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La storia che vi racconto oggi parte dalla Firenze del Quattrocento, nel
suo periodo d’oro. Una città con un nuovo destino intellettuale deciso da
Cosimo il Vecchio. Sono gli anni nei quali l’intervento geniale della
cupola del Brunelleschi obbligò la città a decorare tutto l’edificio e a
inventare una serie di opere completamente innovative nell’architettura.
Sono gli anni in cui si affaccia all’onor di cronaca Leon Battista Alberti,
architetto, pittore, scultore e scrittore. Forse il teorico d’arte più
importante del rinascimento. Figlio illegittimo di un banchiere fiorentino
esiliato, Alberti nacque a Genova nel 1404. Studiò a Padova e
all’università di Bologna, e fu un apprezzato latinista. Pensate che a
vent’anni scrisse una commedia in latino, ritenuta e acclamata come una
scoperta di età romana.
Dopo gli studi, Alberti visse a Roma per gran parte della sua vita, ma
viaggiò molto ed ebbe stretti contatti con gli artisti fiorentini più
all’avanguardia dell’epoca, in particolare Brunelleschi. Alla corte di papa
Eugenio IV, che seguì nelle varie tappe del suo pontificato, ebbe
numerosi incarichi e poté godere di notevoli benefici ecclesiastici. Giunto
a Firenze, Alberti divenne intellettuale nella città degli intellettuali, dove
operava anche Marsilio Ficino, filosofo e umanista. Platone sta per
essere sdoganato alla cristianità esattamente come due secoli prima era
stato sdoganato il pensiero di Aristotele grazie a san Tommaso. La città
è di chi pensa, discute e scrive. Proprio con la scrittura, in effetti, Alberti
ebbe molto da dire.
Leon Battista Alberti scrisse su una vasta quantità di argomenti. Il De
pictura è il suo primo trattato artistico; il De re aedificatoria è invece un
ampio scritto sull’architettura; De statua è un breve trattato sulla scultura.
Il De re aedificatoria ha però un primato aggiuntivo: terminato nel 1452,
nel 1485 divenne il primo libro stampato di argomento architettonico. In
tutti i suoi scritti Alberti abbandonò la visione medievale per cui l’arte era
considerata espressione simbolica di verità teologiche. Mise invece al
centro il fondamento razionale delle arti e la necessità per l’artista di
avere un’ampia conoscenza di base che spaziasse dalla storia, alla
poesia, alla matematica.
Alberti si avvicinò gradualmente all’architettura, anche se non diresse
mai di persona l’esecuzione dei suoi progetti, interessandosi soprattutto
alla loro ideazione. Così, circa nel 1443, dava consigli per la costruzione
del campanile del Duomo di Ferrara e per l’Arco del Cavallo
(monumento a Nicolò III d’Este). Al 1450 circa risale il suo primo lavoro
effettivo come architetto. Si tratta della risistemazione esterna della
chiesa di san Francesco a Rimini, ora noto come Tempio Malatestiano.
All’epoca Alberti era un cinquantenne, massimo teorico dell’arte, che non
aveva ancora costruito nulla, ma diventerà il prototipo dell’artista
intellettuale moderno.
A Rimini la situazione archeologica è simile a quella di Roma, anche se
in scala ridotta; basti pensare alla via Flaminia con l’Arco di Augusto.
Sempre a Rimini si trova il ponte di Augusto e Tiberio del I secolo. Era
quindi facile avere l’antico sotto gli occhi in questa città e Alberti usò tutti
questi riferimenti per il Tempio Malatestiano. Impresse all’esterno un
poderoso senso di romanità. Nella facciata tre grandi archi, ispirati a
quello d’Augusto, e le colonne sorgenti da un alto stilobate; in cima, un
ampio nicchione; in ciascun fianco, sempre sullo stilobate, una serie di
nicchie. Il monumento rimase incompiuto: la parte alta della facciata non
fu portata a termine e la cupola, che doveva sorgere all’incrocio del
transetto con la navata, non fu mai nemmeno cominciata.
PALAZZO RUCELLAI
Leon battista Alberti arriva Mantova grazie al suo ruolo di membro della
famiglia pontificia, in questo caso è al seguito di papa Pio II, il quale nel
1460 decide di indire una dieta che si svolge a Mantova per promuovere
una nuova crociata. A Mantova troviamo Ludovico Gonzaga, il quale ne
approfitta e ottiene da parte del Papa dei finanziamenti per riqualificare
la propria città.
