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La Biografia:
Giotto di Bondone nasce nella valle di Mugello, a Colle di Vespiniano, nel 1267
circa. È contemporaneo di Dante e viene considerato, già all’epoca, un
innovatore. Dante ne parla nella Divina Commedia, nel Purgatorio, Canto XI,
vv.94-96, come l’allievo che supera il maestro: “…credette Cimabue né la pintura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura”. E'
documentato che nel 1287 Giotto si sposò con Ciuta di Lapo del Pela, dalla quale
ebbe cinque figli: quattro femmine e un maschio.
È a capo di una bottega ben organizzata, i cui lavori vengono richiesti da tutta Italia.
La sua attività lo porta in varie città d’Italia:
- ad Assisi dal 1290 per l’ordine dei Francescani;
- a Roma nel 1290, 1300 e 1320 per il Papato;
- a Rimini dal 1302 al 1305;
- a Padova per gli affreschi della Cappella degli Scrovegni;
- a Napoli dal 1328 al 1333 per Roberto d’Angiò;
- a Milano nel 1336 per i Visconti (ma non resta traccia dei suoi lavori);
- a Firenze dove dal 1334 al 1337 è responsabile del cantiere di S. Maria del Fiore.
Tutti conoscono le leggende che si attribuiscono a questo straordinario artista, a cominciare dal famoso aneddoto secondo
cui Giotto sarebbe stato in grado di disegnare un cerchio perfetto a mano libera, e ancora un altro aneddoto famosissimo è
quello secondo cui il suo talento sarebbe stato notato da Cimabue quando Giotto era ancora un bambino, in particolare in un
giorno in cui mentre pascolava le pecore si sarebbe dilettato a disegnarle sulle rocce per ingannare il tempo. Secondo la
leggenda avrebbe disegnato queste pecorelle con tanta abilità da indurre Cimabue, che era diretto da Firenze a Bologna, a
prendere il giovane sotto la sua protezione per insegnargli l’arte.
Con la Cappella degli Scrovegni quindi Giotto prosegue con le sue ricerche, rinnova la sua arte proponendo un
colorismo molto chiaro, raffinato, che contribuisce a dare volume ai corpi rendendoli quindi più realistici, come
non si erano mai visti prima.
La figura della Vergine, pur mantenendo un aspetto sacro e solenne, esprime grande umanità ed ha il volto sereno, quasi
sorridente. Rispetto alle Madonne duecentesche dall’espressione distaccata e, a volte, triste, questa di Giotto è più
umanizzata, è sempre più evidente il distacco dalla fissità delle icone bizantine. C’è contrasto tra il corpo solido, massiccio di
Maria e la struttura esile e leggera del trono gotico. La Madonna è frontale e sostiene il bambino benedicente. Il trono,
riccamente decorato, è in prospettiva centrale e suggerisce uno spazio profondo, come pure i personaggi scalati su più
piani. C’è un grande naturalismo nei dettagli come si può vedere, ad esempio, dai vasetti di fiori, dai gigli bianchi e le rose
bianche e rosse che simboleggiano la purezza di Maria. Restano legati alla tradizione bizantina il fondo oro e le proporzioni
gerarchiche.
Il Compianto sul Cristo morto fa parte degli affreschi eseguiti da Giotto nella
Cappella Scrovegni di Padova.
In questo dipinto Giotto raggiunge un senso di drammaticità altissima.
La sapiente composizione conduce l'occhio verso quello che è il nucleo
espressivo della scena: l'abbraccio della Madonna e Cristo.
Lo spazio aperto del cielo si contrappone allo spazio terreno, chiuso dalla collina come un muro oltre il quale sembra che
non ci sia più nulla. È la rappresentazione del contrasto tra il mondo terreno, limitato, finito e inferiore, e l'ambiente
celeste infinito e superiore.
Anche il tema del dolore è interpretato in senso universale. Giotto si sofferma sul dolore umano delle donne e degli
apostoli e lo contrappone al dolore divino, assoluto degli angeli.
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