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S. MARIA DEL POPOLO

A ridosso delle ;\[ura Aureliane, in pross1mmi d1 Porta del Popolo, v1 era, secondo un'anuca lcggenda,
la romba dell'imperacore Nerone. Le sue spoglte nposa,·ano a1 pied1 d1 un grande albero di noce. el
Medioevo si diccva che il luogo fosse maledetto: nellt ore notturne streghe, famasmi e sp1mi maltgni
rerronzza vano i pochi abitanti de1 dintorni. Fu il papa Pasguale lJ ( 1099- 1118) che pose fine a guesti
avvenimemi. La Vergine gli apparve in sogno ordinandogli d1 abbattere II noce, d1 nesumare le ossa d1
1 erone e di bruciare il tutto, d1sperdendo poi le cenen ncl Tevere. Cosi egli fece e la malcd1z1onc ccssó.
In segno d1 gratirudine, fu ererra un cappclla dedicara alla ;\fadonna. Gregono IX la ingrandi e \ 1 portó
un'1mmag10e della Vergine molto venerata dai fe<lcli, conservara a S. GiO\·anni 1n Larerano. Fu allora
che la chiesa prese 11 nome di S. Maria del Popolo. Questa denominazJOne denYa probabilmeme da
«pie ve», un agglomerato d1 case cosrruire in corno alla chiesa. Fu Sis to 1\ ' ( 14 71-1484) che conferi alla
chiesa l'aspetto attuale, trasformandola in una grandiosa ed elegante bas1ltca nnascimemale, una delle
piu celebri d1 Roma. Alla costruzione, alla success1va trasformazione e alla decoraz1onc interna,
parreciparono glt arristi piu famos1 del '500 e del '600.
La semplice facciata rinasc1menrale, ingenul1ta dalle semicornic1 arcuate aggiunte dal Bernini nel 165 5,
e attribuita a Baccio Ponrclli e ad Andrea Bregno (alcni d1cono Meo del Caprino). L'abside fu ingrandita
da! Bramante durante il pontificato di Giulio 11(1503-1513).
L'interno, a croce latina, e a tre naYate coperte da Yolte a croc1era e di,ise da grandi pilastn in pietra
con semicolonne addossare; negli arch1 furono posee, ne! '600, copp1e di statue muliebn eseguire da
allie,·i del Bernini su disegno del maestro. ·umerose le cappelle laterali.
Cappella della RoYere (pnma a destra): affreschi del Pimuricchio e della sua scuola; in pamcolare
all'altare «Adorazione del Bambino»; a sinistra tomba d1 Cnstoforo e Domenico della Rovere, rnpoti di
Sisto IV, opera di 1\ndrea Bregno.
Cappella Cybo, (seconda adestra), realizzata da Cario Fontana ( 1682-87): ncca d1 marmi ma austera; a
sinistra tomba del cardinal Cvbo, adestra del cardmal Alderano.
Transetto destro: ricchissima cantoria realizzata su disegno del Bernini che progettó anche l'altare. Da
cui si passa in sacrcstia, dove e conser\'ato uno splend1do airare marmoreo opera del Bregno, facto
esegu1re nel 1473 dal cardinale Rodrigo Borgia (futuro papa Alessandro \'I).
Cappella Maggiore: sull'altare magg1ore l'immaginc miracolosa della Vergine (b1zamineggiante)
risale al secolo X] Il. el coro: monument1 funebn del cardinale Girolamo Basso della Rovere e del
cardinale Antonio Sforza, opere firmare d1 ,\ndrea Sansovino. Nella volea del presbítero affresch1 del
Pinturicchio; da notare le entrare originali cinguecentesche.
Prima cappella a sin1stra della cappella Maggiore: ai lati duc capola\'Orl del Cara,·aggio: «La conversio-
ne di S. Paolo» (adestra) e «La crocifissione di S. Pietro». Sull'altare: «Assunzione» di ,\nnibale Carracc1.
Cappella i\fellini (terza a sinistra): monumento del cardinale Garcia Mellini, capolavoro di Alessandro
Algardi, che esegui anche i bus ti d1 C rbano e i\fano i\1ellin1.
Cappella Chig1, fatta costruire dal ricco banchiere senese Agostino Chig1 su progetto di Raffaello, il
guale realizzó anche i cartoni dei mosaici che ornano la cupola. Sull'altare: « ascita della Vergine» di
Sebastiano del Piombo. A sinistra dell'altare: «G1ona che esce dalla balena», gruppo scultoreo del
Lorenzetto. Le statue raffiguranti «Daniele con il leone» e «Abacuc» sono del Bernin1.

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S. MARIA IN MONTESANTO E S. MARIA DEI MIRACOLI

1 el Medio E v o Piazza del Popolo non era altro che un vasto spiazzo in terra battuta chiuso a nord
dalle mura Aureliane e dalla Porta del Popolo (che allora si chiamava Porta S. Valentino), da cui partiva
una lunga strada rettilinea, la vía Lata (oggi il Corso), che era il prolungamento della vía Flaminia e
giungeva fino al Campidoglio. All'inizio del seco lo X VI papa Leone X Medici ( 1513-1521) incaricó due
illustri artisri dell'epoca, Raffaello e il Sangallo, di realizzare una srrada che congiungesse il Porto di
Ripetta con Piazza del Popolo: essa venne denominata vía Leonina (oggi vía Ripetta). Alcuni anni piu
rardi, nel 1¡23, fu iniziara da Clemente V i l l'attuale vía del Babuino che, in suo onore, fu chiamara vía
Clemenzia; alla sua morte venne completara da Paolo III e le fu cambiato il nome in via Paolina. La
strada, partiva da Piazza del Popolo alla sinistra della via Lata e, cosreggiando le pendici del Pincio,
giungeva fino a un piazzale (oggi Piazza di Spagna) da cuí una ripida salita alberata conduceva alla chiesa
della Trinira dei Monti. lntorno alla meta del '500 una delle piu importanti sistemazioni urbanisriche di
Roma, il cosiddetto «tridente» (vía Ripetta, il Corso e vía del Babuino che partono divergenti da Piazza
del Popolo), era cosi compiuta. Si cominció a llora ad «arredare» la Piazza del Popolo, la cuí forma attuale
e dovura al progetto ottocentesco del Valadier. Cominció SistQ V (1585-1590) facendo innalzare da
Domenico Fontana al centro del piazzale, in asse con vía del Corso, il grande obelisco risalente al XIJI
secolo a.C., che allora si trovava al Circo Massimo e che era stato trasportaro a Roma dall'lmperatore
Augusto.
11 papa Alessandro V l l della famiglia Chigi ( 16 ¡ 5-1667) ebbe per primo !'idea di costruire le due chiese
gemelle all'inizio di via del Corso. Alla sua morte !'opera era appena iniziara ed ebbe cura di concluderla il
cardinale Girolamo Gastaldi. Ambedue le chiese, che sembrano identiche, ma in realta sono assai
diverse, furono iniziare da Cario Rainaldi e completare da Bernini e Cario Fontana; entrambe sono
precedute da un elegante portico ornato da statue e sormontato da una caratteristica cupola con
copertura a squame: dalla parre del Corso sono fiancheggiate da un grazioso campanile progettato da
Girolamo Theodoli.
S . .Maria in Montesanto, quella tra vía del Babuino e il Corso, e cosi denominara perché fu cosrruira al
pos to di una chiesa piu anti ca appartenente ai Carmelitani siciliani di Monte Santo. Completara nel 167 5,
e a pianta ellirrica con tre cappelle per lato ed e coperta da una cupola dodecagonale; l' Armellini ci
informa che «in una delle sue cappelle vi erano due dei celebri dipinti di Salvarore Rosa raffiguranti la
Passione di Cristo ed il profeta Abacuc, ravole stupende che vennero tolte e portare altrove». Oggi le
opere d'arte contenute nella chiesa non sono di grande interesse: ne! Presbiterio busti bronzei di vari
papi, nella terza cappella a sinisrra dipinti del Maratta e in sacrestia affreschi del Baciccio.
S. Maria dei Miracoli, tra il Corso e via Ripetta, fu terminata nel 1 579 e deve il suo appellativo a
un'immagine miracolosa della Vergine che un tempo si trovava «entro uno degli archi interni del recinto
di Roma presso la Porta del Popolo» (Armellini). Essa e a pianta circolare con due cappelle per lato ed e
coperta da una cupola ottagonale; l'immagine della Vergine posta sull'altar maggiore e sosrenuta da
quattro bellissimi angeli scolpiri da Antonio Raggi. el presbiterio i monumenti funebri del cardinal
Gasraldi e del frarello Benedetto sono ornari da bei gruppi sculrorei dello sresso Raggi.

