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S.

BALBINA

L'antico Clivius Delphini, che dalle Terme di Caracalla saliva all' A ven tino, prende oggi il nome di via
Baccelli. Proprio all'inizio della strada, sulla destra, una rampa in salita conduce sino alla chiesa e all'ex
convento di S. Balbina. Le origini della chiesa sono assai remote: la sua fondazione risale forse alla
seconda meta del VI secolo, quando fu costruita sulle rovine della casa del console Fabio Cilone. E
menzionata perla prima volta in un documento dell'anno 59 5, durante il pontifica to di Gregario I ( 590 -
604). Venne resraurata nei secoli VIII e IX dai papi Gregario III, Leone III, Gregario IV e Benedetto
III. Nel Medioevo in seguito alle invasioni barbariche, tutta la zona dell' Aventino, un tempo densamen-
te abicata, si spopoló completamente fino a divenire una campagna desolara. I pochi insediamenti
religiosi rimasti furono costretti a fortificarsi per difendersi dai guerrieri barbarie da orde di briganti.
Accanto alla chiesa di S. Balbina sorse un grande convento fortificato, con torri e merlature, ancora oggi
visibile. Ne! 1489 il cardinale Marco Barbo, nipote del papa Paolo 11, fece ricostruire la copertura lignea,
poiché quella originale era crollata; il suo nome e inciso in una delle travi. Al tri restauri vennero eseguiti
ne! secolo XVJ l. Nel 1689 la chiesa fu affidata alla Congregazione dei Pii Operai, i quali la tennero fino al
1798, anno in cui fu messa all'asta e riscattata dai Fratelli Poveri. Nel secolo scorso fu restaurata due
vol te: ne! , 81 3 da Pío VII Chiaramonti ( 1 800 - 1823) e nel 182 5 da Leone XII Della Genga (, 82 3 - 1829).
Dal 1848 al 1854 il convento e gli orti furono ceduti al Pontificio Istituto Agrario per i fanciulli
abbandonati. Dal 18 54 al 1879, la chiesa fu in vece affidata all'Istituto Correzionale dei minorenni diretto
dai Fratelli della Misericordia. Oggi il convento e stato trasformato in ospizio (dedicato a S. Margherita)
per anziani inabili al lavoro. Dal 1929 al 1939 Antonio Munoz restauró la chiesa in maniera radicale.
La facciata, interameme in mattoni, con tre grandi finestre ad arco transennate (di restauro), e
preceduta da un portico a tre arcate. In esso sono conservati numerosi reperti archeologici e frammenti di
lapidi. Semplice portale con cornice marmorea.
Per accedere all'imerno, bisogna passare dal portone a destra della facciata e attraversare il cortile
dell'ex convento su cui si affacciano gli austeri edifici medioevali.
L'interno e un'ampia aula rettangolare absidata piena di luce proveniente dalle diciannove grandi
finestre che si aprono per tutto il perímetro nella parte alta; su ogni lato sei nicchie, alternatameme
rettangolari o absidate, con resti di antichi affreschi. Al centro della navata, verso il presbiterio, e stata
ricostruita, durante gli ultimi restauri, la schola cantorum, in marmi bianchi, opera in verita assai infelice.
Sotto il marmoreo e variopinto altare maggiore, posto tra l'abside e la navata, riposano le spoglie dei SS.
Balbina e Felicissimo. Nella parece di fondo bellissima sedia episcopale cosmatesca del secolo XIII.
Cosmateschi anche i candelabri nella terza nicchia a sinistra e !'imponente tomba, adestra dell'ingresso,
del cardinale Stefano Surdi, eseguita nel , 303 da Giovanni di Cosma. Nella quarta nicchia adestra bel
bassorilievo di Mino del Reame (secolo XV) raffigurante il «Crocifisso tra Maria e S. Giovanni»; si tratta
di una parte del sepolcro di Paolo II che si trovava nell'antica basílica di S. Pietro. II catino dell'abside e
ornato da un grande affresco manierista (mol to resta urato) eseguito da Anastasia Fomebuoni ne! 1523,
raffigurante la «Gloria di S. Balbina».
SS. NEREO E ACHILLEO

