi perfettamente con la struttura in cui ampio, essendoci due girali in meno rispetto
sono inseriti e non mostrano grandi segni di a quello di sinistra, i corpi dei volatili sono
adattamento tipici degli elementi di reimpie- per lo più rivolti verso l’arco del girale e so-
go, inoltre il repertorio iconografico di questi prattutto la coda non segue mai la linea del
elementi, come i nastri annodati e l’albero corpo ma è incurvata verso l’alto, creando
schematizzato, possono essere interpreta- così una composizione più vivace e dando
ti semplicemente come frutto di un revival al girale un aspetto ancora più circolare.
dell’arte del IX secolo. E non si deve dimenti- I primi studiosi che si sono occupati di
care che con ogni probabilità questi elemen- questi stipiti, come per esempio Antonio
ti, secondari rispetto alla grande decorazione Canestrelli, Pietro Toesca, Mario Salmi, Jo-
architettonica, potrebbero essere stati eseguiti selita Raspi Serra e Alberto Fatucchi7, han-
da lapicidi minori, i quali non solo hanno no attribuito questa cronologia spesso sen-
creato opere di un livello più basso, ma po- za dare una motivazione che corroborasse
trebbero essersi ispirati anche a un repertorio la loro tesi, come nel caso di Canestrelli
iconografico, principalmente geometrico, che si limita a scrivere che “alla Sagrestia si
forse per diversi fattori, dalla mancanza di accede dalla chiesa per mezzo di una porta
originalità a una semplice scelta di gusto. cui fu applicato un barchettone ornato da
Ma ancora più interessante è il caso della girali su cui sono posati degli uccelli e che è
datazione degli stipiti della porta che condu- opera più antica e forse del secolo IX”. Ma-
ce alla sacrestia dalla navata destra (Fig. 5), i rio Salmi invece data gli stipiti all’VIII-IX
quali presentano un tralcio a fettuccia singo- secolo e, come motivazione di questa data-
la o a unico capo a sezione tondeggiante che zione così alta scrive: “gli uccelli goffissimi
salendo forma girali ovaloidi6, al cui interno che, allineati con altri animali, già appari-
sono rappresentati, in maniera molto sche- scono nell’ambone dei Santi Giovanni e
matica e di profilo, degli uccelli. In quello Paolo a Ravenna (597), convengono perfet-
di sinistra alcuni beccano un grosso acino tamente al sec. IX, nel qual tempo tornano
d’uva o un piccolo frutto, mentre in quello in varie sculture, ad es. nei plutei di Santa
di destra la rappresentazione è più definita e Sabina a Roma, eseguiti sotto Eugenio II.
si può chiaramente distinguere che i volati- I racemi lisci e disadorni possono trovare
li sono rappresentati nell’atto di beccare un riscontro in quelli del protiro di Cimitile
grappolo d’uva. Ma ci sono altre differenze presso Nola (sec. VIII)”.
da notare, come per esempio il fatto che in Joselita Raspi Serra, propone per gli sti-
quello di sinistra la coda degli uccelli, com- piti la stessa datazione ipotizzata da Mario
posta da tre o quattro vimini, è sempre col- Salmi, ma trova un raffronto con un altro
locata all’interno dell’apertura del girale e la esempio romano, due pilastrini riutilizzati
testa è sotto la sommità dell’arco di quest’ul- all’esterno della chiesa di San Saba a Roma

a cordone. Il capitello, rispetto alla colonna, ha un e nell’ultima una fiera dall’aspetto minaccioso, con
diametro di poco maggiore rispetto alla colonna, ed la coda rovesciata in direzione della testa. Dalle fauci
è sormontato da un doppio abaco. La terza colonna fuoriesce una lingua biforcuta o un essere che la belva
(F) presenta un collarino ben rilevato, a spigolo vivo, sta per divorare.
6
e un abaco a margine liscio, che su tre facce si divide Precisamente tredici in quello di sinistra e undici
in due listelli. La piccola base liscia e cilindrica sor- in quello di destra.
7
regge un capitello cubico. Ogni faccia, profilata su tra A. Canestrelli, L’abbazia di Sant’Antimo: mono-
lati (destro, sinistro e inferiore) da una cordonatura, è grafia storico-artistica con documenti e illustrazioni, “Siena
diversa: nella prima è rappresentato un uccello che, Monumentale”, V (1912), p. 40; P. Toesca, Il medioe-
con la testa girata all’indietro, becca un grappolo d’u- vo, Torino 1927, p. 440; J. Raspi Serra, Contributi allo
va, nella seconda presenta un animale indefinibile che studio di alcune sculture dell’abbazia di Sant’Antimo, in
poggia la testa sopra una sorta di patera, nella terza vi “Commentari”, XV (1964), pp. 138-140, A. Fatucchi,
è una decorazione di tipo geometrico (due occhielli Corpus della scultura altomedievale. La diocesi di Arezzo,
10 ovaleggianti intrecciati formati da nastri a tre vimini) Spoleto 1977, pp. 152-155, n. 140 e n. 141.
Fig. 4 (sopra) Colonnette della sala
capitolare (da sinistra: D, E, F).