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SS. GESÜ E MARIA

La recente pedonalizzazione di via del Corso da Piazza del Popolo a Largo Goldoni presenta, come
ogni innovazione, alcuni lati negativi e altri positivi.
I lati negativi che piu colpiscono sano innanzitutto un certo «involgarimenco» della strada dovuto alla
presenza di mendicanti (veri o fin ti), di straccioni, borsaioli, di vagabondi. Secondariamence il proliferare
di negozi che vendono capi d'abbigliament o bizzarri e variopinti che sano, é vero, all'ultima moda, ma
che poco si addicono alla bellezza e all'austerita (ormai scomparsa) dell'antica strada.
11 fattore positivo é che finalmente si possono ammirare con tutta tran9uillita chiese e palazzi, senza il
pericolo di essere disturbati da! frastuono del traffico.
Andiamo dun9ue a «riscoprire» la chiesa dedicara a Gesu e Maria che si trova proprio di fronte a S.
Giacomo in Augusta. Al suo poseo si trovava un tempo la villa cinqueccncesca dei principi Orsini che
occupava tutto l'isolato fino a via del Babuino.
Gli Agostiniani Scalzi la ac9uistarono ne! 161 5 e la sistemarono provvisoriamen re in maniera tale da
ricavare un piccolo oratorio, che allora era inritolato a S. Antonio, e alcuni locali che servivano da
abirazione. el 1619 fu incaricato l'archirerto milanese Cario Buzio di progettare una nuova chiesa, mala
costruzione fu iniziata solo ne! 16 3 3. Ne! 16 3 5 la prima fase dei la vori era ormai terminata e nel gennaio del
1636 fu fatta una solenne processione dalla vecchia cappella di S. Antonio (che si affacciava in via del
Babuino) alla nuova chiesa che fu intitolata a Gesu e Maria. Poi i lavori fu ro no sospesi per circa
trencacin9ue anni, finché, ne! 1671 furono realizzate la facciata e due delle sei cappelle laterali, ad opera
dell'architetto Cario Rainaldi.
Questi diresse anche i lavori all'incerno della chiesa fino al 1675.
La bella e semplice facciata é a un solo ordine con due coppie di lesene corinzie, coronata da tímpano
triangolare. 11 porrale é sormontato invece da tímpano curvilineo al di sopra del quale vi é un'ampia
finesrra rettangolare.
L'interno, a nava ta unica coperta con volta a botte e con tre cappelle su ogni lato, é riccamenre decorato
da stucchi, marmi policromi e gruppi scultorei. Bellissimo é il baldacchino dell'altar maggiore realizzato
su progetto di Cario Rainaldi; le statue a mezzobusto sulle pareti laterali, simili a spettatori che si
sporgono da1 palchi di un teatro, sano i monumenti funebri della famiglia Bolognetti e furono realizzati
da Francesco Cavallini, Francesco Aprile e Michele Maglia nella seconda meta del '6 00 . La volta della
navata e la pala sull'altar maggiore furono dipinre da Giacinto Brandi.

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S. GIACOMO IN AUGUSTA

La chiesa di S. Giacomo in Augusta prende questa denominazione dal vicino Mausoleo di Augusto,
sepolcro della famiglia Giulio-Claudia, oggi purtroppo ridotto a un insignificante rudere.
on si puó parlare di S. Giacomo senza prima parlare dell'omonimo ospedale, che rivestl un'enorme
importanza soprattutto nella Roma del ' 5 0 0 . Fu erecto unitamente alla chiesa nella prima meta del secolo
X I V per espressa volanta del cardinale Pietro Colonna, mono nel 1 326, il quale volle cosi fare ammenda
dei suoi peccati e guadagnarsi 11Paradiso, dopo i drammatici litigi avvenuti nei primi anni del secolo tra la
famiglia Colonna e il tremendo papa Bonifacio VIII ( 1 2 9 4 - 1 3 0 3 ) .
L'ospedale era stato costrutto in un punto strategico della cimi: all'inizio della via Lata (il Corso),
vicinissimo all'ingresso nord della citta (Porta del Popolo), nella periferia della Roma di aliara, proprio
per espitare e curare i viaggiatori infermi che in gran numero giungevano in citta dalle contrade
settentrionali. Alla fine del ' 4 0 0 l'ospedale S. G1acomo era in piena efficienza sia per curare gli ammalati
normali, sia per prestare soccorso alle numerase persone colpitc dalla peste, che ogni due anni faceva
regolarmente la sua comparsa a Roma, sia per tentare di arginare un'altra nuova spaventosa malattia
«importara» in Italia dalle milizie di Cario VIII: la sifilide. Fu aliara che l'ospedale venne denominato: S.
Giacomo degli lncurabili. el 15 2 9 , grazie all'intercessione della nobildonna Vittoria Colonna, l'ospeda-
le fu affidato ai frati Cappuccini, i quali riuscirono a migliorarne le strutture ed ebbero cura di mantenere
gli appestati in condizioni igieniche decenti, contrariamente a quanto era accaduto fino ad aliara. Su!
finire del secolo XVI il ricchissimo cardinale Antonio Salviati si fece promotore della ricostruzione
dell'ospedale e dell'annessa chiesa.
I lavori fu ron o affidatt a Francesco da Volterra, il quale ne! 1 5 9 2 inizió la ricostruzione della chiesa di S.
Giacomo. Alla sua morte ( 1 6 0 1 ) gli subentró il Maderno che terminó !'opera, modificando in parte il
progetto del suo predecessore. f-rancesco da Volterra voleva realizzare un'originale e bellissima cupola
ellittica che prendeva luce da un obló pasto nella sua sommita (come il Pantheon); Maderno, che forse
non si fida va troppo di quesea soluzione dal punto di vista statico, ingabbió la cupola con una struttura a
falde inclinate, rinserrando il tutto e aggiungendo le volute lacerali esterne, le quali, oltre ad essere
decora ti ve, han no in questo caso anche una funzione strutturale (contengono la spinta laterale della
cupola).
La facciaca e su due ordini: quello inferiore, a tre campate con lesene doriche, e opera del Volterra;
quello superiore, a campata unica con volute laterali, lesene con capitelli compositi, con un finestrone
centrale conchigliato sormontato da un tímpano spezzato mistilíneo, fu compiuta dal Maderno. Egli
realizzó anche due campanili gemelli ai latí dell'abside. Su! tímpano di coronamento lo stemma del
cardinal Salviati.
L'interno della chiesa e a pianta ellimca (la prima a Roma) coperto da enorme volta abbrurtita da
affreschi ottocemeschi, fu realizzato su progetto di Francesco da Volterra. Sul perímetro si aprono sei
cappelle laterali. Ricordiamo, nella seconda di desrra, il grande altorilievo raffigurante «S. Francesco di
Paola e gli infermi», opera di Pietro Le Gros, scultore parigino attivo a Roma tra la fine del ' 6 0 0 e l'inizio
del ' 7 0 0 . ella cappella di fronte, una statua di . Giacomo Apostolo eseguita da Ippolito Buzio nel 161 5.
A desrra dell'ingresso una «Resurrezione di Cristo» di Cristoforo Roncalli detto Pomarancio ( 1 5 52 - 1 6 2 6 ) .
S. MARIA IN AUGUSTA

