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S.

STANISlAO DEI POlACCHI

La chiesa di S. Stanislao dei Polacchi si trova in via delle Botteghe Oscure. Lastrada e cosi denominara
p e r l e antiche botteghe medioevali che erano state ricavate tra gli archi di un teatro romano (simile al
Teatro di Marcello), oggi scomparso, costruito nel 13 a. C. da Cornelio Balbo. La chiesa e anteriore al
secolo XII ed era aquel tempo conosciuta come S. Salvatore in Pensili; a tal proposito vediamo cosa dice
lo scandalizzato Armellini; «La denominazione di questa chiesa ricorda la corruttela dei costumi del
Medioevo, peggiori assai dei nostri, giacché pisili, palchi, pensili, erano nomi propri dei lupanari, da uno
dei quali, per essere contiguo alla nostra chiesa, prese essa il nome!».
Nel 1285, durante il pontificato di Onorio IV, la chiesa fu ricostruita; lo conferma una lapide
marmorea con un'iscrizione di queseo papa, conservata oggi nel Palazzo Busiri Vici in via Ludovisi. La
chiesa fu concessa da Gregorio XIII, nel 1 578, al cardinale polacco Stanislao Hos, il quale trasformó
!'edificio annesso in ospizio per i pellegrini e i visitatori suoi connazionali. Nel 1 580 fu ricostruita e
intitolata a S. Stanislao. Un ulteriore rinnovamento fu eseguito dall'architetto Francesco Ferrari nella
prima meta del '700.
La facciata, su due ordini, semplice ed elegante, e inserita in un bel palazzo barocco; nell'ordine
superiore finestrone con tímpano curvilíneo spezzato.
L'interno, a nava ta unica con quattro altari per lato e profondo presbiterio, e riccamente decorato con
marmi e stucchi dorati. Sulla volta : «Gloria di S. Stanislao» affresco di Ermenegildo Costantini
realizzato tra il 1774 e il 1777. Sull'altar maggiore la pala raffigurante «Gesu con S. Stanislao e S.
Giacinto», fu realizzato ne] secolo XVI dal senese Antiveduto Grammatica, proviene dalla precedente
chiesa cinquecentesca. Sugli altari laterali dipinti settecenteschi di pittori polacchi. Elegante organo sulla
parete d'ingresso.
S. CATERINA DEI FUNARI

All'angolo fra via dei Funari e via Caetani, si trova la chiesa tardo-rinascimentale di S. Caterina dei
Funari. Al suo posto esisteva un tempo il monastero di S. Maria Oominae Rosae, chiamato anche «in
castro aureo», e costruito sui ruderi del Circo Flaminio. Detto monastero esisteva anear prima dell'anno
1 0 0 0 e la sua chiesa romanica a pianta basilicale, costruita probabilmente ne! XII secolo, aveva la facciata
sull'attuale via Caetani. el 1 534 papa Paolo III Farnese affidó la chiesa a S. Ignazio, il quale vi istitui una
triste e patetica Compagnia; le Vergini Miserabili e Pericolanti. Anni dopo, nel 1564, si decise di
ricostruire la chiesa e l'incarico fu affidato a Guidetto Guidetti, allievo di Michelangelo, che era succeduto
al maestro nella direzione dei lavori della fabbrica del Campidoglio.
La facciata, che ricorda l'architettura di fartino Longhi il vecchio, e una delle piu belle, del tipo a
ordini sovrapposri, esistenti a Roma. L'orcline inferiore e tripartito da lesene con capitello corinzio; al
centro portale fiancheggiato da colonne scalanate corinzie, ai latí nicchie e specchiature. L'ordine
superiore, con quattro lesene corinzie, e coronato da tímpano triangolare con sovrastanti candelabri ed
eleganti volute di raccordo. Grande finestrone circolare al centro, nicchie ai lati.
L'interno, a navata unica con tre cappelle su ogni lato, contiene numerose opere dei piu famosi artisti
del manierismo romano (sec. X VI - X VII). ella prima cappella a destra: «S. Margherita» di Lucio
Massari, copia dall'originale di Annibale Carracci ora al Louvre. Nella seconda cappella a destra,
progettata dal Vignola, «Deposizione» e, sulla volta, «Storie di Cristo», di Girolamo Muziano; nei
pilastri, affreschi di Federico Zuccari. ella terza cappella adestra: «Assunta» di Scipione Pulzone. ella
cappella maggiore, sull'altare, «Martirio di S. Caterina», di pinto attribuito a Livio Agresti; ai lati: «Storie
della Santa», di Federico Zuccari e Raffaellino da Reggio. ella terza cappella a sinistra, sull'altare: «S.
Giovanni Battista» opera di Marcello Venusti.
S. AMBROGIO ALLA MASSIMA

