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09 Pagina 4
BENEDETTO XVI
CARITAS
IN VERITATE
Linee guida per la lettura 2009 quindicinale di attualità e documenti
a cura di Giorgio Campanini
L’ 19
enciclica Caritas in veritate di
Benedetto XVI rappresenta un
punto di riferimento non solo per gli
studiosi di dottrina sociale: analisi eco-
nomiche e implicazioni politiche si
intrecciano alle considerazioni teologi-
Documenti
che, con uno sguardo ai temi scottanti
del presente. Le riflessioni di Campanini
favoriscono una lettura più consapevole
e approfondita.
Card.Walter Kasper
Presidente del Pontificio consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani
«Oggi e domani»
Raccogliere i frutti
pp. 192 - € 6,90 Aspetti fondamentali della fede cristiana
nel dialogo ecumenico
BENEDETTO XVI
CARITAS
IN VERITATE
Linee guida per la lettura 2009 quindicinale di attualità e documenti
a cura di Giorgio Campanini
L’ 19
enciclica Caritas in veritate di
Benedetto XVI rappresenta un
punto di riferimento non solo per gli
studiosi di dottrina sociale: analisi eco-
nomiche e implicazioni politiche si
intrecciano alle considerazioni teologi-
Documenti
che, con uno sguardo ai temi scottanti
del presente. Le riflessioni di Campanini
favoriscono una lettura più consapevole
e approfondita.
Card.Walter Kasper
Presidente del Pontificio consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani
«Oggi e domani»
Raccogliere i frutti
pp. 192 - € 6,90 Aspetti fondamentali della fede cristiana
nel dialogo ecumenico
LE LETTERE
Caro lettore, «la piena comunione visibile nella fede,
nella vita sacramentale, nel ministero
Ecumenismo DI GIOVANNI
dopo quarant’anni «vogliamo mostrare che apostolico e nella missione» (n. 112). 585
siamo capaci di raggiungere qualcosa se Offriamo ai nostri lettori in esclusiva per Raccogliere i frutti.
Aspetti fondamentali della fede
Introduzione, versione e commento
rimaniamo impegnati nell’ecumenismo»: le l’Italia il prezioso documento del card.
cristiana nel dialogo ecumenico.
parole del card. Walter Kasper (cf. Regno- Kasper, presidente del Pontificio consiglio
Consensi, convergenze e differenze
att. 18,2009,585) indicano il senso di per la promozione dell’unità dei cristiani, { Card. Walter Kasper,
Raccogliere i frutti, lo studio di sintesi dei anche come testimonianza della fedeltà presidente del Pontificio consiglio
della rivista all’ecumenismo.
L’
trascorsi decenni di confronti ecumenici tra per la promozione dell’unità dei autore, grande esperto degli scritti
cattolici e protestanti che costituisce il Il titolo Raccogliere i frutti potrebbe avere cristiani }
contenuto di questo numero de Il Regno. il sottotitolo: «Per non tornare indietro». Introduzione (nn. 1-4) giovannei, affronta la spiegazione
I. Fondamenti della nostra fede
Molte conflittualità sono state superate delle tre Lettere di Giovanni – analizzate
e il patrimonio comune delle Chiese R comune:
cristiane, al di là delle differenze che
Gesù Cristo e la santa Trinità versetto per versetto – presentandole in
(nn. 5-13)
permangono, è davvero cospicuo. A patto Caro lettore, ordinandole direttamente II. Salvezza, giustificazione, una traduzione propria. Ne evidenzia le
che l’indirizzo ecumenico sia confermato. all’Ufficio abbonamenti santificazione (nn. 14-23)
(tel. 0514290077; fax 0514290099; III. La Chiesa (nn. 24-79
idee portanti e gli elementi letterari, sug-
Fra i tre grandi blocchi di dialogo
sviluppati dalla Chiesa cattolica email abbonamenti@dehoniane.it) potrà IV. I sacramenti del battesimo gerendo le implicazioni che il contenuto
(protestanti storici, ortodossi, carismatici ricevere altre copie di questo numero e dell’eucaristia (nn. 80-98)
Alcune conclusioni preliminari teologico ha per la fede e la vita ecclesiale
ed evangelicali) qui si raccolgono i direttamente a casa. Sono riservate agli
(nn. 99-112) di oggi. Un capitolo finale di bibliografia
risultati relativi soltanto ai documenti abbonati le seguenti condizioni: da 2
bilaterali firmati coi protestanti storici. a 10 copie e 2,70 cad.; oltre 10 copie aggiornata arricchisce la versione italiana.
Il dialogo è iniziato con loro negli anni e 2,00 cad.
Sessanta e i quaranta testi considerati
costruiscono un consenso che permette una DIREZIONE E REDAZIONE «Testi e commenti»
prima verifica. Via Nosadella, 6 - 40123 Bologna pp. 224 - € 23,80
tel. 051/3392611 - fax 051/331354
Non siamo mai stati così vicini nella www.dehoniane.it
condivisione della fede apostolica, nella e-mail: regno@dehoniane.it
DIRETTORE RESPONSABILE
comprensione della relazione fra Scrittura p. Lorenzo Prezzi ABBONAMENTI
e Tradizione, sulla dottrina della VICEDIRETTORE tel. 051/4290077 - fax 051/4290099 NELLA STESSA COLLANA:
giustificazione, nella percezione della CAPOREDATTORE PER ATTUALITÀ e-mail: abbonamenti@dehoniane.it
natura della Chiesa, nell’approccio al Gianfranco Brunelli
QUOTE DI ABBONAMENTO
Ugo Vanni
CAPOREDATTORE PER DOCUMENTI
battesimo e all’eucaristia. Su molti altri PER L’ANNO 2010
BOLOGNA
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regno 19 pant:REGDOC 17-2008.qxd 5-11-2009 17:49 Pagina 585
E cumenismo
Raccogliere
i frutti
E cumenismo
non dimenticare i risultati costruttivi dei decenni passati – e per non trascurare ciò che resta anco- (1) UR 1; EV 1/494.
ra da fare – era necessario sforzarsi, in un modo nuovo e senza precedenti, di raccogliere i ricchi
frutti di alcuni dei dialoghi intrattenuti con i partner occidentali e individuare i compiti che dob-
biamo ancora assolvere. Ci imbarchiamo in questo progetto in via, volgendo con gratitudine lo
sguardo da un lato a ciò che è stato conseguito e dall’altro al futuro, con il desiderio di offrire una
guida responsabile e incoraggiante. Così speriamo di avviare e facilitare la ricezione dei risultati
dei dialoghi nella Chiesa cattolica e con quattro partner dai quali siamo ancora divisi, e di sti-
molare la prosecuzione del dialogo sulle questioni che sono ancora aperte.
Nella maggior parte dei nostri dialoghi le Commissioni miste nominate dalle Chiese par-
tecipanti hanno prodotto documenti di studio,1 ma questi testi non hanno un’autorità vinco-
lante. Perciò occorre che siano recepiti e riconosciuti nella Chiesa e dalla Chiesa.2 Questo
documento di studio intende avviare, promuovere e agevolare forme di ricezione dei risultati
dei dialoghi nella nostra Chiesa e anche nelle comunità ecclesiali dei nostri partner. Allora la
consapevolezza del grado di fede apostolica che già condividiamo potrà stimolare nuovi dia-
loghi sulle questioni ancora aperte e ispirare un nuovo entusiasmo e un maggior livello di testi-
monianza comune nel mondo di oggi.
Perciò è tempo di chiederci: a che punto siamo arrivati? Che cosa abbiamo raggiunto? Che
cosa resta da fare? Qual è il cammino futuro sul quale possiamo e dobbiamo avanzare?
2. Benché il Pontificio consiglio abbia intrapreso dialoghi sia con le Chiese orientali sia con
le comunità ecclesiali sorte in Occidente, in questo documento prendiamo in considerazione i
rapporti dei dialoghi bilaterali internazionali occidentali3 intrapresi con i nostri primi partner
di dialogo dopo il concilio Vaticano II: la Federazione luterana mondiale (FLM; Lutheran
World Federation), il Consiglio metodista mondiale (CMM; World Methodist Council), la
Comunione anglicana e l’Alleanza riformata mondiale (ARM; World Alliance of Reformed
Churches). Le Chiese luterane e riformate si identificano direttamente con la Riforma magi-
steriale del XVI secolo, mentre la Comunione anglicana occupa un posto particolare fra le
comunioni influenzate dal movimento della Riforma. Il metodismo è scaturito dalla tradizio-
ne anglicana nel XVIII secolo, ma molte delle differenze che oggi separano metodisti e catto-
lici risalgono all’epoca della Riforma. Inoltre, aderendo con le sue Chiese membro alla
Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta dalla FLM e dalla
Chiesa cattolica, il CMM si è allineato a un’iniziativa che è fondamentale nel superamento di
una questione conflittuale di cruciale importanza, ereditata dal XVI secolo. Altri partner di
dialogo appartenenti alle Chiese libere e alle tradizioni evangelicale, carismatica e pentecosta-
le, di cui non si tratta in questo contesto, richiederebbero una diversa considerazione.
Benché i quattro dialoghi menzionati siano bilaterali e benché vi sia un impegno a conti-
nuarli a livello bilaterale, questo documento intende riflettere sui risultati di questi quattro dia-
loghi nel loro insieme e sulle loro reciproche interrelazioni. Il compito d’introdurre i dialoghi
bilaterali in un contesto multilaterale più ampio comporta rischi e sfide, perché ogni dialogo
ha la sua origine specifica, la sua logica e la sua metodologia, così come la sua dinamica e la
sua specifica natura. Di conseguenza, lo scopo e l’attenzione principale di ogni dialogo bilate-
rale sono diversi. Anche quando si esaminano gli stessi temi, la diversa enfasi posta su di que-
sti fa sì che essi siano spesso trattati da prospettive diverse e giungano a un diverso grado di
consenso o convergenza. Questo progetto cerca pertanto di conservare il più possibile il carat-
tere specifico di ciascuno dei quattro dialoghi.
Al tempo stesso però esiste una crescente interrelazione fra i nostri partner di dialogo, deri-
vante dai consensi e dagli accordi raggiunti fra loro. Spesso questi hanno stemperato vecchie
linee di demarcazione e vecchie differenze confessionali, come dimostrano ad esempio la
Concordia di Leuenberg (1973), la Dichiarazione di Meissen (1988), la Dichiarazione comune di
Porvoo (1992), la Dichiarazione di Waterloo (2001), la Dichiarazione comune di Reuilly (2001), il
Rapporto del Gruppo misto di lavoro fra la FLM e l’ARM Chiamati alla comunione e alla testi-
monianza comune (2002) e altri, e le più recenti Chiese unite e in via di unione a livello naziona-
le. Effettivamente, esaminando temi centrali della fede cristiana e dei dialoghi ecumenici, si sono
1 Per semplicità e brevità in questo documento il termine «Chiesa» Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione con la FLM,
viene usato a volte anche per le comunità protestanti in base alla loro pro- 25.6.1998; EO 7/1831-1895.
pria auto-designazione e auto-comprensione (ad esempio, Consiglio ecu- 3 Non si sono potuti considerare in dettaglio i documenti dei dialoghi
menico delle Chiese, Chiesa d’Inghilterra, Chiesa evangelica di Germania multilaterali e dei numerosi dialoghi nazionali che spesso hanno spianato
ecc.). La differenza teologica negli usi cattolico e protestante di questo ter- la strada ai dialoghi internazionali o li hanno approfonditi e completati. I
mine è chiaramente indicata nel c. III; qui a pag. 603. più importanti sono menzionati nelle note a piè di pagina, per cui posso-
2 La Chiesa cattolica ha riconosciuto in una certa misura il lavoro no essere facilmente comparati con i risultati dei dialoghi bilaterali inter-
svolto dalla prima Commissione internazionale anglicana - cattolica roma- nazionali.
na (ARCIC I) su eucaristia e ministero e ha formalmente sottoscritto la
E cumenismo
potuti individuare molti punti di consenso o di convergenza – e certamente anche questioni aper-
te e differenze che ancora rimangono – comuni ai quattro dialoghi. Inoltre oggi tutte le Chiese si
trovano davanti alle stesse sfide o a sfide analoghe. Perciò sembra possibile e anche appropriata
una trattazione comune differenziata dei quattro dialoghi.
3. Questo progetto è basato sulla concezione cattolica del dialogo ecumenico e sui princi-
(2) LG 8 e 15; EV 1/304ss.325ss; pi in materia di ecumenismo espressi dal concilio Vaticano II (2) e dai successivi documenti del
UR 2-4; EV 1/497-518
magistero, in particolare l’enciclica Ut unum sint (UUS; 1995) di Giovanni Paolo II. Nel movi-
mento ecumenico il concilio Vaticano II vede all’opera lo Spirito Santo, che ha risvegliato nei
(3) UR 1; 4; EV 1/496.508ss cristiani divisi il rimorso per le loro divisioni e ha donato loro un ardente desiderio di unità.(3)
Egli ha avviato il pellegrinaggio verso l’unità, che è impossibile senza conversione, rinnova-
(4) UR 6-8; EV 1/520-528; UUS 15; mento e riforma.(4)4
EV 14/2696
Di conseguenza, oggi le nostre discussioni non partono più dalle differenze esistenti fra di
noi, bensì da ciò che abbiamo in comune, soprattutto la nostra comune confessione di Dio uno
e trino e di Gesù come Signore e Salvatore, usata come fondamento del Consiglio ecumenico
delle Chiese (CEC), e citata in UR 1. Perciò anche questo documento parte dal riconoscimen-
to che attraverso il comune battesimo esiste una comunione reale ma non piena fra la Chiesa
cattolica e i partner di dialogo menzionati sopra, un grado di comunione che varia da una rela-
(5) UR 3; EV 1/503ss zione bilaterale all’altra.(5)
Sulla base e nel quadro di ciò che abbiamo in comune, noi cerchiamo di comprendere
meglio ciò che ci divide e d’impegnarci in un dialogo sui temi in questione. Questo dialogo
(6) UUS 28; EV 14/2692 nella verità e nella carità non è solo uno scambio di idee, ma uno scambio di doni,(6) che può
sempre arricchire e stimolare entrambi i partner. Il dialogo presuppone partner che hanno, e
sono consapevoli di avere, un forte senso dell’identità delle loro Chiese rispettive. Di conse-
guenza, il dialogo ecumenico non ha nulla a che vedere con il relativismo e l’indifferenza nei
riguardi della dottrina della fede. Il suo obiettivo non è il sincretismo o l’unità al minimo
comun denominatore o la coesistenza pacifica nella divisione, bensì la comunione visibile
piena nella fede, nella vita sacramentale, nel ministero apostolico e nella missione. La comu-
nione piena non significa uniformità, ma esiste insieme alla diversità culturale, ai diversi riti
liturgici, alle diverse forme di pietà, alle diverse ma complementari accentuazioni e prospetti-
ve ecc. In questo senso «l’ecumenismo intende precisamente far crescere la comunione par-
(7) UUS 14; EV 14/2692 ziale esistente fra i cristiani verso la piena comunione nella verità e nella carità».(7)5
In definitiva, lo stesso Gesù Cristo è il fondamento e l’obiettivo di tutto il nostro dialogo.
Attraverso il nostro comune battesimo, noi siamo in lui e nella misura in cui siamo pienamen-
te uniti a lui saremo uniti fra di noi in un’unità conforme al modello e al principio del mistero
(8) Cf. UR 2; EV 1/502 dell’unità nella santa Trinità.(8)
Per raggiungere quest’ultimo obiettivo, il dialogo ecumenico cerca passo dopo passo di rag-
giungere molti obiettivi intermedi. Si potrebbe dire che il movimento ecumenico è un pelle-
grinaggio comune, attraverso diverse forme di dialogo, che sono intimamente collegate e si
completano a vicenda. Perciò esso è dialogo teologico nella verità e nella collaborazione pra-
tica, dialogo di carità e vita; nel suo cuore è un dialogo spirituale.6
Una grande difficoltà in tutti questi dialoghi è data dalla mancanza di una totale simmetria
o relazione allo stesso livello fra la Chiesa cattolica e i succitati partner ecumenici. Mentre da
parte cattolica il magistero vivente rappresenta una base e un punto di riferimento, i nostri part-
ner non hanno un ufficio magisteriale equivalente. Tuttavia, benché le loro fonti e i loro punti
di riferimento non siano così solidi e dotati di un’autorità vincolante come nella Chiesa cattoli-
ca, i nostri partner non esprimono posizione puramente personali, ma si riferiscono anche ai
loro scritti confessionali o ad altre autorità più o meno riconosciute (ad esempio, Lutero e
Calvino, scritti e inni di Wesley, liturgia anglicana, dichiarazioni ufficiali più recenti ecc.). Come
terreno comune abbiamo la sacra Scrittura e la testimonianza dei padri della Chiesa.
4. Per questo progetto abbiamo scelto quattro temi principali dei succitati dialoghi: Gesù
Cristo e la santa Trinità; salvezza, giustificazione, santificazione; la Chiesa; i sacramenti del
battesimo e dell’eucaristia. Crediamo che questi siano i temi fondamentali. Sappiamo che vi
sono anche altri importanti temi trattati, ma dato che non sono comuni a tutti e quattro i dia-
loghi, non li prendiamo in considerazione in questo documento (ad esempio, il posto di Maria
nella dottrina e nella vita cristiana, trattato nel dialogo della Commissione internazionale angli-
cana - cattolica romana [ARCIC] e in alcuni dialoghi regionali).
Ognuno dei quattro capitoli comincia con una breve descrizione delle controversie spesso
polemiche all’epoca della Riforma e nei secoli successivi. Nel corpo del capitolo viene poi pre-
sentato e analizzato il progresso realizzato attraverso i dialoghi, che hanno condotto a molte
convergenze e ad alcuni accordi, ma hanno evidenziato anche le questioni aperte e le diffe-
renze tuttora esistenti. Ogni capitolo termina con una sezione di riflessione e di valutazione.
L’ultimo contiene Conclusioni preliminari, che cercano di sintetizzare i risultati positivi e le
questioni ancora in sospeso e volgono uno sguardo obiettivo al futuro.
Considerando ciò che abbiamo realizzato in oltre quarant’anni, possiamo ben ringraziare
il Signore per i ricchi frutti che abbiamo raccolto nei nostri dialoghi. Non c’è motivo di essere
scoraggiati o frustrati o di parlare di «inverno ecumenico». Lo Spirito che ha avviato il movi-
mento ecumenico lo ha anche accompagnato e reso fruttuoso. Abbiamo realizzato più di
quanto potevamo immaginare o sognare quarant’anni fa. E tuttavia dobbiamo riconoscere,
realisticamente, che non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo del nostro pellegrinaggio ecu-
menico, ma ci troviamo in uno stadio intermedio. Restano da risolvere problemi fondamen-
tali e da superare differenze che qui noi crediamo di aver individuato più chiaramente. Questo
documento ci permetterà di proseguire il nostro cammino con una più chiara consapevolezza
di quale sia la nostra direzione, con un rinnovato coraggio e una rinnovata speranza.
Alla realizzazione di questo documento hanno partecipato molte persone coscienziose, com-
petenti ed ecumenicamente impegnate. Tra di loro vanno citati anzitutto i membri dello staff e
i consultori passati e presenti del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani
(PCPUC), che hanno raccolto e sintetizzato il ricco materiale e il cui consiglio è stato molto utile
per la sua valutazione. Una prima bozza venne presentata all’Assemblea plenaria del PCPUC
nel dicembre del 2008. La reazione generale fu positiva, mentre le molte osservazioni critiche e
proposte positive condussero a un’accurata rielaborazione di tutto il testo. La prima bozza venne
inviata anche ad alcuni teologi nelle nostre Chiese partner. Siamo grati anche per le loro rea-
zioni, sia positive sia critiche, che ci sono state di grande aiuto per la stesura finale realizzata dal
PCPUC in stretta collaborazione con i consultori e gli esperti di questo Consiglio.
Ci auguriamo che questo documento di studio stimoli la nostra Chiesa e i nostri partner a
riflettere sul cammino comune e sul processo di dialogo di oltre quarant’anni, a tenerlo vivo,
a valutarlo e poi a proseguire i dialoghi con maggiore lucidità e rinnovato coraggio. Potremo
allora compiere insieme quei passi che, con l’aiuto di Dio, ci condurranno un giorno alla piena
comunione, che ci vedrà uniti nella partecipazione all’unica mensa del Signore.
Introduzione
5. I Riformatori del XVI secolo non intesero creare una nuova Chiesa, ma cercarono piut-
tosto di restare nella Tradizione della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica nel corso dei
secoli. Essi riconobbero ufficialmente le affermazioni di fede della Chiesa antica e accettarono
le confessioni trinitarie e cristologiche espresse in quelle affermazioni.7 Così la confessione tri-
4 Su questa questione cf. il documento del GRUPPO DI DOMBES, Pour logica. La teologia di Calvino collega direttamente il credente con Dio nella
la conversion des Églises, 1991; trad. it. Per la conversione delle Chiese. Identità fede, piuttosto che attraverso la Chiesa storica: «Una conoscenza ferma e
e cambiamento nella dinamica di comunione, EDB, Bologna 1991; EO certa della benevolenza di Dio nei nostri confronti, basata sulla verità della
4/968-1250. promessa liberamente donata in Cristo, rivelata alle nostre menti e al tempo
5 Altri modelli di unità diversi da ciò che qui si afferma nella linea della stesso sigillata nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo» (Institutio, 3.2.7).
concezione cattolica dello scopo dell’ecumenismo possono essere trovati nel La posizione anglicana viene espressa nell’art. 8 dei Trentanove articoli di
documento COMMISSIONE CONGIUNTA CATTOLICA ROMANA - EVANGELICA religione: «Devono essere fedelmente ricevuti e creduti il Credo niceno, il
LUTERANA, L’unità davanti a noi, Roma, 3.3.1984; EO 1/1548-1709. Credo di Atanasio e quello che viene comunemente chiamato il Credo degli
6 Suggerimenti pratici si possono trovare in PONTIFICIO CONSIGLIO PER apostoli, dato che possono essere provati con certissime prove della sacra
LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI, Direttorio per l’applicazione dei Scrittura» (1571, riconfermato nel 1662; ivi, 2044). Il Quadrilatero di
principi e delle norme sull’ecumenismo, 25.3.1993, EDB, Bologna 2007; e in Lambeth del 1888 (basandosi sulla risoluzione dell’incontro del 1886 della
W. KASPER, A Handbook of Spiritual Ecumenism, New City Press, New Camera dei vescovi della Chiesa episcopaliana negli Stati Uniti d’America)
York 2007; cf. L’ecumenismo spirituale. Linee guida per la sua attuazione, citava «il Credo degli apostoli, come simbolo battesimale, e il Credo niceno,
Città Nuova, Roma 2006. come affermazione sufficiente della fede cristiana» fra gli articoli che per-
7 Ad esempio, la Confessione di Augusta (CA) afferma: «Le Chiese pres- mettono una riconciliazione di fondo fra i cristiani. Il metodismo sorse come
so di noi insegnano, in completo accordo, che il decreto del concilio di Nicea movimento di rinnovamento in seno all’anglicanesimo e John Wesley (1703-
(…) è vero e deve essere creduto senza alcuna esitazione» (art. 1; R. FABBRI 1791) accettò in generale la dottrina della Chiesa d’Inghilterra. In alcuni
[a cura di], Confessioni di fede delle Chiese cristiane, EDB, Bologna 1996, 24). passi fa riferimento all’art. 8 dei Trentanove articoli di religione della Chiesa
Negli Articoli di Smalcalda Lutero afferma: «Questi articoli che riguardano in Inghilterra, ma non mette mai in discussione la sostanza dogmatica del
la Maestà divina (cioè Trinità e Incarnazione) non sono oggetto di lite o con- Credo di Atanasio, pur essendo turbato dai suoi anatemi («Ought We to
tesa» (ivi, 576). Nella Formula di concordia (1577), i luterani s’impegnano a Separate from the Church of England?», 1754-55). La dichiarazione Wesleyan
tenere e difendere contro gli insegnamenti contrari il Credo degli apostoli, il Essentials of Christian Faith, adottata dall’Assemblea plenaria del Consiglio
Credo niceno e il Credo di Atanasio (cf. ivi, 658). Nella sua Institutio metodista a Rio de Janeiro nel 1996, comprende questa espressione: «I
Christianae religionis, Giovanni Calvino spiega il Credo degli apostoli e cita metodisti confessano i credi ecumenici antichi, il Credo degli apostoli e il
ampiamente i primi padri della Chiesa a sostegno della sua trattazione teo- Credo niceno».
E cumenismo
nitaria e cristologica della Bibbia e della Chiesa antica rimase il fondamento comune non-
ostante tutte le altre divisioni.
Ma le controversie durante l’epoca della Riforma diedero luogo, in ogni schieramento, a
seri dubbi riguardo alla corretta comprensione del Vangelo di Gesù Cristo da parte degli oppo-
sitori e riguardo al suo giusto posto al centro della predicazione e della vita cristiana. I rifor-
matori protestanti, ad esempio, affermarono che la teologia e la pratica delle indulgenze con-
traddicevano la credenza fondamentale della nostra giustificazione per grazia di Dio, per cui,
a loro avviso, si era distorto il Vangelo. Le controversie si diffusero soprattutto sulle questioni
della giustificazione, del carattere sacrificale della messa e del papato. I cattolici videro nel rifiu-
to di queste dottrine un rifiuto della fede apostolica trasmessa dalla Tradizione della Chiesa nel
corso dei secoli. In questo clima, l’eredità apostolica condivisa da tutti fu spesso oscurata, tra-
scurata e dimenticata.
6. Nel movimento ecumenico la comune eredità trinitaria e cristologica si rivelò fonda-
mentale per la ricerca della riconciliazione fra le comunità cristiane divise. Essa continuò a svi-
lupparsi attraverso la creazione del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) e la concezione
che esso ebbe di se stesso e, in seguito, attraverso i risultati conseguiti dal concilio Vaticano II.
Nel 1948, l’Assemblea del CEC parlò di «una comunione (fellowship) he cerca di esprimere l’u-
nità in Cristo che ci è già data e di preparare la strada a un’espressione più piena e più pro-
fonda di questa unità». Questa dichiarazione venne approfondita dalla formulazione di New
Delhi (1961), nella quale si parlò di «una comunione (fellowship) di Chiese che confessano il
Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e cercano perciò di realizzare
insieme la loro comune vocazione a gloria dell’unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».
Il decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II affermò che il movimento verso il rista-
bilimento dell’unità fra tutti i cristiani era «sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo»
e fece eco al testo di New Delhi affermando: «A questo movimento per l’unità, chiamato ecu-
menico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù Signore e
(9) UR 1; EV 1/495 Salvatore».(9) È significativo che il Credo degli apostoli e il Credo niceno-costantinopolitano,
che sono stati usati nei materiali per la Settimana di preghiera preparati annualmente dalla
Chiesa cattolica e dalla commissione Fede e costituzione del CEC nel corso degli ultimi qua-
rant’anni, siano considerati espressioni comuni di fede cristiana.8
I quattro dialoghi trattati in questo studio hanno affrontato i fondamenti trinitario e cristo-
logico della fede e delle antiche confessioni di fede nel contesto dello sviluppo e della presen-
tazione di un quadro teologico entro il quale affrontare altre differenze. I dialoghi dimostrano
un notevole livello di consenso su tali questioni fondamentali, che è essenziale per il ristabili-
mento dell’unità fra i cristiani.
7. Il Vangelo di Gesù Cristo, predicato dagli apostoli, è la fonte di tutta la verità salvifica e
il fondamento di tutto il dialogo ecumenico.
Il dialogo cattolico-luterano afferma un accordo sul Vangelo: «Il piano di salvezza di Dio
per il mondo in Gesù Cristo viene trasmesso nel Vangelo e reso presente nello Spirito Santo.
Il Vangelo, in quanto annuncio della storia della salvezza, è esso stesso evento salvifico (...).
Dall’annuncio del Vangelo e al servizio di tale annuncio sono nati degli scritti, che più tardi
(10) (L) Il Vangelo e la Chiesa, sono stati designati come Nuovo Testamento».(10) Un po’ più avanti si legge: «Luterani e cat-
nn. 16-17; EO 1/1143-1144
(11) (L) Il Vangelo e la Chiesa, tolici, di comune accordo, sono convinti che la libertà cristiana è basata sul Vangelo».(11)
n. 30; EO 1/1157 «Come si afferma nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, con la
nostra fede comune nel Vangelo noi aderiamo al cuore della testimonianza che il Nuovo
(12) (L) L’apostolicità della Chiesa, Testamento dà dell’azione salvifica di Dio in Cristo».(12)
n. 432; Dichiarazione sulla
giustificazione, n. 17; EO 7/1847 Il dialogo riformato-cattolico apre la sua trattazione della relazione fra Cristo e la Chiesa
con un riferimento al contenuto centrale del Vangelo e una dichiarazione sul compito condi-
viso che il Vangelo impone: «Il punto di partenza delle nostre discussioni è stato il riconosci-
mento del fatto che in Gesù Cristo Dio ha fatto causa comune con l’umanità peccatrice e mira
a rinnovare il mondo. Di conseguenza tutti quelli che si rifanno al nome di Gesù Cristo hanno
(13) (R) La presenza di Cristo, per missione comune quella di rendere testimonianza a questo Vangelo».(13) Lo stesso testo
n. 13; EO 1/2328
descrive l’impatto del Vangelo sulla fondazione della Chiesa: «Il Cristo ci manda nel mondo
quali portatori di un messaggio di vita nuova, e di vita di comunità in comunione con lui. Nelle
nostre parole e nelle nostre azioni, è egli stesso che si manifesta come presente. Il suo Evangelo
raduna, protegge e mantiene la koinonia dei suoi discepoli come un segno e un inizio del suo
regno».(14) Questo dialogo parla del Vangelo come di una delle preoccupazioni fondamenta- (14) (R) La presenza di Cristo, n. 75;
EO 1/2391
li comuni alle Chiese luterane e riformate: «Ascoltare e proclamare il messaggio del Vangelo
come unica parola di Dio, la sola in grado di produrre la vera fede».(15) Riguardo a Gesù cro- (15) (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, nn. 18, 68;
cifisso e risorto, esso afferma: «Questa è la notizia, che tuttora ci sorprende e ci travalica, che EO 3/2283, 2334
costituisce il Vangelo; la Chiesa ne è beneficiaria e messaggera».(16) (16) (R) Verso una comprensione
Il dialogo anglicano-cattolico presenta il Vangelo come «la buona novella della salvezza», comune della Chiesa, n. 70;
EO 3/2338
collegandolo con la fede in Gesù, la prima predicazione cristiana e il Nuovo Testamento:
«Grazie al dono dello Spirito Santo la comunità apostolica è giunta a riconoscere nelle parole
e nelle opere di Gesù l’azione redentrice di Dio e la sua missione di annunciare a tutti gli uomi-
ni la buona novella della salvezza. Perciò la Chiesa ha predicato Gesù mediante il quale Dio
ha parlato agli uomini in modo definitivo. Assistiti dallo Spirito Santo, i membri di questa
comunità hanno trasmesso ciò che avevano udito e visto della vita e delle parole di Gesù e la
loro interpretazione della sua opera redentrice. Da allora, i documenti ispirati, che ne conten-
gono il racconto, sono stati accolti dalla Chiesa come testi normativi del fondamento autenti-
co della fede».(17) (17) (A) Autorità nella Chiesa I,
n. 2; EO 1/67
Il dialogo metodista-cattolico afferma: «Dio ci ha parlato in modo definitivo nel Figlio: il
Figlio è espressione così piena del Padre celeste da essere chiamato parola di Dio (Gv 1,1-18).
(...) Quando gli apostoli predicavano Cristo, proclamavano la sua crocifissione e risurrezione
(...). La persona di Cristo, il suo insegnamento e la sua opera per noi: per tutti, era questo che
gli apostoli testimoniavano, per tutti è questa la parola di Dio (...). Quando gli apostoli predi-
carono il Vangelo, fu convocata e fondata la Chiesa».(18) Nel procedere della vita della Chiesa (18) (M) Rapporto di Singapore,
nn. 9-12, EO 3/1669-1672;
il Vangelo continua a risuonare, perché «quando si rende fedelmente testimonianza a Gesù cf. (M) Rapporto di Rio, nn. 17-18
Cristo, le persone ascoltano la parola di Dio attraverso le parole della testimonianza e cono-
scono il Dio dell’amore attraverso le opere dell’amore. A questa testimonianza resa in parole
e opere sono chiamati tutti i fedeli…».(19) (19) (M) Rapporto di Rio, n. 23;
EO 7/2173
I cristiani hanno compreso in modi diversi la trasmissione del Vangelo di Gesù Cristo, ma
di questo si parlerà nel capitolo III.
B. I simboli di fede
8. I rapporti di dialogo mostrano l’importanza dei simboli di fede per cristiani divisi che
cercano di sottolineare una fede apostolica condivisa, presentando o il Credo niceno o il Credo
degli apostoli in extenso (ad esempio, rispettivamente [M] Rapporto di Singapore, n. 38 e [A]
Crescere insieme, n. 11) o testimoniando insieme che gli aspetti centrali della fede sono espressi
nei simboli di fede. Luterani e cattolici affermano insieme che il punto di partenza è «l’assen-
so dato insieme alla fede della Chiesa primitiva, come fu codificata in ottemperanza alla sacra
Scrittura nei primi concili e testimoniata nelle professioni di fede della Chiesa antica (Credo
degli apostoli, Credo niceno, Credo atanasiano)».(20) (20) (L) L’unità davanti a noi,
n. 57; EO 1/1606
ARCIC afferma: «Nelle nostre due tradizioni il riferimento alla Scrittura, ai simboli della
fede, ai padri e alle definizioni dei concili della Chiesa primitiva è considerato fondamentale e
normativo».(21) (21) (A) Autorità nella Chiesa I,
n. 18; EO 1/83
Il dialogo metodista-cattolico afferma: «La Chiesa cristiana professa il Simbolo degli apo-
stoli e il Simbolo niceno-costantinopolitano, che sono cristologici e trinitari. Essi menzionano
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e pongono la vita, morte e risurrezione del Verbo incarna-
to al centro degli articoli di fede. I simboli di fede comprendono l’insegnamento biblico su Dio
e Cristo. La loro confessione è incorporata nelle liturgie della Chiesa (...) e le professioni di fede
assolvono anche il compito di regola della fede (regula fidei), normativa per l’insegnamento
conciliare e altri insegnamenti ufficiali».(22) (22) (M) Rapporto di Brighton, n. 11;
EO 7/2296; cf. anche Rapporto
In alcuni dialoghi, illustrando il terreno comune nella liturgia, i partner attestano l’impor- di Rio, nn. 34-35
tanza dei simboli di fede come un aspetto cultuale condiviso. Riformati e cattolici affermano
che «una comune professione di fede, come il Credo niceno, ci ricorda la nostra appartenenza
alla Chiesa di tutti i tempi e di tutti i luoghi, ora manifestata nella nostra propria comunità».(23) (23) (R) La Chiesa come comunità
di testimonianza, n. 166
Anglicani e cattolici affermano che «nelle celebrazioni liturgiche pronunciamo regolarmente
8 La Commissione Fede e costituzione del CEC ha continuato a CA-LUTERANA NEGLI USA, Lo «status» del Credo di Nicea come dogma
riflettere sugli aspetti basilari della fede. Un importante passo avanti della Chiesa, Baltimora, 7.7.1965; EO 2/2482-2485; e in Germania in K.
verso una comune espressione della fede ha fatto il documento di stu- LEHMANN, W. PANNENBERG (a cura di), Glaubensbekenntnis und
dio: Confessing the One Faith, «Faith and Order Paper» 153, Geneva Kirchengemeinschaft. Das Modell des Konzils von Konstantinopel (381),
1991; trad. it. Confessare una sola fede, EDB, Bologna 1992. Tale que- «Dialog der Kirchen» 1, Herder, Vandenhoeck & Ruprecht, Freiburg i.
stione è stata trattata nel documento: CONSULTA TEOLOGICA CATTOLI- Br./Göttingen 1982.