Fin dagli albori del Cristianesimo il luogo dove i defunti riposavano per l'eternita era denominato
«Paradiso»; di conseguenza l'ingresso di guesto luogo prendeva il nome di «Porta Paradisi». La piccola
chiesetta che un tempo era annessa all'ospedale S. Giacomo venne perció chiamata S. Maria Portae
Paradisi. Oggi e meglio conosciuta come S. Maria in Augusta.
Le sue origini non son o molto chiare; esisteva, ancora prima della costruzione dell' ospedale, edifica to a
meta del secolo XIV, una chiesa dedicata a S. Giorgio in Augusta, ma nei primi anni del '300 era gia
dismma. Probabilmente su guelle rovine venne rtedificata un'altra chiesa intitolata alla Vergine, che
fungeva da cappella del cimitero. Sicuro e in vece che la suddetta chiesa venne ricostruita ex novo nel 1523
e venne intitolata a S. Maria Portae Paradisi, come attesta anche la lapide murata sopra il portale
d'ingresso. Questa ricostruzione si rese necessaria per due motivi: prima di tutto perché la terribile
epidemia di peste scoppiaca a Roma nel , 522 incrementó il numero degli ammalati e dei morti presentí
rispettivamente nell'ospedale S. Giacomo e nel cimitero annesso; fu guindi indispendabile ampliare e
rinnovare tutto il complesso.
11 progecto fu eseguito da Antonio da Sangallo il Giovane che ebbe come collaboratore l'architetto
Giorgio da Coldrerio.
Cent'anni piu tardi, verso il 1626, l'interno venne completamente rifatto a spese del medico Matteo
Caccia, il gua le chiese e octenne di essere seppellito insieme alla moglie all'interno della chiesa. on sisa di
preciso chi diresse i lavori, molto probabilmente Lazzaro De Rossi, padre del piu famoso Giovanni
Antonio De Rossi.
La facciata, prospiciente su via Ripetta, e abbastanza originale: e su due ordini, ma cosi diversi l'uno
dall'altro, che guello superiore si discosca nocevolmence, come la linea architettonica, scandito da guattro
grandi lesene del capitello composito e caratterizzaco dall'ampio arco centrale che immette in un piccolo
vestibolo che precede l'ingresso vero e proprio. L'ordine superiore, in vece, appare piu misero, coronato
da un tímpano sproporzionatamente piccolo e con una finestra centrale, sicuramente d'epoca piu tarda,
che non concribuisce cerco all'eleganza dell'insieme. Sopra al portale d'ingresso si trova la lapide che
ricorda la costruzione della chiesa; nella lunetta sovrastante, una scultura di Andrea Sansovino risalente al
1 509 raffigura la Madonna col Bambino.
L'interno, assai ricco di stucchi, fregi e marmi policromi, e a piama ottagonale con cappelle laterali
fiancheggiate da alte lesene scanalate. Da notare nell'intradosso della cupola i dipinci di Pier Paolo
Baldini, un allievo di Pietro da Cortona. Sull'altar maggiore si trova il bell'altorilievo rappresentante la
Madonna, il Bambino, S. Anna e S. Giovanni attribuito a Lazzaro De Rossi.

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S.ATANASIO

Circa a meta di via del Babuino si trova il Collegio dei Greci Cattolici istituito ne! 1 5So da Gregario
XIII; annessa e la chiesa dedicara a S. Atanasia unita al Collegio con un arco che scavalca la strada
adiacente. Alla base della facciata della chiesa fu collocata anni addietro una curiosa statua di vecchio
barbuto che anticamente faceva parte di una fontana, oggi demolita; la fantasía popolare l'ha denominara
«il Babuino» (con una sola b), forse paragonandola a un brutto scimmiotto. Da qui deriva il nome di
quesea famosa, bellissima strada.
La chiesa di S. Atanasia fu eretta su progetco di Giacomo della Porta; la costruzione fu iniziata nel 1 5So,
terminata l'anno seguente e ampliara nel 1 5S 3.
e e
La facciata, preceduta da una scalinata, costruita in mattoni ed su due ordini: quello inferiore dorico,
quello superiore ionico. Ai lati del porcale coronato da tímpano, nicchie in travertino. Due eleganti
campanili gemelli, i primi di queseo tipo costruiti a Roma, fiancheggiano la chiesa e terminano in un
loggiato a tímpano coronaco da una cupoletta a cuspide.
L'interno consiste in una sola corta navata, con tre absidi e due cappelle laterali, coperta da volta a
botte. Lesene scanalate con capitelli corinzi sostengono il cornicione crabeaco, ornato da stucchi semplici
e raffinati. Sulle parcti a descra e a sinistra dipinti del Cavalier d' Arpino raftiguranti rispettivamente
l'«Assunzione» e la «Crocifissione».
ella chiesa si svolgono le funzioni secando il rito greco per cui, entrando, si ha immediatamente una
sensazione diversa da quella che si prava nelle normali chiese cristiane. Un fortissimo profumo dolciascro
simile all'incenso colpisce piu di ogni altra cosa; un'alta balaustra dorara (l'iconostasi) separa il presbiterio
dal corpo della navata; altri arredi mobili, dorati e colora ti, sono presentí in tutta la chiesa. Sul pavimento
foglie verdi simili all'alloro sembrano cadute da alberi inesistenti.

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S.ORSOlA

Mol te chiese di Roma sono oggi sconsacrate e adibice agli usi piu strani. Alcune sono state trasforma te
in negozi o in magazzini, altre in circoli ricreativi o culturali, altre ancora, abbandonate da anni, sono
diventate rifugio nocturno per barboni e mendicanti. Quella che segue, dedicara a S. Orsola, e situara
nella centralissima via Victoria, e adibita a teatro di prova per l' Accademia azionale d'arte Drammacica.
La chiesa e l'annesso monascero delle suore Agosciniane chiamace Orsoline, vennero costruiti alla fine
del '600 dalla nobildonna Camilla Orsini Borghese; il convento venne adibico a collegio femminile. A
meca del '600 Benedecco X I V Lambercini (1740-1758) fece restaurare la chiesa. Parte del convento,
all'interno del quale pare che si fossero rifugiate due sorelle del re Luigi X V I negli anni della Rivoluzione
Francese, e divencata sede, nel 1875, dell' Accademia di S. Cecilia.
All'incerno della chiesa, a navaca unica, vi erano dei buoni affrcschi del '700, sull'altar maggiorc e in
una cappella laterale intitolata a S. Agostino, realizzac1 dal gesuica Andrea Pozzo. Oggi non vi sono piu
opere d'arte; nella cantoria, sopra la porta d'ingresso, ci sono la «cabina» di regia e la consolle delle luci.
ella navata, inutile dirlo, il pubblico.
La piccola facciaca, incasconaca in un edificio piu aleo, e a un solo ordine, fiancheggiata da lesene e
coronata da timpano. II semplice portale e sormontato da un finestrone semicircolare.
SS. TRINITÁ DEI MONTI

