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IL BALDACCHINO DI BERNINI A SAN PIETRO

Il Baldacchino di San Pietro è una scultura monumentale realizzata da Gian Lorenzo Bernini tra il 1624 e il 1633. Capolavoro dell’arte seicentesca,
quest’opera riveste anche un forte valore simbolico per il Cristianesimo. Si trova infatti al centro della Basilica di San Pietro, nel luogo in cui fu
sepolto Pietro, l’apostolo che secondo i vangeli fu scelto da Gesù come fondatore della Chiesa cristiana. Quando riceve l’incarico per il
Baldacchino di San Pietro, Bernini ha venticinque anni. Ha già dato prova della sua abilità realizzando sculture di soggetto sacro e mitologico, e si
è già conquistato una cerchia di committenti importanti tra i nobili e i cardinali di Roma.

Nel 1623 è eletto papa Maffeo Barberini, che sale al soglio pontificio con il nome di Urbano VIII. Tra le prime preoccupazioni del nuovo pontefice
ci sono i lavori per completare la Basilica di San Pietro, l’edificio più importante del mondo cristiano. Il Papa incarica Bernini di eseguire una
scultura monumentale per la Basilica. Deve essere collocata al centro dell’edificio, dove sorge l’altare maggiore, in corrispondenza della tomba di
San Pietro e proprio sotto la maestosa cupola progettata da Michelangelo. Bernini concepisce un’opera innovativa e spettacolare. Una scultura
monumentale, alta ventotto metri e mezzo. La forma riprende quella del baldacchino papale, la struttura che accompagna il pontefice durante le
processioni. Il baldacchino è a pianta quadrata. Dai basamenti di marmo posti agli angoli, si slanciano quattro colonne in bronzo, che sembrano
avvitarsi su se stesse fino a giungere ai capitelli e all’elaborata copertura in legno dorato. In cima all’imponente baldacchino, svettano quattro
figure di angeli. Al centro, due putti sorreggono le chiavi di San Pietro e la corona papale. Il baldacchino di Bernini rappresenta una sintesi tra
architettura e scultura. La mole imponente del baldacchino ha infatti un impianto architettonico: basti pensare che l’altezza del baldacchino
supera quella di un palazzo signorile. L’esecuzione, invece, è prettamente scultorea: l’abilità di Bernini gli consente di trattare materiali duri come
fossero morbidi e leggeri, conferendo movimento e dinamismo alle forme. L’esecuzione della grandiosa scultura si protrae per quasi dieci anni. Il
baldacchino è inaugurato da Urbano VIII nel 1633. A Bernini verranno commissionati numerosi altri incarichi per la Basilica di San Pietro,
compresa la sistemazione della piazza.

I PILONI RELIQUIARI

Il peso della cupola di San Pietro è sorretto da quattro grandi pilastri, ciascuno dedicato a un Santo e con un prezioso segreto al suo interno.
Papa Urbano VIII volle posizionare all’interno delle nicchie dei piloni quattro santi: Santa Veronica, Sant’Elena, Sant’Andrea e San Longino.
Commissionò il lavoro al Bernini ma l’artista realizzò materialmente solo il San Longino a partire dal 1631 e affidò le altre opere ad altrettanti
artisti: Mochi, Bolgi e Dusquesnoy.Alte più di quattro metri, queste grandi opere indicano quale fosse la reliquia custodita all’interno della
cappella presente nel pilone. La scultura del San Longino è l’unica che fu scolpita da Gian Lorenzo Bernini. San Longino era il legionario romano
che con la lancia trafisse il costato di Gesù sulla Croce. l’opera è stata realizzata usando cinque diversi blocchi assemblati fra di loro con perni
metallici. Il più grande è quello del corpo centrale poi è stato aggiunto un blocco per il mantello, uno per ciascun braccio e infine uno per il
drappeggio su dietro

La Santa Veronica invece fu scolpita da Francesco Mochi.Santa Veronica è colei che asciugò con un panno il volto di Cristo durante il percorso del
Calvario. Asciugando sangue e sudore, il volto di Cristo rimase impresso sul panno che poi è quello che tiene in mano la scultura. La preziosa
reliquia è contenuta all’interno della cappella del pilone, Le pieghe forzate della veste e quelle tutt’altro che naturali del drappo che tiene in
mano non convincono molto.