E cumenismo
la medesima professione di fede trinitaria nella forma del Simbolo degli apostoli o del Simbolo
(24) (A) Crescere insieme, n. 13; niceno-costantinopolitano».(24) Metodisti e cattolici affermano che «il Credo di Nicea, usato
Regno-doc. 1,2008,15; cf. Dichiarazione
comune di Paolo VI e arcivescovo sia dai cattolici sia dai metodisti nella liturgia e nell’insegnamento, è un’affermazione pre-
Coggan, 1977, n. 2; EO 1/164
(25) (M) Rapporto di Singapore,
gnante e autoritativa della fede cristiana».(25)
n. 38; EO 3/1698; cf. (M) Rapporto Riferendosi ai Simboli di fede nella vita della Chiesa, i rapporti sottolineano anche le note
di Rio, 112 della Chiesa espresse in essi, cioè il fatto che essa è una, santa, cattolica e apostolica. Il dialogo
riformato-cattolico riconosce sinteticamente che «le concezioni ecclesiologiche possono essere
raccolte da [gli scritti dei padri della Chiesa riguardanti] la natura, missione e struttura della
Chiesa, e potrebbero essere riunite insieme sotto i quattro titoli che appaiono come le note nel
(26) (R) La Chiesa come comunità Credo: una, santa, cattolica e apostolica.(26) ARCIC afferma: «La Chiesa manifesta la sua sor-
di testimonianza, n. 49
gente e la sua missione quando confessa nel Credo: “Credo la Chiesa una, santa, cattolica e
(27) (A) La Chiesa come comunione, apostolica”».(27) Metodisti e cattolici «affermano gioiosamente insieme nel Credo niceno-
n. 25; EO 3/65
costantinopolitano “la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica”. Queste quattro “caratteristi-
che” o “note” della Chiesa derivano dalla sua creazione da, e comunione con, Dio unitri-
(28) (M) Rapporto di Seoul, n. 65 no».(28)
In breve, il Credo niceno-costantinopolitano e il Credo degli apostoli vengono considera-
ti, in questo contesto ecumenico, espressioni essenziali che formulano il notevole grado dell’u-
nica fede apostolica che i cristiani condividono, e hanno sempre condiviso, nonostante le loro
divisioni.
C. La santa Trinità
ne di noi tutti».(43) Il dialogo metodista-cattolico parla a lungo del mistero della santa Trinità (43) (M) Rapporto di Rio, n. 25; EO
7/2175; cf. (A) La Chiesa come
come mistero che è al centro del mistero della Chiesa e alla base della sua missione. «La Chiesa comunione, n. 16; Vivere in Cristo, n. 4
scaturisce da un’iniziativa della santa Trinità»;(44) la sua «realtà più profonda e nascosta, il (44) (M) Rapporto di Seoul, n. 52
mistero che si trova al cuore della sua natura e missione» è «l’invisibile presenza del Dio uno
e trino, del Dio uno che è Padre, Figlio e Spirito Santo, il Dio che è Amore santo».(45) «La (45) (M) Rapporto di Seoul, n. 49
comunione con Dio uno e trino è la vera vita della Chiesa, la comunione con la missione del
Figlio di Dio e dello Spirito di Dio è la vera missione della Chiesa».(46) (46) (M) Rapporto di Seoul, n. 74;
cf. n. 51; Rapporto di Rio, n. 73;
Rapporto di Singapore, n. 9; (L)
2. LA SANTA TRINITÀ NELLA STORIA DELLA SALVEZZA Chiesa e giustificazione, nn. 5, 48;
EO 3/1235, 1278
a) Il Padre: fonte della storia della salvezza
10. Il dialogo luterano-cattolico afferma: «Come ogni dono buono anche l’unità viene dal
Padre per il Figlio nello Spirito Santo. È volontà e opera del Padre di “ricapitolare nella pie-
nezza dei tempi in Cristo tutte le cose” (Ef 1,10). Tutto quanto il Figlio fa per l’unità ha la sua
origine nel Padre».(47) Si attesta che «il Padre è il principio primo di tutto in assoluto, perché (47) (L) Vie verso la comunione,
n. 9; EO 1/1317
“tutto è da lui, per mezzo di lui e per lui” (Rm 11,36; cf. 1Cor 8,6)».(48) «Dio è presente nel (48) (R) La presenza di Cristo, n. 46;
mondo come il suo Creatore, colui che lo fa sussistere, il Signore della storia che dirige tutte le EO 1/2361
cose come un Padre pieno di amore».(49) «Il Creatore del mondo (...) mediante la rivelazione (49) (R) La presenza di Cristo,
n. 43; EO 1/2358
della sua volontà (...) conduce l’umanità sulla via della salvezza e le offre, in Gesù Cristo, una
redenzione definitiva (...) e la partecipazione alla sua vita divina e così alla sua libertà».(50) «Per (50) (R) La presenza di Cristo,
n. 51; EO 1/2367
condurci all’unione con lui, il Padre ha mandato nel mondo Gesù Cristo, il suo unico Figlio,
nel quale tutte le cose furono create».(51) «L’amore straripante del Padre creò l’umanità per la (51) (A) La salvezza e la Chiesa,
n. 1; EO 3/6
comunione con lui e questo stesso amore creativo raduna i seguaci del suo Figlio nella comu-
nità visibile della Chiesa (...). Con la forza unitiva del suo Spirito d’amore, il Padre ci attira in
una comunione di vita con il suo Figlio diletto (...). Tutto questo è frutto dell’amore che sgor-
ga dal Padre, un amore che crea e raduna».(52) (52) (M) Rapporto di Seoul, n. 54;
cf. Rapporto di Rio, n. 73;
I rapporti attestano la comune credenza nel Padre quale fonte della processione delle altre Rapporto di Singapore, n. 7
persone della Trinità.9 Secondo la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione,
«il Padre ha inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la morte
e la risurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della giustificazione. Pertanto,
la giustificazione significa che Cristo stesso è nostra giustizia, alla quale partecipiamo, secondo
la volontà del Padre per mezzo dello Spirito Santo».(53) Inoltre, «il Cristo, che è Signore di (53) Dichiarazione sulla giustificazione,
n. 13; EO 7/1845
tutte le cose e che agisce nella creazione, rimanda a Dio Padre, che nello Spirito Santo con-
duce e guida la storia».(54) L’ARCIC afferma che «Gesù parlava e agiva con autorità in virtù (54) (R) La presenza di Cristo, n. 45;
EO 1/2360
della sua comunione perfetta con il Padre. La sua autorità gli veniva dal Padre (cf. Mt 11,27;
Gv 14,10-12)» (55). Secondo il dialogo metodista-cattolico «le due missioni divine – il Figlio e (55) (A) Il dono dell’autorità, n. 9;
EO 7/13
lo Spirito, mandati dal Padre – sono estensioni nel nostro mondo di oggi delle due eterne pro-
cessioni nella Trinità».(56) «Il Padre è la fonte e la sorgente (...). Nella divinità il Figlio e lo (56) (M) Rapporto di Singapore, n. 7;
EO 3/1667
Spirito procedono dal Padre, che non ha origine».(57) (57) (M) Rapporto di Honolulu, n. 10;
EO 1/2132
b) Gesù Cristo: il Verbo incarnato, Signore e salvatore
11. Per la ricerca dell’unità è fondamentale che parliamo insieme, nei dialoghi, di Gesù
Cristo, proclamando le sue due nature, divina e umana, e la sua azione salvifica. «Là dove la
Chiesa e le comunità ecclesiali confessano secondo la Scrittura Gesù Cristo vero Dio e vero
uomo, come l’unico mediatore della salvezza per la gloria di Dio, del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo, esiste una fondamentale unità nella fede».(58) (58) (L) Vie verso la comunione, n. 26;
EO 1/1334
Nei dialoghi, i partecipanti confessano che Gesù Cristo è inviato dal Padre a compiere una (59) (R) La presenza di Cristo, n. 46;
missione di salvezza. «Lo scopo del mistero di Cristo stesso è di manifestare (...) l’infinita sapien- EO 1/2361
(60) (M) Rapporto di Singapore, n. 1;
za di Dio».(59) Gesù Cristo fu «mandato tra noi dal Padre per far conoscere e portare a com- EO 3/1661; cf. (A) La Chiesa come
pimento il disegno divino di salvezza, il “mistero di Cristo”, da secoli nascosto e “ora manife- comunione, n. 1; (A) La salvezza e la
Chiesa, n. 1; (M) Rapporto di Singapore,
stato per mezzo dello Spirito” (Col 1,26; Ef 3,5)».(60) n. 1; (M) Rapporto di Seoul, n. 55
Cristo è il Figlio del Padre «nel quale tutte le cose furono create. Egli è l’immagine del Dio (61) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 1;
EO 3/6
invisibile».(61) Egli è il Figlio di Dio «nato da donna».(62) Egli assunse la carne «affinché noi, a (62) (A) La Chiesa come comunione, n.
8; EO 3/47
nostra volta, potessimo partecipare alla natura divina e così riflettere la gloria di Dio».(63) Egli (63) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 1;
«è Dio incarnato, “Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, della stessa sostanza del EO 3/6; cf. (A) Crescere insieme, n. 13;
Regno-doc. 1,2008,15
Padre”».(64) (64) (M) Rapporto di Seoul, n. 55, che
Cristo è il Verbo incarnato; si comunica a noi «nella piena realtà della sua divinità e della cita il Credo niceno-costantinopolitano
9 La questione intimamente collegata della clausola del Filioque Spirit of God, Spirit of Christ: Ecumenical Reflections on the Filioque
non è stata affrontata nei dialoghi. È stata comunque trattata nelle Controversy, SPCK, Geneva 1981.
consultazioni di Klingenthal (1978/79). Cf. L. VISCHER (a cura di),
E cumenismo
sua umanità – il suo corpo, la sua mente e la sua volontà –, pur rimanendo il Figlio che è nel
(65) (R) La presenza di Cristo, n. 83; Padre come il Padre è in lui».(65) Egli è «la seconda persona della Trinità che si è incarna-
EO 1/2399 ta».(66) «Egli è il Logos o Parola eterna che è Dio da tutta l’eternità e che si fece carne e venne
(66) (M) Rapporto di Brighton,
n. 8; EO 7/2293
(67) (M) Rapporto di Seoul, n. 55
ad abitare in mezzo a noi (cf. Gv 1,1.14)».(67)
Noi proclamiamo insieme che Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. «L’opera fondamentale
di unificazione si compie nell’incarnazione del Figlio di Dio, nel quale sono unite indivisibil-
mente in una persona divinità e umanità. Tutto ciò che Gesù Cristo dice, fa e soffre, vive di
(68) (L) Vie verso la comunione, questa unità e tende a “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21)».(68) «Pur essendo di natura
n. 10; EO 1/1318
divina (...) spogliò se stesso (...), diventando simile agli uomini (Fil 2,3-8). È questo il motivo per
cui con la Chiesa di ogni epoca professiamo che Gesù Cristo è insieme vero Dio e vero essere
(69) (R) Verso una comprensione umano, assieme a Dio e unito nella solidarietà al genere umano».(69) «Egli assunse la carne,
comune della Chiesa, n. 73; EO 3/2343
affinché noi, a nostra volta, potessimo partecipare alla natura divina e così riflettere la gloria di
(70) (A) La salvezza e la Chiesa, Dio».(70)
n. 1; EO 3/6
Gesù Cristo è Signore e salvatore. I dialoghi confessano ripetutamente che nella morte e risur-
rezione di Cristo, Dio ha operato la salvezza. «L’azione salvifica di Dio per la redenzione del
mondo intero culmina nella morte di Cristo sulla croce e nella sua risurrezione. Cristo si è
sacrificato con la sua morte nell’obbedienza al Padre una volta per sempre per i peccati del
(71) (L) Il ministero pastorale nella mondo (Eb 9,26-28; 10,11s)».(71) «La morte e risurrezione di Cristo è l’evento che rivela chi è
Chiesa, n. 8; EO 1/1449; cf. (L) Vie
verso la comunione, nn. 10, 11; (L) Tutti Dio, chi siamo noi e chi è Cristo in quanto mediatore fra Dio e il genere umano».(72) Così
sotto uno stesso Cristo, n. 15; Chiesa e «attraverso la vita, morte e risurrezione di Cristo, il mistero dell’amore divino ci è rivelato,
giustificazione, n. 11; (M) Rapporto di
Nairobi, n. 2 siamo sottratti al potere del male, del peccato e della morte e siamo resi partecipi della vita di
(72) (R) Verso una comprensione comu- Dio. Tutto ciò è un puro dono non meritato».(73) «La croce e la risurrezione ci rivelano Cristo
ne della Chiesa, n. 68; EO 3/2334
(73) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 1; in modo supremo, portano a compimento il suo disegno e lo rendono nostro Salvatore».(74)
EO 3/6; cf. Dottrina eucaristica, n. 5
(74) (M) Rapporto di Singapore, n. 10; Gesù Cristo è l’unico mediatore che compie la riconciliazione fra Dio e l’umanità. «Gesù
EO 3/1670 Cristo è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini (1Tm 2,5). Perciò, per mezzo di Gesù Cristo “il
(75) (L) Il ministero pastorale nella mondo è riconciliato con il Padre nella comunione dello Spirito Santo”».(75) «Confessiamo
Chiesa, n. 6, EO 1/1440, che cita
COMMISSIONE FEDE E COSTITUZIONE, insieme che Cristo, stabilito come mediatore, compie la nostra riconciliazione in tutte le sue
Un solo battesimo, una sola eucaristia dimensioni: Dio che riconcilia l’umanità, gli esseri umani che si riconciliano fra loro, e l’uma-
e un reciproco riconoscimento
dei ministeri, Accra, 23.7.-5.8.1974, n. 5 nità che si riconcilia con Dio».(76) Di conseguenza, «poiché Cristo è colui nel quale e per
(76) (R) Verso una comprensione comu- mezzo del quale tutte le cose sono state create e riconciliate, il rapporto adeguato fra l’umani-
ne della Chiesa, n. 71; EO 3/2339;
cf. n. 70 tà e il resto della creazione è stato ristabilito e rinnovato in lui (cf. Col 1,15-20; Gal 3,27-29;
(77) (A) La Chiesa come comunione, Col 3,11)».(77)
n. 9; EO 3/48; cf. nn. 15, 22;
Vivere in Cristo, n. 4; Il dono I dialoghi affermano l’unicità di Cristo. «Gesù Cristo è la parola di grazia definitiva e per-
dell’autorità, n. 9; Crescere insieme, sonale di Dio, trascendendo la manifestazione di se stesso da parte di Dio attraverso Mosè e i
n. 13; (L) Vie verso la comunione, n. 9
(78) (L) L’apostolicità della Chiesa, profeti».(78) «In virtù della glorificazione di Cristo, la sua opera di salvezza abbraccia l’intera
n. 432 umanità e opera per essa. Perciò Gesù Cristo non è una sola volta, bensì una volta per sem-
(79) (L) Il ministero pastorale nella pre, il sommo sacerdote, che intercede perpetuamente per i suoi presso il Padre (Eb 7,25)».(79)
Chiesa, n. 7; EO 1/1441
«Confessiamo insieme che come Dio è uno solo, così anche il Mediatore e il Riconciliatore tra
Dio e l’umanità è uno solo, e che la pienezza della riconciliazione è intera e perfetta in lui.
Niente e nessuno può sostituire o ripetere, completare o in qualche modo aggiungere qualco-
sa all’unica mediazione compiuta “una volta per sempre” (Eb 9,12) da Cristo, “mediatore di
(80) (R) Verso una comprensione una nuova alleanza” (Eb 9,15; cf. 8,6 e 12,24)».(80) «Dio ci ha parlato in modo definitivo nel
comune della Chiesa, n. 72; EO 3/2342
Figlio: il Figlio è espressione così piena del Padre celeste da essere chiamato parola di Dio (Gv
(81) (M) Rapporto di Singapore, n. 9; 1-18)».(81)
EO 3/1669; cf. (L) Chiesa e giustifica-
zione, nn. 10, 11, 19; Tutti sotto uno Confessione di Gesù Cristo come Signore e salvatore. «La forma primitiva della confessione di
stesso Cristo, n. 17; Il Vangelo e la fede cristiana è “Gesù è il Cristo” o “Gesù è il Signore”. L’autore di questa professione di fede,
Chiesa, n. 48; Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 6 mediante la quale la Chiesa si rende percepibile nel mondo come comunità, è lo Spirito Santo,
nella cui forza Gesù viene riconosciuto come Signore (cf. 1Cor 12,3) e Dio Padre come colui
(82) (L) Chiesa e giustificazione, che dona la fede nel Messia e Figlio mediante la sua rivelazione (cf. Mt 16,17)».(82) «In tal
n. 11; EO 3/1241
modo, alla luce della risurrezione e dell’esaltazione di Gesù, i cristiani hanno confessato che è
(83) (R) Verso una comprensione stato costituito Cristo e Signore (cf. At 2,36)».(83) «Quando noi confessiamo che Gesù Cristo è
comune della Chiesa, n. 73; EO 3/2343;
cf. La presenza di Cristo, n. 77 il Signore, noi rendiamo lode e gloria a Dio Padre, il cui piano della creazione e della salvez-
za si attua nel Figlio, che ha inviato per redimerci e per preparare per sé un popolo attraverso
(84) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 9; l’inabitazione dello Spirito».(84) «La croce e la risurrezione ci rivelano Cristo in modo supre-
EO 3/14; cf. Autorità
nella Chiesa I, n. 1 mo, portano a compimento il suo disegno e lo rendono nostro salvatore».(85)
(85) (M) Rapporto di Singapore, n. 10;
EO 3/1670; cf. Rapporto di Rio, n. 28
È Gesù Cristo il Verbo incarnato a dare origine alla Chiesa . «La volontà di Dio per tutto il
e Rapporto di Denver, n. 56 creato è che tutte le cose giungano all’unità e alla comunione definitiva in Cristo (Ef 1,10; Col
(86) (A) La Chiesa come comunione, n. 1,19-20)».(86) La Chiesa deriva «la sua forma dall’incarnazione da cui ha preso origine e dal-
15; EO 3/55; cf. n. 22
(87) (M) Rapporto di Nairobi, n. 10; l’azione eucaristica che rinnova costantemente la sua vita».(87) «Dato il modo in cui, secondo
EO 3/1589 le Scritture, Dio è entrato nella storia umana, la dottrina della Chiesa è incentrata in Cristo.
e ora agli avvenimenti salvifici della vita, morte e risurrezione di Cristo».(99) (99) (M) Rapporto di Seoul, n. 83
«In Cristo, lo Spirito Santo rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le
buone opere».(100) «Mediante lo Spirito Santo siamo una “nuova creatura” in Cristo (2Cor (100) Dichiarazione sulla
giustificazione, n. 15; (L) L’apostolicità
5,17; Gal 6,15)».(101) «Lo Spirito porta novità di vita in Cristo alla persona battezzata».(102) della Chiesa, n. 146
Poiché lo Spirito soffia dove vuole, operando «in modo tale da includere le persone, sia all’in- (101) (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 8; EO 1/1442
terno che al di fuori della Chiesa, servendosi di qualsiasi capacità e limite che esse abbiano, (102) (R) La Chiesa come comunità
continua a guidare la Chiesa lungo la storia»,(103) «edificando la Chiesa mediante la conces- di testimonianza, n. 128
(103) (R) La Chiesa come comunità
sione alla stessa di diversi doni (charismata) a vantaggio di tutto il corpo».(104) Attraverso il di testimonianza, n. 195; cf. n. 136
(104) (R) La Chiesa come comunità
«discernimento degli spiriti», lo Spirito Santo conduce la comunità cristiana a «nuove visio- di testimonianza, n. 128
ni dell’evento Cristo e a nuove prospettive della comunità in generale invitandola a incon-
trare nuovamente Cristo e a confessare nuovamente la sua fede».(105) Lo Spirito «conforma (105) (R) La Chiesa come comunità
di testimonianza, n. 125
i credenti all’immagine di Cristo. Vivendo nella presenza del Signore risorto, noi conosciamo
per fede la potenza trasformante dello Spirito Santo e siamo messi in grado di vivere come
figli riconoscenti del Padre».(106) «Lo Spirito è il filo invisibile che corre attraverso l’opera (106) (M) Rapporto di Rio, n. 26;
EO 7/2176
della Chiesa nel mondo, rende le nostre menti capaci di ascoltare e ricevere la Parola, le illu-
mina per poterla comprendere e ci dà parole per annunciarla (Gv 14,26; 16,13-14; At
4,31)».(107) «Lo Spirito Santo è la testimonianza a Cristo nel mondo (Gv 15,26), che unge tutti (107) (M) Rapporto di Singapore,
n. 52; EO 3/1712; citato anche in
i credenti per l’opera della testimonianza e la proclamazione della buona novella di Gesù Rapporto di Seoul, n. 59
Cristo».(108) «Immutabile di generazione in generazione, lo Spirito è la continuità vivente (108) (M) Rapporto di Seoul, n. 59;
cf. (A) Chiarimento su autorità nella
della Chiesa».(109) Chiesa I, n. 2
Tutti i nostri dialoghi parlano dello Spirito Santo in relazione alla trasformazione e alla (109) (M) Rapporto di Seoul, n. 59
salvezza. «Confessiamo insieme la fede nello Spirito Santo, Signore e datore di vita, che
porta al mondo intero la salvezza conquistata da Gesù Cristo».(110) «Lo Spirito è un agen- (110) (L) L’apostolicità della Chiesa,
te principale nello stabilimento del Regno e nella guida della Chiesa perché possa servire n. 147
l’opera di Dio in questo processo (...). È lo Spirito a giocare un ruolo decisivo per condur-
re i credenti a discernere ciò che dovrebbero fare al servizio di una più piena realizzazio-
ne del Regno in situazioni particolari (...). Il collegamento fra la Chiesa quale strumento
del Regno e lo Spirito Santo ci permette di professare insieme una visione più storica e
dinamica della Chiesa come “sacramento del regno di Dio”».(111) «La partecipazione alla (111) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 195
gloria di Dio attraverso la mediazione del Figlio, per la potenza dello Spirito, è la speran-
E cumenismo
(112) (A) Maria, n. 52; EO 7/232 za del Vangelo (cf. 2Cor 3,18; 4,4-6)».(112) «Lo Spirito è il dono che Dio fa di se stesso al
suo popolo (...). Egli è l’amore di Dio che abbraccia il genere umano per la sua trasfor-
(113) (M) Rapporto di Honolulu, mazione e la sua salvezza».(113) La relazione fra lo Spirito Santo, la Chiesa e il regno di
n. 11; EO 1/2133 Dio sarà trattata più in dettaglio nel capitolo III.
13. Con gioia e gratitudine possiamo affermare che i rapporti dei quattro dialoghi bilate-
rali indicano una fondamentale comprensione comune del Vangelo di nostro Signore Gesù
Cristo, una comprensione comune della fede espressa nei simboli di fede, le stesse convinzioni
fondamentali riguardo alla santa Trinità e all’azione salvifica delle persone della Trinità. In
breve, esiste un consenso fondamentale riguardo alla Trinità, il nocciolo, il fondamento e lo
scopo ultimo della fede cristiana. Esiste un consenso anche su Gesù Cristo, il Figlio di Dio
incarnato, nostro Signore e salvatore. Perciò ciò che condividiamo nella fede è molto più di ciò
che ci divide. Il terreno che abbiamo in comune può essere una solida base per il superamen-
to delle divisioni esistenti fra di noi.
I dialoghi hanno espresso una fondamentale comprensione comune del Vangelo, ma dif-
ferenze di lunga data riguardo alla Chiesa richiedono una riflessione sulla relazione fra il
Vangelo e la Chiesa, che faremo nel capitolo III. Questa discrepanza riguarda anche la que-
stione del carattere vincolante dei nostri simboli di fede comuni. La nozione di sola Scriptura
sosteneva che solo la Bibbia era considerata la norma e la regola della fede, mentre i simbo-
li di fede e i dogmi erano considerati mere testimonianze rese alla fede, valide perché sono e
(114) Libro di concordia 769 nella misura in cui sono (quia et quatenus) conformi alle Scritture.(114) Essi devono essere
(115) Cf. (A) Crescere insieme nell’unità testati mediante le Scritture.(115) La tradizione riformata si spinge addirittura oltre: a diffe-
e nella missione, n. 29; Regno-doc.
1,2008,18 renza della tradizione luterana, non possiede scritti confessionali, ma adatta e rinnova le sue
confessioni di fede in base alle nuove circostanze, come ad esempio nella Dichiarazione di
(116) Cf. (R) La presenza di Cristo, Barmen.(116)
n. 37 e (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, n. 139; rispettiva- A partire dall’illuminismo e dall’avvento dei metodi storici di esegesi si sono messi in que-
mente EO 1/2352 e EO 3/2409 stione non solo i principi della chiarezza e dell’«auto-interpretazione» delle Scritture propri dei
riformati, ma a volte anche il carattere vincolante dei simboli di fede. Anche quando una Chiesa
afferma i simboli di fede in linea di principio e li conserva come proprio fondamento, a volte loro
singoli elementi (ad esempio, la nascita dalla Vergine) vengono criticati. Alcune Chiese si spin-
gono oltre e mettono in discussione la divinità o la risurrezione fisica di Gesù Cristo. Di conse-
guenza, dobbiamo rafforzare il fondamento della nostra fede comune nel Dio vivente uno e trino
e rendergli testimonianza. Senza credere nella divinità di Gesù Cristo, nel significato salvifico
della croce e nella risurrezione di Cristo, tutto il resto è privo di sostanza e fondamento.
Ciò di cui abbiamo bisogno anzitutto e soprattutto è l’ecumenismo di base, cioè una rin-
novata comprensione comune e rivalutazione della nostra fede comune come è espressa nelle
formule dei nostri simboli di fede comuni. A questo punto emergono questioni fondamentali
riguardo al dialogo futuro. In particolare, le questioni di ermeneutica e criteriologia teologiche,
che ci accompagneranno nei capitoli che seguono.10
Introduzione
14. È la volontà salvifica di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, a riconciliare a sé tutta l’u-
manità che si è allontanata da lui mediante il peccato, a liberare la creazione dalla corruzione
e a ristabilire tutta l’umanità nella comunione con lui. Oltre a «giustificazione», la Bibbia usa
tutta una serie di termini ed espressioni per rendere questo messaggio fondamentale: regno di
Dio, salvezza, riconciliazione, redenzione, perdono, santificazione, grazia, vita nuova, nuova
creatura, rinascita ecc. Pur indicando questo processo salvifico nel suo insieme, il termine giu-
stificazione esprime il messaggio fondamentale del Vangelo sotto uno specifico aspetto giuri-
dico-legale. Con la sua misericordia Dio dichiara giusto il peccatore e questo lo rende effetti-
vamente giusto. Nel suo significato biblico giustificazione indica l’atto e il dono creatore e
redentore di Dio, che gli esseri umani non possono ottenere da sé stessi.
10 Sul problema ermeneutico nel contesto multilaterale, cf. Contributo a una riflessione ecumenica sull’ermeneutica, Ginevra,
COMMISSIONE FEDE E COSTITUZIONE, Un tesoro in vasi d’argilla. 30.11.1998; EO 7/3157-3228.
E cumenismo
I nn. 15-17 presentano il cuore del consenso nella fede sulla giustificazione: luterani,
metodisti e cattolici sono uniti nella comune confessione di fede riguardo all’azione giu-
stificatrice di Dio, che avviene a causa di Cristo e attraverso lo Spirito Santo.
«Insieme crediamo che la giustificazione è opera di Dio uno e trino. Il Padre ha
inviato il Figlio nel mondo per la salvezza dei peccatori. L’incarnazione, la morte e la
risurrezione di Cristo sono il fondamento e il presupposto della giustificazione.
Pertanto, la giustificazione significa che Cristo stesso è nostra giustizia, alla quale par-
tecipiamo, secondo la volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo. Insieme con-
fessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella
fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito
Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone
(117) Dichiarazione opere».(117)
sulla giustificazione, n. 15; EO 7/1845
«Tutti gli uomini sono chiamati da Dio alla salvezza in Cristo. Soltanto per mezzo di
lui noi siamo giustificati dal momento che riceviamo questa salvezza nella fede. La fede
stessa è anch’essa dono di Dio per mezzo dello Spirito Santo che agisce, per il tramite
della Parola e dei sacramenti, nella comunità dei credenti, guidandoli verso quel rinno-
(118) Dichiarazione vamento della vita che Dio porta a compimento nella vita eterna».(118)
sulla giustificazione, n. 16; EO 7/1846
«Condividiamo anche la convinzione che il messaggio della giustificazione ci orien-
ta in modo particolare verso il centro stesso della testimonianza che il Nuovo
Testamento dà dell’azione salvifica di Dio in Cristo: essa ci dice che noi, in quanto pec-
catori, dobbiamo la nostra vita nuova soltanto alla misericordia di Dio che perdona e
che fa nuove tutte le cose, misericordia che noi possiamo ricevere soltanto come dono
(119) Dichiarazione nella fede, ma che non possiamo meritare mai e in nessun modo».(119)
sulla giustificazione, n. 17; EO 7/1847
E cumenismo
chiamata a portare frutti degni di quella grazia».(142) Secondo l’ARCIC «la fede non è (142) (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, n. 79; EO 3/2349
una pura disposizione personale e interiore, ma per sua propria natura si manifesta: le
opere buone derivano necessariamente da una fede viva (Gc 2,17ss). Esse sono vera-
mente buone in quanto sono frutto dello Spirito, sono compiute in Dio e con la grazia
di Dio (...). Noi non siamo salvati a causa delle opere, ma siamo creati in Cristo per le
opere buone».(143) (143) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 19;
EO 3/24
Il documento La salvezza e la Chiesa dell’ARCIC presenta una stretta corrisponden-
za su altri aspetti della giustificazione espressi nella Dichiarazione congiunta. Ad esempio il
testo dell’ARCIC parla del «paradosso dell’essere giusti e peccatori al tempo stesso»,(144) il (144) Cf. n. 15; EO 3/20
che corrisponde alla trattazione del «giustificato come peccatore» da parte della
Dichiarazione. Ancora, la Dichiarazione parla della giustificazione che comporta simul-
taneamente il perdono di Dio e il nostro essere resi giusti. La salvezza e la Chiesa nota
che «la remissione dei peccati è accompagnata da un effettivo rinnovamento, la rinasci-
ta a nuova vita (...). Dio allo stesso tempo ci santifica e ci assolve».(145) In particolare, il (145) La salvezza e la Chiesa, n. 18;
EO 3/23
testo dell’ARCIC sottolinea l’intima relazione esistente fra la giustificazione e la Chiesa
come segno, custode e strumento del disegno di Dio in un mondo pieno di sofferenza e
di ingiustizia, di divisioni e di conflitti».(146) «Così il messaggio della Chiesa non è un pie- (146) Cf. (A) La salvezza e la Chiesa,
n. 25-31
tismo privato, irrilevante nella società contemporanea, né può essere ridotto a un pro-
gramma politico o sociale. Soltanto una comunità riconciliata e riconciliante, fedele al
suo Signore, nella quale sono superate le divisioni umane, può parlare con piena since-
rità a un mondo alienato e diviso e in modo da essere testimone credibile dell’azione sal-
vifica di Dio in Cristo e anticipazione del regno di Dio».(147) (147) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 30;
EO 3/35
B. Giustificazione e santificazione
E cumenismo
porta a fare ciò che è accetto a Dio. La fede riceve liberamente e rende una testimo-
(152) (R) Verso una comprensione nianza attiva, quando si estrinseca nell’amore (Gal 5,6)».(152)
comune della Chiesa, n. 79; EO 3/2349
Secondo l’ARCIC «la giustificazione e la santificazione sono due aspetti del medesi-
mo atto divino (1Cor 6,11)». Questo significa che «quando Dio promette la rimozione
della nostra condanna e ci pone in una nuova condizione di fronte a sé, tale giustifica-
zione è indissolubilmente legata alla sua santificante ricreazione di noi stessi nella gra-
(153) (A) La salvezza e la Chiesa, zia».(153) «La santificazione è quell’opera di Dio che rende attuale nei credenti la giusti-
n. 15; EO 3/20 zia e la santità, senza le quali nessuno può vedere Dio».(154) «La divina dichiarazione di
(154) (A) La salvezza e la Chiesa,
n. 17; EO 3/22 perdono e di riconciliazione non lascia immutati i credenti che si sono pentiti, ma stabi-
lisce con loro una relazione intima e personale. La remissione dei peccati è accompa-
gnata da un effettivo rinnovamento, la rinascita a nuova vita (...). Dio allo stesso tempo
(155) (A) La salvezza e la Chiesa, ci santifica e ci assolve».(155)
n. 18; EO 3/ 23
nione di coloro che sono riconciliati con Dio, può e deve essere segno e strumento di
riconciliazione e pace, una forza di giustizia e di compassione di fronte al peccato e alle
strutture di peccato nella società.
L’esito positivo dei dialoghi condotti finora ci induce a sperare nella possibilità di rag-
giungere un maggiore consenso sulla giustificazione e sull’antropologia teologica e di
affrontare in una discussione seria, aperta e guidata dallo Spirito le questioni ecumeni-
che recentemente sorte in questo contesto.
