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LA SCULTURA DEL DUECENTO

In ambito scultoreo emergono tre grandi artisti: Nicola Pisano, Giovanni Pisano e Arnolfo di Cambio.
Questi artisti, traendo spunto dall’antico e dal linguaggio gotico, determineranno un profondo
rinnovamento dell’arte superando la figuratività bizantina e gettando le basi per il futuro Rinascimento.
In ambito pittorico il rinnovamento sarà portato avanti da Giotto.

Nicola Pisano
Giovanni Pisano gettano le basi per il futuro Rinascimento
Arnolfo di Cambio
Giotto

NICOLA PISANO (1210/1220-1284)


La sua biografia come quella di molti artisti del Duecento e del Trecento italiano è frammentaria per
assenza di documenti. Probabilmente proviene dalla Puglia infatti, nei primi documenti noti, si firma
Nicola de Apulia ed è molto probabile che si sia formato in ambito federiciano e cistercense studiando il
classicismo ma anche le novità gotiche.
Successivamente, forse in seguito alla morte di Federico II, si trasferisce in Toscana e sarà attivo a Pisa e
a Siena. Negli anni Cinquanta del Duecento è attestata la sua presenza a Pisa dove ha modo di continuare
la sua formazione classica studiando i reperti antichi che all'epoca erano conservati nel Duomo e nel
Camposanto. Successivamente si trasferisce a Siena dove crea la sua bottega: tra i suoi allievi abbiamo il
figlio Giovanni Pisano e Arnolfo di Cambio. A Siena probabilmente partecipa al progetto della cattedrale.
Linguaggio di Nicola Pisano classicismo con alcune influenze gotiche

In Nicola è dominante l'antico, che lo porta a creare un linguaggio equilibrato dal punto di vista formale e
compositivo, ma anche una sensibilità ed una espressività che caratterizzano il nuovo gusto gotico.

Principali opere:

1260 Pulpito del Battistero di Pisa


1265-1268 Pulpito del Duomo di Siena realizzato con la sua bottega
1277-1278 Fontana Maggiore di Perugia

Opera da studiare:
Pulpito del Battistero di Pisa (1260)
L'opera è documentata e firmata Nicola de Apulia.
In generale il pulpito o pergamo è un arredo liturgico utilizzato dal sacerdote per celebrare la messa: un
lato è aperto e vi si accede tramite una scala. I pulpiti precedenti erano strutture caratterizzate da una parte
superiore con base quadrata o rettangolare sostenuta da quattro colonne angolari. Nicola modifica questa
struttura. L’opera è infatti a pianta esagonale ed è composta da tre parti:
parte bassa: sette colonne, sei angolari e una centrale;
parte media: caratterizzata dalle arcate a tutto sesto trilobate che collegano tra loro le colonne;
parte alta: presenta la cassa esagonale.
L’opera è una fusione tra architettura e scultura.
Descrizione dell’opera partendo dal basso verso l'alto:
La struttura è sostenuta da sette colonne corinzie in marmo rosso, sei angolari e una centrale; alcune
colonne sono sostenute da leoni stilofori (retaggio romanico) e la colonna al centro presenta alla base
figure di animali. Sopra il capitello corinzio sono collocate sei figure umane che rappresentano le Quattro
virtù cardinali (Giustizia, Fortezza, Prudenza, e Temperanza) cioè le virtù fondamentali che determinano

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il Bene e due figure di santi, San Michele Arcangelo e San Giovanni Battista a cui è dedicato il Battistero
di Pisa che ospita il pulpito. Ai lati degli archi trilobati sono collocati Sibille e Profeti. La cassa superiore
presenta 5 rilievi rappresentanti le Storie della vita di Gesù (Natività, Presentazione al Tempio,
Adorazione dei Magi, Crocifissione, Giudizio finale).
Il programma iconografico del pulpito è incentrato sulla elevazione spirituale dell’uomo verso Dio per
mezzo della Chiesa e di Gesù. La lettura procede dal basso verso l’alto: in basso gli animali e i leoni
rappresentano le forze naturali e istintive senza la guida della Chiesa; le sette colonne rappresentano i
Sette Sacramenti: l’uomo attraverso la Chiesa (Sette Sacramenti) si eleva e diventa virtuoso (Quattro
virtù cardinali) e per mezzo di Gesù (Storie della vita di Gesù) - la cui venuta era già stata profetizzata da
Sibille e Profeti- si potrà salvare (rilievo con il Giudizio finale).

