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BRAMANTE
Bramante era allievo di Leonardo Da Vinci e, a differenza del suo maestro che non
realizzò mai alcuna opera, Bramante invece fu considerato un modello per gli edifici
dei secoli successivi.
Nasce ad Urbino, quindi in una realtà dinamica, movimentata da Laurana e Martini.
Nasce prima come pittore e, probabilmente, ha come maestri Piero della Francesca e
Mantegna.
ARRIVO A MILANO: viene chiamato a Milano da Ludovico Sforza (ca. 1480). Le
opere realizzate in Lombardia sono una sintesi del linguaggio:
-di Laurana e Martini (conosciuto ad Urbino)
-di Alberti, visto a Mantova
-dei ricchi edifici romanici
-tardo-antico e paleocristiano
RICOSTRUZIONE DELLA CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO (prima
opera intrapresa da Bramante a Milano)
Bramante dirige i lavori di ricostruzione della chiesa del IX secolo; in aggiunta dipinge un
falso coro prospettico, rendendo omaggio alla propria formazione di pittore. Bramante
ristrutturò San Satiro che presentava una CROCE GRECA INSERITA IN UN QUADRATO
CIRCOSCRITTO DA UN CERCHIO. Possiamo vedere come in questa pianta vi siano dei
riferimenti al successivo progetto di Bramante per la basilica di S. Pietro.
TRIBUNA COPERTA A CUPOLA DI S. MARIA DELLE GRAZIE (secondo lavoro a
Milano)
Il progetto della tribuna per la chiesa milanese era da intendersi come una cappella
commemorativa degli Sforza. È A PIANTA CENTRALE e il modello è la chiesa di San
Sebastiano di Alberti a Mantova.
PASSAGGIO A ROMA: Bramante lascia Milano nel 1499. La città era stata
occupata dai francesi e gli Sforza erano caduti. L’arrivo a Roma influenza moltissimo
lo stile di Bramante. Roma, sul finire del Quattrocento, ritorna ad essere un autorevole
centro di cultura, e l’apice di questo rinnovato potere si ha sotto il pontificato di
Giulio II (1503-1513). A Roma era già arrivato il nuovo stile di Alberti attraverso due
palazzi cardinalizi: PALAZZO VENEZIA e PALAZZO DELLA CANCELLERIA.
Quest’ultimo palazzo presenta temi tipicamente albertiani:
-cortile porticato
-facciata a bugnato liscio con lesene
-fregio continuo con iscrizioni latine
PRIMA COMMITTENZA DI BRAMANTE A ROMA: a Roma attira l’attenzione
del cardinale Carafa grazie ad una serie di disegni che riproducevano monumenti
antichi.
CHIOSTRO A SANTA MARIA DELLA PACE
È la prima opera a Roma direttamente ispirata all’antichità.
TEMPIETTO IN SAN PIETRO IN MONTORIO
La committenza proveniva da un convento di francescani spagnoli. L’incarico lo ricevette da
Ferdinando e Isabella d’Aragona, perché qui pensavano, erroneamente, che fosse stato
crocifisso San Pietro. Per la prima volta, dai tempi dei romani, Bramante costruì UN
EDIFICIO PERIPTERO A PIANTA CENTRALE COPERTO A CUPOLA, ovvero, UNA
CELLA CIRCOLARE COMPLETAMENTE CIRCONDATA DA UN COLONNATO, come
i templi romani. S. Pietro in Montorio è un tentativo di riconciliare gli ideali cristiani con
quelli umanistici. Il piccolo edificio a pianta centrale si rifà ai martirya paleocristiani, eretti
per indicare luoghi sacri. Il tempietto non ha alcuna funzionalità pratica. Vi sono elementi che
si fondono:
-peribolo formato da colonne doriche di modello romano
-metope nella trabeazione portano incise le chiavi di San Pietro e le suppellettili liturgiche
Palladio inserisce questo edificio di Bramante nel capitolo “Templi antichi”, nel IV libro.
L’edificio di Bramante divenne già presso i contemporanei un modello.
CORTILE DEL BELVEDERE IN VATICANO
Il cantiere venne iniziato nel 1505 per Giulio II. Non venne mai terminato e oggi risulta
molto alterato. Il progetto per il cortile del Belvedere si inseriva in un progetto più ampio
voluto dal pontefice per il rinnovo del Palazzo Vaticano e della Basilica di San Pietro. Il
cortile del Belvedere di Bramante comprendeva:
-terrazze
-logge
-cortile con sculture
-teatro all’aperto
-aranceti e fontane
Il progetto di Bramante si presenta con la chiara volontà di rievocare i palazzi imperiali
romani che si trovavano sui colli della città (vedi Domus Aurea di Nerone, Villa a Tivoli di
Adriano, Palazzo del Palatino).