III. La Chiesa
Introduzione
E cumenismo
canonica fra l’ufficio del vescovo e quello di qualsiasi altro ministro della Parola e dei
(161) (R) Verso una comprensione sacramenti».(161)
comune della Chiesa, n. 20; EO 3/2285
Nel XVI secolo la Chiesa d’Inghilterra affermò la propria autonomia sotto Dio
come un’espressione locale della Chiesa universale. La regolamentazione elisabettia-
na della Chiesa d’Inghilterra incorporò sia elementi conservatori (ad esempio l’epi-
scopato venne riconosciuto come componente indispensabile dei fondamenti dell’an-
glicanesimo) sia idee del movimento riformatore continentale. Le tensioni fra ten-
denze cattoliche e protestanti nell’anglicanesimo hanno sollevato gravi questioni di
unità e d’identità nella Comunione anglicana mondiale varie volte nel corso della sua
storia e soprattutto oggi. Le origini della Comunione anglicana (che si è progressiva-
mente sviluppata nel XIX sulla scia dell’espansione coloniale britannica e dell’attivi-
tà missionaria anglicana) e il movimento della Riforma in essa sono un po’ diversi da
quelli della Riforma continentale, ma contengono anche differenze ecclesiologiche
rispetto alla tradizione cattolica, specialmente attorno alla questione del ministero del
primato.
Il metodismo è cominciato come un movimento di rinnovamento spirituale orienta-
to alla Bibbia in seno alla Chiesa d’Inghilterra, con un forte impegno missionario. John
Wesley non intendeva separarsi dalla Chiesa d’Inghilterra, ma la separazione divenne
inevitabile in seguito all’ingresso nel movimento di molte persone prive di ogni affilia-
zione ecclesiale e senza legami con la Chiesa di stato ufficiale. Per queste persone Wesley
creò strutture ministeriali parallele all’autorità anglicana, per cui senza un atto formale
di separazione sorse una Chiesa autonoma. Pur non essendo indifferente a strutture
ecclesiali, questo nuovo movimento era più interessato a sottolineare la santità come
forza ispiratrice e organizzatrice di un movimento orientato al rinnovamento e alla mis-
sione della Chiesa.
Il pietismo protestante del XVII e XVIII secolo sostenne un’ecclesiologia più sog-
gettiva, nella quale il cristianesimo era considerato una religione del cuore e la comu-
nione una calda relazione personale con Cristo e con i fratelli cristiani. Esso affermava
che la Chiesa è formata da veri credenti ovunque si trovino. In contrasto con questa con-
cezione spirituale della vita cristiana e dell’unità invisibile della Chiesa, il movimento
ecumenico persegue l’obiettivo dell’unità visibile della Chiesa.16
Mentre le controversie tradizionali e la teologia apologetica insistevano sulla visi-
bilità della Chiesa contro la sua invisibilità e discutevano per lo più della sua dimen-
sione istituzionale, il concilio Vaticano II, nella sua costituzione dogmatica Lumen gen-
tium (LG ) sulla Chiesa (1964), poneva l’accento sul mistero della Chiesa come popolo
di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo e gettava le basi per un rinnova-
mento della comprensione della Chiesa come comunione. Esso sottolineava che la
Chiesa è una realtà complessa, formata dall’unione di un elemento divino e di un ele-
mento umano. Questo ha reso possibile un avvicinamento alle diverse tradizioni eccle-
siali protestanti. I quattro dialoghi hanno mostrato che, pur restando aperte questioni
fondamentali, nell’ecclesiologia esistono anche molte convergenze e molti punti in
comune.17
A. Prospettive comuni
sulla natura e la missione della Chiesa
25. Tre dei quattro dialoghi bilaterali sulla Chiesa sono stati intrapresi alla luce della
divisione derivante dal XVI secolo e in una situazione caratterizzata da una profonda
necessità di guarigione delle memorie specialmente riguardo alle nostre rispettive com-
prensioni della Chiesa. Solo nel dialogo con i metodisti, una comunione mondiale sorta
nel XVIII secolo, i partner hanno avvertito una minore urgenza di guarigione delle
memorie e hanno potuto sottolineare più liberamente aspetti comuni della Chiesa.
Naturalmente, partendo da diversi punti storici, i dialoghi hanno affrontato la questio-
ne della natura e della missione della Chiesa in modi diversi e con diverse sottolineatu-
re; anche affrontando molte volte gli stessi temi, lo hanno fatto da prospettive diverse.
Di conseguenza finora non è emersa alcuna solida comprensione sistematica della
Chiesa. Solo l’ARCIC si è avvicinata a una trattazione sistematica della Chiesa, mentre
il documento Chiesa e giustificazione del dialogo luterano-cattolico è considerato da alcu-
ni un’ecclesiologia «in miniatura». Senza dimenticare questi limiti, si possono comunque
16 Cf. V ASSEMBLEA DEL CEC, Le esigenze dell’unità, Nairobi, 17 Tutti questi problemi in un contesto multilaterale più ampio,
23.11-10.12.1975; EO 5/849-867; Verso una concezione e visione sono ulteriormente sviluppate in La natura e la missione della Chiesa.
comune del CEC, 10.11.1997 (il testo va letto nella prospettiva Una tappa sulla strada di una dichiarazione comune, Ginevra 2005;
dell’VIII Assemblea del CEC di Harare, 1998); EO 5/2456-2524; IX Regno-doc. 15,2006,514.
ASSEMBLEA DEL CEC, Chiamati a essere l’unica Chiesa, Porto Alegre,
14-23.2.2006; Regno-doc. 9,2006,333.
E cumenismo
adottiva (cf. Gal 4,4) (...). È la comunione con il Padre per il Figlio nello Spirito Santo
che costituisce il popolo della nuova alleanza come Chiesa, un popolo “spiritualmente lega-
(173) (A) La Chiesa come comunione, to con la stirpe di Abramo”, citando Nostra aetate, n. 4 del Vaticano II».(173) L’ARCIC
nn. 7-8; EO 3/46-47
aggiunge: «I patriarchi e i profeti hanno ricevuto e proclamato la parola di Dio nello
Spirito. Con la potenza del medesimo Spirito la parola di Dio si è fatta carne e ha com-
(174) (A) Chiarimento su autorità piuto il suo ministero».(174) «Cristo è la parola finale di Dio all’uomo, la sua Parola eter-
nella Chiesa I, n. 2; EO 1/96
na fatta carne. Egli è il culmine dei diversi modi in cui Dio ha parlato fin dagli inizi (Eb
1,1-3). In lui l’intenzione salvifica e rivelatrice di Dio è pienamente e definitivamente
(175) (A) Chiarimento su autorità attuata».(175)
nella Chiesa I, n. 2; EO 1/96
Secondo il dialogo metodista-cattolico «la Chiesa è il frutto della grazia di Dio e
la sua natura e missione non possono essere comprese indipendentemente dal miste-
(176) (M) Rapporto di Seoul, n. 49 ro del disegno di amore di Dio per la salvezza di tutta l’umanità».(176) «Cattolici e
metodisti professano insieme la Chiesa come parte del disegno eterno della Trinità
(177) (M) Rapporto di Singapore, n. 99; per la salvezza dell’umanità».(177) Il dialogo metodista-cattolico, sotto il titolo
EO 3/1759
«Popolo e famiglia di Dio Padre», nota che «l’amore traboccante del Padre ha crea-
to l’umanità per la comunione con lui» e continua affermando: «Mediante il libero
dono dell’alleanza da parte di Dio, il popolo d’Israele divenne il suo popolo regale,
sacerdotale e profetico, scelto per essere luce delle nazioni. Mediante il dono della
nuova ed eterna alleanza da parte del Padre, suggellata con il sangue di Cristo, l’a-
gnello di Dio, coloro che sono “in Cristo” diventano “stirpe eletta, sacerdozio regale,
nazione santa, popolo che Dio si è acquistato, perché proclami le opere ammirevoli
di lui, che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2,9) (...). In
Cristo, noi diventiamo i figli e le figlie adottivi di Dio Padre, membri della sua fami-
glia regale e consacrata, la Chiesa. Tutto questo è frutto dell’amore traboccante del
(178) (M) Rapporto di Seoul, n. 54 Padre che crea e raduna».(178)
lizza interamente in tutte le cose”, rivela e incarna “il mistero di Cristo” (cf. Ef 1,23;
3,4.8-11)».(187) Secondo i metodisti e i cattolici lo Spirito «crea e mantiene l’unità della (187) (A) La Chiesa come comunione,
n. 17; EO 3/57
Chiesa, conduce a unità i molti e congiunge i membri del corpo di Cristo con il loro
capo».(188) «I vari doni nel corpo di Cristo sono complementari e servono insieme la (188) (M) Rapporto di Singapore, n. 28;
EO 3/1688
comunione e l’unione della Chiesa nell’amore e nella verità».(189) (189) (M) Rapporto di Brighton, n. 50;
Di conseguenza tutti e quattro i dialoghi concordano sul fatto che la Chiesa trova EO 7/2335; cf. nn. 2, 13
il suo significato e il suo scopo in Gesù Cristo. «Secondo Paolo, la comunità (...) è addi-
rittura “Cristo” (1Cor 12,12) (...). A lui essa è continuamente subordinata (Ef 5,24) e
vincolata nell’amore (cf. Ef 4,16). Soprattutto l’immagine della sposa e dello sposo
esprimono chiaramente quest’interpenetrazione di unità e diversità (cf. 2Cor 11,2; Ef
5,22ss; Ap 19,7s; 21,2; 22,17)».(190) «La missione e il compito di Gesù (...) servono di (190) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 132; EO 3/1362
norma per la Chiesa di ogni epoca e di ogni cultura».(191) «Il Regno proclamato da (191) (R) La presenza di Cristo, n. 14;
Gesù Cristo offre il contesto per la comprensione della natura e della missione della EO 1/2329
Chiesa».(192) (192) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 64
In modo analogo l’ARCIC afferma: «Gesù, in quanto parola di Dio, riassume in sé
l’intera autorivelazione di Dio».(193) «La Chiesa è una comunità che, in piena consape- (193) (A) Chiarimento su autorità nella
Chiesa I, n. 2; EO 1/96
volezza, cerca di sottomettersi a Gesù Cristo».(194) Il dialogo metodista-cattolico affer- (194) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 4;
ma: «La Chiesa è convocata dalla chiamata personale del Signore risorto; egli dice a cia- EO 1/69
scuno di noi: Vieni a me, seguimi e va’ nel mio nome. Noi siamo trasformati dal tocco
della sua presenza e diventiamo un popolo nuovo, pronto e abilitato a seguirlo e a vive-
re una vita nuova in Cristo. Siamo inviati da lui nel mondo a proclamare con gioia la
buona novella dell’amore di Dio a tutta l’umanità e a “fare discepoli da tutte le nazioni”
(Mt 28,20)».(195) (195) (M) Rapporto di Seoul, n. 57
30. Infine per tutti i dialoghi la presenza attiva di Cristo nella Chiesa è il fondamen-
to del ruolo della Chiesa nella salvezza. Al riguardo, sia il dialogo luterano-cattolico sia
quello riformato-cattolico parlano del ruolo della Chiesa nella salvezza alla luce del
ruolo della Chiesa nella giustificazione, mentre il dialogo anglicano-cattolico e quello
metodista-cattolico tendono a trattare della Chiesa nel contesto della storia della rivela-
zione e della salvezza.
Luterani e cattolici affermano concordemente: «L’“essere di fronte” per così dire
personale di Cristo e della Chiesa non deve evidentemente occultare la disuguaglianza
delle relazioni fra i due; la Chiesa è infatti, fin dall’inizio, colei che è stata salvata e bene-
ficata e tale rimane per sempre. Proprio alla luce del messaggio della giustificazione
appare chiaramente che la Chiesa deve il suo essere e il suo operare solo alla misericor-
dia di Dio in Gesù Cristo e al soffio dello Spirito. Solo così Cristo può operare efficace-
mente la salvezza attraverso di essa nella predicazione della Parola e nei sacramenti. Su
questo fondamento biblico si basano la comprensione cattolica e la comprensione lute-
rana del ministero salvifico della Chiesa mediante la Parola e i sacramenti».(196) (196) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 133; EO 3/ 1363
Secondo il dialogo riformato-cattolico «confessiamo insieme la Chiesa, poiché non vi
può essere giustificazione nell’isolamento. Qualsiasi giustificazione ha luogo nella comu-
nità dei credenti, oppure ha per fine radunare questa comunità. Per tutti noi è fonda-
mentale la presenza di Cristo nella Chiesa, considerata a un tempo come realtà della
grazia e come comunità concreta nel tempo e nello spazio. Cristo stesso agisce nella
Chiesa nella proclamazione della Parola, nella celebrazione dei sacramenti, nella pre-
ghiera e nell’intercessione per il mondo. Questa presenza e questa azione vengono rese
possibili ed efficaci dallo Spirito, mediante il quale Cristo chiama gli esseri umani a unir-
si a lui, per esprimere la sua realtà mediante sé stessi, per associarli al mistero della sua
auto-oblazione per loro».(197) (197) (R) Verso una comprensione
L’ARCIC afferma che «alla Chiesa è stata affidata la gestione dei mezzi della grazia comune della Chiesa, n. 80; EO 3/2350
e il messaggio della salvezza. Nella potenza della presenza di Cristo per lo Spirito, la
Chiesa è stata attirata nella missione salvifica di Cristo. Il mandato conferito alla Chiesa
di portare la salvezza a tutte le nazioni costituisce la sua peculiare missione. In questo
modo la Chiesa non solo manifesta la nuova umanità voluta da Dio e inaugurata da
Cristo. È essa stessa uno strumento dello Spirito Santo nell’estendere la salvezza a tutti
gli uomini in tutti i loro bisogni e circostanze fino alla fine dei tempi».(198) (198) (A) La Chiesa come comunione,
n. 22; EO 3/62; cf. (A) La salvezza
Secondo il dialogo metodista-cattolico «il Cristo risorto è presente nel cuore della vita e la Chiesa, n. 1
della sua Chiesa, operando nella Chiesa e attraverso essa, che egli unisce con se stesso
come un segno e strumento comune della sua presenza salvifica. Solo la presenza dello
Spirito Santo permette alla Chiesa di essere un segno o sacramento del Cristo risorto per
tutto il mondo».(199) (199) (M) Rapporto di Seoul, n. 77
E cumenismo
coinvolge con il regno di Dio. In questo contesto dobbiamo comprendere anche l’av-
vento della comunità dei discepoli, radicata in Israele come popolo di Dio che testimo-
nia Gesù e il suo Regno in un modo nuovo».(212) «Il Regno mira alla trasformazione di (212) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 160; cf. nn. 62, 64 e
tutto il creato nella gloria eterna e la Chiesa deve essere compresa nel quadro di questa 163
divina intenzione. L’appartenenza al Regno significa un continuo appello alla solidarie-
tà con le persone, specialmente quelle escluse e oppresse. Il Regno significherà qualcosa
per le folle che soffrono solo se lo sperimentano come una forza trasformante. Infatti,
secondo l’espressione di Paolo in 1Cor 4,20, “il regno di Dio non consiste in parole, ma
in potenza”».(213) (213) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 180; cf. (A) La
Similmente il dialogo luterano-cattolico nota che «la Chiesa viene intesa in vario salvezza e la Chiesa, n. 31; (M)
modo come segno e strumento della presenza di Cristo, della missione di Cristo e del Rapporto di Honolulu, n. 22
Regno».(214) Citando la conferenza della Commissione su missione al mondo ed evan- (214) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 305; EO 3/1535
gelizzazione del CEC tenuta a Melbourne (1980), il dialogo luterano-cattolico afferma:
«Tutta la Chiesa è in ogni luogo e in ogni tempo un sacramento del Regno, venuto nella
persona di Gesù Cristo e che verrà nella sua pienezza quando egli ritornerà nella glo-
ria».(215) «Luterani e cattolici sono concordi nel vedere la Chiesa come avvento e stru- (215) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 305; EO 3/1535
mento del regno di Dio. Vanno sottolineati due punti: da una parte, la realtà delle forze
del regno di Dio (...); dall’altra, il carattere provvisorio di tutte le parole e di tutti i segni
medianti i quali viene comunicata la salvezza (...). Così la Chiesa vive sempre anche del-
l’essere e restare cosciente del suo carattere provvisorio e del lasciarsi “trasportare” nel
Regno che viene. La Chiesa terrena trova il suo compimento escatologico solo nel
Regno compiuto».(216) (216) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 307; EO 3/1537; cf. nn. 72, 73
«Costruita sul modello di Cristo, sapienza di Dio, e con l’autorità conferitale dallo
Spirito Santo, la Chiesa è chiamata non solo a proclamare il regno di Dio, ma anche a
essere il segno e la primizia del suo avvento. L’unità, la santità, la cattolicità e l’aposto-
licità della Chiesa traggono il loro significato e la loro realtà dal significato e dalla real-
tà del regno di Dio».(217) Con le parole sintetiche dell’ARCIC: «La buona novella (217) (A) Vivere in Cristo, n. 19; EO
3/147; cf. La salvezza e la Chiesa, n. 26
dell’Evangelo è l’avvento del regno di Dio (cf. Mc 1,15), la redenzione del mondo per
opera di nostro Signore Gesù Cristo (cf. Gal 4,4-5), il perdono dei peccati e la nuova vita
nello Spirito (cf. At 2,38), e la speranza della gloria (cf. Col 1,27)».(218) «La Chiesa, che (218) (A) Vivere in Cristo, n. 17;
EO 3/145
in questo mondo ha sempre bisogno di rinnovamento e di purificazione, è già, qui e ora,
un’anticipazione del regno di Dio in un mondo che ancora aspetta il suo compimento,
un mondo pieno di sofferenze e di ingiustizia, di divisioni e di lotte».(219) (219) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 30;
Secondo il dialogo metodista-cattolico «Gesù fa molto più che annunciare e mostra- EO 3/35
re il Regno che viene; nelle sue potenti azioni e nella sua vita di amorosa obbedienza al
Padre il Regno è già presente (Luca)».(220) «Dio ha inaugurato il suo Regno in (220) (M) Rapporto di Rio, n. 17; EO
7/2167; cf. (M) Rapporto di Seoul, n. 68
Cristo».(221) «Metodisti e cattolici concordano sul fatto che “in tutte le situazioni, la veri- (221) (M) Rapporto di Honolulu, n. 22;
tà soggiacente della natura e del fine della Chiesa rimane la stessa: con la sua vita e testi- EO 1/2144
monianza la Chiesa indica, con la sua condivisione e il suo culto anticipa, e con la sua
missione serve come strumento la realtà ultima del regno di Dio, attualizzato in Gesù
Cristo” (Called to Love and Praise, 2.3.19; corsivo aggiunto)».(222) «La Chiesa vive nel (222) (M) Rapporto di Seoul, n. 77, che
cita Called to Love and Praise; cf. (M)
tempo che separa la vita, morte, risurrezione ed esaltazione di Gesù Cristo dal suo futu- Rapporto di Singapore, nn. 65 e 99
ro avvento nella gloria. Lo Spirito riempie la Chiesa, abilitandola a predicare la Parola,
a celebrare l’eucaristia, a sperimentare la comunione e la preghiera, ad assolvere la sua
missione nei riguardi del mondo. In tal modo la Chiesa viene resa capace di servire come
segno, sacramento e messaggera del regno di Dio nel tempo fra i tempi».(223) «La Chiesa (223) (M) Rapporto di Nairobi, n. 8;
nel nome di Cristo e con la forza del suo Spirito serve il regno di Dio, lavorando per la EO 3/1587; cf. (A) Vivere in Cristo, n.
20
guarigione e la trasformazione del mondo qui e ora».(224) (224) (M) Rapporto di Seoul, n. 68; cf.
Rapporto di Rio, n. 79
33. Secondo tutti e quattro i dialoghi, la Chiesa, pur essendo la pregustazione del
regno di Dio, resta una Chiesa pellegrinante. Nel corso della storia, i suoi membri hanno
lottato con la condizione peccatrice umana e dovranno sempre farlo, per cui la Chiesa
come istituzione di persone qui in terra ha bisogno di riformarsi continuamente.
Nondimeno, la santità della Chiesa resta un dono permanente di Dio in Gesù Cristo.
Dio continua a operare attraverso la Chiesa e la Chiesa continua a proclamare il regno
di Dio e a testimoniare l’azione salvifica di Cristo, nonostante la condizione peccatrice
dei suoi membri.
«La confessione della santità della Chiesa va naturalmente da sempre di pari passo
con la conoscenza che la forza del male e del peccato è all’opera nella Chiesa, anche se
non potrà mai prevalere su di essa. La Chiesa apparirà “senza macchia né ruga o alcun-
ché di simile” (Ef 5,27) solo alla fine del suo pellegrinaggio terreno, quando “Cristo se la
E cumenismo
farà comparire innanzi risplendente di gloria”. La santità della Chiesa si trova quindi nel
(225) (L) Chiesa e giustificazione, segno del “già” e “non ancora”. È una “santità vera, anche se imperfetta”».(225) «Da
n. 153; EO 3/1383; cf. nn. 146-147;
154-156 entrambe le parti riconosciamo che, quali che possano essere gli effetti del peccato sulle
persone e sulle istituzioni, la santità della predicazione della Parola e dell’amministra-
zione dei sacramenti permane, poiché il dono di Dio alla Chiesa è irrevocabile. In que-
sto senso la Chiesa è santa, poiché è lo strumento di quel dono di santità che viene da
(226) (R) Verso una comprensione Dio».(226)
comune della Chiesa, n. 122; EO
3/2392 «La credibilità della Chiesa quale testimone è minata dai peccati dei suoi membri,
dalle carenze delle sue istituzioni umane e, non da ultimo, dallo scandalo della divisio-
ne. La Chiesa ha continuamente bisogno di penitenza e di rinnovamento, così da poter
essere vista più chiaramente per quello che è: l’unico, santo corpo di Cristo. Tuttavia, il
Vangelo contiene la promessa che, malgrado tutte le mancanze, la Chiesa sarà adope-
rata da Dio per compiere il suo proposito: portare l’umanità alla comunione con lui e
degli uni con gli altri, in modo da partecipare alla sua vita, la vita della santa
(227) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 29; Trinità».(227) «La Chiesa di Cristo è una comunità pellegrinante, che cammina insieme
EO 3/34; cf. (A) La Chiesa come
comunione, n. 21; (R) La Chiesa come dalla peccaminosità alla santità, poiché Dio nella sua grazia ci guida e fa avanzare. Pur
comunità di testimonianza, n. 174 essendo ancora persone in cammino, sempre bisognose di pentimento e rinnovamento,
confidiamo nelle promesse di Cristo e nell’azione trasformante dello Spirito Santo.
Riponiamo la nostra fiducia in Cristo che dice alla sua Chiesa: “Ti basta la mia grazia;
(228) (M) Rapporto di Seoul, n. 95 la forza infatti si manifesta pienamente nelle debolezze” (2Cor 12,9)».(228)
«La Chiesa è un frutto della grazia di Dio e la sua natura e missione non può essere com-
presa indipendentemente dal mistero del disegno d’amore di Dio per la salvezza dell’in-
tera umanità».(236) (236) (M) Rapporto di Seoul, n. 49
Tutti e quattro i dialoghi, ciascuno a suo modo, sottolineano l’importanza dell’unità
per la testimonianza efficace della Chiesa. Ad esempio «soltanto una comunità riconci-
liata e riconciliante, fedele al suo Signore, nella quale sono superate le divisioni umane,
può parlare con piena sincerità a un mondo alienato e diviso e in modo da essere testi-
mone credibile dell’azione salvifica di Dio in Cristo e anticipazione del regno di
Dio».(237) (237) (A) La salvezza e la Chiesa, n. 30;
EO 3/35; cf. (A) La Chiesa come
comunione, nn. 20 e 23; cf. (R) La
c) La Chiesa come sacramento del regno di Dio Chiesa come comunità di testimonianza,
n. 197; (M) Rapporto di Seoul, n. 62
35. Alcuni dialoghi hanno descritto la Chiesa come sacramento del regno di Dio.
Secondo il dialogo riformato-cattolico, «la Chiesa è destinata a servire lo stabilimento
del Regno come un segno profetico e uno strumento efficace nelle mani di Dio».(238) (238) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 64
«Mediante l’approfondimento del tema della testimonianza comune da rendere al
Regno, riformati e cattolici hanno potuto scoprire un ulteriore accordo fondamentale
riguardo alla Chiesa. Possiamo affermare che la Chiesa è una sorta di sacramento del
regno di Dio, con un autentico ruolo di mediazione, ma solo nella misura in cui è total-
mente dipendente da Dio. Il nostro accordo sulla dipendenza della Chiesa da Dio in
Cristo nella forza dello Spirito Santo ci induce a sperare di aver fatto anche qualche pro-
gresso nell’apertura della strada verso una maggiore convergenza. Parlando della Chiesa
come “sacramento del regno di Dio” le tensioni passate riguardo alle diverse convinzio-
ni in materia di continuità, ministero e ordinamento della Chiesa nel corso dei secoli
possono rivelarsi complementari e persino creative nella ricostruzione condivisa».(239) (239) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 197; cf. nn. 191 e 194
Il dialogo riformato-cattolico nel documento Verso una comprensione comune della
Chiesa (1990), dopo una lunga trattazione e discussione,(240) ha affermato la compatibi- (240) (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, nn. 95-111
lità e complementarità delle due concezioni della Chiesa: «creatura Verbi», più vicina alla
concezione riformata, e «sacramentum gratiae», più vicina alla concezione cattolica. In
realtà, ora si può ritenere che esse «esprimono la stessa realtà strumentale sotto due
diversi aspetti, che sono complementari come le due facce di una stessa medaglia.
Possono anche diventare i poli di una tensione creativa fra le nostre due Chiese».(241) In (241) (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, n. 113; EO
base a uno studio della letteratura patristica il dialogo è giunto a questa conclusione: 3/2383; cf. (R) La Chiesa come
«Ora possiamo affermare, alla luce della nostra ricerca sia sul Regno sia sulla letteratu- comunità di testimonianza, n. 190
ra patristica, non solo che queste visioni si integrano e sono complementari, ma anche
che nessuna delle due è pienamente adeguata senza l’altra. Una Chiesa “sacramentale”
che non facesse debitamente spazio alla parola di Dio sarebbe essenzialmente incom-
pleta; una Chiesa che è veramente “creatura Verbi” celebrerà questa Parola nella liturgia
e nei sacramenti. Forse il fatto che le nostre Chiese differiscano in base a queste due
visioni è dovuto non tanto alla convinzione dell’una di essere solo creatura Verbi e alla
convinzione dell’altra di essere solo sacramentum gratiae quanto piuttosto alla sottoli-
neatura da parte di ciascuna tradizione di un solo aspetto al punto da minimizzare o tra-
scurare l’altro».(242) (242) (R) La Chiesa come comunità di
I luterani, pur notando delle affinità nella nuova comprensione cattolica della Chiesa testimonianza, n. 193
come «sacramento», hanno delle riserve a proposito della presentazione della Chiesa
come «sacramento», perché temono che questo possa oscurare la distinzione fra Gesù
Cristo come «unico sacramento di Dio» e la Chiesa come colei che riceve la salvezza.(243) (243) Cf. (L) Chiesa e giustificazione,
n. 128
Ma il dialogo su questo tema ha portato ad affermare che «vi è accordo fra luterani e
cattolici sul fatto che la Chiesa è strumento e segno della salvezza e, in questo senso,
anche “sacramento” della salvezza».(244) Il dialogo luterano-cattolico fa riferimento alla (244) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 134; EO 3/1364; cf. nn. 131-133
Conferenza mondiale del CEC su missione ed evangelizzazione, tenuta a Melbourne nel
1980, di cui cita il messaggio, facendolo proprio: «La buona novella del regno di Dio
deve essere proclamata dalla Chiesa, corpo di Cristo, sacramento del Regno, in ogni
luogo e in ogni tempo».(245) (245) (L) Chiesa e giustificazione,
n. 305; EO 3/1535
Secondo l’ARCIC, «la Chiesa in quanto koinonia richiede un’espressione visibile,
poiché il suo fine è di essere il “sacramento” dell’opera salvifica di Dio».(246) «Parlare (246) (A) Introduzione al «Rapporto
finale», n. 7; EO 1/13
della Chiesa come sacramento vuol dire affermare che, nella comunione e per la comu-
nione di tutti coloro che confessano Gesù Cristo e che vivono secondo la loro confessio-
ne, Dio realizza il suo piano di salvezza per tutto il mondo».(247) «La Chiesa è sia il segno (247) (A) La Chiesa come comunione,
n. 22; EO 3/62; cf. (A) La salvezza e la
della salvezza in Cristo, poiché essere salvati vuol dire giungere alla comunione con Dio Chiesa, n. 29
attraverso di lui, sia, allo stesso tempo, lo strumento della salvezza, in quanto comunità
E cumenismo
attraverso cui la salvezza viene offerta e accolta. Questo è quanto s’intende quando la
Chiesa viene descritta come “segno efficace”, dato da Dio a causa del peccato, della divi-
(248) (A) La Chiesa come comunione, sione e dell’alienazione dell’uomo».(248)
n. 19; EO 3/59
Il dialogo metodista-cattolico ha usato sempre più il linguaggio sacramentale a pro-
posito della Chiesa. Il Rapporto di Singapore (1991) nota: «Nel concilio Vaticano II la
Chiesa cattolica romana si è riferita alla Chiesa in termini di “sacramento di salvezza”
(Ad gentes, n. 5; cf. Lumen gentium, n. 1). Il metodisti preferiscono il termine “segno” a
sacramento, ma il significato, in ogni caso, è essenzialmente lo stesso, perché la Chiesa
obbedisce al mandato del suo fondatore di predicare a tutte le nazioni il Vangelo della
(249) (M) Rapporto di Singapore, n. 91; salvezza che ha ricevuto».(249) Il Rapporto di Seoul (2006) sintetizza la sua discussione
EO 3/1751
sulla sacramentalità citando e facendo propria l’affermazione del Rapporto finale del
Sinodo straordinario del 1985: «La Chiesa come comunione è sacramento per la sal-
(250) SINODO STRAORDINARIO DEI vezza del mondo».(250) Il dialogo metodista-cattolico parla anche della Chiesa resa capa-
VESCOVI (1985), Relazione finale,
II.D.1; EV 9/1810; Rapporto
ce di servire come «segno, sacramento e messaggera del regno di Dio nel tempo fra i
di Seoul, n. 103; cf. Rapporto tempi».(251) Nel Rapporto di Seoul metodisti e cattolici riconoscono che «la grazia della
di Nairobi, n. 9; Rapporto di Rio, n. 96
(251) (M) Rapporto di Nairobi, n. 8; salvezza è presente ed efficace» nelle comunità cristiane delle rispettive Chiese.(252)
EO 3/1587 L’uso del linguaggio sacramentale in tutti e quattro i dialoghi e la sua compatibilità
(252) (M) Rapporto di Seoul, n. 144
e complementarità con la visione della Chiesa come creatura Verbi, propria delle origini
della Riforma, possono essere considerati un importante passo avanti ecumenico; que-
sto risultato positivo dei dialoghi offre un solido terreno comune e può avere ampie e
profonde conseguenze per i dialoghi futuri. Esso è confermato dalla crescente compren-
sione comune della Chiesa come comunione.
verso il suo compimento (...). Questo porre al centro la comunione ci permette di affer-
mare quello che è già stato realizzato nella Chiesa, la comunità eucaristica».(261) Inoltre, (261) (A) La Chiesa come comunione,
n. 3: EO 3/42
«comprendere la Chiesa in termini di comunione mette i cristiani di fronte allo scanda-
lo delle nostre divisioni. La disunione dei cristiani getta un’ombra sull’invito di Dio alla
comunione, rivolto a tutta l’umanità, e rende il Vangelo che proclamiamo più difficile
da udire».(262) (262) (A) La Chiesa come comunione,
n. 4; EO 3/43
La comunione con Dio in Cristo è continuamente rinnovata dallo Spirito e così la
Chiesa è essa stessa un segno visibile ed efficace, e uno strumento di salvezza.(263) Questa (263) Cf. (A) La Chiesa come
comunione, n. 17
natura sacramentale della Chiesa «si manifesta specialmente nella celebrazione comune
dell’eucaristia».(264) (264) (A) La Chiesa come comunione,
n. 24, EO 3/64
La dichiarazione sottolinea la relazione fra comunione e apostolicità. Espressioni
diverse dell’unico Vangelo «devono rimanere fedeli alla Tradizione ricevuta dagli apo-
stoli».(265) «Quando (...) i cristiani non sono più capaci di ricevere e trasmettere la veri- (265) (A) La Chiesa come comunione,
n. 29; EO 3/69
tà all’interno dell’unica comunità di fede, la comunione si impoverisce».(266) «Quindi la (266) (A) La Chiesa come comunione,
Tradizione apostolica è fondamentale per la comunione della Chiesa che si estende nel n. 30; EO 3/70
tempo e nello spazio».(267) (267) (A) La Chiesa come comunione,
n. 31; EO 3/71
La dichiarazione considera anche gli elementi necessari per la comunione ecclesiale.