Via di S. Ambrogio e uno strettissimo vicolo che, da via del Portico d'Ottavia, compiendo tre secche
curve ad angolo retto, conduce sino a Piazza Mattei, piu comunemente nota come Piazza delle Tartarughe
perla splendida fontana situata al centro di essa. La prima volta che si percorre via di S. Ambrogio alla
ricerca dell'omonima chiesa, si rimarra delusi: della chiesa nessuna traccia. Ma dopo un'ulteriore
passeggiata piu tranquilla e piu attenta si scoprira l'arcano: la chiesa c'é, ma e nascosta fra le case, al di la di
un cancello, sempre chiuso, che immette in un grazioso cortile. Vi e anche un antico monastero, oggi
abitato dai Benedettini di Su biaco. I I complesso era ricordato gia ai tempi di Leo ne III (79 5 - 8 16) e a llora
era denominato: «Monasterium S. Mariae quae appellatur Ambrosii». Pare che in guello stesso luogo
esistesse la casa paterna di S. Ambrogio, vescovo di Milano, vissuto nel IV secolo, ma non e ceno. E piu
probabile, invece, che S. Ambrogio dimorasse in quella casa durante un suo soggiorno a Roma. La
denominazione «alla Massima», pare che derivi dal nome di una certa Maxima che, non sisa bene quando,
avrebbe fondato la chiesa. Sono supposizioni, purtroppo non avallate da notizie storiche cene.
el 1606 si cominció a ricostruire la chiesa dalle fondamenta per volonta di donna Beatrice de Torres e
di suo fratello, cardinale Ludovico de Torres, i quali finanziarono l'opera.
La ricostruzione duró mol ti anni e i lavori furono affidati a diversi architetti, i quali si alternarono nelle
varie fasi della realizzazione. Essi furono: Orazio Torriani, Giovan Battista Mola e Cario Maderno.
Nel 1814 le Benedettine, a lle quali era stata affidata la chiesa fin dalla fondazione, furono sostituite dalle
Clarisse. Queste nel 1860 furono cacciate in malo modo perché «prestarono illecitamente culto ad
un'antica loro compagna e superiora, falsa mistica ... » (Armellini). Subentrarono cosi i Benedettini
Sublacensi.
La chiesa di S. Ambrogio e sempre chiusa; tuttavia, se busserete alla porta del convento, i gentilissimi
Padri Benedettini saranno lieti di farvela visitare. L'interno, piuttosto disadorno, ma assai elegante, e a
nava ta unica con ampio transetto e presbiterio. Nelle quattro nicchie laterali bellissimi cibori barocchi. La
pala sull'altar maggiore e un di pinto modernissimo abbastanza bruttino; al suo pasto vi era un tempo una
tela raffigurante papa Paolo V ora conservata in un locale del convento insieme ad altre antiche pitture.
Tra queste un affresco staccato, che si trovava sotto il portico che precede la facciata, raffigura una
«Crocifissione» attribuita ad Antoniazzo Romano.
Ne! cortile che precede l'atrio si trova la fontana del '600 ornata da un sarcofago romano con teste di
leoni, assai malridotto. Nell'atrio (adestra, murara nella parete) una bellissima lastra-bassorilievo ornata
di croci, forse antico basamento di un altare, risale al I X secolo.
S. MARIA IN CAMPITELLI

