ONOFRIO
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S. GIUSEPPE ALI.A LUNGARA
Quasi contemporaneamente a via Giulia, il grande papa Giulio II della Rovere ( 1 5 0 3 - 1513) tracció,
sulla sponda opposta del Tevere, via della Lungara. Concepita come asse viario tra il Porto di Ripa
Grande e il Vaticano, la lunga strada rettilinea era percorsa dai pellegrini che giungevano a Roma, via
mare, soprattutto in occasione degli Anni Santi. Via della Lungara era, a quei tempi, una bella strada di
campagna sulla quale si affacciavano splendide ville signorili (come la Farnesina, prima dei Chigi e poi
dei Farnese), orti e giardini, chiese e monasteri. Ne! secolo XVIJ su quella via cominciarono a sorgere in
gran quantita ospizi e ricoveri per donne povere, malate, bisognose, zitelle, di malaffare, etc., e tutta la
zona compresa fra il Tevere e le pendici del Gianicolo comincio a cambiare volto.
Alla fine del!' ' 8 0 0 un convento di Carmelitane fu trasformato ne! carcere di Regina Coeli, tutt'ora in
funzione. II colpa di grazia fu inferto a via della Lungara dalla costruzione dei muraglioni su! fiume. Da
aliara é come oggi ci appare: una stretta strada infossata, delimitata per un lungo tratto dal terrapieno del
Lungotevere.
La chiesa dedicara a S. Giuseppe, annessa al convento dei Padri Pii Operai, si trova, partendo da Piazza
della Rovere, su! lato destro a pochi passi da! cinquecentesco Palazzo Salviati. Scopo della Congregazio-
ne dei Pii Operai, formatasi ne! 1 6 0 6 , era quello di portare la parola del Signare negli sperduti villaggi
rurali. I confratelli, prima di avere una loro sede, girovagavano per mezza Roma, vivendo in diversi
conventi: S. Balbina, S. Lorenzo ai Monti, Madonna dei Monti, etc.
Finalmente ne! 1 7 2 9 , grazie ai 3 0 0 0 scudi donati ai sacerdoti da un ricco monsignore napoletano,
anche i Pii Operai ebbero la loro chiesa. La costruzione inizió ne! 17 3 0 su progetto di Ludovico Rusconi
Sassi; anche Clemente XII Corsini, che aveva il suo palazzo proprio in via della Lungara, contribui alle
spese perla realizzazione dell'edificio. La costruzione del convento fu iniziata ne! 1 760 e terminata ne!
1764.
La facciata della chiesa é su due ordini di lesene con capitello ionico separa ti da cornicione aggettante;
nell'ordine superiore, coronato da tímpano curvilineo, grande seudo inscritto in una cornice quadrata.
L'interno é a pianta ottagonale coperto da cupola ellittica; ai lati due nicchie con airare. Ne!
presbiterio, coperto da volta a crociera, la grande pala settecentesca di Mariano Rossi raffigura il «Sogno
di S. Giuseppe»; ai lati due dipinti, sempre del Rossi, in pessimo stato di conservazione. Lavori di
restauro furono eseguiti nella seconda meta del secolo scorso; nel 1 8 7 2 fu ricostruita la cupola poiché
quella originale era crollata.
S. GIACOMO IN SETIIMIANO
Percorrendo via della Lungara verso Porta Settimiana (cosi chiamata perché in origine era un arco dal
quale si accedeva alle Terme di Settimio Severo), sul lato sinistro, quasi in angolo con la Salita del Buon
Pastore, si trova la chiesa di S. Giacomo. L'esatta denominazione e S. Giacomo in Settimiano (dal nome
della porta) ma oggi e comunemente conosciuta come S. Giacomo alla Lungara.
Di antichissime origini, pare che la prima costruzione risalga al secolo IX durante il pontificato di
Leone IV (84 7 - 8 55). lnnocenzo llI ( 1 198 - 12 16) affidó la chiesa al Capitolo di S. Pietro; qualche anno
dopo, Innocenzo IV ( 1243 - 1z 54) la concesse in vece ai Monaci Silvestrini. Giulio II la riaffidó, nei primi
anni del XVI secolo, alla Cappella Giulia della Basílica Vaticana; ne! 1620 passó ai Terziari Francescani.
