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S.

ISIDORO

«La scomparsa di \'illa Ludovis1 sara a lungo ncordata come una delle ptu vandaltsriche d1srruz1or1
mai avvenure a Roma, nel corso della sua sroria millenaria: un meraviglioso patrimonio arboreo, un.1.
stupenda oasi di verde doverre soccombere al dissennaro furore edilizio degli ann1 che seguirono la
conquista della cimi e la sua elevaz1one a capitale d'ltalta» (Zaccagnmi). La villa era di proprieta del
cardinale Ludovico LudO\·isi, nipote di Gregario X V (1621 - 1623), lo splendido parco, con ,1ali
alberati, boschetti, aiuole fiorite, fontane estatue, era stato progettato dall'architetto francese Le Notre.
che aveva realizzato gran parte dei giardini di Versa1lles.
Quasi nello stesso periodo, fu costruita, ai margini del parco, peri Francescani Spagnoli, una ch1e a
dedica ta a S. Isidoro. Fondatore fu, nel 162 5, «Ottaviano Vestri di Barbiano, come apparisce da una boll.1.
di Lrbano VI 11 ... » (,\rmell1n1). Dopo un pato d'anni, i frat1 spagnolt lasc1arono la ch1esa; questa divenne
sede, con l'annesso convento, dei Profughi Í'rancescani I rlandesi, i quali turr'ora v1 nsiedono.
11progetto architettonico si <leve ad Antonio Casoni, lo stesso arch1tetto della ch1esa dei «Cappuccm1 >:
il pomco fu realizzaro, sempre nel '600, da Domenico Casrell1. Per accedere alla ch1esa si puó salirt: la
scalinata che parte da via \'enero (quasi di fronte a S. Maria della Concezione dall'altra parte della strada
e finisce in via Liguria, proprio di fronte al cancel lo del graz10s0 giardino alberato ant1srantc S. Isidoro
La facciata, bellissima opera rococó di Cario Bizzacchen (1720), e su due ordmi ed e preceduta da una
scalinata a doppia rampa. L'ordine inferiore consiste in un portico a tre arcare separare da paraste con
capitello 1onico; l'ordine supenore, coronara da nmpano m1srilineo, e diviso m ere campare da lescnc
corinzie. \1 centro finestrone rettangolare sormontaro da un bizzarro frontone decorato; ai latt nicch1e
con statue. La chiesa e visitabile la domenica martina tra una messa e l'altra oppure, ne1 giorn1 feriali, con
il permesso dei gentiltssimi frati 1rlandesi.
L'interno e a una sola na vara, a croce latina coperta da volta a botte, con se1 cappellc laterali, due delle
9ual1 si aprono at latí dell'abside. 'ella prima cappella a destra, il dipinto sull'altare, raffigurante lo
«Sposalizto dt S. Giuseppe», i dipinti laterali, nonché quelli sulle lunette e sulla cupola, raffigurantt
«Scene della vita del Santo», fu ron o eseguiti da Cario laratta ne! , 66 3. 11 quadro sull'altar maggiorc,
raffigurante S. Isidoro, e di 1\ndrea Sacchi (sec. XVII). Da notare, nella cappella De Silva, adestra
dell'abside, i monumenti sepolcrali: furono eseguitt da Paolo Valentino Bernim, figlto d1 Gian Lorenzo.
'on sappiamo se egli 11abbia realizzari completamente da solo o se abbia in vece colla borato con il padre;
si tratta comunque dt una realizzaz1one barocca di elegante fattura.