IL CANTIERE DI SAN PIETRO DA BRAMANTE A MADERNO
BRAMANTE
Giulio II affidò il progetto di ricostruzione dell’antica basilica di San Pietro a Bramante nel
1506. Il progetto che Bramante fece per questa operazione è ricostruibile attraverso due fonti:
1) IMMAGINE SU UNA MEDAGLIA CONIATA NEL 1506 DAL CARADOSSO
2) DSEGNO AUTOGRAFO CHE NE RAPPRESENTA IN PARTE LA PIANTA
La basilica del Vaticano era ancora concepita come il Martirium dell’apostolo, quindi non
come la chiesa per eccellenza della cristianità, ma come il luogo che testimoniava la sepoltura
di San Pietro. Bramante elaborò un progetto che prevedesse un edificio a pianta centrale,
come il Tempietto, anche se su dimensioni monumentali. Il progetto prevedeva:
Croce greca
Abside che chiudeva ogni braccio (in tot. 4 absidi)
Gigantesca cupola simile a quella del Pantheon su un tamburo colonnato sopra la
crociera
Cupole minori poste agli angoli della croce (in tot. 4 cupole + 1)
Alti campanili posti a lato della facciata principale
Alla fine le quattro cappelle d’angolo vennero trasformate e nel progetto formavano un
deambulatorio quadrato, che si sviluppava attorno allo spazio della cupola centrale.
Alla morte di Bramante nel 1514 erano stati realizzati la parte inferiore dei grandi
pilastri della crociera e l’inizio degli archi cassettonati che connettono i pilastri e
sorreggono la cupola.
La cupola che vediamo oggi poggia sui pilastri e sugli archi progettati da Bramante
Bramante aveva proposto con il suo progetto un edificio a scala monumentale, che
non aveva precedenti nemmeno nell’antichità.
Ci sono degli esempi nel territorio italiano che posso dare un’idea della pianta a croce
greca prevista da Bramante per San Pietro: SANTA MARIA DELLA
CONSOLAZIONE A TODI IN UMBRIA e SAN BIAGIO A
MONTEPULCIANO IN TOSCANA. Queste due chiese non vennero progettate
come chiese parrocchiali, ma come santuari o luoghi di pellegrinaggio.
Il problema della pianta a croce greca, rispetto a quella a croce latina, risiedeva nel
fatto che non erano adeguate a contenere grandi adunanze di fedeli, mentre questo era
l’obiettivo che si volle raggiungere nella basilica dopo la morte dell’urbinate. Per
accogliere più fedeli, venne infatti aggiunta un’altra navate.
ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE
Il più ambizioso tra i progetti proposti dopo la morte di Bramante vi fu quello di Antonio da
Sangallo il Giovane. Conosciamo il modello in legno eseguito nel 1540.
MICHELANGELO
Michelangelo fu l’unico che riprese la grandiosità del progetto originale di Bramante. Il
fiorentino subentrò ad Antonio da Sangallo il Giovane nel 1546. Alla sua morte nel 1564,
Michelangelo aveva portato alla realizzazione gran parte della basilica di San Pietro secondo
un progetto che modificava in parte la pianta centrale prevista da Bramante. Oggi vediamo:
Costruzione del tamburo fino al piano d’imposta della cupola (ha un profilo
leggermente ogivale).
LA FINE DEL CANTIERE
l’allungamento delle navate e la realizzazione della navata furono portati avanti da Carlo
Maderno nella prima metà del XVII secolo, dove alla fine trionfò la croce latina.
RAFFAELLO, PERUZZI E ANTONIO DA SANGALLO IL GIOVANE
Raffaello ricevette un’educazione da pittore ad Urbino. Si ispirò nelle forme
architettoniche al linguaggio classico ed elegante di Bramante (soprattutto
quelle delle prime opere).
PALAZZO PANDOLFINI è un palazzo a Firenze di cui Raffaello eseguì il prospetto. Si
presenta come un’elegante fusione tra lo stile fiorentino e dello stile bramantesco romano.