La vasta zona dove un tempo sorgevano le grandiose Terme di Caracalla, costruite tra il 206eil 2 16, fu
oggetto, su! finire del secolo scorso, di un'aspra polemica riguardo la sua destinazione d'uso. Fra le varie
soluzioni, prevalse la piu sensata: quella cioe di trasformare tutta la zona in una sorta di «parco
archeologico» da crearsi per fini culturali, educativi e protezionistici. Tuttavia il nobile intento dei
promotori di questa iniziativa non raggiunse lo scopo desiderata e oggi, a distanza di quasi un secolo, se
ne vede il risultato. L'utopistico «parco», spaccato in due dall'abnorme viale delle Terme di Caracalla,
una specie di «autodromo» percorso a gran velocita da migliaia di automobili al giorno, non e certo un
luogo tranquillo in cui passeggiare serenamente ed ammirare gli imponenti ruderi. Frastuono, caos e gas
velenosi, nonché la paura di essere investiti, rendono abbastanza difficoltoso un ipotetico itinerario
culturale. La zona inoltre, prima della sistemazione, era ricca di numerose preesistenze romane e
medieovali, eliminate per far posto ai percorsi alberati.
Uno dei monumenti sopravvissuti e l'antica chiesa dedicata ai SS. Nereo e Achilleo, situata all'angolo
tra viale delle Terme di Caracalla e Piazza Numa Pompilio, sede di spaventosi ingorghi semi-permanenti.
Un tempo questa chiesa era denominata «Titulus Fasciolae» a causa di una leggenda: si dice, infatti, che
per questi luoghi sia passato S. Pietro, quando evase da! Carcere Mamertino, e che proprio qui abbia
perso la beoda che gli fasciava una caviglia piagata dalle catene. Sembra che una chiesa, dedicata aquesto
avvenimento, sia sorta gia alla fine del IV secolo. Nell'anno 800, durante il pontificato di Leone III (795
8 16), fu interamente ricostruita. Qualche studioso afferma che la chiesa fu intitolata ai SS. Nereo e
Achilleo quando, dopo il sacco di Roma da parte dei Saraceni (846), i corpi dei due martiri furono qui
trasporta ti dalle catacombe sull' Appia, per paura che il loro sepolcro fosse profanato.
La chiesa fu rifatta quasi ex novo nella seconda meta -del XV secolo, durante il pontificato di Sisto IV
( 1471 - 1484). Circa un seco lo piu tardi ( 1 597) il cardinale Cesare Baronio, discepolo di S. Filippo Neri, ne
curó la decorazione interna, affidando al Pomarancio il compito di affrescare le pareti. Egli esegui una
sorta di «martirologio», un ciclo di dipinti raffiguranti, con cruda realta, atroci supplizi inflitti ai martiri
cristiani. Lo spazio interno, bello e austero, e diviso in trena vate da pilastri quattrocenteschi ottagonali;
la copertura e a capriate lignee. Da notare ne! presbiterio: l'ambone a intarsi marmorei, posto su una base
di porfido rinvenuta nelle Terme di Caracalla; il candelabro quattrocentesco finemente decorato,
precedentemente conservato nella basílica di S. Paolo; la sedia episcopale, ornata alla base da due
splendidi leoni, opera della scuola del Vassalletto (sec. XII - XIII). L'altare maggiore, con decorazioni
cosmatesche, e posto sotto un bellissimo ciborio del '500. Sull'arco trionfale il mosaico bizantineggiante
risale all'epoca di Leone 111 e raffigura la «Trasfigurazione», l'«Annunciazione» e la «Madonna col
Bambino e un Angelo». Belli anche i due altari laterali, inseriti in un'edicola ornata da colonne marmoree
strigilate (scanalate con profilo a doppia curva), e riccamente decorati nella parte frontale.
Davanti alla semplice e anonima facciata esterna, preceduta da protiro, si trova va un'antica colonna di
granito con bel capitello ornato da teste di leone. Nel dicembre 1984 purtroppo la colonna e stata
abbattuta e il capitello rubato; un furto su commissione organizzato probabilmente da un collezionista
senza scrupoli.
S. SABA

ella tranquillita del cosiddetto «piccolo t\ ventino», il colle situato di fronte ali' Aventino, tra Piazza
Albania e le }.fura Aureliane, sorge l'antica chiesa di S. Saba. La tradizione vuole che essa sia stata fondata
nello stesso luogo in cui si trovava la casa di S. Silvia, madre di S. Gregario Magno. Qui esisteva anche
un oratorio che i piu fanno risalire al V l secolo; la chiesa primitiva sarebbe stata costruita nel VII secolo,
probabilmente da un gruppo di monaci orientali i quali la dedicarono a S. Saba monaco e uomo di cultura
e originario della Cappadocia. Ma furono i Benedettini che ne! X secolo ricostruirono la chiesa dandole
l'aspetto attuale. Fu poi rimaneggiata nei secoli successivi; nel 1 2 0 5 , quando era officiata dai Cluniacensi,
fu rifatta quasi completamente. 1 el 1465, durante il pontificato di Paolo II, fu nuovamente restaurata per
intercessione del cardinale Francesco Piccolomini. Gli ultimissimi ritocchi le furono dati non molto
tempo fa, ne! 1943.
Su via di S. Saba si affaccia un protiro romanico: da qui si entra in un tranquillo e grazioso giardino in
fondo al quale si eleva la facciata della chiesa. Quesea e precedura da un portico composto da rozzi pilasrri
in mattoni al di sopra del qua le si trova un bellissimo loggiato del ' 4 0 0 ad arcate sosten u te da colonnine
granitiche. Sulla sinistra si intravede il tozzo e basso campanile. Sotto il porticato sono collocari srupendi
frammenti marmorei d'epoca romana, fra i quali due sarcofagi; uno di questi, il piu grande, e ornato da
bassorilievi sulla fronte strigilata. ll porta le dei tempi di Innocenzo III ( 1 198 - 12 16) ha una bellissima
cornice cosmaresca.
L'interno e diviso in ere nava re da quattordici antiche colonne con capitelli ionici e corinzi, sicuramen-
te tutti di spoglio. C'e poi una particolarita: sul fianco della navata sinistra si apre una guarra navata, piu
piccola delle altre, divisa da tre colonne antiche. Sulla parece di quesea da notare resri di affreschi del XIII
e X I V secolo raffiguranti, tra l'altro: «J\fadonna in trionfo fra Santi» e «S. 'icola e le ere Vergini». In
fondo alla navata sinistra bellissimo aleare ricavaro da un antico sarcofago marmoreo. Sopra ['arco
trionfale l'affresco discretamente conservato, raffigurante l'«t\nnunciazione», risale al 1 4 6 3 . ll soffitto
della navata centrale e a capriare lignee, il pavimento e cosmatesco. Nella chiesa sono presentí alrre opere
cosmatesche: la cattedra episcopale, i resti dell'antico recinto della Schola cantorum, ora murati nella
parete della na vaca destra. Nell'abside, dietro !'alta re, affresco del ' 3 0 0 raffigurante una «Crocifissione».
Accompagnati da un sacerdote o dal sagrescano, si puó scendere a visitare ['oratorio di S. Silvia,
piccola aula con absidc, orna ta di strane incisioni; da qui si possono vedere anche i ruderi della primitiva
casa romana, che era ad un livello ancora inferiore. Nel corridoio della sacrestia, infine, da notare i resri
degli affreschi che un tempo ornavano l'antico oratorio.