Sant’Elena fu scolpita da Andrea Bolgi,Sant’Elena, mamma dell’Imperatore Costantino, sorregge la Croce di Cristo per mostrare che all’interno
del pilone è custodita parte della sacra reliquia.Si narra che fu proprio Sant’Elena a portare a Roma da Gerusalemme la preziosa reliquia che poi
fu fatta sistemare all’interno della Basilica di San Pietro

La scultura di Sant’Andrea fu eseguita dal fiammingo François Duquesnoy appresenta l’apostolo appoggiato alla croce decussata, ovvero a forma
di X, con la quale fu martirizzato.

TOMBA URBANO VIII BERNINI

Urbano VIII benedice i fedeli seduto su un trono in alto, elevato da un complesso piedistallo. Ai lati del sacello sono collocate due statue che
rappresentano le virtù. La Carità che allatta un bambino si trova a sinistra mentre la Giustizia è a destra. Sopra al sacello è posto uno scheletro.La
figura simbolica della morte si trova sopra il sacello ed è rappresentata da uno scheletro scolpito nell’atto di scrivere l’epitaffio del papa. Il
monumento funerario di Urbano VIII di Gian Lorenzo Bernini è considerato l’archetipo della tomba barocca. La struttura del grande complesso è
dinamica e caratterizzata da un’impostazione scenografica. Inoltre la spettacolarità è esaltata da gioco di contrasti tra i diversi materiali.Urbano
VIII commissionò l’opera monumentale a Gian Lorenzo Bernini nel 1628 all’interno del programma di costruzione della Basilica di San Pietro. Il
Papa infatti per portare avanti i lavori iniziati da Giulio II diede l’incarico al suo protetto Bernini. L’architetto predispose quindi uno spazio
adeguato per il Sepolcro.Bernini elaborò il progetto nel tempo partendo dai modelli del Cinquecento. Lo scultore si ispirò infatti alla struttura
della tomba della famiglia Medici progettata da Michelangelo. Il Sepolcro di Urbano VIII così rappresentò un modello di riferimento per i futuri
monumenti funerari barocchi.La superficie del sepolcro costruito con diversi materiali presenta due colori principali determinati dalle superfici
del marmo, del bronzo dorato e del legno.I materiali scuri o dorati ricordano la morte, invece le figure con le superfici chiare del marmo bianco
sono legate alla vita.La struttura del monumento funebre si adatta allo spazio della nicchia semicircolare. Inoltre la figura del Papa seduto in alto
sul trono si colloca al vertice di una piramide che è formata alla base dalle due statue delle Virtù.Il monumento funebre è disposto su più livelli.

LA CATTEDRA DI SAN PIETRO

Tra il 1656 e il 1665 Gian Lorenzo Bernini realizzò una magnifica composizione barocca intorno alla Cattedra, e ancora oggi possiamo ammirarla
nell’abside della Basilica di San Pietro. La Cattedra di San Pietro del Bernini è alta 7 metri, sormontata da due putti con in mano le insegne papali.
La struttura principale è costituita da quattro grandi statue di bronzo che sostengono una piattaforma su cui è posata la Cattedra stessa. Le
statue raffigurano i quattro dottori della Chiesa greca e latina: Sant’Agostino, Sant’Ambrogio, Sant’Anastasio e San Giovanni Crisostomo.In realtà
la Cattedra sembra fluttuare nell’aria su un letto di nuvole d’oro, grazie alla maestria dello scultore.

COLONNATO DI SAN PIETRO

Luogo simbolico più importante della cristianità, Piazza San Pietro è uno dei più alti capolavori urbanistici del mondo. Con il suo spettacolare
colonnato rappresenta l'immagine universale della Chiesa che abbraccia l'intera umanità.Il colonnato di San Pietro fu commissionato da Papa
Alessandro VII nel 1657 a Gian Lorenzo Bernini. Esso è costituito da 284 colonne e 88 pilastri disposti su quattro file e sormontati da una
copertura a capanna che riprende il quadriportico paleocristiano. Sulla sommità sono collocate 162 gigantesche statue di santi. Il Bernini, pur
utilizzando sempre elementi classici, compone le sue architetture secondo regole nuove in funzione dello spazio circostante. L'effetto che il
Bernini vuole ottenere con questo progetto è quello di catapultare lo spettatore dal buio delle antiche stradine romane alla luminosità della
grande piazza. Attraverso il colonnato il visitatore è portato a scoprire gradualmente la vastità della piazza e ad accorgersi con progressivo
stupore dell'immensità della Basilica.Le colonne sembrano muoversi. La forma della piazza è ellittica, quindi completamente in linea con quelli
che erano i canoni del Barocco. Oltre alla maestosità e alla grandezza del progetto, il colonnato assume un significato simbolico: la sua ampia
struttura abbraccia metaforicamente sia i fedeli che gli infedeli, inserendosi così nel periodo di controriforma.