Come tipologia si trova a metà strada tra il palazzo e la villa, perché, al momento della
realizzazione, si trovava in periferia della città.
Nel 1515 Raffaello fu nominato commissario delle antichità romane, da papa
Leone X Medici.
VILLA MADAMA viene realizzata verso il 1516-17 per il cardinale Giulio De’ Medici,
futuro papa Clemente VII, e la costruzione riflette un rinnovato interesse per l’antichità.
Dimostrazione del gusto per la classicità romana ne è la loggia che si affaccia sul giardino
che Raffaello decise di far ornare con decorazioni a stucco (grottesche). La loggia ha una
pianta absidata mentre il cortile è a pianta centrale; questi due elementi si ispirano alla
grandiosità dell’impianto termale romano; un altro modello classico è quello delle ville
imperiali, soprattutto per il fatto che queste si disponessero su diversi livelli lungo la collina.
Questo faceva sì che il complesso residenziale fosse formato da elementi che non erano da
subito direttamente visibili, perché nascosti dal profilo della collina.
Baldassarre Peruzzi realizzò il progetto per il Palazzo Massimo alle Colonne
PALAZZO MASSIMO ALLE COLONNE non è un solo edifico ma si tratta di due palazzi
adiacenti, che si conformano in un terreno irregolare. Il lato più ambizioso è quello orientale.
La facciata è a bugnato liscio ed è leggermente convessa perché segue la curva della strada.
Attraverso un androne, si raggiunge un cortile porticato con loggia al primo piano riccamente
decorata. Questo cortile fu progettato come un atrio classico, forse richiamando il fatto che la
famiglia Massimo discendesse dalla stirpe romana di Fabio Massimo.
VILLA FARNESINA è la prima opera importante di Peruzzi a Roma. Presenta una loggia
aperta a piano terreno, mentre gli interni della loggia sono stati affrescati da Raffaello. La
Farnesina è uno dei primi esempi di ricreare il modello della villa suburbana, così com’era
descritto da Plinio il Giovane.
Antonio da Sangallo il Giovane progettò il più celebre palazzo rinascimentale
di Roma.
PALAZZO FARNESE fu iniziato nel 1515, poco dopo gli inizi dei lavori a Villa Farnesina.
Quest’ultima venne costruita per il banchiere Agostino Chigi, ma Palazzo Farnese venne
costruito per uno degli uomini più potenti della Roma di allora, ovvero per il cardinale
Alessandro Farnese. Il progetto iniziale di Sangallo venne rivisitato dopo il 1534, ovvero
dopo che il cardinale Farnese venne eletto papa con il nome di Paolo III. Il palazzo di
famiglia doveva riflettere la nuova condizione raggiunta. Elementi importanti che si rifanno
alla monumentalità delle ultime costruzioni di Bramante e alle soluzioni di Michelangelo:
Prospetti altissimi, quasi 30 metri
Imponente androne d’accesso con volta a botte
Cortile articolato in porticati sovrapposti (guarda Colosseo o Teatro di Marcello)
Il cornicione del palazzo che corre tutt’intorno e l’ordine superiore del cortile vennero
realizzati da Michelangelo nel 1540.
GIULIO ROMANO, DEVIAZIONI MANTOVANE
Giulio Pippi, chiamato poi Giulio Romano, fu un altro importante architetto di
ville e palazzi. L’architetto romano è caratterizzato da uno stile virtuosistico e
ricercato. Questo riflette il desiderio di cercare un linguaggio erudito e raffinato,
in aperto dialogo con l’antico, tale da essere inteso solo da una piccola cerchia di
intellettuali.
Il principale mecenate di Giulio Romano fu Federico II Gonzaga, secondo duca di
Mantova, che lo invitò nella propria corte nel 1524. Venne trattato con i massimi
riguardi, anche in virtù del fatto che era diventato il principale assistente di
Raffaello a Roma.
Il duca di Mantova decise di costruire una villa suburbana nella periferia della
città dove aveva una scuderia di cavalli. La villa non aveva scopi abitativi ma
serviva come luogo di svago e per il divertimento della corte.
