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Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, particolare dei tre angeli, 1445, tempera su tavola,
Londra, National Gallery.
Si osservino le figure specchiate nel corso d’acqua: tra i primi
esempi del genere, esse non mirano tanto alla ricchezza
descrittiva, presentandosi piuttosto come esercizio
compositivo volto a fissare anche gli elementi illusori entro un
disegno compiuto.
Il Battesimo di Cristo è stato realizzato per i monaci camaldolesi
di Borgo San Sepolcro in memoria di Ambrogio Traversari,
priore dell’Ordine e umanista di spicco nel convento fiorentino
di Santa Maria degli Angeli, morto nel 1439. Egli aveva operato
per la riconciliazione tra Chiesa cristiana d’Occidente e
d’Oriente, e durante il Concilio di Firenze del 1439 (Si
procedette alle approfondite riflessioni teologiche per
raggiungere la riunificazione tra Oriente e Occidente. La
riunificazione sarebbe dovuta avvenire sul piano dogmatico e
disciplinare, ma si sarebbero dovute mantenere le differenze
sul piano liturgico), aveva svolto un ruolo di rilievo nel
difendere la tesi della Chiesa romana in merito alla Trinità di
Dio. Nell’opera ricorrono, allusioni al mistero teologico della
Trinità di Dio: si può riferire ad esso la ricorrenza del numero
tre, che regola la disposizione di alcuni elementi al suo interno,
o come i tre angeli, estranei all’iconografia del battesimo ma
che indossano abiti dai colori rosso, bianco e blu; sono legati da
gesti reciproci delle mani, che la critica ha interpretato come
allusione all’unita tra la Chiesa greca e quella latina. Il palmo
abbassato dell’angelo a sinistra è poi, un antico simbolo di
concordia.
Storie della Croce
• Nel 1447, ad Arezzo, la famiglia dei Bacci aveva commissionato a Bicci
di Lorenzo la decorazione ad affresco del coro della Chiesa di San
Francesco. Alla morte dell’artista, nel 1452, erano state dipinte
soltanto ampie volte a crociera. Probabilmente nello stesso anno viene
assegnato a Piero della Francesca l’incarico di proseguire l’intervento.
Gli affreschi narrano la Leggenda della Vera Croce, tratta dalla legenda
Aurea di Jacopo da Varagine (è una raccolta medievale di biografie
agiografiche composta in latino); il soggetto era rappresentato spesso
nelle chiese francescane con diverse interpretazioni e varianti. Piero
elimina ogni elemento fantasioso o di costume, concentrandosi sugli
episodi fondamentali con rigorosa essenzialità.
• Il ciclo comprende dieci scene disposte su tre registri. Lungo le due
pareti laterali si dispongono quattro riquadri e, in alto, due lunette;
quattro scene di minore dimensioni sono poste nella parte di fondo,
sormontate da due figure di profeti. Piero sceglie di disporle secondo
una logica compositiva . Così nelle lunette superiori colloca scene
all’aperto, nel registro intermedio scene ambientate in contesti
architettonici, in quello inferiore battaglie. Sulla parete di fondo si trova
l’Annunciazione, cui corrisponde, in posizione simmetrica, l’annuncio
dell’angelo a Costantino dormiente.
Salomone e la regina di Saba, il Sogno di Costantino
• Una ferrea geometria divide in due parti uguali gli spazi
dedicati ai distinti episodi della regina di Saba che venera il
legno della Croce e di Salomone che incontra la regina, nel
riquadro mediano della parete di destra. Il primo episodio, a
sinistra, si svolge all’aperto, il secondo a destra, all’ombra di un
portico reso in prospettiva. Venuta da un lontano regno della
penisola arabica, la regina di Saba riconosce la santità di un
legno gettato tra le sponde di un corso d’acqua a mò di ponte,
si inginocchia e lo venera. Attorniata dalle dame del suo
seguito, silenziose e meravigliate, la regina, coperta da un
mantello azzurro, è a mani giunte e con la testa leggermente
chinata in avanti. Il legame fra la regina e le sue dame e la
partecipazione di queste al mistero dell’intuizione della loro
sovrana sono resi visibili dai gesti delle braccia che quasi si
uniscono quasi a formare una sorta di catena prospettica. Una
serva poco lontano aspetta e dei nobili giovani parlano fra
loro, mentre si occupano dei cavalli al riparo di un albero.