Nel complesso l’opera è ancora legata al romanico: la struttura infatti presenta leoni stilofori , l'arco a
tutto sesto ed è ancora presente una separazione tra scultura e architettura attraverso una definizione della
struttura architettonica: la parte superiore è definita da cornici e colonnine in marmo rosso che creano
una netta separazione con i rilievi.
I rilievi presentano un forte legame con l’antico (ad esempio la scultura con la Fortezza sembra un Ercole
antico, il rilievo con la Natività s’ispira fortemente al Sarcofago di Ippolito e Fedra) ma anche un
naturalismo e un’espressività di gusto gotico.

GIOVANNI PISANO (Pisa, 1248-post 1314)


Figlio di Nicola Pisano e suo allievo, alla morte del padre eredita i cantieri paterni e quindi sarà attivo
principalmente a Pisa e a Siena. A differenza del padre è fortemente legato al linguaggio gotico: gli
studiosi hanno infatti ipotizzato un viaggio giovanile di Giovanni nei cantieri francesi. All'arte misurata
ed equilibrata del padre, oppone uno stile drammatico e un forte accento plastico e chiaroscurale.
Come scultore realizza due pulpiti che s'ispirano a quelli paterni, diverse statue che dovevano decorare il
Battistero di Pisa e la facciata del Duomo di Siena. Fu capomastro del Duomo di Pisa e del Duomo di
Siena.
Linguaggio di Giovanni Pisano legato al gotico

Giovanni dimostra un forte interesse per l'uomo e pone l'accento sull'espressività e la drammaticità nelle
scene rappresentate.

Principali opere:
Sculture rappresentanti la Madonna con Bambino dove mette in evidenza la relazione umana e affettiva
tra madre e figlio.
Nel Duecento, sia in scultura che in pittura, si diffonde l'iconografia “Madonna con Bambino”.

1285-1296 capomastro del Duomo di Siena


1297 capomastro del Duomo di Pisa
1298-1301 pulpito di Sant'Andrea a Pistoia
1302-1310 pulpito del Duomo di Pisa

Opera da studiare:
Pulpito di Sant’Andrea a Pistoia (1298-1301)
Riprende quello del Battistero di Pisa di Nicola Pisano.
A pianta esagonale presenta una struttura molto simile a quello paterno e anche in questo pulpito il
programma iconografico è incentrato sulla elevazione spirituale dell’uomo verso Dio per mezzo della
Chiesa e di Gesù. Rispetto a quello di Nicola, la struttura è palesemente gotica: è più slanciato, è presente
l’arco a sesto acuto trilobato e si riscontra una maggiore fusione tra architettura e scultura (sono state

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eliminate le cornici e le colonnine che sottolineavano una separazione tra l'architettura e la scultura). Il
programma iconografico è abbastanza simile anche se ci sono delle differenze: partendo dal basso
abbiamo sempre leoni stilofori e figure di animali ma compare ad esempio il telamone una figura umana
che sta sostenendo una delle colonne colta nell'attimo in cui si sta alzando, elevando; sopra le colonne
abbiamo le Sibille e ai lati degli archi i Profeti; nella parte superiore agli angoli della cassa abbiamo
figure di Santi e di Evangelisti e cinque rilievi che narrano anche in questo caso le Storie della vita di
Gesù (unica variante: al posto della Presentazione al Tempio abbiamo la Strage degli Innocenti). A metà
altezza tra la zona degli archi e la cassa, un’iscrizione ricorda i committenti dell’opera e l’artista.

L’opera è marcatamente gotica sia per la struttura che per il modo in cui sono realizzati i rilievi e le
sculture. Confrontando i due rilievi con la Natività di Giovanni e di Nicola si colgono subito le
differenze:
- nella Natività di Giovanni, la Vergine è posta al centro della scena ed è colta in un gesto umano e
quotidiano, mentre sta coprendo Gesù; intorno a lei si dispongono le altre figure. In questo rilievo è
evidente l’interesse per l’espressività e l’umanizzazione del personaggio anche sacro.
- la Natività di Nicola ricorda esplicitamente l’antico (riprende il sarcofago con le Storie di Ippolito e
Fedra); la Vergine sembra una nobildonna romana distesa secondo una posa che ricorda anche una scena
di simposio. In questo rilievo si ritorna all'antico nella forma e nella struttura compositiva (lettura chiara,
equilibrata) nonostante ci sia un interesse espressivo.