Anni dopo il convento annesso alla chiesa ospitó alcune suore provenienti da diversi monasteri. In quel
tempo l'eredita di un ricco avvocato permise alle consorelle di restaurare chiesa e convento, anche con il
valido aiuto del cardinale Francesco Barberini. I lavori furono completati nel 1643. Alla fine del!' '800,
durante la costruzione dei muraglioni sul fiume e del Lungotevere, il convento fu demolito. Venne poi
ricostruito nei primi anni di questo secolo; in quello stesso periodo fu restaurara anche la chiesa che, dal
, 88 5, e in stato di abbandono e assai deteriora ta.
La facciata seicentesca, preceduta da una scalinata a doppia rampa, e su due ordini: quello inferiore
campito da lesene con capitello corinzio, quello superiore da lesene con capitello ionico. Sopra il portale
finestra rettangolare, piu in alto un'identica finestra e sormontata da un timpano spezzaco. A coronamen-
to dell'ordine superiore, frontone triangolare. La torre campanaria del 'zoo, tozza, quadrata in mattoni a
vista, e visibile da! Lungotevere.
L'interno, restauratissimo, era originariamente a tre navate; oggi e a una sola navata con altari laterali
e volta a cassettoni. Sull'altare maggiore un dipimo attribuito a Francesco Romanelli (secolo XVII)
rappresenta «S. Giacomo». Da notare, a destra del presbiterio, la «Memoria funebre» di tale lppolito
Merenda, una sorta di lapide in forma di lenzuolo spiegazzato tenuto, con le mani e coi den ti, dalla morce
alata: macabra realizzazione di Gian Lorenzo Bernini.
S. CROCE DELLE SCALETIE
In via della Lungara, all'angolo con via della Penicenza, sorge la chiesa, semiabbandonaca, di S. Croce
delle Scalecte, conosciuca anche come Buon Pastore. Era annessa al monascero delle «Pentice», coscruico
nel 161 5 su consiglio di Domenico di Gesu e Maria, Padre generale dei Carmelicani Scalzi. L'edificio fu
adibico a iscicuco di rieducazione, senza avere pero né le caratterisciche di un convento né canto meno
quelle di un carcere. In esso venivano ospicace cemporaneamente donne nubili o sposace, che volevano
espiare i loro peccati conducendo una vita di penicenza, ma senza prendere i voci. el 18 38 l'isticuco fu
affidaco da Gregorio X VI ( 18 3 1-1 846) a lle Su ore di Jostra Signora della Carita del Buon Paseo re
d' Angers. Quesea Congregazione, nata in Francia nel secolo XVII, ospitó nell'isticuco anche le cosiddec-
te «Preservare», bambine fra i 5 e i 10 anni che, per diversi motivi, non potevano ricevere dalla famiglia
un'educazione adeguata. Nel 18 54 Pio IX ( 1846-1878) incaricó l'architecco Virgilio Vespignani di
edificare, lungo vía della Penitenza, una nuova ala del convento. In epoca recente (1970) l'istituto di
rieducazione e scaco crasformaco in una sorta di collegio per giovani che hanno tenuto una catciva
condotta.
La chiesa fu costruita ne! 1619 a spese di Baldassarre Paluzzi Albertoni, un ricco marchese che ave va
finanziato anche la costruzione del convento. Oggi la chiesa e sempre chiusa e per visitarla bisogna
rivolgersi alle comunica ospitate nelle case annesse.
La facciaca e preceduta da una scala a doppia rampa che ha, curiosamente, dato il nome alla chiesa. E su
due ordini, tripartí ti da semplici paraste; nell'ordine inferiore il porta le e fiancheggiaco da due nicchie, in
quello superiore vi e un finestrone cencrale e due specchiature ai lati.
A coronamento vi e un timpano triangolare con lunettone centrale. Un'iscrizione sopra il portale
ricorda la fondazione della chiesa: «Nell'anno del Signore 1619 Baldassarre Paluzzi Albertoni eresse,
ornó e dedicó il tempio alla SS. Croce». Sulla destra della facciata da notare la porta dell'antica sede delle
Suore di Nostra Signora della Carita, con la statua del Buon Pastore.
L'interno, a navata unica, e scaco spogliato di parte degli arredi e dei dipinci di un tempo. Le poche
opere d'arte rimaste sono di scarso interesse.