PALAZZO TE
La costruzione del Palazzo Te segue i progetti di Giulio Romano e la sua realizzazione
avviene tra il 1525 e il 1535. Si presenta come una sperimentazione sull’antichità, così come
era avvenuto a Villa Madama, cui Giulio Romano partecipò. Riprende il modello delle ville
romane e presenta:
Quattro basse pareti che circoscrivono un cortile quadrato
L’impostazione della facciata d’ingresso e l’impostazione delle facciate laterali si discostano
da quello che era stato raggiunto nel rinascimento maturo, presentando, invece, soluzioni
differenti. All’interno del cortile le facciate sono tutte diversamente articolate e sono
bruscamente raccordate agli angoli. Vi sono altri contrasti che derivano dall’aggressivo
bugnato e dalla levigatezza della pietra liscia, che vengono posti vicini. I triglifi cadenti della
trabeazione e il concio di chiave di volta che si innalza a divaricare il timpano delle finestre
sul cortile fanno pensare che l’edificio sia ancora in corso di edificazione.
L’architettura presente a Palazzo Te è estetizzante, concepita per compiacere e per divertire
coloro che riuscivano a comprendere gli intenti dell’architetto. La vivacità artistica utilizzata
nei prospetti esterni viene utilizzata anche per le decorazioni interne, dove vediamo affreschi
e stucchi, talvolta con soggetti erotici o con rappresentazioni che sembrano romper la parete.
La decorazione più spettacolare è sicuramente la Stanza dei Giganti, dove c’è una camera
oscura, con gli angoli smussati.
Loggia voltata a botte che si affaccia sul giardino: ci sono gruppi di quattro colonne che
sorreggono una serie di tre archi inquadranti le visuali verso il giardino.
BORROMINI
Borromini sosteneva che la scultura si basasse sulla natura, su Michelangelo e sugli
antichi. Michelangelo rappresentava una fonte di licenze architettoniche; gli edifici
architettonici cui Borromini faceva riferimento non erano quelli classici, come il
Pantheon o il Colosseo, ma episodi più eclettici (edifici desunti da Villa Adriana).
Borromini iniziò la propria attività a San Pietro nel 1620 come intagliatore di pietra
sotto la direzione di Carlo Maderno; lavorò anche sotto il controllo di Bernini nel
Baldacchino. I suoi incarichi, a differenza di Bernini, non gli pervennero dal papa, ma
furono commissioni più umili o più specifiche, come:
- l’ordine povero spagnolo dei Trinitari scalzi
- l’ordine degli Oratoriani
- l’università di Roma.
Il suo primo incarico indipendente è del 1634, ovvero la CHIESA DI SAN CARLO
ALLE QUATTRO FONTANE per l’ordine dei Trinitari Scalzi. Il progetto di
Borromini prevedeva la costruzione della chiesa e del monastero. I profondi cassettoni
alveolati si ispirano probabilmente a quelli del mausoleo di Santa Costanza del IV
secolo. Borromini attirò l’attenzione sulla propria chiesa rifiutando il colore
all’interno, che appare prevalentemente grigia: la policromia era estranea al suo
linguaggio. L’originalità della chiesa colpì i contemporanei. La facciata ondulata
venne completata solo dopo la morte del suo architetto. Il contrasto tra forme concave
e convesse determina la composizione dell’intera facciata. L’uso di due ordini giganti
con colonne di uguale altezza ad ogni piano riprende i Palazzi Capitolini di
Michelangelo.
La facciata di San Carlo era stata anticipata nella facciata curvilinea
dell’ORATORIO DEI FILIPPINI, uno dei principali ordini dopo la controriforma. I
mattoni in questa facciata sono perfettamente allineati e seguono la tecnica usata
nell’età imperiale.
Nella CAPPELLA DEI RE MAGI AL COLLEGGIO DI PROPAGANDA FIDE
gli pseudo costoloni della volta si intrecciano in diagonale in tutto il soffitto.
Un’altra grande prova della propria ingegnosità Borromini la dà nella CAPPELLA
DI SANT’IVO ALLA SAPIENZA annessa all’università di Roma. La pianta è
composta da due triangoli equilateri sovrapposti che formano una stella a sei punte,
simbolo della Sapienza. Borromini aggiunge tre absidi semicircolari, così che la
pianta sembra un triangolo con tre absidi. Questa pianta viene ripresa dal cornicione
interno che si staglia sulla cupola direttamente impostata su di esso senza il
tradizionale tamburo. Il lanternino esterno termina in una forma sconcertante: una
rampa a spirale, come la torre di Babele, conclusa da un serto d’alloro ardente che
sostiene una gabbia di ferro ricurva.