Fig. 5 (a fianco) Gli stipiti della porta


che conduce alla sacrestia dell’abbazia di
Sant’Antimo.

Fig. 5bis (sotto) particolare della figura a


fianco.

11
gli altri, “un pilastrino forse in Santa Maria
in Aracoeli” e, come Joselita Raspi Serra, i
frammenti della porta di San Saba a Roma.
Leggendo i contributi dei precedenti stu-
diosi, si osserva come il modo di considerar-
li non sia cambiato, sostanzialmente, dagli
anni ’10 del ‘900 fino agli anni ’70, e non
solo, anche negli ultimi contributi monogra-
fici dedicati all’abbazia di Sant’Antimo, ossia
il già citato “Nuove ricerche su Sant’Antimo”
del 2008 e “Aula Egregia”9 del 2009, la data-
zione riportata è sempre il IX secolo.
Chi scrive crede invece che si possa at-
tribuire una datazione più bassa, intorno
all’inizio dell’XI secolo, o comunque entro
la prima metà del secolo, in primis perché,
in epoca carolingia, la rappresentazione
zoomorfa è estremamente rara, al contra-
rio dell’intreccio geometrico. Ma il motivo
principale per il quale si ritiene errata la da-
tazione al IX secolo, è che non si conoscono
Fig. 6 Confronto tra gli stipiti di Sant’Antimo e il frammento tralci scolpiti abitati da animali prima del
di stipite di San Saba. Mille, o meglio, come sostiene Fulvio Zulia-
ni10, il tema iconografico del tralcio intrec-
(Fig. 6). A prima vista la somiglianza è mol-
ciato ad animali (inhabited scroll), ha origini
to evidente, anche se nell’esempio romano
sì nel mondo classico, ma durante l’alto me-
si coglie, come già sottolinea la studiosa, un
dioevo viene in genere sostituito con astratti
maggiore contrasto chiaroscurale e una re-
intrecci geometrici di nastri viminei, per poi
alizzazione più raffinata dei particolari, da
riapparire nell’XI secolo, fino a diventare
quelli anatomici degli uccelli ai girali che,
una delle formule più diffuse della scultura
oltre a presentare più riccioli, non sono
architettonica romanica, sia civile che reli-
composti da un tralcio monovimine come
giosa. Secondo Zuliani il centro propulsore
a Sant’Antimo, ma da un nastro bisolcato.
di questo gusto è Venezia e infatti gli esempi
Entrambi sono stati identificati come stipi-
non mancano, come i frammenti ritrovati
ti, però la datazione dell’esempio romano
durante i restauri della basilica di San Marco
non è certa, infatti mentre la Raspi Serra
e riutilizzati come materiali di recupero nel-
li attribuisce al tempo di Gregorio IV (827-
la fabbrica contariniana (1063-1094), ma ap-
844), e ciò giustificherebbe quella proposta
partenenti a una fase anteriore a quella della
per gli stipiti di Sant’Antimo, Mazzanti8 li
seconda metà dell’XI secolo, ossia a quella
data all’XI secolo. Anche Alberto Fatucchi,
orseoliana (991-1026), di cui un primo pre-
che nel “Corpus della scultura altomedieva-
stigioso riflesso sarebbe l’atrio di Pomposa
le. La diocesi di Arezzo” data gli stipiti di
(1026). Ma anche alcuni frammenti di tralci
Sant’Antimo al IX secolo, rifacendosi alle
abitati scolpiti conservati al Museo Provin-
considerazioni degli studiosi appena ripor-
ciale di Torcello, con i quali si possono fare
tate, riscontra un legame con l’ambiente ro-
interessanti confronti, soprattutto con i nn.
mano-laziale di epoca carolingia citando, tra