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S. MARIA DELLA CONCEZIONE

La potente famiglia Barberini cominció a costruirsi uno sfarzoso palazzo nel 162 5 lungo la Strada
Felice (oggi via Quattro Fontane), aliara ai margini della citta. Poco distante dalla sontuosa <limara, c'era
un vasto piazzale, un tempo denominato Piazza Grimana, da! nome del cardinale Grimani che qui
possedeva una vigna; in seguito fu ribattezzata Piazza Barberini. Da qui si diparriva un viale alberato che
conduceva a un grande complesso convemuale costruito contemporaneamen te al palazzo. Urbano V l l l
Barberini ( 1 6 2 1 - 1 6 4 4 ) , che era stato un Cappuccino, valle realizzare un nuovo monastero p e r i suoi
vecchi confracelli che risiedevano nel convento annesso alla chiesa di S. Croce dei Lucchesi, ai piedi del
Quirinale. La nuova chiesa, costruita nel 1 6 2 6 da Antonio Casoni, fu incitolata a S. Maria della
Concezione; oggi e forse meglio conosciuta come «i Cappuccini». Del convento non rimane piu nulla,
perché fu demolito quando si realizzó via Veneto.
Oggi quasi tutti coloro che si recano a visitare la chiesa salendo la scalinata a doppia rampa che precede
la semplice facciata, non arrivano fino in cima, ma entrano su bito incuriositi nelle famose cappelle adibite
a cimitero dei Cappuccini.
Cominciamo in vece la nostra visita proprio dall'interno della chiesa, clave sono conservare numerase
opere d'arte degne di nota. Nell'unica grande na vaca, con vasco coro alle spalle del presbiterio, si aprono
cinque cappelle intercomunicanti su ogni lato. ella prima cappella a destra da notare la famosa pala
d'altare di Guido Reni, raffigurante «S. Michele che combatte il demonio»; sulla sinistra: «Cristo
schernito» del pittore caravaggesco Gherardo Delle Notti. Nella seconda a destra: «Narivita» di
Giovanni Lanfranco; nella terza : «Estasi di S. Francesco» del Domenichino. Davanti all'altar maggiore
lapide sepolcrale del cardinale Antonio Barberini, fratello di Urbano VIII, con la famosa iscrizione: «Qui
giace polvere, cenere e nulla». Nella prima cappella a sinistra: «Anania rida la vista a S. Paolo» di Pietro da
Coreana. Il «S. Francesco orante» del Caravaggio, un tempo conserva to in sacrescia, e stato ora portara in
un posta piu sicuro per paura di furti.
Ed entriamo ora ne! «coemeterium»; si tratta di un corridoio lungo circa 4 0 metri su! quale si aprono
sei vani clave sano raccolte le ossa di ben 4 0 0 0 cappuccini morti tra il 1 528 e il 1 8 7 0 . Passó alla storia il
trasferimento degli scheletri dalle sepolture dell'antico convento alle falde del Quirinale fino al cimitero
di S. Maria della Concezione, per il quale era stata portata la terrada Gerusalemme. 11 trasporto avvenne
durante la notte, con 3 0 0 carri illuminati dalle torce. Successivamente la straordinaria quantita di ossa
venne sistemata in modo tale da formare curiose e macabre «opere d'arte». L'ignoto «artista» che le
realizzó nel secolo X VIII, si e veramente sbizzarrito. Scheletri ghignanti vestiti col saio cappuccino sano
composti entro nicchie costruite con teschi, femori e ossa varie. Con ogni tipo di ossa sano state creare
vere e proprie sculture e fregi decorativi; perfino i lampadari. E casi vertebre, mandibole, tibie, ossa
pelviche scurite smozzicate dal tempo pendona dai soffitti o rivestono le parecí come se fossero pregevoli
stucchi.
Oggi il luogo ha persa peró parte dell'austerita e riservatezza propri di un cimirero ed e diventato una
sarta di «gallería degli orrori» visitara da molti piu con curiosita e stupore che con rispetto. All'ingresso
un frace con una lunga barba bianca sonnecchia dietro una bancarella di cianfrusaglie p<:;r curisti. Un alero
frate con accento calabrese vi illustrera, se volete, scheletri e ossa. Offerta-mancia all'uscita.
S. MARIA DELLA VITIORIA

L'«Alta Semita», un percorso rettilineo di epoca romana, che univa gli «Horti Sallusriani» con le
Terme di Cosrantino (piu o meno Piazza Sallustio con Piazza del Quirinale), fu sistemaro e ripristinato da
Pio IV fedici (15 59 - 1565) e ribarrezzaro «Strada Pia» (oggi via X X Settembre). Nel naturale
allargamenro della srrada in prossimita delle rovine delle Terme di Diocleziano (oggi Piazza S.
Bernardo), esisteva, da tempo immemorabile, una piccola cappella dedicara a S. Paolo. Annessa vi era
una casupola che fungeva da abirazione per il custode della chiesetta e, all'occorrenza, vi rrovavano
rifugio i poveri e i viandanri che percorrevano quelle contrade allora deserte. Durante il pontificara d1
Paolo V ( 1605 - 162 1), grazie ai fondi sranziari da! cardinale Scipione Borghese, si decise di ricostruire la
chiesa; fu incaricaro di preparare il progetto Cario Maderno. La costruzione duró diversi anni, dal 1608 al
1620 e alla fine non fu piu dedicara a S. Paolo ma a S. faria della Victoria. 11 motivo e queseo: nel 1620 gh
eserciri cartolici comandari da Ferdinando II di Asburgo, avevano riportato un'importanre vittoria a
Praga sulle milizie protestanti. La leggenda narra che durante i combattimenti avvenne un prodigio; un
carmelitano scalzo, tale Domenico di Gesu e Maria, il quale aveva appeso al eolio un medaglione con
l'immagine della Vergine rrovato per caso in un cumulo di immondizie ne! castello di Strakonitz, fu il
vero artefice della virroria. Dagli occhi della Vergine, infarri, uscirono lampi fortissimi che abbagliarono
le rruppe nemiche costringendole alla fuga. Da questi avvenimenti fantasiosi deriva, come s'e detto, la
dedica a S. Maria della Vittoria. L'immagine miracolosa fu conservara sull'altare maggiore e fu assai
venerara dai fedeli per circa due secoli. Ne! 18 33 un incendio distrusse parte della chiesa e anche l'icona
con la Veq ine fu divorata dalle fiamme. Al suo posta venne collocata una copia.
Ne! 1626 Giovan Batrista Soria realizzó la facciara, simile aquella della chiesa di S. Susanna, distante
poche decine di metri. E su due ordini di piatte lesene, preceduta da una breve scalinaca; nell'ordine
inferiore portale con tímpano curvilíneo spezzaro e nicchie larerali. L'ordine superiore, con finesrrone
centrale e coronaro da tímpano tringolare; le volute laterali di raccordo sono ornate dai simboli della
famiglia Borghese.
L'interno, sfarzoso per marmi, srucchi, fregi e decorazioni, e a una sola navata con tre cappelle su ogni
lato, cupola, cransetto e abside. La volta e la cupola furono affrescati ne! XVII secolo da Domenico
Cerrini; nella seconda cappella a destra da notare i dipinti del Domenichino, fra gli ultimi realizzati a
Roma dall'artista.
Ma !'opera piu importante conservara in questa chiesa si trova nella cappella Cornaro, all'esrremira del
braccio sinistro del transetto. Si cratta di «S. Teresa trafitta dall'amor di Dio», eccezionale gruppo
scultoreo del Bernini realizzato nel 1646. Un angelo da! sorriso vagamente malizioso e su! punto di
trafiggere con una freccia il cuore di S. Teresa che giace in esrasi. Diversi scudiosi hanno norato ne! volto
della Santa una sorra di ambiguica, comune ad altre opere del Bernini, il qua le, come sempre, «infonde in
un conrenuto sacro la sua naturale sensualita» (Martinelli). A lle pareti della cappella si affacciano, come
se fossero seduti ai palchi di un teatro, i busti marmorei di alcuni membri della famiglia Cornaro, eseguiti
dai discepoli del Bernini su disegno del maestro.
Da notare, sopra l'ingresso, la splendida cantoria progercata alla fine del '600 da Mattia de Rossi,
allievo del Bernini.
S. BERNARDO ALLE TERME