La chiesa di San Sebastiano nasce come ex voto, nel senso che i signori
di Mantova, poiché la sua città è soggetta a pestilenze, chiede a San
Sebastiano di far sì che la sua città non venga colpita dalla peste mentre
si svolge questa manifestazione, quindi si decide di realizzare questo
piccolo edificio che però rispetto ad alcuni precedenti a cui questo
edificio si ispira si colloca, dal punto di vista dimensionale, in una
posizione nuova (in quanto in pratica è un quadrato di 16 m di lato).
Elemento caratteristico di questo edificio religioso è il fatto che si
posiziona su una basamento, in quanto Leon battista Alberti colloca a
livello del terreno una cripta su cui poi fa sorgere l'edificio religioso vero
proprio (le due scale vennero aggiunte nel 1919, in realtà l'accesso
originario era laterale). La presenza di questa cripta collocata al piano
terra svolge il vero proprio luogo di cripta ma anche un ruolo molto
importante nel caso di alluvione perché impedisce all'acqua di arrivare al
livello della chiesa vere propria (infatti questa era una regione soggetta
questo tipo di calamità), tra l'altro nel suo trattato Leon battista Alberti
promuove il fatto che gli edifici religiosi siano posti su di un podio.
Dal punto di vista dell'articolazione della pianta notiamo come questo
edificio anche strutturalmente richiama due grandezze, che sono la
sagrestia vecchia e la cappella pazzi di Brunelleschi, molto più vicina è
la risoluzione della cappella pazzi perché analogamente esiste uno
spazio centrale a cui si affiancano degli spazi laterali voltati a botte, che
servono dal punto di vista costruttivo a sostenere la cupola che copre
questo grande spazio centrale; infatti la chiesa di San Sebastiano a
Mantova, per le sue dimensioni, si può considerare come prima edificio a
pianta centrale che adotta e sfrutta i sistemi costruttivi introdotti da
Filippo Brunelleschi per risolvere questioni di tipo statico relativo alla
copertura.
Sappiamo attraverso un disegno del 500 di Antonio Labacco possiamo
avere un'idea di come dovesse essere l'alzato di questo edificio, notiamo
infatti che si conclude in maniera molto diversa; interessante è il fatto
che il timpano in corrispondenza dell’ingresso principale sia spezzato e
anche qui abbiamo una citazione perché è Leon Battista Alberti che cita
se stesso per la soluzione che probabilmente immaginava per il tempio
malatestiano. In realtà dal punto di vista architettonico questa è una vera
e propria architettura concepita completamente da Leon battista Alberti,
anche se il cantiere fu di fatto seguito dal suo aiuto che in questo
momento Luca Fancelli.
L’ambiente interno è molto scabro ed è in parte troviamo una citazione di
Filippo Brunelleschi nel voler sottolineare le linee degli archi
PIERO DELLA FRANCESCA
IL BATTESIMO DI CRISTO
Sul fondo si scorgono dei farisei. Uno di loro, il più vecchio, indica il cielo
con il braccio destro, puntando alla colomba sospesa sul Cristo. Questo
suo gesto è enfatizzato dalla posizione parallela della gamba.
Altri studiosi hanno diversamente interpretato i tre angeli, uno dei quali è
vestito di bianco, rosso e blu (colori divini e trinitari), come l’allegoria
della Trinità; essi incarnerebbero, da sinistra, il Padre, lo Spirito Santo e
il Figlio. Piero avrebbe dunque scelto l’iconografia bizantina della Trinità
basata sull’apparizione dei tre angeli ad Abramo alle querce di Mamre, e
che il pittore russo Andrej Rublëv aveva magistralmente proposto, pochi
anni prima, in una delle sue più celebri icone. D’altro canto, l’ultimo
angelo è parzialmente coperto dall’albero che riconosciamo come un
noce, pianta che tradizionalmente simboleggia il Cristo
LA FLAGELLAZIONE
Fuori dal portico l'architettura non ricorda quella classica, ma più quella
di una cittadina umbra del 400 proprio come Urbino: palazzetti con logge
e pavimento in cotto con riquadri, tipica delle piazze. La torre Bianca,
poi, ricorda il campanile del Duomo di Ferrara.
Dei tre personaggi in primo piano, quella sinistra col cappello, la barba è
un abbigliamento orientale con versa con un uomo che gli sta di fronte,
che sembra essere molto ricco, con un abito prezioso. Tra di loro un
giovane scalzo porta una semplice veste rossa, lo sguardo dritto di
fronte a sé ed è perso nel suo mondo.
Lo spazio del disegno aiuta ad “Unire” Le due parti del dipinto, grazie la
tecnica della prospettiva con un punto di fuga centrale che accentua la
visione unitaria dello spazio.