• L’incontro, invece avviene in un sontuoso portico con colonne
scanalate. Il centro della composizione in questo caso è
costituito da Salomone che stringe nella mano destra la
sinistra della regina, inchinatasi al suo cospetto.
Un ampio mantello di damasco giallo oro ricade in pieghe regolari dalle
spalle del re d’Israele. Le donne e gli uomini che accompagnano i due
sovrani si dispongono a cerchio attorno a loro e osservano la scena.
Le donne del seguito all’esterno sono le stesse che si ritrovano
all’interno dell’edificio, perciò Piero per raffigurarle nelle due occasioni
ha fatto ricorso agli stessi cartoni, che ha semplicemente rovesciato,
cambiando poi, in piccola misura, solo alcune pose.
L’importanza e la solennità dell’evento, infine, sono enfatizzate dalla
prospettiva con una linea d’orizzonte molto bassa che produce l’effetto
di conferire monumentalità ai personaggi, in quanto sono visti dal
basso.
Nel sogno di Costantino, un chiarore comincia a diffondersi in un cielo
ancora stellato. Un angelo in volo, con le braccia tese, e recante una
piccola croce luminosa, dalla quale la luce si irradia tutto intorno, porta
a Costantino il sogno con la rivelazione che, nel giorno che si appresta
a cominciare, avrebbe vinto la battaglia contro Massenzio se avesse
apposto sugli scudi dei soldati la croce di Cristo.
La luce emanata dalla croce illumina la tenda da campo entro l quale,
vegliato da un servitore, dorme l’imperatore.
Due armati proteggono il sonno di Costantino ed entrambi
sono portati alla ribalta dalla luce. Di quello a sinistra, che
impugna la lancia ed è visto di spalle, si nota l’armatura
riflettere, del secondo a destra, in veduta frontale, si è
catturati dai giochi delle ombre, effetto della luce forte ed
improvvisa.
La flagellazione di Cristo
• La Flagellazione di Cristo presenta due scene ben distinte, ma fra
loro connesse, si svolgono una all’aperto e una all’interno. In una
strada con edifici antichi e rinascimentali tre uomini colloquiano,
mentre a sinistra, in uno spazio perfettamente misurato, è
rappresentato il Cristo legato alla colonna e flagellato.
• La tavola, nonostante le sue ridotte dimensioni, mostra grandi
spazi grazie all’applicazione della prospettiva.
• L’edificio della flagellazione è costituito da un portico di marmo
con colonne di ordine composito dal fusto scanalato che reggono
una trabeazione. Per accrescere la monumentalità e la spazialità
dell’ambiente, all’interno non vi sono colonne intermedie. Sulla
parete di fondo, posta in risalto da due ampie specchiature di
marmo rosso e di serpentino verde si aprono due porte: quella di
destra ha i battenti serrati, l’altra invece è aperta e lascia
intravedere delle scale che conducono ad un piano superiore.
• Com’è consuetudine nei dipinti di Piero, i personaggi sono
immobili. I fustigatori appaiono irrigiditi con le braccia levate, per
colpire Gesù, dal corpo perlaceo, simbolo della sua purezza
incorrotta. Pilato, seduto, guarda fisso dinnanzi a sé, come fosse
una divinità arcaica. Il colloquio dei tre personaggi sulla destra
sembra congelato.