Le grandiose Terme di Diocleziano, costruite fra il 298 e il 306 d.C., coprivano un'area di circa
quattordici ettari. Erano tra gli edifici piu maestosi e funzionali che fossero mai stati realizzati negli anni
dell'Impero. All'interno, razionalmente diviso in vari ambienti, con vasche per l'acqua calda, per l'acqua
tiepida e per l'acqua fredda, spogliatoi, piscine, palestre e attrezzature di vario genere, potevano
comodamente trovare posto almeno 3000 persone. Anche questo enorme esplendido monumento della
romanita fece la fine di tutti gli altri: dopo i fasti dell'eta imperiale, le terme furono chiuse e, rimanendo
inutilizzate, andarono lentamente in rovina. Per centinaia di anni i colossali resti dell'imponente
costruzione rimasero isolati e abbandonati. I ruderi furono avviluppati da edera, sterpi e rovi, si
trasformarono in cave di pietra e di calce, servirono da rifugio a ladri, assassini e prostitute, diventarono
tane di lupi e di cani randagi.
Poi, ne! '5 oo, gli antichi locali delle terme risorsero lentamente da! buio dei secoli e la zona cominció a
rianimarsi. Parte dei ruderi fu recuperata, restaurata e riadattata a nuove costruzioni. Michelangelo
progettó, al centro del vasto ambiente, la basílica di S. Maria degli Angeli in torno al 1 560 .
Qualche anno piu tardi, ne! 1598, la nobildonna Caterina Nobili Sforza, contessa di S. Fiora, fece
trasformare in edificio sacro uno dei quattro «torrini» a pianta circolare, situati agli angoli delle terme. A
questo fu annesso un convento che l'anno seguente la contessa donó ai padri Cistercensi; ne! 16 00 la chiesa
fu consacrata e intitolata a S. Bernardo alle Terme.
L'esterno, piuttosto movimentato, e di forma cilíndrica, coronato da un attico ottagonale con facce
concave. La facciata, del 1598, e orna ta da lesene e cornici di stucco, nicchie e specchiature.
L'interno, a pianta circolare, e coperto da cupola con finestrone anulare centrale (come quello del
Pantheon); l'ampio presbiterio e coperto invece con volta a botte. Lungo il perímetro si aprono otto
grandi nicchie nelle quali sono alloggiate delle statue in stucco raffiguranti vari santi, opera di Camillo
Mariani (16 00). Sull'altare adestra: «Visione di S. Bernardo di Chiaravalle», tela di Giovanni Odazzi. A
destra del presbiterio vi e una grande cappella dedicata a S. Francesco Nobili, costruita ne! 164 7; i busti
raffiguranti i membri della famiglia Nobili sono del Fancelli; sull'altare di sinistra il dipinto raffigurante
«La Madonna col Bambino e Santi» e di Giovanni Odazzi (171 0).
S. MARIA DEGLI ANGELI

