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BORROMINI

Francesco Castelli più conosciuto come Borromini, architetto dalla personalità geniale e
tormentata, nacque a Bissone, sul lago di Lugano, il 25 settembre del 1599.

Scalpellino presso la Fabbrica del Duomo di Milano, si trasferì in seguito a Roma,


dove partecipò alla Fabbrica di S. Pietro fin dal 1619, guidata all'epoca da Carlo
Maderno. Qui ebbe modo di studiare le opere antiche e quelle di Michelangelo, da
allora grande modello dell'artista.

Borromini era quasi esattamente coetaneo del Bernini, ma né è il grande


antagonista, non soltanto per la rivalità naturale della carriera, quanto per la diversa
concezione artistica, anche se entrambi sono espressione del barocco romano.
Borromini per le sue origini porta con sé a Roma una cultura religiosa settentrionale,
legata al rigore ascetico, al punto da essere anche bersaglio di qualche accusa di eresia.
Bernini è estroverso, crede nel valore universale della sua opera si sente interprete
del trionfo della chiesa cattolica, che rende attraverso la grandiosità delle sue opere, in
una apoteosi di forme luci, di colori, di volumi e di spazi.

Borromini è introverso, scontroso, la verità che per Bernini scende dall’alto, per lui
è ricerca dubbiosa che parte dal basso, dall’intimità di ognuno di noi. In questo
potrebbe essere accostato a Caravaggio, dal quale si differenzia perché non affronta il
problema della realtà umana in tutta la sua violenza.

Il suo linguaggio è sommesso, i suoi spazi sono limitati, invece di usare materiali
nobili, come marmo, bronzo, usa materiali poveri come i mattoni e l’ intonaco. Bernini è
l’artista ufficiale della corte pontificia, Borromini è l’artista degli ordini monastici,
chiusi e rigorosi, dall’animo penitente, e la sua carriera è piena di amarezze e
delusioni, a parte un breve periodo durante il pontificato di Innocenzo X a seguito della
morte di Bernini, e infatti nel 1667 in una crisi di sconforto si toglie la vita
trafiggendosi con la spada. La prima attività del Borromini è come scalpellino, che gli
consente di allenarsi nella pratica di plasmare la materia, nel sottoporla alla propria
volontà.

Alla morte di Maderno fu aiuto del Bernini nella costruzione del Baldacchino di San
Pietro (che tuttavia è noto solo come "baldacchino del Bernini"). Trovatosi da subito in
contrasto con Bernini, cominciò la sua attività autonomamente con la realizzazione
del progetto per la chiesa e il chiostro di San Carlo alle Quattro Fontane detta il San
Carlino.

Negli stessi anni eseguì i lavori di ammodernamento di Palazzo Spada e Palazzo


Falconieri. Nel 1637 iniziò la costruzione dell'Oratorio e del Convento dei Padri
Filippini che terminò solo 1649, utilizzando come era solito superfici concave e 2
convesse alternate (che rappresentano una caratteristica tipica del pensiero

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architettonico di Borromini), che proiettano all'esterno le tensioni dinamiche
dell'interno.

Tra il 1642 e il 1660 Borromini realizzò invece la chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza.
L'interno è a pianta centrale formato da due triangoli equilateri che si intersecano, e
tre absidi e tre nicchie che si alternano, generando un motivo planimetrico che non
era mai stato impiegato prima.

Lo stesso equilibrio compositivo si può ritrovare all'esterno, nel tiburio che copre al
cupola e nella lanterna.

Nel 1646 ricevette da Papa Innocenzo X gli diede l'incarico di trasformare la chiesa di
San Giovanni in Laterano.

Borromini conciliò l'esigenza di conservazione dell'antica basilica, con i problemi di


carattere statico che si erano venuti a creare, inglobando coppie di colonne all'interno di
ampi pilastri. Nel 1657 Innocenzo X decise di esonerare l'architetto dai suoi incarichi
per i dissapori nati per la costruzione della chiesa di Sant'Agnese in piazza Navona. Da
questo momento, cominciarono anni di crisi che non terminarono nemmeno con la
realizzazione del Collegio di Propaganda Fide.