«Affinché le Chiese locali siano insieme in comunione (...) occorre che tutti gli elementi
essenziali costitutivi della comunione ecclesiale siano presenti e reciprocamente ricono-
sciuti in ciascuna di esse».(268) La comunione ecclesiale richiede «la professione di una (268) (A) La Chiesa come comunione,
n. 43; EO 3/86
sola fede apostolica, rivelata nelle Scritture e fissata nei simboli. È fondata su un solo bat-
tesimo. Una sola celebrazione dell’eucaristia è la sua espressione e il suo centro premi-
nente. Trova necessariamente espressione nella condivisione dell’impegno alla missione
affidata da Cristo alla sua Chiesa (...). Costitutiva della vita di comunione è anche l’ac-
cettazione degli stessi valori morali fondamentali».(269) Per alimentare e fare crescere la (269) (A) La Chiesa come comunione,
n. 45; EO 3/88-89
comunione l’episcopato ha una responsabilità particolare e «nel contesto della comu-
nione di tutte le Chiese, il ministero episcopale di un primate universale ha il ruolo di
essere il centro visibile dell’unità».(270) (270) (A) La Chiesa come comunione,
n. 45; EO 3/89
39. La dichiarazione comune Il dono dell’autorità (1998) sviluppa il consenso sul-
l’autorità nella Chiesa all’interno della concezione di un’ecclesiologia di comunione. Il
documento sottolinea che la Chiesa locale dovrebbe essere sempre vista nel contesto del-
l’indispensabile comunione di tutte le Chiese. La Tradizione è il mezzo attraverso il
quale «lo Spirito Santo forma, mantiene e sostiene la comunione delle Chiese locali da
una generazione alla generazione successiva. La trasmissione e la ricezione della
Tradizione apostolica è un atto di comunione per mezzo del quale lo Spirito unisce le
Chiese locali di oggi con quelle che le precedettero nell’unica fede apostolica».(271) Di (271) (A) Il dono dell’autorità, n. 16;
EO 7/20
conseguenza la comunione nella Tradizione apostolica ha due dimensioni: diacronica
(«la trasmissione del Vangelo da una generazione all’altra») e sincronica («la comunio-
ne in quell’unico Vangelo delle Chiese in tutti i luoghi»).(272) La fedeltà nella comunio- (272) (A) Il dono dell’autorità, n. 26;
EO 7/30
ne da parte delle Chiese locali viene detta «sinodalità» o «camminare insieme».(273) Il (273) Cf. (A) Il dono dell’autorità,
vescovo è la figura chiave al riguardo,(274) in modo che «in virtù del loro sensus fidei i n. 34; EO 7/38
(274) Cf. (A) Il dono dell’autorità, n. 36
fedeli siano capaci in coscienza sia di riconoscere Dio operante nell’esercizio dell’autori-
tà del vescovo, sia di rispondervi come credenti».(275) Sinodalità significa che «nessuna (275) (A) Il dono dell’autorità, n. 36;
EO 7/40
Chiesa locale che partecipa della Tradizione viva può considerarsi autosufficiente».(276) (276) (A) Il dono dell’autorità, n. 37;
La dichiarazione La Chiesa come comunione termina con una valutazione positiva EO 7/41
della convinzione comune ad anglicani e cattolici in materia di comunione, che «per-
mette loro di riconoscere nelle rispettive Chiese una vera affinità».(277) Anche se la sepa- (277) (A) La Chiesa come comunione,
n. 49; EO 3/94
razione ha inevitabilmente causato la separazione delle tradizioni culturali, «questi svi-
luppi, quando risultano complementari, contribuiscono a una comprensione più piena
della comunione».(278) La commissione conclude affermando che, nonostante gli osta- (278) (A) La Chiesa come comunione,
n. 53; EO 3/98
coli, «le nostre due comunioni sono concordi nella loro comprensione della Chiesa come
comunione».(279) La dichiarazione Il dono dell’autorità conclude affermando che angli- (279) (A) La Chiesa come comunione,
n. 56; EO 3/101
cani e cattolici devono conferire una maggiore espressione visibile alla loro comunione
già esistente: «I vescovi anglicani e cattolici dovranno trovare dei modi di cooperazione
18 Questo concetto di comunione è emerso nei dialoghi bilaterali
1250; GRUPPO DI LAVORO BILATERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPA-
e poi ha assunto un posto preminente nel più ampio contesto ecumeni- LE TEDESCA E DELLA CHIESA EVANGELICA LUTERANA UNITA IN
co: VII ASSEMBLEA DEL CEC, L’unità della Chiesa come koinonia: dono GERMANIA (VEREINIGTE EVANGELISCH-LUTERISCHE KIRHE DEUTSCH-
e vocazione, Canberra, 7-20.2.1991; EO 5/1787-1791; V CONFERENZA LANDS - VELKD), Kirchengemeinschaft in Wort und Sakrament,
MONDIALE DI FEDE E COSTITUZIONE, Messaggio sulla via della piena Paderborn/Hannover 1984; e ID., Communio Sanctorum. Die Kirche
koinonia, Santiago de Compostela, 3-14.8.1993; EO 6/2710ss. Cf. als Gemeinschaft der Heiligen, Otto Lembeck, Frankfurt Am Main
GRUPPO DI DOMBES, Pour la conversion des Églises, 1988; EO 4/968- 2000.
E cumenismo
insieme: «Nella misura in cui il ministero viene esercitato dietro mandato e in quanto
attualizzazione di Gesù Cristo, esso si colloca di fronte alla comunità con autorità.
“Colui che ascolta voi, ascolta me” (Lc 10,16)».(293) Analogamente il dialogo riformato- (293) (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 23; EO 1/1457
cattolico ha affermato: «Ci siamo riconosciuti d’accordo nel sostenere che la Chiesa di-
spone di una propria autorità nella misura in cui essa ascolta la Parola che Cristo non
cessa mai di indirizzarle».(294) «Cristo è “pastore e guardiano (episkopos)” di tutte le (294) (R) La presenza di Cristo, n. 24;
EO 1/2339
anime (1Pt 2,25)».(295) (295) (R) Verso una comprensione
Citando ampiamente dall’ARCIC, Crescere insieme nell’unità e nella missione offre comune della Chiesa, n. 135
uno sguardo d’insieme della visione anglicana-cattolica su questo tema che riflette tutti
i dialoghi. «Anglicani e cattolici romani concordano sul fatto che l’autorità prima per
tutti i cristiani è Gesù Cristo stesso. A lui “Dio ha dato ogni autorità in cielo e sulla terra”
(che cita ARCIC, Autorità nella Chiesa I, n. 1). Seguire Cristo è essere sottomessi all’au-
torità di Cristo. L’autorità della Chiesa è derivata dall’autorità di Cristo ed è totalmen-
te dipendente da essa (cf. Mt 11,27; 28,18ss). “Questa è l’autorità cristiana: quando i cri-
stiani agiscono e parlano in questa maniera, gli uomini intravedono la parola, piena di
autorità, di Cristo” (che cita Autorità nella Chiesa I, n. 3). “La Chiesa è chiamata a eser-
citare l’autorità in conformità con l’intenzione e l’esempio di Cristo (cf. Lc 22,24-27; Gv
13,14-15; Fil 2,1-11)” (che cita ARCIC, Il dono dell’autorità, n. 5). La sua autorità “si
manifestò mediante il suo servizio e la donazione della propria vita nell’amore sacrifica-
le (cf. Mc 10,45)” (che cita Il dono dell’autorità, n. 9)».(296) (296) (A) Crescere insieme, n. 62;
Regno-doc. 1,2008,22-23
Secondo il dialogo metodista-cattolico «mediante l’incarnazione il Logos eterno ha reca-
to la rivelazione definitiva di Dio all’umanità ed è diventato il redentore del mondo e il
Signore della Chiesa. La Parola eterna fatta carne è la norma ultima di tutta la vita e dot-
trina della Chiesa, orientando tutto ciò che si fa e insegna nella Chiesa alla lode e al culto di
Dio Padre tramite la grazia e la potenza dello Spirito Santo».(297) Metodisti e cattolici affer- (297) (M) Rapporto di Brighton, n. 16;
EO 7/2301
mano la loro «comune accettazione dell’autorità suprema di Cristo nella sua Chiesa».(298) (298) (M) Rapporto di Denver, n. 102;
EO 1/1974
2. L’APOSTOLICITÀ DELLA CHIESA
a) Tutta la Chiesa sul fondamento degli apostoli
42. Nel dialogo luterano-cattolico la natura normativa dell’origine apostolica era
stata trattata già nella prima fase del dialogo.(299) Nella terza fase cattolici e luterani (299) Cf. (L) Il Vangelo e la Chiesa,
nn. 51-53
affermano insieme: «La Chiesa poggia una volta per sempre sul fondamento degli apo-
stoli (...). La Chiesa sub apostolica è rinviata ai suoi inizi apostolici».(300) «Lo Spirito (300) (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 16; EO 1/1450
Santo unisce la Chiesa, in modo permanente e sempre di nuovo, con Gesù Cristo e con
la sua fondazione apostolica. Con la forza e la guida dello Spirito Santo, la Chiesa è
abilitata alla sua missione in modi molteplici ma sempre presenti».(301) Inoltre il dialo- (301) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 10
go luterano-cattolico afferma: «La Chiesa è apostolica sulla base del Vangelo apostoli-
co e nella sua fedeltà a esso. Questo Vangelo precede continuamente la Chiesa, come
dice Paolo: “Era Dio infatti che riconciliava (...) affidando a noi la Parola della riconci-
liazione. Siamo, dunque, ambasciatori di Cristo, perché Dio fa il suo appello attraver-
so di noi; vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor
5,19c-20). Gli apostoli che furono chiamati a essere testimoni di Gesù Cristo risorto
sono i testimoni primi e normativi del Vangelo. Nel loro carattere di testimoni oculari
19 La decima tornata del dialogo luterano-cattolico negli Stati koinonia all’ecclesiologia luterana e cattolica: The Church as Koinonia
Uniti ha pubblicato un’applicazione ad ampio raggio dal tema della of Salvation, Its Structures and Ministries, Washington DC 2005.
E cumenismo
essi non hanno successori, ma la loro testimonianza resta fondamentale per la Chiesa
di tutti i tempi. La Chiesa può essere apostolica solo concordando con la testimonian-
(302) (L) L’apostolicità della Chiesa, za degli apostoli».(302)
n. 27; cf. Chiesa e giustificazione,
44-47; (L) L’apostolicità della Chiesa, Il dialogo riformato-cattolico così descrive l’apostolicità della Chiesa: «Tutta la
nn. 147-148 e 150 Chiesa è apostolica. Essere apostolo significa essere inviato, avere una missione parti-
colare. La nozione di missione è essenziale per comprendere il ministero della Chiesa.
Come Cristo è inviato dal Padre, così la Chiesa è inviata dal Cristo. Ma questa missio-
ne della Chiesa non ha soltanto un riferimento cristologico: l’invio fatto da Cristo e
tutto ciò di cui la Chiesa è fornita per il suo servizio è pure opera dello Spirito Santo.
La missione dello Spirito Santo fa parte delle costruzione della Chiesa e del suo mini-
stero e non solamente in vista di assicurarne un funzionamento efficace. Troppo spes-
so degli squilibri nella teologia del ministero sono la conseguenza e il segno di un’in-
sufficiente teologia trinitaria. È per la potenza dello Spirito che il Signore sostiene il suo
popolo nell’adempimento della sua vocazione apostolica. Questa potenza si manifesta
con mezzi diversi che sono charismata, cioè doni gratuiti di un unico e medesimo
Spirito (cf. 1Cor 12,4-11). Guidata dall’opera di Dio in questo mondo, ed essendo stru-
(303) (R) La presenza di Cristo, n. 94; mento di Dio, la Chiesa è di natura carismatica».(303) Il dialogo osserva: «La Chiesa è
EO 1/2410
apostolica perché vive la fede dei primi apostoli, continua la missione che Cristo ha
dato loro e resta fedele al servizio e al modo di vivere di cui gli apostoli sono testimoni.
Le scritture canoniche sono l’espressione normativa di questa apostolicità. È nell’e-
spressione normativa di questa apostolicità, contenuta nel Nuovo Testamento, che è
stata data una testimonianza del ministero speciale conferito da Cristo ai Dodici e, fra
(304) (R) La presenza di Cristo, n. 95; i Dodici, a Pietro».(304)
EO 1/2411
Secondo l’ARCIC, «nella Chiesa primitiva gli apostoli hanno esercitato un mini-
stero che ha un’importanza fondamentale per la Chiesa di tutti i tempi. Dall’uso del
termine “apostolo”, proprio del Nuovo Testamento per indicare i Dodici, Paolo e altri,
è difficile dedurre un ritratto esatto dell’apostolo; ci sono tuttavia dei tratti primari che
sono chiaramente discernibili come propri dell’apostolato originale: un rapporto par-
ticolare con il Cristo storico e una missione da lui affidata in vista della Chiesa e del
EDB
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regno 19 pant:REGDOC 17-2008.qxd 5-11-2009 17:49 Pagina 617
mondo (Mt 28,19; Mc 3,14). Ogni apostolato cristiano ha la sua origine nell’invio del
Figlio da parte del Padre. La Chiesa è apostolica, non solo perché la sua fede e la sua
vita devono essere un’eco della testimonianza a Gesù Cristo data dagli apostoli nella
Chiesa primitiva, ma anche perché, in continuità con la missione affidata agli aposto-
li, la Chiesa ha il compito di comunicare al mondo ciò che essa ha ricevuto. Lungo il
corso di tutta la storia dell’umanità la Chiesa deve essere la comunità della riconcilia-
zione».(305) Inoltre «la persona e l’opera di Gesù, predicata dagli apostoli, presentata (305) (A) Ministero e ordinazione, n. 4;
e interpretata negli scritti neotestamentari mediante l’ispirazione dello Spirito Santo, EO 1/44
costituiscono la norma primaria della fede e della vita cristiana».(306) (306) (A) Chiarimento su autorità
nella Chiesa I, n. 2; EO 1/96
Il dialogo metodista-cattolico afferma: «L’unità nella fede, nella missione e nella vita
sacramentale può avvenire solo su un fondamento apostolico. Come già riconosceva il
Rapporto di Dublino: “Tutti noi concordiamo nell’affermare che l’apostolicità della
Chiesa implica una fedeltà ininterrotta all’insegnamento del Nuovo Testamento nella
dottrina, nel ministero, nel sacramento e nella vita».(307) (307) (M) Rapporto di Nairobi, n. 31,
con citazione del Rapporto di Dublino,
n. 84; EO 3/1611
b) Successione nel ministero apostolico
43. I dialoghi affrontano anche la questione relativa al modo in cui l’autorità degli
apostoli si rende presente nella Chiesa, cioè la questione della successione apostolica,
sia nel significato ampio del termine sia specificamente in relazione al ministero. È una
delle principali fonti di divisione e una delle questioni più dibattute e più spinose del
dialogo ecumenico.20
I testi dell’ARCIC dimostrano che le posizioni degli anglicani e dei cattolici sono
vicine. «Ogni Chiesa locale ha le sue radici nella testimonianza degli apostoli e a essa
è affidata la missione apostolica».(308) «Ambedue sosteniamo che l’episkopé deve esse- (308) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 8;
EO 1/73
re esercitata da ministri ordinati nella successione apostolica (cf. n. 16)».(309) La com- (309) (A) Chiarimento su ministero
prensione della successione apostolica da parte dell’ARCIC viene esposta nel contesto e ordinazione, n. 4; EO 1/61
della discussione dell’ordinazione episcopale. «Durante l’ordinazione di un nuovo
vescovo, altri vescovi impongono le mani su di lui, mentre implorano il dono dello
Spirito per il suo ministero e lo accolgono nella loro collegialità ministeriale. Essendo
essi incaricati della supervisione di altre Chiese, la partecipazione alla sua ordinazione
significa che il nuovo vescovo e la sua Chiesa si trovano nella comunione delle Chiese.
Inoltre, poiché essi rappresentano le loro Chiese nella fedeltà all’insegnamento e alla
missione degli apostoli e sono membri del collegio episcopale, la loro partecipazione
assicura anche la continuità storica di questa Chiesa con la Chiesa apostolica, e del suo
vescovo con il ministero apostolico originale. La comunione delle Chiese nella missio-
ne, la fede e la santità, attraverso il tempo e lo spazio, è così significata e preservata dal
vescovo. Qui si trovano concentrati i tratti essenziali di ciò che, nelle nostre due tradi-
zioni, s’intende per ordinazione nella successione apostolica».(310) (310) (A) Ministero e ordinazione, n. 16;
EO 1/56; cf. (A) Introduzione
Il dialogo cattolico-luterano distingue fra successione apostolica nella fede (succes- al «Rapporto finale», n. 7
sione apostolica in un senso sostanziale) e successione apostolica come successione
ministeriale dei vescovi.(311) Poi afferma: «Per quanto riguarda la successione di mini- (311) Cf. (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 59
stri, cattolici e luterani partono dalla convinzione secondo cui la testimonianza del
Vangelo non può fare a meno di testimoni del Vangelo. Questa testimonianza è affi-
data alla Chiesa nel suo insieme. Per questo motivo tutta la Chiesa sta, in quanto eccle-
sia apostolica, nella successione apostolica. La successione nel senso di continuità mini-
steriale va vista nell’ambito della successione di tutta la Chiesa nella fede apostoli-
ca».(312) I luterani possono accettare la successione apostolica come un segno di unità, (312) (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 61; EO 1/1495;
che «ha senso non in quanto atto isolato, bensì soltanto in relazione all’unità della cf. Il Vangelo e la Chiesa, n. 48
Chiesa nella fede, in quanto testimonianza dell’universalità del Vangelo della riconci-
liazione».(313) (313) (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 66; EO 1/1500
Nella quarta fase il dialogo luterano-cattolico ha riaffermato questa posizione:
«Perciò la fedeltà al Vangelo apostolico ha la priorità nell’interazione fra traditio, suc-
cessio e communio».(314) Poi alla luce dell’accordo sulle verità fondamentali della dottri- (314) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 291
na della giustificazione fa un importante passo avanti e afferma un consenso differen-
ziato: «Ma se il consenso dei vescovi è il segno decisivo dell’apostolicità della loro dot-
trina, allora i cattolici non possono escludere questi altri episkopoi dalla cerchia di colo-
E cumenismo
c) Questioni da risolvere
44. Pur essendovi un fondamentale accordo su apostolicità e successione apostolica
fra anglicani e cattolici, le dichiarazioni congiunte dell’ARCIC sottolineano anche che la
(322) Cf. (A) Introduzione Chiesa cattolica non ha riconosciuto le ordinazioni anglicane.(322) La posizione ufficiale
al «Rapporto finale», n. 9; Ministero
e ordinazione, n. 17 è ancora quella della lettera Apostolicae curae (1896) di Leone XIII che si espresse contro
(323) EO 1/57 la validità delle ordinazioni anglicane. Ma Ministero e ordinazione, n. 17,(323) affermava
che l’accordo raggiunto su materie essenziali relative al ministero poneva ormai la que-
stione del riconoscimento delle ordinazioni anglicane in un contesto nuovo, invitando a
una riconsiderazione della Apostolicae curae. Il pieno riconoscimento presuppone il pieno
accordo nel carattere sacramentale dell’ordinazione. Ma sviluppi più recenti, special-
mente l’ordinazione delle donne al presbiterato e sempre più spesso all’episcopato in
molte province anglicane, hanno impedito la continuazione di una discussione costrutti-
va su questo nuovo contesto (cf. la sezione sul ministero ordinato, alle pp. 623ss).
Negli altri dialoghi le differenze sono più fondamentali e sono legate al persistere di
posizioni diverse sui ministri della Chiesa (ivi ). Fra di essi il dialogo luterano-cattolico è
quello più avanzato; esso afferma un fondamentale riconoscimento reciproco dell’apo-
stolicità della Chiesa, ma evidenzia anche le rispettive differenze nella dottrina e nella
vita della Chiesa: «Un primo limite è dato dalle differenze nella comprensione dell’or-
dinazione al pastorato, del ministero nella successione apostolica e dell’ufficio del vesco-
vo nella Chiesa. In secondo luogo, mentre concordiamo sulla sacra Scrittura quale
norma di tutta la predicazione, l’insegnamento e la vita cristiana, divergiamo riguardo
al modo in cui la Scrittura deve essere autenticamente interpretata e l’ufficio dell’inse-
gnamento serve la Scrittura come guida della dottrina e della pratica della Chiesa».(324) (324) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 162
Da queste spinose questioni scaturiscono problemi più fondamentali, soprattutto la
comprensione sacramentale della Chiesa e dei suoi ministri. Occorre ancora riflettere sul
consenso che sta emergendo riguardo alla comprensione sacramentale della Chiesa e
occorre applicarlo alle questioni concrete del ministero e della successione apostolica.
Ricorderemo questo problema nelle riflessioni conclusive di questo capitolo.
3. SCRITTURA E TRADIZIONE
45. La relazione fra Scrittura e Tradizione è uno dei classici temi controversi fra le
comunità ecclesiali scaturite dalla Riforma e la Chiesa cattolica. Negli ultimi tempi la
discussione è stata collocata in un contesto più ampio e considerata in un nuovo oriz-
zonte ermeneutico. La nuova situazione è dipesa da varie ragioni che hanno prodotto
una nuova comprensione della Tradizione e della sua relazione con la Scrittura.22 Le
mutate circostanze sono echeggiate anche dalla costituzione dogmatica Dei verbum (DV )
sulla divina rivelazione (325) che ha enunciato le linee fondamentali per una revisione (325) DV 7-10
delle vecchie posizioni controverse.
21 Questo concetto di «consenso differenziato» o «diversità riconci- cura di), Das kirchliche Amt in apostolischer Nachfolge, I-III, «Dialog der
liata» ricco di conseguenze, attualmente applicato alla successione aposto- Kirchen» 12-14, Freiburg i. Br./Göttingen 2004-2008.
22 Ciò era già avvenuto nel più ampio contesto ecumenico delle con-
lica e affiorante in varie parti di questo testo richiede ulteriori chiarifica-
zioni. Il suo uso riguardo a questioni che devono essere ancora risolte ferenze di Fede e costituzione di Montréal (12-16.7.1963) e dell’incontro
richiede una riflessione previa sulle questioni fondamentali che sottendono di Lovanio (1971). A Montréal la Conferenza operò la celebre distinzione
il concetto stesso. Forse è meglio non parlare di «consenso differenziato», fra «Tradizione» e «tradizioni» e sviluppò una concezione più globale
ma di «convergenza su elementi importanti»; questo implica che si sono della Tradizione.
23 La relazione fra Scrittura e Tradizione è stata trattata esplicita-
fatti dei progressi e che si spera in un maggiore avvicinamento nel corso di
successivi dialoghi. Si può trovare una trattazione più ampia di questa que- mente nel dialogo luterano-cattolico negli Stati Uniti in Scrittura e Tradi-
stione nel documento tedesco TH. SCHNEIDER, D. SATTLER, G. WENZ (a zione, 1995; EO 8/2950-3019.
E cumenismo
guersi da ogni tradizione umana, intendendo in tal modo valorizzare, oltre alla dottrina
(332) (R) La presenza di Cristo, n. 24; della giustificazione, anche la totalità del messaggio vetero- e neotestamentario».(332)
EO 1/2339
«Oggi, sia da parte cattolica sia da parte riformata, il problema non si pone più secon-
(333) (R) La presenza di Cristo, n. 25; do le linee della polemica post-tridentina».(333)
EO 1/2340
Il dialogo anglicano-cattolico non affronta direttamente il conflitto storico relativo
alla relazione fra Scrittura e Tradizione, ma ha affermato: «Noi esistiamo come cristia-
ni in virtù della Tradizione del Vangelo, testimoniata nella Scrittura, trasmessa nella
Chiesa e attraverso la Chiesa per la potenza dello Spirito Santo. “All’interno della
Tradizione le Scritture occupano un posto speciale e normativo e rientrano in ciò che è
(334) (A) Crescere insieme, n. 29 che stato dato una volta per tutte”».(334) Il dialogo parla di «interdipendenza dinamica di
cita (A) Il dono dell’autorità, n. 19;
Regno-doc. 1,2008,18 Scrittura e Tradizione apostolica e [di] ruolo normativo della Scrittura entro la
(335) (A) Il dono dell’autorità, n. 52; Tradizione».(335) «In una fase molto antica, sotto la guida dello Spirito Santo, “la Chiesa
EO 7/58
è giunta a riconoscere il canone della Scrittura come testo e norma” allo scopo di salva-
guardare l’autenticità della sua memoria (che cita La Chiesa come comunione, n. 26).
Pertanto le Scritture, essendo la testimonianza ispirata in maniera specialissima della
rivelazione divina, hanno un ruolo unico e speciale nel tenere viva nella Chiesa la
memoria dell’insegnamento e dell’opera di Cristo. Noi concordiamo che il magistero, la
predicazione e l’azione della Chiesa devono costantemente essere misurati sulle
(336) (A) Crescere insieme, n. 29; Scritture».(336)
Regno-doc., 1,2008.18
Secondo l’ARCIC, «grazie al dono dello Spirito Santo, la comunità apostolica è
giunta a riconoscere nelle parole e nelle opere di Gesù l’azione redentrice di Dio e la sua
missione di annunciare a tutti gli uomini la buona novella della salvezza. Perciò la
Chiesa ha predicato Gesù mediante il quale Dio ha parlato agli uomini in modo defini-
tivo. Assistiti dallo Spirito Santo, i membri di questa comunità hanno trasmesso ciò che
avevano udito e visto della vita e delle opere di Gesù e la loro interpretazione della sua
opera redentrice. Da allora i documenti ispirati, che ne contengono il racconto, sono
(337) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 2; stati accolti dalla Chiesa come testi normativi dei fondamenti autentici della fede».(337)
EO 1/67; cf. (A) Chiarimento «È a queste fonti che la Chiesa attinge per trovare l’ispirazione per la sua vita e la sua
su autorità nella Chiesa I, n. 2
missione; a esse la Chiesa fa riferimento nel suo insegnamento e nel suo agire. È attra-
verso queste parole scritte che si trasmette l’autorità della parola di Dio. Munita di que-
sti documenti, la comunità cristiana è resa idonea dallo Spirito Santo a vivere il Vangelo
(338) (A) Autorità nella Chiesa I, ed essere così introdotta in tutta la verità».(338)
n. 2; EO 1/67
Metodisti e cattolici affermano: «Le antiche opposizioni fra Scrittura e Tradizione
hanno dato vita alla comprensione, che condividiamo, del fatto che la Scrittura nella
testimonianza alla tradizione vivente da cui è sorta ha un ruolo normativo per l’intera
(339) (M) Rapporto di Honolulu, n. 34; Tradizione della Chiesa, così come essa vive ed è guidata dallo Spirito di verità».(339)
EO 1/2156
«La ricerca di una riconciliazione ecumenica ha rivelato fin troppo chiaramente la dif-
ficoltà di riunire la Scrittura e la Tradizione una volta che sono state separate teorica-
mente. La Scrittura è stata scritta entro la Tradizione, tuttavia la Scrittura è normativa
(340) (M) Rapporto di Singapore, n. 21; per la Tradizione. L’una è comprensibile solo in funzione dell’altra».(340) Il dialogo
EO 3/1681
metodista-cattolico afferma: «Nella proclamazione e nell’insegnamento, la parola scrit-
ta nelle Scritture ha il primato su tutte le formulazioni posteriori della rivelazione divi-
(341) (M) Rapporto di Brighton, n. 17; na. Essa offre un modello di fede permanente…».(341)
EO 7/2302
Secondo il dialogo metodista-cattolico, «la Parola è presente nella Tradizione
quale comunicazione del Vangelo alle nuove generazioni dei credenti. La Tradizione
è “la storia di questo continuo ambiente di grazia nel quale e grazie al quale vivono
tutti i cristiani”: esso trova la “sua espressione focale” nella Scrittura (che cita The Book
of Disciple of the United Methodist Church [1996], § 77), e sarà sempre fedele al mes-
saggio biblico. Conservando la proclamazione della buona notizia della salvezza da
parte dei profeti e degli apostoli, le Scritture sono al tempo stesso il modello e il cuore
della Tradizione. In questa tradizione, nella quale la Parola viene trasmessa di epoca
in epoca, la Parola è letta, proclamata, spiegata e celebrata. La tradizione acquista un
valore normativo quando si riconosce la sua fedeltà alla norma biblica e alla Parola
eterna. “La Scrittura è stata scritta entro la Tradizione, tuttavia la Scrittura è norma-
tiva per la Tradizione. L’una è comprensibile solo in funzione dell’altra” (che cita il
Rapporto di Singapore, n. 21). Che ci sia armonia fra Scrittura, Tradizione e vita di
fede e culto cristiani fa parte dell’auto-comprensione della Chiesa e del modo in cui
essa, nello Spirito Santo, trasmette se stessa di generazione in generazione. Esiste una
crescente convergenza fra metodisti e cattolici su ciò che il papa Giovanni Paolo II ha
chiamato “le relazioni fra sacra Scrittura, suprema autorità in materia di fede, e la
E cumenismo
re a compimento il suo disegno di salvezza, egli creò la Chiesa, in cui è evidente la poten-
za rigeneratrice della Parola, che trasforma il popolo in una comunità che possa parte-
cipare della sua vita e vivere in un armonioso rapporto reciproco. Così la Chiesa è il
luogo in cui la parola di Dio è pronunciata, ascoltata, accolta e professata (Rm 10,8-17)»
(n. 15). «La Tradizione ricevuta dagli apostoli stessi continua un processo ininterrotto di
comunicazione fra Dio e gli esseri umani (...). La parola scritta della Scrittura è la sua
(349) (M) Rapporto di Singapore, nn. regola permamente» (n. 16).(349)
11, 13, 15, 16; EO 3/1671, 1673,
1675, 1676; cf. anche Rapporto di
Brighton, nn. 16-18 c) Il Nuovo Testamento come prodotto della Tradizione vivente del Vangelo
48. «Cattolici e luterani affermano insieme non solo che la Scrittura si è sviluppata sto-
ricamente dal processo di tradizione sia in Israele sia nella Chiesa apostolica, ma anche che
la Scrittura è orientata verso un processo di interpretazione nel contesto della Tradizione
(350) (L) L’apostolicità della Chiesa, ecclesiale».(350) Il Nuovo Testamento trasmette la Tradizione vivente del Vangelo. «Questi
n. 442
scritti sono stati accolti dalla Chiesa antica perché attestavano il Vangelo nella sua trasmis-
sione vivente (riassunta in quella che si chiama la regula fidei) perché sono stati scritti dagli
apostoli quali testimoni oculari, o dai loro discepoli, e perché sono stati trasmessi dalla
Chiesa, essa stessa di origine apostolica. Tanto nella Tradizione cattolica quanto in quella
riformata, la Chiesa ha sostenuto un ruolo nella genesi del canone, per quanto resti aperto
(351) (R) La presenza di Cristo, n. 32; il problema di definire con maggiore precisione tale ruolo».(351)
EO 1/2347
Secondo l’ARCIC, «grazie al dono dello Spirito Santo la comunità apostolica è giunta
a riconoscere nelle parole e nelle opere di Gesù l’azione redentrice di Dio e la sua missione
di annunciare a tutti gli uomini la buona novella della salvezza. Perciò la Chiesa ha predi-
cato Gesù mediante il quale Dio ha parlato agli uomini in modo definitivo. Assistiti dallo
Spirito Santo, i membri di questa comunità hanno trasmesso ciò che avevano udito e visto
della vita e delle parole di Gesù e la loro interpretazione della sua opera redentrice. Da allo-
ra i documenti ispirati, che ne contengono il racconto, sono stati accolti dalla Chiesa come
(352) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 2; testi normativi dei fondamenti autentici della fede».(352) «Il contenuto della fede è la verità
EO 1/67; cf. Il dono dell’autorità,
n. 19 di Cristo Gesù come è stata trasmessa per mezzo degli apostoli. Questo deposito della fede
dato da Dio non può essere dissociato dal dono dello Spirito Santo. È centrale nella mis-
sione dello Spirito il salvaguardare e ravvivare la memoria dell’insegnamento e dell’opera
di Cristo e della sua esaltazione, di cui la comunità apostolica è stata la prima testimone.
Per salvaguardare l’autenticità della sua memoria, la Chiesa è giunta a riconoscere il cano-
(353) (A) La Chiesa come comunione, ne della Scrittura come testo e norma».(353) Secondo il dialogo cattolico-metodista, la pie-
n. 26; EO 3/66
nezza della rivelazione divina si trova in Gesù Cristo e «la prima risposta a questa rivela-
zione in Cristo è formulata nelle Scritture del Nuovo Testamento, che sono così normative
(354) (M) Rapporto di Rio, n. 6; per tutti i tempi».(354)
EO 7/2156
Ciò che si può dire del Nuovo Testamento è vero anche del canone delle Scritture
nel suo complesso. «Secondo la convinzione di tutte e due le Chiese, anche la Tradizione
della Chiesa fa parte del modo con cui la parola di Dio viene trasmessa, benché riman-
gano delle differenze nella sua valutazione teologica. Il canone della sacra Scrittura è
(355) (L) Vie verso la comunione, n. 64; senz’altro un elemento importante e fondamentale della Tradizione ecclesiale».(355) «La
EO 1/1372; cf. (L) L’apostolicità
della Chiesa, nn. 390-410 ricerca storica ha dimostrato come gli scritti neotestamentari siano già il risultato e la
testimonianza di tradizioni, e come, inoltre, la formazione del canone del Nuovo
(356) (R) La presenza di Cristo, n. 25; Testamento si sia trovata essa stessa inserita in un processo di radizione».(356) «Tanto
EO 1/2340
nella Tradizione cattolica quanto in quella riformata, la Chiesa ha sostenuto un ruolo
nella genesi del canone, per quanto resti aperto il problema di definire con maggiore
precisione tale ruolo. A partire da questa comune comprensione, l’alternativa polemica
tradizionale, e cioè se la determinazione del canone è stato un atto di decisione di una
Chiesa investita di autorità oppure la ricezione riconoscente di una Chiesa obbediente,
(357) (R) La presenza di Cristo, n. 32; è ormai superata».(357)
EO 1/2347
«La formazione del canone delle Scritture fu parte integrante del processo della
Tradizione. Il riconoscimento da parte della Chiesa di queste Scritture come canoniche,
dopo un lungo periodo di discernimento critico, fu nello stesso tempo atto di obbedien-
za e di autorità. Fu un atto di obbedienza in quanto la Chiesa riconobbe e ricevette il
“sì” vivificante di Dio attraverso le Scritture, accogliendole come la norma della fede. Fu
un atto di autorità in quanto la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, ricevette e tra-
smise questi testi, proclamando che erano ispirati e che non si sarebbero potuti include-
(358) (A) Il dono dell’autorità, n. 22; re altri testi nel canone».(358)
EO 7/26
Il dialogo metodista-cattolico allude a questo tema in modo più generale quando parla
dell’evoluzione del triplice ministero: «Si riconosce la sua [del triplice ministero] generale
diffusione nel II e III secolo e che esso divenne la regola universale in quello stesso periodo
successivo al Nuovo Testamento nel quale fu fissato il canone delle Scritture e si formaro-
no le confessioni di fede classiche. I cattolici e certi metodisti tendono a vedere una somi-
glianza in questi tre sviluppi sotto la guida dello Spirito Santo».(359) (359) (M) Rapporto di Nairobi,
n. 29; EO 3/1609
E cumenismo
Padre nello Spirito Santo, egli invia a sua volta i suoi apostoli al mondo affinché nel suo
nome portino il Vangelo al mondo intero (Mt 28,19; Mc 16,15). La promessa e l’effu-
sione dello Spirito Santo dà agli apostoli la certezza di non agire con le proprie forze,
(369) (L) Il ministero pastorale bensì dietro mandato di colui che è risorto».(369)24
nella Chiesa, n. 10; EO 1/1444;
cf. (L) Il Vangelo e la Chiesa, n. 49 «Cattolici e luterani affermano concordemente che tutti i battezzati che credono in
Cristo condividono il sacerdozio di Cristo e sono così incaricati di “proclamare le opere
ammirevoli di lui, che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1Pt 2,9).