SS. DOROTEA E SILVESTRO
La chiesa dedicara ai SS. Dorotea e Silvestro sorge, nella via omonima, a poche decine di metri da Porta
Settimiana. Le sue origini sono molto antiche: in una bolla pontificia di Callisto II del 1 1 2 3 figura va come
una delle filiali della basilica di S. Maria in Trastevere. A quei tempi era denominara S. Silvestro «iuxta
portam Septimianam». Ne! 1 5 0 0 , in occasione dell'Anno Santo, venne trasportato, e inumato sotto
l'altare, il corpo di S. Dorotea e in quell'occasione, probabilmente, la chiesa fu intitolata anche aquesta
Santa. el 1 5r 3 nella chiesa fu fondata, da! notaio genovese Ettore Vernazza, la famosa Compagnia del
Divino Amore, della quale fecero parte illustri personaggi laici e religiosi, tra i guali il cardinal Pietro
Carafa, divenuto papa col nome di Paolo IV. Sempre in S. Dorotea sorsero altre due importanti
istituzioni: nella prima meta del ' 5 0 0 S. Gaetano di Thiene fondo l'ordine religioso dei Preti Regolari (i
Teatini); ne] 1 5 9 7 S. Giuseppe Calasanzio is ti tui «la prima scuola popolare gratuita d'Europa», che fu poi
denominara «Scuola Pia».
La chiesa vecchia fu demolita nel 175 o e il primo luglio 175 1 cominciarono i lavori perla costruzione di
un nuovo edificio, completa tonel 175 6. L'architetto fu Giovan Battista Nolli, meglio conosciuto per la
sua famosa Pianta di Roma; egli mori nello stesso anno in cui fu termina ta la chiesa e qui fu sepolto ai piedi
dell'altar maggiore.
La facciata, concava, e a un solo ordine fiancheggiata da due coppie di alte paraste con capitello ionico
che sostengono un attico sormontato da tímpano triangolare. Sopra il portale, coronato da tímpano
curvilíneo, iscrizione con dedica ai SS. Dorotea e Silvestro e, piu in alto, semplice finestra rettangolare.
L'interno e a una sola navata con profondo presbiterio e con tre cappelle su ogni lato, su cui guelle
centrali, assai ampie, formano una sorra di transetto. Le cappelle sono fiancheggiate da fasci di alte lesene
con capitello composito. Gli affreschi della volta sono del secolo scorso, opera del pittore Gaetano
Bacchetti. Sull'altar maggiore: «S. Dorotea e S. Silvestro» pala settecentesca di Michele Bucci.
S. MARIA DELLA SCAl.A
Fu Giulio II (1 503 - 1í 13) che amplie, l'antica via della cala prolungan<lola fino alla Porta Secrimiana;
da qui, percorren<lo quesra breve scrada recrilinea, si giunge fino a . ,\lana 1n T raste,·ere. C1rca a meca <li
quesea ,·1a sorge la ch1esa di S. i\Iaria della cala, fondata alla fine del X \ ' l secolo. Quesea curiosa
denominazione é legara ad un <lipinto raffigurante la Vergine che era collocato sotto una scalecca estema
di una casa ,·icina. Pare che la sacra 1mmag1ne, secondo la leggenda, abbia com1nciato a comp1ere
miracoli nel 1192 e abb1a a cal punto impressionaco la fanrasia popolare, che papa Clemente \ ' 111 ( 1592
1605), insieme al cardinale Tolomeo Gallio, ordinó di edificare una chiesa in cui custodirla e ,·enerarla.
l lavori cominciarono nel 1593 su progecro d1 Francesco da \'oltcrra; qualche anno dopo ti papa aftidó
la chiesa ai Carmelitan1 calzi. i'.el 1594 hancesco da Volterra mori e la cosrruzione fu interrotca; 1lavon
ripresero qualche anno dopo finanziati dal nipote del cardinal Gallio, il quale ave, a ered1taro dallo z10,
morco nel 1607, 1fond1 necessan per portare a termine l'ed1fic10. La chiesa fu compleraca nel 16 1o. Fino a
qualchc tempo fa quesea seconda fase della realizzazione era attribuira a Ottavio i\laschenno, ma, poiché
questi mori nel 1606, si é porta ti a credere che ti famoso architetro si sia dedica to sopracrucco ai lavori
dell'annesso grande convento. l.'arcisra che completó la ch1esa fu probabtlmente il Rainald1, mentre la
facciara fu completara basandosi sui d1segni di Francesco da Volterra. 11 convento fu trasformaro in
ospedale durante la difesa di Roma nel 1849; vi mori in qucllo stesso anno Luciano i\lanara.
La facciata, precedura da una scalinara e da un'inferriara, é su due ordini. Quello mferiore é sparriro da
lesene con capttcllo connzio e ha un grande portale al centro sormonraro da una n1cch1a con una statua
raffigurante la «i\ladonna con il Bambino» scolpita nel 1633 da Francesco d1 Cusarr. L'ordtnc superiore,
raccordato all'inferiore con eleganri volute, é fiancheggiaro da due coppie di lesene con capitello
composiro ed e coronaro da un t1mpano rnangolare.