LA PORTA DELLA MORTE PAPA ALESSANDRO VIIIl sepolcro di Alessandro VII è il monumento funebre di papa Alessandro VII Chigi (1599-1667),
fastosa opera di Gian Lorenzo Bernini realizzata dal 1672 al 1678 sui disegni e bozzetti dell'anziano artista, con la collaborazione dei suoi allievi;
si trova nell'ambulacro della basilica di San Pietro in Vaticano, superato il transetto sinistro, sopra una porta lignea che conduce verso l'esterno,
nella Città del Vaticano.

Il sepolcro si differenzia di quello di papa Urbano VIII, eseguito dallo stesso Bernini per la medesima basilica di S. Pietro, ma anche da altri, che
mostrano il papa seduto imperiosamente sul proprio trono. Il monumento è infatti composto da una statua raffigurante il pontefice umilmente
inginocchiato in preghiera, il cui basamento sovrasta un ampio ed elegante drappo in marmo rosso, sul quale si appoggiano quattro statue
femminili che impersonificano le virtù praticate da papa Alessandro. In primo piano a sinistra c'è la Carità con un bambino in braccio. A destra si
trova la Verità, con un piede posato sopra un globo; si ritiene che sotto l'alluce, in corrispondenza dell'Inghilterra, vi sia una spina che
rappresenterebbe la sofferenza causata al papa dall'espansione dell'anglicanesimo. In secondo piano, rispettivamente a sinistra e a destra, si
trovano Giustizia e Prudenza; le statue sono in marmo bianco, in netto contrasto cromatico con il rosso del panneggio realizzato in diaspro
siciliano, e il verde e il nero dei marmi utilizzati per le parti architettoniche del monumento, come il basamento su cui prega Alessandro. Al
centro, da sotto il drappo marmoreo emerge, con il capo ancora parzialmente celato come a volersene liberare, uno scheletro che impugna,
sollevandola nella mano destra, una clessidra in bronzo dorato, simboleggiante lo scorrere lento, ma continuo, della vita; si tratta di un tema
caro all'iconografia del periodo barocco. La "porta" viene così a rappresentare sempre più la porta-passaggio dell'aldilà, p un invito a varcarlo
per uscire dalla BAsilica e tornare al mondo reale, oppure una metafora della fine:la porta chiusa.

PIAZZA NAVONA fontana dei quattro fiumi: Le quattro statue della fontana rappresentano i fiumi più importanti dell'epoca: il Nilo, il Danubio, il
Gange e il Río de la Plata. La pietra viene intagliata per tornare alla sua forma classicheggiante: pietra naturale,scabra,frastagliata, con erbacce
nelle fessure. Divinità marine sedute su rocce.

La Cappella Cornaro

Fu sotto il pontificato di Innocenzo X, tra il 1647 e il 1652, che Bernini ebbe occasione di realizzare uno dei suoi più alti capolavori: la Cappella
Cornaro in Santa Maria della Vittoria a Roma, una delle più compiute e manifeste espressioni della teatralità berniniana. Nel 1647, il cardinale
veneziano Federico Cornaro incaricò l’artista di progettare, nel transetto sinistro di quella chiesa, una cappella funeraria per la propria
famiglia.L’artista scelse, per decorare l’altare, un tema assai caro alla tradizione cattolica, quello dell’Estasi di santa Teresa, una santa
cinquecentesca cui il committente era molto devoto. Teresa d’Ávila, figura tra le più importanti e significative della Controriforma cattolica, aveva
fondato l’ordine dei carmelitani scalzi ed era stata testimone e protagonista, durante la sua vita, di straordinari fenomeni soprannaturali e
mistici, che lei stessa descrisse in una suggestiva autobiografia.

Per assicurarsi che i fedeli mantenessero della scena un punto di vista opportuno, Bernini inquadrò l’opera con una grande cornice
architettonica, creando una sorta di proscenio teatrale, anzi trasformando letteralmente lo spazio della cappella in un teatro. “Mettere in scena”
il miracolo, l’apparizione divina o anche solo l’evento storico era il sistema più efficace, e più moderno, per coinvolgere un pubblico diventato
davvero di “testimoni”. Non a caso i committenti, ossia i membri della famiglia Cornaro, furono qui scolpiti in due palchetti laterali, quasi fossero
degli spettatori che assistono idealmente al miracolo.

