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Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
dalle restante par5 della penisola, in par5colare dall!area lombarda. Secondo Argan il classicismo apparente del
romanico fioren5no può essere spiegato a>raverso l!orientamento religioso della ci>à agli inizi del X secolo,
legato agli insegnamen5 do>rinali di san Pier Damiani. La tesi principale della sua do>rina, di origine
benedeDna, risiede nel conce>o secondo cui le argomentazioni logiche siano superflue, posto che la verità è già
in se stessa razionale. Questa tesi serviva a superare il problema legato all!acce>azione del dogma divino,
prescindendo dalla sua dimostrabilità. L!applicazione di ques5 conceD all!archite>ura romanica fioren5na è
molto interessante e può aiutare a comprendere il forte divario esistente tra le forme romaniche fioren5ne e
quelle sviluppate nel resto della penisola. Analizziamo ad esempio il romanico lombardo, prendendo a spunto il
caso di sant!Ambrogio: qui i giochi di forze, di spinte e controspinte, si traducono dire>amente in forme spaziali
che "spiegano”, "rivelano”, a>raverso un!argomentazione logica, la verità; in una volta a crociera, ad esempio, la
verità del sistema costruDvo risiede nelle spinte scaricate a>raverso i sei archi sui qua>ro pilastri composi5
angolari della campata. Me>ere in evidenza le costolonature a>raverso cui si trasme>ono le spinte equivale a
spiegare quella verità a>raverso l!argomentazione logica. Se, però, consideriamo che la razionalità sia insita
nell!enunciato, ovvero nella forma archite>onica, ne discende che la dimostrazione diventa superflua; una forma
geometrica è già in se stessa razionale, non necessità di un!argomentazione logica che lo dimostri. Ques5 conceD
illustrano perfe>amente l"!anima” dell!archite>ura romanica fioren5na. La dimostrazione del gioco di forze,
dell!equilibrarsi di spinte e controspinte, nel romanico fioren5no è implicito nel segno grafico. Analizziamo, ad
esempio, la facciata del baDstero, che nella forma a>uale risale all!XI secolo. I la5 sono tra>a5 come meri piani
geometrici tesi tra i grandi contraffor5 angolari. Anche qui come nella facciata della ca>edrale di Modena, è il
ritmo geometrico che scandisce l!intera composizione; ma mentre nell!opera modenese tu>o è chiaro, ovvero i
giochi geometrici si tramutano in "archite>ura”, in forme plas5che che esprimono relamente l!equilibrio delle
forze, nel baDstero fioren5no i disegni geometrici restano dei semplici traD grafici. Anche qui come nel duomo
di Modena ritroviamo il mo5vo delle tre arcate, ognuno delle quali racchiude a sua volta tre arcatelle più piccole,
ma sono solo delle proiezioni su di un piano di ciò che a Modena era espresso spazialmente.
sembrare un richiamo remoto all!archite>ura an5ca. In realtà, l!uso coloris5co dei marmi per me>ere in risalto le
geometrie non sembra avere riscontri nell!an5chità. È da osservare, inoltre, che nel duecento e nel trecento era
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opinione comune che mol5 edifici risalissero ad un periodo molto più an5co di quello effeDvo. Lo stesso
baDstero di Firenze era per mol5 considerato un tempio pagano trasformato per uso cris5ano. In realtà, come
abbiamo già osservato, risale all!XI secolo. La composizione della facciata di san Miniato trova, seguendo il
percorso compiuto parlando del romanico toscano, una chiara spiegazione. Il ritmo geometrico delle arcate a tu>o
sesto in fila sembra un richiamo grafico ad un nartece; il nartece, altrove concepito come forma plas5co-spaziale,
qui si proie>a su di un piano e si fa pura geometria. La forma della facciata, così come in altri esempi romanici, è
espressione della conformazione spaziale interna. L!interno è coperto a capriate, come nelle an5che basiliche
paleocris5ane, e sono chiaramente visibili i tre livelli della cripta, del presbiterio e delle navate. Pur non esistendo
una volta da sostenere ritroviamo dei grandi archi che danno il ritmo della profondità della navata principale,
creando delle finte campate. Infine, tra i pilastri principali che sorreggono i grandi archi trasversali si inseriscono
tre archi minori sorreD da colonne cilindriche, che formano un soDle diaframma tra navata principale e navate
laterali.
L!archite>ura romanica di Pisa ha una forte ascendenza storica e un!ispirazione marcatamente classica. Pisa, ci>à
ricca ed autonoma, si sen5va orgogliosamente una dire>a discendente dell!an5ca Roma. La classicità del romanico
pisano è evidente non solo nelle scelta delle forme, bensì anche nella 5pologia d!intervento di piazza dei Miracoli.