L'inrerno, assa1 ampio, é a na vaca unica con cappelle laterali, profondo presbiterio, cupola e transetto.
La decorazione c.lella volea risale al secolo scorso, forse un po' troppo ricca d1 ghirigori. Di pess1mo gusto
i lampadari a gocce di cnstallo, present1 in gran numero, che danno alla ch1esa un aspecro p1utcosco
«kitsch». L 'airare magg1ore e sovrasraro da un complicaro ciborio coperto con cupo la sorrecra da una
gran quantita di colonnine, opera di Rainaldi (1650). 'ell'abside grandi tele seicentesche di Luca de La
! laye cono ciuro anche come Luca il F1ammingo.
Bellissimo il dipinro sull'altare della prima cappella a sinistra: raffigura la «Decollazione del Battisra»
( 1619) ed e opera del caravaggesco Gerit \ ' an Honthorst, !'artista olandcse conosciuto 1n Italia come
Gherardo delle 1'otti. ella terza cappella a destra gli affresch1 della volea e le tele lacerali sono d1
Giovanni Odazzi ( 166 3 - 17 3 1), menrre la pala d'alrare, raffiguranre la « . acra Fam1glia» é di Giuseppc
Ghezzi (sccolo X\'Il).
L'immagine miracolosa della \'ergine é conservara nella cappella del hraccio siniscro del transecm,
realizzaca dall' 1\lgardi. Da notare, sopra la porta d'ingresso, la ncca canroria cseguita nel 17í 6 da
Giuseppe Panini.
S. MARIA DEI SETIE DOLOR!
Via Garibaldi, partendo da Porta Settimiana, costeggia l'antico tracciato delle Mura Aureliane. Dopo
il primo tratto rettilineo, si inerpica, con una serie di curve e controcurve fino alla sommita del
Gianicolo. Alla fine del rettilineo, sulla sinistra, si trovano la chiesa e il convento dedicati a S. Maria dei
Sette Dolori.
II complesso monastico sorse nella prima meta del XVIT secolo per iniziativa della nobildonna Camilla
Virginia Savelli, moglie di Pietro Farnese duca di Latera, localita vicino a Viterbo. La duchessa,
trasferitasi a Roma, compen'> con notevoli sacrifici, un terreno alle falde del Gianicolo. Sua intenzione
era quella di costruire un convento in cui sistema re un gruppo di giovani «zitelle», o propense a scegliere
la vita religiosa, fino ad allora ospitate nella propria casa di Latera. Per la costruzione della chiesa fu
chiamato nel 1643 Francesco Borromini il quale pero era in quel tempo impegnatissimo nella realizzazio-
ne dell'Oratorio dei Filippini e di S. Ivo alla Sapienza. Cosi egli si a vvalse della collaborazione di Antonio
del Grande. Per quanto riguarda il monastero, invece, il maestro fu aiutato da Francesco Contini.
II Borromini, personaggio triste, malinconico, nervoso e spesso intrattabile, fu senz'altro anche molto
sfortunato. Quasi sempre succedeva qualcosa di imprevedibile che comportava o la sospensione dei
lavori o la difformita da! progetto originale o !'opera incompiuta. Tutto questo sempre per il solito
dannato motivo dei soldi che manca vano o altre difficolta sempre di ordine finanziario. Anche in questo
caso successe che il Bernini non poté portare a termine la facciata della chiesa perché i fondi stanziati da
Donna Camilla finirono. E cosi e rimasta come oggi ci appare, come se l'architetro, il capomastro e gli
oper.ai se ne fossero andati all'improvviso portandosi via attrezzi e impalcature; tanto che si fatica a
distinguere in quell'ondulato fronte in mattoni a vista (bellissimo peraltro) la facciata di una chiesa.
La campata di centro, concava, in cui si apre il portale con grata sovrastante, e fiancheggiata da due
corpi aggettanti disposti con lo spigolo acuto rivolto verso l'osservatore. Alle due estremita si ergono
due corpi ellissoidali leggermente in aggetto; tutta la facciata e caratterizzata da una gran quantita di
finestre, di grate e di nicchie.