A chiunque si chieda, straniero o italiano, quale sia la chiesa piu famosa di Roma, la risposca con tutea
probabilica sara: la chiesa della Trinica dei Manci. Essa occupa un poseo preminence nel panorama
ciccadino e, sempre, facendo carpo unico con Piazza di Spagna e la famosa scalinata, e considerata uno dei
simboli di Roma. La chiesa e l'annesso convento apparcengono alla Francia, la quale, come alcre grandi
nazioni europee, nel corso dei secoli aveva coscruito dei complessi assiscenziali peri suoi cittadini che si
recavano a Roma in pellegrinaggio durante i giubilei. Vediamo brevemente la scoria della sua fondazione.
Alla fine d e l ' 4 0 0 il re di Francia Luigi XI, sencendosi prossimo alla marte, chiamó al suo capezzale il
fondatore dell'ordine dei Mini mi, il calabrese S. Francesco di Paola, sperando che questi potesse guarido
con un miracolo. Ma quel che non poté la scienza non poté nemmeno Francesco di Paola e nel 148 3 Luigi
XI mori. 11 di lui figlio e successore, Cario VIII, grande ammiratore del Sanco, ordinó all'ambasciacore
francese in Roma di cercare un terreno sul quale edificare una chiesa e un convento da dedicare all'ordine
dei Minimi. L'ambasciatore non se lo fece ripetere una seconda volea e campero una vigna che si crovava
ai margini della collina del Pincio.
In quest'area iniziarono, nel 1493, i lavori per la costruzione del complesso monastico. Oiversi
personaggi importanci parteciparono con cospicue elargizioni all'esecuzione dell'opera, fra i quali il
successore di Cario VIII, Luigi X l l e il papa Giulio ll. La coscruzione e l'abbellimento della chiesa
concinuarono per curto il seco lo XVI; nel 1 ¡ 8 ¡ fu consacraca da Siseo V. egli anni seguenti vi furono dei
dissapori fra i religiosi francesi e i fraci calabresi, finché quesc'ultimi, nel 1624, si ritirarono nella vicina S.
Andrea delle Fratte.
Costara abbandonarono per sempre la SS. Trinica dei Monci nel 1 789, quando cominció la dominazio-
ne napoleonica.
La facciata della chiesa e a un solo ordine di lesene con un bel porcale fiancheggiato da colonne; al
cenero del sovrascante grande atcico, che fa da base ai due campanili gemelli coperti da cupolino
ottagonale, vi e una grande finescra semicircolare. el 1 ¡ 7 0 la facciaca, opera di Cario Maderno, era quasi
ultimaca; parte di essa e i due campanili furono realizzaci nel 1 ¡ 84 dal fiorencino Antonio Ilarione Ruspoli,
il quale si basó su un progetto di Giacomo della Porta. Nel 1 ¡ 87, per volere di Siseo V, fu coscruica la
scalinaca a doppia rampa che conduce all'ingresso della chiesa; l'architecco che la realizzó fu Domenico
Fontana. All'interno una cancellata di ferro sempre chiusa divide l'unica navata e conferisce alla chiesa un
maggior senso di auscerita e di miscero, aumencaco anche dal fatto che, al di la delle sbarre, soscano spesso
in silenziosa preghiera alcune suore immobili come statue. Numerase cappelle fatte costruire da nobili
personaggi dell'epoca, si aprono su due latí della na vaca; in particolare nella cerza cappella a descra e nella
seconda a siniscra, vi sano dei bellissimi affreschi, purcroppo molto deceriorati, dipinti da Daniele da
Volterra, uno dei piu famosi allievi di Michelangelo. ella cappella dedicara a S. Francesco di Paola, gia
appartenuca ai Colonna, vi erano un tempo candelabri d'argenco e altri preziosissimi arredi donati nel
secolo XVII dal Cardinal Virili che fu poi qui sepolto. Ne! 1796 Pio VI, con molto senso pratico, invió
tutti quesci oggetti alla zecca di Stato per trasformarli in maneta.

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S. CARLO A L CORSO

Al posto dell'attuale chiesa di S. Cario al Corso, esisteva, nel secolo X V , un'altra chiesetta denominata
S. Niccoló del Tufo. Sis to IV ( 1471-1484) la cedette alla Confraternita dei Lombardi; costo ro, essendo la
chiesa ormai in rovina, nel 151 3 la riedificarono intitolandola a S. Ambrogio dei Lombardi. Nel 161 2,
grazie soprattutto alla cospicua donazione del cardinale Omodei, il quale elargi alla confraternita la
somma di 70.000 scudi, si demoli la costruzione esistente e si inizió a edificare una chiesa di proporzioni
ben piu vaste che fu intitolata ai SS. Ambrogio e Cario Borromeo. L ' Armellini si lamenta che nella
distruzione della chiesetta preesistente si siano perduti degli splendidi affreschi di Perin del Vaga e di
Taddeo Zuccari.
L'incarico di eseguire i lavori fu dato a Onorio Longhi; dal 161 2 al 1619, anno della sua morte egli
riusci solamente a impostare l'impianto della costruzione. 11 progetto originario prevedeva un edificio
ancora piu imponente dell'attuale; il Longhi aveva progettato il fronte della chiesa su diversi piani di
profondita, affiancato da due torri campanarie e sormontato da una grossa cupola attorniata da quattro
cupole piu piccole. Tutto questo non fu mai realizzato e oggi non si sa se sia stato meglio o peggio. Per
treo quattro anni i lavori proseguirono diretti da un capomastro e nel 162 3 Marcino Longhi il Giovane,
figlio di Onorio, fu nominato architetto della fabbrica di S. Cario; la costruzione continuó sotto la sua
direzione fino al 165 r. Ne! 1665 Martino era morco ormai da cinque anni e sovrintendente dei lavori
divenne Pietro da Cortona il quale realizzó l'abside, la cupola e !'altar maggiore.
La facciata fu eseguita negli anni 1682-84 da! prete Giovan Battista Menicucci e dal frate Mario da
Canepina su progetto del cardinal Omodei; onestamente parlando sarebbe stato meglio che i tre religiosi
avessero continuato ad occuparsi di Dio e non si fossero improvvisati architetti. Mastodontiche colonne
e lesene dividono in tre campate l'altissima facciata coronata da tímpano.
L'interno, grandioso, e a croce latina, diviso in trena vate da massicci pilastri con addossate coppie di
lesene corinzie dipinte a finto marmo. La particolarita di questa chiesa, unica a Roma, e che le navate
laterali non terminano prima della zona presbiteriale, ma proseguono in torno ad essa con un deambula-
torio (come il Duomo di Milano). L e volte della navata centrale, del transecco, del presbiterio e delle
na vate minori, sono riccamente decorate da fregi e stucchi. L'affresco della volta della navata mediana
rappresenta «La caduta degli angeli ribelli», opera seicentesca di Giacinto Brandi. L'artista esegui anche
gli Evangelisi nei pennacchi della cupola. La grande pala posta sull'altar maggiore raffigura la «Gloria
dei SS. Ambrogio e Cario», capolavoro di Cario Maratta eseguito tra il 1685 e il 1690. Dietro l'altare, in
un prezioso reliquiario, e conservara un'importante reliquia: il cuore di S. Cario. Da una porta situara
dopo la terza cappella a sinistra (chiedere al sacrestano) si puó accedere alla Cappella di S. Ambrogio, la
prima chiesa fonda ta dai Lombardi ne! 151 3, che occupa l'area esatta dell' anti ca chiesetta di S. Niccoló
del Tufo.