La prima fabbrica iniziata fu quella del duomo, intorno al 1063, successivamente alla vi>oria di Palermo dei pisani
contro i saraceni: la ca>edrale è il monumento che ha celebrato la vi>oria. Il luogo scelto, uno spazio molto vasto
lontano dal centro della ci>à, dimostra la lungimiranza urbanis5ca dei pisani. Successivamente alla ca>edrale sono
sta5 edifica5 il baDstero, il campanile ed il camposanto. Raggruppare una serie di edifici monumentali è
sicuramente di ispirazione classica, ma nel caso di Pisa c’è anche una profonda ispirazione cris5ana, derivante
dall!idea di esprimere a>raverso quei monumen5 l!intero ciclo della vita umana: la nascita, con il ba>esimo, la vita
religiosa, la morte. A tu>!oggi ci sono dei dubbi sulla cronologia delle fasi edilizie della ca>edrale. L!opera fu
iniziata dal Buscheto e consacrata nel 1118, ma quarant!anni dopo nacque l!esigenza di un ampliamento che fu
realizzato da Rainaldo, che proge>ò anche l!a>uale facciata. La ca>edrale è a cinque navata, con colonne
monumentali che sorreggono archi a tu>o sesto e transe>o molto esteso. L!interno è movimentato dalla presenza
di matronei spar55 da bifore che si affacciano sulla navata principale. Cara>eris5che 5piche del romanico pisano,
che troveranno una grande espansione in Liguria ed in Sardegna, sono rappresentate dall!uso della dicromia
marmorea, dalle logge sovrapposte in facciata e dai ritmi scandi5 da arcate cieche. Ma, a differenza del romanico
fioren5no, dove tu>o diventava pura geometria, astrazione grafica, a Pisa la dicromia assume altre connotazioni:
non è più tarsia, ma materia che fa parte della costruzione; le arcate che definiscono le superfici hanno uno
spessore minimo, ma calcolato. Così la luce non scivola più sulle superfici, come sulla facciata di San Miniato, e
non è più la qualità metafisica spaziale, ma ha una sua funzione spaziale ben precisa, razionale, fa splendere i
volumi, esalta le forme plas5che e dà il senso di profondità. Il mo5vo delle arcate viene impostato da Rainaldo in
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facciata su qua>ro ordini; mo5vo che diventa quasi l!emblema del romanico pisano. È ripreso anche nella
composizione del baDstero, iniziato da Deo5salvi nel 1153, ma terminato molto più tardi. L!opera, a forma
cilindrica, riprende al pian terreno le arcate cieche in sintonia con al forma della ca>edrale, mentre le decorazioni
dei livelli superiori sono già di epoca go5ca. La copertura è formata da una cupola conica appoggiata su colonne e
pilastri e rives5ta all!esterno da una stru>ura emisferica impostata sui muri perimetrali. La torre campanaria,
iniziata probabilmente da Buonanno Pisano intorno al 1173, riprende anch!essa il mo5vo delle arcate, che
definiscono lungo il perimetro un sistema di gallerie percorribili. La costruzione fu terminata nel trecento a causa
dei problemi di cedimento stru>urale che, ancora oggi, rendono la stabilità precaria. Il camposanto fu iniziato alla
fine del duecento, ma terminato con forme chiaramente go5che nel trecento. All!interno, proge>ato secondo il
modello del chiostro, la forma classica degli archi a tu>o sesto si unisce allo slancio ver5cale delle forme go5che.
Nell!Italia meridionale ed in Sicilia, grazie alle dominazioni bizan5ne, musulmane, longobarde e normanne,
l!archite>ura, nel periodo di fioritura del romanico, si fonde con numerosi s5li differen5, dando vita a forme
composite che uniscono mo5vi se>entrionali ed orientali. Un esempio ci è fornito dal chiostro della ca>edrale di
Amalfi e dalla villa Rufolo a Ravello. Il campanile del duomo di Gaeta, realizzato dal romano Niccolò d!Angelo,
mostra nella parte esterna chiare influenze islamiche. Le stesse influenze islamiche sono eviden5 nel 5burio del
duomo di Caserta Vecchia. In Puglia l!influenza lombarda si fa sen5re maggiormente, innestandosi su una cultura
prevalentemente bizan5na. San Nicola di Bari presenta, secondo il modello di Montecassino, un transe>o
immenso che abbraccia tu>e le navate. Sulla navata principale si affacciano, secondo il modello romanico
lombardo, profondi matronei. All!esterno le navate minori riportano monumentali e profonde arcature. Le tre
absidi, essendo incluse in un muro al di là del transe>o, risultano poco riconoscibili dall!esterno. La pianta della
chiesa è inclusa in un vasto re>angolo; a causa della forma unica, è stato addiri>ura ipo5zzato che San Nicola
fosse la trasformazione in chiesa dell!originario presunto palazzo del Catapano. In realtà sembra più probabile che
la chiesa fosse stata ideata secondo un proge>o autonomo e unitario. In Sicilia, successivamente al dominio arabo
dall!826 al 1061, si instaurò la dominazione normanna. Nonostante mol5 monumen5 fossero anda5 distruD, la
tradizione dell!archite>ura araba e bizan5na non andò persa. La Chiesa di san Giovanni degli eremi5 a Palermo
mostra uno s5le derivato dire>amente dal mondo arabo, con i suoi corpi cubici in perfe>a armonia con le cupole
emisferiche. Santa Maria dell!Ammiraglio presenta una pianta cruciforme di ne>a discendenza bizan5na, ma le
decorazioni e gli archi su al5 piedriD sono arabi. La stessa fusione di s5li si ha nella Cappella Pala5na, nel palazzo
dei Normanni, del 1140. Tu>o il palazzo, da an5ca fortezza araba, divenne una reggia senza riscontri. Il nucleo
centrale fu trasformato con una grande torre, secondo l!esempio normanno; la citata cappella Pala5na so presenta
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come una piccola basilica a tre navate su colonne romane di spoglio, con archi acu5 e soffiD con alveoli e stalaD5
di 5po islamico. Influenze islamiche miste a lombarde affiorano nel duomo di Cefalù. Il por5co esterna è
fiancheggiato da due alte torri, elemento 5pico delle chiese del nord. Le navate sono spar5te da colossali colonne
di spoglio ed archi acu5. Il soffi>o è a travi e l!abside ospita un!immagine del busto di Cristo., unitamente ad altri
mosaici di maestri bizan5ni. Anche nel duomo di Monreale, voluto da Guglielmo II, fu ripreso il modello di Cefalù.
Lo schema è ne>amente basilicale, con tre navate, transe>o e tre absidi, ma all!esterno riaffiora nuovamente
l!influenza araba nello splendido mo5vo ad archi intreccia5 che decora le pare5 absidali.
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