L'interno e inaccessibile vuoi per lavori di restauro, vuoi perla innata ritrosita delle suore. La chiesa e
a nava ta unica con cappelle laterali fiancheggiate da alte colonne con capitello composito. La decorazio-
ne e le aggiunte settecentesche, nonché i restauri dell' '800 e del '900 appesantiscono l'insieme e fanno si
che !'opera si discosti alquanto dalla tematica borrominiana. La mano del maestro si vede in alcune
soluzioni architettoniche e decorative, come la finestra ad imbuto rovesciato (situara sopra la parece
d'ingresso), incorniciata dalla trabeazione che percorre tutto il perímetro della chiesa. Sull'altare
maggiore «La deposizione di Cristo» una copia del dipinto del Pordenone; sull'altare di sinistra «S.
Agostino» di Cario Maratta (fine '600 - primi del '700).
S. EGIDIO
Circa a meca della via che unisce Piazza della Scala con la basílica di S. Maria in Trastevere, si trova
Piazza S. Egidio, dove sorge la piccola omonima chiesa. In questo stesso luogo esistevano, nel XII
secolo, due chiesette, l'una intitolata a S. Lorenzo del Curtibus (o anche de Turribus), l'altra a S. Biagio
in Trastevere (o de Janiculo), entrambe dipendenti da S. Maria in Trastevere. Delle due chiese, la prima
aveva la facciata su via della Paglia, la seconda su Piazza S. Egidio; fra di esse vi era un grande palazzo,
chiamato misteriosamente «Micine». Alcuni storici dicono che queseo nome potrebbe essere un vezzeg-
giativo della nobildonna !miza Stefaneschi, appartenente a una delle piu potenti famiglie medioevali
romane, che possedeva una roccaforte nel rione Trastevere, adiacente a S. Maria.
Ma torniamo alla chiesa di S. Egidio. el 1601 le Carmelitane Scalze andarono ad abitare in una casa
adiacente alla chiesa di S. Lorenzo de Curtibus. Le monache si fecero presto ben volere dal vicinato: nel
1 6 0 7 , infatti, un fiorentino di nome Licio Ceoli regaló loro un piccolo appartamento attiguo alla casa
dove risiedevano. Tre anni piu tardi un macellaio del rione, tale Agostino Lancellotto, donó alle suore la
chiesa di S. Lorenzo, che gli era stata affidata dal Ca pi tolo di S. Maria in Trastevere; il ricco commercian-
te l'aveva fatta restaurare a sue spese e l'aveva dedicara a S. Egidio. el 1 6 2 8 papa Urbano Vlll, grazie
all'interesse della religiosa Vittoria Colonna, affidó alle Carmelitane l'altra chiesa gia menzionata, quella
di S. Biagio, che ne! frattempo, essendo appartenuta alla Confraternita dei Calzolai, era stata reintitolata
ai SS. Crispino e Crispiniano.
Aquesto punto le suore dovettero mettere un po' d'ordine: siccome due chiese erano troppe, decisero
di eliminarne una e scelsero quella intitolata a S. Egidio, lasciando cosi spazio per la costruzione di una
nuova ala del convento. L'altra chiesa, quella dei SS. Crispino e Crispiniano, fu pure rasa al suolo e al suo
poseo ne fu ricostruita una nuova, che fu dedicara a S. Egidio.
Le Carmelitane abitarono qui fino ai primi anni del secolo scorso, allorché diverse vicissitudini le
costrinsero ad abbandonare il monastero e a peregrinare per la citta in cerca di un'altra sede; infine
abbandonarono completamente Roma. Oggi l'ex convento é sede di un'associazione culrurale-religiosa
che si dedica ad opere umanitarie di vario genere (scuole, assistenza agli anziani, laboratori artigianali,
etc.).
La facciata della chiesa, preceduta da una cancellata in ferro, é a un solo ordine, fiancheggiato da fasci
di paraste con capitello corinzio e coronaro da frontone triangolare piuttosto movimentato.
L'interno, a na vata unica coperta da vol ta a botte, con cappelle laterali, non contiene opere d'arte di
particolare importanza. La pala sull'altar maggiore raffigura la «Madonna del Carmine e S. Simone
Stock» e fu eseguita nel 1 6 3 0 da Andrea Camassei. Alle pareti del presbiterio le tele raffiguranti «La
vestizione di S. Teresa d' A vila» (adestra) e «L'incoronazione della Vergine» (a sinistra), sono opera di un
allievo di Luca de la Haye. Sull'altare della cappella di sinistra «S. Egidio», opera del Pomarancio (secolo
XVII).