(370) (L) L’apostolicità della Chiesa, Perciò ogni membro ha un ruolo da giocare nella missione di tutto il corpo».(370)
n. 273
Secondo il dialogo riformato-cattolico, «la Chiesa fonda la propria esistenza sull’in-
vio di Cristo al mondo e sull’invio dello Spirito Santo, affinché uomini e donne possano
essere associati a Cristo nel suo servizio. L’autorità della Chiesa è inseparabile dal servi-
zio che essa ha da compiere nel mondo, oggetto dell’amore creatore e riconciliatore di
Dio. Servitori del loro Signore-Servo, i ministri della Chiesa debbono servire il mondo
con saggezza e pazienza. Nessun ufficio può essere esercitato in modo credibile se non è
fatto in uno spirito personale e vivente di discepolo. Nello stesso tempo, coloro che sono
incaricati di un ufficio nella Chiesa debbono fondarsi sulla certezza data dal Signore che
il suo disegno è di edificare la sua comunità con l’aiuto di servitori anche imperfetti. Il
nostro comune sforzo in vista di una più profonda comune comprensione del ministero
(371) (R) La presenza di Cristo, n. 93; nella Chiesa deve essere motivato anche dal servizio della Chiesa nel mondo».(371)
EO 1/2409
Essendo tutta la Chiesa apostolica, si può parlare del ministero di tutta la Chiesa. «È
proprio di tutti i membri del corpo di Cristo il prolungare il suo ministero, compreso il
suo ufficio sacerdotale (cf. 1Pt 2,5-9). Ogni membro contribuisce in modo diverso a que-
sto ministero globale; sono diversi i doni distribuiti (cf. 1Cor 12,4-11) e ogni credente
battezzato, uomo o donna, esercita in modo differente la sua parte in questo sacerdozio
totale. Che tutti coloro che, per mezzo del battesimo, fanno parte del corpo di Cristo,
siano chiamati al sacerdozio, non vuol dire che non vi siano nel corpo di Cristo certe
(372) (R) La presenza di Cristo, n. 96; funzioni particolari proprie di un ministero speciale».(372)
EO 1/2412
Secondo l’ARCIC «la vita di Cristo e la sua offerta di se stesso esprimono in modo per-
fetto il senso del servizio di Dio e degli uomini. Ogni ministero cristiano, il cui scopo è sem-
pre quello di costruire la comunità (koinonia), deriva e prende forma da questa fonte e da
questo modello. La comunione degli uomini con Dio (e degli uomini fra di loro) suppone la
loro riconciliazione. Questa riconciliazione, realizzata attraverso la morte e la risurrezione
di Gesù Cristo, si attua nella vita della Chiesa mediante la risposta della fede. Benché la
Chiesa si trovi tuttora sulla via della santificazione, essa ha tuttavia la missione di essere lo
strumento mediante il quale questa riconciliazione in Cristo viene proclamata, il suo amore
(373) (A) Ministero e ordinazione, n. 3; manifestato e i mezzi di salvezza offerti agli uomini».(373)
EO 1/43
L’ARCIC afferma: «Il sacerdozio dell’intero popolo di Dio (1Pt 2,5) deriva dall’incor-
porazione a Cristo mediante il battesimo. Questo sacerdozio di tutti i fedeli, di cui si è par-
(374) (A) Chiarimento su Ministero lato in Ministero e ordinazione, n. 7, non costituisce motivo di disaccordo fra noi».(374) «La
e ordinazione, n. 2; EO 1/59
comunità cristiana trova la sua ragione di essere nella glorificazione di Dio mediante l’at-
tuazione del progetto del Padre. Tutti i cristiani sono chiamati all’attuazione di questo pro-
getto mediante la loro vita di preghiera e la loro sottomissione alla grazia divina, nonché
mediante la loro vigile attenzione ai bisogni di tutti gli esseri umani. Essi devono essere i
testimoni della misericordia di Dio verso tutta l’umanità e del suo desiderio che la giusti-
zia regni nelle vicende umane. Devono pure offrire sé stessi a Dio nella lode e nell’adora-
zione, e consacrare le loro energie per indurre gli uomini a entrare nella comunione del
(375) (A) Ministero e ordinazione, n. 7; popolo di Cristo e così accettare la sua legge d’amore».(375)
EO 1/47
Per il dialogo metodista-cattolico «il ministero fondamentale è il ministero stesso di
Cristo e il suo scopo è di riconciliare gli uomini con Dio e tra di loro e portarli a una
nuova comunità nella quale essi possano crescere insieme in piena libertà come figli di
Dio. Questo ministero ha come suo centro la vita, la morte e la risurrezione di Cristo.
Esso non ha cessato di esistere con la fine della vita terrena di Cristo: per il potere dello
Spirito continua ora attraverso e nella sua Chiesa. Cristo ancora sceglie e prepara degli
(376) (M) Rapporto di Dublino, n. 77; uomini per il suo ministero così come faceva in origine».(376) «Tutto il popolo di Dio è
EO 1/2080
stato inviato da Cristo nel mondo per testimoniare l’amore del Padre nella potenza dello
Spirito Santo. In questo senso, esso è apostolico. Tutti i suoi membri ricevono doni dallo
(377) (M) Rapporto di Rio, n. 84; Spirito e non esiste dono senza il suo corrispondente servizio».(377) «Tutti coloro ai quali
EO 7/2234
gli apostoli trasmettono la loro fede partecipano alla loro opera. Tutti sono chiamati a
(378) (M) Rapporto di Rio, n. 87; EO
testimoniare. Tutti sono chiamati a glorificare Dio e a intercedere per il mondo. Tutti
7/2237; cf. Rapporto di Dublino, n. 81 sono chiamati a servire il loro prossimo».(378)
2. MINISTERO ORDINATO
2.1. I L CONSENSO DELL ’ARCIC SUL MINISTERO ORDINATO
51. Sul ministero ordinato e sulla sua relazione con il ministero di tutta la Chiesa,
l’ARCIC detiene un ruolo preminente perché la sua trattazione del ministero è stata sot-
toposta alle rispettive autorità e ha ottenuto una valutazione positiva. I principali risul-
tati del lavoro dell’ARCIC sul ministero si trovano in tre documenti: la dichiarazione
Ministero e ordinazione (1973); il Chiarimento (1979), che cercò di affrontare questioni o
critiche scaturite dalla prima tornata di risposte al testo; le Chiarificazioni (1994), testo
elaborato dalla sottocommissione ARCIC I per affrontare alcune preoccupazioni espres-
se nella risposta ufficiale cattolica e poi fatto proprio dai membri dell’ARCIC II.25
24 Il documento più importante e ancora fondamentale nel contesto alla fede degli anglicani». La risposta della Chiesa cattolica del 1991 chiese
multilaterale su questo tema è la terza parte del «Documento di Lima», ulteriori precisazioni su vari punti relativi al ministero e all’eucaristia; a que-
meglio conosciuto come BEM; EO 1/3111-3179. ste richieste si rispose con le Chiarificazioni. Il card. Edward Cassidy, allo-
25 Ministero e ordinazione e Chiarimento su Ministero e ordinazione ra presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cri-
erano parte del Rapporto finale dell’ARCIC I, presentato alla Chiesa catto- stiani scrisse ai copresidenti dell’ARCIC, l’11 marzo 1994, notando che le
lica e alla Commissione anglicana in vista di una risposta autorevole. La Chiarificazioni erano state «esaminate dai competenti dicasteri della Santa
Conferenza di Lambeth del 1988 (Risoluzione 8) riconobbe che il lavoro Sede» e che, riguardo al ministero e all’eucaristia, «a questo punto, [l’ac-
dell’ARCIC sul ministero e sull’eucaristia era «sostanzialmente conforme cordo raggiunto] non sembra richiedere alcun ulteriore studio» (EO 3/315).
E cumenismo
loro proposto come modello per il loro; e lo Spirito segna con il suo sigillo coloro che ha
scelto e consacrato. Come Cristo ha unito a sé la Chiesa in modo inseparabile, e come
Dio chiama tutti i credenti a essere discepoli per tutta la loro vita, così i doni e la chia-
mata di Dio ai suoi ministri sono irrevocabili. Di conseguenza, nelle nostre due Chiese
(385) (A) Ministero e ordinazione, n. 15; l’ordinazione non può essere ripetuta».(385)
EO 1/55; cf. Chiarimento su ministero e
ordinazione, n. 3 L’ordinazione comporta l’invocazione dello Spirito Santo e l’imposizione delle mani.
«Non solo la loro vocazione viene da Cristo, ma anche la loro qualificazione nell’eserci-
zio di tale ministero è un dono dello Spirito: “La nostra capacità viene da Dio, il quale
ci ha resi ministri idonei di una nuova alleanza, non della lettera ma dello Spirito” (2Cor
3,5-6). Questo fatto viene espresso nell’ordinazione quando il vescovo prega Dio di
accordare il dono dello Spirito Santo e impone le mani sul candidato come segno visi-
bile dei doni conferiti. Poiché il ministero è nella comunità e per la comunità, e poiché
l’ordinazione è un atto in cui tutta la Chiesa di Dio è coinvolta, questa preghiera e impo-
(386) (A) Ministero e ordinazione, n. 14; sizione delle mani si inseriscono in una celebrazione eucaristica».(386)
EO 1/54
Prima di prendere in considerazione la presidenza dell’eucaristia, l’ARCIC affronta
il ministero sacramentale in un modo più generale: «Il ruolo dei ministri nella celebra-
zione dei sacramenti costituisce una cosa sola con la loro responsabilità di ministri della
Parola. Sia nella parola sia nei sacramenti i cristiani incontrano la Parola vivente di Dio.
La responsabilità dei ministri nella comunità cristiana comporta che essi siano normal-
mente non solo gli amministratori del battesimo, ma anche coloro che accolgono i con-
vertiti nella comunità dei credenti e vi riammettono coloro che sono venuti meno.
L’autorità di pronunciare il perdono divino dei peccati, conferita ai vescovi e ai presbi-
teri con l’ordinazione, è da loro esercitata al fine di portare i cristiani, mediante Cristo,
a una più stretta comunione con Dio e con gli uomini loro fratelli, e assicurarli del con-
(387) (A) Ministero e ordinazione, n. 11; tinuo amore e della misericordia di Dio».(387)
EO 1/51
Poiché l’eucaristia è l’atto centrale del culto cristiano, che «nutre la vita della Chiesa
affinché possa compiere la sua missione», anglicani e cattolici affermano concordemen-
te che «è giusto che presieda la celebrazione dell’eucaristia colui che nella Chiesa detie-
(388) (A) Ministero e ordinazione, n. 12; ne il compito della supervisione ed è il centro della sua unità».(388) La natura essenzial-
EO 1/52 mente sacerdotale del ministero cristiano appare più chiaramente nella celebrazione del-
l’eucaristia. «Il ministero ordinato è detto sacerdotale soprattutto per il suo particolare
(389) (A) Chiarimento su ministero e rapporto sacramentale con Cristo sommo sacerdote».(389) «Unico è stato il sacrificio
ordinazione, n. 2; EO 1/59
sacerdotale di Gesù, così come unica è la funzione permanente del suo sommo sacerdo-
zio. Benché nel Nuovo Testamento i ministri non siano mai chiamati “sacerdoti” (hie-
reis), i cristiani hanno finito col ritenere che la funzione sacerdotale di Cristo venisse
riflessa in questi ministri e si servirono di una terminologia sacerdotale per descriverli.
Poiché l’eucaristia è il memoriale del sacrificio di Cristo, l’azione compiuta dal ministro
che vi presiede, pronunciando nuovamente le parole che sono state pronunciate da
Cristo nell’ultima cena e distribuendo all’assemblea i santi doni, è vista in rapporto
sacramentale con quanto ha compiuto Gesù stesso offrendo il suo sacrificio. Per questo
le nostre due tradizioni si servono comunemente di una terminologia sacerdotale per
parlare dei ministri ordinati. (...) Nell’eucaristia si trova il memoriale (anamnesis) (cf.
Dichiarazione concordata sulla dottrina eucaristica, n. 5) della totalità dell’intervento
riconciliatore di Dio in Cristo, il quale, attraverso il suo ministro, presiede alla cena del
Signore e si dona sacramentalmente. Così, poiché l’eucaristia è centrale nella vita della
Chiesa, è nella sua celebrazione che appare più chiaramente la natura essenziale del
(390) (A) Ministero e ordinazione, n. 13; ministero cristiano, qualunque sia la maniera in cui si esprima».(390)
EO 1/53; cf. (A) Chiarimento su
ministero e ordinazione, n. 2; (A)
Chiarificazioni su eucaristia e ministero c) Il triplice ministero nella successione apostolica
54. Dopo aver evidenziato la varietà delle immagini neotestamentarie che configu-
(391) Cf. (A) Ministero e ordinazione, rano il ministero ordinato nella Chiesa,(391) l’ARCIC incentra l’attenzione sulla respon-
n. 8 sabilità della «supervisione» (episkopé), che è «un elemento essenziale del ministero ordi-
nato. Tale responsabilità suppone la fedeltà alla fede apostolica, l’incarnazione di que-
sta fede nella vita della Chiesa d’oggi, e la sua trasmissione alla Chiesa di domani. I pre-
sbiteri sono associati ai vescovi nella supervisione della Chiesa e nel ministero della
Parola e dei sacramenti: essi ricevono l’autorità di presiedere l’eucaristia e di assolvere.
I diaconi, benché non usufruiscano dei medesimi poteri, sono associati ai vescovi e ai
(392) (A) Ministero e ordinazione, n. 9; presbiteri nel ministero della Parola e dei sacramenti e aiutano nella supervisione».(392)
EO 1/49
Gli anglicani e i cattolici concordano che «l’episkopé deve essere esercitata da ministri
ordinati nella successione apostolica. Ambedue le nostre comunioni hanno sostenuto che
la forma in cui va esercitata l’episkopé è quella del triplice ministero centrata nell’episco-
pato, e a questo sono rimaste fedeli».(393) «Sia i presbiteri sia i diaconi vengono ordina- (393) (A) Chiarimento su ministero e
ti dal vescovo».(394)26 ordinazione, n. 4; EO 1/61; cf.
Ministero e ordinazione, n. 16
Il triplice ordine del ministero è emerso già nei primi tempi della Chiesa. «Come la (394) (A) Ministero e ordinazione, n. 16;
EO 1/56
fissazione del canone del Nuovo Testamento non fu completata prima della seconda
metà del II secolo, così anche la completa espressione del ministero tripartito – vescovo,
presbitero, diacono – ha avuto bisogno di un periodo di tempo che andò al di là dell’e-
poca apostolica. In seguito, la struttura tripartita divenne universale nella Chiesa».(395) (395) (A) Ministero e ordinazione, n. 6;
EO 1/46
Il Chiarimento su ministero e ordinazione, n. 4, dell’ARCIC ha sviluppato questo punto,
sottolineando che «agli inizi del II secolo, il modello di un triplice ministero centrato sul-
l’episcopato è già distinguibile e probabilmente largamente diffuso (cf. le lettere di
Ignazio ai cristiani di Efeso, n. 4; di Magnesia, n. 13; di Tralli, n. 2; di Filadelfia, n. 2; di
Smirne, n. 8). Era un fatto riconosciuto che tale ministero dovesse essere in continuità
non solo con la fede apostolica, ma anche con il mandato dato agli apostoli (cf. I lettera
di Clemente 42)».(396) (396) EO 1/61
E cumenismo
missione] ha voluto affrontare l’origine e la natura del ministero ordinato e non il pro-
(404) (A) Chiarimento su ministero e blema su chi può e chi non può essere ordinato».(404)
ordinazione, n. 5, citando la lettera di
papa Paolo VI all’arcivescovo Donald Un numero crescente di province anglicane, dopo un’approfondita riflessione e dis-
Coggan, 23.3.1976, in AAS 68; EO cussione, e nonostante a volte forti divergenze di idee in seno alle stesse province, ha pro-
1/62; cf. anche la lettera di papa
Giovanni Paolo II all’arcivescovo di ceduto all’ordinazione di donne al presbiterato e all’episcopato. Mentre esse hanno agito
Canterbury, 8.12.1988; (A) Crescere in tal modo «convinte che non si possa muovere alcuna obiezione teologica a tale cam-
insieme, nn. 45, 60
biamento e che non si stiano in alcun modo allontanando dalla concezione tradizionale
del ministero apostolico né da quella della natura del ministero, quali sono esposte nelle
(405) (A) Crescere insieme, n. 61; dichiarazioni dell’ARCIC»,(405) il papa Giovanni Paolo II espresse la convinzione che
Regno-doc. 1,2008,22
«la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacer-
(406) Ordinatio sacerdotalis (1994), dotale».(406)
n. 4; EV 14/1348
godono del dono del ministero che viene da Dio in virtù della loro fede cristiana».(419) (419) (M) Rapporto di Dublino, n. 80;
«Il ministero ordinato è dato alla Chiesa da Dio; gli apostoli furono i primi “ministri del EO 1/2083
Vangelo”. Furono incaricati da Cristo stesso, e ogni ministro ordinato riceve a sua volta
attraverso la Chiesa l’incarico da Dio al momento della propria ordinazione. Ed è così
che questo ministero esiste dal tempo del Nuovo Testamento fino a oggi».(420) «Cattolici (420) (M) Rapporto di Dublino, n. 82;
EO 1/2085
e metodisti concordano nell’affermare che per mezzo dell’ordinazione si stabilisce un
nuovo e permanente rapporto con Cristo e con la sua Chiesa. Il ministro ordinato è
chiamato e abilitato dallo Spirito Santo a diventare, nella propria persona e attraverso
il proprio ministero, il centro dei molteplici ministeri dell’intera Chiesa».(421) (421) (M) Rapporto di Dublino, n. 98;
EO 1/2101; cf. Rapporto di Singapore,
Secondo il dialogo metodista-cattolico, nel ministero di tutto il popolo di Dio «è esi- n. 71
stito, fin dall’inizio, un ministero singolarmente chiamato e dotato per edificare il corpo
di Cristo nell’amore. Questo ministero è “apostolico” nel senso specifico del termine,
poiché è cominciato con la scelta da parte di Cristo, fra i suoi discepoli, dei dodici “che
egli chiamò apostoli” (Lc 6,13). È continuato nel corso dei secoli in coloro che a essi suc-
cedono in questo ministero».(422) (422) (M) Rapporto di Rio, n. 84; EO
7/2234
E cumenismo
nel collegio episcopale cattolico e hanno così il potere di ordinare. Di conseguenza, sempre
secondo la dottrina cattolica, nelle Chiese luterane il segno sacramentale dell’ordinazione
non è pienamente presente, perché coloro che ordinano non agiscono in comunione con il
collegio episcopale cattolico e come membri di esso. Perciò il concilio Vaticano II parla di
un defectus ordinis (UR 22) in queste Chiese».(442)27 (442) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 283
«Un’ulteriore differenza è strettamente legata alla precedente. “Per i luterani, la
comunità locale è Chiesa in senso pieno, mentre per i cattolici Chiesa in senso pieno è
la Chiesa locale guidata da un vescovo”».(443) «Egli [il vescovo] è il collegamento fra i (443) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 284, che cita Chiesa e giustificazione,
livelli locale, regionale e universale della Chiesa (...). Detiene ovviamente questa funzio- n. 84
ne solo come membro del collegio dei vescovi sotto il capo di questo collegio, il papa.
Secondo l’insegnamento cattolico la legittimità e l’autenticità del ministero dipende da
questa mediazione visibile e fisica di cattolicità. Di conseguenza, l’ordinazione da parte
di un membro del collegio episcopale è il segno sacramentale efficace che l’ufficio è
caratterizzato nelle sue origini da un’associazione essenziale con la tradizione apostolica
e la Chiesa universale. Quando i luterani affermano che la Chiesa locale è Chiesa in
senso pieno, presuppongono che la congregazione riunita per il culto sia in una relazio-
ne essenziale con la Chiesa universale. Questo perché la Chiesa locale non è tutta la
Chiesa, pur essendo pienamente Chiesa. Questa relazione con la Chiesa universale non
è qualcosa di secondario, aggiunto successivamente alla congregazione cultuale, ma è
già sempre intrinseco a essa. Perciò non è su questo punto che divergono le concezioni
luterana e cattolica. Ma esse rispondono diversamente riguardo al modo in cui questa
relazione con la Chiesa universale è mediata sul piano personale e istituzionale. Secondo
la comprensione luterana, una realtà spirituale non può mancare di una dimensione fisi-
ca, percepibile, perché lo Spirito Santo crea e conserva la fede e la Chiesa usando come
strumenti la parola fisica della proclamazione e dei sacramenti».(444) (444) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 284-285
Tutti i dialoghi affermano concordemente che il modello del triplice ministero emer-
ge molto presto nella storia della Chiesa, ma non concordano sul carattere vincolante
permanente di questo sviluppo e sul fatto che questo triplice ministero debba essere tut-
tora il modello obbligatorio o sia possibile una pluralità di modelli concreti in materia di
ministero. Ciononostante, si registra una crescente comune comprensione dell’episkopé
come un ministero essenziale nella Chiesa.
27 Nella misura in cui elementi della Chiesa sono presenti nelle comu- re il problema della sorveglianza indipendentemente dalla questione con-
nità ecclesiali, vi possono essere individuati anche – come fecero i dialoghi troversa di chi è deputato a esercitarla. Cf. GRUPPO DI DOMBES, Il mini-
– elementi ministeriali. Perciò si tratta di sapere se defectus ordinis (UR 22; stero dell’episkopé, 1976; EO 2/776-855; Episkopé and Episcopate in
EV 1/567) debba essere inteso come assenza o come carenza del sacra- Ecumenical Perspective, «Faith and Order Paper» 102, Ginevra 1980;
mento dell’ordine. Cf. il documento tedesco TH.D. SATTLER, G. WENZ (a Dichiarazione di Lund della FLM, Il ministero episcopale nell’apostolicità
cura di), Das kirchliche Amt in apostolischer Nachfolge, III, «Dialog der della Chiesa, 26.3.2003; Regno-doc. 1,2008,55ss. Dal dialogo luterano-cat-
Kirchen» 12-14, Freiburg i. Br./Göttingen 2008. tolico in Australia, cf. The Ministry of Oversight. The Office of the Bishop
28 Il termine episkopé viene usato nei dialoghi ecumenici per discute- and President in the Church, 2007.
E cumenismo
augustana riteneva essenziale per la Chiesa un ministero di unità e di governo (CA 28)
– preposto ai ministeri locali –, pur non risolvendo il problema della concreta realizza-
(447) (L) Tutti sotto uno stesso Cristo, zione di tale ministero».(447) «Anche secondo la concezione luterana la comunità singola
n. 22; EO 1/1427
è necessariamente collegata con la Chiesa intera. A ciò rispondono i ministeri di dire-
zione a un livello più alto della comunità locale (episkopé) che hanno una responsabilità
spirituale per la predicazione, per i sacramenti e per l’unità della Chiesa. Secondo que-
sta concezione, oltre al ministero del pastore della comunità parrocchiale, la Chiesa ha
(448) (L) Vie verso la comunione, 23; anche ministeri sovra-parrocchiali».(448)
EO 1/1331; cf. Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 44; cf. L’apostolicità Il dialogo riformato-cattolico riflette sul ministero, compreso il ministero della super-
della Chiesa, nn. 279-280 visione. «Questa missione affidata dal Cristo risorto agli “undici” (Mt 28,16) e da cui è
nata la Chiesa implica che dobbiamo distinguere fra coloro che annunciano il Vangelo
(“voi”) e coloro a cui viene proclamato (“ammaestrate”, “fate discepoli”). Ciò comporta
inoltre un ministero della Parola, del sacramento e della supervisione, dato da Cristo alla
Chiesa e che alcuni suoi membri devono svolgere per il bene di tutti. Questa triplice fun-
(449) (R) Verso una comprensione zione del ministero abilita la Chiesa alla sua missione nel mondo».(449)
comune della Chiesa, n. 132; EO
3/2402 Similmente «cattolici e metodisti riconoscono insieme la necessità di effettivi mini-
(450) (M) Rapporto di Seoul, n. 61 steri pastorali di unità e supervisione (episkopé) in seno all’unica Chiesa di Cristo».(450)
«Tutte le forme di ministero sono comunitarie e collegiali. Esse cercano di preservare e
rafforzare tutta la comunità di fede nella verità e nella carità, nel culto e nella missio-
(451) (M) Rapporto di Seoul, n. 91 ne».(451) «Ogni espressione formale di autorità pastorale, si tratti del magistero dei
vescovi o dell’autorità di concili, sinodi e conferenze, e ogni espressione della sfida pro-
fetica, devono essere al servizio dell’edificazione di tutto il popolo di Dio sotto la signo-
(452) (M) Rapporto di Rio, n. 72; EO ria di Cristo».(452) «Cattolici e metodisti credono unanimemente che l’episkopé delle
7/2222
(453) (M) Rapporto di Nairobi, n. 34; Chiese è una funzione di origine divina».(453) «Cattolici e metodisti concordano che l’e-
EO 3/1614 piskopé (la cura e la tutela pastorale) è essenzialmente compito del ministro ordinato.
Questa episkopé è esercitata in differenti modi nelle loro Chiese, ma in ogni caso è atten-
tamente orientata all’edificazione e al governo dei fedeli, all’educazione di giovani, al
mantenimento dell’unità e della pace della Chiesa e alla pianificazione e alla direzione
(454) (M) Rapporto di Dublino, n. 88; della missione e dell’evangelizzazione».(454)
EO 1/2091
plina del popolo peregrinante di Dio sotto la guida di Cristo, che è “pastore e guardia-
no (episkopos) di tutte le anime” (1Pt 2,25). Vari “doni”, “servizi” e “attività” sono ispi-
rati dallo Spirito di Dio nella Chiesa (1Cor 12,4-6), ma tutti i membri sono chiamati a
impegnarsi per la medesima unità, armonia ed edificazione della Chiesa».(459) (459) (R) Verso una comprensione
comune della Chiesa, n. 135; EO
Secondo il dialogo metodista-cattolico, «la funzione di supervisione comporta da 3/2405
parte dei ministri una sollecitudine per tutte le Chiese: hanno il compito di assicurare
che la comunità rimanga una, che si sviluppi in santità, che custodisca la sua cattolicità,
che sia fedele all’insegnamento apostolico e al compito di evangelizzazione dato da
Cristo stesso».(460) (460) (M) Rapporto di Singapore, n. 74;
EO 3/1734
c) Episkopé e collegialità
62. I dialoghi concordano sul fatto che l’episkopé dev’essere esercitata in modo per-
sonale, comunitario e collegiale. Di conseguenza, l’episkopé dev’essere caratterizzata
dalla collegialità. Anglicani e cattolici intendono specificamente la collegialità in termini
di episcopato e affermano: «In entrambe le comunioni, i vescovi si riuniscono collegial-
mente, non come individui, ma come coloro che hanno autorità all’interno della vita
sinodale e per la vita sinodale delle Chiese locali. La consultazione dei fedeli è un aspet-
to della supervisione episcopale. Ciascun vescovo è sia voce della Chiesa locale, sia colui
attraverso il quale la Chiesa locale impara dalle altre Chiese. Quando i vescovi si con-
sultano insieme, cercano sia di discernere sia di esprimere chiaramente il sensus fidelium
come è presente nella Chiesa locale e nella più ampia comunione delle Chiese».(461) (461) (A) Il dono dell’autorità, n. 38;
EO 7/42
Il dialogo luterano-cattolico afferma che come servizio alla koinonia l’episkopé è eser-
citata di concerto con la Chiesa nel suo complesso in modo personale, collegiale e comu-
nitario.(462) Inoltre «cattolici e luterani affermano insieme che l’episkopé del ministero (462) Cf. (L) L’unità davanti a noi,
nn. 112-116
deve essere esercitata a due diversi livelli, cioè sia a livello locale nella congregazione, sia
a livello regionale».(463) (463) (L) L’apostolicità della Chiesa,
Il dialogo riformato-cattolico afferma: «Siamo d’accordo sul fatto che la struttura fon- n. 280
damentale della Chiesa e del suo ministero è collegiale. Quando un soggetto è consacrato
al ministero speciale, accetta come regola di essere introdotto, grazie a ciò, in una funzione
collegiale che implica la sua sottomissione agli altri nel Signore, e che egli si assicuri il soste-
gno e le osservazioni dei ministri suoi fratelli. Questa “collegialità” prende la forma, da
parte riformata, di un regime sinodale e, da parte cattolica romana, di un collegio di vesco-
vi, la cui concezione è in via di progressiva evoluzione. Nel sistema riformato, il sinodo fun-
ziona come un episcopato collettivo che esercita una sorveglianza sui pastori e le comuni-
tà. Ci sembra che varrebbe la pena di ricercare in quale maniera, nel cammino della
Chiesa, le multiformi funzioni dell’ufficio degli anziani, presso i riformati, potrebbero esse-
re sviluppate e rese feconde sotto una forma moderna. Siamo d’accordo che la struttura col-
legiale deve assumere forme differenti secondo le diverse epoche e che dobbiamo essere sen-
sibili alla pluriformità dei carismi. Questo principio della collegialità non deve essere limi-
tato a livello di sinodi o, nella Chiesa cattolica, al collegio episcopale, e neppure al solo clero:
esso deve essere realizzato a tutti i livelli della Chiesa».(464) (464) (R) La presenza di Cristo, n. 102;
EO 1/2418
Il dialogo metodista-cattolico afferma: «Tutte le forme di ministero sono comunitarie e
collegiali».(465) «Metodisti e cattolici hanno un forte senso della natura collegiale del mini- (465) (M) Rapporto di Brighton, n. 81;
EO 7/2366
stero della supervisione. Ciò riflette la loro comune sottolineatura della connessione o
comunione delle comunità di fede locali fra di loro nella loro vita cristiana, nel culto e nella
missione. (...) Metodisti e cattolici affermano insieme che la vera fede e la vera sequela cri-
stiane comportano sempre la reciproca unità nella verità e nella carità».(466) (466) (M) Rapporto di Brighton, n. 76;
EO 7/2361
E cumenismo
(per esempio At 8,1; 1Cor 11,18) o una Chiesa domestica (per esempio Rm 16,5). Di
conseguenza luterani e cattolici vedono la Chiesa di Dio realizzata sul piano locale,
regionale e universale; queste diverse forme di realizzazione della Chiesa devono essere
intese a partire dalla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, dall’Una sancta del
(467) (L) Chiesa e giustificazione, n. 80; Credo».(467)
EO 3/1310; cf. (L) Il ministero pastorale
nella Chiesa, nn. 67-73 Riguardo alla Chiesa locale e universale, il dialogo riformato-cattolico afferma:
«Cattolici romani e riformati sono d’accordo sul fatto che la Chiesa universale è real-
(468) (R) La presenza di Cristo, n. 18; mente rappresentata dalla, ed esiste nella, Chiesa locale».(468) Al tempo stesso «non biso-
EO 1/2333
gna perdere di vista e il carattere locale e la cattolicità della Chiesa. È soltanto parteci-
pando alla comunità locale che noi abbiamo parte alla vita della Chiesa universale; ma
la comunità locale senza universalità (soprattutto le piccole comunità di base, ma anche
le Chiese locali a livello regionale) corre il rischio di trasformarsi in un ghetto o di sub-
(469) (R) La presenza di Cristo, n. 62; ire il potere arbitrario di certe personalità».(469)
EO 1/2378
Secondo l’ARCIC, «la reciproca interdipendenza di tutte le Chiese è parte integran-
te della realtà della Chiesa come Dio vuole che sia. Nessuna Chiesa locale che parteci-
(470) (A) Il dono dell’autorità, n. 37; pa della Tradizione viva può considerarsi autosufficiente».(470) «Per mezzo della comu-
EO 7/41
nione tra coloro ai quali è affidato il ministero episcopale, tutta la Chiesa viene resa con-
sapevole delle percezioni e delle preoccupazioni delle Chiese locali: allo stesso tempo le
Chiese locali sono in grado di mantenere il loro posto e il loro carattere particolari nella
(471) (A) La Chiesa come comunione, comunione di tutte le Chiese».(471)
n. 33; EO 3/73
Secondo il dialogo metodista-cattolico, «la comunione cristiana è più della fraternità
dei membri della stessa assemblea o della stessa comunità locale. La Chiesa di Dio ha
(472) (M) Rapporto di Rio, n. 126; EO dimensioni universali nel tempo e nello spazio».(472) «Dalla prima chiamata degli apo-
7/2276
stoli da parte di Gesù, essere chiamati è essere riuniti in comunità locali (le Chiese) e nel-
(473) (M) Rapporto di Seoul, n. 60 l’unica comunione universale (la Chiesa)».(473)
te collegiale».(477) «Concordiamo sulla necessità di un’episkopé nella Chiesa, a livello (477) Cf. (R) La presenza di Cristo,
locale (per la cura pastorale di ciascuna congregazione), a livello regionale (per collega- n. 102; EO 1/2418
Nessuna Chiesa locale che partecipa della Tradizione viva può considerarsi autosuffi-
ciente. (...) Il ministero del vescovo è centrale, perché questo ministero serve la comu-
nione all’interno delle Chiese locali e tra di esse».(482) (482) (A) Il dono dell’autorità, n. 37;
EO 7/41
L’ARCIC continua affermando che la comunione dei vescovi fra loro «s’esprime
attraverso l’incorporazione di ciascun vescovo in un collegio di vescovi. I vescovi sono,
sia personalmente sia collegialmente, al servizio della comunione e sono impegnati nella
sinodalità in tutte le sue espressioni. Queste espressioni hanno implicato una grande
varietà di organi, di strumenti e di istituzioni, in particolare sinodi o concili locali, pro-
vinciali, mondiali, ecumenici. Il mantenimento della comunione pretende che a ogni
livello vi sia la capacità di prendere quelle decisioni che sono appropriate a quel livello.