Borromini ci viene descritto come una persona solitaria, impulsiva, melanconica e


dal carattere molto irascibile. In vita, sofferse molto della rivalità col Bernini, più
solare e predisposto ai rapporti umani, anche se, sul piano della carriera e della
considerazione, Borromini riuscì pur sempre a godere del mecenatismo di papa
Innocenzo X. Ma il suo carattere depressivo, e la crescente frustrazione che gli
derivava dai successi del rivale, oltre ad una serie di eventi negativi (come appunto
la diatriba con Innocenzo X), lo spinsero al suicidio. Fu infatti trovato morto a Roma
il 3 agosto 1667, dopo essersi gettato contro una spada. Ha scritto Bruno Zevi in
"Attualità di Borromini" (L'architettura cronache e storia 519, gennaio 1999): "Il caso
Borromini è specifico e irripetibile: consiste nello sforzo eroico, quasi sovrumano,
di effettuare una rivoluzione architettonica in un contesto sociale chiuso e
indisponibile malgrado i nuovi indirizzi della scienza. L'appiglio al tardo-antico, al
gotico, a Michelangelo non era soltanto un tentativo di legittimare l'eresia sotto una
copertura di riferimenti autorevoli, ma anche un modo intimo, disperato, di cercare un
interlocutore.”

Sant’Ivo alla Sapienza

Sant’Ivo alla Sapienza è una piccola chiesa, collocata in fondo al cortile di Palazzo
della Sapienza , Corso Rinascimento a Roma.

Passando su corso Rinascimento nei giorni feriali, in fondo al cortile del palazzo della
Sapienza, cuore barocco dell'edificio cinquecentesco, si può vedere Sant’Ivo alla
Sapienza una piccola chiesetta, caratterizzata da un originale campanile a spirale che

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svetta alto nel cielo di Roma, e si riconosce al primo colpo d'occhio tra cupole, obelischi
e campanili. Quella di Sant'Ivo è sicuramente una delle cupole più belle di Roma: altre,
siano esse immense o poderose non reggono il confronto per eleganza e originalità. Viene
avvistata immediatamente dagli scorci panoramici sulla città non passando mai
inosservata e suscitando sempre la curiosità di chi non la conosce bene, seppure si trovi
nel pieno centro cittadino a due passi da piazza Navona e da Palazzo Madama, sede del
Senato della Repubblica.

Su Corso Rinascimento si apre l’entrata al cortile del cinquecentesco palazzo della


Sapienza iniziato su progetto di Guidetto Guidetti e di Pirro Ligorio nel 1562 e terminato
nei primi anni del Seicento. Era posta qui l’antica sede dello Studium Urbis, l’Università di
Roma fondata da papa Bonifacio VIII nel 1303. Quando l’Università fu trasferita nella
moderna Città Universitaria nel 1935, qui si insediò l’Archivio di Stato di Roma che
conserva tutti i documenti riguardanti la città per l’intero arco della vita dello Stato
Pontificio, dal IX secolo al 1870.

Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza - Francesco Borromini - 1642 – 1660

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La chiesa era quindi la cappella dell’antica università romana la sua costruzione
deriva dall'iniziativa di Urbano VIII, che chiese al Borromini di completare il palazzo della
Sapienza, sede dell'Università, con una chiesa dedicata a Sant'Ivo, protettore degli
avvocati. Dopo aver terminato il completamento del palazzo, Borromini mise mano al
tempio nel 1643, ma ci vollero altri diciassette anni per vedere ultimata l'opera. Nel 1660
papa Alessandro VII Chigi consacra ufficialmente l'edificio, uno straordinario esempio di
originalità architettonica, frutto dell'innata capacità di Borromini nella creazione di nuovi
modelli decorativi, dove si combinano suggestioni e memorie, archetipi e simboli di
provenienza diversa.