S. PIETRO IN MONTORIO
370
•
S. MARIA IN TRASTEVERE
La basílica di S. :\faria i n Traste\'ere sorgc nell'omonima piazza ne! cuore del popolare rione
Trasre,·ere, uno dc1 ptu cararrcrisnc1 di Roma. Le sue origini sono ancichissime e qualche scud10s0
afferma che e la piu amica ch1csa dcd1carn alla l\ladonna. Qui esisreva negli anni dcll'lmpcro, la «Taverna
l\Icriroria», una sorra di «CR/\L» con annessa osrcria, peri soldari in pensione. Alcssandro Severo (222 -
23s), 1mperarore assai rolleranre ne1 confronti del Crisr1anes1mo, conccsse a1 crisnani l'area su cut sorgeva
la Taverna perché vi esercitassero i loro riri. Perc1ó una ch1esa pnmit1va, o comunque un luogo di culto,
fu 1stiruira gia nel LIl sccolo trasformando !'edificio pagano. l\,fa non sappiamo se quanto fin qui esposro
cormponda a ,·enra o sía piurrosro una leggcnda; que! che e cerro, mvecc, e che papa Giulto I (33 7 3 52)
edificó la basil1ca dedicara alla ,\fadonna ampliando un'ant1ca «domus cccles1ae)) (chiesa domestica),
probabilmcnte 9uell'edific10 che /\lessandro evero donó ai Crisriani. Cin9ue secoli piu rardi, papa
Grcgorio I\' (827 844) mod1ticó al9uanto la ch1esa prtmttiva e la ornó di numerosi arred1 e decoraz1oni:
innalzó il presbiterio, cosrrui ti c1bono, l'iconosrasi e la schola cantorum. Qualchc anno dopo Benederto
111 (8s5 - 858) restauró l'abs1de, crollata in seguiro al terremoto dell'anno 847, edificó il porttco e il
battisrero. Passarono alrri tre secolt: S. :\Iaria tn Traste,ere s1 trO\·ava tn rovina e ti papa Innocenzo II
( 1 1 ,o - 1143) la ricostrui compleramenre usando soprarrutto materia le di spoglio proveniente dalle
Terme di Caracalla. 11 bel campanile romanico fu in vece costrutto durante il ponuficato di Eugenio lil
(1145-1is3).
, osranziali modifiche vennero apporrace alla basiltca durante I secoli success1v1. JI cardinale Alremps,
alla fine del '500, fece costruire, da Marrino Longhi ti Vecchio, la cappella pcr la sua famiglia, a sinistra
del presbiterio, splend1damenre decorara con glt affrcschi di Pas9ualc Cati, fece demoltre la schola
cantorum e realtzzare alrre cappclle lateral 1. '\.el 161 7 11cardinale Pietro \ldobrandmi fece eseguire, su
disegno del Domenichino, ti ricco soffirro ltgneo a lacunari doraci e dipinti; lo scesso Domenichino
d1pinse, nell'ottagono centrale, la cela con l'« \ssunta». :--:et 1680 il grande arrisca, picrore e decora rore
Antonio Gherardi, realtzzó una delle piu be lle opere del barocco romano: la Cappclla A, 1la. In un g1oco
d1 luct, ombre, prospeccive, linee spezzace e decorazioni di bianco scucco, s1 ntrovano parecchi cerní
borrominiani unici allo straordinario scile inno,·arore del Gherardi. t\ll'iniz10 del '700 Cario Fontana
modificó la facciaca e il port1co della chiesa, sosmuendo le fincstre cent1nace con un'apertura quadraca.
/\:ella seconda meca del!' '800 \'irgilio \'esp1gnani restauró in maniera radicale la basílica e la riporcó alle
forme romaniche dei rempi di Innocenzo 11. ella parre della facciata sovrastante ti porcico, riapri le tre
antiche finesrre e restauró I mosaic1 de1 secolt XII e X 111. ,\ll'interno rifece il bel pavimento cosmacesco e
riporcó alla luce le bas1 delle z I antiche colonne granit1che con capicelli ionici e corinzi che separano le ere
navace. La cornice della trabeazione, poggiance directamente sulle colonne, e soscenuca da mensole
rica, are da frammenc1 marmorei di epoca romana. Tra le cante opere d'arre, da notare gli splendidi
mosaici duecemeschi dell'abside, opera di P1erro Canllini e, al di sopra d1 ess1, aten mosa1ci piu anc1chi
del tempo d1 lnnoccnzo 11. ¡\ descra del presbiterio, sullo scalino, la scritta «fons olei» ncorda un'altra
leggenda: nel 38 a.C. un gecco di olio sgorgó da! socrosuolo zampillando per malee ore e fu interprerato
come un segno premonicore della nascira di Cristo. ,\lcuni d1cono che non fosse olio, ma perrolio;
purrroppo inurile a quei cempi.