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S. CESAREO IN PAlATIO

Via di Porta S. Sebastiano puó considerarsi il tracto urbano della via Appia Antica. Quesea, in realta,
parte da Porta S. Sebastiano e corre rettilinea verso sud; quella nasce da Piazza Numa Pompilio e, fra
antiche mura che delimitano parchi secolari, orti, giardini e antichi cimiteri (Sepolcri degli Scipioni),
giunge sino all'inizio della via consolare. A poche decine di metri da Piazzale Numa Pompilio, sorge
l'antica chiesa denominara S. Cesareo in Palatio. Fu costruita, forse ne! VII secolo, sulle rovine di uno
stabilimento termale, del quale rimangono tracce nel sotterraneo. Sulle sue origini e sulla sua storia nei
secoli bui poco o nulla si sa. L' Armellini afferma che alla chiesa era annesso un monastero di monaci
greci; egli afferma anche che «qui vi fu ospitato S. Saba, monaco basiliano, quando venne a Roma (tra il
989 e il 991) mandato dal patrizio di Amalfi ad Ottone 111». La chiesa fu dedicara a S. Cesa reo «martire
d' Africa, ucciso a Terracina», e, in origine, probabilmente era conosciuta con l'appellativo di S. Cesareo
de Appia. In seguito fu denominata «in Palacio» forse perché era attigua alla casa del cardinal Bessarione,
titolare della diocesi di Frascati e coito umanista del '400, dove si riunivano gli intellettuali dell'epoca.
Questa casa esiste tutt'ora, e stata restaurata ed e adibita a luogo di ricevimenti importanti.
La chiesa fu completamente rifatta durante il pontifica to di Clemente VIII Aldobrandini ( 1592 - 1605 );
l'architetto fu proba bilmen te Giacomo della Porta. L'interno, una grande aula rettangolare con presbite-
rio rialzato, e coperto da un elegantissimo soffitto a lacunari dorati su sfondo azzurro con insegne e
stemmi di que! papa e, al centro, la figura di S. Cesareo fra due angeli. Il recinto presbiteriale, il pulpito,
l'altare e la cattedra episcopale sono costituiti da frammenti marmorei cosmateschi provenienti dalla
basílica di S. Giovanni in Laterano. ll ciborio risale alla ricostruzione tardo-cinquecentesca. Sotto la
mensa dell'altare, da notare la finestrina caratteristica delle chiese paleocristiane, da cui prendeva luce la
confessione (o cripta) nella quale erano conservate le reliquie del Santo titolare; ai latí due angeli in
marmo. Il Cavalier d' Arpino (al secolo Giuseppe Cesari) preparo i cartoni per i mosaici dell'abside e
dell'arco trionfale (sec. XVI), raffiguranti rispettivamente: il «Padre Eterno fra due Angeli» e «1' Annun-
ciazione». L'artista esegui anche gli affreschi che adornano tutta la chiesa; il piccolo dipinto sopra la
cattedra risale invece al secolo XV.
Da una ripida scaletta a sinistra dell'ingresso si scende ne! sotterraneo, dove si possono ammirare i
resti dello splendido pavimento musivo, che ricopriva l'antica sala dell'edificio termale, raffiguranti
tritoni e naiadi.
La facciata estema, preceduta da un protiro, e su due ordini di lesene con capitello ionico decora to da
volto di puttino ed e coronata da frontone triangolare.
Di fronte alla facciata, nello spazio verde tra via di Porta S. Sebastiano e via di Porta Latina, da notare
una colonna granítica sormontata da una croce, probabilmente «segno di un punto di sosta per
pellegrini» (Ra vaglioli).

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