I tre personaggi in primo piano, sullo sfondo di un paesaggio urbano
quattrocentesco, legano il dipinto alla contemporaneità. L’uomo a
destra ha l’abito e il volto curati con una tale perizia da far pensare a una
volontà ritrattistica: è forse Giovanni Bacci; di fronte a lui un altro
personaggio che, invece, veste abiti di foggia greca e porta la barba
all’orientale.
Torna nuovamente il riferimento alla caduta di Costantinopoli e alla
crociata che, nel 1459, Pio II aveva cercato di organizzare durante il
Concilio di Mantova, con l’obbiettivo di scongiurare il pericolo di
un’avanzata di Maometto II in Europa.
La figura a sinistra rappresenterebbe la Chiesa d’Oriente chiamata di
nuovo al concilio. Significativamente, il gruppo richiama i tre angeli del
Battesimo di Cristo. Ed è ancora un’ipotesi, ma fondata su fonti
documentarie, che l’opera sia stata donata a Federico da Montefeltro
per convincerlo a sostenere il progetto di papa Pio II.
La scena della flagellazione di Cristo simboleggerebbe, allora, la
sofferenza della Chiesa cristiana di fronte alla storia recente, come
sembrano confermare l’uomo di spalle con turbante e la figura di Pilato,
che assiste immobile alla scena.
Alla corte di Urbino
• La permanenza di Piero ad Urbino dura dalla fine degli anni
Sessanta alla metà del decennio successivo: sono gli anni in
cui è presente in città anche il pittore fiammingo Giusto di
Gand, che vi introduce l’interesse per lo studio minuzioso
della realtà e la qualità della tecnica ad olio.
• In questo periodo Piero giunge ad una compiuta sintesi tra
la concezione prospettica del Rinascimento italiano e
l’analisi fiamminga della natura. Il contatto con la pittura
fiamminga era già avvenuto a Ferrara, alla corte di Lionello
d’Este; esso consente a Piero di affinare uno dei temi
centrali della sua arte: lo studio e la rappresentazione dei
fenomeni luminosi, nonché il rapporto tra luce e colore
nella costruzione della forma. Questa ricerca giungerà i
risultati più alti nella Madonna di Senigallia e nella Pala di
Montefeltro. L’influenza nordica si coglie anche nella
sempre più nitida cura per i dettagli e nella brillantezza dei
colori, che consente a ogni cosa di risaltare con la
medesima precisione, sia essa vicina o lontana. Il Doppio
ritratto dei Duchi di Urbino è un esempio di perfetta
concordanza tra rigore volumetrico e analisi fiamminga,
entrambi piegati a celebrare il prestigio politico della
casata.
Piero della Francesca, Dittico dei Duchi di Urbino, 1465, Firenze, Galleria degli
Uffizi, Firenze.
Nel Dittico compaiono i ritratti di Federico e della
consorte Battista Sforza. Nelle due tavole di piccola
dimensione, eseguite probabilmente dopo la morte di
Battista, i signori di Urbino sono presentati di profilo, sullo
sfondo del territorio ordinato di Montefeltro. Battista ha
un incarnato chiarissimo ma rivestita di un abito prezioso
e adorna di gemme. Federico appare invece, con un volto
segnato dalle rughe, indossa una veste ed un berretto
rossi. I due personaggi si guardano e la loro unione, che è
stata serena e consolante, è sottolineata dal tranquillo
ordine del paesaggio.
Le due tavolette sono dipinte anche sul retro con i trionfi
allegorici di Federico e della moglie Battista. Nella parte
inferiore si trovano delle scritte latine, realizzate come se
fossero scolpite su transenne di marmo, inneggiano si a
Federico, che viene celebrato come gli antichi condottieri,
sia a Battista che celebra le sue lodi.
Il dittico vuole dunque essere, un dolce ricordo del Duca,
il quale desidera essere per sempre legato alla giovane
consorte morta a soli ventotto anni, da un profondo ed
eterno sguardo.