ARNOLFO DI CAMBIO (Colle Val d'Elsa, vicino Siena 1245-Firenze 1302)


Arnolfo di Cambio è il terzo grande protagonista della scultura italiana.
Fu scultore, architetto e secondo alcuni studiosi anche pittore (legame con Giotto).
Inizialmente si forma probabilmente nel cantiere cistercense di San Galgano e poi successivamente
entrerà nella bottega di Nicola Pisano. Anche Arnolfo è interessato all'antico e al linguaggio gotico: sarà
l’ideatore di un moderno classicismo, attento alla realtà e all'uomo (classicismo umanizzato), diventando
il precursore di un precoce umanesimo. Con Arnolfo e anche con Giotto, l'uomo torna ad essere “misura
di tutte le cose”, collocato entro uno spazio reale e possibile, costruito secondo le leggi della prospettiva
naturale (la prospettiva geometrica sarà invece teorizzata nel Rinascimento).
Arnolfo è un artista ricercato, lavora per ogni tipo di committenza: Comuni, Carlo I d’Angiò, Papa,
ecclesiastici.

Formazione di Arnolfo: Cistercensi e Nicola Pisano

Affianca Nicola nel pulpito di Siena e nella fontana Maggiore di Perugia. Emerge subito il suo talento
infatti il Comune di Perugia gli commissiona la fontana Minore, successivamente smembrata, di cui
rimangono soltanto alcune statue conservate nella Galleria Nazionale dell'Umbria a Perugia, opera che
rivela subito l'interesse di Arnolfo per l'antico. Nel 1276 si trasferisce a Roma e apre una bottega: qui
intensifica lo studio dell'arte antica ed entra in contatto con i Cosmati e con alcuni artisti che in quel
momento stavano operando un rinnovamento in pittura: la cosiddetta “scuola romana” (Jacopo Torriti,
Pietro Cavallini e Francesco Rusuti).

Principali opere:

1276-1277 a Roma realizza alcune opere tra cui il Monumento a Carlo I d'Angiò di cui restano alcune
parti, la statua del sovrano (Musei Capitolini) e la statua bronzea di San Pietro (Vaticano).
1277-1282 realizza la fontana minore di Perugia.
1282 Monumento funebre del cardinale de Braye (Orvieto, chiesa di San Domenico)
1285 Ciborio di San Paolo fuori le mura a Roma
1293 Ciborio di Santa Cecilia a Roma
Come architetto realizza il progetto di Santa Maria del Fiore cioè il Duomo di Firenze e alcune fonti gli
attribuiscono anche la chiesa di Santa Croce e il Palazzo della Signoria a Firenze.

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Le riflessioni sull’antico portano Arnolfo di Cambio a rinnovare la scultura:
1) In primo luogo riscopre il ritratto il cui interesse, in età medievale, era andato scemando.
Realizza infatti le statue-ritratto di Carlo I d’Angiò e di Bonifacio VIII dove fa riferimento all'antico per
l’impostazione della statua ma se ne distanzia realizzando il ritratto di personaggi viventi.

2) Riflettendo sulla sepoltura antica inventa il monumento funebre a parete di cui è importante esempio il
Monumento funebre del Cardinal de Braye. Questa tipologia avrà grande fortuna e sarà ripresa da diversi
artisti in età rinascimentale (es. Donatello).
3) Rielabora il ciborio ispirandosi alle antiche edicole e a quelli di età carolingia. Il ciborio è un arredo
sacro che viene collocato sopra l’altare che ha la funzione di proteggerlo e di esaltarlo. È una struttura
dove si fondono architettura e scultura. Importanti esempi sono il ciborio di Santa Cecilia a Roma e il
ciborio di San Paolo fuori le mura a Roma. La parte superiore fortemente gotica è sostenuta da quattro
colonne.
Opera da studiare:
Tomba del cardinale de Braye (Orvieto, chiesa di San Domenico, 1282)
Si tratta di una tomba a parete.
L’opera in origine era incorniciata da una struttura architettonica probabilmente simile a quella dei cibori.
Questa tomba concilia l'antico al gotico. Nella parte bassa presenta una base architettonica articolata su
due livelli con decorazioni cosmatesche. Nella parte centrale è rappresentato il cardinale sdraiato
all'interno di un sarcofago aperto con due figure colte nel momento di aprire le tende per lasciar vedere il
defunto: un’idea geniale che solo un artista come Arnolfo poteva realizzare; il volto del cardinale è
caratterizzato da grande realismo. Nella parte superiore troviamo al centro la Vergine in trono con
Bambino sopra una iscrizione commemorativa e ai lati, entro due nicchie, San Marco con il cardinale
inginocchiato rivolto verso la Vergine e San Domenico. Arnolfo attraverso una soluzione innovativa e
originale rappresenta il cardinale da morto e da vivo, alludendo alla sua salvezza (vita eterna).

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