8
F. Mazzanti, La scultura ornamentale romana dei Quest’ultimo è una monografia dedicata alla decora-
bassi tempi, “Archivio storico dell’arte”, II (1896). zione architettonica dell’abbazia di Sant’Antimo.
9 10
Aula egregia. L’abbazia di Sant’Antimo e la scul- F. Zuliani, Venezia e la cultura figurativa “romani-
tura del XII secolo nella Toscana meridionale, a cura di ca”: i fregi con tralci intrecciati ad animali, in Per Maria
12 W. Angelelli, F. Gandolfi, F. Pomarici, Napoli 2009. Cionini Visani: scritti di amici, Torino 1977, pp. 15-18.
d’invv. 1447 e 1451 (Fig. 7), i quali, datati al
secolo XI, sono esemplificativi della cultura
artistica veneziana descritta da Zuliani. Essi,
proprio come gli stipiti di Sant’Antimo, non
presentano un nastro bisolcato, inoltre in
tutti il rilievo tende a essere appiattito.
Spostandoci da Venezia, ma rimanendo
sempre nel contesto adriatico, si può citare
un altro caso esemplificativo di diffusione
del motivo del tralcio intrecciato ad anima-
li, ossia nelle Marche. Per quanto riguarda
le testimonianze scultoree di età altomedie-
vale (dall’VIII secolo fino agli inizi dell’XI)
conservate all’interno degli attuali confini
della regione, Fabio Betti11 puntualizza che,
mentre per l’età longobarda e soprattutto
carolingia il repertorio è particolarmente
ricco, il quadro sembra mutare durante il X
secolo, forse per la grave crisi che la zona si Fig. 7 Torcello, Museo Provinciale,
è trovata ad affrontare, si pensi per esempio n. d’inv. 1447 (sopra) e 1451(sotto)
alle scorrerie degli Ungari e i saccheggi dei
Saraceni (dalla fine del IX secolo) che, ren- loro datazione, l’autore sostiene che “alcuni
de plausibile l’ipotesi di una diminuzione pezzi di candido stucco constanti di racemi
delle committenze artistiche. Solo a partire o di allungate palmette appartenenti a plu-
dalla seconda metà del secolo la situazione tei ovvero tracce viminee, scanalature diritte
sembra normalizzarsi, come testimoniano i o a spirale appartenenti a pilastrini uno dei
restauri e le ricostruzioni di chiese, abbazie quali da me ricomposto” e altri con “pal-
e monasteri, nonché la nascita ex novo di mette e foglie trifide” o con “palmette alter-
nuovi centri di spiritualità, come nel caso ne a grappoli”, gli hanno fatto inizialmente
dell’abbazia di San Michele Arcangelo di ipotizzare una datazione alta, intorno al IX
Lamoli. secolo. Ma poi subito si corregge e propone
Un recente restauro ha ripristinato l’as- l’XI secolo, affermando che questa pratica
setto medievale dell’edificio, che ha subito decorativa, diffusa “in tempo preromanico
varie trasformazioni nel corso dei secoli, ed si prolunghi nel periodo romanico”.
è proprio in tale occasione che sono venuti Per Fabio Betti gli esempi di Lamoli pos-
alla luce dei frammenti in stucco, tra i quali sono essere confrontati con il materiale scul-
pilastrini, plutei, capitelli, e interessanti cor- toreo, proveniente questa volta dalla città di
nici decorati a rilievo con motivi geometri- Roma, e datato tra il X e l’XI secolo. Si tratta
ci, fitomorfi e animali fantastici di difficile dell’architrave figurato da San Giorgio in Ve-
identificazione. La scoperta degli stucchi è labro, dei frammenti di cornice da San Gio-
stata resa nota per la prima volta da Mario vanni a Porta Latina, della cornice del porta-
Salmi12 nel 1952, il quale ipotizza che l’inte- le maggiore in Santa Maria in Cosmedin e
ro complesso scultoreo possa aver costituito dell’altare-reliquiario di Santa Maria del Pri-
un recinto presbiteriale unito a un’iconosta- orato. Betti evidenzia come in questi esempi,
si o a un ciborio, a cui dovevano apparte- pur nella continuità dei motivi ornamentali,
nere un capitello cubico, le cornici e i fusti si possa scorgere un netto scarto dalla pro-
delle semicolonne. Per quanto riguarda la duzione di epoca carolingia, dalla quale si