Nell'inverno del 1656 infuriava a Roma una terribile epidemia di peste. L'8 dicembre il popolo
romano, rappresentato dai Conservatori, fece un solenne voto: avrebbe trasportato la veneratissima
immagine di S. Maria in Portico, conservara nella chiesa di S. Galla, oggi distrutta (era dove si trova il
Palazzo del!' Anagrafe), in un luogo, se !'epidemia avesse risparmiato la cimi. Quando il morbo cessó,
Roma contó i suoi morti: 1 5.ooo. Tuttavia la promessa fu manten uta e l'immagine sacra fu trasferita nella
vicina chiesa di S. Maria in Campitelli; questo avvenne il 14 gennaio 1662. In quello stesso anno si decise
di riedificare la chiesa, dandole una forma piu imponente; il 29 settembre fu posta la tradizionale prima
pietra. I lavori furono affidati all'architetto Cario Rainaldi il quale realizzó una delle piu significative
costruzioni del periodo barocco. All'inizio era stata progettata una chiesa a pianta centrale, ma durante i
lavori la costruzione subi sostanziali modifiche. Nel 1667, anche se non ancora ultimata, S. Maria in
Campitelli fu apena al pubblico; i lavori furono completati nel 1729 e in quell'anno avvenne la
consacraz1one.
La facciata in travertino e su due ordini di colonne corinzie (inferiore) e composite (superiore)
completamente staccate da! fondo. Al centro della trabeazione si innalza un frontone triangolare.
L'ordine superiore, coronato da un doppio tímpano triangolare e curvilíneo, ha un grande finestrone
centrale. I1 portale e fiancheggiato da colonnine corinzie che sostengono un tímpano mistilineo. Le
numerase sporgenze e rientranze, le linee irregolari e le aperture creano un effetto chiaroscurale molto
particolare, unico forse nelle chiese barocche romane.
L'interno, alto e imponente, ha una pianta molto complessa, a croce greca nel primo tratto, piu stretta
verso l'abside. Sulle pareti si aprono le cappelle laterali scandite da colonne scanalate e pilastri corinzi.
Appena oltrepassato l'ingresso, nella piccola cappella in fondo adestra, si trova un bel fonte battesimale
del '400.
Sull'altar maggiore settecentesco, davanti a un trionfo di angeli dorati, si eleva un tabernacolo con
colonne torrili realizzato ne! 1667 probabilmente da Giovanni Antonio de Rossi, contenente la famosa
immagine di S. Maria in Portico.

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S. ANGELO IN PESCHERIA

II Portico d'Ottavia era una sorra di enorme «capannone», costituito da gigantesche colonne che
sostenevano una copertura a due falde. Fu costruito nel 146 a.C. da Q. Cecilio Metello Macedonico e fu
poi restaurato in torno al 30 a.C. da Augusto, il quale lo dedicó a sua sorella Ottavia. Ne! 205 d.C. fu quasi
completamente rifatto prima da Settimio Severo e poi da Caracalla. L'immenso portico (m. 132 x 1 19)
ing]obava diverse costruzioni, tra le quali due templi, due biblioteche e numerosi gruppi scultorei. Era
insomma un importante punto di ritrovo per tutta la popolazione, quello che oggi potrebbe definirsi un
«Centro cívico» o «Centro collettivo».
Da! Medioevo fino alla fine del secolo scorso, tra i ruderi del Portico di Ottavia, si teneva il piu famoso
mercato del pesce di tutta Roma. I barconi da pesca risalivano il Tevere e ormeggiavano nei pressi
dell'Isola Tiberina; da li il pesce veniva trasportato con ceste e carretti, prima dell'alba, fino ai vicini
banchi della pescheria dove iniziava la vendita.
Nell'VIII seco]o fu fondata, su lle ro vine del Portico, una diaconía (chiesa con annesso ospizio)
intitolata dapprima a S. Paolo e poi a S. Angelo. Nel XII secolo fu denominara «S. Angelo in Foro
Piscium».
Ne! corso dei secoli vennero effettuati diversi restauri: durante il pontifica to di Pio IV ( 1559 - 66); ne!
161 1, ne! 1741 e, infine, nella seconda meta dell'ottocento quando, su progetto dell'architetto Betocchi,
fu ingrandita l'abside, rifatto il pavimento e ricostruito il campanile romanico crollato due secoli prima.
Nella chiesa si ritrovarono, a mezzanotte del 20 maggio 1347, giorno di Pentecoste, Cola di Rienzo e
un manipolo di disperati suoi seguaci per organizzare la loro «rivoluzione»; da li partirono quella stessa
mattina per anclare ad espugnare il Campidoglio.
La chiesa non ha facciata, ma e comunque bellissimo e suggestivo il lato dell'accesso principale, tra
que) che resta dei monumentali propilei del Portico di Ottavia.
L'interno e diviso in trenavate separate da grossi pilastri con addossate lesene con capitello ionico, le
cui volute sono unite da festoni. Su questi sono impostate tre grandi arcate. L'abside e assai ampia, la
copertura e a capriate lignee. Da notare, in fondo alla navata sinistra, vicino alla seconda cappella, un
affresco raffigurante la «Madonna col Bambino e Angeli» opera quattrocentesca di Benozzo Gozzoli,
staccato dalla parete estema della sacrestia.
A S. Angelo il sabato pomeriggio verso le 18 si puó assistere a una lunghissima funzione, con canti,
musiche di chitarra e con tanta partecipazione di pubblico.