Un’altra opera romana di Borromini è la CHIESA DI SANT’AGNESE A PIAZZA
NAVONA. Il rinnovamento di questa piazza fu voluto dal papa Innocenzo X, che, di
famiglia Pamphily, aveva qui il proprio palazzo di famiglia. La forma allungata della
piazza è dovuta al fatto che questa in origine era un circo. Il papa desiderava che la
piazza fosse dominata da una nuova chiesa, Sant’Agnese in Agone, di cui affidò il
progetto a Carlo Rainaldi e a Girolamo Rainaldi. Il primo progetto prevedeva una
pianta a croce greca. Borrromini subentrò dopo di loro e rimodellò completamente la
facciata, creando un ampio fronte concavo che forma una controcurva all’altezza de
tamburo della cupola. L’edifico è accompagnato da due poderosi campanili.
PIETRO DA CORTONA
Il suo nome originale è Pietro Berrettini. La sua formazione avviene innanzitutto
come pittore. Pietro aveva studiato da giovane le statue e i rilievi antichi, e anche
l’architettura di Michelangelo, e la grande arte di Raffaello e Caravaggio.
La sua prima opera di rilievo è VILLA SACCHETTI DEL PIGNETO vicino
Roma, oggi distrutta. Era situata lungo il pendio della collina e vi si accedeva
tramite un sistema di scale e terrazze che conducevano all’esedra di ingresso. La
disposizione di queste rampe si rifaceva al tempio della fortuna di Palestrina.
L’enorme nicchia all’ingresso richiamava inoltre il Belvedere di Bramante.
La principale opera architettonica di Pietro da Cortona, commissionatagli dal
cardinale Francesco Barberini, è la CHIESA DEI SANTI LUCA E MARTINA
posizionata in punto privilegiato del foro romano, vicino all’arco di Settimio
Severo. La parte centrale della facciata segue una curva convessa. Le colonne
sono incassate nel muro convesso nello stesso modo concepito da Michelangelo
nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana. L’interno è a croce greca con quattro
bracci chiusi a semicerchio. Pietro non arricchì l’interno di stucchi o statue, come
invece avrebbe fatto Bernini
Con l’ascesa al soglio pontificio di Alessandro VII Chigi nel 1655, Pietro da
Cortona, dopo un intervallo in cui si dedicò alla pittura, riprese le vesti di
architetto per realizzare due splendide facciate di chiese.
SANTA MARIA DELLA PACE è la chiesa dove è riposta la cappella della
famiglia Chigi, costruita da papa Sisto IV. La nuova facciata con il portico
semicircolare a colonne tuscaniche di travertino celebra la chiesa come tempio
della pace (la chiesa venne costruita per commemorare la pace tra i Medici e il
papato). L’elemento di novità è il modo in cui l’architetto estende il trattamento
architettonico agli edifici adiacenti, in modo da ricreare un teatro all’aperto. Pietro
fu costretto a distruggere diverse case per realizzare questa piazzetta.
Pietro da Cortona si dedicò anche alla CHIESA DI SANTA MARIA IN VIA
LATA di cui l’architetto restaurò la cripta.
L’architettura di Pietro da Cortona fu profondamente influenzata dall’antichità.
Questa sua passione dovrebbe farci capire che l’arte barocca non è anticlassica.
Ne è un esempio la costruzione delle due chiese gemelle in Piazza del Popolo, che
sono precedute da portici a colonne con frontone che richiama i templi antichi.
GUARINI, JUVARA E VITTONE IN PIEMONTE
Roma era sicuramente il centro artistico più importante d’Italia e d’Europa;
tuttavia diverse regioni italiane iniziano a sviluppare una propria versione di
barocco. Una delle regioni che offrì gli esperimenti più compiuti fu il
Piemonte. Il Piemonte era anche una potenza europea sotto il controllo dei
Savoia. Torino in questo senso fu investita dalla volontà di rinnovo urbano nel
corso del XVII secolo. La città segue le novità del barocco ma mantiene il
proprio assetto a scacchiera, derivato dalla fondazione romana.
Nel 1663 Carlo Emanuele II chiamò a Torino GUARINO GUARINI uno dei
più importanti architetti del periodo barocco. Guarini non aveva ricevuto una
formazione specifica di architetto: era membro di uno dei nuovi ordini nati con
la Controriforma, ovvero i Teatini. Studiò teologia, filosofia e matematica a
Roma e divenne anche professore di filosofia. Studiò con attenzione le opere
di Borromini che influenzarono alcune sue opere sparse per l’Europa
(Lisbona, Messina, Parigi).