Le condizioni esistenti nel complesso dell'intervento urbanistico richiesero una struttura


centralizzata, inserita alla fine di un lunghissimo cortile esistente.

Il Borromini non fu soddisfatto di adottare tradizionali metodi di progettazione quali


l’ottagono o la croce greca ma inventò uno dei più originali organismi nell'intera
storia di strutture architettoniche. Sant'Ivo, in verità, ci fa ricordare le sue parole piene
d’orgoglio: "Non mi sarei messo à questa professione al fine d'esser solo copista".
Lo straordinario disegno della piccola chiesa fu quello di una stella composta da
due triangoli equilateri, intersecandosi a 180 gradi rispetto all’asse principale
longitudinale dell’edificio, che fu leggermente più lungo che largo, con una piccola
navata centrale.

La pianta stellare derivò dalla stilizzazione dell’ape, emblema della famiglia


Barberini, È necessario far notare che le sei pareti della chiesa così formatasi
furono concepite come alternate figure geometriche, concave e convesse, con
colonne che si diramano dalle fondazioni fino alla lanterna, sulla sommità della
cupola.

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Pianta della Chiesa e cortile dell'Università della Sapienza

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Piante della chiesa con in evidenza i due triangoli equilateri e i dodici angoli di 30
gradi al centro della chiesa ed il cerchio centrale che delimita le pareti concave e
convesse. E la stilizzazione dell'ape.

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Immagini della pianta di Sant'Ivo e della cupola vista dall'interno

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La pianta di Sant'Ivo fu sviluppata intorno ad un esagono. Le sei punte dell’esagono
furono caratterizzate quali i principali elementi strutturali, avendo doppi pilastri, mentre
le parti concave e convesse sono caratterizzate da singoli pilastri. E, infatti, questi angoli
con i pilastri si innalzano verticalmente in modo tale da sopportare il peso della lanterna,
mentre si definisce una larga cornice intorno alle finestre della cupola. L’invenzione
basilare di Sant'Ivo, comunque, fu l’idea di ottenere una continuità verticale della
complessa forma della pianta del pianoterra, senza interruzioni fino alla cupola. La
cupola, quindi, perse la caratteristica tradizionale di una forma familiare o di una
chiusura statica. Sembra, piuttosto, che si vada attraverso un costante processo di
espansione e contrazione; un processo che gradualmente finì col fermarsi verso il
cerchio sotto la lanterna.

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Interno di Sant'Ivo alla sapienza con il particolare della cupola

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Anche all’esterno si ripetono l’avvicendamento di concavità e convessità e la forma
triangolare, questa volta nell’alzato invece che in pianta, forse qui più evidente che
nell’interno. Come per la pianta si pensa sia stata ripresa la forma triangolare definita
dalla posizione delle api nello stemma della famiglia Barberini, la stessa cosa si
ritrova nell’alzato, e si farebbe coincidere il pungiglione dell’ape nell’acuta guglia
della lanterna che sovrasta la cupola.

Sant’Ivo sorge su uno dei lati minori del cortile del Palazzo della Sapienza, un cortile
cinquecentesco realizzato da Giacomo della Porta, è un cortile caratterizzato
dall’andamento rettilineo del doppio ordine tuscanico e ionico, un alternarsi al piano
terra e al primo di archi a tutto sesto.

Si pensa che Borromini avesse demolito il lato più corto del cortile per inserirvi la
Chiesa, alcuni documenti al contrario ne evidenziano già la presenza nel 1618, prima
della sua realizzazione attribuita a Borromini.

Borromini si inserisce su questa facciata concava, contrapponendovi la struttura


sovrastante convessa, la facciata é concava, sopra di essa il tamburo con
andamento convesso, che si raccorda con la lanterna che sale a spirale, sormontata da
una struttura di stecche curve in ferro sopra la quale si trova la croce.