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S. GREGORIO ALLA DMNA PIETA

La chiesa di S. Gregorio alla Divina Pieta, situara su! Lungotevere tra Piazza di Monte Savello e il
Ponte Fabricio, corse u n brutto rischio alla fine del secolo scorso quando, durante la costruzione dei
muraglioni, stava per essere demolita. F u invece risparmiata, probabilmente per n o n cancellare per
sempre u n luogo legaro a un importante avvenimento. Pare infatti che la chiesa sía sorra sui resti della casa
della famiglia Anicia, dove, secondo la leggenda, sarebbe nato S. Gregorio Magno in t o r n o alla meta del
VI secolo. Le sue origini sono quindi molto antiche, ma n o n sappiamo di preciso l'anno della fondazione.
Sicuramente esisteva nel X I I secolo e gia allora divenne parrocchia; a quel tempo era anche conosciura
come S. Gregorio a Ponte Quattro Capi o anche «de porra judaeorum». 11 significato di questa
e e
denominazione semplice: il ponte in questione il gia citato Ponte Fabricio, cosrruito in epoca romana e
ancor oggi esistente, che unisce la sponda sinistra del Tevere con l'Isola Tiberina. L'espressione «quattro
capi» deriva dalle quattro erme di marmo che orna vano i parapetti del ponte stesso. «J udaeorum», in vece,
ricorda la vicinanza d lla chiesa al ghetto degli Ebrei. 11 ghetto era una sorra di «recinto» nel quale erano
stati confinati fin da! 1 5 5 5, per volere di Paolo IV, tutti gli Ebrei residenti a Roma; nelle ore notturne
venivano addirittura chiuse le porte del recinto e nessuno poteva né entrare né uscire. Questa incredibile e
barbara usanza d u r ó fino al 1 848, quando Pio I X tolse gli Ebrei dal forzato isolamento; ma n o n per questo
ebbero poi vita tranquilla negli anni che seguirono. Nella chiesa di S. Gregorio, che si trova va di fronte a
u n o dei portoni del ghetto, si tenevano le cosiddette «prediche coarte» con le quali si cerca va di convertire
gli Ebrei. Lo testimonia anche l'iscrizione in lingua ebraica e in lingua latina che si trova sulla facciata e
che si riporta per intero: «lo ho teso tutto il giorno le mani ad un popolo incredulo il quale cammina
seguendo le sue idee per una via che n o n e buona; ad un popolo che continuamente, proprio dinanzi a me,
mi provoca all'ira» (Isaia, L X V , 2-3).
Nel 17 2 7 Benedetto X I I I affidó la chiesa alla Congregazione degli Operai della Divina Pieta, il cui
scopo era quello di assistere le famiglie u n tempo agiate e poi cadute in miseria. Sul fianco destro della
chiesa esiste ancora una buca per le elemosine con la seguente iscrizione: «Elemosine per povere onorate
famiglie e vergognose». Per volere ele! papa la chiesa fu completamente ricostruita e nel 1729 venne
consacrata.
La facciata settecentesca fu progettata da Filippo Barigioni: e su due ordini, l'inferiore, molto alto,
fiancheggiato da lesene. Sopra al portale si nota la gia citara iscrizione bilingue; piu in alto, un grande
ovale incorniciato da una ghirlanda in stucco rácchiude un affresco deteriorato raffigurante una
crocifissione. L'ordine superiore e incoronato da un tímpano curvilíneo, ornato da una testa di
angioletto, che copre solo la campara centrale e la sottostante finestra con balaustra. Ai lati grossi
candelabri. Sul fianco destro, molto elegante, si aprono diverse finestre: un tempo vi erano i locali
dell'abitazione del parroco.
L'interno, restaurato nel 18 58, e a navata unica e n o n presenta sorprese; sull'altar maggiore la
«Madonna della Divina Pieta», un dipinto seicentesco di Gilles Hallet.
S. NICOI.A IN CARCERE