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S. GIROLAMO DEGLI SCHIAVONI

ucleo di importanza fondamentale per quello che un tempo era un rione popolare sulle sponde del
Tevere, fu, fino alla sua recente distruzione, il Porto di Ripetta; sia perché rappresentava un punto di
approdo per imbarcazioni provenienti da ogni dove, sia perché su di esso gravitava gran parte del
commercio di tutta la citta. All'inizio del secolo X V I l'intera zona fu vaJorizzata in seguito a un'impor-
tante iniziativa di papa Leone X ; egli, nel 1 5 18, tracció via Ripetta, una strada concepita per trasportare le
merci da Piazza del Popolo, dove termina va la via Flaminia, fino al porto e viceversa. Nei primi anni del
' 7 0 0 , nel periodo cioe del suo massimo sviluppo, il porto fu ampliato, demolendo una fila di casupole
sulla riva del fiume, e venne costruita una splendida monumentale scalinata curvilínea su progetto di
Alessandro Specchi e di Cario Fontana. ella seconda meta del secolo scorso cominció il triste declino
del Porto di Ripetta e di tutta la zona che su esso gravita va. In poco meno di sessant'anni, da dopo l'Unita
d'Italia al 19 34, si realizzarono i seguenti interven ti: furono costruiti i muraglioni su lle sponde del
Tevere per arginare le frequenti inondazioni e fu completamente distrutto il porto, che rappresentava
uno dei migliori esempi dell'architettura barocca romana; fu costruito Ponte Cavour, per unire il
nascente quartiere dei Prati di Castello al resto della citta; fu sventrata tutta la zona intorno al Mausoleo
d' Augusto, relegando l'antico monumento al ruolo di rudere frequentato da gatti randagi e da lascivi
personaggi; furono distrutti tutti gli edifici intorno alle chiese di S. Rocco e S. Girolamo, isolandole in
un triste panorama di squallidi edifici e di capolinea di autobus. Tutta la zona perse completamente le sue
caratteristiche originarie e scomparve per sempre un pezzo di Roma tra i piu belli e importan ti peri suoi
valori storici, artistici e ambientali.
Dopo questa indispensabile premessa, facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo al 14 5o. In
quell'anno i profughi provenienti dalle regioni balcaniche dell'Illiria e della Schiavonia avevano
edificato, di fronte al Porto di Ripetta, una chiesa intitolata a S. Girolamo, loro santo connazionale. Gli
Illirici erano giunti a Roma circa un secolo prima, fuggiti dalle loro terre in seguito all'invasione dei
Turchi. Insieme alla chiesa avevano costruito anche un ospizio che serviva per offrire vitto e alloggio ai
viaggiatori loro compatrioti provenienti da quelle lontane contrade. Piu di cent'anni dopo, nel 1 588,
durante il pontificato di Sisto V, la chiesa, ormai in rovina, fu interamente ricostruita da uno dei piu
grandi architetti dell'epoca: Martino Longhi il Vecchio. Sua e anche )'elegante facciata su due ordini,
bellissimo esempio di architettura tardo-rinascimentale. L'ordine inferiore e diviso in cinque campate
con portale e nicchie laterali, e coronata da timpano. Anche il piccolo campanile e opera di Longhi. Nel
secolo scorso la chiesa fu restaurata da Pio IX.
L'interno, a croce latina, e a navata unica con tre cappelle per lato e finta cupola; da notare il bel coro
ligneo. ella parete di fondo dei bracci del transetto e nella volta, gli affreschi ottocenteschi di scarsa
importanza e piuttosto bruttini, sono opera di Pietro Gagliardi. Gli affreschi dell'abside invece,
rappresentanti i «Fatti di S. Girolamo», risalgono al 15 88, epoca della ricostruzione delle chiese e furono
eseguiti dagli artisti marchigiani Antonio Víviani e Andrea Lilli. Da notare, ne! transetto di sinistra, una
piccola scultura di Francesco Grassia raffigurante S. Girolamo. La chiesa appartiene tutt'ora alla nazione
Croata.

138
S.ROCCO

La chíesa dí S. Rocco e il vasto complesso ospedaliero che un tempo vi era annesso, nacguero alla fine
del secolo X V per nobile iniziativa di un gruppo di liberi cittadini. Costo ro si associarono e formarono
una confraternita di devoti a San Rocco, patrono concro !'epidemia della peste. Papa Alessandro V l
Borgia il 1 ° giugno 1499 approvo la confraternita e dette il proprio consenso perla costruzione di una
chiesa incitolaca al santo e di un ospedale per curare gli appestati.
La scelta del terreno su cui realizzare gli edifici rícadde, non a caso, su un'area che si trova va dí fronte
al Porto di Ripetta; ínfatti, ín caso di epidemia, era facile che íl contagio partisse da un porto e meglio si
sarebbe potuta arginare se si fosse costruiro un ospedale specializzato nelle immediate vicinanze. E cosi
fu: l'ospedale di S. Rocco si distinse ben presto per l'assistenza e le cure specialístiche alle persone col pite
dal terríbile morbo soprattutto nelle epidemie scoppiate nel 1527 ín seguito all'ínvasione e al sacco dí
Roma ad opera dell'esercito di Cario V e neglt anni 1 530 e 1557 in seguiro alle spaventose ínondazíoni del
Tevere. ei prími anni del '600, grazie alle donazioni del defunto cardinal Salviati, fu costruito anche un
ospedale femminile, il famoso Ospedale delle Celare, che accoglieva e assisteva povere donne nubili in
stato interessante garantendo loro !'anonimato. Per altri due secoli chiesa e ospedale rappresentarono
cosi un importante pu neo di riferimento non solo per il popolare guartiere ne! gua le si trova vano, ma per
la citta incera. Dalla fine del '700 ín poi comincio il lenco ma inesorabile declino: dapprima, per arginare la
rovínosa situazione economica in cuí versa va la Confraternita, si dovette sopprimere il reparto maschile
dell'ospedale e si abolirono le feste che ogni anno si tenevano per l'anniversario del Sanco patrono. el
1892 fu soppresso anche l'Ospedale delle Celare e parte dei locali furono adibiti a sala per concerti.
Sempre nello stesso periodo, a causa dei dissesti del terreno provocati dalla costruzione dei muraglioni
su! Tevere, la chiesa fu gravemente danneggiata e si dovette chiuderla per eseguire importantí lavori di
restauro. Infine la zona fu condannata a un triste destino ín seguito alla distruzíone del porto di Ripetta e
agli svencramenti effettuati negli anni trenca.
Esaminiamo ora le varie fasi della costruzione della chiesa di S. Rocco. II terreno sul guale furono
edifica ti chiesa e ospedale, fu acguistaro, alla fine del '400, dagli Illirici (o Schiavoni) che ave vano
costruiro nelle vicinanze la loro chiesa dedicara a S. Gírolamo. Su guel terreno esísteva gia, fin dall'anno
rooo, la piccola chiesetta di S. Martina; guesta fu inglobata ne! nuovo edificio. 1 ulla sisa di preciso sulla
primitiva costruzione di S. Rocco, consacrata ne! 1 5 0 2 , né si riconosce la sua forma architettoníca, ma
senza dubbio doveva essere un edificio estremamence semplice e modesto. 1el 164 5 si decise dí
ricostruire la chíesa e fu affidaro l'incarico all'archítetro Gíovanní Antonio De Rossi. 1 lavorí furono
lunghi e laborosi e termínarono verso íl 1680, ad eccezione della facciata che rimase incompíuta. Quesea,
dí gusto neoclassico, a un solo ordine con un enorme tímpano sorretto da guattro colonne corinzie, fu
realizzata nel 18 34 dal Valadier, il gua le si ispiro all'architettura del Palladio.
L'ínterno, a navata unica con tre cappelle per lato, cupola e transetto, non contiene opere dí grande
1mportanza. Da notare comungue sull'altar maggiore, progettato da De Rossi, un dipínco seicencesco di
GiacintoBrandi, allicvo di Lanfranco, che rappresenta «S. Rocco genuílesso che bacía la mano del
Redentore». Nella cappella del Presepio, la seconda a sinistra, si trova un affresco del Peruzzi, ma poco o
nulla sí vede perché guesca importante opera venne rovinata da un cattivo restauro.
SS. TRINITÁDEGLI SPAGNOLI