11 12
F. Betti, L’alto medioevo: decorazione architettonica M. Salmi, Miscellanea preromanica, in Atti del I
e suppellettile liturgica, in Scultura nelle Marche, a cura di Congresso di studi longobardi, Spoleto, 27-30 settembre
P. Zampetti, Firenze 1993, pp. pp. 83-95. 1952, pp. 473-482. 13
differenzia “per l’interpretazione plastica de- La nuova datazione proposta per gli stipiti
gli elementi decorativi, per il nitore delicato si connette ad un altro aspetto estremamente
dell’intaglio ed il chiaroscuro assai sfumato problematico dell’abbazia di Sant’Antimo,
caratterizzato da morbidi passaggi di luce”. ovvero la cronologia della cosiddetta “cripta
Questi sono anche i caratteri stilistici che si carolingia” (Fig. 8). Dalla porta decorata con
riscontrano, anche se a un livello qualitati- gli stipiti appena descritti si accede infatti ai
vo non particolarmente alto, negli stipiti di resti della chiesa primitiva, ossia un edificio
Sant’Antimo. Il fatto che rispetto agli esempi ad aula rettangolare di circa 10,10x5,30 m,
citati dal Betti risultino di una qualità e di conclusa con un’abside semicircolare, oggi
una raffinatezza più bassa si potrebbe spie- adibita a sacrestia della grande chiesa roma-
gare col fatto che siano stati realizzati in una nica, al di sotto della quale si estende una
fase ancora sperimentale dell’elaborazione, un piccolo ambiente seminterrato quasi a
in Toscana, dell’inhabited scroll, o da un lapi- pianta quadrata (5,19x5,35 m circa) con due
cida ancora poco esperto, infatti non si può absidi semicircolari contrapposte e un im-
non notare una certa irregolarità nell’esecu- pianto a oratorio, divisa, mediante quattro
zione dei girali e delle figure degli uccelli colonne di marmo, in tre navatelle, e coper-
poco dettagliate, anche se questo potrebbe ta da volte a crociera prive di sottarchi. La
essere dovuto o a un certo stato di degrado cripta, lungo tre dei quattro lati, presenta un
della pietra o al fatto che sia mancata un’o- aspetto unitario e durante l’ultimo restauro
perazione di rifinitura dei dettagli. (risalente a una quindicina d’anni fa) è stato
Sia per ragioni stilistiche ma soprattutto deciso di lasciare i muri a vista, nonostante
iconografiche, la datazione all’VIII-IX seco- i giunti siano stati pesantemente stuccati. Il
lo degli stipiti di Sant’Antimo, alla luce dei paramento murario è formato da filari oriz-
nuovi confronti con gli esempi di Torcello zontali anche se si nota una certa irregolarità
e Venezia, non è più accettabile, in quanto negli allineamenti delle grandi bozze squa-
i fregi abitati fanno la loro comparsa solo drate non spianate, mentre il quarto lato,
intorno all’anno Mille e non in epoca caro- quello nord, insieme alla copertura, è stato
lingia, un’era caratterizzata dall’abbandono, completamente intonacato e pertanto la tes-
soprattutto in scultura, della raffigurazione situra muraria non è studiabile.
zoomorfa, e dominata da motivi decorativi La datazione della cripta è a sua volta
geometrici. Quello che è risulta ormai asso- collegata al problema delle origini dell’abba-
dato è che il procedimento portato avanti da zia, ma occuparsi della sua storia non è cosa
studiosi come Fatucchi e la Raspi Serra, os- semplice in quanto essa è in parte caduta
sia quello di “sezionare a tavolino” ogni par- nell’oblio, a causa della dispersione della
ticolare scultoreo, a volte senza prendere in maggior parte dei documenti, e in parte è
considerazione il contesto storico-artistico stata avvolta e distorta nella leggenda. L’ap-
e architettonico, e quasi sempre senza svol- pellativo “carolingia” deriva sia dalla leggen-
gere rilievi archeologici sul pezzo, come nel da secondo la quale l’abbazia sarebbe stata
caso di Sant’Antimo, non può risolvere la fondata da Carlo Magno durante il viaggio
problematica questione della datazione del- di ritorno da Roma avvenuto nel 781, sia
la scultura altomedievale. Inoltre quello che dal fatto che alcuni studiosi l’abbiano da-
questi studiosi, come altri, sembrano aver tata all’VIII secolo trovando giustificazioni
dimenticato durante l’analisi degli elementi architettoniche ormai ritenute errate. Fortu-
scultorei dell’abbazia, è il fatto che, alcuni natamente alcuni documenti si sono con-
motivi considerati come esemplificativi del- servati, tra i quali si ricordano: il diploma
lo stile di VIII-IX secolo, possono ritornare imperiale di Ludovico il Pio datato 20 set-
anche nei secoli successivi, sottoforma di un tembre 813, e quello di Berengario II e suo
revival di gusto. figlio Adalberto del 951 o 95213, con il quale