372
S. MARGHERITA
Alla fine di ,·ia della Lungaretta, poco prima di Piazza S. Maria in Trastevere, vi e, sulla destra, un
piccolo slargo che prende il nome di Piazza S. Apollonia. Qui si trova la chiesa di S. "Margherita, di fronte
alla quale esisteva un tempo la cinquecentesca chiesa di S. Apollonia, oggi scomparsa. Originariamente S.
Margherita era orientata in maniera diversa da ora: il fronte era su via della Lungaretta e il convento
annesso si trova va su! lato di sinistra. Le origini della chiesa sono assai remote: fu fondata infatti ne! 12 8 8 ,
durante il pontifica to di icoló IV e a que! tempo era dedicata a S. Elisabetta. 1el 1564 la ricca nobildonna
Giulia Colonna acquistó la vecchia chiesa, l'annesso convento delle Suore Francescane e alcune case
confinanti. Tutto il complesso fu resta urato in maniera radicale e la chiesa fu dedicata ai SS. Margherira ed
Emidio. Passarono poco piu di cent'anni e la badessa di S. Margherita, aiutata dal fratello cardinale
Girolamo Gasraldi, volle riedificare la chiesa. Fu incaricato di redigere il progetto l'architetto Cario
Fontana, il quale si mise immediaramente al lavoro. el 1 6 8 0 la chiesa era completata e venne aperta al
culto. La decorazione interna fu realizzata negli anni seguenti. ella prima meta del ' 7 0 0 fu consacrata
dall'arcivescovo Michele Cario Althan.
el secolo scorso il complesso conventuale subi diverse vicissitudini e cambió spesso «padrone»: la
chiesa fu affidara nel 1 8 1 4 alla Confraternita di S. Emidio; nel 18 20 apparteneva alla Camera Apostolica, la
quale concesse alcuni locali alla Manifattura dei Tabacchi. Anni dopo abitarono ne! monastero le religiose
del vicino convento di SS. Rufina e Seconda; ne! 1892 apparteneva alta Pia Unione del Rosario di Pompei
e fu in quegli anni restaurara. Oggi e affidata alla Confraternita di S. Emidio, alla quale fu restituita ne!
1 933·
La facciata e su due ordini: quello inferiore e tripartito da lesene con capitelto composito, ha un portale
centrale sormontato da un timpano curvilíneo e nicchie laterali. ell'ordine superiore, raccordato con
grandi volute e coronato da frontone triangolare, vi e un grande finestrone centra le.
L'interno, imbruttito e disordinato per la presenza di piasrre radianti, scaffali in metallo, tappeti e
manifesti di vario genere, e a una sola navata con cappelle laterali. Sull'altar maggiore vi e un dipinto
seicentesco di Giacinto Brandi: «S. Margherita in carcere ha la visione della Croce». In due ovali ai lati
dell'altare opere di Giuseppe Ghezzi datate 168 5. ella cappella di sinistra l'«Immacolata fra S. Francesco
e S. Chiara», tela del Baciccio.
374
SS. RUFINA E SECONDA
La piccola chiesa dedica ta alle SS. martiri Rufina e Seconda, le quali, secondo la leggenda, ave vano qui
la loro di mora, sorge in via della Lungaretta, strada remlinea che congiunge Piazza Sonnino con S. ;\fa ria
in Trastevere. Alcuni storic1 affermano che in questo stesso luogo esisceva, nella prima meta dell'anno
1 ooo, il palazzo di papa Giovanni XI X ( 1024 - 1032), mala notizia non sembra con fermata. Notizie sicure
della chiesa, in vece, si hanno in una bolla di Callisto II datara 7 giugno 112 3, nella qua le e specificato che
in que! tempo dipendeva da S. i\Iaria in Trastevere. Facciamo un salto di circa cinque secoli e amviamo al
16o2: in quell'anno una nobildonna di Parigi, Francesca Montioux, acquistó la chiesa che allora
apparteneva ai l\íercedari (frati spagnoli della Mercede). La ricca signora comperó anche alcune case
artigue alla chiesecta per trasformarle in una sorta di monastero in cui ospitare ragazze laiche turbare dai
peccati del mondo, ma non abbastanza per scegliere la vira monastica. La Montioux dovette lavorare
assai per restaurare tutto il complesso da lei acqu1scato: infatti la chiesa, abbandonata e fatiscente, giaceva
in uno srato di degrado notevole; lo stesso dicasi per tutti gli arredi sacri e le opere d'arte presenc1
all'interno. Tuttavia la nobildonna si adoperó con molta cura per ridare lustro e splendore alle antiche
coscruzion1. La piccola comunica religiosa fu approvaca da Paolo V e da Urbano V. 1 el monascero
abitarono anche due figlie del Bernini, Celeste e Angela, le quali vi rimasero fino alla morte. Parce del
monas tero fu abicaco anche dalle Suore Orsol10e, a lle quah, ne! 18 33, subentrarono le monache del Sacro
Cuore di Gesu. 'el 1917 il complesso fu affidato alle Suore dell'lmmacolata Concez1one d'l vrea, le quah
cutt'ora vi nsiedono.