Via Condotti prese guesto nome quando Gregorio XIII ( 157 2-1 58 5) fece pass are sotto la strada la
conduttura del!' Acqua Vergine per rifornire il rione Campo Marzio, i cui abitanti fino ad aliara avevano
bevuto l'acqua del Tevere che, anche a que! tempo, non era cerro pulita.
La strada, dal 1544, era anche una via di comunicazione molto importante; essa infatti costituiva la
prima parte della via Trinitatis, un lungo rettilineo che partiva dalla via Paolina (oggi via del Babuino) e,
percorrendo le attuali via Fontanella di Borghese, via Clementino e via di Monte Brianzo, giungeva fino a
Ponte S. Angelo, passaggio obbligato per anclare verso il Vaticano.
Da due secoli aquesta parte via Condotti e sempre stata frequentata da gente «bene» e da personaggi
famosi di tutto il mondo; un tempo il famoso Caffe Greco annoverava ospiti come Goethe, Gogol,
Stendhal, Baudelaire, Wagner, Leopardi, Di Giacomo, D ' Annunzio e tanti altri. Oggi, pur essendovi un
notevole afflusso di gente proveniente un po' da tutta la citta grazie anche alla nuova linea della
metropolitana, gli austeri ed eleganti negozi della via restano meta di una clientela d'élite.
Quasi all'angolo di via Condotti con il Corso, sorge la settecentesca chiesa dedicara alla SS. Trinita
degli Spagnoli. Nel 17 33 un certo padre Lorenzo dei Trinitari Calzati di Spagna comperc) l'antico Palazzo
Rucellai al pasto del quale venne edificato il convento con annessa la chiesa. La prima pietra della nuova
costruzione venne posta il 21 maggio 1741 e !'opera venne completara nel 1746; il progetto fu redatto
dall'architetto spagnolo, naturalizzato romano, Emanuele Rodríguez de Santos.
La facciata e concava, su due ordini spartiti da pilastri e lesene, coronara da un doppio triangolare e
curvilineo. Nell'ordine inferiore si nota un elegante portale, in quello superiore un grande finestrone
rettangolare e nicchie laterali con statue.
L'interno e a pianta ellittica con tre cappelle per parte intercomunican ti. La volta e ornara da un affresco
rappresentante «S. Giovanni de Matha assunto al cielo» eseguito nel 1748 da Gregario Guglielmi; suo e
anche l'affresco in sacrestia. Gli affreschi della cupola e le tele sulle pareti del presbiterio, anch'essi
settecenteschi, sano opera di Antonio V elasquez, mentre i di pin ti della terza cappeJla, dedicara aJl' Addo-
lorata, furono eseguiti da Andrea Casali nel 1776. Infine !'opera piu importante e senz'altro la «SS.
Trinita», sull'altar maggiore, una tela del famoso pittore pugliese del settecento Corrado Giaguinto.
MADONNA DEL DMNO AMORE

La piccola chiesa, dedicara alla Madonna del Divino A more, in parecchie guide nemmeno menzionata,
si trova nell'omonimo vicolo, a due passi da Piazza Fontanella Borghese.
In origine era dedicara a S. Cecilia: pare infatti che nello stesso luogo in cui oggi sorge la chiesa vi
fosse, nel secolo 11, la casa paterna della Santa che fu barbaramente martirizzata e uccisa (la leggenda e
raccontata nella descrizione della chiesa di S. Cecilia in Trastevere).
Sotto la chiesa si trovano i res ti di una costruzione romana, scoperti nel 1 9 7 2 durante un restauro. [n
queseo stesso luogo venne consacrata, nel 1 1 3 1 , una chiesa intitolata a S. Cecilia Vergine e Martire. Se sia
scata costruita in quell'anno o ricostruita o solo restaurara non sappiamo; cerco e che il campaniletto a
destra della facciata, oggi rinnovato e intonacato, risale certamente al XIJ secolo.
el 1 5 2 5 Clemente VII concesse la chiesa alla Confraternita dei materassai, che si era formara una
decina d'anni prima; costoro la intitolarono a S. Biagio, scelto come loro santo patrono perché, secando
la leggenda, fu martirizzato con dei pettini di ferro, si mili agli arnesi dei materassai, che gli lacerarono le
caro 1.
ei primi anni del secolo XVII la chiesa fu restaurara, mala fisionomía atcuale dell'edificio si deve alla
ricostruzione avvenuta nel 1 7 2 9 sotto il pontificato di Benedetto XIII ( 1 7 2 4 - 1 7 3 0 ) .
La chiesa fu demolita e ricostruita ex novo su progetto di Filippo Raguzzini, architetto pontificio,
pupillo di Benedetto XIII. el 1 730 il papa mori e al Raguzzini venne coito immediacamente l'incarico,
non solo, ma venne messo anche in galera con una scusa banale. Egli fu victima in verita di invidie e di
squallidi giochi di potere; piu o meno quello che succede anche oggi. La chiesa fu terminara da un alero
architetto (non sappiamo quale) e nel 173 1 fu consacrata e intitolata ai SS. Biagio e Cecilia. el 1 8 0 2 papa
Pio VII concesse la piccola chiesa alfa Confraternita del Divino Amore.
L'architettura e semplice, lineare, senza pretese; indubbiamente e una delle opere minori del Raguzzi-
ni, ma non per queseo priva d'interesse. La facciata, intonacata recentemente, e su due ordini; quello
inferiore incorniciato da due coppie di lesene, quello superiore coronato da tímpano con una piccola
finestra circolare al centro.
L'interno e una semplice aula rettangolare con volea a botte affrescata da Filippo Prosperi nella
seconda meca dell'Otcocento. Quasi tutti i dipinti all'interno della chiesa sono opera di piccori otcocentes-
chi e furono realizzati durante i lavori di restauro eseguiti in que! periodo. Fa eccezione la pala sull'altare
di sinistra, raffigurante i SS. Valeriano e Cecilia, eseguita dal pittore romano Placido Costanzi nel 1 730.