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La pergamena purtroppo presenta alcune lacu- Dümmler, il quale, vedendovi indicato come Arci-
ne causate dai tagli che impediscono anche la lettu- cancelliere il vescovo di Asti, Burdingo, sostiene che
14 ra della data. Essa è però stata desunta dal professor il diploma sia del 951 o 952, anni durante i quali il
Fig. 8 Pianta della chiesa primitiva e della sottostante “cripta carolingia”,
da A. Canestrelli, L’Abbazia di Sant’Antimo, in “Siena monumentale” (Siena, Lazzeri, 1910-1911)

si confermano al monastero di Sant’Antimo esistente già nel 740, ha fatto supporre che
i possessi, le immunità e soprattutto il dirit- l’abbazia antimiana potesse essere costruita
to di libera elezione degli abati, e nel quale entro la metà dell’VIII secolo, dunque in
sono indicati come primi edificatori del mo- piena età longobarda e non carolingia.
nastero gli abati Tao e Tanimondo. Conser-
vati entrambi nell’Archivio di Stato di Siena, Purtroppo su questo aspetto non sono
sono stati trascritti da Antonio Canestrelli, stati ancora fatti ulteriori accertamenti, per
il quale però, riportando anche il perduto questo motivo la maggior parte degli studio-
privilegio di Enrico III del 1051, in cui l’a- si, compresa chi scrive, è ormai concorde a
bate Tao compare anche tra i costruttori del collocare l’origine di Sant’Antimo, tra la fine
“monasterium […] Sancti Thone Apostoli, […] dell’VIII e l’inizio del IX secolo, basandosi
in finibus Pistoriensibus”, identificato con il proprio su questi due documenti rimasti.
monastero di San Tommaso a est di Pistoia, Ma questo non mi ha portato a vedere nel-

vescovo conserva, anche sotto Berengario, l’ufficio di Lotario.


Arcicancelliere che ha ottenuto già con l’imperatore 15
Fig. 9 La ricostruzione ipotetica, proposta da Almuth Klein, dell’abbazia di Sant’Antimo nell’XI secolo.

la chiesa primitiva, e nella sottostante crip- giunti addirittura a “sezionare” la cripta in


ta, i resti dell’antica fondazione monasti- più parti, alle quali dare datazioni diverse,
ca, come invece hanno sostenuto Antonio complicando ulteriormente la questione, si
Canestrelli, Camille Enlart, Mario Salmi e pensi per esempio a Mariaclotilde Magni15
Pietro Toesca14, i primi autori che si sono oc- che attribuisce i muri perimetrali all’VIII se-
cupati dell’abbazia. I successivi autori sono colo e l’attuale copertura all’anno Mille, o a