«Ció che prima servi all'uso pagano e ora tempio della Vergine, fondatore e Pio, fuggite demonii!».
Quesea dicitura era incisa in una moneta coniata appositamente nel 1561 per commemorare la posa della
prima pietra della chiesa di S. Maria degli Angeli. Essa fu ricavata ne! grandioso corpo centrale delle
distrutte Terme di Diocleziano; non a caso si scelse queseo sito, e fu quasi una rivincita della cristianita su!
paganesimo. In queseo, che era stato uno dei piu maestosi edifici pubblici della Roma di Diocleziano, il
grande persecutore dei Cristiani, abbandonato e trasformato dall'incuria del tempo in ruderi imponenti,
sorse una de lle piu belle creazioni del tardo rinascimento romano. Esisteva gia, da! 15 5o, una piccola
cappella dedica ta alla Vergine Regina degli Angeli; ma papa Pio IV Medici ( 1559 - 1565 ), esortato da un
prete di nome Antonio del Duca, bandi un concorso fra i migliori architetti dell'epoca perla costruzione
di una grande chiesa da intitolare alla Vergine. Vinse il grande Michelangelo, ormai alla soglia dei
novant'anni, il quale aveva risolto il problema in maniera geniale. Originariamente l'ingresso era
all'estermita dell'attuale braccio destro del transetto, si che entrando si aveva la straordinaria ed
emozionante visione della sala centrale delle Terme, lunga piu di novanta metri, trasformara in chiesa.
Furono usate le medesime colossali colonne granitiche dell'antica costruzione romana. Purtroppo nel
1749, durante il restauro del Vanvitelli, l'ingresso originario fu chiuso e trasformato in cappella e si usó
come ingresso principale quello rivolto verso Piazza Esedra, ancora oggi in funzione. La basilica fu
termina ta nel 1566 e Michelangelo non ne vide la fine; un pomeriggio di febbraio del 1564, distrutto dalla
febbre e consunto dalla vecchiaia, mori vegliato da pochi amici. S. Maria degli Angeli fu la sua ultima
grande realizzazione.
La maestosita dell'interno e in parte rovinata da alcuni arredi moderni di pessimo gusto: lumini votivi
elettrici, abbondanza di cartelli con scritte bilingue, transenne che delimitano la zona centrale della chiesa,
panche e sedie orribili in plastica e fintapelle, sono elementi a dir poco indecorosi. Nell'immensita del
transetto si trovano, sulle pareti laterali, numerosi grandi dipinti di artisti del primo '600 e del '700. Ne!
braccio sinistro da notare: la «Messa di S. Basilio» di Pietro Subleyras e la «Caduta di Simon Mago» di
Pompeo Batoni (entrambi settecenteschi); sull'altare della cappella la «Vergine, S. Bruno e Santi»,
affresco di Giovanni Odazzi (sec. XVIII). Nel braccio destro opera di Girolamo Muziano e Giovanni
Baglione; sulla sinistra la tomba della Vittoria del famoso generale Armando Diaz (morto ne! 1928). Su!
pavimento una curiosa meridiana, opera settecentesca di Francesco Bianchini e Giacomo Maraldi. Ne!
presbiterio da notare, sulla parece di destra, il «Martirio di S. Sebastiano», affresco del Domenichino, che
originariamente era conservato nella basilica di S. Pietro; nella parece di sinistra: «Battesimo di Gesu»,
opera seicentesca di Cario Maratta. Nell'abside monumento funebre di papa Pio IV, attribuito a
Michelangelo.
La sacrestia e finemente decorata da pitture di Giovanni Odazzi e Luigi Garzi (sec. XVII - XVIII). Nel
vestibolo, a pianta esagonale con due piccole cappelle laterali, tomba di Salvator Rosa (a sinistra) e di
Cario Maratta (a destra). La statua che si trova ne! passaggio alla navata, in una nicchia sulla destra,
raffigura S. Brunone, fondatore dei Certosini (che abitano l'annesso convento) e fu scolpita ne! 1766 dal
francese Giovanni Antonio Houdon. Un giorno papa Clemente XIV, osservandola, disse che era cosi
bella che avrebbe potuto parlare se la regola ferrea del suo ordine non glielo avesse vietato.
S. ANTONIO ABATE