Sulla destra della scmplice facciata si trova il piccolo campanile romanico del XII sccolo, a tre ordini di
bifore, alcune delle quali murate.
L'interno, piccoltssimo, e diviso in trena vate da antiche colonne di spogho scalpellate (la superficie
del marmo risulta ruvida e si vedono i segni dello scalpello). Per il resto un recente restauro ( 197 3) ha
dato alla chiesa un aspecto piutcosco anonimo. ella navata destra da notare 11monumento sepolcrale d1
Francesca Montioux, fondatrice della chiesa. Un alero monumento funebre, quello d1 Bianca 'eri di
Rimini (mona nel 1697), si trova nella navata sinistra. L'altare maggiore e sostenuco da un cippo
decorato.
S.AGATA
In piazza S. Giovanni de Matha, sulla quale prospettano il fianco e il campanile di S. Crisogono, sorge
la chiesa di S. Agata. Le sue origini sono assai antiche e molto incerte; sembra che sia stata fondata da
papa Gregorio II (71 5 - 73 r) nello stesso luogo in cui sorgeva la sua casa. Ma quesea notizia non e molto
certa, anche perché di chiese dedicare alla Santa martire siciliana (fu torturara e uccisa a Catania nel III
secolo d.C. durante ]'impero di Oecio) se ne contano a Roma addirittura undici. Oggi ne rimangono due:
questa ne! rione Trastevere e quella intitolata a S. Agata dei Goti, ne! rione Monti. In una bolla di Callisto
II del 1 121 si afferma che S. Agata in Trastevere dipendeva, in que! periodo, dalla basílica di S.
Crisogono.
1 el 1 575 Gregario XIII affidó la chiesa alla Confraternita degli «Operai della compagnia della
domina cristiana», il cui scopo era quello di istruire gratuitamente i giovani poveri. 1el 1671 un
gentiluomo di nome Alessandro Luciani passó a miglior vita e lasció le sue ricchezze alla Confraternita
(che Paolo V ne! r607 aveva elevato ad Arciconfraternita). Ma il nobile e munifico gesto del Luciani servi
a ben poco: i soldi bastarono a mala pena per iniziare il restauro che i confratelli avevano tanto
desiderata. 1 lavori furono immediatamente sospesi e ripresero quarant'anni dopo; progettista fu
l'architetto Giacomo Recalcati ed esecutore materia le il bravo capo mastro Oomenico Guidi. 'el 171 1 la
chiesa fu ultimara, grazie anche allo stesso Guidi che rinunció a una parte del suo compenso poiché i
fondi erano di nuovo venuti a mancare. Ebbe comunque la consolazione (se cosi si puó chiamare) di
essere seppellito al centro della chiesa quando la morte lo colse nel 1728.
Anche la facciata e di Giacomo Recalcati e fu completara nel 1710. E su due ordini di lesene con
capitello composito; nell'ordine inferiore il portale é sormontato da un curioso tímpano mistilíneo.
'ell'ordine superiore un finestrone ovale con comice sagomata e inserito all'apice di un frontone
spezzato con ali curvilinee.
L'interno e a navata unica con tre cappelle per lato; bellissima la volta a botte con sei lunette
contornare da un'elegante cornice in stucco, formanti graziose volute che racchiudono un medaglione
dipinto.
Gli affreschi seicenteschi della vol ta e del ca tino absidale sono di Girolamo Troppa ( 16 36 - 1 706). Da
notare, nella seconda cappella a destra, la statua della Vergine denominara «Madonna de' oantri»,
parcicolarmente venerara in tutto il rione.