Nel DUOMO DI TORINO, Guarini sostituì Amedeo di Castellamonte per la
costruzione della cappella della Sindone, una reliquia pregiatissima posseduta
dai Savoia. I piani superiori di questa cupola traforata (1667-1690) sono
formati da sei ordini, di dimensioni gradatamente più ridotte, di archi appiattiti
simili a costoloni posti uno sull’altro, ognuno dei quali incornicia una finestra
ad arco di cerchio.
La CHIESA DI SAN LORENZO A TORINO è a pianta quadrata ma ha uno
spazio centrale circoscritto da otto lati convessi sui quali si apre un ampio arco
a serliana.
Alla morte di Guarini seguì a Torino una fase di stasi nell’attività costruttiva
finché non salì al trono Vittorio Amedeo II di Savoia. Nominò architetto di
corte FILIPPO JUVARA siciliano di origine che godeva di grande fama per
essere stato allievo di Carlo Fontana. Juvara fu un architetto prolifico che
realizzò palazzi reali e case signorili, chiese e nuove strade di Torino.
Completò la trasformazione di Torino che passò ad essere capitale del regno, e
non più semplice capitale ducale. Nel 1718-1721 fu impegnato nella
ristrutturazione di PALAZZO MADAMA e realizzò per esso uno dei più
importanti scaloni d’Italia
Gli effetti chiaroscurali e scenografici dell’architettura di Juvara furono il
risultato della sua lunga attività di architetto per il cardinale Ottoboni a Roma.
La nuova CHIESA DEL CARMINE A TORINO (1732-35) è un esempio
del suo controllo della luce.
Il capolavoro di Juvara è la BASILICA DI SUPERGA, chiesa-mausoleo per
la casata dei Savoia e anche monastero; si trova fuori Torino posizionata in
alto su una collina. La chiesa è una splendida reinterpretazione del Pantheon in
versione barocca; presenta un enorme pronao con colonne corinzie. Il pronao è
a pianta quadrata e si trova davanti al cilindro coperta a cupola della navata.
Lateralmente sporgono due enormi campanili, come nella chiesa di
Sant’Agnese di Borromini. La sommità dei campanili è decisamente di tipo
austriaco.
L’eclettismo di Juvara trova espressione nella PALAZZINA DI CACCIA A
STUPINIGI. La pianta è a X.
LONGHENA A VENEZIA
Nell’architettura veneta vennero scoraggiati nuovi esiti barocchi, a causa della forte influenza
che avevano esercitato Palladio e Scamozzi. Vi fu solo un architetto che arrivò a delle
soluzioni barocche, ovvero BALDASSARRE LONGHENA, allievo di Scamozzi. La sua
opera più importante è la CHIESA DI SANTA MARIA DELLA SALUTE eretta per volere
del Doge e del Senato durante la pestilenza del 1630. La chiesa è ottagonale e a pianta
centrale; vi è una cupola emisferica appesantita da dodici massicci contrafforti barocchi a
volute, detti orecchioni da Longhena. La chiesa è dedicata a Maria come Regina Coeli. La
statua di Maria circondata da stelle appare sulla sommità della cupola. La chiesa di Longhena
è un ottagono regolare circondato da un peribolo (recinto sacro), che non trova precedenti
nell’architettura rinascimentale o barocco, ma negli edifici paleocristiani e bizantini. Ci sono
delle arcate che circondano il corpo centrale ottagonale e attraverso di esse si irradiano
scenografiche fughe. Questa soluzione mette in evidenza la conoscenza di Longhena della
scenografia teatrale, come quella fissa al Teatro Olimpico di Vicenza, dove un proscenio ad
arco trionfale incornicia una veduta prospettica lungo una strada immaginaria.
Il motivo dell’arco di trionfo domina la parte centrale della chiesa. L’influenza di Palladio è
avvertibile in diversi aspetti della chiesa:
- Limpido interno
- Colonne su alti piedistalli
- Scelta cromatica di uno sfondo imbiancato che contrasta con gli elementi portanti
in pietra grigia
- Rapporto armonioso e proporzionato tra le parti della chiesa
- Prospetti delle due cappelle laterali
Santa Maria della Salute è una ambiziosa fusione dello stile palladiano e veneziano;
Longhena imposta nell’edificio le proprie predilezioni per la scenografia barocca.