La novecentesca facciata di S. Antonio Abate, chiesa situata in via Cario Alberto, tra S. Maria
Maggiore e Piazza Vittorio, potrebbe trarre in inganno. Non viene nemmeno la tentazione di fermarsi.
catalogandola tra le chiese moderne e in vece le sue origini sano antichissime. Innanzitutto, avvicinando-
si, si scopre che lo splendido portale romanico non e un'imitazione, ma risale veramente al XIII secolo.
Pi u precisamente fu realizzato tra il 1262 e il 1266, forse dai Vassalletto, e orna va una precedente
costruzione; le bellissime sfingi alla base del grande arco ne sano una valida conferma.
La chiesa, in vece, fu fondata ne! 1 308 ed era annessa a un ospedale, specializzato nella cura delle
malattie della pelle (soprattutto il «fuoco di S. Antonio»), costruito nella seconda meta del ' 2 0 0 , grazie a
un'eredita di un certo cardinale Capocci. Nel 1481 veniva completamente rifatta in forme rinascimentali.
forse da uno degli architetti che lavoravano alle dipendenze di Sisto IV (ad esempio Baccio Pontelli). N e l
secolo X V I l'ospedale venne ingrandito e restaurato diverse volte e la chiesa fu rimaneggiata. Anche
l'attuale aspetto urbanístico della zona risale a que! periodo, con !'apertura di via Merulana e delle strade
limítrofe, ad opera di Gregario XIII ( 1 57 2 - 1 58 5) e Sis to V ( 1 58 5 - 1 59 0 ).
L a chiesa fu rinnovata quasi completamente nella prima meta del ' 7 0 0 , su progetto di un architetto
sconosciuto, forse un seguace di Alessandro Galilei. Ne! 1928 la S. Sede acquistó chiesa, ospedale e altre
costruzioni adiacenti; tutto il complesso fu trasformato e sorsero quattro istituti religiosi. L a chiesa di S.
Antonio fu affidata ai cattolici russi, i quali erano rimasti senza una sede stabile, poiché la loro chiesa di S.
Lorenzo ai Monti era stata spazzata vía durante i lavori per !'apertura di via dei Fori Imperiali. La facciata,
preceduta da una scala a doppia rampa, fu costruita nel 1932, durante il pontifica to di Pio X I ( 1922 - 19 39).
L'interno e a trena vate, divise da pilastri, con due cappelle laterali, cappelle esagonali alla fine delle due
navate minori e abside. La cappella adestra fu realizzata da Domenico Fontana nel 1583 e rinnovata nel
secolo XVIII con aggiunta di stucchi e decorazioni. Ne! tamburo della cupola di quesea cappella sano
tutt'ora visibili quattro affreschi del Pomarancio (sec. XVI) raffiguranti «Storie del Duca Balacio
d'Egitto». Su lle pareti delle na vate laterali da notare grandi affreschi del ' 7 0 0 perlo pi u di autori ignoti. La
chiesa e officiata con il rito russo ed e pertanto arredata secando i canoni di questa liturgia. Una grande
iconostasi dorata e decorata separa la navata mediana da! coro; il presbiterio e una sorta di palcoscenico
su! quale alti sacerdoti barbuti «recitano» strani e misteriosi riti, fatti di nenie lamentase e fiumi d'incenso.

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S. EUSEBIO

Nell'angolo nord della grande, pittoresca e animatissima Piazza Vittorio, sorge una delle piu antiche
chiese di Roma: S. Eusebio. Si dice che la fondazione risalga al IV secolo e che !'edificio sia stato
costruito sui ruderi della casa di un ceno Eusebio, prete martire, torturato e ucciso ne! 361 dall'imperato-
re Costanzo II. La casa di Eusebio, dopo la sua morte, fu trasformara in «titulus» e consacrata da papa
Liberia (3 52 - 366). Al di sotto dell'attuale chiesa furono effettivamente rinvenuti alcuni importanti
reperti archeologici; oggi i sotterranei sono difficilmente visibili a causa dell'inagibilita del luogo. La
chiesa fu restaurata nell'VIII secolo da papa Zacearía, da Adriano I e da Leone III e, ne! IX secolo, da
Gregario IV. Durante il pontificato di Gregario IX ( 1 2 2 7 - 1 2 4 1 ) fu ricostruita ex novo. Ne! XV secolo
fu affidata ai padri Celestini; costoro ne! 1588 la restaurarono insieme all'annesso convento. L'aspetto
attuale si <leve ai radicali rifacimenti settecenteschi che hanno cancellato completamente l'antico aspetto
romanico della chiesa. Fanno eccezione il campanile del secolo XII, visibile pero solo da! cortile del
monastero e l'antica abside, con finestra barocca, visibile da via Principe Amedeo.
Nel 171 1 Stefano Fontana realizzó !'armoniosa facciata costituita da un portico a cinque arca te sopra
ognuna delle quali si apre una finestra sormontata da timpano o da cuspide. A coronamento della facciata
vi e una balaustra ornata di statue e, al centro, una grande lunetta con due angeli.
Anche !'interno ha perso completamente le antiche caratteristiche, essendo stato ristrutturato ne! 175 9
da Niccoló Picconi. E diviso in tre na vate da archi e pilastri. L'opera piu degna di nota e l'affresco sulla
volta della navata maggiore, che raffigura la «Gloria di S. Eusebio», realizzato da Antonio Raffaello
Mengs ne! 17 59. Sull'altare maggiore, eseguito su disegno di Onorio Longhi, vi e ora un'immagine della
Vergine di Pompeo Batoni (sec. XVIII), in sostituzione di una pala di Baldassarre Croce (sec. XVI). Da
notare lo splendido coro con stalli lignei finemente intagliati che i Celestini fecero costruire da artigiani
del '500.
Da ricordare due episodi legati alla storia di questa chiesa: il primo, antico, e che ne! monastero
annesso fu impiantata, durante il pontifica to di Sis to IV ( 1 4 71 - 1 4 8 4 ) , la prima stamperia romana; i primi
testi stampati furono le opere di S. Giovanni Crisostomo commentate da Francesco Aretino. II secando,
piu recente, e che il giorno 17 gennaio, su! sagrato della chiesa, si svolge la tradizionale benedizione degli
animali in occasione della festa di S. Antonio Abate; questa cerimonia veniva precedentemente compiuta
di fronte all'omonima chiesa.