Quando queste decisioni suscitano problemi gravi per la più ampia comunione delle
Chiese, la sinodalità deve trovare un’espressione più ampia».(483) (483) (A) Il dono dell’autorità, n. 37;
EO 7/41
Fra questi quattro dialoghi, l’ARCIC descrive la relazione fra dimensioni locale e uni-
versale della Chiesa parlando della relazione fra conciliarità e primato ai livelli locale (dio-
cesano), regionale e universale della Chiesa. «La koinonia non si compie solo nelle comu-
nità cristiane locali, ma anche nella comunione di queste comunità fra di loro. L’unità delle
comunità locali sotto l’autorità di un unico vescovo costituisce quello che nelle nostre due
comunioni viene designato comunemente con l’espressione “Chiesa locale” (...). Poiché
ogni vescovo deve fare in modo che la sua comunità locale sia manifestamente cristiana, è
suo compito renderla attenta alla comunione universale di cui essa è una parte. Il vescovo
è l’espressione di questa unità della sua Chiesa con le altre».(484) (484) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 8;
EO 1/73
«Metodisti e cattolici hanno una comprensione essenzialmente “connettiva” della
chiamata di Cristo alla sequela, alla santità e alla missione, considerate sempre dono di
Dio e radicate nella nostra partecipazione alla koinonia invisibile che è la vita della santa
Trinità (...). Non può esservi cristianesimo privato e individualistico. Essere cristiani è
essere uniti insieme in Cristo, appartenere alla comunità riunita attorno al Signore risor-
to dalla potenza dello Spirito Santo».(485) «Questa dinamica di connessione e comunio- (485) (M) Rapporto di Seoul, n. 60
ne appartiene non solo ai discepoli locali riuniti insieme in comunità, ma anche alla
comunità mondiale di quelle comunità locali che sono unite insieme come una sola
Chiesa, il corpo di Cristo. La Chiesa di Cristo è veramente presente ed effettiva in qual-
che modo in tutte le congregazioni locali dei fedeli che sono riuniti insieme dalla predi-
cazione del Vangelo e per la celebrazione dell’eucaristia (cf. LG 26). Ma per essere vera-
mente ecclesiale, ogni comunità deve essere aperta alla comunione con le altre comuni-
tà ecclesiali. I singoli cristiani e le loro comunità sono essenzialmente legati insieme in
una rete di relazioni reciproche e interdipendenti».(486) (486) (M) Rapporto di Seoul, n. 61
30 Conciliarità (da non confondere con conciliarismo) e comunione of the Ecumenical Movement, Leuven 1971; Consultazione di Salamanca,
conciliare sono diventati temi preminenti nel più ampio movimento ecu- 1973; V ASSEMBLEA GENERALE DEL CEC, Cristo libera e unisce, Nairobi,
menico: COMMISSIONE FEDE E COSTITUZIONE, Conciliarity and the Future 23.11.-15.12.1975; EO 5/849-867.
E cumenismo
della Chiesa cattolica esprime la disponibilità ad accogliere già ora nella propria vita
certi aspetti del ministero petrino.31
Le affermazioni più dettagliate e avanzate si trovano nei documenti dell’ARCIC.
Essi concordano su una qualche forma di primato universale, e sulla sua necessità per
l’unità della Chiesa, ma registrano delle cautele riguardo al modo in cui questo primato
deve essere esercitato. «Secondo la dottrina cattolica l’unità nella verità della comunità
cristiana richiede un’espressione visibile. Riteniamo di comune accordo che una tale
espressione visibile è volontà di Dio e che il mantenimento dell’unità visibile a livello uni-
versale include l’episkopé di un primato universale. Questa è una dichiarazione dottri-
nale. Ma il modo in cui l’episkopé viene attuata concretamente nella vita ecclesiale (...)
dipenderà da fattori storici contingenti e dallo sviluppo sotto la guida dello Spirito
Santo».(493) Quest’ultimo punto viene ulteriormente precisato nella dichiarazione con- (493) (A) Chiarimento su autorità nella
Chiesa I, n. 8; EO 1/102
cordata della IARCCUM: «Anche se alcuni anglicani stanno cominciando ad apprez-
zare il ministero del vescovo di Roma come un segno e un centro di unità, permangono
domande sul fatto che il ministero petrino come esercitato dal vescovo di Roma esista
all’interno della Chiesa per diritto divino (...)».(494) (494) (A) Crescere insieme, n. 75;
Regno-doc. 1,2008,24
Il dono dell’autorità dell’ARCIC II così riassume i risultati conseguiti da ARCIC I su
questo tema: «Il dialogo tra gli anglicani e i cattolici ha mostrato importanti segni di pro-
gresso sulla questione dell’autorità nella Chiesa. Questo progresso si può già constatare
nella convergenza sulle concezioni dell’autorità raggiunta dalle precedenti dichiarazioni
dell’ARCIC, in particolare: (...) la necessità di un primato universale esercitato dal vesco-
vo di Roma come segno e salvaguardia di unità all’interno di una Chiesa riunita (cf.
Autorità nella Chiesa II, n. 9); la necessità che il primate universale eserciti il suo mini-
stero in associazione collegiale con i confratelli vescovi (cf. Autorità nella Chiesa II, n. 9);
una concezione del primato universale e della conciliarità come elementi che si pongo-
no a complemento e non in sostituzione dell’esercizio dell’episkopé nelle Chiese locali (cf.
Autorità nella Chiesa I, nn. 21-23; Autorità nella Chiesa II, n. 19)».(495) In generale il dia- (495) (A) Il dono dell’autorità, n. 1;
EO 7/4
logo dell’ARCIC pretende di aver raggiunto un accordo sui principi fondamentali del
primato: «Questo consenso è d’importanza fondamentale, poiché, pur non risolvendo
completamente tutti i problemi legati al primato papale, ci fornisce una solida base per
affrontarli».(496) (496) (A) Autorità nella Chiesa I, n. 24;
EO 1/89
La prima fase del dialogo luterano-cattolico non volle trascurare la questione del
ministero petrino, sottolineando: «Il ministero del papa, inteso come segno visibile del-
l’unità delle Chiese, non è stato escluso, purché esso venga subordinato, tramite una
reinterpretazione teologica e una ristrutturazione pratica, al primato del Vangelo».(497) (497) (L) Il Vangelo e la Chiesa, n. 66;
EO 1/1193
Il dialogo continua osservando: «Tra cattolici e luterani è tuttavia rimasto controverso il
problema se il primato del papa sia necessario per la Chiesa oppure se esso rappresenti
solo una funzione possibile in linea di principio. Ci siamo peraltro trovati d’accordo nel
ritenere che il problema dell’intercomunione e quello di un reciproco riconoscimento
del ministero non si possono far dipendere necessariamente da un consenso circa il pro-
blema del primato».(498) (498) (L) Il Vangelo e la Chiesa, n. 67;
EO 1/1194
Continuando la riflessione sul tema, la seconda fase del dialogo afferma: «In questo con-
testo, anche per i luterani si pone la questione di un servizio all’unità della Chiesa a livello
universale. (...) Sebbene le controversie tradizionali non siano state completamente riesa-
minate, possiamo dire che anche i teologi luterani, quando si pone la questione del servizio
dell’unità della Chiesa a livello universale, possono rivolgere il loro sguardo non solo a un
concilio futuro o alla responsabilità della teologia, ma anche a un particolare ministero di
Pietro. Dal punto di vista teologico molte cose rimangono qui da discutere, anzitutto il
modo in cui questo servizio universale della verità e dell’unità può essere realizzato:
mediante un concilio generale, mediante un vescovo rispettato in tutta la cristianità. In
diversi dialoghi si manifesta la possibilità, che da parte luterana non necessariamente vada
31 Il lavoro preparatorio è stato svolto dai dialoghi luterani-cattolici anglicana e molte comunità ecclesiali protestanti hanno risposto all’invito,
negli Stati Uniti: COMMISSIONE CATTOLICA-LUTERANA NEGLI USA, Primato espresso da Giovanni Paolo II nell’enciclica UUS n. 95 (EV 14/2866s), a
pontificio e Chiesa universale, 5.3.1974; EO 2/2568-2610; GRUPPO DI DIA- impegnarsi in un dialogo fraterno per trovare un modo di esercizio del pri-
LOGO CATTOLICO-LUTERANO IN USA, Autorità magisteriale e infallibilità mato che, pur non rinunciando in nulla a ciò che è necessario alla sua mis-
nella Chiesa, Minneapolis, settembre 1978; EO 2/2611-2758; e poi conti- sione, sia tuttavia aperto a una nuova situazione e alla ricerca di forme in cui
nuato dal GRUPPO DI DOMBES, Il ministero di comunione nella Chiesa uni- questo ministero possa compiere un servizio di amore riconosciuto da tutte
versale, 5.9.1985; EO 2/1002-1174; e dal documento tedesco K. LEHMANN, le persone coinvolte. Il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei
W. PANNENBERG, Lehrverurteilungen - kirchentrennend? Rechtfertigung, cristiani raccolse tutti i contributi e li analizzò; l’analisi venne presentata e
Sakramente und Amt im Zeitalter der Reformation und heute, Herder - discussa durante l’Assemblea plenaria del 2001, pubblicando poi i risultati in
Vandenhoech & Ruprecht, Freiburg i.Br - Göttingen 1986. La Comunione Information Service 2002/I-II, 29-42.
E cumenismo
esclusa la possibilità che il ministero petrino del vescovo di Roma sia un segno visibile del-
l’unità di tutta la Chiesa, “purché il primato venga subordinato, tramite una reinterpreta-
(499) (L) Il ministero pastorale nella zione teologica e una ristrutturazione pratica, al primato del Vangelo”».(499)
Chiesa, n. 73, che cita (L) Il Vangelo e la
Chiesa, n. 66; EO 1/1507 Il dialogo riformato-cattolico ricorda importanti questioni legate a questo tema, ma non
si è ancora impegnato direttamente nella discussione sul ruolo specifico del vescovo di
Roma. Come abbiamo visto sopra, al n. 64, il dialogo indica un accordo sulla necessità del-
(500) Cf. (R) Verso una comprensione l’episkopé nella Chiesa a livello locale, regionale e universale.(500) Inoltre questo dialogo fa
comune della Chiesa, n. 142
riferimento a tale tema in termini di relazione fra la Chiesa locale e la Chiesa universale.
Nella sua discussione sulla comunione conciliare come è stata delineata
dall’Assemblea del CEC a Nairobi (1975), il dialogo riformato-cattolico vede nella
dichiarazione di Nairobi «uno schema del modo in cui l’unità organica potrebbe strut-
(501) (R) Verso una comprensione turarsi persino a livello universale».(501) Avendo già sollevato la questione dell’ufficio di
comune della Chiesa, n. 162;
EO 3/2442 Pietro nella prima fase del dialogo,(502) la seconda fase sottolineava: «Abbiamo comin-
(502) Cf. (R) La presenza di Cristo, ciato ad affrontare il problema particolarmente difficile della struttura ministeriale
n. 107
richiesta per la comunione nella Chiesa universale (...). Man mano che continuiamo il
dialogo sulla struttura e sul ministero della Chiesa, questo tema appare degno di mag-
(503) (R) Verso una comprensione giore attenzione».(503) Mentre il dialogo riformato-cattolico non presta molta attenzio-
comune della Chiesa, n. 143; EO
3/2418 ne al ministero petrino, sottolinea piuttosto il ruolo di Pietro nel Nuovo Testamento: «È
nell’espressione normativa di questa apostolicità, contenuta nel Nuovo Testamento, che
è stata data una testimonianza del ministero speciale conferito da Cristo ai Dodici e, fra
(504) (R) La presenza di Cristo, n. 95; i Dodici, a Pietro».(504) Su questo punto il dialogo non si è spinto oltre, per cui rimane
EO 1/2411
la sfida di affrontarlo.
I dialoghi cattolici-metodisti riflettono in parte il consenso dell’ARCIC. «I metodisti
ritengono che qualunque cosa sia giustamente richiesta per l’unità di tutta la Chiesa di
Cristo sia per il fatto stesso volontà di Dio per la sua Chiesa. Un primato universale potreb-
be ben servire come punto focale dell’unità e come ministero dell’unità di tutta la
(505) (M) Rapporto di Nairobi, n. 58; Chiesa».(505) Poi si è espresso il corollario di questo prudente approccio: «In particolare,
EO 3/1638
con le debite salvaguardie, i metodisti possono essere disposti a ricevere il ministero petrino
esercitato collegialmente in seno al collegio dei vescovi come un’autorità decisionale finale
(506) (M) Rapporto di Seoul, n. 113 nella Chiesa, perlomeno in materia di questioni di fede essenziali».(506) Tuttavia in seguito
(507) Cf. (M) Rapporto di Nairobi, nn. a un accurato esame delle origini bibliche e storiche del ministero petrino (507) i metodisti
41-47; 51-55
rimangono reticenti riguardo alle pretese universale e apostolica del papato. A loro avviso
(508) (M) Rapporto di Nairobi, n. 55; «esso [il ministero petrino] non può essere fondato unicamente sulla Scrittura» (508) ed essi
EO 3/1635
notano che alcune delle funzioni abituali svolte dal vescovo di Roma (...) non riguardano
(509) (M) Rapporto di Nairobi, n. 59; l’essenza del suo ministero universale al servizio dell’unità».(509) Di conseguenza il dialogo
EO 3/1639
sottolinea che occorre continuare le ricerche «sulla precisa natura ed estensione dell’auto-
(510) (M) Rapporto di Nairobi, n. 62; rità che appartiene propriamente al ministero universale del papa».(510)
EO 3/1642 In conclusione si può affermare che le vecchie polemiche sul ministero petrino sono
state superate, ma si è ancora lontani da un pieno consenso. Riguardo ai dettagli, i diver-
si dialoghi non hanno fatto gli stessi progressi. Si registra un notevole grado di conver-
genza nell’ARCIC e un’iniziale apertura nel dialogo luterano, ma appare chiaramente
una maggiore esitazione nel dialogo cattolico-riformato e cattolico-metodista. In tutti
questi casi sembra che la strada da percorrere sia ancora lunga.
disposti ad accoglierlo, coloro che hanno la responsabilità del ministero della memoria
e dell’insegnamento hanno accettato espressioni della fede nuove e fino a quel momen-
to poco comuni. (...) Nella sua vita che procede, la Chiesa cerca e riceve la guida dello
Spirito Santo che mantiene il suo insegnamento fedele alla Tradizione apostolica. Entro
l’intero corpo, spetta al collegio dei vescovi esercitare il ministero della memoria a que-
sto scopo. Sta a loro discernere e impartire quell’insegnamento che può essere accolto
con fiducia perché esprime con sicurezza la verità di Dio».(518) «Il dovere di custodire la (518) (A) Il dono dell’autorità, nn. 41-
42; EO 7/45-46
Chiesa nella verità è una delle funzioni essenziali del collegio episcopale. Esso ha il pote-
re di esercitare questo ministero perché è legato nella successione agli apostoli, che erano
il corpo autorizzato e inviato da Cristo a predicare il Vangelo a tutte le creature.
L’autenticità dell’insegnamento di un singolo vescovo è evidente quando questo inse-
gnamento è in solidarietà con quello dell’intero corpo episcopale. L’esercizio di questa
autorità d’insegnare richiede che ciò che viene insegnato sia fedele alla sacra Scrittura e
coerente con la Tradizione apostolica. È quanto espresso dall’insegnamento del concilio
Vaticano II: “Il magistero però non è al di sopra della parola di Dio, ma la serve”».(519) (519) (A) Il dono dell’autorità, n. 44,
che cita la costituzione dogmatica Dei
In genere i partecipanti anglicani all’ARCIC I non hanno ritenuto utile l’uso del termi- verbum sulla divina rivelazione, n. 10;
ne «infallibilità». «Siamo d’accordo che questo termine può essere applicato senza restri- EO 7/48; cf. (A) La Chiesa come
comunione, n. 32
zioni solo a Dio, e che la sua utilizzazione in riferimento a un essere umano, anche se in cir-
costanze minuziosamente definite, può provocare molti malintesi. Questa è la ragione per
cui nel determinare la nostra fede nella preservazione della Chiesa dall’errore, abbiamo evi-
tato di usare questo termine».(520) Gli anglicani concordano con i cattolici sull’«indefet- (520) (A) Autorità nella Chiesa II,
n. 32; EO 1/134
tibilità della Chiesa, cioè [sul fatto] che lo Spirito Santo guida la Chiesa alla verità tutta inte-
ra» (521) e sono disposti ad accettare la nozione di «proclamazione autoritativa» (522) riferi- (521) (A) Crescere insieme, n. 76; Regno-
doc. 1,2008,24
ta alla Chiesa nel suo complesso: «La preservazione nella verità richiede che in certi (522) Cf. (A) Autorità nella Chiesa II,
momenti la Chiesa possa, su punti essenziali di dottrina, esprimere un giudizio decisivo che n. 27; EO 1/129
diventa parte della sua testimonianza permanente».(523) (523) (A) Autorità nella Chiesa II,
n. 24; EO 1/136
Occasionalmente questa funzione può essere esercitata da una persona, cioè dal pri-
mate universale. «Il giudizio della Chiesa è normalmente dato mediante una decisione
sinodale, ma a volte un primate, che agisce in comunione con i suoi confratelli vescovi,
può dare espressione a una decisione anche prescindendo da un sinodo. Benché la
responsabilità nel preservare la Chiesa da errori fondamentali appartenga all’intera
Chiesa, essa può venire esercitata a nome suo da un primate universale».(524) Ma gli (524) (A) Autorità nella Chiesa II,
n. 28; EO 1/130; cf. Il dono
anglicani esitano di fronte all’idea di attribuire al vescovo di Roma l’autorità di pronun- dell’autorità, nn. 41-43
ciare una definizione infallibile e insistono piuttosto sulla questione della ricezione.
«Nonostante il nostro accordo sulla necessità di un primato universale in una Chiesa
32 Tale questione venne affrontata in molte occasioni, ad esem- 23.11.-15.12.1975; EO 5/849-867; COMMISSIONE FEDE E COSTITU-
pio: COMMISSIONE FEDE E COSTITUZIONE, Un solo battesimo, una sola ZIONE, Sulla via della piena koinonia, V Conferenza mondiale, San-
eucaristia e un reciproco riconoscimento dei ministeri, Accra, 23.7.- tiago de Compostela, 3-14.8.1993; Un tesoro in vasi d’argilla, Gine-
5.8.1974; EO 1/2860-3031; V Assemblea generale del CEC, Nairobi, vra, 30.11.1998; EO 7/3157-3228.
E cumenismo
unita, gli anglicani non accettano il possesso garantito di un tale dono di assistenza divi-
na nel giudizio, necessariamente legato all’ufficio del vescovo di Roma, in forza del quale
le sue decisioni formali possono essere ritenute come pienamente sicure prima dell’ac-
(525) (A) Autorità nella Chiesa II, cettazione da parte dei fedeli».(525)
n. 31; EO 1/133
I dialoghi dimostrano che questa nozione della ricezione è l’elemento chiave in qual-
siasi nozione anglicana d’indefettibilità. «Gli anglicani, credendo che l’indefettibilità
della Chiesa sia preservata dalla fedeltà alle Scritture, dalle professioni di fede universa-
li, dai sacramenti e dal ministero dei vescovi, non attribuiscono un ministero infallibile
ad alcun gruppo o singolo individuo all’interno della vita ecclesiale. Essi ritengono che
ogni dottrina, comunque venga proposta o definita, deve essere ricevuta dal corpo dei
(526) (A) Crescere insieme, n. 76; Regno- credenti cui è rivolta in quanto consonante con la Scrittura e la Tradizione».(526)
doc. 1,2008,24
dali» (536) e nonostante le diverse configurazioni dei ministeri dell’insegnamento,(537) nei (536) (L) L’apostolicità della Chiesa,
n. 449
dialoghi più recenti vi sono aree di un consenso differenziato, per cui le differenze che anco- (537) Cf. (L) L’apostolicità della Chiesa,
ra rimangono non devono essere considerate tali da dividere la Chiesa.(538) Si può parlare n. 453
(538) Cf. (L) L’apostolicità della Chiesa,
di una «diversità riconciliata» riguardo a: 1) esistenza di un tale ministero o ufficio a livello n. 431
sia locale sia sovra-locale; 2) funzionamento di questo ministero o ufficio non in forma
monopolistica, bensì (secondo la concezione cattolica) accanto e insieme a varie istanze di
testimonianza resa alla parola di Dio; 3) combinazione delle funzioni sia costruttive sia cri-
tiche nel ministero dell’insegnamento, per cui quest’ultimo offre una continua voce pubbli-
ca alla venuta definitiva di Dio all’umanità nella morte e risurrezione di Cristo.(539) Qui (539) Cf. (L) L’apostolicità della Chiesa,
nn. 450-460
ritorna ancora una volta la tesi ricca di conseguenze di un «consenso differenziato», che
richiede ulteriori approfondimenti (cf. nota 21; qui a p. 619).33
70. Il dialogo riformato-cattolico incentra l’attenzione sulla Chiesa come creatura
Verbi e afferma: «Siamo d’accordo che la Chiesa, come “creatura Verbi”, con la sua tra-
dizione, è subordinata alla parola di Dio e che i predicatori e i dottori della Parola deb-
bono considerarsene i servitori (cf. Lc 1,2), non avendo da insegnare altro che ciò che lo
Spirito Santo fa loro udire nella Scrittura. Questo ascolto, questo insegnamento, si fanno
in relazione vivente con la fede, la vita e soprattutto il culto della comunità di Cristo.
Siamo d’accordo che sia lo sviluppo dottrinale sia la genesi delle confessioni di fede
avvengono in un processo dinamico. In questo processo la parola di Dio manifesta la
propria forza che crea, critica e giudica. È così che, mediante la parola, lo Spirito Santo
conduce la Chiesa alla riflessione, alla conversione e alla riforma».(540) (540) (R) La presenza di Cristo, n. 26;
EO 1/2341
Riguardo al termine cattolico «infallibilità», «mentre i riformati constatano che l’e-
spressione “infallibilità della Chiesa” non è quasi mai adoperata nella loro tradizione, i
cattolici per parte loro riconoscono che il termine è relativamente recente nel vocabola-
rio teologico e che esso appare non molto felice a causa delle interpretazioni maggioranti
alle quali dà sovente luogo. Quanto alla teologia dell’infallibilità, oltre al fatto che trop-
po spesso vi è stata la tendenza a ridurre la questione dell’infallibilità della Chiesa al pro-
blema particolare dell’infallibilità del papa, o perfino a un certo stile di esercizio di que-
st’ultima, si deve constatare che si è sviluppata in una problematica di tipo unilateral-
mente giuridico che la rende tanto più inammissibile al pensiero riformato. Tuttavia
siamo capaci di esprimere una certa visione comune».(541) «La promessa fatta da Dio (541) (R) La presenza di Cristo, n. 39;
EO 1/2354
alla Chiesa è questa: Dio resta fedele alla sua alleanza e malgrado le debolezze e gli erro-
ri dei credenti fa sentire la sua Parola nella Chiesa».(542) (542) (R) La presenza di Cristo, n. 40;
EO 1/2355
«Il rifiuto opposto dai riformati all’idea di un’infallibilità riconosciuta ad alcuni uomi-
ni procede da una ripugnanza a legare in tal modo Dio alla Chiesa, a causa della sovra-
nità di Cristo sulla Chiesa e della libertà dello Spirito, ripugnanza rinforzata dall’espe-
rienza delle frequenti resistenze della Chiesa alla Parola e dei suoi errori. A ciò si aggiun-
ge il carattere personale della fede nel Cristo vivente, e anche il fatto che molti riforma-
ti prendono oggi talmente sul serio la resistenza dell’uomo allo Spirito di Dio, che diven-
ta loro impossibile parlare di infallibilità della Chiesa. Fatta astrazione da ciò, ogni pre-
tesa all’infallibilità costituisce per la mentalità riformata un ostacolo alla credibilità della
predicazione nel mondo moderno. I malintesi relativi all’idea di infallibilità ecclesiale
non tolgono nulla al peso decisivo, benché subordinato, dato nella tradizione riformata
ai primi concili ecumenici nella trasmissione e interpretazione del Vangelo. Per i rifor-
mati, tuttavia, la sola cosa che strettamente parlando è infallibile è la fedeltà di Dio alla
sua alleanza, fedeltà in virtù della quale, mediante lo Spirito, egli corregge e preserva la
sua Chiesa fino all’avvento definitivo del suo Regno».(543) (543) (R) La presenza di Cristo, n. 42;
EO 1/2357
Secondo il dialogo riformato-cattolico, «la continuità della dottrina autentica è assi-
curata dall’assiduo ricorso alla sacra Scrittura ed essa è trasmessa dalla continuità della
funzione d’insegnamento del ministero speciale. Nel caso particolare della successione
apostolica avviene come in tutti gli altri aspetti del ministero della Chiesa: questa suc-
cessione esige insieme una continuità con i primi apostoli e un’azione contemporanea
gratuitamente rinnovata dello Spirito Santo».(544) «La parola di Dio è la fonte primaria (544) (R) La presenza di Cristo, n. 101;
EO 1/2417
mediante la quale lo Spirito Santo guida il discernimento della Chiesa. (...) Entrambe le
nostre comunità affermano l’autorità ultima della parola di Dio nel discernimento della
sua volontà per la Chiesa. Ma le strade attraverso le quali pretendiamo di avere accesso (545) (R) La Chiesa come comunità di
a questa Parola possono essere molto diverse».(545) testimonianza, n. 130
E cumenismo
71. I dialoghi tra metodisti e cattolici vanno nella stessa direzione. «Tutti noi concor-
diamo nell’affermare che l’apostolicità della Chiesa implica una fedeltà ininterrotta all’in-
segnamento del Nuovo Testamento nella dottrina, nel ministero, nel sacramento e nella
vita. Tutti noi, nel considerare il ministero ordinato di un’altra Chiesa, utilizziamo come
criterio questo principio della fedeltà, ma abbiamo una valutazione diversa della succes-
(546) (M) Rapporto di Dublino, n. 84; sione apostolica».(546) «Come la comunità viene rinnovata da un giorno del Signore all’al-
EO 1/2087
tro, così viene alimentata dalla tradizione che ha ricevuto, e la responsabilità di ciò è affi-
data in modo particolare a quei ministri che ereditano la funzione apostolica di supervi-
sione nella comunità. La funzione di supervisione comporta da parte dei ministri una sol-
lecitudine per tutte le Chiese: hanno il compito di assicurare che la comunità rimanga una,
che si sviluppi in santità, che custodisca la sua cattolicità, che sia fedele all’insegnamento
(547) (M) Rapporto di Singapore, n. 74; apostolico e al compito di evangelizzazione dato da Cristo stesso».(547)
EO 3/1734
«Non vi è disaccordo sul fatto che la Chiesa ha l’autorità d’insegnare. Nella Chiesa,
la rivelazione di Dio in Cristo ci giunge attraverso le Scritture e mantenere il popolo di
Dio nella verità è l’opera amorevole dello Spirito nella Chiesa. Ma questo mantenere
non si riduce a una semplice ripetizione di formule. Lo Spirito muove la Chiesa a una
costante riflessione, sia sulle Scritture che egli stesso ha ispirato sia sulla loro interpreta-
zione tradizionale, di modo che possiamo parlare agli uomini con un’autorità costante
nei diversi tempi e luoghi, nei diversi ambienti sociali e culturali, affrontando nuove e
difficili problematiche. Ciò naturalmente non significa contestare l’importanza perma-
nente delle dichiarazioni di fede e di dichiarazioni conciliari quali la definizione di
Calcedonia. La loro validità durevole non limita il potere dello Spirito di parlare in
nuovi termini alla Chiesa, la cui viva voce non parla mai isolatamente dal suo passato
(548) (M) Rapporto di Honolulu, n. 34; vivente. Rimane sottomessa alla parola vivente di Dio».(548)
EO 1/2156
Il documento Dire la verità nella carità: l’autorità di insegnare fra cattolici e metodisti
(Brighton 2001) compendia il dialogo metodista-cattolico su questo tema. Sul comune fon-
damento della Chiesa antica, i cattolici hanno continuato ad assolvere il loro ministero di
conservare la verità attraverso i vescovi, i concili e il vescovo di Roma. I metodisti hanno tro-
vato la certezza della guida dello Spirito in persone sante come John Wesley, in avvenimen-
ti provvidenziali come la Riforma e nelle assemblee, come i primi concili e le Conferenze
metodiste, che formulano le dichiarazioni dottrinali, ma non attribuiscono loro un’esenzio-
(549) Cf. (M) Rapporto di Brighton, ne garantita dall’errore.(549) «I metodisti si aspettano l’accettazione dell’insegnamento della
nn. 19-21
Conferenza che si radica profondamente nelle fonti dottrinali normative. Il miglioramento
e la correzione dell’insegnamento fa parte di un processo permanente a opera delle confe-
renze. Quando la Chiesa ritiene che l’insegnamento di un particolare incontro della
Conferenza richieda una migliore formulazione, ci si attende dal successivo incontro della
Conferenza l’assolvimento di questo compito. Concordiamo sul fatto che la Chiesa ha biso-
(550) (M) Rapporto di Brighton, n. 24; gno di un continuo rinnovamento, sia nel suo insegnamento sia nella sua vita».(550)
EO 7/2309
Poi i metodisti segnalano anche notevoli problemi nei riguardi del concetto di infal-
libilità e insistono piuttosto sulla precedente ricezione delle dichiarazioni dottrinali. «Il
giudice finale di questo accordo deve essere l’assenso di tutto il popolo di Dio, per cui i
metodisti, considerando le pretese avanzate dai concili e dal papa, vedono con gioia l’at-
tenzione che i teologi cattolici stanno accordando alla concezione della ricezione della
(551) (M) Rapporto di Nairobi, n. 72; dottrina».(551) Metodisti e cattolici concordano sul fatto che nella Chiesa è sempre esi-
EO 3/1652; cf. (M) Rapporto di
Brighton, nn. 39-42 stita una grande varietà di servizio, svolto in collaborazione dai laici e dai ministri ordi-
nati. «Il ministero della supervisione (episkopé) ha un’importanza chiave fra queste forme
di servizio. La supervisione pastorale ha sempre compreso l’insegnamento e la predica-
zione autoritativa, poiché l’unità nella carità e l’unità nella verità formano un tutt’uno.
Metodisti e cattolici affermano concordemente l’esistenza, nella comunità dei credenti,
di servitori autorevoli della comunione e dell’unione nell’amore e nella verità, di perso-
ne autorizzate all’azione di discernimento e di proclamazione della verità del Vangelo».
Mentre «nella comunione cattolica il collegio dei vescovi, unito con il papa, esercita la
suprema supervisione, fra i metodisti la supervisione è esercitata dalla Conferenza, che
detiene nella Chiesa la suprema autorità in materia di formulazione e interpretazione
della dottrina. In queste strutture direttive finalizzate al servizio, o accanto a esse, sono
sempre esistite persone carismatiche il cui ministero personale è stato vitale per la vita
(552) (M) Rapporto di Brighton, n. 51; della Chiesa di Cristo».(552)
EO 7/2336; cf. n. 72
72. In conclusione si può affermare che esistono molte convergenze nella dottrina sul
ministero e l’autorità d’insegnare nella Chiesa, ma che il grado di convergenza varia
notevolmente nei diversi dialoghi. Sulla questione centrale dell’insegnamento della veri-
tà con autorità rimangono delle differenze riguardo al suo carattere vincolante e riguar-
do alla partecipazione dei laici, uomini e donne, al compito del discernimento e della
determinazione della verità del Vangelo in seno alle procedure dell’insegnamento auto-
ritativo della Chiesa. Occorre continuare il dialogo, ma al tempo stesso esistono poten-
zialità e speranze di un maggiore avvicinamento e consenso.
73. L’abbondanza del materiale relativo alla Chiesa in questo capitolo dimostra che
la questione dell’ecclesiologia è al centro del dialogo ecumenico. Si è fatto un reale passo
avanti affermando la possibilità di superare molti malintesi e molte lacune in campo
ecclesiologico e riconoscendo che i dialoghi hanno rivisitato e risolto certe controversie
e conflitti storici. Su molte questioni si è raggiunta un’ampia comprensione comune
della natura e della missione della Chiesa e i partner in dialogo non si trovano più chia-
ramente dove si trovavano nel XVI secolo e nelle epoche successive caratterizzate da
polemiche e controversie.
74. La Parte A dimostra che tutti e quattro i dialoghi concordano sul fatto che la Chiesa
come popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo è intimamente collegata
all’economia della Trinità. Tutti e quattro confermano l’unica mediazione di Gesù Cristo
e il ruolo dello Spirito Santo come agente primario nella Chiesa. Questa convergenza ha
contribuito notevolmente a ridurre, o anche eliminare, il sospetto della Riforma che la com-
prensione cattolica della Chiesa oscurasse la sovranità dell’azione di Dio nella salvezza
umana. I dialoghi hanno mostrato che la sfida della Riforma è stata un importante stimo-
lo per far avanzare l’autocomprensione cattolica della Chiesa.
I dialoghi hanno mostrato una comune comprensione della missione della Chiesa e
dell’intima relazione fra Cristo, il Regno e la Chiesa. Hanno mostrato la disponibilità dei
partecipanti a parlare del ruolo della Chiesa come un «segno effettivo del regno di Dio»
e persino come uno «strumento» e, in certi casi, come un «sacramento di salvezza». Si
deve vedere in questo un importante passo avanti per giungere a una comprensione
comune della Chiesa. I due modelli della Chiesa – creatura Verbi e sacramentum gratiae
–, spesso considerati in passato in conflitto o tensione fra loro, sono non solo comple-
mentari, ma entrambi necessari per un’adeguata comprensione della Chiesa.
In particolare, la visione della Chiesa come comunione – in accordo con il modello
di comunione nella santa Trinità – ha assunto un posto sempre più centrale in tutti i dia-
loghi. Il fatto d’incentrare l’attenzione sulla concezione della Chiesa come koino-
nia/comunione non solo evidenzia la ricchezza della natura della Chiesa, ma aiuta
anche ad affrontare importanti questioni che hanno causato conflitti nel corso dei seco-
li. Questa prospettiva consente anche fruttuosi e promettenti approcci per il supera-
mento di vecchi problemi in un contesto più ampio, come ad esempio la partecipazione
alla parola di Dio e ai sacramenti (specialmente l’eucaristia) e l’esercizio di un ministero
di unità al livello universale. Ora temi quali la relazione fra l’individuo e la comunità,
fra il ministero della Chiesa e i laici, uomini e donne, sono collocati in un quadro comu-
ne invece di essere visti come posizioni esclusive.
75. La Parte B ha mostrato che tutti i partner in dialogo hanno riflettuto in modo nuovo
sulla questione fondamentale dell’autorità della Scrittura e della Tradizione e della relazio-
ne tra esse. I dialoghi hanno accentuato la priorità della Scrittura, sottolineando al tempo
stesso l’intima interrelazione esistente fra Scrittura e Tradizione. Di conseguenza, il conflit-
to storico fra sola Scriptura da una parte e Scrittura e Tradizione dall’altra è stato in gran
parte superato. Si deve distinguere fra la Tradizione (la presenza viva del Vangelo nel corso
dei secoli fino ai nostri giorni) e le molte tradizioni esistenti nella Chiesa. La Tradizione
viene intesa in un senso integrale e globale comprendente la dottrina, la vita e la liturgia
della Chiesa.34 Questo offre una nuova base per l’ulteriore discussione della questione di
Scrittura e Tradizione e dell’autorità dei primi concili. Il problema ancora irrisolto e cru-
ciale è questo: che cosa significa concretamente la priorità delle Scritture e in che modo essa
può essere criticamente applicata al tema della Tradizione nel suo significato teologico glo-
bale? Qui riemerge il problema ermeneutico fondamentale.