L’architettura civile di Longhena, soprattutto CA’ REZZONICO e CA’ PESARO è
caratteristica dei palazzi veneziani del XVII e XVIII secolo. Hanno come modello palazzo
Corner di Sansovino.
BAROCCO IN FRANCIA (LE VAU, HARDOUIN-MANSART E VERSAILLES)
In Francia il barocco non ha visto una diffusione così capillare come in Italia e in Germania;
tuttavia proprio il progetto di Versailles affascinò l’Europa intera e proprio qui nacque il
Rococò, l’ultima fase del Barocco.
I principali architetti responsabili della creazione della fantastica residenza di Luigi XIV
furono LOUIS LE VAU e JULES HARDUIN-MANSART.
La prima opera importante di Le Vau, figlio di un capomastro parigino, fu l’HOTEL
LAMBERT iniziato nel 1640 per un ricco finanziere. Le Vau dimostra il proprio
talento per le costruzioni scenografiche: la facciata del palazzo è curvilinea. Vi è un
altro palazzo vicino, HOTEL DE LAUZUN, riccamente decorato. Era l’abitazione di
un banchiere che si era arricchito grazie alla complicità con Mazzarino. L’intero è
interamente decorato. Vi fu una collaborazione stretta tra Le Vau e Le Brun, che
avevano progettato insieme la Gallerie d’Apollo del Louvre. Fu Colbert, ministro di
Luigi XIV a commissionare a Bernini un progetto per il palazzo francese. Bernini
raggiunse la capitale francese in grande pompa, essendo il più grande artista d’Europa
di quel tempo. Offrì dei progetti audaci che furono rifiutati, e nel 1667 Luigi XIV
nominò una commissione di tre membri per redigere dei progetti alternativi, e questa
commissione era composta da:
- Le Vau, primo architetto
- Le Brun, primo pittore
- Claude Perrault
Quest’ultimo era un architetto dilettante. Egli aveva curato un’edizione del testo di
Vitruvio, pubblicata per la prima volta nel 1673, ed era stata discussa per via delle
illustrazioni che mostravano edifici antichi restaurati. Sosteneva un’architettura
austera, ricca di trabeazioni, dove erano le colonne a sostenere il peso, e non le masse
murarie dei romani. Questo tipo di architettura trovò piena espressione nel FRONTE
ORIENTALE DEL LOUVRE (1667-1674), quasi sicuramente costruito secondo un
modello di Perrault. L’edificio stupiva per vari aspetti:
- Aspetto austero e nobile
- Rifiuto di arricchire eccessivamente la parte frontale
- Tono antico conferito dal peristilio
Gli interessi di Luigi XIV si spostano dal Louvre a Versailles, a pochi chilometri dalla
capitale. Nel 1661 incaricò Le Vau di ampliare e rimaneggiare la palazzina di caccia fatta
costruire dal padre del Re Sole; l’architetto realizzò verso il parco una nuova e bella fronte a
25 assi, con avancorpi a colonne che ne rompono la monotonia. Caratteri del fronte
occidentale verso il giardino:
- Severa massa parallelepipeda
- Andamento orizzontale
- Austeri ordini di colonne doriche
Sono motivi che già erano presenti nell’architettura del Louvre. L’opera di Le Vau a
Versailles era pervasa dal classicismo, anche se la visione di insieme venne meno quando si
aggiunse al cantiere Hardouin-Mansart che costruì la Galleria degli Specchi.
URBANISTICA
ROMA
Padre dell’urbanistica moderna fu SISTO V che nel XVI secolo riprogettò
Roma aprendo grandi strade dalla funzione scenografica. L’arte barocca del
XVII secolo suggerisce la metafora del mondo come palcoscenico. I
progettisti adottarono gli stessi espedienti teatrali impiegati per processioni e
feste, tanto in quelle religiose che in quelle civili.
Vi è un gruppo di incisioni realizzate per papa Alessandro VII che prende il
nome di IL NUOVO TEATRO DI ROMA MODERNA. Fu papa Alessandro
VII a commissionare a Bernini la costruzione di un enorme porticato in Piazza
San Pietro, una sorta di palcoscenico per la rappresentazione pontificia.
Un’altra importante opera di rinnovo urbano fu quella affidata da papa
Alessandro VII a Carlo Rainaldi di sistemare Piazza Del Popolo in una
scenografia memorabile, che potesse colpire coloro i quali entravano da nord a
Roma. Questo tipo di pianificazione rimase un modello fino al XIX secolo,
quando la grandiosità delle strade di Roma fu superata dal programma di
rinnovamento affidato ad Haussmann.
