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Le $igure
Ponzio Pilato, che assiste impotente alla tortura, sarebbe in realtà
l’imperatore di Bisanzio Giovanni VIII. I flagellatori sarebbero gli
infedeli, e in effetti sia gli atteggiamenti sia le fisionomie
rimandano alle figure dei pirati turchi e mongoli. Il personaggio di
spalle sarebbe invece il sultano Maometto II che intendeva
insediarsi sul trono di Bisanzio: egli è infatti a piedi scalzi, mentre
è Giovanni VIII a indossare i purpurei calzari imperiali, che solo gli
imperatori bizantini potevano portare. I tre uomini in primo piano
sarebbero invece, da sinistra: il cardinale Bessarione, ossia il
delegato bizantino che molto si adoperò durante il Concilio di
Ferrara e Firenze del 1438-39, nella speranza di ottenere l’aiuto
occidentale contro gli Ottomani e di scongiurare la caduta di
Costantinopoli; Tommaso Paleologo, pretendente senza speranza
al trono di Bisanzio (e difatti anch’egli è scalzo); infine, Niccolò III
d’Este, il quale ospitò parte del Concilio a Ferrara.
l Cristo morto Mantegna lo eseguì in epoca matura. Alla morte del pi5ore si
trovava ancora nello studio dell’ar8sta; si tra5ava probabilmente di un quadro
a uso privato, forse des8nato alla sua cappella funebre.
Il mese successivo alla morte del Mantegna (13 se5embre 1506), suo figlio
Ludovico, accennando ai dipin8 rimas8 nello studio del padre, in una le5era
inviata al marchese Francesco Gonzaga, ricorda “un Cristo scurto” (ossia
scorcio).
Il Cristo morto rimase di proprietà della famiglia Gonzaga almeno fino al 1627,
quando tu5a la collezione fu dispersa. Nel 1806 il Cristo morto venne
acquistato a Roma dal pi5ore e scri5ore Giuseppe Bossi (1777-1815) e nel
1824 venne ceduto all’Accademia di Brera di Milano.
Quasi tu5o lo spazio del dipinto è occupato dalla figura del Cristo disteso su
una lastra sepolcrale di pietra rossastra; il corpo è avvolto nel sudario, mentre
all’estremità (a destra) si nota il vase5o degli unguen8, u8lizzato per
cospargere di oli ed essenze il cadavere di Gesù prima della sepoltura. La
figura pare quasi contrarsi e accorciarsi so5o l’effe5o di un ardi8ssimo punto
di vista, che porta lo spe5atore dire5amente dentro la scena, in piedi davan8
alla figura del Cristo.
Mantegna fa un uso ardito della prospe\va, ado5ando la tecnica dello
scorcio, così chiamata perché «accorcia» le figure accentuando al massimo
l’effe5o prospe\co.
Ciò contribuisce a concentrare l’a5enzione sui par8colari anatomici: le piaghe
lasciate dai chiodi sui piedi e sulle mani; il torace rigonfio; il capo
abbandonato. Cristo assume così una dimensione monumentale simile a
quella di un eroe an8co scolpito nella pietra, in un’immagine di intensa
dramma8cità.
Per dare più rilievo alla figura del Cristo, Andrea Mantegna elimina quasi del
tu5o l’ambientazione circostante, lasciandoci appena intravedere i vol8,
segna8 dalle rughe, della Madonna, che si asciuga le lacrime con un fazzole5o;
di San Giovanni, che piange e 8ene le mani unite; più in ombra, quello della
Maddalena.
Il colore opaco e quasi monocromo della tempera e la luce un po’ livida che
colpisce il corpo da destra, definiscono le forme e i piani prospe\ci della
composizione in profondità.
La luce si concentra su pochi elemen8: il volume squadrato e rigido della lastra
sepolcrale, le pieghe del sudario, l’ambiente cupo e spoglio.