14
A. Canestrelli, L’abbazia di Sant’Antimo: mono- te, Roma 1922, pp. 117-122; M. Salmi, Scultura roma-
grafia storico-artistica con documenti e illustrazioni, “Siena nica in Toscana, Firenze 1928; P. Toesca, Il medioevo,
Monumentale”, V (1912); C. Enlart, L’église abbatiale Torino 1927.
15
de Sant’Antimo en Toscane, “Revue de l’Art Chrétien”, M. Magni, Cryptes du haut moyen âge en Italie.
LVI (1913), pp. 1-14, C. Enlart, L’architettura clunia- Problèmes de typologie du IXe jusqu’au début du XIe siècle,
cense alla badia di Sant’Antimo, in L’Italia e l’arte stranie- “Cahiers archéologiques”, 28, (1979), pp. 41-86.
16 ra, Atti del Congresso Internazionale di Storia dell’Ar-
Fabio Gabbrielli16 che la considera costruita cripta di Sant’Antimo, il quale ha proposto
in due se non tre fasi differenti. una ricostruzione dell’abbazia nell’XI seco-
Chi scrive ritiene invece che la cripta del- lo con una pianta a T e una cripta estesa
la chiesa primitiva di Sant’Antimo sia stata sotto il transetto (Fig. 9), considerando il
edificata tra la fine del X e gli inizi dell’XI lato nord della cripta come muro di tam-
secolo, con una maggiore propensione per ponamento, che ha chiuso un ambiente
il secondo termine, e che gli stipiti posso- più esteso, al momento della costruzione
no far parte di questa prima edificazione. Le della grande abbazia romanica nel XII se-
motivazioni che mi hanno condotto a ipo- colo. Purtroppo sia il lato nord che la co-
tizzare questa datazione sono diverse, in pri- pertura della cripta di Sant’Antimo sono
mis perché si tratta di una cripta ad oratorium stati pesantemente coperti da uno strato di
(o “a sala”), una tipologia architettonica che intonaco che rende impossibile la lettura
compare a cavallo tra questi due secoli e, della tessitura muraria, e l’unico dato rela-
in generale, non prima dell’età ottoniana, e tivo al muro settentrionale prima di esse-
che rende già impropria la denominazione re nascosto si basa su un labile ricordo di
“carolingia” affibbiatale dalla tradizione. I Fabio Gabbrielli, il quale sostiene di aver
primi esempi che appartengono a questo ge- visto delle fotografie anteriori ai lavori che
nere sono detti Ziborium-Krypta e presenta- mostravano il lato in questione costituito, a
no uno schema relativamente semplice: una differenza degli altri il cui paramento mura-
struttura a pianta quadrata voltata a crocie- rio è formato da filari orizzontali di grandi
ra, dotata generalmente di quattro colonne, bozze squadrate non spianate, da una mu-
che ricalca il quadrato del coro soprastante. ratura a pietrame grezzo.
La cripta, grazie a questa trasformazione, di-
venta in sostanza una replica, in asse vertica- Anche se Klein confronta la propria ipo-
le, della soprastante area presbiteriale. tesi di ricostruzione della cripta di Sant’An-
timo con le cripte dell’abbazia di Farneta
Considerando la cripta di Sant’Antimo e del monastero di San Salvatore al Monte
come un ambiente finito come oggi lo si Amiata, è preferibile non prendere in consi-
può vedere, è possibile confrontarla con tre derazione quest’ultima in quanto la sua da-
tra i più antichi esempi umbri di cripta a sala, tazione risulta ancora molto problematica,
generalmente attribuite dall’VIII al X secolo essendo per lo più datata ante 1036 (Klein)
e solo recentemente assegnate da Maria Te- ma da altri considerata una ricostruzione
resa Gigliozzi17 agli anni intorno al Mille, del XII secolo (Vergnolle). È invece pos-
ossia San Crispolto a Bettona (1018), San sibile evidenziare un legame tra la cripta
Benedetto a Subasio (1041) e San Silvestro dell’abbazia di Farneta, quella della Chiesa
a Collepino (1086), in quanto essi presen- dei Santi Pietro e Paolo a Panicale (entram-
tano, proprio come quella di Sant’Antimo, be degli inizi dell’XI secolo, Figg. 10-11) e
un carattere molto sperimentale, evidente la cripta della chiesa primitiva di Sant’An-
sia nella copertura priva di archi di rinforzo, timo. Tutte e tre le strutture presentano
caratteristica tipica degli esempi più precoci caratteri tipicamente preromanici come le
di cripte a sala, sia nella muratura irregolare. volte a crociera prive di sottarchi, il rozzo
paramento murario e un certo slancio ver-
Ma si può ritenere plausibile anche l’ipo- ticale, ancora lontano dalla spazialità roma-
tesi formulata nel 2009 da Almuth Klein18, nica ampia e ariosa. Inoltre la presenza di
autore dell’ultimo contributo dedicato due absidi opposte a Sant’Antimo è un altro
all’annosa questione della datazione della punto che la collega a questi due esempi e