Il fulcro, visivo e spirituale, dell’intero complesso è il gruppo scultoreo con l’Estasi di santa Teresa, in cui la santa appare sospesa a mezz’aria su
una nuvola, totalmente rapita: gli occhi socchiusi, la bocca semiaperta, le braccia abbandonate. Un serafino sorridente le scosta appena un
lembo dell’ampia tunica, che nasconde un delicato corpo femminile, ed è pronto a trafiggerle il cuore con un dardo dorato, simbolo dell’amore
divino.L’immagine della donna appare assai conturbante e la sua espressione potrebbe risultare ambigua. Una certa parte della critica si è spinta
a parlare, per questo capolavoro berniniano, di “erotismo sacro”Leggendo l’opera con quest’ottica si vede come nulla sia lasciato al caso, si
verifica in quale modo magistrale Bernini riesca a coinvolgere lo spettatore, creando una fitta rete di rapporti per attirarlo verso la santa e
dunque verso Dio. Persino le pieghe delle vesti sono assolutamente funzionali allo scopo, l’artista arriva ad utilizzarne il panneggio come
amplificatore dei sentimenti, come una proiezione all’esterno dei moti avviluppanti dell’animo: il saio di Teresa sembra infatti materia palpitante
che si contorce e che brucia, è l’anima della santa divorata dall’estasi amorosa. La corta tunica dell’angelo, invece, è un guizzo di fiamma veloce,
è il fuoco dell’amore divino.Una luce proveniente dall’alto, attraverso una finestra nascosta e schermata da vetri gialli, illumina il gruppo
scultoreo; è una luce naturale radente, calda che rievocano la luce divina che investe la santa, creando suggestivi effetti simbolici

Per l'abitudine dell'uomo del Seicento di assistere a feste, spettacoli, anche le chiese,le piazze e i palazzi erano concepiti come altrettanti
palcoscenici, complessi ma effimeri e destinati a essere smontati: la città era colorata, cangiante,mutevole. materiali effimeri- Per la nascita di
Luigi XIV Bernini modifico l'intero pendio che collegava la chiesa di Trinità dei Monti a Piazza di Spagna: Bernini fece piantare una spina di veri
olmi, alternati a grandi torciere che illuminavano il percorso di notte. Nella parte alta fu costruita con materiali effimeri una scogliera dalla quale
si sprigionavano fuochi di artificio che sembravano fulmini.Tutto ciò è barocco perchè mirato a stupire e meravigliare.

NAPOLI é TUTTO IL MONDO


Napoli era la più popolosa città d'italia e impero spagnolo. Convivevano sfarzo e lusso sconfinati con estrema povertà, ostentazione e degrado.
Forte densità abitativ impedisce la creazione di grandi spazi pubblici, i palazzi crescono in verticale nelle strette vue a maglia ortogonale greca.
Suntuosi portoni con compito di rappresentanza.

LA CAPPELLA DEL TESORO DI SAN GENNARO


Più impressionante monumento barocco di Napoli, a cui si accede dalla navata destra del Duomo. SI tratta di un vacello votivo il cui scopo è
quello di custodire le reliquie. Era un santuario civico che dipende dalla Deputazione e non dai vescovi. Per questo lo spazio della Cappella è
separato fisicamente dalla Cattedrale. LA Guglia di San Gennaro fu commissionata in forma di colonna ma che assunse grazie a Fanzango una
forma lontana da architettura classica. A Fanzango si deve pure il cancello di ottone che separa la Cattedrale dalla Cappella (la chiesa dalla città).
Al centro del cancello la figura di San Gennaro benedicente è presente due volte, sia all'interno che all'esterno. Idea che viene dal nome del
santo, che deriva da quello di Giano, dio romano con due facce, dio delle porte: in suo onore chiamiamo ''gennaio'', il mese che è la porta
dell'anno.Il ciclo di affreschi della cappella si caratterizzano per la loro composizione figurativa e cromatica tipicamente barocca, quindi con
intensi colori dalla cromaticità accesa e illuminata, con figure affollate tra loro accompagnate da putti per dare un senso ancor più caotico alla
scena.