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SS. VITO E MODESTO

Se si percorre la trafficatissima via Cario Alberto, da Piazza Vittorio a S.1faria 1aggiore, si nota, sulla
sinistra, una chiesa dall'anonima e scialba facciata datata 1901. !,'edificio sembrerebbe di nessuna
importanza artistica e meriterebbe, a prima vista, non piu di un'occhiata. M a s e , costeggiando il lato
sinistro della chiesa e passando sotto un arco (ora in restauro), ci si reca su! retro, la visione cambia
totalmente. In un piccolo slargo ci troviamo di fronte ad una facciatina in mattoni sempre della stessa
chiesa (un'altra facciata quindi!) con un bel portale marmoreo quattrocentesco e, piu in alto, una finestra
circolare a sei bifore. L'arco in restauro e di epoca romana ed e denominato Arco di Gallieno; fu
costruito, durante !'impero di Augusto, nello stesso luogo in cui sorgeva la Porta Esquilina, che facc\·a
parte della cinta muraría Serviana. 'el 262 d.C. un ceno Aurelius Víctor dedico !'arco all'imperacore
Gallieno, da cui la denominazione fino a noi pervenuta.
La chiesa fu costruita in epoca antichissima, forse nel secolo IV, e fu dedicara ai SS. Vito e Iodesco.
Nel corso di circa quindici secoli essa mutó l'orientamento ben tre vol te. Le prime notizic sicure sulla sua
esistenza risalgono al pontifica to di Leone II I (79 5 - 8 16); gia da allora probabilmente era denomina ta S.
Vito in Macello, perla vicinanza del Macello di Livia, antico mactatoio costruito in epoca augustea. In
quell'epoca la chiesa aveva la facciata rivolta a est, esattamente come ora. Per diversi secoli rimase
completamente abbandonata; poi crolló. Fu Sisto IV (1471 - 1484) a ricostruirla nel 1477 dalle
fondamenta e a mutarne l'orientamento. La chiesa fu affidata dapprima alle monache dell'Ordine di S.
Bernardo, poi alla procura Cistercense e successivamente ai Chierici Regolari Iariani. Con il passare
degli anni fu nuovamente abbandonata e ando in rovina. Ne! 18 34 fu resta u rata dall'architetto Pietro
Camporese il giovane; durante un ulteriore restauro, nel 1 9 0 1 , fu di nuovo cambia to l'orientamento e
costruita l'attuale facciata su progetto di Attilio Ricci.
Tuttavia oggi non si entra da quest'ultima facciata (che dovrebbe essere quella principale), ma da
quella posteriore (quattrocentesca), perché la chiesa e stata nuovamente «capovolta».
L'interno e una semplice aula rettangolare con i muri intonacati e dipinti di bianco e con il pavimento
di cotto. Da notare, murata nella parete di destra, dietro un'inferriaca, una pietra liscia e consuma.
Secondo un'antica tradizione, la cosiddecta «pietra scellerata» era un cippo al quale venivano legati i
cristiani per essere torturati. Si dice anche che, durante il Medioevo, i fedeli raschiassero la superficie
della pietra e ingerissero la polvere rica vaca quale rimedio terapeucico contro il morso dei cani rabbiosi.
Sull'altare di destra !'opera piu importante della chiesa: un affresco di Antoniazzo Romano raffiguran-
te la «Vergine col Bambino e Santi», datato 1483.
S. BIBIANA