Questa conclusione è stata paragonata al gioco pirotecnico della girandola che


termina il suo moto vorticoso facendo improvvisamente apparire come per magia
un oggetto in questo caso la croce. Anche Borromini cerca di stupire e meravigliare.
Si è parlato anche di goticismo per la spinta verticale e l’acutezza della guglia.

Il Borromini, inventò un metodo particolare per gestire lo spazio. Con questo metodo,
egli fu capace di risolvere i compiti più svariati e difficili, creando edifici che furono
particolari e generali allo stesso tempo. Fondamentalmente il suo metodo si fondava
sul principio della continuità, indipendenza e variazione. I suoi spazi, di conseguenza,
ebbero un carattere di dinamismo determinato dall’interazione delle forze interiori ed
esteriori, e le pareti diventavano il luogo in cui queste forze si scontravano.
Borromini fece diventare lo spazio stesso qualcosa di vivo e pulsante, esprimendo
la condizione dell’essere umano nel mondo.

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La facciata della Chiesa, compressa nel cortile circondato da due piani di arcate, è
inquadrata da lesene con finestre ad arco a tutto sesto.

Il prospetto interno della chiesa, si basa sul rapporto concavo-convesso tra le


pareti. La facciata della chiesa segue lo stesso modello e lo stesso disegno del
bellissimo cortile disegnato da Giacomo della Porta, mentre la cupola è
incredibilmente innovatrice, innanzi tutto per la forma esagonale del suo alto
tamburo.

Le linee verticali delle colonne del tamburo continuano attraverso la copertura


piramidale della chiesa per raggiungere le sei paia di colonne della lanterna che si
trova alla sommità di una spirale che si disse rappresentasse la Torre di Babele,
mentre altri dicono che rappresentasse il pungiglione di un’ ape.

L'architettura del Borromini nacque dal contrasto fra convenzione e libertà artistica,
egli accettò la tradizione architettonica come un utile esperienza del passato, ma
non necessariamente come una fonte di regole rigide ed immutabili. In altre parole,
come il Bernini disse del Borromini, egli è un “buon eretico”. Il Borromini fu il tipico
prodotto della cultura barocca, e la sua posizione ed importanza seguì molto da vicino gli
alti e bassi di quello stile. Qualunque fosse o ancora sia la popolarità del
“Borrominismo”, esso rappresenterà per sempre una organica continuità di
superfici curve, disegni immaginativi ed originali di lavori in laterizi e un numero

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straordinario di dettagli architettonici. Ancora oggi non è facile classificare l’architettura
del Borromini, contemporaneo del Bernini, che non fu meno importante per lo sviluppo e la
diffusione dello stile barocco, ma il cui temperamento e la cui carriera furono molto
differenti. Ed è ancora più difficile capire la sua personalità. Egli era un genio emotivo,
instabile e piuttosto riservato. E i suoi progetti furono complessi fino alla stravaganza.
Nell'estate del 1667, il Borromini, che soffriva di disturbi nervosi e di depressioni, terminò
tragicamente la sua vita e la sua formidabile carriera con il suicidio, prima di portare a
termine la cappella Falconieri (la cappella principale) nella chiesa di San Giovanni dei
Fiorentini, dove è stato sepolto La trasformazione del Borromini degli spazi
architettonici in attive piuttosto che passive entità, divenne una delle più salienti
caratteristiche del disegno architettonico del tardo XVII e XVIII secolo: la creazione
in una entità nuova dell’esistente edificio rinascimentale dell’Università della
Sapienza e della chiesa in stile barocco di Sant'Ivo ne costituiscono uno degli
esempi più rilevanti.