16
A. Fatucchi, Le preesistenze dell’attuale abbazia ro- Roma 2000.
18
manica di Sant’Antimo, “Atti e memorie dell’Accademia A. Klein, Überlegungen zur so genannten “karolin-
Petrarca di Lettere, Arti e Scienze”, 1989, pp. 357-378 gischen Krypta” von Sant’ Antimo: eine Rekonstruktion,
17
M.T. Gigliozzi, Architettura romanica in Umbria. “Kunstgeschichte”, 7 (2009).
Edifici di culto tra la fine del X e gli inizi del XIII secolo, 17
Fig. 10 Abbazia di Santa Maria Assunta, Farneta. Pianta della cripta (a sinistra).
Fig. 11 Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a San Paolo, frazione del comune di Panicale. Pianta della cripta (a destra).

che mi fa proporre l’inizio dell’XI secolo strato di intonaco che copre la parete nord
per la realizzazione della cripta. e il sistema di copertura), ma solo dei pun-
Credo che la cripta di Sant’Antimo si ti di riflessione che potrebbero supportare
possa collocare all’inizio del percorso evo- tale tesi, prima fra tutte il legame con questi
lutivo della cripta a sala, in quanto testimo- due esempi appena citati, entrambi dell’ini-
nianza di una fase ancora molto sperimen- zio dell’XI secolo, anche se si tratta, per la
tale, che si nota soprattutto nell’incertezza precisione, di “cripte a galleria” e non a “a
della copertura della cripta, ancora priva di transetto”. La prima è una tipologia caratte-
sottarchi, caratteristica tipica dei casi più rizzata da una galleria coperta a botte su cui
antichi. La loro assenza ha invece indotto i si aprono tre piccoli ambienti, a partitura
primi studiosi che si sono occupati del pro- triloba, con volta a crociera che, nel vano
blema della sua definizione cronologica, a centrale, ricade su quattro colonne, mentre
posticipare la datazione al periodo carolin- in quelle laterali può essere priva di sostegni
gio, a conferma della leggendaria fondazio- o poggiarsi su una sola colonna. La secon-
ne a opera di Carlo Magno. Occuparsi della da nasce quando, all’impianto rettangolare
datazione della cripta vuol dire fare i conti absidato, vengono aggiunte altre campate
con questo topos storiografico, tipico della disposte lateralmente, mantenendo la stes-
storiografia locale italiana, che oltre a coin- sa quota pavimentale, così da ottenere una
volgere diversi monumenti, rischiando così sorta di transetto sporgente.
di nascondere la grande ricchezza di forme Però ci sono degli elementi che potreb-
che caratterizza le cripte del periodo proto- bero far propendere per questa tesi, come
romanico, ha coinvolto anche l’ambito del- per esempio l’irregolarità della parete nord
la scultura, essendo numerosi i pezzi sculto- della cripta che, osservando la pianta sembra
rei ai quali è stata data una datazione troppo essere il risultato di un tamponamento di un
alta, tra l’VIII e il IX secolo, inserendoli così ambiente più esteso, inoltre a favore di que-
nel corpus della scultura altomedievale, an- sta ipotesi c’è la già citata testimonianza di
ziché in quello della scultura preromanica Gabbrielli. Naturalmente non si può basare
se non, addirittura, romanica, proprio come un’ipotesi su un labile ricordo, ma la diffe-
è accaduto per alcuni elementi scultorei renza di trattamento riservatole dai restau-
conservati nella grande abbazia romanica di ratori, infatti il lato nord è l’unico insieme
Sant’Antimo. alle volte a essere stato interamente intona-
Per quanto riguarda la possibilità che a cato, può far sollevare molti dubbi sulla vera
Sant’Antimo sia esistita una cripta estesa sot- estensione dell’ambiente.
to il transetto non si hanno prove concrete Già Gabbrielli giunge a ipotizzare che la
(per averle si dovrebbero compiere degli sca- chiesa primitiva, con la sottostante cripta,
vi ma questi comprometterebbero la struttu- potrebbero costituire le parti superstiti di un
ra del deambulatorio dell’abbazia romanica, edificio più imponente, precisamente il brac-
18 ma almeno si dovrebbe eliminare lo spesso cio destro del transetto caratterizzato dalla
presenza di absidi contrapposte e inserito in te molto diffusa, perciò plausibile. Inoltre è
una planimetria più articolata di quella di difficile immaginare che durante l’età otto-
una semplice chiesa biabsidata. Egli com- niana, un periodo assai fiorente per l’abba-
prende quindi che la parete nord della cripta zia visto il sostegno, anche economico, del-
potrebbe essere un tamponamento eseguito la nuova dinastia imperiale (dal diploma di
durante la costruzione dell’attuale abbazia Enrico III trascritto dal Canestrelli si evince
romanica. Guido Tigler19 invece considera infatti che essa è stata beneficiata da tutti e
la chiesa primitiva e il sottostante ambiente tre gli Ottoni), nonché i rapporti d’amicizia
come nucleo centrale di un edificio dell’XI che gli abati di Sant’Antimo hanno intratte-
secolo, questo perché erroneamente consi- nuto con l’abbazia di Reichenau, la chiesa
dera sia la parete nord che quella sud della primitiva di Sant’Antimo, così come oggi la
cripta come tamponamenti, ma la seconda è si può osservare, sia stata all’epoca di quelle
addossata alla sala capitolare, edificio la cui dimensioni, quasi più un oratorio che una
collocazione cronologica è ancora estrema- chiesa. Probabilmente doveva trattarsi di
mente complicata essendo stato variamente una edificio più imponente, con pianta a T
datato tra la fine del X e il XII secolo. e cripta estesa sotto al transetto, e in grado
Mentre le loro sono rimaste solo delle di competere con un altro grande e potente
ipotesi, Klein è l’unico ad aver proposto una monastero della zona, ossia San Salvatore al
vera e propria ricostruzione, anche se solo Monte Amiata. Questo, nonostante la pro-
immaginaria, dell’abbazia di Sant’Antimo blematica datazione della cripta, ha infatti
tra X e XI secolo caratterizzata da una pianta origine antiche, essendo stato fondato poco
a forma di T, che in Toscana è effettivamen- prima del 762.