Di tutte le antiche chiese di Roma S. Bibiana e forse la piu «disgraziata». Per la sua infelicissima
posizione, schiacciata contro il gigantesco terrapieno della ferrovia (siamo a poche centinaia di meen
dalla Scazione Termini), in un punto di grande traffico automobilistico e tranviario, la chiesa e pressoche
irraggiungibile (se non a piedi) e passa facilmente inosservaca. E pensare che e di importanza assa.
rilevante, se non alero perché fu il primo progecco d'architettura di Gian Lorenzo Bernini. Ma vediamo la
storia dall'inizio.
Le sue origini sono antichissime: sembra che la prima costruzione risalga all'anno 363, allorché la
matrona romana Olimpia edificó, sui resti di una costruzione precedente, una chiesa dedicara a S.
Bibiana. L'edificio era, con tutta probabilita, la casa della scessa Bibiana dove viveva con il padre
Fla viano, la madre Oafrosa e la sorella Deme tria. Tutea la famiglia fu scerminata era il 361 e il 36 3 durante
la terribile persecuzione dell'imperatore Giuliano l' Apostata. Nocizia piu cerca e che la chiesa sia stata
fonda ta durante il pontificaco di Simplicio (468 - 48 3). In que! tempo la concrada in cui sorgeya S. Bibiana
era curiosamente detta «Ursus Pi lea tus», probabilmence da qualche fregio sculcoreo raffigurante la testa
di un orso con un copricapo. Onorio III restauro la chiesa nel 1224 e fece costruire di fronte ad essa un
monastero oggi distrutto. Nel 1624 Urbano VIII Barberini incarico il giovane Bernini, a llora venciseien-
ne, di restaurare la chiesa e di darle un nuovo aspecto. Fu, come s'e detto, la prima opera architettonica
realizzata dal grande artista, il qualc la portó a termine in meno di due anni. Egli rifece interamente la
facciata conferendole un aspecto molto elegante. L'ordine inferiore consiste in un portico a ere arcare
divise da pilastri con capitello ionico; l'ordine superiore, tripartito da pilastri, comprende un'ampia
loggia centrale coronara da tímpano triangolare e due campare laterali, con finestra, coronare da una
semplice balaustrata.
Fino a poco piu di cent'anni fa la chiesa sorgeva in apena campagna era campi coltivati, prati e vigne,
all'interno delle Mura Aureliane, in una zona tranquilla e semideserca. Oggi si trova ad essere ai margini
del centro della citta, in un quartiere densamente abitato e malamente cresciuco, soffocata e abbruttita
dalle bianche e tristi coscruzioni che fiancheggiano la ferrovia. Ma c'e di peggio: sollecitate dalle
spa ventose vibrazioni dei treni e dei tram, e dal continuo ílusso di automobili che transitano rumo rose
sotto l'adiacente tunnel, le strutture della chiesa non hanno resistito e sembra che lentamente, ma
inesorabilmente, !'edificio stia sprofondando. Tre anni fa una parte del soffitto e crollata e ora la chiesa e
chiusa e assolutamente inagibile. Si spera che la Soprintendenza agisca al piu presto.
L'interno (visitabile grazie alla cortesía del reverendo) e diviso in ere navate da antiche colonne di
spoglio con capitelli corinzi e composiri, tutti diversi. Su lle pareti della na vaca centra le due bellissimi cicli
di affreschi raffigurano episodi della vita di S. Bibiana; quelli di destra furono realizzari da Agoscino
Campielli. Nella parete di fondo, in una nicchia, la bellissima statua di S. Bibiana fu scolpita dal Bernini
nel 1626. Su ogni na vaca laterale si apre una piccola cappella; in quella di destra, eretta ne! 1702, pitture
della scuola di Lazzaro Baldi. A sinistra dell'ingresso principale, sarebbe stata legara S. Bibiana durante la
ílagellazione.
S. CROCE IN GERUSALEMME

La basílica di S. Croce in Gerusalemme, situata a ridosso delle Mura Aureliane fra Porta Maggiore e il
Laterano, e universalmente conosciuta ed e meta di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo: infatti
sono in essa conservate le piu importanti sacre reliquie che si conoscano. Si tratta di frammenti lignei
appartenenti, secondo la tradizione, alta croce di Gesu Cristo. F u r o n o portati a Roma da Elena, madre
dell'imperatore Costantino, che nell'anno 327 si era recata a Gerusalemme. Proprio p e r conservare e
venerare le reliquie della Santa Croce, si decise di erigere una monumentale basílica. Questa fu ricavata
nell'atrio del Palazzo Sessoriano, di mora degli imperatori del tardo periodo imperiale; artefice fu la stessa
Elena, o forse Costantino o, piu probabilmente, uno dei suoi successori nella seconda meta del I V secolo.
L'antica basílica era totalmente diversa da quella attuale; la trasformazione di parte del Palazzo Sessoriano
aveva dato luogo a una costruzione assai monumentale e anche piuttosto insolita. L'unica grande navata
era divisa in senso trasversale da archi sostenuti da colossali colonne granitiche, probabilmente le stesse
che ora dividono le t r e n a vate, alternare ai grandi pilascri settecenteschi. Durante il breve pontificato di
Lucio II ( 1144 - 114 5) fu completamente trasformara: fu divisa in ere na vate, venne aggiunto il transetto e
il nartece e fu costruito il campanile. Con il trasferimento della sede papale ad Avignone, all'inizio del
X I V secolo, la basílica fu abbandonata e subi la sorte di parecchi monumenti, andando lentamente e
progressivament e in rovina. Rimedió aquesta triste situazione papa Urbano V, che ne! 1 370 fece eseguire
alcuni lavori di restauro.
Altre trasformazioni si ebbero nel secolo X V, ma !'aspecto attuale della basílica si <leve agli importanti
interventi realizzati ne! 1743 durante il pontificato di Benedetto XIV. Autori del progetto di ristruttura-
zione furono gli architetti Domenico Gregorini e Pietro Passalacqua i quali mutarono l'antico aspetto
della basílica secondo il gusto settecentesco. La monumentale facciata, di ispirazione vagamente
borrominiana, e una delle piu belle realizzazioni del settecento romano e spicca in maniera scenografica
tra le vecchie costruzioni del convento dei Cistercensi. Fasci di imponenti lesene la dividono in tre
campa te, le due laterali concave, quella centrale convessa, coronata da tímpano curvilíneo. Sulla sommita
della facciata grande balaustrata ornata da statue e frontone centrale mistilíneo.
11 campanile romanico, a otro ordini (di cui quattro visibili) con bifore e trifore parzialmente murate, e
u n o dei piu antichi, ma anche dei piu malandati di Roma. Le tre ampie arcate d'ingresso immettono in un
bellissimo atrio a pianta ellittica; da qui si accede all'interno, che ha conservato la pianta basilicale ed e
diviso in tre navate da otto colonne antiche e da sei pilastri del restauro settecentesco. Bellissimo il
pavimento cosmatesco; l'affresco nella volta raffigura «S. Elena che sale al cielo» e fu realizzato da
Corrado Giaquinto ne! 1744. Altri affreschi di questo artista si trovano nell'abside ove e pure da notare il
sepolcro del cardinale Quinones, opera di ] a c o p o Sansovino (1536). Nella calotta absidale e da ammirare
lo stupendo affresco di Antoniazzo Romano eseguito alla fine del '5 oo; nel secondo al tare adestra, tela del
Maratta ( 1660 - 166 5). Scendendo per una scala a destra del presbiterio, si giunge nella Cappella di S.
Elena; nella volta bellissimo mosaico della fine d e l ' 400, eseguito proba bilmen te su disegno di Melozzo da
Forli. D a qui si p u ó accede re alla famosa cappella delle reliquie ( 19 30 ), architettonicame nte scialba e
fredda di marmi. Vi si conservano i sacri frammenti della Croce di Cristo e altre reliquie.