144
S. NICOlA DEI PREFETI I

Via dei Prefetti, che unisce Piazza del Parlamento a Piazza di Firenze, e inserita in quell'ampia zona alle
spalle di Palazzo Montecitorio, occupata anticamente dalla colossale Meridiana di Augusto il cui
gnomone era il grande obelisco, fatto poi innalzare da Pio VI nel 1792 a Piazza Montecitorio.
La piccola chiesa dedica ta a S. Nicola dei Prefetti, seminascosta fra le case, pur avendo forme barocche,
e di origini antichissime. Alcune notizie storiche, peraltro non confermate, dicono che la chiesa esisteva
gia prima dell'anno 7 5o. Ma e in una bolla di papa Lucio III ( 1 181-1 1 8 5) che viene menzionata perla prima
vol ta; qualche anno dopo ( 1192) nel Catalogo di Cencio Carnerario e denominara S. Nicolao Praefecti.
Sull'ordine di questo nome vi sono pareri discordi: c'e chi afferma che la denominazione giusta sia Perfetti
(e non Prefetti), dal nome di una famiglia romana abitante nei pressi della chiesa. Ma sicuramente quesea
affermazione e falsa, anche perché di quesea famiglia non si possiede alcuna notizia. Giusta e quindi la
denominazione S. icola dei Prefetti, anch'essa lega ta a una famosa e potente famiglia realmente esistita: i
Vico. Questa risiedeva nel vicinissimo Palazzo di Firenze e molti dei suoi membri piu illustri ricoprirono
la carica di Prefecto fino al 1 297.
el 1567 la chiesa venne affidata da Pio V ai Domenicani di S. Sabina. el 1729 S. icola dei Prefetti
venne completamente rifatta e assunse la forma attuale. Dal 1848 al 1927 fu sede del!' Arciconfraternita del
SS. Crocifisso Agonizzante. Oggi e officiata dalla Congregazione dei Missionari Oblati di Maria
Immacolata.
La facciata, del 1674, e a un solo ordine di lesene composite; il froncone triangolare, sormontato da
candelabri di travertino, ha una base spezzata nella quale e inserito un medaglione con l'effige di Pio V.
L'interno, preceduto da atrio, e a nava ta unica con profondo presbiterio e con due altari laterali, inseriti
in piccole nicchie fiancheggiate da lesene scanalate ioniche.
L'affresco nella volea a botte, raffigurante la «Gloria di S. Michele» e di Giacomo Triga (sec. XVIII).
Sull'altare maggiore un crocifisso ligneo del '600.
Altre pitture e decorazioni risalgono al secolo scorso.
S. LUCIA DELLA TINTA

Via di Monte Brianzo e !'ultima parte dell'antica via Trinitatis che, dalla zona dell'attuale Piazza di
Spagna, anda va rettilinea sino al Tevere; da gui un altro percorso oltrepassava il fiume a Ponte Elio (oggi
Ponte S. Angelo) e giungeva al Vaticano. Su via di Monte Brianzo, e sulle strade limítrofe, si
affacciavano numerase botteghe : muratori, falegnami, decoratori, pianellari e tanti altri avevano dato
luogo a una sorta di piccolo guartiere in cui ferveva un'intensa attivita anigianale. Tra guesti i tintori di
scoffe, dai quali prende il nome la chiesa di S. Lucia della Tinta, la cui facciata prospetta appunto su via di
;\[onte Brianzo. Le sue origini sono assai antiche, ma la data della fondazione e sconosciuta. Le prime
nocizie risalgono al 1002, durante il pontificaro di Silvestro Il; la chiesa e menzionata in un antico
documento di quell'anno. Probabilmente esisteva in queseo luogo la casa dei Sant1 marciri Lucia e
Geminiano, i quali, secando la tradizione, sarebbero stat1 uccisi durante !'impero di Diocleziano (284-
30)). Sulle rovinc: di 9uesra casa sarebbe poi sorta la chiesa, ma il fatto non e ceno. Un tempo era
denominara anche S. Lucia delle Quattro Porte; poco distante, infatti, quasi sulle sponde del fiume, ,·1
erano le Mura Aureliane (oggi, in quesro mmo, scomparse), nelle quali, era Ponte S. Angclo e il Porto d1
Ripetta, si aprivano quanro «posterule» (porte) che sen·ivano per l'accesso alle banchme.
Nel secolo XVI la chiesa «... era ancora parrocchiale, benché piccolissimo fosse il suo animato,
composto di 7 2 famiglie, in tu tto 360 persone» ( A rmell in i). Nel 1 j 80 fu resta u rata dalla Compagn ia de1
Cocchieri, alla quale era affidata. Anni dopo venne data in giuspatronato alla famiglia Borghese che ne!
1628 la ricostrui nelle forme attuali; ne! 1824 passó ali' Arcisodalizio della Curia Romana. Oggi la chiesa
di S. Lucia della Tinta e affidata alla Pia Unione Volontari e Volontarie del Servizio Sociale Cristiano.
La facciata e a un solo ordine di semplici lesene coronato da tímpano triangolarc. 11 portale e
sormontato da frontone curvilineo; ai latí piccole finestre oval1. Sulla sinistra c'e la corre campana ria a un
solo ordine.
L'interno e a naYata unica, con tre nicchie su ogni lato (le prime due con aleare) fiancheggiate da alte
paraste corinzie. Le pareti sono tinteggiate a finto marmo e il soffitto, con grande cela al centro, e di pinto
a riquadri policromi. Non ,·i sono opere d'arte di particolare interesse, ad eccezione di un antico affresco
raffigurante la Vergine, che un tempo ornava la facciata di una casa vicina; fu portato qui ne! 1545,
durante il pontificato di Paolo III.
-
S. ANTONIO DEI PORTOGHESI

La chiesa di S. Antonio dei Porcoghesi e situata in quella parte della ciml vecchia compresa fra tre strade
di importanza assai rilevante. Via di Monte Brianzo, !'ultima parte della via Trinitatis, che porta va a Ponte
S. Angelo e quindi al Vaticano; via della Scrofa, proseguimento di via Ripetta, apena da papa Leone X
[edici per unire Piazza del Popolo a Palazzo Madama, eretto nel secolo X V I per la sua famiglia; via
dell'Orso e la sua prosecuzione via dei Portoghesi, tracciata su un antico percorso romano parallelo
all'antica via Recta, oggi via dei Coronari. In quesea zona della vecchia Roma abita vano e lavoravano (e in
parte abitano e lavorano tutt'ora), piccoli artigiani, falegnami, decoratori, restauratori, corniciai, fabbri e
calzolai. Qui si erano insediate anche piccole colonie di stranieri: francesi, breconi e ponoghesi.
Quest'ulcimi, gia ne! 1417, abitavano in un convento nei pressi di via dell'Orso, fondato per assistere i
pellegrini loro connazionali, da! Cardinal Martinez d1 Chales. Qualche anno pnma, nel 1367, una pia
donna portoghese di nome Guiana aveva acquistaco una casa nel rione Monti e l'aveva trasformata in
ospizio per alloggiare i pellegrini; questo venne poi unito a quello costruito in Campo Marzio.
ei primi anni del secolo XVII i porcoghesi decisero di riedificare tutto il complesso. La chiesa
dedicata a S. Antonio fu costruica da Martina Longhi il Giovane il qua le la inizió intorno al 16 30; nel 16 38
era ormai complecata ad eccezione della cupo la che venne realizzaca negli anni 1674-76 da Cario Rainaldi.
Cristoforo Schor terminó la chiesa coscruendo l'abside e modificando leggermente la splendida facciata.
Quesc'ulcima mantiene pero ben definita !'impronta dei Longh1; e su due ordini raccordaci da voluce
laterali che cerminano con due figure virili (celamoni) che sembrano sorreggere l'ordine superiore
coronato da un umpano spezzato sul quale «siedono» due angeli con lunghe crombe. Al centro grande
finescrone rettangolare affiancato da due coppie di lesene e sormontaco dallo stemma di casa Braganza.
L'interno, ricch1ssimo di marmi policromi, e a croce latina con due cappelle per lato; sull'alcar
maggiore, progettato dallo Schor, un dipinto della fine del X VII secolo opera di Calandrucci; la cappella
del braccio sinistro del cransetto e accribu1ca a Luigi \'anvicelli mentre l'alcra e una bellissima opera di
Cario Murena.
ella prima cappella a siniscra si trova una tavola con fondo oro raffigurante la Madonna con Bambino
e i Santi Antonio da Padova e Francesco, dipinta da 1\ntoniazzo Romano ne! secolo XV.
Bellissimo l'organo seccecentesco nella parece sopra l'ingresso.