da A. Canestrelli, L’Abbazia di Sant’Antimo, in “Siena monumentale”


(Siena, Lazzeri, 1910-1911)

19
G. Tigler, Toscana romanica, Milano 2006. 19
Rilievi di dettagli architettonici e di apparati decorativi tratti da A. Canestrelli,

20
, L’Abbazia di Sant’Antimo, in “Siena monumentale” (Siena, Lazzeri, 1910-1911)

21
Quando Antonio Canestrelli nel 1910 scriveva il suo saggio su S. Antimo per la bella rivista
“Siena Monumentale” il mistico silenzio della Val di Starcia, già caro agli Etruschi, veniva
rotto solo dai rintocchi delle campane che richiamavano i pochi coloni alle funzioni religiose.
In seguito, dopo anni di abbandono, l’antica abbazia benedettina è tornata alla vita grazie ad
una comunità di monaci premonstratensi ed è divenuta un polo di attrazione turistica, che
accoglie, in estate, un fiume di visitatori e dove si mettono in scena prestigiosi concerti, quan-
do la chiassosa confusione di imperdibili eventi mondani tenta di turbare il raccoglimento
del claustrum.
Per molto tempo, tuttavia, all’interesse dei turisti non si è abbinato quello degli studiosi:
così la vicenda storico artisti-
ca dell’Abbazia di S. Antimo è
rimasta sospesa tra osserva-
zioni superficiali e riferimenti
leggendari troppo acriticamen-
te dati per buoni; solo da po-
chi anni autorevoli studiosi ne
hanno rimesso in discussione
la vicenda edilizia, riconside-
rato gli stati di avanzamento
del cantiere, rivisitato le fonti
documentali proponendo nomi
nuovi, anche importanti, per
l’esecuzione scultorea degli ap-
parati decorativi. Un convegno
organizzato a Montalcino nel
2006 e sostenuto dall’entusia-
smo di Fabio De Vecchi, allora
Pres. degli Amici di S. Antimo;
alcuni saggi, quindi, apparsi
in apprezzate pubblicazioni
hanno riacceso l’interesse de-
gli studiosi e, recuperando si-
gnificativamente le vecchie ma
non obsolete annotazioni del
Canestrelli, hanno contribuito
a disegnare un quadro critico
aggiornato e ricco di stimo-
lanti suggerimenti, sebbene
un po’caotico e frammentato.
Per questo motivo “Accademia
dei Rozzi” pubblica con soddi-
sfazione il saggio di Roberta
Musano, proficua sintesi della
tesi specialistica sviluppata
dall’Autrice, avendolo ritenuto
capace di evolvere lo stato delle
conoscenze sull’antica Abbazia
in una dimensione più ordinata
ed organica, certamente di più
facile approccio anche da par-
22 te di chi non è addetto ai lavori.
Frontespizi dei voll. con i principali studi su S. Antimo 23

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