L'impianto stilistico della scena del Paradiso compiuta da Giovanni Lanfranco nel 1646 all'interno della cupola[1] riconduce senza dubbio all'altra
opera dello stesso pittore compiuta nella basilica di Sant'Andrea della Valle di Roma.L'impostazione vede un senso prospettico proiettato verso
l'alto, in cui è centrale la figura dell'Eterno. Sotto di esso vortici di nuvole, putti, personaggi biblici e santi donano un senso caotico alla scena,
caratterizzata alla base, di lato ai finestroni, da coppie di Virtù, nella prima fascia di figure invece, su due lati opposti sono il Cristo benedicente,
con ai piedi il San Gennaro in posa inginocchiata, e la Vergine.Sono invece di mano del Domenichino gli affreschi sulla Vita di San Gennaro,
completati nel 1641 e che trovano posto nei quattro pennacchi della cupola, accompagnati nella composizione da allegorie e virtù che
rimandano alla vita del santo, con anche la raffigurazione di oggetti a lui riconducibili. Nella cappella del tesoro troviamo un quadro di Ribera:
San Gennaro che esce illeso dalla fornace: colori brillanti come smalti, San gennaro sembra solo pallido e un po' sudato, giovane vestito di rosso
guarda con stupore verso lo spettatore.

LA CEROSA DI SAN MARTINO Convento medioevale, rimodellato da Cosimo Fanzago, che intervenne senza stravolgerne la struttura medievale,
ma ricoprendo le pareti di un manto di pietre colorate secondo la tecnica fiorentina del COMESSO. Lanfranco affrescò la volta gotica, mentre
Ribera realizzò delle tele intagliate incastrandone 12 ai lati degli archi, rappresentando 14 profeti tra cui Mosè e Elia. Vi è un trionfo di nudi
senili. Differenza decorazione romana esalta i partiti architettonici, la napoletana tende alla smaterializzazione degli elementi architettonici.
Fanzago interviene nel Chiostro Grande, disegnando per il cimitero dei monaci una decorazione con teschi per ricordare il Memento mori.
Inoltre trasforma le porte inserendo dei mezzi busti di santi, al tempo stesso realistici e ornamentali.

CAPPELLA CACACE
La cappella è abbellita da una ricca decorazione di marmi commessi progettata da Cosimo Fanzago e terminata nel 1653. Vi sono conservati il
dipinto di Massimo Stanzione raffigurante la Madonna del Rosario e santi e le tombe della famiglia Cacace, decorate da busti dei defunti e da
statue di Andrea Bolgi.
GLI AFFRESCHI VOTIVI PER LE PORTE DI NAPOLI
celebravano la fine della peste e furono affidate a Mattia PReti, calabrese che aveva dipinto l'abside monumentale di Sant'Andrea della Valle. fu
affascinato dalla pittura di Michelangelo Merisi da Caravaggio e iniziò a lavorare ad opere in cui è fortemente riconoscibile l’influsso del
naturalismo e del chiaroscuro caravaggeschi. Lo stesso influsso che porterà nel suo bagaglio una volta trasferitosi nella capitale del viceregno
spagnolo, Napoli. Gli Eletti del Popolo (organo amministrativo) gli conferiscono il compito di dipingere gli affreschi votivi come ringraziamento
all’Immacolata Concezione e ai Santi protettori sulle sette porte della città: porta dello Spirito Santo, porta San Gennaro, porta del Carmine,
porta di Costantinopoli, porta Capuana, porta Nolana, porta di Chiaia. Di questa grandiosa opera quasi tutto è andato perduto, infatti l’unico
affresco superstite, purtroppo molto rovinato a causa della costante esposizione agli agenti atmosferici, è ancora visibile al di sopra di porta San
Gennaro L’immagine della Madonna Immacolata con in grembo il Bambino è posta al centro dell’affresco affiancata dai tre santi Gennaro,
Francesco Saverio e Rosalia che intercedono presso la luce divina per la fine della peste. Le figure sacre si stagliano contro uno sfondo che
raffigura uno scorcio di una Napoli stracolma di cadaveri lividi raccolti e portati via da altri uomini per sanare le condizioni igieniche delle strade.

LUCA GIORDANO, Detto ilFANPRESTO.È interessante notare come l’architettura reale della chiesa partecipi alla definizione della finzione scenica.
Gli spunti caravaggeschi presenti nell’arte di Giordano acquistano qui una consistenza più morbida e luminosa, con luci calde e la sensazione di
essere nelle vie di Napoli.Si fondono più stili: Tiziano,Carracci e Caravaggio. Finzione pittorica illusionistica barocca.

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