Più raccolta rispetto a Piazza del Popolo, ma non meno scenografica, è Piazza
Sant’Ignazio a Roma, progettata da Filippo Raguzzini (1727-1735). Le
facciate ellittiche dei cinque edifici che circondano la piazza sembrano la
quinta teatrale di un palcoscenico.
Un’altra operazione interessante è quella della costruzione del porto di Ripetta
a Roma, affidata ad Alessandro Specchi; è un importante progetto perché è
l’unico ad includere il Tevere nel complesso di scenografia.
Nel 1723 Alessandro Specchi partecipò, senza vincere, al concorso per la
Scalinata a Trinità dei Monti, che si innalza da Piazza di Spagna fino alla zona
sopraelevata dove sta la chiesa. La chiesa era di proprietà francese, e questo
creò delle rivalità tra papato e corona francese. L’opera di Specchi influenzò il
progetto del vincitore, ovvero Francesco De Sanctis, che realizzò una scalinata
di oltre 100 scalini, una sorta di piazza in pendenza.
L’apertura di nuove e grandi strade a Roma nel XVI e XVII secolo divennero
un modello, perché stabilirono la regola per cui le strade dovessero essere
rettilinee, fiancheggiate da edifici uniformi e concludersi con un monumento
che attirasse l’attenzione. Si diffuse così in Europa la pratica di aprire strade
rettilinee.
VERSAILLES
La soluzione di far convergere tre strade in diagonale verso una piazza (la
soluzione adottata a Roma a Piazza del Popolo) venne ripresa nel piano della
città di Versailles di Le Andre, Le Notre e Le Vau. Entro il 1668-69 vennero
realizzati tre grandi viali alberati che convergevano verso la piazza antistante
il castello, dove nel 1682 Luigi XIV trasferì la corte e il governo di Parigi.
I viali ad impianto radiale di Versailles furono adottati anche vicino a Madrid,
ad Aranjuez, progettata da due ingegneri francesi per conto di Filippo V di
Spagna e furono riproposti ancora su scale più monumentale a San
Pietroburgo.
A Versailles si ispirarono anche i progetti di residenze principesche all’interno
di città
VAUBAN E LA CITTA’ FORTIFICATA
SEBASTIEN LE PRESTE, MARESCIALLO DI VAUBAN, ingegnere
militare francese, realizzò oltre 120 fortezze, affrontando per la prima volta su
base nazionale il problema della difesa della Francia. Vauban ebbe anche un
ruolo importante nella progettazione del territorio, con città lungo le frontiere.
Vauban prevedeva fortificazioni geometriche a stella, su una pianta a griglia
con al centra una grande piazza aperta.
LA PLACE ROYAL
La place royal, chiamata così da una statua del re, era tipica in Francia nel
XVII secolo. A Parigi erano già presenti due piazze reali, ma Luigi XIV ne
aggiunse una terza (Place Vendome, Piazza di Luigi il Grande), voluta nel
1685 come la piazza più grande di Parigi. La piazza di Luigi il Grande era
fiancheggiata da edifici importantissimi come:
- Accademie reali
- Zecca di Stato
- Biblioteca reale
La piazza era concepita per la celebrazione dei successi militari e culturali
francesi. Il progetto, dopo che venne interrotto, venne ripreso da JULES
HARDUIN-MANSART e la piazza nel 1700 venne trasformata in un complesso
residenziale per i finanzieri di Parigi. La place royal fu riproposta come modello
in altri paesi, ad esempio in Danimarca a Copenaghen o a Bruxelles.
CHRISTOPHER WREN A LONDRA
Il principale piano urbano per l’Inghilterra barocca fu redatto da
CHRISTOPHER WREN per la città di Londra. Il progetto venne presentato a
Carlo II, dopo che l’incendio della città nel 1666 aveva devastato la città.
Wren si ispirò alla Roma pontificia, conosciuta attraverso dei disegni. Qui,
come a Berlino e Versailles, notiamo il concorso di architettura del paesaggio
e architettura urbana. Wren inserì anche delle banchine lungo il Tamigi,
com’era a Parigi. Il progetto prevedeva di combinare insieme un reticolo
rettangolare con ampi viali diagonali, e per questo risultava complesso. Il
progetto di Wren non venne realizzato.