34 Si può trovare la distinzione fra Tradizione e tradizioni e una com- costituzione di Montréal, 12-26.7.1963; EO 6/1870ss.
prensione più globale della Tradizione già nella IV Conferenza di Fede e
E cumenismo
76. La Parte C sottolinea che il ministero della Chiesa continua la missione e il mini-
stero di Cristo. Presenta il consenso dell’ARCIC sul ministero, un consenso solo recen-
temente oscurato dal disaccordo sull’ordinazione delle donne. Gli altri dialoghi rifletto-
no molti temi di quel consenso. Esiste un consenso generale sul fatto che il ministero
appartiene alla Chiesa di Cristo e dev’essere visto in seno alla comunità, pur esercitan-
do al tempo stesso la sua missione di fronte alla comunità come segno della priorità del-
l’iniziativa e dell’autorità di Dio. Si concorda anche sul fatto che il ministero deve esse-
re esercitato in un modo personale, collegiale e comunitario. I dialoghi hanno confer-
mato i cattolici nella riscoperta della loro propria tradizione del sacerdozio comune di
tutti i battezzati.
77. Problemi irrisolti emergono quando si passa alla forma concreta del ministero e
alla natura sacramentale nel senso cattolico dell’ordinazione ministeriale. Pur essendo
emersi avvicinamenti ed elementi comuni in risposta alla questione centrale della rela-
zione fra successio verbi e successio personae, Tradizione e successione, occorrono ulte-
riori chiarimenti sulla questione dell’episcopato nella successione apostolica. Pur avendo
raggiunto una convergenza riguardo al ministero dell’episkopé, non c’è ancora un con-
senso generale sulla questione del triplice ministero, in particolare sulla distinzione fra il
ministero del vescovo e quello degli altri ministri di parola e sacramento. Inoltre, il carat-
tere sacramentale dell’ordinazione e la sua distinzione dall’incarico a svolgere altri uffi-
ci nella Chiesa richiede ulteriori discussioni e chiarificazioni.35 Infine ora il caso dell’or-
dinazione delle donne è diventato una questione molto importante fra la Chiesa cattoli-
ca e la maggior parte delle Chiese scaturite dalla Riforma.
Sulla questione del ministero petrino il dialogo dell’ARCIC evidenzia un alto grado
di avvicinamento e convergenza. Negli altri dialoghi si sono potute superare vecchie
polemiche, stabilendo un clima più sereno per la discussione. Su certe questioni si sono
trovati nuovi approcci biblici. Così in questo difficile campo è emersa una nuova situa-
zione. Ma, nonostante l’avvicinamento teologico e una maggiore distensione nelle rela-
zioni personali con gli ultimi papi – spesso si è espresso apprezzamento per la loro lea-
dership pastorale e spirituale –, bisogna riconoscere che la strada verso il consenso è
ancora lunga e irta di ostacoli.
Tutti i dialoghi apprezzano l’importanza della necessità di preservare la verità della fede
e restarvi saldamente radicati. Ma non sono stati risolti in modo soddisfacente i conflitti sto-
rici emersi attorno al concetto di infallibilità e alla partecipazione dei laici al processo di
discernimento e determinazione della verità del Vangelo in seno alle procedure d’insegna-
mento con autorità della Chiesa. Su questo punto i cattolici potrebbero sottolineare più
chiaramente che il magistero (secondo la concezione cattolica) deve essere visto come inse-
rito in un processo di comunicazione con altre istanze e testimonianze, specialmente litur-
gia, simboli di fede, padri della Chiesa, testimonianza dei fedeli, strutture sinodali ecc.36
78. Nonostante tutti i notevoli e graditi risultati, un passo realmente decisivo nelle que-
stioni ecclesiologiche è ancora lontano. Dietro le molte questioni individuali ancora irri-
solte si può individuare un problema fondamentale e una divergenza fondamentale nella
comprensione della Chiesa. Ciò appare chiaramente quando chiediamo non solo: «Che
cosa è la Chiesa?», ma anche: «Dove è la Chiesa e dove è pienamente realizzata?». Mentre
i protestanti rispondono che la Chiesa è realizzata in comunità nelle quali la parola di Dio
(553) CA VII è correttamente predicata e i sacramenti sono debitamente amministrati,(553) i cattolici
rispondono che la Chiesa di Cristo sussiste nella (subsistit in) Chiesa cattolica, cioè che la
Chiesa è concretamente, pienamente, permanentemente ed effettivamente realizzata nella
(554) Cf. LG 8; UR 4 comunione con il successore di Pietro e i vescovi in comunione con lui.(554)37
Recentemente la corretta interpretazione del subsistit in ha dato luogo ad accese di-
scussioni, per cui richiede ulteriori chiarificazioni. L’espressione non significa che al di
fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica non c’è salvezza o realtà ecclesiale. «Oltre
(555) UUS 13; EV 14/2691 i limiti della comunità cattolica non c’è il vuoto ecclesiale».(555) Anche nelle altre comu-
nità cristiane si trovano molti elementi di grande valore, che nella Chiesa cattolica fanno
parte della pienezza dei mezzi di salvezza e dei doni della grazia che formano la Chiesa.
In queste comunioni esistono molti elementi di santificazione e di verità (proclamazione
della parola di Dio, sacramenti – specialmente battesimo e cena del Signore – doni di
(556) Cf. LG 8; 15; UR 3s; UUS 12-14 grazia e carismi ecc.).(556) Lo Spirito Santo non s’astiene dall’usare queste comunioni
come mezzi di salvezza, che derivano la loro efficacia dalla pienezza di grazia e verità
affidata alla Chiesa cattolica e, poiché questi doni appartengono alla Chiesa di Cristo,
(557) Cf. UR 3 sono forze che spingono verso l’unità cattolica.(557) Perciò si può concludere sintetica-
mente: «Nella misura in cui tali elementi si trovano nelle altre comunità cristiane, l’uni-
ca Chiesa di Cristo ha in esse una presenza operante».(558) (558) UUS 11; EV 14/2686
79. Sullo sfondo di queste affermazioni c’è il problema ecumenico fondamentale del
vero significato della realtà sacramentale della Chiesa. Secondo la concezione cattolica, la
Chiesa è una realtà complessa formata da un elemento umano e da un elemento divino, e
per questa ragione viene comparata, mediante una non debole analogia, al mistero del
Verbo incarnato. Così i cattolici possono distinguere, ma non possono separare, l’essenza
della Chiesa dalla sua forma concreta (Gestalt).(559) Infatti Gesù Cristo non solo divenne (559) Cf. LG 8
uomo, ma divenne questo uomo (un ebreo di Nazaret di una determinata epoca ecc.); così
anche la Chiesa è questa Chiesa concreta. Come Gesù Cristo nella sua concretezza è un
concretum universale, così la Chiesa ha un significato universale per tutta l’umanità ed è una
pregustazione escatologica e un’anticipazione del Regno escatologico universale di Dio; in
gradi diversi essa è effettivamente presente anche nelle altre comunità ecclesiali.
I dialoghi hanno riflettuto sul carattere sacramentale della Chiesa, sulla Chiesa come
sacramento del Regno, ecc. Questi sono importanti passi avanti. Ma poiché restano dif-
ferenze fondamentali riguardo alle strutture concrete della Chiesa – l’episcopato nella
successione apostolica, il primato e l’autorità d’insegnare dell’episcopato in comunione
con il vescovo di Roma – non siamo stati in grado di raggiungere un pieno accordo sul
preciso significato di questa struttura sacramentale. Queste differenze che ancora riman-
gono dovrebbero stimolare non solo i nostri partner, ma anche noi cattolici, ad appro-
fondire la nostra propria comprensione della Chiesa e dei suoi ministeri.
Introduzione
80. Secondo i riformatori la Chiesa esiste come l’assemblea dei credenti (congregatio
fidelium) nella quale s’insegna il Vangelo nella sua purezza e s’amministrano corretta-
mente i sacramenti secondo il Vangelo.(560) Perciò per i riformatori la predicazione della (560) CA VII
parola di Dio, specialmente della dottrina della giustificazione e della risposta di fede,
era fondamentale per la loro comprensione dei sacramenti. I sacramenti erano conside-
rati inclusi nella parola di Dio e legati a essa (Lutero); essi sono testimonianze, simboli,
promesse, sigilli, pegni e sostegni della fede (Calvino). Secondo i riformatori solo i due
sacramenti del battesimo e dell’eucaristia (o cena del Signore) furono istituiti da Gesù
Cristo e sono quindi fondamentali per l’essere e la vita della Chiesa.38 Riguardo ai sacra-
menti sono sorte varie controversie al tempo della Riforma fra cattolici e riformatori e,
in realtà, anche fra i diversi movimenti scaturiti dalla Riforma.
Il sacramento del battesimo era fondamentale per tutti i riformatori e non diede
luogo ad alcuna controversia con i cattolici, diversamente da quanto avvenne poi con gli
Schwärmer (entusiasti) e gli anabattisti. Per Lutero, il battesimo è il lavacro della rinasci-
ta, che dona il perdono dei peccati e la vita eterna. Esso avvolge l’intera esistenza cri-
stiana e l’essere stesso della Chiesa. Infatti secondo Lutero mediante il battesimo noi tutti
diventiamo sacerdoti per il sacrificio, l’intercessione e la testimonianza a Dio e al suo
Vangelo. Chiunque esce dall’acqua del battesimo può gloriarsi di essere già costituito
sacerdote, vescovo e papa.(561) (561) WA 6,407s
E cumenismo
81. I quattro dialoghi parlano non solo dei singoli sacramenti, ma, come abbiamo
visto, anche della Chiesa come sacramento di salvezza. In questo contesto essi offrono
alcune riflessioni su comuni prospettive emergenti riguardo ai sacramenti e al loro ruolo
centrale nella vita della Chiesa.
Secondo il dialogo luterano-cattolico, «i sacramenti sono tutti inseriti nell’azione sal-
vifica della Trinità divina. L’opera di salvezza del mondo, che Dio ha compiuto una
volta per sempre in Cristo, viene mediata dallo Spirito Santo, che agisce per mezzo della
Parola e dei sacramenti, così che nasce la communio sanctorum, cioè la Chiesa come par-
tecipazione ai doni della salvezza e come comunità dei fedeli. (...) La Chiesa come vive
della Parola così vive anche dei sacramenti e, contemporaneamente, è posta al loro ser-
(563) (L) L’unità davanti a noi, n. 85; vizio».(563) «La vita cristiana, basata sul sacramento del battesimo (Rm 6,3ss), nel suo
EO 1/1634
significato più profondo è partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù Cristo. Ciò
avviene in egual misura attraverso l’annuncio della Parola e i sacramenti. Nei sacra-
menti la partecipazione avviene in un modo che mette particolarmente in risalto la sua
fisicità, il suo carattere personale e l’elemento comunitario, mentre è da osservare che,
tanto per luterani quanto per i cattolici, la Parola fa parte della sostanza stessa del sacra-
(564) (L) L’unità davanti a noi, n. 71; mento».(564) «Il culto è piuttosto il più importante terreno di coltura della fede e una sua
EO 1/1620; cf. L’eucaristia,
nn. 44 e 45 espressione essenziale; nel culto infatti, la nostra fede viene espressa e nutrita mediante
la proclamazione del Vangelo di Cristo e la nostra comune partecipazione allo stesso
Vangelo e agli stessi sacramenti. Nel culto siamo collegati con i cristiani di ogni tempo a
(565) (L) Chiesa e giustificazione, n. partire dagli apostoli e celebriamo nella gioia la grazia che ci è stata donata della comu-
283; EO 3/1513; cf. L’eucaristia, n. 74
e L’apostolicità della Chiesa, n. 272 nione con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo (cf. 1Gv 1,3)».(565)
giato nel quale la parola di Dio è contemplata e celebrata nel culto e nel sacramento.
Perciò la “regola del culto” (lex orandi) è una “regola di fede” (lex credendi) massima-
mente importante».(567) «Condividendo la Parola e il sacramento alla presenza di Dio (567) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 137; cf. nn. 121, 169,
uno e trino, la Chiesa riscopre la sua natura di comunione e diventa ciò che è: il popo- 175; cf. (R) La presenza di Cristo, n. 89
lo di Dio, il corpo di Cristo e il tempio dello Spirito Santo (cf. Ef 2,21)».(568) I dialoghi (568) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 165
convergono sulla descrizione del sacramento come «un segno visibile mediante il quale
la grazia di Dio è data dallo Spirito Santo nella Chiesa» (569) o dei sacramenti come «vei- (569) (A) Chiarimento su ministero e
ordinazione, n. 3; EO 1/60
coli dell’unica grazia di Cristo mediata in definitiva unicamente da Cristo».(570) «La tra- (570) (R) La Chiesa come comunità di
sformazione del mondo avviene in parte mediante sforzi tesi alla creazione di una socie- testimonianza, n. 194; cf. (M) Rapporto
di Nairobi, n. 13
tà più giusta e pacifica. Ma i cristiani credono anche che questa trasformazione si rea-
lizza ora, in forma anticipata, in quella comunione fra Dio e gli esseri umani che si veri-
fica nella Chiesa, specialmente attraverso la proclamazione della Parola, la celebrazione
dei sacramenti del battesimo e dell’eucaristia e degli altri sacramenti o riti».(571) (571) (R) La Chiesa come comunità di
testimonianza, n. 191; cf. nn. 30 e 47
Secondo il dialogo anglicano-cattolico «la Chiesa è chiamata a essere il “sacramen-
to” dell’opera salvifica di Dio (...). La sua missione è radicata nella missione salvifica del
Figlio e dello Spirito ed è, in effetti, una forma sacramentale di questa missione divi-
na».(572) «Sia la Chiesa cattolica romana sia le Chiese della Comunione anglicana sono (572) (A) Crescere insieme, n. 16; Regno-
doc. 1,2008,16
Chiese liturgiche in cui Dio viene glorificato in un culto pubblico comune».(573) (573) (A) Crescere insieme, n. 100;
Il dialogo metodista-cattolico considera il cuore dei sacramenti. «Il mistero della Regno-doc. 1,2008,29
Parola incarnata e il mistero sacramentale dell’eucaristia rinviano a una concezione
della Chiesa fondata sull’idea sacramentale: essa deriva cioè la sua forma dall’incarna-
zione da cui ha preso origine e dall’azione eucaristica che rinnova costantemente la sua
vita».(574) «Il battesimo inizia l’individuo alla koinonia della Chiesa; nell’eucaristia (574) (M) Rapporto di Nairobi, n. 10;
EO 3/1589
Cristo si rende realmente presente al credente (cf. Rapporto di Dublino, n. 54), il quale
entra così in koinonia sia con il Signore sia con coloro che partecipano insieme a lui al
banchetto sacramentale».(575) «È per istituzione divina che la Chiesa ha ricevuto il bat- (575) (M) Rapporto di Nairobi, n. 12;
EO 3/1590
tesimo e l’eucaristia, segni esteriori della grazia interiore consistenti in azioni e parole
attraverso le quali Dio incontra il suo popolo».(576) «Nella celebrazione dell’eucaristia, (576) (M) Rapporto di Nairobi, n. 13;
EO 3/1592
sia come Parola, sia come mensa, la Chiesa è edificata come corpo di Cristo».(577) (577) (M) Rapporto di Rio, n. 100; EO
7/2250; cf. n. 118
39 Alcune comunioni riformate hanno o rimosso o rinviato in nota co multilaterale più importante è il «Documento di Lima», BEM, gen-
questo sacramento nel Catechismo di Heidelberg per indicare che la Do- naio 1982. Il problema è stato ripreso nel documento tedesco K.
manda 80 non riflette esattamente l’insegnamento e la pratica ufficiali LEHMANN, The Condemnations of the Reformation Era: Do They Still
della Chiesa cattolica romana contemporanea e non è quindi più confes- Divide?, Fortress Press, Minneapolis 1990.
sionalmente vincolante. 41 Nel dialogo luterano-cattolico negli Stati Uniti il problema è stato
40 I primi contributi furono offerti dal GRUPPO DI DOMBES, Per la trattato già nella fase iniziale in Un solo battesimo per la remissione dei pec-
conversione delle Chiese, 1990; EO 4/968-1250, 1988. Il testo ecumeni- cati, Chicago, 10-13.2.1966; EO 2/2486.
E cumenismo
(578) Dichiarazione sulla nova».(578) Questo consenso è condiviso anche da tutti gli altri partner in dialogo e qui
giustificazione, n. 28; EO 7/1858
di seguito ne vengono offerti alcuni esempi.
«Luterani e cattolici sono consapevoli di partecipare allo stesso battesimo. Nel senso
del “Documento di Lima”, professiamo insieme che “il battesimo cristiano affonda le
radici nell’opera di Gesù di Nazaret, nella sua morte e risurrezione. È incorporazione a
Cristo, che è il Signore crocifisso e risorto; è accoglienza nella nuova alleanza fra Dio e
(579) (L) L’unità davanti a noi, n. 75, il suo popolo».(579) «Battezzati in un solo Spirito, per formare un solo corpo (cf. 1Cor
che cita BEM, «Battesimo» I.1; EO
1/1624; cf. n. 71 12,13), i fedeli nutriti dal corpo di Cristo diventano per mezzo dello Spirito Santo sem-
(580) (L) L’eucaristia, n. 25; pre più un corpo solo (cf. 1Cor 10,17)».(580) «Il battesimo nel nome del Padre, del Figlio
EO 1/1232; cf. Il ministero pastorale
nella Chiesa, n. 13; cf. (L) Chiesa e dello Spirito Santo (cf. Mt 28,19) porta alla comunione con il Dio uno e trino e alla
e giustificazione, n. 35 e 68 partecipazione alle sue benedizioni, conducendo contemporaneamente i fedeli alla
(581) (L) Chiesa e giustificazione, n. 68; comunione fra di loro».(581) «Lo scambievole, crescente riconoscimento che siamo
EO 3/1298
Chiesa [a causa del battesimo e di altri fattori ecclesiali] ci porta a una doverosa comu-
nione, a uno scambio vitale, a una reciproca accoglienza nella testimonianza, nel servi-
zio, nella solidarietà, come è consono alla natura della Chiesa “popolo di Dio”, “corpo
di Cristo” e “tempio dello Spirito Santo”. Ciò impone alle nostre Chiese, non solo in
campo locale, ma anche universale, il dovere di una comunione che non sia occasiona-
le, praticata caso per caso, ma di una comunione vissuta pienamente, che ha bisogno di
(582) (L) L’unità davanti a noi, n. 91; realizzarsi in una struttura organizzata».(582)
EO 1/1640
Il dialogo riformato-cattolico è pervenuto a formulazioni analoghe. «Abbiamo risco-
perto che la Chiesa cattolica romana e le Chiese riformate sono legate da molteplici lega-
mi. Entrambe le comunioni confessano Gesù Cristo come Signore e Salvatore, afferma-
no la fede trinitaria della Chiesa apostolica durante i secoli e amministrano un unico bat-
(583) (R) Verso una comprensione tesimo nel nome della Trinità».(583) «Riconoscendo (in forza del battesimo e di altri fat-
comune della Chiesa, n. 4; EO 3/2269; tori ecclesiali) che, nonostante la permanenza delle divisioni, esiste già una comunione
cf. (R) La presenza di Cristo,
nn. 79 e 96 reale, sebbene imperfetta, tra i cristiani riformati e i cattolici, quali conseguenze ha que-
(584) (R) Verso una comprensione sta comunione per la nostra comprensione della continuità della Chiesa?».(584) «Le
comune della Chiesa, n. 124; EO
3/2394 nostre Chiese dovrebbero manifestare il loro reciproco riconoscimento del battesimo. In
alcuni paesi le Chiese cattolica e riformate sono già d’accordo nell’accettare pienamen-
te e senza riserve l’una il battesimo dell’altra, purché sia stato celebrato nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e utilizzando l’acqua. Crediamo che simili accor-
di possano e debbano avvenire dappertutto senza indugio. Un tale accordo comporta
che in nessuna circostanza vi potrà essere una ripetizione del battesimo avvenuto nel-
l’altra Chiesa. Il reciproco riconoscimento del battesimo va compreso come un’espres-
sione della profonda comunione stabilita da Gesù Cristo stesso fra i suoi discepoli e che
(585) (R) Verso una comprensione nessun fallimento umano può mai distruggere».(585)
comune della Chiesa, n. 152; EO «Anglicani e cattolici romani concordano sul fatto che ricevono un solo battesimo,
3/2427
amministrato con acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Noi fac-
(586) (A) Crescere insieme, n. 33; Regno- ciamo così in obbedienza al comando del Signore risorto (cf. Mt 28,18-20)».(586)
doc. 1,2008,18
«Consideriamo il battesimo un sacramento d’iniziazione istituito da Gesù Cristo,
mediante il quale veniamo incorporati nella vita del suo corpo, la Chiesa. Il battesimo è
il sacramento della fede, per mezzo del quale una persona abbraccia la fede della Chiesa
(587) (A) Crescere insieme, n. 33; Regno- ed è da essa abbracciata».(587) «Noi crediamo che tutti coloro che sono battezzati ven-
doc. 1,2008,19
gono incorporati nel corpo di Cristo, la Chiesa. “Attraverso il loro battesimo, i cristiani
sono posti in un rapporto di unione con Cristo, con ogni altro cristiano e con la Chiesa
(588) (A) Crescere insieme, n. 36, di tutti i tempi e di tutti i luoghi”».(588) «La Comunione anglicana e la Chiesa cattolica
che cita BEM, «Battesimo», n. 6;
Regno-doc. 1,2008,19 romana riconoscono il battesimo che ciascuna delle due conferisce. Anglicani e cattoli-
ci, pertanto, considerano il nostro comune battesimo come il vincolo fondamentale di
unità tra noi, proprio mentre riconosciamo che la pienezza della comunione eucaristica
cui il battesimo dovrebbe portare è ostacolata dal disaccordo riguardo ad alcuni degli
elementi della fede e della pratica che noi riteniamo necessari per la piena comunione
(589) (A) Crescere insieme, n. 38; visibile».(589) «Anglicani e cattolici sono impegnati a superare per grazia di Dio tutte le
Regno-doc. 1,2008,19
divisioni che ancora impediscono la pienezza della comunione eucaristica ed ecclesiale.
La nostra fondamentale comunione battesimale ci affida la comune responsabilità di
testimoniare il più pienamente possibile il Vangelo di Cristo di fronte al mondo e di ren-
dere manifesta la vita nuova vissuta dal corpo di Cristo, con la liberazione e il rinnova-
(590) (A) Crescere insieme, n. 38; mento che essa porta».(590)
Regno-doc. 1,2008,19 «Attraverso il ministero della Chiesa, il battesimo è conferito con l’acqua “nel nome
del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Il battesimo è irrevocabile e non viene ripe-
tuto. Benché ricevuto nel contesto di una Chiesa locale e di una determinata comunità
cristiana, esso introduce i battezzati nella Chiesa universale di Cristo e nell’assemblea dei
santi».(591) «Coloro che sono battezzati partecipano alla morte dell’unico Signore Gesù (591) (M) Rapporto di Rio, n. 101; EO
Cristo e alla potenza della sua risurrezione; al tempo stesso, essi sono battezzati nell’u- 7/2251; cf. n. 8; Rapporto di Singapore,
n. 63; Rapporto di Seoul, n. 155
nico corpo, il corpo di Cristo con le sue molte membra che soffrono e gioiscono insie-
me».(592) «Per il battesimo, e la fede in Cristo che esso significa, i cattolici e i metodisti (592) (M) Rapporto di Rio, n. 118; EO
7/2268; cf. Rapporto di Seoul, n. 144
già godono di un certo grado di comunione ecclesiale. Lo scopo del dialogo fra di noi è
quello di accrescere e approfondire la nostra relazione fino a raggiungere un accordo
sulla verità cristiana sufficiente per permettere che il nostro comune battesimo possa
essere completato senza equivoci con la nostra mutua partecipazione al banchetto al
quale l’unico Signore ci invita insieme a tutti i suoi discepoli».(593) «Incoraggiamo la di- (593) (M) Rapporto di Rio, n. 10; EO
7/2160
scussione in corso, presso le istanze competenti, ovunque manchi ancora il reciproco for-
male riconoscimento del battesimo fra le nostre Chiese. È per noi fonte di gioia che que-
sto riconoscimento sia già avvenuto in molte regioni».(594) Il dialogo metodista-cattolico (594) (M) Rapporto di Rio, n. 119; EO
7/2269
fa riferimento alla rigenerazione prodotta dal battesimo. «Il battesimo è dispensato nella
comunità ai nuovi cristiani che, al momento del loro battesimo, professano la fede che
hanno ricevuto (...). Uniti a Cristo nella sua morte e risurrezione, testimoniano la loro
rinascita in lui».(595) (595) (M) Rapporto di Singapore, n. 63;
EO 3/1723
C. L’eucaristia
Signore, ci raccogliamo attorno alla medesima tavola per “condividere lo stesso pane”,
allora noi siamo una cosa sola nel nostro impegno, non soltanto verso Cristo e recipro-
camente fra di noi, ma anche verso la missione della Chiesa nel mondo».(601) Essa è sia (601) (A) Dottrina eucaristica, n. 4;
EO 1/20
segno sia strumento dell’edificazione dell’unità del corpo di Cristo; è «segno efficace della
koinonia» e «sacramento di Cristo, con cui egli edifica e nutre il suo popolo nella koino-
(602) (A) Introduzione al «Rapporto
nia del suo corpo. Nell’eucaristia tutti i battezzati entrano in comunione con la fonte finale», n. 6; EO 1/11; cf. Dottrina
della koinonia».(602) L’eucaristia possiede anche una dimensione escatologica ed è una eucaristica, n. 6
42 Il lavoro dell’ARCIC sull’eucaristia, sintetizzato in Dottrina aggiunse due specificazioni: la Commissione espresse la propria con-
eucaristica, Windsor, settembre 1971, e nel Chiarimento sulla dottrina vinzione «che, anche se rimangono ancora dei punti di disaccordo,
eucaristica, Salisbury, gennaio 1979, faceva parte del Rapporto finale essi possono essere risolti sulla base dei principi qui affermati»
di ARCIC I sottoposto in vista di una risposta autorevole alla Chiesa (Dichiarazione concordata sulla dottrina eucaristica, n. 12; EO 1/28); e
cattolica e alla Comunione anglicana. Sulle risposte ufficiali della che «differenze teologiche e pratiche possono certamente coesistere
Comunione anglicana e della Chiesa cattolica romana e sulle succes- con un autentico consenso su ciò che è essenziale nella fede eucaristi-
sive Chiarificazioni cf. nota 25; qui a p. 625. Queste risposte ufficiali ci ca; come d’altronde già avviene all’interno delle nostre due comunio-
autorizzano a considerare il Rapporto finale dell’ARCIC un consenso ni» (Chiarimento, n. 9; EO 1/38).
su verità fondamentali relative alla natura dell’eucaristia. L’ARCIC
E cumenismo
pregustazione del Regno. «Nell’eucaristia noi annunciamo la morte del Signore fino alla
sua venuta. Pregustando i beni del Regno futuro, celebriamo riconoscenti la memoria di
quanto Cristo ha fatto per noi; lo accogliamo presente fra di noi; esprimiamo la nostra
(603) (A) Dottrina eucaristica, n. 4; attesa del suo ritorno nella pienezza del Regno».(603)
EO 1/20; cf. n. 11
testo del mistero pasquale e del desiderio di Dio di trasformare tutta l’umanità attraver-
so di essa: «La presenza reale del corpo e del sangue di Cristo non può essere tuttavia
compresa che nel contesto dell’opera redentrice, mediante la quale egli dona se stesso e,
in se stesso, dona ai suoi la riconciliazione, la pace e la vita. Da una parte, il dono del-
l’eucaristia scaturisce dal mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo, median-
te il quale il disegno salvifico di Dio è già stato definitivamente compiuto; dall’altra, lo
scopo dell’eucaristia è di comunicare al suo corpo, che è la Chiesa, la vita di Cristo, cro-
cifisso e risuscitato, in modo tale che le sue membra siano sempre più pienamente unite
a Cristo e tra di loro».(611) (611) (A) Dottrina eucaristica, n. 6;
EO 1/22; cf. n. 9
Secondo l’ARCIC, per ricevere l’eucaristia in modo che diventi un incontro vivifi-
cante e trasformante con il Signore occorre la fede: «Il corpo e il sangue sacramentali
del Salvatore sono presenti come offerta al credente che attende il suo ritorno. Quando
tale offerta viene ricevuta con fede, ne consegue un incontro vivificante. Certamente non
dipende dalla fede individuale che questa presenza di Cristo diventi il dono reale di se
stesso che il Signore fa alla sua Chiesa. Tuttavia, attraverso la fede, la presenza di Cristo
non è più soltanto una presenza per il credente, ma anche una presenza con il creden-
te».(612) (612) (A) Dottrina eucaristica, n. 8;
EO 1/24; cf. Chiarimento sulla dottrina
eucaristica, n. 7; Crescere insieme, n. 42
d) Epiclesi riscoperta
87. L’epiclesi, cioè l’invocazione dello Spirito Santo sui doni del pane e del vino, è
stata a lungo oggetto di controversia fra le Chiese orientali e quelle occidentali. Il movi-
mento ecumenico ha favorito il superamento di questo disaccordo e ha aiutato la mag-
gior parte delle tradizioni occidentali a riconoscere il ruolo dello Spirito nella trasfor-
mazione delle specie eucaristiche nel corpo e nel sangue del Signore. Quest’evoluzione
si ripercuote anche in tutti e quattro i dialoghi e costituisce un notevole risultato per tutti
i partner in dialogo.
L’ARCIC ricorda brevemente ma chiaramente l’opera dello Spirito Santo nell’eu-
caristia. «Nel canone liturgico tradizionale, la preghiera di consacrazione (anaphora)
porta alla comunione dei fedeli. Mediante questa preghiera di ringraziamento, che è
una parola di fede rivolta al Padre, il pane e il vino diventano, attraverso l’azione dello
Spirito Santo, il corpo e il sangue di Gesù Cristo, e quindi nella comunione noi man-
giamo la carne di Cristo e beviamo il suo sangue».(613) «Il Signore che, mediante la (613) (A) Dottrina eucaristica, n. 10;
EO 1/26
potenza dello Spirito Santo, viene in tal modo incontro al suo popolo è il Signore della
gloria. Nella celebrazione eucaristica pregustiamo le gioie del mondo futuro. Mediante
la trasformazione dello Spirito di Dio, il pane e il vino della terra diventano la manna
celeste e il nuovo vino, il banchetto escatologico per l’uomo nuovo; gli elementi della
prima creazione diventano il pegno e le primizie della nuova terra e dei nuovi
cieli».(614) (614) (A) Dottrina eucaristica, n. 11;
EO 1/27; cf. Chiarificazioni su
eucaristia e ministero; La Chiesa come
e) Il ministro ordinato dell’eucaristia comunione, n. 17
88. Anglicani e cattolici affermano insieme: «La proclamazione della riconciliazione in
Gesù Cristo e la manifestazione del suo amore riconciliatore appartengono alla missione
permanente della Chiesa. L’atto centrale del culto, l’eucaristia, è il memoriale della ricon-
ciliazione e nutre la vita della Chiesa affinché possa compiere la sua missione. È quindi giu-
sto che presieda la celebrazione dell’eucaristia colui che nella Chiesa detiene il compito
della supervisione ed è il centro della sua unità. Una testimonianza antica come quella di
Ignazio dimostra che, almeno in alcune Chiese, colui che deteneva il compito della super-
visione presiedeva anche all’eucaristia e che nessun altro lo poteva fare senza il suo consenso
(Lettera agli abitanti di Smirne, 8,1)».(615) «Poiché l’eucaristia è il memoriale del sacrificio di (615) (A) Ministero e ordinazione,
n. 12: EO 1/52
Cristo, l’azione compiuta dal ministro che vi presiede, pronunciando nuovamente le paro-
43 Rispondendo alle richieste sul significato di memoriale in que- un modo sacramentale mediante il quale la Chiesa entra nell’azione
sto contesto, Chiarimento dell’ARCIC nota che il concetto di anamne- con cui egli ha offerto se stesso» (Chiarimento, n. 5; EO 1/34; cf. Chia-
sis «ci permette di affermare la profonda convinzione della realtà rificazioni).
44 In Chiarimento aggiungeva: «Diventare non comporta in questo
sacramentale e rifiutare il puro simbolismo». Riguardo a sacrificio e
memoriale, il testo continua, affermando che «è possibile affermare, caso un cambiamento materiale. L’uso liturgico della parola non compor-
nello stesso tempo, che vi è, in senso storico, un solo sacrificio non ta nemmeno che il pane e il vino diventino il corpo e il sangue di Cristo in
ripetibile e che, in senso sacramentale, l’eucaristia è un sacrificio, pur- modo tale che nella celebrazione eucaristica la sua presenza sia limitata
ché sia chiaro che non vi è ripetizione del sacrificio storico. Vi è dun- agli elementi consacrati. La parola non comporta che Cristo diventi pre-
que un solo sacrificio storico non ripetibile, offerto una volta per tutte sente nell’eucaristia nello stesso modo in cui era presente durante la sua
da Cristo e accettato una volta per tutte dal Padre. Nella celebrazione vita mortale. Non comporta che questo diventare obbedisca alle leggi fisi-
del memoriale, Cristo, nello Spirito Santo, unisce a sé il suo popolo in che di questo mondo» (n. 6; EO 1/35).