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San Carlo alle Quattro Fontane

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Con la morte di Innocenzo X, il papa protettore di Borromini, la breve parentesi dei
suoi successi ebbe termine, venne un pò escluso, e non gli fu commissionato nessun altro
lavoro, tutto questo, lo amareggia profondamente, accentuandone la naturale scontrosità e
asprezza di carattere. Al punto che lui stesso si rifiutò di ricevere i committenti, i quali di
conseguenza si allontanarono sempre di più, questo fu l’inizio di quella crisi che lo
condurrà al suicidio. Tuttavia proprio nell’anno della sua morte completa, costruendo
la facciata ancora mancante quella che è stata la sua prima opera importante la
Chiesa di San Carlino. La struttura originaria di questa chiesa risale ad una piccola
cappella dedicata alla "Ss.Trinità ed a S.Carlo Borromeo" e costruita dai Trinitari
Spagnoli su un terreno acquistato nel 1611 dalla famiglia Mattei. Soltanto alcuni anni
dopo, nel 1635, dopo l'acquisto di alcune proprietà limitrofe, i Trinitari commissionarono
a Francesco Borromini la costruzione di una nuova chiesa e di un convento.

Per quanto vincolato dallo spazio ristretto che aveva a disposizione, il grande
architetto riuscì ugualmente a creare un complesso funzionale, fornito di tutti gli
ambienti richiesti dai religiosi. La costruzione della chiesa richiese molto tempo, tanto

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che fu completata dal nipote del Borromini nel 1667, lo stesso anno, cioè, in cui il
grande artista si suicidò: per questo motivo la piccola cappella posta nella cripta, che
venne a lui riservata, rimase vuota perché i Trinitari non accettarono di ospitarvi un suicida
e così il Borromini venne sepolto nella chiesa di S.Giovanni dei Fiorentini. S.Carlo alle
Quattro Fontane, dedicata alla "Ss.Trinità ed a Carlo Borromeo", il cardinale milanese
del XVI secolo canonizzato nel 1620, presenta una facciata alta e stretta, con un
movimento di linee e curve concave e convesse.

Situata in via del Quirinale, ad angolo con via delle Quattro Fontane (da qui il nome), la
chiesa è detta popolarmente S.Carlino per le sue ridotte dimensioni, tanto che si
dice che sia grande quanto un pilastro della cupola di S.Pietro.

La facciata, a due ordini, presenta quattro grandi colonne ioniche che sorreggono
gli aggetti e le rientranze dei cornicioni e la grande trabeazione con l'iscrizione
dedicatoria: IN HONOREM SS TRINITATIS ET D(IVI) CAROLI MDCLXVII, ovvero “In
onore della Ss.Trinità e di S.Carlo 1667".

La prima opera di questo complesso è il Convento con il chiostro, e di seguito la


chiesa della quale compie la facciata solo nell’ultimo anno della sua vita. Tutto è
piccolo da qui il nome di San Carlino, le proporzioni sono ridotte perché tale era lo
spazio disponibile.

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1 Ordine inferiore della facciata

L'ordine inferiore presenta un portale d'ingresso sovrastato da tre nicchie


contenenti le statue di S.Giovanni De Matha (alla destra del portone), fondatore
dell'Ordine dei Trinitari, di S.Felice di Valois (posto sulla sinistra), mentre al centro,
incorniciata dalle ali di due angeli, si trova la statua tardo-seicentesca di S.Carlo
Borromeo, opera di Antonio Raggi.

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2 Ordine superiore della facciata

L'ordine superiore è costituito da un balconcino sul quale si affaccia un'edicola con


cupolino, oltre la quale due angeli reggono una grande cornice ovale nella quale un
tempo vi era l'affresco della Trinità.

La cupola, a pianta ellittica e con ampi finestroni, sorregge una lanterna. Accanto
alla facciata svetta il piccolo campanile del Borromini, poggiante su coppie di
colonne e dalla cuspide a pagoda.

La facciata è la sintesi dell’arte borromiana, innanzitutto caratteristica è la posizione


obbligata, è posta ad un angolo smussato della strada, è collocata sul quadrivio
tardo-cinquecentesco delle Quattro fontane. La facciata tuttavia si stacca con
decisione, sia per il colore del materiale sia per le colonne che la fiancheggiano, sia
per la sporgenza delle cornici, per l’andamento delle linee curve. Per questi motivi si
stacca dall’andamento rettilineo degli edifici.