Ben diversa da oggi appariva la zona di Roma compresa fra il Campidoglio e il Teatro Marcello,
attraversata dall'omonima strada (conosciuta anche come via del Mare), prima della sistemazione
urbanística effettuata durante il fascismo. In luogo della grande arteria esisteva anche qui un dedalo di
viuzze che si aprivano fra case e casupole e che formavano un tutt'uno con l'intricata rete viaria
dell'adiacente zona del ghetto. Le arcare inferiori del Teatro di Marcello erano occupate da bottegucce di
vario genere, perlo piu luride e maleodoranti. Tra il 1926 e il 19 32 fu fatta «piazza pulita» e si dette a turra
la zona una sistemazione sbrigativa e definitiva. II Teatro fu restaurato e le botteghe eliminare; divers1
edifici furono abbattuti e fu tracciata la gia ricordata via del Mare che fu il primo grande tracciato verso
«le spiagge del Tirreno». Anche le casupole, le baracche e i tuguri addossati da un lato alla rupe del
Campidoglio, dall'altro alla chiesa di S. Nicola in Carcere, furono eliminati.
La chiesa sorge sui ruderi di tre templi del cosi detto Foro Olitorio, dove anticamente si teneva il
mercato delle erbe. Gli interventi urbanistici cui si accennava, ne riporrarono alla luce gli interessanti
resti, tra i quali otto belle colonne scanalate comprese nel fianco destro della chiesa.
Qui esisteva, probabilmente nel secolo VIII, una prigione e questo spiega la denominazione «in
carcere» attribuita alla chiesa dedicara a S. Nicola, fondata in epoca assai remota e menzionata per la
prima volta in un Libro Pontificale dell'XI secolo. Sappiamo inoltre che durante il pontificato di
Pasquale 11 ( 1099 - 11 18) vi era annessa una diaconía (ospizio) e che nei primi anni del 11oo fu quasi
interamente ricostruita. In quel tempo era rivestita di affreschi, il pavimento era ornato di splendidi
mosaici, c'erano la schola cantorum, la sedia episcopale e gli amboni in marmo. Alla fine del ' 4 0 0 il
cardinale Rodrigo Borgia (futuro papa Alessandro VI) e il Cardinale Borromeo, restaurando la chiesa in
maniera radicale, ne cambiarono la fisionomía e ogni arrecio ancló perduto.
La facciata, progettata da Giacomo della Porta ne! 1599, fu poi rimaneggiata ne! secolo scorso, durante
i lavori di restauro fatti eseguire da Pio IX. Essa e a un solo ordine, racchiuso da due colonne scanalate
con capitello ionico con volute unite da festoni. Sopra al portale ornato da frontone triangolare, si apre
un'ampia finestra circolare fiancheggiata da bassorilievi raffiguranti S. Marco e S. Marcelliano. Tra la
trabeazione e il tímpano triangolare di coronamento, alto fascione ornato da fregi scultorei. A destra
della facciata, nella grande torre medioevale molto restaurara, adattata a campanile, sono conservare
ancora due campane del ' 2 0 0 opera di Guidotto Pisano.
L'interno e a pianta basilicale, diviso in trena vate da 14 colonne di spoglio con bellissimi capitelli tutti
diversi uno dall'altro. Opere d'arte di particolare importanza non ve ne sono: sotto l'altare con
baldacchino ( 1856) si trova una preziosa urna anti ca in porfido verde d'Egitto. Nella nava ta destra un
frammento di affresco raffigurante la «Madonna col Bambino», datato 14 70, e attribuito ad Antoniazzo
Romano.

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