44°
S. MARIA DEL BUON AllJTO E S. MARGHERITA

Lungo il tracto di Mura Aureliane era S. Croce in Gerusalemmé e Porra S. Giovanni, esistono due
piccoli oratori raramente menzionaci nelle guide di Roma e non da tutti conosciuri. Non sono, in verica,
mol to imporranti, ma vale la pena di raccontarne brevemente la storia. lniziamo dal primo, inticolaco a S.
Maria del Buon Aiuto. E situaco sulla destra di Piazza S. Croce in Gerusalemme, proprio a ridosso degli
archi aperti su lle mura in epoca recente per consentire il passaggio delle automobili e dei tram. Si tratca di
una piccolissima costruzione a pianta rettangolare dalla semplice facciata a campare, preceduta da una
breve scalinata. Fu erecta da papa Sisto IV della Rovere ne! 1476 e fu dedicara alla Vergine in segno di
ringraziamento. 11 poncefice, infatti, uscito una mattina dal Palazzo Lateranense per fare una passeggiata,
si diresse con il suo seguito verso la basílica di S. Croce in Gerusalemme. Ma ad un tracto scoppióun
violento temporale con grande abbondanza di tuoni e fulmini. 11 papa trovó rifugio presso una edicola
che conteneva un'immagine della Madonna, alla quale rivolse una preghiera e chiese di aiutarlo a
scampare il pericolo. Cessaco il temporale, Siseo IV ordinó di erigere una cappella per conservare e
venerare la sacra immagine. E cosi fu. Per l'occasione venne demolita l'antica chiesa di S. 1'1aria de
«Oblationario», detta anche de «Spazolaria» o «Spezzellaria»; quesea curiosa denominazione deriva
dall'abitudine dei fedeli di lasciare le offerce sugli scalini della chiesa, che il solerte sacrescano «spazzava»
tutee le sere con molta cura.
S. Maria del Buon Aiuto fu cuscodita dapprima dai Cistercensi, i quali avevano impiantato un
bellissimo e productivo orto ne! piazzale dinanzi alla chiesa. In seguito fu sede della Compagnia dei
Cappellari e actualmente e affidata alla Confraternita di S. Maria del Buon Aiuco. el secolo scorso
!'edificio fu restaurato un paio di volee.
]!interno, rivestito di marmi, e una piccola aula rettangolare con volea a crociera. La famosa immagine
della Vergine, colea dall'edicola originaria, si trova sull'altar maggiore; si cratta di un affresco molto
restauraco attribuico ad Antoniazzo Romano. Le insegne di papa della Rovere si ritrovano sull'alcare, su!
soffitto e anche nella facciaca escerna.
In condizioni pietose e in stato di semiabbandono e in vece !'oratorio di S. Margherica. Si trova a poche
decine di metri da Porra S. Giovanni, inserito in un rorrino delle mura, canco che e quasi impossibile
identificarlo. Una porcicina, ere finestrelle ad arco e i resti di un antico campanile, cestimoniano
l'esistenza di un oratorio. Non si conoscono con esattezza le sue origini; forse fu rica vaco nella cella dove
era stata tenuta prigioniera S. Margherita, una leggendaria martire della quale si conosce poco o nulla di
attendibile. In passaco era considerato un importante luogo di cuico e meca ricorrente di pellegrinaggi,
tanto che Clemente IX (1667 - 1669) concess speciali indulgenze ai fedeli che visitavano !'oratorio. In
seguico fu completamente abbandonato e ando in rovina. Ne! 1914 fu restaurato da Antonio Munoz, ma
ben presto cadde di nuovo in un cocale stato di abbandono. Actualmente e chiuso, dicono, per restauro.
Degli affreschi trecenteschi che si trovavano all'interno poco o nulla rimane; sono stati letteralmente
divorati dall'umidita e distrutti da anni di incuria.

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