150
S. MARIA IN CAMPO MARZIO

el 726 l'imperatore d'Oriente Leone III promulgó a Costantinopoli il famoso editto contro il culto
delle immagini o iconoclastia; in parole povere per porre fine ai fantasmi religiosi e agli scandalosi
commerci che i monaci facevano ai danni del popolino rozzo e ignorante, fu proibita l'adorazione delle
immagini sacre e ne fu ordinata l'immediata distruzione. Questa decisione drastica e improvvisa
dell'imperatore suscitó grande sdegno nella popolazione e provocó gravi disordini: manifestazioni di
protesta e scene di iscerismo ben presto degeneravano in violente e sanguinose sommosse. Diversi
religiosi fuggirono inorriditi da Costantinopoli e salparono per nuovi lidi. Un gruppo di suore basiliane
(della regola di S. Basilio) si diressero verso Roma dove giunsero nel 750; il loro primo pensiero fu quello
di recarsi in visita dal papa Zacearía.
Le monache, nella fuga, erano riuscite a portarsi via alcuni oggetti cui tenevano particolarmente: il
corpo mummificato di S. Gregorio Nazianzeno, la testa mozzata di S. Quirino, le reliquie di numerosi
altri santi e una pala lignea con l'immagine della Madonna. Mentre si recavano alla basílica vaticana il loro
carro trainato dai cavalli, colmo di masserizie e dei macabri resti, rimase impantanato nella vasca palude
che allora copriva Campomarzio e di li non riusci piu a muoversi. Fu un segnale divino, perlo meno cosi
credettero le suore e il papa stesso, il quale concesse loro una chiesetta che si crovava poco distante dal
luogo in cui il carro si era fermato. Le suore collocarono l'immagine della Vergine nella chiesa loro
assegnata e la dedicarono all'Immacolata; nelle immediate vicinanze fu sepolto il corpo di S. Gregario
Nazianzeno e fu eretto un oratorio a lui dedicato.
Fin qui la leggenda, che peraltro non si discosta troppo dalla storia. Successivamente ven ne costruito il
monastero dove si stabilirono le monache le quali, ne] secolo X , da basiliane che erano, diventeranno
benedettine. Sul finire dell'anno mille, i ormanni saccheggiarono Roma e anche il monastero fu
gravemente danneggiato. el XVI secolo tutto il complesso fu piu volte restaurato e rinnovato anche
perché nel 1527 subi nuovamente notevoli dan ni durante il sacco compiuto dall'esercito di Cario V. Nel
156 3, per volere della nobildonna abbadessa Chiara Colon na, la quale stanzió una considerevole somma,
furono restaurate le chiese dell'Immacolata e di S. Gregorio, che rimasero interne al convento, e ne venne
costruita un'altra aperta al pubblico che fu denominata S. Maria in Campomarzio. Quest'ultima, alcuni
anni piu tardi, venne completata dapprima da Giacomo Della Porta e poi da Maderno. Dal 1668 al 1685
venne completamente riedificata nelle forme attuali dall'architetto Giovanni Antonio De Rossi. Ne!
secolo scorso la chiesa, durante l'occupazione francese, fu sconsacrata e trasformata in sede per gli uffici
del lotto; Pio VII ne! r 812 provvide poi a restituirla al culto. Alla fine dell'8oo venne espropriata dallo
Stato per ricavarne una sezione dell' Archivio. Finalmente nel 1920 venne affidata da Benedetto X V alla
Comunita del monastero. L'interno e a croce greca con abside; bellissima la cupola ellittica senza
tamburo, unica nel suo genere, coronata da una grande lanterna. Sull'altar maggiore una pala lignea con
l'immagine della vergine, detta la «Madonna Avvocata», risale al secolo XII; nella calocta absidale
affresco settecentesco del romano Placido Costanzi. Nella terza cappella a destra un dipinto di fine '600
opera di Luigi Grassi rappresentante S. Gregorio Nazianzeno; nella prima e nella seconda cappella a
sinistra pitture del '600 attribuite a Lazzaro Baldi.
S. GREGORIO NAZIANZENO

P a rla nd o della ch i esa di S. M a r ia


i n Ca rnp o rna r z i o , s'e
Co st a ntin o p o li , dette r o p i et o sa sep accenn a to che le su o re ba silia ne,
o ltur a a lle spogJie di S. fugg i te d a
lo r o dall'Oriente. Sull a su a t o rn b Greg o rio a zia nzen o che a ve v a n
o p o r t a t o co n
a e r esse r o p o i una picc o
i ntor n o a l 750. la ch i esa dedicara al Sant o ; guest
o a vven iv a
L'edifici o so r ge sui rest i di un a co st
r uzio ne p i u a ntic a , risalente
successivi alla su a fondazi o ne, le vicissitudini forse a l IV sec o lo d.C. e i secol i
M a ri a i n Ca rnp o rn a r zio e di tute o il della ch i esa di S. G r eg o rio segu o n o di
co rnplesso co nvent uale , del guale p a r i passo guelle di S.
rn o n a ster o e le due chiese son o st a pe r ó s'e g i a p a rlato. Recenternente
t i rest a ur a t i e le «celle» del convento il
p a r larnent a r i dell a vi ci n a Ca rner so n o o ggi a dibit e a uffici p e r i
a dei Deputati. All' o r a to r i o d i S.
p r o ib i to l' a ccesso , a nche pe r ché si Greg o r i o , cui si a ccede d a l chi o stro
st a nn o rest a u r a nd o gli a ffr esch i ,e
L a ch i eset t a e a n a vat a unic a , co pe delJ'inte r n o .
r ta d a v o lt a a b o tte, co n
Le tr a cce di a ffreschi i n rest a u r o r t r a nset t o a ppe n a a ccenn a t o e p i cc
isa lg o n o a i secoli XI e XII. Come o la a bsi de.
r uder i di un p r eced ent e
ed i fici o pag a n o ; ne e un a ch i a r a testim s'e dett o la chies a fu co str uita sui
si rn i le ai r es ti dell a cinta mura ri a o nia nz a un t r a tto di p a
r ete in bl o cch i di tufo
Servi a n a (di Se r vio Tull i o ). D a n o ta r e
II bel ca rnp a nile r o rn a n i co (del XII-XIII a lt r i a nt i chi fr a rnrne nt
i rn a rm o r e i .
secolo) e v i si b i le i n p a r te anche dalJ' a
d i a cent e v i co lo V a ldin a .

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