La via su cui si affaccia è stretta questo costringe l’osservatore a guardarla


lateralmente o dal basso, questo fa risaltare gli aggetti e quindi il movimento e il
dinamismo dell’architettura.

A meno di duecento metri di distanza Bernini aveva terminato la costruzione di un altra


chiesa Sant’Andrea al Quirinale. Le due chiese vicine, dimostrano la profonda differenza
che intercorre fra le poetiche dei due artisti. Il Bernini allontana dalla strada la facciata
con uno slargo semicircolare che ne accentua scenograficamente l’importanza. Il
Borromini al contrario fa emergere la facciata, sembra isolata una forma fine a se
stessa, come se non fosse collegata alla chiesa. Entrambi gli architetti
interrompono dunque l’allineamento degli edifici lungo la via ma in modo opposto.
Entrambi contrappongono la linea concava a quella convessa, ma la
contrapposizione berniniana è di masse quella di Borromini è di linee.

Per questo motivo nella facciata di San Carlino tutto è tensione nervosa, evidenziata
dalle linee che definiscono le cornici ondulate, che accompagnano il movimento
della facciata. Le pareti non sono mai lisce, ma ricche di statue, di nicchie di
ornamenti. Per questo l’incidenza della luce varia continuamente, dalla luminosità
all’ombra, per concludersi nell’ovale leggermente inclinato in avanti.

Bernini è l’architetto che impersona il Barocco, simbolo della maestà papale,


Borromini esprime l’altro aspetto di questo periodo, il sentimento del singolo uomo,
il tormento, la ricerca individuale.

Accanto alla chiesa è situato il convento, con un portale d'ingresso caratterizzato da


un serafino di marmo posto tra il timpano e l'architrave, dove è anche inserito il
seicentesco mosaico di Fabio Cristofari raffigurante "Cristo tra due schiavi liberati". Sopra
il portale è posto un finestrone sormontato a sua volta dal grande emblema dei Trinitari,

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nel quale campeggia la croce rossa e blu, sorretto da due angeli. Ai lati si susseguono tre
finestre cieche rettangolari raccordate da un oblò centrale.

Il Chiostro

Il chiostro ha misure estremamente limitate, a pianta ottagonale allungata, presenta


l'ordine inferiore costituito da colonne doriche binate collegate da una cornice
continua, motivo che si ripropone anche nell'ordine superiore ma con colonne più
esili, al centro del cortile è situato un pozzo ottagonale.

Le colonne al piano inferiore sono collegate da architravi dalla doppia cornice


sporgente, che funge anche da capitello, alternati ad archi, al piano superiore
troviamo un loggiato architettonicamente più leggero. Si potrebbe pensare a forme
cinquecentesche e quindi ad un senso di solennità ma il tutto è solo apparente
infatti gli angoli sono tagliati da corpi obliqui, disposti su una linea convessa, come
se lo spazio fosse premuto a forza, gli spazi sono alternativamente più stretti e più
larghi. La luce arriva dall’alto e scende verticalmente, diminuendo man mano di
intensità, questo per via dell’altezza dell’edificio che delimita il piccolo cortile. Questa
architettura, invece di celebrare come faceva Bernini con le sue opere la sicurezza e
la grandiosità della chiesa, esprime il dubbio, il silenzio della riflessione.

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Chiostro di San Carlo Alle Quattro Fontane

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Pianta della Chiesa e del Chiostro Di San Carlo

Cupola della Chiesa di San Carlino

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Interno della Chiesa

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Immagini dell'interno della Chiesa

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San Carlo alle Quattro fontane Borromini Facciata della Chiesa di Sant' Andrea al

Quirinale, Bernini

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Pianta della Chiesa di Sant' Andrea Quirinale, Bernini

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