E cumenismo
le che sono state pronunciate da Cristo nell’ultima cena e distribuendo all’assemblea i santi
doni, è vista in rapporto sacramentale con quanto ha compiuto Gesù stesso offrendo il suo
sacrificio. Per questo le nostre due tradizioni si servono correttamente di una terminologia
sacerdotale per parlare dei ministri ordinati. Tale modo di esprimersi non nega assoluta-
mente il fatto che il sacrificio di Cristo è stato compiuto una volta per sempre e non ammet-
(616) (A) Ministero e ordinazione, n. 13; te né aggiunte né ripetizioni».(616)
EO 1/53
«L’ordinazione denota l’entrata nel ministero apostolico ricevuto da Dio, ministero
che è al servizio e significa l’unità delle Chiese locali in sé stesse e fra di loro. Ogni sin-
gola ordinazione è perciò l’espressione della continuità dell’apostolicità e della cattolici-
tà della Chiesa intera. Come i primi apostoli non si sono scelti da sé stessi, ma sono stati
scelti da Gesù e hanno ricevuto da lui la missione, così coloro che sono ordinati sono
chiamati da Cristo nella Chiesa e per mezzo della Chiesa. Non solo la loro vocazione
viene da Cristo, ma anche la loro qualificazione nell’esercizio di tale ministero è un dono
dello Spirito (...). Questo fatto viene espresso nell’ordinazione quando il vescovo prega
Dio di accordare il dono dello Spirito Santo e impone le mani sul candidato come segno
(617) (A) Ministero e ordinazione, n. 14; visibile dei doni conferiti».(617) «In questo atto sacramentale, il dono di Dio è conferito
EO 1/54
ai ministri insieme alla promessa della grazia divina per il loro lavoro e per la loro san-
(618) (A) Ministero e ordinazione, n. 15; tificazione».(618)
EO 1/55
In seguito, il dialogo ha specificato maggiormente tutto questo: «Solo il ministro ordi-
nato presiede l’eucaristia in cui, nel nome di Cristo e per conto della Chiesa, egli ripete
(619) (A) Chiarimento su ministero e il racconto dell’istituzione durante l’ultima cena e invoca lo Spirito Santo sui doni».(619)
ordinazione, n. 2; EO 1/59
Anche l’espressione «atto sacramentale» è stata ulteriormente chiarita nel senso di
«segno visibile mediante il quale la grazia di Dio è data dallo Spirito Santo nella
Chiesa». «Entrambe le tradizioni affermano la preminenza del battesimo e dell’eucari-
stia come sacramenti “necessari alla salvezza”. Questo non sminuisce il loro modo di
comprendere la natura sacramentale dell’ordinazione, un punto su cui non vi sono di-
(620) (A) Chiarimento su ministero e screpanze importanti fra di loro».(620)
ordinazione, n. 3; EO 1/60
f) Questioni da approfondire
89. Fornendo una sintesi del consenso fra anglicani e cattolici sulla dottrina eucari-
stica, Crescere insieme della IARCCUM menzionava anche due temi sui quali occorreva
continuare il dialogo. Anzitutto, «anglicani e cattolici riconoscono che vi è un rapporto
intrinseco tra la condivisione dell’eucaristia e la piena comunione ecclesiale, ma diver-
gono sul modo in cui tale rapporto si esprime sulla via alla piena comunione. Le Chiese
della Comunione anglicana e la Chiesa cattolica romana, pertanto, hanno discipline
(621) (A) Crescere insieme, n. 46; Regno- diverse per la condivisione eucaristica».(621) In secondo luogo, mentre «l’adorazione di
doc. 1,2008,20; cf. nn. 47-48
Cristo nella santa riserva è incoraggiata nella Chiesa cattolica romana» ed è «praticata
anche in alcune Chiese anglicane, vi sono alcuni anglicani che troverebbero difficoltà di
fronte a queste pratiche devozionali, perché si teme che esse offuschino il vero obiettivo
(622) (A) Crescere insieme, n. 49; Regno- del sacramento».(622)
doc. 1,2008,21; cf. Chiarimento sulla
dottrina eucaristica, nn. 8-9; Il dialogo anglicano-cattolico ha discusso solo brevemente del carattere sacramenta-
Chiarificazioni su eucaristia e ministero le della confermazione, dell’unzione dei malati, della penitenza/riconciliazione e del
matrimonio, nel contesto della rassegna di aree di accordo e di persistenti differenze fatta
dalla IARCCUM. Mentre si registra un certo grado di accordo in Crescere insieme, nn.
39, 81-82, 85, il testo riconosce anche l’esistenza di divergenze riguardo sia alla riconci-
liazione sia al matrimonio. «Anglicani e cattolici seguono una pratica diversa rispetto
alla confessione privata. “L’enfasi dei riformatori sull’accesso diretto del peccatore al
perdono e al sostegno della parola di Dio ha portato gli anglicani a escludere che la con-
fessione privata davanti a un prete fosse obbligatoria, pur continuando a sostenere che
fosse un sicuro strumento di grazia e raccomandandola, nel Book of Common Prayer, a
quanti avvertissero una coscienza inquieta e gravemente turbata” (Vivere in Cristo, n.
46). Gli anglicani esprimono questa disciplina nella breve formula “tutti possono, nessu-
(623) (A) Crescere insieme, n. 86a; no deve, alcuni dovrebbero”».(623)
Regno-doc. 1,2008,26
45 CHIESA CATTOLICA - CHIESA LUTERANA NEGLI USA, L’eucaristia Das Opfer Jesu Christi und seine Gegenwart in der Kirche: Klärungen zum
come sacrificio, 1967; EO 2/2487-2508. Il dialogo tedesco ha approfondito Opfercharakter des Herrenmahls, «Dialog der Kirchen» 3, Freiburg i.
la riflessione su questo problema: K. LEHMANN, E. SCHLINK (a cura di), Br./Göttingen 1983.
E cumenismo
che nel contesto dell’eucaristia sono i segni efficaci del corpo e del sangue di Cristo».(648) (648) (M) Rapporto di Dublino, n. 54;
EO 1/2057; cf. Rapporto di Denver,
Il dialogo metodista-cattolico cita l’ARCIC esprimendo il proprio accordo sul fatto che n. 83
«la comunione con Cristo nell’eucaristia suppone la sua presenza reale, efficacemente
significata e dal pane e dal vino».(649) (649) (M) Rapporto di Dublino, n. 55,
che cita (A) Dottrina eucaristica, n. 6;
EO 1/2058
d) Epiclesi riscoperta
94. Come nel dialogo anglicano-cattolico, così anche negli altri dialoghi c’è una
nuova consapevolezza dell’importanza dell’azione dello Spirito Santo nell’eucaristia. Il
dialogo luterano-cattolico sottolinea che come Gesù Cristo durante la sua vita terrena
fece tutto nello Spirito Santo e offrì se stesso in sacrificio nella potenza dello Spirito
Santo, così egli opera nell’eucaristia attraverso lo stesso Spirito. Nella liturgia questo
diventa particolarmente evidente nell’invocazione dello Spirito Santo.(650) «In memoria (650) Cf. (L) L’eucaristia, n. 21
dell’intercessione di Cristo, suo sommo sacerdote, la Chiesa domanda con fiducia il suo
Spirito per essere rinnovata e santificata per mezzo dei doni eucaristici, ed essere fortifi-
cata per la sua missione nel mondo. In virtù dello Spirito Santo, per mezzo della parola
creatrice, il pane e il vino diventano il corpo e il sangue di Cristo. Lo Spirito dell’amore
fa diventare realtà il sacramento dell’amore, in cui l’amore divino si preoccupa dell’uo-
mo nella sua realtà terrena per riportarlo a sé».(651) «L’eucaristia non è un rimedio auto- (651) (L) L’eucaristia, n. 22; EO
1/1229
maticamente efficace per la salvezza del mondo; essa presuppone la presenza dello
Spirito Santo nel credente».(652) (652) (L) L’eucaristia, n. 23; EO
1/1230
Anche il dialogo riformato-cattolico ricorda l’azione dello Spirito nell’eucaristia. «La
validità, la forza e l’efficacia della cena risiedono nella croce del Signore e nella sua pre-
senza vivente nello Spirito Santo».(653) «Renderci presente il Cristo, unirci a lui e incor- (653) (R) La presenza di Cristo, n. 81;
EO 1/2397
porarci a lui è l’opera propria dello Spirito Santo che si realizza quando la Chiesa invo-
ca il Padre perché invii il suo Santo Spirito affinché santifichi il popolo in adorazione e
insieme il pane e il vino. Come il Cristo sia presente nell’eucaristia noi possiamo com-
prenderlo in una certa misura, considerando l’azione di questo stesso Spirito Santo per
esempio nel concepimento di Gesù dalla vergine Maria e nella sua risurrezione corpo-
rale dalla tomba – benché, in quanto azioni divine, questi fatti siano spiegabili soltanto
dalla parte di Dio e non da quella degli uomini».(654) «Offrendo se stesso al Padre per (654) (R) La presenza di Cristo, n. 82;
EO 1/2398
mezzo dello Spirito eterno (cf. Eb 9,17), egli [Gesù Cristo] offre in lui anche noi; così per
la nostra unione con lui noi partecipiamo a questa sua offerta fatta in nostro nome. Lo
Spirito Santo che in lui grida: “Abbà! Padre!” (cf. Mc 14,36) è lo stesso che grida in noi:
“Abbà! Padre!”, quando, durante l’eucaristia, facciamo nostra la preghiera del Signore
(Rm 8,15s.26)».(655) (655) (R) La presenza di Cristo, n. 85;
EO 1/2401
Nel dialogo metodista-cattolico l’azione dello Spirito e la vita nello Spirito rivesto-
no una grande importanza (cf. specialmente il Rapporto di Honolulu). Per entrambi i
partner in dialogo «i sacramenti sono segni efficaci attraverso i quali Dio dona la gra-
zia mediante la fede. La loro efficacia non va intesa in modo puramente meccanico.
Mediante il suo Spirito Dio opera in modo misterioso al di là delle possibilità dell’u-
mana comprensione, ma sollecita una piena e libera risposta da parte dell’uomo».(656) (656) (M) Rapporto di Nairobi, n. 15;
EO 3/1594
«Le azioni della Chiesa che noi chiamiamo sacramenti sono segni efficaci della grazia
perché non sono semplici azioni umane. Con la forza dello Spirito Santo essi introdu-
cono nella nostra vita l’azione vivificante di Cristo stesso e anche l’offerta che egli ha
fatto di se stesso».(657) (657) (M) Rapporto di Nairobi, n. 16;
EO 3/1595; cf. Rapporto di Rio, n. 51
E cumenismo
mento, finché sussistono le specie del pane e del vino. In conformità a ciò i fedeli sono
invitati “a rendere a questo santissimo sacramento l’omaggio dell’adorazione (latria)
che si deve al vero Dio” (come afferma il concilio di Trento, DENZ 1643). Da parte lute-
rana si è rimasti scandalizzati non di rado da certe forme di devozione eucaristica lega-
te a questa convinzione. Esse sono ritenute un’inammissibile separazione dall’evento
della cena. D’altro lato un certo modo di comportarsi dei luterani con gli elementi che
rimangono urta il sentimento religioso dei cattolici e mette in rilievo una discordanza
non ancora superata».(667) (667) (L) L’eucaristia, n. 53-54; EO
1/1260-1261
Inoltre, la dottrina del carattere sacrificale dell’eucaristia continua a essere oggetto di
disaccordo. Secondo la dottrina cattolica il sacrificio della messa consiste nel rendere
presente il sacrificio della croce; non è una ripetizione di quel sacrificio e nulla aggiun-
ge al suo significato salvifico. Inteso in questo modo, il sacrificio della messa è un’affer-
mazione e non un porre in discussione dell’unicità e del pieno valore del sacrificio di
Cristo sulla croce. Tuttavia, i luterani hanno temuto che la comprensione dell’eucaristia
come sacrificio di espiazione contraddicesse l’unicità e la perfetta sufficienza del sacrifi-
cio della croce, per cui tuttora la tradizione luterana evita una qualsiasi menzione del
«sacrificio della messa». D’altra parte, la Riforma luterana affermava la comprensione
della cena del Signore come un sacrificio di ringraziamento.(668) (668) Cf. (L) L’eucaristia, n. 59-60
Il dialogo riformato-cattolico afferma: «Pur essendo coscienti del profondo divario
che esiste fra la nostra affermazione di possedere una concezione teologica comune e
i nostri comportamenti di fatto (...), crediamo di essere giunti a una concezione comu-
ne del significato, della finalità e della dottrina fondamentale dell’eucaristia, concezio-
ne che è conforme alla parola di Dio e alla tradizione universale della Chiesa.
Crediamo anche che ora è chiaramente aperta davanti a noi la via in cui potranno
essere dissipati i malintesi e superate le divergenze che ancora rimangono. Certamente
la terminologia nata nei climi polemici del passato non si presta troppo a rendere ade-
guatamente conto della portata di ciò che è comune nelle concezioni teologiche delle
nostre rispettive Chiese».(669) Ciononostante il dialogo ha convinto i partner dell’ur- (669) (R) La presenza di Cristo, n. 91;
EO 1/2407; cf. (R) Verso una
gente necessità di affrontare questi temi: «Gli elementi costitutivi di una celebrazione comprensione comune della Chiesa,
eucaristica, con particolare riguardo alla sua relazione con certe forme di assemblee n. 152
cristiane dette, in certi paesi, “celebrazioni agape ”; l’uso dell’eucaristia oggi risultante
da una riflessione fedele sulla tradizione e sui notevoli mutamenti che caratterizzano
la vita oggi; l’urgente questione pastorale contemporanea della reciproca ospitalità
eucaristica».(670) (670) (R) La presenza di Cristo, n. 92;
EO 1/2408
Il dialogo metodista-cattolico individua, riguardo all’eucaristia, varie aree in cui
occorre continuare il dialogo. «Il punto principale della diversità riguarda la trasforma-
zione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. I cattolici affermano che la
composizione fisica e chimica del pane e del vino rimane invariata, ma che la loro inti-
ma realtà è quella del corpo e del sangue di Cristo. I metodisti possono accettare alcune
espressioni della Dichiarazione di Windsor come “cambiamento misterioso e radicale (...)
nella realtà interna degli elementi” o “diventano suo corpo e suo sangue” solo nel senso
che il pane e il vino acquistano un significato supplementare in quanto segni reali del
corpo e del sangue di Cristo. Tuttavia non considerano questo cambiamento di natura
tale per cui il pane e il vino cessino di essere pane e vino».(671) (671) (M) Rapporto di Dublino, n. 59,
che cita (A) Dottrina eucaristica, n. 6;
«La pratica cattolica romana della riserva ha come scopo primario consentire la EO 1/2062; cf. (M) Rapporto di Denver,
comunione dei malati. L’adorazione del Cristo presente negli elementi è un fine secon- n. 84
dario. Ambedue gli scopi trovano il loro fondamento nella fede nella presenza reale. I
metodisti non riservano gli elementi, ma se ne disfano con venerazione».(672) I cattolici (672) (M) Rapporto di Dublino, n. 61;
EO 1/2064
romani «considerano l’eucaristia non come un ulteriore sacrificio che s’aggiunge al sacri-
ficio che Cristo ha compiuto una volta per sempre, né come una sua ripetizione, ma
come una ri-presentazione sacramentale dello stesso sacrificio. Per alcuni metodisti que-
sto linguaggio implica un sacrificio continuato di Cristo. I metodisti preferiscono dire
che Cristo ha offerto un solo sacrificio per i peccati e ora vive per intercedere per noi,
cosicché noi possiamo offrire noi stessi in unione con lui al Padre, rendendo la sua morte
espiatrice la nostra unica giustificazione».(673) (673) (M) Rapporto di Dublino, n. 66;
EO 1/2069
«Per il metodismo ogni cristiano che può accettare in coscienza l’invito è benvenuto
alla tavola del Signore. Eccettuati alcuni casi di urgente necessità, la comunione eucari- (674) (M) Rapporto di Denver, n. 84;
stica è estesa dai cattolici solo a coloro che partecipano alla medesima fede».(674) Per i EO 1/1956
E cumenismo
metodisti invece «è regola che colui che presiede all’eucaristia sia un ministro ordinato
(...), ma questo non implica che l’eucaristia non sia valida se non è presieduta da un
ministro ordinato, e la regola ammette dunque delle eccezioni, quando la Conferenza
riconosce una situazione in cui i membri della Chiesa corrono il pericolo di rimanere
privi dell’eucaristia a causa della mancanza di ministri ordinati nel circondario e, con-
seguentemente, concede la facoltà a un laico (per una zona e per un periodo di tempo
determinato) di presiedere all’eucaristia. Ciò capita raramente ed è una pratica sottopo-
(675) (M) Rapporto di Dublino, n. 101; sta costantemente a controlli».(675)
EO 1/2104
Più recentemente, il Rapporto di Seoul ha compendiato le questioni che restano anco-
ra da risolvere prima che cattolici e metodisti possano riconoscere pienamente la reci-
proca celebrazione dell’eucaristia. «Esse comprendono la natura e validità del ministero
di coloro che presiedono all’eucaristia, l’esatto significato dell’eucaristia come “memo-
riale” sacramentale della morte salvifica e risurrezione di Cristo, il modo particolare in
cui Cristo è presente nella santa comunione e il legame fra comunione eucaristia e
(676) (M) Rapporto di Seoul, n. 94 comunione ecclesiale. È essenziale un approfondimento di tali questioni».(676)
EDB EDB
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regno 19 pant:REGDOC 17-2008.qxd 5-11-2009 17:49 Pagina 659
E cumenismo
A. Un ricco raccolto
100. Anzitutto si può constatare con gioia che oggi sono state fondamentalmente
risolte attraverso un nuovo consenso su punti dottrinali basilari alcune delle controver-
sie classiche, che erano alla base delle nostre dolorose divisioni. Su altre questioni con-
troverse si registra perlomeno una convergenza, che ha permesso ai dialoghi di oltre-
passare le precedenti posizioni polemiche e ha prodotto un clima ecumenico più rilassa-
to, nel quale uno «scambio di doni» ha arricchito entrambe le parti.
101. La nostra comune fede apostolica. Diversamente dalle precedenti polemiche e
apologetiche, il dialogo ecumenico contemporaneo parte da ciò che abbiamo in comu-
ne piuttosto che da ciò che ci divide. Abbiamo in comune il Vangelo come parola di Dio
e buona novella per tutta l’umanità e i simboli di fede dei primi secoli che compendia-
no il messaggio del Vangelo e lo interpretano in modo autentico. Confessiamo insieme
Dio uno e trino e che Gesù Cristo, il nostro comune Signore e salvatore, è vero uomo e
vero Dio, unico e universale mediatore fra Dio e l’uomo. Confessiamo insieme la Chiesa
una, santa, cattolica e apostolica, alla quale apparteniamo in modi diversi, per cui, anche
nelle nostre differenze, noi siamo fratelli e sorelle in un solo Signore e in un solo Spirito
di Cristo. Perciò i nostri dialoghi possono confermare e approfondire il nostro comune
fondamento nell’unica fede apostolica e nella nostra comunione reale, anche se ancora
incompleta.
102. Una viva e rinnovata comprensione della relazione fra Scrittura e Tradizione. A
partire dal XVI secolo i cristiani non solo si sono divisi su specifiche questioni di fede,
ma si sono scontrati anche sul modo e sui criteri per risolverle. Si devono cercare le
risposte ai nostri problemi unicamente nella Scrittura (sola Scriptura) o nella Scrittura e
nella Tradizione? Oggi non è più possibile mettere l’una contro l’altra Scrittura e
Tradizione, e una tale rigida contrapposizione non è più sostenibile. La stessa Scrittura
è un prodotto della prima Tradizione e la Tradizione successiva (nel suo senso teologi-
co) deve essere intesa come la presenza viva dello stesso Vangelo attraverso i secoli fino
ai nostri giorni. Nella Chiesa, la Tradizione rende presente e interpreta il messaggio
della Bibbia in ogni epoca. È sbagliato fare astrazione da questa interpretazione; non
possiamo accedere direttamente alla Scrittura saltando due millenni e ignorando la sto-
ria dell’interpretazione.
Nel corso di questa lunga storia, la comunità cristiana ha letto e interpretato le
Scritture sotto la guida dello Spirito Santo. Perciò i cattolici e gli altri cristiani sono gli
eredi di questa ricca storia bimillenaria: la tradizione patristica e medievale, la Riforma,
il rinnovamento cattolico del XVI secolo, gli sviluppi successivi alla Riforma, il movi-
mento missionario e il movimento ecumenico. Inoltre, abbiamo imparato a distinguere
fra la Tradizione e le molte tradizioni (per lo più buone e utili, ma a volte anche distorte
e contrarie al Vangelo). Di fronte a questa complessa storia, noi concordiamo sul pri-
mato della Scrittura in seno a questo processo interpretativo storico. Per tutti noi, la
Scrittura è la testimonianza resa una volta e per sempre all’originaria e primitiva Tra-
dizione apostolica normativa. I cattolici e gli altri cristiani venerano le Scritture come
parola di Dio ispirata. Dobbiamo ascoltarle con un atteggiamento di apertura mentale,
disponibilità alla conversione e preghiera, per comprendere ciò che lo Spirito ci comu-
nica attraverso le loro parole, i loro racconti, le loro immagini, i loro ammonimenti e la
loro sapienza e attraverso la loro interpretazione nel corso della storia. La ricezione di
queste concezioni sia nella comunità cattolica sia nelle altre comunità cristiane è stata
una fonte di rinnovamento spirituale e ha condotto a una maggior grado di spiritualità
biblica condivisa e a una nuova consapevolezza della nostra comune missione d’evan-
gelizzazione.
103. Accordo fondamentale sulla dottrina della giustificazione. Il messaggio centrale
della Bibbia è la volontà salvifica gratuita e misericordiosa di Dio di riconciliare l’uma-
nità peccatrice con se stesso e recare riconciliazione e pace (shalom) al nostro mondo
diviso e caotico, nel quale le persone sono spesso interiormente devastate ed estranee le
une alle altre. È questo il significato della dottrina della giustificazione. In passato, inter-
pretazioni diverse e contrastanti della giustificazione indebolivano la testimonianza cri-
stiana al mondo. Con la Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione si è
potuto tornare a vedere che l’affermazione del sola gratia e del sola fide non contraddi-
ce l’affermazione secondo cui noi siamo resi capaci per grazia di portare buoni frutti
mediante opere di giustizia, misericordia e amore operoso. È apparso chiaramente che
attraverso la giustificazione la grazia salvifica di Dio ci chiama, libera e abilita alla san-
tità e alla santificazione personale, come punto di partenza per permeare tutte le realtà
mondane con lo spirito del Vangelo. In questo modo si è dimostrata la possibilità di ren-
dere una comune testimonianza alla speranza che c’è in noi.
104. Una maggiore comprensione della natura della Chiesa. Dio non ci chiama e giu-
stifica solo come individui, ma ci chiama, raduna e santifica come suo popolo eletto e
sacerdozio regale affinché possiamo rendere una testimonianza comune alle sue mera-
vigliose opere. Perciò la natura e la missione della Chiesa formano un tutt’uno; la Chiesa
è per sua natura missionaria. In passato, la comprensione di questa realtà della Chiesa
era ostacolata da due visioni contrapposte della Chiesa: Chiesa istituzionale visibile e
Chiesa spirituale nascosta; Chiesa mater et magistra e Chiesa sotto il Vangelo; Chiesa
sacramento di grazia e Chiesa creatura Verbi. Al tempo stesso, si sono scoperti molti ele-
menti di convergenza in queste e in altre controversie. Si è tornati a porre l’accento sulle
radici trinitarie della Chiesa e si è incentrata l’attenzione sulla sua natura come koino-
nia/communio.
Questo ha prodotto una convergenza nella nostra comprensione dei ministeri nella
Chiesa e ha anche dato luogo a una nuova e importante apertura per la riconsiderazio-
ne di una questione a lungo discussa e controversa come il ministero petrino. È vero che
nessuna di queste questioni è stata risolta con un consenso pieno e spesso neppure par-
ziale, ma bisogna riconoscere che la convergenza già raggiunta ha confermato e appro-
fondito la nostra comunione reale (anche se ancora incompleta) e ha generato un nuovo
e positivo clima di collaborazione in molti campi della vita privata, ecclesiale, culturale,
sociale e politica.
105. Nuovi approcci ai sacramenti del battesimo e dell’eucaristia. Attraverso il battesi-
mo, il sacramento della fede, noi rinasciamo a nuova vita in Cristo e siamo incorporati
nella Chiesa, corpo di Cristo. A causa della nostra separazione non sempre abbiamo
riconosciuto il nostro reciproco battesimo, come indicano i casi di ripetizione del batte-
simo. La riscoperta del nostro comune battesimo ha aiutato i cattolici e gli altri cristiani
a riconoscersi a vicenda come fratelli e sorelle in Cristo, il che ha condotto a sua volta al
riconoscimento ufficiale del battesimo fra le Chiese. Questa concezione condivisa del
battesimo è espressa in molte preziose dichiarazioni ecumeniche.
Inoltre, abbiamo riscoperto la centralità della liturgia, specialmente della liturgia
eucaristica come fonte e culmine della Chiesa. Sono stati proprio il carattere sacrificale
dell’eucaristia e la presenza reale e vera di Cristo a dar luogo ad alcune delle controver-
sie più aspre del tempo della Riforma. Attraverso il concetto biblico di anamne-
sis/memoria, il dialogo ecumenico ha svelato nuove prospettive che hanno reso possibili
convergenze (in certi dialoghi sostanziali, anche se non ancora piene) su tali questioni,
benché occorrano ulteriori passi verso una fondamentale comprensione comune. Lo
stesso vale per la riscoperta dell’importanza dell’epiclesis e quindi dello Spirito Santo
quale principale agente nella liturgia dell’eucaristia e di tutti i sacramenti. Tutto questo
è tanto più importante per il fatto che ci autorizza a sperare di potere in futuro (non spet-
E cumenismo
ta a noi dire se prossimo o remoto) celebrare insieme l’eucaristia come il segno della
piena comunione.
B. Questioni da approfondire
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fica realmente il primato della Scrittura in seno alla Tradizione? In che misura e in che
senso le interpretazioni vincolanti della Scrittura sono contenute nella Tradizione? Chi
in ultima analisi decide riguardo all’interpretazione vincolante del nostro comune patri-
monio apostolico? Sulla questione del magistero esiste ancora una notevole asimmetria
e le differenze irrisolte fra le Chiese fanno sì che spesso non siamo in grado di parlare
con una sola voce. È quindi importante scoprire l’autorità d’insegnare come un dono,
essendo un punto di riferimento e uno strumento di unità, riconoscendo al tempo stesso
che essa è situata nella vita dinamica della Chiesa nel suo complesso, la cui fede è testi-
moniata dai carismi, dalla liturgia e dal sensus fidelium.
Un’altra questione chiave è derivata dai metodi storico-critici moderni di esegesi
biblica che si sono progressivamente imposti a partire dall’Illuminismo. Pur non negan-
do il buon uso che si può fare di questi metodi e i risultati positivi che hanno già pro-
dotto, a volte i loro presunti risultati contraddicono la Tradizione comune che abbiamo
ereditato e sono spesso in conflitto fra loro. In una tale situazione esegetica pluralistica
l’assioma della Riforma Scriptura sui ipsius interpres (la Scrittura interpreta se stessa) per
molti non è più convincente. Perciò il significato concreto del primato della Scrittura e
la possibilità di un’interpretazione vincolante della Scrittura sono questioni ermeneuti-
che urgenti e fondamentali da affrontare e risolvere.
109. Focalizzazione sull’antropologia. Il consenso su verità fondamentali della dottrina
della giustificazione è indubbiamente una pietra miliare e un risultato permanente del dia-
logo ecumenico. Ma è un consenso limitato a verità fondamentali. Esistono ancora posi-
zioni diverse riguardo ad altre verità intimamente legate con queste verità fondamentali,
che hanno delle ripercussioni sul vero significato dell’espressione consenso fondamentale. Si
possono citare come esempi le questioni del simul iustus et peccator, della collaborazione
umana e della santificazione personale (cioè la nuova vita in Cristo). Vi sono questioni che
vanno oltre ciò che è già stato raggiunto e richiedono ulteriori chiarimenti.
A questo punto bisogna affrontare questioni cruciali dell’antropologia teologica, che
è alla radice delle divisioni della Chiesa occidentale e uno dei temi più urgenti che deve
affrontare la società attuale. Le differenze che sono recentemente emerse sulle questioni
etiche – come quelle del matrimonio e della famiglia come culla della società umana e
scuola della sua cultura, o quella della sessualità umana – sono un segno di questa impe-
gnativa situazione. Altrettanto impegnative sono le questioni collegate dell’etica sociale,
politica e ambientale, perché come persone riconciliate con Dio noi dobbiamo essere
operatori di pace e testimoni di riconciliazione nel mondo. Perciò la soluzione di tali
questioni antropologiche ed etiche è un requisito indispensabile se vogliamo realizzare
la nostra missione comune nel mondo di oggi.
110. La natura sacramentale della Chiesa. La questione principale che ancora divi-
de le Chiese è la comprensione della Chiesa in quanto tale. Si sono fatti notevoli passi
avanti verso una comprensione condivisa della Chiesa come comunione e dei ministeri
che, attraverso la Parola e i sacramenti, sono strumenti di comunione. Ma oggi la que-
stione del dove si trova e s’incontra concretamente la Chiesa di Cristo, e del dove esiste
in senso pieno (cioè del dove sussiste), è diventata una questione centrale, spesso espres-
sa con termini forti e polemici. Le recenti dispute su questo tema rischiano di oscurare i
molti precedenti risultati positivi dei dialoghi.
Semplificando, si potrebbe affermare che si discutono spesso modi diversi di com-
prendere la Chiesa. Secondo la visione sacramentale cattolica, la Chiesa di Cristo e tutto
il suo mistero, senza trascurare la sua dimensione carismatica, sussiste in una struttura
istituzionale concreta e permanente, in comunione con il vescovo di Roma e i vescovi in
comunione con lui. L’altra visione, senza abbandonare completamente l’aspetto istitu-
zionale, comprende la Chiesa come evento, esistente ovunque il Vangelo è predicato cor-
rettamente e i sacramenti sono debitamente amministrati. Inoltre, spesso si stabilisce una
contrapposizione fra la Chiesa intesa primariamente come congregazione cultuale loca-
le e la Chiesa intesa primariamente come comunione di congregazioni/Chiese locali
unite dalla comunione fra i loro pastori capi nell’ordine episcopale che ha il suo princi-
pio e fondamento di unità personale nel vescovo di Roma. Negli anni a venire i dialoghi
dovranno incentrare l’attenzione su queste questioni e cercare di vedere queste diverse
prospettive come complementari piuttosto che come contrastanti in una prospettiva
ecclesiologica sacramentale.
Quest’ultimo punto ci riporta alla questione fondamentale e determinante della
natura sacramentale della Chiesa e della relazione fra l’azione sovrana di Dio e la coope-
E cumenismo
razione umana ed ecclesiale che essa rende possibile. In altri termini: considerando la
relazione fra Gesù Cristo e la Chiesa, sorge la questione fondamentale della relazione fra
il solus Christus e l’agostiniano totus Christus, caput et membra (Cristo come capo della
Chiesa in relazione con i membri della Chiesa come suo corpo). Sono temi fondamen-
tali che richiedono ulteriori discussioni e ricerche. Allora le questioni irrisolte che resta-
no riguardo ai ministeri della Chiesa possono essere trattate nel loro contesto più ampio
e promettente.
Questo è tanto più importante per il fatto che queste differenze fondamentali danno
luogo a teorie contrastanti su ciò che significa comunione della Chiesa e perciò su quel-
lo che dovrebbe essere il vero scopo del movimento ecumenico, e sui punti in cui dovreb-
be avanzare. Pur essendo possibili diversi passi intermedi a livello di ecumenismo spiri-
tuale e pratico,48 l’obiettivo ultimo non è né l’unità sulla base del minimo denominato-
re comune, né la pacifica coesistenza, né l’uniformità, bensì la piena comunione visibile
nella fede, nella vita sacramentale, nel ministero apostolico e nella missione secondo
l’immagine dell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella santa Trinità.
111. Eucaristia – sacramento di unità. Le questioni ecclesiologiche ancora irrisolte e
le risposte divergenti che vengono loro date hanno delle conseguenze per la questione
della nostra comprensione condivisa della celebrazione comune della, e piena parteci-
pazione alla, eucaristia come segno e strumento della piena comunione ecclesiale. È una
questione urgente, anche dal punto di vista pastorale.
Se vogliamo raggiungere una comune condivisione della tavola del Signore, i nostri
dialoghi devono tornare ad affrontare i temi della presenza reale e del carattere sacrifi-
cale dell’eucaristia intesa come anamnesis. Molto è già stato fatto, ma rimangono anco-
ra serie differenze sulla presenza reale e vera del Signore «nelle e sotto le» specie del
pane e del vino. Sul carattere sacrificale dell’eucaristia sono emerse importanti conver-
genze teologiche, ma finora nessuna ricezione da parte delle Chiese, a parte il lavoro
dell’ARCIC. Specificamente, occorrono maggiori chiarimenti su come e in che senso
l’eucaristia è la rappresentazione memoriale dell’unico sacrificio di Cristo sulla croce da
parte della celebrazione eucaristica della Chiesa intesa come sacrificio. Infine, occorre
risolvere le questioni che ancora rimangono sul ministero della Chiesa, che come mini-
stero di unità è anche ministero dell’eucaristia come sacramento dell’unità della Chiesa.
112. Le questioni ancora irrisolte possono gettare un’ombra sui ricchi risultati rag-
giunti in oltre quarant’anni di dialogo. Ma non serve ignorare o nascondere i problemi
irrisolti; il primo passo verso la soluzione dei problemi è quello di individuarli. Ciò che
abbiamo raggiunto con l’aiuto di Dio ci permette di sperare in ulteriori passi positivi nel
nostro pellegrinaggio ecumenico.
Bisogna riconoscere che i nostri dialoghi ecumenici non possono da sé stessi rag-
giungere l’obiettivo finale e la speranza ultima del movimento ecumenico; il movimen-
to è un impulso e un’opera dello Spirito Santo. Perciò il processo della riconciliazione e
dell’avvicinamento ecumenico è anzitutto un processo spirituale, ispirato dalla speranza
che deriva dalla certezza di fede che per Dio nulla è impossibile (Lc 1,37; Mc 10,27).
È con questa speranza che il «Progetto Raccogliere i frutti» viene presentato alla
nostra Chiesa e ai nostri partner ecumenici, in vista di ulteriore studio e discussione. Il
nostro auspicio è che esso avvii un processo di ricezione di ciò che si è già raggiunto e
promuova altri dialoghi sulle questioni che rimangono.
I dialoghi intrapresi finora dimostrano che possono spianare la strada alla volontà del
Signore e al profondo desiderio di tanti cristiani: che tutti siano una cosa sola nella par-
tecipazione all’unica mensa del Signore. In questo modo i nostri dialoghi ecumenici,
arricchiti da ciò che abbiamo raggiunto con l’aiuto di Dio negli scorsi decenni, entre-
ranno in una nuova – e si spera ugualmente fruttuosa – fase, condotta forse con meno
entusiasmo e più temperanza, ma comunque piena di speranza e piena della dynamis
dello Spirito.
48 Cf., ad esempio, W. KASPER, A Handbook of Spiritual Ecumenism, New City Press, New York 2007; cf.
L’ecumenismo spirituale. Linee guida per la sua attuazione, Città Nuova, Roma 2006.